ilVicenza - giugno 2024

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Quando l’attesa paga

Nicola Stievano >direttore@givemotions.it<

Ce ne siamo occupati il mese scorso ma torniamo volentieri sull’argomento,assai sentito dai nostri lettori, delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie. Nei giorni scorsi si è molto parlato di una legge del 1998 che prevede la possibilità per i cittadini di ottenere la prestazione entro i termini previsti anche in regime privato all’interno delle strutture pubbliche (intramoenia) pagando solamente il ticket. E’ un po’ complicato ma vediamo di spiegare in poche parole. La norma non prevede un rimborso diretto ai cittadini che si rivolgono al privato ma vuole agevolare chi dimostra di non aver rifiutato la prenotazione in qualsiasi sede della sua Uls e ha in mano un appuntamento la cui data supera i tempi di attesa della priorità assegnata. A questo punto l’Uls verifica che non ci sia effettivamente alcun posto libero e in questo caso il paziente ha diritto alla prestazione intramoenia pagando il solo ticket. Non saranno molti i casi che rientrano in questa situazione ma è giusto tenerla presente. Inoltre la Regione assicura che le urgenze a dieci giorni sono ormai azzerate, mentre le prescrizioni entro i 30 e 90 giorni sono state notevolmente ridotte, con l’obiettivo di arrivare alla normalità per la fine dell’anno. Intanto prendiamo atto, poi ne riparleremo.

LA VICENZA DEL FUTURO E QUELLA DEGLI ANNI ‘60 TRA PROGETTI E RICORDI DEI PROTAGONISTI

Interviste al sindaco Possamai per il primo anno di amministrazione, al pittore Romano Lotto, 92 anni di lucidità, a Leone Zilio sui festival in arrivo

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Io e la città

APPUNTAMENTO ALLE URNE PER COMUNI E UNIONE EUROPEA

Occhi puntati sul voto in Veneto, delicato e incerto banco di prova per le alleanze e le strategie future

ECONOMIA: IL VENETO BRILLA PER “INTELLIGENZA ARTIGIANA”

In decisa crescita le imprese digitali, “trasformare la capacità innovativa in sistema per l’intero settore” Europee e Amministrative

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CICorsi e ricorsi locali con Marcello Marchesi

Montanelli e Fortebraccio nel ventunesimo secolo

Antonio Di Lorenzo

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ndro Montanelli l’aveva battezzato “Il Rieccolo” della politica italiana. Era Amintore Fanfani, detto anche “Misirizzi”, un pupazzetto come “Ercolino sempre in piedi” che aveva una base a semisfera e quindi non andava mai giù. C’era un motivo: nessuno ha fatto più politica di lui: sei volte presidente del Consiglio, nove ministro, parlamentare dal 1946 alla morte nel 1999.

’è un sindaco che a un anno dall’elezione vuole più sprint dalla giunta (almeno da alcuni assessori) e i suoi obiettivi sono Aim, Tav, stadio e filobus. Se l’opposizione parla di una giunta immobile, lui – di rimando – sostiene di aver trovato solo “macerie” amministrative. Sto parlando di attualità? Sì e no. Quelle citate sono frasi tratte dal bilancio di Francesco Rucco sindaco da un anno in un articolo del 19 giugno 2019. segue a pag 5

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Di là dal muro tra gli alberi

Di là dal muro, tra gli alberi. Tanto per parafrasare Hemingway, arriverà in autunno il parco a San Biagio, quello che il sindaco aveva annunciato in campagna elettorale un anno fa e la cui realizzazione era stata spostata in avanti perché ci s’è resi conto che le difficoltà di realizzazione erano maggiori di quanto si pensasse. L’assessora Cristina Balbi ha annunciato la nuova road map dell’obiettivo, sottolineando che il parco farà da ideale cornice all’inizio dei corsi di design del prodotto organizzati dallo Iuav nel vicino ex palazzo Aci, restaurato con 1 milione e mezzo da due giunte.

Ma ci sono altre novità che sono spuntate. L’ex deputato Federico Ginato è diventato presidente di Viacqua e molti giurano che il suggerimento della nomina al sindaco è giunto da Angelo Guzzo, che conosce bene quell’azienda. Tutta sua, cioè del primo cittadino, è invece la paternità di chiudere un accordo di collaborazione con Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto, che produrrà uno spettacolo per tre anni per il ciclo dei classici all’Olimpico. Ha fatto bene, perché a Vicenza serve alzare lo sguardo e inserirsi in orizzonti più larghi. È anche vero che Beltotto (di cui si ricordano lettere che giravano in Regione non proprio benevole verso Marinelli nell’autunno scorso; è lo stesso direttore dei classici che è stato sostituito a Vicenza) ha lanciato quel “patto per il teatro veneto” tra soggetti pubblici e privati che gli sta molto a cuore.

Infine, da sottolineare il ritorno di Achille Variati a una responsabilità amministrativa a Vicenza, quella di non poco peso di presidente dell’Ipab: “Giacomo ha bisogno” spiegava a chi lo interrogava sulla scelta. Magari ha bisogno anche lui di restare nel “giro”, qualcuno dice fino alla riforma della Provincia dove pure potrebbe tornare da presidente. Ma forse sono solo illazioni. Con Variati all’Ipab ci sono nomi conosciuti: Sandro Caffi già dg di Ulss, Vittoria Bernkopf targata “Azione” e Cinzia Giaretta, contitolare del mega studio di commercialisti con Antonio Vesco nel CdA della Fondazione Roi.

I ritorni di Ginato, Variati e Beltotto Qualche

riflessione sulla strategia del municipio

Corsi e ricorsi locali con Marcello Marchesi

Antonio Di Lorenzo

Per carità, rispetto alla situazione attuale, quella di Rucco sei anni fa era più tumultuosa, con la fuga di parecchi consiglieri eletti verso Fratelli d’Italia, mentre la giunta traballava e l’on. Berlato assicurava comunque sostegno anche se il partito era salito sull’Aventino. Intanto, un paio di assessori (Cicero e Maino) erano richiamati ufficialmente dal sindaco per scarsa produttività. Insomma, per usare una celebre frase di Flaiano, la situazione era grave, ma non seria.

Nella vecchia cara Vicenza i problemi si ereditano da un sindaco all’altro ma, gira e rigira, alla fine restano sempre quei tre o quattro che sembrano aggrovigliati e ardui da risolvere, un sesto grado della politichetta locale. Di che cosa si sta occupando l’amministrazione oggi? Di Tav, Aim, di filobus e di stadio, con contorno di critiche – stavolta dei cittadini – alla giunta non sempre all’altezza, o almeno a qualche assessore. Verrebbe da commentare amaramente: “Collezionando le sconfitte degli altri ho quasi messo insieme la mia vittoria”. L’autore di questo aforisma è Marcello Marchesi, senza dubbio il più grande umorista del Novecento, autentico performer della battuta. A lui Gino & Michele devono il loro migliore titolo: “Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano” è una frase sua. Era un talento prodigioso: scrisse per un’ottantina di film e per Asterix reinventò l’acronimo SPQR, “Sono Pazzi Questi Romani”. Era coetaneo di Neri Pozza, a 50 anni era anagraficamente vecchio e, quindi, alla tv di sessant’anni fa inventò il brillantissimo “Signore di mezza età”. Già ne aveva guadagnati 15 rispetto a Dante.

Sulla Vicenza di oggi, userebbe non solo la frase sopra citata. Aggiungerebbe qualche altro calembour. Consiglierebbe di evitare un rischio: “Nessuno comanda ma tutti si impongono”, oppure verso chi ha fretta di risultati spiegherebbe che in politica “Oggi tutto non è ancora abbastanza”. E per l’invidia locale ricorderebbe un’altra frase: “Ho il frigorifero pieno di vendette che non mangerò più”.

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Il progetto del nuovo mini parco a San Biagio tra i due palazzi
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Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it < > www.ilvicenza.com < Redazione: Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it < Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione il 23 maggio 2024 PEFC/18-31-992 RiciclatoPEFC Questoprodottoè realizzatoconmateria primariciclata www.pefc.it è una testata giornalistica di proprietà di Srl

Il personaggio. Leone Zilio è l’assessore della recente adunata alpina di successo ma guarda già ai prossimi eventi

“Vi stupirò con mega show di sport e musica”

“Stiamo preparando un grande evento sportivo per il 2025 e un altro musicale di alto livello”. Obiettivo puntato sul parco della Pace, che rientra fra le sue deleghe: “L’ex pista diventerà un’area eventi da oltre 20mila persone. Bisogna studiare la mobilità”. Tra un mese saranno finiti i lavori e fra due-tre mesi sarà consegnato il piano di gestione. Di professione, Zilio è un avvocato di diritto sportivo: il suo studio cura anche i contratti dei piloti della Ferrari e quelli dei ciclisti maglia rosa

Per l’adunata degli alpini (“Vicenza ha organizzato l’apoteosi”, ha commentato il governatore Zaia) ha ricevuto complimenti scritti anche da chi, come Giuseppe Sbalchiero, già presidente di Confartigianato, è lontano dal suo schieramento politico. Leone Zilio ha 35 anni, è sposato con Angela Bernardi e da neanche un anno sono genitori di Tommaso. Studi al “Quadri”, laurea in giurisprudenza a Verona con tesi in diritto sportivo, ha lavorato prima con Vittorio Rigo a Vicenza e quindi dal 2018 da Rödl & partner a Padova, che l’ha nominato tre anni fa responsabile del dipartimento di diritto sportivo.

Non chiedetegli se è vero che lo studio cura i contratti dei piloti della Ferrari o dei ciclisti che indossano, anche di recente, una maglia color rosa. Elegantemente, dribbla. È assessore comunale allo sport e ai grandi eventi da un anno.

Lei è sempre concentrato, serio, quasi triste: anche Scotolati la definisce mesto e per questo motivo l’ha dipinta in una vignetta come un clown.

Ma non è vero, anzi! Quando mia mamma ha letto questa etichetta ha commentato: “Non hanno capito niente di te”.

Qual è stato il segreto per far funzionare l’adunata alpina?

Il lavoro di squadra e Beppe Sammarco, che ho richiamato in servizio su base volontaria.

Da cinque mesi lavora gratis. Tutto è diventato più facile. Il momento di maggiore soddisfazione?

Il venerdì mattina, quando mi hanno detto che tutte le auto avevano lasciato la zona rossa.

Perché?

Perché eravamo tesi. Ci chiedevamo: abbiamo spiegato bene? La città risponderà? In quel momento ci siamo resi conto che i vicentini avevano capito e stavano impegnandosi assieme.

Zaia ha parlato di apoteosi.

L’ha detto anche a me. E ha aggiunto: “Sono arrivato fino in viale Roma senza problemi e senza fare fila”.

Il sindaco ha spiegato che la città è pronta e capace di ospitare altri grandi eventi. Quali saranno?

Zaia ha detto che vuole a Vicenza la centesima adunata alpina…

…magari non ci sarà lui in Regione.

…e, chissà, forse neanche noi a palazzo Trissino.

Chi vivrà, eleggerà. Fatta questa premessa, cosa ci dobbiamo aspettare?

Questo evento ha rotto gli schemi. Perciò stiamo organizzando un grande evento sportivo nel 2025 e un altro di carattere musicale. Di più non posso rivelare.

Grandi eventi fa rima con parco della Pace. A che punto siamo?

La fine dei lavori è vicina. Tra un mese avremo in mano le chiavi del parco. Abbiamo incontrato due volte la società che sta elaborando il modello di gestione: fra due o tre mesi sarà pronto, ma non siamo lì con la pistola puntata.

La vecchia pista dell’aeroporto diventerà l’area eventi?

Certo, l’idea è quella. Davvero avrà ventimila posti?

Anche di più.

Ho capito, avremo Woodstock a Vicenza. In realtà, quali problemi bisogna risolvere?

La mobilità, gli spostamenti. L’adunata ha dimostrato che se elaboriamo un piano per la mobilità, una soluzione ai problemi si trova. Vicenza può ospitare i grandi eventi ma bisogna studiare. Al concerto di Vasco Rossi a Trento ci sono volute sei ore per uscire dai parcheggi.

non ha trovato finora, le riposte che cercava. Siete davvero in grado di fornirle?

Perché lei s’è candidato? Un lavoro (credo ben retribuito) ce l’ha, un ruolo sociale anche. Cosa ha voluto raggiungere?

Vogliamo dimostrare che questa città può cambiare. Perché devo proporre l’Alta Badia per un evento e non Vicenza?

Perché uno sponsor non può investire qui?

Forse perché non trova, o

Negli uffici si vive un tempo di qualità. Ho trovato persone che non guardano l’orologio. La mia motivazione a impegnarmi non è, dunque, né potere né visibilità.

Lei è amico personale di Possamai che già cinque anni fa le chiese di candidarsi ma lei rifiutò. Qual è il suo merito?

Sa gestire le persone. E il suo difetto?

L’assessore Leone Zilio portabandiera all’adunata degli alpini

Lo stesso mio: lavora troppo. È tempo di bilanci dopo un anno di vita dell’amministrazione. È soddisfatto?

Le rispondo con una frase di Matthew McConaughey quando ha ricevuto l’Oscar nel 2014. “Il mio idolo sono io fra dieci anni”. Preferisco vivere proiettato nel futuro che guardare al passato.

Avete cambiato Vicenza?

Più che cambiata, abbiamo visto una città che, da assopita che era, sta rispondendo alle sollecitazioni. I feedback sono positivi. Anche dai commercianti: quando arrivano critiche. sono costruttive.

Di cosa ha bisogno Vicenza?

Di un po’ di internazionalità. La televisione francese TFR1 di recente l’ha definita “la perla nascosta d’Italia”.

Ci volevano i francesi? Palladio non è un biglietto da visita internazionale sufficiente?

L’artista Osvaldo Casanova non vuole che Vicenza sia la città del baccalà e del teatro Olimpico. Spiega che è stanco di sentirla definire così. Ha ragione. La città ha un potenziale enorme e vorrei che Vicenza rappresentasse anche qualcosa di diverso. L’oro e Paolo Rossi sono luoghi comuni un po’ stantii: ma ci sono le basi per costruire il futuro.

Se non fosse avvocato, cosa sarebbe diventato?

Un tennista. Sono malato di tennis.

Idolo?

Federer, naturalmente.

Ma un match tra lei e Giacomo Bez, altro tennista di livello e collega in Consiglio comunale, chi lo vince?

Sicuramente io. (a. d. l)

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Politica e amministrazione

Il bilancio. Il centrodestra valuta negativamente l’anno di amministrazione Possamai: “Non c’è un’idea di città”

“Le promesse si stanno tutte sgretolando”

Intervengono l’ex sindaco Francesco Rucco, ora in Fratelli d’Italia, Stefano Notarangelo di Idea Vicenza (“è l’apparire e non l’essere la preoccupazione dell’amministrazione”) e Jacopo Maltauro della Lega. Che sintetizza: “Nuova amministrazione, vecchia musica. È vero che i conti si fanno alla fine, ma molti buchi neri caratterizzano il tessuto cittadino”

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om’era facile attendersi, la minoranza di centrodestra valuta negativamente il primo anno dell’amministrazione Possamai.

stato il “leit motiv” che ha contraddistinto l’azione dell’attuale maggioranza”.

“Le promesse elettorali di un anno fa – spiega Francesco Rucco di Fratelli d’Italia, ex sindaco - si stanno sgretolando giorno per giorno. Le annunciate promesse sulle modifiche al tracciato della Tav vengono smontate dai tecnici Iricav, la città vive un grave peggioramento sui temi del degrado e della sicurezza, con il sindaco che toglie dalle strade le pattuglie antidegrado e annulla il terzo turno allungato della polizia locale”.

“Non si percepisce alcuna visione di città (tanto sbandierata in campagna elettorale) e si limita a portare avanti i progetti finanziati dalla nostra amministrazione, rischiando spesso di perdere risorse già ottenute”.

“Infine, l’annunciato dimezzamento dell’inquinamento atmosferico rimane una promessa elettorale e Vicenza è tra le prime cinque città di Italia più inquinate”.

Aggiunge Stefano Notarangelo, della lista civica Idea Vicenza: “ORA è il momento dimostrare che alle parole seguono i fatti”, affermava con enfasi l’allora candidato sindaco durante la sua campagna elettorale. Ma a un anno dal suo insediamento, si può dire che l’apparire e non l’essere sia

“A inizio mandato l’amministrazione aveva sul tavolo varie opere di riqualificazione urbana in fase di cantierizzazione. Tra queste rientravano alcuni importanti interventi, finanziati con i fondi Pnrr. A oggi ci si trova di fronte ad una perdurante indecisione, con alcuni cantieri minori avviati ma non ancora conclusi, altri lavori importanti fermi al palo e nessun altro nuovo importante intervento previsto, quasi a ribadire una mancanza di visione e prospettiva sulla Vicenza del domani”.

“Temi come la nuova biblioteca civica Bertoliana, un museo di arte contemporanea e altre occasioni di rigenerazione dei molti “buchi neri” che penalizzano il tessuto urbano cittadino, sembrano non interessare concretamente l’amministrazione o, meglio, la vedono navigare in una sorta di limbo programmatico”.

“A questo si aggiunge una politica sociale fallimentare verso i fragili e gli invisibili e un mancato controllo verso chi è dedito a delinquere, con il mancato ripristino del terzo turno della polizia locale e al “vigile su appuntamento di quartiere”, considerato che si dichiarano orari e giorni delle presenze a tempo nelle varie zone della città, a beneficio della microcriminalità”.

“Nuova amministrazione, vecchia musica – sintetizza Jacopo Maltauro della Lega - Le trombe squillanti che avevano annunciato il grande cambiamento in città pare si siano lentamente smorzate. Tra consiglieri esterni e nomine effettuate nelle società partecipate dal Comune si assiste ad un mix tra vecchi nomi (nel senso politico, non anagrafico) e candidati del centrosinistra non eletti da remunerare. Un revival che ha poco a che fare con la novità che molti auspicavano. Chi non ha peccato scagli la prima pietra: può essere comprensibile ma consentitemi di dire che un pochino stride con la campagna giovanilistica portata avanti da Possamai lo scorso maggio. Stona profondamente è l’atteggiamento amministrativo che rasenta l’immobilismo. In politica la prudenza è una virtù, per carità, ma non dare avvio nemmeno ad un’idea di nuova opera-progettualità e cancellare con facilità ciò che si è ereditato. Non mi sembra solo sinonimo di prudenza. Dalla riqualificazione di campo marzo, all’attuazione dei progetti Pnrr fino alla nuova biblioteca Bertoliana all’ex tribunale è una costante rinuncia senza osare, ripiego senza sforzo politico. I conti si fanno alla fine ma qui, a distanza di anno, tolto qualche festival e progetto sulla pace, non si è nemmeno iniziato a progettare”.

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Ascolta Nelle foto, Francesco Rucco, Stefano Notarangelo e Jacopo Maltauro

Il bilancio. Il sindaco Giacomo Possamai valuta quello che è stato realizzato durante il suo primo anno di mandato

“Un anno di costruzione. E di risultati”

• “Il taglio delle rette degli asili nido arriverà al 40% entro l’estate

• Sono triplicate le domande per gli asili nido

• In Consiglio porteremo la variante urbanistica per l’ex macello: parcheggio e studentato

• Se ne andranno le auto nel parcheggio davanti al museo

• Buchi neri: risposte veloci dal Comune per i privati che vogliono abbattere per ricostruire

• Campo Marzo: bisogna allargare e recintare il parco giochi per trasformare l’area in una “arena eventi”

• Due milioni per recuperare alloggi popolari e abbattere

In tre mesi ha superato tre allarmi alluvione e l’adunata degli alpini. Se non ha imparato, come si diceva una volta, a saltare i fossi per lungo, ha quantomeno affrontato eventi che mettono alla prova personalmente chiunque e segnano anche la gestione di un Comune. Giacomo Possamai, 34 anni, esponente del Pd, ha voluto con tutta la sua determinazione diventare sindaco di Vicenza nel 2023, rinunciando un anno prima a un’elezione sicura alla Camera. C’è riuscito e ora traccia un bilancio del suo primo anno di mandato.

Soddisfatto?

Certo, è stato un anno di costruzione. Il taglio delle rette degli asili è una misura che colloco al primo posto per valore politico e simbolico. Entro l’estate arriveremo a tagliare il 40% delle rette: siamo vicini alla riduzione della metà. Alla fine del mandato arriveremo al cento per cento.

Quali sono stati gli effetti?

Sono triplicate le domande di iscrizione. Ci sono 200 persone in lista d’attesa. È venuta a galla una richiesta che era sommersa: insomma, la politica è ancora in grado di cambiare la vita delle persone. Per me è una soddisfazione.

Però, come si fa adesso a

rispondere a questa montagna di richieste?

Con l’investimento, grazie ai fondi del Pnrr, nei tre asili esistenti, in due-tre anni dovremmo avere 120140 posti in più.

Ma quei soldi del Pnrr, al netto di polemiche che riguardano altri interventi, li ha procurati l’amministrazione Rucco.

Stiamo studiando un’altra misura che, spiegata in poche parole, porterà a inserire nuovi insegnanti nelle scuole dell’infanzia e ottenere così 30-40 posti in più.

Vicenza è una città piena di buchi neri, lo ha ammesso anche lei.

Abbiamo voluto imprimere una spinta per la riattivazione della città: pensi al giardino a Santa Corona, aperto grazie alla sensibilità del vescovo don Giuliano, che è stato un grande acquisto per Vicenza.

Ma non c’è neanche una panchina… Arriverà, abbiamo dovuto avere il benestare della Soprintendenza.

Mi consenta, diceva la Buonanima, il giardino altrui aperto sarà anche simbolico ma non è proprio il massimo come bilancio di riattivazione di Vicenza.

Abbiamo pensato anche ai privati per dare risposte pronte a chi vuole abbattere e ricostruire, com’è accadu-

to in via Mameli. È importante togliere anche i piccoli buchi neri.

E quelli grandi?

Per l’ex macello stiamo elaborando un primo importante tassello: porteremo in consiglio comunale, credo in autunno, la variante urbanistica per realizzare un parcheggio a piano terra e lo studentato.

D’intesa con i privati… Naturalmente. Risolvere il nodo dell’ex macello significa togliere le auto davanti al museo.

Un altro buco è Campo Marzo: volete chiuderne un pezzo, ampliando il parco giochi. L’opposizione ha protestato: il risultato sarà – sostengono – che la malavita si sposterà nelle vie vicine. Cosa risponde?

Che quel parco recintato, con tanto di bar, diventerà un’area eventi come l’arena di Padova. Anche il parco di palazzo Te è recintato. La verità è che Campo Mar-

zo resta un’area libera per quasi il 90% e i problemi di sicurezza li hanno tutte le città nelle zone attorno alla stazione.

Un’obiezione che le è rivolta riguarda la giunta, di cui si lamenta l’inesperienza e la poca produttività. Non è vero che siano inesperti: ci sono tre nuovi, ma anche tre ex assessori e tre consiglieri. Io sono contento di loro, rifarei tutto.

Giriamola così: serpeggia un po’ di delusione nel vostro elettorato, del tipo “ci aspettavamo di più da sindaco e giunta”. Gli elettori non hanno pazienza o voi avete faticato a ingranare?

Posso capire le attese, ma abbiamo compiuto scelte di coraggio e anche l’investimento nella giunta sarà ripagato. I bilanci veri si faranno al termine del mandato. Quest’anno abbiamo seminato parecchio, molte cose sono state programmate e molte realizzazioni

sono in nuce. Cresceranno. Questo è stato un grande anno di costruzione, di premesse definite.

Tra i molti problemi di Vicenza c’è anche quello drammatico della casa. C’è qualcosa anche qui in nuce?

Molto di più. Nei prossimi due anni arriveranno 1.5 –2 milioni da destinare alle case popolari, in modo da assestare un duro colpo ai 400 appartamenti sfitti che hanno bisogno di lavori. Dopo la casa, altro nodo aggrovigliato è quello dei parcheggi in centro, tema su cui si discute da decenni. Novità?

Arriverà un’autorimessa a San Silvestro: c’è un accordo con i privati per buttare giù molte case davanti all’ex chiesa e ricavare uno spazio per un’autorimessa, appunto. Meno auto di residenti in strada e più posti per quelle dei turisti. Il mix che esiste oggi va cambiato. (a. d. l.)

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Il sindaco Giacomo Possamai ha dovuto affrontare tre emergenze alluvioni a febbraio e a maggio

Le vignette surreali. Il maestro ha sfornato due immagini che colgono aspetti curiosi della nostra vita

Così Scotolati surreale diventa Jacovitti

Due vignette del celebre umorista mostrano altrettanti scorci di vita. Si parla di utilizzo delle antenne per stendere i vestiti e di un cane che rimprovera un uomo. È un carattere surreale che ricorda il famoso umorista di Termoli

I l maestro Gabriele Scotolati, del quale si sono persi dati all’anagrafe, perché una delle tante alluvioni che hanno colpito la città ha causato la distruzione del suo atto di nascita, accanto alle caricature di personaggi attuali riprende anche disegni di vita cittadina. I suoi, naturalmente, sono spunti surreali, che trasportano chi li ammira in una realtà dai contorni sfumati, senza tempo e con una logica tutta sua.

È quella che si può notare nelle vignette di questa pagina: in una delle due c’è un gioco di parole su “canoni” e “cannoni” che non vuole ironizzare sulle emergenze belliche di questi tempi

ma soltanto accontentarsi del gioco in sé. L’altra vignetta, invece, presenta un cane parlante che rimprovera un umano. Sono scorci di una città surreale che al Nostro piacciono molto, in quanto se Scotolati è noto per i disegni e le caricature, in realtà a lui piace molto di più scrivere e giocare con le parole. Anzi, l’attività di disegnatore è funzionale all’altra, che lui ritiene interessante. D’altra parte, tutti ricordano che 41 anni fa il suo debutto è stato proprio con i nomi delle 200 vie (ciascuna avava due definizioni, per 400 parole inventate in tutto) intitolate appunto a Gabriele Scotolati.

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Interporto Padova protagonista dell’innovazione nel mondo della

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La sesta gru a portale, automazione, nuovi treni verso Livorno e la penisola iberica ma anche l’organizzazione a Padova di Green Logistics Expo il Salone Internazionale della Logistica sostenibile il prossimo ottobre

Intermodalità e sostenibilità sono due dei driver più importanti sui quali si sviluppa la logistica del futuro. Interporto

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mondo della logistica ed in particolare dell’intermodalità, con la partecipazione dei principali porti, interporti italiani, delle più importanti compagnie di navigazione mondiali e delle ferrovie in tutte le loro articolazioni. Ma il salone naturalmente che si rivolge anche a tutte li imprese manifatturiere del nord est, amplia il suo sguardo al mondo dell’intralogistica, ai magazzini, alla distribuzione urbana delle merci, alle nuove tecnologie alle nuove energie ed è un punto di incontro privilegiato per gli operatori del settore. Per partecipare come espositori o come visitatori, maggiori informazioni su www.greenlogisticsexpo.it

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Il personaggio. Corrado Marangoni ama la “street photography”: il suo è un amore per la città che coltiva da 40 anni

In 40mila foto la sua “Vicenza quotidiana”

I suoi sono soprattutto scatti colti al volo tra le vie del centro: le bici parcheggiate fuori dai negozi, le bancarelle del mercato, i turisti agli angoli delle strade. Le sue foto raccontano una Vicenza in cui i monumenti da cartolina restano quasi sempre sullo sfondo e privilegia la vita e le persone

Èuno dei fotografi più cliccati del momento. Corrado Marangoni, 61 anni, una vita passata in azienda come responsabile della logistica, negli ultimi anni si sta ritagliando uno spazio nuovo e sempre più importante grazie alle immagini che pubblica regolarmente sui suoi profili social e sulle pagine dei gruppi che hanno come tema la città di Vicenza. “È da più di quarant’anni che fotografo, da quando si usavano i rullini - racconta – e avrò scattato 40mila foto di Vicenza. Ma è con i social che per me le cose sono cambiate. Ti danno una visibilità che prima era molto più difficile avere”.

Il suo approccio è quello della street photography, anche se lui preferisce parlare di foto di vita quotidiana. Scatti colti al volo tre le vie del centro: le bici parcheggiate fuori dai negozi, le bancarelle del mercato, i turisti agli angoli delle strade: “Io fotografo di tutto, dai paesaggi ai ritratti, ma il mio stile è questo - conferma - È una scelta che mi è venuta spontanea: io sono autodidatta, mi sono aiutato seguendo sui social e su Youtube giovani fotografi soprattutto americani, e quello che mi appassiona è questo: la vita quotidiana della città”.

Le sue foto raccontano una Vicenza in cui i monumenti da cartolina restano quasi sempre sullo sfondo. A occupare il primo piano ci sono invece piccoli dettagli apparentemente banali,

oggetti quotidiani, e tante persone: “Io sono istantaneo: faccio due o tre uscite a settimana, spesso cammino per chilometri, e cerco di cogliere il momentoprosegue – Dopo un po’ notare certi dettagli ti viene in automatico. È questione di visione e di colpo d’occhio”.

Lui, una sua visione personale l’ha trovata. Caratterizzata da elementi che rendono le sue foto facilmente riconoscibili. L’attenzione per i riflessi - su una vetrina, una pozzanghera, un tavolo tirato a lucido - per dare un tocco inusuale anche ai luoghi più frequentati. La sistematicità con cui compaiono bici, moto e auto, che aggiungono colore e giocano sui contrasti con i palazzi sullo sfondo.

I passanti colti al volo, davanti ad una vetrina, a un locale, a un manifesto. Il risultato, come si legge in un commento a una delle sue foto, è una “Vicenza intima e spogliata”. “Mi dicono spesso che riesco a far vedere con un taglio nuovo anche luoghi conosciuti, e questo mi fa molto piacere”, aggiunge. Ad accompagnare le immagini Marangoni inserisce brevi testi con citazioni sulla ricerca della bellezza e sul senso della fotografia. “È un modo per creare un’interazione con il pubblico - spiega - C’è una signora, ad esempio, che riprendendo le citazioni che metto io crea vere e proprie poesie”. Critiche? “Una delle osservazioni che mi viene fatta più spesso, è che io foto-

grafo solo gli angoli più belli, e non le situazioni di degrado: so bene che, come in tutte le città, ci sono dei problemi, ma per quello servirebbe un approccio diverso. Io voglio raccontare la bellezza della città. Perché Vicenza è davvero bellissima”. Dai like sui social, sono nate

anche iniziative e collaborazioni reali. Ad aprire la strada, una esposizione ospitata dall’associazione “Arte a km zero” in contrà San Gaetano Thiene. Poi due rassegne alla storica fioreria Pasqualin, una personale e una in collaborazione con altri appassionati di fotografia. In

estate un progetto a più voci dove le sue foto saranno accostate, in una sorta di trittico, alle poesie di Edoardo Gallo e alle ricostruzioni grafiche di Gianna Sartori. L’appuntamento è per fine luglio. I dettagli? ovviamente sui social.

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Attualità
Luca Matteazzi Un primo piano di Corrado Marangoni e alcune sue immagini scattate a Vicenza

L’associazione. L’Acisjf sostiene ragazzi e giovani nello studio e donne con situazioni difficili

Aiuto a studenti e donne per 2500 ore

Sono trenta i volontari che si occupano di una decina di ragazzi fino al diploma. L’associazione è nata nel 1908 con Maria Fogazzaro e oggi ha sede in via Groppino, nel quartiere di Sant’Andrea al di là di via Quadri

Nella zona di Sant’Andrea, in via Groppino, al di là di via Quadri, c’è un’isola silenziosa popolata da persone di tutte le età che camminano insieme, sorreggendosi nei momenti di difficoltà e guardando con fiducia e speranza a un proprio futuro migliore. Sono una decina i ragazzi e giovani fino ai 18 anni che a casa hanno una situazione talmente complicata che il giudice preferisce che siano affiancati da operatori dei servizi sociali. Qui trovano spazi e proposte per cinque pomeriggi alla settimana, svolgono i compiti affiancati da insegnanti e puntano a terminare le superiori. Ci sono donne, con o senza figli, che qui trovano un rifugio da mari familiari agitati, dopo quelli che hanno attraversato nei barconi. Intorno a tutti loro ci sono splendide figure di volontari che animano un’associazione dal nome complicato ma dalla missione elementare: distribuire solidarietà e umanità. L’associazione è la A.C.I.S.J.F. (Association catholique internationale services jeunesse feminine) sorta a Friburgo nel 1897 con lo scopo di sostenere le giovani donne che si trovavano a vivere lontane dal proprio ambiente familiare. In Italia l’associazione è presente con 12 case di accoglienza: a Vicenza arrivò già nel lontano 1908, grazie all’impegno coraggioso di Maria Fogazzaro, figlia del celebre scrittore. La prima

sede ufficiale fu inaugurata nel 1948 a palazzo Bonaguro, a ponte degli Angeli, con il nome più semplice di “Protezione della giovane”, per un servizio di accoglienza verso chi era giunto in treno.

Nel 1989 l’associazione si è spostata nell’attuale sede in via Groppino, in un ampio e articolato immobile dove opera una comunità educativa diurna mista per adolescenti dagli 11 ai 18 anni. Contemporaneamente, sono stati creati gli spazi per dare vita a sei appartamenti dove sono ospitate donne straniere, per un periodo di circa due anni: si punta a far raggiungere loro una certa autosufficienza culturale ed economica, insegnando loro come fare la spesa, oppure avere rapporti con le istituzioni o con un datore di lavoro.

Qualche numero, contenuto nel bilancio sociale: sono 2.500 ore di volontariato ogni anno svolto da una decina di ex insegnanti, una trentina sono i soci e i volontari che si alternano anche nella manutenzione della casa. E non mancano collaboratori, una cuoca, addetti alle pulizie e alla segreteria.

Piero Piazza è uno dei sei consiglieri, ovviamente volontario, che con la presidente Maria Luisa Petrella, la vicepresidente vicaria Marilisa Cirella e la vicepresidente Loredana Zanella, dà vita al Consiglio diretti-

vo. “Sono entrato in Acisjf perché l’attuale presidente, sapendo che andavo in pensione, mi ha proposto di venire a svolgere un servizio di accompagnamento ai ragazzi specie per i compiti. Ho iniziato seguendo due ragazzi nelle lezioni per le vacanze, poi piano piano ho aumentato il mio impegno per circa una decina di ore alla settimana occupandomi di assistenza allo studio. Un’attività che mi costa poco ma che mi dà molto”.

Per il prof. Piazza, già docente di italiano e storia e vicepreside al Rossi, si tratta di un’esperienza che mai avrebbe immaginato di fare perché, racconta, entra in contatto con situazioni così estreme che non ci si aspetterebbe esistano nel-

la nostra città. Una buona metà di ragazzi, seguiti su richiesta e in convenzione con Ulss e Comuni, è italiana. Tutti, in particolare dopo il covid, manifestano un’estrema fragilità, riconducibile a problematiche di tipo sociale e psicologico, carenze affettive e relazionali, problematiche formative ed educative, conseguenza in gran parte della disgregazione del nucleo familiare o all’alta conflittualità presente in famiglia. Si sentono vulnerabili, sono poco reattivi perché insicuri, e quindi la comunità diventa preziosa nel sostenerli e accompagnarli lungo un faticoso percorso che li porti a ritrovare un rapporto positivo con l’ambiente sociale e familiare.

Da qualche anno la sfi-

da è seguirli anche dopo il raggiungimento della maggiore età, proprio nella fase più delicata nella quale si sentono liberi di scegliere e sarebbero tentati di abbandonare la scuola. Per fortuna finora non è successo: anzi, una ragazza ha già espresso il desiderio di frequentare l’università.

“L’Acisjf di Vicenza - segnala con una punta di orgoglio il prof. Piazza - sta vivendo in questo periodo un momento felice perché vedo attorno a me nuovi volti che stanno dando vita ad un lento ma continuo rinnovamento, portando idee ed energie così preziose alla nostra causa. Una bella stagione che gratifica e incoraggia”. Nell’isola che c’è.

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Un’immagine dei volontari dell’Acisjf di Vicenza. Il primo a sinistra è Piero Piazza

Il prototipo. Il misuratore di pioggia realizzato dagli studenti di seconda arriva secondo al concorso della Regione

Questo “Rossi” è proprio un Fuori Classe

Lo strumento è fondamentale per misurare la quantità di acqua nei terreni e capire quale sia la loro permeabilità. La nuova agriecologia ha dimostrato che le terre non coltivate lasciano correre l’acqua che crea poi danni ad ampio raggio

Èmolto probabilmente il primo in Italia, sicuramente il primo in Veneto e a Vicenza: si tratta del misuratore di pioggia che gli alunni del “Rossi” di Vicenza hanno realizzato sotto la guida dei docenti e con la consulenza dell’agronomo Francesco da Schio e degli esperti della facoltà di agraria di Padova, Andrea Fasolo e Andrea Squartini. L’utilità è semplice da spiegare: è un sistema che permette di verificare la capacità di un terreno di trattenere l’acqua o, invece, di quanto l’acqua fluisca via velocemente, rimuovendo spessori fertili di terreno e rendendolo, di fatto, sempre più sterile. Una situazione alla quale i concimi chimici pongono solo un momentaneo rimedio.

La moderna agroecologia ha invece codificato nuovi metodi di lavorazione dei terreni dimostrando che quelli non sfruttati intensamente raddoppiano la loro capacità di infiltrazione. Nei periodi i siccità, le piante possono attingere a una maggiore riserva di acqua del sottosuolo; in caso di piogge intense l’acqua si infiltra maggiormente evitando allagamenti.

Lo strumento è molto utilizzato negli Stati Uniti e ormai se ne sente forte la necessità anche dalle nostre parti, a fronte delle condizioni meteo sempre più estreme che purtroppo ormai conosciamo.

Il simulatore di pioggia realizzato come prototipo dagli alunni del “Rossi” è uno strumento complesso e completo che ha finalità didattica nei confronti dell’agricoltore, ma anche educativa nei confronti del consumatore.

Sopra un banco attrezzato sono sistemati tre vassoi

LA SCUOLA DEL FARE

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colmi di suolo agrario: due hanno vegetazione in essere, uno ha terreno nudo. Su tutti e tre si simula la caduta della pioggia: gli effetti di permeabilità o di erosione balzano agli occhi perché con la vegetazione verde o secca l’acqua penetra nel terreno. Dove invece si vede solo terra, l’acqua ruscella fuori dal vassoio ed erode il suolo. Docenti e alunni del Rossi hanno lavorato nell’arco dell’anno tagliando e saldando ampie lastre di alluminio che sono servite a predisporre le vasche all’interno delle quali va posizionato il terreno che interessa studiare. Si è trattato di un’iniziativa molto apprezzata dai ragazzi perché ha dato ampio spazio alle loro attività pratiche di laboratorio e, insieme, ha contribuito a rafforzare il senso di rispetto nei riguardi dell’ambiente.

Il progetto è arrivato secondo su 23 istituti partecipanti al concorso “Fuori Classe” indetto dalla Regione Veneto. I ragazzi coinvolti fanno parte delle classi seconde AM, BM e CM con i professori Carlo Posenato, Mauro Soldato, Alessio Cangemi, Fortunato Scarmato e Mariagrazia Vignaga.

I materiali sono stati acquistati con il sostegno di Agsm Aim e della Fondazione Banca popolare di Marostica – Volksbank e della ditta Aluveneta.

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Gli studenti del “Rossi” assieme ai loro docenti e all’agronomo Francesco da Schio

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Il personaggio. Il pittore Romano Lotto, 92 anni, racconta l’atmosfera di quegli anni e i personaggi che ha incrociato

“Com’era vivace la Vicenza degli anni 60”

“A 21 anni fui invitato al Premio Marzotto. Renato Peretti fu il mio primo maestro: era coltissimo e raffinato. È vero, dipingeva i falsi, ma non copiava: creava sullo stile. Neri Pozza ordinò a un gallerista di Venezia di esporre i miei quadri. La mia prima mostra con Virgilio Scapin. L’amicizia con Tino Ghelfi: siamo cresciuti assieme. Angelo Carlo Festa si faceva fotografare assieme a me e al quadro come autentica del dipinto. Gli incontri con Kokoschka, Vedova, Manzù, l’amicizia con Quagliato e Beghini”

Si può essere diventato pittore perché da bambino la nonna gli regalava i colori ed essere stato allievo di un pittore di livello (ma anche celebre autore di falsi, specie di De Chirico) ma se a poco più di vent’anni si viene scelto dalla giuria del Premio Marzotto (che nel 1954 accettò 254 opere su 1400 presentate) si deve possedere un talento tale da lasciare a bocca aperta, perché, come sosteneva Silvio Ceccato, il talento può fare quello che vuole, a differenza del genio che fa solo… quello che può. Romano Lotto, all’anagrafe Rizzato, vive con brillantezza e vivacità i suoi 92 anni, fresco reduce da due mostre, una a Mestre e l’altra a Polesella, nel Rodigino. Due anni fa la sua mostra a palazzo Chiericati fu un successo. Sposato con Giovanna Rotundo, sono genitori di una figlia, Emma, che è magistrato a Venezia. Dalla fine degli anni Sessanta s’è trasferito a Roma: ha insegnato per decenni a Roma e a Latina. A Vicenza insegbò alla media del seminario appena inaugurata nel 1963 e chiamò a sostituirlo un laico come Antonio Carta.

Perché Lotto?

Omaggio alla nonna Anna. A Dueville ho avuto un’infanzia complicata.

Come mai?

Ero gracile, malaticcio, delicato. Non mangiavo, ma giocavo alla guerra, partecipavo alle bande. M’ero costruito un fucile che sparava pallini. La nonna Anna mi comprava i colori perché vedeva la mia predisposizione.

Ecco il perché del nome.

So bene che c’è un altro Lotto pittore, ma non me ne importava niente: io volevo ricordare la nonna.

In casa non approvavano la sua passione per la pittura?

Mi avevano messo al collegio vescovile a Thiene che poi fu occupato dalla X Mas. Scappai. Camminai per 12 chilometri e tornai a casa. Quelli della X Mas erano gente che sparava ai treni, li ho visti. A casa, per la fuga dal collegio mio papà Gildo (la mamma si chiamava Emma, come mia figlia) mi picchiò. Al ginnasio fui rimandato a settembre in latino. Non era la mia

strada. Papà capì che mi piaceva usare le mani e mi iscrisse al “Rossi”.

Come terminò il confronto?

Neanche il “Rossi” funzionò.

Papà mi disse: “Ti mando a lavorare da un barbiere”. E io gli risposi: “Se mi trovi un maestro di pittura, ci vado”.

Lo trovò?

Certo. Renato Peretti fu il mio primo grande maestro. Da Dueville andavo in bicicletta fino in contrà Pigafetta dove abitava. Insegnava all’università, era grande amico di Giovanni Comisso, che ho conosciuto bene. Non dovrei dirlo, ma Peretti era anche un falsario. Però su Internet trova tutto. Allievo di Ubaldo Oppi, era coltissimo e un pittore finissimo. Ha creato anche una scenografia per il festival di Sanremo. Da lui avevo sotto gli occhi l’arte moderna.

Beh, non gli originali.

Invece sì. Peretti non copiava, ma inventava. Ammiravo De Pisis, Carrà, De Chirico e Morandi. Da lui passavano i quadri autentici dei grandi. Ho ricevuto una lezione straordinariamente colta.

Poi c’è stato il diploma al liceo artistico Selvatico di Padova e il premio Marzotto.

Fui accettato alla prima e seconda edizione del premio: avevo 21-22 anni. C’erano in giuria Sironi, Casorati, Semeghini, Guttuso e Carrà.

Scusate se è poco, direbbe Totò. Poi arrivano gli anni in cui abita a Vicenza ed entra in contatto con molti artisti.

Con altri giovani fondammo l’associazione La Bilancia . La chiamammo così perché avevamo gusti e tendenze diverse. Conobbi Tino Ghelfi quando vendeva ancora libri su una bancarella, poi smise e affittò un locale e infine si trasferì a palazzo Bonin: con lui ho esposto in sette mostre. Siamo cresciuti assieme. Gli consigliavo quali quadri comprare e gli spiegavo se erano veri o falsi.

Chi ricorda di quel periodo?

Tanti… Marco Chiovato, Piero De Pellegrini, Mario Giulianati, Giuseppe Rigon, scenografo della Scala di Milano, Luciana Sonda, Attilio Lunardi che poi andò

a Milano.

C’era il giovane Nereo Quagliato.

Era un ragazzino che riproduceva le statue del cimitero nella bottega di Santa Lucia. Ruvido di carattere, estroso, pieno di energia e forza. Era determinato, senza paura.

Un altro giovane era Miraldo Beghini, dieci anni meno di lei.

Beveva tutto quello che gli dicevo. Con l’auto di mio papà andavano in giro a produrre e vendere le ceramiche.

Vucetich l’ha conosciuto?

Lo vedevamo, ci sedevamo magari vicini al bar, ma aveva un portamento distaccato. Del resto aveva 34 anni più di me.

E qualche altro grande?

De Pisis l’ho visto dipingere in strada

De Chirico?

Mi disse che voleva farmi un ritratto ma poi non se ne fece niente. Detestava la Biennale e partecipava alla Controbiennale.

Otello De Maria?

Era carino con me, mi stimava.

Neri Pozza?

Fu il primo che tenne una presentazione per me da Ghelfi. Mi fece assegnare la medaglia d’oro a una mostra.

Era anche lui un bel ruvidone.

Con me è sempre stato gentile. Mi accoglieva nel suo ufficio da editore. Mi chiedeva: “Posso mostrale i miei lavori?”. Era ostico ma generoso. Chiamò di fronte a me un gallerista di Venezia, De Marco, con studio vicino al Gritti, per ordinargli di esporre i miei lavori.

Con alcuni giovani amici frequentaste i corsi di Salisburgo con Kokoschka, Vedova e Manzù. Kokoschka regalava le caramelle a Beghini come segno di apprezzamento.

A me ne ha regalate decine, ma non lo scriva. Vede, ho sempre cercato di imparare. Sono andato due anni in Austria: il primo ho faticato, al secondo anno Vedova mi fece ottenere una borsa di studio, perché quei corsi erano a pagamento, eh? In seguito, Vedova voleva assumere Beghini come assistente all’accademia di Venezia e mi chiese un parere.

Naturalmente approvai, ma le cose andarono diversamente.

Lei ha detto in un’intervista che Kokoschka vi faceva disegnare le modelle che non stavano ferme più di quindici minuti.

Ci ha costretto a stabilire un rapporto veloce con le immagini. Lui spiegava la sua didattica come “una scuola del vedere”. Aveva ragione.

A Vicenza era attivo Virgilio Scapin nel mondo artistico.

L’ho conosciuto bene. Organizzò nel 1963 la mia prima mostra. La sua libreria era frequentata anche da Goffredo Parise, che incontrai qualche volta.

Un grande appassionato d’arte era Angelo Carlo Festa.

Era un amico, un sostenitore.

Si faceva fotografare assieme a me come “autentica” del quadro. Mi disse che un mio quadro era appeso vicino a un dipinto di Monet a casa Rothschild a Parigi. Silvio Lacasella, pittore che lei conosce bene, ha scritto che nei suoi quadri c’è la stessa luce di Manet.

Una frase così merita un abbraccio e un bacio. Manet è un mostro: ha una retina che recepisce l’impossibile!

Lei ha detto che anche Veronese per l’uso del colore era un astratto.

Un pittore moderno, sì. Prima ha citato Gueri da Santomio.

Ho grande rispetto per lui: era abilissimo, piacevolissimo e vendibilissimo.

A proposito di colore, i suoi paesaggi sono molto famosi e apprezzati.

L’origine dei quadri – l’ho spiegato in un’intervista tempo fa – va ricercata nell’emozione quasi infantile che mi colpisce: una volta si chiamava ispirazione, io la chiamo stupore di fronte a qualcosa che mi commuove, normalmente è un paesaggio. Chi sono i pittori che ama di più?

Manet, Tiziano, Veronese, Tintoretto, Bonnard, Morandi. Che effetto le fanno i suoi quadri quando finisce un lavoro?

Li guardo e provo disagio. Evidentemente punta alla perfezione. E che effetto le fanno i quadri degli altri quando va a una mostra?

Sono un mangiatore di quadri, dalle Biennali degli anni Cinquanta a oggi. Si impara sempre. Qual è il fine dell’arte?

La poesia. Un quadro, un libro, un’opera d’arte può essere o meno compita, ma rimane formale e accademica se non ha quella forza che supera la tecnica e tocca il cuore.

Lei è stato molte cose: impostazione classica, espressionista, astratto, figurativo. Perché? Perché non sto mai fermo. La ricerca è continua. Se si ferma un pittore fa l’accademia di se stesso. Devo essere sempre ricettivo e mantenere l’entusiasmo a cercare qualcosa di nuovo.

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Antonio Di Lorenzo Un primo piano del pittore Romano Lotto, che si chiama così in onore della nonna Anna che da piccolo gli comprava i colori. Il suo vero cognome è Rizzato. Ha 92 anni e una memoria lucidissima

L’analisi. Il comportamento dei Fondi influenza l’andamento dei prezzi su basi unicamente funzionali al profitto

La speculazione finanziaria uccide i campi

I fondi sono anche proprietari di rilevanti quote delle principali corporation alimentari del pianeta e hanno creato nel tempo una rete finanziaria complessa e altamente interconnessa che pensa e agisce come un oligopolio. Le proteste degli agricoltori la finanza non le ascolta

Le difficoltà in cui si dibatte il settore agricolo mondiale sono anche frutto del mondo perverso della finanza. La domanda e l’offerta di prodotti agricoli influenzano solo marginalmente la determinazione dei prezzi. Il mercato è governato da categorie finanziarie aspettative, previsioni a medio e lungo termine, spinte rialziste o ribassiste) che nulla hanno a vedere con la realtà dei campi.

I prezzi dei prodotti agricoli si formano nelle grandi Borse Merci (Chicago, Parigi, Londra, Mumbai). In esse i principali attori sono i fondi internazionali specializzati nel settore agricolo: Vanguard, BlackRock, JP Morgan, State Street Corporation ad esempio. Sono fondi altamente speculativi e indirizzano il loro comportamento (che spo-

sta ingentissime quantità di denaro) perseguendo il raggiungimento del massimo profitto.

La massa di denaro messa in campo dai grandi fondi è così significativa che non solo sposta orientamenti e prezzi, ma in qualche misura li determina attraverso mercati quale quello dei futures e dei derivati.

I fondi sono anche proprietari di rilevanti quote delle principali corporation alimentari del pianeta (Kellogg’s, Pepsi Company, Mondelez International Inc., Associated British Foods) e hanno creato nel tempo una rete finanziaria complessa e altamente interconnessa che, se non un monopolio in senso stretto, pensa e agisce come un oligopolio. Le attese di profitto di azionisti, che nulla hanno a che vedere con

i parametri agricoli reali ma solo con le scommesse finanziarie sottese a un mondo prettamente aleatorio, finiscono con divenire l’unico motore dell’intero mondo agricolo.

Se a questo quadro si aggiunge la considerazione che una larga fetta di terreni agricoli (ad esempio negli Stati Uniti) sono di proprietà di un numero ristretto di finanzieri (J. Malone, B. Gates, T. Turner, J. Bezos tra gli altri) non si può che convenire con l’analista finanziario Alessandro Volpi che il valore aumentato dei terreni agricoli (+34% tra 2021 e 2022) sia un effetto diretto dell’aumento dei prezzi cerealicoli a sua volta determinato dalla speculazione innescata dai contratti derivati sui cereali praticata in larga misura proprio dagli stessi

finanzieri proprietari di latifondi.

Agli ingenti profitti finanziari dei grandi proprietari si aggiunge una crescita di valore dei terreni in un circuito virtuoso (per loro) che stritola ogni altra dinamica.

Emblematica la vicenda dei derivati metereologici, originariamente nati per coprire il produttore dai rischi degli eventi avversi e oggi mutati in pure scommesse acquistabili anche

da chi non ha alcun rapporto con la terra e la produzione agricola.

Se le aspettative dei grandi fondi si orientano al rialzo i prezzi arriveranno a livelli insostenibili, se al contrario esse si orientano al ribasso, i prezzi crolleranno.

Alle orecchie della grande finanza internazionale, pertanto, le proteste degli agricoltori europei sono simili a un ronzio di mosche. Giuseppe de Concini

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Il personaggio. Gian Dauli curò l’edizione italiana dei libri di Jack London, Chesterton e anche i gialli di Edgar Wallace

Scoprì grandi scrittori e li portò in Italia

Lavorò molto a Milano ed era appassionato della cultura anglosassone: conobbe di persona il poeta irlandese William B. Yeats e il drammaturgo George Bernard Shaw. Fece pubblicare per primo “Il richiamo della foresta” di London e “La montagna incantata” di Mann

Cento anni fa usciva per la prima volta in Italia

“Il richiamo della foresta” di Jack London. A proporlo al pubblico e a curare direttamente la traduzione del capolavoro dello scrittore americano, allora quasi del tutto sconosciuto nel nostro Paese, fu un eclettico e intraprendente vicentino: si chiamava Gian Dauli (al secolo Ugo Nalato). Era nato il 9 dicembre 1884 in una delle case che sorgevano nei pressi dell’incrocio fra la strada per Bertesinella e quella per Padova: il vicino edificio storico di Ca’ Impenta gli suggerì uno degli pseudonimi utilizzati nel corso della sua attività di scrittore, sebbene a partire dal 1914 finisse per impiegare esclusivamente quello con cui lo si ricorda, si spera, ancora oggi.

Vita frenetica la sua. In gioventù viaggia molto, soggiornando per qualche anno in Inghilterra dove conosce Yeats e, sembra, G. B. Shaw. Ne torna imbevuto di cultura anglosassone che riverserà generosamente nelle sue future scelte in campo editoriale.

Dopo varie esperienze alla guida di alcuni periodici (sulle cui pagine lancia giovani scrittori italiani come Cecchi e Tozzi) e una promettente attività come giornalista e narratore (tutta da riscoprire la sua produzione, a cominciare dal romanzo “La Rua”) Dauli assume l’incarico di direttore editoriale letterario della “Modernissima”: è in questa veste che mette in mostra le sue indubbie capacità di fenomenale talent scout. Nella giovane casa editrice milanese, che con i suoi libri dalle coloratissime copertine era riuscita ben presto a competere con le ben più potenti Mondadori e Treves, dà il via infatti a operazioni editoriali

di assoluta originalità. Prima fra tutti proprio la pubblicazione dell’opera omnia di London. Di questo grande scrittore americano – avvisava “La Modernissima” all’uscita del primo romanzo – la nostra Casa Editrice inizia, e continuerà a mano a mano, la prima ed unica pubblicazione di tutte le opere a cura di Gian

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Un’immagine di Gian Dauli, all’anagrafe Ugo Nalato: una vita intensa, la sua. Morì a 61 anni

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Dauli, il quale fu il primo a segnalare Jack London al pubblico italiano come uno dei geni più originali e possenti che possa vantare la letteratura anglo-sassone. Tra il 1924 e il 1927 la “Modernissima” pubblica venti suoi romanzi, presentati al pubblico come una folata d’aria gelida purificatrice. Ma l’entusiasmo genuino, quanto forse ingenuo, aveva spinto Dauli un po’ troppo oltre quelli che erano gli abituali gusti dei lettori dell’epoca: la coraggiosa operazione, infatti, costa il fallimento della casa editrice milanese.

feli cità

Ma la tenace “Modernissima” ha la forza di risorgere per ben due volte dalle proprie ceneri: prima grazie a Spartaco Saita, che consente poi a Dauli di fondare e dirigere la pionieristica collana “Scrittori di tutto il Mondo”. Quindi – dopo l’ennesimo tracollo – per merito di Enrico Dall’Oglio, ex collaboratore di Dauli e proprietario della “Corbaccio”, che acquista la stessa collana e la rilancia senza indugi, affidandola al suo stesso ideatore.

All’instancabile attività di consulente editoriale e traduttore, Dauli affianca con sempre più convinzione quella di scrittore, sebbene non pochi siano gli ostacoli posti dalla censura fascista. La morte lo coglie improvvisamente a Milano sul finire del 1945, interrompendo così tutti i suoi progetti.

Chissà cosa avrebbe detto oggi il buon Ugo Nalato del panorama narrativo italiano: lui, che aveva fatto conoscere ai lettori italiani “La montagna incantata” di Thomas Mann, il premio Nobel Selma Lagerlöf, i gialli di Edgar Wallace e di G. K. Chesterton, forse avrebbe deciso di fondare una nuova casa editrice: l’ennesima. E sicuramente avrebbe saputo offrire ai lettori qualcosa di veramente innovativo.

Oreste Palmiero

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Toponomastica. Si trovava di fronte alla chiesa dei Servi: è testimoniata dalla pianta del “Peronio” del 1481

Quando a Vicenza c’era la “piazza del vino”

AVicenza esisteva in pieno centro la “piazza del vino” ed è un’identificazione talmente antica quanto il mercato dei cereali, meglio delle sementi che si teneva lì vicino: le sementi erano indicate genericamente come “biade” o, ancora prima, come “biava” da cui appunto “piazza della biava” che con il tempo è diventata la nostra “piazza Biade”.

Queste notizie, che sono riportate nel testo classico sulla toponomastica vicentina, ossia quello di Giambattista Giarolli (libro che quest’anno celebra i suoi settant’anni dalla prima edizione), sono state anche riassunte da Adolfo Trevisan, già dirigente comunale ed esperto di toponomastica, in una recente conferenza.

Della “piazza del vin” si trova testimonianza nella “pianta del Peronio”, edita nel 1481: compare espressamente questa iscrizione vicino alla chiesa dei Servi. Esattamente, la “piazza del vin” è localizzata dove oggi piazza Biade scende verso contrà Gazzolle. Va ricordato che il termine “peronio” sta a indicare il sistema delle piazze e strade attorno al palazzo comunale, che allora era quello della Basilica, giusto per identificare il luogo, anche se la Basilica precisamente individuata sarebbe sorta nel secolo successivo.

Dunque, vicino al mercato delle sementi (piazza Biade)

esisteva anche il mercato del vino. Il che è comprensibile nel quadro dell’economia agricola che ha dominato fin dall’antichità. Qualche altra curiosità relativa al luogo si ritrova sempre nel libro di Giarolli, che cita le cronache di Francesco Barbarano, vissuto tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, il quale spiega che di fronte alla chiesa dei Servi esisteva un palazzo, un edificio merlato che era adibito a magazzino del sale e fu abbattuto nel 1481. Così piazza Biade occupò lo spazio dell’edificio e quello della “piazza del vino”. In piazza Biade già allora sbucavano contrà che sono rimaste tale e quali fino a oggi, anche se hanno mutato nome: quella più celebre è contrà delle Vetture, che faceva riferimento alle carrozze non certo alle auto, di-

La pianta del “Peronio” con indicata la denominazione “piazza del vin”. Un’immagine di oggi della zona e Adolfo Trevisan

ventata contrà Daniele Manin nel 1867, a ricordare il patriota di Venezia del 1848. Anche se il nome di “contrà delle Vetture” appare scritto in piccolo nella targa che indica la via, nessuno più ricorda questa denominazione.

La “Piazza del vin” era localizzata nella parte di piazza Biade che scende verso contrà Gazzolle. Poi piaza Biade la inglobò assieme allo spazio dove esisteva, di fronte alla chiesa, un edificio destinato a magazzino del sale che fu abbattuto

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“Un gentiluomo a Mosca” Così è nata la Russia di oggi Bridgerton, terza stagione Ma la serie non è più quella

Ètrasmessa su Paramount+ la miniserie

“Un gentiluomo a Mosca”, adattamento del romanzo best-seller di Amor Towles. La serie ha come protagonista il conte Alexander Rostov che, all’indomani della rivoluzione russa, scopre che il suo passato dorato lo pone dalla parte sbagliata della storia.

Scongiurata l’esecuzione immediata, il nobile è esiliato da un tribunale sovietico in una mansarda dell’opulento Hotel Metropol, minacciato di morte se dovesse rimettere piede fuori. Mentre gli anni passano e alcuni dei decenni più tumultuosi della storia russa si svolgono al di fuori delle porte dell’hotel, le circostanze gli permettono di entrare in un mondo molto più ampio di scoperte emotive. Mentre costruisce una nuova vita tra le mura dell’hotel, scopre il vero valore dell’amicizia, della famiglia e dell’amore.

Torna Bridgerton coi suoi amori da sogno. La saga Netflix dai romanzi di Julia Quinn debutta la sua terza stagione sovvertendo il paradigma narrativo che è stato colonna portante delle passate stagioni.

Sembra passata un’era geologica dal 2020 mè innegabile che questo incantesimo fatto di romanticismo saccarino si sia innegabilmente spezzato.

“Anna Urbanova è una vera diva del cinema degli anni Venti. Al suo incontro col conte Rostov capisce di volerlo anche solo per una notte. È una donna che ama accentrare l’attenzione su di sé e non ama perdere: interpretarla è stato un vero spasso,” racconta l’attrice Mary Elizabeth Winstead che veste i panni della protagonista femminile. Affrontiamo il proverbiale elefante nella stanza: il protagonista nonché produttore della serie è Ewan McGregor, suo marito. Il coinvolgimento di Winstead nella parte della donna che si invaghisce di Rostov/McGregor è l’ennesimo caso di nepotismo a Hollywood? L’abbiamo domandato alla diretta interessata. Lei semplifica: “Ewan fece il mio nome ai produttori per la parte di Anna Urbanova, e alla fine cedetti e sostenni un provino”.

“Un gentiluomo a Mosca” è un racconto che - attraverso il passato - racconta la Russia di oggi. C’è politica in questa serie? “Sarebbe sbagliato pensare il contrario, ma diciamo che nel caso della nostra serie ci soffermiamo a raccontare le origini di quei fenomeni che hanno portato la Russia alla situazione deflagrata che conosciamo purtroppo molto bene,” risponde Winstead.

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Non è certo colpa dei suoi protagonisti, Luke Newton e Nicola Coughlan. Pur non condividendo la stessa alchimia di Phoebe Dynevor e Regé Jean-Page, Penelope e Colin cercano di non farci rimpiangere Anthony e Kate, i quali finiscono comunque per rubare loro la scena ogni volta che appaiono sullo schermo. Ritroviamo Penelope senza più il suo grande amore né la sua migliore amica. È una donna con le sue consapevolezze - in primis, quella di lasciare la casa di famiglia il prima possibile - e col desiderio di accasarsi per esorcizzare lo spettro della vecchia zitella che aleggia sulla sua testa.

Con un cambio di guardia al timoneChris Van Dusen ha lasciato il comando a Jess Brownell -, la terza stagione di Bridgerton parte lenta, troppo lenta. La pletora di storie secondarie - il debutto di Francesca, un nuovo amore per Violet, le capriole a letto di Benedict - sembra quasi congegnata per puntellare una trama principale, quella di Penelope e Colin, che non è in grado di tenere in piedi la baracca da sola.

A peggiorare le cose ci si mette pure Netflix stesso che - contrariamente alle due stagioni precedenti e allo spin-off Queen Charlotte - decide di distribuire la stagione in due parti. Il risultato è che i primi quattro episodi risultano un estenuante preliminare in cui la trama fatica a mantenere un ritmo, trascinandosi verso un climax che non potrà mai definirsi tale.

Forse abbiamo preteso troppo da Bridgerton: è una serie tratta da romanzi rosa che ha come solo scopo quello di farci sognare, non ha mai di certo avuto la pretesa di rivoluzionare la televisione. Eppure se si toglie il “pleasure” dal “guilty”, resta solo il senso di colpa di aver forse potuto impiegare meglio meglio quelle quattro ore spese davanti alla tv.

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#Regione

L’appuntamento elettorale. Sarà un importante test in vista delle regionali del prossimo anno e anche delle comunali a Venezia

Elezioni europee, e se il voto di giugno cambiasse il volto della politica italiana?

Fratelli d’Italia punta al gradino più alto del podio, probabile testa a testa tra Lega e Forza Italia per il secondo posto. Il Pd guarda all’asticella psicologica del 20%. E nel 2025 in laguna c’è già chi azzarda la staffetta ZaiaBrugnaro

M

anca ormai pochissimo e si apriranno le urne delle elezioni europee. Forse per la prima volta, almeno a seguire i dibatti e ascoltando le conversazioni al bancone del bar, questa scadenza elettorale sembrerebbe appassionare gli elettori italiani e veneti. Diciamoci, infatti, la verità: fino ad oggi le Europee hanno sempre scaldato poco i cuori di un elettorato che dimostra, più in generale, una crescente disaffezione al voto. Questa volta potrebbe essere diverso perché alcuni “esperimenti”, promossi dai partiti politici proprio per elezioni Europee, potrebbero cambiare significativamente il panorama politico nazione e regionale.

Partiamo dallo scenario più vicino: il Veneto.

Il prossimo anno si voterà per le elezioni regionali e, dato non irrilevante, per le Comunali di

Si

Venezia. Tanto in regione quanto nel capoluogo si può parlare di fine di un’era. Parlamento e Governo, a trazione Fratelli d’Italia, non hanno, infatti, consentito la possibilità di correre per un terzo mandato al Sindaco della città capoluogo, Luigi Brugnaro e al Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Le elezioni europee, dunque, in questo senso rappresentano un primo test attraverso il quale definire rapporti di forza e, un’eventuale, griglia di partenza in vista del 2025.

Anche se, per rimanere al 2025, si sta facendo largo una voce molto interessante anche se al momento priva di conferme: Zaia e Brugnaro potrebbero compiere un trasloco di poche centinaia di metri. Da Palazzo Balbi, sede della Giunta Regionale del Veneto a Ca’ Farsetti, il Municipio di Venezia, ci sono,

infatti, pochi minuti di motoscafo. La notizia, che molti osservatori stanno attendendo, dunque, è quella di una candidatura a sindaco di Luca Zaia e quella di Presidente della Regione di Luigi Brugnaro. Dopo le elezioni europee, anche da questo punto di vista, se ne saprà di più e il risultato elettorale, ma soprattutto i flussi – ovvero gli spostamenti da un voto all’altro – diranno se questa suggestione abbia la possibilità di divenire realtà.

Lo scenario meno prossimo, invece, è quello nazionale.

Il Partito Democratico sente crescere attorno a se una certa fiducia. La segretaria Elly Schlein in un suo recente tour veneto alle domande dei cronisti non si è voluta sbilanciare in pronostici, ma è chiaro a tutti che i democratici terranno d’occhio due parametri essenziali: se saranno sopra o sotto l’asticella psicologica del 20% e il distacco dal maggior rivale interno, il Movimento 5Stelle.

Assunto che Fratelli d’Italia si confermerà come primo partito, l’attenzione è tutta rivolta al derby per la seconda piazza

del centrodestra tra la Lega di Salvini e Forza Italia. Molto sta facendo discutere la candidatura tra le fila leghiste del generale Vannacci. Una scelta questa voluta fortemente dal leader nazionale e contestata aspramente dalla base e, in particolar modo, dai principali esponenti veneti del Carroccio con Zaia in testa. Nei giorni scorsi il celebre politologo Paolo Feltrin ha dato una chiave di lettura molto interessante che, in un qualche modo, potrebbe dare una spiegazione alla scelta di Salvini di candidare il generale nonostante le proteste dei suoi. Il professor Feltrin, infatti, ha spiegato, ci perdonerà la sintesi, come questa candidatura in una fase nella quale la Lega non è più quel “sindacato del Nord” che era una tempo,

vota per il sindaco in 309 Comuni veneti, meno partiti

Oltre la metà dei Comuni veneti andranno al voto anche per il rinnovo del consiglio comunale e l’elezione del sindaco. Nella nostra regione sono ben 309 le amministrazioni comunali da eleggere, oltre i 55% del totale, la netta maggioranza tra le province di Vicenza, Padova e Treviso. E proprio in polesine si vota anche nella città capoluogo di provincia, a Rovigo, 50 mila abitanti, dove è in corso un serrato confronto tra i numerosi candidati in lizza.

In tutto il Veneto i Comuni con più di 15 mila abitanti sono 24: qui gli elettori potrebbero essere chiamati al turno di ballottaggio il 23 e 24 giugno se non vi sarà un eletto con più del 50 per cen-

to dei voti. A Vicenza le amministrative coinvolgono ben 75 Comuni, fra i quali spiccano Bassano del Grappa con i suoi 42 mila abitanti, ma anche Schio, Valdagno, Arzignano, Montecchio Maggiore e Cassola. In provincia di Padova si vota in 52 Comuni, quelli con più di 15 mila abitanti sono Cadoneghe, Monselice, Rubano e Selvazzano Dentro. Più nutrita la pattuglia a Treviso con 55 Comuni, con i quattro “grandi” Vittorio Veneto, Mogliano Veneto, Paese e Preganziol. Dei 16 comuni al voto nel territorio metropolitano di Venezia sono sempre 4 i centri maggiori: Portogruaro, Spinea, Scorzé e Noale.

Tra le centinaia di liste che si presenta-

possa intercettare quel voto “ribelle” e “politicamente scorretto” del quale FDI, fin quando era all’opposizione, ha goduto e che oggi, con le responsabilità di governo e la svolta europeista in corso, non può più permettersi di corteggiare.

L’ennesimo azzardo di Salvini, e molti in passato gliene sono riusciti visto che è diventato segretario di una Lega che stava al 4%, per confermarsi seconda forza della coalizione, respingendo la crescita di Forza Italia, e per lanciare un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. Vedremo cosa succederà: quello che è certo è che dal giorno dopo le Elezioni Europee gli scenari, nazionale e regionale, potrebbero vedere delle mutazioni anche molto repentine. (r.r.)

e più liste civiche

no al voto spicca la sempre più massiccia presenza di gruppi civici, diretta espressione del territorio, più o meno vicini ai diversi schieramenti politici, talvolta con un esplicito riferimento, in altre occasioni invece del tutto indipendenti dai partiti. Spesso sono espressione del gruppo di maggioranza uscente, che ripropone il sindaco uscente per il secondo mandato e da quest’anno anche per il terzo, oppure che si presenta con un novo candidato nel solco della continuità. Molte civiche anche tra le opposizioni o i gruppi che auspicano un cambio di rotta nella gestione amministrativa. In questo panorama le liste espressione dei partiti tradizionali sono in netto

calo ma non sono certo scomparse, e in ogni caso i partiti hanno il loro peso, soprattutto nei centri più grandi. Sarà un vero test per la Lega nei territori in cui esprime numerosi sindaci e amministratori: gli scossoni dell’ultimo anno si ripercuotono anche sugli equilibri locali e sulle candidature. Fratelli d’Italia punta a rafforzare la sua presenza anche nei consigli comunali, come il Partito Democratico e Forza Italia cercheranno di conquistare alcune amministrazioni. In calo invece le liste del Movimento 5 Stelle dopo gli exploit delle tornate precedenti. Crescono invece i piccoli comuni nei quali si presenta un solo candidato, il cui obiettivo sarà vincere l’astensionismo.

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Europee, ecco i candidati a Nordest

FORZA ITALIANOI MODERATI - PPE

Antonio Tajani

Sandra Savino

Flavio Tosi

Matteo Gazzini

Rosaria Tassinari

Cristina Andretta

Giampiero Avruscio

Antonio Cenini (Cenno)

Francesco Coppi

Arianna Corroppoli

Isabella Dotto

Bruno Molea

Deborah Onisto

Antonio Platis

Alessandra Servidori

PACE TERRA DIGNITÀ

Raniero Luigi La Valle

Benedetta Sabene

Michele Santoro

Khaled Al Zeer

STATI UNITI D’EUROPA

Graham Robert Watson

Antonella Soldo

Giulia Pigoni

ALTERNATIVA POPOLARE

SÜDTIROLER VOLKSPARTEI (SVP)

Herbert Dorfmann

Roberta Bergamo

Felix Nagler

Franca Padovan

Otto Von Dellemann

Ursula Thaler

Davide Bendinelli

Gabriella Chiellino

Muharem Saljihu (Marco)

Maria Laura Moretti

Giorgio Pasetto

Francesco Bragagni

Marina Sorina

Luigi Giordani

Fabio Valcanover

Aurora Pezzuto

Nicola Cesari

Kateryna Shmorhay (Katya)

MOVIMENTO 5 STELLE

Sabrina Pignedoli

Ugo Biggeri

Martina Pluda

Cinzia Morsiani

LIBERTÀ

Cateno De Luca

Laura Castelli

Vito Comencini

Valeria Allocati

Pier-Giorgio Ardeni

Ginevra Roberta Bompiani

Fiammetta Cucurnia

Francesco Di Matteo

Dario Dongo

Luigi Gallo

Alessandra Guerra

Paolo Rossi

Electra Stamboulis

Elisa Tagliavini

Paola Gori

Maria Angela Ferri

Giacomo Zattini

Paolo Bernini

Mohamad Kamel Malak (Pino)

Stefania Braghetta

Rada Bolognesi

Fulvia Panza

Diego Nicolini

Andrea Bardin

Cesidio Antidormi (Anti)

PARTITO DEMOCRATICO

Stefano Bonaccini

Annalisa Corrado

Ivan Pedretti

FRATELLI D’ITALIA

Giorgia Meloni (Giorgia)

Sergio Antonio Berlato

Alessia Ambrosi

Antonella Argenti

Elisabetta Gualmini

Alessandro Zan

Alessandra Moretti

Sara Vito

Sara Ferrari

Antonio Mumolo

Giuditta Pini

Marcello Saltarelli

Silvia Panini

Lorenzo Gennari

Paola Gazzolo

Andrea Zanoni

Silvia Bolla

Stefano Cavedagna

Alessandro Ciriani

Elena Donazzan

Guglielmo Garagnani

Valeria Mantovan

Maddalena Morgante

Anna Olivetti

Lucas Pavanetto

Daniele Polato

Piergiacomo Sibiano (Piga)

Stefano Bandecchi

Lucrezia Chermaz

Alberto Bosi

Sabine Gruber

Filippo Bruschi

Miriam Nardelli

Marco Schenardi

Silvia Pilati

Paolo Alli

Barbara Previati

ALLEANZA VERDI E

SINISTRA

Cristina Guarda

Domenico Lucano (Mimmo)

Brigitte Foppa

Nicola Dall’Olio

Francesco Amodeo

Mauro Beccari

Sara Cunial

Mirko De Carli

Rehana Kausar

Meryem Khaioui (Maria)

Chiara Vanessa Michelon

Cinzia Pasi

Ugo Rossi

Enrico Rizzi

Paolo Silvagni (Valleverde)

Giorgia Tripoli

Jessica Veronica Cugini

Alessandro Franceschini

Francesca Caprini

Stefano Dall’Agata

Alessandra Filippi

Giulia Giorgi

Alessandra Mion

Emanuel Oian

Jessica Todaro (Jessica

Todaro Bellinati)

Paolo Trande

Francesco Gonella

AZIONE - SIAMO EUROPEI

Carlo Calenda

Elena Bonetti

Federico Pizzarotti

LEGA SALVINI PREMIER

Paolo Borchia

Elena Lizzi

Alessandra Basso

Lara Bisin

Mario Raffaelli

Stefania Cargioli

Giovanni Poggiali

Silvia Fattore

Carlo Pasqualetto

Valeriana Maria Masperi

Riccardo Mortandello

Giuditta Righetti

Paul Köllensperger (Paul)

Federica Sabbati

Umberto Costantini

Rosanna Conte

Anna Maria Cisint

Stefano Bargi

Roberta Conti

Arianna Lazzarini

Alessandro Manera

Morena Martini

Emiliano Occhi

Roberto Paccher (Pacher)

Roberto Pizzoli

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urne, attenzione alle preferenze
Verso il voto. L’8 e il 9 giugno alle
(Cavedania)

L’analisi. Mario Rodriguez, esperto di comunicazione politica, già docente all’Università di Padova

“Questa campagna elettorale assomiglia tanto ad un casting”

Pesano l’astensionismo e lo scetticismo verso l’Unione Europea, ma crescono i movimenti civici e la spinta all’internazionalizzazione

I n una campagna elettorale che assomiglia ad un “casting” e sulla quale aleggia lo spettro dell’astensione, spicca in Veneto la vitalità dei movimenti civici ma anche un certo scetticismo verso l’Unione Europea. Su questo spazia l’analisi di Mario Rodriguez esperto di comunicazione politica e per molti anni docente all’Università di Padova.

Professore, guardando alle candidature, contano più il nome del programma?

Siamo di fronte alla sempre maggiore spettacolarizzazione della politica attraverso i media. Assistiamo ad una crescente personalizzazione, questa campagna elettorale sembra un casting. E’ un confronto in cui i contenuti delle elezioni, per esempio l’assetto futuro auspicato del

Parlamento Europeo, dell’Europa come istituzione, passa in ombra. Questo ovviamente allontana gli elettori, ma in Veneto state anche vivendo delle esperienze molto interessanti. C’è in questa regione una vitalità delle cosiddette liste di comunità o civiche che è molto significativa.

Ci spiega perché?

Il civismo rafforza il senso di comunità, per arrivare al cuore degli elettori e avvicinarli. Cerca di ridare una ragione nell’andare a votare. Altrimenti l’elettore si sentirà sempre più lontano. Vedrà una politica che meno gli interessa, o in termini materiali o simbolici, e questo farà crescere il fenomeno dell’astensione.

Come conquistare allora l’attenzione degli elettori?

Credo che si debba lavorare con coraggio nel ristabilire una relazione tra il cittadino e le istituzioni. Ma anche tra il cittadino e i partiti, queste forme organizzate che stanno tra la società civile fra le istituzioni. Sono un po’ come i cardini delle porte. Le porte si possono aprire, si possono muovere attorno a un cardine. Ebbene, il cardine della democrazia sono i partiti politici. Ma queste figure sono entrate in crisi e non si riesce a capire bene a cosa servano. Invece servono a far capire ai cittadini, agli elettori, che il loro voto può essere determinante e incidere nelle scelte che influiscono sulla qualità della vita.

L’Unione Europea è vista da molti come la classica matrigna, come quella che osteggia lo sviluppo in Veneto. Questa narrazione avvicinerà al voto?

Il trend di aumento delle astensioni e profondo e avrà

bisogno di grandi cambiamenti per arrestarsi. I grandi cambiamenti sono anche frutto di shock, in momenti di crisi. In Veneto avete vissuto i movimenti di contrasto verso alcune decisioni dell’Europa, ma il Veneto è un’esperienza fantastica di integrazione internazionale. Ci sono quelli che hanno protestato ma ci sono esperienze di aziende fortemente orientate all’internazionalizzazione. In questa regione convivono i due aspetti, da una parte la paura ma dall’altra anche forti spin-

te all’internazionalizzazione. Gli elettori decideranno da che parte stare ma abbiamo sicuramente bisogno di un’Europa più forte che sappia rappresentare gli interessi di questa parte di mondo che appare sempre più un’eccezione, rispetto a mezzo secolo fa. Avremo bisogno di costruire i nuovi italiani europei, il nuovo modo di sentirsi in questa comunità europea di cui non possiamo non sentirci parte”.

a cura di Giorgia Gay e Nicola Stievano

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Mario Rodriguez

Economia. Interviene Paolo Manfredi, consulente di Confartigianato nazionale

Il Veneto brilla per “intelligenza artigiana”

Le imprese di fronte all’innovazione

L

o scorso anno le imprese artigiane digitali in Veneto, hanno registrato una performance straordinaria con una crescita del 6,6% che doppia il risultato già straordinario dell’Italia, +3,3%. La nostra regione si posiziona al Top in un andamento che risulta il migliore degli ultimi dieci anni: bisogna tornare al 2012 per trovare uno spunto migliore (+3,6%). Di artigianato digitale ne parliamo con Paolo Manfredi. consulente per la trasformazione digitale di Confartigianato Nazionale ma anche autore del libro “L’eccellenza non basta”.

“Ci sono imprenditori che hanno capito la sfida del digitale. - afferma Manfredi, - Hanno capito che cosa le tecnologie potevano fare per loro e lo hanno implementato anche in aziende molto piccole che oggi, rappresentano nella loro nicchia nel loro settore all’avanguardia. L’eccellenza però non ba-

sta, perché noi abbiamo la missione di accompagnare quante più imprese possibili, soprattutto micro e piccole, a comprendere a utilizzare al meglio ciò che gli strumenti digitali possono fare per le imprese. A dare libero sfogo a quella che noi in Confartigianato chiamiamo “intelligenza artigiana”, che non si contrappone ma che dà senso, corpo e calore anche alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale e che soprattutto rende i prodotti e i servizi degli artigiani qualcosa che va oltre il puro valore dell’oggetto”.

Tuttavia non tutti gli artigiani hanno le competenze per inserire l’innovazione della propria catena del valore, come fare? Cosa consigliate?

“Abbiamo bisogno di portare questa grande capacità innovativa dai singoli straordinari al sistema. Abbiamo bisogno di far capire agli im-

prenditori che cosa le tecnologie digitali possono fare per loro, quali problemi possono risolvere e quali opportunità possono aprire. Questo significa accompagnarli, formarli e fare in modo che diano libero sfogo alla loro fantasia che ne ha sancito il successo”.

Cosa fa dunque Confartigianato Imprese Veneto per aiutare in questo senso le proprie aziende?

“Confartigianato ha una rete nazionale di digital innovation hub che nascono esattamente con la missione di far capire agli artigiani quali sono le opportunità e le sfide del digitale e accompagnarli perché possano cogliere queste sfide e digitalizzare la loro impresa prima che lo faccia qualcun altro”.

Particolarmente significativa, inoltre, la realtà delle start-up innovative: sono giovani aziende ad alto contenuto tecnologico, con forti

potenzialità di crescita, iscritte nella sezione speciale del Registro delle Imprese, che hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di un prodotto o servizio ad alto valore tecnologico.

“Grazie a questa costante attività di miglioramento –

afferma Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto – cresce la propensione a individuare soluzioni creative e l’utilizzo di nuove tecnologie. Per questo l’artigianato veneto contribuisce a mantenere elevata la qualità del made in Italy. Il futuro dell’artigianato non può trascurare le start up innovative e Confartigianato sta presidiando le opportunità che consentono agli nuovi imprenditori di innovare prodotti e processi produttivi –conclude– per questo ribadiamo come sia fondamentale che la politica regionale continui a impegnarsi per creare le condizioni favorevoli all’innovazione e alla nascita e allo sviluppo di nuove aziende nell’ottica di fornire un contributo rilevante alla crescita dell’economia e dell’occupazione, specie quella giovanile, favorendo la diffusione di conoscenza nel sistema imprenditoriale”.

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I traguardi raggiunti.

L’impegno verso l’ambiente, la comunità, i collaboratori e il territorio

Il valore della sostenibilità: Despar

Nord presenta il Report Integrato 2023

Rappresentare e monitorare in modo coerente e interconnesso i traguardi raggiunti in termini di sostenibilità ambientale, sociale e di governance: è questo l’obiettivo del Report Integrato che Despar Nord (Aspiag Service S.r.l), la concessionaria dei marchi Despar, Eurospar e Interspar per il Triveneto, l’Emilia-Romagna e la Lombardia, ha recentemente presentato e che descrive l’impegno dell’azienda per la crescita sostenibile e la responsabilità verso l’ambiente, la comunità, i collaboratori e il territorio. Festeggiati i 10 anni di certificazione ISO 14001

Sul fronte ambientale, Despar Nord si è dotata negli anni di un sistema di gestione ambientale che si prefigge come obiettivo il miglioramento continuo delle performance aziendali che hanno impatto sull’ambiente. A testimonianza di questo impegno, nel 2023 l’azienda ha festeggiato i 10 anni della certificazione ISO 14001, ottenuta per la prima volta nel 2013 quale prima azienda della grande distribuzione organizzata in Italia e il raggiungimento del traguardo di 71 siti certificati tra punti vendita, sedi, piattaforme logistiche e polo agroalimentare Agrologic. L’azienda ha inoltre investito in tecnologie per puntare a soluzioni più green attraverso l’installazione, nei nuovi punti vendita e nelle ristrutturazioni, di impianti fotovoltaici e pompe di calore ad alta efficienza in sostituzione delle caldaie

Pigatto

Direttore Relazioni Sindacali, Sostenibilità e Sicurezza di Despar Nord (Aspiag Service S.r.l)

3 Domande a Perché un report integrato e quale il significato per Despar Nord?

Il Report Integrato è uno strumento di cui abbiamo scelto di dotarci dal 2011 e che illustra una visione più completa dell’operato dell’azienda che tiene conto non solo dei risvolti economico-finanziari ma anche dell’impatto sulla società e il territorio in cui si inserisce. Uno strumento sempre più necessario nel contesto di un’economia globale e di un mercato in cui gli stakeholder sono alla ricerca di sempre maggiore trasparenza, in particolare per tematiche

a gas e impianti di refrigerazione frigo ad alta efficienza e alimentati a CO2. Dal 2014, inoltre, Despar Nord acquista certificati di garanzie di origine in riferimento all’energia elettrica impiegata: nel solo 2023 l’azienda ha utilizzato energia green per il 95,9% che ha portato a un risparmio del 64,3% delle emissioni, Scopo 2 - market based, rispetto al 2022. Anche nella gestione dei rifiuti l’azienda ha adottato delle pratiche virtuose: nel 2023 il 76,6 % dei rifiuti è stato avviato a riciclo. Un ulteriore segno di attenzione all’ambiente è stata, infine, la nomina di un Mobility Manager aziendale, una figura specializzata nella promozione della mobilità sostenibile nell’ambito degli spostamenti casa-lavoro attraverso la creazione di un Piano Spostamenti Casa-Lavoro finalizzato alla riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale. Collaboratori: benessere e crescita professionale al centro Il Report evidenzia anche un consolidamento dell’impegno sociale e per le persone: nel 2023 Despar Nord ha accresciuto i livelli occupazionali nei territori di riferimento portando il totale dei collaboratori a 9.285. Inoltre, a ulteriore testimonianza dell’impegno per lo sviluppo e la valorizzazione delle persone, nel 2023 è stata riconosciuta alla sede amministrativa di Mestrino (PD) la certificazione “Family Audit”, che qualifica un’organizzazione come attenta alle esigenze di conciliazione

vicine alle sensibilità personali e collettive come l’approccio all’ambiente, le tematiche sociali, l’attenzione alle persone. Il Report Integrato che presentiamo è dunque un documento che illustra come l’azienda crea valore nel breve, medio e lungo periodo nel contesto in cui opera e che consente di rappresentare in modo coerente e interconnesso i traguardi raggiunti in termini di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Un impegno per lo sviluppo sostenibile che Despar Nord ha ulteriormente rafforzato nel 2023 promuovendo la nascita della nuova funzione aziendale ESG-Safety, che testimonia come la sostenibilità sia sempre più centrale nelle strategie aziendali.

Quale è il ruolo della nuova funzione ESG Safety?

ESG Safety è una nuova funzione aziendale che abbiamo introdotto a ottobre 2023 e che potenzia il nostro sistema di governance della sostenibilità. Si tratta di un dipartimento che nasce dall’esperienza della già esistente fun-

famiglia-lavoro e di sviluppo dei propri collaboratori. A questo si aggiunge la proposta formativa che Despar Nord offre ai propri collaboratori con percorsi formativi specifici a seconda delle mansioni svolte, prediligendo l’importanza dell’aggiornamento continuo, fondamentale per seguire le evoluzioni del settore. È stata inoltre confermata la certificazione ISO 45001 per tutte le unità operative, ovvero lo standard che riguarda il Sistema di Gestione della Salute e della Sicurezza del Lavoro.

CSR, vicino ai territori e alle comunità

La vicinanza ai territori e la restituzione alle comunità di parte di quanto l’azienda riceve dai clienti che scelgono il brand Despar sono ulteriori aspetti che il Report Integrato evidenzia come una delle cifre distintive dell’Insegna. Il legame di Despar con il territorio si esprime nella valorizzazione delle filiere corte e dei micro-localismi, un progetto con il quale l’azienda evidenzia i piccoli produttori locali e i loro prodotti a chilometro zero, includendoli così nel canale della GDO.

Testimonianza di questo impegno è il brand “Sapori del Territorio”, il marchio che raccoglie oggi oltre 3.400 referenze a scaffale provenienti da circa 400 produttori locali. A questo si aggiungono le attività di Corporate Social Responsibility che l’azienda porta avanti in tutti i territori in cui è presente sostenendo associazioni e iniziative locali.

zione Safety, che raggruppava gli uffici sicurezza ambientale, alimentare e sul lavoro, e che si è evoluta con l’inserimento degli uffici assicurazione, qualità e reporting ESG, creando così un’area trasversale sugli ambiti Environmental, Social e Governance. La nuova funzione punta ad avere un ruolo chiave in materia di rendicontazione delle performance di sostenibilità, secondo le linee guida previste dalla Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) dell’Unione Europea.

Il Report Integrato racconta risultati importanti già raggiunti. Quali i prossimi obiettivi dell’azienda per proseguire nell’impegno per lo sviluppo sostenibile?

La responsabilità verso la comunità, l’ambiente, i collaboratori e il territorio sono i pilastri fondamentali che guidano la strategia di valore della nostra azienda e che raccontiamo nel Report Integrato. I risultati raggiunti sono importanti e rappresentano uno stimolo ulteriore per accrescere il no-

Anche nel 2023 è continuato l’impegno per il contrasto agli sprechi alimentari che vede Despar Nord in prima linea da oltre vent’anni, al fianco di Last Minute Market e Fondazione Banco Alimentare, e che nell’anno ha consentito di raccogliere 1.460 tonnellate di prodotti alimentari da destinare alle famiglie maggiormente bisognose. Nell’ambito dell’impegno sociale è proseguito e si è sviluppato ulteriormente “Le Buone Abitudini”, il programma di educazione alla sana alimentazione e ai corretti stili di vita rivolto alle scuole primarie. Dalla sua nascita nel 2006 a fine 2023 l’iniziativa ha formato 150.000 alunni, di oltre 6.500 classi appartenenti a più di 1.000 istituti scolastici in più di 700 Comuni delle regioni presidiate da Despar Nord.

stro impegno per la costruzione di un futuro inclusivo e sostenibile, mettendo radici nei territori in cui siamo presenti e portando valore alla comunità. Continueremo a farlo implementando la nostra strategia ESG che è allineata agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030. In particolare, il nostro impegno continuerà nel perseguire i sette obiettivi SDGs che la nostra azienda ha scelto come linee guida prioritarie della propria strategia di crescita sostenibile: salute e benessere, energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica, ridurre le disuguaglianze, città e comunità sostenibili, consumo e produzione responsabili, lotta contro il cambiamento climatico. Intorno a questi obiettivi continueremo a lavorare insieme ai nostri collaboratori, clienti, fornitori e a tutti gli stakeholder perché la nostra azienda possa essere sempre di più un punto di riferimento nel mercato della GDO che significa per noi garantire, da un lato, la solidità e la crescita dell’azienda e, dall’altro, fare business in modo sostenibile.

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