Mag 47 Febbraio 2013

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N. 47 FEBBRAIO 2013

Quella donna tra i numeri di M. Giovanna Della Vecchia

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M AGA Z I N E

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La sfida di Ilaria è tutta in strada di Sara Della Torre

Venne il silenzio del cannone

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

di Gisella Roncoroni

ASPETTANDO LE ELEZIONI

PENSIAMO ALLA SALUTE di Daniela Mambretti

Cibi e colori del benessere La scelta degli alimenti per combattere le malattie







L’editoriale di Diego Minonzio

La politica e i colori che contano In questo numero del Mag, il primo dell’anno, avremmo dovuto parlarvi di elezioni. Il mese è quello giusto, il voto distante solo un paio di settimane: quale occasione migliore per raccontare programmi e ideali dei partiti politici e dei loro candidati sul nostro territorio? Beh, volete sapere una cosa? Abbiamo letto, abbiamo ascoltato, ci siamo davvero interessati a decaloghi e principi irrinunciabili di questi e di quelli e poi, alla fine, abbiamo deciso che era molto meglio lasciar perdere. Rosso, blu, verde, bianco: i colori sono sempre quelli, le facce purtroppo pure, la speranza che qualcosa cambi per davvero nella vita di noi poveri cittadini e contribuenti anche. Non ci aspetta niente di buono dalle urne di fine mese, state tranquilli. Ci resterà, come al solito, da trangugiare, da pagare e da maledire una situazione da cui non sembra possibile vedere una realistica via d’uscita. E allora, come dicevano una volta, è meglio pensare alla salute. Una bella inchiesta, approfondita e composita, della nostra Daniela Mambretti tra i colori dei cibi migliori, quelli che ci danno la carica, ci fanno stare meglio e ci aiutano ad affrontare con il piglio giusto le dure giornate dedicate allo studio e al lavoro. E vedrete che tutti gli alimenti che abbiamo raggruppato per fasce di colore sono molto, ma molto più interessanti delle bandiere e dei volantini che quel colore storicamente rappresentano. Il rosso della melagrana è più gustoso di quello di Bersani, l’arancione delle carote più intrigante di quello di Vendola, il verde del rosmarino più credibile di quello dei leghisti, l’azzurro del nostro meraviglioso pesce persico imparagonabile con le balle di Berlusconi e il bianco dell’aglio molto più saporito di quello dell’incolore centrismo montiano. Ma il nostro Mag di inizio 2013 non si ferma qui, naturalmente. Troverete tante storie comasche e tanti personaggi di talento che solo un luogo speciale come questo è in grado di far sbocciare. Anche loro frutti di una terra unica. Esperti di statistica, geni assoluti che si sono inventati dal nulla il sogno di tutti i bambini di qualche anno fa (il trenino elettrico), esploratrici del mondo che partendo dal lago raggiungeranno a piedi la Terra Santa, fanatici del calcio vero, del calcio serio e pulito, quello inglese, che da marito e moglie ogni week end si ritrovano nel loro pub in centro a Como a tifare per l’Arsenal e il West Ham. E non solo. Tanta solidarietà dei nostri comaschi benemeriti in ogni angolo del mondo, imprenditori di altissimo livello che vendono nei luoghi più esclusivi del pianeta i loro gioielli di creatività e design e, infine, il profilo di chi si distingue nella danza classica e nella musica concertistica. C’è sempre una bella persona che vi aspetta nelle pagine del Mag. Buona lettura a tutti.

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N. 47 FEBBRAIO 2013

Quella donna tra i numeri di M. Giovanna Della Vecchia

I L

M AGA Z I N E

La sfida di Ilaria è tutta in strada

D E

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di Sara Della Torre

Venne il silenzio del cannone

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

di Gisella Roncoroni

ASPETTANDO LE ELEZIONI

PENSIAMO ALLA SALUTE di Daniela Mambretti

Cibi e colori del benessere La scelta degli alimenti per combattere le malattie

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MAG - FEBBRAIO 2013

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L’EDITORIALE

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DIECI BELLE NOTIZIE

di Diego Minonzio

di Maria Castelli

LE OPINIONI 19

«Pubbliche virtù» di Pierluigi Ratti

20

«Occhi sul mondo»

22

«Donna di picche»

23

«La borsa & la vita»

di Umberto Montin

di Carla Santandrea di Piersilvio Primavesi

39 LA SIGNORA DEI NUMERI L’azienda Demos società di statistica di M. Giovanna Della Vecchia

46 RIVAROSSI NEL MITO La passione di Michele Molteni. I trenini elettrici in miniatura di Serena Brivio

53 L’ALTRO CHILOMETRO DELLA CONOSCENZA Dal Tempio Voltiano passando dai giardini di Alberto Longatti

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46 59 VEDRÒ GERUSALEMME La sfida di Ilaria Bodero A piedi in Terra Santa di Sara Della Torre

64 FEBBRE A 90 Un angolo d’Inghilterra tra calcio e birra di Nicola Nenci

69 IL SILENZIO DEL CANNONE Non spara più da tempo Segnava il mezzogiorno di Gisella Roncoroni

PENSIAMO ALLA SALUTE di Daniela Mambretti

Come riconoscere velocemente durante la spesa gli alimenti che prevengono, curano o controllano importanti patologie quali obesità, tumori, diabete, osteoporosi, malattie cardiovascolari e degenerative? Dal colore. Basta seguire i consigli degli esperti e scegliere i prodotti offerti nei negozi e nei mercati cittadini, optando per alimenti semplici, possibilmente a chilometro zero, con un occhio agli abbinamenti cromatici. Sì, perché studi recenti confermano che i pigmenti che colorano frutta e verdura, per esempio, non hanno solo una valenza visiva, ma denotano importanti funzioni per l’organismo.

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75 I L M AGA Z I N E D E

DIRETTORE RESPONSABILE

Diego Minonzio

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100 106 (S)fashion

RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin

tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 redmag@laprovincia.it g.guin@laprovincia.it

di Serena Brivio

75 COMASCHI IN MISSIONE Le storie di chi ha scelto di aiutare gli altri partendo di Arianna Augustoni Laura D’Incalci

108 Eventi

di Rocco Lettieri

113 Colpo di spugna di Elisabetta Broli

114 Navigazioni Lariane di Luca Meneghel

81 FRAMMENTI DI STORIA Al museo i 140 anni dell’archeologica comense di Antonio Marino

115 Scaffale

di Carla Colmegna

116 Grande schermo

di Bernardino Marinoni

118 Animali 89 ALLA CONQUISTA DI DUBAI La motonautica comasca protagonista nei mondiali di Gianfranco Casnati

96 NEL SEGNO DI DIANORA L’arte della danza come disciplina di Stefania Briccola

100 BRIVIDI D’ARTE Intervista alla violinista Maristella Patuzzi di Alberto Cima

di Marinella Meroni

119 I consigli dello chef di Luciano Terraneo

121 Vivere sicuri

di Davide Meroni

OPINIONI Carla Santandrea, Umberto Montin, Pierluigi Ratti, Piersilvio Primavesi SERVIZI Maria Giovanna Della Vecchia Gisella Roncoroni, Sara Della Torre, Daniela Mambretti, Nicola Nenci, Laura D’Incalci, Arianna Augustoni, Alberto Longatti, Antonio Marino, Gianfranco Casnati, Alberto Cima, Stefania Briccola. RUBRICHE Maria Castelli, Elisabetta Broli, Bernardino Marinoni, Luca Meneghel, Carla Colmegna Luciano Terraneo, Marinella Meroni, Davide Meroni, Eugenio Gandolfi, Franco Brenna, Tiziano Testori, Federico Roncoroni, Alessandra Uboldi. Francesco Angelini TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti

122 Il bello della Salute di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori

126 L’oroscopo

di Alessandra Uboldi

129 L’aforisma del mese di Federico Roncoroni

130 Last minute

di Francesco Angelini

REALIZZAZIONE GRAFICA DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 30 gennaio

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Dieci belle notizie di Maria Castelli

PRONTO SOCCORSO DEI VICINI A Mario Bertalli, 46 anni, è andato un boccone di traverso, mentre pranzava in casa, a Cantù. Preso dal panico, è uscito e s’è messo a correre verso la campagna, seguito dalla moglie, Caterina, in apprensione. È stato notato da due vicini di casa, Antonio Tagliabue e Stefania Gaffuri che non hanno esitato a chiamare il 118 e ad intervenire con prontezza e coraggio. Infatti, l’operatore del 118, via telefono, ha dato istruzioni per praticare il massaggio cardiaco e per liberare il signor Bertalli dal boccone che lo stava soffocando. Intanto, sopraggiungevano le equipe di ambulanze ed elisoccorso per completare la manovra salvavita e per il trasporto in ospedale. «Siamo accorsi subito per aiutare. L’abbiamo preso appena in tempo», ha detto Antonio Tagliabue. Era l’8 gennaio e sembrano le parole migliori per inaugurare il 2013.

ALL’ATTACCO DELLA CRISI UNA VITA RICOSTRUITA

Claudio La Corte, sindaco per diversi anni di Peglio, in Alto Lago, apprezzato maitre in Svizzera, un giorno cadde, battè la testa e perse quasi completamente la vista. Era il 2003. Ma non s’è mai perso d’animo: con una straordinaria capacità di reagire, s’è laureato e dedica la propria esistenza a chi vive in condizioni di disabilità. Attualmente, è vicepresidente della sezione di Como dell’Unione italiana ciechi ed ipovedenti, promuove molteplici iniziative di sensibilizzazione e di informazione e resta in consiglio comunale. «Ho dovuto reimpostare la mia vita - afferma - ma al primo posto metto sempre l’impegno sociale». E ringrazia la popolazione e i volontari che lo sostengono.

Nei primi dieci giorni di gennaio, solo nella città di Como, in otto hanno chiesto di aprire un’attività artigianale. I settori operativi sono diversi: l’edilizia, la somministrazione di cibi e bevande, decorazioni, un’impresa di pulizie. Le età dei neo imprenditori: dai 19 ai 40 anni. Per tutti, la voglia di mettersi in gioco, perso il lavoro dipendente o accantonata la speranza di trovarne uno alle dipendenze. Le imprese artigiane aperte nella zona di Como nel 2012 sono state 65. Lo segnala Confartigianato e il presidente, Marco Galimberti, rivolge un messaggio a tutti: «Il requisito fondamentale è la tenacia. Non bisogna mollare alla prima difficoltà», afferma ed indica come esempi da seguire quelli di giovani donne che continuano l’attività di famiglia in settori tipicamente maschili. Uno tra i tanti: il fabbro.

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UN PAESE PER ELISABETTA Elisabetta Rizzo ha 31 anni, una figlia di otto, un marito colpito da ictus, non autosufficiente, sottoposto a riabilitazione, ma i tempi di recupero sono lenti. E il contratto d’affitto di casa era in scadenza, Elisabetta doveva trovare subito un altro tetto. Il suo paese, Cassina Rizzardi, non l’ha lasciata sola: il Comune le ha assegnato un appartamento d’emergenza, superando le difficoltà burocratiche; l’Associazione genitori l’ha aiutata per il trasloco ed ha imbiancato casa. Elisabetta ha trovato anche un lavoro. «In un momento di difficoltà e di solitudine - ha detto la giovane donna - ho potuto contare sull’intero paese. È un paese piccolo, ma coeso. Almeno a parole, vorrei ringraziare tutti».

OTTANTUN ANNI BRILLANTI Graziella Bertoli, 81 anni, residente a Bellagio, ha messo nel sacco una donna di 33 anni che ha tentato di truffarla, oltrettutto facendo leva sui buoni sentimenti con una storia proprio brutta: le ha fatto credere di aver bisogno di soldi per il funerale della figlia di un amico. «Sono stata mandata dal prete del paese», s’è accreditata con la signora Bertoli. «Io la cifra l’avevo - ha raccontato la pensionata - ma volevo smascherare quella donna perché ho capito che era una truffa. Volevo darle una lezione. Io sono ancora lucida, ma qualche donna della mia età ci sarebbe potuta cascare». Graziella Bertoli ha preparato il tranello: ha compilato un assegno di 300 euro, perché sarebbe stato rintracciabile e quindi la truffa sarebbe stata sventata, con denuncia della responsabile. La somma è stata trasformata in 2.300 euro e il meritevole impiegato di una banca di Asso s’è insospettito, non l’ha voluto cambiare. Nel frattempo, la signora Bertoli ha avvisato i carabinieri, risaliti alla truffatrice che aveva già depositato l’assegno sul proprio conto corrente in una banca di Como.

LA LETTERA PIÙ BELLA La lettera più bella che ha chiuso il 2012 ed ha aperto il 2013 è stata scritta a “La Provincia” da nonno Dani. Forse è diretta alla figlia, Paola, ma contiene un messaggio che rincuora tutti: «Dopo la pioggia, viene il sereno; brilla in cielo l’arcobaleno». Sono le parole di una poesia di Gianni Rodari; nonno Dani le fa sue e le divide con chiunque le legga. Racconta la storia di un bambino, forse il nipotino, colpito «da una malattia dirompente», ma a qualche mese di distanza, «le nubi cominciano a diradarsi e s’intravede la vetta», dice nonno Dani. Medici ed operatori sono stati splendidi, afferma, ma rivolgendosi a Paola, sottolinea: «il miglior antidoto sono state le tue lacrime che di notte, in ospedale, accarezzavano il volto del tuo bambino mentre gli cambiavi il pigiama fradicio di sudore per la febbre alta. Questo gli ha dato la forza di iniziare la sua lotta verso la guarigione». Paola ha costituito con il marito «una coppia formidabile», dice il nonno e con la sua forza d’animo ha trascinato tutti quelli che le stanno vicini.

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IN TRE RIGHE «Oggi a Como nevica e non ci sono disagi per gli automobilisti», scrive a “La Provincia” l’architetto Luca Novati durante la prima nevicata invernale. E nelle altre due righe formula ipotesi sulle capacità degli amministratori comunali di affrontare i fenomeni metereologici. A volte, è la mancanza di problemi a far notizia.

GIOPPINI A FIN DI BENE

UN’INTESA SULL’ACQUA

C’è anche un teatro - missione, in provincia di Como. Lo inscena il “Gruppo Recital Schignano” che con l’ultima pièce ha reinterpretato Giulietta e Romeo di Shakespeare. In ogni sala in cui la recita strappa applausi, risate e stupore dal primo all’ultimo minuto. Un’impensabile creatività sostenuta da sacrifici, prove, tanta e tanta dedizione, ma ormai da quindici anni tutti gli introiti sono destinati al sostegno di “amici vicini e lontani”. Sono cooperative sociali, associazioni di volontari che operano per combattere malattie e per l’amicizia tra i popoli, per migliorare le condizioni di vita nel Terzo Mondo. «Se è con notevole dose di autoironia che abbiamo scelto di salire sul palco, fare i gioppini, divertire, massacrando letteralmente fiabe e grandi opere letterarie e teatrali, vogliamo provocatoriamente continuare a farlo, per portare il nostro piccolo aiuto a chi ne ha veramente bisogno» (dalla lettera di presentazione del Gruppo Recital Schignano).

Veleso era senz’acqua, a causa dell’afflusso di turisti e proprietari di seconde case, ma anche per vandalismi sulle fontanelle pubbliche. Nesso ne aveva in quantità e l’ha fornita a Veleso. Non sono noti i particolari dell’operazione, però mette in evidenza la stretta di mano tra due Comuni: non sempre succede. E un’intesa nata sull’acqua ha posto le basi per altre proficue collaborazioni.

LA PIÙ BUONA D’ITALIA La classe Terza A della scuola media di Albavilla ha ricevuto il “Premio Livio Tempesta” in una cerimonia in Campidoglio a Roma per il comportamento nei confronti di un compagno disabile, integrato, seguito e coccolato da tutti. È una delle classi più buone d’Italia, ma gli studenti ritengono di non aver fatto niente di eccezionale. Lo dice, per tutti, Marco Gauterio: «Noi non abbiamo fatto nulla, Jonathan è un nostro amico, è lui che ci ha dato una mano spiegandoci le sue difficoltà e come comportarci. Ci ha aiutato a crescere».

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Pubbliche virtù di Pierluigi Ratti imprenditore

Sogno un’altra città Recentemente ho sognato Como, una città in fase di rinnovamento dove il verde, l’acqua, il colore, la luce, l’architettura, l’arte e soprattutto l’educazione e il rispetto dei beni comuni erano gli elementi principali per questo rinnovamento. Una città dove il verde era tutto ridisegnato, dando agli spazi, forme e dimensioni leggibili e non aree confuse, disordinate e anonime. Riflettevo sull’attuale modo di amministrare il verde; solo manutenzione ordinaria, sostituendo le piante morte con le stesse specie senza riflettere su altre possibilità e tagliando l’erba quando si può, ma non c’è nessun segno, né alcuna idea di rinnovamento. Sono convinto che se non si progetta un cambiamento si rischia di cadere nel qualunquismo senza futuro. Sogno una città dove agli ingressi ci sia un’ accoglienza ben diversa dalla scritta “Benvenuti a Como”, un progetto di un luogo dove il verde, l’acqua, la luce e l’ordine disegnino un’immagine viva e ripulita dalla maleducazione dei soliti individui irrispettosi. Sogno una città dove i parcheggi, sufficienti a soddisfare le esigenze dei cittadini, siano tutti interrati o in silos per lasciare spazio in superficie ad importanti aree verdi, evitando così la presenza di macchine in sosta ma solo in transito. Sogno una città dove l’acqua sia presente sotto ogni forma: fontane nelle piazze, nei giardini pubblici nei giardini privati, risvegliando negli animi senso di vita e di freschezza. Sogno una città dove si favoriscano progetti d’architettura di livello internazionale, incrementando così quanto Terragni S.Elia ed il Razionalismo hanno lasciato a noi in eredità. Sogno una città dove le piazze siano tutte valorizzate

da elementi scultorei; opere che possano esprimere proposte, ricerca ed emozioni nuove per chi le vivrà. Sogno una città dove chi ha creato in Como un’importante corrente artistica annoverata nella storia dell’arte contemporanea, Rho, Radice, Badiali, Galli, trovino finalmente un loro spazio. Ricordo una proposta che feci in collaborazione con il Consorzio “Como Turistica”, con l’assessore allora Dottor De Santis per piazza Gobetti: un disegno di Radice venne trasformato in un progetto di arredo urbano. Spazi e linee interpretate come aree verdi e pavimentate mentre altri segni dello stesso disegno, innalzate a panchine. Una traccia sul foglio convertita in realtà tridimensionale. Purtroppo però, come succede per tante iniziative, il progetto venne realizzato ma non sufficientemente promosso e soprattutto non ben gestito. Così un’idea che avrebbe potuto essere l’inizio di un atteso cambiamento, giace ora nel disinteresse e nell’incuria più totale. Sogno una città dove nel percorso “km della conoscenza”, all’interno del parco dietro Villa Olmo recentemente ristrutturato, si inserisca uno spazio permanente di opere d’arte e reperti storici esistenti (come ricordo mi espresse desiderio un noto scultore comasco, Eli Riva), riuscendo a far rivivere aree poco frequentate. Il mio risveglio, però, mi riporta ad una realtà purtroppo ben diversa dal mio sogno: scarsità di progetti e disinteresse verso iniziative di rinnovamento. Ma la speranza, lo sappiamo, è l’ultima a morire. Cerchiamo allora tutti insieme, nel nostro piccolo, di stimolare, proporre, desiderare, affinché questa meravigliosa città, Como, possa adattarsi ai giorni nostri.

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Occhi sul mondo di Umberto Montin

La passione per la fantasia «L’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé». Lo sosteneva Pablo Neruda, ma in tempi di crisi questa propensione potrebbe aver perso forza o essere vista come un orpello passionale che non ci è più permesso. Eppure non manca chi, pur dovendo fare i conti con un mondo meno generoso , decide di non farsene mancare un altro di mondo: quello della fantasia. Il problema sorge quando questa dimensione viene a cozzare con quella reale. Ma non per tutti è così, anzi c’è riesce a coniugare i due aspetti. Come Tonya Mickesh e Jefferson Reitz, coppia del sud della California, ormai diventata famosa in America per aver visitato per un anno intero Disneyland, tutti i giorni senza mancare mai. Uno dei mille primati inutili e, appunto, fantasiosi che riempiono le pagine del celebre repertorio. Ma a marcare la differenza è il particolare che ha spinto la coppia a impegnarsi nella sfida. «È stato un modo per impegnarci perché non avevamo un lavoro» ha spiegato Tonya. Disoccupati, vittime della crisi, hanno sperato così di trovarsi un’occupazione. Ciò non è avvenuto ma loro sono andati avanti. Tutti i giorni, infallibilmente. Sfruttando un abbonamento annuo donato da un amico e contando sul fatto che, come ha confessato Reitz «è un posto divertente dove andare e incontrare amici», i due si sono via via appassionati alla sfida. Tanto che hanno dovuto organizzarsi anche quando, avendo trovato un lavoro, non hanno voluto rinunciare a questo svago tra i Pirati dei Caraibi e Big Thunder Mountain a costo di estenuanti corse per non riuscire a varcare i cancelli almeno una colta ogni 24 ore. Ormai sono diventati amici del personale e sono stati nominati cittadini onorari. Però nel frattempo hanno anche, come detto, trovato un lavoro e ora assicurano che l’esperienza, pur divertente e originale, non avrà un seguito. Sono tornati nel mondo reale, l’ossessione per il castello della Bella Addormentata va bene per affrontare o esorcizzare la crisi, ma adesso basta, hanno detto entrambi d’accordo. Tuttavia se un giorno avessero voglia di varcare la realtà per il mondo del finto, possono sempre provare con un viaggio nel cuore della vecchia Europa: dal 26 marzo un simbolo dell’America, la biondissima Barbie, aprirà la sua casa a Berlino, nella zona ovest. Una casa vera, una villa, 2500 metri quadrati su tre piani con tutta la dotazione che generazioni di bambine hanno imparato a conoscere e ad avere (in sedicesimo,ovviamente). «Porteremo nella realtà la casa dei sogni di Barbie» hanno dichiarato i promotori che si aspettano duemila visitatori al giorno. E chissà che un giorno non passino di lì anche Tonya e Jeff.

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Donna di Picche di Carla Santandrea direttore Casa circondariale di Como

Il carcere e la finalità sociale Il carcere, come affermano la Costituzione e la legge di riforma del 1975, si pone l’obiettivo di riuscire a dare alla pena una prospettiva concreta di riabilitazione, di recupero sociale dei detenuti. Il carcere nell’infliggere una misura di sofferenza inevitabile assolve anche alla funzione di punizione e riparazione del torto. Pertanto è uno dei mezzi tra i più importanti di prevenzione e contrasto alla criminalità. Quindi pone comunque e in ogni momento questo imperativo, questo impegno: alla punizione e alla sofferenza deve unire umanità e speranza. La pena pertanto deve conservare e non recidere completamente e definitivamente i rapporti con la società. Questo progetto “alto” del recupero e del reinserimento dei detenuti è affidato al convincimento degli operatori e viene realizzato col loro impegno quotidiano attraverso il sacrificio, il senso del dovere, la professionalità. Tuttavia per raggiungere questi obiettivi, non è pensabile che il carcere resti separato dalla società civile. Bisogna sconfiggere una antica separatezza, una antica rimozione, con un impegno collettivo. La criminalità può essere spezzata anche se la società offre alternative praticabili, opportunità diverse, la possibilità di scelte “altre” rispetto a quelle criminali. Certamente si è consapevoli che nessuno ha il gesto risolutore capace di cancellare d’un colpo tutti i problemi e senza dubbio più che mai il carcere si inserisce nei problemi economici, politici e sociali che riguardano il Paese nel suo complesso. In questo senso la società può dimostrare che non esistono due realtà antitetiche quasi ad indicare due specie antropologiche diverse. Si può pensare al carcere come spazio della non-società e addirittura della anti- società, in cui ogni sottocultura tende a prevalere sulla cultura, ove il tempo è vuoto e pietrificato, scandito per tutti, custodi e custoditi, da riti ossessivamente uguali? E’ necessario con un rinnovamento culturale superare il concetto dell’incomponibile conflittualità tra custodi e custoditi e dell’inconciliabile rapporto tra sicurezza e recupero. Infatti, l’esperienza lo insegna, la sicurezza può essere più solida e duratura quanto più è fondata sul rispetto, sulla fiducia, sulle opportunità offerte con ragionevolezza ai detenuti e quando occorre ritirate . Questa convinzione deve appartenere a tutti gli operatori istituzionali e non, che devono fare tutto il possibile, consapevoli di affrontare un’ambizione e una sfida difficile ma esaltante. Certo c’ è una misura di rischio, ma il rischio è insito in ogni azione e deve essere fatto proprio da tutta la società civile e non lasciato alla sola Amministrazione Penitenziaria. Oggi più che mai, la società deve dire con chiarezza che cosa vuole fare del carcere, delle persone cui toglie la libertà e la restituisce. Occorre uscire dall’alternativa che oscilla tra la rassegnazione inerte e le sterili polemiche, dai cambiamenti annunciati e mai realizzati. Occorre indicare le riforme concretamente realizzabili, agire con un progetto preciso e non solo aspettare, perché è comodo esigere e non rispondere di niente. Da parte di tutti, occorre che le idee si trasformino in azioni vere, occorre essere concreti fino in fondo in un rapporto di reciproca integrazione. 22

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La borsa o la vita di Giansilvio Primavesi

Presidente Confcommercio Como

Camminando per Como Sarà perché sono nato e provengo da una famiglia di commercianti e con il latte materno ho assorbito anche l’amore per questo lavoro e per questa categoria imprenditoriale, ma – vi confesso – l’attuale situazione di estrema difficoltà di questo importante settore economico mi rattrista moltissimo. Il mio negozio è in centro città, in via Cesare Cantù, e porta, nell’insegna, proprio il nome di mia mamma Anna Gilardoni. Fin da piccolo ho respirato “l’aria di bottega” e anche durante i miei studi ne ho seguito l’attività. Un impegno entusiasmante, coinvolgente, pieno di continue novità difficili da seguire e assecondare, ma … il sale dell’attività imprenditoriale stessa. Mai adagiarsi. Mai sedersi. Possibilmente precorrere gusti e tendenze della moda (a proposito: il mio negozio è di abbigliamento). Mai abbattersi. Mai fermarsi. Sono queste le caratteristiche di noi commercianti. Per cui, constatare oggi la sfiducia e talvolta l’apatica rassegnazione di alcuni colleghi, di cui sono anche il presidente, mi turba profondamente. E mi addolora proprio vedere le vetrine malinconicamente vuote dei tanti negozi chiusi, come orbite spente del non più sorridente volto della mia città. Mi capita spesso, camminando nelle vie del centro, e soprattutto nel recarmi in Associazione, in Confcommercio Como, di rimuginare questi pensieri. Se chiudono i negozi chiude una rilevante componente dell’economia. Se si spengono le vetrine, si spegne l’anima stessa della città. Se si ostacolano le nostre piccole, ma duttili e vivacissime imprese, si alimenta la disoccupazione, la malavita, la povertà. Ed è facilissimo provocare ostacoli ai negozi e ai negozianti. Alle aziende: con fisco, norme, burocrazia impossibili da appagare. Agli operatori: con il gravame dei troppi e talvolta inutili adempimenti oltre che con gogne mediatiche infamanti e ingiuste, perché colpiscono nel mucchio, che fanno perdere molta voglia di lavorare. Ma, come ho detto, mai abbattersi. Non è nella natura dei commercianti. Non è nella mia natura. E mi viene spontaneo considerare che anche le peggiori tempeste passano. Che le difficoltà si possono e si devono superare. Certo è un periodo davvero difficile, pesante e complesso! Troppe turbolenze e cambiamenti tutte insieme: monetarie e finanziarie; nazionali e internazionali; della produzione e dell’occupazione; dell’innovazione tecnologica e delle cambiate abitudini; della recessione economica e della contrazione dei consumi. Mi viene da paragonarlo ad un periodo post bellico. E mi ritrovo a pensare che anche i miei genitori e quanti nel passato mi hanno preceduto nella stessa attività hanno affrontato e superato la tragedia e i postumi di una guerra mondiale. E in più ce l’hanno fatta! Mentre, camminando, rincorrevo questi pensieri, sono arrivato, quasi senza accorgermi, in via Ballarini. Salgo in Associazione per partecipare ad una riunione di Giunta e nell’ascensore penso che devo dire ai colleghi: ce la dobbiamo fare e ce la faremo.

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LO SPECIALE

I COLORI DELLA SALUTE di Daniela Mambretti

COME SCEGLIERE I PRODOTTI DELLA TAVOLA PENSANDO AL BENESSERE DEL CORPO E ALLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE mag

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ome riconoscere velocemente durante la spesa gli alimenti che prevengono, curano o controllano importanti patologie quali obesità, tumori, diabete, osteoporosi, malattie cardiovascolari e degenerative? Dal colore. Basta seguire i consigli degli esperti e scegliere i prodotti offerti nei negozi e nei mercati cittadini, optando per alimenti semplici, possibilmente a chilometro zero, con un occhio agli abbinamenti cromatici. Sì, perché studi recenti confermano che i pigmenti che colorano frutta e verdura, per esempio, non hanno solo una valenza visiva, ma denotano importanti funzioni per l’organismo. “Più i piatti sono colorati, più cresce il forziere dei nutrienti buoni”- spiega Marco Bianchi, ricercatore presso la Fondazione Ifom - Istituto Firc di Oncologia Molecolare di Milano e autore di I Magnifici 20 – I buoni alimenti che si prendono cura di noi (Ponte alle Grazie). Pertanto, se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, nel caso dell’alimentazione, il colpo d’occhio diventa protagonista e può essere decisivo per godere di buona salute, facendosi guidare dalla fantasia e, soprattutto, dalla varietà di sapori, profumi e colori nello stesso piatto o tra le diverse portate. Inoltre, come illustra approfonditamente il libro Colori di Ingrid Riedel (Edizioni Scientifiche Magi) i colori hanno anche un valore simbolico e psichico. Sceglierli e abbinarli anche in cucina, dona a una abituale attività quotidiana una valenza artistica, evocativa, oltre che decisamente salutistica. Via libera, allora, alla composizione della “tavolozza” alimentare.

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ROSSO,

CARICA A EFFETTO ANTIDEPRESSIVO I cibi rossi dispensano energia, risvegliano il desiderio e hanno un effetto antidepressivo grazie ai loro variegati nutrienti. Dolce e invitante, la melagrana, con il suo carico di vitamine A, B e C è un potente antiossidante per la presenza dei tannini. Bere il suo delizioso succo significa ridurre il rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari, di osteoartriti, di tumore a organi quali colon, mammella e prostata, come conferma un recente studio dell’Università del Wisconsin (Usa). Stesso potere protettivo e antidegenerativo è attribuibile al pomodoro, grazie al suo fitonutriente distintivo, il licopene, in grado di bloccare i radicali liberi e modulare la risposta immunitaria, come ben sottolinea Pier Francesco Lisi in 101 Buoni alimenti che si prendono cura di noi (Newton Compton Editori). Piccoli piccoli, ma grandi alleati della salute, ribes, lamponi, ciliegie e fragole sono un vero esercito di contenimento verso lo stress ossidativo indotto da un’alimentazione carente di frutta e verdure, abuso di farmaci, eccessiva esposizione al sole e stress esistenziale. Le ciliegie, poi, sono anche diuretiche e sgonfianti, vere alleate della bellezza femminile, come il peperoncino: se gli sono universalmente riconosciute qualità benefiche sul siste-

ma cardiovascolare, risulta vincente anche per la silhouette, grazie alla capsaicina. Studi mirati hanno, infatti, dimostrato che questo principio attivo agisce riducendo l’appetito e stimolando il microcircolo, con conseguente mobilitazione dei grassi dal tessuto adiposo. Vivificante è anche un’insalata leggera e digeribile, o un contorno dal tocco esotico, se a base di riso rosso, ricco di ferro e altamente efficace per la normalizzazione dei livelli >> del colesterolo Ldl e dei trigliceridi.

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MARRONE

SAPORI AVVOLGENTI E RISCALDANTI Il colore della terra, in tutte le sue calde tonalità, caratterizza alimenti dispensatori di importanti qualità benefiche, a partire dalle spezie che, a buon diritto, sono entrate nella quotidianità culinaria mediterranea. Cannella, noce moscata e chiodi di garofano aromatizzano dolci, macedonie, puré di patate e besciamella, ma sono anche un vero tesoretto di virtù alimentari. “La tradizione erboristica attribuisce ai chiodi di garofano proprietà digestive, antipiretiche, antivirali, antinfiammatorie, analgesiche e fluidificanti del sangue, senza dimenticare che, durante gli ultimi mesi di gravidanza, aiutano a tonificare i muscoli uterini. La cannella, invece, esercita una funzione antisettica, antimicrobica, carminativa e si rivela utile nelle malattie da raffreddamento, nell’inappetenza e per i dolori addominali. Inoltre, mezzo cucchiaino di cannella al giorno è sufficiente per ridurre la quantità di zuccheri nel sangue di chi soffre di diabete di tipo 2, di colesterolo e di trigliceridi. Gode anche fama di essere afrodisiaca” - spiega Alessandra Ferrari, naturopata e volontaria di Garabombo, negozio di commercio equo e solidale di Como. Gustose e nutrienti, lenticchie e fave appartengono da tempo immemore alla cucina tradizionale: note per il loro apporto proteico, sono una fonte notevole di fosforo, potassio, magnesio e ferro. Le fave, in particolare, sono protagoniste di una pietanza mediorientale chiamata ful mudamas, la cui ricetta originale, aromatizzata con i semi di cumino, ottimo digestivo e carminativo, è riproposta da Marie Fadel e Rafik Schami in La città che profuma di coriandolo e di cannella (Garzanti), un libro dedicato ai sapori atavici e alle storie di Damasco. Anche la castagna, presente in numerosissimi piatti della tradizione culinaria cosiddetta “povera”, dispensa notevoli qualità: ricca di potassio e acido folico, non provoca picchi

glicemici, poiché l’amido in essa contenuto, associato a una buona quota di fibre, viene assorbito gradualmente. Tuttavia, a causa del suo apporto calorico, sarebbe preferibile gustarla in piatti completi come gnocchi, ravioli o polenta e non a fine pasto. Il colore marrone declinato al gusto dolce riserva golose sorprese. Oltre al cioccolato fondente, noto per le sue proprietà antiossidanti, euforizzanti e miticamente afrodisiache, datteri e uvetta sultanina non sono da sottovalutare, soprattutto perché utilizzabili per addolcire le pietanze al posto dello zucchero. I primi, meglio se consumati freschi, sono una miniera di calcio, fosforo e magnesio e sono ideali per chi pratica attività sportiva intensa, mentre l’uva passa riduce il senso di fame poiché in grado di far aumentare i livelli ematici della leptina. Si tratta di un ormone prodotto dal tessuto adiposo che regola la massa corporea, informando il sistema nervoso centrale sul livello delle riserve energetiche dell’organismo, come illustra il libro Prevenire i tumori mangiando con gusto di Anna Villarini e Giovanni Allegro (Sperling & Kupfer): davvero gustosa la ricetta delle mele ripiene che si avvale di questo prezioso e >> sano dolcificante.

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ARANCIONE EQUILIBRATA ENERGIA I cibi arancioni placano l’ansia e regalano energia senza, però, sovreccitare. Zucche, carote, albicocche, meloni, arance e mandarini donano nuovo slancio con il loro concentrato di fitonutrienti. Il comune denominatore è il betacarotene, un precursore della vitamina A, essenziale per la salute della pelle e degli occhi. Tutti riservano piacevoli sorprese: la zucca, oltre a prevenire le rughe, regola le funzioni intestinali, è diuretica e favorisce il sonno, mentre le carote contengono il falcarinolo, un alcol grasso dalle comprovate attività antitumorali, come sottolinea il ricercatore Marco Bianchi nel libro già citato. L’albicocca, grazie ai carotenoidi, favorisce l’abbronzatura e aiuta gli anemici, gli sportivi e le persone stanche, in quanto molto ricca di potassio, mentre la papaya, o meglio, il suo estratto bio-fermentato, pare abbia un effetto specifico per contrastare i danni da nicotina, agendo addirittura su due fronti: da un lato neutralizza tossine e radicali liberi, dall’altro potenzia il sistema immunitario in modo da contrastare le infiammazioni innescate dal fumo. I mandarini, nella parte bianca della buccia, contengono la leptina e la nibiletina, una sostanza che, oltre alle virtù anti-colesteroro, garantisce un maggior controllo della glicemia ematica a vantaggio della linea, come riporta il sito www.scienzanatura.it. Se possibile, è bene che frutta e verdura vengano consumati a breve tempo dalla raccolta, affinché tutti i nutrienti restino attivi e biodisponibili, pertanto è consigliabile frequentare assiduamente le aree del mercato coperto riservate ai produttori locali a chilometro zero, ma è altrettanto importante il metodo di cottura. Un gruppo di ricercatori britannici ha scoperto, per esempio, che bollire le carote a fette anziché intere fa perdere circa il 25% del famoso falcarinolo antitumorale. Alla bollitura, meglio preferire la cottura a vapore che permette la conservazione di gusto, sali minerali e vitamine

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a eccezione della C che ne risente un po’. Consigliata anche la cottura al forno, come suggerisce Giuliana Lomazzi nel suo ABC dell’alimentazione naturale (Terra Nuova Edizioni). Colora di giallo i risotti, ma la sua polvere ha un bel colore arancione caldo: è lo zafferano, dalle proprietà aromatizzanti, digestive, lenitive, emmenagoghe e stimolanti. “Recenti ricerche hanno dimostrato che lo zafferano ha un’attività benefica per la sfera sessuale e riproduttiva. Si afferma che sia stata riscontrata un’efficace attività salutistica anche nei confronti dei sintomi tipici della sindrome premestruale, soprattutto di quelli che riguardano la sfera emozionale come ansia, irritabilità, tensione nervosa, depressione e sbalzi d’umore” – sottolinea la naturopata Alessandra Ferrari.


GIALLO

SPRINT E TONO MENTALE

Perfetti per iniziare la giornata con il carburante giusto, sia sul piano fisico sia su quello mentale, sembrano conservare tutta l’energia assorbita dal sole. Mais, la poliedrica curcuma, il sesamo, lo zenzero, il prezioso miele e, soprattutto, i grani integrali e antichi, come, per esempio, kamut, farro o grano duro. “Contengono più proteine, antiossidanti, enzimi, sali minerali, oligoelementi, vitamine, amido a basso indice glicemico e meno glutine, una proteina che, negli ultimi anni, sta creando molti problemi di salute, come la celiachia. La causa è da ricercarsi nella struttura della proteina che è stata modificata volontariamente con l’uso di radiazioni e altre pratiche. Quasi tutti i grani duri e teneri, creati dagli anni settanta in poi, sono stati modificati per produrre di più e affinché contenessero più glutine. Tutto ciò ha provocato un’impennata di allergie e intolleranze, oltre a problemi non ancora riconosciuti derivanti dal glutine. Inoltre, la modificazione dell’amido da amilosio in amilopectina ha portato problemi legati alla glicemia più alta e a tutto quello che ne consegue, come aumento di peso, tendenza al diabete, modificazione della flora intestinale, a favore di disturbi come candida, gonfiore intestinale e disbiosi” - spiega Gianni Loberti, esperto di alimentazione e prodotti biologici del negozio Mirtilla di Como. Cucinare i cereali di Alice Savorelli (Terra Nuova Edizioni) offre una vasta scelta delle ricette più salutari, unitamente a una sezione dedicata ai simil-cereali per chi soffre di celiachia. La curcuma, la polvere d’oro da sempre utilizzata dalla medicina ayurvedica per le sue virtù preventive, è ottima per aromatizzare i formaggi freschi, le zuppe, le verdure cotte e i risotti e diventa ancora più gustosa sapendo che la sua curcumina è un potente antiossidante che ostacola l’invecchiamento, lo sviluppo dei tumori, oltre a essere un protettivo epatico.

Dalla tradizione orientale, entrano nelle tavole occidentali anche sesamo e zenzero. Il primo, consumato su insalate, verdure saltate, o come croccante e aromatica impanatura di polpette vegetali e pesce, è un’ottima fonte di calcio: ne contiene quanto i formaggi più ricchi, senza, però, le loro controindicazioni e rappresenta, inoltre, un tesoretto di minerali e di acidi monoinsaturi e polinsaturi, a vantaggio del sistema cardiocircolatorio. Lo zenzero, invece, ha un effetto sia antiossidante, sia antinfiammatorio e, aggiunto in succo o polvere alle pietanze, dona uno stuzzicante e benefico piccantino. Per un aperitivo che predisponga i succhi gastrici al pasto, basta unirne la polvere a succo di limone e a un cucchiaino di miele. Quest’ultimo, poi, da preferire integrale, è una fonte di sali minerali e vitamine, oltre a esercitare una comprovata azione antibatterica. Base dell’alimentazione tradizionale padana, il mais giallo, gustato soprattutto come polenta, contiene betacarotene e altri antiossidanti utili per la salute degli occhi, in quanto protettori della retina verso i radicali liberi e, di >> conseguenza, verso la degenerazione maculare senile.

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VERDE

CALMA E TRANQUILLITÀ Rasserenano, leniscono e placano, declinati in tutte le nuance del verde. Dai broccoli all’insalata, dalla cicoria al rosmarino, senza dimenticare tè, pistacchi e alghe sono un vero balsamo per il sistema nervoso e un’importante fonte di sostanze antitumorali. Le verdure a foglia verde sono ricche di acido folico e clorofilla, benefica per l’intestino, ma le crucifere, in particolare, vale a dire cavoli, broccoli, cavolini di Bruxelles e cime di rapa, oltre a contenere importanti quantità di vitamina C, fibra e potassio, sono caratterizzate da una spiccata azione protettiva verso tumori come carcinoma mammario, tumore dello stomaco e del colon-retto. La stessa virtù appartiene all’umile rosmarino che, grazie alla presenza dei fenoli, è in grado di contrastare alcuni agenti cancerogeni, quali le amine eterocicliche prodotte dalla carne durante la cottura: studi statunitensi hanno dimostrato che se la carne viene marinata con rosmarino, le amine si riducono dal 30 al 70%. Nel campo della prevenzione oncologica, anche il tè verde si rivela un ottimo alleato: oltre a ridurre la glicemia, il colesterolo Ldl e i trigliceridi, con-

tiene diversi tipi di antiossidanti e composti fenolici caratterizzati da spiccate qualità antitumorali. “Ognuno può trovare il tè verde che meglio assecondi il proprio gusto e le proprie attitudini alimentari, poiché la scelta è davvero ampia. Puri, per i veri appassionati, profumati o aromatizzati, per i più esigenti, i tè verdi possono scandire, dall’alba al tramonto, diversi momenti della giornata. A colazione per dare sprint e energia, durante i pasti per favorire la digestione, per spezzare la routine pomeridiana, o anche dopo cena” – spiega Marina Onesti del Tea World Shop di Como. Considerate esotiche come il tè, le alghe, in realtà, fanno parte della nostra più antica tradizione gastronomica, soprattutto nelle zone costiere: sono delle vere “spazzine” di sostanze tossiche, soprattutto metalli pesanti, anche se, dato l’elevato contenuto di iodio, è bene consumarle con misura e attenzione, unite a insalate e zuppe. Amico del cuore, il pistacchio svolge un’azione preventiva delle malattie cardiache e cardiovascolari, in quanto contribuisce a abbassare i livelli di colesterolo, mentre due kiwi, prima di andare a dormire, favoriscono il sonno: lo rivela uno studio condotto all’Università di Taiwan. 32

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AZZURRO

IL PENSIERO CORRE AL MARE … MA ANCHE AL LAGO Tengono sotto controllo la pressione arteriosa, abbassano i trigliceridi e sono protettori del sistema cardiocircolatorio. Sono gli acidi grassi polinsaturi Omega 3 e 6 e sono un prezioso regalo del pesce azzurro, come alici, sgombri e tonno, ma anche del nostro pesce di lago, tra i quali spiccano agoni, tinche, pesce persico, luccio e lavarello, a torto “snobbati”: disponibili a chilometro zero, sono particolarmente ricchi di proteine nobili e di Omega 3.

Il progetto Interreg, che vanta come mascotte Gustavo, Pesce di Lago e tra i partner la Provincia di Como, ha come obiettivo proprio la valorizzazione sostenibile dei prodotti ittici tradizionali e innovativi dei laghi insubrici Sul sito www.gustavopescedilago.it sono disponibili informazioni, indicazioni per la vendita diretta, curiosità e, so>> prattutto, gustose ricette.

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VIOLA

SERENITÀ E DOLCE SONNO Melanzane, cipolle di Tropea, ma anche uva nera, more e mirtilli regalano sonni tranquilli e allontanano i pensieri negativi. Faranno anche piangere, ma le cipolle, dalle virtù antibiotiche e antiasmatiche, contengono anche un concentrato altissimo di flavonoidi, po-

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tenti antiossidanti che, in particolare, riducono l’aggregazione piastrinica e la formazione di trombi. Quelle di Tropea, poi, vantano la quercetina, una sostanza naturale che risulta particolarmente protettiva per le cellule, contenuta anche nell’uva e nei mirtilli, efficaci vasoprotettori. La prima, poi, come le more, contiene anche il resveratrolo, un potente antiaging e anticancerogeno. Originarie dell’India, le melanzane devono la loro particolare punta di viola alla nasunina, dal deciso potere antiossidante e che, oltre a bloccare i radicali liberi, aiuta a prevenire le cardiopatie e a ridurre gli effetti negativi del colesterolo Ldl. Pier Francesco Lisi, nel libro già citato, riferisce una interessante curiosità: i pigmenti neroviolacei della buccia delle melanzane, insieme a quelli estratti dai mirtilli e dall’arancia rossa, sono oggetto di recenti studi da parte del Cnr, affinché possano essere usati nei pannelli solari al posto del silicio.


BIANCO

LA POTENZA DEL CANDORE Sono un pallido esercito pieno di sorprese: aglio, tofu, fagioli cannellini, e, forzando un po’ la questione colore, anche l’acqua ha le sue buone qualità, soprattutto se di rubinetto e se aiutata da un piccolo stratagemma. Nonostante il serio rischio di compromettere le relazioni sociali, le qualità benefiche dell’aglio sono indiscutibili. Ipotensivo e protettivo cardiovascolare, è antisettico, antibiotico e antimalarico, inoltre aiuta i diabetici arginando i livelli di glucosio nel sangue. Altrettanto prezioso è il tofu, ricco di proteine e di fitoestrogeni, ormoni vegetali molto importanti, in quanto contribuiscono a prevenire il tumore endometriale, quello della mammella, i sintomi menopausali, oltre al rischio cardiovascolare e osteoporotico. Ottenuto dalla lavorazione della soia, il tofu, dato il suo sapore piuttosto neutro, è molto versatile in cucina e ottimo anche in pre-

poiché privata del movimento e poiché messa a contatto con un materiale innaturale, l’attenzione si sposta, di conseguenza, sull’acqua di acquedotto che, però, presenta un limite: lo scorrimento a elevata pressione in tubi lunghi e dritti che distrugge i cluster di acqua e la quota di minerali in essa contenuta. Per tentare di darle nuova vita, la Davis propone di mettere nell’acqua pietre come il cristallo di rocca, in grado di cedere all’acqua le sue vibrazioni sottili e i messaggi ordinati del suo reticolo cristallino, salvaguardando i minerali in essa

parazioni golose come la quiche suggerita da Cornelia Pelletta nel libro In forma con l’indice glicemico (Tecniche Nuove). Il fagiolo cannellino, come il famoso il Dop di Atina, presenta le innumerevoli virtù di tutte le altre qualità: è ricco di proteine, minerali, vitamine del gruppo B e, soprattutto, è utile nella prevenzione dei tumori. Le zuppe e primi piatti che contengono i fagioli hanno un alto potere saziante e sono completi sotto il profilo nutrizionale. E su tutto scorre l’acqua, fresca e vitale, a patto che sia in movimento, anche se quella di rubinetto viene “maltrattata” dalle sostanze chimiche aggiunte e dall’altra pressione che subisce. Tuttavia, Joan Davis, professore emerito del Politecnico di Zurigo, ha condotto numerosi studi sull’acqua e sul suo trattamento. Se l’acqua imbottigliata nella plastica viene definita “morta”, >>

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contenuti. “E’ possibile inserire nell’acqua consumata a livello domestico dei piccoli cristalli di roccia resi innocui da una lavorazione che ne leviga la superficie, evitando che si scheggi all’interno delle bottiglie o delle brocche” - spiega Paola Carnelli, titolare dell’omonimo negozio di pietre e cristalli di Como. Ma le qualità dell’acqua non finiscono qui, perché, secondo quanto afferma il ricercatore giapponese Masaru Emoto nel libro La risposta dell’acqua (Edizioni Mediterra-

nee), l’acqua parla, o meglio, risponde a precisi stimoli, ma questa è un’altra storia.

BIBLIOGRAFIA “Colori” di Ingrid Riedel - Edizioni Scientifiche Magi “I Magnifici 20 – I buoni alimenti che si prendono cura di noi” di Marco Bianchi - Ponte alle Grazie “101 Buoni alimenti che si prendono cura di noi” di Pier Francesco Lisi - Newton Compton Editori “La città che profuma di coriandolo e di cannella” di Marie Fadel e Rafik Schami - Garzanti “Prevenire i tumori mangiando con gusto” di Anna Villarini e Giovanni Allegro Sperling & Kupfer “Cucinare i cereali” di Alice Savorelli - Terra Nuova Edizioni “ABC dell’alimentazione naturale” di Giuliana Lomazzi - Terra Nuova Edizioni “In forma con l’indice glicemico” di Cornelia Pelletta - Tecniche Nuove “La risposta dell’acqua” di Masaru Emoto - Edizioni Mediterranee

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LA SIGNORA DEI NUMERI di Maria G. Della Vecchia foto Andrea Butti - Pozzoni

LA SFIDA DI PAOLA MONTORFANO, DISCENDENTE DI UNA STIRPE DI FOTOGRAFI OGGI A CAPO DELLA DEMOS, LA SOCIETÀ DI STATISTICA CHE INDAGA SUGLI ITALIANI E SUI COMASCHI DI CUI CONOSCE GUSTI, TENDENZE STRATEGIE DI CONSUMO E DI DIFESA IN TEMPO DI CRISI ECONOMICA mag

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er Paola Montorfano, discendente di una stirpe di estere, italiane e locali, oltre che per banche, assicurazioni, fotografi comaschi, la scommessa di mettersi in prouniversità, marchi mondiali dell’automotive. prio in tutt’altro settore rispetto alla tradizione di faLa sua società è nata piccola, come società di persone che ora miglia è partita tre anni fa, in piena crisi economica. si sta trasformando in srl, ma comunque molto ambiziosa, Per farcela ha puntato - spiega così «nelle gare d’appalto nazionali - «sulla creatività, sempre colti- dice Montorfano - non abbiamo vata praticando come serio hobmai avuto nessun imbarazzo a seLa comasca Demos lavora by la fotografia soprattutto nel derci accanto ai big di settore». su commissione di istituti ritrarre volti e personaggi per Del resto, la strategia non è mai strada. Quando si è trattato di mancata: piccoli sì, ma, fin da sudi ricerca pubblici e privati fare impresa, mi sono resa conto bito, unendosi ad altri si poteva che quell’allenamento all’ossercompetere con chiunque. «Nelle e grandi marchi multinazionali vazione, all’indagine e all’orgagare - dice - collaboriamo in Ati, nizzazione si stava rivelando un associazione temporanea d’imprepatrimonio prezioso». sa: ad esempio, fra i requisiti noi abbiamo un alto numero di Dopo 17 anni trascorsi a lavorare per grandi istituti di statistiintervistatori, e ci uniamo a chi ha il requisito dei 5 anni di ca, prima come intervistatrice e poi come supervisore e coorvita dell’azienda. Da soli non potremmo partecipare, insieme dinatrice di intervistatori, ha deciso che era pronta a diventare sì e lo facciamo regolarmente». loro fornitrice con una propria azienda, ma anche fornitrice di Nel 2009 Montorfano, oggi un po’ signora dei numeri e un indagini di mercato direttamente per grandi e medie aziende po’ 007 che indaga, con una fissa per l’etica professionale, >> 40

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AZIENDA IN CRESCITA E LONTANA DALLA POLITICA In Demos hanno tutti un tratto in comune: la scelta di farla semplice sulla modalità di gestione dell’azienda e di dare il massimo sulle commesse di lavoro. «L’azienda è partita - spiega l’amministratore, Nicola Cacace - senza chiedere nulla alle banche. Ancora oggi operiamo con un normale conto corrente business e senza aver richiesto né carta di credito, né fidi né scoperti, per non indebitarci. Finchè possibile continuiamo così, tenendo costantemente i conti sotto controllo». In tre anni i risultati non sono mancati; nei numeri dell’azienda ci sono in totale 42 ricerche realizzate, di cui 36 di carattere macroeconomico e multimediale, su un ampio spettro di settori, «tranne che su quello politico - dice Cacace -. Non abbiamo committenti politici per due ragioni: primo, solitamente i sondaggi politici sono telefonici e noi, pur realizzandoli in parte su altri settori, non li includiamo nel nostro core business. In secondo luogo da sempre preferiamo ricerche che non restano fi ne a sé stesse, come spesso sono quelle politiche». Continuando sui numeri, dal 2010 al 2011 il fatturato è cresciuto del 36% mentre l’anno dopo ha segnato un +51%, anche se - dice l’amministratore - «abbiamo registrato anche 38.000 euro di perdite per un committente che è fallito, un fatto che ha segnato un momento delicato per la nostra economia interna, con giornate di tensione in cui eravamo sul punto di ricorrere a una banca per chiedere un fi nanziamento». Ma la titolare ha detto no: «ci ha detto di stringere i denti, lo abbiamo fatto e siamo riusciti a chiudere il 2012 con un buon risultato e senza indebitarci. Se ci credi, aggiunge, vai avanti con ostinazione. Siamo partiti con un piano preciso e un rischio calcolato, ma senza aspettarci risultati immediati; i nostri modelli sono gli istituti maggiori, li osserviamo a fondo per adeguare le strategie ai nostri obiettivi». Tener duro in tempo di crisi non è facile, in un settore in cui, al momento della fi rma del contratto «non esiste la concessione di un anticipo o di pagamenti scaglionati in corso d’opera per ricerche che durano anche mesi, anzi - dice Cacace - in questo periodo esiste il posticipo il più in là possibile, con pagamenti spesso a 90 giorni». Così capita di dover spedire qualche email agli intervistatori per dire che il loro pagamento slitta «ma al massimo solo di qualche giorno, mai di più». È una catena che coinvolge tutti - dice - ma la salvaguardia dei nostri intervistatori per noi è prioritaria; facciamo loro una formazione impressionante per quantità e qualità di tempo passato a ottimizzarli per la realizzazione delle interviste, sono il nostro patrimonio, una categoria per la quale Paola Montorfano si sta battendo allo scopo di creare un albo professionale nazionale».

AZIENDA IN CRESCITA

Dal 2010 al 2011 il fatturato della comasca Demos è cresciuto del 36 per cento mentre nell’anno successivo ha segnato addirittura un +51 per cento

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su consumi, gusti e comportamenti, voleva la sua società a Como, l’avrebbe chiamata “Demos - Ricerche Sviluppo”, il resto era tutto da costruire. Sapeva cosa voleva: una sua azienda in grado di operare con i più alti standard del settore «e con tutto lo scrupolo possibile nella conduzione delle interviste e del servizio al cliente». Deciso l’obiettivo si è organizzata per realizzarlo. Le serviva una squadra, e ha scelto il meglio che in anni di lavoro ha incrociato sulla sua strada: ad amministrare la società c’è Nicola Cacace, a capo delle ricerche Andrea Capoccia, responsabile >> commerciale è Sonia Imperiali.

MA COMO È POCO INCLINE ALLE RICERCHE DI MERCATO Le aziende comasche, ci spiegano in Demos, sono poco inclini a commissionare indagini di mercato anche se - dice il responsabile del settore ricerca, Andrea Capoccia - «non è raro che le imprese più strutturate ci affidino sondaggi sui loro prodotti, soprattutto nel campo alimentare e dei prodotti per l’igiene della casa. Per il resto i comaschi sono interessati a capire i contenuti delle ricerche commissionate da altri a livello nazionale ma contenenti anche dati isolati sul locale. Diciamo pure che, se parli con la figura giusta nelle aziende, vedi molto interesse sul dato, le piccole utilizzano dati in modo incredibile, ma non sono loro a richiederli», né a pagarli quindi. «Nelle pmi - aggiunge - tolto l’amministratore unico o il titolare, solitamente molto occupati sulla gestione quotidiana, mancano in genere figure illuminate e dedicate allo studio del mercato. Detto questo, noi ci proviamo comunque». Intanto l’azienda comasca va avanti sui grandi progetti. Una delle commesse più prestigiose per Demos è ora in via di realizzazione, arrivata da un grande marchio del lusso automobilistico. La ricerca durerà 12 mesi, sarà realizzata interamente on line attraverso l’investimento in un costoso software progettato appositamente. In un anno la casa automobilistica vuol sapere tutto sugli acquisti, i criteri di scelta, i gusti dei clienti che entrano nei concessionari dell’azienda. Un lavoro importante anche nella fase preparatoria, con collegamento di tutti i concessionari, i rivenditori e i privati che vendono l’usato, alla piattaforma informatica per la trasmissione di dati a Demos, che raccoglie i dati dei questionari con dieci domande compilati dai clienti. Ne usciranno i profili dei clienti, su che modello si informano, quanto nuovo e quanto usato richiedono, il grado di soddisfazione, i canali privilegiati di vendita, il modo di pagamento, e tutto sarà suddiviso per l’Italia in dati regionali e provinciali. Una ricerca analoga è stata fatta per una grande compagnia di assicurazioni mentre una serie di altre indagini sono in corso sull’universo degli immigrati, commissionate da due grandi compagnie telefoniche e da alcuni istituti di credito.

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LO STAFF IN RIUNIONE

La formazione del personale è alla base delle strategie aziendali e si punta alla crezione di Albo nazionale degli intervistatori

E le serviva anche una squadra allargata. Per lei è una vera anche affittando la sala ad aziende e a psicologi per i loro test squadra del cuore, visto che si trattava di costituire il gruppo e interviste. di intervistatori che oggi fanno «Non è stato facile - dice Montorquello che è stato il suo lavoro di fano - e non lo è nemmeno oggi una vita e che lei, formazione e perché la crisi si fa sentire sullo Aziende comasche poco inclini rapporto, li coltiva «con una parslittamento dei tempi di pagamenticolare passione». to. Ma resistiamo, anche grazie alle indagini di mercato, Oggi sono 800, fra cui uno zocalla bravura che ha la nostra adsono invece più propense colo duro costituito da professiodetta commerciale, proveniente da nisti che lavorano per “Demos” una casa farmaceutica, nel trovare a sondaggi specifici sui prodotti e per altri istituti di ricerca; tutclienti». ti sono collaboratori esterni che Dopo soli tre anni Demos lavora usufruiscono di formazione continua. su commissione di istituti di ricerca anche pubblici e di grandi E serviva anche la sede, in via Pannilani, l’investimento più marchi multinazionali dell’industria. Indaga sugli italiani e sui grande, realizzato con risorse proprie senza farsi mancare una comaschi di cui conosce gusti, strategie di consumo e di difesa sala in cui realizzare le interviste di gruppo, dotata anche di nella crisi, sentimento verso banche e assicurazioni e - dice uno specchio unidirezionale, dove chi entra è a conoscenza del l’imprenditrice - «i motivi delle loro ansie sul mantenimento fatto che ci sono video e audioregistrazione. Un investimento, del posto di lavoro, ma anche le certezze nel futuro che ancora quello della sede, che quando possibile viene messo a frutto hanno i benestanti».

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di Serena Brivio

foto Carlo Pozzoni

LA STORIA DELL’INGEGNERE ALESSANDRO ROSSI E DELLA SUA PROFONDA PASSIONE PER I TRENINI ELETTRICI IN MINIATURA, RICORDATA DA MICHELE MOLTENI, SUO BRACCIO DESTRO

L LA PASSIONE

Michele Molteni per anni è stato il braccio destro dell’ingegnere Alessandro Rossi

’idea è nata dai Ranger dei Parchi Lombardi, presieduti dall’ex consigliere provinciale Vittorio Mottola, che poi ha coinvolto enti, associazioni e le parrocchie di Sagnino e Monte Olimpino di cui fu benefattore, oltre a quelli che per quarant’anni gli sono stati vicino e che lui chiamava i suoi “collaboratori”, dal dirigente all’uomo delle pulizie. Il prossimo 3 marzo verrà inaugurato davanti all’ex fabbrica di Sagnino un monumento in memoria di Alessandro Rossi che nel 1945 fondò a Como la Rivarossi, prima azienda italiana specializzata in trenini elettrici. L’opera “Monumento al Mito” è stata commissionata all’architetto Paolo Albano. Un omaggio allo spirito di un imprenditore-pioniere con il >>

RIVAROSSI

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ALBUM DEI RICORDI

va pensare a un prodotto di lusso quando i soldi non bastano nemmeno per l’indispensabile». Una costante nei ricordi e nelle parole di Molteni è la determinazione. Oltre alla serietà e all’umiltà, dote di Rossi mai intaccata dal successo, dal prestigio, dal denaro. pallino per le locomotive a vapore. Cullando un sogno, Ros«Ogni mattina l’Ingegnere arrivava alle 8.30, spesso beveva un si è riuscito a trasformare in produzione industriale la sua caffè con noi, poi si ritirava a leggere i giornali nel suo ufficio. grande passione, intraprendendo una strada diversa da quella Alle 10 in punto, il rituale giro nei reparti per controllare lo segnata, per tradizione familiare, nel tessile: suo padre era uno stato avanzamento ordini». dei maggiori industriali lanieri, discendente della stirpe dei L’imprenditore viene descritto Rossi di Schio. come maniaco della precisione e Gli aveva promesso però di lauredella pulizia. arsi in ingegneria e lo fece con un A marzo, a Monte Olimpino, riduce di metà le spese” percorso accidentato a causa della verrà inaugurato un monumento «L’ordine era il suo motto - continua l’ex guerra. Durante il terzo anno “fu capo collaudatore, facendo riafchiamato” volontario, si ammalò davanti alla ex fabbrica Rivarossi fiorare altri aneddoti con il coldi morbillo e venne in convaleper ricordare una grande storia lezionista Franco Mastroserio - A scenza nella nostra città. Finì poi fine giornata ogni operaio doveva come internato miliare in Svizlasciare il tavolo di lavoro perfetzera, dove cominciò a realizzare tamente in ordine, con già allineati i pezzi da assemblare il piccoli motoscafi in legno. giorno dopo. Così, se qualcuno restava a casa, chi prendeva il A fine conflitto, il rientro a Como per disegnare il suo futuro. suo posto sapeva cosa fare senza perdere tempo». «Certo in partenza i mezzi non gli sono mancati» racconta Una regola preziosa, visto che i modelli più complessi richieMichele Molteni, suo braccio destro. «Per iniziare utilizzò una devano ben 132 passaggi di colore e oltre tre ore di lavoraziopiccola eredità. La Penisola era però un cumulo di macerie, >> ne per il certosino assemblaggio dei componenti. solo una persona dotata di grande perspicacia e coraggio poteMichele Molteni a una fiera di automodellismo in Germania

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Nel 1948 la ditta conta già 80 dipendenti e nel catalogo presenta una piccola locomotiva pensata per il mercato americano. Via via la gamma si arricchisce di esemplari sempre più complessi. Gli anni ’50 e ’60 sono di forte crescita, da 100 i dipendenti salgono a 350, l’80% del personale è femminile. La Rivarossi diventa una delle aziende con maggior numero di addetti della provincia di Como. Non solo. Per far fronte agli ordini, alimenta un fiorente indotto di artigiani terzisti, quantificabile in circa 600 persone. Del resto, questa è l’epoca d’oro del fermodellismo, passatempo preferito da grandi e piccoli. Il brand comasco si rivolge ai più titolati negozi ed appassionati. Fiore all’occhiello le serie limitate. Nello stabilimento di Sagnino si costruiscono su ordinazione ferrovie complete pronte a lanciarsi a tutta velocità sui binari di piccoli o enormi plastici, con tanto di scambi, incroci, posti di blocco e semafori. Gioielli come il modello Indiana Harbor Belt che rimane in produzione per oltre quarant’anni, parecchi rotabili tedeschi e italiani. Rivarossi diventa un’istituzione internazionale «Ogni anno continua Molteni- venivano numerose delegazioni a visitare

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il nostro museo». Tra i capolavori in mostra la 691, la 740, la 940 e la 636 e altri innovativi brevetti. Quando tramonta la moda del trenino-giocattolo, le vendite calano drasticamente. La crisi comincia nella stagione ‘61- ‘62 e continua in quelle successive nonostante l’impressionante esportazione di modelli in Germani e negli Usa, mercato di sbocco che assorbe l’80% del fatturato. Modello di maggior successo, le locomotive a vapore Mallet Y6b e Big Boy, riprodotte in centinaia di miglia di esemplari. Sul mercato interno la società perde sempre più terreno rispetto alla Lima, più competitiva nel prezzo. Corrono gli anni Ottanta, quando anche questa grande casa comincia a perdere terreno e le due aziende si fondono sotto l’ombrello di un’unica “Corporation”, con benefici effetti per entrambe. Seguono bilanci in continuo saliscendi, contrassegnati da una drastica ristrutturazione, parte delle lavorazioni vengono decentrate, si passa da 400 unità a poco più di 100. Nel 1983 il patriarca si arrende all’evidenza dei fatti e chiede il concordato preventivo. Si fa avanti una cordata guidata dal cugino omonimo, chiamato Rossi Junior, in azienda dai primi anni ‘70.


TRENINI IN MINIATURA

La produzione di trenini in miniatura Rivarossi ha segnato la storia italiana. Nella pagina accanto: l’interno della fabbrica a Monte Olimpino

L’anno successivo, Rossi Senior si dimette da tutte le cariche sociali e cede le sue quote societarie. Si apre un tumultuoso capitolo segnato da una nuova gestione, nuovi soci, nuovi capitali. L’ultima fase vede il trasferimento del Gruppo a Vicenza. Nel 2004 la Rivarossi cessa di esistere, cambia nome e diventa una società immobiliare. Il fondatore segue le tormentate vicende della sua creatura dalla villa di Cortina, la preferita anche dalla moglie, Teresa Dubini. Conduce una vita ritirata, come era nel suo stile

anche quando abitava a Como, a due passi della fabbrica, lontano da ogni clamore mondano. Alle spalle un fascio di solide amicizie, di forti emozioni e qualche rimpianto. «Una volta che andai a trovarlo mi disse: “Tornassi indietro, mi metterei ancora a fare trenini, ma con meno errori”», rivela Molteni. E forse, non rinuncerebbe a un desiderio rimasto nel cassetto: una piccola locomotiva a motore che sbuffa e viaggia nel giardino di casa.

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L’ALTRO CHILOMETRO DELLA CONOSCENZA di Alberto Longatti, foto Carlo Pozzoni

LA PASSEGGIATA TRA VILLA OLMO E VILLA DEL GRUMELLO ANDREBBE RADDOPPIATA RAGGIUNGENDO IL TEMPIO VOLTIANO SOLO COSÌ SI APPREZZEREBBE UN PEZZO DI STORIA DELLA CITTÀ

STORIA E MONUMENTI

Villa Saporiti, lungo la passeggiata pedonale che porta a Villa Olmo

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ffinare le risorse storico/paesaggistiche, obiettivo infatti la zona che in primo luogo va valorizzata per attirare il prioritario per Como. Non occorre ripeterlo tropturismo? Ovviamente, la fascia del territorio urbano affacciata po, è un ritornello costante, prima durante e dopo sul lago, ovvero il semicerchio che va da Villa Geno a Villa ogni campagna elettorale. Ma quel che appare caOlmo e oltre. Un passo indietro, purtroppo, l’ha fatto comrente negli anni è la strategia per piere la sciagurata vicenda delle raggiungere lo scopo, che comparatie proprio nel fulcro della porterebbe un piano dettagliato cosiddetta “passeggiata a lago”, L’infinito cantiere delle paratie da proporsi, con una gerarchia di impedendone la fruibilità ancora interventi, da prioritari a subordiper chissà quanti mesi. Un pasblocca la visuale del lago nati, e un arco di tempo adeguato so avanti considerevole è invece fino alla punta di Villa Geno per realizzarli reperendo le risorse in atto con il recupero ambiennecessarie. Con la penuria di fontale del cosiddetto “chilometro ma c’è un altro percorso di a disposizione, è evidente che della conoscenza” compreso fra che potrebbe essere valorizzato la distribuzione degli interventi va Villa Olmo e il Grumello, rinato predisposta anche tenendo conto a nuova vita dopo una energica delle reali possibilità di ottenere i cura ricostituente: i lavori sono risultati sperati. E’ un’analisi largamente scontata, che sembra nello stadio conclusivo, manca ancora il riassetto dell’area banale riproporre, ma non è così data la situazione che si è occupata dalle serre di Villa Olmo per entrare nel parco at>> venuta a creare nel tempo, sotto gli occhi di tutti. Quale è traverso il nuovo ponte che scavalca la via Regina. 54

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IL PERCORSO

Villa Gallia, altro gioiello lungo la passeggiata sulla quale si affacciano signorili dimore sei/settecentesche

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“Chilometro della conoscenza”, è stato chiamato il tratto di viale ombreggiato da alberi ad alto fusto che permette di attraversare un angolo di eden verde finora poco o nulla frequentato. “Conoscenza”, un termine che chiarisce meglio della solita definizione di “cultura” applicata a un percorso che abbina le risorse della natura agli edifici secolari, ville e strutture sussidiarie allineate sul bordo del lungolago. Ma, ben vedere, è un

Esiste anche un secondo chilometro della conoscenza che parte dal tempio Voltiano e raggiunge Villa Olmo attraverso il razionalismo percorso che andrebbe raddoppiato per meglio esaltarne le caratteristiche, che alla contemplazione del lago abbinano la visita o quantomeno la ricognizione da vicino dei luoghi storici. C’è un altro “chilometro della conoscenza” che precede il primo, infatti, ricchissimo di dati da decifrare, come un libro da sfogliare, un passo dopo l’altro, secoli e secoli che hanno lasciato ben più che una traccia del loro scorrere. Un itinerario che potrebbe iniziare dal Mausoleo Voltiano di Federico Frigerio, tempio dedicato al genio comasco della luce, sorta di pantheon su misura per l’opera ineguagliabile del sommo fisico che Como ha onorato con eccezionali esposizioni tra ottocento e novecento. Si procede poi con il Monumento ai Caduti di Sant’Elia/Terragni, monumento d’arte ma soprattutto sacrario troppe volte violato dagli incoscienti che lo insozzano con scritte insensate. Davanti, i giardini pubblici da troppi anni in attesa di un riordino adeguato e soprattutto dall’assedio quotidiano delle auto, che impediscono con il continuo passaggio e le zone di sosta di godere interamente di uno spazio che dovrebbe essere destinato unicamente al passeggio pedonale e alle piste ciclabili. Incongruenze di utilizzo che diventano palese sfregio ambientale con la visione dall’esterno di uno stadio sportivo mano56

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DA RIQUALIFICARE Il tratto dal mausoleo voltiano passando per il monumento ai Caduti opera di Sant’Elia e Terragni fino alla zona dello stadio e dei giardini a lago oggi abbandonati

messo, strattonato, stravolto nella sua fisionomia originaria da interventi mal regolati e peggio condotti, a ridosso delle sedi delle società nautiche fra le quali spicca l’aggraziata sagoma architettonica di un gioiello del razionalismo, la sede della Canottieri Lario di Gianni Mantero. Si apre poi l’ampio piazzale dello scalo degli idrovolanti dell’Aero Club, di fama europea, che funge da ideale ingresso della straordinaria balconata a lago - perché tale appare- che permette di avere il lago a portata di mano da un lato e dall’altro di sogguardare le magnifiche ville settecentesche che si susseguono a collana ininterrotta, principesche dimore create per l’accoglienza e non come solitari rifugi. Godibili tanto più quando si tratta di palazzi e giardini divenuti di proprietà pubblica oggi disponibili ad un intensificato utilizzo per manifestazioni culturali, specialmente a Villa Gallia, di origine seicentesca, quindi la più antica fra le ville

di questo maestoso “defilé” gentilizio, sorta sulle rovine di un museo unico al mondo, purtroppo perduto, la cinquecentesca pinacoteca di ritratti degli “uomini illustri” voluta da Paolo Giovio. Al termine della passeggiata a lago, un altro piazzale, dominato dalla sontuosa cancellata destinata originariamente a Villa d’Este, e l’invito ad accedere al parco di Villa Olmo, che, come si vede, è al centro di tutto questa magnifica collezione di risorse panoramiche, artistiche, storiche, paesaggistiche ed altro ancora, bisognoso di una pianificazione complessiva e non di singoli, parziali interventi, decisi più per riparazioni provvisorie che di stabile valorizzazione. Ma per ottenere questo scopo, forse non basta nemmeno più riscattare i luoghi come occasione di “conoscenza”. Sarebbe meglio gratificarli con un altro termine, da mobilitazione civile: luoghi della consapevolezza.

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VEDRÒ GERUSALEMME di Sara Della Torre

LA SFIDA DI ILARIA BODERO MACCABEO. IN DIECI ANNI HA PERCORSO A PIEDI OLTRE DODICIMILA CHILOMETRI E IL PROSSIMO VIAGGIO AVRÀ COME META LA CITTÀ DELLA TERRA SANTA. «SÌ, HO ANCHE VISSUTO IN MODO ESTREMO, DORMENDO SULLA SPIAGGIA, O ARRIVANDO IN UN PAESE DI SERA, SENZA SAPERE DOVE ANDARE A DORMIRE. MA NON HO MAI AVUTO PAURA. MI SONO SEMPRE FIDATA PERCHÉ SONO NUMEROSE LE PERSONE PRONTE AD OFFRIRE AIUTO»

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ILARIA BODERO MACCABEO La camminatrice comasca a spasso per Como con i suoi inseparabili cani

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redo di aver superato la distanza che separa di questo tipo. In realtà, io non amo programmare i miei viagComo da Pechino. Non è un record. È pasgi, mi affido. Non studio il percorso, mi dispongo al viaggio sione per il cammino». Non basta ad Ilaria e vivo alla giornata». È così che in questi anni, Ilaria Bodero, Bodero Maccabeo aver percorso a piedi un ha affrontato l’impresa di mettersi in cammino, contando solo tragitto lungo quanto la “via della seta”. sull’energia dei muscoli, su pochi oggetti personali raccolti in Ai 12.000 chilometri di asfalto e sentieri messi insieme in uno zaino, sulla fiducia nel prossimo e nell’angelo custode, sette viaggi dal 2003, la comasca camminatrice sta progettan«che sento vicino a me con le sue ali». do di aggiungerne altri 2.500 per Un percorso che si è snodato su arrivare alla “meta”: Gerusalemtappe diverse. Prima la meta di Quattro volte a Santiago me”. Perché diversamente dallo Santiago (raggiunta quattro volscopo commerciale degli antichi te), poi l’intera via Francigena. poi l’intera via Francigena mercanti, come per un pellegriDa sola, in una sola occasione, in no medievale, la “Terra Santa” è e per restare in allenamento compagnia di una giovane amica, l’ultima e la più importante dee, nell’ultimo viaggio con il cane quindici chilometri al giorno stinazione. Luogo di fede, da rag“Bubù”, a Sant’Angelo sul Gargiungere con fatica. Poco importa gano, fino a raggiungere Santa se la strada è ignota e costellata da Maria di Leuca, terra affacciata imprevisti. Il pellegrino, antico e moderno, lascia volentieri sul punto d’incontro tra il Mar Adriatico e lo Ionio, verso il quotidiano per lo straordinario, alla ricerca dell’armonia. la Grecia. «Se comincio ad annunciarlo, poi devo farlo davvero. Que«Da lì ripartirò. Da Brindisi con un traghetto e poi si vedrà». sto mi aiuta a prendere coraggio e a decidere». La data della Nel percorso del pellegrino c’è una strada che si snoda su partenza potrebbe essere settembre 2013. Un cammino di tre tre parole: “Homo, Angelus, Deus”. «Homo indica la prima mesi con tappe che arrivano anche a contare 60 chilometri destinazione: Santiago - spiega Ilaria -. Angelus è Sant’Angelo quotidiani e prevede alloggi nei monasteri. sul Gargano, Deus è Gerusalemme. Per stare in allenamento, «Sono informazioni raccolte da chi ha già fatto un’esperienza ogni giorno, cammino. Faccio 15 chilometri. Camminare è >>

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salute, è star bene, è contatto con la natura. È armonia con il tempo, con il nostro essere. È utilizzare energie senza andare oltre i propri limiti umani. Secondo me, oggi, tanta gente sta male perché non spende le proprie energie fisiche. Io sono nata per camminare e mi piace. La passione si è trasformata anche in motivazione religiosa perché accanto ad una forma di igiene mentale, che solo il movimento sa regalare, c’è una componente spirituale: accogliere la vita nella sua dimensione naturale. Poter ammirare il paesaggio circostante contando sulle proprie gambe, assaporare la libertà senza confini e senza vincoli, fare la pace con i ritmo delle ore, gustare il valore della semplicità, come pane con l’olio o con il pomodoro». Non sarebbe viaggio vissuto se Ilaria Bodero, che nella vita quotidiana è un’insegnante, non raccontasse puntualmente 62

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ogni esperienza in un libro, una sorta di diario del viaggiatore. Nei suoi racconti traspare una dimensione di gratuità, incontrata nei volti di sconosciuti sui suoi sentieri pellegrini, che contrasta con la fotografia riportata dal sentire comune e dalle cronache giornaliere. «Questa estate nel mio viaggio verso Santa Maria di Leuca ho incontrato persone molto generose che mi hanno offerto cibo, ospitalità. Non potrò scordare Gloria, una mamma di due bambini, che mi ha aperto la porta della propria casa e mi ha fatto la spesa senza chiedermi niente. Anzi, mi ha accolta dicendo: “Un pellegrino è Dio che entra in casa”. È stata una delle occasioni dove ho percepito l’aiuto che viene dal cielo». Nel racconto della camminatrice affiora una nuova percezione di mondo, di totale fiducia verso il prossimo e la natura.


ALL’AVVENTURA

Ilara Bodero Maccabeo durante alcune pause nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo

Una sensazione senza tempo, facile da ritrovare negli animi di chi sceglie il cammino come scelta di vita e sa trasmetterlo. Lo scrittore H. Hesse in “Canto di viaggio” recita: «E così ogni giorno novello deve indicarmi nuovi amici, nuovi fratelli finché senza pena posso mettere in luce ogni energia, essere amico e ospite di tutte le stelle». «Sì, ho anche vissuto in modo estremo, dormendo sulla spiaggia o arrivando in un paese di sera, senza sapere dove andare. Ma non ho mai avuto paura. Ci sono rischi per la propria incolumità: incontrare persone dalle cattive intenzioni, essere derubate. Oppure, le auto: sono un grande pericolo. Perché se cammini su una statale corri il rischio di essere falciato. Ma io prego molto e penso che se ti disponi a relazionarti con gli altri con buoni propositi, hai solo bene e sei protetta».

Tra fatica, rischi e imprevisti, viene spontaneo chiedersi se sul piatto della bilancia conti di più la meta o il viaggio. La soddisfazione di aver raggiunto l’obiettivo o l’aver gustato le novità che ogni percorso porta con sé. “Alla fine, per me, conta il viaggio, fatto di incontri, di cambiamenti, di esperienze. Il ritorno, per esempio, acquista un grande valore perché non è mai come all’andata. Ci sono emozioni diverse. Si percepiscono cammino e volti, già visti e sconosciuti, colti da una nuova angolatura. Tutto questo assume una ulteriore ricchezza per se stessi”. E il messaggio che arriva da chi cammina a ritroso rispetto al vivere comune, fatto di ansia per il domani, di ricerca assidua di sicurezze e risposte immediate, è questo: «Fidatevi - conclude Ilaria Bodero -, perché sono numerose le persone pronte ad offrire aiuto».

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alcio inglese e birra. Binomio abusato e banale, stereotipo sin che si vuole. Ma che ha varcato i confini del way of life britannico per diventare icona di costume, di letteratura o cinematografia. Mai sentito parlare di Nick Hornby e del suo «Febbre a 90»? Libro (e poi film) che parla di calcio come nessun altro. Non quello giocato sul campo di uno stadio, ma nella testa di un uomo tutti i giorni. Come fai a spiegare a tua moglie, quando ti vede assente, seduto sul letto e lo sguardo perso nel vuoto, che non stai pensando a un problema di lavoro (come le hai detto), ma stai rivedendo per l’ennesima volta al rallentatore “quella” parata del portiere della tua squadra? Così racconta il libro, in suo spassoso passo. Fatto sta che a Como, da qualche tempo, c’è un locale, una birreria cioè, dove si assapora molto di quel contesto, e dove soprattutto i due proprietari, marito e moglie, tifosissimi di calcio inglese (e del Como), si sciroppano viaggi avanti e indietro dall’Inghlilterra per seguire le rispettive squadre del cuore. Il West Ham per lui, Umberto Benini, e l’Arsenal per lei, Domenica Mambretti. Lui è un milanese trapiantato in Brianza, lei è di Bosisio Parini: hanno aperto questo angolo di Inghilterra in pieno centro >> a Como, in via Carducci. BirraTrovo, si chiama.

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FEBBRE A 90 di Nicola Nenci, Foto Andrea Butti - Pozzoni

CALCIO E BIRRA UN ANGOLO D’INGHILTERRA IN CENTRO A COMO E LA DOMENICA A LONDRA, LUI A TIFARE WEST HAM LEI, INVECE, ARSENAL

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Perché in effetti ci sono oltre 500 etichette di birre speciali, ghilterra per lavoro. Nel frattempo seguivo il calcio britannico «vive» e non «morte», come si dice in gergo, artigianali e non attraverso le trasmissioni tv di Michele Platsino, giornalistaindustriali, belghe, americane, tedesche, italiane, inglesi, irtotem per una genarazione di tifosi. Ma la scintilla scoccò un landesi, scozzesi. Par condicio, sulla provenienza. Ciò che è giorno che andammo a trovare una nostra amica inglese. Dubritannico, qui (a parte alcuni curiosi snacks importati), è il rante una sosta a Londra, leggendo il giornale, scoprimmo che clima che si è instaurato. Calcio e birra, tifosi (perlopiù del c’era una partita del West Ham. E così andammo a vederla. Ci Como) che si trovano e passano la serata qui. Molti dei quali conquistò il clima, la maniera di vivere il calcio degli inglesi, appassionati ed esperti di birra. e (deformazione professionale) il L’idea geniale è aver aggiunto “pre” e il “post” gara, al pub. Solo la mescita al banco, alla vendita una cosa non era prevista». Cioè? Il primo incontro è avvenuto delle bottiglie. Un angolo davvero «Che mia moglie, non solo sposugli spalti del Sinigaglia particolare e, a suo modo, pure sasse la causa della mia passione, culturale. ma addirittura scegliesse un’altra adesso la passione del calcio Ma torniamo alla malattia per il squadra del cuore, l’Arsenal, e calcio inglese dei due proprietari. si appassionasse quanto e più di si è spostata negli stadi londinesi Umberto e Domenica si sono come. Oggi io vado a vedere il West nosciuti sugli spalti del Sinigaglia Ham quando faccio un viaggio nel 1984. «Io, che abitavo in Brianza e andavo a scuola a Lecdi lavoro, cinque o sei volte l’anno. Lei, invece, va a vedere co, scelsi il Como come squadra. E sono diventato un tifoso l’Arsenal apposta. Anche in Champions. Per dire: una volta azzurro. Lei, che già avevo incrociato alla stazione delle Fernon ha trovato i biglietti, ma è andata là lo stesso per vedere rovie Nord dove lavorava, la ritrovai allo stadio. Inizio Anni una partita decisiva al pub londinese dei tifosi dell’Arsenal». 80. La prima partita che vedemmo insieme non fu fortunata, Al di là della passione, Umberto ci racconta uno spaccato finii per caso in mezzo a una rissa dopo Como-Napoli...». ancora sommerso, tutto da analizzare: «Sono sempre di più le Si ma... che c’entra il calcio inglese? «Una concentrazione di persone che si lamentano della invivibilità degli stadi italiacoincidenze. Io lavoravo nel settore discogafico, ma la crisi mi ni. E molti cominciano ad seguire squadre estere. In effetti, spinse a cambiare settore e mi venne in mente di aprire un locome utente, in Inghilterra è tutta un’altra cosa. Acquisti il cale con la birra protagonista. Così cominciai ad andare in Inbiglietto via telematica e non devi presentare documenti o 66

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CALCIO E BIRRA

Umberto Benini (nella pagina accanto) con la maglia del Wes Ham e la collezione di birre inglesi nel suo bar del centro

fare code. Qui, per prendere i biglietti del Como, ogni tanto si inceppa il sistema, devi tornare di nuovo, poi presentare la carta di identità quando vai allo stadio. Risultato: in Inghilterra gli stadi sono pieni e non c’è più violenza, qui sono desolatamente vuoti e hanno ucciso la passione»: E poi c’è la birra: «Ormai una moda. Sono sempre di più le persone che la bevono con l’atteggiamento tipico dell’appassionato di vini. Assaggiando, riconocsendo le differenze, le sfumature. O addirittura facendosela in casa. Con un kit apposito». Un mondo tutto da scoprire.

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IL SILENZIO DEL CANNONE di Gisella Roncoroni

foto Andrea Butti - Pozzoni

DOPO CENTO ANNI HA SMESSO DI SPARARE E NON SEGNA PIÙ IL MEZZOGIORNO DEI COMASCHI. ERA STATO SILENZIATO SOLTANTO NEGLI ANNI DI PIOMBO PERCHÉ NON SI POTEVANO CONSERVARE LE MUNIZIONI, ORA LO STOP È STATO DECRETATO DALLA TECNOLOGIA DELLE NUOVA FUNICOLARE. GUARISCO: MA VOGLIAMO TROVARE IL MODO PER POTERLO CARICARE ANCORA OGNI GIORNO, PERCHÈ È UN SIMBOLO PER LA CITTÀ

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a cento anni il suo colpo secco, a mezzogiorno in punto, scandisce le vite dei comaschi. Tanti ragazzini sono cresciuti sapendo che quel “boom” che arrivava da metà funicolare era il segnale per tornare a casa, per tante mamme e nonne quello stesso “boom” indicava il momento di preparare il pranzo. Per tutti i comaschi lo sparo di mezzogiorno è un simbolo della città. Che ora rischia di sparire. Il segreto è custodito a metà della montagna che collega Como a Brunate. Ha la forma di un grammofono rosso, ma in realtà è un vecchio cannone progettato in Austria sul finire dell’Ottocento che, almeno così narrano le cronache di allora, in origine doveva servire come antigrandine per i vitigni di Garzola. Era stato però una grande delusione per chi lo aveva comprato e, nel 1912, da acquisto “inutile” si è guadagnato un ruolo da protagonista. La Pro Como (oggi sarebbe la Pro Loco) decise di posizionarlo sul balconcino esterno della piccola casa cantoniera costruita a ridosso dei binari di scambio della funicolare, proprio sotto il Carescione. All’interno venivano conservati gli attrezzi in caso di guasti o emergenze e un telefono in grado di collegare le due stazioni di Como e Brunate. E proprio nel 1912 - l’anno cristallizzato nella storia per il naufragio del Titanic - gli orologi dei comaschi si regolano con quelli del cannone che domina tutta la città, controlla tutte le strade di accesso fino al Baradello e oltre. Una sentinella a cui tutti, in pochissimo tempo, si affezionarono. Generazione dopo generazione. Non c’è infatti un bimbo che, tenuto per mano dal nonno o dalla nonna, non si sia sentito dire di tendere l’orecchio e di ascoltare quel “boom” che ormai è entrato nella storia della città

Iniziò a sparare nel 1912, anno del naufragio del Titanic, Il cannone muto del Carescione si fermò solo in tempo di guerra e negli anni delle Brigate Rosse

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UN SIMBOLO

Francesco Guarisco da anni guardiano del cannone che spara a mezzogiorno in località Carescione lungo la linea della funicolare

Due anni dopo, nel 1914, il Consiglio di amministrazione della Funicolare, deliberò di stanziare un contributo alla “Pro Como” di 50 lire l’anno per portare avanti la tradizione. All’inizio lo sparo veniva prodotto manualmente da un cantoniere della funicolare, ma successivamente si passò all’elettricità: in pratica l’orologio a cui è collegato trasmette un impulso elettrico che si infila in una bobina, a sua volta in grado di far scattare un vecchio otturatore. Obbligatorio era (ed è ancora oggi) caricare ogni mattina il cannone con le cartucce. A salve. A parte qualche eccezione (soprattutto verso la fine della seconda Guerra Mondiale, per evitare di sovrapporre il can-


none-orologio con quelli veri della battaglia che era arrivata anche sul Lario) il cannone sotto il Carescione ha continuato a sparare fino agli anni Cinquanta, quando per qualche tempo smette di funzionare. Ma l’Azienda Autonoma di Soggiorno riuscì a ripristinare la tradizione fino agli inizi degli anni Settanta. Furono gli anni di Piombo a determinare lo stop più lungo. «Non potevamo tenere la polvere da sparo - racconta Francesco Guarisco, caposervizio della funicolare e da anni “guardiano” del particolare marchingegno - e per questo fummo costretti a fermare il cannone». Passano i mesi, il calendario cambia più volte, finché nel 1994 riprende la nuova vita del cannone. Grazie all’azienda di mu-

nizioni di Lecco, la Fiocchi, che si occupa di sponsorizzare, ristrutturare e riattivare il cannone. È il 10 settembre del 1994, anno del centenario di attività della funicolare, quando quello strano oggetto a forma di megafono torna a sparare. Lo testimonia la targa della Fiocchi posizionata proprio sotto la struttura che ripara uno dei simboli di Como. Da un po’ di tempo, però, il cannone è quasi sempre in silenzio. «Ogni tanto - spiega Guarisco - siamo riusciti a farlo sparare, ma va detto che rispetto a prima si sente meno perché i rumori di fondo sono aumentati esponenzialmente». E aggiunge: «Da quanto sono entrate in servizio le nuove vetture ci sono dei problemi. Prima infatti, ogni mattina si

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Le speciali cartucce vengono prodotte appositamente dalla Fiocchi di Lecco. La speranza è che il cannone torni a segnare il mezzogiorno 72

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fermava la corsa di prova che ci permetteva di caricare il cannone. I nuovi mezzi rendono molto più complicata l’apertura delle porte alla fermata intermedia, quindi, caricare il cannone diventa estremamente difficile. Riusciamo a caricarlo quando ci sono dei lavori sulla rete e, in quei giorni, lo facciamo sempre. Cerchiamo di riattivarlo ogni tanto poiché se rimane inutilizzato per sei o sette mesi poi diventerebbe impossibile utilizzarlo a causa dell’ossidazione». Le cartucce, rosse, vengono ancora oggi prodotte appositamente dalla Fiocchi e consegnate in confezioni da 25. Ba-


IL CANNONE

Alcuni particolari del vecchio cannone e le munizioni per farlo sparare

sta caricare il cannone e poi aspettare mezzogiorno. Quello dell’orologio della stazione di Brunate, a cui è collegato il meccanismo che fa sparare il colpo nel maxi cono di lamiera. Guarisco assicura che «l’intenzione è quella di non abbandonare la tradizione» e che «si stanno valutando tutte le possibilità per riuscire a caricare il cannone giornalmente». Tra un anno la funicolare spegnerà le 120 candeline. E l’obiettivo è di farlo con sottofondo quel colpo secco che da un secolo fa parte della storia dei vagoncini che si arrampicano sul costone che domina la città.

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COMASCHI IN MISSIONE

GIUSEPPE PERONE

ANGELO MONCINI

LE STORIE DI CHI HA SCELTO DI AIUTARE GLI ALTRI DOVE LA VITA È POVERTÀ E MISERIA. LA FARMACISTA MANUELA BUZZI HA SCELTO DI PARTIRE E LAVORA IN UN OSPEDALE IN TANZANIA. IL MEDICO OCULISTA GIUSEPPE PERONE OGNI ANNO TRASCORRE ALCUNE SETTIMANE IN TOGO E BENIN. IN PERÙ ANGELO MONCINI HA APERTO UNA CARTIERA ED ELIA CAPPELLETTI UNA SCUOLA D’ARTE VETRARIA

ELIA CAPPELLETTI

MANUELA BUZZI

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COMASCHI IN MISSIONE Che cos’è accaduto dopo? Ho atteso un po’ prima di trovare un’altra occasione, poi finalmente la possibilità dell’ospedale di Ikonda in Tanzania, all’inizio anche in quel posto l’impegno era solo per due anni, poi la passione e la voglia di vivere in mezzo a loro è stata tanta e tale che sono ancora là. Gestisco la farmacia con altre infermiere tanzaniane, ma mi capita di fare un po’ di tutto. Che cosa ti attrae di tutto ciò? La voglia di mettersi in gioco, di essere utile, di vivere in mezzo a queste persone che compiono centinaia di chilometri per farsi curare. La riconoscenza e la semplicità della gente. Un altro mondo. Com’è strutturato l’ospedale? Abbiamo 305 posti letto e riceviamo malati di ogni genere, eseguiamo anche interventi di urgenza. L’ospedale è coordinato da padre Sandro Nava, l’amministratore dell’ospedale, ci sono poi diversi medici locali e infermieri per un totale di duecento lavoratori. All’interno abbiamo un grande turn over di medici specialisti volontari che si alternano nelle sale operatorie e nella cura delle differenti patologie. Questo consente di fare un lavoro di formazione del personale per cercare di renderlo autonomo e capace di lavorare in totale autonomia. Nel 2011 abbiamo avuto 56mila pazienti ambulatoriali e 12mila ricoverati. Cosa ti ha colpito di più in questi anni? Il grande bisogno di questa gente, ma anche la loro forza nell’affrontare i problemi e le difficoltà della vita e poi la capacità di gioire per le piccole cose. Che cos’hai trovato in Tanzania che non avevi sperimentato in Italia? La gioia di lavorare in un progetto così grande, la sfida di aiutare questa gente a raggiungere una maggiore autonomia, la libertà di vivere per gli altri. Dobbiamo fare molto, sempre di più, crescere insieme a loro, solo così riusciremo nel nostro intento. Non ti manca Como? La mia vita oggi è a Ikonda, però sono contenta di tornare una volta all’anno per incontrare la mia famiglia e per portare la mia testimonianza, aggiornare sul nostro lavoro le tante persone che qui a Como ci conoscono e ci seguono. Chissà che qualcun altro decida di unirsi a noi in questa avventura.

«Ho scelto di partire» LA STORIA DI MANUELA, FARMACISTA, CHE HA LASCIATO TUTTO PER UN SOGNO. «HO SCOPERTO LA GIOIA DI LAVORARE IN UN GRANDE PROGETTO PER GLI ALTRI» di Arianna Augustoni Mollare tutto e dedicarsi al sogno della propria vita: l’Africa. Manuela Buzzi l’ha fatto e non ha ripensamenti, una scelta di vita che, ancora oggi, dopo l’università e una laurea in farmacia, a nove anni da quella partenza, racconta con grande entusiasmo. Ora vive in Tanzania, ha imparato la lingua swahili, lavora nella farmacia e collabora nella gestione dell’ospedale Consolata Hospital Ikonda (www.ikondahospital.org). Quando è nata l’idea di trasferirsi in Africa? Dagli anni dell’università – commenta Manuela Buzzi -, appena terminati gli studi ho iniziato a cercare cosa dovessi fare per partire. Non è facile trovare subito dove andare, è necessaria pazienza e cautela. Tutti cercano persone che abbiano già esperienza e poi una laurea in farmacia sembrava inutile per l’Africa. Non è stato così, la mia prima destinazione è stato il Kenya, nel 2004, sono rimasta lì per un anno e mezzo. Avevo infatti conosciuto Silvio Prandoni, lui era in Africa da ormai 35 anni, aveva fondato l’ospedale a cui ero destinata. Ero in una struttura della diocesi di Maralal. La situazione in quel paese era molto precaria, le tensioni altissime e i rischi altrettanto. Quando alla fine sono rientrata in Italia, questa esperienza non mi era bastata, ma anzi ero ancor più convinta di volermi mettere in gioco e ritornare là, in quell’Africa che avevo nel cuore. 76

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Giuseppe Perone non è un eroe, ma un angelo custode delle decine e decine di bambini nati e cresciuti nel continente nero, un uomo dal cuore grande tanto che, ogni anno, dedica alcune settimane della sua vita per operare le persone con problemi oculistici occupandosi, lui stesso, dei bambini. Piccole creature indifese che, da oltre dieci anni, seguiva prima in Togo e ora in Benin. «Una sera a cena con un caro amico - spiega Giuseppe Perone - parlavamo della sua esperienza, degli investimenti fatti in Africa per costruire ospedali, discutevamo della loro attività, di quanto lavoro ci fosse da fare. Una conversazione concitata al termine della quale una vocina mi ha suggerito di vivere in prima persona un’esperienza là, dove tanta gente ha bisogno di aiuto. Ed eccomi qua, dopo più di dieci anni a parlarne, anche se credo sia difficile trasmettere le emozioni poiché solo vivendole si capisce la reale forza di questa esperienza». Giuseppe Perone, primario di oculistica all’ospedale Villa Aprica di Como e luminare nel campo dell’oculistica, ha deciso di “cambiare vita” frequentando quei luoghi, appassionandosi e innamorandosi al punto tale che, nel 2001, ha realizzato un presidio di oculistica con la sala operatoria all’ospedale Saint Jean de Dieu di Aphagnan in Togo e di Tanguità in Benin, titolato al grande maestro di Perone, Franco Berté. Queste due realtà sono ospedali che vivono del grande lavoro fatto da frate Fiorenzo della confraternita del Fatebenefratelli, un medico che ha deciso di svolgere la sua attività lontano dalla sua terra natia realizzando dapprima un reparto di pediatria e poi via via altre specializzazioni nei due ospedali di Tanguità e Aphagnan dell’ordine relegioso a cui appartiene. Qual è la sensazione che prova vivendo in quelle realtà? Non è descrivibile, - dice Perone - infatti ricordo ancora un anno in cui avevo operato un bambino, l’operazione era andata bene e il piccolo aveva ripreso a vivere senza traumi. L’anno successivo, quando l’ho nuovamente visitato per il controllo, si è presentata anche la madre che, per ringraziarmi, mi ha portato una camicia fatta da lei. Cosa ricorda dei suoi viaggi? Sono infiniti i momenti. Uno tra tutti il momento della par-

tenza quando i bambini ci consegnano dei bigliettini con le loro richieste, regali che si aspettano per l’anno successivo. Piccole cose, senza ambizioni, quaderni, matite colorate, ora impazziscono per la bicicletta. Un anno abbiamo consegnato a tutti i bambini delle Crocs colorate, è stato un tripudio. Indescrivibile la gioia quando poi abbiamo distribuito dei giubbini catarifrangenti. Che rapporto si è instaurato tra chi coordina gli ospedali? Ogni persona si adopera per rendere i viaggi proficui, i nostri primi interlocutori in Africa sono frate Pascal e frate Taddeo. Un ponte di collaborazione che opera però anche in Italia, non posso dimenticare la spinta quotidiana che ricevo da Frate Sergio o Elvio, ma soprattutto al lavoro che hanno fatto prima i miei maestri su di me e quello dei miei allievi che mi aiutano in questa fantastica esperienza. Lasciando da parte la medicina, sta organizzando l’invio di forni a legna per aiutare la popolazione nella preparazione dei cibi. Mi sento l’uomo più pagato del mondo, appagato nella mente e nello spirito, esperienze che tutti dovrebbero provare.

L’ESPERIENZA DI GIUSEPPE PERONE MEDICO OCULISTA CHE OGNI ANNO DEDICA ALCUNE SETTIMANE DI ATTIVITÀ NEGLI OSPEDALI DI TOGO E BENIN

«I miei occhi per l’Africa»

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COMASCHI IN MISSIONE

di Laura D’Incalci

Così racconta Elia accennando alle opere educative realizzate tanti anni prima dai suoi genitori in situazioni poverissime, Non c’è solo il “mal d’Africa” ad irretire in seducenti nostalinizialmente avviate in una delle zone più sperdute e isolate gie. C’è chi lo stesso fascino che induce a lanciare ponti e dell’Ecuador. «Sia io che mia sorella Maigua siamo nati in consolidare legami in realtà distanti ed esotiche, lo ha speriquel contesto e abbiamo ricevuto un’eredità preziosa, da non mentato mettendo piede in Perù. Fra i comaschi il fenomeno disperdere… Abbiamo deciso infatti di continuare nello stesso trova facili riscontri: per l’imprenditore Angelo Moncini, in solco impostando la nostra vita» racconta, sottolineando la passato titolare di una fabbrica di trasformazione della carta testimonianza della mamma che ha proseguito l’impegno di alle porte di Como, l’attrattiva tutt’oggi lo lega saldamente a cooperazione anche dopo la morte precoce del marito nel ’77. Chimbote città portuale sulla costa peruviana, dove ha aperto «Mia madre ci ha trasmesso una grande passione per ciò una cartiera e dà lavoro a decine di ragazzi. che conta davvero, ci ha insegnato la bellezza e la gioia della È sempre Angelo Moncini, con mentalità manageriale nel gratuità», spiega aggiungendo qualche dettaglio sulla missione midollo, a tenere sott’occhio i fili di una solidarietà comasca di sua sorella che, con il marito Corrado e 4 figli, vive in un che confluisce da diversi rivoli, storie, nomi: la missione di villaggio che si affaccia sull’oceano Pacifico. Una “chiamata” Tauca a 3400 metri, nelle Ande, ha calamitato diversi volonche lui stesso, in una analoga situazione, sta vivendo nella tari lariani fra i quali Elia Ballabio denominato “Biso”, 60 zona ad alta quota di Tauca dove abita da oltre 14 anni con anni, una laurea in medicina accantonata per altri impegni, la moglie Sabrina, originaria di Perugia e incontrata in un suo cugino Arturo Ballabio, di Figino Serenza, alle spalle una carriera di calciatore in serie A e oggi una dedizione fulltime al volontariato con lunghi periodi nella missione sud-americana dove vari progetti sono sostenuti da L’ESPERIENZA IN PERÙ DI ANGELO MONCINI Elia Cappelletti, missiona- CHE HA APERTO UNA CARTIERA E DI ELIA CAPPELLETTI rio laico di “seconda generazione” che da anni vive sulla CHE GESTISCE UNA SCUOLA D’ARTE VETRARIA propria pelle i problemi e le contesto di volontariato internazionale, e 4 bambini: Lorenzo attese di una piccola comunità locale. Cappelletti del resto, di 13 anni, Enrico 12, Chiara 10 ed Emanuele 6 . quel richiamo a condividere contraddizioni e ataviche po«Ho avuto una grande fortuna: incontrare Sabrina, che aveva vertà in aree sottosviluppate del mondo, lo ha ereditato dalla il mio stesso desiderio: una vita essenziale, in ricerca della famiglia, respirato fin dalla nascita. «I miei genitori decisero verità che si svela nelle cose di tutti i giorni, donando se stesdi partire da Figino Serenza appena sposati nel 1970, erano si», dice descrivendo l’attuale impegno missionario costituimolto giovani…», racconta Elia descrivendo l’avventura della to dall’intreccio fra educazione, scuola, lavoro, produzione, madre Silvana e del papà Enrico, 20 anni lei e 21 lui, legati economia…la possibilità cioè di incrementare pane e dignità, all’Operazione Mato Grosso e all’idea che la vita «vale la pena sviluppo e cultura, per decine di famiglie e soprattutto per i godersela fino in fondo, destinarla al suo scopo più vero, cioè giovani. donarla agli altri, dedicarla a chi vive in condizioni difficili».

«Insegnamo un lavoro

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«La sfida più importante è il lavoro e quindi abbiamo iniziato dall’educazione», racconta Elia mettendo a fuoco la prima scuola nata fra le pareti della propria casa e l’insegnamento proiettato verso l’officina o i campi, connesso alla vita concreta. Si tratta di laboratori di falegnameria, intaglio, pittura, di aziende agricole da rinnovare secondo aggiornate tecniche, di fornaci di mattoni, di atelier per lavori femminili. Fra le numerose esperienze in atto, la scuola di arte vetraria dove vengono realizzate splendide vetrate destinate a chiese o a edifici prestigiosi, ville, alberghi o arredi d’interni, ha aperto una prospettiva che si profila promettente. La connessione scuola-lavoro proprio nell’ambito delle opere artistiche ha infatti rivelato esiti interessanti: «Abbiamo lavorato per il recupero della chiesa cinquecentesca di Tauca in splendido barocco coloniale: un edificio fatiscente, con ben 12 altari in legno dorato ricco di intagli, è stato recuperato tornando allo splendore originario», racconta Capelletti considerando ora quel risultato un vero successo, una sorta di biglietto da visita per nuovi incarichi da destinare alla squadra di “studenti-lavoratori” di Tauca sostenuti nell’impresa anche da vari comaschi. Anche in questo caso l’imprenditore Angelo Moncini ha attivato un coinvolgimento significativo. «Ho commissionato 4 vetrate per una chiesetta della baraccopoli di Bellavista, un quartiere di Chimbote. Ancora una volta la solidarietà dei comaschi è stata determinante», ammette Moncini citando in particolare una benefattrice che ha sostenuto le spese per il prefabbricato in legno e le vetrate, e un’altra signora, sempre di Como, che ha donato pregiate tovaglie con i pizzi di Cantù per l’altare. Ma è solo l’inizio, la speranza è che i “gli artisti vetrai” di Tauca possano diventare sempre più apprezzati e abbellire chiese ed edifici di tutto il paese e anche oltre i confini peruviani. Ma la vera speranza, indissolubile dall’incremento della formazione e dalle prospettive di produzione che sfruttino me-

glio anche le risorse agricole, sembra legata al desiderio di lasciare un segno profondo, di testimoniare che vivere nella gratuità rende tutti più liberi e felici. «A Tauca tre sabati al mese si lavora completamente gratis - riferisce Elia - questa è la regola, i soldi corrispondenti al guadagno sono destinati ai ragazzi più poveri». Ed è solo un esempio di quella cultura imperniata sull’evidenza di una fraternità fra gli uomini, di quella fede che entra in ogni spazio della vita, di una sapienza dalle radici profonde. «Spinto dalla stessa certezza, prima ancora dei miei genitori, fu padre Ugo De Censi, un valtellinese, a partire per la stessa avventura missionaria in Perù - ricorda Cappelletti indicando le dinamiche imprevedibili di una storia per certi versi “comasca” fin dalle origini. “E’ una storia sorprendente” dice pensando a quel prete travolgente. “Padre Ugo ora ha 90 anni, ma è ancora in gamba, ancora in grado di spendere la vita… Spero di fare come lui».

ai ragazzi di strada»

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REPERTI UNICI

Una delle bacheche del Museo archeologico di Como che conserva preziose testimonianze storiche

FRAMMENTI DI STORIA di Antonio Marino

UNA MOSTRA AL MUSEO CELEBRA I 140 ANNI DELLA RIVISTA ARCHEOLOGICA COMENSE. ANFORE, MONILI, OGGETTI IN BRONZO, MA ANCHE IL FONDO DI UNA BOTTIGLIA DI VETRO APPARTENENTE AL CORREDO DI UNA TOMBA RINVENUTA A ZELBIO mag

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’è un doppio itinerario del tempo che i reperti archeologici raccontano: quello che parla della vita della gente che li ha utilizzati e quello che parla della vita degli oggetti stessi dopo il ritrovamento, del loro studio ad opera degli scopritori, della loro collocazione nei musei e infine, talvolta, quando non si tratta di pezzi di eccezionale interesse, del loro inevitabile nuovo seppellimento in depositi polverosi. Di questo secondo tempo, per certi versi non meno affascinante del primo, parla la mostra allestita al Museo Giovio per celebrare i 140 anni di una pubblicazione che va annoverata fra le ricchezze culturali di Como, la Rivista Archeologica Comense, alla quale si deve l’insostituibile documentazione degli scavi archeologici e dei ritrovamenti a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento-primi del Novecento fino ad oggi. La rassegna temporanea, allestita nelle sale del museo grazie all’impegno delle conservatrici Isabella Nobile e Marina Uboldi, coadiuvate da Clelia Orsenigo e Irene Sala della Società

C’è il corredo tombale del pescatore di Colonno e il cucchiaio romano ritrovato in Borgovico Archeologica Comense, e dalla disponibilità del personale, è stata resa possibile - e decisamente degna d’interesse - dalla ricerca e dal ritrovamento nei depositi (dopo infinite vicissitudini, ricollocazioni, spostamenti resi necessari fra l’altro da due guerre mondiali) di molti dei pezzi illustrati negli affascinanti disegni della rivista che uscì con il primo numero, diretto da Vincenzo Barelli, nel marzo del 1872. L’accuratezza di quelle illustrazioni, destinate a sostituire la precisione della fotografia, ancora poco diffusa, spicca oggi sulle pagine ingiallite dei fascicoli che sono stati esposti, con felice intuito, accanto ai reperti che vi sono illustrati, alcuni dei quali fanno parte del corredo espositivo permanente del museo e altri invece sono stati ritrovati, come si diceva, con una paziente ricognizione nel buio dei depositi. Talvolta, la corretta interpretazione di questi ultimi e soprattutto la loro collocazione sul territorio e nel contesto di questo o quello scavo sono state rese possibili proprio grazie al confronto con le relazioni - e ovviamente i disegni - pubblicati al tempo del ritrovamento sulle pagine della rivista. Si tratta di un patrimonio rilevante non soltanto relativamente al pregio dei singoli reperti, ma anche e soprattutto alla possibilità che essi offrono di localizzare la distribuzione geografica dei ritrovamenti e di ricostruire in questo modo una sorta di mappa dei più antichi insediamenti umani nell’a82

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TESTIMONIANZE Al museo archeologico di Como le testimonianze di una storia, ora catalogate dalla rivista Archeologica comense

rea che comprende non solo la provincia di Como ma anche quella dell’antica Diocesi. Il percorso si snoda attraverso le sale del museo partendo dalle due grandi vetrine dedicate alla civiltà di Golasecca che fra l’XI e il IV secolo a.C. si diffuse in tutta l’Italia settentrionale, con uno dei suoi poli principali proprio nei dintorni di Como. Di particolare interesse gli oggetti in bronzo, fra i quali spicca una grande fibula a forma di drago. Purtroppo non è possibile assegnare ciascun oggetto a un distinto corredo tombale, perché i reperti - seppure scavati nel 1879-80 da un esperto appassionato di archeologia quale Achille Longhi - furono catalogati tutti insieme, secondo una procedura comune a quel tempo, che trascurava del tutto il contesto del ritrovamento. Da queste due vetrine la rassegna prende avvio snodandosi in molte sale del museo secondo tappe cronologiche che portano >>

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La collana del IV secolo d.C. proveniente da Zelbio, la colombina in terracotta e la capsella paleocristiana fino alla tarda romanità e all’alto Medioevo. Impossibile, ovviamente, illustrarne lo sviluppo pezzo per pezzo, ma anche soltanto da un rapido cenno agli oggetti più suggestivi è possibile avere un’idea del fascino della rassegna. Fra questi indubbiamente va collocata la forma di fusione in pietra ollare risalente al Neolitico, ritrovata a Cermenate e illustrata nel fascicolo della RAC del 1891, che, esposta accanto alla fibula che ne deriva, mostra con grande evidenza le capacità “artigianali” già raggiunte e testimoniate fra l’altro, in altre forme di fusione, dall’utilizzo di tutte e quattro le facce della matrice in pietra, ognuna con una diversa incisione capace quindi di produrre un diverso oggetto. Un espediente che dimostra quanto la pietra ollare fosse ritenuta preziosa. Sempre a un periodo compreso fra l’XI e il X secolo a.C. va fatta risalire la spada fusa in un solo pezzo ritrovata a Prato Pagano nel 1847-8 che mostra un’impugnatura decorata di particolare interesse in quanto vi si distingue >> 84

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PREZIOSE RICOSTRUZIONI Il lungo e meticoloso lavoro dell’Archeologica che ha catalogato e illustrato ogni pezzo

una rappresentazione, molto precoce, della barca solare. Per quanto riguarda il periodo romano, al I secolo d.C risalgono, fra gli altri reperti, i balsamari e la lucerna emersi da uno scavo condotto nel 1904 in via Borgovico vecchia. Ma uno dei pezzi di più raffinata fattura e che merita un’attenzione particolare è il fondo di una bottiglia di vetro appartenente al corredo di una tomba di Zelbio, sul quale a stampo è stata sagomata l’immagine di un animale. Quale esattamente è oggetto di una serie di ipotesi diverse: quel che sembra sicuro è che si tratti di un roditore, una decorazione molto raffinata collocabile in un periodo che comprende i primi quattro secoli dell’era cristiana. Moltissime, naturalmente, le anfore, ma di una almeno va fatto cenno: quella risalente al V secolo e scavata a Maslianico che emerse intera dalla terra e che mostra evidenti influssi bizantini. E c’è la tomba del pescatore di Colonno, con un singolare corredo tombale, il cucchiaio romano ritrovato in Borgovico , la collana del IV secolo d.C. proveniente da Zelbio, la colombina in terracotta del I d.C. scavata a San Giovanni. Infine, la capsella paleocristiana in argento ritrovata sotto la chiesa di Santo Stefano a Garlate, le cui scene sbalzate 86

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che raffigurano agnelli sacri sono state studiate da Luciano Caramel. Una bella mostra, dunque, che resterà aperta fino al 31 marzo e al termine della quale si terrà una giornata di studio dedicata proprio alla Rivista Archeologica Comense e al contributo che essa ha dato alla cultura comasca, grazie all’impegno di una lunga serie di studiosi che ne gestirono la direzione: da Vincenzo Barelli a Giovanni Gemelli, ad Alfonso Garovaglio, ad Antonio Magni, a monsignor Giovanni Baserga, ad Antonio Giussani, ad Aristide Calderini, a Ferrante Rittatore Vonwiller e, infine, al compianto Giorgio Luraschi. Ora è Fulvia Butti che ne ha raccolto l’eredità prestigiosa, assumendo la direzione di uno strumento di studio e di ricerca al quale guarda con interesse e apprezzamento l’intera cultura nazionale.


GLI ORECCHINI DELLA SPOSA INFEDELE Ci sono due orecchini d’oro “a cestello” di raffi nata fattura, lavorati a fi ligrana e tipici dell’oreficeria romano-bizantina del VI-VII secolo d.C., ritrovati nel 1908 non lontano dalla chiesetta di San Vittore a Laino in Val d’Intelvi, alla base di un bizzarro “giallo” archeologico risolto alla fi ne non senza una nota d’ironia. Gli orecchini - unici di questo tipo per quanto riguarda il territorio comasco - furono ritrovati durante uno scavo condotto nel 1908. Erano accanto a un teschio e alla lama di un coltello, mentre non fu possibile rinvenire il resto dello scheletro. Nacque così la leggenda che parlava del seppellimento di una giovane e avvenente (vista la qualità dei gioielli che indossava) donna, verosimilmente sposa infedele di un marito tradito che, per vendicarsi, le aveva tagliato la testa e l’aveva sepolta insieme al coltello servito per la macabra impresa. In fondo, per quanto fantasiosa, la storia avrebbe potuto stare in piedi, se non si fosse deciso di condurre analisi più specifiche sul cranio, dalle quali emerse che si trattava sì di una donna, ma assai avanti con l’età. L’esame delle ossa escludeva poi il taglio della testa. Quanto all’avvenenza, anche questa risultava problematica, visto che la dentatura della signora avrebbe avuto bisogno dell’opera di un buon dentista, visto che era in uno stato pietoso. Non giovane e bella e quindi possibile adultera, dunque, ma vecchia e sdentata.

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ALLA CONQUISTA

DI DUBAI di Gianfranco Casnati

LA MOTONAUTICA COMASCA PROTAGONISTA NELLA CITTÀ CHE NON DORME MAI mag

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ent’anni fa, quando la motonautica offshore (fuori costa) e quella comasca in prima fila, attrassero nella propria orbita gli Emirati Arabi Uniti, il Creek, l’insenatura marina naturale che si insinua nel cuore della città vecchia, era la maggiore, se non l’unica, attrattiva di Dubai. Rimane pur sempre ancora una mèta di tanti turisti, tra i suoi suq o souk (bazar) e l’antico quartiere di Bastakiya, con i suoi stretti vicoli e le torri del vento, l’unico efficace sistema di condizionamento prima dell’avvento dell’elettricità. Ma la Dubai Tower, ultimata nel 2010 e che ora si chiama Burj Kalifa (torre del califfo) con il suoi 818 metri di altezza, è diventata il grattacielo più alto del mondo, costituendo una, ma non la sola, delle meraviglie di Dubai. Tanto più che sorge nel nuovissimo complesso di Dubai Mall, un centro commerciale immenso, con mille negozi e oltre 1600 posti auto, dotato di un lago artificiale nel quale si specchia la novella Torre di Babele e che offre, ogni mezz’ora, giorno e notte,

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Nel 1992 sbarcarono a Dubai Walter Ragazzi e Livio Prada. Il campione del mondo Guido Cappellini aprì l’Albo d’oro di F1 inshore giochi d’acqua e musiche, attirando folle di curiosi. Vent’anni fa, quando fu gettato il “ponte” tra il Lago di Como e gli Emirati, lì c’era solo il deserto. Poi hanno iniziato a costruire grattacieli su grattacieli. La prima immagine della Dubai avveniristica fu il Burj Al Arab, ovvero Torre degli Arabi, dalla tipica forma di vela, il più alto (321 metri) e lussuoso hotel a 7 stelle costruito su un’isola artificiale. Poco >>



distante fu eretto poi Dubai Ski, l’impianto di sci all’interno dell’Emirates Mall, con impianti di risalita e pista di discesa di 500 metri. Per stupire il mondo, hanno anche creato nel mare un’isola a forma di palma. E tanti grattacieli, dalle forme più estrose, capaci di colpire la fantasia alla sola vista. Ogni anno, ci si accorge che ne è spuntato uno nuovo. Nel 1992 non era così. Quell’anno, l’allora promoter Mauro Ravenna, portò il campionato del mondo di Classe 1 Offshore a Dubai, addirittura in due tappe. Il Creek, sino ad allora percorso soltanto dai dhow, le tipiche barche arabe, vide sfrecciare sull’acqua i bolidi che possono raggiungere il 230 km orari. E il 6 novembre del 1992, il gran finale della stagione, fu davvero una data storica per la motonautica comasca: il setaiolo di Monte Olimpino, Walter Ragazzi fu incoronato campione del mondo a Dubai, affermando anche nel Medio Oriente la tradizionale supremazia

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della motonautica e della cantieristica comasca. Al seguito di Ragazzi e del copilota finlandese Mattila, c’era anche l’eclettico Livio Prada, che seppe subito farsi un nome nella gestione logistica del paddock, tanto da essere richiesta la sua presenza nel “circo blu” anche negli anni seguenti. La prima volta della Classe 1, comunque, diede il via alla nascita del Team Victory, l’apparato governativo che adesso è diventato il dominatore della Classe 1, confermandosi campione del mondo anche a dicembre 2012 per il tredicesimo anno. Il feeling tra il lago di Como e gli Emirati Arabi, comunque, si consolidò l’anno seguente 1993, quando il promoter italiano Nicolò di San Germano, portò ad Abu Dhabi il campionato del mondo di F1 inshore (circuito chiuso, a differenza dell’offshore in mare aperto). E anche lì fu un comasco ad aprire l’albo d’oro del Mondiale negli Emirati, con i piccoli catamarani da lui stesso costruiti: Guido Cappellini. Mentre


Cappellini vinceva titoli su titoli iridati, nel 1998 il presidente Giancarlo Ge e Sultan Bin Zayed al Nahyan, fratello del capo dello Stato, siglarono il gemellaggio tra lo Yacht Club Como e l’Abu Dhabi International Marine Sports Club. Due anni dopo, il 3 settembre 2000, quando a Como si svolse il campionato del mondo di F1, arrivò allo Yacht Club l’alto esponente di un altro emirato, a pochi chilometri da Dubai: Mohamed Ali Al Noman, presidente dell’Autorità per lo sviluppo del Commercio e del Turismo di Sharjah. Al Noman portò con sé un cd per far conoscere un piccolo, ma ricchissimo Stato sconosciuto ai più, che però è divenuto, a partire dal mese di dicembre di quello stesso anno, la tappa finale del campionato del mondo di F1. A Sharjah, dove l’ospitalità è straordinaria, i galà di chiusura di stagione nel deserto, fanno da degna cornice al fascino che gli Emirati Arabi Uniti eser-

citano su chiunque, sportivo o non. A rimarcare il legame tra la città emiratina e il nostro lago, nel 2005, mentre veniva annunciato il calendario del Mondiale 2006, lo speaker che aveva elencato le tappe con il nome della nazione organizza>> trice, non disse Italia, bensì Como.

A Dubai è stato siglato il gemellaggio storico tra Yacht Club Como e l’Abu Dhabi International Marine Sports Club

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A Sharjah nel 2009, Guido Cappellini conquistò il suo decimo titolo mondiale. Ora il pilota comasco corre in Classe 1, ma ha sempre un occhio di riguardo per la F1, tant’è che da due anni, 2011 e 2012, sempre a Sharjah , si è laureato campione del mondo il suo allievo Alex Carella. La storia dunque è destinata a continuare. L’organizzazione di Nicolò di San Germano, da due anni gestisce professionalmente tutti i massimi campionati del mondo di motonautica: Classe 1 Offshore, F1 Inshore e Aquabike. Dubai, Abu Dhabi e Sharjah sono ormai le sedi privilegiate di fine anno, sia per la dolcezza del clima, sia per le attrattive dei luoghi, oltre che per le opportunità offerte e le garanzie di sicurezza. L’Islam è la religione di Stato in tutti gli Emirati Arabi Uniti e viene praticata largamente con molta devozione nelle moschee e anche per la strada. Il turista occidentale rimane affascinato dalle invocazioni che si levano simultaneamente dai minareti ad ore fissate della giornata. Il giorno di festa dei mussulmani è il venerdì. «Ricordo che rimasi sorpreso - racconta Livio Prada - quando il manovratore arabo che stava azionando la gru per l’alaggio, improvvisamente lasciò i comandi con il motoscafo sospeso a mezz’aria , perché era l’ora della preghiera. Scese dal mezzo, stese il tappeto per terra e seguì il suo rito, facendomi aspettare per tutta la durata del canto del muezzin proveniente dalla moschea. Poi riprese il lavoro. Il rispetto reciproco tra le diverse credenze ed i diversi costumi, comunque, è una regola fissa che ognuno ha bene in mente e che garantisce l’assoluta tranquillità nelle relazioni sociali negli Emirati». L’espansione

Il ricco Paese dei grattacieli dove le gru si fermano quando è l’ora della preghiera 94

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urbanistica ha creato il nuovo distretto di Dubai Marina, che conta diversi grattacieli ed edifici residenziali, alle spalle dei quali corrono arterie stradali a sei corsie per ogni senso di marcia e il modernissimo metrò, che congiunge la Dubai storica al porto commerciale di Jebel Ali. La domanda che nasce spontanea è se tanti grattacieli, ognuno differente dall’altro per forma e design, siano tutti abitati. In parte sì, sia di proprietà sia in affitto. Ma moltissimi appartamenti e suite sono acquistati come classico investimento “nel mattone”, da parte di americani, russi, europei e moltissimi orientali facoltosi nei cui Paesi non c’è stabilità politica. Quanto costa acquistare o affittare casa a Dubai? «Da noi si pensa che i prezzi siano alle stelle - risponde Carlo Micoli, imprenditore di origine friulana, negli Emirati dal 1988, che non si perde una corsa di motonautica quando arrivano team italiani - ma in realtà sono ancora bassi rispetto a quelli delle grandi città. A Dubai e Abu Dhabi, mediamente si aggirano sui 3 mila euro al metro quadrato a pochi chilometri dal mare, fino ad arrivare a 6/7 mila euro al metro quadrato vicino al mare, oppure nella zona della Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo. A Dubai


PONTE TRA COMO E DUBAI

La delegazione guidata dal presidente dello Yacht club Como, Giancarlo Gè e alcune immagini delle gare di motonautica

gli immobili vanno via come i panini caldi». Tempo di annoiarsi a Dubai, come del resto anche ad Abu Dhabi, ce n’è molto poco. Non è solo un centro business dinamico e un paradiso turistico, che offre maggiori attrazioni, negozi, ristoranti e hotel di qualità. Dalla tranquillità senza tempo del deserto al trambusto vivace del souk, Dubai offre un caleidoscopio di attrazioni per i visitatori. L’uomo d’affari, come il turista o il praticante di sport, hanno diverse occasioni di divertimento. Anche di notte. Locali notturni, bar e pub in stile occidentale, sono aperti fino alle 3 di mattina. Se fino a qualche anno fa l’uso degli alcoolici era vietato, oggi ognuno dei sette emirati ha la facoltà di consentirne la vendita. A Dubai e ad Abu Dhabi si vendono alcoolici negli alberghi e nei locali di divertimento. A Sharjah ciò non è consentito, al contrario del vicino piccolo emirato di Ajman. Contrasti, curiosità, attrattive di un Paese vivo, variamente colorato di stravaganze architettoniche e giochi di luci. Un Paese in vertiginosa evoluzione, fatto di innovazione continua, competitività estrema, vera globalizzazione. Dubai, Abu Dhabi, ma tutti gli Emirati sono luoghi che val la pena di visitare. Con la possibilità anche di scoprire con sorpresa che architetti e progettisti cosmopoliti conoscano e traducano meglio in opere murarie la storia e le tradizioni del nostro “vecchio continente”, forse diventato troppo vecchio. Un esempio dei tanti: da nessun’altra parte d’Italia e del mondo, si può entrare nella storia e nei segreti della Casa di Maranello, come soltanto grazie alla visita guidata al Ferrari World, realizzato nel complesso dell’avveniristico autodromo di Abu Dhabi, dove si corre il Mondiale di F1.

IL PAESE DELLE SETTE MONARCHIE Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di sette monarchie ereditarie assolute, ex protettorato britannico dell’antica Costa dei Pirati, indipendenti dal 2 dicembre 1971. Si aff acciano a nord al Golfo Persico e a nord est al Golfo dell’Oman. La capitale è Abu Dhabi, che è anche l’emirato territorialmente più esteso (73.060 kmq). Seguono Dubai (3900 kmq), Sharjah (2600 kmq), Ras Al Khaimah (1700 kmq), Fujayrah (1300 kmq), Umm Al Qaiwain (780 kmq), Ajman (260 kmq). Nel 2010, la popolazione era di 4.975.593, di cui meno del 20% cittadini degli Emirati Arabi Uniti. La maggioranza (85 per cento) della popolazione è composta da extracomunitari asiatici, ma anche americani ed europei, ma tutti con una occupazione. Il tasso migratorio netto del Paese è al 21,71, il più alto al mondo. La maggior parte degli introiti economici deriva dal petrolio. Tuttavia non tutti gli Emirati sono dotati dei medesimi giacimenti. E quindi anche l’economia dei diversi Emirati è abbastanza diversificata. Abu Dhabi, che occupa da sola circa l’85% del territorio, è il terzo produttore di petrolio della penisola araba, dopo l’Arabia Saudita ed il Kuwait. Nell’Emirato sono presenti anche diverse industrie per la lavorazione del greggio. La seconda risorsa è rappresentata dal turismo, concentrato soprattutto Dubai e nella capitale. Il secondo Emirato in termini di ricchezza è Dubai. In questo Emirato il petrolio è stato scoperto solo recentemente, ma già da prima Dubai si era affermato come principale porto commerciale della zona. La sua economia è basata quindi principalmente sugli scambi commerciali. La moneta corrente è il Dirham degli EAU, anche se vengono accettati dollari ed euro. Il cambio attuale è di circa 4.98 dirham per un euro.


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a scuola, fondata da Dianora Moro nel comasco oltre quarant’anni fa, continua a vivere. Avvicinare persone diverse al mondo della danza era il sogno della maestra scomparsa che ha educato generazioni di ballerine. Il suo insegnamento è stato il tentativo di trasmettere una gioia che si realizza passo a passo, un linguaggio universale, un’arte tradizionale quanto viva e proiettata nel futuro. Progetto Danza Dianora a Montano Lucino(Como) prosegue la sua attività per volere del marito e del figlio della fondatrice. Loro oggi sono le anime della scuola in cui bambine, ragazze e donne si dedicano a questa disciplina per il corpo e per la mente. L’arte della danza classica è la base irrinunciabile per intraprendere lo studio di altri balli moderni. Vincenza Giovinazzo, affiancata da Francesco Borelli, porta avanti il discorso dell’insegnamento con entusiasmo e rigore. L’età ideale per iniziare a studiare danza classica è intorno ai nove anni. La preparazione di livelli diversi che precede questa fase può cominciare dall’età di tre anni. Si parte studiando le varie posizioni e i termini giocando in modo costruttivo. Già l’ambiente della scuola evoca rigore e ordine pur intrigando l’immaginario fra specchi e sbarre, svolazzanti tutù,

body e scarpette rosa. «Spesso ripeto alle mamme - dice l’insegnante - che la scuola non è un parco giochi. La danza è disciplina. Le bambine ricevono un’educazione nel senso letterale del termine. Devono entrare a scuola con ordine, indossano lo stesso body e hanno i capelli raccolti con lo chignon». Ogni passo corrisponde ad un termine ben preciso in francese, la lingua universale della danza. Gli esercizi alla sbarra sono il pane quotidiano di una ballerina. Le scarpette con le punte all’inizio sono un miraggio che può diventare realtà. La spaccata non è per nulla scontata e dipende molto dalla conformazione fisica e dall’età. La scuola è un percorso obbligato per iniziare una carriera 96

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NEL SEGNO DI DIANORA di Stefania Briccola

L’ARTE DELLA DANZA CLASSICA COME DISCIPLINA DI VITA, SENZA SOGNARE LE VELINE

professionale; se c’è del talento la mamma dell’allieva viene avvisata e può pensare ad un provino, magari alla Scala. «Ci sono ancora pochi insegnanti che ammettono - osserva Vincenza Giovinazzo - che tutti i tipi di ballo devono passare dalla danza classica. Senza di essa non si hanno le basi nè la preparazione necessaria ». Nell’ambito dei corsi di danza moderna e di jazz e musical ci si riferisce comunque a una terminologia e a passi tratti da un repertorio classico imprescindibile. L’anno passato si è lavorato anche sugli anni Ottanta con musiche di Madonna, di Michael Jackson e dei Queen. Capita spesso di avvertire l’influsso delle mode nei desideri espressi delle nuove generazioni sull’onda di successi mediatici di trasmissioni televisive.

«Qualche anno fa abbiamo avuto richieste di corsi di veline - ricorda Vincenza Giovinazzo - e Dianora Moro inorridiva solo all’idea. Spesso ci si avvicina alla danza perché attratti da personaggi televisivi. Anch’io confesso di avere subito il >> fascino di Lorella Cuccarini».

La scuola di danza fondata da Dianora Moro oltre quarant’anni fa continua a vivere mag

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I corsi tenuti a Progetto Danza Dianora spaziano nei diversi livelli tra percorsi classici e moderni, come jazz- musical, che sfociano nel saggio finale dove partecipano allieve di età che varia dai dieci ai cinquant’anni. Ad affiancare Vincenza Giovinazzo nell’insegnamento c’è Francesco Borelli, che ha fatto della danza una professione e si esibisce nei teatri in Italia ed Europa. «La danza classica- spiega il maestro - è in assoluto il percorso più difficile e richiede intelligenza, dedizione e passione. Spesso si parla di predisposizioni fisiche come la rotazione delle anche, le gambe della lunghezza giusta, la schiena e i piedi adatti, ma tutto questa non conta nulla se non ci si applica con la mente e il cuore». Oggi c’è una grande voglia di danza tra gli adulti e ci si chiede se è lecito pensare di sognare scarpette e tutù per muovere qualche passo in modo decoroso. Forse una signora non arriverà a ballare Lo schiaccianoci di Tchaikovsky, ma avrà comunque qualche soddisfazione. Non fosse altro quella di avere tentato di realizzare un sogno nel cassetto da troppi anni. «La danza - commenta Francesco Borelli- fa bene ad ogni età. Poi se ci si avvicina con lo spirito giusto, fa ancora meglio. È accertato che la danza sia l’arte del movimento più completa: permette di allungare i muscoli e ne attiva una serie che rimarrebbero altrimenti inutilizzati. Ci deve comunque essere la consapevolezza di fare qualcosa per se stessi e senza velleità di alcun tipo a livello professionale». Basta pensare agli effetti liberatori dello stretching, alla postura e ai gesti regali che già viene in mente il fisico della ballerina che tutte le donne vorrebbero avere. La danza è molto di più dell’apparenza; è un modo di essere. È un mondo fatto di fierezza e dignità, di equilibrio e di ricercata armonia che niente può turbare. «Seguire le sirene dei successi mediatici di alcuni programmi televisivi come Amici - conclude Francesco Borelli - è un’arma a doppio taglio. I modelli prodotti non sono esaltanti. A livello teatrale c’è più professionalità. Quello della danza classica è un percorso che non concede sconti».

NEGLI ANNI ’70 LA PRIMA SCUOLA (s.bri.) Dianora Moro, scomparsa lo scorso aprile, ha aperto negli anni Settanta la prima scuola di danza a Tavernola(Como). La ballerina classica dopo gli anni di formazione a Brescia, Como e Milano ha seguito alcuni stage di perfezionamento accademico a Parigi, Nizza e Roma. Il palcoscenico non le bastava e nonostante le proposte di entrare in una compagnia, scelse l’insegnamento. Non si rivolgeva mai a una piccola allieva con un termine che non fosse quello del vocabolario del balletto. Lo sanno bene le centinaia di ragazze che sono cresciute alle sue lezioni e alle varie scuole in cui Dianora Moro ha insegnato a Rebbio, Cernobbio, Montano Lucino. È stata una maestra illuminata capace di fare sentire ogni allieva protagonista e di intuire quali erano le attitudini e la sensibilità di ognuna. Nei saggi di danza che riprendevano il repertorio classico dell’Ottocento e del Novecento curava ogni dettaglio, dalla musica ai costumi. Dianora adorava le sue allieve e aveva molte amiche nel mondo della danza classica tra cui Luciana Savignano.

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di Alberto Cima

INTERVISTA ALLA VIOLINISTA MARISTELLA PATUZZI FIGLIA D’ARTE, CON LE PRIME NOTE SUONATE A TRE ANNI. PRIMA DEI CONCERTI SONO COME UNA TIGRE IN GABBIA, MA POI IL PUBBLICO MI PORTA AL SETTIMO CIELO. MI PIACE NUOTARE, DIPINGERE E I MIEI PIATTI PREFERITI SONO LE LASAGNE AL FORNO E I CANNOLI SICILIANI

insegnato le peculiarità della musica barocca, come leggere un Nata a Lugano, figlia d’arte, Maristella Patuzzi ammalia il manoscritto ed esser molto fedele alla partitura. pubblico di tutto il mondo grazie alla sua straordinaria preDa due anni partecipi, a Lugano, al “Progetto Martha Arsenza scenica, all’eccezionale talento e all’incredibile maturità gerich”. Cosa significa per te questa esperienza? artistica. Ha iniziato ben presto lo studio della musica e ha La partecipazione a questo progetto mi ha aiutato tantissimo già un curriculum di tutto rispetto, con una carriera iniziata nello sviluppo della mia carriera musicale. È stato un efficace prestissimo. trampolino di lancio. Lavorare con lei è un’esperienza irripeMaristella, a quale età hai cominciato a studiare musica? tibile: Martha è ormai una leggenda vivente, dalle capacità A tre anni ho iniziato lo studio del pianoforte con la mia tecniche straordinarie, dal fervore interpretativo geniale e mamma e a quattro quello del violino. coinvolgente. Hai studiato con Roberto Valtancoli, Susanne Holm e Hai suonato con un violino del 1885 costruito a Roma Massimo Quarta. Cosa ti hanno dato umanamente e muda Giuseppe Sgarbi. Ora suoni sicalmente? uno Stradivari del 1687. QuaRoberto Valtancoli è stato meraviSuono con grandi musicisti li differenze sonore ci sono fra glioso e mi ha aiutato molto in un questi due strumenti? momento decisivo della mia vita; ma la garanzia di successo Lo Stradivari è sicuramente è davvero pregnante il suo modo di pensare la musica: ho studiato è fare un concerto con mio padre, migliore, più leggero e molto raffinato. Lo Sgarbi ha un suocon lui quando ho ottenuto, a diuomo e artista accezionale, no potente, ma meno elegante. ciassette anni, da privatista, il DiPerò ho suonato anche con altri ploma di violino con il massimo e con mio fratello Michele preziosi strumenti, quali Guicdei voti, lode e menzione speciale ciardi, Gagliano, Grancino, al Conservatorio di Milano, menVuillaume, Panormo, Ruggieri tre stavo conseguendo la Maturità e un Guadagnini, con il quale ho appena eseguito il Concerto federale svizzera al Liceo di Lugano. Susanne Holm è stata per di Ciajkovskij a Falcade. me la migliore insegnante, poiché mi ha suscitato l’entusiasmo Suoni spesso in duo con tuo padre. Non hai mai pensato per il violino e la capacità di comunicare la mia gioia e i miei di suonare con altri pianisti? sentimenti attraverso la musica. Massimo Quarta è stato fonSuono anche con altri pianisti, ma da sempre adoro suonare damentale per la tecnica, soprattutto per la velocità della mano con mio padre perché è eccezionale. Nel maggio 2013, dopo sinistra, per la qualità del suono e l’intonazione naturale. aver già inciso opere di Ernest Bloch, registreremo le “Sonate Nel 2009 ti sei perfezionata con Sergej Krylov e nel 2011 per violino e pianoforte” di Othmar Schoeck nell’Auditorio hai conseguito il Master of Arts in Specialized Performandella Radiotelevisione della Svizzera Italiana. Far concerti con ce con Carlo Chiarappa. Cosa hai imparato da loro? papà è garanzia di successo. È però piacevole suonare anche Con Sergej Krylov ho imparato a essere esplosiva sul palcocon mio fratello Michele, che spesso è il jolly della situazio- >> scenico: un fuoco d’artificio; Carlo Chiarappa, invece, mi ha 100 mag


La violinista comasca Maristella Patuzzi

BRIVIDI D’ARTE mag 101


ne. Infatti è diplomato in violino e pianoforte; suona anche la viola, insegna, compone e dirige. È bello avere un fratello così polivalente. Ha in progetto di creare in Ticino una sua orchestra sinfonica. Quale ruolo hanno avuto i tuoi genitori nello studio della musica? Mi hanno sempre incoraggiato tantissimo, soprattutto mia madre che mi è sempre stata vicina. Mio padre è il mio punto di riferimento con il quale poter crescere con la musica. Se ho conseguito certi risultati lo devo anche a loro. Vorresti parlarci delle tue esperienze musicali e didattiche vissute in America e a Londra? In America ho studiato per tre anni all’Indiana University, a Bloomington, con Miriam Fried e Mark Kaplan, con il quale mi sono trovata benissimo e sotto la cui guida ho conseguito il Performer diploma nel 2007 e il Master in violino nel 2008, sempre con il massimo dei voti. Quando avevo dodici anni, ho seguito in Inghilterra un breve corso con Wen Jo Lee, che mi ha scelta per suonare alla commemorazione del suo Mae102 mag

stro, Yehudi Menuhin. Inoltre sono appena tornata da Londra, dove ho suonato come solista, alla Cadogan Hall, con la Philharmonia Orchestra. È stata un’esperienza emozionante, bellissima, veramente straordinaria. Quali sono i tuoi autori preferiti e il periodo storico che ami in particolare? Se proprio devo fare delle scelte opterei per il periodo compreso fra il 1800 e il 1960 nel quale c’è una base romantica. Fra i compositori mi sento particolarmente vicina a Ysaÿe, Schoeck, Bloch, Sarasate, Saint-Saëns, Franck, Brahms e Ciajkovskij. Suoni spesso in concerto le “6 Sonate per violino solo” di Ysaÿe… Per me queste composizioni sono fantastiche, meravigliose, estremamente gratificanti. Nonostante la loro difficoltà, mi ci sento sempre perfettamente a mio agio. Ogni Sonata, caratterizzata da una tecnica trascendentale, è dedicata a un grande violinista dell’epoca (Szigeti, Thibaud, Enescu, Kreisler, Crickboom e Quiroga, ndr).


ARTISTA IN CONCERTO

La violinista comasca Maristella Patuzzi «La musica è soprattutto un’arte universale in grado di unire i popoli»

Avresti dovuto suonare con il pianista Christian Leotta, validissimo allievo di tuo padre, che sta intraprendendo una carriera luminosa… Sì, avevamo già fatto alcune prove, ben riuscite; avremmo dovuto interpretare e incidere l’integrale delle Sonate per pianoforte e violino di Beethoven, poi per il sovrapporsi dei nostri rispettivi impegni, non si è potuto fare nulla. Peccato! Speriamo che un giorno questo sogno si possa realizzare. Cos’è per te la musica? Tutto. È la mia vita e spero che lo sia per sempre. Ho un legame davvero splendido con la musica. Potresti vivere senza la musica? Assolutamente no, è impossibile. Potremmo vivere in un mondo senza colori? In futuro ti dedicherai all’insegnamento? Certamente, lo sto già facendo. Paradossalmente preferisco insegnare pianoforte anziché il violino, così stacco un po’ dalle mie consuete abitudini. Ho allievi abbastanza bravi, alcuni hanno già vinto dei concorsi. Ai più piccoli lascio spazio anche all’apprendimento mediante il gioco, mentre abituo i più grandicelli a un metodo di studio appropriato. Una caratteristica del tuo carattere… Sono sempre felice, solare, sorridente, entusiasta, piena di idee e voglia di fare. Cos’è per te l’amore? Come la musica, anche l’amore è importante. Intendo soprattutto l’amore come entità divina. Tutte le religioni, in fondo, conducono alla pace interiore, all’amore universale. Credo molto nell’amore. Sei innamorata? Della vita, sì. Sono innamorata della musica, voglio tanto bene ai miei allievi e anche loro ricambiano questo affetto. Sono sempre spontanea e affettuosa. Come vivi gli attimi che precedono il concerto? Prima del concerto preferisco star sola, non parlare con nessuno. Di solito sono molto nervosa e ho molti pensieri per la testa. Sono quasi aggressiva, come una tigre in gabbia. Poi quando salgo sul palco, durante l’esibizione, sento il calore e l’amore del pubblico, quindi tutto si tramuta in una gioia immensa. Sul podio sono proprio al settimo cielo. Dopo il concerto sono felicemente stanca. Quando sei libera cosa ti piace fare? Adoro nuotare, correre e fare lunghe passeggiate in bicicletta. Mi piace molto andare al cinema, leggere e dipingere. Qual è il tuo piatto preferito? >> Lasagne al forno. Tra i dolci preferisco i cannoli siciliani.

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E la tua bevanda? Il vino rosso. Ho la fortuna di avere una cognata di Serralunga d’Alba, il cui fratello produce Barbera, Dolcetto d’Alba, Balau, Nebbiolo, Barolo, tutti vini pregiati, da assaggiare. Mi piace però anche l’acqua naturale. Come trascorri la giornata? Mi sveglio abbastanza presto. Per me la mattina è il momento migliore per studiare. Durante la pausa-pranzo vado spesso in piscina a nuotare, poi riprendo a studiare e, nel tardo pomeriggio, dopo le cinque, mi dedico all’insegnamento. Qual è per te la musica più sensuale? La “Carmen” di Bizet, sicuramente; penso sia all’apice della sensualità. Anche la musica tzigana è spesso sensuale. Penso a “Tzigane”, a “Bolero” di Ravel, ma anche, sembra un paradosso, alla “Danza macabra” di Saint-Saëns. Quella più rilassante? Méditation” da “Thaïs” di Massenet e l’ultimo movimento del Quartetto “pour la fin du temps” di Messiaen, nel quale c’è una parte bellissima per violino e pianoforte.

Qual è la qualità che preferisci in un musicista? Saper comunicare. È necessario creare un feeling fra l’interprete e il pubblico. Martha Argerich è molto comunicativa, così come Sergej Krylov. Quali pezzi stai studiando? La “Carmen” di Sarasate oltre ai Concerti di Ciajkovskij, di Beethoven e le tre Sonate di Schoeck. Quali luoghi in cui non sei mai stata ti piacerebbe conoscere? La Cina, il Giappone e l’Australia. Qual è il tuo stato d’animo attuale? Sono sempre felice. Un valore in cui credi? La forza e il potere della musica, che aiutano a superare i momenti difficili. La musica come terapia, ma sopra tutto come arte universale in grado di unire le genti. Se non fossi musicista, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita? Il medico. Ho sempre visto la medicina come una scienza molto importante.

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IDEE (S) FASHION

SULLA NEVE CON PIUME E STRASS La nuova moda sci sposa glam couture e tecnologia sportiva Sulla neve come sul red carpet, in un turbinio di piume, strass e paillettes. La nuova moda sci sposa glam couture e tecnologia sportiva. Due mondi agli antipodi uniti per rileggere in chiave moderna l’eleganza sottozero. Le proposte più fashion? I pool a maglia grossa con decori scandinavi abbinati a pantasci retrò, e tanta tantissima pelliccia. Ritornata di grande attualità scalda bomber, gilet, poncho, mantelline e cappucci. La tuta sfoggia macro motivi optical o floreali, il jeans cinquetasche da pista è in denim laminato. Anche i piumini si colorano di stampe doppiate con fodere metalliche. Gli occhiali a mascherina puntano su tinte segnaletiche: blu elettrico, verde o fucsia. Fluo anche dopo sci, guanti, cuffie audio e caschi…sempre che non si preferisca puntare sullo stile zarina, sfidando il gelo in boots e colbacco di volpe bianca.

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di SERENA BRIVIO



EVENTI

di ROCCO LETTIERI foto STEFANO M. BARTESAGHI

FESTIVAL DELLA CASSOEULA RISTORATORI IN GARA A Cantù per la prima volta una sfida dal sapore antico Otto ristoranti in gara per aggiudicarsi la miglior cucina

Il volantino parla chiaro: hai mai provato l’autentica cassoeula della tradizione canturina? Ebbene, otto ristoratori di Cantù hanno accettato la sfida del Comune e si sono cimentati in gara per aggiudicarsi la “Cassouela d’Oro. Questi i locali in gara: “Trattoria La Scaletta”, “Le Querce”, “Agrutirismo L’Urtulan”, “Osteria del km zero”, “La Cascina di Mattia”, “Il Garibaldi”, “Magna e Täs” e “Giardinet”.

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A Cantù la tradizionale festa di “Sant’Antonio del purcel” è molto sentita. La regola è una sola preparare la miglior è cassouela, con l’immancabile polenta di farina bramata. Sant’Antonio è il monaco più illustre della chiesa antica. Le iconografie popolari lo rappresentano sempre tra mille tentazioni, in compagnia di numerosi animali domestici,

tra i quali non manca mai il maiale. Il capodanno culinario viene inaugurato il 17 Gennaio con la preparazione del maiale. E’ questo il miglior auspicio per un anno che inizia. L’animale cucinato è immagine di festa, sinonimo di abbondanza, garanzia di consumo alimentare e di sopravvivenza, simbolo rituale di aggregazione sociale.

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EVENTI

Dunque per l’evento il “caro amico porco” è vittima immolata alla miseria, sacrificato con fuoco e aromi nell’arte del cuocere, secondo una liturgia che lascia ampi spazi a orge alimentari per stomaci gagliardi, vivaci attitudini alle chiacchiere di fronte a piatti concreti, accompagnati a vini frizzanti, di grande impegno provenienti dalle uve di Barbera o di Bonarda senza disdegnare i famosi Lambruschi Grasparossa e Salamino.

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La Cassouela è piatto tipicamente brianzolo e del milanese. ma diverse sono le versioni. La preparazione tradizionale la vuole così: Occorrono anzitutto costine di maiale non grasse e bene in carne, piedini di maiale, cotenne e muso di maiale disossato. Molti hanno l’abitudine di aggiungere salsiccia e verzini. Tra gli altri ingredienti: cipolle, coste di sedano, carote, spicchi di aglio, concentrato di pomodoro, vino rosso corposo, sale, pepe, un mazzetto di odori (salvia, rosmarino e alloro che devono essere legate assieme con uno spago di modo che non si disperdano cuocendo), due verze nostrane, che abbiano preso i primi freddi autunnali, (solo in questo caso le verze sono ottimali). I tempi di cottura devono essere lunghi. il resto lo fa la fantasia degli chef.


EVENTI

BISTROMANIA VIAGGIO IN EUROPA A Lariofiere di Erba dal 17 al 20 febbraio il tradizionale appuntamento con Ristorexpo

Ne ha fatta di strada il bistrot dalle sue origini parigine ai giorni nostri: un’osteria con menù piuttosto ridotto caratterizzato da piatti tradizionali, un piccolo caffè dove gli artisti usavano recarsi per lavorare al caldo, un locale in cui si finì per ovviare alla carenza di spazio, posizionando i tavolini anche sul marciapiede davanti all’ingresso. L’evoluzione del bistrot è stata lunga e vivace, e non sembra subire battute d’arresto. Al contrario, il bistrot continua ad essere in gran voga, diffuso capillarmente ben al di fuori dei confini francesi. A RistorExpo quest’anno saranno chef provenienti da più parti d’Europa a guidare il percorso sulla Bistromania: le diverse accezioni, i punti fermi caratterizzanti, il ruolo attuale e gli sviluppi futuri. Torna l’appuntamento con RistorExpo, dal 17 al 20 febbraio, l’evento per operatori del settore ristorativo ospitato anche quest’anno da Lariofi ere (Erba,). Cene, incontri, seminari, stage di cucina, concorsi, workshop, convegni: il calendario di RistorExpo è sempre più ricco di occasioni pensate ad hoc per le aziende del settore e non solo, riconfermando l’importanza della manifestazione dai punti di vista dell’incontro BtoB, della formazione professionale, della promozione territoriale. Tel. +39 031 6371 - Fax +39 031 637403 - info@lariofiere.com 111 mag 111



di ELISABETTA BROLI

COLPO DI SPUGNA

COMO E LE SUE FONTANELLE CI VORREBBE L’ERGASTOLO La nostra città, nata già bella, non merita di essere così sciatta, brutta e trasandata

La prima volta che sono incappata nella sciatteria urbanistica é stato una trentina d’anni fa ad Urbino, dove ero andata per un corso (uno dei tanti inutilissimi corsi) di giornalismo. Un pomeriggio attraversando il parco della Resistenza per andare alla casa di Raffaello sono inciampata in alcune panchine scrostate, una aveva lo schienale rotto, su un’altra scritte, per quei tempi oscene, con della vernice bianca. Ricordo ancora il fastidio provato: perché quella trasandatezza minava alle basi la bellezza di una cittadina che é stata uno dei più importanti centri del Rinascimento italiano, la cui zona storica una ventina d’anni dopo sarebbe stata dichiarata patrimonio dell’umanità. Urbino non si meritava di essere trattata così, né Urbino, né Raffaello, né i suoi cittadini. Cosa ci voleva a rimettere in ordine quelle panchine? Il Comune non sarebbe fallito per una spesa del genere. A questo ripenso, più o meno, ogni volta che percorro il lungo lago e passo da piazza Cavour. E immancabilmente inciampo non nelle panchine scrostate di Urbino, ma nelle nostre fontanelle. Chiamarle fontane non me la sento, sia per le dimensioni ridotte, sia perché il getto dell’acqua non é da fontana ma da rubinetto. Quando naturalmente c’é, perché in genere sono fontanelle asciutte, che é una contraddizione. E

non mi riferisco a questo periodo: é da tanto che le tengo d’occhio, ed anche questa estate l’acqua volentieri latitava. Con, va detto, una certa creatività: un giorno mancava alla prima, una settimana dopo alla terza, poi era bloccata nella quarta. Sarò sempre passata nei giorni sbagliati, ma non mi é mai capitato di vederle funzionanti tutte contemporaneamente. Mi sarebbe piaciuto: forse avrebbero perso quell’aria triste e misera che avverto sempre osservandole. Perché una fontana, soprattutto in una piazza Cavour, sul lago, dentro al lago, ha diritto a un tripudio di acqua, guardate quella di Villa Geno, quella sì che é una fontana che incute rispetto! Anche nelle giornate di vento, quando il getto dell’acqua da verticale si fa quasi orizzontale per le raffiche. Quanta potenza. Un piacere per la vista e per il cuore. Stesso discorso per le fontanelle nelle pozzanghere ( in che altro modo chiamarle?) accanto all’hotel Metropole Suisse, trasformate in pattumiera da pacchetti di sigarette vuoti, carte, bottigliette in plastica. Per chi tratta così la nostra città, perché sono pochi, pochissimi, ne sono certa, proporrei l’ergastolo. Per loro e per chi imbratta i muri (i writer veri appartengono ad un’altra categoria e personalmente li apprezzo). Ergastolo e senza sconti di pena o arresti domiciliari. Poi vediamo se persistono. Per loro e per chi fa di tutto per rendere Como sciatta, brutta e trasandata. In fondo cosa ci vuole a puntare al bello in una città nata già bella come Como? Non farlo é un peccato, e di quelli mortali.

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NAVIGAZIONI LARIANE

di LUCA MENEGHEL

IL COMASCO VOLTA RIVIVE SUL WEB L’iniziativa del Centro di cultura scientifica Alessandro Volta per portare in rete il pensiero e le opere del grande fisico Ha inventato la pila e ha scoperto il metano. Nell’Europa dei primi dell’Ottocento era considerato un genio, per anni il suo volto ha campeggiato sulle banconote da diecimila lire. Parliamo del conte Alessandro Volta, il cittadino comasco più illustre nella storia d’Italia. Uno scienziato che ha fatto conoscere la nostra città in tutto il mondo e che oggi - grazie all’impegno del Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta di Como - torna a vivere sul web e sui principali social network. Nella sua prima versione il sito Alessandro Volta (http://alessandrovolta.it/) è stato inaugurato nel giugno 2011. Al progetto hanno lavorato i membri del Centro Volta di Como, sfruttando un finanziamento erogato dal Ministero dell’Istruzione. L’obiettivo? Portare in rete il pensiero e le opere del grande fisico comasco, che ancora - incredibile a dirsi - non aveva un portale interattivo a lui dedicato. L’home page è il punto di partenza per un viaggio nella storia voltiana. Il racconto della sua vita è scandito da una serie di fotografie e documenti molto interessanti, dall’atto di nascita dello scienziato - custodito nella parrocchia San Donnino di Como - alle foto delle sue case comasche e pavesi. Molto ricche le sezioni dedicate alle opere di Volta, alle sue scoperte e agli strumenti utilizzati dal fisico. Scorrendo le pagine dedicate ai luoghi voltiani è possibile costruire invece il proprio percorso sulle orme dello scienziato tra Como, Pavia (qui Volta insegnò all’Università) e Milano, dove ha sede l’Istituto Lombardo che dal 1861 raccoglie tutte le opere manoscritte del fisico comasco. A riportarci sulle sponde del Lario è invece la cronistoria delle celebrazioni voltiane che si sono tenute in città, dalla grande Esposizione Universale del 1899 per il centenario della scoperta della pila al bicentenario del 1999, che ha portato in città scienziati di fama mondiale. Completano il quadro sezioni dedicate all’epoca di Volta, ai musei e alle mostre permanenti dedicate allo scienziato. Un discorso a parte merita invece la mediateca, che raccoglie moltissimi materiali audiovisivi e interattivi per approfondire la figura voltiana. Per allestire questa sezione del sito il Centro Volta si è affidato ad altre piattaforme molto diffuse sul web: venti video informativi e poco meno di cinquecento fotografie - visibili direttamente sul sito - sono disponibili anche su YouTube e su Flickr, che offrono dunque canali e album fotografici interamente dedicati al fisico comasco. Ma il rilancio voltiano sul web interessa anche i social network. Parallelamente al sito, il Centro Volta ha aperto una pagina Facebook 114 mag

(http://www.facebook.com/pages/Alessandro-Volta/46346360928) che conta oltre 1.500 sostenitori. Su Twitter (https://twitter.com/ AleVolta1745), purtroppo ancora poco utilizzato, lo scienziato si presenta invece così: “Due secoli fa ho inventato la pila. A 54 anni ero uno dei fisici più famosi d’Europa. Ho dato il nome al Volt, l’unità di misura della differenza di potenziale”. Il lavoro del Centro Volta si estende infine anche all’universo di Wikipedia, la più celebre e vasta enciclopedia presente sul web. Il gruppo di lavoro comasco ha approfondito il lemma dedicato allo scienziato (portandolo da seimila a 35mila caratteri) e ha creato una serie di voci legate al lavoro voltiano, da “bilancia elettrometrica” a “eudiometro”, passando per la “lucerna ad aria infiammabile”.

SEGNALAZIONI CENTRO VOLTA www.centrovolta.it Il sito del centro di cultura scientifico comasco intitolato ad Alessandro Volta ALESSANDRO VOLTA it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Volta La pagina di Wikipedia dedicata allo scienziato lariano, on un ricco apparato iconografico LICEO CLASSICO VOLTA www.liceovoltacomo.eu Comprende una sezione dedicata al museo di fisica allestito all’interno del Liceo comasco. Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.


SCAFFALE

di CARLA COLMEGNA

STORIE DI VITA E VITA AI MARGINI Libri comaschi che raccontano pagine dimenticate di società

IL GRANDE CERCHIO DI PIETRA “Le ricette del lago di Como ” La località comascaCarlo Tre Camini è diventata una zona molto Pozzoni-Lariologo, nota a causa dei ritrovamenti archeologici che hanno riportato Emilio Magni l’attenzione degli storici nel Comasco, ma soprattutto hanno 78 pagine, 14,50 euro riacceso la luce sulle antichissime origini della città. Ora, ad approfondire il tema dei ritrovamenti nella località lariana contribuisce Adriano Gaspani con il suo libro “Il grande cerchio di pietra degli antichi Comenses. Un osservatorio astronomico dell’Età del Ferro in località Tre Camini presso Como”. Il libro è illustrato e vuol dirigere l’attenzione del lettore verso quello che lo stesso autore definisce “un enigma archeo-astronomico svelato”. Il libro ha immagini a colori e in bianco e nero ed è stampato dall’associazione culturale Terra insubre, www.terrainsubre.org “Il grande cerchio di pietra degli antichi Comenses. Un osservatorio astronomico dell’Età del Ferro in località Tre Camini presso Como” Edizione TerraInsubre 160 pag., 15 euro.

“Zingari” Edizione Acli-Enaip Online “Le ricette del lago di Como ” Carlo Pozzoni-Lariologo, Emilio Magni ZINGARI, 78 pagine, 14,50 euro

IL SACRIFICIO DIMENTICATO

Giorgio Cavalleri, competente storico comasco, ha scritto, l’occasione è stata quella della celebrazione della Giornata della Memoria, il 27 gennaio scorso, un libro dal titolo “Zingari - Il sacrificio dimenticato”. Si tratta di un volume - leggibile anche in formato ebook on line sul sito Issuu, all’indirizzo http://issuu.com/pozzo45/docs/zingari - che racconta l’origine, la storia e le persecuzioni che vennero perpetrate ai danni del gruppo etnico che, circa mille anni fa emigrò dall’India, forse perseguitato dai Tartari. Una vita di fuga continua che fa degli zingari un popolo senza dimora ancor prima del 1400. Cavalleri ferma l’attenzione sulla storica dei Rom, ma soprattutto sulla loro persecuzione nel 1933 (data di nascita del primo campo di concentramento) e nel 1936. Ma Cavalleri fa anche riferimenti alla cultura contemporanea, cita Moni Ovaia, Ibrahimovic e ospita contributi del giornalista Rai, cucciaghese, Renzo Salvi e del sociologo comasco Beppe Livio. Il libro può essere letto on line, ma anche richiesto agli editori comaschi Acli Como ed Enaip Lombardia.

IL CONTRABBANDIERE DI UOMINI La storia di due finanzieri è diventata materia di due libri scritti dal capitano Gerardo Severino, direttore del museo storico della Guardia di Finanza. I libri si intitolano “Il contrabbandiere di uomini: storia del finanziere Giovanni Gavino Tolis, un eroe del bene a servizio dell’umanità, 1919-194” (edito da Carlo Delfino, Sassari 2012) e “Luigi Pirondini - il maresciallo della Guardia di Finanza e la Resistenza antifascista. La vita e gli scritti” (edito da Alessandro Dominioni, Como 2012). Gavino (1919-1944) è stato ucciso da nazisti e insignito dal presidente della Repubblica Napoletano della medaglia d’oro al merito civile. Pirondini fu giornalista dal 1945 al 1947 e diede, anche attraverso i suoi scritti, un importante contributo alla Resistenza comasca e varesina.

“Il contrabbandiere di uomini: Storia del finanziere Giovanni Gavino Tolis, un eroe del bene a servizio dell’umanità, 1919-194” Carlo Delfino Sassari 2012, 20 euro

“Luigi Pirondini - il maresciallo della Guardia di Finanza e la Resistenza antifascista. La vita e gli scritti” Alessandro Dominioni Como 2012, 96 pag., 10 euro. 115 mag 115


GRANDE SCHERMO

di BERNARDINO MARINONI

DAL CASINÒ ALLA VILLA DI CLOONEY Il nuovo teaser di Alessio “Jim” Della Valle, destinato al pubblico di Hollywood Il Casinò di Campione d’Italia come credenziale. Nell’enclave infatti è stato girato un “teaser”, una sorta di biglietto di presentazione di un futuro lungometraggio. È destinato a Hollywood in cerca di coproduttori. Poiché il soggetto del film riguarda Max Fortuna, nome d’arte dell’uomo i cui sistemi hanno “sconfitto la roulette”, si capisce che lo sfondo non è né occasionale né pretestuoso. Romanzandone la vicenda - vera, Max Fortuna è di origini italiane e oggi vive in perfetto anonimato - il progetto di portarla sullo schermo ha l’avallo di una casa di produzione italiana, in America si cercano le altre risorse necessarie per la distribuzione internazionale. Ma non alla cieca: Alessio “Jim” Della Valle, regista del film, fiorentino d’origini, vive e lavora, però, a Los Angeles. Non giocherà, insomma, fuori casa, tanto più che Max Fortuna frequentava soCROUPIER, DALLA REALTÀ ALLA FINZIONE Dalla vera Campione d’Italia a un’immaginaria Las Vegas: per Giuseppe Cianti, di professione croupier, si è compiuto così un viaggio dalla realtà alla finzione. Cioè dalla quotidianità del lavoro al cinema: Cianti infatti compare, inappuntabile nella tenuta degli addetti di un casinò del Nevada, al tavolo da gioco attorno al quale il personaggio procace di Anna Foglietta seduce quello del fatticcio Maurizio Mattioli in “Mai Stati Uniti”, il film delle Feste di Carlo Vanzina. Un ruolo ovviamente congeniale al croupier campionese, secondo il quale al regista garba che certi piccoli ruoli coincidano con l’attività vera di chi li interpreta. Così si è trovato davanti alla macchina da presa della commedia; un esordio sul grande schermo in una compagnia tanto brillante quanto affettuosa, “specie Anna Foglietta e Maurizio Mattioli: nei due giorni di riprese sono stati di simpatia e cordialità perfino inattese”. Di suo Cianti mette una naturale comunicativa, ben conosciuta nell’enclave. Croupier al Casinò municipale da un quarto di secolo, si trincera dietro la discrezione quando gli si chiede come è giunto sul set di “Mai Stati Uniti”. Contatti personali, si limita a riferire, lasciando intuire di averne nel mondo della produzione cinematografica. Sta di fatto che la segnalazione della sua personalità dopo diversi incontri è andata evidentemente bene a Carlo Vanzina che gli ha assegnato la parte. Piccola che sia, il croupier campionese vi dispiega il debito aplomb nonostante il tavolo di un gioco di carte peculiare di Las Vegas sia stato ricostruito a Cinecittà, dove la sequenza è stata girata. Seppure non in America, dunque, ma a Roma, quella di “Mai Stati Uniti” per Giuseppe Cianti potrebbe non essere la prima e l’ultima esperienza cinematografica. 116 mag

prattutto i casinò di Las Vegas. E Campione d’Italia? L’architettura del Casinò offre al “teaser” un monumentale fondale, con la convinzione del regista circa l’appeal dell’ambientazione campionese. Del resto l’uomo che ha sconfitto la roulette aveva raccolto in patria, dunque in Italia, la sfida del gioco d’azzardo, perciò il Casinò di Campione non solo non è fuori luogo, ma appare rappresentativo degli esordi di un’epica competizione ai tavoli verdi che avrebbe avuto sbocchi assolutamente internazionali. Gli stessi cui ambisce il film. Inquadrature di gioco, ma anche rapide sequenze d’azione, complice la “verticalità” del palazzo del Casinò, hanno impegnato la troupe - una settantina di addetti - in riva al Ceresio, con una scorribanda dalle parti di Laglio dove è stata girata una sequenza d’azione, l’inseguimento tra una Ferrari e una moto Ducati. Per farlo sulla strada bassa del lago di Como occorre una perizia professionale che attesta l’impegno dispiegato per il “teaser”, ma non è escluso che, puntando su quella particolare ambientazione (al cinema l’inseguimento cominciato sul Lario sfocia comunque sulle sponde del Ceresio), si confidi nella luce riflessa in America dalla notorietà del luogo grazie alla residenza di George Clooney. Con evidente lustro, comunque, del Casinò di Campione d’Italia che potrebbe comparire anche nel vero e proprio lungometraggio, magari in un flash black evocativo degli inizi dell’impresa di Max Fortuna. Il “teaser” girato a Campione perciò non sarebbe solo strumentale alla “conquista” della produzione internazionale del film, ma potrebbe esserne preparatorio di un futuro spezzone, in uno scenario del tutto appropriato. Il ritorno d’immagine per la casa da gioco campionese - che investe nel cinema italiano soprattutto nella forma del tax credit esterno contribuendo al finanziamento, finora, di “Romanzo di una strage” e “Il principe abusivo” - è sicuro.



I CONSIGLI DELLO CHEF

di LUCIANO TERRANEO

Trattoria “La Scaletta” Via Milano 30, Cantù

LA SCALETTA CHE PORTA AI SAPORI La carta vincente è la cucina regionale, la qualità dei prodotti e la creatività C’era una volta… è l’inizio di tutte le favole, così pure inizia la storia, nel 1980 della “Trattoria la Scaletta”. Io, Luciano Terraneo, cuoco, Marina mia moglie, impiegata, decidiamo di prendere una licenza di ristorazione venuta libera in Via Milano a Cantù. Il posto è semplice, era osteria di paese, ma noi siamo fortemente motivati. Nelle nostre aspettative c’era volontà di alzare il livello di qualità della cucina e del servizio che ai quei tempi non si dava molto credito nella laboriosa Brianza. Fortuna ha voluto che la confraternita “Unione Simpatizzanti del Vino”, costituita a Figino Serenza, con alla presidenza l’allora panettiere Rocco Lettieri (ora un dei giornalisti di enogastronomia più attivi e allievo di Veronelli da oltre 30 anni) e altri pionieri amanti del buon vino, dovendo cambiare sede scelsero il nostro locale per le riunioni che si sono protratte sino alla fine del 1993. Dodici anni dove noi abbiamo potuto apprendere molto sui vini, sull’olio, sui prodotti tipici, sul cibo e sul comportamento ideale per avere una clientela di qualità, che ritorna puntualmente a trovarci. Dobbiamo però anche aggiungere che a dar man forte da qualche anno si sono aggiunti i nostri figli, Gabriele in cucina, e Silvia in sala (tutti e due sommelier). Con loro e Andrea Boga, valido collaboratore in cucina, tre giovani volenterosi e capaci, ci siamo dati quel tocco in più che ci ha portato sulle prime guide nazionali e su importanti riviste di settore. Così nel 1996 si decide di fare un lifting al locale e l’ambiente si trasforma in ristorante elegante ed accogliente, con volte di mattoni a vista e una cantina degna delle nostre aspettative,

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dove abbiamo messo tutto il nostro sapere passatoci dai relatori, grandiosi personaggi dell’enologia italiana, che venivano invitati dai Simpatizzanti. I tavoli sono stati ben distanziati tra loro con tovagliame nuovo e bicchieri di ottima scelta per i vini che abbiamo in una “Carta dei Vini” che teniamo aggiornata. Disponiamo anche di otto confortevoli camere situate nella palazzina retrostante il ristorante. La comunicazione con la clientela per noi è molto importante anche per poter far conoscere le Serate a tema dell’ Associazione I Ristoranti del Canturino, e per le serate Vinoforum che organizziamo in collaborazione con il giornalista enogastronomico Roger Sesto. (Tutte le iniziative si possono trovare nel sito www.trattorialascaletta.it). La nostra offerta di cucina punta su preparazioni regionali rivisitate con misurata ed intelligente creatività, tenendo sempre d’occhio la qualità e la freschezza dei prodotti, seguendo la stagionalità e rispettando le cotture in modo da poter riconoscere l’ingrediente primario. Il tutto viene presentato in modo gradevole perché pensiamo che anche l’occhio vuole la sua parte. Tutto lo staff della “Trattoria La Scaletta” vi aspetta per i vostri pranzi d’aff ari, per cene romantiche o per festeggiare con la famiglia una ricorrenza, nelle nostre accoglienti sale d’inverno e durante la stagione estiva, nel suggestivo giardino all’aperto. Siete i benvenuti. Trattoria La Scaletta - Via Milano, 30 - 22063 Cantù (Como) Telefono: 031. 716540 Email: info@trattorialascaletta.it - www.trattorialascaletta.it


di MARINELLA MERONI

ANIMALI

I GATTI PREFERISCONO LE DONNE! Gli uomini e i cani dovrebbero soltanto rilassarsi ed abituarsi all’idea che il gentil sesso è avvantaggiato Che il gatto sia affettuoso, socievole e intelligente ogni gattofilo che si rispetti lo sa. Il rapporto sentimentale tra il “tigrotto cittadino” ed il suo proprietario è molto più intenso di quanto si immagini, ma pare che tra lui e le donne ci sia un feeling molto speciale: il micio preferisce il gentil sesso. Questa scoperta è oggi confermata dalla ricerca scientifica, ma in realtà non è una novità: il culto del gatto legato alla femminilità era noto già ai tempi dei Faraoni, in cui la dea Bastet era raffigurata con il corpo di donna e la testa di gatta. Era venerata e rappresentava la dea protettrice della famiglia, dei bambini e delle donne, della danza e contro le malattie. Per gli antichi latini “il gatto si siede dove è seduta la donna”. Secondo Desmond Morris, famoso etologo inglese, che nel 1986 scrisse il libro “ Catwatching” (capire il gatto), esistono tre teorie che spiegano il motivo di queste affinità che legano il micio alla donna. La prima è quella che i mici trovano più piacevole la voce femminile rispetto a quella maschile, perché più acuta e quindi più simile alla loro. È stato dimostrato che accorrono con maggior frequenza se a chiamarli è la voce di una donna. Il secondo motivo è legato alla memoria del micio, e cioè al ricordo spiacevole che ha del veterinario. Poiché la maggior parte di loro sono uomini, i gatti finiscono con l’associarlo alle fastidiose visite mediche, in cui viene tastato senza il suo consenso e soprattutto detesta quando viene punto dalla siringa per le vaccinazioni o le cure. La terza teoria ha evidenziato che gli uomini tendono ad approcciare l’animale dall’alto, chinandosi su di lui sovrastandolo e quindi intimorendolo, mentre le donne si accucciano per parlargli, accarezzarlo e cercando di interagire con lui allo stesso livello, e questo è molto apprezzato dal felino. Inoltre di recente uno studio condotto dall’Università di Vienna e pubblicato sulla rivista Behavioural Processes ci conferma questo feeling speciale. Dopo avere monitorato 41 gatti, gli studiosi hanno individuato nell’interazione con le donne un comportamento di “corteggiamento”, fatto di miagolii, fusa e contatto fisico molto più intenso di quello tenuto con gli uomini. Il legame tra il micio di casa e la sua amica umana assomiglierebbe a quello di un bimbo per conquistare la madre e ottenere ciò che vuole. Ma il rapporto non si limita solo al cibo: la ricerca ha scoperto che l’animale riesce a influenzare il comportamento della donna con tutta una serie di gesti, che vanno dal semplice muovere la coda a modi diversi di fare le fusa. Infatti si è appurato che i felini riescono a modulare le fusa sulla stessa frequenza dei pianti dei bambini, se hanno qualche desiderio particolare, rendendosi irresistibili agli occhi di “mamma umana”. Dichiara la ricercatrice Manuela Wedl: «I gatti approcciano le padrone più frequentemente, saltando loro addosso più di quanto non facciano con i padroni maschi. Di sicuro il rapporto è più stretto tra le donne e il gatto, qualunque sia il sesso dell’animale». Ma c’è ancora qualcosa che li unisce: in passato l’uomo ha sempre prediletto la compagnia del cane, compagno fidato per la caccia, la guardia ad altri animali o alla casa, mentre il gatto era spesso in cucina accanto alla moglie, che forse ogni tanto gli lanciava qualche bocconcino. Come disse lo scrittore Robert A. Heinlein «Le donne e i gatti faranno sempre come pare a loro; gli uomini e i cani dovrebbero solo rilassarsi ed abituarsi all’idea».

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VIVERE SICURI di DAVIDE MERONI Esperto in materia di sicurezza, risponderà ad ogni vostro quesito contattandolo all’indirizzo mail info@sicurezzacomo.it - www.sicurezzacomo.it

QUEL FURTO IN MONASTERO La sicurezza è un concetto relativo Che cos’è e fin dove si spinge il concetto di sicurezza? Questo caso ci dimostra che tutto è relativo. Chi ha violato il monastero sapeva il fatto suo. “Non lo avremmo mai pensato: probabilmente ci ha tenuto d’occhio. Prenderemo provvedimenti affinché non accada ancora”, ha subito ipotizzato suor Gabriella, la responsabile, ancora sotto choc. Ecco che in poche parole viene fuori il nodo cruciale della questione. Occorre pensare per tempo alla sicurezza, alla protezione di beni o persone. Anticipare, dunque. Sarà compito del professionista contattato raccogliere le informazioni su cosa si vuole proteggere e fino a che livello, e poi di seguito sviluppare la soluzione seguendo un preciso protocollo. E siccome grazie alla tecnologia, oggi i costi per realizzare un impianto antifurto sono diventati accessibili a chiunque, non val davvero la pena di aspettare...

Protezione su misura In questo caso un antifurto perimetrale avrebbe consentito di proteggere il convento dai ladri. Una soluzione ideale, quella del “perimetrale”, perché permette con elasticità di proteggere casa (o azienda) anche quando siamo al suo interno, senza limitare i nostri movimenti. Può essere interno o esterno, intero o raggruppare solo zone specifiche. Ad esempio: sono in casa e voglio sentirmi sicuro nella zona che circonda la casa? Bene, posso attivare solo i sensori che proteggono il giardino e le aree esterne, evitando che qualcuno si avvicini all’abitazione (protezione perimetrale esterna). Al contrario, voglio sentirmi protetto nella zona interna, visto che in giardino magari c’è il cane? Attiverò il perimetrale su persiane, infissi e portoni blindati, inserendo i sensori che li proteggono, senza dimenticare che si può comunque ulteriormente suddividere la protezione di infissi e persiane, soluzione utile ad esempio quando fa caldo. Progettati per impedire l’ingresso e, in taluni casi, anche il solo avvicinamento all’area protetta, i perimetrali sono ideali per edifici isolati, case d’epoca, ville, condomini, capannoni industriali, eventualmente circondati da terreni (giardini, prati, parchi di proprietà). I più comuni utilizzano raggi infrarossi che, se interrotti, attivano il sistema di allarme. In alternativa si può scegliere quelli con barriera a microonde. A dialogare con la centrale d’allarme, di facile installazione e senza fili, ci sono i rilevatori volumetrici, anti sfondamento o interrati e a pressione e chi più ne ha più ne metta. Insomma, alta tecnologia ma dai costi contenuti e che richiede interventi minimi in casa. I modelli più sofisticati sono invece in grado di rilevare anche un cambio di temperatura dettato dalla presenza di un’altra persona, oppure addirittura hanno il sistema anti-mascheramento. Per ogni segnalazione di allarme la centrale invierà tramite telefonata, sms o ponte radio ai destinatari prescelti (famigliari, polizia, società di vigilanza, etc) un messaggio di allarme predefinito con la descrizione specifica dell’evento mentre nell’abitazione violata scatterà la sirena esterna e quella interna. E grazie alla tecnologia oggi le centrali di allarme dei perimetrali possono essere controllate da remoto, programmate a distanza ed integrate con la moderna domotica. Cosa chiedere di più? 121

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Il caso del mese... o dell’anno. Il 2013 è appena iniziato ma forse siamo già di fronte al caso dell’anno. Stiamo parlando del furto avvenuto a metà gennaio a Grandate al monastero delle Monache Benedettine dell’Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. Davvero singolare questo “colpo”, messo a segno in un luogo sacro, certamente non ricco e dove le 30 monache sono solite pregare in tutte le ore del giorno e della notte, sette giorni su sette. Eppure i malintenzionati erano anche beninformati. Già, perché puntuali alle 19 di una domenica sera come tante altre, con tutte le sorelle riunite in refettorio per la cena, qualcuno si è introdotto nel giardino del monastero scavalcando il muro di cinta. Da lì il ladro ha scardinato una finestra e approfittando dell’unico momento di calma della giornata, ha colpito in silenzio, frugando prima nelle celle delle suore, senza fortuna, e poi nella segreteria, dove è riuscito a mettere mano sulla busta contenente 1500 euro risparmiati dalle monache per le bollette. Per le monache si è trattato del primo furto subìto dal 1954, giorno del loro insediamento a Grandate.

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IL BELLO DELLA SALUTE di TIZIANO TESTORI Docente Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Milano

SE L’IMPLANTOLOGIA È CARA LA PREVENZIONE RIDUCE I COSTI La regola è seguire i consigli degli igienisti e usare soltanto materiali certificati Direi che l’odontoiatria di qualità, non solo l’implantologia, può risultare non cara ma costosa, perché la qualità ha un costo al di sotto del quale è difficile scendere. È importante ricordare che nessun sistema sanitario a livello mondiale rimborsa le prestazioni odontoiatriche per i costi elevati che richiedono le cure. In Italia il Servizio sanitario nazionale garantisce le cure solo per particolari fasce di pazienti attraverso i cosiddetti Lea (livelli essenziali di assistenza). Non paga per complesse riabilitazioni estetiche su impianti e questa politica, penso, possa essere condivisa da tutti i cittadini ben pensanti: esistono patologie più importanti realmente invalidanti che sicuramente devono avere una precedenza rispetto alla mancanza degli elementi dentali. In ambito odontoiatrico la prevenzione è l’unica arma efficace per ridurre la necessità di cure odontoiatriche attraverso l’utilizzo del fluoro nei bambini ed a una corretta igiene orale quotidiana fatta dal paziente e attraverso l’igiene professionale e i controlli programmati. Se i pazienti seguissero scrupolosamente gli insegnamenti dei nostri igienisti, non avrebbero bisogno di impianti dentali. Ritornando al problema dei costi delle prestazioni bisogna dire che attualmente tutto il mondo odontoiatrico in campo implantare sta attivamente lavorando su soluzioni implantari alla portata di tutte le tasche. È possibile ridurre i costi senza pregiudicare il risultato finale utilizzando materiali certificati (gli impianti devono essere certificati e il paziente deve richiedere il passaporto implantare) lavorando sull’efficienza del trattamento e sul tipo di protesi fissa che viene posizionato. Un trattamento efficiente può essere rappresentato dal carico immediato. Si posizionano gli impianti e subito in giornata si posizionano i denti fissi, il paziente ha un trattamento più veloce e il professionista può ridurre i costi per i pazienti perché sostiene meno costi la struttura che eroga la prestazione. Da anni utilizziamo il carico immediato soprattutto nei pazienti che hanno perso tutti i denti e con il carico immediato siamo in grado in giornata di posizionare le protesi fisse riducendo notevolmente i costi del trattamento classico. Nel corso degli anni, le ricerche cliniche e la nostra esperienza hanno dimostrato che per avere 12 denti fissi possono essere sufficienti dai 4 ai 6 impianti e la riduzione del numero degli impianti ha permesso un’ulteriore riduzione del costo della prestazione implantare. Si può affermare in generale che la tecnologia ci ha aiutato nel ridurre i costi: la chirurgia computer assistita con dime chirurgiche, che ci permettono di posizionare gli impianti senza dover esporre l’osso attraverso una tecnica flapless (passare attraverso la gengiva senza 122 mag

utilizzare il bisturi), permette di rendere più efficiente e meno costoso il trattamento. Con la tecnica flapless mininvasiva, il paziente ha un post-operatorio senza gonfiore e dolore. La protesi fissa con la tecnologia Cad-Cam e con i nuovi materiali estetici hanno permesso un’ulteriore riduzione dei costi. Bisogna ricordare che, come già ribadito in queste rubriche, esiste una sola diagnosi e molti tipi di trattamento con diverse soluzioni protesiche per ogni possibilità economica. Per cui non è più vero che bisogna fare un mutuo per curarsi, esistono soluzioni implantari per ogni esigenza clinica ed economica. La situazione economica mondiale ha imposto un’accelerazione nel mondo professionale e istituzionale a trovare soluzioni implantari affidabili e meno costose. Questo obiettivo può essere raggiunto con una corretta diagnosi, riducendo il numero di impianti, aumentando l’efficienza operativa con il carico immediato e con protesi affidabili esteticamente piacevoli senza dover stipulare mutui con le banche. Ricordo però a tutti i lettori che la prevenzione è la vera arma per ridurre i costi.

Tiziano Testori, laureato in Medicina e Chirurgia nel 1981 presso l’Università degli Studi di Milano, specializzato in Odontostomatologia nel 1984 ed Ortognatodonzia nel 1986 presso lo stesso ateneo. Fellowship in chirurgia orale ed implantare presso University of Miami, Department of Maxillofacial Surgery and Implant Dentistry (Direttore Prof. R. E. Marx), Miami, FL, USA. Responsabile del Reparto di Implantologia e Riabilitazione Orale presso la Clinica Odontoiatrica (Direttore Prof. R. L. Weinstein), I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi, Università degli Studi di Milano. Visiting Professor New York University, College of Dentistry (Direttore Prof. D. P. Tarnow), New York, NY, USA. Past-President (2007-2008) della Società Italiana di Chirurgia Orale ed Implantologia (SICOI). Referente per la Chirurgia orale e l’Implantologia a supporto della Commissione nazionale del Ministero della Salute per la formazione continua in Medicina e Odontostomatologia. Socio attivo dell’American Academy of Osseointegration (AO), dell’European Association for Osseointegration (EAO), della Società Italiana di Implantologia Osteointegrata (SIO) e della Società Italiana di Chirurgia Orale ed Implantologia (SICOI). Membro attivo del Board Europeo di Chirurgia Orale (EFOSS). Iscritto al Rotary Club Milano. Via G. Rubini, 22 Como Telefono: 031.241652 - e-mail: info@tiziano-testori.it - www.implantologiaitalia.it


IL BELLO DELLA SALUTE di FRANCO BRENNA Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia. Professore a Contratto presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Libero Professionista in Como, francobrenna@frabre.it

“DOTTORE, PER I MIEI DENTI GIALLI?” “UNA BELLA CRAVATTA MARRONE” Esiste un modo per conquistare un sorriso più giovane e addirittura più sexi Sconsigliato il fai da te e con tutto il grigiore che c’è in giro almeno i denti bianchi Il galateo del gentiluomo vorrebbe che la cravatta si possa accompagnare al colore delle calze. L’abbinamento con le sfumature dei denti non è ancora stato codificato. Vero è che con una dentatura non più candida come la neve, l’accostamento con il giallo che tanto aggrada al direttore del Milan Calcio non può che favorire un’inevitabile senso da “terza età”. E lo dico da milanista! Indubbiamente meglio, se vogliamo bilanciare il giallo dei denti con una cravatta, optare per un bel marrone a piccoli disegni come qualsiasi bravo produttore di seta comasco potrebbe consigliare. Per le signore il discorso muta radicalmente. Una perla, in tutta la sua discrezione ed eleganza, ben posizionata ai lobi o appoggiata nel suo classico giro a un bel decolté, illumina e ingentilisce qualsiasi viso, di qualunque età. Se poi la tinta dei denti è chiara e pulita, il magico triangolo si chiude. Fascino, sobrietà e bellezza vengono ancor più ingentiliti. La nostra italica Sophia ce lo insegna all’alba delle sue quasi ottanta primavere. Poniamo le spiritosaggini nel cassetto a parliamo un pochino più seriamente. L’ottimizzazione del colore dei propri denti è senza dubbio uno degli argomenti più gettonati tra le richieste dei pazienti. Posso permettermi alcuni avvisi preliminari? “Lasciate perdere il fai da te!” Dentifrici sbiancanti? Sono eccessivamente abrasivi per lo smalto e costano uno sproposito. Il bicarbonato della nonna strofinato sui denti? Peggio che peggio. Le strisce adesive sbiancanti da appiccicare sui denti che trovate in farmacia? Pericolose perché non sapete in che condizioni sono le vostre gengive e se nei denti che andrete autonomamente a trattare si annidano lesioni cariose o imperfezioni.

Dovrete, ad ogni buon conto, essere a conoscenza se il dente o i denti che volete più chiari sono diventati scuri perché gli anni passano, perché fumate, perché bevete troppo vino giovane o mangiate troppi carciofi crudi o liquerizia. Dovrete sapere se quel dente che non è più bianco come gli altri ha subito qualche problema interno o tante altre “piccole” sottigliezze. Se desiderate quindi i vostri denti più bianchi e intriganti… parlatene con il vostro dentista o con l’igienista dentale: loro sapranno, in modo serio e professionale, individuare se la bocca che richiede maggior estetica è nelle migliori condizioni per ricevere un sorriso più bianco. Quindi, cari lettori, consigli primari: se è in atto una parodontopatia (gengive che sanguinano, elementi dentali che si muovono) dovremo sapere che prima di “sbiancare i denti” le gengive e tutti i tessuti che circondano il sorriso dovranno essere perfetti; se sono presenti corone protesiche o grosse otturazioni, loro non si sbiancheranno e dovremo evitare di arrivare allo spiacevole “effetto pianoforte”, quella conseguenza, cioè, di avere denti naturali molto più chiari rispetto alle vicine corone protesiche o alle otturazioni presenti. Molteplici, quindi, i problemi che potrebbero nuocere in seguito ad un intervento più cosmetico che estetico ma, attenzione, se il tutto viene tenuto sotto stretto controllo professionale, nulla sarà dannoso per denti e gengive. I moderni materiali impiegati ormai da diversi anni in Odontoiatria Estetico - Cosmetica, certificati da serie ricerche clinico scientifiche, permettono risultati davvero straordinari. La scelta migliore per avere un sorriso più giovane e forse anche più sexy potrà allora essere veramente alla portata di tutti e applicato alla vostra dentatura in svariati modi, dai più soft ai più aggressivi. Problemi? In alcuni casi una fastidiosa sensibilità- nel corso del trattamento- che potrà essere controllata dai consigli dei professionisti. Il sorriso più bello? Quello naturale, dove la cornice che contorna i denti (la gengiva) dovrà risultare rosa e non rosso sangue, le labbra non eccessivamente gonfie e i denti molto più puliti che brillanti. Possiamo allora permetterci “cinquanta sfumature di bianco” in più? Perché no, con tutto il grigiume che c’è in giro… almeno i denti bianchi!

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IL BELLO DELLA SALUTE di EUGENIO GANDOLFI specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Como e Lugano - www. eugeniogandolfi.com

DAY-SURGERY: UN’IDEA NUOVA CHE LA CHIRURGIA ESTETICA HA AIUTATO AD AFFERMARSI Forse vi sorprenderà, ma tra i meriti della chirurgia estetica c’è anche quello di aver dato stimolo all’affermarsi della day-surgery, ossia di quell’insieme di tecniche e modalità organizzative che oggi permettono alla maggior parte dei pazienti di venire operati e dimessi in giornata e in tutta sicurezza. Se pensate che fino a vent’anni fa anche per una semplice operazione di cataratta si rimaneva in ospedale sei o sette notti, e che invece oggi anche interventi di una certa importanza (per esempio l’ernia inguinale o l’artroscopia al ginocchio o della spalla), possono permettere di tornare a casa in serata, capirete che i vantaggi sono davvero significativi: meno disagi per i pazienti che non vengono allontanati dalla famiglia e possono riprendere più rapidamente le loro attività normali, tra cui il lavoro, e minori rischi di contrarre una patologia cosiddetta “nosocomiale”, ossia una di quelle malattie legate alla permanenza in ospedale. Ma cosa c’entra la chirurgia estetica con questo indubbio progresso che è la day-surgery? È molto semplice. In Italia, posso dire di essere stato io, e proprio a Como, a creare una delle prime strutture di chirurgia plastica in grado di operare in anestesia generale mandando poi i pazienti a casa in giornata. Eravamo nella prima metà degli anni Novanta, e molti colleghi mi guardarono come un pazzo. Ma sentivo forte la necessità di abbreviare radicalmente i tempi del ricovero per permettere a chi voleva sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica di poterlo fare senza “rivoluzionare” in modo drammatico la sua esistenza. E i presupposti c’erano: pazienti sani e in condizioni ideali

(perché, ovviamente, chi si sottopone a un intervento di chirurgia estetica è una persona sana e in buona forma); interventi che non andavano a toccare organi interni e per i quali spesso è sufficiente l’anestesia locale associata ad una blanda sedazione e che non richiedevano una tecnica troppo invasiva. Negli anni infatti ho potuto sviluppare metodiche sempre meno invasive per l’esecuzione degli interventi di chirurgia estetica. Così a Como siamo stati tra i primi ad impiegare le tecniche laser ed endoscopiche in chirurgia estetica ed oggi siamo ancora all’avanguardia per l’uso del trapianto adiposo invece delle protesi di silicone per l’aumento del seno ,con grande riduzione di invasività dell’intervento più amato dalle donne. Già nel 1995 è stata fondata un’associazione di day surgery e sono stato il primo chirurgo plastico ad aderirvi e a praticare le nuove tecniche. Questa spinta a promuovere la day-surgery si è poi diffusa e ha portato alla sua affermazione anche in altri campi della chirurgia. Oggi, la day-surgery è di grande importanza, tanto per il settore pubblico quanto per il privato, perché permette un notevole risparmio economico – per la struttura e per il paziente, a parità di condizioni di sicurezza. Anzi, in condizioni decisamente migliori! Infatti, per poter fare day-surgery il chirurgo e tutta la sua équipe devono essere molto esperti, veloci e le tecniche impiegate affidabili e minitraumatiche. Ma anche la struttura sanitaria e il personale amministrativo non può che essere preciso e rapido. Insomma, la day-surgery è una via maestra per l’eccellenza nel campo della chirurgia, e della chirurgia estetica in particolare.

Da oggi, a Chiasso, una nuova struttura vi offre il meglio anche nel campo della day-surgery: Academia Day Clinic. A pochi passi da Como, è nata una struttura di altissima qualità, con standard perfino superiori a quelli italiani. Sul sito www.academiadayclinic.ch troverete tutte le informazioni che vi servono, ma quel che dovete sapere sin d’ora è che: - In Academia Day Clinic potrete entrare la mattina e uscire la sera, avendo realizzato il vostro sogno di bellezza in modo armonico, sicuro e mini-invasivo. - La struttura dispone di un blocco operatorio modernissimo ed è autorizzata a compiere tutti gli interventi di day-surgery. - L’accoglienza è a livello di un hotel a cinque stelle. - Academia propone una gamma di servizi completa che vanno dalla chirurgia alla medicina estetica passando attraverso le tecnologie laser più sofisticate e le più innovative tecnologie medicali come la radiofrequenza,la cavitazione e la criolipolisi . - Presso Academia Day Clinic troverete specialisti con grande esperienza e potrete consultarvi con me e con il dottor Riccardo Forte, medico chirurgo anch’egli ben noto in Italia e all’estero ,per decidere insieme la strategia migliore per rigenerare e recuperare la vostra bellezza con o senza l’uso del bisturi e sempre in modo dolce e con risultati naturali. Per ogni informazione, contattatemi su www.eugeniogandolfi.com e sul mio blog: http://blog.eugeniogandolfi.com/dottorgandolfi/.

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LE STELLE DI COMO

di SANDRA UBOLDI

ARIETE

BILANCIA

21 MARZO  20 APRILE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

Forse vi sareste aspettati un inizio più scoppiettante ma in realtà ciò che manca è solo il vostro Marte. Venere è in buona posizione e Sole rimane per quasi tutto il mese nel vostro cielo. Giove sestile proteggerà i vostri affari ed eviterà errori. Sfruttate i primi giorni del mese quando Mercurio vi aiuterà ad essere analitici. Meno vitali ed energici con acciacchi e malanni non rimanderete analisi ed esami evitati fin ora. Smettete per ora di “essere super-man” o “wonder-woman”.

TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO

Forti, reattivi, qualche volta troppo irruenti e non controllabili. Molti i pianeti tra cui Venere (dal 27) che scatena i vostri desideri e l’aggressività. Cercate di avere più pazienza col partner coi colleghi, sul lavoro e accettate le regole anche se vi sentite insofferenti. Non rischiate i vostri progetti per eccessiva intransigenza. Forma fisica in ascesa dopo il tre per merito di Marte e mentalmente Mercurio vi renderà brillanti ed intuitivi. Non esagerate in attività e impegni troppo onerosi.

GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO

Siete portati a sopravvalutare i legami stabili e sicuri grazie a Venere mentre Giove nel segno vi farà sentire ottimisti ed entusiasti anche se Marte in quadratura smorza molto l’afflato erotico rendendovi più tranquilli. Non perdete le occasioni lavorative che vi si presenteranno anche se Marte e Mercurio ostili non vi stanno aiutando. Poca decisionalità e non siete disponibili al dinamismo e all’azione e molti di voi dovranno diminuire il carico di lavoro. Il vostro pigro edonismo proteggerà la salute evitandovi imprudenze e rischi.

CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Un quartetto di splendidi pianeti vi segue e vi protegge per tutto il mese. Marte, Mercurio, Sole, Venere che daranno energia fuoco di entusiasmo, fantasia, tenerezza nei rapporti e resistenza. Mercurio e Marte in trigono vi renderanno audaci con progetti professionali nuovi e insperati, speculazioni ardite ma sensate il cui beneficio si risentirà ben presto. Mese intenso, buona forma, molta vitalità, serate ricche di mondanità con amici piacevolmente intrattenuti.

LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO

Purtroppo un solo grande Giove in sestile non riesce a contrastare le numerose e importanti opposizioni (Mercurio, Venere, Sole, Marte) dopo di che il peggio di una caratterialità dispotica e complessa come la vostra ha libero campo di rovinare i rapporti sentimentali e di lavoro. E così potrebbe succedere in questo mese dove sarete particolarmente noiosi, insopportabili, egocentrici e prepotenti. La vostra resistenza allo sforzo aumenterà notevolmente e sarete pronti a concedervi trattamenti estetici che vi rilasseranno. Impegnatevi nella vita mondana e distraetevi ascoltando molto il parere degli altri.

VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

Molti pianeti contrari con quadratura (Giove) opposizioni (Mercurio, Sole, Venere, Marte) sembrano addormentare la vita sentimentale con assenza assoluta di emozioni. Anche nel lavoro si prospetta un mese irto di delusioni e sconforti perché dovrete accettare situazioni nuove e non consone. Siate duttili e raggiungerete ugualmente i vostri obbiettivi e ridimensionate molto gli impegni sportivi e fisici. Cercate di vedere gente per non finire a rimuginare i soliti pensieri con risultati stressanti.

126 mag

Protetti, iperfavoriti, con un cielo sereno e tutto coincidente, potrete dimenticare un Marte in cattiva attesa mentre il sole promette forza, Venere in trigono scatenerà la passione, Giove sarà generoso ricucendo gli strappi che in precedenza avete avuto tanto che rinuncerete agli amici per concedervi alle gioie più intime. Nel lavoro qualche inciampo perché ci potrebbero essere nuove collaborazioni e nuovi partner nel lavoro. Avrete più interesse per gli incontri amichevoli e per le tavolate allegre che per il fisico e le attività sportive, ma cercate di trattenervi. Curate le piccole malattie di stagione.

SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Con la presenza di Marte i trigono sappiamo cosa vi riservano i rapporti con il partner: prestazioni mirabolanti, arma nascosta per evitare la fuga di chi vi ama e spesso subisce. Per fortuna interviene poi Venere sperando che non siate stati eccessivi. Avete nuovi progetti vitali che renderanno più solida la vostra fortuna e saranno frutto di una programmazione intelligente anche di fronte ai vostri superiori. Saturno vi aiuterà nei problemi burocratici e legali ma fino al 5 / 2 evitate passi rischiosi. Vi sentite grintosi e dinamici e atleticamente prestanti ma dovete stare attenti a tavola perché i pasti frettolosi e pesanti hanno reso poco servizio al vostro apparato digerente.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

Troppo poco tempo viene concesso a Marte perché il vostro slancio amoroso possa essere all’altezza. Avete molti pianeti amici, Venere, Sole, Urano ma altrettante negatività (Marte, Giove) Nell’intimità sarete timidi e carenti. L’opposizione di Giove vi rende narcolettici nel lavoro perché poco appagati e le quadrature di Marte e Mercurio portano apatia e pessimismo. Ascoltate i suggerimenti di Mercurio che vi regala un pò di entusiasmo, ma riposate di più, curando la dieta e state lontani da impegni di lavoro o cellulari squillanti in eterno.

CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

Tutti sembrano convergere in un cielo Saturnino che è ricco di pianeti da sembrare un segno alieno. Arguti, iperattivi, intuitivi fortunati con tutti i pianeti in posizione armonica: Giove, Saturno, Marte e Mercurio. Instancabili e resistenti sarete organizzatori di viaggi e gite con amici. Dovete fare attenzione ai cibi esotici che potrebbero darvi sgradevoli inconvenienti, evitate esagerazioni a tavola e misurate le vostre forze con più attenzione. Spesso esagerate nell’attivismo dimenticandovi lo stato di salute e l’età.

ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

Begli aspetti con Urano in sestile , trigono di Giove soprattutto Sole nel segno, Venere parzialmente Mercurio e Marte e quindi, armonia, romanticismo e desiderio di famiglia. La quadratura di Giove vi pone in bilico tra decisioni contrapposte nel lavoro, certezze date dall’esperienza e nuovi richiami al rinnovamento. Il periodo non è dei più favorevoli al cambiamento con Mercurio e Marte che chiedono stabilità. Portate a termine ciò che avete iniziato e aspettate a ripartire poiché meno nervosi e irrequieti potrete affrontare la vita con più calma. Venere vi suggerisce week-end rilassanti da dedicare ala benessere del corpo.

PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Sarete con pianeti compiacenti: Marte Mercurio e Nettuno e fantasia, eros, impulsività vi suggeriranno il comportamento più idoneo per rinvigorire il rapporto amoroso con il vostro partner che verrà rafforzato con l’arrivo di Venere. Sarete creativi e fantasiosi dimenticando il tedio e il grigiore della routine con possibilità occupazionali nuove stimolanti. Siate cauti negli investimenti e nonostante l’iperattività arriverete spumeggianti in vena di follie per merito di Marte. Sarete una corazzata inaffondabile, spiritosa e allegra.




Gli aforismi del mese di Federico Roncoroni

La salute e la malattia / 2 La malattia rende dolce la salute e ne fa un bene. Eraclito

Un po’ di salute ogni tanto è il miglior rimedio per l’ammalato. Friedrich Nietzsche

Se due dolori scoppiano contemporaneamente in due punti diversi, il più violento soffoca l’altro. Ippocrate

La vita non è vivere, ma vivere in buona salute. Marziale

Le angosce sono come le malattie: vanno accettate. La cosa peggiore che si possa fare è di ribellarvisi contro. Ludwig Wittgenstein

I medici più pericolosi sono quelli che, da attori nati, imitano con perfetta arte di illusione il medico nato. Friedrich Nietzsche

Il malato non cerca un medico eloquente. Seneca

La malattia è un potente stimolante. Solo che si deve essere abbastanza sani per lo stimolante. Friedrich Nietzsche

I malati diventano sgradevoli, quando le loro condizioni sono disperate. Euripide

I cambiamenti improvvisi sono sempre pericolosi. Ogni eccesso, infatti, è contrario alla natura, mentre la gradualità del “poco per volta” è sicura. Ippocrate

In molti luoghi, l’infima plebe usava adoperare il boia qual medico. Noi, dell’alta plebe, facciamo appunto il rovescio. Carlo Dossi

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LAST MINUTE

di FRANCESCO ANGELINI

COMPAGNI DAL CAMPUS Il centrosinistra sblocca la questione dell’ex San Martino ferma da un quarto di secolo. È l’unico risultato concreto ottenuto finora dal sindaco Lucini che però continua a essere apprezzato

“Compagni dai campi...” è l’incipit di una celebre canzone di Antonio Pietrangeli. Compagni dal campus potrebbe essere uno slogan di Como. Ci è voluta infatti un’amministrazione di centrosinistra per sbloccare una delle tante annose questioni ferme. Quella, appunto, del campus universitario nell’ex San Martino. Dopo circa un quarto di secolo e vari appetiti speculativi sull’area, infatti, si sono incontrati tutti gli enti coinvolti:Comune, Provincia, Università, Azienda Ospedaliera Sant’Anna e Asl per mettere la firma su uno storico protocollo di intesa che consente (alla buon ora) di sbloccare l’iter. Certo, resta lo scoglio più grande da superare: quello dei finanziamenti. Ci vogliono 30 milioni che, di questi tempi e con questi bilanci degli enti pubblici rappresentano una cifra che mette i brividi soltanto a pronunciarla. Ma si è partiti. Ed è già qualcosa. Dice: le priorità del sindaco, Mario Lucini erano il lungolago e la Ticosa. In campagna elettorale, quello che sarebbe diventato il primo cittadino sostenuto da una maggioranza di centrosinistra, aveva promesso di risolvere nei primi cento giorni. Il tempo è passato e il problema Ticosa appare incartato in una bonifica dai tempi e costi ancora imprecisati. Del resto, l’ex tintostamperia non ha mai fatto sconti a nessuno, senza guardare se si trattasse di politici di destra e di sinistra. A tutti ha messo i bastoni tra le ruote. In quanto al lungolago, il sindaco ha meno giustificazioni. La situazione la conosceva bene e forse è stato imprudente nelle promesse elettorali. Dopo il voto ha corretto il tiro e si è impegnato a riaprire in estate almeno il primo lotto della passeggiata, quello che porta da piazzaCavour ai giardini a lago. Se non lo farà saranno guai per lui. Perché se sulla Ticosa i comaschi ormai hanno messo via il pensiero dopo più di trent’anni di immobilismo e rovine, il cantiere che chiude la vista al lago è un nervo ancora scoperto. Perciò se Lucini non manterrà almeno l’impegno bis difficilmente riuscirà a confermare lo strepitoso quinto posto nella classifica dei sindaci più votati in Italia, pubblicata ogni anno da Il Sole24 ore, un risultato che il suo predecessore non aveva mai neppure sfiorato. In attesa di risultati importanti tangibili, evidentemente, ha fatto presa il cambio di stile portato a palazzo Cernezzi dal nuovo primo cittadino e dalla sua squadra. Una maggiore propensione all’ascolto e al dialogo ha premiato il nuovo corso comasco. Ma meglio che il centrosinistra non si faccia illusioni. Le lune di miele hanno sempre una durata breve.

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130 mag




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