N. 51 GIUGNO 2013
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Supplemento
Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)
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Mag, cinque anni con te RICONOSCERE UN AMICO di Giorgio Gandola ...E LE FACCE DEGLI ALTRI di Giuseppe Guin
L’editoriale di Diego Minonzio
Il coraggio di crederci Gli stupidi sono quelli che dicono che, comunque sia, tutto va bene. Gli intelligenti sono invece quelli che, pur sapendo che tutto va male, non lo nascondono ma si ingegnano per trovare quel pertugio sottilissimo - che c’è sempre, anche nelle situazioni più disperate - attraversando il quale si entra nel mondo nuovo. È così che bisogna fare durante i periodi di crisi: abbandonare i luoghi comuni, gli ottimismi beoti, le rendite di posizione monopoliste e puntare invece tutto sulla qualità, sulle idee innovative, sulla profondità dei valori veri. E se uno li ha, il grosso del lavoro è fatto. La copertina del nostro Mag di giugno sembrerà a qualcuno un po’ un azzardo. E forse lo è. Ma in uno dei periodi peggiori per l’economia e per una politica che vagola nel vuoto pneumatico della propria inadeguatezza abbiamo voluto lanciarci in un piccolo viaggio nel mondo dell’edilizia comasca - il comparto che in assoluto ha subìto i colpi più duri della recessione - per capire se proprio nel cuore del tornado si coglie qualche segnale di speranza. Ed è così. Non fatevi ingannare dai numeri nerissimi delle compravendite in provincia nell’anno passato: c’è da farsi venire il mal di testa e da arrendersi all’evidenza di un disastro senza precedenti. Il dato più profondo, però, è un altro: tutti gli operatori del nostro territorio confermano che chi ha avuto la forza e la lungimiranza di innovare, di puntare sul risparmio energetico, sul rispetto dell’ambiente e sulle tipologie costruttive di qualità ha iniziato proprio in questo anno a raccogliere i primi risultati. In particolare nel segmento del lusso, che da noi non ha mai smesso di esercitare il proprio fascino sulla clientela di target alto, ma anche altrove. Questo è un grande risultato, che però, per poter essere esteso in maniera più strutturata, aspetta da tempo interventi decisivi che solo la politica può attuare: forte sostegno al credito e deciso taglio del costo del lavoro. È su questi due punti che si distinguono i governi seri da quelli balneari all’italiana e sui quali sono affondati miseramente vent’anni di esecutivi della tanto idolatrata seconda Repubblica. Se quello in carica avrà il coraggio e la forza di uscire dalla banalità delle promesse infantili per entrare nel mondo adulto degli interventi incisivi e strutturali allora la ripresa del nostro settore immobiliare - e di tanti altri - sarà cosa fatta. Parlavamo di qualità. Di innovazione. Di genio creativo. Leggetevi il servizio dedicato all’azienda tessile Mcm e al suo patron e quello sui tre giovani comaschi che si stanno facendo apprezzare all’estero grazie alle loro opere di design e avrete un altro tassello da aggiungere alla costruzione di un futuro lariano molto meno deprimente di quello che ci sembra di intravedere in questi giorni. Infine, cari lettori, un bellissimo regalo di compleanno. Il nostro - anzi, il vostro - Mag compie cinque anni. È un traguardo che ci rende orgogliosi, visto che in un momento durissimo per l’editoria riusciamo a mandare in edicola ogni mese un prodotto con i conti in perfetto ordine e i contenuti crediamo sempre all’altezza. Proprio per questo abbiamo chiesto di ricordare questi anni di bellissime copertine e di servizi unici alla persona più adatta, il suo fondatore, Giorgio Gandola. Il merito di questa piccola impresa è tutto dell’ex direttore de La Provincia: è un piacere e un onore cercare di tener viva la sua intuizione senza fare troppi disastri. Tanti auguri a tutti quelli che ci hanno sempre creduto.
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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)
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MA ADESSO SI RIPARTE Viaggio nell’edilizia, motore dell’economia
di Maria Giovanna Della Vecchia N. 48 MARZO
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de La Provincia
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nuovo sindaco
di Gisella Roncoroni di Gisella Roncoroni e Michele Sada
REPORTAGE
Como sulla Costa e un relitto al Giglio
di Enzo Pifferi
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al numero
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de La Provincia al numero odierno Supplemento
UNA CITTÀ
Cento dom ande al vesco Cinquantvo irriverentia di Giuseppe
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I preti avranno mai il diritto di avere una donna? Matrimonio tra gay, mai e poi mai per davvero? Vaticano, corvi e congiure. Non la inquieta questa Chiesa? Ma il suo lo si può stipendio mensile rendere pubblico?
Guin
I casi di la fanno pedofilia nel clero vergognare o arrabbiare? I cardinali non si occupano un po’ troppo di politica? Ma a che le monachecosa servono di clausura? E se l’esistenza dell’aldilà fosse solo un grande bluff?
Mag, cinque anni con te RICONOSCERE UN AMICO di Giorgio Gandola ...E LE FACCE DEGLI ALTRI di Giuseppe Guin
PERSONAGGI
Vi racconto l’eredità di Gianfranco Miglio
di Mario Schiani
TESTIMONIANZE
Così in Valperlana rivive il monastero
MUSICA
Nel laboratorio d iS l
MAG - GIUGNO 2013 Foto Carlo Pozzoni
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L’EDITORIALE di Diego Minonzio
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DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli
LE OPINIONI 19
«Pubbliche virtù» di Giorgio Tettamanti
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«Occhi sul mondo»
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32 53 CHIACCHIERE AL LAVATOIO Un luogo di vita ormai dimenticato
32 IL MAG COMPIE CINQUE ANNI Storie, ricordi, e facce diverse
di Veronica Fallini
di Giorgio Gandola di Giuseppe Guin
59 È RINATA LA FILANDA A Erba il recupero di un pezzo di storia
39 IL COLORE DELLA QUALITÀ Passato e futuro della tintoria Mcm
di Luca Meneghel
di Serena Brivio
di Umberto Montin
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«Donna di picche» di Daniela Corengia
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«La borsa & la vita» di Gian Luca Brenna
46 PASSIONE COMASCA PER IL DESIGN Scommessa di giovani apprezzati all’estero di Annalisa Testa
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65 LA CURA PRESA PER MANO La Nostra Famiglia compie 50 anni di Laura D’Incalci
MA ADESSO SI RIPARTE di Maria Giovanna Della vecchia L’edilizia, motore dell’economia, pur nella gravità di un mercato in stallo, comincia a dare a i primi segnali positivi. Luca Guffanti: «L’invenduto di case in Como e provincia è stato sostanzialmente assorbito». Ma i dati Cresme sono impietosi: con 5.241 compravendite su Como e provincia nel 2012, il calo rispetto al 2011 è stato del 24,1%. Il settore immobiliare del lusso, però non ha conosciuto la parola crisi.
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DIRETTORE RESPONSABILE
Diego Minonzio
RESPONSABILE di REDAZIONE
72 102 Colpo di spugna di Elisabetta Broli
72 UNA VITA SULLE PUNTE Storia di Barbara ballerina per passione
103 Le parole che non tornano di Emilio Magni
104 Eventi 110 (S)fashion
di Sara Della Torre
di Serena Brivio
78 LE VETTE DI MATTIA Avventure e sfide nel Colorado
111 Colpi di look
di Alessandra Gambarotto Tuia
113 Navigazioni Lariane
di Nicola Nenci
di Luca Meneghel
84 CHI TI PORTO SUL PALCO L’impegno dei volontari di NonSoloTurismo di Stefania Briccola
90 IL CANTASTORIE DELLA VALLE La storia di Righetti, in arte Dorino di Lura di Francesca Guido
96 IN PASSERELLA CINQUANTA REGINE Il Concorso di Eleganza a Villa d’Este
114 Scaffale
di Carla Colmegna
117 Grande schermo
di Bernardino Marinoni
119 Animali
di Marinella Meroni
120 Il consiglio dello chef di Francesco Palumbo e Stefano Ierardi
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di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori
126 L’oroscopo
128 L’aforisma del mese di Federico Roncoroni
130 Last minute
di Francesco Angelini
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g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it
OPINIONI Giorgio Tettamanti, Umberto Montin, Daniela Corengia, Gian Luca Brenna SERVIZI Giorgio Gandola, Sara Della Torre, Maria G. Della Vecchia Annalisa Testa, Nicola Nenci, Stefania Briccola, Laura D’Incalci, Francesca Guido, Lorenzo Botta, Veronica Fallini, Luca Meneghel RUBRICHE Maria Castelli, Elisabetta Broli, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Federico Roncoroni, Francesco Angelini, Tiziano Testori, Alessandra Uboldi, Luca Meneghel, Francesco Palumbo, Stefano Ierardi TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti Stefano M. Bartesaghi, Andrea Priori, Alberto Bionda, Morena Ripamonti REALIZZAZIONE GRAFICA
122 Il bello della Salute
di Alessandra Uboldi
di Lorenzo Botta
Giuseppe Guin
tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421
DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 3 giugno
Dieci belle notizie di Maria Castelli
ATTORI DI SOLIDARIETÀ Calcano le scene dal 1986 con uno scopo: aiutare chi ha bisogno. Sono gli Amici di Zinviè che al Teatro Nuovo di Rebbio hanno presentato la loro ultima pièce: “12 Ottobre 1942: la scoperta” ed hanno riscosso successo non solo perché hanno riempito il palco di sorprese e di colori. Ma anche perché hanno testimoniato ancora una volta che il teatro può essere un mezzo molto importante per raggiungere traguardi sociali, in particolare quello della solidarietà. La prima opera degli Amici di Zinviè fu la versione per le scene dei Promessi Sposi. Da allora, fra comicità e solidarietà, non si sono mai fermati.
HOSPITALIS ANTICO, OSPITALITÀ MODERNA
ROMINA E LA VITA SALVATA
Ad Ossuccio, è stato inaugurato “Antiquarium”, nuovo punto di riferimento culturale generato dalla ristrutturazione dell’antico hospitalis, che offriva ospitalità e ristoro ai pellegrini di passaggio tra la Lombardia e il Nord Europa attraverso i valichi alpini. Al piano terra dell’Antiquarium, si trovano il punto d’accoglienza per singoli o comitive e una sala per attività didattiche e conferenze. Al piano superiore, esposizioni di reperti e spazi attrezzati con dotazioni multimediali. L’intervento è inserito nell’Accordo Quadro di sviluppo territoriale Magistri Cumacini, promosso da Regione Lombardia, Fondazione Cariplo, amministrazione provinciale, Comune di Ossuccio. «L’Antiquarium è una struttura capace di perfezionare l’offerta culturale e turistica dell’Isola Comacina, con i suoi siti archeologici e il suo patrimonio architettonico», ha spiegato il sindaco, Giorgio Cantoni.
Romina Sgambato, agente della polizia locale di Fino Mornasco, è stata premiata a Milano nell’ambito della giornata “Fraternità della Strada” perché ha salvato un pensionato che stava per essere travolto da un Tir. L’agente era in servizio in via Garibaldi, all’incrocio con via Risorgimento. Ha sentito il grido d’allarme del vicecomandante che aveva notato il pensionato attraversare la strada a semaforo rosso mentre sopraggiungeva il camion: non ha avuto esitazioni, l’ha agguantato e l’ha salvato. Il mezzo pesante non avrebbe fatto in tempo a fermarsi. «Siamo tutti orgogliosi di Romina - è il commento del sindaco, Giuseppe Napoli – è stata premiata in una manifestazione che vuole ricordare come la strada sia un bene di tutti ed occorrano civiltà ed attenzione».
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ANGELI IN CAMICE BIANCO «Sono una paziente affetta da sclerodermia, malattia insidiosa ed invalidante. Ma mi ha aperto gli orizzonti e il cuore per riconoscere quanto di buono c’è ancora»: lo scrive Maria Totaro in una lettera a “La Provincia”. Dal 2009, è seguita dal Day Hospital dell’ospedale Sant’Anna: «Un’équipe medico-infermieristica meravigliosa mi ha presa per mano e mi aiuta a combattere questa lotta che sembra senza fine - sottolinea - Questi angeli con il camice armati non solo di professionalità, ma anche di umanità, sono per me veri modelli ai quali ispirarsi». E conclude: «Il mio grazie speciale va al dottor Vincenzo Corbelli, specialista reumatologo e alla caposala Dh medico signora Carmelina Di Lella che insieme a tutto lo staff infermieristico rende veramente unico quel reparto».
ALPINI OLTRE LA PRIMA LINEA Tremila ore di lavoro volontario, i fi ne- settimana degli ultimi due anni dedicati al ripristino di un tratto di strada militare, alla ricostruzione delle postazioni di artiglieria, ricoveri nella roccia illuminati con apposito impianto. Con sacrificio e passione, gli Alpini hanno sistemato la Linea Cadorna tra Monte Olimpino e Sagnino. Hanno così restituito ai nostri tempi un pezzo di storia e di memorie, salvandolo dalla definitiva scomparsa. Progettata cent’anni fa, la Linea Cadorna era stata costruita tra il 1916 e il 1917 nell’ipotesi di un’invasione delle truppe tedesche attraverso la Svizzera; si estende dalla Valle d’Aosta al Tonale e gli Alpini comaschi negli anni passati hanno recuperato i tratti nella zona di Cavallasca, sul Monte Crocetta a Menaggio e sul monte Bisbino. Adesso hanno completato il tratto di Cardina. Ma non si fermano. Come ha detto il presidente provinciale Ana, Enrico Gaffuri: «Dove c’è da fare, le Penne Nere sono sempre presenti».
COMO SI RIVESTE DI LUCE «Como è viva: basta solo accenderla»: è il messaggio di Franco Brenna, presidente del Comitato promotore del Festival della luce che ha offerto un’anteprima di grandi manifestazioni in programma per l’anno prossimo e nel 2015, in concomitanza con Expo. Scopo del Festival è la promozione del Lario Style, turismo, affari, accoglienza, commercio, cinema e lavoro, nuove opportunità per esaltare il genio comasco erede di Volta, lo scienziato dell’energia elettrica. Il tema della luce valorizza il territorio ed introduce il futuro. Pensatori e visionari, artisti e ricercatori, grandi nomi e bei nomi si sono alternati per tre giorni in luoghi simbolo della bellezza e del fervore operativo comasco. Ma soprattutto si è formata una squadra, fra Comitato promotore, Comitato scientifico, Comitato organizzatore: «Una squadra - ha detto Brenna - che da due anni a questa parte lavora con costanza, investendo in competenze e conoscenze, ricca di armonia e di entusiasmo ed ha decretato la certezza che in questa incredibile città sono attive eccellenze in gran numero, disposte al bene e al bello del territorio».
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LEZIONI DI VITA Prove tecniche di lavoro per gli studenti del Liceo Classico Alessandro Volta di Como, promosse da un accordo con l’Azienda Ospedaliera Sant’Anna. Cinque studenti di prima liceo hanno frequentato l’Unità operativa di Fisica sanitaria diretta da Angelo Ostinelli ed hanno sostituito le lezioni in classe con un’esperienza di vero lavoro benché proporzionato alla giovane età. Hanno imparato l’organizzazione dell’ospedale, hanno realizzato il proprio tesserino di riconoscimento ed hanno svolto attività di archiviazione, catalogazione, riordinamento informatico e tradizionale di dati, libri e riviste e si sono cimentati nella ricerca bibliografica di testi scientifici. Hanno assaggiato regole e ritmi del mondo del lavoro e in cambio l’ospedale ha avuto una piccola quanto preziosa collaborazione.
LA TERAPIA DEL MERLETTO L’Accademia del Merletto, associazione presieduta da Flavia Tagliabue, propone alle scuole un corso che non solo mantiene viva l’antica arte brianzola, ma assume pure una funzione educativa: contrastare il bullismo e il disagio giovanile. «Durante l’adolescenza - spiega Flavia Tagliabue tutti incontrano problemi. Quello che viene realizzato con le mani esprime ciò che si ha dentro. In questo senso, produrre merletti può aiutare a trovare consapevolezza di sé e a chiarire gli obiettivi per il futuro». Meglio muovere le mani sul tombolo che contro gli altri: potrebbe essere questo lo slogan che sintetizza l’iniziativa.
OSTETRICA PER CASO
L’ARIA BUONA FA QUARANTA Tra i motivi che favoriscono l’insediamento di un’azienda produttiva, uno è del tutto inedito ed è un omaggio al territorio: “l’aria buona”. L’ha rivelato Pino Sorbini, amministratore delegato di Enervit, azienda made in Italy al 100 per 100 e leader in Italia nel settore degli integratori sportivi e della nutrizione funzionale. La sede è a Zelbio e il Pian del Tivano fu prescelto dal fondatore, farmacista speziale di Montepulciano, perché «l’aria era ed è ancora più buona». Ovvero, l’ambiente contribuisce alla qualità del prodotto. Da allora, sono passati 40 anni di successi imprenditoriali e di occasioni di lavoro. L’anniversario è stato festeggiato da 180 persone fra dipendenti, collaboratori e consulenti.
Noah aveva fretta di nascere e ha dato segni di impazienza. La sua mamma e il suo papà si sono messi in viaggio da Laino verso Como, ma fatti pochi chilometri, si sono dovuti fermare: non c’era più tempo. Il papà ha chiesto aiuto nella sede del Consorzio Agrario e mentre il titolare, Massimo Gilardoni, chiamava i soccorsi, una cliente s’è messa a disposizione e ha aiutato Noah e la sua mamma. Pochi minuti dopo sono arrivate l’autoambulanza con l’équipe della Croce Rossa e l’eliambulanza con l’équipe del 118. Ma era già lieto evento.
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Pubbliche virtù di Giorgio Tettamanti docente Liceo Classico Volta
Il dominio della tecnica Credo non ci sia niente di più percepibile, con il passare degli anni, di come quella che chiamiamo “tecnica” sia pervasiva in ogni attimo della vita di ciò che chiamiamo per convenzione “uomo”. O, per rispetto del concetto di genere, “donna”. Va detto subito, a scanso di equivoci, che non si può confondere “tecnica” con “scienza”. Probabilmente il termine “scienza” rimanda più che a un sapere , come sembrerebbe di capire dal termine latino, a un vedere che sarebbe sottinteso sul versante linguistico greco. La scienza, affermava il filosofo tedesco Martin Heidegger, nel 1953, “è la teoria del reale”. Ma a un lettore di una rivista che esce la domenica e che si aspetta qualcosa di più appetibile forse non è il caso di ammannire una pietanza che neppure Benedetta Parodi saprebbe come presentare. Prendiamola così: se la scienza è tale perchè so in quanto ho visto , cosa può essere la caratteristica propria della tecnica? I dizionari etimologici del greco antico mostrano che nel termine “Téchne” è insita l’idea di “un saper fare un mestiere, un saper costruire un lavoro ingegnoso”. Ma anche con l’idea di fondo di “costruire e fabbricare”, l’idea del “disporre in ordine”. Nel suo significato ultimo la Tecnica rinvia a un mettere in ordine ciò che si è costruito secondo un mestiere sotto dettatura dell’ingegno. Ingegno umano , è ovvio. Ingegno umano che tuttavia sembra scomparire nel dominio soggiogante della Tecnica, intesa allora come semplice costruire e fabbricare “cose” che danno ordine a un mondo che altrimenti risulterebbe caotico. Si pensi solo in modo fenomenologico, cioè in senso descrittivo della realtà, al dominio sulla parola che ha operato l’uso del cellulare. Si pensava solo sino a pochi anni fa che la “parola” fosse di dominio della stampa, del libro stampato come del giornale che esce ogni mattina in edicola. Niente di tutto ciò, ora. Anzi si pensava che quella “cosa” chiamata computer da tavolo già potesse essere un
prodotto tecnologico pressochè insormontabile. Niente di tutto ciò oggi. Il cellulare ha inglobato le funzioni che aveva il computer ad esempio con Internet. Ma do’ per scontato che voi ne sappiate mille volte più di me dei processi in corso. Credo che tutti noi si possa invece essere d’accordo su un fatto incontrovertibile che “la scienza è la teoria del reale”, come pensava Hedegger. “Reale” deriva dal latino “res”. Noi oggi pensiamo la “res” come “cosa”. Potremmo dire che “scienza è la teoria della cosa”. La scienza oggi è comunque scambiata per Téchne. Ma il cellulare, il tablet, il computer, cosa sono se non “cose”? Ma non sono, il cellulare, il tablet, il computer, una cosa come può essere questo tavolo su cui è posato il PC con cui scrivo in questo momento. C’è cosa e cosa. Questo mondo non è la notte in cui tutte le “cose” sono nere, parafrasando l’Hegel della “Fenomenologia dello Spirito”. Perchè nel termine “cosa” si è andato a sedimentare nel corso dei secoli quello che inizialmente nella lingua latina era semplicemente “causa”. Si può dire, semplificando, che ogni cosa è tale perchè nasconde in sé una causa. Ora ogni cosa è in ogni caso chiamata da un nome diverso. Se dico cellulare, non intendo computer. Se dico sasso , non intendo cemento. E via di questo passo. Però la tecnica sembra che abbia uniformato tutto. Ogni cosa appunto è come nella notte di Hegel. La Tèchne non sembra portare in sé il grande principio di pensiero della “differenza”. Tutto il reale è indifferente ai nostri occhi proprio perchè passa attraverso gli occhi della Tecnica. La Tecnica sta azzerando il linguaggio della “differenza”. Quel linguaggio che nato con il greco e il latino è giunto sino a pochi anni fa intatto, o quasi, sta per essere annientato in pochi decenni. Quello della Tecnica è il nuovo linguaggio in cui si esprime la moderna Metafisica che ha fatto fuggire gli Dei.
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Occhi sul mondo di Umberto Montin
Parigi val bene un metrò Grandi opere, grandi speranze. Di poter dare una spinta a uscire dalla crisi e per creare posti di lavoro. Ma non sempre l’assioma è così semplice e diretto. Talvolta grandi opere possono significare grandi problemi. Almeno al giorno d’oggi perché, ad esempio, quando i faraoni decisero la costruzione delle piramidi non si fecero certo fermare dai nodi del materiale da reperire, dei tempi impiegati e tantomeno dell’apporto umano necessario: per la piramide di Cheope - circa 7,7 milioni di tonnellate di peso - si stima che furono impiegati non meno di 10 mila operai, in un arco di 23 anni, anche se Erodoto parlò di 100 mila lavoratori. Oggi però le questioni da risolvere sono anche altre, nonostante il progresso tecnologico e scientifico che aiuta nella realizzazione. Ne sanno qualcosa le autorità dell’Ile de France, la regione parigina, e la Société di Grand Paris (Sgp) alle prese con il megaprogetto, appunto, del Grand Paris Express: si tratta di una supermetropolitana a quattro linee tutte automatiche che entro il 2030 (ma i primi tratti dovrebbero essere operativi dal 2017) circonderà in tre anelli la capitale, con uno sviluppo di 205 chilometri di rotaie e 72 stazioni. Un’opera destinata a risolvere la vita di due milioni e mezzo di pendolari che ogni giorno si recano a Parigi per lavoro. Se in Italia realizzazioni del genere appartengono al mondo dei sogni, in Francia nonostante l’impatto positivo dell’opera, ci si scontra su un quesito in parte ancora irrisolto: dove buttare, collocare o smaltire i 15-20 milioni di metri cubi di terra e detriti che risulteranno dagli scavi? Si tratta di una massa imponente, equivalente a circa 57 mila piscine olimpiche sul cui peso effettivo i pareri divergono. Per la Sgp il peso dei residui da eliminare dovrebbe aggirarsi fra i 30 e i 40 milioni di tonnellate, mentre per l’associazione Ile de France Ambiente in realtà si parla di un qualcosa fra i 50 e i 60 milioni di tonnellate. A complicare i piani poi vi è da considerare che in parte si tratta di detriti che possono essere riciclati, ritrattati e messi in discariche per inerti, in parte di terreni inquinati per i quali sono necessari altri trattamenti e collocazioni. Secondo il consiglio regionale serve subito un nuovo impianto di stoccaggio, perché quello attuale sarà già esaurito entro il 2020. E nell’area si ricorda il precedente del cantiere per l’autostrada A86, quando a causa della mancata pianificazione sulla smaltimento, la massa di risulta si è trasformata in montagnole e argini di terra e pietrisco che costellano la zona di Versailles. La Sgp respinge le critiche e spiega di aver preparato un progetto che prevede il trattamento sul posto del materiale contaminato, il reimpiego su altri progetti nella zona, il trasporto dei detriti rimanenti per via fluviale in aree al di fuori dell’Ile de France e perfino la realizzazione di un lago-riserva d’acqua per la capitale nei periodi di siccità. Certo è che i dubbi non mancano soprattutto nel dipartimento della Seine-et-Marne dove già oggi finisce il 65% del materiale residuo di costruzione dell’Ile de France e che da solo ospita metà degli impianti di stoccaggio degli inerti della regione: la paura maggiore da queste parti è che il progetto del Grand Paris Express possa trasformare l’area in un’immensa discarica. Ma almeno ci saranno meno auto per strada, meno ingorghi (nelle ore di punta sulla Peripherique e sui grandi assi formano 200 chilometri di code) e si arriverà velocemente nella capitale. Come dire che Parigi vale bene un (altro) metrò. 20
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Donna di Picche di Daniela Corengia
Avvocato Presidente della Camera Civile di Como
Verso una giustizia virtuosa Nell’ultimo rapporto Doing Business finalizzato a individuare i Paesi tra i 188 analizzati in cui è più facile e conveniente fare impresa, la Banca Mondiale assegna all’Italia il 160° posto. Sulla base del parametro della “lite giudiziaria di natura commerciale” (enforcing contracts), che indica il grado di facilità (o difficoltà) di recuperare una somma di denaro in una normale lite commerciale, la Banca Mondiale ci colloca in prossimità del fondo della classifica. La ragione risiede nell’eccessiva durata media dei processi civili, effetto di una sproporzione tra la domanda di giustizia e l’offerta, intesa come capacità di risposta del sistema giudiziario nelle condizioni date. È la cartella clinica di un organismo malato. Fermarsi a questo dato statistico, che in quanto tale soffre il limite del pollo di Trilussa, sarebbe però ingiusto perché l’organismo, pur malato nel suo complesso, in molte realtà si è rivelato capace d’attuare percorsi di cura. Prassi virtuose (best practices): i protagonisti del processo - magistrati, avvocati e cancellieri - hanno elaborato strategie operative e programmi organizzativi che hanno determinato un’apprezzabile riduzione dell’arretrato e dei tempi di svolgimento dei processi. Protocolli per una migliore organizzazione degli uffici giudiziari e del processo; interpretazioni condivise tra avvocati e magistrati di norme a volte lacunose o equivoche, sul presupposto che anche la certezza del diritto contribuisce a una migliore funzionalità del processo, sono alcuni degli esempi di un percorso d’autoriforma nato “dal basso”, oltretutto a costo zero. Tali prassi hanno portato a risultati così eccellenti da costituire il modello cui il legislatore si è di recente ispirato nell’introdurre riforme volte a rendere più efficiente l’organizzazione del sistema giudiziario, senza andare ad incidere
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una volta tanto sulla domanda e senza quindi complicare ulteriormente l’accesso alla giustizia. L’esperienza particolarmente virtuosa del Tribunale di Torino (c.d. Programma di Strasburgo) è alla base della riforma per l’attuazione in ogni ufficio giudiziario di programmi di gestione dei processi civili volti a ridurne la durata. Al miglioramento dell’efficienza sono finalizzati anche gli interventi, di prossima attuazione, per l’applicazione delle nuove tecnologie al processo civile (processo civile telematico) e per una più razionale - anche se da alcuni criticata - distribuzione dei magistrati sul territorio (riforma delle circoscrizioni giudiziarie). Sarebbe semplicistico negare le difficoltà d’attuazione delle riforme soprattutto in alcuni distretti d’Italia e tenuto conto per tutti delle scarse risorse economiche destinate. È però indubbio che come le idee anche la Giustizia “viaggia sulle gambe degli uomini”. Le citate best practices dimostrano quanto possa fare la volontà di un approccio comune ai problemi della giustizia senza contrapposizioni di categoria, pur nel rispetto della distinzione dei ruoli. Al centro si colloca la consapevolezza che il bene Giustizia è anche, se non soprattutto, un bene del territorio, che la giustizia civile è un servizio pubblico che deve funzionare al meglio nell’interesse della comunità e che il processo di “razionamento” delle risorse, cui tale bene è sottoposto in periodi di crisi finanziaria, impone una gestione nuova e strategica. In ogni realtà ciascuno dei protagonisti del processo può, o meglio deve, dare un contributo effettivo per eleminare quel sentimento di frustrazione che nasce dall’inadeguatezza della risposta, alla domanda di giustizia. La giustizia, scrive Aristotele, è la più efficace delle virtù.
La borsa o la vita di Gian Luca Brenna
Presidente Gruppo Filiera Tessile Confindustria Como
L’estero che fa bene al tessile Non è un caso se il nostro territorio alcuni giorni fa ha ospitato il congresso annuale dell’associazione europea dei tessitori della seta e delle fibre seriche. Sono stati due giorni di relazioni, di approfondimenti e di dibattito anche vivace che hanno portato a Como i vertici del sistema associativo tessile italiano ed europeo: Michele Tronconi, Presidente di Sistema Moda Italia, ed Alberto Paccanelli, Presidente di Euratex, l’associazione che raggruppa tutta l’industria Tessile Abbigliamento del Vecchio Continente. Erano presenti imprenditori provenienti da nove diverse nazioni, che hanno potuto esprimere le loro esigenze e le loro aspettative per problematiche che stanno a cuore alla nostra industria e che verranno portate all’attenzione di chi prende le decisioni, non più a Roma, ma bensì a Bruxelles. Si è parlato soprattutto della difesa del “Made In”, dell’apertura dei nuovi mercati emergenti (come il Brasile, l’India, la Russia) e delle normative che ostacolano la fluidità dei commerci internazionali, in un momento in cui il mercato nazionale è recessivo e le imprese tessili italiane devono rivolgersi con sempre maggiore energia all’esportazione. Como ha una grande tradizione in questo campo. Più del 50% dei manufatti tessili che vengono prodotti dal nostro Distretto viene venduta direttamente sui mercati esteri; la percentuale supera il 70% se si aggiungono le esportazioni dei prodotti finiti “Made in Italy” realizzati con il tessuto comasco. È per questo che la filiera tessile comasca ha superato un terribile 2012 senza essere travolta dalla crisi. Ma non è certo la fortuna che ha portato la nostra industria così lontano, in tutto il mondo. In un mercato
che non regala nulla a nessuno, è con pieno merito che la filiera comasca ha saputo acquisire una posizione di rilevanza a livello internazionale, diventando un punto di riferimento grazie alla creatività del prodotto, alla capacità di innovazione e alla qualità del servizio delle sue imprese. Poche cifre possono esprimere molto più di tutte le parole: le esportazioni del Distretto Tessile Comasco ammontano a un miliardo e 300 milioni di euro e costituiscono il 90% di tutto l’export europeo dei tessuti di seta, con uno sviluppo crescente delle vendite persino in Cina, la patria della “nobile fibra”. Dietro le cifre sta però l’opera di decine di imprenditori e dei loro collaboratori e dipendenti - che non si sono mai lasciati intimorire dalle difficoltà e che sono stati capaci di rimboccarsi le maniche per resistere in un mercato così turbolento, recuperando all’estero una parte di quel lavoro che il nostro Paese ed il nostro continente non sono più stati in grado di offrire. Un’opera silenziosa, che non è in cerca di visibilità ma che continua a costituire un cardine per il benessere del nostro territorio e che potrà continuare a dare soddisfazione alla nostra gente anche in futuro, come già in passato.
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MA ADESSO SI RIPARTE di Maria Giovanna Della Vecchia foto Carlo Pozzoni
L’EDILIZIA, MOTORE DELL’ECONOMIA, PUR NELLA GRAVITÀ DI UN MERCATO IN STALLO, COMINCIA A DARE A I PRIMI SEGNALI POSITIVI. LUCA GUFFANTI: «L’INVENDUTO DI CASE IN COMO E PROVINCIA È STATO SOSTANZIALMENTE ASSORBITO». MA I DATI CRESME SONO IMPIETOSI: CON 5.241 COMPRAVENDITE SU COMO E PROVINCIA NEL 2012, IL CALO RISPETTO AL 2011, È STATO DEL 24,1%.
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a buona notizia, che ci viene anticipata dal presidente dell’Ance Luca Guffanti, è che «l’invenduto di case in Como e provincia è stato sostanzialmente assorbito, come ci dicono i risultati della ricerca commissionata dall’Ance di Como al Cresme e che presenteremo a fine giugno. Restano circa 2.000 alloggi ancora invenduti, ma riferiti a nuove costruzioni, case realizzate negli ultimi due anni, oltre ad alcune situazioni ancora imballate perché magari una zona è poco attraente o il progetto sbagliato». Il rovescio della medaglia sta nel fatto che «se abbiamo poco
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invenduto recente è anche perché abbiamo ormai poca produzione; nel Comasco siamo a un terzo della nostra capacità produttiva», dice Guffanti. Non solo. Come ci ricorda anche il past president dell’Ance Valentino Carboncini, «solo il 20% dell’invenduto, quindi una quota molto bassa, è delle imprese che costruiscono per vendere». E poco consola i costruttori sapere che c’è una fetta di mercato del lusso che, anche se di nicchia, se incluso alza le medie del settore perché - ci ricorda il past president dell’Ance Valentino Carboncini - «nell’extra lusso le nostre aziende
concorrono in qualche ristrutturazione, ma non è il mercato delle imprese quindi non fa numero sui nostri fatturati e sulle assunzioni». Comunque, aver smaltito in gran parte l’invenduto «ha riequilibrato l’offerta che oggi ci ritroviamo sul mercato», dice Guffanti, per il quale però il problema vero sta nel fatto che «il nostro mercato è caratterizzato da un incremento demografico che definisce una potenziale domanda primaria che però, per le difficoltà economiche, non sbocca in compravendite. Col risultato che oggi a Como la locazione diventa il sistema contrattuale con cui si soddisfa buona >>
Angelo Majocchi
I RISULTATI DANNO RAGIONE A CHI INNOVA «La crisi - spiega il costruttore Angelo Majocchi, past president di Ance Como e vicepresidente regionale Ance - ha reso gli acquirenti attenti e sensibili su tutti gli elementi che concorrono alla decisione di comprare la prima casa. Chiedono case ad alta efficienza energetica, in classe A e B, isolamenti termici e acustici ricercati e quasi esasperati, e riteniamo che ciò sia un bene per raggiungere standard sempre più alti». L’imprenditore ci spiega che tutta l’innovazione che c’è oggi nel settore, anche solo fi no a cinque anni fa non esisteva, e che a Como, in termini di qualità, dal 2008 ad oggi si è recuperato un gap trentennale: «I risultati danno alla fi ne ragione a chi innova, visto che, nelle zone della provincia in cui si è costruito meno e con sistemi di qualità oggi vediamo che comunque continuano ad esserci compravendite». L’azienda di Majocchi è, con altre società, fra i protagonisti dell’Immobiliare Albate Centro sull’area ex Frey, «un’operazione partita ora - dice il costruttore - dopo un lungo percorso per le autorizzazioni e basata su una politica di prezzi contenuti e l’appoggio di un sistema bancario che crede nella bontà degli operatori e nella serietà del progetto e che in questo caso ha messo a disposizione mutui vantaggiosi per costo e durata». L’imprenditore, che in questo periodo ha cantieri aperti anche sul fronte delle seconde case in riva al lago realizzate senza consumo di territorio vergine, visto che un lotto è su un ex cantiere nautico e un altro sull’area di recupero di una ex fabbrica di reti metalliche, sulle banche dice che «sono diventate più prudenti nella selezione, valutano a fondo serietà e patrimonializzazione delle aziende e ritengo che questo sia un dato importante per la tranquillità non solo delle banche ma, alla fi ne, anche degli acquirenti». Maiocchi, fra i più grossi costruttori comaschi, nel suo impegno istituzionale conosce bene il dramma dei piccoli del settore che sempre più spesso ricevono dei “no” dalle banche e afferma che «dobbiamo fare una lettura diversa sul comportamento delle banche. Così come non basta - dice - essere grandi e patrimonializzati per ottenere il fi nanziamento su un nuovo cantiere se questo non corrisponde a un buon progetto, nello stesso modo non è detto che essere piccoli significhi automaticamente non ottenere credito. Con un buon progetto che fa parte di un mix di credenziali i fi nanziamenti arrivano».
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IL LAVORO
Nel comasco abbiamo pochi immobili invenduti, ma dipende dal fatto che abbiamo ormai poca produzione, nel nostro territorio siamo a un terzo della capacità produttiva.
Valentino Carboncini
VA RIDOTTO IL COSTO DEL LAVORO E VA SOSTENUTO IL CREDITO «Servono leggi che consentano la riduzione del costo del lavoro e incentivi per le ristrutturazioni. E servono banche - dice Valentino Carboncini, costruttore e past president di Ance Como - che con un po’ di fiducia fi nanziano le famiglie per i mutui, attraverso la messa a punto di meccanismi di garanzia da parte dello Stato». Quando tutto ciò ci sarà, «da lì in poi - aggiunge - serviranno tre anni per far ripartire il ciclo del nostro settore e di tutto il resto che ad esso è legato, senza dimenticare tutta la partita delle infrastrutture necessarie a un Paese che ha un forte bisogno di recuperare competitività. Solo la riprese dell’economia nel suo complesso oggi potrebbe renderci ottimisti». Carboncini ci parla di un settore che rispetto al resto del manifatturiero ha «tempi più lunghi nel fermarsi, ma lunghi anche nel riprendersi. Quando il tessile e la meccanica si sono fermati per la crisi - spiega - noi siamo andati avanti per altri tre anni proprio perché le nostre commesse, per svilupparsi e arrivare a compimento, hanno un ciclo di 3-4 anni». Poi la spinta si è esaurita e, nel 2008, è gradualmente iniziata la curva in discesa, che si è fatta via via più intensa fi no al 2010. Ma il peggio è arrivato dopo: «Nel triennio successivo, fi no al 2013, il settore si è praticamente fermato». Oggi i dati del Cresme ci ricordano il recupero che a Como registrano sull’invenduto, ma «il tema è complesso –- dice Carboncini - perché sull’intero invenduto che avevamo la quota di ‘impresa pura’, quella di chi costruisce per vendere, è intorno al 20%. Il resto è tutta intermediazione immobiliare. Tuttavia - conclude - i nostri costruttori hanno a loro vantaggio storie aziendali che li hanno portati a costruire ormai da anni in classe energetica con qualità e, ne sono certo, saranno i primi ad uscire da questa crisi ritrovandosi con un prodotto più competitivo». 28
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Lodovico Pignatti Morano
È TORNATO UN GRANDE INTERESSE SUGLI IMMOBILI DI LUSSO COMASCHI
parte di domanda abitativa in un territorio dove gli affitti hanno prezzi accessibili». Ma di nuove case in affitto ce ne sono poche anche perché, dice Guffanti, «noi costruiamo per vendere, non per locazioni all’infinito». Ma indica una via d’uscita: «Visto che per i prossimi anni difficilmente la capacità d’acquisto salirà, bisogna adeguare la normativa delle locazioni per renderla incentivante, in modo che a diventare protagonisti siano i locatori istituzionali, a vantaggio di famiglie, imprese e lavoro. Nei comuni cresce la domanda sociale e si stanno creando fondi per garantire locazioni per fasce deboli o premi volumetrici per poter garantire una parte del costruito a questo scopo». Dati Cresme a parte, quelli forniti dagli immobiliaristi della Fiaip su base Agenzia delle Entrate sono impietosi: con 5.241 compravendite su Como e provincia nel 2012, il calo rispetto al 2011 è stato del 24,1%. E Como città è calata di quasi il 30% (703 atti, il 29,8% in meno rispetto al 2011). La sola provincia ha perso il 23,1%. In un anno un vero crollo: nel 2010, rispetto al 2011, il calo >>
Como attira sempre più i grandi network commerciali di immobili di lusso. La new entry si aggancia a un nome blasonato, quello della casa d’aste Sotheby’s che fi n dagli anni Settanta è attiva nel segmento parallelo e redditizio del real estate. Tanto per capire il potenziale dei due vasi comunicanti in questione messi in atto dall’organizzazione, in ogni casa d’aste c’è un ufficio dell’immobiliare, visto che entrambi i settori pescano nello stesso bacino di investitori. L’attività di “Lake Como – Sotheby’s International Realty” sarà presentata uffi cialmente il 20 giugno a Cernobbio in presenza, fra gli altri, degli operatori esteri di un network composto da 660 agenzie, ma a Como la nuova agenzia guidata da Alessia Bagni è attiva da un paio di mesi in uno storico palazzo di via Olginati e già si prepara ad accogliere una delegazione dell’ufficio di Taiwan interessata agli immobili comaschi. «Su Como - ci dice Lodovico Pignatti Morano, managing partner che incontriamo nella sede milanese dell’agenzia in via Manzoni, esclusivista per la Lombardia e in forte espansione anche su Toscana e Umbria - il lavoro si è intensificato dal settembre 2012, con un lavoro intenso di acquisizioni». «Como - prosegue Morano - ha avuto una frenata nel 2012 per l’incertezza politico-economica del Paese, ma nel 2013 abbiamo visto un vero ritorno d’interesse, anche da parte dei tedeschi. Le elezioni hanno restituito un senso di stabilità e sono cresciute le telefonate e la partecipazione a visite organizzate di persone provenienti da Nord Europa, Usa e Russia. La novità - aggiunge - è che il prezzo è sottoposto a forte screening, mentre in precedenza non è mai stata una vera discriminante. Tuttavia oggi a parità di prezzo rispetto al passato si concludono compravendite su immobili più importanti, vista la flessione che la crisi ha comunque determinato ovunque». Su Como il mandato è in esclusiva sia nel primo bacino sua sull’Alto Lago, in un segmento d alle statistiche impossibili, dominato da «una forte richiesta di privacy da parte dei proprietari comaschi che vogliono vendere e da un business - aggiunge Morano - che perciò si sviluppa spesso sulla base di conoscenze personali». Non tutto quello che si vende fi nisce con l’essere pubblicizzato. La privacy degli acquirenti fa sì che il 20% del business del settore passa da dossier sistematici di richieste “girate” dalla casa d’aste per immobili che non siano pubblicizzate da almeno tre anni, tantomeno online. Ma sull’80% il marketing diff uso, guidato per la Lombardia, la Toscana e l’Umbria da Laura Benaglia è intenso e giramondo, fatto andando direttamente ai meeting del network sulle piazze internazionali per vincere sui «due veri concorrenti - ci dice Benaglia - cioè Francia e Spagna». La sfida è essere convincenti sul fatto che, «anche se il prezzo in sé degli immobili di lusso in Italia è più alto, la compravendita è comunque più conveniente visto che, ad esempio, nel confronto fra la francese sul patrimonio o la caution tax inglese, la nostra Imu è comunque assai più contenuta. Oltre al fatto che il capital gain va a zero in soli 5 anni».
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Yasemin Rosenmaier IL CREDITO
Esiste il grave problema del credito. Persino le aste che offrono appartamenti a quaranta mila euro, a volte vanno deserte.
in provincia era stato solo dello 0,5%, mentre Como aveva un +1,8%. «È tutto fermo - dice il presidente della Fiaip di Como, Eugenio Bianchi - e c’è una difficoltà pazzesca di credito. Non ci sono soldi, persino le aste immobiliari che danno appartamenti a 40.000 euro vanno deserte. E per gli affitti siamo scesi per i bilocali da una media di 500 euro a 400, e tirano ancora sul prezzi. I miei colleghi - dice - sono disperati e non sappiamo se arriveremo a settembre con le nostre attività».
IL SETTORE IMMOBILIARE DI LUSSO NON HA MAI CONOSCIUTO LA CRISI «Sul livello delle case di lusso la crisi non ha inciso», dice Yasemin Rosenmaier, a capo dell’agenzia di Cernobbio del network internazionale Engel&Volkers, che riferisce di «un anno, il 2013, per noi in crescita visto che a metà maggio abbiamo già raggiunto il 50% degli obiettivi sull’anno». Un business che l’anno scorso si è sviluppato nella Tremezzina mentre quest’anno, ci riferisce l’immobiliarista, i sette agenti dell’agenzia hanno concluso compravendite più concentrate sul primo bacino. Ville storiche di alto livello, con vista lago e piscina; e, sempre più spesso, immobili local-live, case arredate immediatamente vivibili, da utilizzare a intervalli più o meno lunghi. Fra gli acquirenti i tedeschi, più interessati alla fascia media soprattutto nei rustici di livello, quella che nel settore sta fra i 500.000 e il milione di euro, e i russi acquirenti di case a partire dai due milioni di euro. Due nazionalità di acquirenti, dice Rosenmaier, che si confermano nel 2013, insieme a una crescita di clienti australiani e statunitensi. In crescita anche gli affitti di lusso, un settore avviato l’anno scorso in luglio «grazie alla collaborazione con grosse agenzie milanesi spiega l’imprenditrice - che ci segnalano clienti stranieri per i quali ormai abbiamo costruito un buon portafoglio. Spesso - aggiunge - si fanno contratti a tempo determinato ma piuttosto lunghi, fra i sei mesi e l’anno, utilizzati anche da chi vuole trascorrere un periodo di prova in vista di un cambiamento di vita che li porterà sul lago con l’acquisto defi nitivo di una casa». Nella maggior parte dei casi - aggiunge Rosenmaier - «noi stessi costruiamo una proposta che parte dall’affitto affiancato, da parte nostra, a una ricerca per la futura casa in affitto. E fi no ad oggi i risultati ci dicono che questo è per noi un buon veicolo di business». Un business potenziato da un’attività di marketing «intensa, aggressiva e anche costosa - spiega -, potenziata un anno fa e che però alla fi ne ci ripaga. Alle spalle - conclude - abbiamo un network di 500 agenzie nel mondo e tramite il nostro force selling tocchiamo tutta la casistica di esigenze della clientela».
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I CINQUE ANNI DI
RICONOSCERE UN AMICO di Giorgio Gandola
Primo: le storie, le visioni laterali, gli approfondimenti parcheggiati in un angolo della mia scrivania in via Paoli al numero 21, senza alcuna speranza di pubblicazione, cominciavano ad essere tanti. Quella corazzata dell’informazione locale che è La Provincia non riusciva ad esaurire tutti gli argomenti. Ne dovevamo scartare alcuni e sintetizzarne altri, che rimanevano lì, ai margini, in tutta la loro fascinosa incompiutezza. Personaggi dalle vite avventurose, vip scardinati ai loro ozi, luoghi di tendenza scovati in fondo a giardini spettinati. E poi uomini e donne che chiedevano d’essere raccontati con i loro dolori, le loro speranze, le loro irrinun-
N. 38 MARZO 2012
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IL MENSILE MAG DE “LA PROVINCIA” FESTEGGIA I SUOI PRIMI CINQUE ANNI IL DIRETTORE CHE L’HA FONDATO, NE RICORDA GLI INIZI: LE SIGNORE SEDUTE SUL SOFÀ E MASCHIETTI SULLE SEDIE. UN LABORATORIO DI IDEE E UN APPUNTAMENTO INDISPENSABILE
ciabili verità. E infine un territorio da sogno, fra le colline di Brianza e le abbacinanti bellezze del lago. Un presepe sulla scrivania, una collezione di fantasmi da rabbonire: tranquilli, vi pubblico domani. Sapendo di mentire. Secondo: la concessionaria di pubblicità Spm riteneva importante raggiungere una fascia di investitori che difficilmente affida le proprie campagne ai quotidiani locali e in generale all’informazione fast food. Profumi e balocchi, per intenderci. Un mondo legato alla moda, al design, al commercio che da sempre predilige le pagine patinate e chiede che il messaggio
rimanga lì, sul tavolo del soggiorno, più a lungo. Terzo: in fondo a un cassetto trovammo per caso un opuscolo verdino dalla copertina tutta scritta e dalla testata che attirava l’attenzione: “La Provincia di Como illustrata”. Data di pubblicazione: 1907. Mensile. Raccontava di corse dei cavalli a Tavernola, di gite in battello in Tremezzina e dei misteri della Cà d’Industria. Avevamo il materiale giornalistico, il supporto pubblicitario e - cosa che non guasta mai - un passato da rinverdire. C’erano gli ingredienti, bisognava armonizzarli e accendere il fuoco. L’abbiamo fatto, è nato il Mag. Era il Mag di un’in-
N. 31 GIUGNO 2011
N. 28 MARZO 2011
N. 36 DICEMBRE 2011
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I CINQUE ANNI DI
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tera redazione che ha creduto nel progetto e lo ha sostenuto con incuriosita e poi convinta partecipazione. Era il Mag di Vera Fisogni, instancabile coordinatrice dalle mille idee: bastava un suo sguardo per accelerare magicamente la chiusura di una pagina o la confezione di un articolo in ritardo. Era il Mag di Serena Brivio, musa dai fremiti metropolitani, capace di intercettare una tendenza, di lanciare un tema inedito, di trovare nelle pieghe di una città assonnata lampi di originalità. Era il Mag di Giuseppe Guin, di Antonio Marino, di Alberto Longatti che una volta al mese partecipavano alla riunione più divertente e bizzarra che si potesse immaginare. Le signore sedute sul sofà e noi maschietti sulle sedie. Dalla politica all’economia, dalla moda al turismo, dal sociale allo sport: si parlava di tutto. Una volta con mio sommo imbarazzo (non sapevo cosa fosse) si parlò anche di arte topiaria. Non osavo interrompere una conversazione così pregnante. Pensavo alle pantegane, erano giardini. Ricordo i temi del primo numero: George Clooney in copertina e - a conferma della totale simbiosi del divo con questa terra - frasi che avrebbe potuto pronunciare un co-
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masco: «Qui cambio vita e divento un altro, ma per favore non soffocatemi». E poi i segreti di Villa d’Este, un’abitazione originale del centro con i cipressi sul terrazzo (il bosco verticale è arrivato dopo), i conti in tasca ai comaschi attraverso i sussurri della banca privata che ne curava gli interessi. Partimmo così, un laboratorio di idee spontaneo e partecipato. Certi servizi nascevano alla macchinetta del caffè o sulle scale incrociando un collega. Per chi è consapevole di svolgere da privilegiato una professione stupenda (ci pagano per scrivere, che meraviglia) il giornalismo è esattamente questo. Negli anni il Mag si è rinforzato, si è rinvigorito, ha
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N. 42 LUGLIO/AGOS
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N. 27 2011 FEBBRAIO
o Antonio Spal lin lli re Ambrog io Tabo lio ag Tr io Mau riz og io Si lv io Sa nt ambr an ki ou an M am Ar Renz o Pign i Angelo Pa lm a zz i Gia nstefa no Bu on i zz ga Re Antonello Lucia no Forn i
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saputo cogliere le esperienze e le sensibilità di Diego Minonzio. E quando è cambiato il mondo è riuscito a cambiare il filo del suo orizzonte. È diventato meno glamour e più concreto, attento al sociale, ai percorsi della crisi e ai segnali che ne indichino le vie d’uscita. Ma l’anima del Mag rimane quella di sempre: una rivista duttile, capace di intercettare l’interesse del lettore che vuole conoscere e approfondire luoghi e armonie, persone e curiosità di un territorio con le bollicine come quello comasco. Oggi i lettori lo considerano un appuntamento indispensabile. Cinque anni sono tanti, più che sufficienti per riconoscere un amico.
lioni Giacomo C astig ro Ad ria no Sa mpiet na en Br no zia ra G Abele Del l’Orto At til io Br icc ola ler s Je an Marc Drolu ni sa as C Roberto Luca Le on i Gia nluigi Spat a In nocente Figi ni Giu seppe C astelli
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I R T L A I L G E D E C C A F ...E LE MURATORE STEFANO DALL’ATTORE GEORGE AL A SOTTO IL FAGGIO EN EL LA E O EG DI O OV ...IL VESC di Giuseppe Guin ci potevano andare , con la neve, i figli a scuola ché per Sì di Stefano. anto così… Dalla faccia di George, a quella che quella era una giugno 2008, in coper- solt ato targ g, Ma di ero num mo tato un attimo. E ho capito pri l bas è Ne Mi e tor l’at fa re … e la loro foto in y, che di mestie che meritava di essere raccontata ria tina c’era l’immagine di Cloone sto Hollywood. meglio di qualunque star. e nella vita rincorre le luci di di me- prima pagina era che o, fan numeri mi è riSte di e gin ma l’im delle copertine, di questi ultimi là di Nell’ultimo, questo, c’è Al enstip lo è lla con il vescovo deve rincorrere ressa anche un’intervista, que imp sta stiere fa il muratore e quel che ma se. me del e le 100 domande, ivarci… alla fin letti. La ricordo, però, non per Co go dio a fine mese, sperando di arr Die ce fac di che le 50 “irriverenti”. g, un giornale una, particolare, nascosta tra per Sono due facce dello stesso Ma ma in più tte me re davanti ad un due anni non endo quella, ho capito di esse fac o pri ne ha cambiate molte, ma da Pro o son o ern ruolo, le sue idee e star. Anche all’int uomo, qualunque fosse il suo nde copertina l’immagine di una gra non condividere. e qualcosa! suo credo... che si può anche il he quasi sparite… e vorrà ben dir anc rine me ne anda: «Ma lei non eri, di coperti , se a un vescovo poni la dom ché per Pensando a questi ultimi num Sì, no. stra do non ti ribalta adnata in un mo na dell’abito che porta?» e lui gog cordo soprattutto una… perché ver si ta, era ngh sga vecchia jeep onde… allora significa che Era inizio inverno e, con una dosso la scrivania, ma ti risp sona, che merita rispetto. sei davanti ad una grande per ha avuto dopo una domanda Almeno quanto quello che lui decisamente sopra le righe. te così… soprattutto tra la Non ce n’è in giro molta di gen gente cosiddetta di potere. azzi di ricordi emersi da un Questi sono soltanto due spr passato recente. ha un passato ben più reMCM Oggi, comunque, il Mag, che fa, mettendo in copertina moto, compie cinque anni. Lo e non quella di un divo. E l’immagine di un muratore MA ADES SO vorrà davvero dire qualcosa… ella comune, che S I RIPARTE ncita della gente normale… Qu rivi Viaggio ne la È ll’edilizia, motore dell’e perché è gente vera, che la conomia tanto comune poi non lo è… hia e fa sul serio… Mag, cinqu vive. Gente che fa fatica, risc la vita e anni con te contare, che non Clooney, Gente che ha molto più da rac hi o anche no. o i soliti volti stranoti, comasc di andare in copertina. pur o, vol ...Pronti a vendersi al dia N. 51 GIUGNO 2013
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30 ANNI d’azienda a colori
N. 48 MARZO
N. 40 MAGGIO
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Vi racconto GI di Gianfrancol’eredità Miglio
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IANZE Così in Valperlana MUSICA rivive il monastero Nel laboratorio Della dei Sulutuman
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I casi di pedofi la fanno lia nel vergogna clero I cardinali re o arrabbiar un po’ non troppo si occupano e? Ma a di politica? che cosa le monache servono di clausura? E se fosse l’esistenz a dell’aldil solo un grande à bluff ?
RICONOS CERE UN AMICO di ...E LE FAC Giorgio Gan CE DEGL dola I ALTRI di Giusepp e Guin
N. 46 DICEMBRE 2012 - GENNAIO 2013
N. 48 MARZO 2013
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I comaschi di successo di Annalisa Testa Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)
E A Z I N M AG
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iera che porta all’Alpe di mi ero infilato lungo la mulatt e, l’ultimo pensiero, era che Lemna. Così, senza una meta pagina del Mag. lassù sarebbe nata una prima Invece è successo. so, ormai senza più foglie, Sotto un maestoso faggio ros na, con uno stuolo di capre mi sono visto comparire la Ele il cavallo al morso e due intorno. Dopo di lei l’Algo, con loro due figli, uno sul trattocani appresso. Subito dietro i mano ed, entrambi, con una re, l’altro con la motosega in legna nel bosco. gran fretta di andare a tagliar na tratta da un mondo che sce Mi è sembrata subito una non è più di questo mondo… o raccontare la loro strana Mi sono fermato e mi son fatt a che, da anni, aveva scelto vita. Era quella di una famigli in quei giorni, con l’inverno di vivere isolata su un monte e in funzione la motoslitta… in arrivo, aveva da rimettere
Gli studenti inventori di Sara Della Torre
E noi viviamo all’Alpe di Giuseppe Guin
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IL COLORE DELLA QUALITÀ PASSATO E FUTURO DELLA MCM, CREATA TRENT’ANNI FA DA PASQUALE MONTELEONE, ALLIEVO DI TANINO PESSINA. ATTUALMENTE LA TINTORIA HA 25 DIPENDENTI E FATTURA 3,2 MILIONI, PER L’80% A CONVERTER E GRUPPI TESSILI DEL DISTRETTO SERICO, FORNITORI DEI PRINCIPALI MARCHI DEL LUSSO.
di Serena Brivio foto Carlo Pozzoni mag
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partito dalla Calabria senza soldi, ma con tanta tubazioni creava una nebbia fittissima. In questo luogo così voglia di arrivare. Con la tenacia di chi insegue un difficile mi sono innamorato della seta e ho capito quello sogno che oggi si chiama MCM, tintoria con sede che volevo fare da grande». a Camerlata. Pasquale Monteleone, classe 1948, ci Il ragazzo impara in fretta il mestiere, nel giro di pochi mesi riceve insieme ai figli Daniele e Laura, ai quali ha già passato acquista sempre maggiori responsabilità. il testimone per ricoprire il ruolo di presidente. La continui«All’inizio venivo guardato con una certa diffidenza, ma poi tà è assicurata. L’incontro avviene negli uffici del complesso, hanno cominciato a darmi fiducia. Il rispetto me lo sono arredati con grande eleganza: pavimenti di legno, mobili guadagnato dimostrando di saper lavorare». design e una collezione d’arte Lo aiuta un innato talento per alle pareti. il colore. «Prima dell’arrivo del computer Creata trent’anni fa dal nulla, «Prima dell’arrivo del computer attualmente l’azienda conta 25 si preparava a tazza, e la bravura si preparava a tazza e la bravura dipendenti e fattura 3,2 milioni si riconosceva dalla mano. Oggi si riconosceva dalla mano. di euro, per l’80% a converter e c’è una macchina che da paramegruppi tessili del distretto serico, tri per correggere il tono colore, Oggi è la macchina che fa tutto fornitori dei principali marchi ma l’occhio conta, e tanto, per del lusso. imitare i campioni più delicati e ma l’occhio conta... e tanto» Quella dell’imprenditore venuto correggere eventuali errori». dal Sud è una delle tante storie «Noi siamo prima di tutto una della old economy, mai raccontate. Giovanissimo lascia la manifattura di qualità - dice con orgoglio Monteleone - Cerfamiglia, gli amici, il paese come avveniva e avviene ancora ti risultati si possono raggiungere combinando la tecnologia in molte regioni italiane prive di prospettive. con l’esperienza e la cultura artigiana». Sceglie Como facendo affidamento su dei conoscenti e troE per farci capire meglio, ci porta a visitare l’opificio ben va subito lavoro: apprendista alla Tintoria Pessina, nel Doilluminato dalle fasce vetrate del tetto, con impianti d’avanpoguerra uno dei pilastri della nostra filiera con oltre 300 guardia, ma anche finissaggi di antica tradizione. Ovunque addetti. l’aria è pulita e respirabile, grazie ai sistemi di ventilazione «Allora le tintostamperie erano sinonimo di brutto e sporco, ed aerazione. L’intero ciclo ha subito sostanziali modifiche ambienti umidi e maleodoranti. Il vapore che usciva dalla per adeguarsi ai nuovi parametri eco. >>
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Tra le vasche da cui non si alza più la grande “fumana”, i ripendente cercava sotterfugi, era battuto in partenza». Viene cordi tornano al passato, al primo stipendio da capotintore. alla luce un episodio inedito, che la dice lunga al riguardo. «Era un ruolo molto ben remu«Una volta un operaio che si ritenerato, si guadagnava da 50 a 70 neva più furbo degli altri, arrivò «La fermezza non significa mila lire, allora erano bei soldi». in ritardo. Chiamato in direzioCi possono essere tante partenze ne, spiegò che gli si era rotta la essere autoritari, ma imporre in un percorso. Dopo un paio di bicicletta mentre scendeva la Naaltre esperienze “sotto padrone”, poleona da Camerlata. Il signor a se stessi e anche agli altri ormai uomo, Monteleone prova Pessina, non convinto, con voce le norme di comportamento la strada dell’imprenditore con pacata e tranquilla si fece dire due soci. dov’era stato portato il mezzo e e il successo nasce dal sacrificio» «Il problema era una banca diandò a controllare». sposta a finanziarci. L’abbiamo La fermezza serve a realizzare trovata e siamo partiti con un prestito di 20 milioni, restiobiettivi in tempi stretti. «Non significa essere autoritari, tuito nel giro di pochi mesi». ma imporre a se stessi e agli altri norme di comportamento». Tanino Pessina ritorna nella sua vita, questa volta come moÈ però il sacrificio la vera chiave del successo. dello da imitare, per dedizione e disciplina. «Se qualche di«Andavo in fabbrica alle 6 del mattino e ci restavo fino a
UOMINI E MACCHINE
Nella pagina accanto: lo staff dell’azienda Mcm di Pasquale Monteleone. In questa pagina: i macchinari da tintoria.
tarda sera. Niente tempo libero? Il sabato e la domenica, dedicati alla famiglia. I miei dipendenti non hanno mai lavorato il fine settimana, abbiamo tutti diritto di veder crescere i figli». L’imprenditore crede nella solidarietà, nel consenso e nella responsabilità sociale. Orari, formazione professionale, sicurezza, ambiente sono sempre stati al primo posto nella sua visione. «In tintoria non si può restare troppe ore sullo stesso impianto. Quando la stanchezza comincia a farsi sentire subentrano forze “fresche”. In ditta ci sono quattro jolly che sanno fare tutto. Il turn over offre enormi vantaggi anche sul piano economico: si producono più metri con meno difetti. L’azienda ne guadagna in credibilità e chi ci lavora non si sente un numero. Dei miei collaboratori conosco i nomi a uno a uno». «Bisogna camminare insieme» intervengono Daniele e Lau-
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FILOSOFIA D’IMPRESA
Daniele Monteleone: «Il settore attraversa una fase difficile, la congiuntura economica non è delle migliori, ma da nostro padre ho raccolto una grande eredità, quella di puntare al prodotto e al servizio, parola d’ordine che ripete da trent’anni».
ra. Il primo si occupa di produzione e vendita, la seconda di amministrazione. Parlano con entusiasmo di una tradizione, non delocalizzabile, che curano ogni giorno. «Il settore sta attraverso una fase difficile, la congiuntura economica non è delle migliori - spiega Daniele. Da nostro padre ho però raccolto una grande eredità: quella di puntare al prodotto e al servizio. Parole d’ordine che ripete da trent’anni». Per realtà relativamente piccole come la MCM sono queste le uniche chance per continuare ad avere un futuro. «Como è tornata competitiva - conclude Monteleone junior perché ha alzato l’asticella della qualità. Non solo. Siamo i più bravi a capire e soddisfare i bisogni e i desideri della clientela».
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RAFFAELLO APE (destra) con Felix Held
FABIO BAVASCHI
di Annalisa Testa LA SCOMMESSA DI TRE GIOVANI APPREZZATI ALL’ESTERO. SONO COMASCHI CON LO SPIRITO CREATIVO E LA VOGLIA DI FARSI CONOSCERE. TRASFORMANO OGGETTI QUOTIDIANI IN PEZZI UNICI. LA DETERMINAZIONE ALLA BASE DEL LORO SUCCESSO
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LA PASSIONE COMASCA PER IL
DESIGN
FILIPPO MAMBRETTI
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RAFFAELLO: UN’APE IN VOLO VERSO LONDRA
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lasse 1985. Idee chiare su quello che vuole comunicare. Raffaello Ape studia design industriale e giovanissimo fonda il brand BeeCreative, un gioco di parole che si è trasformato in un ottimo biglietto da visita per far prendere il volo alla sua carriera. «Con questo brand produco lampade, bici e gioielli. Fin da piccolo mi piaceva lavorare il legno, volevo essere un artigiano contemporaneo ma con ispirazioni legate alla tradizione, soprattutto alla scelta dei materiali», racconta il designer. In questo laboratorio nascono oggetti creati plasmando materiali naturali come il legno ma seguendo processi innovativi. Come la bicicletta Giuliano, un mezzo di trasporto leggero che segue il trend biker in città, con cui Ape ha debuttato alla mostra Transport ospite della galleria d’arte Foro Buonaparte al FuoriSalone nel 2012. O la lampada Scotta al cui corpo illuminante, in vetro pirex tornito, si avvolge una cima da barca che tirandola aumenta o diminuisce l’intensità della luce. «Uno degli aspetti fondamentali del mio lavoro artigianale è il contatto diretto tra mano e materia. Credo che costruire personalmente ogni songolo pezzo riesca a trasmettere anche a chi lo acquista il pensiero che sta alla sua origine». Altro successo della carriera di Raffaello è il brand Zero31 che dichiara assoluta fedeltà alla città di Como. Insieme a Gabriele Franzini, co-fondatore del marchio, il giovane designer realizza longboard e skate che vengono poi realizzata dall’azienda Sacma Curvati di Mariano Comense dal design che ricorda quello delle tavole usate negli anni Settanta e riprese dal film Lords of Dogtown. «Sono l’art director per quanto riguarda gli artisti che disegnano le grafiche e product developer, sono sempre alla ricerca di nuovi materiali e nuovi effetti», racconta. Ma il suo orgoglio è senza dubbio far parte, insieme all’architetto Felix Held, del team che sta sviluppando Feliz, un brand italo-svizzero di contemporary furniture. «È solo un anno che sono nello staff di Feliz, disegno e seguo la produzione di arredi d’interno e durante l’ultimo Salone del mobile abbiamo esposto la nostra prima linea presso EDIT@brera design district. E siamo già selezionati per lo show a Londra che si terrà il prossimo settembre».
FABIO BAVASCHI: IDEE IN MOVIMENTO
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e ispirazioni arrivano dai viaggi, ma credo sia perché mentre giri il mondo hai la mente libera quindi più aperta a far entrare nuove prospettive e idee. Gli imput in questo lavoro arrivano da nuovi luoghi, diverse culture e altri modi di rapportarsi alla realtà», racconta Fabio Biavaschi durate l’intervista - interattiva e intercontinentale. Nasce nel 1982 a Cantù, studia a Milano, si trasferisce a Londra per lavorare nello studio di Marc Krusin come product designer e dopo un anno rientra in Italia per lavorare come freelance. Ma Fabio non sta fermo un attimo e dopo aver fondato il GenuineDesignStudio, con il quale ancora collabora, e il SuperMatite_GenuineDesign, collettivo creativo che si occupa di organizzazione di eventi legati al Design ed all’Arte, nel 2012 incontra Yaxer Brad, designer Iraniano con il quale collabora e condivide uno studio a Teheran. «Cerco di viaggiare il più possibile. Cerco nella natura qualche ispirazione, a volte mi rendo conto di essere condizionato da forme e colori che si trovano nei paesaggi, nel verde e mi piacerebbe riprodurli ma sono ben consapevole che è impossibile ricre-
are quello che fa la natura», racconta Fabio che, non a caso, ora si trova in Australia a fare esperienza e a cercare ispirazioni e magari un lavoro come designer. «Negli anni mi sono accorto che spesso la prima idea che mi viene è sempre la migliore. Anche se cerco altro poi alla fine torno sempre sulla prima idea per lavorarla e plasmare il lavoro che avevo in mente fin dall’inizio, raffinandola, ovviamente. Quindi più che ispirazione io direi che si tratta più di istinto o di impulso», spiega. Ben diversa invece la situazione in cui il lavoro è commissionato da un’azienda: qui ci si può mettere poca creatività, si parte con le mani legate, è il compromesso che bisogna accettare se si vuole campare. «Sono solo tre anni che faccio il freelance, sono partito da zero tra l’altro in un periodo piuttosto difficile, eppure sono riuscito a combinare qualcosa che va oltre le mie aspettative». Biavaschi espone a Milano, al FuoriSalone, ma anche allo Spazio Pelodrilli di Treviso e alle Officine senza tempo di Menaggio. Vince il primo premio al concorso “Tra le briccole di Venezia (Riva 1920)” con la seduta per esterni Lagoon e diversi awards con il sistema modulare Faboulou’s Wall e le lampade Strumml. «Se devo dare una preferenza ai miei lavori di sicuro sono orgoglioso di quelli realizzati in cartone. È partito tutto per gioco ma poi è diventata una sfida. Il cartone è un materiale difficile da lavorare, ma la gente ha apprezzato molto». Fabio è umile, e questo lo porterà lontano: «Non ho mai pensato di diventare davvero un designer, ancora non ci credo di poter viaggiare ed essere libero di fare il lavoro che amo».
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FILIPPO MAMBRETTI: UNA FINESTRA SULL’ITALIA
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ive a Chiasso perché il lavoro l’ha portato in Svizzera, ma dalla sua camera vede l’Italia. «È come avere solo un mezzo piede fuori dall’Italia. Lavoro lì ma la testa e soprattutto il cuore ce l’ho a Como, dove tra l’altro torno tutti i giorni a mangiare...», racconta Filippo. Trentadue anni ha in tasca una doppia laurea al Politecnico di Milano, una in product e l’altra in forniture design, dice che stare all’estero ti dà più libertà d’azione anche sul mercato italiano. Durante l’ultimo anno di università inizia a collaborare con lo Studio Italo Rota, poi con il Designer Francesco Murano, di MayDayDesign e SpheraDesign. Alla domanda “cosa avresti fatto se non avessi fatto il designer” risponde: «Non ne ho idea perché la scelta di seguire questa strada l’ho presa che ancora ero al liceo. Un giorno arrivò a farci visita Bruno Munari. Io non avevo nemmeno idea di chi fosse, ma mi folgorò e ne rimasi affascinato. Decisi così di buttarmi nella progettazione. Ancora oggi traggo ispirazione dai suoi lavori», racconta Filippo che rimane comunque con i piedi per terra. «L’ispirazione arriva sempre dai
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grandi maestri che hanno fatto la storia del del design italiano ma noi “siamo nani sulle spalle di giganti”. Non siamo nulla in confronto a chi ci ha preceduto, lavoriamo assecondando le necessità del mercato talvolta rinunciando al nostro stile personale per accontentare la richiesta e per non rischiare di perdere il lavoro». Filippo, dopo qualche anno al Politecnico ci è tornato, ma con le vesti d’insegnante, poi finalmente apre il suo studio Mambrò Design e partecipa, e vince, al contest CNA di Prato “La casa del terzo millennio” con l’oggetto che è la sua punta di diamante. La poltrona “Illusione”. «Alla base di questo progetto c’è una ricerca spaziale che mi ha portato a concepire una seduta che sfrutti il volume in maniera alternativa, questo prodotto pur occupando uno spazio tridimensionale, è in realtà composto da assi percettibili come piani bidimensionali. Tra l’altro il nome illusione, nasce dalla finitura nobilitata che caratterizza le facce dei pannelli in multistrato di betulla: le due facciate sono di diversi colori che danno appunto l’illusione che la poltrona cambi colore girandoci attorno», spiega il designer.
UN AMORE NATO COSÌ
Il nuovo romanzo di Giuseppe Guin A FINE GIUGNO IN LIBRERIA Dello stesso autore: “Qui non succede niente” (romanzo - 2006 - Dominioni Editore - 6 edizioni) La trilogia sulla storia di Elisa Vanelli “L’amore imperdonabile” (romanzo - 2009 - Book Editore - 4 edizioni) “Io ti aspetto qui” (romanzo - 2010 - Book Editore - 3 edizioni) “Portami al lago” (romanzo - 2011 - Dominioni Editore - 3 edizioni)
ALESSANDRO DOMINIONI EDITORE
Copertina: Fotografia, Enzo Pifferi - Grafica, Silvano Perego - Attrice, Laura Negretti
La storia misteriosa di due amori proibiti scuote il piccolo borgo di Carate, sul lago di Como, agli inizi degli anni ‘50. La vita segreta della bella Clarissa e il mistero del Toni che scompare ogni venerdì notte. Le orazioni delle zitelle pettegole e la Gina del Pesàt, figlia del peccato. Le indagini del maresciallo Anselmi e i sermoni del vecchio prevosto. La lögia che aspetta gli uomini nella sua casa di Careno e la strìa che predice vita e morte. Intrighi, passioni e relazioni inconfessabili. Sono amori finiti e sogni di un amore.
QUELLE CHIACCHIERE
AL LAVATOIO UNA RICERCA STORICA SUL TERRITORIO DELL’ERBESE E DELLA BRIANZA È ANDATA ALLA RISCOPERTA DI UNO DEI LUOGHI TIPICI CHE ANIMAVANO LA VITA DEI PAESI
di Veronica Fallini foto di Alberto Bionda e Morena Rigamonti
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acqua irrompe cristallina sulla pietra, sprigionando tutta quell’energia naturale che l’uomo ha saputo sfruttare nei millenni. È questo il fascino segreto dei lavatoi, testimonianze apparentemente minori di una forza che oggi, forgiata ed applicata, arriva ad esprimersi ai più alti livelli tecnologici. Ma i lavatoi sono anche la traccia di generazioni silenziose che modificarono il territorio per la sopravvivenza e ci consegnano un patrimonio di saggezze di cui solo oggi riscopriamo il valore.
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TESTIMONI DI UNA STORIA In questa pagina: uno storico lavatoio sul lago, quello di Parravicino di Erba, quello situato a Buccinigo, e a Cassina Mariaga.
Nella pagina accanto: Il lavatoio di Crevenna quello di piazza Castello a Erba quello di Buccinigo e, sotto, quello conservato in frazione Rovere.
La figura mitica della lavandaia è entrata nell’immaginario come pettegola, attaccabrighe, maldicente, ma gran lavoratrice
Se a Milano il famoso Vicolo dei lavandai è considerato un monumento nazionale la loro presenza tra le difficili valli brianzole appare quasi in una luce eroica. Il freddo e le privazioni rendevano ingrato il lavoro dei contadini, ma sulle donne gravava il compito di provvedere a tutte le necessità della famiglia. Immergere i panni nell’acqua gelida per toglierne tutte le impurità era fra queste. È nata in questo scenario, metà caricatura, metà anonima lavoratrice, la figura mitica della lavandaia. Dell’immaginario che anima il suo mondo non si contano le sfaccettature. Pettegola, maldicente attacca brighe oppure lavoratrice, arguta, generosa e schietta. Come accade per le voci di popolo, tutto ciò è vero in qualche misura. A descrizione emblematica di questo personaggio basta la lettera ritrovata nell’archivio di Moltrasio in cui una signora indignata lamenta le “maldicenze” della sua vicina di vasca e il continuo fare del lavatoio un “post di bagul”, dove cioè si raccontano solo chiacchiere. La recente riscoperta di queste tradizioni ha stimolato un nuovo interesse per i lavatoi. Appassionati di fotografia hanno iniziato, quasi per gioco, una sorta di caccia al lavatoio dimenticato tra i borghi lariani ed esperti di storia locale stanno conducendo un attento e documentato lavoro di ricostruzione storica, come quello di Alberta Chiesa, in gran parte ancora inedito, sui lavatoi tra Erba e i vicini paesi. «L’interesse per i numerosi lavatoi in me, che per passione conduco ricerche sulla storia locale, è nato anni fa da una suggestiva mostra fotografica dei coniugi erbesi Alberto Bionda e Morena Rigamonti - dice Alberta Chiesa - Attraverso 54
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l’analisi dei documenti dell’archivio ho ricostruito i due secoli di storia, dagli inizi dell’Ottocento ai giorni nostri, di questi “testimoni” della dura vita e delle quotidiane fatiche delle donne del popolo, spesso dimenticate. A loro, con i miei studi, desidero restituire quel po’ di riconoscimento, che in realtà non hanno mai avuto». E talvolta il recupero di una testimonianza è nato come reazione ad una scarsa se non nulla considerazione per una delle tante varietà culturali del nostro territorio. Ne sanno qualcosa proprio Alberto Bionda e Morena Rigamonti, di loro camminatori e fotografi da sempre, diventati escursionisti della memoria per passione. «È iniziato tutto quando mi sono trovato davanti la scena del
lavatoio di una piccola frazione delle nostre parti abbattuto dalle ruspe - racconta Alberto Bionda - Davanti a quello spettacolo così triste mi sono sentito profondamente impotente. A tutti i costi ho voluto fare una fotografia. Mi dicevo, almeno avrò un ricordo, un modo per salutarlo. Perché un lavatoio, almeno per quelli della mia generazione, è entrato nella vita di tutti noi. Era lo sfondo naturale delle nostre avventure da bambini. Da quel momento le nostre passeggiate sono diventate per metà itinerari dedicati, per metà reportage». E dai borghi tra le curve del lago si può partire per un mini tour fra pietre e memorie. È in quel di Bene Lario che oltre alla testimonianza del grande lavatoio in granito poco lontano l’abitato, prende la parola documenta di una protagonista di
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questo mondo. La sua storia passata di bocca in bocca è stata tenerezza per quanto sono ingenui, ma per quei gruppetti di raccolta da Fermo Buzzi nelle “Note di storia locale” di Bene donne era uno dei pochi divertimenti». E che quello dei laLario, 1995. Lei è Aibella, «una donna del paese con un mavatoi fosse un mondo rigorosamente femminile risulta chiaro rito lontano per lavoro che doveva badare a tutto da sola. Si fin dalle memorie familiari. alzò quindi prestissimo per andare a lavare i panni al lavatoio «Si dice che le donne fossero dure e pettegole - continua Modi Lembra, poco fuori dal paese. Era ancora notte fonda e si rena - ma l’ambiente circostante non era meno aggressivo. stupì quando vide una donna che l’aveva anticipata. Questa Nella mia stessa famiglia il rito del lavatoio aveva regole prelavava a capo chino presso la fontana, ma quando alzò la tecise. Davanti alla vasca esisteva una ferrea gerarchia di turni sta Aibella riconobbe una donna morta anni prima che ora e anzianità. Abbiamo trovato indicazioni segnaposto persino l’apostrofava con la faccia bianca come cera “Te feet un bel dì nei lavatoi più piccoli. Era una realtà molto rigida. Quello Aibella perché el to sang al bui el che è certo è che era l’unica in mé el fa tera” (Fai un bel dire, tu cui comandavano le donne. Il Il lavatoio del paese, unico luogo lavatoio era per le contadine il Aibella, perché il tuo sangue bolle e il mio fa terra). Spaventata l’Aicorrispettivo dell’osteria per gli dove comandavano le donne, bella corse a casa, ma nella foga di uomini. Ecco perché sono luoghi aprire la porta si sentì trattenuta così pieni di memorie». una sorta di corrispettivo per la vestina l’ampia sopraveste È la stessa nuda pietra, forgiata e delle osterie per gli uomini che portavano le donna. La stoffa sagomata da anonimi quanto proera rimasta impigliata in un chiovetti artigiani, che spesso raccondo della porta, ma l’Aibella pensò ta delle storie. Sono molteplici le che fosse la donna dalla faccia di cera a trattenerla. Fu così forme e le architetture impiegate per la captazione e il goverche per la gran pagura, cadde a tera seca di crapacoer (per la no delle acque. I più diffusi sono i lavatoi pubblici dotati di grande paura cadde a terra morta di crepacuore)». La storia grande vasca comune, talvolta ricavata da un unico blocco di di Aibella con altri nomi e altre località l’aveva sentita anche pietra. Esempi tipici si trovano a Lanzo, Carlazzo, Griante, Morena Rigamonti, che chiude con Alberto la coppia dei Ramponio Verna. A Brienno si lavava addirittura con veduta “cacciatori di lavatoi”. panoramica: la vasca dalla spaziosa terrazza di via Cappella «Nel racconto che è arrivato fino a me cambiavano alcuni abbraccia il lago e tutto l’anfiteatro prealpino. particolari, ma ovviamente era rimasto invariato l’effetto sorAntiche e per certi versi misteriose sono le ampolle circolari, presa - precisa Morena - A noi oggi questi raccontini fanno come si vede a Casasco o fino a qualche tempo fa a Dasio, 56
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LUOGHI DA CONSERVARE
Nelle zone dell’erbese e della Brianza, ma anche del lago, del canbturino e dell’Olgiatese ogni paese conserva proprio nei lavatoi la memoria del proprio passato.
frazione montana del Comune di Valsolda. Nella memoria collettiva sono legate a leggende e tradizioni quasi del tutto scomparse. Era ritenuta un’abilità quella di specchiarsi nell’acqua delle panee, come venivano chiamate le vasche rotonde, senza incontrare lo sguardo de stree gli spiriti maligni che viaggiavano nell’aria. Ed era ancora la paura al centro della sfida che le donne si lanciavano mentre immergevano i panni al lavatoio. La più coraggiosa avrebbe dovuto, una volta scesa la sera, allontanarsi dal gruppo e andare a piantare un fuso oltre il cancello del cimitero. Se fosse riuscita nell’impresa avrebbe spavaldamente invitato le altre a convincersi con i loro occhi una volta fatto giorno. Quando poi l’abilità manuale diventa opera d’arte, ecco veri gioielli di architettura, come il prezioso lavatoio ottagonale di Tavorno, nella frazione di Porlezza. Fino al 700 è stato una tappa obbligata per i pellegrini che soggiornavano presso l’ospedale poco distante. Il “conventino”, come veniva chiamato, dispensava i rimedi medici dell’epoca, ma il lavatoio, oltre a un’acqua nota per i suoi benefici, forniva frescura, riposo e raccoglimento. Oggi il lavatoio sta nella moderna piazza Ricci, ma sedersi e recuperare quella dimensione è un attimo. Bisognerebbe solo farlo più spesso.
È RINATA LA FILANDA di Luca Meneghel foto Stefano Maria Bartesaghi
AD ARCELLASCO I FRATELLI GIORGIO ED ENRICO ZAPPA HANNO AVVIATO UN PROGETTO DI RECUPERO INTEGRALE DELL’ANTICO IMMOBILE. UN LAVORO DURO E QUASI ESCLUSIVAMENTE FEMMINILE QUELLO DELLA FILANDAIA, CHE DAL SETTECENTO ALLA METÀ DEL NOVECENTO HA INTERESSATO GENERAZIONI DI DONNE ERBESI E BRIANZOLE
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dalla metà del Novecento che non si vede più un filo di fumo. Ma quella ciminiera che svetta nel cielo di Arcellasco, grigia con la punta rossa, è diventata un simbolo. Della città di Erba e di un’epoca leggendaria, gli anni in cui il territorio era costellato dalle filande che sfruttavano la forza propulsiva della roggia Molinara. Molte di quelle strutture ora sono scomparse, scalzate da industrie moderne o supermercati. Quella di Arcellasco, la filanda del Mornerone detta la Palazzina, è stata rilevata nel 1970 dalla famiglia Zappa: lì hanno insediato l’azienda di serramenti Falpe, ma i muri e la storia sono rimasti quelli di una volta. Con tutti i crismi del ministero dei Beni Culturali, che ha bollato l’ex-filanda come uno dei pochi esempi di architettura industriale storica ancora presente nell’Erbese. Per almeno quarant’anni, dismessa l’attività di filatura, molte stanze della Palazzina sono rimaste vuote. Ma due anni fa i fratelli Giorgio ed Enrico Zappa hanno avviato un progetto di recupero integrale dell’immobile che comprende anche uno spazio espositivo dedicato a mostre ed eventi culturali. 60
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L’Opificio Zappa - questo il nome dell’officina creativa - è stato inaugurato il mese scorso e ha riaperto alla città le porte di un mondo a lungo dimenticato. Difficile, se non impossibile, parlare oggi con qualcuno che abbia lavorato in quei luoghi. L’attività della Palazzina è cessata tra gli anni cinquanta e sessanta; il dopoguerra, in questo settore, ha segnato la fine di un’epoca. Lo sa bene Franco Brusadelli, assessore alla Cultura del Comune di Erba: «Ero solo un ragazzino, ma ricordo bene mia zia Maria Rigamonti. Era nata nel 1910 e a tredici anni, come accadeva all’epoca, aveva smesso di studiare per lavorare in filanda. Proprio alla Palazzina, dove è stata impiegata per diverso tempo». Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, racconta Brusadelli, «nelle filande lavoravano tutte donne. Alla Palazzina saranno state una cinquantina di operaie, abitavano a Erba e nei paesi limitrofi. Lavoravano per la ditta Taroni di Como, che aveva acquisito l’attività nei primi anni del Novecento, ed era un lavoro davvero estenuante: molto più che lavorare in tessitura. La fabbrica venne dismessa verso la fine degli
LA SCOMMESSA
Nella vecchia filanda di Arcellasco, Giorgio ed Enrico Zappa hanno avviato un progetto di recupero integrale dell’immobile che comprende anche uno spazio espositivo per mostre ed eventi culturali.
anni Cinquanta, poi nel 1970 lo stabile venne acquistato da ‘Mama mia mi sun stufa’, dove con aspre e precise parole, la Giuseppe Zappa e riconvertito». filandaia denuncia le sue condizioni di lavoro, concludendo Un lavoro duro e prettamente femminile quello della ficon questi versi: “Quando poi sarò in campagna i miei cololandaia, che dal Settecento alla metà ri ritornerai”». Fino alla prima metà del Novecento ha interessato genedell’Ottocento, ricorda Marieni, «le razioni di donne erbesi e brianzole. filande non erano che edifici di cam«E gli uomini aspettavano Anche il giornalista Emilio Magni, pagna di proprietà del padrone della memoria storica della città, era solo le ragazze fuori dalla filanda terra, nei quali si lavorava solo d’eun ragazzino negli ultimi anni di state. Più tardi, con lo sviluppo della ma erano troppo stanche attività delle filande cittadine. «Ma torcitura a vapore, le filande divenricordo di un mio amico - racconta nero numerosissime, spesso in mano per farsi fare la corte» - che aveva qualche anno più di me. agli stessi mercanti di seta». La sera andava ad Arcellasco, lì c’era Ma le operaie restavano sempre le appunto la Palazzina ma anche la Restesse. «Contadine che per arrotonsiga (dove oggi ci sono le scuole elementari, ndr). Aspettava dare il magro bilancio di famiglia accettavano situazioni di che le ragazze uscissero dalle filande, ma diceva che a fine lavoro pesantissime, dalle undici alle quattordici ore giorturno erano troppo stanche per farsi fare la corte…». naliere, in condizioni igieniche spesso malsane e con salari Non è un caso, osserva l’architetto Antonello Marieni, «che bassissimi». Marieni - il quale ha studiato la vita in filanda una delle canzoni più conosciute tra i canti della filanda sia per il suo libro “Magia della seta in Brianza” - ricorda che le
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filandaie «spesso percorrevano molti chilometri per andare e tornare dal luogo di lavoro, a volte rientravano a casa solo la domenica. Non era certo una vita facile». Esplose sul territorio nell’Ottocento, le filande non mancavano anche nel secolo precedente. «Nel diciottesimo secolo - ricorda Marieni - erano molto diffuse in Vallassina, tra Canzo e Asso. Caslino d’Erba aveva uno dei pochissimi mulini da seta mossi da forza idraulica, in grado di lavorare con continuità. Il gestore era un certo Antonio Morelli, che aprì l’omonima filanda nel 1716 su un precedente mulino da grano». Una storia simile a quella della Palazzina, come racconta lo storico erbese Giorgio Mauri. «L’attuale sede della Falpe era una delle tante filande sorte sull’asse della roggia Molinara, per sfruttare la forza propulsiva dell’acqua. In origine era un mulino da grano e tra i primi proprietari figura la nobile famiglia Carpani di Pontelambro, la quale possedeva altri edifici lungo il corso della roggia Molinara». Alla fine del Settecento venne riconvertita in filanda tradizionale e nel 1876 la ditta serica Pedroni e Cavadini l’acquistò trasformandola in filanda a vapore. «Io la ricordo già dismessa negli anni sessanta - dice Mauri - ma per lungo tempo, dai primi del Novecento, è stata di proprietà della ditta serica Taroni di Como». Poi la seta ha lasciato il posto alla Falpe. 62
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Nel dopoguerra le filande lasciano spazio alle industrie, ma a ricordarle, alla Palazzina, c’è ancora una ciminiera
Parlare delle vecchie filande erbesi significa fare i conti con un universo economico imponente. La storica Alberta Chiesa ha passato diverse settimane tra archivi e documenti d’epoca, per ricostruire l’entità di quel mondo. «Secondo una rilevazione del 1679 - dice - nella plaga erbese erano in funzione 11 molini di seta a Carpesino e quattro a Erba; altri due, ma inattivi erano registrati ad Arcellasco». La svolta è nel Settecento, quando i proprietari terrieri imposero ai contadini la coltura dei gelsi: «Alla fine del Settecento, il paese di Ponte era addirittura a capo di una ricettoria che comprendeva 22 centri. Nei soli sette Comuni che daranno poi vita alla città di Erba, c’erano 16 filatoi in cui lavoravano
97 uomini e 455 donne». All’epoca le filande erano in funzione da giugno a settembre «e tra le donne non mancavano purtroppo bambine di cinque anni». Si trattava di lunghi edifici a due o tre piani, riconoscibili anche da lontano per loro svettanti ciminiere. «Ma in questo periodo - ricorda la Chiesa - venne ricavata una filanda anche in un’ala del castello di Pomerio, che insieme alla Palazzina resta una delle poche testimonianze di quell’epoca. Delle moltissime filande nate tra Sette e Ottocento, nei primi del Novecento erano attive la Porro a Crevenna, Frigerio e Clerici a Erba, la Resiga ad Arcellasco, la filanda del Mornerone (oggi Falpe), la Corti nel Castello di Pomerio, la Valaperta in Prevalle. Davano a molte donne un lavoro ormai stabile ed erano considerate il nerbo forte dell’economia locale». Fino al dopoguerra, quando le filande lasciano spazio a industrie più moderne. Ma a ricordarle, almeno alla Palazzina, c’è ancora una ciminiera che svetta in cielo.
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di Laura D’Incalci STORIA E PROGETTI DE “LA NOSTRA FAMIGLIA” NEL CINQUANTESIMO DI FONDAZIONE. DAL CARISMATICO DON LUIGI MONZA ALLO SPIRITO PIONIERISTICO DI ZAIRA SPREAFICO. OGGI UNA REALTÀ CON 30 SEDI IN ITALIA, OLTRE 2.000 OPERATORI E 30.000 PAZIENTI
LA NOSTRA FAMIGLIA LA CURA PRESA PER MANO mag
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uardi, questo è Zaccaria, era così quando siamo arrivati qui»: mostra il display del telefonino con il suo bimbo che pare addormentato, in realtà era inerte, quasi paralizzato. «Aveva due anni e mezzo e non c’erano speranze di ripresa» racconta Magid, originario del Marocco in Italia da una decina d’anni, che oggi ricorda il tragico incidente d’auto che gli ha portato via sua moglie lasciandolo con un bimbo che aveva perso ogni possibilità di movimento e autonomia. «Qui in questa struttura il mio bambino ha ricominciato a muoversi, ha ripreso persino a camminare» dice indicando il piccolo seduto accanto a lui al tavolo della mensa. È una delle tante storie che documentano gli esiti di metodi e terapie d’avanguardia, soprattutto documentano l’attenzione ad ogni paziente, ad ogni singola vicenda che apre sfide inedite, appas-
Lo studio è tra le priorità, con duecentocinquanta studenti, impegnati in tre corsi di laurea e più di mille in formazione 66
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sionanti, decisive. E non può che iniziare da una storia come questa, da un microcosmo dove sofferenza e limite incrociano un’improbabile prospettiva di accoglienza e di competente sostegno, il viaggio fra i padiglioni de La Nostra Famiglia di Bosisio Parini che quest’anno taglia il traguardo di 50 anni di attività. Da una struttura all’altra dell’imponente complesso situato in un’area di oltre 236 mila metri quadrati, la mission è una sola, riassunta nella volontà di condividere fino in fondo e di alleviare le difficoltà dei soggetti provati da disabilità e patologie invalidanti. Da questo intento è nata una realtà d’eccellenza che comprende reparti ospedalieri dedicati all’attività clinica e di ricerca scientifica nel campo della neuroriabilitazione, in particolare per la fascia dell’età evolutiva. Oggi la divisione ospedaliera conta 112 posti letto di ricovero ordinario, 13 di day hospital, 55 di Mac (Macro attività ambulatoriale ad alta complessità) per 29.426 giorni di ricovero (relativi al 2012), 9241 prestazioni tra day hospital e Mac, 39.544 prestazioni ambulatoriali, 121.007 esami diagnostici. Lo stesso Polo comprende il Centro di Riabilitazione che offre un’unità residenziale con 40 posti letto, un centro diurno per 260 utenti e, sempre in riferimento ai dati del 2012, un ambulatorio che effettua 40mila interventi riabilitativi. Un altro capitolo è aperto sul fronte della formazione che coinvolge 250 studenti in tre Corsi di Laurea, 50 utenti in formazione superiore e
RICERCA E INNOVAZIONE
Alla base dei traguardi raggiunti in questi anni de La Nostra Famiglia c’è la scelta di investire nella ricercda e nella innovazione.
1240 utenti in formazione continua. Se l’impatto con il complesso di Bosisio Parini, vera cittadella nel verde, consente di misurare al colpo d’occhio il consistente volume di attività e servizi, solo quando si inquadrano nel dettaglio le specifiche prestazioni in campo diagnostico e terapeutico, si coglie l’affronto capillare e personalizzato, improntato a metodi e soluzioni avveniristiche. Solo per citare due indicatori, i progetti riabilitativi individuali, in un anno, sono stati 1708 e nel campo della ricerca (per la quale sono previsti 1200 metri quadri di laboratori) nell’ultimo biennio si è registrato un incremento del 51% delle pubblicazioni scientifiche. Un altro esempio, a conferma di un’attività in continua evoluzione e aggiornata sulle varie problematiche, riguarda l’Unità di Psicopatologia dello sviluppo che dedica ben 55mila ore ai bambini e alle loro famiglie prendendosi cura dei piccoli in età evolutiva con problemi di apprendimento del linguaggio, disturbi da deficit di attenzione, emozionali o relativi al comportamento alimentare quali anoressia e bulimia. La stessa Unità è Centro regionale per le psicosi infantili e, in particolare per l’autismo, effettua diagnosi precoce e presa in carico clinica e riabilitativa fin dalle primissime fasi dello sviluppo. «Nei decenni sono cambiati notevolmente i contesti, il tipo di bisogni ed emergenze» nota Carla Andreotti, impegnata fin dagli esordi nell’opera prefigurata dal carismatico sacerdote don Luigi Monza dichiarato beato nel 2006. «Un tempo venivano definiti “minorati”, termine scomparso dall’odierno linguaggio, i ragazzi che presentavano qualche anomalia, destinati per tanti diversi motivi all’emarginazione sociale» ricorda mettendo a fuoco il motivo di fondo che aveva fatto decollare le prime iniziative nel periodo del dopoguerra, dal corso di formazione per gli operai all’accoglienza di orfani o alla comunità per i figli dei detenuti politici. «Secondo il nostro fondatore, non era importante definire quali iniziative
LE CELEBRAZIONI PER I CINQUANT’ANNI Per i 50 anni di storia de la Nostra Famiglia di Bosisio Parini sono in calendario diversi appuntamenti. Dopo la visita del Cardinale Angelo Scola lo scorso 31 maggio e la festa popolare del 16 giugno “Sciogli le mani, danza la vita”, il prossimo 11 ottobre sarà messa a tema la ricerca scientifica con le sue grandi sfide in un incontro alle ore 19. Inoltre il 19 ottobre è in programma un convegno sul welfare sanitario intitolato “50 anni dalla parte dei bambini: sguardi al passato e scenari futuri”. La cerimonia conclusiva è fi ssata il 30 novembre con la celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Franco Giulio Brambilla vescovo di Novara.
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«Ma qui nessuno si arrende e c’è la massima attenzione ad ogni minimo particolare per cercare di procurare sollievo a chi è in stato di sofferenza»
intraprendere, ma era chiaro che l’opera doveva essere una testimonianza di carità» aggiunge ricordando il primo nucleo di attività a Vedano Olona e poco dopo a Ponte Lambro. Un incontro fra Clara Cucchi, una delle prime “Apostole della carità” come si definiscono le seguaci di don Monza che proseguirono nel suo solco, e il professor Vercelli dell’Istituto neurologico Besta di Milano, aprì la prospettiva di una dedizione particolare ai bambini con handicap accolti e assistiti con la supervisione dei medici. Una scelta che si rivelò corrispondente ad un’esigenza molto diffusa, tanto che la sede di Bosisio Parini fu l’esito della necessità di ampliamento delle attività. «La prima pietra fu posata nel 1960 dal cardinal Montini allora arcivescovo di Milano» racconta ancora Carla Andreotti ripercorrendo le tappe di un’espansione rapidissima e ricordando lo spirito pionieristico di Zaira Spreafico, indimenticabile protagonista fin dalla prima ora. «Nel ’63, pre-
cisamente 50 anni fa, veniva inaugurato il primo padiglione allora circondato dai campi di granturco - prosegue - e successivamente, in un solo decennio, ne sono stati edificati altri quattro seguiti, diversi anni dopo, dagli ultimi due dedicati alla formazione e ai ricoveri ospedalieri». Girando oggi fra le strutture realizzate da La Nostra Famiglia a Bosisio Parini, attrezzate con le apparecchiature più avanzate per una medicina specialistica d’eccellenza, quell’impronta iniziale affiora con evidenza, confermata e sostenuta da una serie di realtà che collaborano con la stessa opera, fra le quali spicca l’Istituto Scientifico Eugenio Medea, impegnato nell’innovazione e nella ricerca, sempre in linea con l’intuizione del beato Luigi Monza convinto che «scienza e tecnica devono essere a servizio della carità». I primi ad apprezzarne gli esiti, un tempo come oggi, sono i pazienti che approdano a Bosisio, a volte anche da altre regioni: «In questo posto mi si è aperto un mondo paradisiaco» dice la mamma di Claudia, 17 anni, colpita da anossia cerebrale per un arresto cardiaco due anni fa. «Vengo da Torino, ma non avevo mai trovato un luogo di cura dove viene realizzato il massimo per garantire le condizioni di vita migliori, anche in situazioni gravissime. Qui nessuno si arrende, c’è la massima attenzione ad ogni particolare per procurare sollievo…Leggevo su un pannello della mostra (realizzata per il 50° anniversario ndr) che la malattia può essere inguaribile, ma è sempre curabile. Qui lo si vede e ci si sente confortati».
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L’IMPEGNO DEL COMASCO MARIO VIDORI, MISSIONARIO LAICO DA TRENT’ANNI IN PERÙ PER SERVIRE “I PIÙ POVERI DEL MONDO”
«MARCELLINO PANE E VINO» DALLA PARTE DEGLI ULTIMI Si chiama “Marcellino pane e vino” come il famoso trovatello del film che risale agli anni Cinquanta. E oggi indica una realtà di accoglienza per minori realizzata in Perù. È Mario Vidori, missionario laico trasferito una trentina d’anni fa a Lima con l’intento di servire “i più poveri mondo”, l’artefice del progetto suscitato da un fatto imprevisto. «Dopo i primi tempi di attività fra la gente più misera e abbandonata nelle periferie della capitale, Mario era stato inviato dal vescovo locale ad Huamachuco, una zona assediata dai terroristi del Sendero Luminoso», racconta la sorella Maria Teresa che da Lurate Caccivio, paese d’origine della loro famiglia, ha sempre seguito e sostenuto la missione molto delicata e rischiosa condotta sulle Ande, a 3200 metri, dove una squadra di guerriglieri, in nome della rivoluzione, produceva efferate violenze e seminava morte aggravando la situazione di miseria. «In quel contesto, fra continui spostamenti per visitare le comunità locali e portare aiuto, un giorno procedendo su un sentiero, Mario ha trovato un neonato abbandonato, lo ha raccolto e
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se ne è preso cura», ricorda la stessa Vidori evidenziando la prima scintilla di un’opera di accoglienza dei minori che nel tempo ha sviluppato iniziative rilevanti in campo educativo. «Negli anni sono stati organizzati diversi corsi di sostegno allo studio volti a rendere indipendenti i ragazzi» precisa citando la scuola di agraria, i laboratori per la produzione di ceramiche, tappeti e altri manufatti artigianali sorti insieme a luoghi di riferimento per le famiglie e per gli studenti. «Si tratta di scuole riconosciute dalle autorità locali, recentemente è stata avviata anche un’università popolare», riferisce Maria Teresa che condivide a distanza la stessa appassionante missione. «Mi occupo della raccolta fondi a sostegno dell’associazione “Progetto Amico Marcelino pan y vino” Onlus, ma soprattutto cerco di far conoscere una grande opportunità anche per i nostri giovani che possono vivere un’esperienza di volontariato sulle Ande», dice segnalando il coinvolgimento di giovani comaschi che decidono una “vacanza alternativa” per sostenere il missionario laico nella sua impresa.
UNA VITA SULLE PUNTE
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di Sara Della Torre PASSIONE, FATICHE, DETERMINAZIONE E SUCCESSI DI UNA CARRIERA SUL PALCO LA STORIA DI BARBARA PROTTI, DAL TEATRO ALLA SCALA ALL’EMOZIONE DEL SOCIALE
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n punta di piedi, ha ballato sui palcoscenici di tutti i teatri dell’Opera nelle città più importanti del mondo. A dodici anni, alla Scala di Milano, ha volteggiato ne “Lo Schiaccianoci” a fianco di Rudolf Nureyev. Lavorando nella compagnia di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu, ha incontrato tutti i più grandi professionisti della danza classica. Dopo trentacinque anni di carriera, ritornata nel capoluogo lariano, Barbara Protti lo ammette: è il palco del Teatro Sociale, quello dove ha provato l’emozione più forte, danzando, nel 2001, da professionista affermata, come “prima ballerina”, davanti ai suoi genitori. Ancora oggi, si commuove e le lacrime si fondono con le parole. «Fu, per me, il coronamento di un sogno, perché tutti i loro sacrifici erano stati ripagati». Mamma e papà erano stati lungimiranti: a sei anni l’avevano iscritta, come tante bimbe della sua età, alla scuola di danza e a 11 anni, quasi per scherzo, su suggerimento dell’insegnante, l’avevano incoraggiata a tentare il provino alla Scala di Milano. «Non erano animati dalla brama dell’agonismo. Hanno solo rispettato una passione. Al provino mi presero e la nostra vita cambiò. Mi pagarono il Collegio a Milano e sostennero tante spese per farmi ballare. Ho cominciato la mia carriera, in solitudine, con fatica, rinunce, abnegazione. Ma, la danza ce l’hai nel Dna, e io sentivo una passione fortissima, che mi spingeva a superare ogni difficoltà». Oggi, a cinquantuno anni, Barbara Protti, nel suo negozio “vintage” di via Vittani, conserva fattezze e movenze leggere, delicate, che nascondono, però, una rigore severo verso se stessa e gli altri, segreto del suo successo. «La danza, come tutte le carriere agonistiche, ti mette davanti a dure prove. Ho pianto molto e ho preso tante bastonate. A 25 anni volevo smettere perché l’intensità degli allenamenti mi aveva logorato. Chiesi alla mia maestra consiglio. Lei mi propose una pausa di sei mesi dagli spettacoli, ma mi suggerì di mantenere l’insegnamento. Accettai. E dopo tre mesi il desiderio del palcoscenico fu più forte e andai io a chiedere di rientrare».
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Informazione pubblicitaria
Di VINCENZO MONTANA Docente di Terapia Manuale, ideatore del metodo Nudorsfm1989 per eliminare il dolore cervicale-dorsale-lombare.
Guarire si può
Il metodo NUDORSFM per alleviare il dolore, una tecnica di terapia manuale applicata a livello articolare
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na tecnica che nasce dalla medicina popolare. L'origine delle manipolazioni articolari ha una storia lunga di secoli. Ancor prima che si sviluppasse il concetto di medicina e cure mediche, il trattamento mediante terapia manuale veniva praticato in tutto il mondo da persone che avevano sviluppato questa tecnica per alleviare il dolore articolare. Fino a qualche decennio fa in molti paesi dell'italia era presente la figura dell'aggiustaossa, che, pur non avendo una vera conoscenza scientifica, erano in grado di “sistemare” distorsioni, sub-lussazioni e blocchi articolari, utilizzando tecniche che venivano tramandate da padre in figlio. Era una forma di medicina a basso costo dove l'operatore si prestava gratuitamente al trattamento divenendo allo stesso tempo soggetto importante e fondamentale della comunita'. Nel 1970, a causa della morte della nonna, Vincenzo Montana andò a vivere dal nonno, che era un appassionato di biciclette: le riparava e le noleggiava ai paesani. «E' stato allora –spiega - che sono entrato in contatto diretto con il primo aggiustaossa, che aveva appreso queste tecniche da suo padre che, a sua volta, le aveva apprese da suo padre. Così mi trovi, inconsapevolmente e fortunatamente, a fare da allievo al nonno che mi iniziò alla terapia manuale, con tecniche tramandate nella nostra famiglia da circa 240 anni, da tre generazioni. Negli anni che ho trascorso con mio nonno, grazie alla giovane età e alla curiosità tipica di quel periodo, ho assistito ad ogni genere di trattamento e di manipolazione. A quei tempi non sapevo dare un nome ad ogni singolo disturbo, e il più delle volte le persone utilizzavano un linguaggio povero ma specifico, che permetteva di appurare come si era creato l'evento traumatico. Negli anni che seguirono appresi i rudimenti della manipolazione articolare divenendo man mano sempre più sicuro nella manualità e ricevendo la gratificazione del nonno, contento di avere, un degno allievo. Al raggiungimento della maggiore età andai a vivere a Como e mi iscrissi prima al corso di massaggio zonale riflesso del piede, con il maestro Zamboni anch'esso manipolatore e dopo entrai alla scuola di fisioterapia dell’Istituto Ortopedico Galeazzi. Nel 1989, dopo varie esperienze nel campo della terapia manuale, della fisioterapia, e della medicina energetica , nasce il metodo di riequilibrio posturale Nudorfsm da me elaborato e attualmente utilizzato. Dopo l'elaborazione e l'attuazione delle tecniche utilizzate su pazienti con disturbi osteo-articolari, notando una certa efficacia e un buon numero di miglioramenti, decisi di iniziare a divulgare le tecniche con corsi di specializzazione rivolti ad operatori sanitari: medici, fisioterapisti, osteopati, massaggiatori ed operatori nel campo della medicina energetica. Dopo molti anni di studio e di docenza nel campo delle terapie manuali e dopo aver collaborato con vari soggetti specialisti posso affermare, con criterio scientifico, che le manipolazioni che eseguiva mio nonno, che io reputo un Chiropratico non laureato, erano del tutto uguali a quelle che in questi anni ho visto spiegare in ambito universitario e clinico. La cosa che ancora oggi mi lascia a bocca aperta, è il pensiero di come il “vecchio” avesse la conoscenza del corpo senza aver mai aperto un libro di meccanica articolare». Esistono molte tecniche di cura basate sulla terapia manuale, che si prefiggono il raggiungimento del giusto equilibrio del corpo. Ma per quanto possa risultare buona, a volte operare con un singolo metodo può risultare poco produttivo, ai fini del risultato finale. Non siamo solo noi a decidere il "modo" in cui lavorare e con quali tecniche: se volessimo ben riuscire dovremo accettare il fatto che il corpo, volta per volta, potrà chiederci soluzioni diverse a cui dovremmo adattarci per far fronte ad esigenze specifiche. «Dipenderà solo dal nostro grado di preparazione professionale capire quando e come è meglio
intervenire – spiega Vincenzo Montana – Il Nudorfsm è un metodo di cura che nasce nel 1989 dalla necessità di trattare in modo più completo le sindromi dolorose di origine osteo-articolari, muscolari e capsulo-legamentose. Chi subisce un trauma, è destinato a sviluppare nel tempo disturbi su l'intera struttura corporea indistintamente dalla zona interessata. Da questa convinzione nascono le basi del trattamento con il metodo nudorfsm1989: un trattamento generale e non più una stimolazione segmentaria e frammentata del disturbo. Una tecnica terapeutica che considera la possibilità di trattamento di zone collegate direttamente o indirettamente fra loro, con la convinzione che queste possono essere causa o concausa dell'instaurarsi di squilibri posturali , spesso motivo di dolore articolare e muscolare». In che cosa consiste il metodo. E' una tecnica di terapia manuale che si sviluppa attraverso una serie di stimolazioni applicate eseguite direttamente a livello articolare e non muscolare. Per una sindrome dolorosa della spalla il trattamento prevede la stimolazione della zona toracica anteriore e posteriore e delle zone inserzionali dell'omero della scapola, del gomito, polso, carpo e delle falangi della mano. Queste hanno lo scopo di fungere da stimolo per far si che si producano modificazioni sostanziali a livello articolare, capsulo-legamentoso, muscolare, scheletrico e tendineo.Per ottenere una risposta del sistema propriocettico, che si instaura attraverso le manualità eseguite che producono uno stimolo fasciale, connettivale, tendineo, muscolare, cutaneo e viscerale. Queste informazioni a loro volta favoriscono l'attivazione di recettori specifici sensoriali, esterocettori, propriocettori, enterorecettori, recettori vestibolari. ■ Campi di applicazione Cervicalgie, Cervicobrachialgie, Sindromi dolorose della spalla, periartriti, epicondiliti ed epitrocleiti, Dorsalgie, Lombalgie, Lombosciatalgie, Sindromi dolorose degli arti inferiori, Anca, ginocchio caviglia, Medicina estetica pre/post chirurgica, Medicina dello sport, Medicina naturale ed energetica. ■ Controindicazioni Cardiopatie, Malattie del sistema nervoso centrale, Disturbi circolatori di grave entità, Patologie oncologiche (solo con autorizzazione medico-specialistica, Morbo di Sudeck, Gravi forme di osteopoorosi, Astenia, Gravidanza accertata o presunta (dopo il terzo mese previo consulto ginecologico), Patologie a carico del sistema respiratorio. Il metodo viene applicato attraverso una fase detta di valutazione posturale in cui l'operatore visiona il paziente in posizione statica e dinamica. La seconda fase prevede una valutazione con il paziente supino in cui viene effettuato un esame palpatorio dei principali gruppi muscolari a cui fa seguito una valutazione kinesiologica dei muscoli chiamati indicatori di postura. Da queste diverse fasi di valutazione , che vengono registrate su una apposita scheda paziente, si raccolgono i dati che saranno elaborati per l'impostazione del trattamento. L'ideatore del metodo tiene corsi di specializzazione sulla tecnica in Italia e nel Canton Ticino, aperti a tutti coloro che vogliono apprendere queste tecniche di terapia manuale. Per informaziioni sui seminari contattare il 366-2014210 oppure lo 0041764021960
Le luci della ribalta sono un richiamo irresistibile. L’esibizione perfetta è l’obiettivo di vita, come la possibilità di comunicare al pubblico, con il proprio corpo, emozioni. «Ho avuto la fortuna di avere un contratto continuativo con la compagnia con cui ho lavorato. La continuità mi ha messo nelle condizioni di lavorare con costanza e serenità. Non ho mai pensato alla mia attività come ad un lavoro. Certamente chi vive di spettacolo, si muove in una dimensione innaturale, staccata dalla vita reale, perché ritmi, orari, luoghi, sono sempre in cambiamento. Sei completamente concentrata su te stessa e sulla tua esibizione, il resto ti scivola via. Anche la
vita privata ha poco spazio. Per me sarebbe stato impossibile avere figli». Del resto la giornata di una ballerina classica professionista è concentrata solo sull’allenamento e sulla preparazione degli spettacoli: il mattino è dedicato all’allenamento e allo studio della danza, il pomeriggio è assorbito dalle prove per la serata. «Quando sei in tourné, c’è anche lo spostamento per raggiungere il teatro - spiega Barbara Protti - si mangia sempre dopo la rappresentazione e, qualunque sia l’ora in cui riesci ad andare a dormire, il giorno dopo riparti nello stesso modo, con lo stesso allenamento, senza pause, senza giorni di riposo o feste. Lo spettacolo si dice che “ti sporca” e nasce la necessità, ogni giorno di trovare un equilibrio con il proprio corpo e con le difficoltà fisiche». Così la sbarra, le punte, il tutù diventano strumenti per rimodellare il corpo, ganci per superare ogni dolore, obiettivi, mai traguardi. La concentrazione è talmente elevata da
«Le luci della ribalta un richiamo l’esibizione perfetta l’obiettivo, ma la cosa meravigliosa è comunicare con il corpo»
VITA SUL PALCO
Barbara Protti in scena sul palco di uno dei tanti teatri europei dove è stata protagonista.
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DETERMINAZIONE
«Il corpo di una ballerina è continuamente sottoposto a traumi e a fatica ma l’adrenalina ti tiene in piedi e il dolore si percepisce in modo diverso».
rendere il corpo invulnerabile o sordo. «Il corpo di un ballerino è continuamente sottoposto a traumi e a fatica, ma l’adrenalina ti tiene in piedi e il dolore si percepisce in maniera diversa. In tutto il tempo della mia carriera non mi sono mai ammalata. La fatica si sentiva ma ogni giorno veniva sconfitta da un nuovo allenamento. Ogni spettacolo è una sfida con te stessa. Una volta acquisita, questa forza ti aiuta anche nella vita, nelle scelte, davanti agli ostacoli». Così non è strano se l’ortopedico davanti ad una radiografia, pensò ad un errore o ad uno scambio con qualcun altro. «Mi disse - conclude la ballerina lariana - che erano i piedi di una novantenne, perché avevano troppe microfratture. Invece erano proprio i miei». Colpa delle punte e di quella voglia irrefrenabile di non scendere mai.
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MA CHE NON SIA... IL DESIDERIO DI UNA MAMMA Il sogno di diventare una ballerina famosa sta nell’immaginario collettivo di tante bimbe e di tantissime mamme. Sarà il fascino del tutù o delle scarpette, sarà il desiderio di inseguire un ideale di grazia e femminilità che, soprattutto, la danza classica riesce a off rire a chi, poi, la pratica. Barbara Protti, però, mette in guardia le mamme. «Spesso sono solo le mamme a nutrire il desiderio che la fi glia possa intraprendere una carriera di questo genere. Lo trovo sbagliato. La passione deve essere della ragazzina e la famiglia ha solo il compito di accompagnare e sostenere l’idea, senza essere troppo esigente. Noto che oggi i ragazzini sono oberati di impegni e costretti a svolgere troppe attività. È impossibile, poi, coltivare una vera passione». Barbara ammette di essere un’insegnante severa e, anche, di incutere un po’ di terrore. «So di essere temuta. Ma sono convinta che la disciplina si apprenda con moltissimo rigore, con tanto sudore. Non ammetto il “tu” in un rapporto tra insegnante e allievo. Quando vedo il programma “Amici”, che oggi raccoglie tanto consenso tra i giovani, ritengo sia sbagliato comunicare quel livello di confidenza. Il maestro non deve essere messo in discussione. È un riferimento incontestabile, sul quale riporre tutta la fiducia». Quali dritte suggerire alle bimbe che sognano un futuro da ballerina? «Prendere sul serio ciò che si fa, cercare di superare con pazienza ogni difficoltà, non demoralizzarsi mai, rialzarsi dopo le cadute, ricordare che la danza è di chi la fa e, soprattutto, è un’attività totalizzante. Ai genitori posso suggerire di verificare sempre la serietà di insegnanti e scuole. Aspetto che non va mai sottovalutato».
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AVVENTURE E GRANDI SFIDE NEL DESERTO DEL COLORADO. LA PAZZA IDEA DI ANDARE A FARE LA PIKES PEAKS FINO A QUOTA 4 MILA METRI. «NEL MEZZO DEL NULLA UNA VOLTA HO VISTO UN RAGAZZO DA SOLO SU UN MOTORINO TIPO MOTOBECANE, CHE ANDAVA A CACCIARE LE GAZZELLE».
di Nicola Nenci
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i sono tanti modi per coltivare la passione per le corse. La più normale, quella di correre, in pista o fuoristrada, con successi e soddisfazioni in linea con capacità e fortuna. Poi c’è la maniera di Mattia Riva, 33 anni di Cernobbio. Rampollo di una famiglia nota sul territorio per la tradizione nel mondo dei motori e l’attività nel mondo delle auto. Mattia l’alternativo, Mattia il motard, Mattia uomo d’avventura. Che per lavoro importa e prepara fuoristrada speciali per viaggi nel deserto, che lui stesso con papà Mauro organizza; e per hobby partecipa a gare speciali, sulle cime del Colorado o nel deserto africano. Dopo anni di Supermotard (una via di mezzo tra il cross e la pista), così ecco la pazza idea: andare a fare la Pikes Peaks. Una corsa che una volta all’anno si disputa nei pressi di Colorado Spring, negli Usa, e che per gli americani è un mito come il TT per gli inglesi. La corsa si disputa annual- >> 78
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LE VETTE DI MATTIA mag
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mente su una montagna alta 4.301 m, all’estremità orientale Si toccano alte velocità nella parte mista e nei rettilinei pridelle Montagne Rocciose. Questo massiccio montuoso, orima dei tornanti. Ma, al di là del valore tecnico, è l’atmosfera ginariamente chiamato Pike’s Peak (letteralmente “Cima di che è magica». Pike”), deve il suo nome all’esploratore americano Zebulon Negli Usa sanno come tenere vive le tradizioni, e la Pike’s Pike che nel 1806 la cartografò per la prima volta. Il punto Peak è una di queste. Migliaia di persone partecipano, alla di partenza della corsa è posto a 2.862 m di altitudine, il festa del giorno prima in paese, così come alle fasi della gara. percorso di gara si sviluppa per un distanza totale di 19,99 Molti campeggiano a bordo della strada, in aree attrezzate. Km, articolati da 156 tra curve «È tutto surreale. Le prove sono e tornanti; per un dislivello di all’alba per recare meno disturbo 1.439 m, con una pendenza mepossibile alla popolazione. Ma la «Per la mancanza di ossigeno, dia del 7% e punte massime del cosa più sconvolgente è quello 10.5%, il traguardo è situato a che succede alla fine: la gente negli ultimi chilometri di gara, quota 4.300 m (per questo viene invade la strada e tu, se ci metcominci ad ansimare nel casco, anche chiamata “Corsa degli Anti 11 minuti a salire, ci metti 3 geli” o “Gara verso le nuvole”). I ore a scendere, a passo d’uomo come se stessi correndo a piedi concorrenti partono uno alla volcon la gente che ti ferma, qualma è un’atmosfera magica» ta, nelle varie categorie (auto o cuno in lacrime per l’emozione, moto). Parte mista nel bosco, poi e ti ringrazia, ti mette i bambini serie di tornantoni, infine un’alsul serbatoio, ti abbraccia. Non tra parte mista in un paesaggio ci credevo. Una festa dove dal lunare a 4000 metri. Si parte con temperature primaverili, campione all’ultimo arrivato sono tutti celebrati come degli e si arriva 0 gradi. eroi. E così per 4 giorni, tra birra, tramonti suggestivi e «Negli ultimi km - racconta Mattia - ansimi nel casco come moto smontate all’aperto tra la folla che curiosa e ti coccola. se stessi correndo a piedi per via della mancanza di ossigeno. Ci tornerò di sicuro». 80
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SFIDARE Lâ&#x20AC;&#x2122;IMPOSSIBILE Mattia Riva durante le sue numerose avvenute in moto e in auto in giro per il mondo.
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IN GIRO PER IL MONDO
Uno sport che porta all’incontro di culture e modi di vivere completamente diversi e affascinanti.
Ma Mattia ha già in mente il prossimo traguardo. «Vorrei fare un rally nel deserto con la moto. Per questo sono andato a fare una gara di navigazione in auto in Tunisia. Più o meno quello che facciamo quando portiamo i clienti in giro per l’Africa. Ma in maniera più estrema. Beh, abbiamo rischiato di metterci l’auto in testa più volte, le dune sono difficili da affrontare. E per affrontare il deserto devi essere tosto. Magari stai tre giorni senza lavarti, dormendo sul tetto dell’auto per evitare gli scorpioni, e senza vedere un’anima viva per giorni. Ma è bello. Unico». La cosa più curiosa? «Nel mezzo del nulla una volta ho visto un ragazzo da solo su un motorino tipo Motobecane, che andava a cacciare le gazzelle. Viaggio di quattro ore dal villaggio, con una bottiglia di succo di frutta come serbatoio supplementare. Mitico». Mattia prepara auto da fuoristrada per insospettabili clienti: «C’è chi, che dopo averlo visto in giacca e cravatta in Italia, non immagineresti mai di vedere immerso in una pozza con i liquami e gli escrementi dei cammelli, che sguazza felice come un bambino. Potere del deserto». E dopo il deserto? «Farò una gara in salita o un trofeo motard nelle piazze d’Italia». Dove il motociclismo è più vero e non ci si lamenta per una gomma da tempo difettosa un assetto fuori posto.
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urismo e spettacolo a Canzo vanno a braccetto. E se poi si aggiunge un pizzico di convivialità il mix è perfetto. Riscoprire le bellezze del Triangolo Lariano e condividere la gioia di stare insieme sono alla base dei progetti di “NonSoloTurismo”. L’associazione no-profit con sede a Canzo è nata giusto sei anni fa e ha già fatto parlare di sé per il successo delle iniziative organizzate che vanno dagli spettacoli ai concerti fino alle mostre. I soci fondatori sono ventidue in tutto con il presidente Oscar Masciadri in testa coadiuvato dal vicepresidente Marcello Moschera. Il riscontro di pubblico delle manifestazioni di “NonSoloTurismo” è probabilmente dovuto al felice connubio tra volontari e professionisti del settore che lavorano ad un progetto ben delineato di offerta sul territorio. «Nei paesi emerge spesso - dice Oscar Masciadri - il personalismo delle associazioni e degli amministratori, noi invece vogliamo andare oltre le divisioni e lavorare per dare visibilità a Canzo e al Triangolo Lariano e portare 84
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indotto sul territorio, così innescando una catena virtuosa. Alle manifestazioni cerchiamo di offrire qualcosa in più agli spettatori nel segno della convivialità: un brindisi insieme, un gesto di altri tempi come una rosa alle signore e un momento di incontro con gli artisti e il pubblico. Negli anni è venuta meno la dimensione collettiva del paese. In questi tempi di crisi tutti si sentono più soli ed è il momento adatto per riscoprire il senso di appartenenza ad una comunità, delle proprie radici e del futuro». L’associazione ha sede in piazza Garibaldi a Canzo (Como) e i suoi volontari gestiscono anche l’ufficio turistico locale per quattro giorni alla settimana, diffondendo materiale divulgativo sulle perle del capoluogo del Triangolo Lariano. Tra le mete da non perdere si ricordano il Teatro Sociale, Villa Meda e il battistero, la Fondazione Salvatore Fiume, l’eremo-santuario di san Miro con una infinità di percorsi e i Corni di Canzo. Il calendario annuale programmato da “NonSoloTurismo” spazia dalla stagione
CHI TI PORTO
SUL PALCO
di Stefania Briccola L’ESPERIENZA DELL’ASSOCIAZIONE “NONSOLOTURISMO” DI CANZO. VENTIDUE SOCI FONDATORI E LA PASSIONE PER L’ORGANIZZAZIONE DI EVENTI E SPETTACOLI CHE RIEMPIONO I TEATRI E LE PIAZZE
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NONSOLOTURISMO
L’associazione di Canzo costituita da ventidue soci fondatori. Oscar Masciadri è presidente (qui sopra) e Marcello Moschera è vicepresidente.
teatrale ai concerti di musica leggera, classica e rock fino al cabaret e le esposizioni d’arte. Le varie sedi a Canzo vengono di volta in volta messe a disposizione dal Comune e dai privati. Tra queste spicca il Teatro Sociale, un gioiellino neoclassico ricco di storia e di fascino che ha la pretesa di essere il cuore pulsante della vita culturale del Triangolo Lariano. Poi c’è Villa ex Magni Rizzoli, più volte concessa all’associazione dal generoso proprietario, che quest’anno ha ospitato nel febbraio scorso la rassegna “Canzo cittadella dell’arte e della musica”. Gli spazi dell’imponente dimora costruita all’inizio del Novecento si sono trasformati per l’occasione in una galleria d’arte, con la collettiva “Incontri” di Felice Beltramelli, Paolo Cucinato, Luigi Dino Guida, Bruno
Saba, Walter Pozzato e Gino Paresce, e in sala da ascolto per i concerti “Brasil” dell’Ensemble Cuartet e “Uno stradivari per Aism” del violinista Matteo Fedeli. Al palazzetto dello sport Green Six invece sono riservati spettacoli di grande risonanza destinati ad un pubblico vasto come “Lasciate che i pendolari vengano a noi” dei Legnanesi andato in scena il 1° giugno. Ci sono anche location del tutto esclusive che vengono date in uso all’associazione in particolari occasioni. «Per il concerto di Davide Van de Sfroos a Canzo - spiega Oscar Masciadri - avremo a disposizione un’arena naturale immersa nel verde concessa da un privato che è entusiasta delle nostre iniziative». La lunga estate di “NonSoloTurismo” prosegue nei mesi
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PROMOTORI
L’associazione si è resa protagonista dell’organizzazione di eventi e spettacoli. Dal gospel ai comici, dal teatro allo sport.
di luglio e agosto con vari tributi; ai Dire Straits, a Lucio Battisti e al rock and roll, senza dimenticare il ballo liscio a Ferragosto, che si accende con la magia di fuochi piro-musicali, per finire in bellezza a settembre con la Traviata a Villa ex Magni Rizzoli. Non manca una parentesi teatrale con la compagnia “La congiura dei poeti” di Christian Poggioni che, il 12 e il 14 luglio a Villa ex Magni Rizzoli, condurrà gli spettatori tra i canti dell’Inferno di Dante Alighieri. «Gli spettacoli estivi - sottolinea Oscar Masciadri - sono variegati per rispondere a diversi gusti e vengono presi da circuiti nazionali e trasversali in modo da proporre qualcosa di nuovo rispetto all’offerta corrente. Al parco Barni offriamo la possibilità di avere un ristorante con tanto di tavoli e camerieri a prezzi da sagra. Non ci interessa la quantità, ma la qualità dello stare insieme. I proventi delle manifestazioni vengono investiti sul territorio. Il sostegno degli sponsor è vitale per l’associazione che nel 2012 ha organizzato trentacinque eventi complessivi». «Sarebbe certamente un grande aiuto - aggiunge - se le associazioni no-profit, come la nostra, venissero maggiormente salvaguardate dalle istituzioni, quanto meno sotto il profilo
delle tasse da pagare. Ad esempio i costi di affissione sono allucinanti, ma noi non siamo un’azienda che reclamizza i propri prodotti da vendere, ma promuoviamo cultura, divertimento e attiriamo sul territorio eventi dai quali tutti traggono un benefico». Tra le iniziative future si annuncia una mostra a Villa ex Magni Rizzoli dedicata a più artisti che hanno dimorato e lavorato a Canzo tra cui spiccano i nomi di Salvatore Fiume e Silvio Consadori. Questa è solo una chicca perché l’associazione promette di stupire con molto altro.
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IL CANTASTORIE DELLA VALLE 90
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di Francesca Guido foto Andrea Priori
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LA STORIA DI DORINO RIGHETTI, IN ARTE DORINO DI LURA È ORGOGLIOSAMENTE FIGLIO DI UN RUTTAMAT, UNA VITA TRAVAGLIATA ALLE SPALLE, LE PRIME CANZONI NELLE OSTERIE, POI I CONCERTI CON LA VOGLIA DI RACCONTARE LA GENTE AUTENTICA.
na chitarra, tre accordi e un gruppo di amici. Questo è il senso della musica per Dorino Righetti, in arte Dorino di Lura, dal nome della frazione del paese intelvese di Blessagno in cui
abita. Una passione quella per la musica ereditata dal padre e che diventa anche una vera e propria forma di riscatto per chi ha alle spalle un passato difficile, con un’infanzia fatta di espedienti e cattive frequentazioni. Dorino non rinnega il suo passato, ne parla più volte nei suoi brani, così come non perde occasione per far emergere l’amore per il padre Giuseppe, per tutti il Melino. Il chitarrista per passione - come ama definirsi, ricordando la sua abilità di suonare la chitarra dietro la testa - inizia a proporre i suoi brani per le strade del milanese, in particolare nella zona dei navigli, fino a quando il padre, persona umile e di professione rigattiere, preoccupato per le cattive compagnie frequentate dal figlio lo convince a trasferirsi dai nonni in Valle d’Intelvi. «Ricordo ancora quando mi guardò negli occhi e mi disse che dovevo mettermi sulla retta via o non avrei avuto un futuro come lui sperava - racconta Dorino -. Vedere la delusione nei suoi occhi è stato terribile e quel giorno decisi che dovevo cambiare. Ho sperimentato anche cosa vuol dire entrare nel carcere di San Vittore, non lo rinnego, ma la mia vita fortunatamente è cambiata e oggi ho una famiglia bellissima». Ed ecco che il giovane arriva a Lura e come molti abitanti della zona trova impiego in Svizzera come muratore. Proprio tra le valli intelvesi inizia a scrivere le sue canzoni in dialetto e inizia ad esibirsi nelle osterie della zona. Forte il ricordo di Melino, che qui ha mosso i primi passi, e come lui con la musica nel sangue. Dorino lo ricorda in una delle sue canzoni, questa capacità di suonare e comporre è un dono ereditato dal padre che ha lasciato la valle per fare il “rutamat” nel milanese. «A go la mia manera de sunà - canta in Ghitarra Strascia - al modo l’ho imparaa mi del me pà, in giir de not e dì, in tuti i usterii, una ghitara strascia e dü cugina». Da un’osteria all’altra, con la sua chitarra, fino a quando un giorno incontra Lorenzo Vanini. I due fondano la Doro Doc Band e nel 2010 esce il loro cd “W la Suisse” (PDTsa/
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Venus), un doppio album del duo folk-blues, con dieci brani, cantati nel primo disco in dialetto comasco e nel secondo disco in italiano. Proprio il brano scelto come titolo dell’album è scritto a sei mani da Lorenzo Vanini e Dorino Righetti insieme all’amico Davide Van De Sfroos, che nel brano duetta con Dorino. Una bella amicizia, quella con De Sfroos, ma il cantastorie intelvese tiene a precisare che il nome di quest’ultimo non deve essere strumentalizzato: «Ho avuto la fortuna di salire sul palco del Forum di Assago in occasione del concerto evento tenuto da De Sfroos nel 2008. È stata una bella esperienza cantare con lui, così come duettare nel disco. Vorrei solo ricordare che queste cose tra amici sono normali e che non concepisco chi dice che ho usato il suo nome per farmi pubblicità». La Doro Doc Band si scioglie poco tempo dopo l’uscita del disco e per Dorino del Lura arriva il momento di tentare la carriera da solista con “Ghitara Strascia” (Fonola Dischi). «Sono molto soddisfatto di questo mio primo disco da solista e devo ringraziare Simone Peduzzi e Stefano Gatti che
la bella morettina che va col gerlo e molti personaggi della Valle che rappresentano la quotidianità di Dorino. In altri brani Righetti narra vicende del passato quando i contrabbandieri utilizzavano i sentieri della valle per non essere scoperti. Il musicista osserva, trova idee e appunta tutto su un quaderno che custodisce gelosamente nel cassetto di un armadio d’epoca nella sala da pranzo della sua casa di Lura, un immobile del 1500 ristrutturato dallo stesso Dorino.
«Ho avuto la fortuna di salire sul palco del Forum di Assago insieme a Davide Van de Sfroos un’esperianza indimenticabile» con amicizia mi hanno aiutato con gli arrangiamenti di Ghitarra Strascia e che stanno continuando a farlo in vista dell’uscita del mio prossimo disco». Nel suo primo album da solista quindici brani che raccontano di lui, ma sopratto della Valle d’Intelvi e della sua gente: c’è il Manzoni di Lanzo, il Mazzola di Mezzegra, ma anche
E ADESSO UL MARIACHI, IL NUOVO CD Il titolo del nuovo disco di Dorino di Lura sarà Ul Mariachi. Una raccolta di brani in dialetto, ma dove troveranno spazio anche tre canzoni in italiano. L’intenzione del cantastorie intelvese, infatti, è quella di raccontare le vicende di Lura, del territorio comasco e di quello milanese, anche alle persone che non conoscono il dialetto locale. Ci saranno anche delle cover e in particolare “El me indiriss” di Enzo Jannacci dove l’autore racconta la sua infanzia. Il ricordo di Jannacci, ma anche una dedica a suo padre Melino. «Il brano che ho più nel cuore e ho deciso di inserire nel mio nuovo lavoro discografico è Cosetta, una canzone del 1940 che mi cantava spesso mio padre. Ho scelto di fare un arrangiamento diverso rispetto a quello scelto da lui, ma sono convinto che molti apprezzeranno la scelta di inserire questo brano». Dorino parlando del nuovo disco che sta registrando alla Phono-Record di Como, inizia ad intonare proprio Cosetta: «Faceva la fioraia e l’incontrai, la sera a teatro nell’uscire le dissi: sono un povero studente, ma un fiore telo pago dieci lire!. Mi rispose: Ve lo voglio regalare! e di nascosto poi si fe’ baciare. Cosetta, Cosetta cosi eri chiamata perchè piccolina, perchè spensierata. Non eri bugiarda, nemmeno civetta che dolce ricordo Cosetta, Cosetta....». Ancora un volta Dorino Righetti ha scelto qualcosa che ricorda la sua infanzia, quando suo padre che faceva il ruttamat nel milanese, a volte si fermava a suonare per qualche minuto sul camion in compagnia di Dorino. Qualche minuto di svago prima di riprendere il lavoro, per poi aspettare la sera e tornare con la chitarra e qualche amico a cantare.
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Dopo vent’anni da frontaliere oggi il cinquasettenne ama trascorrere le giornate passeggiando nei boschi, ma anche tagliando la legna e prendendosi cura delle galline e dei conigli che tiene nel giardino di casa sua “la Ca’ Vegia”. Dorino vive proprio a pochi passi da quello che lui ritiene il simbolo del paese e al quale ha dedicato un brano nel suo disco: la fontana di Lura. «La trovo bellissima, quasi magica, così ho pensato di dedicarle una canzone - spiega - non posso nascondere che Lura sia nel mio cuore più di altri luoghi. Ho la fortuna di vivere in mezzo al verde e nella tranquillità assoluta. Sono lontano dal caos e dal traffico e posso trascorrere le mie giornate in un mondo ricco di poesia e con gente genuina. Nelle mie canzoni spesso parlo di questi luoghi, ma sono molto legato anche al milanese dove sono cresciuto». Ma raccontare le storie della gente di Lura (frazione di Blessagno che conta circa 70 abitanti) e della Valle d’intelvi può anche creare qualche malinteso. Dorino ama riderci su, come quando racconta di un brano (Ghevi voia
«Fortunatamente ho sposato una donna meravigliosa, non lo nego sono un po’ matto» 94
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de vedet) che narra la passione travolgente tra un uomo e una donna. «Andavo spesso a camminare nei prati e vedevo sempre questa signora che viveva da sola lontana dal paese - racconta Dorino che ancora sorride pensando a questo aneddoto - così ho pensato di scrivere una canzone d’amore su questo uomo e la sua Mariettina. Ovviamente qualche commento di troppo è nato dopo l’uscita del disco, ma come fanno molti altri musicisti ho preso spunto dalla realtà e ho romanzato un po’. Fortunatamente ho sposato una donna meravigliosa che ha una grande pazienza, anche perché non nego che sono un po’ matto. Senza di lei non so cosa farei». Dorino dice di essere fortunato perché ha trovato la sua metà in Donatella. La coppia, sposata da quarant’anni, ha dato alla luce due figli maschi: Thomas e Giancarlo. Dorino e Donatella sono anche nonni di due splendidi nipotini, Elia e Gabriele, che passano molto tempo con loro. Ma chi ha ereditato il dono musicale di Melino e Dorino? «Mio nipote Gabriele ha già la melodia nel sangue, appena ha avuto occasione ha preso in mano la chitarra. È molto precoce ma sono molto orgoglioso di lui e della sua voglia di avvicinarsi alla musica del nonno». L’artista sta lavorando al prossimo disco che uscirà tra quattro mesi e che sarà ancora una volta dedicato alla vita nella Valle e il passato nel milanese. «Ci saranno anche molti brani nati per far ridere. È un momento difficile per molti, vorrei strappare un sorriso a chi ascolterà la mia musica».
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di Lorenzo Botta IL CONCORSO DI ELEGANZA A VILLA D’ESTE HA VISTO SFILARE AUTOMOBILI DA SOGNO. LA MITICA 57SC ATLANTIC, VINCITRICE DELLA COPPA D’ORO, È STATA PORTATA A CERNOBBIO DALLO STILISTA RALPH LAUREN
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IL GIORNO DELLE
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ra gli eventi a livello mondiale che celebrano la grandiosità delle automobili d’epoca, il Concorso d’Eleganza Villa d’Este è fuor di dubbio quello più rinomato. È anche quello di maggiore tradizione per essere stato istituito nel 1929 grazie all’iniziativa congiunta di Aci Como, Grand Hotel Villa d’Este e del Comitato di Cura di Como, si avete letto proprio bene, “Comitato di Cura di Como”, un’istituzione che avrebbe senso d’esistere anche ai giorni nostri. Dagli anni Novanta il Concorso è patrocinato da BMW, che oltre a mantenere al top l’interesse per le “classiche” ha introdotto, com’è nel suo tecnologico dna, una sezione dedicata alle “concept car”. Solo cinquanta delle oltre trecento richieste, ma tutte nessuna esclusa con un curriculum d’eccezionale valore, sono state le iscrizioni dei proprietari e dei collezionisti di tutto il mondo accolte dal rigoroso Comitato di selezione. Comune denominatore delle “storiche” accolte è quello di
aver contribuito nel corso della loro vita a marcare capitoli importanti in tema di stile, bellezza, innovazione e rarità. Le cinquanta opere d’arte sono state divise in categorie, ognuna con una diversa connotazione. Nella Classe A dedicata ai “Signori della strada” si sono potute ammirare oltre ad imponenti Rolls Royce e MercedesBenz, una rarissima Hispano Suiza (Cabriolet De Ville) ed una Isotta Fraschini 8A del 1929. Nella B riservata ai “Purosangue” ancora i nomi che hanno fatto la storia dell’auto, quali Rolls Royce e Mercedes-Benz oltre che ad una nostrana Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport e a quella che è stata uno dei gioielli più ammirati dell’esibizione, la sconvolgente Bugatti 57SC Atlantic del 1938. La C , intitolata al “Cambiamento”, ha visto protagonisti preziosi esemplari di Bentley, Jaguar ed una fiammante Ferrari 500 Superfast Berlinetta carrozzata da Pininfarina. La Classe D, interamente per le inglesi “Aston Martin”. Tra i vari esemplari una nota di colore è stata la DBS Saloon del 1970 utilizzata da Roger Moore alias Lord Brett Sinclair in
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un celebre serial televisivo di quegli anni: “Attenti a quei lui appena acquistata, ne scaturì una lite che terminò con due”. la decisione di Lamborghini di costruirsi da se la propria Nella E il tema era “Cavallino contro Tridente”, Ferrari versupercar. sus Maserati, parata di Ferrari 250 GT e Maserati A6G. Almeno così recita la leggenda dalle parti di Modena. “Sognando la California” il motivo della Classe F, ovvero spiNe venne fuori un mito che portò, tra gli altri capolavori, der e scoperte tra cui risaltava un alla nascita della bellissima Miueccezionale esemplare di Porsche ra SV, presente nel parco di Villa La prima di tutte le Lambo 356A Speedster. d’Este in un esemplare color carClasse G volta a “Stile e velocita da zucchero del 1972. nata in seguito a una lite tà’”, parata di Ferrari da corsa su “Le corse migliorano la razza”, tra Ferruccio Lamborghini strada degli anni sessanta, una il leit-motiv della Classe I è do250 GT Tour de France e una minato dalle italiane da corsa, e il Drake Enzo Ferrari 250 Le Mans su tutte. ancora Ferrari, una Dino 166P Classe H per un altro mitico e una 250GT, una Bandini 750 marchio italiano: “LamborghiSiluro ed una Fiat 508CS Mille ni”. La prima di tutte le Lambo, la 350 GTV del 1963 Miglia del 1938, ebbene si il grigiore di molti dei modelli nata dopo una lite tra Ferruccio Lamborghini, sino ad allora della casa torinese dagli anni settanta ad oggi era ancora da costruttore di trattori, ed il Drake Enzo Ferrari, Lamborghivenire e a quel tempo le Fiat correvano e soprattutto vinceni fece notare al grande Enzo un difetto in una Ferrari da vano nelle competizioni.
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LA STAR
Il collezionista Ralph Lauren uno degli stilisti più famosi al fianco della sua Bugatti uno dei circa trenta pezzi unici presenti al Concorso d’eleganza di Villa d’Este a Cernobbio.
Assolutamente impossibile non ammirare in questo segmento la bellezza di una inglesissima MG Magnette K3 del 1933, vincitrice di una edizione della Mille Miglia, ammiratissimo e simpaticissimo anche il suo equipaggio (due coniugi australiani con qualche primavera sulle spalle ma con una passione da ventenni) che vestiva una mise da corridore automobilistico dell’epoca. Infine la categoria fortemente sostenuta dal patrocinatore BMW, “Concept cars e prototipi”, ed anche qui tripudio italiano, le “Carrozzerie “ si spartiscono il proscenio, Alfa Romeo TZ3 Stradale vestita da Zagato, e Superleggera Alfa Romeo Disco Volante vestita da Touring, Pininfarina “Sergio” Barchetta e Bmw Pininfarina Gran Lusso Coupé bastano a far comprendere perché noi italiani siamo collocati sul gradino più alto del podio mondiale quando si parla di stile e design. Ma veniamo alla vincitrice della Coppa d’Oro, il trofeo più prestigioso della manifestazione: la Bugatti 57SC Atlantic. Inevitabile vien da dire, una delle vetture più rare e pregiate al mondo, prodotta dal 1937 al 1938 in solo quattro esemplari, disegnata e progettata da Jean Bugatti, figlio del magnifico fondatore Ettore, un’Automobile con la a volutamente scritta in maiuscolo, esempio ancora attuale di design,
tecnologia ed innovazione che precorrono i tempi. Ettore Bugatti, Milano 1881 - Neuilly-sur-Seine 1947, italiani nel mondo, una storia che si ripete, in continuo. La 57SC Atlantic è stata portata a Villa d’Este dal suo proprietario, il collezionista Ralph Lauren, sissignori proprio lui, uno degli stilisti (neanche a farlo apposta il termine “stile” ritorna sempre) più famosi del mondo. Mister Lauren, disponibilissimo e abilissimo nel descrivere la magnificenza della sua Bugatti, uno dei circa trenta pezzi unici che compongono la sua inestimabile collezione, è stato uno dei personaggi più fotografati nei giardini di Villa d’Este. La Type 57SC di Ralph Lauren incassa anche il Trofeo Auto&Design per la sua originalità. La domenica, le cinquanta regine sono state spostate nel parco di Villa Erba dove anche il grandissimo pubblico le ha potute ammirare. Sempre a Villa Erba Bmw ha celebrato, nell’ambito della manifestazione, i “90 anni di Bmw Motorrad”, il brand motociclistico del gruppo bavarese. L’appuntamento è fissato in agenda dal 16 al 18 maggio 2014, quando altre inedite glorie su quattro ruote torneranno in questo incantevole angolo, orgogliosamente comasco, noto in ogni parte di mondo.
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COLPO DI SPUGNA
di ELISABETTA BROLI
LA MOSTRA SU SANT’ELIA E L’ORGOGLIO CHE NON C’È Un’esposizione snobbata dai comaschi che meriterebbe invece più attenzione
Qualche anno fa sono volata fino a San Francisco a studiare inglese e non sono mai più stata fisicamente allenata come in quel periodo. Nella zona del centro le strade sono tutte in salita (certo, alle salite seguono le discese, ma quelle non contano), e andando a scuola a piedi a fine corso avevo due gambe alla Vincenzo Nibali dell’ultimo Giro d’Italia. Comunque un pomeriggio il mio teacher ventitreenne mi ha portata a visitare il Museum of Modern art, nell’edificio progettato dall’architetto svizzero Mario Botta (a Como ha firmato la sede de La Provincia in via Pasquale Paoli). Gira di qua, gira di là, tra un Andy Warhol e un Jackson Pollock, tra un Henri Matisse e un Marcel Duchamp, ad un certo punto arriviamo ad una mostra temporanea. E Nicholas mi indica con orgoglio due sedie antiche datate inizio dell’Ottocento in stile Luigi Filippo, come annotato sulla targhetta. Gli ho risposto con noncuranza: «A casa dei miei genitori, fino ad una decina d’anni fa, ce n’erano sei» (e la mia è la classica famiglia borghese anni ’60, non una di quelle miliardarie). «Si è orgogliosi quando si ha qualcosa di raro da perdere», ha affermato lo scrittore statunitense Henry James, autore tra l’altro di quel “I bostoniani” da cui James Ivory ha tratto un film. Lì a San Francisco, dove mostrano con fierezza uno dei vecchi tram color arancione che Milano stava per pensionare 102 mag
(«È del 1928!»), non sono riuscita ad essere orgogliosa di quanto avevo in casa. Così sta succedendo per la Mostra su Antonio Sant’Elia e Umberto Boccioni, Mario Sironi, Le Corbusier… -, a Como: i visitatori a Villa Olmo e in Pinacoteca sono pochi rispetto alle precedenti grandi mostre, si parla di flop, di errore dell’Assessorato alla Cultura, ah, se avessimo ancora i quadri di Rubens e dei fiamminghi, di Chagall Kandinsky, Malevic e Boldini! Perché, mi chiedo con rammarico, non riusciamo ad essere orgogliosi, compiaciuti del nostro Antonio Sant’Elia e delle due mostre che lo riguardano? Avrebbero potuto essere realizzate meglio? Può darsi. Con più calma? Forse. Nei giorni scorsi è comunque arrivata una curatrice del Guggenheim Museum di New York per chiederci in prestito disegni santeliani da esporre nel 2014, e noi lo snobbiamo? Non sono una critica d’arte, da giornalista ho sempre preferito occuparmi di cinema e di politica, e non sono in grado di fare confronti e comparazioni (anche se è automatico) tra le grandi mostre targate Gaddi e queste targate Cavadini. Ma il genio del Sant’Elia mi ha divertita e si sono divertiti anche alcuni amici milanesi, non architetti, non esperti di futurismo, appassionati dei Rubens, dei Kandinsky, dei Chagal. Se Sant’Elia fosse vivo, anziché andare all’assalto di una trincea nemica a Monfalcone, come durante la Prima Guerra Mondiale, e morire per una pallottola in fronte, andrebbe all’assalto di noi comaschi, incapaci di sentirci orgogliosi di lui e di promuoverlo non in città, non in Lombardia o in Italia, ma in tutto il mondo.
di EMILIO MAGNI
LE PAROLE CHE NON TORNANO
IL SEGRETO DEL SUCCESSO QUEL FIENO DA VOLTARE Gli insegnamenti del mondo contadino e i ricordi delle ammonizioni del nonno
“Quel lé l’ha mai fa el paisan, ma l’è bôn de fa su el fén”, questa è stata la sintesi che, grazie alle capacità del dialetto milanese, un amico al bar è riuscito a diventare una persona ricca e di successo nonostante sia andato poco a scuola. Molti dei modi di dire della parlata meneghina fanno riferimento al mondo contadino. Il racconto con la metafora che ha come protagonista un tipo che «non ha mai fatto il contadino ma ugualmente ha saputo fare su il fieno», mi è tornato in mente un mattino dell’estate scorsa mentre ero fermo lungo un’arteria importante a causa di un ingorgo del traffico guardavo dal finestrino dell’auto la distesa dei campi pianeggianti e i filari degli alberi in pieno rigoglio. Lo spettacolo, grazie al quale riuscivo un po’ a stemperare l’irritazione per la sosta forzata, era reso più vivace ed emozionante, almeno per me, dall’andirivieni di un piccolo trattore che trainava la macchina che rivoltava il fieno. Perché quel movimento monotono del mezzo meccanico governato da un uomo comodamente appollaiato su un comodo sedile era per me una visione capace di creare in me delle emozioni? Quel rivoltare il fieno, che stava asciugando sotto il sole, mi ricordò improvvisamente mio nonno contadino il quale non aveva avuto mai la fortuna di possedere un trattore e
nemmeno la macchina per rivoltare il fieno. Per compiere l’indispensabile azione tesa a fare dell’erba fresca un bel fieno caldo, doveva darci dentro con muscoli e destrezza conquistata in tanti anni di fatiche e sudori, cosi come avveniva per tutti gli altri lavori nei campi. “Andèm un pu svèlt perché gh’è da andà a vultà un fén, prima che al végna a piôv”, me lo ricordo, come se fosse oggi, questo pacato, ma categorico ordine (queste parole che certo non tornano più) che il nonno impartiva rivolto ai figli e ai nipoti quando ormai sul desco andava esaurendosi il frugale desinare di mezzogiorno. Il nonno sorbiva, con il gesto misurato di chi sa bere, l’ultimo sorso del suo vino “nustranèll” di scarsa gradazione, e per primo si alzava per muovere i suoi passi verso “ul löch”, dove l’erba falciata nel primo mattino, era stesa ad asciugare. Una bagnata, causa di una pioggia improvvisa e inaspettata, sarebbe stata un evento disastroso. Quindi occorreva proprio “’ndà a vultà ul fén prima che al se bagnass”.
* Un paio di lettori mi hanno detto, sorpresi, che nel precedente numero di Mag ho scritto che in dialetto la matita è il “lapis” Invece secondo il vocabolario del dialetto comasco è “apis”. Questo è giusto. Però nemmeno la mia versione è sbagliata. Nel dialetto milanese sono contemplate ambedue alla pari: “lapis” e “apis”, come dicono i vocabolari di Francesco Cherubini e Giuseppe Banfi. In quello di Cletto Arrighi (riedito da Hoepli recentemente) la matita è soltanto il “lapis”.
mag 103
EVENTI
LE PRIMAVERE DI COMO PER UNA VITA MIGLIORE Sette incontri in città da tutto esaurito da Moni Ovadia a Vecchioni Sette incontri all’insegna del tutto esaurito.“Le Primavere di Como”, promosse da “La Provincia” per il terzo anno consecutivo, sono entrate nel cuore dei comaschi. L’inaugurazione, lo scorso 12 aprile, è toccata al vescovo Diego Coletti che ha dialogato con Moni Ovadia. Poi è stata data la parola, nella chiesa di San Giacomo, a un umanista e a un tecnologo: il filosofo Silvano Petrosino e l’ingegnere/designer Carlo Ratti. Applauditissimo il recital “Big Bang” di Lucilla Giagnoni al Sociale. E anche l’intervento sui diritti umani di Shirin Ebãdi. La rassegna quest’anno ha fatto anche una trasferta a Monza per ascoltare la blogger dissidente cubana Yoani Sanchez.
104 mag
EVENTI
Prima dellâ&#x20AC;&#x2122;incontro finale con il patron di Moncler Remo Ruffini, che si è svolto il 28 di maggio sempre a San Giacomo, bagno di folla e applausi anche per Roberto Vecchioni, che ha invitato a non lamentarsi e a combattere per rendere migliore la vita. Nonostante la crisi.
mag 105
EVENTI
CARTOLANDIA RISPETTA L’AMBIENTE La premiazione dei ragazzi delle scuole elemenatri e medie al Teatro Sociale Scuole in festa con Cartolandia. Al teatro Sociale numerose scuole materne, elementari e medie di tutta la provincia, hanno partecipato alla premiazione del concorso indetto dal quotidiano “La Provincia”. Tema era “Noi siamo creattivi: ambienti da rispettare, tesori da scoprire”. Bambini e ragazzi nell’arco dell’anno scolastico hanno lavorato a vari progetti, che poi sono stati esposti in mostra nel salone a piano terra de “La Provincia” in via Pasquale Paoli. Esposizione che ha raccolto tanti commenti positivi dai visitatori. A chiusura la premiazione. A settembre Cartolandia tornerà con la sua quattordicesima edizione. Tema per il prossimo anno scolastico sarà “Lavorando si impara”, dalla manipolazione di materiali vari, al recupero delle tradizioni manifatturiere, senza tralasciare la storia e le origini dell’industria locale. I più piccoli, i bambini delle materne, potranno divertirsi manipolando materiali come carta, cartoncino, ma anche pongo e materiale simile, costruendo sculture, oggetti.
mag 107
EVENTI
COMO CITTÀ DELLA LUCE VOLTA ILLUMINA IL FUTURO Successo per il numero zero della rassegna che accompagnerà la città fino all’Expo Un assaggio che ha già deliziato il palato di Como. Facendo pregustare ciò che può portare il Festival della luce, in programma in città l’anno prossimo. Dal 30 maggio al 1 giugno si è respirato lo spirito voltiano, tracciando anche un percorso da qui fi no all’Expo e altro: Palazzo Terragni, la sede della Camera di commercio e Villa del Grumello hanno accolto eventi con voci autorevoli e tanti comaschi interessati a esplorare questo tema. Il numero zero ribattezzato “Aspettando il festival della luce”
è stato dunque un grande successo, con presenze come Giulio Giorello o Edoardo Boncinelli, come pure l’orgoglio dei giovani talenti lariani rappresentati ad esempio da ComoNext. Così il Comitato “Città della luce”, nato con lo scopo di favorire lo studio e la divulgazione delle scienze con la valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente, ha gettato basi importanti in vista del Festival della Luce. E Volta può illuminare le nuove strade intraprese dalla città e dal territorio.
108 mag
EVENTI
mag 109
IDEE (S) FASHION
di SERENA BRIVIO
TUTTI IN VACANZA CON UN TOCCO DA PIN UP Torna in auge il due pezzi con top a fascia e la mitica culotte a vita altissima Cosa mettere nella valigia delle vacanze? Per le amanti del mare, il nuovo beachwear strizza l’occhio alle pin up. Torna in auge il due pezzi con top a fascia e culotte a vita altissima. Per sentirsi star. Dopo il tramonto, basta completare il look con una giacca bianca, effetto smoking, e maxi bijoux. Vintage anche il costume intero, scollo profondissimo e drappeggi che ricordano le dive dei ’40. Modellato come un vero e proprio bustier, effetto snellente. Sfogliare i cataloghi di moda, è un vero e proprio ripasso dello stile balneare del Novecento: elegante, di grande personalità. Il remake degli stilisti non tralascia nemmeno i ‘70 e gli ‘80. Up to date gli accenti punk : tessuti tecno e pelle, dettagli forti come borchie e catene. Su monopezzi e bikini, di proporzioni ridottissime. Le signore amanti del colore, potranno optare per fantasie a quadretti, righe e pois, molto Costa Azzurra; motivi animalier, ispirati alla jungla; fiori rubati ai paesaggi tropicali. Mai come questa stagione, il copricostume diventa fondamentale: dalla micro gonna al lungo abito di chiffon, da beach party. Accessorio imperdibile: la cuffia con paraorecchie di fiorellini, versione marinara del modello in pelliccia d’alta quota.
110 mag
COLPI DI LOOK di ALESSANDRA GAMBAROTTO TUIA Hair Concept Stylist di Equipe Ornella
NELLA VALIGIA DELLA BELLEZZA Tutti i consigli per vivere il meglio dell’estate I segreti dell’ambronzatura e il kit per i capelli
Cosa mettere nella valigia della bellezza? Un kit per proteggere viso, corpo e capelli dai nocivi raggi solari. Ogni stagione la ricerca cosmetica trova elementi naturali “amici”, incorporati in formule a rapido assorbimento. Il segreto per prendere la tintarella in modo sicuro? «Servono, soprattutto in fase d’attacco - spiega Alessandra dell’Equipe Ornella - delle creme ad azione anti-ossidante e di prevenzione. Fondamentale è l’uso di prodotti specifici. Per il viso: delicate, stimolanti e anti-età». Il più efficace ritrovato contro l’invecchiamento cutaneo contiene l’olio di Argan, tradizionalmente conosciuto come olio di bellezza presso le popolazioni Berbere. «Mantiene nutrita l’epidermide - continua Alessandra - grazie all’elevata componente di acidi grassi insaturi e tocoferoli. Un derivato della tiroxina, precursore della melanina, accelera e intensifica il naturale processo di abbronzatura». Per il corpo è l’aloe la vera alleata: con un semplice gesto dona un’immediata sensazione di freschezza, favorendo l’efficace azione lenitiva e promuovendo un’abbronzatura duratura e uniforme. «Le creme, gli olii e l’acqua spray sono water resistant, vanno applicati prima dell’esposizione o nelle attività sportive». Quali invece i trattamenti per i capelli? «Anche in questo caso - sottolinea Alessandra - vale la pena partire con un kit completo, contenente: olio e crema protettivi, shampoo ristrutturante e maschera nutriente, sempre a base di elementi naturali di origine biologica». Ultimo consiglio per i più piccoli: «Uno special sun soul per il viso e per il corpo, ad alta protezione (50 SPF) a base di aloe biologica, ricco di vitamine e minerali, in grado di preservare l’idratazione della pelle dalle aggressioni indotte da sole, vento e salsedine».
mag 111
NAVIGAZIONI LARIANE
di LUCA MENEGHEL
COSÌ CRESCONO LE AZIENDE Il sito internet del parco scientifico e tecnologico Comonext Inaugurato il 28 maggio 2010 nell’ex-cotonificio Somaini di Lomazzo, il parco scientifico tecnologico Comonext è ormai un punto di riferimento a livello nazionale. La scommessa dei fondatori - capofila è la Camera di Commercio di Como - è semplice quanto ambiziosa: offrire un luogo fisico per consentire alle aziende innovatrici, o se preferite “startup”, di crescere e rafforzarsi. Un progetto simile non poteva che essere accompagnato da un sito Internet (http://www.comonext.it/) molto interessante, in particolare per giovani alla ricerca della giusta opportunità per realizzare i propri sogni. Il portale Comonext offre una serie di informazioni fondamentali, spiegando ad esempio che cosa sia un parco tecnologico e quali siano le sue finalità. Nello specifico, sul sito i giovani imprenditori troveranno l’elenco dettagliato di tutti i servizi offerti nell’ex-cotonificio, dagli spazi personalizzabili al supporto offerto alla giovane impresa dai dipendenti della struttura di Lomazzo. Non manca una mappa interattiva del parco tecnologico con un ricco apparato di fotografie e video, per entrare virtualmente nelle sale di Comonext. A chi ha una buona idea nel cassetto non resta allora che cliccare sul pulsante “Incubatore d’impresa”. Qui ogni anno viene pubblicato il bando ufficiale per chiedere di entrare a far parte della squadra: gli aspiranti imprenditori - selezionati “secondo il criterio dell’idea maggiormente innovativa e della maggior potenzialità commerciale” - ricevono 30mila euro da investire nei primi quattro mesi di attività, determinanti per far decollare la propria startup. Molto interessante, per capire di cosa stiamo parlando, è la sezione “Aziende presenti”. Si tratta dell’elenco delle imprese che hanno messo radici a Comonext: navigare tra le schede dedicate alle singole startup, soprattutto in anni crisi, regala una ventata di ottimismo; perché anche in provincia di Como sono moltissimi i giovani con buone idee che hanno deciso di mettersi in gioco, trovando in un ex-cotonificio (simbolo dell’economia che fu) tutte le infrastrutture necessarie per dare corpo ai propri sogni. C’è ad esempio il Centro Sviluppo Realtà Virtuale, che ha portato nell’ex-cotonificio una stanza per la realtà virtuale immersiva, e chi effettua riprese professionali con telecamere attaccate a piccoli aerei senza piloti (è la società Eview). C’è chi ha ideato un robot subacqueo automatizzato per pulire gli scafi delle imbarca-
zioni (Aeffe Srl) e chi mette a disposizione dei musicisti una liuteria virtuale, per configurare on-line i propri pezzi di ricambio e farli produrre su misura. Massiccia è la presenza di Comonext sui social network, canale privilegiato per tenersi al passo con le tendenze del mondo del lavoro e dell’innovazione. Su Facebook (https://www.facebook. com/ComoNExT) vengono quotidianamente pubblicati eventi, convegni, articoli di giornale dedicati alle startup e alle imprese più innovative al mondo. Si tratta di una pagina molto utile anche per non perdere occasioni di lavoro in Italia e all’estero, spesso “rilanciate” dai curatori dei social media di ComoNext. Lo stesso accade su Twitter (@Comonext_), serbatoio di notizie e annunci in 140 caratteri, mentre su YouTube (http://www. youtube.com/user/ComoNExT10/) vengono caricati tutti i video riguardanti Comonext - spesso protagonista anche sui media nazionali - e le imprese ospitate dal parco tecnologico di Lomazzo.
SEGNALAZIONI APSTI www.apsti.it Il sito ufficiale dell’associazione parchi scientifici tecnologici italiani. EVIEW www.emotionalview.com Riprendere il mondo dall’alto. Una delle imprese ospitate a ComoNext. BYO MUSIC www.byomusic.it Un sito per “costruire” strumenti musicali on-demand. Un’altra idea nata a Lomazzo. Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.
mag 113
SCAFFALE
di CARLA COLMEGNA
“CUORI A PISTONE” IL CIRCUITO DEL LARIO Un libro di Maspes, archivio dell’evento motociclistico organizzato nel Triangolo Lariano dal 1920 a 1939
Gianmarco Maspes “Cuori a pistone” 290 pag., realizzato in self-publishing, gianmarcomaspes@libero.it
Più che un libro è un archivio, una ricerca complessa, articolata e ricchissima di materiale iconografico e scritto, che riguarda il Circuito del Lario e Valassina, un evento sportivo, motociclistico per la precisione, tra i più importanti che vennero mai organizzati sul territorio del Triangolo lariano dal 1920 al 1939. Grazie a coraggiosissimi motociclisti, considerabili anche come pionieri di percorsi e sperimentatori di tecniche e mezzi, per due decenni la zona lariana divenne un luogo conosciuto in tutta Italia. Il Circuito del Lario fu una passione straordinaria per molti, ma lo è anche per Gianmarco Maspes, l’autore del volume che lo racconta. E anche il titolo “Cuori a pistone” non è banale, né casuale. Maspes all’evento sportivo ha dedicato pagine dense e documentatissime, componendole in un testo che è quasi un manuale. In “Cuori a pistone” (frase che il futurista Marinetti disse nel 1934 ai concorrenti del Circuito, dopo due anni di sospensione a causa della Grande Depressione) ci sono 290 pagine di notizie della gara, ma non solo. L’autore racconta, attraverso il Circuito, storie di vita, emozioni, sensazioni, paure e gioie testimoniate dagli scritti dei partecipanti e di chi ha vissuto quel particolare periodo storico. Ci sono foto, racconti, cronache, manifesti e poster straordinari, ma anche documenti storici, disegni e cartine dell’intero percorso seguito dai partecipanti del Circuito. Il libro è stato stampato dallo stesso autore, in edizione limitata riservata ai soci e sostenitori del moto club di Asso.
IL CONFINE LIEVE
UN LAGO DI STORIE
Si intitola “Il confine lieve - Scritti dall’Insubria” ed è una raccolta di scritti di temi diversi tra loro. Il libro è un mosaico che Giuseppe Battarino compone per spiegare al lettore cosa sia l’Insubria e quali siano le sue peculiarità, legate anche alla contingenza del presente. Il lavoro di Battarino tocca spigoli diversi dell’area protagonista, proponendo una riflessione articolata che spazia dalla letteratura all’attualità.
Il libro non è nuovo, ma bene si presta ad aiutare chi, con l’arrivo della bella stagione, sceglie di fare una gita sul lago con la famiglia e i bambini, alla scoperta delle ville storiche. Il volume “Un lago di storie - Curioso viaggio tra ville e giardini del lago di Como” lo ha editato l’editrice lariana Carthusia ed è perfetto per i ragazzi dai 6 ai 10 anni. Tra le pagine, isegni splendidi e una storia divertente e avvincente che accompagna le famiglie tra i gioielli architettonici che il mondo ci invidia.
Giuseppe Battarino “Il confine lieve Scritti dall’Insubria” Nodolibri, 123 pag., 10 euro
114 mag
Emanuela Nava – Elena Prette “Un lago di storie - Curioso viaggio tra ville e giardini del lago di Como” Carthusia, 40 pag., 16,90 euro
SCAFFALE
ONDE DI EMOZIONI Le poesie di Gianna Binda: volontà, determinazione e il desiderio che il domani possa essere migliore Onde di emozioni, ma anche di rabbia, di contestazione e di presa di coscienza di quanto si vive, al di là della semplice protesta fine a se stessa. È quanto fa l’autrice Gianna Binda nel suo libro di poesie dal titolo, appunto, “Onde di emozioni”. Il volume è ricco di componimenti che rispecchiano la volontà e la determinazione dell’autrice, sempre al centro della vita della sua città e del suo territorio, al quale è profondamente legata da affetto e desiderio di difesa. Tra i titoli delle poesie ce ne sono alcuni che rimandano all’amore di un marito, della famiglia, di un compagno, dei figli, di sé, ma anche a quello per un territorio, quello lariano. C’è malinconia nelle onde delle emozioni della Binda, ma anche gioia e speranza che, sempre, la accompagna senza rubarle mai la voglia e il desiderio di far sì che il domani sia migliore. Senza chiudere gli occhi davanti a quello che non va.
CON I PIEDI NELL’ACQUA Contrabbando, tradizioni, storie di vita vissuta e amata. Difficile riassumere in poche righe una scrittura così densa e ricca come quella di Cecco Bellosi. Nel suo libro, l’autore ha scritto per fermare sulla carta quel mondo a parte che è il Lario, con la sua acqua di lago, le sue montagne, il pericolo e le insidie nascoste dietro un territorio impervio e spesso avaro che, negli anni, ha messo a dura prova i suoi abitanti. Bellosi parla di contrabbandieri, di capi degli spalloni, di territori, che indaga come se, e lo dice anche Davide Van De Sfroos nella prefazione, stesse compilando un’accurata guida storico-socio-geografica del Comasco. Un libro che è anche ricerca storica, attenta e documentata, come testimonia l’apparato bibliografico al quale ha attinto Bellosi. L’autore impuntura la narrazione con le emozioni che, forse, gli derivano anche da una vita, la sua, vissuta intensamente, e che lo ha portato, dopo l’arresto nel 1980 per attività sovversiva, anche a scontare anni di carcere.
Cecco Bellosi Con i piedi nell’acqua - Il lago e le sue storie Editore Le Milieu - 237 pag., 14,90 euro
Gianna Binda Onde di emozioni Il Convivio - 78 pag., 10 euro
IL CUOCO DEL PAPA Un cuoco al servizio dei pontefici, è Bartolomeo Scappi, che a Roma Roma i cardinali si contendono proprio a causa della sua abilità culinaria. A spuntarla sarà Pio IV, di cui diverrà cuoco personale, per servire poi anche Pio V. Il libro di Ketty Magni non è però solo il racconto di una vita, quella di Scappi, ma soprattutto del suo sogno di pubblicare ogni suo segreto culinario in un’opera. Un’enciclopedia del ben cucinare, che il cuoco comporrà all’età di 70 anni. Una lettura piacevole e colta, tra romanzo e storia.
Ketty Magni “Il cuoco del papa” 240 pag. 15 euro Cairo Publishing
mag 115
GRANDE SCHERMO
di BERNARDINO MARINONI
LA MIA SECONDA VITA DA RECORD La sfida di Paolo De Vizzi, condivisa da Donatella Cervi e Lorenzo Venturini Una carrozzina sul fondo del mare - vi si direbbe posata. Non è un rottame abbandonato, è un ex voto. Così appare nel documentario che Donatella Cervi sta girando con Lorenzo Venturini, cineoperatore subacqueo, e ce n’è ben donde nel documentario che segna l’avvio dell’attività di Mediacreative, la società di produzione che i due comaschi hanno costituito associando una diversa esperienza - Donatella Cervi ha al proprio attivo “Il sogno di un bambino. La sfida di crescere” ambientato a Como e dedicato alla società sportiva Comense che ha riscosso interesse anche oltre confine - al comune sentire (e vedere). Il film s’intitola “La mia seconda vita da record” e i suoi artefici stanno per registrare l’impresa sportiva che Paolo De Vizzi intende portare a compimento il 29 giugno nel mare Adriatico, rive pugliesi. Un’immersione, va da sé, ma destinata a protrarsi per 36 ore: è il primato, cui si riferisce il titolo del film, che tenterà di stabilire Paolo De Vizzi, un disabile. Le immagini stringono sulla tragica premessa - un incidente della strada, la lesione del midollo che condanna un ragazzo all’epoca di 22 anni - per estendersi sulla preparazione dell’impresa: in acqua il suo protagonista ritrova una condizione di normalità: è appunto “La mia seconda vita da record”. Per il documentario, che ha il patrocinio della Regione Puglia e il riconoscimento della locale Film commission, si avvale anche dell’appoggio, in senso anche letterale, di militari della divisione Folgore, che metterà a disposizione per le riprese un gommone superveloce, la cui presenza sarà integrata nel film, destinato alla programmazione televisiva, in onda dopo metà luglio. La sfida di Paolo De Vizzi, condivisa da Donatella Cervi cui compete documentarla, trova il primo testimone in Lorenzo Venturini: la ripresa dell’immersione esige professionalità e motivazioni che sono parte integrante del progetto di Mediacreative, la società di produzione che è impegnata anche in
altre acque, quelle di un secondo documentario il cui titolo -“L’uomo degli abissi” - sembra confermare la tendenza “estrema” di quanto le immagini di Cervi e Venturini si propongono di mostrare. “L’uomo degli abissi” ha un nome, Michele Geraci, pompiere cui la nave da crociera Concordia, suo malgrado, ha assegnato rinomanza. Geraci infatti è uno degli “eroi” della Concordia attorno al cui relitto si è immerso per settimane di un durissimo lavoro. Ebbene, in luglio al largo di Ustica tenterà di scendere fino a 340 metri di profondità: là dove nessun uomo è mai arrivato. Secondo gli addetti ai lavori, l’impresa ha un paragone in quella di Felix Baumgartner, l’uomo della caduta libera in atmosfera da 39 mila metri di altitudine. E si sa il valore documentario delle relative immagini. Per “L’uomo degli abissi” con la regia di Valentina Cervi saranno ripresi allenamento e preparazione, oltre all’evento in ripresa subacquea che è a sua volta una magnifica impresa.
CRISTINA DEL BASSO TORNA SUL SET CON CECCHERINI Che ci sia del tenero (artisticamente, s’intende)? La comparsata in un cinepanettone - “A Natale di sposo” di Massimo Boldi - aveva fatto incontrare la comasca Cristina Del Basso e Massimo Ceccherini e il comico toscano se l’è portata appresso in un paio di film, il primo dei quali - “Una vita da sogno” - era un po’ fantasma. Repertoriato nel 2011 ha appena trovato distribuzione: sgangherato, ma divertente, è stato scritto e diretto dal fiorentino Domenico Costanzo, con precedenti di sceneggiatore (e attore) alla corte di Leonardo Pieraccioni: una cerchia localistica, dunque, salvo tirare in ballo nella “nuova” commedia addirittura personaggi e interpreti cinesi, associando gag e arti marziali, equivoci e malintesi. Una divagazione su un canovaccio surreale dove con Alessandro Paci spiccano i nomi di Ceccherini e di Cristina Del Basso. Con il nome di Vanessa è la sorella del protagonista, con una passione incontenibile per il canto: già nel trailer del film la si vedeva tentare di mandare in frantumi un bicchiere di cristallo con l’impeto delle corde vocali. Suscitando una reazione colorita, alla maniera di una comicità di cui Ceccherini è poco controllabile espressione. Cristina Del Basso si scosta appena dal personaggio che è (stata) nella ipotetica fucina del GF, Grande Fratello (riuscirà mai a scollarsi di dosso quell’etichetta, incline come è al decolleté? Per quello infatti la si nota, ostinata, in un altro film, con e di Ceccherini medesimo, “Mia mamma suona il rock”, girato l’anno scorso, in circolazione soltanto come DVD).
mag 117
di MARINELLA MERONI
ANIMALI
TUTTI GLI ANIMALI HANNO UNA COSCIENZA, PROPRIO COME L’UOMO «Riconoscendo una reale vita interiore agli animali l’uomo dovrebbe inorridire pensando a come li tratta» Nel 1986 Konrad Lorenz, etologo di fama mondiale, dichiarò «Sono pienamente convinto che gli animali hanno una coscienza. L’uomo non è il solo ad avere una vita interiore soggettiva, ma è troppo presuntuoso. Il fatto che gli animali abbiano una coscienza “solleva dei problemi”. Forse l’uomo ha paura, perché riconoscendo una vita interiore agli animali sarebbe costretto a inorridire per il modo in cui li tratta». Oggi la scienza lo conferma: eminenti scienziati internazionali (ricercatori cognitivi, neurofarmacologi, neurofisiologi, neuroanatomisti e neuroscienziati computazionali) hanno sottoscritto un atto ufficiale, la “Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza” nella quale confermano che «gli esseri viventi sono coscienti e consapevoli allo stesso livello degli esseri umani». La dichiarazione è stata firmata in presenza di Stephen Hawking, matematico, fisico e cosmologo, fra i più importanti del mondo, noto per gli studi sui buchi neri. L’elenco comprende tutti i mammiferi, uccelli, invertebrati, insetti. Ma cos’è la coscienza? Il termine deriva dal latino Cum-scire, cioè “sapere insieme”: l’uomo ha 3 centri indipendenti chiamati “centro intellettivo”,”motore-istintivo”e “emozionale”, posti nel cervello. La “coscienza” indica lo stato di sintonia tra i tre centri, che permette la consapevolezza di se, delle proprie azioni e scopi, dei rapporti con il mondo esterno, dei sentimenti, capacità di valutare i valori morali, ravvedersi, pentirsi, etc. Queste facoltà non sono più doti uniche dell’uomo, ma di tutte le creature! Un aspetto molto interessante rilevato dagli studiosi è che la coscienza emerge anche negli animali che sono molto differenti dagli umani, compresi quelli che si sono sviluppati su percorsi evolutivi differenti, come uccelli, insetti, e acefalopodi (polipi, seppie, calamari), in quanto l’assenza di neocorteccia cerebrale non impedisce ad un essere vivente di provare stati affettivi. Scrivono gli scienziati «Prove convergenti indicano che gli animali hanno substrati neuroanatomici, neurochimici e neurofisiologici di stati di coscienza, insieme alla capacità di esibire comportamenti intenzionali, di provare stati affettivi e di sognare come l’uomo, incluso il sonno Rem. Di conseguenza l’evidenza scientifica indica che gli umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano coscienza». È una rivoluzione scientifica e morale nei loro confronti! Testi scientifici hanno scoperto prove di coscienza commoventi: animali che meditano su un brano musicale o ricordi su un pezzo di torta, elefanti che si aiutano per risolvere problemi, scimpanzè che insegnano ai giovani a fare arnesi, polpi in grado di pianificare, uccelli che sognano come noi, incluso il sonno Rem, gazze che dimostrano eclatanti analogie con umani, grandi scimmie, delfini e elefanti: si riconoscono nello specchio, mentre i pappagalli africani grigi hanno livelli di coscienza simili a quelli umani. La ricerca sulla coscienza è in rapida evoluzione e ciò richiede una rivalutazione periodica dei preconcetti in questo settore . Dichiara l’istituto di ricerca della coscienza Umberto di Grazia «Questa scoperta rappresenta un grande e importante cambiamento, la scienza sta realizzando che tutta la vita è interconnessa e interdipendente, e che gli umani non sono gli unici esseri coscienti del pianeta». Gli animali sono consapevoli nello stesso modo in cui lo siamo noi. Ciò comporterà di rivedere la nostra responsabilità morale nei loro confronti.
mag 119
I CONSIGLI DELLO CHEF di DI FRANCESCO PALUMBO E STEFANO IERARDI TITOLARI “LA RIMESSA” DI MARIANO
RISTORANTE “LA RIMESSA” TRADIZIONE E INNOVAZIONE Dopo l’esperienza in due locali cinque stelle milanesi la decisione di riprendere il cammino di Sergio Mauri Da febbraio 2013 Francesco Palumbo e Stefano Ierardi sono i nuovi proprietari del ristorante La Rimessa che nacque nel 1989 per volere di Sergio Mauri e tutt’oggi uno dei punti di riferimento per la ristorazione di qualità in Brianza. Francesco ha lavorato in due prestigiosi ristoranti milanesi come il ristorante Sadler e il ristorante Cracco di Milano, entrambi due stelle Michelin. Stefano Ierardi nasce a Mariano Comense e anche lui lavora in molti ristoranti prestiosi come il ristorante Sadler, il Pomireu di Giancarlo Morelli e il ristorante dell’hotel De La Ville di Monza. Francesco e Stefano si conoscono da Sadler dove avviano Chick’n’Quick, la trattoria moderna di Claudio Sadler e lavorano insieme per tre anni. Le loro strade si dividono e ognuno intraprende una nuova esperienza lavorativa fi no a quando nel 2012 conoscono Sergio Mauri e decidono di provare a proseguire il suo prestigioso cammino insieme ad Alessandro, Arun ed Erika i validissimi collaboratori che facevano già parte de La Rimessa e che Stefano e Francesco hanno voluto insieme a loro per continuare questo importante cammino. Rinasce così il ristorante La Rimessa situato all’interno di una corte dell’Ottocento lombardo. All’interno le pareti del ristorante sono tinteggiate con diverse tonalità di grigio, le tovaglie di lino e le fotografie
appese alle pareti rendono questo luogo molto aff ascinante. Il menu è molto intrigante, segue la stagionalità dei prodotti, strizza l’occhio al territorio ma guarda anche oltre utilizzando sempre ingredienti di altissima qualità. Nel menu potrete trovare la pasta fresca che Stefano giornalmente prepara rigorosamente tutta a mano, piatti a base di carne e di pesce. Tra gli antipasti ottima è la carne celtica con ananas fresco e mozzarella di bufala. Tra i primi da provare sono gli spaghetti di pane ai cinque cereali all’aglio, olio e missoltino; tra i secondi di pesce spicca il gran misto di pesci del Mediterraneo in padella con patate schiacciate al lime, i cubi di milanese al pane panko con pomodorini. Se avete ancora fame lasciatevi tentare dalla selezione di formaggi italiani selezionati da Stefano e Francesco e per il dolce un rinfrescante semifreddo al mojito accompagnato, se volete da un gin tonic al peperoncino. Francesco, sommelier professionista, seleziona tutti i vini presenti nella carta che conta circa 300 etichette tra le quali potete trovare anche una selezione di vini al calice e mezze bottiglie. Per una serata conviviale tra amici, una cena romantica, un pranzo o una cena d’aff ari, il ristorante La Rimessa è il luogo ideale. Provatelo, non ve ne pentirete!
CAPPELLETTI APERTI AROMATIZZATI ALLA BIRRA CON FAVETTE GUANCIALE E FLATULÌ INGREDIENTI per la pasta: farina di semola 250 g., farina 00 250 g., birra menabrea 225 g., albumi nr 2 per la preparazione Guanciale 300 g., Fave sgusciate 300g., Scalogno 100 g., Birra menabrea 200 g., Formaggio flatulì 150 g., Parmigiano 200 g., Olio qb PREPARAZIONE Preparare la pasta amalgamando tutti gli ingredienti, e confezionare i cappelletti unendo le due estremità. Preparare la salsa facendo stufare in padella dello scalogno tritato insieme al guanciale tagliato a listarelle non troppo sottili , bagnare con la birra, far ridurre leggermente e unire le fave. Cuocere i cappelletti in abbondante acqua salata scolarli e mantecarli con la salsa precedentemente preparata e con il parmigiano. Disporre i cappelletti su un piatto di portata e adagiarci sopra delle scaglie di flatulì.
120 mag
IL BELLO DELLA SALUTE di TIZIANO TESTORI Tiziano Testori, Docente Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Milano www.tizianotestori.eu
INTERVENTO DI IMPLANTOLOGIA COSA UN PAZIENTE DEVE SAPERE Esigere massima professionalità, corretta informazione e diffidare dei costi troppo bassi La perdita di uno o più denti fino alla perdita completa di tutta la dentatura rappresenta un problema importante per la maggior parte dei pazienti, molte volte crea disagi psicologici per il danno estetico piuttosto che reali problemi funzionali. La perdita completa dei denti con la riduzione ossea conseguente causa un invecchiamento precoce dei tratti somatici del viso, e molte volte il paziente non si rende conto che tale invecchiamento precoce del volto è dovuto alla mancanza dei denti o a protesi totali (dentiere) eseguite in modo non corretto. Un mento prominente, le labbra assottigliate e le rughe accentuate intorno alla bocca possono essere lo specchio di cure odontoiatriche non corrette. È sufficiente rifare una corretta protesi e il viso ritorna armonico, per cui si evince che non sono gli impianti ma la protesi corretta che crea armonia e funzione. In quei pazienti che per varie ragioni non tollerano la dentiera gli impianti sono la soluzione ideale dopo aver valutato alcuni parametri di ordine generale, quali lo stato di salute generale e fattori locali quali la qualità e la quantità di osso disponibile. Se un paziente gode di buona salute o presenta malattie ben compensate dalle medicine, è quasi sempre possibile fare un intervento ambulatoriale di implantologia. Gli interventi sono diventati molto meno invasivi e con le moderne tecniche di sedazione, un paziente non si accorge neanche di eseguire l’intervento, il dolore postoperatorio con i moderni analgesici è quasi inesistente, ci può essere un po’ di gonfiore che nell’ambito di una settimana si risolve. I pazienti spesso si chiedono come possono capire se l’implantologia è la scelta giusta per il loro caso e questo è dimostrato dalle quotidiane richieste di secondo parere da parte dei pazienti. Per evitare di sentire troppi pareri si possono fornire alcuni consigli: 1. affidarsi a professionisti seri e preparati che eseguano una visita clinica completa e raccolgono i dati sullo stato di salute del paziente. Non si può stilare un piano di cura senza visitare il paziente, visionando solo una radiografia come propongono alcuni centri odontoiatrici sopratutto esteri in paesi in cui il costo della vita è un centesimo dell’ Italia. I pazienti devono sapere che gli impianti necessitano di manutenzione, e di controlli periodici. 122 mag
2. discutere delle alternative terapeutiche. Cioè verificare se non esistano altre possibilità (curare i denti, rifare la protesi su denti del paziente, eseguire dentiere) la missione del dentista è curare i denti non togliere i denti per mettere gli impianti. 3. esigere una corretta informazione sulla certificazione e la qualità dell’ impianto che è un presidio medico-chirugico e necessiterà di un rifacimento della sua parte protesica (il dente, per intenderci) e quindi un paziente dopo 10/15 anni dovrebbe essere in grado di poter rifare la protesi e il professionista di comperare la componentistica protesica. Le ditte implantari di alta fascia garantiscono la costruzione dei componenti nel tempo, investono in ricerca e producono impianti e componenti affidabili. È sbagliato pensare che tutti gli impianti sono uguali ed è giusto che il paziente si informi del tipo di impianto che viene posizionato nella sua bocca. Se il paziente cambia città o nazione o lo studio dove l’ ha fatto chiude, il paziente deve essere in grado di andare da un altro professionista per rifare la protesi quando sarà necessario e questo può essere anche fra 15 anni. Se il paziente non ha una certificazione molte volte non si riesce a rifare il lavoro e si è costretti a togliere gli impianti dall’osso. 4. diffidare dei costi troppo bassi, l’implantologia è una procedura ad alta valenza tecnologica: richiede tempo, professionalità, strumenti e materiali adeguati. L’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (Andi) ha stilato un nomenclatore con un tariffario per dare un’indicazione sul giusto valore delle prestazioni. 5. ricordarsi che prima di sottoporsi ad un intervento di implantologia bisogna curare la malattia parodontale (volgarmente chiamata piorrea) che affligge più del 50% degli italiani. Ricordo a tutti che la piorrea dei denti naturali si chiama in termini scientifici parodontite, la piorrea degli impianti si chiama perimplantite ma i fattori di rischio e le cause sono le stesse
IL BELLO DELLA SALUTE di FRANCO BRENNA Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia. Professore a Contratto presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Libero Professionista in Como, francobrenna@frabre.it
ECCO IL DENTISTA DIGITALE UNA REALTÀ SEMPRE PIÙ ATTUALE E il risultato immediato è un risparmio di tempo, con minori costi e una maggiore qualità
Se il secolo nel quale stiamo vivendo da poco più di dieci anni dovrà essere ricordato per qualche singolo aspetto, sarà perché una forte componente della sua popolazione ha trasformato il proprio linguaggio da analogico in digitale. Non sono sicuro che possa considerarsi un bene totale; pc, smartphone, tablets, hanno tuttavia totalmente modificato il nostro mondo comportamentale tanto da sovvertire le qualità del conversare: una ricerca elaborata dalla società di comunicazione Qualified Impression e pubblicata recentemente dal Wall Street Journal riporta che nell’adulto la capacità di guardare negli occhi il proprio interlocutore nel corso di un dialogo è scesa, negli ultimi anni, del 60%. Siamo cioè oggi capaci di sostenere lo sguardo altrui per non più di sette secondi rispetto ai “normali” tredici, quindici. Non so se avete mai notato un tavolo di adolescenti in un bar “seduti insieme a chiacchierare”… ognuno apre il dialogo digitale a distanza attraverso il proprio telefonino ma nessuno, con le parole, col proprio vicino. Non tutto il progresso viene per nuocere, per fortuna. Avremo più ragazzi decapitati nella loro capacità interlocutoria ma la digitalizzazione del sistema mondo ci connetterà in una Rivoluzione pari soltanto alla prima Rivoluzione Industriale. Organizzazione medico sanitaria in primis. Dall’accoglienza di un paziente alla classificazione dei suoi malanni, dai percorsi diagnostici (anche e soprattutto a distanza) a quelli terapeutici teleguidati da robot mini invasivi, dai
protocolli post terapeutici alla gestione amministrativa…tutto nello spazio di un clic e di un bit. Dal “dica 33!”, al battito cardiaco anomalo del paziente di Como controllato in tempo reale a Boston. Maggior controllo dei costi, migliore qualità media, velocizzazione dei tempi di cura e di invasività nei confronti degli utenti. Anche le sacre zanne, visto che dobbiamo parlare di denti, sono state investite dal percorso rivoluzionario. Tutto il comparto Odontoiatrico ne è coinvolto e chi non si adegua rischia di dover presto non capire più la lingua comune. In momenti di instabilità economica come quelli in cui stiamo vivendo è difficile sintonizzarsi in modo totale su lunghezze d’onda che corrono a velocità della luce; è tuttavia il momento di investire. In primis in cultura, successivamente in mezzi innovativi e comprovati dall’industria - sempre più attenta alla ricerca e alla proposta oggi non più solo meramente commerciale - da ultimo, ma primo per importanza, per ottimizzare le condizioni di off erta che l’Odontoiatria dovrà garantire in futuro ai propri pazienti. Un esempio per tutti: fi no a pochi anni or sono un dente dei settori posteriori della bocca colpito da carie profonda necessitava, come d’altronde ancor oggi, di una sua terapia radicolare (devitalizzazione), seguita da una ricostruzione pre protesica per terminare con una riabilitazione funzionale ed estetica - intervallata da fastidiose impronte - attraverso una corona (capsula) possibilmente in materiale ceramico: il tutto per un totale di cinque se non sei sedute alla poltrona del dentista. Oggi, con le nuove tecnologie digitali e non solo, il tutto può essere gestito in due appuntamenti: risparmio di tempo, risparmio di costi, incremento qualitativo.
mag 123
IL BELLO DELLA SALUTE di EUGENIO GANDOLFI specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Como e Lugano - www. eugeniogandolfi.com
ACADEMIA DAY CLINIC WHERE SCIENCE CREATES BEAUTY Così nasce la bellezza con lo stile italiano e gli standard di qualità richiesti in Svizzera Cari lettori di Mag, sono oramai diversi mesi che, insieme alle ultime novità in tema di medicina e chirurgia estetica naturale, vi presento la nuova struttura clinica di Chiasso dove, da qualche mese, insieme al collega Medico e Chirurgo Riccardo Forte, svolgo buona parte della mia attività. Alcuni di voi mi hanno chiesto informazioni più approfondite su Academia. Academia Day Clinic ha sede presso una struttura autonoma di oltre 1100 metri quadrati e come centro medico dedicato alla medicina della Bellezza; è sicuramente il più completo in Ticino ed uno dei più grandi in tutta la Svizzera e l’ Italia. Academia Day Clinic dispone di un blocco operatorio con 2 sale operatorie autorizzate dall’autorità svizzera ad effettuare tutti gli interventi di chirurgia estetica anche in anestesia generale. Oltre alle classiche operazioni, in Academia si eseguono tutte le più innovative tecniche di chirurgia estetica mininvasiva, come il trapianto di tessuto adiposo e cellule staminali per l’aumento del seno o dei glutei al posto delle classiche protesi di silicone, la riduzione delle orecchie sporgenti senza incisioni e cicatrici, il ringiovanimento laser del volto. I pazienti dispongono di comode e lussuose suites. La Spa estetica offre trattamenti “over the top” ai pazienti ed a i loro accompagnatori. La privacy è assoluta e la discrezione obbligatoria. Alla Chirurgia estetica si affianca un servizio completo di medicina estetica avanzata che dispone di 5 studi medici . Anche questa attività è improntata a criteri di minima convalescenza e massimi risultati. Il nuovo protocollo di ringiovanimento del volto senza chirurgia “Natureal Face”, permette di presentarsi in pubblico poche ore dopo il trattamento con un aspetto riposato e ringiovanito, ma senza che se ne scopra la fonte: un effetto che veramente possiamo definire Lifting. In Academia, oltre al lifting del volto e del collo senza chirurgia, anche la rinoplastica non chirurgica è uno dei trattamenti più richiesti. Il tutto senza eccessi, ma sempre con uno stile di naturale bellezza,
quello che noi chiamiamo “Academia Style”. Le tecnologie sono il punto centrale di tutte le nostre attività. Sono oramai 20 anni che crediamo che la buona medicina debba associarsi alle tecnologie più moderne. In quest’ottica Academia è stata scelta da alcune tra le più prestigiose aziende internazionali produttrici di tecnologia come centro di eccellenza e di insegnamento. Disponiamo di tutte le attrezzature laser per dare soluzioni a proble-
mi di rughe, adiposità, capillari, peli superflui, macchie della pelle, rimozione di tatuaggi di ogni colore. Una delle ultime novità è la liposcultura del corpo senza chirurgia. Infatti Academia è stata eletta per prima in Europa a Maggio 2013 da Zeltiq, Azienda americana leader nel modo per la tecnica di criolipolisi (riduzione del grasso superfluo del corpo con il freddo), per l’applicazione del suo protocollo più innovativo. Grazie a questo nuovo metodo in pochi mesi si possono avere i risultati di un intervento di liposcultura ma senza entrare in sala operatoria, senza anestesia e senza convalescenza. Il prossimo passo: l’apertura a luglio del centro di medicina rigenerativa, antiaging e preventiva. Questa disciplina permetterà ai nostri pazienti di eseguire i più efficaci test genetici, di laboratorio per mettere in luce i fattori di rischio personali e potere impostare un programma di prevenzione basato su una dieta mirata, sull’esercizio fisico personalizzato e sull’uso di integratori alimentari preparati per le esigenze di ogni singolo paziente. Uno dei nostri motti ispiratori è: “Creare la Bellezza attraverso la Scienza”. Ci stiamo riuscendo combinando lo stile Italiano con gli alti standard di qualità e precisione richiesti in Svizzera. Per ogni informazione, contattatemi su www.academiadayclinic.ch e sul mio blog: http://blog.eugeniogandolfi. com/dottorgandolfi/.
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LE STELLE DI COMO ARIETE 21 MARZO 20 APRILE
Il potere grande del mese sta nella presenza del Sole fino al 29 giugno, Giove, Marte e Venere verso la fine del mese. Sul lavoro vi sentite distratti e perdigiorno con il rischio anche per le risorse economiche. Evitate sogni e fantasie e mirate ad obbiettivi concreti e a portata di mano. Atletici e scattanti (Marte e Urano) perderete il troppo accumulo dell’inverno ma il vostro stato d’animo non sarà altrettanto brioso. Consolatevi e toglietevi pensieri bui con amici in qualche serata folle.
TORO
di SANDRA UBOLDI
BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE
Sole, Marte, Giove e Venere dal 28 giugno. Con Marte potrete contare su un rapporto gioioso e appagante con il partner. Ciò consolerà il negativo nel campo lavorativo dove vi saranno uscite impreviste di denaro e rapporti con i colleghi che saranno poco comprensivi e faticosi, con rivalità e ripicche. Tutto ciò creerà uno stato di stress che dovrete evitare perché condizionerà gli incontri con gli amici, le belle serate in compagnia, mentre Marte vi darà molta energia che consumerete con altrettanto movimento. Ritornerete a muovervi sulle montagne che circondano la città.
21 APRILE - 20 MAGGIO
Avete una bella corona di ottimi amici planetari che vi disegnano un mese ricco di amore. Vi sentirete ricchi di umorismo per cui ogni situazione (anche sentimentale) sarà piacevole. Marte sarà aggressivo ma ottimo consigliere per spese e finanze, mentre Mercurio aiuterà gli ottimi rapporti con i colleghi. Anche senza la presenza di Marte che dia forza e irruenza, Venere sarà positiva per farvi godere di un benessere più tranquillo e avvolgente, equilibrato e senza eccessi. Curerete il vostro aspetto fisico anche attraverso le vostre scelte alimentari.
GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO
Sale la carica erotica e persino arrivano sorprese sentimentali inaspettate. Siete pronti per rinnovarvi nel lavoro mettendo alla prova tutte le vostre competenze e conoscenze per ottenere benefici concreti soprattutto finanziari. Non tralasciate di occuparvi di interessi artistici che vi hanno sempre affascinato; giugno potrebbe indicarvi una nuova via percorribile. Avete voglia di movimento e di sport. Rifatevi vivi in palestra che già avete frequentato ma non escludete le camminate e le corse lungo le sponde del nostro lago dove la bellezza dei luoghi sarà ispirazione per i pensieri belli.
CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO
Non ci sarà bisogno di altro per creare un’intesa splendida e solida nella coppia. Sul lavoro siete tentati da grandi cose e il mese si annuncia ricco di opportunità con pensate geniali nel campo dell’informazione e nel marketing. Festaioli e socievoli, passerete ottime serate in compagnia mentre le energie fisiche non sono al top. Evitate stravizi a tavola perché la goloseria e il poco movimento creano un connubio pericoloso.
LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO
Probabilmente vi manca la solita carica erotica di cui siete carenti e questo rovina tutto ciò che avete costruito. Siete irrequieti con voglia di cambiamento drastico che con Giove (entro il 26 giugno) dovrebbe potersi realizzare. Marte e Urano vi regalano energia e voglia di esercizio fisico all’aperto e desiderio di fuggire dalle riunioni troppo rumorose e affollate per cui scegliete gli amici più cari e recatevi in qualche baita dei nostri dintorni dove avrete natura, amici, silenzio, compagnia e non confusione e stress.
VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE
Tra i partner si crea un nuovo rapporto amichevole e comunicativo. Organizzate un viaggio di relax che può sempre giovare. Le amicizie saranno avvantaggiate (Venere in XI casa) senza approfondire né esasperare legami. Sul lavoro potrebbero esserci malintesi e dovrete calibrare le spese e gli investimenti. Tutto migliorerà dal 27 giugno. Poca voglia di sport ma desiderio di gite rilassanti nei nostri dintorni specialmente in oasi dove camminare e correre è naturale, facile e poco impegnativo. 126 mag
SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE
Sul lavoro avrete idee ingegnose e creatività a iosa mentre sarete razionali nella gestione patrimoniale e vedrete realizzati numerosi progetti come un’impresa in proprio con la formazione di un nuovo team di persone affidabili e affezionate. L’arrivo di Giove (finanze) assicurerà più floridi guadagni e periodo positivo. Vi sentirete anche fisicamente più attivi e accetterete di buon grado passeggiate e gite all’aperto che con il vostro buonumore riagganceranno conoscenze e interessi culturali. Programmate vacanze e weekend con amici approfittando della vostra buona disponibilità.
SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE
Sul lavoro ancora l’astro rosso rende il clima incandescente e concentra battaglie sia con i colleghi sia con organi burocratici. Dovrete resistere anche se sfiancati dalla lotta perché a fine mese arriverà Giove che metterà ordine e la situazione diventerà più tranquilla. La stanchezza, la pigrizia e gli acciacchi si faranno sentire ed eviterete così il movimento e lo sport ma in compenso studierete nuovi sistemi di vita, di nutrizione (macrobiotica) e di esercizi mentali (yoga). Potrebbe essere un inizio di rinascita.
CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO
Direi che potreste almeno evitare di rendervi odiosi a meno che questa sia una tattica per obbligare il partner a fare la prima mossa. Alta tensione anche sul lavoro perché siete ipercritici, polemici e Mercurio in opposizione peggiora la situazione confondendo le idee e annebbiandovi le decisioni. Vitalità in netto calo, non vi sentite attirati da sport o fitness e vi farete solenni riposi facendo zapping. Non esagerate in pigrizia ma aspettate tempi migliori.
ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO
Il quadro astrale è eccellente ma Giove in trigono può farvi sentire esageratamente superbi danneggiandovi con parole e chiacchiere, da parte di persone poco benevole. Mercurio vi offre ottime intuizioni professionali che dovrete tenere per voi. Lavoro di squadra buono e fattivo. Ottimo stato di salute con un piccolo neo che Saturno in quadratura potrebbe procuravi. Accettate con sicurezza tutte le sfide sportive perché le vostre energie chiedono di essere bene spese.
PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO
Non esagerate con la gelosia. Sul lavoro molti colpi di scena (Marte in quadratura potrebbe significare un dietrofront di soci o eventi inaspettati) Mercurio e Saturno potrebbero favorire un vostro miglioramento di ruolo. Non perdete la bussola e aspettate un mese da “montagne russe”. Venere vi invita alla pigrizia ma voi evitate gli eccessi organizzando incontri con amici festaioli e socievoli con cui rilassarvi e passare belle serate.
Gli aforismi del mese di Federico Roncoroni
Perde anche il proprio chi desidera l’altrui. Fedro
Le parole non redimono la condotta umana, ma aiutano a chiarirla e a spiegarla. Boris Pahor
L’errore diventa errore quando nasce come verità. Stanislaw J. Lec
Non basta avere ragione: bisogna trovare qualcuno che te la dia. Giulio Andreotti
Sono solo i superficiali a non giudicare dalle apparenze. Oscar Wilde
I voli dei moderni poeti sono voli di pollo e non di aquila. Carlo Dossi
Nulla è per lo spirito più raggiungibile che l’infinito. Novalis
È facile scrivere i propri ricordi, quando si ha una cattiva memoria. Arthur Schnitzler
Ciò che cadrà è ciò che doveva cadere, come le foglie secche dal vecchio albero. Maurizio Blondet
Nessuno comprende il lavoro sotterraneo che prepara la collera. Elias Canetti
Nulla impedisce di essere naturali quanto la voglia di sembrarlo. François de la Rochefoucauld
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LAST MINUTE
di FRANCESCO ANGELINI
UNA COMO BIPARTISAN PER IL TERRITORIO Centrodestra e centrosinistra, divisi sul Lario, sono uniti a Roma. Magari un’azione comune sulle rispettive forze di governo potrebbe servire per ottenere più risorse e certezze economiche
Amici a Roma, nemici a Como. Lo spegnimento della prima candelina della nuova amministrazione comunale cittadina è segnato da un’elevata conflittualità tra maggioranza e opposizione, in particolare con l’opposizione di centrodestra. Vero è che la pattuglia berlusconiana o ex di Palazzo Cernezzi si è divisa tra pidiellini e misti più o meno collegati a Fratelli d’Italia di Ignazio La Russa e Alessio Butti, una formazione politica che è rimasta fuori dal governo di larghe intese romane. Ma anche coloro che sono rimasti nel partito di Silvio Berlusconi non risparmiano i fendenti al governo lariano di centrosinistra come dimostra anche la dura polemica sulle mostre tra Sergio Gaddi e il suo successore all’assessorato alla Cultura, Luigi Cavadini. Pensare che, proprio questo terreno, avrebbe potuto rappresentare un terreno d’incontro sul modello romano per un dialogo bipartisan. Ma probabilmente hanno pesato anche i caratteri dei personaggi oltre al radicale cambio di strategia nell’ambito delle politiche culturali, decisa dalla Giunta guidata da Mario Lucini. Certo sembra abbastanza strano vedere due partiti che a Roma, in particolare con il premier Enrico Letta e il segretario del Pdl, Angelino Alfano, andare d’amore d’accordo e a Como si mettono le dita negli occhi a livello istituzionale in Comune. La spiegazione, come è ovvio sta tutta nei numeri. A livello nazionale il centrosinistra non è autosufficiente per governare. Non ha la maggioranza al Senato e ha trovato le porte chiuse per un’alleanza da parte del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. In riva al lago, la legge elettorale per la scelta del sindaco e del Consiglio comunale, premia il vincitore garantendogli, salvo situazioni davvero particolari, i numeri per governare. Ma non è solo questo. Nella realtà locale, pesano personalismi e atteggiamenti da una parte e dall’altra. Eppure, forse, la situazione in cui si trovano la città e le casse dell’amministrazione comunale abbandonata da Roma sia sotto il punto di vista dei trasferimenti, sia per quanto riguarda la certezza delle risorse di cui è possibile disporre (e questo è un aspetto estremamente grave per chi deve poi stabilire la ripartizione della spesa pubblica e quantificare le entrate) potrebbe suggerire un’azione di lobby bipartisan per il bene della città. Il fatto che al governo nazionale i due partiti rivali convivano potrebbe essere utile per cercare di portare a casa qualcosa di più anche per il territorio comasco. Magari non molto, vista l’epoca di vacche non magre ma scheletriche. Piuttosto che niente, meglio piuttosto.
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130 mag