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Via dall’oblio! Il Treviso Calcio promosso in D

Camici bianchi nel mirino

Nicola Stievano >direttore@givemotions.it<

C’è un’emergenza che non passa mai di moda nelle corsie degli ospedali, negli ambulatori, nelle strutture di cura. Anzi, la pandemia che ci stiamo lasciando alle spalle pare non abbia fatto altro che accrescere le statistiche delle aggressioni nei confronti del personale sanitario. I numeri parlano da soli: 1.600 aggressioni l’anno certificate dall’Inail, vale a dire una al giorno. Ma le denunce ufficiali, spiega la federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno dai contorni preoccupanti perché per ogni caso che viene allo scoperto ce ne sarebbero almeno 26 che non vengono denunciati. E ancora: il 71% delle aggressioni ha riguardato le donne, dalle operatrici sanitarie alle psicologhe, dalle infermiere ai medici. Il sindacato dei medici e dirigenti sanitari definisce senza giri di parole il fenomeno come “un bollettino di guerra”, al punto che in tanti, almeno uno su tre, se potessero cambierebbero lavoro.

Dopo oltre un decennio di purgatorio e di peregrinaggi a riconcorrere palloni su campetti anonimi, il Treviso ci è riuscito: si scrolla finalmente di dosso quella brutta fine in cui è stato gettato da una sciagurata e malinconica sequenza di cadute societarie. Via dall’oblio. Via, ‘nDemo via. Ecco, le magliette celebrative della promozione dei biancocelesti in serie D, conquistata domenica 23 aprile, la dicono lunga su una sofferenza durata oltre il necessario e il sopportabile. E adesso? Uscito dal limbo grazie a una dirigenza e a un consorzio capaci di mettere il cuore oltre l’ostacolo, adesso per il Treviso è il momento di costruire il futuro. Alla nuova amministrazione comunale il compito – storicamente affatto facile, considerato che in tanti negli anni che furono ci hanno provato e si sono trovati a fronteggiare solo muri di gomma, pur avendo il vantaggio di una squadra che militava in categorie ben superiori – di assumere il ruolo di coordinare attorno al calcio trevigiano e ai suoi appassionati le capacità, le solidità, le garanzie e la serietà per far sì che l’abisso conosciuto venga relegato a una bruttissima pagina dello sport cittadino e italiano. Nel nome di una maglia che ha regalato tanto a questa città e costruito carriere importanti.

A proposito di città. A sostenere il Treviso allo stadio Tenni nell’ultima giornata di campionato c’erano tremilacinquecento persone. In proporzione, paradossalmente più che ai tempi della serie A (quando la capienza massima era di diecimila posti), se si considerano che distinti e una parte dei laterali erano chiusi e la curva ospiti quasi vuota. Non si può non tenerne conto. C’è una passione che negli anni, nonostante la frustrazione dell’oggi anche in virtù dei ricordi di ieri, non è mai venuta meno. Ha accompagnato e sostenuto anno dopo anno e partita dopo partita questo ritorno in scena e adesso merita di poter sognare ancora.

Sara Salin

Al Tenni in 3.500 per sostenere la squadra. Adesso va progettata la strada futura

Ma come? Giusto tre anni fa, mentre stavamo faticosamente uscendo dal primo lockdown, infermieri e medici venivano dipinti come gli eroi del nostro tempo. Era tutta retorica da “ne usciremo migliori”, vien da dire col senno del poi. Ma in questo caso l’intolleranza verso chi si prende cura di noi ha radici ben più antiche. Asciughiamo pure le statistiche dai casi, sempre numerosi, legati a situazioni di disagio psicofisico di alcune categorie di pazienti che più di altre sono soggette ad accessi d’ira e scatti di violenza. In certi ambienti i rischi non mancano ma questo non giustifica il concreto pericolo che quotidianamente affrontano gli operatori della sanità. Professionisti che dovrebbero concentrarsi sull’assistere e curare al meglio si trovano costretti a non abbassare la guardia nemmeno per un istante. “Infermiere, medico, difendi te stesso”, viene da dire. Non dovrebbe essere così, invece contro l’intolleranza e la prevaricazione sembra che al momento non vi sia una cura efficace.

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