Mag 45 Novembre 2012

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N. 45 NOVEMBRE 2012

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UNA CITTÀ SPENTA

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

I L

Remo Ruffini racconta la sua Como di Serena Brivio

IL REPORTAGE

LA SFIDA

IL VIAGGIO

IL SUMMIT

Pregi e vergogne Le due Como osservate dal bus

I contadini si riprendono il Bisbino

Milano-Tokio Due donne sole al volante

E sul lago l’economia parla arabo

di Nicola Nenci

di Sara Della Torre

di Silvia Gottardi

di Umberto Montin mag 1







L’editoriale di Diego Minonzio

È ora di svegliarsi Per scoprire un bluff basta guardare le cose dall’alto. Un pullman a due piani, ad esempio. Oppure una maestosa villa vista lago. È da questa prospettiva privilegiata che si coglie la vera trama del tessuto, perché è da lì che tutto - anche un’intera città - si rivela per quello che realmente è. Da un esame di questo tipo, Como esce con le ossa rotte. Nei giorni scorsi, il talentuoso Nicola Nenci si è fatto un giro sul pullman turistico che da aprile a ottobre ha scarrozzato migliaia di villeggianti negli angoli più famosi e più invidiati della nostra città. Purtroppo, il risultato è stato imbarazzante: panorami unici al mondo accostati ad angoli di degrado di cui dovremmo vergognarci e ai quali invece sembriamo aver ormai fatto l’abitudine, la meraviglia di alcuni monumenti come Sant’Abbondio e il cantiere barzelletta delle paratie, che ha trasformato uno dei lungolago più affascinanti d’Europa in una schifezza da terzo mondo. Per non parlare dell’impresentabile fontana di piazza Cavour. Roba che dovremmo nascondere e che invece abbiamo pure il coraggio di squadernare al primo che passa. Alla faccia della promozione turistica… Ma le parole più dure su questa povera città le pronuncia un comasco davvero speciale, che ha riportato la Moncler ai vertici dell’imprenditoria di settore, trasformando in pochi anni un marchio quasi dimenticato in un brand totale. Remo Ruffini, intervistato dalla nostra Serena Brivio, ci descrive dalla sua splendida villa affacciata sul primo bacino una Como senza più energia, senza più creatività e voglia di fare, priva di quella sana cattiveria agonistica che ti permette di uscire dalla risacca della crisi per affrontare le sfide del mondo nuovo. Quanti treni abbiamo perso in questi anni? Dov’è il coraggio che distingue i popoli virtuosi da quelli in declino? Ruffini ritiene che il male di questa terra stia tutto lì: nella tattica piccina di andare avanti fino a che è possibile a lucrare su una mera rendita di posizione e rassegnarsi così alla decadenza. Eravamo una grande città, ora siamo un paesotto senza arte né parte; eravamo la capitale della seta, ora siamo diventati uno dei tanti distretti tessili e neppure il più interessante; eravamo un lago di calore e di emozioni, ora abbiamo un centro storico con negozi chiusi e strade semideserte. Come è potuto accadere? È la storia di questi ultimi decenni, con tutte le loro decisioni miopi e tanta arroganza senza competenza, decenni bui dai quali si può uscire solo facendo propria la ricetta che il patron di Moncler suggerisce a chiunque voglia buttarsi in un’avventura imprenditoriale: studiare, fare esperienza all’estero, ideare proposte concrete che stiano ben lontane dalle astruserie senza costrutto e, soprattutto, coltivare come dote innata un grande spirito di squadra. Il genio senza staff non serve a nulla. Cari comaschi, sembra tutto quello che in questi anni è mancato a voi: forza, è ora di svegliarsi.

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N. 45 NOVEMBRE 2012

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UNA CITTÀ SPENTA

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

I L

Remo Ruffini racconta la sua Como di Serena Brivio

IL REPORTAGE

LA SFIDA

IL VIAGGIO

IL SUMMIT

Pregi e vergogne Le due Como osservate dal bus

I contadini si riprendono il Bisbino

Milano-Tokio Due donne sole al volante

E sul lago l’economia parla arabo

di Nicola Nenci

di Sara Della Torre

di Silvia Gottardi

di Umberto Montin mag 1

MAG - NOVEMBRE

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L’EDITORIALE

32 LE DUE COMO VISTA BUS Bellezze e vergogne di una città turistica di Nicola Nenci

di Diego Minonzio

DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli

LE OPINIONI 19

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«Pubbliche virtù» di Marisa Russo

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«Occhi sul mondo»

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«Donna di picche»

di Umberto Montin

di Anna Cremascoli

41 IL SOGNO VERDE I progetti per creare le smart city di Annalisa Testa

47 FORUM ARABO SUL LAGO A Villa Erba il summit economico politico di Umberto Montin

51 NOI RAGAZZI DEI FIORI L’esperienza di lavoro nelle serre di Mognano di Anna Savini

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57 IL RITORNO ALLA TERRA L’iniziativa dell’associazione Agricoltori del Bisbino di Sara Della Torre

64 DUE DONNE AL VOLANTE Da Milano a Tokio una sfida al femminile. di Silvia Gottardi

75 CARNET DI VIAGGIO Consigli per non dimenticare l’emozione delle vacanze di Daniela Mambretti

81 I GIOVANI PER I GIOVANI La Fondazione comasca e le iniziative per il lavoro di Laura D’Incalci

COMO UNA CITTÀ SPENTA «Adoro Como, non mi sognerei mai di andare ad abitare in un altro luogo». Remo Ruffini guarda ancora ammirato il panorama dalla sua villa affacciata sul lago. «Ma Como non è più la stessa, ha perso la sua energia. L’ultima volta che sono andato in centro ho visto molti negozi chiusi, le strade semideserte, non so come si sia potuta spegnere così. Il muro poi ha tolto il tratto più spettacolare: non si legge più il lago» di Serena Brivio

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106 87 DIRETTORE RESPONSABILE

Diego Minonzio

87 CARLA PORTA MUSA Un ritratto senza tempo di Alberto Longatti

RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin

tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421

91 ASSICURO LA VITA La comasca Zanotta nel team mondiale di Laura D’Incalci

redmag@laprovincia.it g.guin@laprovincia.it

113 Idee (s)fashion di Serena Brivio

94 L’ARTE È MOVIMENTO L’estroso Mancino e la Movimentart di Stefania Briccola

114 Scaffale

di Carla Colmegna

115 Navigazioni Lariane di Luca Meneghel

99 IL CANTAUTORE PIZZAIOLO

116 I consigli dello chef di Sergio Melluso

Mauro Bargna passione per la musica di Andrea Cavalcanti

117 Grande schermo

di Bernardino Marinoni

103 VOGLIO FARE LA MAGGIORDOMA La sfida di Valeria che faceva la casalinga di Arianna Augustoni

119 Animali

di Marinella Meroni

121 Motori di Vittorio Colombo

122 Vivere sicuri

di Davide Meroni

106 PINOCCHIO IN MOSTRA

123 Il bello della Salute di Eugenio Gandolfi di Tiziano Testori di Franco Brenna

Il burattino di Collodi al Museo del Cavallo di Carla Colmegna

127 L’Oroscopo

110 UN MATCHING CONTINUO

di Alessandra Uboldi

Così le piccole imprese si aprono ai nuovi mercati di Maria G. Della Vecchia

129 L’aforisma del mese di Federico Roncoroni

130 Last minute

di Francesco Angelini

94

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OPINIONI Marisa Russo, Umberto Montin, Anna Cremascoli SERVIZI Nicola Nenci, Annalisa Testa, Sara Della Torre, Laura D’Incalci, Silvia Gottardi, Daniela Mambretti, Arianna Augustoni, Alberto Longatti, Stefania Briccola, Andrea Cavalcanti, Anna Savini, Maria G. Della Vecchia RUBRICHE Maria Castelli, Bernardino Marinoni, Luca Meneghel, Carla Colmegna Sergio Melluso, Marinella Meroni, Davide Meroni, Eugenio Gandolfi, Franco Brenna, Tiziano Testori Sandra Uboldi, Federico Roncoroni Vittorio Colombo, Francesco Angelini TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti Maya di Giulio Lisa Boccaccio REALIZZAZIONE GRAFICA DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena Stefania Sperandio PUBBLICITÀ Sesaab servizi Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 30 ottobre

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Dieci belle notizie di Maria Castelli

IL ROTARY ALLA MENSA DEI POVERI Il Rotary Club Baradello si è riunito per la consueta conviviale in uno dei luoghi comaschi del bene: la mensa dei poveri di Via Primo Tatti, nella Casa Vincenziana. A tavola, serviti dalle volontarie vincenziane, professionisti, manager, imprenditori, esponenti del mondo della cultura e il corrispettivo del pranzo è stato devoluto per le opere di carità, illustrate dal presidente della Casa Vincenziana, l’avvocato Andrea Vestuti e da Luciana Bianchi, presidente dei Gruppi di volontariato vincenziano. «Invece che in ristoranti al top, ci riuniremo ancora in luoghi come questi - ha detto il presidente del Club, Giacomo Colombo - Il Rotary è un club di servizio e vuole essere vicino a chi serve l’umanità ogni giorno».

IL SANTO DI COMO

L’urna di San Luigi Guanella è ritornata nel Santuario della Divina Provvidenza a Como, dopo un lungo pellegrinaggio che ha attraversato la Diocesi ed ha toccato le Comunità Guanelliane in Italia e in Svizzera. Migliaia di fedeli sono accorsi in cattedrale per il pontificale del Vescovo Diego Coletti, a chiusura della peregrinatio e in apertura dell’anno della fede: una partecipazione ad alta emotività, come se Como volesse ritrovare la propria anima attingendo alla testimonianza del proprio Santo, il Santo della carità. O come se avesse bisogno di sentire le parole del Vescovo Coletti, ispirate al Vangelo e alla vita di San Guanella: «Quanti dei mali nei quali stiamo affondando sarebbero evitati se fossimo tutti un po’ meno egoisti e un po’ più caritatevoli ? - ha detto il Presule - San Luigi lo ha fatto partendo dalle cose più piccole e quotidiane».

I fisici Roberto Piazza (Politecnico di Milano) e Alberto Parola (Università dell’Insubria) hanno smentito il principio di Archimede sul quale siamo campati tutti duemila anni. Sostiene che un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto uguale al peso del volume del fluido spostato. In altre parole, vengono a galla i corpi che hanno densità minore del liquido che spostano. Non è sempre vero, afferma lo studio di Piazza e Parola: anche nanoparticelle di densità maggiore di quella del liquido circostante sono in grado di galleggiare. Palline nanometriche d’oro, densità pari a circa 20 volte quelle dell’acqua, galleggiano se immerse in una sospensione di acqua e colloidi. La conseguenza: il principio di Archimede non si applica ai fluidi complessi, in cui convivono diversi stati d’aggregazione della materia. L’esperimento dei due fisici, pubblicato sulla rivista Physics Today, ha fatto il giro del mondo, con il nome delle nostre università.

LA PROVA DELL’ORO

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VALENTINA VESTITA D’AZZURRO Valentina Broggi, 22 anni, canturina, non udente dalla nascita, disegnatrice d’arredi, giocatrice di volley, è stata convocata nella Nazionale paralimpica per i Mondiali che si svolgeranno a Sofia, Bulgaria, l’estate prossima. Da tanti anni, la giovane donna gioca già con i normodotati e, con il ruolo di libero, ora è in campo con il numero 5 della Primedil Meda, in B2. «Non potremo usare l’apparecchio acustico durante le partite del Mondiale - afferma - Con le mie compagne della Nazionale, ci capiamo a gesti. Oppure, leggo il labiale. Nessuna di noi è abituata a questa situazione. Non è semplicissimo, ma ci stiamo lavorando».

ELECA, ROBA DI ALTRA EPOCA Innumerevoli crisi aziendali, in questi anni. Ma forse non s’è vista mai una gara di solidarietà come quella organizzata per i dipendenti della Eleca Spa di Cantù. L’ha descritta il sindaco, Claudio Bizzozero: «Cantù è davvero una città strana ed incredibile, capace di fare cose imprevedibili ed inimmaginabili: un bar ha organizzato una colletta per i lavoratori in cassa integrazione; cittadini comuni, sconosciuti alle cronache quotidiane, portano i loro aiuti davanti ai cancelli della fabbrica, chi un salame, chi pane, chi un’offerta. Ognuno fa quel che può. Roba di altra epoca. E chi l’avrebbe mai immaginato? - ha continuato Bizzozero - L’anima della città non era morta. Semplicemente, sonnecchiava sotto la cenere ed è bastata una piccola, ma convinta scintilla per rianimarla. Una cosa davvero incredibile e commuovente». Ed ha avuto parole anche per i lavoratori: «Con la loro composta e civilissima rivendicazione di diritti sacrosanti - ha detto - danno davvero il senso della speranza di cui il nostro Paese ha tanto bisogno. Un abisso morale separa le vergogne della politica nazionale dalla dignità di questi lavoratori».

VIVERE A COMO, CHE FORTUNA «Siete davvero fortunati a vivere in questa parte del mondo. È tutto così bello che sembra d’essere in un sogno»: l’ha detto la famosa stilista britannica Vivienne Westwood. La leggenda vivente della moda ha fatto da madrina alla quarta edizione di Orticolario, la rassegna di giardinaggio evoluto che anche quest’anno ha raggiunto un successo superiore ad ogni più ottimistica previsione. Ed è riuscita perfino a ricreare l’Eden.

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IL CAGNOLINO SALVA 6 PERSONE Lungo una mulattiera sul Monte Piatto, a Torno, stava correndo Andrea Pivi, l’Ipod nelle orecchie e il fedele cagnolino Ani al suo fianco. Ani, nove anni, ha sentito chiamare aiuto e ha trascinato il padrone fino al luogo dal quale le grida provenivano. Era una scarpata lungo la quale era scivolata per trenta metri un’auto che trasportava sei persone, tra le quali un bambino di sei mesi. Auto distrutta, lievi le lesioni riportate. Andrea Pivi ha chiamato i soccorsi, l’eliambulanza del 118 ha tratto in salvo i coinvolti nell’incidente e ad Ani, preso da un canile, dose supplementare di coccole.

UNA STORIA DI VITA «Ho 42 anni, sono stata colpita dal cancro, ho girato tre ospedali tra Castellanza, Lecco ed Erba, in tutte le strutture ho trovato la massima competenza e gentilezza e i tempi d’attesa sono assolutamente accettabili. La tempestività della diagnosi ha ridotto al minimo interventi e cure. Dovrò essere sottoposta a controlli, dovrò assumere farmaci, ma per me sarà a costo zero. Io sono una donna normale, con uno stipendio normale e mi domando come avrei potuto curarmi se fossi vissuta in un altro paese. Insomma, posso solo ringraziare, soprattutto i singoli operatori e tecnici dei quali mai nessuno ricorda i nomi, la dedizione con cui fanno il loro lavoro senza molta gloria e magari con un misero stipendio». Alla signora, solo un grazie per aver scritto sul giornale La Provincia una storia di speranza.

LO SPORTELLO GENTILE Scrive Nadeja Rossi di Como: «Desidero ringraziare le due signore che lavorano alla biglietteria della stazione di Como - San Giovanni. Oltre ad essere oltremodo efficienti, sono anche molto gentili e competenti. Riescono sempre ad aiutarmi nella ricerca dei biglietti ferroviari: sono una persona che viaggia molto, ma non sono più giovanissima. Grazie di cuore. Ci vorrebbero persone così in tutti gli uffici che hanno contatto con il pubblico».

CIOCCOLATO ANTICRISI Nuova tappa ad ottobre del trasferimento ad Orsenigo della Icam, la famosa fabbrica di cioccolato, 350 dipendenti. Al termine di un complesso percorso di sviluppo durato quattro anni, entro la metà del 2013 l’intera macchina operativa sarà pienamente funzionante nel paese comasco, con un investimento di parecchi milioni di euro. Rimangono da risolvere alcune questioni, ma nella crisi generale, c’è un profumo di cioccolato che corrobora.

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Pubbliche virtù di Marisa Russo direttore Centro orientamento femminile cofmontano@virgilio.it

La donna e la dignità negata Fin dall’antichità, la donna era considerata un oggetto, un parassita che doveva sottomettersi all’uomo; costretta a vivere come un ostaggio priva di diritti ed il suo unico dovere era di mettersi al servizio del “ maschio” da lei non scelto, ma che ugualmente doveva avere accanto. Nel corso degli anni la donna ha acquistato un ruolo importante nella società, che ha iniziato ad apprezzarla e rispettarla. Ciò non avviene però nei paesi orientali, dove ancora essa subisce la violenza fisica e morale di uomini che la ritengono un essere inferiore, infliggendole pene, sevizie e ingiustizie. Tuttavia preoccupa che, anche nei paesi che riteniamo civili, spesso le donne siano oggetto di violenza, stalking, ecc. La violenza sulle donne, poi, è un argomento molto difficile da trattare, poiché, quando se ne parla, si ha il timore di violare l’intimità e la riservatezza della persona violentata o picchiata, spesso non da estranei. La violenza in famiglia è molto più diffusa di quanto non si creda, ma è anche la meno denunciata. In questi ultimi anni non si sente altro che parlare di donne brutalmente assassinate da uomini che non sono stati in grado di sopportare un no o un abbandono; pazzi di gelosia, di rabbia per essere stati abbandonati hanno scaricato la loro frustrazione sulla donna oggetto del loro interesse. Queste morti non sono isolati incidenti che arrivano in maniera inaspettata e immediata, ma solo l’ultimo efferato atto di violenza che pone fine a una serie di violenze continuative nel tempo. Diventa necessario, fondamentale che una struttura governativa tratti e si occupi di parità e violenza. Finanziare e sostenere case di accoglienza diventa prioritario per un paese che vuole dichiararsi civile. La situazione economica e politica in Italia non giustifica la mancanza di attenzione e la diminuzione di risorse economiche per le strutture che si occupano dell’accoglienza delle vittime; realtà, che negli ultimi anni stanno vivendo l’abbandono quasi totale da parte dello Stato.

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Occhi sul mondo di Umberto Montin

Niente bagno, niente sposa Nel mondo globalizzato c’è crisi e crisi, la parola non ha lo stesso significato a Washington come a Pechino. E tantomeno a New Delhi. Lì i problemi possono essere anche altri e, secondo una prospettiva ben diversa dalla nostra, molto più grandi e preoccupanti. In tempi difficili, da cosa può essere angosciato un ministro dello Sviluppo rurale indiano? Dai prezzi di cereali, frumento o riso, dalle siccità o dalle alluvioni ricorrenti? No, il problema a cui ha dato voce Jairam Ramesh è molto più particolare, “intimo”: quello dei gabinetti. Tanto che in un discorso pubblico, il ministro ha consigliato alle future spose di non convolare a nozze se il futuro marito non sarà in grado di assicurare che nella casa della coppia vi saranno i servizi igienici. Per quella che, a parità di potere d’acquisto, è la quarta potenza industriale del mondo, sembra un paradosso o un assurdo che un esponente del governo intervenga su un tema tanto privato. Eppure non lo è e l’appello non è nemmeno una provocazione. Perché in India il problema dei gabinetti è materia d’intervento governativo e per capirne la dimensione bastano pochi dati: su un miliardo e 170 milioni circa di indiani, ben 626 milioni non hanno servizi igienici in casa. Ci si arrangia come si può, esercitando le funzioni fisiologiche un po’ dove capita, all’esterno, ma non sempre. Con le ricadute di igiene pubblica e salute che si possono immaginare e che sono alla base, ad esempio, dei 450 mila decessi per diarrea, soprattutto bambini, che l’India registra ogni anno. Per un Paese emergente, per la tigre asiatica non è un bel biglietto da visita. Come non lo è stato la rivolta di una giovane sposina, Anita Bai che, nel febbraio scorso, è fuggita alla vigilia delle nozze proprio perché il marito non riusciva ad assicurarle il gabinetto nell’abitazione. Da allora le Anite si sono moltiplicate, a migliaia dicono di no ai futuri mariti “inadempienti” sotto il profilo dell’igiene. Ed è perfino sorto un movimento, “No toilet, no bride” (Niente bagno, niente sposa), il quale sostiene la ribellione delle ragazze. Ora il ministro dà loro ragione. Anche perché gli sforzi dell’esecutivo danno meno risultati del previsto. Nell’Uttar Pradesh, ad esempio, rispetto alle 17,1 milioni di toilette pubbliche che avrebbero dovuto essere costruite con i fondi nazionali (il budget per il 2012-2013 è di 35 miliardi di rupie, circa 514 milioni di euro), alla fine ne sono state contate solo 5,5 milioni. Il resto è finito, si potrebbe dire, in un buco nero. Ma le indiane di oggi non ci stanno più: istruzione, educazione e progresso sociale ed economico danno la spinta per dire no, le mamme dicono che non offriranno le loro figlie in matrimonio a uomini sporchi e questi ultimi sono in crisi. Al Washington Post, Harpal Sishwa, 22 anni, ha confessato che dovrà lavorare come un mulo per potersi costruire un bagno in casa. «Non ho alternative - ha aggiunto - al giorno d’oggi non ti sposi se non garantisci un gabinetto alla moglie». Come dire, una dote chiamata water closet.

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Donna di Picche Il segreto di essere squadra Qualche tempo fa mi sono trovata a dover tenere un corso a delle persone che lavorano con me e, pensando a chi mi sarei trovata di fronte, ho deciso che l’argomento migliore che potevo trattare con loro sarebbe stato quello di trasmettere il mio concetto di squadra. Ma una cosa che ho imparato negli anni è che un metodo efficace per trasmettere in maniera permanente un concetto è quello di spiegarlo confrontandolo con il suo contrario e così ho deciso che quel giorno avrei parlato del concetto di gruppo e del concetto di squadra. «Qualcuno di voi è già qua da qualche anno, molti di voi sono qua per la prima volta, ma capiranno ben presto di essere capitati in un posto speciale. Avrò modo di raccontarvi tante cose sulla bellissima società dove d’ora in poi lavorete, ma la cosa che mi preme oggi è riuscire a trasmettervi il concetto che voi siete una squadra e come tale dovete comportarvi affinché possiate diventare una squadra vincente. Ma partiamo dalle base e cerchiamo ci comprendere cosa significa essere una squadra e per fare ciò vi spiegherò prima cosa significa essere un gruppo di persone». A questo punto gli sguardi che mi trovavo di fronte esprimevano un’evidente perplessità, sia legata al fatto che si trovavano di fronte ad una donna, sia al fatto che questa signora avrebbe parlato loro di qualcosa che non era attinente a ciò che erano loro. «Un gruppo di persone è un insieme di individui la cui peculiarità è avere qualcosa in comune, che siano caratteristiche o interessi. L’esempio di più classico è un gruppo di amici, che è composto da persone simili o alle quali piace fare le stesse cose. Un altro esempio di gruppo è una classe, composta da persone della stessa età. Ad esempio le associazioni sono gruppi di persone con interessi comuni. In sintesi un gruppo di persone è composto da persone omogenee o con interessi omogenei». 22

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A questo punto la perplessità iniziale si era trasformata in stupore vero e proprio, ma ero fiduciosa che ben presto avrebbero capito dove volevo arrivare. «Una squadra invece è un insieme di individui tutti diversi tra loro, dove ognuno ha un ruolo ben preciso a seconda delle proprie caratteristiche. L’esempio più classico è quello di una squadra sportiva, composta da atleti diversi tra loro che ricoprono ruoli adatti alle proprie attitudini. Pensate se all’interno di una squadra ad esempio di pallacanestro ci fossero giocatori tutti simili…5 playmaker in campo contemporaneamente…sarebbe un vero e proprio disastro! Un altro esempio di squadra è in un impianto produttivo dove ci sono squadre di operai con mansioni e competenze differenti. Un altro esempio perfetto di squadra è un team ospedaliero: chirurgo, anestesista, aiuto chirurgo, ferrista, infermiere, ecc… In sintesi una squadra è un insieme di persone che necessariamente devono essere diverse tra loro e che hanno un’unica cosa in comune…l’obiettivo!». Ecco che alla parola obiettivo ho visto un bagliore nei 20 occhi che mi fissavano, lì ho capito che la squadra che avevo di fronte aveva delle grandi potenzialità. «Per entrare in un gruppo di persone non serve avere qualità particolari perché in genere il gruppo è aperto a tutti e non ha limitazioni. Inoltre l’entrare a far parte di un gruppo è una scelta di ogni singolo componente che decide autonomamente di volervi entrare. La squadra invece viene attentamente selezionata: ogni componente viene scelto secondo un criterio di funzionalità all’obiettivo che la squadra deve raggiungere e il numero massimo di componenti è prefissato». «I membri di un gruppo generalmente sono uniti da una forma di simpatia reciproca mentre i membri di una squadra sono uniti dalla stima. Questo è un punto secondo me fondamentale: voi siete una squadra e affinché possiate fun-


di Anna Cremascoli presidente Basket Cantù

zionare dovete avere fiducia e stima verso i vostri compagni». «All’interno di un gruppo i difetti e i punti deboli dei singoli vengono tollerati perché uno dei valori di un gruppo è l’accettazione dei suoi membri e la tolleranza. All’interno di una squadra i difetti e i punti deboli dei singoli non si possono tollerare, ma devono essere compensati con i punti di forza degli altri membri». «Un gruppo si pone obiettivi raggiungibili, quando deve prendere delle decisioni in genere discute per cercare l’accordo e quindi impiega più tempo per giungere ad una decisione e poi agire. Ad una squadra gli obiettivi vengono dati: in genere la squadra ha obiettivi ambiziosi, a volte al limite, e non si ferma a discutere. Per decidere usa schemi, metodi, automatismi e per questo motivo ci mette poco tempo per agire». Ecco ora ne avevo la certezza, avevano compreso cosa volevo trasmettere loro, mi stavano seguendo, erano interessati…un bel successo per me dato che era la prima volta che parlavo a persone che non provenivano dal mio ambiente e con le quali avrei dovuto lavorare a lungo. «Un gruppo pone una forte attenzione sull’individuo e il fine ultimo di un gruppo è sempre individuale. Ad esempio un individuo entra in un gruppo di amici per svago e divertimento, entra in un’associazione per approfondire i propri interessi o condividere alcuni ideai. Una squadra non ha mai obiettivi individuali, una squadra ha solamente obiettivi comuni e si focalizza unicamente sul raggiungimento di questi». Ecco, questo è quello in cui credevo ed ero certa di averglielo trasmesso molto chiaramente e che da lì in poi avremmo lavorato bene insieme, cioè saremmo stati una buona squadra, finchè uno dei ragazzi seduti di fronte a me non alzò la mano e mi chiese: «Ma scusi, quindi alla fine noi siamo un gruppo o una squadra?». Le mie certezze sono crollate in un istante come quando da una torre di mattoncini si fila velocemente

quello alla base e con la voce diventata un po’ tremante, data dall’insicurezza di chi si sta mettendo in dubbio, gli ho chiesto di motivarmi la domanda. «Perché è tutto molto giusto a parole, ma un squadra è fatta di persone e in quello che ci ha raccontato manca la componente umana che in un’interazione tra persone fa la differenza. Non pensa che nella squadra perfetta ci dovrebbe essere anche una componente di gruppo?». Il mio stato d’animo e la mia voce sono tornati forti e sicuri più che mai perché quei ragazzi non solo avevano capito alla perfezione quello che gli avevo raccontato ma erano addirittura andati oltre. “Così mi avete rovinato il finale perché avete già colto quello che secondo me è il vero segreto per poter essere una squadra vincente. Da allora quei ragazzi sono diventati i miei inseparabili compagni di avventura, tant’è che io li chiamo “i miei ragazzi”. Ah già ma forse mi sono dimenticata di dirvi che occasione era e chi sono quei ragazzi… era il novembre 2004 ed io avevo deciso di creare una squadra di ex-infermieri che si occupassero della gestione dei reparti ospedalieri laddove l’azienda della mia famiglia, la NGC Medical, ne aveva l’appalto. Da lì in poi non sarebbero più stati infermieri a contatto con i pazienti ma si sarebbero occupati di gestire in loco un intero reparto ospedaliero. Tutti quei ragazzi sono ancora con me e per strada se ne sono aggiunti altri, ogni anno do a loro obiettivi che puntualmente raggiungono, ma la cosa più bella di tutte è vedere che con un gruppo unito e affiatato la mia squadra funziona molto bene e questo si riflette in reparti ospedalieri che sono funzionali e che offrono un ottimo servizio ai propri pazienti. Poi, 4 anni dopo, la mia famiglia ha deciso di occuparsi della gestione di un’altra squadra, una squadra di pallacanestro… ma questa è un’altra storia…

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COMO, UNA CITTÀ

SPENTA di SERENA BRIVIO, foto Carlo Pozzoni e archivio Moncler

MONCLER FESTEGGIA I SESSANT’ANNI DI FONDAZIONE INTERVISTA A REM0 RUFFINI: «IN CENTRO A COMO HO VISTO MOLTI NEGOZI CHIUSI, LE STRADE SEMIDESERTE, NON SO COME SI SIA POTUTA SPEGNERE COSÌ. NON SI LEGGE PIÙ IL LAGO E DA CAPITALE DELLA SETA SIAMO DIVENTATI UNO DEI TANTI DISTRETTI TESSILI, FORSE IL MENO INTERESSANTE» 24

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«A

doro Como, non mi sognerei mai di andare ad abitare in un altro luogo». Remo Ruffini guarda ancora ammirato il panorama dalla sua villa affacciata sul primo bacino: il lago è reso ancora più spettacolare dalla tavolozza di colori autunnali. Dentro, lo stile classico-contemporaneo rispecchia la personalità del padrone di casa. Nulla è lasciato al caso: ogni pezzo da collezione, come i vasi in bronzo scelti uno ad uno, è disposto con armonioso rigore. Una ricerca di bellezza che continua all’esterno, nel parco che obbedisce alle regole del giardino rinascimentale. Nessuna targa segnala l’ingresso di questo rifugio, conosciuto da pochi vecchi amici, dove approdano anche la moglie Francesca e i due figli Romeo e Pietro. Ruffini non ci passa più di due mesi l’anno. Comasco di nascita, classe 1961, inizia presto la sua vita da globetrotter. I compagni di scuola, ai quali è rimasto legato, ricordano ancora quando, a 18 anni, si presentava in classe capelli arruffati, maglioncino blu sopra la camicia botton down, jeans e mocassini Church’s (aggiungi un blazer blu e la divisa è rimasta più o meno la stessa). 26

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Il lago riesce ad emozionarmi ma Como in questi anni ha perso la sua energia e la sua vocazione turistica

Finito il liceo, Ruffini parte per gli Stati Uniti dove frequenta un corso di fashion marketing all’università di Boston. La prima esperienza lavorativa presso l’azienda di abbigliamento del padre, negli Usa. «È stata la spinta a cercare una mia strada a farmi ritornare» confida. Nel 1984 rientra in Italia e fonda la New England specializzata in camiceria maschile. Supportato dalla continua crescita delle vendite, estende l’offerta ad altre tipologie di prodotto conquistando il mercato europeo, americano, giapponese. Nel 2000 l’incontro con Moncler. L’imprenditore/stilista ac-


REMO RUFFINI

Comasco di nascita, classe 1961, Remo Tuffini comincia presto la sua carriera da globetrotter, ma la sua casa di Como con vista lago resta ancora oggi il suo rifugio.

cetta con coraggio la scommessa di far rinascere un marchio pressoché dimenticato. «Lo sci è sempre stato il mio sport preferito. Confrontarmi fin da piccolo con la montagna mi è stato utile, mi ha temprato per affrontare quest’impresa». Oggi il piumino di Grenoble ha scalato la vetta del fashion e viaggia nel globo. Come Ruffini, che ogni anno fa due volte il giro del mondo. Per Como è quasi un’ “icona-fantasma”, non la si vede mai in giro, cosa la lega alla città? C’è gente poco attaccata alle origini, io in questo sono rimasto un sentimentale. Qui ci sono le mie radici e la mia casa. Anche se sono quasi sempre via o ci vengo solo per dormire. Quali altre case ha nel mondo? Una sola, in Engadina. Tanti comaschi, anche per lavoro, si sono comprati un appartamento a Londra o a New York. Sono così maniacale, guai se vedo un oggetto fuori posto, che avere altre residenze mi complicherebbe troppo la vita. Meglio l’albergo. Che cosa le piace di più di Como? Il lago, che riesce sempre ad emozionarmi.

E la cosa che le piace di meno? Como non è più la stessa, ha perso la sua energia. L’ultima volta che sono andato in centro ho visto molti negozi chiusi, le strade semideserte, non so come si sia potuta spegnere così. Il muro poi ha tolto il tratto più spettacolare: non si legge più il lago. E cosa dei comaschi? Secondo lei qual è la nostra più significativa qualità? Paradossalmente, lo spirito conservatore che ha permesso di tutelare la natura e molti gioielli. E il nostro peggior difetto? Pensare di lucrare su una mera rendita di posizione e rassegnarsi al declino. Abbiamo un territorio unico al mondo, ma mancano la forza e la determinazione per sviluppare la vocazione turistica e rilanciare una gloriosa tradizione industriale. Emigrando, quali valori ha portato con sé? La riservatezza e il senso del dovere. Quanto c’è di comasco nella sua prestigiosa carriera imprenditoriale? Ben poco, qui riesco a stare tranquillo, ma non trovo stimoli. C’è stato un episodio in cui si è sentito fiero di essere comasco? Accade ogni volta che una persona mi chiede da dove vengo e quando rispondo Como, il suo sguardo si riempie di ammirazione. E la volta che si è sentito fiero di essere italiano? Vista da fuori, oggi l’Italia è un Paese che sta cercando di uscire dalla crisi con dignità. E questo è già un motivo di orgoglio. In tanto rigore non intravedo però iniziative per far ripartire i consumi, abc dell’economia. Mi preoccupa anche il dopo Monti, se avessi la bacchetta magica nominerei premier Mario Draghi, un uomo capace di tirarci fuori dai guai. Moncler ha aperto una fabbrica a Padova: perché lì? Non ha mai pensato di aprire un’unità a Como? Il Veneto è il territorio che vanta produzioni di eccellenza nell’abbigliamento. La nostra industria manifatturiera non ha mai giocato un ruolo nella confezione. Eravamo la capitale della seta, adesso a suo parere che cosa siamo? Uno dei tanti distretti tessili, forse il meno interessante. >>

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IL MARCHIO MONCLER

Una delle tante riuscite vetrine che portano il marchio Moncler in giro per il mondo, un impero da 1.400 dipendenti.

Da più parti si invoca maggior rispetto per il prodotto e per tutto quello che sta dietro: cultura, tradizione, manualità artigianale. Per lei quanto conta il tessuto nella costruzione di una collezione? Un pilastro fondamentale. Sono costantemente alla ricerca dei migliori fornitori, i più innovativi non solo dal punto di vista stilistico. Ha rapporti con partner del nostro territorio per la produzione dei suoi brand? Se sì, quali sono, e perché? Solo con Limonta, leader mondiale nei tessuti tecnici. Non per caso, è un’azienda che comprende e anticipa le tendenze del mercato. Passando a Moncler, come viene percepito dal pubblico fuori dai nostri confini? Più come marchio italiano o francese? O viene apprezzato per il mix di culture stilistico produttive? Moncler nasce e continua a essere riconosciuto francese per il dna, il logo (bianco, rosso e blu) e il simbolo del gallo. Non ha certo cambiato nazionalità per via del management e il trasferimento di parte della produzione in Italia. Quale futuro immagina per Moncler? Farlo diventare un brand globale. Con quale strategia? Presidiando i punti strategici delle città-vetrina e aggiungendo valore al prodotto con le nuove tecnologie. Già adesso una giacca pesa come un telefonino. E per gli altri marchi( Henry Cotton’s, Marina Yachting e Coast Weber&Ahaus) quali sono i progetti di sviluppo? Bisognerà crescere all’estero, sono troppo legati al mercato >>

LA STORIA MONCLER Moncler nasce con un’indole sportiva. Il primo piumino in nylon venne realizzato per la spedizione sul Karakorum nel 1954. Da allora si è evoluto, diventando da divisa degli sport estremi a simbolo della gioventù paninara. Oggi è un capo trasversale, per tutte le occasioni. Ruffi ni ha aperto la strada a nuove interpretazioni del duvet attraverso collaborazioni con noti stilisti. Nel 2006 l’offerta Moncler è stata completata con una linea femminile haute couture identificata da una etichetta rossa, oggi disegnata da Gianbattista Valli e presentata a Parigi. Nel 2009 è nata la collezione Moncler Gamme Bleu, l’alta gamma da uomo disegnata dallo stilista americano Thom Browne. Il lancio di Moncler Grenoble, che contempla anche maglie, pantaloni e maglioni, ha completato la strategia del “piumino globale”. Il gruppo, cui fanno capo anche Henry Cotton’s, Marina Yachting e Coast Weber&Ahaus, è riuscito a mantenere buone performance anche nei turbolenti passaggi di proprietà. Attualmente è controllato da Ruffi ni, socio con il 32% e dai tre fondi di investimento Eurazeo, Carlyle e Progressio. Il primo semestre dell’esercizio 2012 si è chiuso con un fatturato di 225 milioni di euro (+ 19%) grazie alla crescita in Asia, l’espansione dei negozi con marchio proprio e al peso crescente del brand Moncler, che rappresenta il 69% del fatturato.

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nazionale, praticamente fermo. Non avendo come Moncler una propria rete retail, soffrono anche le attuali difficoltà dei multimarca. In quali Paesi oggi Moncler è maggiormente apprezzato dal pubblico? In Giappone, tanto per citarne uno. Il mio impegno è arrivare a vendere un quarto dei prodotti in ognuna delle principali aree commerciali: Europa, Usa, Asia e Giappone. Non ci sono ancora riuscito, ma ci sto lavorando. La crescita di un marchio è ancora legata allo sviluppo del retail? Sempre di più. Quest’anno abbiamo aperto 21 negozi monomarca e continueremo a cercare nuove opportunità. Quante persone impiega Moncler? Più di 1.400 dipendenti che operano nelle quattro sedi del gruppo: Milano, New York, Shanghai e Tokyo. Una squadra formata da tante diverse nazionalità e culture che condividono obiettivi e risultati. Se dovesse dare un consiglio a un giovane comasco di talento che volesse intraprendere una strada imprenditoriale, che cosa gli direbbe? Negli anni ’80 ci si poteva improvvisare, un po’ come ho fatto io. Oggi, sarebbe un fallimento in partenza. Meglio imparare prima il mestiere con stage in realtà internazionali. E se dovesse fare il reclutamento stile Briatore nel reality “The Apprentice”, chi sarebbe fuori e chi dentro? Dentro chi arriva con proposte concrete, fuori chi si perde in voli pindarici». Quali qualità principali richiede per un neo assunto? «Spirito di squadra. Il genio fine a stesso possiede un valore relativo se non riesce a integrarsi nel team. 30

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Ai miei dipendenti chiedo spirito di squadra, perchè il genio fine a se stesso è un valore relativo



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LE DUE COMO

VISTA BUS di NICOLA NENCI foto Carlo Pozzoni

COMO DALL’ALTO È UNA CITTÀ A DUE FACCE: SVELA BELLEZZE UNICHE E ANGOLI DI VERGOGNA, L’IMPRESENTABILE FONTANA DI PIAZZA CAVOUR E LO SPLENDORE DI SANT’ABBONDIO IL CANTIERE ABBANDONATO DELLE PARATIE E IL VERDE SOTTO I PORTICI DI VIA MILANO

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Q

uestione di suggestione. Gli occhi del cittadino, gli occhi del turista. Punti di vista diversi. Le cose che vedi sono le stesse, ma la percezione è differente. Un giochino che abbiamo voluto fare. Come? Salendo sul bus a due piani che da aprile a ottobre ha scorrazzato i turisti per Como. Sempre lo stesso tragitto: Portici Plinio, Piazza Cavour, stazione a Lago, Lungo Lario Trento, via Cavallotti, viale Varese, Borgo Vico, Cernobbio, ritorno verso Como, stazione Centrale, Sant’Abbondio, via Milano, viale Lecco, Portici Plinio. Dalle 10 alle 17. Ogni corsa, un’ora di tempo. Costo 15 euro, durata del biglietto tutto il giorno. Poco? Tanto? I 15 euro, intendiamo. Tutto relativo. Possiamo paragonare questi 15 euro con i 30 di una città come Barcellona o Madrid, Roma o Napoli? Probabilmente no. E con i 3 euro di Reggio Calabria? Boh. Non perdiamoci in queste quisquiglie. Siamo saliti a bordo per fare un gioco. Vedere Como con gli occhi del forestiero. Le sorprese non mancano. E non sono belle, purtroppo. Pronti a partire? Ok, allora salite a bordo. Il servizio è privato, il Comune non c’entra nulla. Il pullman a due piani, ha la parte superiore scoperta, ma che si può coprire automaticamente in caso di pioggia. Bus da 11 metri, realizzato apposta per l’evenienza. Accesso per i disabili, e disco speaker che diff onde in cuffi a nozioni storiche sulla città e i monumenti. Infi li il pirolino delle cuffie nella presa, e puoi scegliere tra otto lingue. Sistema satellitare: la voce parte quando il pullman è in prossimità

La fontana di piazza Cavour, con quei tre zampilli, viste dall’alto del bus è davvero impresentabile del luogo da descrivere. Sennò, con il traffico e le code, ciao coincidenza di informazioni. L’autista è un po’ sprint, ma gentile. E pronto ad arrestarsi anche se non è vicino alle fermate canoniche e segnalate, per raccogliere turisti che alzano il braccio da un marciapiede. Sin qui tutto ok. Si parte. Breve giro da Piazza Roma, sosta in Piazza 34

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Cavour lato Barchetta, il disco racconta come qui ci fosse un tempo il porto della città. Ma la prima bruttura non tarda. L’aiuola con fontana della Piazza è impresentabile. Le tre bocche d’acqua mandano getti stile tombino intasato, blub blub blub... Altro che allegri zampilli! E da tre manicotti di ferro arrugginiti, in mezzo a una specie di orto con cespugli di insalata, non certo un angolo verde vivo e colorato. Questione di angolazione, di suggestione, dicevamo. Da rasoterra, lo scempio lo noti meno. Ma da quassù, questa potrebbe essere la cartolina di un paese dell’est ritratto negli anni del post comunismo. Tristezza. E, per fortuna, nessun topo all’orizzonte. Il bus si dirige verso la stazione a Lago, poi vira di 180° e riprende la via inversa, direzione Piazza Vittoria. Da quassù, >>


COMO IN TOUR

Il pullman a due piani che durante l’estate ha portato i turisti a visitare i luoghi più significativi della città di Como.

È UNA CITTÀ LASCIATA ANDARE Cosa ne pensano i turisti della città? E del servizio bus? Lo abbiamo chiesto a una operatrice turistica (di Vicenza) che abbiamo trovato sul bus mentre accompagnava un gruppo di francesi. Scesa dal pullman, la guida aveva solo parole di elogio per il servizio in questione. Meno per la città. «Da operatrice turistica non posso che trasmettervi la mia sorpresa positiva. Non avevo mai trovato un servizio del genere in una città così piccola. Un’ottima idea. La città? Diciamo che l’impressione a pelle è quella di una città non turistica. Del resto sulle guide e sui libri è defi nita “città industriale”, e questo spiega molto sulla sua vocazione. Non senti ricettività che necessita. Un po’ come se in un albergo non ci fosse la reception. Gli infopoint sono nascosti, non sufficientemente evidenziati. E mancano totalmente quel genere di negozi e negozietti di souvenir e cianfrusaglie, che venderanno anche sempre le stesse cose, ma che colorano le vie e le piazze. Faccio l’esempio di Sirmione. Che probabilmente ha meno da off rire, ma lo off re molto meglio. Per il resto la città è bella, e il paesaggio è stupendo. I turisti ne colgono soprattutto questo aspetto. Una città sporca? Più che sporca direi un po’ lasciata andare, un po’ spenta, negli accessori. Se accessori si possono defi nire strade, marciapiedi, facciate e aiuole». Capito?

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piano rialzato, stai dietro una vetrata anteriore che sembra una tv schermo piatto al plasma, e sul quale scorre un fi lm contrastante. Il lago richiama la vista, il panorama è mozzafi ato, ma il cantiere del lungo lago da quassù è persino più sconcertante. Specie quando scorgi il materiale all’ammasso, accatastato più o meno di fronte a via Cavallotti. Laggiù qualcosa di tremendo e doloroso giace impotente: montagne di massi e sassi, non si capisce bene se roba vecchia scrostata da sotto, o nuova in attesa di posa. Un villaggio dello scempio e dell’assurdo, una scultura postmoderna, celata per anni da pudiche palizzate, ma che da quassù si scoprono come vergogne svelate da un malizioso colpo di vento. Il disco omette l’argomento. Meglio guardare avanti. Lui (nel senso di disco) e noi. Ecco via Cavallotti, le mura, 36

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la tangenziale con gli odori della Como Depur, che non faranno certo piacere ai turisti del piano scoperto, e via verso Cernobbio. Non prima di sentire la descrizione del tempio voltiano, però invisibile perché nascosto dalle frasche. La via Regina è bellissima, l’asfalto nuovo, i marciapiedi puliti, l’anfiteatro naturale del primo bacino danno l’illusione di cosa potrebbe essere questa città se non fosse stata abbandonata a se stessa e se non mancassero i soldi per rimetterla in moto. Oddio, qualche pianta grava sulla strada, dall’alto, come capelli non curati, ma non si può avere tutto. Qui i telefonini dei turisti vengono protesi all’unisono, a caccia di foto scontate. Ma è già tempo di rientrare in città. Per un contrasto di sensazioni, colori, immagini e angolazioni. Sant’Abbondio è un gioiello, non altrettanto


COMO, IL TURISMO CRESCE Dodicimila presenze in più rispetto all’anno scorso

VISTI DALL’ALTO

Anche quello che dalla strada sembra solo una bruttura, dall’alto del bus appare lo scempio di una città che di turistico non ha proprio niente.

(s.bal.) Il lago di Como continua ad attrarre turisti. Dai dati della Camera di commercio emerge che nei primi cinque mesi del 2012 le presenze sul Lario hanno registrato un incremento del 3,92% rispetto allo stesso periodo del 2011 a fronte di un calo della media nazionale pari al 2,2%. Da gennaio a maggio del 2012 sono, infatti, arrivati nel Comasco 326.903 turisti, contro i 314.572 dei primi cinque mesi del 2011. Vale a dire un incremento del 3,92%, cioè 12.331 visitatori in più. In crescita anche il numero di pernottamenti, passati dai 674.078 del periodo gennaio-maggio 2011 ai 712.361 dei primi cinque mesi del 2012 (+5,68%). Sempre più numerosi gli stranieri che scelgono di trascorrere almeno un week-end tra i monti e il lago di Como alla ricerca di svago, itinerari culturali, buona cucina. Lo dimostra il fatto che gli arrivi di stranieri sono aumentati nel 2012 del 6,25%, le presenze del 9,75%. I principali Paesi di provenienza sono la Germania con 38.227 arrivi e 97.565 presenze in strutture alberghiere ed extralberghiere, la Svizzera e il Liechtnstein con 23.657 arrivi e 52.579 presenze, la Francia con 18.393 arrivi e 35.634 presenze e il Regno Unito con 15.841 arrivi e 62.566 presenze. In crescita anche i cinesi con 3.065 arrivi e 4.975 pernottamenti nei primi cinque mesi dell’anno. Al punto da essere ormai considerati dagli albergatori comaschi i paladini di un “turismo emergente“ in grado di condizionare con un 10% in positivo o in negativo addirittura l’andamento della stagione estiva. Al contrario, il turismo italiano è cresciuto solo dello 0,88% per quanto riguarda gli arrivi (137.607) mentre ha segnato una flessione dell’1,47% nei pernottamenti (242.555). Così, per accontentare sempre meglio i turisti, che arrivano numerosi ma hanno un budget sempre più ridotto da spendere, è stato attivato l’autobus rosso panoramico della catena City Open Tour. Nato per felice intuizione di Alberto Barindelli che gestisce l’omonimo autonoleggio di Bellagio oltre al garage di Villa Serbelloni. Una media di quaranta passeggeri trasportati a corsa, rapiti dal brivido di godere, dal piano superiore, delle bellezze paesaggistiche che incorniciano il lago di Como. Il tutto, mentre si assapora il menù al sacco e si fa amicizia con i vicini. Sponsorizzato dal lido di Bellagio, prevede una prima partenza alle 10 del mattino e l’ultimo giro fi ssato alle 18. Il biglietto è giornaliero, costa 15 euro, 10 per i bambini dai 5 anni in poi. Per i più piccoli il giro tanto atteso è gratuito. E per chi preferisce l’esperienza diretta alle parole, non resta che attenderlo ai Portici Plinio e salire. Buon viaggio.

si può dire per la piazza della stazione. In stato di abbandono: il parco spelacchiato, inferriate arrugginite, marciapiedi malmessi, cartelli turistici illeggibili. Poco male, non fosse, per molti turisti (quelli che arrivano in treno), il biglietto da visita della città. Per fortuna via Milano dà l’impressione di un angolo vivo, lo shopping, il viavai della gente, le vetrine. Bello. Premio speciale per il fiorista sotto i portici e la sua esposizione di piante e fiori. Applausi. Una nota di colore che colpisce, resta negli occhi. Purtroppo, pochi metri dopo, restano negli occhi anche le panchine sulla destra, devastate a colpi di mazzate, in stato di degrado. Dall’ auto non le vedi, ma da quassù sì. Ed danno una pessima impressione. Il giro sta per terminare, sul Duomo e sulla piazza del

Per fortuna c’è via Milano. Premio speciale al fiorista che sta sotto i portici e alla sua esposizione di fiori Sociale nulla da dire, i telefonini tornano in alto, a garrire. Ma mentre il bus riferma al capolinea ti resta l’immagine di una città spenta, maledettamente senza la cura estetica di cui avrebbe bisogno. Nelle aiuole, nel verde, nei colori assenti, nelle facciate delle case smunte. E ora, bella e triste Como, chi ti riaccende?

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* Gli abbonati possono acquistare il DVD a soli 4,80 euro presentando in edicola la propria copia del giornale. Iniziativa valida solo a Como e provincia.

Con La Provincia

Da martedì 20 novembre

Alla scoperta di

UN LAGO SEGRETO con Giuseppe Guin regia di Paolo Lipari

il dvd a soli euro 7.80* + il prezzo del quotidiano

Questo dvd è stato realizzato grazie a :

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mag Castiglione D’orcia - Siena

www.podereforte.it


PERCHÉ IL LAGO È UN’EMOZIONE C’è un lago che mi affascina ... è il lago segreto. Questo video guardalo quando si sarà fatta sera, quando intorno non avrai più nessuno e si saranno acquietati anche i rumori e i troppi pensieri del giorno. È un lago di emozioni: i pescatori nella notte, i sotterranei della Pliniana, i vecchi cantieri dei maestri d’ascia, le antiche cave di sasso e le darsene mai viste. E poi quei viottoli bui, i fondali oscuri, una chiesa nascosta, i temporali improvvisi, le storiche fortificazioni, i misteri dell’orrido e l’incanto di una Lucia che naviga ancora… Immagini e suoni di un lago che affascina… ed è un lago segreto. Giuseppe Guin

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C’È UN SOGNO VERDE

COMO PROGETTA IL SUO FUTURO DALL’ARREDO URBANO ALLA MOBILITÀ di Annalisa Testa

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orse non tutti ci crederanno. Ma a Como si parla di città del futuro. Non di utopie, sia chiaro, ma di progetti urbani che vedremo crescere, se pur lentamente, con i nostri occhi. Il tutto è stato presentato lo scorso 28 settembre al centro congressi del Grand Hotel di Como da un team di “cervelloni” composto da ingegneri energetici, architetti urbanisti e paesaggisti, fisici, ecologi, chimici, geografi ed economisti ambientali che ha aff rontato un tema scottante: “Energia

in città: scenari e riflessioni sugli aspetti energetici nell’ambiente urbano”. Il progetto, nato dalla collaborazione tra il Centro di Cultura Scientifica “A. Volta” (Centro Volta) e Edison con il sostegno della Camera di Commercio di Como, ha come obiettivo quello di trasformare la città, tra cui Como, in una Smart City. Per capire qualcosa di più abbiamo spulciato l’e-book dello studio scaricato dal sito centrovolta.org e, per >> un attimo, abbiamo fatto un salto nel futuro.

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COSA SONO LE SMART CITY Il contesto urbano, la città, è oggi il centro gravitazionale di tutte le attività umane in cui viene consumato circa l’80% dell’energia. Ogni giorno il fabbisogno energetico cittadino aumenta, c’è sempre una maggior richiesta di energia di alta qualità che sia però a ridotto impatto ambientale. Ecco perché le fonti rinnovabili, un consumo intelligente di energia e progetti di architettura verde hanno sempre di più un ruolo fondamentale. «La smart city in verità non è tecnologia e nemmeno innovazione. La città intelligente è la trasformazione del dato in una serie di informazioni che possano migliorare l’esistenza. Noi siamo dei dati, quello che facciamo, dove andiamo, a che ora ci spostiamo generano informazioni sulle nostre abitudini che possono aiutarci a vivere meglio», spiega la professoressa Emanuela Donetti, Docente di Innovazione, presso il Dipartimento di Tecnica delle Costruzioni, facoltà di Architettura all’Haute Ecole de Paysage, Ingegnerie, Architecture di Ginevra e . CEO di Urbano Creativo Srl, Start up del Politecnico di Milano, un vero e proprio generatore di idee per le smart e le green city. Le tempistiche? Gli esperti parlano di “orizzonte temporale di medio termine”, in poche parole del 2025-2030. Insomma, non proprio lunedì prossimo, ma nemmeno tra mezzo secolo. Il dato emerso, che ha fatto balzare tutti quanti sulla sedia, è quello della concentrazione media annuale degli agenti inquinanti che si infi lano nei nostri polmoni: secondo i report dell’Air quality in Europe del 2011 il numero dei giorni di superamento dei 50 μg/m3 di PM10 (cioè polveri, fumi e microparticelle di sostanze nocive) nella nostra regione superano abbondantemente la soglia fi ssata a 35 giorni annui. E Milano e Como hanno picchi di 140 e 70 giorni di superamento concentrati, ovviamente, nel periodo invernale. Ma una speranza c’è. Secondo gli autori dello studio le città italiane potrebbero ridurre l’inquinamento atmosferico fino al 30% nell’arco di un ventennio, grazie a un programma che le renda energeticamente più efficienti, meno dispendiose e che le rinnovi dal punto di vista ecourbanistico e soprattutto connettivo. Si parla quindi di 42

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mobilità 2.0 in cui ogni individuo contribuisce variando il proprio comportamento a partire dalla scelta dei mezzi di trasporto. Eco un paio di numeri che fanno sorride, ma anche riflettere: 350 (se va bene), sono le ore annue passate a fare sesso, 420, invece, sono quelle spese a cercare parcheggio. È il geniale slogan pubblicitario di una nota compagnia di car sharing inglese. Decisamente un ottimo motivo per iniziare a informarsi sulle diverse tipologie di condivisione dell’auto come appunto il car sharing e il car pooling. Ma ci sono anche altre soluzioni soprattutto per chi vive in città come le biciclette a pedalata assistita o i motori ibridi e elettrici che hanno parcheggi preferenziali e possono muoversi sempre e ovunque. TUTTO IL BELLO DEL VERDE URBANO Gli esperti hanno dichiarato che la Città del Futuro non sarà sostenibile senza un progetto verde. Finalmente le aree verdi avranno non più solo funzione estetica e ricreativa, ma anche climatica e ambientale. L’urban green dovrà diventare un elemento fondamentale nella progettazione e pianificazione architettonica delle nuove city. La vegetazione è eccezionale: tetti e pareti verdi sono in grado di diminuire anche del 30% i consumi energetici dovuti all’aria condizionata e al riscaldamento delle case perché hanno una funzione isolante e, contemporaneamente, agiscono da fi ltri naturali e abbattono drasticamente l’inquinamento acustico


(un tetto verde può diminuire l’intensità del suono interno di ben 40 dB). I chilometri di asfalto e cemento delle città provocano l’aumento della temperatura della zona, ma con l’utilizzo delle piante l’aria si potrà raff reddare grazie all’evapotraspirazione cioè l’evaporazione dell’acqua presente all’interno dei vegetali. E mentre architetti, paesaggisti ed esperti del settore fanno il loro lavoro sui grandi spazi, anche noi nel nostro piccolo possiamo iniziare a contribuire aumentando le zone verdi sui nostri terrazzi, balconi e giardini. Anche le aiuole, spesso orribili e fatiscenti, all’interno delle rotonde dei centri nevralgici della città potranno essere trasformate in sistemi fitodepuranti capaci di catturare e smaltire le polveri sottili

dell’inquinamento e che miglioreranno tra l’altro l’effetto visivo del paesaggio urbano. NEL FUTURO SAREMO NOMAD WORKERS Secondo un rapporto pubblicato nel 2003 da Meta Group entro il 2020, cioè tra solo 7 anni, il 95% delle aziende avrà esigenze di lavoro mobile o remoto, quindi meglio iniziare ad organizzarsi. Il lavoro non sarà più concentrato nelle ore che vanno dalle 9 alle 18, ma sarà frammentato all’interno della giornata e nei diversi giorni della settimana. L’idea è quella di ridurre gli spostamenti per agevolare l’utilizzo delle nuove tecnologie di connettività. Insomma, non servirà più prendere l’auto per andare a lavorare, il lavoro sarà >>

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Il progetto firmato Centro Volta ed Edison vuole trasformare le città in nuove Smart cities

“mobile”. Le connettività aumenteranno e subiranno un’evoluzione che accontenterà le esigenze del lavoratore; i dati si sposteranno sulle nuvole, le cosiddette “clouds” cioè spazi interattivi in cui immagazzinare files, documenti, fotografie, contatti, che diventano accessibili da qualunque connessione (casa, ufficio, treno, bar, biblioteche) senza limiti di orario. Per i lavoratori nomadi il posto di lavoro non sarà più un luogo fisico determinato, ma diventerà un virtual workspace ossia un luogo virtuale in cui operare. E finalmente la banda larga non è sarà più un sistema di comunicazione eccezionale, quasi privilegiato, ma uno standard per tutti i lavoratori. Dobbiamo solo sperare che gli addetti ai lavori amplino il più possibile collegamenti Wi-Fi e Hot Spot che permettono di collegarsi a internet da luoghi pubblici: le tecnologie wireless sono fondamentali per incrementare la produttività e ridurre di conseguenza gli spostamenti casalavoro.

no, mentre schizzano alle stelle le vendite di smartphone, palmari, tablet, pc o notebook. I dati lo confermano: il 28% degli italiani ha uno smartphone: il 54% lo usa per collegarsi ai social network, il 75% lo utilizza per andare su internet e il 70% per leggere e inviare mail. I ragazzi sentono la necessità di essere connessi alla rete. Attraverso il network ci si può spostare, virtualmente, quando e dove serve senza avere bisogno di un mezzo di trasporto. E le compagnie aeree lo sanno bene. Il loro peggior nemico si chiama Skype, un software che permette di inviare messaggi istantanei e chiamare gratuitamente chiunque in tutto il mondo. Nella stessa giornata si può così presenziare a una conferenza in Giappone e dopo poche ora negli Stati Uniti. E l’aereo non serve più. Mobilità e connettività si stanno lentamente modificando, le città del futuro saranno più “intelligenti”, più verdi ed ecosostenibili. Vedremo svilupparsi un nuovo concetto quello delle smart grid cioè reti intelligenti che gestiranno lo scambio di informazioni tra chi genera e chi consuma energia portando fi nalmente al centro dell’attenzione la qualità della vita.

I PRIMI PASSI VERSO UN FUTURO SMART, INTELLIGENTE, SOSTENIBILE E SOLIDALE È vero, si parla di futuro. Ma bisogna pur iniziare a far qualcosa. Come? Semplice, primo: imparare a consumare meno energia. Secondo: produrre energia elettrica e calore in maniera più efficiente. Terzo: scegliere mezzi di trasporto sostenibili ed ecologici. Sarà difficile, bisognerà modificare pian piano il proprio lifestyle. Il compito più tosto sarà cambiare le abitudini dei meno giovani che non guardano al futuro con lo stesso interesse dei ragazzi. Perché è ufficiale. gli under 30 sono più consapevoli del problema energia e si stanno organizzando per migliorare lo status attuale. L’auto, per esempio non è più l’oggetto dei desideri dei giovani. Secondo dati raccolti da un’inchiesta di AlixPartners, nel 2011 i neopatentati sono calati de 10%, in particolare nella fascia dai 18 ai 29 anni. Cosa significa? Che le auto non si vendo-

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GLI ARABI SI INCONTRANO A COMO di Umberto Montin

C’È UN’ALTRA COMO, RISERVATA E APPARTATA, OSPITA I SUMMIT INTERNAZIONALI DI GEOPOLITCA E DISEGNA I FUTURI SCENARI DELL’ECONOMIA mag

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a Como che respira aria del mondo è duplice. Da un lato la città del lago che off re al turista le caratteristiche dell’ambiente e dell’accoglienza, le soavità di un centro e di un territorio tenue e dai mille colori. Dall’altro c’è un’altra Como, riservata e appartata, che declina la sua vocazione internazionale secondo i parametri della geopolitica e delle dinamiche economiche globali.

A Villa Erba di Cernobbio una sorta di Ambrosetti arabo per incoraggiare nuove politiche e riforme economiche Di quest’altra città da anni il vero motore è il Landau Network-Centro Volta il quale, dietro la tenda necessaria a tutelare la discrezione che richiedono i processi diplomatici regolatori dei rapporti tra nazioni non sempre amiche, è riuscito a farne di questo angolo della Lombardia 48

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un punto di riferimento di progetti e inerenti la sicurezza internazionale. Oggi, dopo sette conferenze legate al programma di riorientamento degli scienziati iracheni, il Landau-Network-Centro Volta è pronto a un ulteriore salto di qualità, a una scommessa destinata ad avere ricadute sul tessuto universitario locale e milanese e sul territorio con, in più rispetto al passato recente, un paio di partner di alto livello: Villa Erba e la Camera di commercio. L’idea base, che prenderà avvio venerdì e sabato prossimi proprio nella storica Villa Erba, è una sorta di seminario Ambrosetti arabo, una Davos lariana che si dà il compito di incoraggiare le politiche di riforme economiche con un volto sociale nel mondo arabo in transizione, ovvero nei Paesi protagonisti e teatro delle rivolte della primavera del 2011. «Qui - spiega Maurizio Martellini,segretario generale del Landau Network-Centro Volta - parte un lavoro che si potrebbe avvicinare al processo che portò alla nascita dell’Unione europea, una piattaforma basata sull’integrazione economica e il naturale sviluppo del G8 di Deauville del 2011. Protagonisti sono alcuni degli attori della transizione araba, l’Egitto, la Tunisia, il Marocco e, con un ruolo un po’ diverso, anche la Giordania». Mettere attorno a uno stesso tavolo, che vedrà la parte-


cipazione del principe giordano El Hassan Bin Talel e diversi rappresentanti di quei paesi arabi in transizione, i principali esponenti di queste economie e delle nuove istituzioni che si vanno formando al posto delle nomenklature nate all’ombra delle dittature, è stato un lavoro lungo e complesso, costruito in mesi di sottili fi li tesi tra Como e le nazioni dell’area nordafricana e mediorientale. L’approccio, però, non può essere quello dei modelli democratici dell’Occidente. Anche per questo la base dello sviluppo socio-economico è la più indicata per cogliere il desiderio di apertura, soprattutto in direzione europea, di questa parte del mondo raccolto nel Wana (West Asia North Africa) Forum. Tra la fi ne del giugno scorso e luglio, prima in un meeting ad Amman e poi in un secondo appuntamento nella riservatezza del lago a Villa Erba, con il decisivo apporto del principe della casa reale giordana El Hassan bin Talal e dell’allora direttore dell’uffi cio Undp del Cairo Paolo Lembo oltre al coinvolgimento attivo del presidente di Villa Erba spa, Jean Marc Droulers e del numero uno della Camera di commercio Paolo De Santis, il progetto di trasformare la villa che fu di Luchino Visconti nella sede permanente di un think tank, è passato alla fase operativa. «Il punto nodale - insiste Martellini - è arrivare a costruire un centro di eccellenza tutto comasco e lombardo, legato alle università, che sia in grado di off rire ai Paesi arabi in transizione concreti esempi di sviluppo economico e di riforma dei sistemi fi nanziari, meno orientati dai gruppi di potere e aperti all’imprenditoria privata». Il metodo passa appunto attraverso un quadro di tre seminari operativi - quindi niente occasioni di eventi accademici o discussioni geopolitiche - , il primo dei quali è quello del prossimo weekend. La prospettiva è di partire da esempi concreti di sistemi di sviluppo economico, come ad esempio la formula dell’intervento pubblico-privato che innescò il boom italiano negli anni 50 o presentare l’esperienza dei distretti industriali. Nel futuro del think tank attuale vi è quindi la costruzione, attorno a Villa Erba, di questo centro dell’eccellenza lombarda e italiana, laddove a una richiesta dei Paesi arabi del dopo-primavere di know how e di sbocco specializzato per i loro giovani, risponda un’offerta di pacchetti educativi e di perfezionamento che abbiano nelle specializzazioni off erte dal territorio e da atenei come la Cattolica e la Statale di Milano e Insubria, la capacità di off rire solu-

zioni per lo sviluppo socio-economico di quelle nazioni, una sorta di “acceleratori” dei sistemi di business prima legati alle oligarchie militari o agli interessi primari delle compagnie petrolifere. Con questo ulteriore, ambizioso passo, coordinato dalla cabina di regia del Landau Network-Centro Volta, la Como geopolitica e faro delle economie avanzate e di quelle nascenti si consolida, acquista una leadership che pochi altri centri internazionali possono vantare, con una riconoscibilità “culturale” che va da Est a Ovest e di cui, se non per qualche sobrio e minimo indizio esterno, talvolta sembra non rendersi conto appieno. La futura Cernobbio araba, ora, può essere un ulteriore stimolo e un’altra occasione da cogliere. XXX

EsoccccCae ipsum im dolutam faces Maurizio Martellini segretario generale del Landau Network-Centro Volta.di bea ditibus. Ant quam eici dolendenis et la sunte porit aut exceptibus.

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NOI RAGAZZI

DEI FIORI Testi di ANNA SAVINI, foto Andrea Butti / Pozzoni

L’ESPERIENZA ALLE SERRE DI MOGNANO DOVE L’ATTIVITÀ DI GIARDINAGGIO È DIVENTATA LA SFIDA DI UN GRUPPO DI DIVERSAMENTE ABILI mag

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i chiamano ragazzi disabili ma a loro non piace artigianato, di cesteria e lezioni su cura della persona e del essere chiamati così. Perché di abilità ne hanno proprio luogo di vita. Nessuno, mai, sta con le mani in matante. Anche più dei ragazzi normali. Curano le no. Perfino quando è ora di mangiare, i ragazzi del centro si piante, seminano l’orto, costruiscono cestini di danno da fare, apparecchiano, sparecchiano e riordinano la vimini e di salice e poi li foderano con sete colorate, prepasala pranzo. Il più giovane ha 18 anni, il meno giovane 65. rano vasi ricoperti da fumetti Tutti lavorano sereni come AnDisney che fanno girare la testa drea Valentini, che ricopre i vasi tanto sono belli. con i fumetti di Topolino, i tre Nelle serre di Mognano Quando, al mattino alle 9, si Marco che stanno preparando adaprono i cancelli delle Serre di dobbi natalizi. Premani intreccia è vietato a chiunque Mognano e i 25 ospiti sfi lano un cestino, Ortelli smeriglia cerall’interno della struttura giochi di legno, Arrigoni disegna su stare con le mani in mano. iello dei servizi sociali del Cofogli che diventeranno sacchetti Qui c’è un lavoro per tutti mune di Como ognuno sa già per i regali. Arrigoni cura anche cosa fare. Un gruppo va in lail giornalino dove tutti spiegano boratorio, un altro segue l’orto perchè non sono disabili, ma al e le piante, alcuni ragazzi si dedicano al giornalino interno, massimo diversamente abili perché riescono a far meglio qualcuno lavora al computer e tutti, a turno, fanno attività qualche cosa e qualche altra no. Tutto qui. sportiva. Ci sono laboratorio di informazione, di fai da te e E quel che riescono a fare è magnifico. Massimo, per esem52

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AL LAVORO

I ragazzi al lavoro nelle serre di Mognano, struttura dei Servizi sociali del Comune di Como.

pio, ci vede poco ma abbastanza per piantare i fiori. Nella serra le piante di ficus benjamin sono così alte che arrivano al tetto. Il giardiniere capo Giovanni Marchetto con il braccio destro Marco Molinari ha dato precise istruzioni ai ragazzi che lavorano lì e i risultati si vedono. Le serre di Mognano sono rigogliose. Le primule sono state invasate da Luca Fattorini e Luigi Gangi e sono pronte per fiorire a primavera. Le stelle di Natale sono a un passo dall’essere pronte per la vendita. Fuori, nell’orto, lavorano Giuseppe Attale, Fabio Favaro e Felice Cappelletti. Rigirano la terra e la portano via con la carriola. Seminano, arano, raccolgono. Tutti prodotti di stagione. Ora ci sono le zucche, verze, cavoli e insalata. Ma in estate ci sono anche pomodori, zucchine, pesche e qualunque altra frutta o verdura di stagione. Se ci sono le attività da fare all’esterno ci pensa Rolando Pontiggia ad accompagnare tutti con il pulmino. In un altro laboratorio Stella Verdura, Mariagrazia Grau- >>

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so, Eleonora de Carolis e Chiara Albonico preparano vasi, protetta che li possa accogliere e che gli permetta di contappeti e ricoprono bocce di polistirolo con la pasta. A fine tinuare il loro percorso educativo formativo. Da qui l’idea lavoro saranno palle per gli albedi crescerli, di insegnare loro un ri di Natale decorate e luccicanlavoro e di prepararli per l’esterno. ti. Li segue Ornella Nicolassy, Qualche ragazzo è stato assunto a Giornate di super lavoro aiutata da Manuela Libralato, tempo determinato presso i cenmentre la responsabile Antonia tri commerciali della zona e nelle per preparare l’oggettistica Testori coordina il lavoro di tutti cooperative di lavoro. «Non tutti e lo segue da vicino. possono lavorare, ma chi può viene che andrà nei mercatini «La maggior parte delle persone preparato - spiega ancora la Testori in occasione del Natale diversamente abili che frequen-. Ora con la crisi è difficilissimo tano la serra di Mognano ha un trovare lavoro, i ragazzi comunque discreto livello di autonomia ma continuano il percorso di addestranon raggiungendo la totale invalidità non ha diritto alla mento al lavoro rispettando orari e ritmi lavorativi acquipensione completa e all’assegno di accompagnamento resendo responsabilità e autodeterminazione». stando a carico delle famiglie. Pertanto, terminato il perIn questo periodo in cui il lavoro non c’è, nei laboratori i corso scolastico i ragazzi hanno bisogno di una struttura ragazzi realizzano manufatti da vendere nei mercatini.

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LA SFIDA

Ora con la crisi non è facile trovare uno sbocco lavorativo, ma i ragazzi continuano il quotidiano percorso di addestramento al lavoro acquisendo responsabilità e determinazione.

«Il Comune reinveste il ricavato dei mercatini nel materiale che serve per le varie attività che si svolgono alla Serra di Mognano - aggiunge la Testori -. Ce ne sarà uno prima di Natale e lo faremo alle elementari qui vicine. Il rapporto con loro è ottimo. Nonostante alcune difficoltà logistiche e di spazio, il servizio funziona bene grazie all’impegno dei ragazzi, del personale in servizio presso la serra e dell’equipe dei Servizi Sociali del comune di Como». Una delle mamme dei ragazzi lo scorso anno aveva lanciato un appello: aiutateci a ridipingere i muri. In effetti i locali uffici e il refettorio avrebbero bisogno di una bella rinfrescata e magari anche di qualche mobile nuovo. In qualche punto come la stanza dei computer dove sta lavorando Massimo, sui soffitti ci sono crepe e tracce d’umidità. Il grosso problema è la cucina con un vecchio lavello dove è faticosissimo lavare le immense teglie che vengono portate dalla mensa della vicina scuola per il pranzo. «Aiutare a tavola per i ragazzi è fondamentale perchè imparano a svolgere incombenze domestiche utili per quando tornano a casa», conclude la responsabile. Sul giornalino Marco Arrigoni scrive: «Mi rendo conto che la gente a volte in buona fede, a volte per paura, tende a decidere per noi. Io invece desidero essere ascoltato. se ho bisogno di aiuto sarò il primo a chiederlo solo così mi sentirò rispettato nella mia persona». Ecco i ragazzi l’aiuto l’hanno chiesto. Un imbianchino e un lavandino nuovo.

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IL RITORNO ALLA TERRA di SARA DELLA TORRE

PROTAGONISTI

Nella foto sopra: Massimiliano Rizzato, Viviano Rizzato ,Luigi Biffi, Giancarlo Cassina e Ivan Gatti, promotori dell’Associazione agricoltori Bisbino.

L’ASSOCIAZIONE AGRICOLTORI DEL BISBINO HA DECISO DI RIQUALIFICARE LE AREE BOSCHIVE TRA I PAESI DI MASLIANICO, CERNOBBIO, ROVENNA, MOLTRASIO. «ABBIAMO UNITO LE FORZE SUI PRODOTTI RIGOROSAMENTE LOCALI. NON SEGUIAMO LA CULTURA INTENSIVA, MA IL VERO PRODOTTO DI QUALITÀ». mag

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’è chi combatte la crisi economica con la ricerca novità, non senza qualche difficoltà di attuazione. Ma i prodi innovazione, chi è convinto che la riscoperta motori non si lasciano scoraggiare dagli ostacoli di partenza di ciò che si è perso nel tempo rappresenti una e stanno lavorando per far conoscere il loro progetto. nuova forma di ricchezza e un modello econo«Se le aziende in passato hanno sottratto manodopera alla mico perseguibile. Sulla fertilità del territorio scommettono terra - afferma Luigi Biffi, agronomo -, oggi, mentre le imun gruppo di appassionati di coltivazioni che, facendo fede prese chiudono, lanciamo un nuovo modo di fare economia, sui ricordi e sulla tradizione orale tramandata da padre in riscoprendo le potenzialità della terra e offrendo alle persone figlio, ha costituito l’“Associazione Agricoltori del Bisbino”. un lavoro legato alla terra». «Lavorare sulla monocultura Lo scopo è riqualificare le aree boschive tra i paesi di Maspiega l’architetto Giancarlo Cassina - dovrebbe spingere >> slianico, Cernobbio, Rovenna, Moltrasio, coinvolgendo i cittadini nella riscoperta di anL’obiettivo è la riscoperta tiche colture, come il grano la di antiche colture dimenticate patata, la cipolla. L’idea ha un fondamento nella storia. In un recuperando terreni incolti, opuscolo datato 1898 ad opera per creare orti a monocoltura del sacerdote Callisto Grandi, si legge «… il terreno di Rovenna è molto fertile e se vi prospera la vigna, il frumento ha grani così belli e così grossi». Oggi il lavoro che si paventa davanti ai neo pionieri è parecchio e non privo di vincoli. Strappare ai rovi le terrazze di terra, creare orti a monocultura, introdurre prodotti tipici, allevare piccoli animali, combattere l’invasione dei cinghiali, riqualificare le mulattiere, off rire percorsi didattici per turisti e nuove generazioni. Un’idea che accanto al sapore romantico, off re spunti di 58

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L’APPELLO DEGLI AGRICOLTORI «Se le aziende in passato hanno sottratto manodopera alla terra,oggi, mentre le imprese chiudono, lanciamo un nuovo modo di fare economia, riscoprendo le potenzialità della terra e offrendo alle persone un lavoro legato all’attività contadina».

IL PROGETTO È IL “ MARCHIO D’AREA” (s.dell.) Cosa e come coltivavano i nostri nonni? Luigi Biffi, agronomo, tra i promotori della neo Associazione, ha cercato informazioni per conoscere le potenzialità agricole dell’area boschiva attorno al monte Bisbino, individuare la storia e il percorso delle coltivazioni. «Le produzioni agricole erano varie. Sui terreni intorno al Bisbino, quelli terrazzati e nei campi già piani naturalmente venivano coltivati cereali, soprattutto mais, principale fonte energetica della popolazione, ma anche frumento, avena, segale, e ortaggi come patate e cipolle. Significativa anche la viticoltura, soprattutto nel territorio di Cernobbio, Rovenna, Casnedo, testimoniato anche dalla presenza di torchi da uva da vari toponimi come i terrazzamenti e i campi detti “vigna”. Oggi sono urbanizzati, ma erano considerati la terra migliore della frazione. Non mancavano gli ulivi. Anche qui ci aiutano i nomi dei luoghi, come l’“oliera”, zona che costeggia il torrente Greggio e i cosiddetti “ulif ”, cioè i terreni terrazzati tra Olzino e Gentrino a Piazza Santo Stefano. A testimonianza del valore del mais e di altri cereali, la presenza dei mulini a Maslianco il “Mulino Nuovo” o “Mornello”, a Cernobbio. C’erano poi terreni coltivati a prato per il fieno, mentre le zone alte dei paesi verso il Bisbino erano usate, nel periodo estivo, per il pascolo con produzione di formaggi, come la Casoretta. Con l’inizio del ‘900 e dal secondo dopoguerra, le attività agricole e le loro produzioni sono diminuite fi no quasi a scomparire del tutto per lasciare posto agli insediamenti industriali e residenziali». Dove è possibile recuperare le antiche coltivazioni e come? «Ci sono ancora zone, oggi collegamento fra la parte urbanizzata e i boschi, che potrebbero essere recuperate alle coltivazioni con interventi di pulizia da rovi ed altri arbusti infestanti. È necessario accompagnare queste superfici alla condizione di equilibrio con interventi di corretta gestione, recuperando o mantenendo coltivato la restante parte». Su quali produzioni immaginate di puntare nella riscoperta delle potenzialità del territorio? «Ortaggi come patate, cipolle, verze e cavoli ma anche frutta da trasformare in confetture e marmellate. Si cercherà nel tempo, e non sarà semplice ed immediata, di creare un marchio d’area per identificare le nostre produzioni ,anche se limitate nella quantità». Come dovrà essere trattato un terreno da tempo non più coltivato? Dopo quanto tempo può tornare ad essere fertile? «Se ci sono rovi o altra vegetazione infestante, bisogna pulire e poi intervenire con una buona concimazione organica. Seguono poi tutte le normali operazioni colturali partendo dall’aratura, vangatura, e messa a dimora delle colture. Non ci dovrebbero essere grossi problemi di fertilità. In passato questi terreni erano tutti coltivati e quindi la produzione inizierà fi n da subito».

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chi deciderà di associarsi a mettersi in rete. Unire le forze per vendere i prodotti rigorosamente locali alle stesse attività del territorio come mercati, negozi, ristoranti». «Non ci interessa - continua Viviano Rizzato - la cultura intensiva, ma il prodotto di qualità». Quindi, se l’Associazione prenderà piede, potremmo imbatterci nella farina o cipolla “made in Bisbino”. E in queste settimane la prima marmellata confezionata con i fichi di Rovenna è andata a ruba nel corso di manifestazioni rurali e mercati. «Ci sono persone in cassa integrazione - osserva Massimiliano Rizzato -, giovani, donne che potrebbero dare un grosso apporto all’iniziativa e credere in un’impresa che, senza avere la pretesa di trasformarsi in lavoro a tempo pieno, ha le caratteristiche per contribuire a migliorare il bilancio di ogni famiglia». Ora la neo Associazione muove i primi passi e, dalle riunioni svolte nei vari paesi, a cui hanno partecipato circa un’ottantina di persone, si è percepito interesse. La prima proposta è “mappare” il territorio e capire quanti terreni potrebbero essere disponibili a “entrare in rete”. Sul piatto ci sono tanti progetti, alcuni solo abbozzati. «Aff ronteremo le difficoltà di volta in volta», chiudono Viviano Rizzato e Ivan Gatti. E se è vero che «tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme, buon tempo», nei prossimi mesi, per l’Associazione, si prospetta un impegno importante e, si può star certi, il lavoro non mancherà.

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Roda House: un lusso senza confini All’interno di un’elegante palazzina che si affaccia direttamente sul lago di Como nel lungo Lario Trento, al civico 15, in uno spazio che fa sognare, si aprono le porte di un’immobiliare elegante e glamour, l’agenzia Roda House. Ad accoglierci l’Ad della società, Davide Roda, un general manager di grande successo che, in pochi anni, ha fatto una grande scalata nel mercato immobiliare di livello acquisendo forza e credibilità. “È una questione di professionalità. Non ci siamo improvvisati, ma compiamo continue analisi e valutazioni di mercato. Per noi la serietà è fondamentale, diventa, in primis, il core business della Roda House diventandone un marchio di qualità, quasi a voler assicurare un brand a qualsiasi proposta

Anche nel vostro caso il primo collo di bottiglia è l’accesso al credito? “No, nelle trattative che gestiamo non dobbiamo parlare di questa problematica. Il mercato del lusso è ben diverso. Qui, chi si rivolge a noi, ha le idee chiare, vuole questa o quell’altra proposta, trattiamo solo ville e appartamenti di lusso.”

della Società. Mi sono avvicinato a questo mondo grazie a mio padre. Un capostipite di grande forza e intelligenza che mi ha fatto conoscere e apprezzare il segmento dell’immobiliare. Lui prima, io dopo, un approfondimento delle opportunità, prima legate ai confini comaschi, ora ampliati verso le province di Varese, Monza Brianza, Lecco, Bergamo e Milano.” Cresciuto in una famiglia di industriali, l’imprenditore quarantenne ci racconta che uno degli aspetti che si fa avanti in questi anni è la necessità di monetizzare in tempi brevi, da qui la vendita degli immobili. Ci parla di qualche difficoltà, ma non drammatizza perché il lusso non conosce crisi.

Cosa mi dice del cliente russo? “I grandi possidenti russi hanno fatto la fortuna del lago di Como fino a qualche anno fa. Ora la classe borghese si sta affacciando al nostro paese e quindi si sta interessando alle opportunità. Per questo tra le varie azioni messe a segno l’esplorazione di quelle nazioni che rimangono un punto di forza per l’immobiliare di lusso. La Russia e i paesi emergenti, due obiettivi.”

Possiamo davvero parlare di un mercato del lusso che non conosce crisi? “È vero solo in parte, qualche difficoltà c’è, non una brusca frenata come la situazione che sta vivendo il comparto medio, qui ci sono incertezze che rallentano le trattative, ma non le stravolgono.”

Che cosa vi distingue dagli altri professioniss ti del settore? “Di sicuro, la riservatezza delle trattative. È fondamentale nel nostro caso perché chi vuole trovare il compromesso non intende esporsi, ma vuole concludere il proprio affare.”

Che differenza tra russi, inglesi e tedeschi, ma a ggiori frequentatori dell’Italia, insieme agli americani? “Sono situazioni ben diverse. Direi che gli inglesi, come gli americani, da sempre sono amanti del lago, ma cercano quelle soluzioni più di nicchia. I tedeschi che si avvicinano all’agenzia sanno bene cosa vogliono, idee certe e concrete verso ville e appartamenti. Per tutti la richiesta è orientata alla vista e alla riservatezza.”


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Il suo pacchetto di proposte riesce a far fronte alle esigenze del cliente? “Se pensa che contiamo una media di più di cento ville in vendita…” Per tutte l’esclusiva?? “Non tutti gli immobili, è un fattore che non funziona più oggigiorno.” Quali sono i tempi di vendita? “Lunghi direi, tra la seconda metà del 2011 e i primi sei mesi del 2012 qualcosa è cambiato e si è trasformato. Ci si augura che la situazione ritrovi il giusto respiro.”

Quali azioni di marketing? “Proporci direttamente in loco, nei paesi stranieri, attraverso eventi, fiere di settore e agenti diretti nei diversi paesi di riferimento. E poi sulle maggiori riviste specializzate e Internet, attraverso il mio sito e i motori di ricerca più seri e credibili, quelli consolidati, allargando i confini della nostra offerta.” Un business man, Davide Roda, che si è formato sul campo e che, con la professionalità, ha raggiunto un grande traguardo e ha creato un indotto fortissimo, non uno di

quelli qualsiasi, ma espressione di pura bellezza e soprattutto di eccellenza superlativa. Se le chiedessi di ampliare l’ana a lisi del mercato, come vive questi anni di crisi Como e la sua provincia? “Como non è immune da una situazione generale in cui versa tutto il Paese. Como si trova a dover affrontare una delle crisi immobiliari più preoccupanti, eppure il mercato del lusso ne rimane in parte estraneo, si parla di un rallentamento, ma non una netta frenata. È un settore che non conosce perdite. Il lago di Como piace agli stranieri pronti a spendere anche una fortuna per un immobile extra lusso.” Qual è il mercato che dà à più soddisfazioni? “L’estero di sicuro, in Italia c’è timore, incertezza.” La Brianza, terra di scoperta e di piacevole riservatezza. Come spiega l’evoluzz ione del mercato immobiliare nelle province di Monza Brianza, Varese? “Ci sono immobili molto belli e di grande interesse anche in termini economici. Il lago non è più l’unico elemento per vendere a Como. Chi acquista vuole riservatezza e poi l’affare in queste zone può essere assicurato. Una garanzia per molti, se non per tutti.”

Nome: Davide Cognome: Roda Anagrafe: nato il 21 gennaio 1972 Dove vive: Como Stato civile: coniugato con un figlio di nove anni (la passione del papà) Passioni: i motori. Quelli che rombano in pista, quelli tosti, che danno emozioni Il suo staff: sole donne. In loro vede la caparbietà e la forza, la vittoria assicurata Vita mondana: poca, meglio la famiglia Il più grande successo: la famiglia Hobby: lavorare sempre e comunque


di SILVIA GOTTARDI e MARIELLA CARIMINI

LA SFIDA DI EURASIA 2012, LA CESTISTA DELLA COMENSE SILVIA GOTTARDI CON L’AMICA DI AVVENTURE MARIELLA CARIMINI UN VIAGGIO DA 19 MILA CHILOMETRI. PARTENZA DA MILANO E L’ARRIVO A TOKIO

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rmai ci abbiamo veramente preso gusto! Non ci sembra nemmeno più possibile pensare ad un’estate senza un viaggio on the road. Così dopo Mongolrally e Transafrica non potevamo certo fermarci ed è nata Eurasia 2012, da Milano a Tokyo. Il viaggio, come sempre, è rigorosamente low cost, non organizzato e 100% all’avventura. Grazie all’aiuto di Fondazione Candido Cannavò, Gazzetta dello Sport, Peugeot Italia e molti altri sponsor abbiamo coronato un altro sogno, conquistando ben 16 nuovi paesi e raccogliendo ben 25.000 euro per tre Onlus impegnate in progetti umanitari in alcuni dei Paesi attraversati: il Gabbiano, Actionaid e Orto dei Sogni. Abbiamo guidato per 19.242 chilometri in strade e paesaggi che hanno davvero dell’incredibile. Quando abbiamo lanciato l’idea di Eurasia comunicando che la nuova Gazzamobile rosa (in onore di Fondazione Candido Cannavò e Gazzetta dello Sport) sarebbe stata una Peugeot 3008 HYbrid4 , la prima macchina diesel ibrida al mondo, tutti ci hanno nuovamente deriso e definito due pazze, ma sapevano anche che quando ci mettiamo in testa qualcosa è dura farci cambiare idea. Così abbiamo trovato sponsor che hanno deciso di salire a bordo e Eurasia si è trasformata in realtà: un viaggio rosa ma dal cuore green! Man mano che macini asfalto, che cambiano i paesaggi, il colore della pelle delle persone e gli idiomi, ti rendi conto che la macchina permette una libertà che non credevamo >> 64

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DUE DONNE AL VOLANTE

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possibile, permette di uscire dalle rotte turistiche e di encomodità a cui siamo abituate, la doccia, un letto soffice, trare in contatto con la gente. la lavatrice, l’aria condizionata. Siamo come dei camaleLe emozioni si sono susseguite una dietro l’altra a raffica. onti che si adattano benissimo a qualsiasi situazione ed in Stavano sempre in agguato dietro l’angolo, spesso camuffate qualsiasi ambiente. La Cina è stata senza ombra di dubbio da imprevisti, a volte da problemi che inizialmente semil paese che più ci ha colpite sotto vari aspetti: linguistico, bravano anche insormontabili. paesaggistico, culturale, politico. Ogni situazione critica, però, si Appena arrivati in Cina, ci viene è sempre trasformata in un’espeimposta una guida che in real«Durante il nostro viaggio rienza positiva: un incontro inatà ha il compito di impedirci di spettato, un luogo in più visitaentrare in zone proibite. Abbiaogni situazione critica to, un’amicizia nuova, un sorriso mo impiegato mesi per ottenere ricevuto. i documenti necessari per poter si è sempre trasformata Il viaggio per noi è così, lo abentrare in Cina con la nostra in una esperienza positiva» biamo imparato strada facendo. macchina e ricevere approvazioÈ un po’ come una droga, una ne sull’itinerario da percorrere. volta partiti non si riesce più a Fin da subito ci è stato chiarisfarne a meno. Ad un certo punto addirittura non sembra simo che sarebbe stato difficile, se non impossibile, comupiù nemmeno importante la destinazione, basta solo connicare con le persone. Mentre in tutta l’Asia Centrale e la tinuare ad andare. Russia avevamo ormai imparato a leggere i cartelli stradali Non ci pesa lasciare amicizie ed affetti a casa, perché sapin cirillico, qui ci sembra davvero impossibile riuscire ad piamo che se sono autentici li ritroveremo al nostro ritorno. imparare i complicatissimi ideogrammi che sono le uniche Non ci pesa partire con uno zaino e pochi vestiti, lasciando indicazioni sui cartelli stradali, sulle insegne di alberghi e a casa trucchi e scarpe con il tacco. Non ci pesa lasciare le ristoranti. 66

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PROTAGONISTE

Silvia Gottardi e Mariella Carimini in un momento di relax sulla muraglia Cinese.

In Cina capiamo quanto il Governo sia una presenza costante e pesante nella vita di tutti i cinesi, condizionandoli e spaventandoli. Molti di loro addirittura non volevano neanche darci indicazioni o parlarci per paura che potessimo portare solo guai. Esistono addirittura alberghi dedicati ai turisti, anche se di turisti occidentali ne abbiamo incontrati davvero pochi in Cina. Ma alla fine il nostro sorriso è sempre riuscito a fare breccia nel loro cuore. Come quella volta che siamo riuscite, nonostante siamo donne, a dormire nella cella di un monaco tibetano: forse l’esperienza più bella ed autentica di questo viaggio. Per ringraziarli dell’ospitalità gli abbiamo regalato degli occhiali Nike Vision, pensando che non li avrebbero mai indossati. Invece li indossano subito e iniziano a mettersi in posa per divertenti scatti fotografici. Appena entrate nella regione dello Xinjiang, davvero non >>

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ci sembra di essere in Cina. Non ci sono i templi tipici, le persone non parlano cinese, i tratti somatici sono molto più simili a quelli dell’Asia Centrale e sono tutti musulmani. Tutto questo lo vedremo solo dal Ganzou in poi. Lo Xinjiang ci riserva la città vecchia di Kashgar, il mercato di Giada, il deserto Taklamakan con le sue dune di sabbia, Turpan e la valle dell’uva irrigata con il sistema Karez fino ad arrivare, al limite della regione nel posto che più ci è piaciuto nell’intero viaggio: la ghost city, una Monument Valley in miniatura. Una distesa di sabbia con formazioni rocciose qua e la dalle mille forme (tartaruga, cavallo, sfinge, castello). Ci arriviamo al tramonto e ci godiamo le sfumature di rosso che assumono queste rocce mentre prepariamo il nostro campo per la notte. Passiamo la serata ad ammirare le stelle in compagnia di uno strano topino dalle orecchie enormi che pare aver apprezzato il nostro cibo liofilizzato (quest’anno, grazie al nostro sponsor Ferrino, abbiamo davvero mangiato bene sostituendo scatolette di tonno e mais con pollo al curry, risotto con verdure, spezzatino di patate e carne, uova strapazzate). Io addirittura preferisco dormire all’aperto come un bruco nel mio caldissimo sacco a pelo invece che nella tenda, da dove non si può ammirare questo cielo incredibile. Quando entriamo nel Ganzou capiamo immediatamente

«Il bello di trascorrere la notte dormendo all’aperto, dentro un sacco a pelo, guardando il cielo stellato» che il nostro viaggio attraverso la Cina non sarà solo un viaggio culturale ma anche gastronomico. Così visitiamo le altissime dune di Dunhuang, le grotte di Mogao, la fortezza di Jiayuguan da dove inizia la Grande Muraglia, il Buddha sdraiato più lungo di tutta la Cina (ben 35 mt), il Tempio tibetano di Labrang, l’esercito di Terracotta, il Tempio Shaolin (dove abbiamo anche fatto un corso massacrante di Konfù), , la città vecchia di Pingyao, il Tempio sospeso, le grotte di Datong, la Grande Muraglia e poi la meravigliosa Pechino. E nel frattempo assaggiamo le prelibatezze cinesi tra dumpling, panini al vapore, noodles tagliati, melanzane alla salsa di ostriche, pollo gonbao, verdure condite nei modo più disparati, maiale con l’aglio, spiedini di uova di quaglia, >>

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DUE TRENTENNI E LA VOGLIA DI VIAGGIARE «Prima di tutto siamo due grandissime amiche... poi siamo anche colleghe di lavoro visto che assieme abbiamo fondato un’agenzia di organizzazione eventi a Milano: TOP1. Siamo due sportive incallite: Mariella un’amazzone provetta e maratoneta da 3,45h di personale, Silvia una campionessa di basket che ha vestito la maglia della Nazionale Italiana. Non riusciamo mai a stare ferme più di 5 minuti perché siamo sempre alla ricerca di nuove meravigliose esperienze. Cosa abbiamo di speciale? La voglia di girare il mondo a bordo della nostra Gazzamobile rosa, la sete di avventura e la voglia di aiutare chi non è fortunato come noi!». info@donnealvolante.com MARIELLA CARIMINI. Dopo alcuni anni da product manager in un importante gruppo editoriale italiano, ha poi seguito quella che è sempre stata la sua passione e predisposizione naturale, approdando in un’importante agenzia di organizzazione eventi di Milano. Nel 2007 apre la sua TOP1. Le sue grandi passioni sono gli animali, i viaggi, l’equitazione e, ultima arrivata ma non meno importante, la corsa. SILVIA GOTTARDI. Già da piccola esplode il suo grande amore per il basket. La carriera da cestista professionista la porta in tutta Italia e non solo. Conquista nel 2000 lo Scudetto con Priolo e la Supercoppa Italia giocando nella Pool Comense, Scudetto e Coppa d’Inghilterra nel 2005 e vanta numerose presenze in Nazionale. Nel frattempo si laurea in Marketing Sportivo alla Cattolica di Milano e consegue un Master in Marketing Management alla MMU di Manchester (UK). 70

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«Pur essendo due donne siamo riuscite a dormire nella cella di un monaco tibetano, l’esperienza più bella del viaggio» anatra alla pechinese, pelle di zampa di anatra. Finalmente arriviamo a Chongli, una regione vicino a Pechino dove si trovano i 5 villaggi che aiuteremo con i fondi che abbiamo raccolto per Actionaid. Questa esperienza doveva essere una delle più importanti e toccanti del viaggio e invece si trasforma in un’esperienza bruttissima perché ci scontriamo con il Governo e le sue ottuse decisioni. Ci accoglie una famiglia che beneficerà del nostro progetto e sono felicissimi di averci li per 2 giorni. Ma dopo poche ore arriva una telefonata dal Governo Locale che ci obbliga ad andare via per questioni di sicurezza. Siamo davvero amareggiate e tristi, ma anche arrabbiate. Non capiamo davvero come sia possibile che nessuno faccia niente per aiutarci, è talmente tanto il terrore delle ripercussioni che potrebbero avere se decidessero di opporsi al volere del Governo che non discutono neanche e ci mandano via il più velocemente possibile. Questa esperienza è stata traumatica ma alla fine penso sia stata preziosissima perché ci ha fatto conoscere in prima persona la reale situazione.

INCONTRI

Oltre alla scoperta di luoghi fantastici ogni viaggio è anche l’occasione per incontri e scambi di culture diverse.

L’altro trauma è che dopo 21 giorni di viaggio in questo immenso paese dobbiamo, per la prima volta, abbandonare la nostra 3008 HYbrid 4 che viaggerà dentro un container fi no a Fukuoka in Giappone. I 5 giorni a Pechino sono stati davvero frenetici ma nonostante tutto ci è mancata da impazzire la guida e non vedevamo l’ora di tornare on the road.

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IL CARNET DI VIAGGIO Testi di DANIELA MAMBRETTI Illustrazioni e foto di Maya Di Giulio

ECCO COME NON PERDERE I RICORDI DI UNA VACANZA. MAYA DI GIULIO, ARTISTA COMASCA E VIAGGIATRICE INSEGNA COME CREARE FANTASIOSI QUADERNI ARTISTICI DA CONSERVARE COME MEMORIA DI OGNI AVVENTURA mag

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FANTASIA

Per realizzare un Carnet di viaggio non serve avere particolari doti artistiche, quanto piuttosto la capacità di cogliere l’intensità di una emozione.

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ricordi di viaggio diventano unici e indimenticabili se a raccontarli sono un taccuino, penne, pastelli o acquerelli, qualche fotografia, ma soprattutto la voglia di esprimere quell’innata indole creativa che abita ciascuno. Maya Di Giulio, artista comasca, instancabile viaggiatrice e autrice delle immagini del carnet di viaggio Hong Kong, passaggio a sorpresa nel Porto dei Profumi (Fbe Edizioni), insegna come creare i fantasiosi quaderni artistici, organizzando veri e propri corsi “in loco” con destinazione Marrakech, in Marocco, e Kathmandu, in Nepal. Preziosi reperti come biglietti d’ingresso di musei o monumenti, scontrini, timbri, involucri pittoreschi o vecchi francobolli sono i semplici strumenti per creare un carnet de voyage: ogni piccolo pezzo diviene memoria e testimonianza tangibile di un itinerario speciale. Non è necessario avere particolari doti artistiche, perché le qualità necessarie alla creazione di un carnet di viaggio non stanno negli schizzi d’autore o nella precisione delle pennellate, ma piuttosto nella capacità di cogliere e fermare l’intensità di un’emozione, con l’aiuto di colori e tratti veloci, secondo quanto ciascuno può esprimere senza inibizioni o complessi. 76

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PASSIONI DA ILLUSTRARE Irrinunciabile strumento per i grandi viaggiatori del passato, il carnet di viaggio, genere editoriale molto apprezzato in Francia, si sta diffondendo rapidamente anche in Italia, anche grazie a appuntamenti come Matite in viaggio - Carnets Disegni Parole che si tiene a Mestre e al quale ha partecipato, per l’edizione 2012, anche Maya Di Giulio. Nel 2009, in occasione di Parolario, ha esposto alla mostra Dal deserto al design e ha tenuto anche un laboratorio su come creare un taccuino di viaggio. Poi, nel 2011, sono seguiti altri appuntamenti milanesi, quali un corso tenuto alla libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte, uno alla libreria Equilibri e un altro al Club Camperio. «Il carnet di viaggio diventa l’espressione della sensibilità e dell’inimitabile linguaggio artistico che ciascuno di noi possiede per raccontare le sensazioni e il vissuto di un viaggio», spiega l’artista. Insegnante per molti anni di disegno per tessuti in una scuola d’arte di Como, Maya rinnova questa passione nel trasmettere i segreti del carnet anche a chi non è dotato di >>

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LA CREAZIONE

Maya di Giulio durante la creazione del proprio Carnet di viaggio.

un particolare estro artistico o dimestichezza con il disegno e con i suoi variegati strumenti. Tutto può concorrere a sigillare un momento irripetibile di incontro con luoghi e culture sconosciute: una scaglietta di legno trovato in un bosco incantato, la sabbia di un deserto indimenticabile, un fiore secco o un pezzo di stoffa raccolto su una spiaggia possono essere applicati, cuciti o incollati nel quadernetto, accanto ai disegni. Se poi ogni reperto è completato da un breve testo scritto a mano diventa uno strumento originale per conoscere e approfondire usi, costumi e tradizioni del popolo e dei luoghi visitati: ogni singolo pezzo apre una piccola finestra su un mondo prima sconosciuto e poi narrato con forme e modalità personalissime.

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CARNETTISTI SI DIVENTA «Ho pensato di mettere a frutto la mia esperienza di coordinatrice di viaggi-avventura anche per spiegare agli aspiranti carnettisti come si possono creare gli sketch-book. Così mi è venuta l’idea di organizzare i corsi proprio nei luoghi da raccontare e ricordare, come Marrakech, ricca di scorci suggestivi, o Kathmandu, immersa nei suoi gioielli architettonici. L’obiettivo è quello di far sentire i partecipanti il più possibile come dei veri e propri viaggiatori, attraverso un itinerario che difficilmente i tour operator off rono, assaporando pienamente i colori, i sapori e i profumi locali», continua Maya. Durante il soggiorno, che, nel caso, per esempio, di Marrakech, ha luogo in alberghetti caratteristici e in ristorantini frequentati dai marocchini e non in quelli lussuosi e turistici, i carnettisti apprendono le tecniche base per ritrarre particolari del paesaggio e imparano come cercare e scegliere i reperti da utilizzare per arricchire il quaderno. Poi, mettono in pratica quanto appreso, visitando i luoghi più segreti della città per fissarli sulle pagine, muniti di taccuino, strumenti e sgabellino. «I corsi sono frequentati anche da persone che non hanno mai disegnato in vita loro, convinte che non riusciranno a fare niente e che, invece, tornano felici a casa ciascuna con il proprio carnet di viaggio. In questi gruppi si crea un’energia particolare che trascina anche i più scettici e magicamente nascono dei piccoli grandi capolavori, magari con linee

Tutto serve per fermare i ricordi un pezzo di stoffa, un fiore, un pugno di sabbia, un corteccia trovata nel bosco storte e senza prospettiva, ma unici, personali e molto emozionanti anche per chi li ammira, tanto che sto pensando di raccoglierli tutti in un mostra ad hoc», confessa l’artista. Questo nuovo modo di fermare i ricordi di viaggio cambia il modo di osservare, di assaporare ogni attimo. Disegnare e raccogliere piccoli frammenti diviene un’esigenza, un’urgenza per non dimenticare e per sigillare ogni istante vissuto e questa nuova visione non si esaurisce nel viaggio. Resta impressa nel viaggiatore e diviene un piccolo patrimonio personale, un modo nuovo di avvicinarsi a mondi prima ignoti. Diviene, soprattutto, un itinerario speciale dentro sé stessi, alla scoperta di sensibilità, talenti o aspetti della propria personalità mai sondati prima. Per ammirare i carnet www.acquerelliinviaggio.blogspot.it.

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I GIOVANI

PER I GIOVANI LA FONDAZIONE PER LA COMUNITÀ COMASCA FINANZIA PROGETTI DI UTILITÀ SOCIALE. CASTIGLIONI: «IN QUESTO MOMENTO VOGLIAMO CONCENTRARE GLI SFORZI SULLE NUOVE GENERAZIONI, ATTRAVERSO PROGETTI PROMOSSI DAGLI STESSI GIOVANI E CON LA FINALITÀ DI CONTRASTARE IL DISAGIO DEI LORO COETANEI»

di LAURA D’INCALCI

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ome aff rontare il futuro? Mentre i tagli delle pubbliche amministrazioni rendono agonizzante il welfare e improbabile qualsiasi ottimismo, c’è chi non si limita a guardare lo sfacelo. Proprio analizzando le problematiche più attuali, Giacomo Castiglioni, presidente della Fondazione Provinciale della Comunità Comasca impegnata da oltre un decennio nel mettere in campo risorse che creano un ponte fra emergenze sociali e possibili risposte attivate dal mondo del non-profit, riapre il sipario sul futuro. «A pagare il prezzo più alto di questa >>

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GIACOMO CASTIGLIONI

Presidente della Fondazione per la Comunità Comasca.

situazione critica sono le nuove generazioni che si troveranno a vivere in una società più povera», avverte Castiglioni indicando linee di cambiamento anche nella programmazione dei progetti promossi dalla Fondazione. «Il ventaglio di iniziative da sostenere è sempre stato ampio, in passato abbiamo promosso l’impegno di associazioni dedite al recupero del patrimonio artistico, per esempio, o ad attività culturali e sociali in vari settori; oggi cerchiamo di proseguire senza perdere di vista il vasto arco di esigenze e di iniziative vitali nel nostro territorio, ma la massima attenzione è concentrata sui grandi cambiamenti della società e sui problemi che ne derivano, in particolare sul disagio giovanile». E quali idee sono in gioco? «Uno dei progetti presentati, intitolato “I giovani per i giovani” e destinato agli under 30, è imperniato sulla convinzione che in questo tempo di crescente disoccupazione proprio i giovani, specialmente se adeguatamente orientati e sostenuti nei loro percorsi formativi, rappresentano una importante risorsa, un punto di partenza decisivo per superare questa fase di crisi e costruire la società del domani» spiega il presidente della Fondazione descrivendo un’iniziativa innovativa, unica in Italia. Sono stati cioè messi a disposizione - attraverso un bando 82

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- 200mila euro per fi nanziare progetti di utilità sociale, promossi dagli stessi giovani, con la finalità di contrastare il disagio dei loro coetanei. «I ragazzi non sono semplicemente beneficiari dell’iniziativa, ma reali protagonisti e vivranno un’occasione formativa in tutti i sensi, sia per l’approccio gestionale e operativo sia per l’opportunità di esprimere un’attività di volontariato rivolta ad altri giovani», precisa Castiglioni descrivendo una dinamica che incontra l’ipotesi che un giovane abbia una buona idea per contrastare il disagio giovanile e possa svilupparla proprio partecipando al bando. «Nel caso, il ragazzo potrà appoggiarsi ad uno degli enti non profit che hanno dato la loro disponibilità ad affiancare i giovani con forme di tirocinio. Oltre all’erogazione economica, la Fondazione mette a disposizione gratuitamente una serie di professionisti in vari campi, ai quali i ragazzi potranno rivolgersi per risolvere le problematiche che incontreranno» puntualizza, descrivendo i vari segmenti dell’articolato progetto che, a conferma del protagonismo dei giovani, affida anche la valutazione dei progetti presentati ad un comitato composto da studenti e coadiuvato dal personale della stessa Fondazione. Affi ancato da Monica Taborelli, segretario generale della


Fondazione, nella puntualizzazione dei vari passaggi rigopossono programmare soluzioni generali destinate a un’unirosamente inquadrati in regole e adempimenti burocratici ca categoria, ma occorre individuare un ambiente educativo, da rispettare, Giacomo Castiglioni che da una vita esprime un contesto familiare in grado di off rire una attenzione e una particolare sensibilità sul versante sociale conciliato con un accompagnamento a ogni singolo bambino» racconta il ruolo di imprenditore dell’azienda leader nel settore del citando una serie di esperienze già consolidate nel territorio, legno, torna ad allargare lo sguardo alla comunità sociale realtà che fanno riferimento a Padri Somaschi, Don Guamessa alla prova da una crisi che -come da più parti viene nella, Questa Generazione, Cometa, l’Istituto Immacolata ribadito- non trova la sua unica origine nella congiuntura Concezione di Erba e di Cantù, Coordinamento Comasco finanziaria. delle realtà per minori, Caritas, «Il focus della Fondazione è sul Forum delle Famiglie (e l’elenco tema della famiglia», afferma potrebbe continuare) che quotiI ragazzi non saranno soltanto quasi come vedesse improvvisadianamente organizzano un’acmente scorrere davanti agli occoglienza significativa attraverbeneficiari ma protagonisti chi una desertificazione di senso mirati percorsi educativi. E e vivranno una occasione timenti, di umanità, di aff etti segnalando un bando ad hoc, indispensabili in una comunità, dedicato ai “Centri diurni per formativa e di crescita personale fondamentali per l’educazione la prevenzione del disagio giodei fi gli. «I bambini e gli adovanile” che prevedono sostegno lescenti con genitori separati ai soggetti - comunità e famiglie subiscono in molti casi un abbandono affettivo dalle con- che accolgono i minori durante il giorno seguendoli nelle seguenze pesanti, crescono in situazioni lacerate da conflitti, attività scolastiche, sportive e ricreative. affidati a un solo genitore spesso senza lavoro, senza mezzi… «In tempi di drastici tagli già annunciati da parte dell’ amSu questi fronti si esige una particolare sensibilità, non si ministrazione locale anche su voci che riguardano il soste- >>

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Per la prima volta, enti diversi si uniscono per raggiungere un identico obiettivo: dare un futuro ai giovani gno alla famiglia e ai minori, le realtà educative del mondo no-profit arrancano, saranno costrette a ridurre iniziative e interventi» nota Castiglioni sottolineando implicitamente il ruolo determinante della Fondazione. Ma l’erogazione finanziaria di complessivi 200mila euro distribuiti ai diversi destinatari che si impegnano a raddoppiare il contributo secondo una regola collaudata che incrementa la responsabilità e il coinvolgimento sociale, non esaurisce la mission della stessa Fondazione della Comunità Comasca che ha assunto un compito sempre più creativo e propulsivo, interpretando i bisogni emergenti e ottimizzando le risorse. Va in questa direzione il rafforzamento di un lavoro condiviso, che sottolinea l’importanza della collaborazione in rete, di un patrimonio comune dal valore ben più consistente della somma delle singole esperienze: come guida e riferimento per le associazioni implicate nei progetti, sono stati coinvolti Luciano Zanin, presidente dell’Associazione Italiana Fundraiser e Bernardino Casadei, segretario generale Assifero che si occupa di enti di erogazione. «È la prima volta in Italia che si dà vita ad un’iniziativa che mette in rete diversi enti che, pur mantenendo precise

identità, promuovono una comune raccolta fondi - puntualizza Monica Taborelli - ma la vera novità, all’origine di programmazioni e inedite strategie, il valore aggiunto difficile da tradurre in dati numerici, bandi e progetti, si evidenzia quando il presidente Castiglioni racconta il riverbero più immediato, quello che probabilmente lo ha spinto a spendere diverse ore del suo tempo in un ufficio al quarto piano di via Raimondi. Girando nelle comunità di accoglienza, l’efficacia di queste esperienze da sostenere con ogni inventiva, mi balza al’occhio in tante facce: mi è capitato di vedere ragazzi dallo sguardo spento e triste, che nel giro di qualche tempo, hanno cominciato a sorridere…quasi non li riconoscevo». www.fondazione-comasca.it info@fondazione-comasca.it

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ulla tavola imbandita della casa di Carla Porta Musa non mancava mai un fiore, spesso infi lato in uno dei tanti recipienti fra le maioliche di famiglia, adattato per l’occasione. Era un segno di simpatia e di distinzione per gli ospiti del momento, chiamati a farle compagnia; mai uno solo perché la conversazione doveva svolgersi agevolmente fra più persone, scelte perché stessero a proprio agio fra di loro. E l’intento non era soltanto quello di rinsaldare amicizie, ma di acquistarne di nuove. Non una conviviale, ma un incontro senza formalità. Che però doveva obbedire ad un’etichetta ben precisa, ad un’educazione che faceva di quest’angolo tranquillo un ricordo d’altri tempi, di un’altra civiltà. Prima una breve conversazione vicino al camino, poi l’accomodamento intorno al tavolo, infine, prima del saluto, la conclusione dei discorsi avviati, quasi per trarne una morale, stabilire un proposito, preparare un nuovo incontro. Non era un cerimoniale vincolato da obblighi mondani, ma certo nemmeno un gingillarsi convenzionale da piccolo mondo antico. Carla teneva ad essere al centro di un ambiente sociale al passo con i tempi, di una rete di conoscenze che la teneva aggiornata e stimolata a sentirsi utile, a dare il suo contributo per nuove iniziative di cultura o di solidarietà in un luogo che per tanti anni l’aveva vista animatrice, >> non semplice spettatrice.

CARLA,

UN RITRATTO SENZA TEMPO di ALBERTO LONGATTI

IL BASSORILIEVO DI WILDT DONATO A GIANNINO PORTA, I VENERDÌ LETTERARI AL CARDUCCI E L’AMICIZIA CON FALCK mag

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L’Alinatiorae caus hocchicae turei incla L. Dicatif eculiqua consimihil convo, us, consulto isseren teribus re, nost auconox imuraveme tere maxim terunihilla ia? Paticam prit virmiss enteres sinerturobse terfecrei sesse neribus aur pertilia quo tu ina,

Nella casa di via Pessina, che sembrava fatta su misura per lei e certo aveva assorbito le sue abitudini anche nell’uso assiduo di taluni locali, lo studio, il soggiorno, la cucina, la camera da letto, non aveva mai invaso la parte idealmente segnata dalla severa personalità del marito, storico pediatra e autorevole primario ospedaliero, soprattutto lo studio/laboratorio dove campeggia, su una parete, un bassorilievo di Wildt raffigurante la madre e il bambino, dono dell’autore al dottor Giannino Porta che aveva salvato la vita al nipote, Vanni Scheiwiller, quand’era bimbo minacciato da una pericolosa malattia. All’ingresso, accanto alla porta verso la strada, su una targhetta non aveva posto il suo nome, ma lasciato quello del marito. Anche dopo la scomparsa del dottor Porta, quello era pur sempre il recapito al quale si rivolgevano, in certe ore stabilite, i pazienti che avevano bisogno di cure. E tale è rimasto. Ha abitato per quasi ottant’anni nella villetta di via Pessina, assediata dall’incessante crescita urbana, accerchiata da palazzi ben più alti. Ma, come ha rivelato durante una conversazione, la sua vera casa, alla quale si sentiva sentimentalmente legata per sempre, è stata la villa dei genitori in via Borgovico, cancellata per lasciar il posto ad un altro edificio. «Quando sogno - diceva - e mi capita spesso, torno sempre lì». Una dimora elegante, di origine settecentesca, adattata da un cugino dei Musa, l’architetto milanese Cesare Mazzocchi, dove il padre adorato da Carla, l’ingegner Enrico Musa, riceveva pressoché quotidianamente personaggi della cultura «che parlavano di cose straordinarie, da ascoltare a bocca aperta per una bambina» (è ancora lei che 88

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Realizzato l’ultimo desiderio. Carla Porta Musa riposa nel cimitero di Portofino a strapiombo sul mare parla). L’educazione della scrittrice proviene tutta da lì, da quegli incontri fatati, in clima altoborghese, che si sarebbe poi trasmesso a Carla attraverso gli studi giovanili all’estero, in collegi a Londra, Parigi, Losanna. E che avrebbe dovuto poi trovare nelle sale dell’istituto Carducci, fondato da Enrico Musa, una sede d’irradiazione delle idee. Si può dire che Carla abbia completato la sua formazione fra quelle mura, soprattutto organizzando nel 1925 i “venerdì letterari” in collaborazione con Carlo Linati, suo primo referente culturale prima che arrivassero Carlo Saggio, Ettore Allodoli ed altri letterati di fama a darle consigli. Ma l’autore di “Passeggiate lariane” fu anche qualcosa di più, se è vero, come sosteneva lei, che chiese la sua mano, a dispetto della forte differenza d’età. Una galanteria, rifiutata con gentilezza, che fu il preludio di una lunga amicizia. Carla restò sempre fedele al ricordo del suo antico pretendente. E quando decise nel 1997 di far rinascere i “venerdì letterari” il primo ad intervenire, Dante Isella, venne pregato di comporre un ritratto proprio di Linati. I nuovi cicli dei “venerdì letterari” in Biblioteca durarono dieci anni, invitando numerosi intellettuali di pri-


mo piano. Le diedi una mano nell’organizzazione, ma era lei a formulare gli inviti, spesso con una semplice telefonata. «Sono Carla Porta Musa e le chiedo di venire a Como», diceva con voce flautata, orgogliosa del suo “bel nome”. E nessuno osava dirle di no. Non fu questo, comunque, il maggior contributo della Signora alla cultura comasca, se lo paragoniamo al varo nel 1957 del Premio letterario dei Laghi, che aff ratellò Como e Lugano insediando una giuria ricca di nomi illustri, da Francesco Flora a Marino Moretti e Francesco Casnati. Per non accennare almeno agli interventi a favore del paterno “Carducci”, fra cui la sottoscrizione per ridare fi ato all’organo che appartenne a Marco Enrico Bossi, o la fondazione, accanto a Luisa Parisi, del Soroptimist club lariano. Tutto, ogni particolare degli episodi che hanno contrassegnato la sua lunga vita, i personaggi che ha conosciuto ma anche i più minuti momenti trascorsi con qualcuno, è minuziosamente documentato nei suoi scritti, tanto più freschi e spontanei quando si coagulano nel periodare asciutto di una “prosa d’arte” memore degli insegnamenti linatiani. Nei romanzi, poi, ha paragonato il suo destino a quello degli altri, ha vissuto con l’immaginazione altre esistenze. Negli ultimi anni, si è concentrata su una sola famiglia, seguendo quanto capitava a ciascuno dei suoi membri, dai genitori ai fi gli ai nipoti, un giorno dopo l’altro. Fino al loro decesso, che tuttavia non è mai totale. Perché la fi ne è seguita da un “dopo”, si nutre dell’eredità lasciata, di affetti, di idee, di consigli, di esempi, che permane nel tempo.

Da sempre, ben prima di varcare la soglia dei cent’anni, festeggiata dalla città soprattutto con una manifestazione al Teatro Sociale governata da Alberto Falck, si era preparata spiritualmente a morire. Proprio lei, così amante della vita, che considerava ogni giorno un dono. E quando dovette rinunciare al sogno di possedere un “buen retiro” a Portofino, luogo privilegiato dei suoi primi trasporti sentimentali fi n dal 1918, volle almeno che diventasse la sua ultima dimora, al cimitero in collina, accanto alla chiesa di San Giorgio. Nel 1947, alla vigilia di Pasqua, ottenne la concessione. «Il benessere che ne provai subito - ha lasciato scritto - fu proprio un benessere fisico, come dopo un’operazione andata bene. A distanza di qualche giorno, divenne anche morale. Chi lo sa per quale ragione, il pensiero di quel piccolo spazio tutto mio, solo mio, che mi avrebbe contenuta in quell’atteggiamento di “fi nalmente in pace”, mi ridava la serenità». La faceva sentire più vicina al padre, al quale aveva dedicato un affettuoso dialogo a distanza , “Il tuo cuore e il mio”. Il suo desiderio è stato appagato. La tomba, rimasta vuota per tanti anni ben oltre anche le sue previsioni, ora ne custodisce le spoglie. Sulla pietra tombale di ardesia campeggia la semplice dicitura “Carla Porta Musa, scrittrice”. Poco lontano, si eleva il cofano della tomba di Nedo Nadi, mitico schermitore. Sotto, dopo un picco a strapiombo, il mare. E quando non c’è più nessuno nel piccolo cimitero dove i visitatori sono sempre numerosi e si placa durante le funzioni religiose anche il sussurro delle preghiere, nel silenzio si sente, come un palpito del cuore, lo sciabordìo delle onde che battono sulla scogliera.

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ASSICURO LA VITA di LAURA D’INCALCI

SILVIA ZANOTTA È LA PRIMA DONNA DI COMO A RICEVERE IL “MILLION DOLLAR ROUND TABLE” PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO NEL MONDO ASSICURATIVO INTERNAZIONALE CUI ACCEDE SOLO L’1% DEI CONSULENTI A LIVELLO MONDIALE mag

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ortare la bandiera italiana di fronte a oltre quattromila rappresentanti di 80 paesi del mondo per me è stata un’emozione fortissima... E dire che non mi sono mai sentita particolarmente patriottica». A vivere qualche istante di gloria, non solo personale, è Silvia Zanotta entrata nel Club dei migliori assicuratori del mondo e partecipe all’evento organizzato lo scorso giugno in California per l’edizione 2012 della Million Dollar Round Table. Prima donna di Como a ricevere il prestigioso riconoscimento nel contesto internazionale cui accede solo l’1% dei consulenti assicurativi a livello mondiale, la Zanotta svolge la professione di Life Planner su tutto il territorio non solo lariano, ma nazionale, per conto del gruppo assicurativo Pramerica.

«Al primo posto c’è la persona e la ricerca di strategie che rispondano al bisogno e offrano soluzioni adeguate» A moltiplicare l’emozione e la sorpresa nell’aver tagliato il significativo traguardo c’era anche una decisiva scommessa che la Zanotta aveva ingaggiato con se stessa già da alcuni anni. “Mi ero sempre sentita baciata dalla sorte, ma ad un certo punto ho deciso di misurarmi con la realtà senza sconti e privilegi” ammette la protagonista dell’evento che si è svolto dal 10 al 13 giugno nella città californiana di Anaheim, chiarendo la diretta connessione fra la propria storia e la nota azienda italiana della quale porta il nome, leader nel settore dell’arredamento, inconfondibile per il contributo all’evoluzione del design italiano già a partire dagli anni Cinquanta. 92

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«Giovanissima, ancora ai primi anni di università, avevo iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia - prosegue - Mi consideravo una privilegiata imboccando una strada che altri avevano spianato e sulla quale la mia carriera sarebbe stata indubbiamente facilitata» ammette, sempre in riferimento al proprio indissolubile legame con il mondo dell’arredamento e con il successo sigillato dal marchio che si è imposto per il design d’avanguardia. La “poltrona sacco”, per esempio, fra le realizzazioni che fanno rimbalzare la notorietà dell’azienda di famiglia, può diventare un simbolo di quella coincidenza troppo facile fra un prodotto d’altissimo pregio e originalità e un destino personale radicato nella prestigiosa storia che Silvia Zanotta continua ad apprezzare e a considerare con un certo orgoglio: «Non ho mai voltato le spalle a quel mondo aziendale ricco di progetti, di intraprendenza che mi ha certamente regalato molte occasioni di crescita», nota ricordando gli anni nei quali aveva svolto un ruolo interessante in Zanotta Edizioni (nuova linea di prodotti inaugurata dall’azienda nel 1989) occupandosi di comunicazione, promozione eventi e settore commerciale. «Ancora oggi le prime riviste che non possono mai mancarmi sono quelle d’arredamento» dice rendendo davvero difficile immaginare il suo passaggio da un ambito professionale che potenzia stile e creatività a quello imperniato sulle polizze e il rigore di calcoli, previsioni e investimenti. Sorride infatti divertita la Life Planner ricordando la telefonata di Lorenza Rossi, «una carissima amica oltre che valida imprenditrice ora manager di Pramerica» che le segnalava una prospettiva interessante nel ramo vita delle assicurazioni. «Credevo fosse uno scherzo, tanto ero lontana da un’ipotesi del genere - dice - Nella mia mente la fi gura dell’assicuratore prendeva la forma di un tipo metodico, vestito di grigio, più che altro preoccupato di tabulati da commisurare con ipotesi imprevedibili». E invece che tipo di professione ha scoperto? «Devo ammettere che ero completamente fuori pista. E soprattutto mi sono chiesta: “Voglio davvero rimboccarmi


IL SUCCESSO

Silvia Zanotta è entrata nel Club dei migliori assicuratori del mondo e ha partecipato all’evento svoltosi in California, per l’edizione 2012 della Million Dollar Round Table.

le maniche e mettermi alla prova?” Ho fatto cadere i pregiudizi e ho scoperto un mondo che non conoscevo». Quali sono gli aspetti interessanti della nuova carriera? « Al primo posto c’è il valore della persona, la ricerca di strategie che rispondano al bisogno di sicurezza e alle aspettative che cambiano da una situazione all’altra. Quindi la mia attività mette in primo piano le relazioni umane, la capacità di intercettare le reali esigenze della gente e di off rire soluzioni su misura». E in pratica? «Come Life Planner di Pramerica mi occupo della protezione della famiglia e dell’impresa proponendo polizze innovative e costruite sull’analisi dei bisogni di ciascun cliente, per arrivare così a soddisfare le diverse necessità delle persone e degli imprenditori Quando sei davanti a una persona, interpellato come “pianificatore di vita”, diventi un compagno di cammino attento ai passaggi cruciali del suo percorso, alle sue attese, aspirazioni, sogni». Quindi il suo successo professionale, ultimamente decretato dalla partecipazione all’edizione 2012 della Million Dollar Rouund Table che l’ha qualificata fra i migliori assicuratori del mondo, non fa leva solo sui risultati relativi al business? «No, la prerogativa più importante è quella legata all’etica, alla capacità di intercettare una domanda di sicurezza e di benessere e di trovare adeguate soluzioni». E come verifica questo risultato? «Sono gli stessi clienti a dare un riscontro inequivocabile, che il più delle volte si rinnova nel tempo man mano che le situazioni cambiano, si evolvono. Mi ha chiamato giorni fa un papà: “Sono di nuovo incinto” ha detto in modo scher-

zoso invitandomi a studiare un nuovo piano assicurativo. E tempo fa mi ha colpito l’espressione soddisfatta di un altro papà che mi confidava: “Sono più sereno sapendo che se mi dovesse succedere qualcosa, la mia bambina non perderà la casa”». Ma l’obiettivo di un assicuratore resta pur sempre la stipula di una polizza... «Non è detto» reagisce Silvia Zanotta, che era nata con la camicia, ma a 45 anni (cinque anni fa) ha deciso di ricominciare la sua avventura umana e professionale. «Mi è capitato un caso, due coniugi senza figli che volevano garantirsi al meglio per il futuro... Vagliando la loro situazione patrimoniale ho verificato una totale simmetria, cioè la morte di uno dei due non avrebbe comportato nessun cambiamento nel tenore di vita del coniuge superstite. Ho sconsigliato la stipula di una polizza...inizialmente erano rimasti un po’ perplessi, quasi delusi. Poi hanno capito, hanno ringraziato».

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L’ARTE

È MOVIMENTO di STEFANIA BRICCOLA

GREGORIO MANCINO È L’INVENTORE DELLA MOVIMENTART, HA DIPINTO NELLE CARCERI, NEI REPARTI PEDIATRICI DEGLI OSPEDALI, SU UN AEREO IN ASSENZA DI GRAVITÀ E SUL MURO DELLA DISCORDIA NELLA CITTÀ DI GERUSALEMME 94

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regorio Mancino è un artista che sa parlare al cuore. Ha l’abitudine di portare la sua pittura in luoghi insoliti e dice che la cosa più importante è l’azione. Ha dipinto nelle carceri, nei reparti pediatrici degli ospedali, su un aereo in assenza di gravità e sul muro della discordia tra Abu Dis e Gerusalemme. Comasco, con studio a Milano sui Navigli, e fiero autodidatta, con una predilezione per il colore e il riciclo dei materiali, Gregorio Mancino è l’inventore del-


la Movimentart. La sua arte si declina “in movimento” racconta Gregorio - ha lanciato un urlo che si è sentito in nella bellezza dell’istante che cattura brandelli di umanitutto il palazzo. Non so se era in segno di approvazione. tà. Il pittore, nato a Mariano Comense nel 1963, sarebbe Comunque da quando viaggio con quest’auto, mi accorgo piaciuto ai futuristi, ma anche a Jack Kerouac che sulla che è come girare in Ferrari. Tutti si voltano a guardarmi. strada avrebbe ritrovato un compagno, a caccia di sentiTutta la vogliono». L’artista è cresciuto rubando i segreti menti, travolto dall’ansia di partire. Gregorio è sempre di del mestiere agli artigiani della Brianza e poi facendo il racorsa, ma vuole essere una presengazzo di bottega sui Navigli, za significativa nella pazza folla e nell’atelier del pittore impresrecuperare il contatto umano. Ha sionista Arturo Reggiani, do«ho rubato il mestiere dipinto camminando su una scala ve ora ha il suo studio. «Qui mobile, muovendosi sui pattini a Alda Merini - ricorda Gregoagli artigiani della Brianza rotelle nelle piazze, nei centri comrio - veniva spesso a trovare il facendo il ragazzo di bottega merciale, nelle stazioni della memio maestro. Era una donna tropolitana e negli aeroporti. Vuole simpatica a dispetto di tutte sui Navigli di Milano» accorciare le distanze tra le persole sue disavventure. Non ho ne, comunicare, regalare attimi di mai abbandonato questo luogioia. E ci riesce con i suoi dipinti go che ancora custodisce un essenziali dai colori accesi realizzati in un batter d’occhio. pezzo della vecchia Milano e il ricordo del mio mentore». Questo eterno ragazzo dalla tuta colorata, a suon di penVerso la fi ne degli anni Novanta l’artista si accorge che la nellate, si reca in ogni angolo d’Italia con un’automobile, sua pittura cambia stile con un’espressione caratterizzata dipinta fi no all’inverosimile, che è la miglior testimonial dal gesto e dalla pienezza del colore. Il suo percorso ha una del suo universo creativo. «Quando mia madre l’ha vista svolta giusto quindici anni fa, dopo un viaggio in India. >>

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«Dopo quel periodo intenso - ricorda Gregorio - ho capito non vedeva l’ora di usare i pennelli. Ho dipinto al Bassone che potevo guidare la macchina della mia vita ed essere con i detenuti alcuni murales nelle sale adibite ai colloqui utile al mondo. Ho scoperto di avere un dono e di volerlo e nell’area dei camminamenti esterni. Davo semplici indicondividere con gli altri. Quando nel 2005 sono stato a cazioni che loro seguivano». C’è un desiderio profondo di dipingere “Knocking for peace” sul muro della discordia condivisione che anima le performance e le azioni sociali ad Abu Dis, raffigurando una colomba con dei bambini e dell’artista spesso impegnato in varie iniziative benefiche un pugno che bussa, l’ho fatto per dare un messaggio forte e umanitarie che lo vedono di volta in volta al fi anco di nel segno della pace che va oltre le divisioni fra israeliani Amref, Unicef, Dottor Sorriso, Omeoart, Medicuore, Tee palestinesi. Anche Raimond Pannikar mi aveva raccolethon e altre realtà. «Mentre dipingevo negli ospedali per mandato di stare attento perché c’era di mezzo la politica, bambini - continua Gregorio - mi sono accorto che potevo ma io sono andato fino in fondo fare di più. L’ho capito quando a completare l’opera». E con la un piccolo ricoverato non voleva stessa determinazione, tipica di tornare a casa perché desiderava «Che soddisfazione vedere un moderno don Chisciotte che aiutarmi a finire di dipingere realizza sogni impossibili, sono il muro del reparto. Allora mi un paziente in ospedale nate altre opere, come quelle sui sono reso conto di quanto fosse che non voleva andare a casa muri del reparto di neonatoloimportante sorridere e mi sono gia dell’Ospedale Macedonio messo un naso rosso da clown per finire un disegno in corsia» Melloni a Milano e alla casa cirper divertire i piccoli pazienti». condariale del Bassone a Como. In questa avventura entra anche «È stato emozionante - osserva l’incontro con Patch Adams, il Gregorio - lavorare nelle carceri sia femminili che maschili. medico vestito da pagliaccio che ha portato lo humor negli Non mi sono mai chiesto perché i detenuti fossero lì, ma ospedali. Si tratta dell’inventore della clownterapia, per ho pensato che erano soltanto uomini e potevano vivere dirla in breve, o meglio di un paladino dell’umanesimo un’esperienza creativa di gioia. Ho scoperto che una racreativo. «L’importante - sottolinea Gregorio - è non lagazza in cella si arrangiava con spazzolino e dentifricio e sciare sole le persone. Patch mi ha insegnato a trasmettere 96

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L’ARTISTA ALL’OPERA

Gregorio Mancino: «Mi sono sempre stati a cuore gli spazi pubblici. A Como vorrei dipingere quei recinti che hanno preso il posto del muro sul lungolago». A sinistra: Una realizzazione di Gregorio Mancino: «Nella conchiglia della Provincia il Mag... come una perla».

serenità e a cercare di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. La vita è un’avventura che si aff ronta in modo attivo. Lui non ha nemmeno la e-mail. Spesso mi accorgo che la gente non vive la propria esistenza perché è troppo indietro o avanti rispetto alla sua età. Il dialogo con un bambino è fondato sul cuore e sulla sintonia istintiva che riesci a stabilire. Nell’arte la morte non esiste. L’opera è immortale e va oltre l’artista». Tra i futuri appuntamenti di Gregorio Mancino ci sono la realizzazione di murales in un reparto di terapia intensiva a Bruxelles e l’inaugurazione del nuovo ospedale modello di Patch Adams in Virginia. Ci andrà con Christian Boiron, patron dell’omonima azienda di medicinali omeopatici, che cita l’artista nel libro “Siamo tutti nati per essere felici” accanto al dottore americano. Gregorio Mancino ha dipinto gli interni degli uffici della sede italiana di Boiron a Segrate, interagendo con i singoli dipendenti in modo ludico e appassionante. Ad esempio, per una manager ha disegnato un drago che sputava fuoco mentre un pompiere spegneva le fi amme. Poi è stato chiamato nelle altri sedi dell’azienda, a Lione e a Bruxelles, dove ha portato la forza contagiosa del suo spirito creativo riuscendo a conquistare

tutti in pochi istanti con umiltà e gioia. E ha contribuito ai vari progetti di Omeoart, l’associazione nata da un’intuizione di Francesca Bianucci e Alberta Mantovani, che vuole creare un dialogo fra arte e omeopatia. La ricerca di luoghi insoliti e dell’empatia con la gente nell’arte di Gregorio Mancino non conosce limiti e confi ni. Tra le sue imprese c’è stata la performance in assenza di gravità, realizzata nell’aprile 2007, per fi nanziare la ricerca. La missione si è svolta volando su un aereo della Nasa “Zero G”, partito dal John Fitzgerald Kennedy Space Center a Cape Canaveral, in cui il nostro eroe ha realizzato cinque disegni a pennarello saltellando qua e là. Se non è Moviment Art questa! Poi ci sono i viaggi in Africa per costruire pozzi, fi nanziare ospedali e portare l’uso sapiente del riciclo nei villaggi, con giocattoli e opere d’arte. E ancora, ci sono le performance pubbliche autorizzate con i graffitari a Milano. «In giro c’è troppa protesta - afferma lapidario l’artista - e poca azione. Non giudico i writer, ma è necessario essere propositivi. Mi sono sempre stati a cuore gli spazi pubblici. A Como vorrei dipingere quei recinti, che hanno preso il posto del muro, sul Lungolario, ma non ho voglia di tirare la giacchetta ai potenti. Non fa pare del mio carattere. Vorrei solo fare un omaggio a Como, alla mia città e al lago, che amo da sempre». I colori per Gregorio assumono un preciso significato. Il prediletto arancione simboleggia il cuore perché sta fra il rosso, che è sinonimo di passione, e il giallo che assume i toni della pazzia. Il verde è metafora della parola e della voglia di comunicare. Il viola significa guardare avanti e non ripiegarsi su di sé. E osservando un’esistenza così ricca di generosità, ci si accorge che la vita è troppo breve per essere egoisti.

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IL CANTAUTORE PIZZAIOLO di PIETRO BERRA, foto Carlo Pozzoni

di ANDREA CAVALCANTI

MARIO BARGNA, CANTANTE E CHITARRISTA DELLA BAND DEI SUCCO MARCIO CON I QUALI HA INCISO TRE CD, ALLA SFIDA DA CANTAUTORE SOLISTA. INTANTO, CON ANIMO ROCK, LAVORA FELICE “DA QUINTO” IN VIA MILANO BASSA... mag

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Esordisce il cantautore pizzaiolo: «Sin dalle scuole medie mi sono avvicinato al rock, dopo quattro anni di pianoforte alle elementari da Pistorello che mi sono serviti per la ritmica e l’orecchio per le composizioni. Ho formato la prima band, i Bravi Ragazzi, nell’88 a Intimiano. Nell’89 segue la prima demo, “Non ci credo”. È nel 2000 che prevale l’animo punk: entro nei Succo Marcio di Como. Siamo in quattro: Alessio Senesi e io a voci e chitarre, Marco Campoli al basso e Silvio Mason alla batteria. La band resterà una delle più suite e scaricate dal web del panorama musicale emergente italiano e esiste tutt’ora, anche se ognuno di noi segue un suo personalissimo progetto punk». Il tempo di tagliare e servire un trancio di prosciutto e funghi. Poi, il punk rocker Mario Bargna non sconfessa questa esperienza: «Devo molto ai Succo Marcio: con loro ho pubblicato tre album - “Succo cocktail tropicale all’arancia” (2001), “Anche lei sarà come tutte le altre?” (2004) e “Campione do mundo” (2006) - ho girato l’Italia, nel 2005 mi sono esibito sul main stage dell’Heineken Jammin’ Festival a fianco di Garbage, Green Day e R. E. M. e nella tournée di Milano Concerti. Poi, grazie alle selezioni provinciali di un concorso, mi sono guadagnato la possibilità di esibirmi sul palcoscenico di una tra le più significative manifestazioni rivolte al sociale nella provincia di Como al fi anco di artisti del calibro di Niccolò Fabi, Alberto Fortis, Irene Grandi, Gatto Panceri, Elio e tanti altri big della musica italiana ottenendo numerosi apprezzamenti per la freschezza delle mie composizioni... Tutte esperienze bellissime che, prima o poi, riuniremo in un dvd». Ma il Mario Bargna musicista l suo nome è tutto il giorstava già cambiando: «Nell’auno sulla bocca della signo«Questo lavoro da pizzaiolo tunno 2006 si affaccia forte una ra Giuseppina e della figlia per me è proprio l’ideale, nuova esigenza: prevale il mio Luigia. «Mario, un altro lato più cantautorale. Dopo il ruoto di speck e zola...». «Maperchè mi lascia libertà frizzante esordio radiofonico di rio, manca la salsa...». «Mario, e molta creatività mentale» “Seguimi sulla A14” e “Morrialle 19 passano per un ruoto di son Hotel”, il primo febbraio margherita...». E pensare che, da 2008 esce il mio album d’esorragazzino, avrebbe voluto divendio da solista, “Prova a prendertare grafi co. Da quasi quattro mi”, prodotto da Antonio Gatti per Poci One e distribuito anni, invece, nasconde la sua chioma cotonata sotto un da Self, che vede collaborazioni di rilievo: la produzione cappellino da pizzaiolo. Sì, pizzaiolo “da Quinto” in via artistica di Umberto Iervolino (eccetto “Giovani di plastiMilano bassa. ca” e “Katie” arrangiate da Enrico Palmosi, che ha scritto il Il cantautore pizzaiolo. Può essere definito così Mario Barpezzo vincente per Emma nell’ultimo Sanremo), la partecigna, canturino, 31 anni il 13 aprile dell’anno prossimo, pazione di Alberto Fortis al piano in “Luna crescente” e di segno zodiacale ariete, fi glio unico di un artigiano e di Gatto Panceri per la stesura del testo di “Morrison Hotel”, un’operaia tessile, un diploma di geometra conseguito al inoltre dei musicisti Lele Melotti, Lorenzo Poli, Giorgio Sant’Elia di Cantù e tre corsi Enaip di grafica e scienza Secco e Stefano “Brando” Brandoni. Con “Prova a prendelle telecomunicazioni.

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MARIO BARGNA

Canturino, 31 anni, fa il pizzaiollo a Como ma la passione resta la musica da cantautore.

dermi” mi trovo impegnato così in un tour promozionale per la Penisola curato dalla Barley Arts...». Ma Mario tiene a sottolineare una cosa: la sua ammirazione per Alberto Fortis, al quale lo lega innanzitutto una sincera amicizia. «È stato per me un autentico “papà” musicale oltre che un ospite al piano nel primo album. Ho lavorato per lui come tour manager e backliner, ho imparato a conoscerlo bene. Ma, soprattutto, lo stimo tantissimo: credo sia un artista dalla sensibilità sopraffi na...». Il Bargna musicista non si esaurisce qui: «Nell’estate 2008, sono stato ospite di Omar Pedrini a “Cd Live” su Rai Due. Per diverso tempo, ho fatto il vee-jay sul canale di Sky Rock Tv, ho condotto numerosi programmi radiofonici per varie emittenti, prima fra tutte Ciao Como Radio. Inoltre, scrivo sigle per programmi radiofonici e pubblicità. E non è fi nita: sto registrando a Milano il mio nuovo album, il secondo da solista...I miei riferimenti musicali? Dai Green Day a Alberto Fortis...». Sì, Mario. Leva pure dal forno quel ruoto di pizza a salsiccia e funghi. Ma come fai a trovare il tempo per la musica? «Beh, questo lavoro da pizzaiolo per me è l’ideale: mi lascia tanta libertà creativa e mentale. E poi, sono in tanti che, a vedermi qui, mi riconoscono. “Ma tu non sei dei Succo Marcio?” mi chiedono spesso qui in pizzeria...». Già, la pizzeria “da Quinto” di via Milano bassa. Tutto il mondo di Mario Bargna, ora, ruota - in tutti i sensi intorno a lì. Ma come ci è arrivato? «Ne ero già cliente da una vita, conoscevo il signor Cosimo, purtroppo scomparso anni fa. La signora Giuseppina cercava un pizzaiolo fi sso: eccomi qui. Con lei, Luigia, Maria Teresa, Fabrizio... Mi sembra come di lavorare in famiglia, andiamo tutti molto d’accordo, mi trovo benissimo...Poi, qui in pizzeria, la simpatia è di casa...». Bene, Mario, ormai è tardi e la pizza è fi nita. Un caff è prima dei saluti. E’ tempo di pulizie e di chiudere. Chi vuole contattare Mario Bagna, può scrivergli all’indirizzo e-mail io@mariobargna.it oltre che seguire la sua attività musicale su www.mariobargna.it, www.myspace. com/mariobargna e www.facebook.com/mariobargna.

“L’ATOMO E L’AMORE” SECONDO CD DA SOLISTA (a. cav.) Il titolo c’è già: «L’Atomo e L’Amore». Sarà il secondo album da solista di Mario Bargna, che sta registrando a Milano. Spiega il cantautore pizzaiolo: «Il titolo esalta la contrapposizione degli opposti, il concreto e l’astratto. Cura la produzione artistica dell’album un artista di assoluto valore come Lele Battista: basti ricordare i suoi splendidi lavori per La Sintesi, Giovanardi, Morgan, i Soerba, Garbo e Violante Placido. Suonano con me - nell’abum mi esibisco alle chitarre, alla batteria e al piano - Valerio “Tao” Ziglioli alla batteria, Giuseppe Fiori al basso, Giorgio Mastrocola alle chitarre. Inoltre, non mancheranno amici ospiti importanti». Conclude Mario Bargna: «Nel nuovo lavoro c’è molto me stesso, analizzo il mondo esteriore dal mio punto di vista. Per ora, abbiamo altimato i primi cinque brani: uno, che reputo molto importante, è dedicato ad un amico molto caro...».

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VOGLIO FARE LA

MAGGIORDOMA di PIETRO BERRA, foto Carlo Pozzoni

di ARIANNA AUGUSTONI foto Lisa Boccaccio

LA STORIA DI VALERIA FERRARESE CHE HA SUPERATO LA SELEZIONE DI ACCESSO AL CORSO PER MAGGIORDOMI «VOGLIO DIRE ADDIO ALLA MONOTONIA DEL QUOTIDIANO E APPRODARE NEL MONDO DEL SERVIZIO A CINQUE STELLE». REGOLE, KIT, PORTAMENTO E, NELL’ATTESA, GUANTI E GIACCA SCURA. mag 103


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ra vi racconto io chi comanda in casa: il maggiordomo, un vero lusso moderno. Discreto, cordiale e dedicato, una fi gura rigorosa che sa tirare le fi la coordinando al meglio il personale di servizio, impartendo ordini, sempre con grande savoir fair per non urtare la suscettibilità dei collaboratori, studiando menù e, più in generale, l’economia domestica direttamente con il proprietario di casa. Un uomo o, una donna, che sanno servire secondo un vero e proprio galateo dell’accoglienza in perfetta sintonia con lo staff. Nel contesto sociale moderno la fi gura del personal assistant non pare abbia molta pertinenza, anche nelle dimore più signorili e suntuose in quanto il personale di servizio fa capo, in genere, direttamente alla padrona di casa. Curiosando però qua e là, c’è ancora chi apprezza il direttore di casa, quale fedelissimo coordinatore e responsabile dello staff, tanto da assicurare la sorveglianza e il buon andamento degli aff ari domestici. Un particolare che in molti apprezzano e ricercano, non più la coppia di fi lippini tuttofare, ma una figura austera che sa dirigere e coordinare al meglio tutto il personale, come un direttore d’orchestra. Un’immagine tornata alla ribalta che si identifica come un elemento di estrema eleganza, formata e aggiornata continuamente da chi il lavoro lo conosce da sempre.

A Milano esiste l’Associazione italiana maggiordomi che, ogni anno, forma e aggiorna queste figure professionali. Tra le ultime partecipanti anche una donna della provincia di Como, Valeria Ferrarese, di Montano Lucino, 57enne con una formazione amministrativa, ma con una vocazione a queste mansioni, coniugata, mamma di una ragazza già sposata. Per lei il superamento della selezione per l’accesso al corso è stata una svolta: smettere di vivere la monotonia del quotidiano, fi no ad approdare a un mondo da lei sempre sognato, quello del servizio a cinque stelle. Ogni maggiordomo ha una propria etica. In due parole, come deve comportarsi? È tutto molto rigoroso - spiega Valeria Ferrarese - Integrità, confidenzialità, dedizione al lavoro, sono gli elementi di base per poter svolgere queste mansioni.

Guardaroba sempre perfetto mai salutare con un «Salve» conoscere tutti gli ospiti e un’agendina sempre in mano Partiamo dall’accoglienza. La situazione più abituale, la casa. Cosa fa un maggiordomo quando arrivano ospiti? Li si accoglie con un buongiorno o buonasera, mai un salve. Si aspetta che l’ospite si presenti e un maggiordomo deve ricordare immediatamente il nome di ciascuno per poterli seguire anche nel corso dell’appuntamento in casa. Il maggiordomo, in modo rapido e sempre ordinato, prende in consegna le giacche, i cappotti, gli ombrelli e le eventuali borse. Quando poi un ospite porta con sé un regalo, un dolce o una bottiglia sta a noi riporlo con interesse lo stesso dando la giusta importanza. Se si devono fare accomodare gli ospiti a tavola è fondamentale rispettare il galateo, lasciando i padroni di casa uno di fronte all’altro ai due lati del tavolo. Il dress code… impeccabile come tutto il resto? È un elemento determinante. Nel senso che è tutto classificato. Per la donna la divisa prevede un tailleur nero o blu scuro con gonna sotto il ginocchio, camicia bianca. Calze neutre o, in alternativa, scure, ma rigorosamente velate. Non devono mancare le scarpe comode e con un tacco morigerato, mai oltre ai cinque centimetri. Per l’uomo completo nero o blu scuro e camicia bianca, per le serate di gala il tight e, per servire la sera, giacca bianca con

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bottoni dorati. Non devono mai mancare i guanti bianchi. E il portamento? Nell’attesa di essere “convocato” mani dietro la schiena oppure braccia lungo i fianchi con le mani incrociate sulla vita. Il maggiordomo ha un kit di servizio? Più di uno. Dispone di quello per il pronto soccorso, uno per pulire le scarpe, rigorosamente tre spazzole per il “grosso”, il lucido e la finitura. Non manca mai il necessaire per la cancelleria. Elemento fondamentale per il maggiordomo un’agendina all’interno della quale vengono annotati tutti i numeri utili oltre agli orari dei negozi e dei servizi perché il maggiordomo deve soddisfare ogni esigenza delle persone e mai lasciare al caso. Cosa viene richiesto, oltre a sovrintendere la casa? Avere una conoscenza di tutto, nel senso che il maggiordomo deve essere in grado di soddisfare le esigenze più strane. Un esempio poter accompagnare una signora per lo shopping, deve conoscere le preferenze, accertarsi di avere un servizio bancomat nelle vicinanze qualora vi fossero problemi con i pagamenti elettronici. Conoscere gli orari delle boutique ed essere in condizione di fare anche aprire gli spazi fuori il normale orario. Capita anche che sia il maggiordomo a seguire i regali di Natale per gli amici e parenti. Deve sapere tutto, colore gradito, i regali precedenti, le preferenze, le eventuali allergie, insomma, tutto. Il servizio… Ce ne sono diversi, da quello all’italiana che prevede il servizio nel piatto. All’italiana con vassoio, servizio al piatto su vassoio. Quello all’inglese con servizio diretto sul vassoio o alla russa utilizzando la guèridon (un carrello su cui appoggiare i piatti). Non manca quello alla francese. Ad ognuno si associa un comportamento differenze con uno specifico codice. E il guardaroba? Deve essere sempre perfetto. Ogni capo deve essere ordinato rigorosamente, mai sovrapporre i capi. E per il viaggio il maggiordomo deve saper preparare anche la valigia. Le cose più pesanti sul fondo e poi via via uno strato per i maglioni, i pantaloni rigorosamente piegati in due o in tre, le gonne, le camicie, T-shirt, intimo e quindi le giacche. Il segreto della valigia preparata da noi è quello di dividere tutti i livelli con una velina che verrà anche disposta tra i capi per limitare le stropicciature. Per chi invece deve assentarsi con un borsone sportivo, il maggiordomo si preoccupa di arrotolare come se fossero dei bastoni i vari capi e vengono disposti in verticale nella sacca. Nelle scarpe infi ne arrotolata la cintura dello stesso colore per evitare di utilizzare accessori spaiati.

Il rigore negli orari per servire i pasti, qual è il giusto timing? Il breakfast o prima colazione tra le 7 e le 10.30. Un brunch per il sabato e la domenica dalle 11 alle 16. Il lunch o colazione di lavoro dalle 12 alle 14. il tè fra le 17 e le 18.30. Diverso il pasto serale, si parla di dinner tra le 20 e le 21.30 e di cena dopo le 21.30. Il dopo teatro, con qualcosa di frugale, dalle 23.30. Il maggiordomo dispone anche di un proprio glossario? Si, deve conoscere una serie di termini fissi che non possono essere ignorati. Sembra una banalità, ma fa parte della professione. Un’ultima curiosità, doverosa… Ma quanto guadagna un maggiordomo? Tutto dipende dall’esperienza e dal luogo di lavoro, in Italia si parte da un compenso di 150 euro al giorno.

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PINOCCHIO VA IN MOSTRA

di CARLA COLMEGNA

AL MUSEO DEL CAVALLO GIOCATTOLO LE SCULTURE ARTIGIANALI SUL BURATTINO DI COLLODI

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i avevano abituati a fare una capatina al Museo del cavallo giocattolo di Grandate per far contenti i bambini, magari dopo aver concluso gli acquisti al vicino store di articoli dedicati a loro; ora invece, fi no al 24 novembre, c’è un motivo in più per andarci. In via Tornese, a Grandate, è infatti allestita una mostra di Pinocchio. Si tratta di pezzi molto interessanti, quasi tutti tolti all’oblio degli anni Cinquanta, anche se ce ne sono di più recenti, che significa degli anni ’60, e che mostrano Pinocchio come l’hanno visto occhi di persone diverse, di collezionisti diversi, che hanno scelto di conservarne e cercarne alcuni e non altri, e di artigiani che li hanno costruiti. La gamma è davvero molto ampia, tanto che tra i Pinocchio non ne mancano risalenti agli anni ’30, non e non ci si stanca nel percorso delle sale, a quale si intervalla, ed è piacevole lasciarsi distrarre, quello degli spazi dove sono conservati i cavalli giocattolo e da collezione provenienti da tutto il mondo. A stupire, a parte gli oggetti in mostra è soprattutto il prendere coscienza di come tanti collezionisti abbiamo amato, e amino il burattino di Collodi. Tra l’altro, la galleria collodiana non si limita a mostrare i burattini, ma off re al visitatore anche la possibilità di ammirare libri della storia di Pinocchio scritti in diverse lingue, pop up per i più piccoli e testi illustrati che fanno ormai parte dell’editoria più raffi nata e classica legata a Pinocchio, come il libro famosissimo illustrato da Libico 106

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Maraja, che tra l’altro ha legato la sua vita al Lario. All’ingresso, la mostra collodiana è inaugurata dal gigantesco cavallo a dondolo creato per il fi lm Pinocchio, quello di Roberto Benigni per capirci. Ma se questo manufatto gigantesco non è nuovo e la sua imponenza obbliga a vederlo anche se non si entra al museo, lo sono invece i tanti pupazzi all’interno del museo. Molti in legno, in metallo, ma anche in gomma, sono i più recenti, con i quali i bambini che vanno a visitare la mostra possono giocare. C’è di che perdersi con la fantasia incappando anche nel pezzo di legno che prende forma di Pinocchio e nel bambino Pinocchio che diventa armadio, oggetti questi, come molti altri, realizzati a mano. Inevitabile l’apprezzamento al lavoro di conservazione meticolosa fatta da alcuni collezionisti dei circa 50 Pinocchio in mostra. Ci sono pure l’albero della cuccagna, ex libris, incisioni e 15 fischietti in terracotta. I fischietti sono un po’ la chicca della mostra di Pinocchio e hanno un valore anche territoriale interessante in quanto sono stati realizzati, tutti a mano, e collezionati dal comasco Giorgio Tagliabue. Una curiosità sopra le altre vale la pena di citare: all’interno del Pinocchio armadio, un pezzo davvero unico, creato in modo che si apra proprio come un armadio vero, sono appesi i vestiti, confezionati ad arte a mano, ma non sono abiti qualunque, piuttosto la riproduzione fedele di quelli indossati dai personaggi del racconto di Collodi. Ma per tornare ai collezionisti che hanno reso possibile l’allestimento della rassegna di Grandate, è giusto ricordare


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Al Museo del Cavallo Giocattolo di Grandate la mostra sul burattino più amato dai bambini.

DALLA MOSTR A AL TEATRO La mostra chiuderà il 24 novembre, ma il 25, nel weekend di chiusura che coincide con la Settimana della cultura d’impresa organizzata a Museimpresa, ci saranno due giorni di festa con Pinocchio, laboratori per bambini dai 3 ai 10 anni, gratuiti il sabato pomeriggio, e la domenica alle 16 sarà possibile assistere allo spettacolo teatrale “Pinocchio Pinocchio” a cura dell’associazione culturale Onguf con la regia di Pino Di Bello, con musiche dal vivo di Luca Visconti e Alessandro Nuraghi, con Corrado Del Sordo, Davide Marranchelli, Susanna Miotto, Giorgia Motole, Emanuela Scolamacchia, Matteo Torri e Aldo Zoanni. E’ consigliabile prenotarsi per la visione, visto che l’ingresso sarà possibile fi no ad esaurimento degli spazi. Sabato 24 novembre, dalle 15.30 alle 18, visite guidate gratuite alla mostra e alla collezione permanente del museo Il percorso museale è dunque vario come le offerte, e soprattutto resta il gusto della meraviglia nel guardare i Pinocchio esposti perché ognuno, pur restando fedele alla fi gura di Collodi, è stato realizzato interpretando la sensibilità emotiva ed artistica dell’artigiano che lo ha costruito, di conseguenza non c’è un Pinocchio uguale all’altro, per dimensioni, prima di tutto, ma anche per forme e colori e, soprattutto per materiali. Il viaggio al museo con Pinocchio è inoltre accompagnato dall’ascolto della fi lastrocca di Rodari dedicata proprio al burattino di Collodi. Il museo e la mostra sono a Grandate, in via Tornese 10, tel. 031/38208, infomuseo@artsana.com, www.museodelcavallogiocattolo.com, parcheggio al vicino Chicco Village.

chi ha fatto del collezionismo di Pinocchio e di giocattoli una ragione di vita e ha messo a disposizione la propria collezione del Museo del cavallo giocattolo di Grandate. Nell’elenco, oltre al comasco Giorgio Tagliabue, ci sono: Goff redo Colombani, di Quarna Sotto, sul lago d’Orta, autore anche dei carillon del museo e dei modelli originali in carta realizzati per la costruzione di Pinocchio in legno. Colombani a Grandate ha portato anche un Pinocchio originale realizzato dalla ditta Colombani (meriterebbe da sola una mostra questa azienda di carillon nata nel 1943 e chiusa nel 1950), due Pinocchio riprodotti da Goffredo Colombani. Oltre a quelli di Colombani a Grandate ci sono gli oggetti di Angelo Sampietro, suoi parecchi Pinocchio e libri in lingue straniere, pop up ed ex libris, e di Giovanna Libera che ha offerta in mostra al museo vari oggetti del mondo di Carlo Lorenzini. Pinocchio ha 131 anni, ma non li porta affatto male, basta guardarlo e cogliere nello sguardo dei burattini esposti a Grandate quel guizzo scanzonato e impertinente che fa capire a tutti che osare un po’ di più e divertirsi anche nella quotidianità non guasta. Prima di uscire dalla mostra non ci si dimentichi di dare un’occhiata al Pinocchio a cavallo, un burattino costruito con le giunture mobili. La mostra a Grandate è stata resa possibile grazie alla collaborazione dell’associazione italiana del giocattolo d’epoca e dai collezionisti.

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QUESTA VILLA NON È IN VENDITA 108

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LA LETTER A

Eg r. dir ett ore e da l nu me ro di Mag di otLa famigl ia Ca ntoni appre ndpia me nte fot ografa ta) sit a in tobre che la propri a vil la (am e “ deg rad ata”. Br un ate sar ebbe in ven dit a e ric hie de di essere smentit o. Ciò non cor ris pond e al verodisappu nto mio e dei miei faNon Le na scond o l’a cerbo gine della nostra am ata casa, migli ari nel ved ere l’ immastabil e declino. qu ale simbolo di un ina rre ta ma nuten zione sia tec nica La casa è bel la, ed in per fet che est eti ca. miei famigl iar i, La invito a Eg reg io Diret tor e, a nome dei ro di Mag, venga da ta chi ae dis porre che nel prossimo nume tizia, con spa zio, evide nz a ra smentita all a erronea nogin a 45 del nu me ro di ott obre. caratteri pa ri a qu ell i di pa mi per metto di invita re Le i e Le sarò gra to. Nell’occa sione rigoroso controllo sul le notii suoi col labora tor i ad un più zie che an da te pubblican do. salu ti

Dis tin ti Avv. En rico Ca nto ni

Egr. avvocato, lei, proprio, non ha respirato l’aria da Belle Epoque! Premesso che lei ha ragione. Premesso e assodato che la sua villa non è in vendita. Premesso, assodato e pur anche risaputo che soltanto chi lavora sbaglia… Detto ciò, visto che lei ha la fortuna di vivere in una villa del genere… dovrebbe lasciarsi maggiormente permeare dallo spirito della Bella Epoque! Quella era un’epoca gaia, serena, baldanzosa, addirittura godereccia. Insomma non certo astiosa, come i toni che lei ha fatto trasparire dalla sua lettera. Comunque sia, proprio nel nome della festosità e abbondanza della Bella Epoque... Visto che lei ha chiesto una pagina di rettifica… il Mag gliene off re persino due. Visto che lei ha chiesto gli stessi caratteri… il Mag glieli raddoppia addirittura. Insomma. Viva l’abbondanza della Bella Epoque! Lunga vita a lei... e anche alla sua villa. Giuseppe Guin

di PIETRO BER foto Carlo Pozz RA, oni

ALBERGHI, VILLE, MA ANCH E TEATRI FINISCONO NELLE MANI DELLE IMM OBILIARI. TROPPO GR ANDI, TROPPO BEL LI, ANCHE TRO PPO DEGRADATI, PER TROVAR E QUALCUNO DISPOSTO A RESTAURAR LI E FARLI VIV ERE.

VENDESI BELLE EPO QUE mag

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UN MATCHING CONTINUO di MARIA GIOVANNA DELLA VECCHIA

COSÌ LE PICCOLE IMPRESE SI APRONO AI NUOVI MERCATI

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n matching continuo”: è così che il direttore della Compagnia delle Opere di Como, Lecco e Sondrio, Dionigi Gianola, defi nisce il lavoro che impegna l’associazione prima, durante e dopo l’appuntamento annuale che, a Milanofiera, fa incontrare le piccole e medie aziende con i grandi buyer esteri. Sono 110 le imprese comasche pronte a partecipare, dal 26 al 28 novembre, a “Matching 2012”, la fiera targata Cdo che da tutt’Italia porta a Rho-Fiera 2.000 aziende con calendari e workshop programmati da mesi per favorire il business fra le pmi e 500 aziende straniere. La formula scelta dagli organizzatori per facilitare la partecipazione è quella del low-cost, con stand preallestiti che 110

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non costano più di 2.500 euro, unita alla possibilità di accedere al bando della Camera di Commercio per ottenere un contributo ad abbattimento della spesa. Del resto, stand molto strutturati e costosi non servirebbero; Matching non é un’esposizione ma un luogo voluto per dare concretezza a relazioni già stabilite a distanza, in fase preparatoria. Evidente che, a quel punto, il “post fiera” apre nuove settimane di lavoro per riuscire a fare business. Per riuscirci, c’è spazio per tutti, grandi e piccoli, e anche per le associazioni artigiane comasche; una pattuglia di piccole imprese di Confartigianato Como parteciperà portando a Matching una pasticceria (“Fabbrica dei nocciolini”), un’azienda di confezionamento in blister (Checchinato Marco&C.), un impiantista elettrico (Borghi Ermanno&C.) e una fabbrica di sedie e tavoli (Minotti Collezioni). La Cna parteciperà al desk Germania alternandosi, nello stesso stand, col proprio ufficio internazionalizzazione in un open pool gestito da Mario Mottola. «Il lavoro più importante - dice Gianola - lo stanno facendo gli stessi imprenditori che da mesi si sono uniti


LA SICUREZZA SUL LAVORO COME OBIETTIVO (M.Del.) Sicurezza, edilizia, informatica e comunicazione: sono i quattro tavoli tematici su cui da mesi sono impegnati gli imprenditori della Cdo per aiutare le piccole ad unirsi in rete su precisi progetti di fi liera. «Il progetto del tavolo della sicurezza - dice la coordinatrice Simona Frigerio, titolare della Frigerio srl di Longone Segrino - è nato dall’edizione 2011 di Matching, quando avevamo proposto come progetto la costituzione di una rete di aziende, il “distretto sicurezza alta Lombardia” per diffondere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro». Un progetto recepito da altre 13 aziende che si presentano ora in fiera in un unico open pool in un gruppo di aziende complementari, dal brokeraggio assicurativo alla sicurezza, a uno studio legale, a chi fa messa a norma di macchine utensili, fino a una scuola di formazione professionale. Insieme, hanno già realizzato due progetti (“Rischio zero” e “Sicuri di essere al sicuro”) «per far capire - dice Frigerio - che la sicurezza non è un obbligo ma un fatto di cultura. Ci piacerebbe – aggiunge – collegare la nostra rete a reti analoghe che potrebbero nascere in altri Paesi». Un esempio di business? «Nel nostro caso risponde -, che come installatori di linee vita e sistemi anticaduta già collaboriamo con aziende sudamericane e altre che esportano nel mondo, amplieremmo gli incroci di conoscenza utili a cogliere nuove necessità». Linea simile per il tavolo edilizia guidato da Michele Erba che coordina una rete costituita per ora da 50 aziende sulle province di Como, Lecco, Sondrio e Monza: il tavolo sarà a Matching e guarderà parecchio anche alle possibilità di Expo 2015: «dobbiamo capire - dice Erba come presentarci, se insieme, soli ma, comunque, preparati soprattutto sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Per quanto riguarda l’estero ci stiamo misurando per capire come presentarci, dato che veniamo da un settore abituato a confi ni limitati. Il nostro tavolo - spiega - è una lancia di opportunità e confronto, non è un carrozzone su cui salire per l’opportunità del momento ma un ambito in cui ogni imprenditore cerca e trova nuove strade, mettendo in atto la propria imprenditorialità capendo che ‘opera’ è l’ambito in cui ognuno realizza sé stesso attraverso il lavoro». Più impegnata sul versante lecchese la rete del tavolo informatica, corrdinato da Livio Spreafico, a Matching con un proprio stand mentre, mentre sono a buon punto, anche se non ancora pronti per questa edizione di Matching, i lavori del tavolo della comunicazione guidato dal comasco Mauro Meroni.

VETRINA SUL MONDO

L’edizione del Matching 2012, manifestazione nazionale targata Compagnia delle Opere, porta in fiera circa 110 aziende comasche pronte a sfidare i mercati.

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nelle rispettive fi liere per dar vita ai tavoli tematici, che si presenteranno a Matching con una forza maggiore rispetto a quella di una singola piccola impresa». Il tema, di nuovo, è quello della rete, o meglio della rete nella rete, che ha dato vita negli ultimi mesi ai tavoli dell’informatica, della sicurezza, dell’edilizia e delle comunicazione ma anche a esperienze come quella, straordinaria per le migliaia di imprenditori iscritti da tutto il mondo, del network offi cineinnovazione.it, il network di Pietro Bazzoni, vicepresidente della Cdo, che sarà fra i protagonisti di Matching. «Questa edizione di Matching - dice il presidente della

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I nuovi mercati esteri offrono grandi opportunità, soprattutto in un momento di crisi del mercato interno Cdo di Como Marco Mazzone - trova il suo valore nella prospettiva che in sé apre sull’estero, ma anche nello sforza della Cdo e delle piccole imprese per avvicinare nuovi mercati. Il buon numero di partecipanti - aggiunge - segnala che le pmi locali si vogliono mettere in gioco con un ruolo importante, ad esempio, in tre degli otto tavoli organizzati per distretti tematici». I comaschi ci saranno, dunque, soprattutto nell’agroalimentare, nella meccanica e nell’edilizia, ma altre possibilità si aprono per chi cerca nuove alleanze fra le aziende dei distretti tematici della logistica, dell’informatica, dell’energia, della fi nanza, della sanità. Fra tante reti, essere piccoli non è un problema: «Anche se le nostre aziende non sono abituate ad andare all’estero - dice il presidente di Confartigianato Como, Marco Galimberti - hanno capito che sui nuovi mercati c’è una grossa possibilità di lavorare, e si danno da fare. Oltre a raccogliere l’invito di Matching, le nostre aziende rispondono bene anche al progetto Help voluto da Confartigianato per aiutarle ad allargare gli orizzonti, contro un mercato interno ormai fermo».


di SERENA BRIVIO

IDEE (S) FASHION

E PER LE FESTE L’ABITO SU MISURA I consigli di Marco Cassina della Peter Ci «L’ultimo vezzo è l’ombrello fatto a mano» L’autoregalo? Un abito su misura, da scegliere adesso in vista delle feste. Come recita il vademecum dei signori eleganti, gratifica e non tradisce mai. Con piccoli accorgimenti si possono infatti nascondere eccessive rotondità o altri difetti. «È un servizio sempre più richiesto - spiega Marco Cassina, titolare del negozio Peter Ci di Como - Lo abbiamo esportato perfino all’estero, la nostra lista comprende anche clienti di Londra e New York serviti direttamente a casa loro, l’anno scorso ne abbiamo consegnato uno al Re della Malesia per il matrimonio di William e Kate». Si comincia dalla scelta del tessuto. «Il campionario è così vasto da accontentare tutti i gusti. In genere ci si orienta verso le qualità più morbide, che stanno in un pugno. Il taglio viene studiato da non fare una grinza» dice Cassina. Niente viene lasciato al caso. «Anche nei look formali - continua - la fodera si distingue per disegni e colori inusuali. D’obbligo il binomio con camicia e boxer, il tutto personalizzato con le stesse cifre ricamate. La cravatta è rigorosamente sette pieghe». Per budget più robusti la tendenza suggerisce anche scarpe e borse coordinate. «In questo caso, non bisogna aver troppa premura - avverte Cassina - Almeno un mese d’attesa, ma sono costruite con la stessa maestria artigianale, nella forma e nella pelle richiesta». Ultimo vezzo? «L’ombrello su misura, sempre confezionato a mano, magari nella stessa nuance del blazer».

TENDENZE

È di nuovo apprezzata la maestria del sarto, nel capo d’abbigliamento come negli accessori.

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NAVIGAZIONI LARIANE

di LUCA MENEGHEL

IN VISTA DELL’EXPO Il portale Sistema Como aspettando il 2015 Un biglietto da visita virtuale e collettivo per promuovere il territorio comasco in vista dell’Expo. È questa l’idea che sta alla base del portale “Sistema Como 2015” (http://www.sistemacomo2015.it/), lanciato nell’ottobre 2011 dalla Camera di Commercio (in occasione del primo incontro a Cernobbio tra i paesi ospiti dell’Expo) e destinato ad arricchirsi fino a diventare una vera e propria guida virtuale, tanto per i turisti quanto per gli operatori che arriveranno in Lombardia attirati dall’esposizione universale milanese. L’home page del portale, molto semplice, si presenta come una vetrina del territorio e delle sue aziende. Al centro spicca il logo “Booking Lago di Como”, che rimanda a un altro sito in cui è possibile prenotare hotel e diverse attività sul Lario, confrontando i prezzi offerti dalle diverse strutture alberghiere. Altri banner rimandano alle ultime notizie sull’organizzazione dell’Expo, ai servizi offerti dal territorio per chi vorrà visitare l’esposizione e a una serie di gallerie fotografiche. C’è poi una sezione che ospita alcuni video, visibili direttamente dal sito o su YouTube. Due, realizzati dal regista Paolo Lipari, sono particolarmente suggestivi: il primo, dedicato al paesaggio comasco, con un abile montaggio riesce a dare in cinque minuti un assaggio dei gioielli offerti dalla città di Como; il secondo, incentrato sulla produzione e sul lavoro, ci porta invece per mano all’interno delle industrie che costellano il territorio. Due modelli da cui partire per costruire altri cortometraggi, che consentano di promuovere Como anche attraverso l’occhio di una telecamera. La parte sinistra dell’home page, invece, è strutturata in modo più

SEGNALAZIONI - EXPO 2015 www.expo2015.org Il portale ufficiale dell’esposizione universale milanese del 2015. - CAMERA DI COMMERCIO www.co.camcom.gov.it Il sito della Camera di Commercio di Como, in prima fila nell’organizzazione dell’Expo. - AMICI DI COMO www.amicidicomo.it L’associazione di imprenditori che finanzia e organizza diversi eventi sul territorio. Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’ indirizzo navigazionilariane@yahoo.it. 114

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tradizionale. Qui - da un database in continuo aggiornamento - è possibile ricavare informazioni utili tanto per i turisti quanto per chi verrà all’Expo per motivi professionali. I manager, ad esempio, troveranno la lista di tutte le sedi comasche pronte ad ospitare convegni, con tanto di descrizioni e recapiti telefonici; i turisti, invece, hanno solo l’imbarazzo della scelta tra musei, monumenti, hotel e ristoranti pronti a rispondere alle loro esigenze. All’insegna dello slogan “Let’s Expo Together”, il portale “Sistema Como 2015” risponde in ultima analisi a una necessità che hanno tutte le province del nord Italia: fare sistema per attrarre visitatori, portandoli dall’area milanese a visitare anche i territori circostanti. Una giusta ambizione, che ha portato la Camera di Commercio e le imprese locali a condensare in un sito una vasta mole di informazioni. Ma se certo i contenuti non mancano, da un punto di vista grafico e organizzativo qualche margine di miglioramento ancora c’è. L’auspicio, infatti, è che tra qualche mese - quando molti inizieranno a organizzare la propria trasferta in Italia in vista dell’esposizione - i contenuti di “Sistema Como 2015” siano accessibili in modo più diretto. Non guasterebbe, ad esempio, una mappa interattiva del territorio per accedere direttamente alle schede e alle guide dei diversi servizi. Fondamentale sarà anche un’applicazione per smartphone e tablet, che certo saranno i dispositivi più utilizzati dai visitatori dell’Expo, oltre a una maggiore presenza sui social network (Facebook e Twitter in testa). Il portale, inaugurato con largo anticipo rispetto all’avvio della manifestazione, dimostra in ogni caso come Internet sarà il mezzo di comunicazione più utilizzato nel corso dell’Expo. Una sfida che anche il nostro territorio vuole giocare da protagonista.


SCAFFALE

di CARLA COLMEGNA

I CACCIATORI DI FANTASMI

“Il manuale dei cacciatori di fantasmi” Mursia 258 pag., 17 euro

Il manuale dei Ghost Hunter comaschi Fantasmi, ci sono Ghost Hunter comaschi, cioè persone che vanno a scovarli. Il loro lavoro prosegue ormai da tanto tempo, essi collaborano con la tv, sono consulenti fissi della trasmissione “Mistero” di Italia 1 e di recente hanno anche scritto un libro in cui si racconta, si tratta di un manuale, come viene svolto il lavoro di cacciatori di fantasmi e quali sono i casi più importanti nei quali i cacciatori di fantasmi sono rimasti coinvolti e che seguono sempre con attenzione precisa. Il libro è stato editato da Mursia e si intitola “Il manuale del cacciatore di fantasmi”. Per gli interessati alla materia è un modo per conoscere un mondo particolare fatto di casi concreti che vengono descritti dai due curatori del testo Gianpaolo Saccomano e Omero Pesenti. A queste narrazioni si sommano

VENEZIA NON DEVE MORIRE Inizia con un proverbio inglese il libro di Cristina Tagliabue “Venezia non deve morire”. “Le ricette del lago di Como ” Il proverbio recita: «La curiosità uccise il gatto… ma la soddiCarlo Pozzoni-Lariologo, sfazione lo riportò inEmilio vita» ed è esattamente quello che vuole Magni dire anche l’autrice comasca, di nascita canturina, che ha pub78 pagine, 14,50 euro blicato come suo primo racconto, che in realtà è un romanzo, una storia in cui Venezia ha una grande parte, del resto la Tagliabue non fa mistero di aver voluto dedicare questa storia alla città d’arte. Ma Venezia fa anche parte di un racconto che sfocia poi nel fantasy, nel mistero dove l’avventura, e anche la suspence, non mancano. «Venezia non è che l’inizio» scrive la Tagliabue raccontando e prosegue «A lei è toccato il ruolo di prima della fila, ma tutte le altre città d’arte del pianeta attendono il rinnovamento. L’Eletto, il Supremo libererà la Terra dalla schiavitù del vecchio e porterà modernità e tecnologia ovunque». Ma chi sarà questo Eletto? L’autrice accompagna il lettore in un viaggio che non è semplice. Il resto è da scoprire. “Venezia non deve morire” Cristina Tagliabue Officina della narrazione 122 pag., 13 euro

informazioni sul mondo del paranormale. Giusto per ricordare chi sono i GhostHunters, anche se nel Comasco sono noti da tempo, essi sono nati nel 2009 forti di esperienze personali e tutte vissute con i fantasmi. Fondatori del gruppo sono Mirko Barbaglia e Luca Guariglia, ma del team fanno parte anche Daniele Piccirillo e Daniele Menegaldo, oltre ad Andrea Barbaglia. Svelare di quali casi parlano gli autori del libro, introdotto da Federico Zampagliene, sarebbe ingiusto, toglierebbe… mistero alla lettura. Il team indaga fenomeni paranormali su incarichi di privati, ma anche di enti pubblici, con lo scopo di registrarli, anche attraverso video e catalogarli. Provare a dare un’occhiata al sito del Ghost Hunter Team, che porta lo stesso nome del gruppo, per crederci.

DIARIO SUDAMERICANO “Diario sudamericano Viaggio tra riti, musica e natura” Moretti e Vitali, 15 euro Luca Belcastro è un compositore affermato. Comasco ha però esteso le sue radici nella parte centro-sud del mondo dove lavora a favore della musica. Il Sud America è anche al centro del suo libro “Diario sudamericano” nel quale Belcastro mette narrazione, musica, riflessioni di un turista particolare, ma tutto tenendo bene gli occhi aperti, sul quello che vede e soprattutto su se stesso, su quello che sente quando guarda, viaggia, ascolta. Non c’è disgiunzione tra suoni, rumori, musica e narrazione, Belcastro traccia un diario, ma nel quale in realtà racconta due mondi, esteriore e interiore per voler raccontare cosa c’è fuori dalla porta con i suoi pregi e si suoi difetti. Belcastro porta avanti un progetto di valorizzazione della musica sudamericana. In zone che sono così geograficamente lontane da Como, Belcastro trova un legame con la sua città, non nel senso del ritrovare similitudini, ma occasioni per pensare e dal pensiero arrivare a capire anche ciò che a volte si fatica a comprendere standosene a casa propria. Merita una visita il sito del compositore www.lucabelcastro.it

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I CONSIGLI DELLO CHEF

di SERGIO MELLUSO Titolare “Terzo Crotto” - Cernobbio www.terzocrotto.it

IL FASCINO DELL’ANTICO CROTTO Al Terzo Crotto di Cernobbio un rifugio di stile classico-romantico Degli antichi crotti di Cernobbio ne è rimasto soltanto uno, il TerzoCrotto, che pur mantenendo intatte le sue particolarità ha assunto le caratteristiche di un romantico Ristorante ed un confortevole e tranquillo Hotel. Situato in posizione strategica al centro di Cernobbio, ideale per soggiorni tranquilli in qualunque periodo dell’anno ed in occasione di fiere ed eventi a Villa Erba (circa 500 m.) e Villa d’Este (circa 800 m.), dispone di ampio parcheggio privato. Molto apprezzato dai turisti per la cordialità e la disponibilità del personale ed immerso nel verde di un angolo un po’ romito, dove alla sera spirano brezze che scendono dal monte Bisbino. Il Ristorante offre una sala interna invernale di stile classico-romantico con soffitto a rosone e camino vivo, luci soff use e lumi di candela con musica soft di sottofondo, ed una sala esterna estiva a terrazza affacciata sull’ampio giardino. La cucina è minuziosamente curata nella scelta delle materie prime e nella presentazione dei piatti dal giovane e brillante Chef italo-cubano Jorge Louis Sanchez, che affiancato dai suoi collaboratori propone sia pietanze regionali, nazionali che internazionali. Il locale si adopera non solo per cene di coppia e in compagnia di amici, ma altresì per banchetti di cerimonie, cene aziendali e celebrazioni di eventi e ricorrenze.

TRANCIO DI MERLUZZO SU CREMA DI PATATE, ERBA CIPOLLINA, CARCIOFI Ingredienti per 4 persone: 4 tranci di merluzzo 180gr l’uno, 4 patate medio grandi, 300 ml panna liquida, 30 gr cipolla, 30 gr erba cipollina, 4 carciofi, 1 spicchio d’aglio, sale e pepe Procedimento: Sbiancare le patate tagliate in acqua bollente per 5 min. Cuocere poi le patate con panna, cipolla tritata e condire con sale e pepe per 25 min. Passare il tutto nel mixer. Aggiungere infine l’erba cipollina tritata. Pulire i carciofi, tagliarli fine e farli saltare in padella con aglio. Cuocere il merluzzo in padella prima dal lato della pelle per 5 min. a fuoco moderato, poi dall’altra parte per altri 5 min. con aggiunta di burro. 116

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di BERNARDINO MARINONI

GRANDE SCHERMO

IL LABIRINTO DELLE PASSIONI ALFRED HITCHCOCK VISTA LAGO “The pleasure garden” del 1925, in copia restaurata, è approdato sugli schermi della rassegna di Lione È a Lione che bisognava essere - magari a fini promozionali cineturistici - alla passata edizione del Festival Lumière. Quando capiterà ancora di avere in mostra insieme due film che spaziano l’uno dal primo bacino del lago di Como, l’altro al cuore del Triangolo lariano? La rassegna nella città natale dei fratelli Lumière, organizzata dal gran patron di Cannes, Thierry Frémaux, rivisita per programma la storia del cinema tramite copie rare o restaurate: un ritorno al passato all’insegna di una sviscerata cinefilia. Nel momento in cui il cinema imbocca la strada del digitale, il Festival Lumière recupera la classicità della pellicola, e quest’anno l’ha fatto anzitutto attraverso l’opera sopraffina di Max Ophuls, includendo nella retrospettiva che è stata dedicata ad uno degli autori più eleganti della sua epoca un film come “La signora di tutti” (1934) girato in gran parte a Canzo, nell’allora Villa Rizzoli. A Lione in una rarissima copia 35 mm, si proietta il destino dolce e crudele della diva Gaby Doriot - il personaggio affidato a Isa Miranda - che mentre giace sul tavolo operatorio vede sfilare la propria esistenza. Si tratta dell’unico film italiano del regista e, unicità per unicità, il Festival Lumière, nella sezione dedicata al cinema muto, ha presentato “The pleasure garden” (Il labirinto delle passioni) (1925), esordio registico di Alfred Hitchcock - con un melodramma - che s’ambienta notoriamente anche sul lago di Como. Sugli schermi della rassegna di Lione il film è giunto da Londra in copia restaurata digitale a cura del British Film Institute nell’ambito del progetto “Rescue the Hitchcock 9”, tanti quanti sono i film muti superstiti del regista, nella consapevolezza che il loro sviluppo è decisivo per comprendere lo stile del cinema. hitchcockiano. “The pleasure garden” è stato legittimamente il primo titolo a beneficiare di restauro completo. Ripristinati i toni cromatici originali, il film risulta più lungo di venti minuti rispetto alle versioni DVD: dagli archivi del Film Institute Netherlands, infatti, è giunto materiale affatto singolare, non più visto da molto tempo, determinante per il lavoro di restauro di “The pleasure garden” condotto dal British Film Institute. Ancorché fragilissima, la copia olandese ha messo in rilievo qualità e forza della fotografia originale del film. Grazie ad altre copie prestate da archivi e cineteche di Francia e Stati Uniti, “The pleasure garden” è stato praticamente ricostruito. Il recupero e il restauro dei film di Hitchcock del periodo muto sono stati voluti per presentarli in occasione delle passate Olimpiadi di Londra: “The pleasure garden”, con annessi scorci dell’ambientazione lariana, a fine giugno era infatti stato proiettato alla Wilton’s Music Hall accompagnato da musiche di Daniel Patrick Cohen eseguite dalla Royal Academy of Music.

CERNOBBIO LOCATION DA FILM La dogana di Ponte Chiasso non può dirsi una multilocation comasca, però qui e là si è vista sul grande schermo. Talvolta inquadrata sul versante elvetico, più spesso da quello italiano: così “Milano odia: la polizia non può sparare” la mostra, in scena c’è il personaggio di Gino Santercole, come era nel 1974, con le storiche pensiline gemelle. Un reperto, insomma, nel violentissimo film - di quelli apprezzati da Quentin Tarantino - di Umberto Lenzi, con Tomas Milian protagonista nella parte di sadico pederasta “di una cattiveria raramente eguagliabile”. Ma almeno non è il lago di Como quello in cui fa rovinare la vettura con il cadavere della ragazza - Laura Belli - che ha sequestrato a fini di estorsione e poi assassinato. Si tratta sempre di uno specchio d’acqua prealpino, ma è il lago d’Iseo. Multilocation, invece, è Cernobbio. Se ne avvalsero anche Castellano e Pipolo per “Mani di velluto” nella serie di commedie nelle quali usava assortire interpreti femminili di sicura avvenenza con il monocorde, ma fortunato, Adriano Celentano. Cominciando proprio dalla radiosa Eleonora Giorgi: lei ladruncola, lui imprenditore miliardario - ramo vetri di sicurezza - in una favoletta nella quale si affaccia la cernobbiese piazza Risorgimento, si riconosce una fontanella e la coppia Celentano-Giorgi è costretta a consegnare il grisbì a, pistola in pugno, Olga Karlatos. L’ambientazione, beninteso, è meramente funzionale al canovaccio, come in tutte le altre pellicole di Castellano e Pipolo costretti da Celentano, refrattario alle trasferte, a spacciare un posto per l’altro. Si veda Villa Olmo che in “Innamorato pazzo” è presentata come la sede romana, sull’Aventino, dell’ambasciata del principato di Saint Tulipe.

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di MARINELLA MERONI

ANIMALI

RITMO BESTIALE: ANCHE GLI ANIMALI AMANO LA MUSICA Bach acquieta i cani e i maiali apprezzano Beethoven Fin dall’antichità la musica ha suscitato nell’uomo grandi emozioni, sia nei giovani che negli anziani di tutte le culture del mondo C’è chi apprezza il rock, pop, jazz o la classica, ce né per tutti i gusti! Ebbene anche gli animali amano la musica, non solo, hanno anche dei gusti ben definiti! Il Dr. A. Patel dell’Università Neuroscienze di S. Diego (California) ha dimostrato che i pappagalli amano ballare a ritmo di musica. I gatti hanno una spiccata coscienza musicale in grado di riconoscere i vari generi, preferendo la musica classica, in particolare Mozart e Bach, e anche quella da camera, mentre non sopportano il rock. Il micio possiede un udito tra i più fini in assoluto (l’uomo percepisce suoni fino a 20 mila cicli al secondo, loro superano i 65 mila)e in più hanno il cosiddetto “orecchio assoluto” paragonabile ad Arturo Toscanini, che era in grado di individuare 2 note diverse di un solo decimo di tono. I cani si rilassano con Vivaldi. Queste sono le conclusioni dei ricercatori dell’Università di Belfast che hanno sottoposto un gruppo di cani all’ascolto di 4 diversi suoni: pop, classica, musica metallica e un programma di conversazione umana Durante l’ascolto dei brani di metallica i cani diventavano nervosi, abbaiando in continuazione, mentre la musica classica, in particolare Bach e Vivaldi li rendeva rilassati e quasi beati ! I maiali, creature di sensibilità rara, apprezzano Beethoven, Mozart e Schubert. La scoperta è arrivata per caso: un allevatore vietnamita Nguyen Chi Cong, appassionato di classica, decise di trasmettere musica attraverso gli altoparlanti per svagare i suoi lavoratori; la sorpresa è stata grande quando hanno notato che i suini mangiavano di più perché erano diventati più calmi e meno aggressivi. Anche le mucche hanno gli stesi gusti sonori dei “porcelli”. In Australia gli ovini di alcuni allevatori, sono stati sottoposti all’ascolto di opere liriche e di canzoni di Boccelli; il risultato è stato stupefacente ha detto John Colley , direttore di Australian Wool Network hanno battuto il record mondiale per la produzione di lana, perché sono più serene e felici!Le galline invece apprezzano il “pop”, lo affermano due ricercatori inglesi, dopo aver verificato il comportamento delle pollastre di un noto allevamento a Ludlow in Inghilterra. Un signore inglese di 50 anni, Paulo Barton, ha compiuto un’impresa a dir poco nobile:ha portato un pianoforte sulla montagna tailandese Kanchanaburi per suonare agli elefanti ciechi della riserva. «Lavoro con gli elefanti ciechi da anni e mi sono sempre domandato quale pezzo avrebbero ascoltato con piacere. Ho suonato per loro la Patetica di Beethoven. I pachidermi hanno smesso di mangiare e si sono avvicinati al pianoforte,e in silenzio reverenziale hanno ascoltato tutto il concerto senza muoversi mai! Mi hanno commosso». Secondo la studiosa Patricia Gray, che si occupa da anni di animali e musica, l’uomo e l’animale hanno quasi la stessa percezione del suono, esempio ne sono le balene che si dimostrano abili cantanti in grado di creare una canzone lunga e articolata, dove la melodia iniziale viene modificata ed “aggiustata” proprio come farebbe un vero compositore. La musica ha un influenza positiva sullo stato d’animo sia umano che animale: il brano classico, è risaputo, riduce lo stress, rende calmi e migliora l’umore, le ninnananne è fanno sognare, e non solo i piccini, così come le guarigioni sono più rapide se nella cura rientra anche Mozart o Bach.

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MOTORI

di VITTORIO COLOMBO

UN SUV CHIAMATO MOKKA L’ultima sfida della Opel alle case giapponesi

Si chiama Mokka, ma non fa il caffè. Il nome bizzarro accompagna invece il nuovo Suv compatto firmato Opel, che in queste prime settimane ha già raccolto decine di migliaia di ordini in Europa e che sfida soprattutto Nissan (sia Juke sia Qasqhai), Skoda (Yeti) e Mitsubishi (Asx). Mokka è il gemello dello Chevrolet Tax, e al primo impatto è decisamente accattivante, sia dal punto di vista stilistico che da quello tecnico. L’offerta è aggressiva: in Italia il modello avrà un prezzo d’ingresso di 18.450 euro e una forbice di 2 mila euro per la trazione integrale intelligente. La gamma è articolata su 3 motori Euro5, tutti con start/stop di serie: il benzina 1.6 litri aspirato da 115 cavalli e l’1.4 turbo da 140 cui si somma l’unità a gasolio da 1.7 litri Cdti da 130 (300 Nm di coppia) disponibile con trasmissione sia manuale sia automatica. Dal punto di vista dei consumi, quest’ultimo è accreditato di 4,5 litri per 100 chilometri. Mokka è grande ma non elefantiaco, e per chi viaggia in città il dettaglio non è di secondo piano. Opel Mokka misura 4,28 metri di lunghezza con una capacità del bagagliaio che oscilla tra i 362 ed i 1.372 litri e può venire equipaggiato con tecnologie inedite per i suv compatti come i sistemi di assistenza alla guida basati sulla telecamera anteriore (Opel Eye) e su quella posteriore, l’avviso di superamento involontario della carreggiata e il sistema di seconda generazione per il riconoscimento dei segnali stradali. Di serie, con Abs ed Esp ci sono anche l’assistenza alle partenza in salita e il controllo della velocità in discesa.

Dentro, si segnalano doti di comfort di ottimo livello, con i sedili anteriori che hanno disegno anatomico e con una buona ammortizzazione. Il profilo molto coupè assicura una buona efficienza aerodinamica, ma se sul sedile posteriore si siede un passeggero “ingombrante” la visibilità ne risente. . Confortante la prestazione del motore 1.7 che anche con la funzione Eco attiva garantisce una buona agilità, che si combina con consumi non troppo lontani da quelli dichiarati (non una cosa di poco con una guida “normale”): dopo 150 chilometri, anche con punte elevate di velocità, il consumo registrato dal computer di bordo è di 5 litri per 100 chilometri. Purtroppo non è silenziosissimo. Poiché, come si sa, la stragrande maggioranza dei Suv compatti in circolazione raramente lascia le strade asfaltate, Opel Mokka è proposta con trazione sia anteriore sia integrale. In ogni caso l’assetto è rialzato e consente di superare possibili asperità. A disposizione ci sono ruote da 18 pollici e, a richiesta, anche da 19. Tra i plus, il funzionale sistema di infotainment e navigazione, razionale nella gestione: distrae poco.

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VIVERE SICURI di DAVIDE MERONI Esperto in materia di sicurezza, risponderà ad ogni vostro quesito contattandolo all’indirizzo mail info@sicurezzacomo.it - www.sicurezzacomo.it

LA NUOVA MODA DEI “LADRI DEI GARAGE” A volte basta poco per evitare spiacevoli sorprese. Ecco qualche utile consiglio ma rivolgersi ad un tecnico della sicurezza resta il primo passo da compiere Il caso del mese Inizio settembre. Il teatro è un condominio della zona dell’Olgiatese. L’ingresso al piano seminterrato è nascosto da portici e balconi: c’è un grosso cancello elettrico in ferro, per le autovetture, e un piccolo cancello ad altezza uomo, con una serratura a chiave per accedere e una maniglia antipanico per uscire. Per la “banda dei palazzi” è uno scherzo: basta allungare un braccio all’interno e spingere sulla barra rossa. Il condominio è degli anni Novanta, costruito in economia come tutta l’edilizia di quegli anni: non ci sono telecamere, antifurti, nulla. I malintenzionati scendono la rampa e si dirigono verso i 30 box. Basta un trapano, quattro buchi... “et voilà”, le 30 porte basculanti son messe ko. La scelta cade su biciclette da corsa, elettrodomestici, derrate alimentari e quanto di più utile si possa arraffare. Poi, come al bingo, ecco il sorteggio che premia l’automobile del box n. 25, una vecchia station wagon; si carica tutto a bordo e poi via... con tanto di telecomando appoggiato sul cruscotto dall’ignaro proprietario che involontariamente spalanca la via della fuga. Il giorno dopo si fa la conta: il bottino stimato è di 15 mila euro, mentre i danni ai box rasentano quota 20 mila. Insomma danno e beffa! Lo so quello che state pensando: vi siete ritrovati nella descrizione dell’episodio. Bene, allora non aspettate che ciò accada. Chiamate un tecnico della sicurezza e anticipate danni, furti e, soprattutto, paura. 122

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Il bilancio della bella stagione ormai è in archivio. Da custodire, nell’album dei ricordi, ci sono le foto del mare, i souvenir della montagna, grigliate e gelati in compagnia. Ma a volte ci sono anche aneddoti spiacevoli. L’estate 2012, infatti, sarà ricordata per le raffiche di furti, il boom di rapine e chi più ne ha più ne metta. Ce ne sono di ogni tipo. Qualcuna addirittura è divenuta di “moda”. È il caso dei furti in condominio, luoghi di solito che i malintenzionati non amano frequentare. Approfittando delle vigenti normative antincendio, che rendono più semplice l’ingresso e l’uscita ai piani seminterrati, i furti nei palazzi sono tornati in auge. Niente più ladri acrobati, però: “roba da Prima Repubblica”. Ora è la volta dei furti in box, garage e cantine, dove è più semplice trovare una porta antincendio aperta. Il bottino prediletto? Le biciclette da corsa: un pezzo immancabile in ogni buona cantina che si rispetti. Ma ovviamente non solo.

Proteggere gli spazi comuni A volte basterebbe poco per evitare spiacevoli sorprese. Lo si pensa, ma purtroppo si agisce solo poi. Eppure, mettere al riparo dai furti i condomini con accesso troppo facile ai box e ai piani, è una di quelle mission che un amministratore condominiale non può non prendere in considerazione. Rivolgersi ad un tecnico della sicurezza deve essere il primo passo. Se da una parte, infatti, è vero che spesso è la stessa normativa antincendio a sembrare agevolare gli intrusi, è altrettanto vero che le soluzioni per rassicurare gli inquilini a disposizione di un bravo installatore sono molteplici! La prima opportunità potrebbe essere quella di installare un impianto di videosorveglianza nel seminterrato, per così registrare le immagini che spesso si rivelano utili agli inquirenti per risalire ai colpevoli. Uno dei sistemi più usati ed efficaci, però, è la porta tagliafuoco con elettrocalamita. L’apertura avviene solo dietro riconoscimento personale: un apposito badge, un codice numerico da digitare o addirittura ad un lettore di impronte digitali. Le porte con apertura ad elettrocalamita possono essere collegate anche ad un sistema video che, in caso di tentativo di effrazione, segnali l’anomalia direttamente all’istituto di vigilanza. La centrale operativa, vedendo l’immagine, deciderà se intervenire o magari semplicemente intimare l’alt attraverso un piccolo altoparlante posizionato sulla telecamera. Senza spingerci troppo oltre, il sistema può essere applicato anche alle aziende che utilizzano spazi comuni in grosse unità immobiliari. Si può addirittura abilitare dirigenti o dipendenti di un’azienda ad accedere solo ed esclusivamente al proprio posto auto, alla propria scala interna, al proprio piano dell’ascensore. Ed è sufficiente un marchingegno simile ad un comune telepass per rendere più sicura la vita all’interno di questi grandi complessi.


IL BELLO DELLA SALUTE di EUGENIO GANDOLFI specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Como e Lugano - www. eugeniogandolfi.com

LA BELLEZZA RESTITUITA DA QUEI FILI INVISIBILI Novità nel campo dei trattamenti mini invasivi per il ringiovanimento del viso Il lifting rimane una tecnica a volte indispensabile per ovviare ai danni del tempo C’è una novità interessante nel campo dei trattamenti mini-invasivi per il ringiovanimento del viso: i fili invisibili Silhouette Soft che hanno ottenuto il marchio CE, e quindi sono finalmente utilizzabili anche nell’Unione Europea dopo essere stati sperimentati con straordinario successo negli Stati Uniti. Si tratta dell’evoluzione dei fili “lifting” permanenti che anch’io utilizzo da 6 anni nella mia attività di chirurgia estetica, ma che si propongono come uno strumento nuovo, mini-invasivo, applicabile ambulatorialmente, al di fuori della sala operatoria ed estremamente efficace che va ad ampliare la proposta di NatuReal Face®, il sistema integrato di tecniche di chirurgia e medicina estetica che pratico ormai da molti anni. I fili invisibili si applicano senza bisogno di anestesia , sotto la cute e “tirano” delicatamente, ma efficacemente la pelle verso l’alto, restituendo al viso, i cui tratti con il tempo tendono a perdere volume e a “subire la forza di gravità”, le sue proporzioni originarie insieme ad un aspetto più giovane e riposato. Il risultato ideale per chi non ha ancora bisogno di un lifting chirurgico (ossia, più dell’80% delle persone che pensano di dovervisi sottoporre), ma vuole ridare al viso la bellezza e la freschezza che gli anni hanno offuscato. L’innesto dei fili è piuttosto rapido, si esegue ambulatorialmente e non richiede “convalescenza”. È quindi il tipo ideale di intervento di “estetica medica” NatuReal Face® che si differenzia nettamente dalla tecnica chirurgica che, per quanto avanzata e sicura, richiede certamente un’esecuzione più impegnativa (specialmente per il paziente) e un decorso post-operatorio a volte complesso. I fili invisibili “soft” con il tempo vengono completamente riassorbiti dall’organismo e questo significa che si tratta di un trattamento che va ripetuto con regolarità. Ogni quanto? Ogni 12-18 mesi, un periodo di tempo piuttosto lungo, comunque, e che offre anche un vantaggio importante. Il “tagliando”, o se volete, il “check up” periodico permetterà al medico e al paziente di valutare nuovamente lo stato del viso e decidere come e dove tornare a intervenire. Il fatto di non avere un risultato definitivo e irreversibile, come succede invece con il lifting, dà a

moltissimi pazienti una maggiore serenità e sicurezza perché, invece di “fissare” il viso in un momento definito, immutabile nel tempo, ma anche un po’ “rigido”, permette di seguire la naturalezza del viso e dell’espressione, togliendo soltanto quei piccoli difetti dovuti al tempo, a mano a mano che si presentano. La strategia NatuReal Face® prevede, insieme ai fili “soft” un’integrazione con il botulino o filler (acido jaluronico), ed eventualmente innesti di tessuto adiposo, in modo da dare al viso la sua morbidezza naturale. L’effetto non vuole mai essere quello di avere un interlocutore che ci chiede, imbarazzato e perplesso: “Ma cosa ti è successo, hai fatto un lifting ? ”, bensì quello di un amico i cui occhi si illuminano in un sorriso leggermente sorpreso e compiaciuto e che esclama: “Ma come stai bene! Sei fresca e riposata come non ti vedevo da anni!”. Il lifting, naturalmente, rimane una tecnica importante e, a volte, indispensabile, come nel caso in cui i danni del tempo siano davvero molto estesi. Così come rimane praticabile la possibilità di intervenire con fili chirurgici permanenti, che richiedono un vero e proprio intervento operatorio e non sono riassorbibili. È importante sottolineare però, che gran parte delle pazienti che si rivolgono al chirurgo plastico non hanno davvero bisogno di un “restauro” così massiccio come quello ottenibile con il lifting, ma solo di un aiuto competente, consapevole ed esperto, per eseguire ritocchi solo dove veramente servono. Per questo, NatuRealFace®, con il suo ricco assortimento di tecniche e ritrovati scientifici è decisamente la soluzione ideale.

• Per approfondire gli argomenti trattati in questo articolo o avere altre informazioni consultate la pagina internet www.eugeniogandolfi.com/mag/novembre • Per inviare domande al dr Gandolfi scrivete alla mail: dotteugeniogandolfi@sgmedicina.com • Per avere in anteprima le News di cui si parlerà in futuro iscrivetevi alla pagina “Eugenio Gandolfi personaggio pubblico” su FaceBook.

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IL BELLO DELLA SALUTE di FRANCO BRENNA Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia. Professore a Contratto presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Libero Professionista in Como, francobrenna@frabre.it

FLUORO E DENTI: UNA VERITÀ LUNGA CINQUANT’ANNI. Utili, sani ed economici ecco i consigli per tener lontano “il tarlo del dente”… È cosa innaturale ipotizzare che una mamma, ogni mattina, si ricordi, per circa sedici anni - il periodo dello sviluppo dei denti - di somministrare al proprio figlio una compressina di Fluoro pensando di proteggerlo eternamente dal rischio della carie dentale. Se i figli, poi, superano come sovente avviene, l’unità, tale aspetto di Medicina Preventiva si complica a dismisura fino alla sua irrealtà. Il primo punto sul quale concentrare la nostra attenzione, se desideriamo non avere figli tempestati dal “tarlo del dente”, è prendere in considerazione il pedigree dei rispettivi genitori. Dovremmo avere la fortuna di tenere sotto controllo il DNA. Sempre e solo lui, il governatore biologico di molti dei nostri mali e, perché no, dei nostri beni. In parole povere, quando decidiamo di mettere al modo un figlio…guardiamoci da vicino: se le fauci e i denti dei futuri procreatori sono sani e mantenuti tali, difficilmente il nascituro dimostrerà propensione ad ammalarsi: per lo meno in bocca. La Carie Dentale è una patologia cronica infettiva, molto diff usa, forse la più frequente, senza meno una delle più onerose per le tasche del cittadino e della

Franco Brenna, classe 1956, studi classici presso il Collegio Gallio di Como, laureato in Medicina e Chirurgia, Specialista in Odontostomatologia presso l’Università degli Studi di Parma. Professore a Contratto in Odontoiatria Conservativa dal 1991 al 2000 presso l’Università degli Studi di Milano (polo S.Paolo), Professore a Contratto e Titolare della Cattedra di Odontoiatria Conservativa dal 2001 a tutt’oggi presso il Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentale dell’Università degli Studi dell’Insubria. Socio Attivo dell’Accademia Italiana di Conservativa, Socio Attivo dell’European Academy of Esthetic Dentistry, Socio Fondatore dell’Italian Academy of Esthetic Dentistry, Socio Attivo della Società Italiana di Endodonzia, Socio Effettivo degli Amici di Brugg. Autore di un centinaio di pubblicazioni, coautore di due Testi. Libero Professionista in Como. Vice Presidente del Centro Volta, Presidente della Libera Associazione Culturale Casa Brenna Tosatto, Presidente dell’Associazione Lampi di Genio- Como Città della Luce. Iscritto la Rotary Club Como Baradello dal 1989. Sposato con Roberta, quattro figli. Via F.lli Recchi 7 - 22100 Como - tel: 031 57 40 13 124

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società. Responsabili prìncipi, oltre la genetica e l’ acidità salivare, sono molte tipologie batteriche tra le quali svetta il temibile Streptococcus Mutans, microorganismo capace di produrre, attraverso l’elaborazione degli zuccheri presenti nella saliva, il corrosivo Acido Lattico, interprete del potere erosivo nei confronti del tessuto più duro del nostro corpo: lo smalto dentale. Quello che il Fluoro, sostanza naturale, può attuare nell’opporsi all’azione disgregante del sopracitato acido, è quello di rivestire, come fosse una camicia protettiva, le superfici dello smalto rendendole così più difficilmente attaccabili, inattivando, nel medesimo momento, il metabolismo della produzione acida da parte dei batteri stessi, responsabile del principio cario genetico. Questa imperiale notizia la si conosce da cinquant’anni ed è quindi mezzo secolo che i dentisti di tutto il mondo vanno predicando la buona novella. Tuttavia, come soleva ripetere un mio grande maestro, il Professor Giorgio Vogel: «…nella prevenzione della carie ha contribuito di più l’Industria con i dentifrici contenenti Fluoro che tutte le campagne preventive messe in atto dall’Odontoiatria ufficiale…» questo per sostenere che il costante impiego quotidiano di pasta dentifricia fluorata può, se attuata con regolarità e metodo, essere la vera campagna di prevenzione verso la noiosa e destruente patologia. Quindi cari signore e signori, dai più piccini a più grandicelli fino ai nonni che in fatto di denti, raggiunta la terza età, ritornano ad essere bambini, rimane forte il consiglio di impiegare come minimo due volte al giorno, meglio tre, per circa due giri da 60” di orologio, spazzolini morbidi sopra i quali stendere un mezzo centimetro di dentifricio, il meno abrasivo possibile ( controllate la R.D.A., quanto cioè un dentifricio può essere abrasivo , e tale quota non deve superare il valore di 80) e… spazzolare, spazzolare, spazzolare. Un ulteriore risciacquo per un minuto con un colluttorio, sempre a base fluorata, prima di cadere nelle braccia di Morfeo, sarà un’ulteriore piattaforma di sicurezza per il mantenimento della salute delle vostre zanne. «L’integrità dei denti e del cavo orale è indispensabile ai fini di un’ ottima funzione digestiva e della salute di tutto l’organismo. Occorre quindi mantenere il cavo orale perfettamente integro: una bocca sana è la migliore protezione contro le malattie interne». Questo raccomandava il mio Grande Vecchio, il Pupi Brenna, sui cartoncini che ricordavano l’appuntamento successivo ai suoi pazienti. Correva l’anno 1962.


IL BELLO DELLA SALUTE di TIZIANO TESTORI Docente Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Milano

LA CONFUSIONE E LO SCONFORTO DEI PAZIENTI Spesso si fanno delle scelte emotive, senza conoscere tutte le possibilità terapeutiche Spesso il paziente è sconcertato perché non sa quale decisione prendere per la propria salute, perché ha più piani di trattamento da diversi professionisti. La scelta diventa dunque essenzialmente emotiva; scegli chi ti è più simpatico, chi ti ha trattato con più gentilezza, indipendentemente dalla professionalità o dalla capacità di chi ti curerà. Questo sconcerto e confusione nel paziente è causato essenzialmente dal fatto che i professionisti non spiegano che esiste una sola diagnosi e differenti piani di trattamento. Per essere più chiari esistono diversi modi per raggiungere lo stesso obbiettivo. Impostando il rapporto con il paziente sulla trasparenza si possono spiegare le varie possibilità illustrando i vantaggi e gli svantaggi di un approccio terapeutico rispetto all’altro, per poi consigliarlo a fare una scelta migliore che è sempre individuale e specifica per il singolo paziente. Contestualizzando il nostro astratto pensiero con un esempio pratico nel nostro campo: se un paziente si presenta con la mancanza di alcuni denti o di tutti i denti (edentulia totale) le possibilità terapeutiche sono almeno quattro: 1) Non fare nulla. 2) Applicare protesi rimovibili. Queste sono protesi che si devono rimuovere per eseguire una corretta igiene orale e possono essere parziali, (sostituiscono pochi denti) oppure totali (tutti i denti) le famose dentiere. 3) Ponti fissi 4) Implantologia. Tutte queste possibilità hanno una propria valenza, una loro dignità e possono rappresentare la giusta terapia per uno specifico paziente. Infatti le protesi, i denti che l’odontostomatologo ripristina, dovrebbero avere tre requisiti: funzionalità, estetica e facilità di pulizia. Questi obbiettivi possono essere raggiunti anche con trattamenti poco sofisticati e poco invasivi, quali le protesi mobili. L’accettazione psicologica delle protesi mobili è un altro discorso, completamente diverso dalla funzionalità e dall’estetica e bisogna tenerne conto perché il lato psicologico è molto importante. Una dentiera anche se funzionale ed esteticamente piacevole è vissuta dai pazienti come l’inizio di un processo d’invecchiamento inevitabile, invece altri pazienti sono contenti e felici e si sentono dei ragazzini con la stessa dentiera. Il non proporre nulla sconcerta ancora di più il paziente che si aspetta sempre un trattamento. È come andare dal medico che non ti prescrive nessun farmaco. Ti dice che va tutto bene, che devi solo fare più esercizio e una dieta regolata per ridurre il sovrappeso, ma il paziente esce scontento perché vuole il farmaco. Lo stesso si verifica in odontoiatria: se

ad un paziente a cui manca un dente in zona non estetica con l’occlusione (la chiusura dei denti) stabile, senza deficit funzionale, proponi di non riposizionare il dente mancante, quel paziente di solito lo mandi nello sconcerto più totale. Vi ricordo che attualmente non c’è evidenza scientifica che la mancanza di alcuni denti possa causare problemi in altri distretti corporei ed essere l’unica causa del mal di schiena.Alcuni pazienti con la mancanza di alcuni elementi dentali non hanno nessun problema funzionale in bocca o in altri distretti. In altre parole sono perfettamente sani anche con la mancanza di un dente. Alla fine arriva l’implantologia, che rappresenta una fantastica possibilità terapeutica, dopo che tutte le altre soluzioni sono state valutate e non sono state scartate a priori, perché l’implantologia è di moda e tutti i pazienti devono avere i denti fi ssi anche se non ci sono le condizioni per poter eseguire una corretta implantologia. Insomma i pazienti sarebbero meno confusi e sconcertati se il professionista dedicasse loro più tempo in fase di prima visita, e spiegasse loro che esiste una sola diagnosi e differenti piani di trattamento per raggiungere lo stesso obbiettivo.

Tiziano Testori, laureato in Medicina e Chirurgia nel 1981 presso l’Università degli Studi di Milano, specializzato in Odontostomatologia nel 1984 ed Ortognatodonzia nel 1986 presso lo stesso ateneo. Fellowship in chirurgia orale ed implantare presso University of Miami, Department of Maxillofacial Surgery and Implant Dentistry (Direttore Prof. R. E. Marx), Miami, FL, USA. Responsabile del Reparto di Implantologia e Riabilitazione Orale presso la Clinica Odontoiatrica (Direttore Prof. R. L. Weinstein), I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi, Università degli Studi di Milano. Visiting Professor New York University, College of Dentistry (Direttore Prof. D. P. Tarnow), New York, NY, USA. Past-President (2007-2008) della Società Italiana di Chirurgia Orale ed Implantologia (SICOI). Referente per la Chirurgia orale e l’Implantologia a supporto della Commissione nazionale del Ministero della Salute per la formazione continua in Medicina e Odontostomatologia. Socio attivo dell’American Academy of Osseointegration (AO), dell’European Association for Osseointegration (EAO), della Società Italiana di Implantologia Osteointegrata (SIO) e della Società Italiana di Chirurgia Orale ed Implantologia (SICOI). Membro attivo del Board Europeo di Chirurgia Orale (EFOSS). Iscritto al Rotary Club Milano. Via G. Rubini, 22 Como Telefono: 031.241652 - e-mail: info@tiziano-testori.it - www.implantologiaitalia.it

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di SANDRA UBOLDI

ARIETE 21 MARZO  20 APRILE

Molti pianeti, tutti che suggeriscono avventure, progetti, successo e soldi e perciò mese ricco di tentazioni. Avete la saggezza di Giove che vi tiene un po’ a freno e la forza del sole che vi sorregge nelle vostre scorribande. Mercurio è solo nella prima metà del mese mentre Venere è in opposizione quasi tutto il periodo. Non fatevi tentare perciò da passioni nuove o clandestine e usate il vostro eros nella giusta direzione. Fino a che Mercurio sarà con voi potrete attuare progetti e ottenere buoni risultati economici. Esuberanti e ricchi di energia fino al 17/ 11 con l’ausilio poi dovrete evitare l’eccesso mantenendo il vostro ritmo da sportivi che non è certo basso..

TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO

Pochi pianeti propizi, inizio mese “calma piatta“ con un risveglio per il Trigono di Marte. Dovrete cercare ideali da condividere con chi vi è caro ed evitare delusioni e malcontenti. Mese all’insegna della pazienza perché troppi pianeti sono in opposizione. Sul lavoro potrebbero esserci intoppi burocratici, noie amministrative che dovrete risolvere più con la perspicacia che con l’aggressività. Curatevi molto nel fisico disintossicandovi, correndo sulle sponde del nostro lago anche se lo stato fisico non è dei migliori.

GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO

Un’ottima Venere, un potente Giove vi rendono quieti, appagati, e meno nervosi del solito, professionalmente fattivi. Saprete dedicarvi con affetto al partner quasi foste all’inizio del vostro rapporto. Vi sentite con meno ambizioni anche se a metà mese potrebbero sopraggiungere sorprese gratificanti. Periodo di attesa per la forma fisica e il tono con l’opposizione di Marte. Riallacciate gli amici invitandoli a serate di musica o teatro ora che la stagione si fa povera di attività all’aperto.

CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Anche per voi un novembre irto di ostacoli con pianeti che ritardano l’entrata nel segno lasciandovi in un interregno vago e pericoloso. Così, incomprensioni con il partner e amici, tentazioni di depistare i problemi ingarbugliando la matassa. Dovrete usare pazienza, evitare di schierarvi con fazioni o colleghi, prendere iniziative che con Marte in opposizione potrebbero diventare n boomerang. Aspettate l’arrivo di Mercurio in trigono dal 15/11 che vi darà brio, perspicacia e iniziativa. Nonostante un cielo astrale non perfetto siete in forma e desiderosi di muovervi. Riprendete gli allenamenti in palestra interrotti durante l’estate.

LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO

Il vostro cielo invece è ricchissimo: Venere, Giove, Sole e Mercurio e Marte. Qualcuno resta per gran parte del periodo, qualcuno meno, ma a sufficienza per suggerirvi dialogo e complicità con il partner se starete attenti a non cadere nella trappola della gelosia. Giove sul lavoro faciliterà gli affari, gli investimenti e nuove sinergie professionali. Il fitness vi aiuterà a sentirvi bene fisicamente ma se non siete troppo attivi di natura a voi basterà camminare rilassandovi all’aria aperta finché il tempo lo permette. Vita mondana con amici che gradiranno la vostra compagnia.

VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

Come inizio vi aiuta il Sole con sinergie e vitalità poi giungono Mercurio, Venere e Marte in ottime posizioni perciò l’inizio non è dei migliori con poca tenerezza, molta tensione e litigi da evitare con cura. Finalmente arriverà Venere che vi farà perdonare gli eccessi. Fino al 14 /11 Mercurio, Marte e Nettuno vi rendono intolleranti alla collaborazione di tutti i tipi contraddicendo ogni clichè del mondo degli affari. Dopo il 15 potrete fare scelte più oculate e scoprire che ogni nuova sinergia porta vitalità e forza nel lavoro. Vi sentite stanchi e il recupero sarà lento. Non esasperate il fisico con sforzi eccessivi e lasciate in surplus le serate con gli amici che apprezzerete dopo il 18 quando Marte e Mercurio vi daranno carica e allegria.

LE STELLE DI COMO BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

Giove e Venere con la presenza di un sestile di Mercurio, Sole, Marte riempie il vostro cielo di luci sgargianti e stelle. Intesa con il partner, gesti di affetto, tenerezza, dolcezza e comprensione. Sul lavoro brillanti idee superano con destrezza le difficoltà del periodo. Comunicativi e persuasivi otterrete apprezzamenti in qualsiasi campo lavoriate. Il tono vitale è ottimo, vi sentite pronti a qualsiasi impresa e vi applicherete a sport impegnativi senza riserva. Non esagerate e curate molto il rischio di infortuni.

SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Mercurio, Venere, Sole, e poi Marte e Nettuno in trigono. Diremmo che i pianeti più sensuali e focosi si siano dati appuntamento per offrire a voi sensualità prorompente, energia a palate anche se sarete carenti di tenerezza e romanticismo. Negli affari non vi manca l’intuito che saprete fare accordi che renderanno più facile il lavoro. Problemi con fisco e burocrazia non avranno vita facile con voi. Siete vitali e energici soprattutto nella seconda metà del mese e riprenderete i vostri esercizi relax e sportivi abbinati a svaghi più mondani con cene e ritrovi amichevoli e costruttivi.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

Percorso ricco di affettività con il partner (Venere e Marte) sensualità appagante, rapporto completo e in sintonia. Nella prima metà del mese i pianeti vi spianano la strada per trovare nuove vie di guadagno con hobby che potrebbero diventare incentivi economici. Considerate ogni vostra intuizione come possibile realtà remunerata e redditizia. Seguite il vostro stato d’animo, la vostra forma fisica per indirizzarvi ad un’applicazione fisica di impegno. Nella seconda metà del mese fareste meglio a trascorrere serate di relax a base di letteratura che tanto vi piace e di poesia che prediligete.

CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

Tutti i pianeti vi rendono orfani tranne il Sole per la prima metà de mese poi giungono Marte , Mercurio, Venere, Saturno e Nettuno. Perciò malintesi che porteranno a divergenze, litigi e mancanza di intimità. Bisognerà aspettare l’arrivo di Marte e Venere per riavere un equilibrio divenuto traballante. Sul lavoro non mancano gli intoppi che dovrete superare contando solo sulla vostra bravura. Nelle attività autonome è importante ascoltare i consigli di persone esperte che allarghino il vostro orizzonte. Non vi sentite per niente in forma e evitate di assecondare l’insicurezza presente che si riflette sull’aspetto fisico e aspettate l’arrivo di Marte per riprendere tono, forza e sicurezza.

ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

Sole smagliante dal 22-11 ma Mercurio e Marte che vigilano agli inizi del mese. Venere dal 24-11 potrà creare dissapori e frizioni nella coppi. Evitate di imporre le vostre idee al compagno e preferite seguire le sue inclinazioni con nuove amicizie e incontri diversi. Mercurio sul lavoro rallenterà le vostre tabelle di marcia ma Marte e Urano provvederanno a rendervi acuti e rapidi nelle vostre attività. Non male anche per le finanze che dovrebbero beneficiare di compensi arretrati e rimborsi sempre utili al portafoglio. L’energia è altalenante prima vitale e scattante. Dovrete ridurne i ritmi controllando i malanni stagionali e reazioni allergiche.

PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Nettuno è con voi con il Sole fino al 21/11 poi Marte in soccorso Marte, Mercurio e Venere. L’inizio è di tensione e alterchi. Basta poco perché il nervosismo dilaghi. Poi ritroverete equilibrio con Marte e soprattutto con Venere che vi regalerà tenerezza e disponibilità. Naturalmente stesso quadro sul lavoro dove i nervi tendono a saltare per un nonnulla. Successivamente potrebbero giungere opportunità lavorative diverse che non andrebbero sottovalutate e da ultimo vi è lo stato fisico che risente di questo sconvolgimento con atonia, mancanza di forze desiderio di solitudine e poca volontà. Bisogna aspettare che Mercurio e Marte diano un nuovo impulso per una ripresa.

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Gli aforismi del mese di Federico Roncoroni

Il dolore e il piacere Gli dèi hanno voluto che il dolore seguisse sempre come compagno il piacere. Plauto Uno dei vantaggi del piacere sul dolore è che al piacere puoi dire basta, al dolore non puoi. Ugo Ojetti

I corpi li unisce il piacere, le anime la pena. Guido Ceronetti Se fosse vero che le sofferenze rendono migliori, l’umanità avrebbe raggiunto la perfezione. Alessandro Morandotti

La gioia contagia, il dolore isola. Alessandro Morandotti

Il più solido piacere di questa vita è il piacer vano delle illusioni. Giacomo Leopardi

Non si devono spendere lacrime nuove per dolori vecchi. Euripide

Il timore di un male peggiore induce a sopportare qualsiasi male. Fedro

I dolori più grandi sono quelli di cui noi stessi siamo la causa. Sofocle

Su in cielo tutto è gioia. All’inferno tutto è dolore. E nel mondo, che sta nel mezzo, c’è l’una e l’altra cosa. Baltasar Graciàn

Nessun piacere è di per sé un male, ma i mezzi con cui gli uomini si procurano certi piaceri portano molti più dolori che gioie. Epicuro

Tutti i dolori possono essere sopportabili: quelli più intensi durano poco, quelli che durano a lungo sono più blandi. Epicuro

Chi sa tutto soffrire può tutto osare. Luc de Clapiers de Vauvenargues Chi non ha sofferto non è un essere: tutt’al più un individuo. Emile M. Cioran

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LAST MINUTE

di FRANCESCO ANGELINI

LUNGOLAGO, IL GIOCO DURO DI LUCINI Dietro l’uscita sul rischio di crolli e cedimenti di edifici c’è il pressing del sindaco sulla Regione per arrivare alla riapertura della passeggiata

Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Il sindaco di Como, Mario Lucini, in apparenza, è tutto fuorché il “cattivo” dei film western. Sul lungolago però ci ha messo la faccia e il destino di una coalizione, il centrosinistra, che è arrivato al governo della città dopo vent’anni di digiuno, e vorrebbe evitare il destino della meteora. Tutti sono consapevoli che il futuro di Lucini e dei suoi, visto anche l’impasse su alcune questioni come quella della viabilità, è appeso alla sistemazione del lungolago e alla riapertura, nel più breve tempo possibile, della passeggiata. Il primo cittadino lo sapeva già, prima di sedersi sulla poltrona liberata da Bruni, che il caso della passeggiata non sarebbe stato (ci si perdoni il calambour) una passeggiata di salute. Ma le difficoltà sono apparse superiori a quanto previsto. Ecco perché, di fronte al rischio di non poter onorare le promesse elettorali e di deludere le speranze dei cittadini, Lucini ha cominciato a fare il gioco pesante. In molti, infatti, nel palazzo e fuori, sono rimasti spiazzati dall’uscita del sindaco che ha confermato i rischi di cedimenti e crolli degli edifici che si affacciano sul lungolago. Un’affermazione scontata se arrivasse da un esponente dell’opposizione, un po’ meno se chi lancia l’allarme è, in ultima analisi, anche il responsabile della sicurezza della città e dei suoi abitanti. Lucini ha certo ponderato la sortita e le sue conseguenze (non ultima le scontate richieste di risarcimento dei danni al Comune da parte dei proprietari immobiliari del lungolago). Se non l’avesse fatto sarebbe un folle. Ma l’allarme sulla precaria situazione legata alla stabilità degli edifici appare rivolta non tanto alla città, quanto altrove. I destinatari della missiva si trovano a Milano, in Regione. Solo da lì, come è noto, possono arrivare il via libera per la modifica del progetto e le risorse per sanare il contenzioso con la Sacaim che ha in appalto i lavori del cantiere bloccato. La scelta di forzare la mano da parte di Lucini deriva dalle difficoltà di natura tecnica e politica emerse nel fitto confronto tra il Comune e la Regione. Ora il messaggio del sindaco è netto: anche il Pirellone sarà responsabile dei problemi legati ai cedimenti e al rischio di crolli degli edifici vicini al cantiere». Una mossa disperata? Forse. Ma forse anche l’unica possibile per tentare di risolvere quello che sta diventando uno dei problemi più complessi nella storia recente della città. Che pure di difficoltà ne ha avute non poche durante le ultime amministrazioni.

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