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L’impennata delle materie prime costerà oltre 5 miliardi alle micro e piccole imprese dell’Emilia Romagna

L’analisi del nostro Ufficio Studi e i dati sulle due province di Modena e Reggio Emilia

Ad agosto il prezzo del rame era cresciuto del 45%, quello dell’alluminio del 50%, lo stagno del 98%. Il legname segato è salito del 30% sul 2020, la carne di maiale del 102%. Non c’è materia prima che non abbia subito un rincaro in questi ultimi mesi. Una tensione costante che si riverbera anche sulle nostre province. Le prime stime del nostro Ufficio Studi sono impietose. Gli aumenti dei prezzi delle materie prime peseranno per oltre un miliardo di euro sulle micro e piccole imprese manifatturiere (MPI) della provincia di Modena e per quasi 800 milioni di euro per quelle di Reggio Emilia. Queste cifre sono raccolte nell’ultimo report prodotto dall’Ufficio Studi di Confartigianato Emilia Romagna che, sulla base degli acquisti effettuati nel 2020 dalle MPI delle imprese manifatturiere e delle costruzioni, ha prodotto un modello controfattuale sull’anno in corso. I risultati sono un vero e proprio shock che rischia di produrre serie ripercussioni sugli esiti della ripresa post Covid. L’analisi calcola che, su oltre 75mila micro e piccole imprese emiliano romagnole che rappresentano il 30% del totale occupati in regione - oltre 300mila addetti - i rincari avranno un peso di oltre 5.3 miliardi di euro.

Le concause dell’escalation dei prezzi

Ad incidere sugli aumenti dei prezzi delle commodities sono più fattori. In primis la ripresa della produzione mondiale, trainata dalle economie emergenti, e in particolar modo dalla Cina, primo paese a contenere la pandemia. In parallelo, le catene produttive globali non sono riuscite ancora a riorganizzarsi completamente dopo lo shock Covid-19: le strettoie dell’offerta hanno determinato carenze totali di offerta pari al 2,3% delle esportazioni mondiali, quota che sale al 6,7% per quelle dell’Eurozona, mentre a giugno 2021 gli indici mondiali sui tempi di consegna sono ai massimi dall’inizio delle rilevazioni nel 1999. Alle difficoltà nella logistica delle merci consegue un forte aumento dei costi di trasporto e la scarsa disponibilità di container. Si sono dilatati i tempi di permanenza delle merci sulle banchine portuali e a settembre 2021 il costo di spedizione tramite container si è quasi quadruplicato (+381,5%) rispetto a gennaio 2019. L’aumento dei prezzi viene sostenuto dalla maggiore domanda di materie prime necessarie per la produzione di beni che è cresciuta a seguito dell’emergenza sanitaria: carta e plastica per mascherine e prodotti di uso sanitario, divisori in plexiglass, siringhe e fiale per vaccini, etc, imballaggi per il packaging dei prodotti alimentari per asporto e dei prodotti venduti tramite e-commerce: nei primi sette mesi del 2021 il valore delle vendite di commercio elettronico in Italia è salito del 58,8%, da inizio gennaio 2019 a luglio 2021 (media ultimi 12 mesi) questo canale cumula una crescita delle vendite del 165,8%. La crescita dei prezzi è sostenuta dall’espansione monetaria che ha accompagnato gli ingenti interventi anticiclici per contrastare la recessione causata dalla pandemia, mentre i bassi tassi di interesse sostengono la domanda speculativa su prodotti finanziari che hanno come sottostante gli indice di prezzo delle commodities. Nell’arco dei primi otto mesi del 2021 l’intensità dell’aumento dei prezzi internazionali è stata leggermente attenuata dall’andamento del cambio, che mediamente ha visto, su base annua, una rivalutazione del 7,3% dell’euro sul dollaro. Si sovrappongono, inoltre, determinanti specifiche per alcune commodities. Sull’aumento dei prezzi del rame, ad esempio, influisce l’accelerazione della domanda legata alla transizione green: la più ampia quota della maggiore domanda di rame è determinata dalla produzione di veicoli elettrici e punti di ricarica, a cui segue quella legata alla produzione di impianti per il solare e l’eolico. La crescente produzione di energia da fonti rinnovabili e di auto elettriche determina tensioni sulla domanda, e conseguentemente sui prezzi, dei ‘minerali critici’ quali rame, litio, nickel, manganese, cobalto, zinco e terre rare. La crescente digitalizzazione dei processi produttivi e l’intensificazione della domanda di apparecchiature elettroniche conseguente alla pandemia, coniugate con il calo della produzione in Asia, hanno determinato una carenza di semiconduttori, causando ritardi nella produzione mondiale di automobili e di macchinari. Si attendono ora le scelte di politica industriale ed economica europea, ma è indubbio che all’orizzonte non si profila una ripresa priva di incognite.

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