ilVicenza - Febbraio 2024

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FEBBRAIO 2024

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Fantasmi a Vicenza Antonio Di Lorenzo

C

’è un fantasma che si aggira per Vicenza, tanto per parafrasare una frase entrata nella Storia. Lo vedono tutti, ne parlano sottovoce, magari dandosi di gomito, ma la discussione aperta non si ha il coraggio di affrontarla. Come per i vestiti nuovi dell’imperatore. Di cosa si tratta? Il concetto si può riassumere in questa frase: “Il sindaco è bravo, si sta dando molto da fare, corre. Ma ci sono assessori che non sono all’altezza e rallentano il lavoro di squadra della giunta. Che, in fondo, sta producendo meno di quanto ci si potesse attendere”. È vero? Il sindaco risponde a chi lo conosce che non ha alcun pentimento e crede nelle persone che ha nominato. Ma la risposta che si può dare all’obiezione è anche un’altra, anzi tre. Prima. Se il merito del sindaco Possamai è di aver portato una nuova generazione a palazzo Trissino, quella dei trentenni, è chiaro che si deve dare loro il tempo per familiarizzare con procedure e personale. Sei mesi, tanti ne sono passati, è il minimo sindacale. Secondo. Per una serie di situazioni, dai pensionamenti alle inchieste giudiziarie, la situazione del personale non è la più felice negli uffici comunali.

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VICENZA TRA PREGI E DIFETTI: C’È POCO ENTUSIASMO, LENTI A CAMBIARE, MA CAPACI DI ACCOGLIERE Le valutazioni sulla città e i vicentini arrivano dal librario Giuseppe Traverso e dal vescovo Giuliano Brugnotto Servizi alle pagg. 6, 8, 9, 10, 12, 13 e 14

Io e la città

AUTONOMIA, PRIMA VITTORIA Servizio a pag. 26 IN AULA AL SENATO: ESULTA IL CENTRODESTRA MA ORA LO SCONTRO SI FA PIU’ ACCESO, OPPOSIZIONE ALL’ATTACCO FINE VITA BOCCIATO PER UN VOTO, IL CONSIGLIO REGIONALE SI DIVIDE TRA SORPRESA E NUOVE POLEMICHE Servizio a pag. 25

Il nodo delle riforme

ELEZIONI E GRANDI MANOVRE NEI PARTITI, L’INCOGNITA SUL TERZO MANDATO E LA MOSSA DEL LEGHISTA STEFANI Servizio a pag. 27

segue a pag 5

7A EDIZIONE

13 FEB > 4 MAG

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Periodico d’informazione locale - Anno IV n. 2

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Autonomia, stiamo cambiando il Paese Luca Zaia Governatore Regione Veneto

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l voto favorevole del Senato al disegno di legge sull’autonomia differenziata rappresenta la pietra miliare che segna l’accelerata finale verso un traguardo di rinascita per il Paese; per tutto il Paese. Il Veneto, la nostra Regione, è stata l’apripista di un percorso che, una volta portato termine, sarà occasione di progresso e giovamento per tutte le realtà territoriali, anche quelle verso le quali rimane indispensabile un’attenzione solidale. segue a pag 5

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Facciamo il punto

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Autonomia, stiamo cambiando il Paese

Onde di spritz lungo i fiumi

Luca Zaia Governatore Regione Veneto

L’Autonomia sarà il volano, anche in termini di entusiasmo e partecipazione alla vita pubblica, che condividiamo con le nuove generazioni, con i ragazzi che vedono nel cambiamento del Paese le basi per costruire con orgoglio e passione il loro futuro. Ringrazio i Senatori che hanno consentito di coronare questo primo voto positivo del Parlamento. Anche a fronte di tante affermazioni udite in questi giorni sento di dover ripetere e confermare che l’autonomia non vuole lasciare indietro nessuno, non è la fuga dei ricchi dalla nave in difficoltà. È un nuovo modo di unire e progredire insieme, superando con un moderno regionalismo le rovine di uno statalismo che, questo sì, nei decenni passati ha prodotto territori a differenti velocità. Di fronte alla portata storica della riforma che si sta profilando va ribadito chiaramente come l’autonomia non è la secessione dei ricchi che qualcuno si ostina a fare credere. Nessuna regione sarà privata di qualcosa e godrà, invece, di maggiori opportunità di crescita. La cabina di regia dei Lep mette a terra importanti e maggiori diritti dei cittadini, che saranno la garanzia di prestazioni e servizi uniformi su tutto il territorio nazionale. Lo stesso termine ‘differenziata’ non indica diversità tra le regioni ma identifica un sistema di autonomia articolato e virtuoso, già sperimentato con successo in altri grandi paesi europei come la Germania.

Fantasmi a Vicenza

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Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

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resto la giunta lancerà il bando per raccogliere, come si dice in gergo tecnico, le manifestazioni d’interesse e assegnare l’incarico per organizzare tre punti di ristoro in tre luoghi della città: la spiaggetta a San Biagio, ormai di tradizione consolidata, alla quale si aggiungeranno al- Un’immagine del Bacchiglione a San tre due location al parco Biagio e l’assessora Cristina Balbi Astichello, vicino a via Fratelli Bandiera, e al parco Retrone, con accesso da via Malvezzi ai Ferrovieri. L’assessora Cristina Balbi, che ha annunciato la decisione, ha anche spiegato che le spiaggette a Vicenza passano da una a tre e che il contratto con il gestore raddoppierà: sarà di sei anni e non di tre, per consentire naturalmente di rientrare vantaggiosamente dall’investimento. Non s’è parlato di cifre, che saranno tutte da valutare in base al progetto che verrà presentato dall’aspirante gestore. Le spiaggette, in arrivo da questa estate, saranno collocate lungo i fiumi Bacchiglione, Astichello e Retrone. Le aree saranno dotate di punti di ristoro e offriranno anche un programma di eventi culturali e di animazione. L’obiettivo è far vivere gli spazi e favorire la partecipazione non solo nella bella stagione ma per tutto l’anno. «Replichiamo il modello vincente della spiaggetta di San Biagio, che ha dimostrato in questi anni come uno spazio degradato possa diventare un luogo di vita e socialità”, spiega l’assessora Cristina Balbi.

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Le “spiaggette” diventano tre: oltre a San Biagio anche ai Ferovieri e all’Astichello

È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 Chiuso in redazione il 2 febbraio 2024

Si sta tamponando, con fatica. E, a corollario, c’è un attrito fra amministratori e personale che non depone a favore di un clima positivo. Il terzo aspetto riguarda il bilancio dell’attività di giunta. Alcuni importanti cantieri sono chiusi, come a San Baigio, altri stanno partendo: al Giardino Salvi e quello del Canneti, per dirne due. Si tratta di lavori lunghi e impegnativi. Poi l’attuale opposizione, maggioranza sino alla primavera scorsa, spiega che questa giunta sta solo concludendo lavori cominciati da Rucco. In qualche caso è vero, ma concludere quanto iniziato fa altri è segno di saggezza e capacità; in qualche altro caso ha obiezioni (sui tempi del cantiere al Salvi, sui dieci Consigli di quartiere, altro obiettivo non da poco raggiunto). Il Canneti, d’altra parte, rispetto agli annunci del dicembre 2021 doveva essere concluso da tempo. Viceversa, l’apertura del giardino di Santa Corona e anche i vigili di quartiere sono altri obiettivi centrati da Possamai. Noi ci auguriamo che a Vicenza, anzi a palazzo Trissino, si concretizzi la frase di Rilke: “Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo anche la brezza sarà preziosa.”

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Attualità

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L’intervista. Mons. Giuliano Brugnotto spiega perché ama l’ironia: “Mi ha aiutato a superare la timidezza”

Vescovo umorista, ama Gaber e la Mannino • “Non avrei problemi a benedire due gay • C’è bisogno di cambiamento nella Chiesa • Ho due carissimi amici non credenti: il loro punto di vista è una ricchezza • I vicentini hanno il pregio dell’accoglienza… e il difetto di aver paure dei cambiamenti • Il rapporto con Dio: cerco di raccogliere tutto quello che c’è di divino nell’uomo

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l vescovo ama l’umorismo. Che è ben presente anche nella Bibbia, sottolinea. Apprezza molto Giorgio Gaber “dall’ironia finissima” e tra i comici più giovani Teresa Mannino. Non avrebbe problemi a benedire due persone dello stesso sesso che si amano, ha amici carissimi non credenti, indica come figure importanti della sua vita Stanlio e Ollio, il cardinal Martini, Charles de Foucauld. Questo è l’identikit, per molti aspetti inatteso, di mons. Giuliano Brugnotto, 60 anni, che è un rivoluzionario sotto molti aspetti. Anche se lui sostiene il contrario. Quando è stato nominato vescovo, nel suo discorso a Treviso ha pubblicamente chiesto scusa se con le sue battute ha urtato la suscettibilità di qualcuno. Umorista o sarcastico? Amo l’ironia, che è un po’ difesa e un po’ veicolo per entrare in relazione: Giorgio Gaber, dall’ironia finissima, è uno dei miei riferimenti. Da piccolo ero molto timido, facilmente diventavo rosso. Così le battute servivano anche a contrattaccare, comunque a sciogliere situazioni tese. Adesso è meno timido? Senz’altro. La bocciatura in prima superiore (mi ricordo che il rettore del seminario mi portò a parlare con il mio parroco, prima che con mio padre) mi servì: quando tornai, mi sentii più forte. Un altro salto in termini di sicurezza interiore fu il dottorato alla Gregoriana. L’umorismo – è stato detto – vede il terreno e l’umano nella loro inadeguatezza di fronte a Dio. Che ne pensa? Bella frase. È la distanza rispetto al mistero. Guardi che dell’umorismo è ricca la Bibbia, dai Salmi al libro di Giona fino ai racconti evangelici.

L’umorismo racconta il nostro limite, la nostra fragilità e il desiderio di superarla. È stato detto anche: l’uomo che ha umorismo ama il mondo… …perché vede in tutte le situazioni qualcosa che le rende leggere, quel momento che può creare un’emozione diversa rispetto alla sofferenza e alla pesantezza. La storia di tante Mons. Giuliano Brugnotto è il primo vescovo eresie è in buona mi- a Vicenza che si muove in bicicletta sura la storia della perdita del senso dell’umori- tuazioni di vita, anche quelle ridicole e a mettere in luce le smo. È d’accordo? Certo. Perfino le definizio- diversità culturali, specie tra ni dogmatiche sono un pun- Nord e Sud. Ha trasferito curia e uffito di partenza, non di arrivo. Quando ci si accanisce su ci dal centro a Santa Lucia, qualcosa o qualcuno è solo vuole un bilancio pubblico l’espressione del bisogno di della diocesi, ha detto che è avere sicurezza, di trovare un più facile capire il mistero modo di stare nel mondo o di della Trinità che la logica delle parrocchie, vuol vendeavere ragione. Woody Allen sosteneva: re gli immobili della Chiesa. non chiedetemi se credo in Io l’ho definita un rivoluzioDio, diciamo che ricambio la nario a Vicenza: lei si sente stima. Con un vescovo devo tale? Non più di tanto. I miei saltare la prima parte. E la compagni di seminario mi seconda? La relazione con Dio è sem- definivano “filogovernativo”, pre qualcosa di personale e poi nella vita ci sono tante indescrivibile. Personalmen- evoluzioni. Vede, io cerco di te, cerco di raccogliere tutto essere un vescovo spogliando ciò che c’è di divino nell’uma- questo incarico dagli aspetti no. E devo dire che vedo que- aristocratici… …magari andando in bicista ricerca anche negli atei. Lei ha amici non credenti? cletta ai convegni all’OlimUna coppia che non è spo- pico. Certo. Se posso vado in bici, sata, ha avuto due figli e non li ha battezzati. Ci vediamo oppure a piedi. Lei non ha neanche lo spesso. Li conosco dai tempi della parrocchia e per me stemma. Ha mantenuto rappresentano il fallimento quello che aveva promesso. educativo di quella mia espe- Perché? Ma gli apostoli cosa averienza pastorale. Ma è interessante il loro punto di vista, vano? Chi erano? Uomini semplici. Gesù viveva nell’orrivelano molta ricchezza. Chi le piace tra i comici più dinarietà e nella normalità, però le persone lo sentivano giovani? Teresa Mannino. È molto vicinissimo. Pertanto il nostro fine nel trovare le diverse si- compito è semplificare quan-

• Persone importanti per la mia formazione: Stanlio e Ollio, il cardinal Martini, Charles de Foucauld, Dossetti, madre Teresa • Io rivoluzionario? Mah. In seminario ero considerato “filogovernativo”, ma è vero che si cambia • I problemi urgenti a Vicenza sono l’alta velocità e l’inquinamento • Tanti turisti a Monte Berico non si avvicinano neanche al centro: servono collegamenti migliori • Viva la semplicità: credo in un vescovo spogliato da tutto quello che c’è di aristocratico” to più si può. Ormai lei è vescovo da 13 mesi: come ha trovato la città rispetto a quello che si attendeva? La conoscevo poco, non mi aspettavo niente. Mi indichi un pregio e un difetto dei vicentini. Il pregio è l’accoglienza diffusa. Il difetto è la resistenza al cambiamento, l’attaccamento al “si è sempre fatto così”. Per me il cambiamento è necessario. Un problema di Vicenza e della provincia che la preoccupa. Il problema principale di questi tempi è l’alta velocità, per tutto quello che può comportare. Bisogna accompagnare i cittadini su questa scelta. Poi l’inquinamento a Vicenza è davvero un problema. Infrastrutture, ambiente, manca la viabilità e ha completato il podio dei nostri guai endemici. In effetti mi chiedo come mai dei tantissimi pellegrini che salgono a Monte Berico solo pochi conoscano Vicenza. Ci vorrebbe un collegamento migliore tra santuario e città. Arrivare in centro, magari un bus navetta potrebbe aiutare a superare i problemi di parcheggio. Si crede sempre meno, si va a messa sempre meno: cambierà? Il cambiamento in atto chiede a noi… di cambiare. Se c’è un mutamento antropologico, dobbiamo trovare modalità di annuncio del vangelo che incrocino questo cambiamento. Alla Chiesa è chiesto di essere in dialogo con tutti, quindi serve una grande personalizzazione. Vale a dire?

Bisogna semplificare le cose nelle realtà parrocchiali: ci siamo sempre più appoggiati alla forza delle strutture, adesso dobbiamo testimoniare di più la forza del vangelo. Chi sono due o tre figure che sono o sono state un riferimento per lei? Stanlio e Ollio… Prego? Sono stati importanti nella mia infanzia, sono figure positive. Sì, ma è il primo vescovo che li cita. Ci sono anche il cardinal Martini, che da studente ho incontrato più volte a Milano al seminario Lombardo, e poi Charles de Foucauld, Giuseppe Dossetti, madre Teresa, santa Teresa del Bambin Gesù… Che obiettivi ha nella vita? Lei ha davanti 15 anni da vescovo. Desidero solo essere parte del cambiamento della vita ecclesiale offrendo il mio contributo. Il passaggio dalla tristezza e implosione a una vita nuova della Chiesa è possibile non tanto grazie ai ragionamenti ma grazie alle numerosissime esperienze missionarie che ispirano un rinnovamento, mi creda a Vicenza più che a Treviso. Lei avrebbe problemi a benedire l’unione di una coppia gay? Nessuno. S’è polemizzato su questo tema di recente. Anche qui ci vuole un cambiamento di atteggiamento. Talvolta lo stesso modo di parlare di questo tema è percepito dagli interessati come un giudizio, anzi un pre-giudizio. E in questo non c’è niente di evangelico. Antonio Di Lorenzo


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Politica e amministrazione

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Il dibattito. Il centrodestra attacca su caso Fiera, stazione e parco Querini. Il Comitato Pomari chiede verde in zona

Sindaco attaccato da destra e da sinistra L’opposizione è in prima linea con Notarangelo che vuole completare i lavori a parco Querini: “C’è molto da fare”. Non crede nelle soluzioni provvisorie e parla di “abbandono” del parco. Francesco Rucco lancia l’offensiva contro il Bocciodromo da sfrattare dopo gli incidenti in Fiera. Il sindaco: “Affidata la pratica all’avvocatura”. Intanto il Comitato Pomari alza striscioni provocatori: “Nuovo sindaco, stesso cemento” Nelle foto, Stefano Notarangelo, Francesco Rocco e Walter Fabris, storico appartenente alla sinistra, portavoce del Comitato Pomari

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a giunta è attaccata da destra e da sinistra. L’opposizione, naturalmente, fa il suo mestiere ed è normale che critichi. Meno usuale è vedere che anche da sinistra, bacino elettorale dell’amministrazione Possamai, arrivino bordate. Iniziamo dal centrodestra. Qui si mette parecchio in luce la matricola Stefano Notarangelo, che sulle questioni della Commissione territorio che vuole seguire un corso di aggiornamento (“soldi dei cittadini spesi male, dovrebbero essere già competenti di loro”) ma soprattutto e su parco Querini da aprire, lancia pesanti offensive e parla di “abbandono” del parco. Per controbattere alla giunta che a dicembre ha detto “cantiere finito a parco Querini, adesso troviamo un gestore e apriamo”, Notarangelo, Rucco e Dalla Negra hanno spiegato che c’è ancora molto da fare. “Ma quale apertura delle ex serre di parco Querini che c’è un cantiere da finire e la vera caffetteria da realizzare!” Primo. C’è la ricomposizione paesaggistica - come si dice in gergo tecnico - da terminare, un cantiere importante, da 200 mila euro, che comprende la nuova passerella dall’ingresso di viale Rodolfi, che porterà al nuovo vero ingresso al complesso, e gli orti didattici. Secondo. Non è pensabile - spiegano Notarangelo e sodali - mettere la caffetteria all’interno del comples-

so, che invece deve ospitare, come da progetto, una sala per conferenze e un’altra sala a scopo didattico. Un tempo in quei luoghi c’erano le due sale per le piante di diversa temperatura. Insomma, si sono spesi 1 milione e 800 mila euro, ma ce ne vogliono altri 200 mila per la passerella (e ci sono già) e 700 mila per la caffetteria da allestire e la nuova porta nelle mura da realizzare. Replica la giunta: l’ottimo è nemico del bene, pertanto meglio aprire trovando un gestore che lavori in uno spazio provvisorio, collocato all’interno e non all’esterno delle ex serre. Altri venti soffiano. Già a fine anno Simona Siotto, ex assessore alla Cultura e all’Ambiente, aveva avuto da ridire sulle quattro conferenze stampa organizzate dal sindaco e dagli assessori per tracciare un bilancio della loro attività. “Hanno detto quattro acche – questo il suo pensiero – e quello di buono che hanno indicato l’avevamo realizzato noi”. La consigliera della Lista Rucco ha però dato il meglio di sé quando, nei giorni di VicenzaOro, ha sollevato il problema della stazione ferroviaria, con un sottopasso ancora bloccato e lavori di là da venire. “Davvero un bel biglietto da visita per la città”. Infine, a proposito di Fiera, dopo gli incidenti ai Ferrovieri del 20 gennaio, nei quali sono stati feriti dieci agenti e sono costati denunce per i partecipanti

identificati, il centrodestra compatto, con Francesco Rucco in prima fila, ha sollevato il problema della revoca della concessione al Bocciodromo. Il sindaco ha risposto che ha affidato la pratica all’avvocatura per verificare se esistano le condizioni per rescindere la concessione. Ma, come detto, le punture arrivano anche da sinistra. È il Comitato Pomari che è sceso in campo sulla questione dell’insediamento edilizio da completare nei terreni vicini all’Emisfero, per il quale la società di Gaetano Ingui ha tutti i diritti di costruzione, in un caso – si tratta di un edificio grande quanto la Camera di commercio – addirittura il permesso a costruire. “Nuovo sindaco, stesso cemento”, urlava uno striscione. Il Comitato chiede al sindaco di interrompere questa procedura, offrendo al costruttore altre aree su cui spostare i diritti di edificabilità e lasciare quindi ai Pomari un lotto verde da trasformare in parco: “Si può trattare con il privato spiegano Davide Primucci e Walter Fabris del Comitato - per stralciare uno di questi tre lotti, offrendone altri in cambio”. Quali? “L’area dell’ex dogana e degli ex Magazzini generali, o quella dell’ex Foro boario”, rispondono. Facile a dirsi, meno a farsi, perché l’impresa ha le carte in regola e ha già investito 8 milioni in opere di urbanizzazione. Chi glieli restituisce? Intanto, la polemica è servita.


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Politica e amministrazione

Il personaggio. L’ingegner Angelo Tonello ha indicato il modo per superare due anni di blocco del traffico per i lavori

Alta velocità, è l’uomo del Ponte. Alto Si tratta di costruire il nuovo viadotto in viale degli Scaligeri in due fasi e in due tratti paralleli. Come è stato fatto con la Valdastico sub e si può vedere a Torri di Quartesolo. L’idea dell’ingegner Tonello sembra l’uovo di Colombo: di sicuro salva gli spostamenti nella zona ovest della città durante lavori che dureranno a lungo

È

lui l’uomo del Ponte. Alto. È lui che ha indicato la soluzione, l’uovo di Colombo, per risolvere il nodo di Ponte Alto. Se verrà seguita, come sembra, la sua idea, si eviterà lo shock al traffico previsto a Ponte Alto per l’abbattimento del viadotto in viale degli Scaligeri e la sua ricostruzione perché sia compatibile con la linea ad alta velocità. Angelo Tonello ha 32 anni, è ingegnere elettrico e lavora alla Ate di Brendola, azienda di applicazioni termoelettriche. Ma è anche consigliere comunale, eletto nella lista del Pd (è stato segretario del ciroclo dei Ferrovieri). Inoltre, è stato consigliere di amministrazione della Società vicentina trasporti fino alla primavera scorsa e attualmente ha la delega del sindaco Possamai a occuparsi di alta velocità. Cosa che ha fat-

to fornendo un’indicazione importante, che è stata recepita dal “tavolo” tecnico formato da Provincia, Comune e Camera di commercio, che l’hanno girata al consorzio Iricav 2 che si sta occupando della progettazione della linea di alta velocità e quindi anche delle opere complementari relative alla viabilità. È stato proposto di costruire il nuovo viadotto a una corsia di marcia a ovest dell’esistente (esattamente 11 metri più a ovest di quello attualmente a progetto) da utilizzare mentre verrebbe demolito l’esistente. Una volta completata la demolizione del vecchio, si realizzerebbe l’allargamento del nuovo a due corsie per senso di marcia, rendendolo definitivo. Il traffico, quindi, non verrebbe fermato e il viadotto di Ponte Alto potrà così essere

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PRIMA REGIONALE

giovedì 29 febbraio

NUOVO BALLETTO DI TOSCANA L’ingegner Angelo Tonello e il tratto della Valdastico costruito in due tratte vicine

transitabile anche durante i lavori di realizzazione dell’alta velocità. Per capire, basta andare a Torri di Quartesolo e vedere com’è stato realizzato il viadotto della Valdastico. Si tratta, appunto, di una struttura con una “luce” in mezzo: fa capire come può essere costruito in due fasi, consentendo che il traffico non sia bloccato.

THE RED SHOES / SCARPETTE ROSSE Ascolta

direzione artistica Cristina Bozzolini coreografia Philippe Kratz

Arriva alle Cattane il nuovo supermercato n°152 Va detto subito: tutto è in regola. Il gruppo Alì sta costruendo il nuovo maxi supermercato alle Cattane, nell’area in cui un tempo sorgeva la Cime, celebre industria di componenti elettrici. Servirà relativamente poco tempo perché la struttura, progettata dall’ing. Luigi Tommasi con studio a Padova, sia completata. Sta lavorando l’impresa Ballan di Campodarsego. Una volta che sarà ultimato, questo maxi centro commerciale prenderà il posto

dello storico supermercato Alì di via Rossini. E la lista dei supermercati esistenti in città si allungherà. Se l’Esselunga, inaugurato alla fine del 2021 a Ponte Alto (dopo un percorso

che è durato più di dieci anni) è stato il 151° supermercato a Vicenza, questo sarà il 152esimo. A circa cento metri sorge, peraltro, l’Emisfero del gruppo Famila, già Auchan.

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Politica e amministrazione

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Il personaggio. Raffaele Colombara valuta l’azione amministrativa: “Sono stati votati per un cambio di passo”

“La giunta s’impegna, ma può fare di più” “Il sociale è una bomba a orologeria. Medicina nei quartieri e psicologo per tutti, ecco due obiettivi da realizzare. L’alta velocità è una spada di Damocle sulle elezioni del ’28. Sicurezza: concretizzare la mia idea dei contratti con la vigilanza privata. Attendiamo con urgenza il parco a San Biagio. Diamo voce alla vera partecipazione dei cittadini. Ho celebrato oltre 500 matrimoni: un record”

C

ome vede l‘azione della giunta Raffaele Colombara, sessant’anni, docente di lettere alle superiori, alla quarta legislatura in Consiglio comunale? Bene, ma può fare di più: il riassunto è di chi scrive, non è una sua frase letterale. Ma rende il concetto. Colombara nelle scorse legislature è stato presidente della Commissione consiliare per il sociale, tema cui resta molto sensibile. Lei è stato eletto con la lista “Per una grande Vicenza” e fa parte della maggioranza. L’amministrazione la sta costruendo questa grande Vicenza? Sicuramente! Si stanno impegnando. Sono giovani, sono stati votati per un cambio di passo. Bisogna che se lo diano, il cambio di passo. Diciamo che c’è qualche difficoltà operativa da superare. Lei che è abituato ai giudizi, che voto darebbe a sindaco e giunta? Le pagelle si fanno a scuola o le lascio ai giornalisti. Intanto la giunta ha raccolto un successo con le decine di migliaia di visitatori alla mostra in Basilica. Bene, ottimo. Però alla città serve altro. Per esempio? Il sociale, che vuol dire centri diurni, Ipab, è un tema esplosivo. Lasciate lì da anni, adesso le rette aumentano. Sono una bomba a orologeria. E poi la medicina nei quartieri, lo psicologo per tutti. Ecco un esempio di cambio di passo. Ma vuol dire che l’assessore Tosetto non è attivo? Sì, ma bisogna intervenire in modo più incisivo. E non c’è anche il dottor Zaramella, presidente del Cosniglio, che ha uno specifico incarico di studio sulle questioni sanitarie? Non dico niente. Dico solo

che ci sono tanti dipendenti dell’Ulss a palazzo. Parliamo di infrastrutture, nodo importante per Vicenza. L’alta velocità è una spada di Damocle sulle elezioni del ’28. Sul tema, le interlocuzio-

Il consigliere comunale Raffaele Colombara

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ni con i cittadini sono giuste, qualche risultato s’è visto. Molti chiedono spiegazioni; servirebbe un ufficio. E poi bisogna concretizzare il passaggio interrato in zona stazione. E la sicurezza? Sono partiti i vigili di quartiere, non è contento? Certo, bisogna però dare seguito alla mia proposta di stipulare accordi con la vigilanza privata. L’idea è stata votata da tutti in Consiglio, ora va concretizzata. Come guardano i vicentini a questa giunta? Ci sono molte attese, l’ho detto. Per questo bisogna stimolare la partecipazione con i comitati di quartiere. Altro grosso problema per Vicenza è l’ambiente. Serve qualche scelta coraggiosa su strade e traffico e non solo eseguire i compiti affidati da Stato e Regione. Lei è sempre stato molto attento ai quartieri, tant’è che la scorsa legislatura era stato eletto con una lista che nel nome si richiamava esplicitamente a queste realtà. Un quartiere, però, è anche il centro storico. Certo. E vive molte dimensioni delicate, a cominciare dalla poca residenza. Intanto, mi auguro che sia realizzato presto quel parco a San Biagio, del quale s’è parlato con ottimismo da parte di sindaco e assessori. Assieme all’università diventeranno un bel segno di vivacità per il centro. Ma lei ha il dente avvelenato per non essere diventato assessore? Alla terza legislatura del centrosinistra magari se lo aspettava. No, no. Vivo bene. Non ho veleni. Mi piace sempre di più interpretare il ruolo del consigliere che porta nel Palazzo le sensibilità delle persone. Oggi l’assessore deve correre, e tanto. È noto che lei è un assiduo celebrante di matrimoni a palazzo Trissino. Come mai? Da quando sono stato eletto consigliere comunale ne ho celebrati oltre cinquecento… …un record! Non lo so. Però sono indubbiamente tanti. Celebrare le nozze è un altro modo di incontrare le persone, conoscerle e capire la propria città. (a. d. l.)


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Politica e amministrazione

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L’intervento. Concluso il cantiere dell’università, ora si punta sulla zona verde tra il palazzo e l’ex carcere

Libro e parchetto, San Biagio perfetto O

ra che il cantiere dell’università nel palazzo ex Aci a San Biagio è concluso (e si pensa agli arredamenti), si punta al nuovo obiettivo: la zona verde tra l’immobile e il complesso delle ex carcer, vuote da quarant’anni, un “buco nero” che fa male al centro storico, denunciato da anni soprattutto dal Fai. Nella conferenza stampa di fine anno, il sindaco ha dato come termine giugno per la nuova zona verde – più che un parco è un parchetto – di cui in campagna elettorale aveva lanciato l’idea. Ha ottenuto dal Demanio la disponibilità dell’area, ma per la sua realizzazione ci sono da superare ostacoli burocratici e tecnici. Invece, l’amministrazio-

Due foto del parchetto: com’è e come sarà

ne ha portato a conclusione il cantiere dell’università, iniziato con la giunta Rucco, e destinato ai corsi di design industriale dello Iuav. È stata contabilizzata

una spesa di 1 milione e 800 mila euro, 300 mila dei quali finanziati dalla Fondazione studi universitari, di cui è presidente Adamo Dalla Fontana. Su una superficie

complessiva di 1600 metri quadrati, 400 per ognuno dei quattro piani, saranno ricavati aule, laboratori e un’aula magna da 180 posti. In complesso ci sarà

spazio per 300 studenti. Tra il libro e il parchetto, per usare la parafrasi di una frase ad effetto, San Biagio sarà perfetto. Almeno nelle intenzioni della giunta.

Altro che Tigre nel motore, metti un dolce nell’ex distributore in viale San Lazzaro C’era una famosa pubblicità negli anni Sessanta che invitava a “mettere in Tigre nel motore” per convincere i clienti a scegliere la benzina Esso. A Vicenza il “claim” va cambiato. Ci sono due distributori di benzina abbandonati da almeno dieci anni in viale San Lazzaro. Una pasticceria sorgerà nello spazio occupato ora dall’ex distributore vicino all’istituto Victory. Il Comune intende in questo modo ridare vita all’area. L’iniziativa è della ditta Leodari pubblicità che ha concesso lo spazio in comodato d’uso alla ditta C & G srl, proprietaria della Pasticceria Stra con sede a Dueville e celebre per il locale di Passo di Riva.

Una foto storica del Tigre e il progetto della pasticceria

È un importante tentativo per ridare vita a un altro “buco nero” di Vicenza. Oltre al sindaco Possamai

e all’assessore Balbi, il progetto è stato seguito da Leonardo Leodari per l’azienda pubblicitaria, Claudio

Liotto per pasticceria Stra, il designer Ruggero Grandi per Grandi srl e il progettista Martino Chiesa. Insom-

ma, al posto del tigre meglio mettere un dolce – metaforicamente – nel motore personale.

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Politica e amministrazione

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Le caricature. Il maestro Scotolati prosegue a immaginare la “Marcia su Mosca” con i personaggi della politica

I ritratti di Zaramella, Tosetto e Zilio Fra assessori e consiglieri semplici, ecco i protagonisti della vita pubblica cittadina secondo Gabriele Padoan

P

roseguiamo con la carrellata di personaggi pubblici disegnati da Gabriele “Scotolati” Padoan, che ha immaginato assessori e rappresentanti dell’opposizione impegnati nella “Marcia su Mosca”. Questo mese l’umorista vicenti-

no ha preso di mira il presidente del Consiglio comunale, Massimiliano Zaramella, l’assessore agli interventi sociali, Matteo Tosetto, l’esperto di alta velocità, Angelo Tonello e l’assessore allo Sport, Leone Zilio.

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Attualità

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Le novità in centro. Il nuovo Salvi, il giardino di Santa Corona “liberato” e la sala conferenze sotto la Basilica

Un “chilometro nel verde” lungo il Corso Quasi a ricordare la corsa del Palio con i cavalli lungo il corso, descritta in un libro da Walter Stefani, corso Palladio segna tre novità. L’apertura del giardino a Santa Corona ricorda, in ben altri tempi e atmosfere, quando a Vicenza si voleva aprire e conquistare alla città il “brolo del vescovo” che tuttora esiste ed è rimasto privato

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i tempi della contestazione e dei cortei in centro, parliamo di cinquant’anni fa, uno degli obietti di chi protestava a Vicenza era di aprire alla città “il brolo del vescovo”, quel parco verde privato che va dal palazzo vescovile – la loggia del cardinale Zeno – sino a contrà della Racchetta. Doveva essere il segno della riconquista laica della città degli spazi della Chiesa. Non ci riuscì mai nessuno, naturalmente. Erano i tempi in cui andavano di moda slogan sui muri che inneggiavano al “cloro al clero”, quindi si capisce quale fosse l’atmosfera. Qualcosa di simile, in anni completamente diversi, in un’atmosfera differente e soprattutto in modo pacifico con il consenso del vescovo, è accaduto con il sindaco Possamai: la “liberazione” del giardino di Santa Corona. L’aveva annunciato come suo obiettivo a fine anno. In poco più di un mese, il sindaco ha annunciato l’apertura del giardino di Santa Corona. Il parco è di proprietà della diocesi, a differenza del tempio di Santa Corona che è comunale. C’è stato un accordo fra curia e Comune e il giardino avrà gli stessi orari di apertura della chiesa, cioé dalle 9 alle 17. È la prima volta che accade ed è un fatto a suo modo storico. Naturalmente, il giardino di Santa Corona è stato utilizzato in passato (anche di recente) per ospitare le rassegne culturali estive, ma non è mai stato aperto normalmente e in via continuativa. Tecnicamente, il parco è in comodato d’uso per due anni. Non ci sarà una sorveglianza particolare, diversa rispetto agli altri luoghi del centro. L’ingresso sarà dal cancello che dà su corso Palladio, mentre sarà realizzato un altro ingresso da contrà Santa Corona per chi è in

carrozzella. Dal giardino non si potrà entrare nella chiesa, il cui ingresso resta dalla contrà e rimane a pagamento. Il sindaco ha annunciato la novità assieme al vicario generale della diocesi, mons. Giampaolo Marta, ringraziando il vescovo mons. Giuliano Brugnotto che ha subito acconsentito alla richiesta. Nel giardino saranno installate anche delle panchine, non si sa di che tipo, se a seduta unica, cioé con il bracciolo in mezzo com’è stato ipotizzato per Campo Marzo (dato che sono già state acquistate di questo tipo dal Comune) oppure no. Ma non è l’unica novità in centro. Lungo corso Palladio si realizzerà una sorta di “chilometro verde” perché è già in corso un altro intervento ambientale: sono iniziati, infatti, i lavori di manutenzione al Giardino Salvi. L’investimento previsto è di 400 mila euro, coperto dai fondi del Pnrr. Il cantiere, che durerà sei mesi, garantirà l’attraversamento da piazzale De Gasperi a piazzale del Mutilato. È prevista la sostituzione del ghiaino con una nuova pavimentazione in terra stabilizzata. Sarà potenziata l’illuminazione, mentre il parapetto in legno lungo la roggia sarà sostituito con una ringhiera in acciaio. Il terzo intervento, sempre in centro, riguarda la nuova sala conferenze che sarà ricavata sotto corte dei Bissari, vicino all’area archeologica della Basilica. L’intervento, in dirittura d’arrivo a fine marzo, è stato deciso dall’amministrazione Rucco. Con una spesa di 250 mila euro, sarà ricavata una sala ampia 100 metri quadrati che potrà dare spazio a quaranta persone. Anche in questo caso, i fondi arrivano dall’Europa.

Il sindaco Possamai e il vicario don Giampaolo Marta, il giardino di Santa Corona, un’immagine del cantiere al Giardino Salvi e la nuova sala sotto Corte Bissari con il suo ingresso


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L’intervista

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Il personaggio. Giuseppe Traverso, libraio e vicentino doc (anche se molti credono di no) racconta come vede Vicenza

“C’è poco entusiasmo, ma sono ottimista” • “Se abbiamo superato il crack della Popolare, c’è spazio per il futuro • Abbiamo toccato il fondo, possiamo solo risalire • Si fa meno cultura rispetto al passato • Intellettuali? Forse vanno altrove: un tempo qui venivano a fare salotto Sala, Faggin, Cevese, Barbieri e Niccolini • La scuola può essere il nemico dei libraio • Ho visto cambiare Vicenza con tristezza in 50 anni • A Padova gli studenti sono una miniera d’oro, qui sembra che diano fastidio”

A

Vicenza respira poco entusiasmo – afferma – ma è comunque ottimista sul futuro. Se Vicenza ha superato la crisi della Banca Popolare, allora c’è speranza: ha toccato il fondo, non può che risalire. È la filosofia di Giuseppe Traverso, 78 anni, titolare della libreria di corso Palladio che presto compirà 50 anni. Sposato con Francesca, sono genitori di Sara e Valentina: da quasi mezzo secolo il loro negozio vicino all’Odeon è un punto di osservazione interessante su Vicenza e i vicentini. La libreria non è intestata a lui: anche al papà Giacomo e al nonno Giuseppe è riferibile quella ditta “G. Traverso” che fu depositata dal notaio. Oltretutto, lui in famiglia è Bepìn. Giuseppe Traverso ha un destino doppio. Vicentinissimo di famiglia, anche se nato a villa Marzari a Brendola dove erano sfollati per la guerra, ha frequentato le scuole in via Riale. Ma la famiglia è talmente vicentina che il bisnonno Pietro è stato uno dei fondatori della Banca Cattolica. Dopo la guerra, i Traverso si sono spostati a Padova, città in cui risiedono ancora. Poi negli anni Settanta, mentre lavorava per Principato in giro per il Nordest (lui ama molto le auto e lo sci) è tornato a Vicenza, dando vita al negozio dove oggi lavorano anche moglie e figlie. “Non c’è neanche bisogno di guidarla – spiegano sorridendo – L’auto sa da sola la strada da Padova a Vicenza”. Giuseppe vive questa doppia identità che l’ha portato a essere un padovano per i vicentini quando in realtà dovrebbe essere considerato il contrario. A Padova, oltretutto, la famiglia Traverso ha fondato e gestito un’azienda di distribuzione di libri che, chiusa nel 2015, ave-

va 17 dipendenti. Una vita per i libri, insomma, quella di Giuseppe Traverso, sempre con lo sguardo tagliente, il sorriso a mezza bocca e la calma che può preludere a una battuta mordace. Come ha visto cambiare Vicenza? Con tristezza. Ricordo quando collaboravo per alcune iniziative: con la Dora Markus abbiamo fatto venire a Vicenza Umberto Eco. Proprio a Vicenza siamo stati apripista in Italia presentando il metodo Ørberg per imparare il latino. Che entusiasmo! Qui in libreria si ritrovavano Giorgio Sala e Lorenzo Pellizzari. E poi Giuseppe Faggin, Giorgio Oliva, Enrico Niccolini, che dialogavano spesso con il papà. Che persona era il papà Giacomo? Diventò direttore da Galla perché sostituì l’allora direttore che partì per la guerra. Quando tornò gli restituì il posto. Nel dopoguerra fu un protagonista della politica: diceva che aveva fatto solo un comizio meno di Rumor. Secondo lei oggi si fa meno cultura a Vicenza? Onestamente sì. Bisogna abituarsi alla cultura. Vede, ho sempre detto alle scuole: venite qui ma non comprate libri. Un bambino può avere soldi e un altro no. E io desidero rispettare tutti. Mi verrebbe da dire che le scuole possono essere i peggiori nemici del libraio. Ci sono meno intellettuali? Forse vanno altrove. Un tempo Cevese e Barbieri erano qui spesso. La Guida di Vicenza è passata per le mie mani. Ha citato tutti i grandi di un tempo, manca solo Neri Pozza. Era compagno di giochi di mia mamma quando abitava a Santa Caterina… …e la mamma si chiamava?

Giuseppe Traverso e l’ingresso della sua libreria in corso Palladio vicino alla lapide con la “damnatio memoriae” di Galeazzo da Roma. Umberto Eco fotografato a Vicenza nel 1985 al teatro Astra: Traverso contribuì all’iniziativa

Velia Cimoso. Era del 1910, un anno più grande di mio padre. Era la figlia del miglior sarto di Vicenza, socio di Zanella. Quando ormai grande rivedeva Neri Pozza lo prendeva in giro: Va là, eri il più stupido della compagnia. Cosa manca a Vicenza? L’entusiasmo. E i giovani non vengono curati come meritano. Padova è diversa? A Padova gli studenti universitari sono una miniera d’oro. Qui sembra che diano fastidio. Perché Vicenza non ha entusiasmo? Le rispondo così: perché tanti vicentini non fanno acquisti a Vicenza ma altrove? Cercano di nascondersi. Ma in questi cinquant’anni li ha visti cambiare i vicentini? Di sicuro sono cambiato io. Però, ripeto, non vedo entusiasmo. È vero che c’è anche un retaggio del passato: penso a certe figure, come Ubaldo Serbo a Rienzo Colla che qui sono stati fermati per motivi politici o religiosi. Padova è una città con una vivacità completamente diversa. Ma voglio essere ottimista. Dopo quello che ha detto, è

una consolazione. Se non fossi ottimista, dovrei chiudere bottega. C’è un vicentino, una persona che la colpisce? Federico Faggin, chi altri? Ne sono entusiasta. Scrive libri difficili, ma anche suo padre non scriveva libri semplici. Lo diceva lui stesso: “La filosofia è difficile”. Certo, mi piacerebbe credere in un trentenne… Non c’è? Diciamo che non lo conosco. Il suo più grande orgoglio? La famiglia Non la città? No, Vicenza non mi dà una sensazione di orgoglio. Eppure, qui la testa si usava un tempo. Perfino l’università è nata prima qui che a Padova. Ma spero nel futuro. Perché? Perché abbiamo toccato il fondo. Non possiamo che risalire. Se abbiamo superato il crack della Banca Popolare, c’è spazio per migliorare. Chi è un grande che ha incontrato e di cui ha un ricordo vivo? Arnoldo Mondadori. Avevo diciotto anni e mi ha dato una grande lezione: se vuoi rag-

giungere un obiettivo, impegnati in prima persona. Mi fa un esempio? Quello che mi raccontò lui. Riuscì a pubblicare i libri di Hemingway perché fu l’unico, fra tanti aspiranti, che andò di persona a incontrarlo. Questa lezione è ancora più valida oggi che abbiamo computer e telefonini che ci portano ovunque. Magari a Padova avrà anche incontrato qualche illustre academico… Nella saletta da Draghi sapevamo che passava spesso Manara Valgimigli. Mi raccomandarono di non chiamarlo mai professore, bensì maestro. Li ascoltai. La sua libreria è nata nel 1976 a Vicenza. Comprai la licenza da Chiovato e l’ho organizzata imitando Feltrinelli: a isole attorno alle quali poter girare. Qual è il suo segreto di libraio indipendente? L’assortimento. Abbiamo 45mila titoli di 4210 editori. Si pubblica troppo in Italia? Esistono oltre seimila editori, si pubblicano 70mila libri all’anno ma i lettori sono sempre pochi. (a. d. l.)


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Attualità

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Animali. Quasi un intervento ogni tre giorni per gli attacchi dei lupi, cacciatori abusivi aumentati del 40%

Crescono i lupi, ma i bracconieri di più Sono 45 quelli denunciati. Il bilancio della polizia provinciale segnala anche 200 incidenti stradali provocati dagli animali

La Finanza scopre 78 grandi evasori e 1.2 miliardi di fatture false

A

umentano gli attacchi dei lupi nel Vicentino, quasi uno ogni tre giorni in media ma i bracconieri sono aumentati molto di più. Lo dicono i dati della polizia provinciale relativi all’anno scorso. Sono stati denunciati, infatti, 45 bracconieri, il 40% in più rispetto al 2022. L’hanno spiegato Gianluigi Mazzucco, comandante della polizia provincia e il vice Francesco Nassi. Nel frattempo, la polizia provinciale ha effettuato 101 accertamenti per danni provocati dal lupo, vale a dire uno ogni tre giorni, anche se il lupo - come sanno gli etologi e gli esperti - non è considerato una minaccia per l’uomo. Nell’anno appena passato sono stati 1.737 gli interventi di recupero di animali selvatici, di cui 978 sono stati liberati nel loro habitat, mentre 759 sono morti. Ingenti sono i danni provocati dagli animali selvatici, con quasi 200 incidenti registrati alla circolazione. La polizia provinciale ha dedicato una forte attenzione alla peste suina, anche se non è ancora arrivata nel Vicentino. Quello dei bracconieri è un fenomeno in aumento - ha spiegato Mazzucco - I casi hanno riguardato 37 abbattimenti di specie protetta, 20 utilizzi di mezzi di cattura vietati, 20 porti d’armi abusivi, 5 casi di caccia in tempi non consentiti, detenzione abusiva e violazioni delle leggi sulle armi. Inoltre, in collaborazione con la polizia sono state sequestrate a Breganze oltre 250 armi. È stato avviato anche il monitoraggio e il censimento di caprioli, camosci, cervi, muflone e gallo forcello, in collaborazione con l’università di Sassari e le strutture locali di gestione venatoria.

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Cultura

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La mostra. Sogni, utopie e cambiamenti negli anni del beat e del pop: una rassegna in Basilica dal 2 marzo

Cos’era il beat, un milione di anni fa “B

eat, beat, cos’era il beat. Un milione di anni fa”. Lo cantavano quarant’anni fa I gatti di vicolo miracoli rimpiangendo, già allora, un periodo rivoluzionario quando l’arte cambiava il mondo. La citazione è giustificata dal fatto che, oggi molto più di quaranta anni fa ai tempi di Smaila, Salerno, Oppini e Calà, davvero parlare degli anni Sessanta sembra scavare un wormhole nello spazio tempo. Ma è quello che succederà in Basilica. Pittura, scultura, musica e letteratura: la cultura degli anni ‘60 e ‘70 sarà la protagonista per tre mesi di una nuova rassegna. Dopo il successo straordinario dell’esposizione dei tre capolavori di Caravaggio, Van Dyck e Sassolino (con sessantamila ingressi in un mese e mezzo), prenderà il via il 2 marzo la mostra “Pop/ Beat, Italia 1960 - 1979 - Liberi di sognare”. La rassegna è un progetto di Silvana editoriale, curato da Jacopo Bulgarini d’Elci, sposato dal sindaco Possamai e dall’assessora Ilaria Fantin. Ideatore e curatore è Roberto Floreani. Silvana editoriale, di cui Michele Pizzi è direttore generale, produce la mostra assieme al Comune: gli organizzatori possono contare su un importante contributo di Intesa Sanpaolo. “Questa sarà la prima mostra di mandato per l’amministrazione attuale ha sottolineato il sindaco – È una rassegna inedita in Italia, che contribuirà a rendere la Basilica un’agorà, un luogo d’incontro, specie oltre i confini della città”Il progetto che conta su importanti prestiti di musei, gallerie e collezioni private, racconterà, attraverso un centinaio di opere di trentacinque artisti, la generazione del pop e beat italiano. Saranno presenti opere di Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Paolo Baratella, Roberto Barni, Gianni Bertini, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Claudio Cintoli, Lucio del Pezzo, Fernando De Filippi, Bruno di Bello, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Pietro Gallina, Piero Gilardi, Sergio Lombardo, Roberto Malquori, Renato Mambor, Elio Mar-

Questa canzone era cantata un tempo da “I gatti di Vicolo Miracoli” e davvero adesso con la mostra in Basilica sino al 30 giugno si andrà scavare, come fosse un wormhole, nello spazio tempo di un universo che vale la pena riscoprire. O almeno ripassare con alcuni dei protagonisti più prestigiosi dell’arte. Il progetto è di Jacolpo Bulgarini per Silvana editoriale, la mostra è curata da Roberto Floreani

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Il curatore Roberto Floreani e Michele Pizzi di Silvana editoriale. Il gruppo de “I gatti di Vicolo Miracoli” in una foto del tempo

chegiani, Umberto Mariani, Gino Marotta, Titina Maselli, Fabio Mauri, Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Concetto Pozzati, Mimmo Rotella, Sergio Sarri, Mario Schifano, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Cesare Tacchi, Emilio Tandini. L’esposizione durerà sino al 30 giugno e in Basilica sarà diffusa come colonna sonora la musica di quegli anni, accompagnata dai documenti originali di Gianni Milano, poeta e pedagogista italiano che diventò voce e guida del beat italiano. Si ricorderà anche il gruppo controcorrente di Nat Scamacca più che il gruppo ’63. “Sarà una mostra che punterà a porre al centro dell’attenzione la città di Vicenza - ha spiegato Roberto

Floreani - andando a riscoprire la sensazione di libertà e speranza di quegli anni, dando priorità a ciò che gli artisti raccontavano di loro stessi e riscoprendo ciò che si sognava in quegli anni, di cui molto ancora, non realizzato”. La mostra racconterà l’esplosione dell’arte avvenuta negli anni ‘60 e che concluderà il suo viaggio con la fine degli anni Settanta. ”Sento molto mia questa iniziativa - ha sottolineato l’assessore Fantin - perché racchiude sogni, utopie e cambiamenti di un’epoca italiana che spesso non viene messa in risalto e che invece cercheremo, con queste esposizioni, di rendere attrattiva anche per le giovani generazioni”. Verranno proposti infine eventi e laboratori per le scuole, in collaborazione con il Comune, la biblioteca, Vicenza Jazz, il cinema Odeon, il festival Poetry Vicenza, La Piccionaia, Thema Teatro e il conservatorio Pedrollo. Francesca Piovesan

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Vicentini illustri

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Il personaggio. Da oltre 50 anni Attilio è un simbolo di Vicenza. Le sue foto sono paragonate a opere di grandi artisti

Le foto di Pavin come i quadri di Pollock Celebre per il suo reportage dal Muro di Berlino abbattuto, il fotografo ha attraversato varie fasi della sua ricerca, dal bianco e nero degli anni Sessanta ai colori Polaroid. È stato paragonato anche a Burri e Vedova

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anno accostato le sue immagini ai dipinti di Pollock, ai lavori di Burri o all’astrattismo di Vedova. Eppure, per quanto possa sembrare sorprendente, tutto quello che Attilio Pavin crea esce da obiettivo, luci, tempi di esposizione. E, naturalmente, capacità di sguardo. Insomma, fotografia. Da ormai cinquant’anni Pavin – sposato con Luciana che lui considera il motore della sua vita – è uno dei fotografi più noti in città, anche perché accanto all’attività professionale non ha mai abbandonato la ricerca e la voglia di sperimentare. Gli inizi, alla fine degli anni ‘60, sono immagini tutte giocate sui forti chiaroscuri, che fossero immigrati sui treni in arrivo alla stazione centrale di Milano o una parata di moto al via di una gara di motocross: “Sai come si faceva? - ricorda ridendo sotto la barba - Ti piazzavi in mezzo alla pista prima del via, scattavi, e poi scappavi più in fretta che potevi”. Le sperimentazioni degli anni ‘70 sono invece ottenute in camera oscura, lavorando con esposizioni multiple della stessa lastra fotografica. Il risultato sono sagome sospese su un fondale bianco, quasi astratte, subito classificate dagli addetti ai lavori come foto d’avanguardia. “Ma solo perché in Italia siamo molto attaccati al realismo - precisa lui - In realtà ricerche simili erano già state fatte. Io cercavo il movimento, e l’ho trovato giocando con i grigi,

che creano l’illusione della profondità. Presto cominciano le mostre - la prima è del 1986 al palazzo dei Diamanti di Ferrara - e il lavoro sui frammenti di muro, che davanti all’obiettivo trovano l’armonia e la forza espressiva di un dipinto. Basta un taglio di luce, una macchia di colore, un intonaco scrostato, le tracce lasciate dai pannelli su una parete di Parigi, un graffito in un vicolo di Amsterdam. “Tutto nasce da un percorso interiore - commenta - La foto è la lettura di quello che sei dentro con quello che trovi fuori. È il modo di vivere la città che ti dà una sensazione diversa, perché sei tu che vai a leggere e scegliere quel muro: per questo le foto che fai ad Amsterdam non possono essere le stesse che fai a Parigi”. I paragoni con la pittura astratta si sprecano. Ma Pavin precisa: “Le mie sono fotografie. Quello che si vede è quello che ho catturato con l’obiettivo. Non c’è nessun taglio, nessuna rielaborazione successiva, altrimenti mi sembrerebbe di barare con me stesso. Se fossi stato più bravo, magari l’avrei fatto con i pennelli. Ma non sono Vedova, o Fontana. Io uso la macchina fotografica, e i muri di Pavin sono i muri di Pavin”. In alcune occasioni, alla ricerca fotografica si affianca la cronaca. Come negli scatti fatti a Berlino pochi mesi dopo la caduta del Muro, che sono diventati un libro celebre a Vicenza, nelle foto di una Belfast ancora

Attilio Pavin e una sua celebre foto del Muro di Berlino. La sua prima foto del 1965 e una di New York

in bilico tra pace e guerriglia, nel reportage di una New York raccontata coi manichini delle sue vetrine: “Per certi versi New York è una città disumana: è piena di gente, ma non c’è relazione, le persone si sfiorano soltanto, senza comunicare. I manichini mi sono sembrati una buona idea per renderla”. Nelle trasferte americane comincia la ricerca con le polaroid, che Pavin modifica lavorando sull’inchiostro prima che

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questo asciughi definitivamente. Più che un quadro astratto, quello che ne esce questa volta sembra un dipinto espressionista. Colori accessi, contorni fluidi, contrasti forti che esprimono l’anima di un luogo: la vivacità di Times Square, la disperazione di Harlem, il ritmo delle prime edizioni del Vicenza Jazz. Infine, il ritorno al bianco e nero. Sia in una versione più narrativa, girando per musei alla ricerca di scatti che raccon-

PROTAGONISTI A NORDEST Esploreremo le storie ispiratrici di uomini e donne che hanno contribuito al progresso economico e all’innovazione nella nostra regione. Ascolta tutte le mattine dalle 8:38 e sabato e domenica dalle 8:28. Solo su Radio Veneto24. A cura di Micaela Faggiani

tino la relazione tra i visitatori e le opere esposte. Sia con un taglio più formale: degli sgabelli di design colpiti dal sole, una lastra di vetro appoggiata al muro, che grazie ad inquadrature ed esposizione diventano immagini quasi astratte. Quasi. “Perché – conclude – per me non c’è astrazione: il muro non è astratto, lo sgabello non è astratto. Io fotografo la realtà, magari vista in modo diverso”. Luca Matteazzi

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Viaggi

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Il personaggio. Don Raimondo Sinibaldi e la passione per la Terra Santa, da “Homo viator” alla “Linfa dell’ulivo”

È l’inesauribile anima dei pellegrinaggi È cresciuto alla scuola del cardinal Martini, è presidente della “Romea Strata”, esperto di esegesi biblica e di archeologia. Sogna un futuro di pace tra Israele e la Palestina e spiega: “Noi dobbiamo intercedere”

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olo il vulcanico don Raimondo Sinibaldi, che quando si muove è un autentico bulldozer non solo per il suo fisico, poteva mettere d’accordo le tante anime e teste che stavano creando una gran Babele attorno ai cammini verso Roma. Ed ecco che nasce il logo, ma anche quanto lo sostiene in fatto di organizzazione e di contatti, della “Romea Strata”, una realtà che valorizza un’antica rotta europea solcata da pellegrini che partivano dal Mar Baltico, attraversavano mezza Europa fino a valicare le Alpi ed entravano nel Nord Est d’Italia attraverso il Tarvisio. E poi giù, lungo l’Italia alla volta di Roma. Don Raimondo, dopo un intenso lavoro sottotraccia, ha messo d’accordo i vari organismi degli Stati interessati e ha inventato questa associazione europea, di cui è presidente, formata da rappresentanti di 6 Stati e 28 organismi italiani, che ora si ritrova, progetta e parla all’unisono a quanti vogliono fare esperienza di un cammino che vada al di là del semplice turismo. Originario del Veronese dove è nato 63 anni fa, in parrocchia a Malo da giovane prete, don Raimondo ha poi percorso le varie tappe in diocesi all’interno dell’Azione cattolica e della pastorale giovanile. Ma la sua passione è sempre stata

la sacra scrittura e la Terra Santa, dove ha seguito corsi biblici di specializzazione a Gerusalemme con i più quotati esegeti, storici ed archeologi gesuiti. Nei suoi uffici oggi rinnovati e ospitati nell’ex convento del complesso dei Carmini a Vicenza, gli fanno corona oltre 20 mila volumi di archeologia, alcuni rari, molti scritti in ebraico che don Raimondo sa leggere, compreso quello antico, e con alcune enciclopedie di grande valore che sono alimentate costantemente. Tutto catalogato, con i titoli pubblicati on line. Questa è la sede della Fondazione Homo Viator – San Teobaldo che ha raccolto il testimone dell’Ufficio diocesano pellegrinaggi (la diocesi nomina ancora il consiglio di amministrazione) e ormai da 10 anni propone e organizza iniziative di carattere formativo e culturale ad ampio spettro su quattro direttrici. Anzitutto i pellegrinaggi, che oltre ai momenti devozionali, prevedono l’approfondimento dei testi sacri, la comprensione del contesto in cui si è ospitati con l’ausilio delle scienze storiche e archeologiche, e infine un necessario percorso personale, anche di fede. E sempre con guide italiane ben preparate e motivate. C’è poi la “Linfa dell’ulivo”, che promuove ini-

Un’eloquente immagine di don Raimondo Sinibaldi vicino a una cartina della Terra Santa, suo luogo d’elezione

ziative ed occasioni per approfondire, studiare e condividere tematiche inerenti alle terre bibliche. Il terzo settore è dunque “Romea strata”, che si avvale di progetti europei per la valorizzazione di cammini antichi che partono da Tallin per congiungersi con Roma. Infine, il quarto ambito riguarda la collaborazione di molti volontari italiani con la campagna di studi e scavi archeologici in Israele, e precisamente nella sponda occidentale del Lago di Tiberiade, luogo di grande rilevanza biblica in quanto città natale di Maria Maddalena, la prima testimone di Gesù risorto. Per don Raimondo, essenziali e importantissimi sono i volontari, ma la sua struttura si basa su professionisti impiegati a tempo

pieno nei solenni uffici della nuova sede, che gestiscono relazioni, contatti e contratti. Ma soprattutto con metodo, continuità e costanza danno seguito a progetti dove a far la differenza è la capacità progettuale, la ricchezza delle conoscenze in ambiti e tematiche internazionali, un metodo che produce risultati. Dopo il 7 ottobre dello scorso anno, Israele è diventata inaccessibile e chiusa e tutte le attività sono state sospese. Fortunatamente, le alternative non mancano, con la Turchia, Grecia, Portogallo, Francia, Giordania. Ma come andrà a finire in Israele? Per don Sinibaldi si dovrà arrivare al reciproco riconoscimento dei due Stati, mentre cita una frase del cardinale Martini, in-

contrato più volte nel corso dei suoi studi al Biblicum di Gerusalemme. “Noi dobbiamo intercedere”, sia nel senso della preghiera, come in quello etimologico del camminare tra i due belligeranti, senza sposare la causa di nessuno ma costruendo ponti e relazioni tra le fazioni. Don Sinibaldi conclude preoccupato, ricordando una massima ascoltata sempre da un anziano palestinese: “Noi abbiamo tempo, voi occidentali non avete tempo, al massimo avete l’orologio…”. Come dire: il braccio di ferro tra le due civiltà, ebraico-cristiana e musulmana, finirà solo quando i primi capiranno che conviene trovare una via d’uscita. I secondi sono disposti a tutto, purtroppo. Silvio Scacco

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Arte

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Il personaggio. Con i mattoncini Dario Alessio riproduce tutto: dalle fortezze medievali agli aerei. E ora Palladio

Con 80mila Lego costruisce l’Olimpico Appassionato collezionista, da dieci anni è diventato anche un ingegnere nella riproduzione di qualsiasi realtà: dalle fortezze medievali, ai galeoni fino all’Hercules C 130. Il teatro palladiano è in scala 1:43. Riprodotte anche le prospettive scamozziane

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on 80mila Lego ha costruito l’Olimpico. Il maestro costruttore è Dario Alessio, 46 anni, che vive a Cittadella. È stato, per oltre vent’anni, un collezionista Lego. La passione è rimasta, sia chiaro, ma poi è diventato anche altro. Nel 2013 i mattoncini sono diventati per lui non più solo pezzi espositivi, ma anche le componenti della sua più grande passione: le costruzioni modulari Lego. La sua ultima realizzazione, ancora in fase di completamento, è il teatro Olimpico. L’opera di Andrea Palladio, nella riproduzione di Dario, è larga più di un metro e mezzo e conta all’incirca 80.000 mattoncini Lego. “Tutto è nato da una sfida proposta da un mio amico – racconta – Ho sempre scelto di riprodurre ciò che nessuno ha mai riprodotto”. Prima di cimentarsi nella realizzazione dell’opera dell’architetto vicentino, Dario ha portato a termine, all’interno della sua stanza, la “Lego room” come la chiama, diversi lavori: li ha esposti prima

in fiere locali e dopo il 2020, sono sui tavoli de “Il mattoncino colorato”, il negozio Lego a Pozzoleone di proprietà di un suo caro amico, lo stesso che gli ha proposto diverse “sfide”, come le chiama lui. “Io lavoro come dipendente e quando torno a casa investo il mio tempo e i miei guadagni nelle realizzazioni”. Nel 2021 h a costruito il castello da 180.000 pezzi, ispirato alle fortezze del XIV secolo. Il 2022 è stato l’anno del galeone da 84.000 pezzi, tra cui l’intero equipaggio più le vele cucite a mano. Nel 2023 ha scelto di realizzare un Hercules C130, che, come spiega lui, ha un’apertura alare di circa un metro e mezzo e una cabina di pilotaggio ricostruita senza lasciare intravedere i bottoncini dei mattoncini Lego, così da creare una parte liscia ed omogenea. Nel 2024 è arrivato il turno dell’Olimpico. Il progetto, che sarà completato in qualche mese, sarà un’autentica riproduzione dell’ultimo lavoro di Palladio, portato poi a termine dal suo allievo

Dario Alessio e il suo teatro Olimpico con i Lego

Vincenzo Scamozzi. La ricostruzione, in scala 1:43, rappresenta fedelmente tutti i dettagli presenti nel teatro, tra cui le colonne, il pavimento in legno e le novantacinque statue, ognuna con in mano il suo oggetto distintivo.

Dopo mesi di ricerca tra visite in loco, libri e mattoncini Lego adatti alla realizzazione, Dario ha deciso non solo di riprodurre l’Olimpico come negli anni di massimo splendore, in cui risaltava il colore bianco della pietra, ma anche

di replicare la parte prospettica che fronteggia il palcoscenico. “La parte più complicata è quella che riguarda la pendenza e i dettagli - tutti rigorosamente a incastro - Solo per la tridimensionalità infatti ci vorranno oltre due mesi di lavoro” sottolinea. Dario Alessio lavora con schizzi come in vero progetto ingegneristico. Nonostante l’azienda danese Lego conosca le sue opere, ma al tempo stesso non si esponga nel commentarle, le persone che si avvicinano alle sue realizzazioni, rimangono colpite, come ammette lui stesso, dalla precisione dei dettagli. O, come sottolinea lui, è tutta una “questione di geometrie”. Francesca Piovesan

Gianna Sartori dipinge 24 visioni della Basilica nello stile dei grandi dell’arte Merita davvero una visita la mostra di Gianna Sartori intitolata Il tuo mondo, la tua Basilica, allestita nella sala degli Zavatteri, al piano terra del monumento palladiano. Merita una visita perché è una mostra allegra, vivace nei colori, ricca di realizzazioni intelligenti che partono da un’idea di fondo: come disegnare la Basilica alla maniera dei grandi artisti. Così scorrono 24 disegni e si ritrova la Basilica interpretata con gli occhi surrealisti di Dalì, con quelli geometrici di Mondrian, attraverso quelli metafisici di De Chirico. E la vertigine della lista prosegue con Munch, Fontana, Cattelan e il suo dito medio, Cleto Munari, Mirò, Picasso, Frida Kha-

lo, Cezanne... e via elencando. Fino all’ultimo quadro dell’esposizione che è un omaggio a Caravaggio, il preferito della Sartori, e al quadro di San Girolamo esposto live un piano più sopra. Vedere il mondo alla maniera degli altri non è solo un divertissement. È anche un modo per esprimere il proprio modo di pensare, la propria filosofia, in fondo la propria arte. Proprio Picasso spiegava che “i mediocri imitano, il genio copia”. Perché è sicuro di aggiungere qualcosa in più e realizzare un’opera differente. Questo non significa che Gianna Sartori sia Picasso, è ovvio, ma serve solo a spiegare un concetto: tanto per fare un altro esempio illustre, è la

Gianna Sartori e la Basilica interpretata alla maniera di Cezanne

stessa tecnica usata da Duchamp quando ha rifatto la Gioconda, mettendole i baffi per creare una provocazione dadista alla cultura ufficiale. C’è riuscito. E comunque non manca neanche lui alla galle-

ria di Sartori. Questa mostra, per fare un altro esempio, rimanda a uno standard del jazz: quello è il tema, quello è il motivo, d’accordo, ma state sicuri che ognuno lo interpreterà

a modo suo e magari lo rende più grande dell’originale: basta pensare a come John Coltrane ha trasformato My favourite things di Mary Poppins. A proposito. A fare da colonna sonora della mostra sono le musiche di Sharon Luciotti, studentessa di musica elettronica al conservatorio Pedrollo, che ha composto brani interessanti con inserti vari (perfino la Cucaracha) e altre provocazioni. Delle illustrazioni in mostra è stata realizzata una tiratura unica di litografie, che sono in vendita: il ricavato andrà a ricavare il progetto Giovani per l’arte dell’Engim per la manutenzione di alcune tra le più importanti opere di Vicenza.


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#Regione

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Il caso. Determinante per la bocciatura della legge l’astensione della dem Bigon

Sul fine vita il Consiglio regionale si spacca Il presidente Zaia si dissocia dalla sua maggioranza e divide la Lega, mentre il Pd fa autogol, festeggiano Fratelli d’Italia e Forza Italia Essere la prima regione chiamata a votare le disposizioni che normano la pratica del suicidio medicalmente assistito, non è certamente impresa semplice. E così il Veneto, tra mille fraintendimenti e distinguo, alla fine bocciando la legge ha deciso di non scegliere. Ma andiamo con ordine. Il suicidio medicalmente assistito in Italia è consentito a seguito di un Pronunciamento della Corte Costituzionale che, con propria sentenza, ha di fatto colmato il vuoto da un’assenza legislativa. In buona sostanza i Giudici della Corte hanno detto “Caro Parlamento visto che i casi sono frequenti e tu non ti decidi a fare una legge, ci pronunciamo noi”. Quindi cosa si doveva votare in Veneto? Grazie all’impegno dell’Associazione Luca Coscioni e delle oltre 9000 firme depositate nella nostra regione i consiglieri sono stati chiamati a votare una legge di iniziativa popolare che, nelle sostanza, definiva le tempistiche e i protocolli ai quali le

differenti ULSS del Veneto si dovevano attenere. Quindi il voto non prevedeva di esprimersi su suicidio medicalmente assistito si o no, ma tecnicamente su quali categorie di persone lo potessero richiedere e in quanto tempo gli ospedali fossero chiamati a somministrare i farmaci per compiere questa scelta. Il Centrodestra si è dichiarato compatto per il “no”. Senza però tenere conto della variabile Zaia: il presidente della Regione crede fermamente in questa possibilità di autodeterminazione tanto da averla ampiamente trattata in molte occasioni pubbliche e anche in alcuni dei suoi libri. Il suo posizionamento ha fatto si che il 50% della maggioranza consigliare votasse, seguendolo, a favore del provvedimento. Un’autostrada, si dirà, questa per il centrosinistra che di un tema tanto sensibile al proprio elettorato ha fatto una bandiera. E invece no. La consigliera del Partito Democratico, Annamaria Bi-

gon, sin dall’inizio, non ha voluto sentire ragioni, è rimasta in aula e si è astenuta. Questo suo voto è stato, di fatto, determinante, per la bocciatura della legge. Il vicecapogruppo Dem, Jonathan Montanariello ha immediatamente presentato le sue dimissioni da quel ruolo in polemica evidente con i vertici di gruppo e partito. Il ragionamento dell’ormai ex vicecapogruppo poggia su un presupposto: se il suicidio medicalmente assistito è stabilito dalla sentenza della Corte e la legge al voto era di natura puramente tecnica perché doveva solo dare a tutte le ULSS Venete l’indicazione di comportarsi allo stesso modo in termini di procedure e tempi, non si può invocare la libertà di coscienza proprio perché procedure e tempi non sono un tema etico. Una considerazione, questa, che è andata in rotta di collisione con un approccio, a suo dire, troppo morbido di segretario regionale e capogruppo. Da qui un profluvio di dichiarazioni di leader locali e nazionali, circoli in fermento, petizioni, rabbia e incredulità nella base dei Democratici. Nelle ore in cui stiamo

Zaia e Lanzarin durante la discussione in Consiglio regionale

andando in stampa si è consumata una Direzione Regionale del Partito particolarmente tesa nel corso della quale oltre una ventina di componenti (parlamentari, consiglieri regionali, segretari provinciali) hanno presentato un documento con il quale hanno chiesto alla Consigliera Bigon, non per il suo voto in consiglio ma per le dichiarazioni politiche che ha rilasciato nei giorni successivi, di considerare se possa considerarsi ancora rappresentativa di tutte le minoranze come vice presidente della Commissione Sanità. I proponenti han-

no scelto di non chiedere il voto sul documento poiché, con ogni probabilità, avrebbero ottenuto la maggioranza lacerando, così, profondamente il partito al quale, in ogni caso, chiedono maggiore coinvolgimento e un cambio di passo. Festeggiano, invece, Forza Italia e Fratelli d’Italia che compattamente hanno votato no. E festeggia anche il Leader Nazionale della Lega e Ministro, Matteo Salvini schierato, a sua volta, contro questa legge e sempre più distante, anche nelle dichiarazioni pubbliche, da Luca Zaia. (r.r.)

L’intervista. Alessandra Moretti, eurodeputata del Partito Democratico

“In Regione ormai la maggioranza non c’è più” “S

i sta sfaldando abbastanza velocemente il consenso politico del presidente del Veneto”: a sostenerlo è la Alessandra Moretti, parlamentare europea del Partito Democratico. Secondo lei dove sta andando la maggioranza che governa la Regione? “Il voto sul fine vita manifesta una profonda difficoltà all’interno del centrodestra all’interno della Lega. Dimostra che gli unici motivi per cui l’attuale maggioranza resta unita riguardano la gestione del potere, in quanto si vede plasticamente come quella maggioranza che aveva sostenuto lo stesso Zaia tre anni fa, oggi non ci sia più”. Da Bruxelles come vede la

questione dell’autonomia regionale? “C’è un problema gigante: finché non vengono approvati dei livelli essenziali e degli standard che possano garantire a tutti i cittadini adeguata assistenza, soprattutto per quanto riguarda la sanità, è impossibile fare un discorso e un ragionamento serio su questo tema. Perché rischia, così come è scritta, di creare delle profonde fratture, delle grandi discriminazioni tra cittadini italiani. E siccome la sanità in particolare versa, anche nella nostra regione, in una condizione di grave difficoltà, è chiaro che questa autonomia – così come è scritta dalla maggioranza, andrebbe a rafforzare queste forme di discri-

minazione e disuguaglianza”. Mancano meno di cinque mesi alle elezioni europee, lei si ricandiderà? “Io mi ricandido, poi a fare la scelta definitiva sarà il mio partito. Ho fatto un mandato in Europa, ho lavorato su temi importanti e rilevanti e mi piacerebbe continuare il mio lavoro. Stare in Europa significa lavorare su delle questioni molto complicate, poiché l’Europa ormai incide su più dell’80% delle scelte che si prendono a livello nazionale. Quindi noi abbiamo bisogno di mandare in Europa persone che sono in grado di impegnarsi nel difendere gli interessi nazionali. E questa è una grandissima sfida e serve una classe dirigente all’altezza”.

A proposito di candidature per le europee, come valuta quelle dei segretari di partito? “Io credo che stia ai leader, insieme agli organismi di partito, prendere queste decisioni. Non mi piace la personalizzazione, perché a differenza del Movimento Cinque Stelle, a differenza di Fratelli d’Italia, per esempio, il Partito Democratico ha una classe dirigente molto preparata e quindi noi vorremmo che le elezioni europee non fossero una battaglia tra leader, ma una battaglia di idee, di contenuti. E anche che vedano protagonisti i diretti interessati, quelli cioè che poi a Bruxelles ci vanno e ci restano. Ecco, quindi sarebbe sbagliata, a mio avviso, una per-

Alessandra Moretti

sonalizzazione troppo evidente, anche perché non ha mai portato troppo lontano. Mi piacerebbe che sulle europee si iniziasse a discutere veramente di contenuti e di politica, perché i cittadini hanno il diritto di conoscere bene la nostra idea di Europa”. (g.g.)


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Regione

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Lo scenario. Dopo il via libera del Senato la proposta passa alla Camera, scontro con l’opposizione

Se autonomia sarà, che autonomia sarà? Tra favorevoli e contrari quella che sta per uscire dal Parlamento sembrerebbe una riforma dai contenuti molto diversi da quelli attesi, il lungo percorso per la definizione dei Lep. Intanto il centrodestra canta vittoria e festeggia il primo traguardo

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artiamo da un dato di fatto: uno dei due punti chiave della proposta autonomista veneta, ovvero la possibilità di trattenere i 9/10 delle tasse certamente non ci sarà come appare complicato poter ottenere una completa competenza regionale su tutte e 23 le materie in gioco. Il difficile dibattito verso la riforma in senso autonomista del nostro Paese appare più come una corsa a ostacoli nella quale le forze in campo faticano a prevalere e vanno oltre gli schieramenti tradizionali. All’assalto c’è certamente la Lega che, nonostante sappia di non poter “portare a casa” proprio tutto quello che sperava, non demorde ed è determinata a segnare un punto importante nella consapevolezza che, intanto, si comincia e poi si fa sempre in tempo ad

Il momento della votazione della proposta di legge al Senato

aggiungere elementi strada facendo. Nettamente contraria sembrerebbe essere Fratelli d’Italia molto più interessata ad una riforma del Paese attraverso un Premierato Forte. Le posizioni, però, nelle ultime ore appaiono sempre meno inconciliabili, tanto che il se-

natore e segretario regionale del Partito Democratico Veneto, Andrea Martella ha parlato di “Barattellum”: un baratto, di fatto, tra un po’ di autonomia per far contenta la Lega in cambio di un via libera del Carroccio al Premierato. Dentro queste divisioni, poi,

ce ne sono altre e, per molti versi ancora più profonde, di natura, diciamo così, geografica: il Centro e il Sud del nostro Paese, in modo trasversale a tutte le forze politiche, vedono nella riforma autonomista una seria minaccia per quelle regioni già meno forti di quelle del Nord e maggiormente bisognose di sostegno e investimenti di scala nazionale. I meccanismi di solidarietà proposti, in questo senso, non sembrano una sufficiente rassicurazione. Il via libera al Senato rappresenta, in ogni caso, il primo passo; la proposta dovrà poi passare alla Camera e per essere attuata dovranno prima essere approvati i LEP. La concessione di una o più “forme di autonomia”, infatti, è subordinata alla determinazione dei LEP, Livelli Essen-

ziali di Prestazione. Si tratta dei criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei LEP, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio. L’articolo 4 del Disegno di Legge precisa, inoltre, che il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni sarà concesso solo successivamente alla determinazione e al finanziamento dei LEP. Un percorso lungo, dunque, sul quale potrebbe pesare, nel caso che appare scontato di voto favorevole nei due rami del Parlamento, anche un referendum abrogativo già minacciato dalle opposizioni. (r.r.)

De Poli: “E’ una pagina storica, una vittoria dei cittadini” “Stiamo vivendo una giornata storica. Lo dico da veneto, anche con un po’ di emozione. L’autonomia rappresenta un tornante storico per il Veneto e per noi veneti”. Quando raggiungiamo al telefono il senatore Antonio De Poli a Palazzo Madama sono trascorsi pochi minuti dall’approvazione, in prima lettura, del disegno di legge sull’autonomia differenziata. “Manteniamo l’impegno preso dal centrodestra. Stiamo realizzando la volontà di 2,3 milioni di veneti. E’ una vittoria dei cittadini e per i cittadini”. Adesso cosa succede? Si tratta del primo passaggio parlamentare, ora il provvedimento passa all’esame della Camera. Seguirà l’intesa tra Governo e Regione per la gestio-

ne delle materie di competenza. Siamo soddisfatti: abbiamo deciso di non mandare alle calende greche la volontà espressa dai nostri Cittadini. L’autonomia impone un cambio di mentalità. Diciamo sì ad una riforma che premia chi amministra bene. Il cittadino deve sapere chi gestisce la cosa pubblica come lo fa, in modo che sia egli stesso a giudicare chi lo fa bene e chi invece lo fa male, senza inutili scaricabarili. La sinistra parla di spacca-Italia. Come risponde? L’autonomia non è un capriccio del centrodestra. Stiamo parlando di un caposaldo della nostra Costituzione. Non è un caso, che 14 regioni ordinarie su 15 chiedano, a diverso titolo, l’autonomia e, fra questi , ci sono anche

governatori di centrosinistra. Da oggi comincia un percorso nuovo, di rinascita delle nostre istituzioni e le istanze conservatrici della sinistra (che minaccia il ricorso al referendum ndr) non ci spaventano. In Veneto è stata bocciata la proposta di legge Cappato sul fine-vita. La sinistra vuole ripresentarla alla Camera. Cosa ne pensa? Una vita non ha prezzo, per noi è sacra. E’ un valore che non può essere calpestato e quindi diremo “no” a suicidio assistito ed eutanasia. Siamo custodi di quei Principi che fanno parte della nostra cultura e della nostra storia. In Veneto ha vinto la cultura della cura e dell’attenzione nei confronti del malato. Noi siamo convinti che si deb-

Antonio De Poli

ba perseguire un’altra strada: implementare le cure palliative e rafforzare quei servizi per tutelare la dignità della persona, anche e soprattutto quando è più fragile.

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Elezioni. La Lega ci prova, parte del PD potrebbe starci, FDI si oppone e FI punta a prenotare il Veneto

Un’incognita chiamata terzo mandato Il segretario della Liga Veneta Alberto Stefani presenta una proposta di legge che elimina i vincoli per “lasciare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente da chi essere rappresentati”

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erzo mandato si, no, forse. La Lega ha presentato una proposta di legge per introdurre il terzo mandato per i Presidenti di Regione. La proposta, a firma di Alberto Stefani, segretario della Liga Veneta e presidente della Commissione Bicamerale per il Federalismo Fiscale, modifica la legge del 2004 che fissava a due il numero massimo di mandati consecutivi per i presidenti di Regione “al fine di valorizzare il lavoro svolto dai governatori - si legge - e lasciare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente da chi essere rappresentati”. Una notizia, questa, che il Presidente del Veneto Luca Zaia ha accolto con una certa soddisfazione poiché se la legge fosse introdotta potrebbe candidarsi e concor-

rere per quello che, di fatto, sarebbe il suo primo mandato poiché il primo, antecedente al 2004 quando fu fissato il limite di due, non rientrerebbe nel conteggio. Ma non è l’unico Zaia ad osservare con grande attenzione quale sarà l’iter parlamentare di questa proposta di legge. Spettatori più che interessati i Presidenti PD dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, della Puglia, Michele Emiliano e della Campania, Vincenzo De Luca giunti tutti alla fine del proprio secondo quinquennio alla guida delle rispettive regioni. La segretaria nazionale Dem, Elly Shlein da sempre si dice contraria in nome del rinnovamento, ma non è detto che i gruppi parlamentari, con questi tre nomi di peso

in campo, seguiranno fino in fondo la sua indicazione di voto. Assolutamente contraria Fratelli d’Italia che, forte di un consenso assolutamente vasto, vede nelle prossime scadenze elettorali, in primis proprio quelle regionali, l’occasione di moltiplicare in modo esponenziale il proprio numero di amministratori sui territori. Il segretario Regionale di Forza Italia, Flavio Tosi, da sempre acerrimo rivale di Luca Zaia fa sapere, proprio in queste ore, di essere contrario al terzo/quarto mandato e di sperare che il Veneto possa toccare, nella spartizione nazionale, proprio agli azzurri non disdegnando, neppure, di poter essere lui il candidato Presidente. Menzione a parte merita il caso Liguria: Giovanni Toti giunge al termine del suo secondo mandato e, nonostante abbia fondato nel 2022 il suo movimento “Italia al centro” fu indicato la prima volta come candidato proprio in quota Forza Italia. (r.r.)

Alberto Stefani

Aumentati i fondi regionali per la lotta alla violenza sulle donne Elisa Venturini: “Sportelli anche nelle università, è un problema che va affrontato con risorse adeguate” “La tragedia di Giulia Cecchettin ha scosso tutti noi ma ha avuto anche la forza di spingere tante ragazze e tante donne a rivolgersi alle istituzioni per denunciare e segnalare le situazioni di disagio e di potenziale pericolo. La Regione da sempre è attenta a questo fenomeno e per il 2024 ha aumentato i fondi messi a disposizione che sono passati da 1.000.000 di euro a 1.550.000 per sostenere i 26 centri antiviolenza e le 28 case rifugio presenti in Veneto: ai fondi regionali si aggiun-

gono quelli stanziati dallo stato che nel 2023 erano di 2,9 milioni di euro. Le modalità di assegnazione verranno definite nell’apposito tavolo di coordinamento regionale che si terrà entro febbraio”: a parlare è Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia in consiglio Regionale. “L’aumento delle segnalazioni da parte delle donne è al tempo stesso un segnale positivo, perché indica una crescente fiducia nelle istituzioni, ma anche un segnale negativo perché sta a significare che le situazioni potenzialmente a rischio sono molte: in questo senso va svolta una forte e determinata campagna culturale e di sensibilizzazione indirizzata specialmente ai

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serietà e professionalità con oltre 20 anni di esperienza

Elisa Venturini, consigliere regionale di Forza Italia

giovani. Prendendo atto anche della richiesta di maggiori risorse che arriva dal territorio, la Regione ha aumentato in

modo significativo i fondi destinati a queste iniziative: in particolare credo che vada segnalata una importante novità che è quella dell’apertura di sportelli all’interno delle università, per offrire un servizio semplice da raggiungere alle ragazze più giovani ed anche alle tante studentesse fuori sede che hanno scelto il Veneto per la loro formazione. Le violenze (sia fisiche che psicologiche) di genere sono un grave problema che va affrontato con la collaborazione di tutti: singoli cittadini, istituzioni ed associazioni di volontariato. Per questo è giusto che la Regione faccia, come sta facendo, la sua parte in modo concreto”.

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Eventi

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Venezia. Ancora una volta la firma è del direttore artistico Massimo Checchetto

La magia del Carnevale si rinnova e celebra la figura di Marco Polo L’assessore Venturini: “Da non perdere in laguna gli spettacoli all’Arsenale e le tante iniziative tra campi e campielli ma faranno sicuramente il pienone anche le sfilate dei carri mascherati in terraferma e nelle isole”

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l Carnevale quest’anno incarna a pieno l’animo avventuriero e curioso di Marco Polo, il viaggiatore per antonomasia. Quando ci siamo seduti attorno a un tavolo per sviluppare idee e iniziative in vista di questa edizione del Carnevale, che fino al 13 febbraio coinvolgerà laguna e terraferma, siamo partiti da lui, narratore di mondi fantastici e lontani, commerciante che con sprezzo del pericolo ha conosciuto culture e tradizioni inimmaginabili. Per questo lo slogan della kermesse è ‘Ad Oriente... il mirabolante viaggio di Marco Polo’. Celebreremo i 700 anni dalla

sua morte facendoci promotori del suo messaggio e del suo esempio. Che è poi l’esempio dei Grandi della Storia, sospinti dalla curiosità di spingersi sempre un po’ più in là”. Parola dell’assessore al Turismo Simone Venturini che sottolinea la volontà di dar vita a un palinsesto di eventi diffusi che possano coinvolgere tutti, ma proprio tutti. “Da non perdere in laguna gli spettacoli all’Arsenale e le tante iniziative tra campi e campielli - aggiunge ma faranno sicuramente il pienone anche le sfilate dei carri mascherati in terraferma e nelle isole. Una tradizione che sta prendendo

sempre più piede”. Tutto il territorio comunale diventa la mappa di un viaggio fantastico caratterizzato da spettacoli, musica e arte per un Carnevale “capillare” e fantasioso. Un’edizione che avrà come filo rosso l’impresa più grande di tutte: l’arrivo di Marco Polo alla corte del Gran Khan in Cina e il suo racconto minuzioso e intrigante giunto a noi attraverso le pagine de Il Milione, capolavoro della letteratura mondiale. L’edizione del Carnevale di Venezia 2024 vede ancora una volta la firma del direttore artistico e scenografo del Teatro La Fenice Massimo Checchetto e ha riservato molte sorprese fin dal primo fine settimana con l’atteso corteo acqueo capitanato dalla mitica “Pantegana” lungo il Canal Grande

e con gli spettacoli nei teatrini orientaleggianti allestiti in piazza San Marco,

Il 3 febbraio appuntamento con il Corteo delle Marie. Festeggiamenti anche per il Capodanno Cinese del 9 febbraio in piazza Ferretto e in altri campi e luoghi della città. “E poi ancora il corteo delle Marie sabato 3 febbraio, le mostre, la cultura, l’attesissimo spettacolo notturno in Arsenale - aggiunge l’assessore Venturini - ‘Terra incognita. Il mirabolante viaggio di Marco’ (il 2 febbraio, ndr) sarà uno show che riempirà di magia lo specchio d’acqua della Darsena Grande. Un racconto immaginifico, liberamente ispirato a Il Milione, narrato in chiave fan-

tastica attraverso i diversi linguaggi creativi dell’arte”. Venezia incontrerà l’Estremo Oriente anche grazie a un’iniziativa organizzata dall’Associazione per la Promozione della Cultura e del Turismo Italia-Cina (ICCtpa). In occasione del Capodanno cinese il 9 febbraio, nel pomeriggio, partirà un’imponente parata per le vie pedonali di Mestre: draghi e serpenti procederanno festosi affiancati da bambini e ragazzi in abiti tradizionali (lanterne alla mano) per celebrare, insieme al pubblico, il countdown verso la mezzanotte cinese (ore 17 locali). A Venezia, invece, Campo San Polo sarà allestito a tema per l’evento, mentre l’Arsenale ospiterà spettacoli di arte cinese e l’M9 di Mestre, infine, darà vita a laboratori ad hoc.

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Film e serie tv visti da vicino

Rubrica a cura di

Trame, protagonisti e volti nuovi, anticipazioni e commenti

Paolo Di Lorenzo

Night country, Foster perfetta No activity, comicità a raffica tra il crimine e l’esoterico con Zingaretti e Tiberi I

l tempo è il migliore assassino, diceva Agatha Christie. Oltre ad andare per la maggiore ai tempi di “Camorra Love (Rip)”, questa citazione potrebbe riassumere l’evoluzione di “True detective”. Rivelazione del 2014, la serie di Nic Pizzolatto ha dimostrato che il racconto televisivo poteva essere - anche - cinema a partire dai suoi volti, che nella prima stagione erano Woody Harrelson e Matthew Mc Conaughey. Fu grazie alla famia ottenuta per “True Detective”, per stessa ammissione di Mc Conaughey, che vinse l’Oscar per Dallas Buyers Club. Poi venne la seconda stagione, affrettata da HBO che voleva replicare il successo della prima: il risultato lasciò l’amaro in bocca a molti dopo il già deludente finale della prima stagione. Quattro anni dopo, nemmeno il due volte premio Oscar Mahershala Ali è riuscito a risollevare le sorti della terza stagione. Il tempo ha davvero ucciso “True Detective”? A giudicare dalla quarta stagione, non proprio. Il timone è passato a Issa López, la quale gioca coi generi - sconfinando con agio nel paranormale - per non ricadere nell’errore commesso da chi l’ha preceduta. Basta una nuova showrunner e la lunga notte dell’Alaska a ricreare la magia dell’esordio? Senz’altro “Night Country” è la migliore stagione dopo la prima, ma qualcosa non funziona. In questo capitolo True Detective - il paziente zero dell’epidemia di true crime che imperversa ancora oggi - è come se cercasse di stare al passo con quelle stesse serie che, negli ultimi anni, hanno tentato di emularla. C’è un po’ di “Omicidio a Easttown”, echi di “Big Sky” e anche qualcosa di “Daily Alaskan” con Hilary Swank. “Night Country” dà il meglio di sé quando vira verso l’horror rispetto al commento sociale, quasi come se dovesse spuntare le caselle del format. Jodie Foster - nemica giurata della Gen Z – è perfetta nel ruolo della boomerissima Liz Danvers, ma l’alchimia con Kali Reis sembra non ingranare mai davvero. Vale la pena guardarla? Senz’altro, ma continuare a puntare su franchise di facile richiamo - ancorché stremati dalla prova del tempo - invece di proporre storie totalmente nuove ci sembra una reiterazione del reato mica da ridere.

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Ascolta MONTASCALE • SERVOSCALA • PIATTAFORME ELEVATRICI

uca Zingaretti e Alessandro Tiberi sono tra i protagonisti di No Activity - Niente da segnalare, la comedy in streaming su Prime Video. La serie in sei episodi è il racconto di due ladri in attesa di un carico importante, due poliziotti in appostamento pronti a far scattare il blitz, due operatrici della centrale pronte a inviare i rinforzi. Tuttavia il carico si fa attendere e le persone coinvolte da ambo i lati della barricata - si ritrovano a fare i conti con un’attesa estenuante e a trovare un modo per ammazzare il tempo. Questa comedy impostata sull’attesa una sorta di Aspettando Godot in salsa poliziesco all’italiana - potrebbe piacere ai fan di Boris? Lo abbiamo chiesto a Tiberi, che nel cult interpretò lo stagista Alessandro. “Per carità!” scherza Tiberi, non volendo dare adito a paragoni o ancor peggio - ad aspettative che i fan di Boris, notoriamente molto protettivi della loro serie preferita, potrebbero finire per nutrire. È giusto così: No Activity è un prodotto in grado di stare in piedi da solo, con una comicità a raffica capace di tenere il passo delle clip che diventano virali su TikTok. Forse un po’ troppo piegata su questa sponda, ma poco male: basta mettere su un pezzo di Marcella Bella e passa la paura. Carla Signoris ed Emanuela Fanelli sono tra le protagoniste del serial. Interpretano l’agente di polizia maniaca del controllo Katia e la sua vittima Perri. Insieme, Katia e Perri in centrale proprio non riesco a stare. La prima è vittima di sé stessa e della propria mitomania, la seconda è già “con un piede fuori dalla porta”, come la definisce Fanelli. Katia è una donna il cui narcisismo non può suscitare un certo grado di benevolenza nel pubblico. Perri - la destinataria delle sue costanti angherie e della sua crociata anti-romanesco - finisce, in qualche modo, a prendersi cura di lei. Ridere di sé stessi è il miglior rimedio per il narcisismo? “L’autoironia è merce rara ed è sempre indice di intelligenza. Bisogna imparare a non prendersi troppo sul serio per evitare di cadere nelle trappole della vita,” afferma Carla Signoris.


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Economia

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L’analisi. Aumenti dei costi di trasporto via nave anche del 350 per cento. L’impennata dei prezzi sarà velocissima

Mar Rosso caldo, guai per le nostre ditte L’Italia e l’Europa fanno bene a presidiare con le navi militari quel tratto di mare e il Canale di Suez, dal auqle passa il 54% delle importazioni e il 40% delle esportazioni dell’Italia

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e le cancellerie mondiali stanno facendo i conti con un’instabilità sempre più marcata nell’area medio orientale e del Mar Rosso in particolare, c’è da chiedersi come questa nuova emergenza impatterà economicamente sul sistema globale degli scambi commerciali e in particolare sull’Italia, visto che attraverso i porti serviti direttamente dal Canale di Suez (Genova, Venezia, Trieste, Gioia Tauro, Augusta e Livorno) passa il 54% delle importazioni del nostro Paese e il 40% delle sue esportazioni. Gli attacchi della milizia Houthi nel Mar Rosso alle navi internazionali hanno già prodotto un lievitare esponenziale dei costi di trasporti in container standard sulla tratta Shangai - Genova e Shangai-Rotterdam (+350%, fonte ISPI, vale a dire da 1.400 a 6.300

dollari) ma non è questo il dato più rilevante. Se la pandemia aveva a suo tempo prodotto danni similari, quello che cambia rispetto al 2021 è la velocità: a differenza della perturbazione pandemica (che impiegò quasi un anno a dispiegare tutta la sua violenza) l’impennata odierna dei prezzi è stata velocissima. Inoltre essa è stata, per così dire, selettiva. L’impatto negativo si è registrato infatti non sulla generalità degli scambi marittimi, ma su quelli da e per l’Europa. A metà gennaio il traffico di navi portacontainer, petroliere e metaniere transitato per lo stretto di Bab – el – Mandeb si è già ridotto causando una flessione (-35%) del traffico nel Canale di Suez, con l’Egitto che rischia di vedere il proprio Pil contrarsi dello 0,8%.

Anche l’impatto nel traffico mercantile nei maggiori porti italiani – a partire dalla fine di dicembre 2023 – ha fatto segnare una contrazione a doppia cifra anche se è ancora presto per affermare che tale contrazione sia stabile. Quello che appare certo è che il passaggio di gas naturale liquefatto (Gnl) dal Qatar è vertiginosamente crollato (-70%) rispetto alla media del 2023 e ciò per i rilevanti rischi legati al trasporto di questa materia prima in uno scenario di guerra. Oggi il Qatar conta per il 10% del totale del gas consumato in Italia e questo crea una preoccupazione aggiuntiva sul medio periodo, mentre grazie a stoccaggi molto elevati l’Italia non corre rischi sul breve periodo. Per l’Italia, come per il resto dell’Europa, la crisi delle

rotte commerciali medio orientali potrebbero invece avere significativi impatti sull’inflazione attesa. L’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) ha stimato l’aumento inflattivo generato sui prezzi dall’aumento dei costi di trasporto marittimo all’1,8% entro 12 mesi. Uno scenario che avrebbe pesanti riflessi sia sui tassi sia sulla già defatigata economia del vecchio continente. Ecco perché, il proble-

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ma della difesa dei traffici marittimi è un interesse prioritario italiano ma anche europeo. Ecco perché l’Italia ha già in quell’area due fregate multiruolo Freem (Fregate europee multi missione): la Fasan F 591 e la Martinengo F 596; ecco perché la stessa impacciata Europa sta decidendo l’invio di altre navi. Il Mar Rosso e Suez sono una giugulare scoperta che va protetta ad ogni costo. Giuseppe de Concini


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