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Vivian Maier, la fotografia come ricerca di sé A Palazzo Sarcinelli “Shadows and Mirrors”

La seconda metà del Novecento vista con gli occhi e negli occhi di un’icona della storia della fotografia. È quello che si presenta ai visitatori della nuova mostra allestita a Palazzo Sarcinelli di Conegliano, “Vivian Maier. Shadows and Mirrors”. Una collezione di 93 autoritratti della grande fotografa, anzi della tata-fotografa statunitense, nata a New York nel 1926, bambinaia di professione e fotografa per passione. Una passione di cui però nessuno sapeva, almeno fino a pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel 2009. Come racconta Concita De Gregorio nel suo libro (divenuto anche spettacolo teatrale) “Un’ultima cosa”, Maier – collezionista di molte cose, fra cui un accumulo di migliaia di ritagli di giornale – nel suo bagno aveva creato una camera oscura: ma le sue foto non erano per nessuno, le scattava per sé e negli anni ha chiuso migliaia di negativi mai sviluppati in centinaia di scatole. Curata da Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, la mostra – aperta il 23 marzo scorso e visitabile fino all’11 giugno – racconta tutto questo: l’incessante ricerca di Maier di trovare un senso e una definizione del proprio essere. Prima con una

Rolleiflex e poi con una Leica, la fotografa ci trasporta idealmente per le strade di New York e Chicago. Continui giochi di ombre e di riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante. Il suo stile ha origine da una visione artistica che parte al di qua dell’obiettivo fotografico, perché per Vivian Maier fotografare altro non era che un percorso di definizione della propria identità. Tanto che, appunto, i suoi negativi rimasero chiusi in una scatola e mai stampati. Oltre quarant’anni di scatti, che vanno dai primi anni Cinquanta fino al 2007, anno in cui le sue fotografie videro per la prima volta la luce. Un lavoro immenso, fatto di oltre 120mila negativi, film in super 8 e 16 millimetri, registrazioni audio, centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. Fotografa per hobby, ma alla fine collocata dagli storici nella “hall of fame” accanto a personalità straordinarie del calibro di Diane Arbus, Robert Frank, Helen Levitt e Garry Winograd. Di tutto questo patri-

Nata a New York nel 1926, bambinaia di professione e fotografa per passione di cui però nessuno sapeva, almeno fino a pochi anni prima della sua morte monio artistico, Palazzo Sarcinelli mette in mostra il lavoro di Maier sull’autoritratto, con un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica. Un percorso organizzato in tre sezioni. L’ombra (shadow, appunto), ovvero la tecnica utilizzata per proiettare la propria figura. Il riflesso (reflection), con l’aggiunta di qualcosa di nuovo alla fotografia, grazie all’idea di auto-rappresentazione che va dal riconoscibile all’irriconoscibile. E in fine il mirror, lo specchio, oggetto spesso presente nelle sue immagini. Uno strumento attraverso il quale Maier affronta il proprio sguardo.

Sara Salin

A “Pieve Incontra” arrivano Tobia Scarpa, Brunello Cucinelli e Dario Fabbri

Quinta edizione molto speciale, quella che sta andando in scena con “Pieve Incontra”. Dopo il sold out registrato all’apertura della rassegna culturale, il 21 aprile scorso, quando sul palco del teatro Careni di Pieve di Soligo è arrivato il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, c’è grande attesa per i prossimi ospiti. Tutti di fama, spessore e argomenti che saranno trattati. Il cartellone – non a caso questa edizione 2023 è intitolata “Icone” – propone per martedì 16 maggio l’incontro con l’architetto e designer Tobia Scarpa. Mercoledì

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