Mag 57 Febbraio 2014

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N. 57 FEBBRAIO 2014

M AGA Z I N E

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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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COMO RIPARTE di Maria Giovanna Della Vecchia

…QUALCUNO ALL’ESTERO di Stefania Briccola, Sara della Torre, Tommaso Vimercati

…QUALCUNO IN CITTÀ di Annalisa Testa




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di Diego Minonzio

QUALCHE SEGNALE E MOLTO CORAGGIO La prima cosa da fare è tapparsi le orecchie. E, un a imo dopo, fare tu i gli scongiuri possibili e immaginabili. Poi, contare fino a cento. Perché dopo aver sentito nei giorni scorsi il nostro sbiaditissimo presidente del consiglio straparlare da un qualche paese esotico di crisi ormai finita e di quanto noi italiani si sia tornati seri e affidabili per gli investitori stranieri è una roba da ridere. Oppure da piangere, decidete voi. Politica di serie C, diciamoci la verità. Alla faccia di tu i quelli - e sono tanti - che sono capaci di fare e di proge are e che invece nell’agenda delle priorità del governo non riescono mai ad entrare. Chissà perché… Per parlare di cose serie, invece, leggetevi con a enzione il servizio di apertura del primo Mag del nuovo anno, firmato dall’o ima Maria Giovanna Della Vecchia, tu o dedicato alla Como che torna in pista, è pienamente convinta di potercela fare, è ben conscia degli spiragli di ripresa offerti dagli ultimi dati della congiuntura che perme ono di lavorare per una svolta non più così lontana come solo qualche mese fa. Insomma, Como riparte da 0,3. E cos’è questo 0,3%, anzi questo +0,3%? È il segno – positivo! – della produzione degli ultimi tre mesi del 2013 in provincia di Como. Un dato piccolo ma significativo, che ci offre una le ura della realtà economica della nostra terra più completa delle sole e terribili crisi aziendali che ci hanno colpito in questo anno.

Certo, il caso Sisme è una ferita non solo produ iva ma anche e sopra u o sociale destinata a sanguinare nei prossimi anni, ma non tu o va in quella direzione e alcuni degli analisti e degli imprenditori più accorti del nostro territorio lo spiegano in queste pagine con grande chiarezza. Non solo. A compendio di questa analisi, abbiamo anche raccolto alcune esperienze campione che legassero dei volti e delle storie ai dati chiari ma freddi della congiuntura. Ecco quindi sei storie di altre anti comaschi che hanno scelto di mollare gli ormeggi, lasciare il loro lago amatissimo e provare a inventarsi un business innovativo e originale all’estero. Londra, New York, San Paolo, Zanzibar. Informatica, archite ura, fotografia, arte. Non ci sono limiti di spazio e di se ore per dare campo alla propria creatività e poter dire alla fine la cosa più bella di tu e: “Io ce l’ho fa a”. Ed è proprio così che è andata. Ma c’è anche chi ha sposato una filosofia contraria e opposta e ha deciso di restare, di puntare sul mercato interno e sulla capacità di reazione di una ci à in profonda crisi come la nostra. Due esperienze di ristorazione nuova e intrigante, tanto simpatica nell’approccio quanto coraggiosa nella visione lunga per un futuro da conquistare con il lavoro e l’o imismo. Leggetevele bene queste storie, naturalmente assieme alle tante altre che costituiscono il ricco contorno del Mag di febbraio. Siamo certi che vi daranno una bella carica di adrenalina e di o imismo. Buona le ura.

Editoriale | Mag Febbraio 2014 | 7



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N. 56 FEBBRAIO 2014

M AGA Z I N E

MAG FEBBRAIO

D E

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

I L

2014

COMO RIPARTE di Maria Giovanna Della Vecchia

…QUALCUNO ALL’ESTERO di Stefania Briccola, Sara della Torre, Tommaso Vimercati

…QUALCUNO IN CITTÀ di Annalisa Testa

7 L’EDITORIALE di Diego Minonzio 13 DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli LE OPINIONI 17 «Donna di picche» di Rosaria Marchesi 18 «Pubbliche virtù» di Salvatore Amura 20 «Occhi sul mondo» di Umberto Montin 21 «La borsa & la vita» di Gaetano Ragucci

In copertina: Una immagine sca ata alla Eldor Corporation di Orsenigo

50 IL TRASPORTO DELLA MUSICA L’azienda che trasporta strumenti musicali di Enrico Romanò

58 NELLE MANI DEL SARTO I vestiti su misura una richiesta crescente di Serena Brivio

64 VIAGGIATORE SOLITARIO Le imprese nel mondo di Mauro Vanoli di Ricky Monti

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24 COMO RIPARTE

di Maria Giovanna della Vecchia

…QUALCUNO ALL’ESTERO di Stefania Briccola, Sara Della Torre, Tommaso Vimercati

…QUALCUNO IN CITTÀ di Annalisa Testa

Ecco i dati sulla possibile ripresa nel 2014 forniti dalla Camera di Commercio e l’analisi di tre imprenditori comaschi che credono nel futuro della nostra economia. L’esempio di sei comaschi che hanno scelto di andare all’estero e hanno avuto successo. La sfida di qua ro giovani che in ci à, nel pieno della crisi, decidono di aprire un’a ività. Titolo articolo | Mag Febbraio 2014 | 9


71 SIAMO PRONTI ALLE SFIDE Le imprese dei disabili alla Cano ieri Lario di Gianfranco Casnati

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I L M AGA Z I N E D E

DIRETTORE RESPONSABILE

78 NOI VINCIAMO LA PAURA Storia e impegno di Luisella Anzani di Sara della Torre

Diego Minonzio

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RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it

86 LA BARBA RIBELLE Vita e santità di Padre Aristide di Laura D’Incalci 96 LA CASA DELLA POESIA L’a ività comasca verso il Festival di Elisabe a Broli

OPINIONI Rosaria Marchesi, Umberto Montin, Salvatore Amura, Gaetano Ragucci

SERVIZI Maria Giovanna Della Vecchia Sara Della Torre, Laura D’Incalci. Tommaso Vimercati, Annalisa Testa Stefania Briccola, Ricky Monti, Enrico Romanò, Gianfranco Casnati, Elisabetta Broli

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Le parole che non tornano di Emilio Magni

Animali di Marinella Meroni

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Eventi 113

Idee (S)fashion di Serena Brivio 114

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Il bello della Salute di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori di Pietro Cantone

RUBRICHE Maria Castelli,Carla Colmegna, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Pietro Cantone Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Alessandra Uboldi Federico Roncoroni TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti, Luigi Corbetta REALIZZAZIONE GRAFICA

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Navigazioni Lariane di Luca Meneghel

L’Oroscopo di Alessandra Uboldi

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DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena

Scaffale di Carla Colmegna

L’aforisma del mese di Federico Roncoroni

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PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211

Grande schermo di Bernardino Marinoni

Last minute di Francesco Angelini

STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 3 febbraio

10 | Mag Febbraio 2014 | Sommario




Belle notizie

di Maria Castelli

La suocera premurosa Mezza pagina di auguri sul quotidiano “La Provincia” ha rappresentato la sorpresa di compleanno per Ivan Curti, imprenditore edile di San Siro. Nel giorno in cui ha festeggiato i suoi primi 40 anni, ha aperto il giornale come al solito e s’è trovato il grande messaggio: «Tanti auguri, Ivan». A scanso di equivoci, lo sfondo raffigurava il lago e il borgo di Rezzonico, oltre al logo dell’azienda: non c’era possibilità di omonimia. E la firma dissipava ogni residuo dubbio: era quella della suocera, Ornella Raveglia. «Mia suocera ha avuto l’idea e tutta la famiglia ha contribuito a realizzarla, soprattutto mia moglie Katia», ha dichiarato il neo–quarantenne ed ha aggiunto queste belle parole: «I quarant’anni sono un traguardo importante. Ma ancora più importante è il bene che mi vuole la mia famiglia».

Offro asilo «Offro asilo 365 giorni l’anno»: è la sfida della scuola materna di via Colonna a Camerlata. Fondata nel 1914, era stata chiusa mesi fa per mancanza di iscritti, ma un gruppo costituito in gran parte da ex alunni, presieduto dal pedagogista Bruno Venturini, s’è impegnato per riaprirla e mantenerla aperta ogni giorno, riportando la vita in un lembo del quartiere. E proprio per offrire al quartiere un servizio non solo educativo, ma anche sociale, l’asilo si spalanca alle esigenze della comunità in cui è inserito e presenta nuove proposte anche per i ragazzi, gli adulti e gli anziani. «Un centro per il welfare di quartiere»: è l’obiettivo annunciato dal presidente.

Rinata a 43 anni Maria Antonietta Zapparoli, residente ad Erba, ha cercato per 40 anni i genitori che l’avevano abbandonata in un orfanatrofio di Seregno. Aveva poco più di tre anni, è diventata adolescente passando da istituto in istituto, è stata adottata a 15 anni, ma non ha mai perso la speranza di ritrovare la famiglia d’origine, nonostante gli ostacoli e le difficoltà. A metà gennaio, s’è recata dai carabinieri e i militari hanno rintracciato i genitori di Maria Antonietta. «È suonato il telefono - racconta - ho risposto e ho sentito: “Sono papà”. Ho pianto come una bambina. Lui aveva la stessa voce che mi portavo dentro da sempre, non sono riuscita a parlare per cinque minuti. Adesso ci rivediamo. Ho parlato anche con i miei tre fratelli e con la mamma. In me prevale l’amore di figlia, malgrado tutti gli sbagli dei miei genitori».

Dieci belle notizie | Mag Febbraio 2014 | 13



Belle notizie

Il bel gesto di Isacco

Una mano per il lavoro

A Cantù, Isacco ha trovato un cellulare smarrito e l’ha consegnato all’edicola. Era di una donna che l’aveva perso, era già pronta ad incorrere in noie, invece la giornata che sembrava storta s’è raddrizzata. Isacco è un giovane ghanese che agli inizi di novembre aveva passato un guaio per un litigio con gli agenti della polizia locale, ma i conoscenti dicono che è una persona mite, sempre attento a tener pulito, si mostra sempre gentile e «dà l’anima. Bisogna solo prenderlo nel verso giusto».

Il coraggio sul lago Una donna è stata salvata dalle acque del lago grazie a sei giovani atleti e ad un istruttore della Società Canottieri Lario. Andrea Tenca, 41 anni, s’è tuffato nel lago gelido ed ha riportato a riva la donna, poi ricoverata in ospedale, nessuna grave conseguenza. Gli atleti che si stavano allenando vicino alla diga foranea hanno dato l’allarme non appena hanno notato un corpo in acqua, rivestito da un giaccone pesante, un anello sulla mano che sporgeva dalla manica, uno zaino vicino. Galleggiava. Correndo, hanno chiamato i dirigenti e gli allenatori; la sagoma era a 20 metri dalla riva e non era certo, nel buio, che si trattasse di un essere umano. Sono stati chiamati i soccorsi, nel frattempo s’è alzato dal lago un grido di aiuto. Tenca s’è fatto avanti: «Mi butto», ha ottenuto il permesso e s’è tuffato. Un aliscafo di passaggio ha lanciato il salvagente, Tenca l’ha utilizzato per la donna. Lieto fine.

Il Comune di Arosio, con Caritas ed Acli, si è proposto di dare una mano ai giovani in cerca d’occupazione ed ha lanciato l’iniziativa “Doniamo lavoro”, pubblicizzata anche da uno striscione sulla facciata della chiesa parrocchiale. Non è solo un punto d’incontro tra domanda ed offerta, pur importante, ma è previsto un riconoscimento del 20% dei costi ad ogni azienda che assumerà giovani tra i 15 e i 29 anni. I riscontri non sono mancati: giovani ed imprese si sono incontrati e le prime assunzioni sono andate a buon fine. «Dobbiamo in tutti i modi cercare di combattere questa crisi. Cerchiamo di fare tutto quello che possiamo nel migliore dei modi», ha detto il vicesindaco, Alessandra Pozzoli, smentendo l’opinione corrente che i Comuni non possono fare nulla in tema di lavoro. Nella foto: Mattia Cereser (al centro tra i gestori dell’officina Ruggiero e Tommaso Santin) è stato assunto così.

La farina gialda La creatività e la passione dell’Associazione Agricoltori del Bisbino ha riportato in vita “La farina gialda integral de carlun del Bisbin”, la farina gialla integrale di granoturco del Bisbino. Lo scopo dell’Associazione, costituita da pochi mesi e presieduta da Viviano Rizzato, consiste nel riscatto dal degrado dei terreni un tempo coltivati situati lungo i versanti della montagna cernobbiese, con progressiva estensione ad altri luoghi abbandonati. Un tempo erano una risorsa per la comunità della Val Breggia, ma ora sono invasi da roveti e sottobosco. La produzione, finora una primizia, aumenterà quest’anno. Ma com’è la qualità? «Eccezionale», assicura Rizzato.

Dieci belle notizie | Mag Febbraio 2014 | 15



Belle notizie

Orgogliosi di resistere Tra i tanti operatori economici che resistono, anche la storica merceria di Lora, lungo la Via Majocchi che ha visto tante attività cessare o cambiare. La merceria resiste grazie alla volontà della titolare, Giovanna Oliverio che, come i suoceri prima di lei, accoglie i clienti come amici a casa. «Spesso le persone dicono: meno male che esiste la merceria - afferma - e abbiamo clienti affezionati. Negli ultimi anni, il lavoro s’è fatto sempre più difficile, ma le soddisfazioni non mancano. Qui tornano con i nipoti le bambine di una volta». E sono ormai nonne.

Piatti di solidarietà L’anno scorso, novemila porzioni di cibo sono state donate dall’Azienda Ospedaliera Sant’Anna a strutture che assistono persone in difficoltà. Attraverso Siticibo, novemila porzioni che sarebbero state sprecate sono andate a beneficio di persone che non hanno cibo a sufficienza. Ma Roberto Camagni, direttore della Cooperativa Camst che gestisce la ristorazione all’ospedale, ha precisato che la donazione di cibo non dev’essere intesa come un veicolo in mano alle aziende per liberarsi di avanzi. Ciò che avanza, cioè procede, è una nuova sensibilità. «Aiutare persone che si trovano in una grave situazione di crisi è un dovere, soprattutto per chi ha un lavoro ed è oggi considerato un privilegiato», ha detto il direttore generale dell’Azienda, Marco Onofri.

Il bosco adottato L’Associazione Tavernola Attiva adotterà un bosco di 17mila metri quadrati, di proprietà del Comune di Como, per realizzare uno spazio giochi e un’area da pic nic a servizio del quartiere. «È un progetto molto importante - afferma la presidente dell’Associazione, Silvia Gatti - Ci faremo carico del bosco, di fatto abbandonato. Lo faremo ripulire e la ditta che si occuperà di pulizia e potature utilizzerà il ricavato della vendita della legna per ripagare le spese per i lavori e poi acquisteremo panchine e tavoli». Dieci belle notizie | Mag Febbraio 2014 | 17



di Salvatore Amura

Presidente Accademia di Belle Arti Aldo Galli - Ied Como

LA SFIDA DI EXPO 2015 Mancano oramai meno di 500 giorni all’Esposizione Universale che si terrà a Milano tra il 1° maggio ed il 31 o obre 2015. Una Esposizione universale organizzata a pochi chilometri da Como porta al territorio numerosi vantaggi se gli operatori sanno interce are le opportunità, i flussi e le idee che un evento di tale portata catalizza a orno a sé prima e durante la manifestazione internazionale. L’Esposizione è una vetrina a raverso la quale i Paesi del mondo presentano il meglio della propria identità, le proprie eccellenze, il lavoro, i prodo i, le tradizioni. Sarà una vetrina internazionale. Milioni di visitatori. Migliaia di imprenditori e aziende. Un significativo ritorno di immagine per il nostro territorio e per aiutare la sua ripresa economica. Ma Expo2015 potrà essere un volano per l’economia solo se il territorio saprà arrivare all’appuntamento con una efficace a ività di marketing: a raverso proge i concreti volti al rilancio competitivo e innovativo dell’economia. Il territorio comense e brianteo è storicamente portato per le relazioni internazionali; situato in una localizzazione strategica, noto in tu o il mondo per le sue bellezze paesaggistiche e per l’eccellenza delle sue imprese creative, ha in Expo2015 l’occasione straordinaria per me ersi in mostra, tessere nuovi conta i, rinnovare gli esistenti. Pur escludendo a Expo capacità e poteri strategici e soluzioni mirabolanti per la crisi economica e produ iva del Paese l’esposizione può essere intesa come forte stimolo per dare nuovo impulso alla crescita, a raverso un percorso che parte in anticipo e che va ben oltre l’anno 2015. Il ruolo delle istituzioni è fondamentale per delineare le strategie e gli obie ivi; la rete territoriale è altre anto importante per creare sinergie funzionali, contaminazioni e collaborazioni proge uali, particolarmente preziose in un periodo di crisi e di scarsità di risorse. Per accrescere l’attra ività del territorio le imprese si muovono nella direzione dell’innovazione tecnologica: sono già in

campo importanti iniziative di sostegno alla filiera turistica, da adeguare alle richieste di un pubblico internazionale diversificato ed esigente; è determinante la formazione del personale adde o, a raverso un lavoro capillare con giovani rispe o ai temi dell’accoglienza e dell’internazionalizzazione della propria formazione, con una promozione coordinata ed efficace dell’offerta turistica. Per valorizzare la ricchezza culturale e le bellezze paesaggistiche, oltre alle tante risorse professionali e d’impresa, affinché Como e il territorio diventino sempre meta di turisti tradizionali e di businessman e di imprese eccellenti (che decidano di insediarsi), è necessario lavorare anche sulla qualità della vita e dei luoghi, sulla proposta di una “smart city” sostenibile, stimolante, vivibile, accogliente, internazionale, ben servita logisticamente e con un’offerta di eventi di qualità. Una ci à, tante realtà, un territorio che si distinguano nel contesto mondiale grazie alle proprie specialità. Il semestre maggio-o obre 2015 rappresenta un’enorme opportunità non solo necessariamente per le imprese del territorio operanti nel se ore turistico – alberghiero, bensì un volano per tu a l’economia, anche per quella legata al comparto dell’edilizia, del legno-arredo, del tessile, del verde, dell’enogastronomia, della logistica, dell’ICT, del terzo se ore; l’Expo costituirà una grande occasione per incrementare la nostra capacità di scambio con il resto del mondo e per esportare le nostre eccellenze, in un periodo di forte difficoltà come questo. Per facilitare e cogliere appieno questa opportunità per tu o il territorio dal 2011 è a ivo il proge o SistemaComo2015, promosso dalle maggiori istituzioni del territorio tra cui la Camera di Commercio di Como, il Comune di Como e la Provincia, bisogna puntare sul fare rete, me endo insieme sogge i pubblici e privati, facendo sistema e impegnandosi al massimo per non perdere un’occasione unica, irripetibile, che potrà sicuramente servire al rilancio dell’Italia.

Pubbliche virtù | Mag Febbraio 2014 | 19


di Umberto Montin

L’ALTRA NEW YORK DI DASANI Non si può dire che la sua casa sia piccola: 520metri quadrati da condividere con i genitori e se e fratelli. Eppure questa “casa”, la sua ubicazione, il suo “arredamento”, sono l’emblema della nuova povertà delle società opulenti. Quella povertà che si fa finta di non vedere, che non appare nelle soap opera ( se non per qualche approccio benefico) ma che irrompe prima con le statistiche crudeli e poi, di recente, in occasione di un grande avvenimento: l’insediamento del nuovo sindaco di New York Bill de Blasio, democratico, radicale. Alla cerimonia de Blasio si è presentato con a fianco una bimba di 12 anni, Dasani Coates. Il significato del suo gesto era chiaro: nella Grande Mela sono 22 mila i bambini come Dasani, senza un te o degno di questo nome, simbolo accusatorio delle povertà nella ci à che conta 400 mila milionari, un record di concentrazione mondiale di straricchi. Dasani ha fa o scoprire il vaso di Pandora delle diseguaglianze massime quando, appunto, il New York Times ha cominciato a raccontare le storie di questi 22 mila piccoli che vivono al di là dei margini sociali. Come Dasani che deve il suo nome all’innamoramento che la madre ebbe per le prime acque vendute in bo iglia, un sogno che la donna non poteva certo perme ersi. Oggi Dasani vive nell’Auburn Family Residence, uno squallido rifugio per senzate o - il peggiore dei 152 ricoveri della ci à -, dove si sopravvive tra muffe e topi che camminano sulle pareti tanto da dover appendere il cibo per poterlo ritrovare il giorno dopo. In questo ghe o, immenso quanto il suo squallore, si dorme tra materassi bu ati a terra e mucchi di abiti racca ati, i bambini sono messi dalle madri davanti alle porte delle docce in modo da impedire o dissuadere i predatori sessuali. E non sempre funziona. Dasani fa anche da mamma ai suoi fratellini o fratellastri, li prepara al ma ino e li accompagna al bus prima di andare a scuola lei stessa, dopo aver a raversato (”mimetizzata” dice quando la madre riesce a darle un paio di scarpe o un giubbo o che

20 | Mag Febbraio 2014 | Occhi sul mondo

non tradiscono la provenienza da Auburn) quartieri come il Fort Greene, simbolo della gentrificazione, ovvero della nuova urbanizzazione da parte delle élite impiegate nei santuari dei giganti dell’hi-tech. La ci à è cresciuta con lei, mostra 200 chilometri di piste ciclabili, parchi all’avanguardia, lo skyline di torri sempre più lussuose. Eppure quasi la metà dei newyorkesi oggi vive so o o alle soglie della povertà, la mamma e il patrigno di Dasani sono a un livello ancora inferiore rispe o a queste statistiche, disoccupati e coinvolti in storie di arresti e tossicodipendenza. Eppure la bimba non si dà per vinta nonostante la gentrificazione abbia rimosso, so o la spinta dei più abbienti, i classici sostegni americani per chi è più debole, alloggi a prezzi sostenibili e lavori capaci di generare salari da sussistenza. Dasani e la sua famiglia fanno i conti con la politica di Bloomberg di rendere autosufficienti i senzate to dando loro un aiuto per l’affi o (sempre più irraggiungibile) ma togliendoli dalle liste per le case pubbliche. Dasani è forte, frequenta la McKinney che è un po’ la versione povera de LaGuardia Arts, scuola pubblica d’élite che ha ispirato la serie tv “Fame”, la quale in sei anni ha perso un quarto dei finanziamenti e ha sempre più a che fare con studenti le cui famiglie oscillano tra la violenza e la droga. Eppure Dasani, secondo i suoi insegnanti, ha una intelligenza che supera di gran lunga quella dei suoi coetanei, coltiva un approccio intuitivo per l’apprendimento che potrebbe portare, spiegano, questa bimba a essere qualsiasi cosa, anche un giudice della Corte Suprema. Lei non nasconde da dove viene, solo sei su 157 suoi compagni vivono nei rifugi, ma è orgogliosa, si ba e per affermarsi, per resistere: “Ho un sacco di possibilità – racconta -. Io faccio”. Anche se alla sera deve tornare nella sua “casa”-tugurio, anche se i suoi genitori sono coscienti di una cosa: che, come ha scri o il New York Times “vivere a Auburn è amme ere il fallimento, l’incapacità per loro di rispondere alle necessità più elementari”.



di Gaetano Ragucci Avvocato tributarista

POLITICA ECONOMICA E CONSERVAZIONE L’imposizione patrimoniale italiana non risponde ad alcun modello unitario, di cui si siano apertamente esaminati e discussi i costi e i benefici. Con l’approvazione della legge di stabilità per il 2014 si è placato il turbine di notizie di stampa sul riasse o dell’imposizione patrimoniale, ed è venuto il momento per più pacate riflessioni. Quali sono, allora, le scelte che stanno alla base della riforma del prelievo sulla casa, nelle condizioni di recessione economica in cui ci troviamo? Il Governo la ha presentata come l’avvio di un percorso di riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, da cui verrà un alleggerimento del carico tributario di circa 1 dei 14,6 miliardi di sgravi programmati nel triennio 2014-2016. Ma, de o questo, abbiamo aggiunto ben poco a quello che già si sapeva, cioè quasi nulla. Non sempre si tiene conto che la Costituzione affida al Parlamento la direzione della politica in materia di tributi; e che la direzione implica elaborazione delle linee essenziali a cui ogni decisione rilevante va adeguata. In queste condizioni, una discussione parlamentare sui cara eri dell’imposta patrimoniale sarebbe stata pubblica, e avrebbe preceduto le decisioni destinate a tradursi in legge. Vi sarebbe stato un confronto tra diverse opzioni, e ognuno avrebbe potuto seguire il diba ito tra chi propone una imposta patrimoniale a regime con aliquote contenute, volta a sostenere la finalità redistributiva del prelievo, per la rimozione delle disuguaglianze sociali. E chi, all’opposto, la concepisce come una misura anche più consistente ma straordinaria, volta a compensare la perdita di ge ito che si avrebbe con una simultanea riduzione del prelievo su lavoro e impresa, funzionale al sostegno indire o di domanda interna e investimenti. La discussione è uno degli strumenti di cui uno Stato di diri o dispone, per porre le libertà individuali al riparo della legge nelle decisioni relative ai tributi.

22 | Mag Febbraio 2014 | La borsa o la vita

Oggi invece accade che il Governo presenta un disegno legge, su cui apre consultazioni con le più a ive rappresentanze di interessi, che poi promuovono in aula emendamenti che il Governo gestisce con lo strumento della fiducia. Perciò le linee generali sono stabilite dai tecnici, e il diba ito si svolge su profili secondari, non incidenti sulle opzioni di base. Oggi questa dinamica sta favorendo l’arrocco della politica economica nazionale su posizioni di sostanziale conservazione, forti dell’argomento apparentemente tecnico dell’equilibrio dei conti. È questo il brodo di coltura della diffusione so otraccia di una pluralità di forme di imposizione patrimoniale non rispondenti a un disegno coerente, di cui si possano conoscere e discutere i costi e i benefici. Così, per restare alle novità dell’ultima legge di stabilità (ma si tra a di una situazione non certo nata oggi), si a ua un aumento del 25% dell’imposta di bollo sulle comunicazioni alla clientela relative a prodo i finanziari, depositi bancari e postali (c.d. minipatrimoniale). E allo stesso tempo vede la luce la Iuc – imposta unica comunale, risultata dall’anomalo impasto della vecchia Imu (componente patrimoniale) con altre due entrate pure commisurate alla consistenza dell’immobile di proprietà: un corrispe ivo per il servizio di gestione dei rifiuti (Tari); e un onere richiesto senza criteri di corrispe ività rispe o a servizi di diverso genere cumulativamente finanziati: polizia locale, istruzione, anagrafe, illuminazione, manutenzione strade ecc. (Tasi). Dopo di che non siamo in grado di sapere a quale tipo di imposta patrimoniale siamo di fronte, se sia prevalsa l’istanza redistributiva o di sviluppo, o se, more italico, siano risultate entrambe vi oriose. Meglio sarebbe se lo Stato partisse da un approccio razionale ai problemi sul tavolo, se vuole far fronte ai disagi di una situazione economica che sta diventando insostenibile.


di Rosaria Marchesi Giornalista

I GIORNALI E LA SFIDA WEB Il 2014 è iniziato per il panorama editoriale di Como con una casella vuota: sono sospese le uscite del trimestrale Brole o. Come ricorderanno i le ori più fedeli del periodico, esso aveva visto la luce alla fine del 1984 (quando fu realizzato il n. 0), ne erano fondatori il giornalista Alberto Longa i (che è sempre rimasto direttore responsabile) e l’editore tipografo Ferdinando Marelli, alla morte del quale subentrò il fratello Marino. Brole o rilanciava il nome di un’importante pubblicazione degli anni Trenta e ne riprendeva idealmente il testimone, dal momento che in tu i i suoi anni di vita ha sempre avuto una dimensione culturale divulgativa, che privilegiava la cultura locale, inquadrandola, però, in un respiro più ampio. Nel corso degli anni ne sono stati dire ori editoriali, prima Arturo Della Torre scomparso all’inizio degli anni Duemila e poi chi scrive queste note. Ciascuno ha dato alla rivista la sua impronta, più le eraria con Della Torre, più storica con me. La redazione del periodico ha sempre spaziato nei campi più vari, dalle interviste a protagonisti della vita artistica, musicale ecc, all’interesse per la documentazione storica legata a personaggi, chiese monumenti e famiglie del territorio, fino ai pezzi sull’ambiente, le passeggiate o la cucina. Brole o si è “fermato” per un fenomeno purtroppo sempre più diffuso di disagio economico, legato sopra u o alla diminuzione dei le ori e della pubblicità. Mal comune mezzo gaudio? Niente affa o! In primo luogo i collaboratori, una redazione eterogenea, ma coesa (alcuni giornalisti, altri cultori di questioni locali, autori tu i, spesso, di piccoli scoop) non si sono dati per vinti e hanno suggerito alcune idee (tu e da verificare) per non far venir meno la pubblicazione. L’editore stesso, che, vero mecenate contempora-

neo, ha sempre finanziato la rivista, non è completamente chiuso di fronte a queste istanze. Per “ripartire” bisognerebbe, però, trovare nuovi fondi. Cosa succederà in futuro? Mentre scrivo non posso prevedere nulla, ma solo condividere una riflessione sulla situazione odierna della stampa. Il mondo dei giornali (quindi dei giornalisti, ma anche dei lettori) è in un momento di crisi. Nel vero senso della parola. Ci sono problemi, ma c’è anche un’apertura ad un futuro possibile. La carta stampata registra, in generale, una perdita di le ori, mentre stanno nascendo nuove testate in rete. Il futuro sembra essere ormai nel web. Eppure questo non è la panacea del mondo, perché, anche volendo, ci sono alcuni passaggi complessi per trasformare una testata cartacea in una on line. Aveva davvero ragione Marshall McLuhan quando diceva “il mezzo è il messaggio”. Per adesso è più facile che una rivista, un giornale vengano meno. Quando ciò accade siamo tu i più poveri. Non è una bella frase fa a, ad effe o, è la cruda realtà. Viene meno una voce informativa, viene meno un “luogo” di incontro e, come potrebbe essere il caso di Brole o, viene meno uno spazio spesso dedicato alla pubblicazione di ricerche storiche inedite, con un taglio al massimo divulgativo, ma contemporaneamente supportato da indagini rigorose e da documentazione fotografica ad hoc. Insomma un po’ del nostro patrimonio culturale non andrà più raccontato o lo sarà in un modo diverso, speriamo magari proprio su Mag, che ha ripreso la tradizione, iniziata a fine O ocento, dei periodici legati al nostro quotidiano. Quindi, pur sapendo dei problemi esistenti, auguro lunga vita alle riviste, “polmone” dell’informazione.

Donna di Picche| Mag Febbraio 2014 | 23


24 | Mag Febbraio 2014 | Titolo articolo


ECONOMIA

COMO RIPARTE «FARCELA È POSSIBILE» di Maria Giovanna Della Vecchia

Fulvio Alvisi: Gli ultimi dati della congiuntura dicono che nel comasco qualche spiraglio di reazione alla crisi si intravvede e che su quello si può lavorare. È l’inizio di una svolta che si fa più concreta

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isto che la ripresa non si improvvisa - dice il vicepresidente della Camera di Commercio di Como Fulvio Alvisi - per il 2014 il nostro territorio nonostante le difficoltà può contare sui segnali confortanti di un lavoro ininterrotto fatto dai nostri imprenditori nell’innovare prodotti e processi, nel rafforzare la rete commerciale, nell’avventurarsi su nuovi mercati e nel tenere i conti sotto controllo. Chi lo ha fatto, nella difficoltà, continua a raccogliere i frutti. Per gli altri, ora i nodi vengono al pettine». Gli imprenditori locali non sottovalutano gli effetti di una ormai conclamata deflazione economica, pilotata e imposta dall’Europa, o uno Stato esattore che non aiuta le imprese e il lavoro. Né, tantomeno, sottovalutano il

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Il caso della Sisme è un segno della crisi ma l’economia comasca negli ultimi tre mesi ha segnato un +0,2% nella produzione calo dei consumi che ha fermato il mercato interno in una spirale che non lascia presagire niente di buono. Ma, per contro, riaffermano che farcela è possibile


IO VOGLIO VINCERE Pietro Bazzoni (Know-Net): «Ridare impulso all’attività d’impresa oggi è possibile»

In marzo farà tappa anche a Como il seguitissimo evento per imprenditori dal titolo «Io voglio vincere», che da settimane Pietro Bazzoni col suo team di Know-Net sta portando in giro per l’Italia con il traino delle Officine Italiane Innovazione, il network da lui fondato tre anni fa e che oggi raccoglie per il business online 12.200 imprenditori di tutto il mondo. Ridare impulso all’attività

d’impresa in questo inizio di 2014 è possibile, spiega Bazzoni, «Se si entra in un livello profondo di consapevolezza sulle proprie possibilità, se ci si libera di fattori personali limitanti da cui ci siamo lasciati soffocare in questi anni di crisi e del clima di demotivazione generale». Il passo successivo, aggiunge Bazzoni, è quello di un nuovo sguardo sul potenziale dell’impresa «dove andare ad innestare - spiega l’imprenditore che per anni ha sperimentato su sé stesso riuscendo a dare un nuovo e forte impulso alla sua attività ciò che oggi insegna - un cosiddetto tratto verde, la capacità di riposizionare il bisogno di fondo dell’impresa e agire di conseguenza». Un lavoro che continua con programmi e strategie personali attraverso il servizio “premium” delle Officine, dove ogni situazione viene profilata a fondo nelle caratteristiche e nei bisogni e incrociata nella ricerca, fatta dai coach di Know-net, di interlocutori utili

a far ripartire il business. «I limiti, personali e generali, ci sono ma - spiega Bazzoni - se ci si riattiva individualmente ma anche come sistema Paese, possiamo gestirli e superarli. Se invece non lo facciamo riconosciamo ai limiti uno status di ostacolo insormontabile, e ci ritroviamo bloccati con le nostre imprese ma anche, come sta accadendo, come Italia». Il lavoro su sé stessi è il primo passo ma, spiega l’imprenditore, «le strategie successive sono efficaci se sviluppate insieme ad altri imprenditori. Ciò perchè - aggiunge - il fenomeno imprenditoriale è comunitario proprio nello stesso modo in cui da sempre l’uomo nasce come partner in una tribù. Dopo aver riscoperto il proprio valore - conclude - si possono affrontare con più serenità i continui passaggi necessari per aderire alle circostanze in continuo cambiamento. Tanti drammi aziendali hanno alle spalle un’omissione in tal senso».

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FULVIO ALVISI. Vicepresidente della Camera di Commercio di Como.

BUSINESS E SOLIDARIETÀ SOCIALE Maurizio Riva (Riva1920 Cantù): «Le divisioni rovinano l’impresa e Confartigianato e Cna dovrebbero fare progetti insieme» «Credo che in questo momento così difficile per la nostra economia la soluzione, a Como, stia nel riscoprire una vera solidarietà sociale. Non la solidarietà buonista e generica, bensì quella che ti responsabilizza, ti fa capire cosa non va e ti chiede di cambiare te stesso per incidere sul cambiamento sociale anche aiutando chi è in svantaggio. Si tratta di fare qualcosa di difficile ma urgente per il futuro di tutti noi». Maurizio Riva, alla guida dell’azienda canturina di

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design “Riva1920”, pensa che «i comaschi abbiano il coraggio del cambiamento, solo che - dice per me non hanno ancora capito cosa fare». Da imprenditore Riva fin dagli anni Novanta, anni di svolta dimensionale e passaggio dell’azienda alla collaborazione con le matite d’oro del design internazionale, ha tenuto un forte legame col territorio e il sistema economico locale. Ha aperto la sua fabbrica al territorio, prima con delle mostre in sede, poi

con un museo di macchine di lavorazione del legno visitato da cittadini e scuole e fino a oggi, con la partecipazione diretta a ogni evento che abbia a che fare con impresa e territorio. Solo che, spiega, ora qualcosa si è rotto e bisogna darsi da fare per ricomporre alla svelta i pezzi. Lui, impegnato in un nuovo progetto in rete con altre 8 aziende con fatturato compreso fra i 10 e i 30 milioni di euro, pensa che il nuovo corso debba partire dagli imprenditori: «quando - dice


Anche l’artigianato, dopo sei trimestri di calo, segna nella produzione un aumento dello 0,3% e un +3,9 nel fatturato

LA RIPRESA. Gli ultimi dati forniti dalla Camera di Commercio dicono che una inversione di tendenza comincia a farsi reale.

con un esempio - l’anno scorso in occasione della festa del legno siamo stati dal sindaco di Cantù ci siamo ritrovati riuniti in 20, fra cui diversi non si conoscevano. Credo invece che gli imprenditori abbiano l’obbligo di conoscersi, con tutto quel che ne consegue in termini di capacità di affrontare insieme i problemi. Per non dire - aggiunge - delle divisioni fra Confartigianato e Cna, che non vanno d’accordo mentre dovrebbero fare progetti insieme. E la politica, che ogni cinque anni viene a chiederci voti e poi scompare. Tutto questo - dice - può finire se noi lo vogliamo». Lui va avanti convinto sulla strada di sempre fabbricando, nella sua azienda alla quarta generazione, mobili coi suoi 85 dipendenti e realizzando all’estero

ripartendo da sé stessi, come hanno sempre fatto. E ciò anche per difendere il lavoro e le loro aziende, spesso veri scrigni di sapere manifatturiero e tecnologico, dallo shopping selvaggio da tempo avviato dai tedeschi e denunciato lo scorso 27 gennaio dal Financial Times che scriveva di come «le pmi tedesche si sono gettate in un’abbuffata transalpina come attraenti acquirenti straniere di aziende italiane (…) in difficoltà. A farlo sono le aziende della base industriale del Mittelstand tedesco che ottengono accesso al sapere tecnologico di aziende italiane in difficoltà a prezzo stracciato e con acquisizioni spesso descritte come accordi strategici». Gli ultimi dati della congiuntura comasca ricordano che qualche spiraglio di reazione alla crisi si intravvede e che su quello

l’85% del fatturato. È appena tornato dalla fiera di Colonia e ora si prepara al Salone del Mobile di Milano, ma - spiega - “nella mia vita, e da sempre, non c’è solo il business». E racconta di aver ricevuto, in questi giorni, la presidenza per la gestione di una grande villa patrizia in Brianza. Non dice di più, l’atto è in via di perfezionamento, ma, dice, sarà un suo impegno per l’Expo: «il nostro progetto - dice - è quello di utilizzare il parco di 60.000 metri e la villa per insediare una mostra con 300 scultori e 300 pittori che troveranno spazio per tutto il periodo di Expo. Il titolo è semplice, lo chiamerò “Arte italiana”, perchè per ripartire e non farci comprare a pezzi dagli stranieri non ci serve altro che pescare a fondo in noi stessi».

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SPIRAGLI DI RIPRESA. Nelle aziende comasche si respira aria di ripresa soprattutto in quelle dove maggiore è l’esportazione sul mercato internazionale. Qualche difficoltà ancora per chi vive solo di mercato interno, ancora rallentato.

si può lavorare in quello che secondo la Camera di Commercio è l’inizio di «una svolta che si fa più concreta». I casi drammatici, l’ultimo il caso Sisme con oltre 200 licenziamenti, mostrano il lato peggiore della risposta alla crisi, ma nei dati complessivi l’economia comasca negli ultimi 3 mesi del 2013 ha visto aumentare la produzione industriale (+0,2%) dopo cinque trimestri consecutivi negativi, con un risultato a metà strada nella media lombarda. E anche l’artigianato, dopo sei trimestri ininterrotti di forti cali, nell’ultima parte del 2013 risale (+0,3% per la

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produzione e +3,9% per il fatturato). Alvisi ci ricorda che oggi più che mai «per fare impresa serve coraggio», come ci ricordano le testimonianze di Icam, di Riva1920 e del network Officine Innovazione. Serve dunque coraggio, dice Alvisi, «perché non siamo più in una situazione per cui ci si possa aspettare che nei prossimi anni una nuova ondata di ripresa riporti tutti in carreggiata. E servono anche visioni di lungo periodo e - conclude - il saper ascoltare di più i giovani, caratterialmente più disposti a rischiare e a mettersi in gioco».


CURA NELLA GESTIONE P R A G M AT I S M O N E L FA R E Angelo Agostoni (Icam di Orsenigo) : «All’estero, ci sono clienti che chiedono cose difficili da ottenere in modo immediato e dobbiamo saper rispondere»

La Icam di Orsenigo guarda al 2014 come a «un anno di ulteriore crescita e consolidamento dell’attività in alcuni segmenti particolari della produzione». Angelo Agostoni, presidente della storica fabbrica di cioccolato la quale ha ormai concluso il complesso trasferimento della sede produttiva da Lecco al comune comasco, spiega la sua visione sul futuro dicendo che «il trend in cui come azienda ci siamo collocati certifica in modo sicuro che abbiamo un ruolo. Detto ciò, a determinare quel che accadrà nel complesso della nostra economia dipende da variabili di politica interna e clima internazionale che possono alterare, diluire o rendere più precarie tante situazioni aziendali». L’imprenditore, alla guida dell’azienda che conta 275 dipendenti e un fatturato 2013 di 120 milioni di euro, spiega che non ci sono ricette standard per avere successo nel business in tempi di crisi. Afferma di poter parlare solo per il proprio settore di appartenenza, quello del food, ma nello spiegare in che modo in Icam si riesce a tenere alta la focalizzazione su un business che anche in tempi difficili viaggia su una produzione a ciclo continuo utilizza due espressioni: attenzione e cura nella gestione,

pragmatismo nel fare ciò che serve. Due focalizzazioni determinanti in una grande azienda ma, aggiunge, due strade praticate anche da piccole aziende di successo e comunque possibili per tutti, soprattutto a chi crede nell’importanza delle nicchie di mercato le quali - afferma Agostoni - «sono importanti e non arrivano per caso ma perché si sono sapute creare le condizioni per vederle e realizzarle». «Il livello raggiunto dalla nostra azienda sui mercati europeo e americano - continua l’imprenditore che realizza sull’estero il 52% del fatturato - esige un vorticoso aumento della nostra capacità di attenzione nella cura della gestione per cui, al di là di ciò che abbiamo sempre fatto e continuiamo a fare in termini di innovazione di prodotto in senso stretto, per noi l’oggetto di tale cura si è tradotto nella realizzazione del nuovo stabilimento». Non stupisce certo che la visione dell’imprenditore sia alta e tale «da dover necessariamente comprendere non segmenti parziali bensì tutti gli aspetti della nostra produzione». Perciò lui e la sua famiglia di imprenditori hanno voluto un grande investimento che ha permesso di esercitare al meglio l’estrema specializzazione maturata dall’azienda in termini di controllo di filiera, conoscenza delle materie prime, controllo finale di prodotto, «tutti aspetti - dice Agostoni - che siamo riusciti a

portare a standard impensabili fino a 5-6 anni fa. Aspetti determinanti soprattutto per l’estero, dove ci sono clienti che chiedono spesso cose difficili da ottenere in modo immediato. Perciò - aggiunge - chi si è attrezzato per tempo con un complesso impegno alle spalle riesce a rispondere. È un pragmatismo necessario». Per ogni imprenditore il momento delicato è quello in cui si capisce che un nuovo salto di qualità è necessario: «per me dice Agostoni - quel momento è stato una percezione che risale ad alcuni anni fa. Ho sempre pensato che per i nostri risultati avremmo dovuto avere come riferimento le cose più difficili, più esigenti; erano sensazioni nate all’estero quando avvertivamo sintomi, richieste che in Italia non erano ancora generalizzate». A quel punto un imprenditore è a un bivio: «o ritieni che quell’obiettivo estremamente sfidante possa essere raggiunto e inserito nei tuoi standard normali, quindi ci si attiva di conseguenza, guardando avanti, anche se intorno a te il 90% del mercato non te lo sta chiedendo. Oppure si rinuncia, si decide di non esserci».

Como riparte | Mag Febbraio 2014 | 31


32 | Mag Febbraio 2014 | La villa del conte


ECONOMIA

...QUALCUNO ALL’ESTERO di Stefania Briccola Sara Della Torre Tommaso Vimercati

La storia di sei comaschi che hanno scelto l’estero per affermarsi professionalmente

...qualcuno all’estero | Mag Febbraio 2014 | 33


DAVIDE DI GENNARO Londra

NEL “BING” DEL COLOSSO MICROSOFT di Sara Della Torre

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i dice che “la fortuna aiuti gli audaci”, ma anche la passione ha il suo peso. Lo conferma la storia di Davide di Gennaro, 38enne comasco, oggi trasferito a Londra per lavoro, conteso tra Google e Microsoft. Il desiderio di approfondire le potenzialità del web si è rivelata fin dai primi anni di Liceo Volta, quando trascorreva gli intervalli scolastici, parlando di videogiochi e programmi informatici. «Allora non era così comune. A casa avevo già un computer e la stampante a colori», racconta Davide. Oggi il suo lavoro consiste nel corredare di informazioni il motore di ricerca “Bing”, del colosso Microsoft, nato dalle ceneri di Live Search nel 2009, con l’obiettivo di competere con Google. “In generale ho sempre avuto passione per tante materie e, grazie a mia mamma, ho imparato a leggere fin da quando ero molto piccolo, “vizio” che conservo ancora. Dopo il liceo, mi sono iscritto a matematica, materia che ritenevo ancora un po’sconosciuta. In quegli anni si chiamava ancora “Dipartimento di Scienze di Milano, sede staccata di Como”. Così ho potuto frequentare in parte i corsi in via Castelnuovo a Como e in parte “Città Studi” a Milano. Mi sono laureato nel ’98, appena costituita l’Università Insubria. Ho continuato con alcuni master e poi mi sono buttato nel mondo del lavoro”. Un escalation di contatti e di esperienze per Davide

di Gennaro. «Alla fine degli Anni ’90, Milano era un ambiente molto vivace, nascevano start up e si trovava lavoro molto facilmente. Ho cominciato in aziende medio - piccole, dove ho imparato molto. Poi, per una serie di coincidenze, ho conosciuto realtà molto più importanti: Datamat, Bloomberg, Google e ora Microsoft». La tentazione di rientrare in Italia, Davide l’ha avuta. «Qualche anno fa ero in trattative con una società italiana, di cui non posso rivelare il nome, ma poi la proposta, più veloce di Microsoft mi ha allettato e ho scelto di rimanere ancora all’estero». Così, sempre la passione e la maggiore possibilità essionale, di crescita professionale, avide hanno spinto Davide ere Di Gennaro a vivere a lontano dall’Italia e da Como, dove tuttora risiede la sua famiglia. La vita da pendolare aiuta a veder pregi e difetti di entram-olo be le realtà non solo he solavorative ma anche ciali e ambientali. “Non sono un esterofilo convinto - ammette Di Gennaro -. Quando torno a Como, quelli che mi incontrano esclamano con voce estasiata: ‘Che belloooo! A Londraaa!’. Questa è la reazione di chi ha visto Londra da turista. Lavorarci è diverso. Londra è un bel posto, ma Como è meglio. L’Italia in generale è molto più bella. La cucina è ottima e la qualità della vita è sicuramente più alta. Io poi sono cresciuto in centro, non lontano dalla stazione Nord, con Milano sullo sfondo». È altrettanto vero che l’esperienza acquisita nel passaggio attraverso tante realtà lavorative qualificate ha permesso al giovane lariano di crescere e formarsi un’esperienza valida e spendibile su qualunque mercato.

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I contatti e le relazioni possibili sono molteplici e foriere di nuove ulteriori possibilità. «Il vantaggio di vedere queste aziende dall’interno è proprio l’abbondanza di aneddoti - racconta Davide -. La maggior parte però non si può raccontare, oppure è comprensibile solo dagli addetti ai lavori. In Google capitano strane avventure legate al fatto che molti colleghi in realtà nascondono una “seconda identità”: se ti invitano a giocare a carte dopo pranzo, è possibile che ti capiti al tavolo il campione nazionale di bridge... Un giorno alla mensa mi stavo lamentando del fatto che internamente si faceva largo uso di un certo software un po’ obsoleto e mi hanno risposto: ‘Non


dirlo a noi. L’autore del programma è quel tipo con i capelli scuri seduto laggiù. Bisogna sempre fare molta attenzione». Il programmatore lariano è anche autore di un libro di matematica. «Un libro di nicchia, solo per addetti ai lavori. Tra i miei colleghi, uno l’ha valutato col voto minimo, sostenendo che i margini laterali sono troppo stretti per i suoi pollici, quindi mentre impugna il libro per leggerlo, copre parte del contenuto con le dita; un altro ha affermato che è indegno che un autore parli di quello che vuole: l’autore non dovrebbe scegliere gli argomenti, ma sono i lettori che devono decidere di cosa il libro deve parlare o meno. Ci vuole molta pazienza».

GIACOMO SUMMA Londra

STYLECT NASCE UN’APP DI INCONTRI di Tommaso Vimercati

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omo, Perth, Milano, Parigi, Londra, Dhaka, New York, Dublino, Boston, San Paolo, Rio, di nuovo Londra. Non si può certo dire che la vita recente di Giacomo Summa sia stata noiosa o poco movimentata. Ma tra uno stage a Google e uno alle Nazioni Unite, tra un master al MIT e un lavoro alla Graamen Bank del nobel Muhammed Yunus, il ragazzo di Como, classe 1986, non disdegna affatto un po’ di relax e una buona birra. Nessuna sorpresa quindi se proprio davanti a una pinta, in un pub della capitale britannica, Giacomo ha avuto l’idea che sta cambiando - di nuovo - la sua carriera. Era l’agosto 2013 e Summa aveva appena scoperto Tinder, un’app di incontri molto popolare all’estero, basata su un sistema semplice e divertente per selezionare i potenziali match. Se è vero che i bravi artisti copiano e i grandi artisti rubano, Giacomo ha usato tutta la sua arte per “rubare” a Tinder il meccanismo giocoso e intuitivo e applicarlo al vero grande amore di tutte le donne: le scarpe, del cui commercio era diventato esperto durante la sua esperienza brasiliana. Nasce così Stylect, un’app che permette alle utenti di trovare le proprie scarpe ideali ed essere informate su dove e come comprarle ai prezzi più vantaggiosi. Insieme a un amico americano, esperto programmatore, Giacomo inizia subito a trasformare l’idea in qualcosa di concreto. Contatta uno

sviluppatoree lituano, che crede così tanto nel a progetto da mtrasferirsi imente mediatamente razie a a Londra. Grazie ersione prouna prima versione totipo, a ottobre i tre ottengono il sostegno di Oxygen, un importante acceleratore di start-up londinese e possono così lavorare a tempo pieno alla realizzazione del prodotto. In un mese esatto l’applicazione è pronta per il download e riceve subito un prestigioso riconoscimento come migliore nuova app gratuita per iPhone. Da allora, decine di migliaia di utenti hanno scaricato e utilizzato Stylect in tutto il mondo, fornendo a Giacomo dati preziosi per continuare a lavorare e migliorare costantemente il prodotto, di cui esce un aggiornamento ogni settimana. Le società di e-commerce e i produttori di scarpe si sono già accorti delle potenzialità di Stylect e quella che era solo un’app divertente si sta trasformando in un business redditizio. Grazie a esperienza, passione e tenacia, in brevissimo tempo Giacomo e i suoi amici hanno trasformato una pinta di birra in un barile d’oro, facendo al contempo un regalo a tutte le donne.

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RICCARDO MARAZZI Brasile

IL LAGO IN CUCINA E IN TV di Stefania Briccola

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uella con il Sudamerica per Riccardo Marazzi è una lunga storia. L’imprenditore comasco da ragazzo, fresco di laurea in scienze economiche, ha fatto la gavetta lavorando in banca in Argentina e ora porta la cucina italiana sugli schermi del Brasile. Dalla Buenos Aires del periodo d’oro negli anni Novanta è passato in seguito a San Paolo Paolo, mega-

lopoli affascinante, da cui non riesce a stare lontano. «È la capitale economica e culturale del Brasile - dice Riccardo Marazzi -, la New York del Sudamerica dove trovi il mondo intero». Una città di oltre undici milioni di abitanti, con una regione metropolitana di circa venti milioni di persone, il cui motto è “non ducor, duco” (non mi lascio guidare, conduco) non poteva che ispirare nuove strade da percorrere. «Quando ancora lavoravo in Argentina - racconta Marazzi - per caso durante un viaggio di lavoro ho scoperto il Brasile e mi sono stabilito a San Paolo. Qui ho conosciuto una serie di personaggi chiave tra cui produttori, artisti, banchieri, come il nipote di Isabel Allende, e la celebre anchorwoman Ana Paula Padrão. Una volta lontano dall’Italia mi sono appassionato sempre di più alla cucina». Durante un recente viaggio in Europa con amici sudamericani è nata l’idea di un programma televisivo sulla cultura enogastronomica del Belpaese. La trasmissione ancora in fase di studio verrà registrata in estate, ma andrà in onda probabilmente nel 2015 su una delle reti ammiraglie brasiliane che hanno un’audience di

centinaia di milioni di telespettatori. Vedremo Riccardo Marazzi, in veste di conduttore e inviato, che passerà in rassegna i luoghi simbolo dell’Italia e andrà nelle città del Brasile, ma anche in Amazzonia e nell’immensa favela di Paraisopolis, a San Paolo, a tenere lezioni pratiche di cucina italiana. «Mi sono accorto che - sottolinea l’imprenditore - pochi in Brasile sanno come preparare una banalissima pasta al sugo di pomodoro. Una volta ho visto una signora mettere l’olio nell’acqua degli spaghetti poi cotti fino all’inverosimile». Ma c’è di più, con la trasmissione, c’è l’intenzione di portare in Sudamerica un nuovo concept di cucina italiana da proporre in appositi spazi. L’imprenditore e patron dell’Harry’s Bar di Cernobbio ha scelto di puntare sul Brasile anche se il suo cuore è a Como dove torna, appena può, in riva al lago. C’è da dire che Lariowood nel mondo piace e partire da qui è già un ottimo biglietto da visita. «Il lago di Como - ricorda Marazzi - è divenuto un crocevia di personaggi famosi provenienti da tutto il mondo e il nostro locale mi ha aiutato nelle pubbliche relazioni globali».

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STEFANIA PIFFERI New York

SPIRITO LIBERO E FOTOGRAFIA

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tefania Pifferi è una donna con la valigia sempre pronta. Si sente a casa tanto nella metropolitana di Tokyo che nel deserto del Negev. La fotografa gi giramondo si definisce “una viaggiatri giatrice compulsiva alla contin tinua ricerca d di un’immag gine” e ha u una passion ne autentica p per gli usi e co costumi della gen gente. Per lei parlan parlano i numeri: duecento servizi di i i realizzati li matrimoni solo in Florida negli ultimi sei anni, ventidue paesi visitati nel 2013 e venti reportage. Stefania Pifferi ha studiato all’Istituto italiano di fotografia a Milano e si è perfezionata a New York all’International Center of Photography. Una scelta di campo per una ragazza nata e cresciuta a Como in una famiglia dove i rullini e gli scatti erano all’ordine del giorno. «Sono uno spirito libero e indipendente - racconta la fotografa - e ho scelto di farmi le ossa nella Grande Mela dove nessuno sapeva chi fossi. Avevo 19 anni e una conoscenza scolastica dell’inglese. La New York di allora non era certo quella di oggi: internet non esisteva, il telefono era costosissimo e potevo chiamare a casa solo una volta alla settimana. È stata dura, ma

questa esperienza mi ha talmente forgiata da rendere qualsiasi altra avventura più semplice». I soggetti prediletti sono gli oggetti e le persone. I suoi intriganti still life, creativi e pittorici, sanno rendere affascinanti anche gli oggetti che non lo sono. I matrimoni che preferisce sono quelli sulle spiagge della Florida, a piedi nudi sulla sabbia bianchissima, con il sole, il vento, il rumore dei gabbiani. I suoi paesaggi sono realizzati a mo’ di reportage perché considera la presenza umana una componente necessaria. «Appartengo alla vecchia scuola: - spiega Stefania- ho studiato con la macchina analogica, prima dell’avvento di photoshop, questo significa che la fotografia deve essere perfetta già dallo scatto». Il viaggio per lei è un modo di esistere. «Tempo fa - ricorda Stefania - in seguito ad un grave lutto in famiglia, ho capito che la vita era troppo breve per seguire degli schemi. Così ho deciso che da lì in poi avrei fatto tutto quello che desideravo senza rimandare le cose ad un domani che potrebbe non esserci». Così si è andato delineando un gioco affascinante e non privo di ostacoli: quello di puntare il dito sul mappamondo, prendere il bagaglio, sempre rigorosamente a mano, e partire alla volta di mete lontane. «Trasformo ogni viaggio - dice Stefania - in un lavoro e in una missione da compiere, armata di macchina fotografica». Un vasto progetto che racchiude foto industriali e reportage tra Francia,Spagna, Germania, Corea del sud, Cina, Stati Uniti, India, Paraguay, Brasile e Russia, sta per concludersi. Ci saranno le città insieme a monumenti e luoghi simbolo, ma anche gli usi e costumi di popoli diversi. «Faccio questa vita da tanti anni - conclude Stefania Pifferi - e la cosa che più amo sono le persone che incontro lungo il cammino e il loro interesse per il mio lavoro. Ovviamente c’è anche il lato meno bello dell’essere a spasso per

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il mondo: il tempo trascorso in aereo, i fusi orari che confondono spesso il giorno con la notte, i contatti ridotti con la famiglia e gli amici. A volte sono veri e propri sacrifici, ma vengono tutti ripagati dai risultati del mio lavoro!». (S. Bri.)



LUCA RONCORONI Norvegia

L’ARCHITETTO E SCULTORE DI GHIACCIO

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a qualità della vita e le architetture di ghiaccio e neve hanno portato Luca Roncoroni in Norvegia. La Scandinavia era la a quando destinazione scelta era ancora studentee unieta versitario, ma la meta esatta è arrivata perr caso. In Norvegia l’architetto quarantenne di Villa Guardia (Como) ha trovato l’ambiente ideale perr lavorare e l’anima gemella. Oggi ha uno studio a Oslo ed è tra i massimi st ll i i e esperti mondiali dii iinstallazioni costruzioni di ghiaccio. «Tutto è nato da uno periodo di studio con il progetto Erasmus nel 1996, ricorda Luca Roncoroni - mentre frequentavo ancora il Politecnico a Milano. Poi ho scelto di fare la tesi in Norvegia nel 1999 e di seguire un seminario in cui la neve era tra i materiali per realizzare sculture e istallazioni. Una volta laureato mi sono stabilito vicino ad Olso dove la qualità della vita a contatto con la natura è altissima. All’inizio mentre cercavo un’occupazione ho lavorato in un autolavaggio e non ho avuto timore di adattarmi. Poi è stato tutto un susseguirsi di coincidenze fortunate e la grande svolta è arrivata con le architetture di ghiaccio». Tra i suoi progetti spicca la chiesa dell’Ice-Hotel di Jukkasjarvi in Svezia, realizzata nel 2003, di cui rimangono le foto pubbli-

cate sulle riviste di mezzo mondo. Purtroppo tali costruzioni hanno vita effimera e durano in genere da una settimana a un massimo di quattro mesi, se le condizioni climatiche lo consentono. «La chiesa di ghiaccio dice Luca Roncoroni - è in assoluto il progetto che mi ha più emozionato soprattutto quando penso ai matrimoni e ai battesimi celebrati». Poi nel 2011 c’è stata la partecipazione all’Harbin Ice Festival in Cina dove l’architetto comasco ha rappresentato la Norvegia con la designer Tina Soli (sua compagna) e al concorso internazionale a Winnipeg in Canada dove la coppia h ha conquistato il p primo premio

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con il progetto di un rifugio costruito con materiali tradizionali. L’obiettivo successivo è stato il Thon Ice Adventure, un parco dei divertimenti rigorosamente in ghiaccio e neve, che è sorto a metà gennaio a Kautokeino in Norvegia dotato di un bar, un anfiteatro, un cinema all’aperto e persino un minigolf . «Sono arrivato in Norvegia alla fine degli anni Novanta - conclude Luca Roncoroni - quando era più facile avere opportunità nel campo dell’architettura. Anche qui, a tratti, si avverte l’onda lunga della crisi, ma c’è ancora lavoro. Le soddisfazioni non mancano, mi rimane il desiderio non ancora esaudito di fare qualcosa di importante in Italia e a Como dove sono nato». (S. Bri.)


ENZO SANTAMBROGIO Zanzibar

L’ARTISTA TRA FERRO E SPEZIE

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nzo Santambrogio è un artista multiforme che ha scelto di vivere a Zanzibar. Nell’isola delle spezie ha trovato un Eden dove nutrire il suo immaginario e attingere materia prima. Questo terra ricca di colori, profumi, luce che abbaglia e vegetazione offre mille spunti per creare. Enzo Santambrogio, nato ad Asso nel 1965, di Corto Maltese(l’eroe uscito dalla matita di Hugo Pratt) ha un po’ le sembianze e l’animo inquieto di chi ama le scommesse e sogna sempre una nuova meta. «Molti miei amici afferma l’artista - non hanno ancora capito cosa io stia facendo a Kendwa. La questione è semplice: sono alle prese con una performance, la più impor-

tante della mia vita, che suggerisco di sperimentare. Ho lasciato alle spalle l’Italia, le delusioni e gli abbagli, sono ripartito da zero, ho trovato lavoro in un albergo e mi sono adattato a fare di tutto, poi ho lasciato che le opere, qui realizzate, fossero il mio biglietto da visita». Le sculture, tra cui maschere africane, e i complementi d’arredo che troviamo nei locali clou di Stone Town hanno risentito dello spirito del luogo a partire dalle forme. L’artista che fa della lavorazione del ferro un segno distintivo porta avanti una ricerca personalissima nella fotografia utilizzando tinture vegetali e tecniche rudimentali di sviluppo immortalando personaggi del luogo incontrati casualmente. Queste immagini sono una sorta di taccuino di viaggio che registra figure, volti e scorci di natura incontaminata. «Questi scatti - spiega Santambrogio - sono frutto di un’esigenza pratica, che è quella di un nomade incallito, e della fascinazione di un paesaggio geografico ed umano di straordinaria bellezza. Se da bambino passavo i pomeriggi a Milano al Museo della Scienza e della Tecnica ora

bar Zanzibar ntata è diventata il mio parco apri giochi. Basta aprire gli occhi e rimboccarsi le maniche». Le spezie e i fiori dell’isola sono la materia prima usata nel laboratorio di profumi e saponi che il creativo ha contribuito a realizzare. Sotto la sua attenta regia nascono selezionati prodotti a base di vaniglia, chiodi di garofano (l’oro di Zanzibar), cardamomo, cannella, frangipani e zenzero. «I ritmi di vita qui sono più umani osserva Santambrogio - forse troppo. Spesso salta la linea telefonica e la corrente elettrica è un lusso. Mi alzo di primo mattino e lavoro fino a tarda sera. La cosa più bella? Avere conquistato la fiducia degli zanzibarini. Questa è una tappa importante, ma guardo avanti, come Corto Maltese, e vedo già oltre l’orizzonte un’altra isola in cui approdare». (S. Bri.)

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Andrea Marti e Massimo Pasqual: «L’idea nasce dalla voglia di dare un prodotto di qualità». Giada e Andrea: Ci vuole coraggio ad aprire un nuovo locale in città, ma abbiamo deciso di provarci»

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ECONOMIA

...QUALCUNO IN CITTÀ La scommessa di quattro giovani. In piena crisi hanno aperto un’attività: Mystic Burger e Dom di Annalisa Testa Foto Andrea Bu i/Pozzoni

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rianza Soul. Recita così il logo in ferro battuto che domina il bancone in legno del Mystic Burger, l’hamburgeria di Via Diaz che da poche settimane ha iniziato a spillare birra artigianale e a cuocere hamburger super speciali. Un ristorante inaspettato in una zona del centro storico ancora poco battuta. «Abbiamo girato un po’ prima di prendere questo locale in cui inizialmente c’era un bar, ci siamo accorti che Como era una piazza scoperta per

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quanto riguarda il nostro prodotto», raccontano Andrea Marti e Massimo Pasqual, rispettivamente di Albese con Cassano e Giussano, entrambi già inseriti nella ristorazione. «L‘idea nasce dalla voglia di dare un prodotto di qualità e curare il cliente fin nei più piccoli dettagli. Ovvio, non sono tempi d’oro. La favola di aprire e guadagnare tanto e in poco tempo è ormai un ricordo di decenni fa, ma credo che se si riesce a creare quello che detta la passione che abbiamo dentro di noi e si riesce nel frattempo ad entusiasmare il cliente, le soddisfazioni sono dietro l’angolo», continua Andrea. Che l’hamburger sia un trend che domina il mondo del food non è una novità, ma qui a vincere è la materia prima. Carne di qualità, diversi tipi di pane che si sposano a ingredienti a chilometro zero, dai formaggi artigianali alle verdure fresche che arrivano dalle aziende locali. Il menù non smentisce le origini. Dal “Pulaster Burger”, con petto di pollo, al cavallo di battaglia, il Dionigi Burger: pane ai cereali antichi del Forno di Alice, carne chianina affumicata, fornita da Marco D’Oggiono (ecco l’etimologia del nome di battesimo), stracciatella di latte al basilico del Caseificio Damiano e guanciale croccante. «Ogni mese poi c’è un fuori menù, che ovviamente segue la stagionalità del prodotto. Quello che si può



trovare adesso si chiama Ul Valtelina Burger. Gli ingredienti richiamano quelli utilizzati per fare i pizzoccheri, dal pane alle patate alle coste con pomata di burro alla salvia, un sautè di verze, bitto che si scioglie sull’hamburger di chianina e ovviamente stick di polenta taragna con fonduta al casera al posto delle classiche patatine fritte», continua Massimo. La cucina a vista è una bella idea, i clienti entrano, buttano un occhio per veder la faccia del giovane chef e, dopo aver appurato che è tutto in ordine e pulito, ordinano da mangiare. Punto di forza è senza dubbio l’orario. «Da noi se hai fame alle undici di sera puoi ancora cenare e qui in zona non ci sono molti locali che garantiscono cucina aperta fino a tardi», conferma Andrea. Un ottimo investimento.

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Il locale è aperto da meno di due mesi e lavora già parecchio. Mentre in città si vedono molte serrande che chiudono finalmente qualcuno che la apre, forse si può ancora investire su Como, anche nel centro storico. «Siamo

«Se si riesce a creare quello che detta la passione è possibile entusiasmare e allora le soddisfazioni sono dietro l’angolo»


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ffacciato su una piazzetta spesso al centro di notizie di cronaca comasca, il Dom, bar che ha preso il posto dello storico negozio sportivo al 38 di Piazza Roma, ha inaugurato in un’afosa serata di metà luglio del 2013. Dietro al bancone, inaspettatamente, ci sono due giovanissimi. «Siamo io e mio cugino Andrea. Arriviamo da un ristorante a conduzione familiare a Molina, sopra a Faggeto Lario. Da un po’ di tempo pensavamo di aprire qualcosa di nostro che ci rappresentasse un po’ di più.

contenti, lavoriamo fin dal primo giorno, abbiamo modificato un po’ di cose, aumentato il numero di coperti e infatti siamo sempre alla ricerca di personale, facciamo orario continuato da mattina a sera, abbiamo bisogno di qualche mano in più», spiegano i gestori che oltre a porgere un sorriso, buona birra e un menù american-style con declinazioni brianzole, a ogni cliente offrono anche la possibilità di socializzare. «Mi piace l’idea della condivisione e della socializzazione mentre si mangia. Ecco perché sul soppalco c’è solo un unico grande tavolo dove si possono sedere più persone anche senza conoscersi tra loro. È garantito che tra un sorso di birra e un hamburger si riesce a fare due chiacchiere e magari nasce anche qualche nuova amicizia», conclude Andrea.

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Un’attività più giovane, insomma. Avevamo già in mente un locale nuovo, con un tocco di personalità», racconta Giada. L’arredamento è minimal, tavoli e sgabelli sono costruiti con bancali di legno saldati insieme e imbottiti con cuscini colorati. Mentre la struttura interna è rimasta inalterata: le vetrine si affacciano sul vicolo e sulla parte centrale della piazza dove, all’esterno ci sono una decina di tavolini che al primo raggio di sole si riempiono di ragazzi che sorseggiano cocktail e chiacchierano senza essere disturbati dal traffico. Già, perché Piazza Roma è in lista per diventare Zona a traffico limitato (ZTL) solo per residenti. Forse non proprio di grande aiuto ai due giovani imprenditori che però non si danno per vinti. «Abbiamo aperto il 10 luglio, non sapevamo nulla del progetto di questa zona. La piazza è vuota, le persone

«Ci è voluto tanto coraggio ad aprire l’ennesimo locale, ma abbiamo già raccolto parecchie soddisfazioni, nonostante le difficoltà»

non possono parcheggiare e non è facile passare di qui. Chi viene è perché sa che ci siamo noi, altrimenti è difficile che turisti o normali cittadini passino di qui per caso. Farci conoscere sarà un po’ più dura del previsto ma abbiamo già raccolto parecchie soddisfazioni nonostante le difficoltà. La piazza senza auto è molto più bella, i clienti possono pranzare e bere aperitivi senza essere continuamente disturbati dal passaggio delle auto. Probabilmente in primavera proviamo ad allargarci un po’ mettendo qualche tavolino in più», continua Giada. Ci vuole coraggio insomma ad aprire un l’ennesimo locale in una zona così difficile. «Vero, ma abbiamo deciso di provarci. Apriamo la mattina per le colazioni e chiudiamo anche alle due di notte, durante la settimana, e talvolta anche oltre durante il weekend, soprattutto quando organizziamo serate a tema. Dal mojito party alla serata Long Island», sorride la ragazza. Si fanno in quattro per farsi conoscere, hanno una pagina facebook su cui segnalano gli appuntamenti e il tema delle serate e inventano cocktail alternativi come quelli serviti nei barattoli della marmellata.

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GIADA E ANDREA. La scommessa di due giovani in una zona difficile della città e nel pieno della crisi.

Forse da fuori, a colpo d’occhio, sembra un bar come tutti gli altri. Ma Giada e Andrea hanno fatto alcune scelte che li differenziano dagli altri locali: «Prima di tutto per il pranzo abbiamo puntato sulle baguette, in lista ce ne sono una ventina, le facciamo fare a misura apposta per noi. Così come le colazioni, hanno sempre un retrogusto francese con i croissant e il pane caldo. In più abbiamo una saletta che può diventare anche un privé per la degustazione di vini a cui abbiniamo taglieri di affettati di cacciagione diversi dai soliti salumi», racconta Giada. Un buon motivo per spingersi un po’ più in là della solita via dello shopping.

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Torna la moda degli abiti su misura. Due sarti comaschi raccontano la loro storia. Cassina: «Ho vestito il Re della Malesia per il wedding di William e Kate» Orefice: «Quando Amintore Fanfani venne invitato al matrimonio di Carlo e Diana mi convocò d’urgenza a Roma per controllargli il tight». Tra i personaggi anche Clark Gable, Guido Monzino e la contessa Giulini «Viviamo nell’epoca della massificazione, ma oggi prevale il desiderio di uscire dall’opaco conformismo partecipando in modo ancora più attivo alla definizione del proprio stile»

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volte ritornano: non solo le mode, ma anche i mestieri legati ai ciclici mutamenti del costume. Oggi l’ultimo lusso è il sarto su misura, una tradizione che sembrava

caduta nel dimenticatoio dopo l’avvento del bell’è pronto da indossare. A dispetto di un’immagine un po’ fané, i nuovi interpreti di quest’arte antica si sono adeguati al mercato trasformando i loro atelier in ca-

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lamite internazionali, diventando autentici globetrotter per mettere la loro esperienza a disposizione di una platea più ampia di qualche nostalgico dandy.


NELLE MANI DEL SARTO di Serena Brivio fotografie di Carlo Pozzoni

LaTitolo villa del articolo conte | Mag Febbraio 2014 | 51



MARCO CASSINA. Gente anche di alto livello spesso ingora che la vera eleganza sta soprattutto nei dettagli.

Una conferma arriva da Marco Cassina, comasco, terza generazione di una famiglia dall’immediato dopoguerra nel commercio di stoffe e abbigliamento maschile. Anziché limitarsi a proporre abiti pronti, ha elaborato un servizio capillare, a misura di cliente, che personalizza la confezione industriale. In pratica è sempre in viaggio con la sua valigia piena di cataloghi e tessuti.

Il lampo è arrivato dopo la gavetta di un anno in una boutique di Dublino dove era andato per studiare l’inglese. Quando rientra si pone un obbiettivo ambizioso: fidelizzare i turisti, anche celebri, che entrano nel negozio di proprietà affacciato su Piazza Duomo. Dopo qualche anno di lavoro impara i

segreti del tessile, dalla qualità delle texture all’impeccabile costruzione di un capo, ai trucchi per valorizzare la silhouette. Nell’ottobre 2000 il primo viaggio, a New York. Non è così facile catturare cittadini del mondo, con molti soldi, abituati a spendere nelle più esclusive boutique. Il suo segreto? «Ho imparato a far salotto - risponde Cassina - viziando il cliente e consigliandolo in modo sincero. Gente anche di alto livello spesso ignora che la vera eleganza sta nei dettagli, nel bavero giusto piuttosto che nella proporzione di un pantalone. Il mio compito è di aiutare a non sbagliare, facendo in qualche modo la funzione di uno specchio». Da parecchie stagioni come atelier ha una stanza d’albergo oppure raggiunge i clienti a casa loro: manager, industriali, banchieri ma anche persone con un reddito più normale. Gli appuntamenti fissi sono in primavera e d’autunno nella Grande Mela e a Londra, culla dell’alta sartoria. Poi ci sono le trasferte extra. In un diario riportate meticolosamente tutte le destinazioni: Turchia, Ucraina, Russia, Arabia Saudita, Israele, Grecia, Principato di Monaco, ad oggi sono oltre settanta i viaggi fatti. L’albo d’oro comprende quasi duecento nomi tra i quali principi, capi di stato e di governo. Cassina ha vestito il Re della Malesia per il wedding di William e Kate, è fornitore di fiducia di un

Gli appuntamenti fissi in primavera e autunno a New York e Londra culla dell’alta sartoria Nelle mani del sarto | Mag Febbraio 2014 | 53


Per molti il vero piacere è un vestito studiato apposta che si distingua dal solito prêt-à-porter

membro della famiglia reale saudita spesso in vacanza nella magnifica proprietà di Torno. «Qualche anno fa un componente della corte è entrato in boutique per curiosità, si è trovato bene, l’ultima volta ci siamo visti a New York. Il loro piacere è avere un capo studiato apposta, che si distingue dal solito prêt-à-porter». Un piacere scoperto anche da un presidente africano, Cassina però non fa nomi. «Mi sembrerebbe di tradire un segreto professionale». Si limita a svelare qualche curiosità sulla sua cosmopolita clientela. «La prima cosa che guardano gli Ebrei è la composizione del tessuto. Non possono indossare abiti realizzati con mischie di fibre animali e vegetali. Altra regola: il sottocollo della giacca deve essere di lana pura o mischiata con il lino». E tante altre richieste particolari hanno accompagnato questo nuovo modo di fare sartoria, in cui Marco si è cimentato per fiuto commerciale, per ambizione, per passione, o magari per tutte queste cose insieme.

NOMI ILLUSTRI. Cassina oltre alle molteplici trasferte in giro per il mondo, dalla Russia al Principato di Monaco, è anche fornitore di fiducia di un membro della famiglia reale saudita spesso in vacanza nella magnifica proprietà di Torno sul lago di Como.

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Altra storia quella degli Orefice di Cernobbio, dal 1856 punto di riferimento del distretto comasco dell’alta moda. Oggi, al fianco di Lino ci sono i figli Cleto e Silvia. «È aumentata la clientela internazionale che guarda l’abbigliamento su misura anche come valore culturale - spiegano - In passato il cliente chiedeva di sentirsi comodo nell’abito, di rispecchiare la propria personalità e di mostrare chi era, nascondendo difetti ed esaltando i pregi. Il sarto era uno scultore, un punto di confidenza». Com’è cambiato l’approccio? «Nell’epoca della massificazione - fanno sapere - prevale il desiderio di uscire dall’opaco conformismo partecipando in modo ancora più attivo alla definizione del proprio stile». La scelta di un capo viene vissuta come un momento di piacere. «Il cliente ora vuole concretizzare una emozione, un sogno. La sala prove diventa un luogo di incontro e rivelazioni di desideri, dove la bacchetta magica si trasforma in ago e filo». L’augusta tradizione si sposa con la più avanzata ricerca tecnologica “Per i problemi fisici ricerchiamo soluzioni ed innovazioni rivoluzionarie come il trattamento alle nanotecnologie sulle fodere per evitare la sudorazione”. In un ambiente arredato come un club d’Oltremanica si selezionano con calma colori, pesi, interni, bottoni, cinture, scarpe e gioielli. I signori più snob consegnano perfino un decoro/logo da ricamare su ogni capo e accessorio. Ogni stagione gli Orefice cercano materiali inediti, utilizzati anche in settori diversi dal tessile e rivisitati rispettando i fondamenti del più nobile artigianato. Spesso le stoffe arrivano da piccoli opifici che lavorano ancora con telai a mano. Spesso queste trame si lasciano riposare per lunghi periodi, anche anni, in modo tale da permettere alle fibre di rilassarsi e diventare più morbide. «Il nostro sforzo - ribadisce Lino - è nel-

PERSONAGGI. Primo Nebbiolo, invitato al Ballo della Rosa a Montecarlo stava per rinunciare perchè lo smoking era troppo pesante, gli è stato confezionato in tre giorni.

la continua ricerca di proposte inedite. Da questo punto di vista siamo molto avvantaggiati: operiamo in una filiera d’eccellenza in grado di soddisfare ogni richiesta, anche quella apparentemente impossibile, in tempi veloci». Aiuta anche lo stile dell’ospitalità, tanto apprezzato dagli stranieri. «Il nostro calore - sottolinea - diventa

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un veicolo di comunicazione favorendo la vendita». Ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia sulle frequentazioni di questa sartoriaclub. A cominciare dal grande divo hollywoodiano Clark Gable. «Ordinava solo blazer in shantung doppione di seta - racconta il patriarca - un materiale particolare e prodotto solo nel Coma-


LINO OREFICE. Il nostro impegno è nella continua ricerca di proposte inedite. Operiamo in una filiera d’eccellenza in grado di soddisfare ogni richiesta.

sco o in qualche rara tessitura veneta: una richiesta anomala per una star americana che conosceva ben poco le armature della seta. Ne abbiamo conservato un piccolo ritaglio in archivio». Altro cliente fedele il senatore Amintore Fanfani. «Quando venne invitato in rappresentanza dell’Italia al matrimonio di Carlo e Diana mi convocò d’urgenza

a Roma per controllargli il tight. Durante l’ispezione notai che il gilet da mettere sotto la giacca era nero, quindi inadatto per la cerimonia nuziale. In fretta e furia dovetti confezionarne uno grigio perla secondo le rigide regole dell’etichetta Windsor». Nell’album dei ricordi spicca Guido Monzino. «Dopo aver acquistato Villa Balbianello, mi chiese di confezionar-

gli le divise dei giardinieri recuperando i modelli in voga all’epoca della costruzione del palazzo. Sì, ma dove? La soluzione arrivò per caso, grazie alla contessa Giulini. Durante una prova nella sua dimora di Lazzago, le parlai della speciale commessa e delle difficoltà che stavo incontrando. Senza proferire parola, lei mi ascoltò e poi mandò a prendere in cantina proprio quello che cercavo. L’ordine andò così a buon fine». Gli Orefice hanno sempre cercato di accontentare ogni capriccio. Fioriscono ancora i ricordi. «Primo Nebbiolo, mitico personaggio del mondo sportivo, indossava esclusivamente abiti leggeri. Invitato al Ballo della Rosa a Montecarlo, tre giorni prima dell’evento era deciso a dare forfait, il suo smoking era troppo pesante. “Orefice - mi disse - se sei capace di farmene uno nuovo, confermo la mia partecipazione. E così fu”». Ancora più affascinante, quasi romanzesco un aneddoto tramandato dal bisnonno Pietro. «Chiamato d’urgenza dal re Alfonso XIII di Spagna, per la fretta non si accorse di aver indossato un pantalone con un buco sul retro e nemmeno tanto piccolo da passare inosservato. Che fortuna, pensò, quando gli venne detto: davanti al Re non chieda nulla e soprattutto non giri mai le spalle».

I signori più snob consegnano perfino un decoro da ricamare su ogni capo o accessorio Nelle mani del sarto | Mag Febbraio 2014 | 57


DA GIUSEPPE VERDI A CLAUDIO ABBADO

IL TRASPORTO DELLA MUSICA di Enrico Romanò

La storia dell’azienda di Massimiliano Massara a Vighizzolo che da oltre un secolo garantisce il trasferimento in tutto il mondo degli strumenti musicali destinati ai concerti

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onna Berta, anni 76, non ha dubbi. Quell’uomo che spinge agile un carretto in piazza della Scala, a Milano, mentre a pochi passi il maestro Giuseppe Verdi cammina assorto leggendo un giornale (o forse uno spartito), è proprio lui: il “vecchio” Fumagalli, lo zio del bisnonno Emilio Viganò. Sono passati quasi 114 anni da quella foto in bianco e nero (talmente celebre che la Lego l’ha persino riprodotta in tre dimensioni con i suoi mattoncini), e oggi è forse impossibile sapere con certezza se nonna Berta stia sbagliando oppure no. Ma se la sua memoria non vacilla (e pare proprio che non vacilli), allora quell’immagine rappresenta non solo la testimonianza visiva degli albori di un’attività vecchia

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più di un secolo; bensì anche l’incredibile profezia di come si sarebbe evoluto il mestiere nei decenni a venire. Quella che a inizio ‘900 era l’embrione di una ditta che dalle cascine attorno a via Festa del perdono, a Milano, trasportava di tutto un po’ (si partì con il ghiaccio), oggi è una delle aziende più rinomate nel suo particolarissimo settore: è la Viganò Musica di via Milano 129/h a Cantù. Lì, nella zona industriale tra Vighizzolo e Mirabello, terra votata anima e corpo al legno e all’arredo, prospera una piccola realtà che in Brianza è un vero e proprio unicum. La sua missione è infatti quella di recapitare in tutto il mondo strumenti musicali, assicurando che giungano in perfette condizioni ovunque siano destinati. Smontare, imballare, caricare, viaggiare; scaricare, di-

simballare e montare. Semplice? Non proprio. Perché gli oggetti di cui si prende cura la Viganò Musica sono quasi sempre delicatissimi pezzi unici, che anche una banale scossa o un piccolo sbalzo di temperatura possono rovinare in maniera irreparabile. Il loro valore si scrive spesso con quattro, se non cinque zeri. E quando il carico che si ha in custodia è costituito da 110 strumenti di un’orchestra sinfonica, ecco che la cifra complessiva si impenna fino a toccare e a oltrepassare il milione di euro. Dopo quattro generazioni oggi alla guida dell’azienda c’è Massimiliano Massara. Ad affiancarlo, oltre ai dieci “operatori” e alle due impiegate, ci sono gli ultimi dei Viganò: la moglie Shuela e il papà di lei, Roberto.

Il trasporto della musica | Mag Febbraio 2014 | 59


OVUNQUE NEL MONDO. L’azienda di Massara da oltre un secolo trasporta strumenti musicali in tutti i teatri.

L’ufficio di Massara è un piccolo locale con pochi fronzoli, completamente votato all’efficienza. Dietro alla scrivania campeggia, incorniciata, la fotografia di un Guarneri del Gesù del 1742. «Quanto costa? - domanda rispondendo a un’altra domanda - francamente non lo so. Ma quello non è un violino. Quello è un’opera d’arte». Eppure Massara è abituato a maneggiare pezzi unici. Come il leggendario gran coda di Daniel Barenboim, il pianoforte personale del maestro argentino, appositamente modificato per adattarsi al meglio al suo stile energico e delicato assieme: si parla di uno strumento da 210mila euro. Quando l’azienda ci ha aperto le sue porte, la Viganò era impegnata nella preparazione del concerto che l’Orchestra Mozart di Bologna, la creatura del compianto Claudio Abbado, ha tenuto a Muscat, in Oman, lo scorso 29 gennaio. Un impegno onorato nonostante la scomparsa del grande maestro e le difficoltà in cui versa l’orchestra.

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«In questo momento - spiegava Massara in quei giorni concitati - la nostra principale preoccupazione, dal punto di vista professionale, è assicurare il corretto trasporto del gran coda del maestro Maurizio Pollini. Non esiste una flight case adatta, dobbiamo affrontare e risolvere il problema in tempo perché il pianoforte possa arrivare a destinazione, e in condizioni perfette, entro il 28 gennaio». Missione compiuta. Ma la Viganò Musica è abituata alle imprese impossibili. Come quella portata a termine con successo nel 2002 a New York, quando tra le macerie di Ground Zero allestì l’orchestra sinfonica che sarebbe poi stata diretta da Riccardo Muti. O come quella del 1997, sempre con Muti,nella Sarajevo ancora martoriata dalla guerra, tra i muri crivellati dai proiettili. O, ancora, come quella con il Ravenna Festival tra le sabbie tunisine, nell’anfiteatro romano di El Djem, o quelle egiziane, sotto la piramide di Giza.


UN MUSEO DELLA MUSICA Smontati e imballati con cura, poi sistemati uno accanto all’altro, come tanti libri in uno scaffale. Negli spazi di via Milano, la Viganò Musica custodisce decine di pianoforti. Alcuni sono di sua proprietà, altri sono lasciati in deposito da clienti. E’ un piccolo museo che ripercorre la storia dello strumento. Il più antico tra quelli che si possono ammirare risale addirittura al XVII secolo. «Ma non sono un collezionista - tiene a precisare Massimiliano Massara,

contitolare della Viganò - la maggior parte degli esemplari che conserviamo qui non suonano più, e quindi hanno perso gran parte del loro valore. Perché un pianoforte non è un mobile: deve rimanere vivo, e quindi deve suonare, per conservare le sue qualità». Ciò non toglie che, fra i tanti, vi siano pezzi di innegabile valore. Come il fortepiano Bechstein costruito a Berlino nella seconda metà dell’Ottocento o come (ed è forse l’esemplare più pregiato) l’E-

rard del 1890, uno strumento che rivoluzionò la meccanica dei pianoforti grazie anche all’introduzione del cosiddetto “doppio scappamento” (che permette all’esecutore di ribattere immediatamente un tasto senza attendere che questo torni completamente nella sua posizione iniziale di riposo). Molti collezionisti e addetti ai lavori gli hanno già messo gli occhi addosso. «Ma per adesso - assicura Massara - l’Erard da qui non si muoveà».

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do Chailly, all’Orchestra Verdi della cinese Xian Xhang; dal Maggio Fiorentino di Zubin Mehta alla Cherubini di Piacenza diretta da Riccardo Muti. «Lavorare accanto a persone del genere è straordinario - racconta Massara - noi abbiamo il privilegio di vederle all’opera quando non sono sotto gli occhi dei riflettori o del pubblico, quando l’eccezionale personalità di ciascuno di loro si manifesta com’è realmente, libera e senza costrizioni. Com’è Barenboim? Ha un’energia dirompente, è una forza della natura. E’ dotato di un’intelligenza straordinaria, è estremamente severo con se stesso, prima ancora che con gli altri.

ABBADO. «Vedere il maestro Claudio Abbado preparare un concerto era un’esperienza fantastica».

È un mestiere complesso, quello della Viganò; maniacale, per certi versi. Non c’è spazio per gli errori. Anche perché, in questo settore, gli sbagli si pagano cari. Nella memoria di Massara c’è ancora il blocco imprevisto al sistema di termocondizionamento del camion che, attraversando le rigide temperature del Brennero, causò un’impercettibile ragnatela di crepe nella vernice ad acqua che ricopriva un antico violoncello. «Per fortuna, in casi come questi, ci sono le assicurazioni - chiosa Massara - una cosa del genere non ci era mai capitata. Ma abbiamo imparato la lezione e non ci capiterà più». Ed è proprio grazie alla fama di precisione e di affidabilità costruita nel corso degli anni, che la Viganò musica si è conquistata la fiducia di stelle assolute come Daniel Barenboim e Lorin Maazel, e delle principali orchestre d’Italia: dalla Filarmonica della Scala guidata da Riccar-

Nel 2002 a New York allestì, tra le macerie di Ground Zero, l’orchestra sinfonica diretta da Muti Chailly? Quello che colpisce in un maestro della sua enorme caratura, è la grande umanità e disponibilità nei confronti di tutte le persone che lavorano con lui: dal primo violino all’ultimo dei facchini. Tratta ognuno come se fosse un amico fraterno, non nega mai un abbraccio. Lui ha bisogno del contatto fisico, di entrare in relazione diretta con chi gli sta intorno. Pollini? Io non posso certo definirmi un esperto di musica, ma persino a me appare evidente come sia dotato di un immenso talento musicale; un talento innato che prescinde dallo studio: lui è nato così, era già grande prima ancora di diventarlo per il mondo. Abbado? Vederlo preparare un concerto era un’esperienza fantastica. Durante le prove, si sedeva in mezzo all’orchestra e la dirigeva da lì. Poi si alzava, si spostava nella platea, dove dovrebbe esserci il pubblico, e continuava a dirigere da lì. Poi lasciava la bacchetta a un suo collaboratore perché proseguisse, e ascoltava con estrema attenzione, memorizzando tutto. Era estremamente meticoloso, non lasciava nulla al caso. Delle persone che stavano attorno a doveva sapere tutto. Se durante le prove notava in teatro una faccia che non conosceva, lui si fermava: e attraverso uno dei suoi collaboratori, voleva sapere chi era e che cosa faceva. Poi quando aveva di nuovo tutto sotto controllo, solo allora ricominciava. Ed era subito magia».

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IL VIAGGIATORE SOLITARIO di Ricky Monti

La storia e le avventure di Mauro “Selvatiko” Vanoli. Dall’Everest in sella a una Graziella alle sfide in Nepal con una mountain bike

Mauro Vanoli, viaggiatore solitario per eccellenza, nasce nel ‘74 a Como e a soli 25 anni intraprende il suo primo importante viaggio in bicicletta da solo, coast to coast degli Stati Uniti, poi esplora il Nepal, Islanda fino a raggiungere l’Everest. La particolarità unica di Mauro è che in ogni viaggio utilizza una bici differente, dalla Graziella alla bici-zaino utilizzando addiri ura una bici in bamboo in India e una bici con canoa pieghevole in Thailandia. Mauro è un vulcano di idee e perennemente di fre a, perchè le idee possono volare via, ma principalmente perché per organizzare bene un viaggio in solitaria ci vuole tempo e passione. Oltre alla passione per le due ruote Mauro ama i cani, in particolare la sua Breva, una border collie, e chissà se un giorno non si inventerà anche un viaggio con lei.

Mauro a sentirti parlare sembra che tu abbia fa o veramente il giro del mondo sulle due ruote. Dove è nata l’idea di fare il coast to coast degli Stati Uniti in bici nel ‘99? La di a per la quale lavoravo si trasferiva di sede e di fare vita da pendolare tra Maslianico e Saronno non se ne parlava proprio. Presi la mountain bike e via, tre mesi all’avventura negli Usa con un bagaglio enorme, già al secondo giorno ne bu ai una buona metà, e un biglie o aereo aperto sei mesi. O enni un visto turistico di un anno, cosa impensabile ora come allora grazie a una bugia al consolato di Milano “e come faccio con gli sponsor se dopo soli tre mesi voi mi costringete ad uscire dal paese?”, io che volevo fare da San Francisco a New York passando anche per Seattle e che non avevo una minima idea

del tempo che avrei impiegato. Non avevo naturalmente chi mi sosteneva e per vivere “on the road” usai parte della liquidazione scoprendo che per stare in giro in quel modo non è che servissero (e non servono) in realtà grosse cifre. Dopo l’esperienza negli Stati Uniti hai voluto provare un paese freddo e da solo immerso nella natura dell’Islanda... e da qui è nato il soprannome “Selvatiko”? L’Islanda è natura, natura splendida e prepotente. Un posto magico che, specialmente in bici, ti fa dannare l’anima: pioggia, freddo, vento forte e spesso contro, piste desertiche… vince lei, c’e’ poco da fare. Ci tornerei subito. Il nickname “selvatiko” vien da più lontano, quando da bimbo giocando nei cortili, quando i bambini ancora ci giocavano,

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ero spesso l’ultimo a rincasare. Per la famiglia e sopra u o per mia nonna ero “un selvatico”. Poi non è che crescendo sia molto cambiato. Nei successivi anni hai intrapreso dei viaggi in Nepal, cosa ti ha affascinato e cosa cercavi per decidere di affrontare questa avventura? In Nepal ci andai un estate del duemila in ferie, pura vacanza tra Kathmandu e la sua valle. Rimasi stregato e nella frase a seguire, che tra l’altro è l’incipit di mie pagine-web relative a quel paese (un piccolo proge o di solidarietà che in quel paese porto avanti… a fatica), c’è tu o quello che rappresenta per me: “Forse è possibile innamorarsi di un paese come di una persona, vedere in quel luogo cose che per qualche ragione non trovi altrove; stabilire con esso un le-

game speciale, sentirsi a ra o dal suo cara ere, viverlo con un intensità particolare. Sono paesi che approfi ano del tuo stato di estasi per nascondere le loro mancanze e me er sempre in risalto le loro virtù, luoghi dove pensi di tornare quando ancora non te ne sei andato”.

Forse è possibile innamorarsi di un paese. Luoghi dove pensi di tornare prima ancora di essertene andato via

Invece sull’Everest ci sei andato con una Graziella, raccontaci questa pazza avventura. Una assurda regola non contempla l’ingresso delle bici nel Samargatha National Park (samargatha è il nome dell’Everest in nepalese), così nel 2008 decisi di occultarne una in uno zaino enorme. Nascosi una bici modello Graziella, si proprio la pieghevole per antonomasia che tu i hanno ben in mente, modificata e preparata per scorazzare senza intoppi in fuoristrada. Nacque come una “ragazzata” e divenne invece una bella avventura, seguitissima mediaticamente, tanto da arrivare al Tg nazionale in prima serata dall’inizio alla fine, documentata a raverso Internet, dalla realizzazione dello zaino grazie ai sapienti artigiani della capitale nepalese, fino ai 5540 metri

LA PREPARAZIONE. Prima di ogni partenza l’essenziale è preparare in ogni dettaglio il viaggio.

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del Kala Pa ar (ben 300metri oltre la quota del campo base). Avrai speso un capitale in tu i questi viaggi durante gli anni. Avrai degli sponsor che ti aiutano? Ho degli sponsor che mi supportano. Mentire quella volta davanti al console americano portò bene… e con le successive partenze diverse aziende cominciarono a darmi una mano. Aziende che col tempo sono diventate amiche e per le quali sono a testare spesso anche dei loro prodo i pre-commercializzazione. Inutile aprire una parentesi poco felice legata al periodo di crisi globale che stiamo vivendo, vero? Sostanzialmente i rubine i li stanno chiudendo tu i. Ciò che fa ancora la differenza per quel che mi riguarda è il cara erizzare ogni viaggio cosi da

renderlo particolare e quindi appetibile. In buona sostanza ogni partenza è per metà avventura e per metà marketing puro. Perchè hai scelto tu e queste bici strane per le tue avventure? Non era più facile una bella Mtb ipertecnologica? Rendere particolare un viaggio (che si traduce con un seguito mediatico garantito) e cara erizzarlo partendo dal mezzo adoperato è la chiave per poter “elemosinare” un supporto. Il me er mano alla bicicle a prima di una partenza non ti nascondo che da buon appassionato di meccanica è una delle cose che più mi piace, ed è in quei giorni che comincio davvero a “sentire” un viaggio. A volte sono soluzioni simpatiche, come la Graziella, altre volte

MAURO VANOLI. I suoi viaggi in giro per il mondo sono stati l’occasione di incontri unici.

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sono modifiche necessarie e/o logiche, qui entreremmo troppo nel tecnico, vi annoierei. Bici che conservo tu e e che tornano protagoniste quando sono a raccontare dei miei viaggi nelle serate-invito o vengono ospitate nelle fiere del se ore, senza una vera scadenza. Il loro viaggio, si può dire, non termina certo con il ritorno a casa. Essendo sempre da solo non è mai accaduto qualche cosa che ti ha costre o ad abbandonare un viaggio o fare cambiamenti non previsti? Nel 2006 tentai di raggiungere il campo base dell’Everest con una bici in bella vista, sulle spalle. Realizzai una portantina per la mia Mtb sfru ando il telaio di una “cadrega”, proprio così, una sedia pieghevole in metallo da pochi euro, leggera e facile da saldare e modificare. Tentai, perché di fa o mi invitarono (invitarono è un eufemismo) a scender a valle quando ero a metà percorso. Quella bici smontata sulla schiena poteva sembrare un’arma, da lontano, in una vallata presidiata dai militari per via della tensione alle stelle tra Cina e Tibet. Non era il caso proseguire.

AGLI ANTIPODI. Dall’India alle cime innevate dell’Everest, le incredibili avventure di un comasco con la passione della bicicletta.

Nel 2010 hai costruito in India qualche cosa di unico... Quella doveva esser la prima puntata di un proge o mondiale, un giro a raccontare diversi modi di andare “a pedali” nel mondo, mentre lo dico qualcuno mi ruberà l’idea e non sarebbe la prima volta, tipici di un luogo o particolari. Tra le destinazioni e le idee selezionate in una ricerca lunga sei mesi, la ci à di Bangalore e un docente universitario a quel tempo unico nel paese, l’India, a cimentarsi nella costruzione di telai in bambù. Vijay, questo il suo nome, non era nè il migliore al mondo nè il primo ad adoperare questo materiale, in India è ora il riferimento, ma mi risultò simpatico sin dai primi scambi e-mail. Siccome il divertimento lo me o alla base del mio stile di vita… presi un volo che era novembre e tra-

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scorsi qua ro se imane con giornate in laboratorio tra bambù e resina e serate tra chitarra e alcool (lui). Solo una se imana nel Nerala per provarla, posso giurare che la bici funziona. Hai mai avuto paura? A dir la verità o son stato fortunato, e non lo sono troppo credimi, o il mondo non è poi così malvagio come vien dipinto dai media, di questo ne sono convinto. Quando ad esempio nel 2006 mi puntarono i fucili in un internet point invitandomi a scendere a valle con la mia Mtb e la “cadrega” non mi spaventai semplicemente perchè era irreale pensare che una bici in spalla potesse rappresentare un problema e ancora di più, davvero impensabile per noi occidentali, il creder di finire in cella se avessi continuato lungo il trekking. Non hai mai pensato di fare un li-

bro “le avventure di selvatiko”? Diciamo che da qualche tempo una buona casa editrice del se ore ha delle pagine in qualche casse o e che forse sarebbe meglio si sbrigasse a farmi sapere qualcosa… Quanto ti alleni per questi viaggi? Anche per le vie comasche? Ho la fortuna di poter gestire il mio tempo, di organizzarmi e di allenarmi. Ma ho anche la sfortuna di venire da due infortuni seri ad un ginocchio in due anni esa i. Strada o Mtb che sia, io in realtà viaggio con le ruote grasse ma adoro la bici da corsa, ho perso il conto dei chilometri sulle nostre, non sempre perfe e, strade che son da cartolina e forse molti nemmeno se ne rendono conto. Ecco, viaggiare, quello si che aiuta in questo senso… torni a casa e ti godi lo spe acolo unico del Lario. Che fortunati che siamo.

Prossima avventura o proge o? Quest’anno era mia intenzione correre il Tour Divide, massacrante prova in autosufficienza in mountain bike (4400 km e 90 metri di dislivello) che va dal Canada al New Mexico. L’infortunio di febbraio ha messo la parola fine anzitempo. Riproverò a giugno, compatibilmente con una nuova avventura, l’apertura con l’anno nuovo di un ciclo-ostello in sardegna e siete tu i invitati, pagando ovviamente (ride). Ma prima un giro sulle piste desertiche del Marocco, in sella ad una vecchia bicicle a, modificata naturalmente, con un serbatoio da 11 litri costruito per l’occasione e incastonato nel telaio. Una sorta di dromedario d’acciaio. Dove possiamo seguire le tue avventure? Sul mio sito www.selvatiko.com

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PRONTI A OGNI SFIDA di Gianfranco Casnati

Alla Canottieri Lario non ci sono barriere per la crescita dei campioni. L’Adaptive Rowing è una delle discipline praticate dagli atleti disabili. Luca Varesano è salito sul gradino più alto del podio, indossando la maglia tricolore della categoria Lta Pararowing.

MEDAGLIA DI BRONZO. Luca Varesano (1° sinistra) ai mondiali Pararowing di Bled (Slovenia) nel 2011. Pronti a ogni sfida | Mag Febbraio 2014 | 71


L

’Adaptive Rowing è oggi una delle discipline praticate dagli atleti disabili. Rowing significa canottaggio, “adaptive” che l’equipaggiamento viene “ada ato” per rendere possibile la pratica di questo sport. L’Adaptive Rowing è stato introdo o nel programma Paraolimpico nel 2005, e ai giochi olimpici di Pechino 2008 ha fa o parte per la prima volta del programma ufficiale delle gare . A oggi, nell’ambito della FISA (federazione internazionale di cano aggio), questa disciplina è praticata da atleti di 24 nazioni. La Cano ieri Lario è stata la prima ad abbracciare questa nuova a ività sul lago di Como, riscuotendo il plauso delle istituzioni ci adine. Il motivo è semplice e al tempo stesso altamente sociale: Adaptive, infa i, non è solo agonismo, ma significa anche dare la possibilità ai disabili di remare su una imbarcazione da canottaggio, ritrovando fiducia nelle proprie capacità. Le possibilità di praticare questa a ività sono molto ampie. Il cano aggio di coppia o di punta per portatori di disabilità, è aperto ad atleti maschi e femmine, e ripartito in qua ro specialità. Le categorie sono divise in base alla disabilità: LTA (LegTrunk - Arm) per atleti che possono usare tu o il corpo, per esempio non vedenti, amputati ad un arto o altre minime disabilità fisiche; i disabili mentali sono compresi in questa categoria. TA (Trunk- Arms) per atleti che possono usare solo il tronco e le braccia, come chi non ha l’uso delle gambe o gli amputati ad entrambe gli arti inferiori. Categoria A (Arms) per atleti che possono usare solo le braccia, come coloro che hanno subito lesioni alla colonna

vertebrale e compromesso l’uso delle gambe e del tronco. Per ogni categoria vengono utilizzati speciali tipi di imbarcazioni, con uno scafo con specifiche imposte dal regolamento della FISA. Le barche più piccole sono equipaggiate con sistemi di galleggianti chiamati “pontoons” che agiscono da stabilizzatori e vengono fissati agli scalmi per garantire un incremento della stabilità di forma dello scafo. I remi usati, invece, sono uguali a quelli del cano aggio standard. Le imbarcazioni hanno sedili speciali che variano a seconda della disabilità dell’atleta. Le tipologie di imbarcazione sono diverse a seconda della specialità: qua ro con timoniere a poppa con scafo standard e sedile scorrevole per LTA; doppio: imbarcazione più leggera, con galleggianti supplementari anti-ribaltamento e sedile fisso con alcune precauzioni legate alla sicurezza, come delle cinghie facilmente sganciabili (per

Risultati straordinari nel giro di pochi anni 4 medaglie ai mondiali diversi record e anche titoli italiani

I PIONIERI Christian Beretta, classe 1967 è stato il primo tesserato della sezione nata nel 2006. Federico Tiranti, classe 1974, è l’ultimo arrivato alla Lario con un palmares davvero invidiabile del nuoto disabili: 14 titoli italiani (rana e stile libero) dal 1992 al 2011; 1 titolo europeo rana nel 1996; i Giochi del Mediterraneo ad Atene nel 1999 e, dulcis in fundo 1 oro, 1 argento e 2 bronzi alle Olimpiadi Special in Nord Carolina (USA) nel 1999.

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SUL PODIO. Sopra: Luca Varesano vincitore in una garadi canottaggio Indoor. Sotto: La Nazionale azzurra Pararowing ai mondiali di Bled.


ALLENATORI Jaroslav Rocek Fausto Panizza

PRESIDENTE SEZIONE Paolo Tornari

esempio in caso di ribaltamento) per TA; singolo: munita di sedile fisso offre un appoggio posturale affinché l’atleta possa usare per la remata solo le braccia; ha inoltre una cinghia con un gancio rapido azionabile con la bocca in caso di ribaltamento, per A1. Abbracciando questa nuova a ività, la Cano ieri Lario ha aperto, prima società remiera del lago di Como, una nuova sezione dedicata agli Adaptive Rowing, in collaborazione con Villa Santa Maria di Tavernerio. I primi risultati sono sin dall’inizio con l’equipaggio del “qua ro con” che ha vinto all’Idroscalo di Milano.

VOGLIA DI VINCERE. Sopra: Gruppo di atleti dell’Istituto Santa Maria nel 2008. Sotto: Luca Varesano vincitore a Gavirate di una gara di canottaggio Indoor.

Pronti a ogni sfida | Mag Febbraio 2014 | 73


I RISULTATI Poco più di un mese fa, il 12 gennaio scorso Luca Varesano è salito sul gradino più alto del podio, indossando la maglia tricolore della categoria LTA (intelle ivi) Pararowing. Il ventenne atleta comasco dell’istituto Villa Santa Maria di Tavernerio, allenato da Jaro Rocek e Fausto Panizza, ha aggiunto così una perla al suo già ricco palmares. Vincitore di diverse gare e medaglie internazionali e nazionali, tra cui il bronzo ai mondiali in acqua a Bled (Slovenia) nel 2011 e i due bronzi ai Global Games di Genova (2011), anche nel remoergometro ha già collezionato la medaglia

di bronzo mondiale in Portogallo nel 2010, oltre ai titoli italiani nel 2011 a San Benede o del Tronto, nel 2012 con il record italiano a Livorno e l’anno scorso a Catania, ba endo il suo primato precedente. Suoi anche i titoli e i record regionali. Pure questa volta ha fa o propria la sfida con Carlo Dal Verme della Gavirate, imponendogli 18”90. Nelle gare in barca, Varesano ha collezionato diversi successi: Pasqua del Cano aggio all’Idroscalo di Milano, gara internazionale a Gavirate, nazionale a Candia e Corgeno. La storia di Luca ha dell’incredibile. E’ arrivato sei anni fa alla Lario con il miraggio di fare una gita fuori

NOI REMIAMO CON LORO di Fausto Panizza, Dire ore organizzazione Villa Santa Maria Fiducia, coraggio e capacità di soffrire. Sono queste le parole che userei se dovessi riassumere l’esperienza del canottaggio per disabili intellettivi che da alcuni anni è entrata a far parte delle attività sportive svolte a Villa Santa Maria, clinica con sede a Tavernerio specializzata nella cura e riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da autismo e patologie neuropsichiatriche. Avviato nel 2006 con un pizzico di lucida follia, visto che quando siamo partiti pensare di fare un lavoro di questo tipo con dei ragazzi affetti da autismo sembrava impossibile, il progetto si è infatti sviluppato soprattutto grazie al rapporto di fiducia che lega allenatori e terapisti ai ragazzi. Un rapporto frutto non solo delle attività che vengono svolte quotidianamente a Villa Santa Maria, che ospita oltre 90 pazienti residenziali e assiste altri 140 ragazzi nel proprio centro diurno, ma anche del modello di allenamento che abbiamo confezionato in maniera pressoché sartoriale. Prima di questa esperienza, infatti, gli allenatori che altrove si erano trovati a fare canottaggio con i disabili intellettivi si erano sempre limitati a seguire i ragazzi dando loro le indicazioni nel corso dell’allenamento. Nel nostro caso, invece, abbiamo deciso che l’allenatore sarebbe sempre stato in attività con loro: noi remiamo con loro durante ogni allenamento, mettendoci in competizione con loro e condividendo la loro fatica. E questo sistema crea una dinamica positiva, che stimola i ragazzi a impegnarsi al massimo. I risultati sono stati straordinari: nel giro di pochi anni sono arrivate quattro medaglie ai Mondiali di canottaggio, più diversi record e titoli italiani, l’ultimo dei quali è stato conquistato dal nostro Luca Varesano

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ai Campionati italiani di canottaggio indoor dell’11 e il 12 gennaio a Brindisi. Ma se adesso il nostro modello è così considerato che la Federazione italiana canottaggio mi ha scelto come responsabile del Settore mentali per il para-rowing, quando siamo partiti sembrava un salto nel vuoto. Allora ci è voluto un gran coraggio da parte della nostra presidente, la dottoressa Gaetana Mariani, nel darci carta bianca per cominciare a sperimentare quella che sembrava un’utopia. Quello stesso coraggio, insieme alla capacità di soffrire che è nella natura stessa di uno sport di fatica come il canottaggio, lo mettono in gioco i nostri atleti. Fare sport, infatti, non significa solo affrontare e superare i propri limiti fisici, ma anche imparare a gestire l’emozione prima della gara e la gioia o la frustrazione che si provano per un buon risultato o uno inferiore alle attese. Un altro aspetto cruciale sta nel fatto che, essendo i nostri atleti pazienti residenziali, per loro il progetto canottaggio rappresenta un’apertura verso il mondo esterno. Per questo le trasferte, con l’emozione di prendere un aereo, dormire in albergo, gestirsi da soli nelle piccole questioni quotidiane, come il rispetto degli orari, la gestione dell’attrezzatura e l’alimentazione sono un’esperienza che ha riflessi positivi sotto tantissimi punti di vista. Il miglioramento delle capacità coordinative, l’aumento dei tempi di concentrazione, l’incanalamento dell’aggressività, il miglioramento delle capacità cognitive sono solo alcuni dei benefici. Ed è questo, insieme al legame fortissimo che si crea con i nostri ragazzi attraverso il lavoro, che in questi anni ci ha spinti ad andare avanti e a superare le difficoltà con cui ci siamo scontrati di volta in volta.



SPORT INSIEME. Atleti della Lario a Pisa per una gara. A destra in alto: Luca Varesano con l’atleta azzurra Sara Bertolasi. Sotto: Gruppo di atleti dell’Istituto Santa Maria.

porta e gustarsi una bella cioccolata calda prima di tornare in istituto, in cambio di un leggero esercizio fisico. Invece, da quel primo esercizio soft di ginnastica ha iniziato il suo percorso di abilitazione fisica, passando per il remoergometro, la remata in vasca di voga e l’uscita in barca, sino al raggiungimento della padronanza del proprio esercizio sportivo. Superato l’approccio puramente atletico, il grosso scoglio da superare per lui, come per tu i i suoi compagni, è il rapporto con gli altri all’esterno, ovvero al di fuori dalle mura dell’istituto dove spe a agli adde i e agli assistenti provvedere alle necessità del diversamente abile, gestendo per lui il cambio della biancheria, la nutrizione e quant’altro. Basti un esempio molto significativo. La prima uscita di Luca per una gara a Gavirate, ha segnato per

lui una “scoperta” straordinaria: il cibo al self service. È lì che, dopo una prima volta in cui Luca ha dato libero sfogo alla possibilità di servirsi liberamente, ha imparato dalla volta successiva il senso della misura e a servirsi solamente di ciò che avrebbe effe ivamente consumato. Non solo. Anche l’emozione di prendere un aereo, di dormire con i suoi compagni di squadra in albergo e di gestire da solo l’a rezzatura sono stati tu i passaggi fondamentali per la sua crescita. Lui adesso è diventato il “leader” degli altri compagni e i suoi progressi di autogestione sono ormai diventati la regola per tu i. Medaglie e piazzamenti nelle gare, sia in acqua sia indoor, sono stati o enuti anche da Christian Kumbo, Desirèe Bassi, Ma ia Arosio, Ylenia Di Dia, Francesco Pianese.

SEZIONE PARAROWING

DISABILITA’ FISICA

Mattia Arosio (classe 1997) Marco Bartolomeo (1996) Desiree Bassi (1999) Ylenia Di Dia (1996) Lavinia Gandini (1994) Christian Kumbo (1993) Francesco Pianese (1991) Federico Tiranti (1974) Luca Varesano (1993)

Davide Barbaglia (1995) Andrea Belluardo (1992) Christian Beretta (1967) Stefano Brizzolara (1988) Patrizia Cerato (1971) Antonino Clemente (1963) Francesco Demarco (1956) Matteo Gualtieri (1975) Andreas Romitelli (1992) Michele Maria Mascolo (1998) Giovanni Tentori (1963)

DISABILITA’ INTELLETTIVA RELAZIONALE

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I S OR R I SI OLT R E LE M E DAGL I E di Paolo Tornari, Presidente Sezione paralimpica Cano ieri Lario - Como Amici di MAG, sono il Presidente della sezione paralimpica di canottaggio della “Canottieri Lario”; significa che sono il responsabile del canottaggio di questa Società, dedicato ai ragazzi disabili con handicap fisico o mentale. Concedetemi una piccola divagazione, per portarvi utilmente al mondo dei disabili nell’orbita dello sport all’interno della “Canottieri Lario”. Dovete sapere che in questo club, se non sei un atleta dotato di qualità innate, corroborate da autentico spirito di sacrificio e passione per il canottaggio, non verrai mai riconosciuto come autentico atleta della “Lario”. Unica alternativa, accettata, ma non attenuante di autentico valore per assurgere all’olimpo della Società, essere figlio di un ex atleta nero stellato (i colori societari sono gli stessi della Ginnastica Comense, della quale la Canottieri Lario è figlia, fondata da schermidori non più benaccetti). Ebbene, io sono uno dei soci della Lario, qui presente dapprima in qualità di figlio di ex atleta; per molto tempo è stata l’unica attenuante di fronte ai miei deludenti risultati sportivi, nonostante la grande applicazione nelle sedute di allenamento. Io,come tanti, amici di tutti, ma con quella implicita considerazione che si viveva anche ad Atene ai tempi della Grecia antica: se non eri della città venivi considerato come barbaro, straniero. Niente di razzista, ma è una condizione di rango societario che devi saper considerare come qualcosa che, di anno in anno, nessuno più fa pesare. Ad un tratto, addirittura, può capitare che ti vengano attribuiti incarichi, ti vengano assegnate responsabilità societarie che magari neppure immaginavi possibile. Quando mi assegnarono la presidenza del canottaggio per disabili, forse pensarono a me come ad uno degli antesignani che, nel tempo, sono riusciti a smettere la veste di atleta dai pallidi risultati, ma dalla colorata passione per il canottaggio. Mi fu assegnato così il compito di aprire le porte della Lario anche a chi, per motivi diversi da quelli societari, ma più propriamente per condizioni di salute fisica e mentale disagiata, non si sentisse meno amico di tutti i soci e atleti della Lario. Presi così le consegne dal Presidente della Canottieri, Lario Enzo Molteni, primo propositore del progetto canottaggio per disabili a Como, forse sicuro che con me sarebbe proseguito il concetto di avere questi ragazzi insieme a tutti gli altri atleti: disabili, ma non meno amici di tutti noi. Con

loro salta dopo centovent’anni di storia societaria, il distinguo di rango che vi dicevo sopra: porte aperte alla Lario! Ecco la mia missione alla Canottieri Lario: accogliere i ragazzi con gravi problematiche psichiche, o ragazzi che, all’improvviso, per un incidente, diventano disabili, perdendo una mano o restando paralizzati su di una carrozzina a rotelle. Per loro significa che dalla nascita, o all’improvviso, cadi dal cielo della gioventù e ti trovi con la faccia a terra: buio, nulla. Io e tutti i Responsabili della Lario, su precisa indicazione del nostro Presidente Enzo Molteni, vogliamo che gli sguardi persi dei ragazzi meno fortunati possano trovare o ritrovare una loro dimensione umana all’interno della nostra Società. Oggi accogliamo i ragazzi con disabilità con grande spirito di fratellanza, sicuri che possiamo offrire loro motivazioni per migliorare la qualità della propria vita o alleviare il disagio psichico, senza poter eludere i gravi handicap mentali, ma disegnamo con loro un percorso che, grazie alla sport, diventa importante come nessun medicamento sa fare. Il canottaggio da noi alla Lario è dimensione sportiva, è etica per la vita, ma è anche percorso riabilitativo che viene descritto non solo con la partecipazione alle gare - magari vincendole - ma come metodologia dal valore medico-scientifico. Oggi noi alla Canottieri Lario abbiamo fatto della fatica, della passione di noi dirigenti e allenatori, nel dedicare il nostro tempo ai ragazzi disabili, un modello che ci è riconosciuto a livello nazionale. Sono contento che i ragazzi disabili trovino alla Lario un percorso qualificante, il loro essere persona umana. Ebbene sì, c’è il sole alla Canottieri Lario! Il sole è il sorriso dei ragazzi che hanno messo alla prova la loro disabilità. Li vediamo crescere insieme e insieme appassionarsi al loro sport che li porta gioiosi a condividere momenti di autentica vita sociale, nobilitata dal loro essere sportivi non per passatempo, ma come ragione di vita. La Canottieri Lario vince medaglie di sorrisi con i ragazzi della sezione paralimpica, vince anche medaglie per vittorie vere in gara: sono tutte medaglie che io e tutti i soci nerostellati idealmente vinciamo con i nostri ragazzi, meno soli nel loro disagio, protagonisti nel mondo del canottaggio del lago di Como e in giro per il mondo.

Pronti a ogni sfida | Mag Febbraio 2014 | 77


I

l telefono suona spesso a casa di Luisella. Le richieste non sono banali. Scegliere la cura migliore da seguire, accordarsi per trasferire la famiglia in vista di un’operazione, gestire gli esami di routine. Soprattu o me ere in a o tu e le strategie per capire come affrontare al meglio la lo a contro il nemico numero uno: la miodistrofia muscolare, patologia neuromuscolare degenerativa. Eppure non siamo in un ospedale, in una casa di cura, in un centro specializzato. Siamo a Lora, alla periferia di Como, in una ville a a schiera. Non ci sono indicazioni per raggiungere la casa di Luisella Anzani, vincitrice dell’ “Abbondino d’oro” 2013, né targhe altisonanti. Qualcuno per strada la conosce, qualcun altro non l’ha mai sentita nominare. Eppure il suo nome, per chi ha incontrato la sofferenza del male, suona come una medicina, come un appiglio per rimanere dentro i binari di una vita normale. Lo sa chi si è ba uto per raccogliere le firme a sostegno della sua candidatura. Un riconoscimento doveroso per trent’anni di lavoro, spesi ad accogliere e a condividere la ba aglia di intere famiglie. «Ci tengo a dire, per prima cosa che, senza gli altri, non sarei stata capace di fare niente. Dietro il mio nome c’è un esercito di volontari che, in tu o questo tempo, si è passato il testimone nell’aiuto e nella collaborazione. L’ “Abbondino d’oro” è anche loro. C’è sempre qualcuno disposto a darmi una mano, offrendo disponibilità costante e seria. Il nostro obie ivo è puntare alla normalità, organizzando gite, andando ai concerti, a veder una partita

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NOI VINCIAMO LA PAURA di Sara Della Torre

L’impegno e la storia di Luisella Anzani presidente dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, premiata con l’Abbondino d’oro. «Dietro il mio nome c’è un esercito di volontari ma oggi i giovani, sono più restii ad affrontare un’esperienza di volontariato» Noi vinciamo la paura| Mag Febbraio 2014 | 79


Il nostro obiettivo è puntare ogni giorno alla normalità di vita. Anche nella malattia si possono ottenere risultati e raggiungere importanti traguardi

di calcio, programmando le vacanze al mare o in montagna, lontano dalla famiglia, o semplicemente aprendo la casa per un gioco di società. Il mio è sopra u o un sostegno psicologico». Il messaggio è chiaro ma difficile da far passare ai più: le persone affe e da miodistrofia muscolare possono andare a scuola, o enere lauree, svolgere un’occupazione. E

SEDE E INAUGURAZIONE SEDE. La sede della UILDM, inaugurata nel 2009, si trova a Lora in via Maiocchi. All’inaugurazione hanno partecipato le persone affette da distrofia muscolare e le loro famiglie, da anni soci e amici della UILDM di Como insieme a tanti volontari e ad alcuni rappresentanti delle sezioni UILDM della Lombardia e ad Alberto Fontana (Presidente Nazionale UILDM nel 2009).

chi si accosta a questa realtà sa bene che con la mala ia possono convivere soddisfazioni e traguardi. Non sono i metri quadri a favorire l’ospitalità. Un piccolo soggiorno, un divano rosso a due posti, una cucina con l’indispensabile. Due camere da le o e un bagno al piano superiore. Una casa semplice, senza soprammobili, con due elementi distintivi:

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l’ampio ascensore e un le o ele rico per accogliere chi ha poca funzionalità motoria. Ovunque regna un ordine e pulizia. «Noi viviamo di poco - spiega Luisella, che, quasi ogni giorno ospita ragazzi affe i da miodistrofia e le loro famiglie -. Si lascia come si trova. Chiunque è ospitato si a iva per fare le piccole a ività quotidiane».


Non esiste una giornata-tipo: si costruisce sull’onda delle richieste e delle necessità momentanee, dentro un servizio aperto, continuo e gratuito. C’è il riferimento della Uildm, Unione Italiana Lo a alla Distrofia Muscolare, associazione, apolitica e aconfessionale, che ha sede a Padova (a Como funziona dal 1968 e a ualmente l’Anzani è Presidente), ma l’intervento di Luisella è soprattu o personale, nato per un incontro casuale con gli occhi di un bimbo di pochi anni e con la disperazione di una mamma e un papà, costre i a rinunciare alla crescita vigorosa e forte del proprio figlio e ad acce are, invece, il rallentamento dei muscoli

e le difficoltà di convivere con una sedia a rotelle. Luisella quest’anno compie 70 anni e nonostante da 30 si imba a nel dolore e nella sofferenza non ha sviluppato uno scudo impermeabile. Sono forse l’estrema sensibilità, la necessità di ritrovare, ogni ma ina, il coraggio di andare avanti, di non abba ersi e di lo are con tu e le forze, il collante per tanti volontari, pronti a fronteggiare un nemico che continua ad essere subdolo, difficile, nonostante la ricerca, in rapida evoluzione. «Quando devo prendere una decisione, mi chiedo se è giusto, se mi sto muovendo corre amente. La risposta non è mai semplice e indolore. In

SOGGIORNI DI SOLLIEVO AL MARE E IN MONTAGNA. Da anni la UILDM si propone e realizza dei soggiorni estivi di sollievo per permettere alle persone affette da distrofia muscolare anche in stato grave un periodo di vacanza e ai genitori un momento di sollievo dal carico assistenziale. Tali soggiorni infatti sono gestiti interamente dai volontari che si fanno carico dell’assistenza totale delle persone affette da distrofia muscolare. Si tratta di iniziative importanti realizzate anche grazie ai contributi raccolti con donazioni di enti pubblici e privati.

questa storia, non c’è un copione da seguire, gli a ori cambiano e non ho un protocollo valido per tu i. Mi lascio trasportare dalle situazioni». Meglio cancellare l’immagine comoda e facile della bontà e del “cuore grande”. La scelta di Luisella ha piu osto il sapore di una sfida serrata, di una determinazione tenace. È il fru o della volontà di cambiare un po’ il mondo e di trovare nuove soluzioni. «Alla fine sono io a ricevere di più. L’a enzione, la sensibilità e l’affe o che mi dimostrano i ragazzi è sicuramente superiore a quello che offro. Hanno un entusiasmo contagioso, che lascia stupiti e fa rifle ere sulla

nostra vita. Mi accorgo, invece, che oggi i giovani, rispe o al passato, sono più restii ad affrontare un’esperienza di volontariato. Hanno paura della sofferenza. Secondo me, questo rappresenta un grosso limite. Credo che dipenda dall’educazione familiare troppo prote iva, volta a nascondere ai figli le difficoltà della vita». Un appuntamento importante

Noi vinciamo la paura | Mag Febbraio 2014 | 81



BATTELLATA e FANTACALCIO. Sono alcuni degli eventi che ogni anno vengono realizzati per il tempo libero delle persone affette da distrofia muscolare. Crediamo fermamente che la qualità della vita sia per una persona disabile una priorità e possa divenire per tutti una fonte di crescita e miglioramento. per tu a l’organizzazione che ruota a orno alla figura della Anzani sono le vacanze, meglio chiamate come “giorni di sollievo”, al mare e in montagna. «Non sono molto d’accordo su questo termine. Mi piace chiamarla ancora ‘vacanza’ perché è un momento di libertà per i ragazzi che si allontanano dalle loro famiglie e alloggiano in un albergo, come tutti gli altri. Notiamo grandi miglioramenti. Purtroppo, ogni anno, siamo sempre più in difficoltà, per mancanza di finanziamenti e di volontari, nell’organizzare questo tempo di relax. È un vero peccato perché il valore di questa se imana, a volte, vale più di tanti farmaci». Un’altra telefonata. Un’altra storia. Un bimbo di sei anni è ricoverato in ospedale. «Mi creda, tu i possiamo fare qualcosa per loro. L’importante è me ere da parte la paura».

«Purtroppo ogni anno siamo sempre più in difficoltà per mancanza di finanziamenti» Noi vinciamo la paura | Mag Febbraio 2014 | 83


QUELLA BARBA RIBELLE TRA I POVERI di Laura D’Incalci

Il vescovo dei due mondi, Aristide Pirovano, il missionario erbese vissuto tra i lebbrosi, il prete partigiano finito anche in carcere. L’amico Gino Farina, il biografo padre Gheddo e il processo di beatificazione. Franca Farina: «A Marituba in un lebbrosario isolato, nella foresta dove i malati venivano portati a morire in una condizione di totale abbandono e sporcizia, padre Aristide e Marcello Candia hanno fatto miracoli»

L

a lunga barba bianca, lo sguardo luminoso, il sorriso…il ricordo di Padre Aristide Pirovano affiora così, a raverso alcuni tra i particolari, in chi ha conosciuto la sua avventura. Un’avventura straordinaria che non può certo essere riassunta in poche ba ute, in un solo ricordo, in una data o una fotografia. Tu i elementi che si affollano nella mente di quanti sono coinvolti nella sua storia e per i quali l’immagine più immediata e condivisa, richiama comunque gli stessi inconfondibili segni, la lunga barba divenuta candida con gli anni, l’espressione intensa, sorridente, aperta a un infinito suggerito da ogni cosa, da ogni incontro. Il fa o è che a

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Erba, fra la gente, per le famiglie radicate nel territorio, Aristide che divenne sacerdote, missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere), vescovo, fondatore di ospedali e scuole in aree del mondo ignorate dove proliferavano soltanto miseria e mala ie, è sopra u o uno di loro, un amico speciale e indimenticabile. «È sempre rimasto legato a Erba, al contesto dove è nato e cresciuto e nel quale è maturata la sua vocazione», racconta Franca Farina ripercorrendo la vicenda antica di un secolo della famiglia Pirovano, del piccolo Aristide nato a Erba nel 1915, secondogenito di cinque figli, inizialmente avviato a sostenere il padre Pietro che aveva messo


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esiti commoventi di una fraternità cristiana vissuta fra i più poveri del mondo, e per raccogliere gli aiuti necessari. - spiega la stessa Farina - Invece negli ultimi anni aveva invertito la tendenza e lasciava Erba solo per andare a visitare i luoghi dove aveva speso ogni sua energia, quasi l’intera vita, e dove aveva radicalmente trasformato e umanizzato contesti prima spaventosi per il degrado ambientale e umano». «A Marituba in un lebbrosario isolato, ai limiti della foresta dove i malati venivano portati a morire in una condizione di totale abbandono e sporcizia, padre Aristide e l’amico Marcello Candia hanno fa o miracoli», prosegue me endo a fuoco vicende e amicizie che sembra abbiano azzerato le distanze fra Amazzonia nel Nord Brasile

Il suo impegno per salvare ebrei e perseguitati politici gli costò la reclusione nel carcere di San Vittore e fu il cardinal Shuster a prodigarsi per la sua liberazione in piedi una piccola impresa per la lavorazione del marmo. Il racconto di una storia che diventa speciale già a partire dalla vocazione che pare abbia suscitato sorpresa nello stesso Aristide: «Prete io? Mai!», aveva risposto al suo parroco circa l’eventuale prospe iva del sacerdozio. Un racconto che non procede secondo un ordine cronologico, ma segue il filo di incontri e ricordi legati soprattu o ai continui viaggi, gli addii e i rientri, del sacerdote missionario che partiva per approdare Oltreoceano in terre inospitali e situazioni di estrema povertà in Amazzonia, ritornando al paese natio principalmente per recuperare risorse, cibo, macchine, a rezzature, medicine, soldi. «Quando era giovane stava lunghi periodi lontano da casa e ritornava di tanto in tanto per testimoniare gli

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TRA GLI ULTIMI. Padre Aristide Pirovano tra i bambini A sinistra: con Papa Giovanni Paolo II.




e Brianza lombarda. «Ho conosciuto padre Aristide negli anni Se anta, mi ero appena sposata e per me e Gino (Luigi Farina noto imprenditore di Erba ndr), ma anche per i nostri figli e per tanti amici, l’incontro con lui è stato una grande grazia» riprende Franca Farina so olineando “la semplicità di un uomo che lasciava trasparire in ogni azione una totale fiducia in Dio e nella sua Provvidenza e che si sentiva interpellato ovunque personalmente, sempre in prima linea nell’affronto dei problemi, dei bisogni...». Le vengono in mente alcuni a eggiamenti e espressioni indimenticabili: «Noi possiamo fare e disfare…ma l’è quel de sura (è quello di sopra) che decide, diceva spesso con l’indice puntato in alto». E in effe i la sua “missione”, da giovane prete che sognava di partire per mondi sconosciuti, inizia fra mille avversità, messa a dura prova dalla prematura morte del padre e dalla guerra che lo spinge a prodigarsi con coraggio per salvare vite umane, tanti ebrei e perseguitati politici, pagando le conseguenze con la reclusione nel carcere di San Vi ore a Milano. «Fu il cardinal Schuster a intervenire per la sua liberazione…»: tanti momenti particolari confluiscono nel fiume di sentimenti e racconti tramandati, accompagnati da qualche fotografia in bianco e nero che ritrae padre Aristide “partigiano” o pioniere in territori inesplorati, con i paramen-

L’AIUTO DAGLI ERBESI. Padre Aristide con l’imprenditore Luigi Farina e la moglie Franca. Ad ogni rientro in Italia gli erbesi si sono prodigati per sostenere la sua missione. ti da vescovo o in maniche di camicia fra gli indigeni di zone sperdute del globo, nella missione di Macapà in sella ad una delle prime Vespe in Amazzonia o in visita in Guinea, in Birmania, in Giappone…nel ruolo di Superiore generale del Pime. «Ut vitam habeant» è il mo o dello stemma episcopale di padre Aristide, realizzato dal pi ore erbese Giovanni Brambilla: «In quella breve frase del vangelo,

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PIONIERI Padre Aristide Pirovano nel suo primo viaggio in nave, attraversando l’Oceano, per raggiungere la missione di Marituba nelle foreste dell’Amazzonia.

“affinché abbiano la vita”, è espressa tu a la passione che ha animato la sua esistenza - nota Franca Farina mostrando lo stemma appeso ad una parete di casa - Anche le sue ultime ore, la mala ia che lo ha consumato, sono state vissute come un’offerta, una risposta a Dio, un ritorno a casa», aggiunge ricordando la stessa morte di padre Pirovano, avvenuta il 3 febbraio 1997 presso la Casa del Pime di Rancio vicino a Lecco, come una testimonianza di fede profonda, comunicata con la semplicità del suo sguardo sereno, del sorriso. «Sentiva che la sua vita era nelle mani di Dio sempre, in ogni a imo, e lo faceva continuamente venir fuori nelle cose normali, anche bevendo il caffè… gli piaceva il “resentin” (“resentare” in diale o significa risciacquare ndr), chiedeva il tradizionale goccio di grappa da bere nella tazzina appena usata per il caffè. Subito dopo fumava una sigare a… e se a volte qualcuno gli ricordava benevolmente che il fumo fa male, rispondeva con il solito sorriso: “Sono un povero peccatore, il Signore lo sa, mi conosce bene, quando vorrà mi aiuterà…”». Lo ricordano umile, ma anche molto risoluto quando si tra ava di indicare il nucleo essenziale della fede, i principi di un catechismo intramontabile, ricevuto e insegnato

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come una strada liberante e gioiosa per la vita: alla guida del Pime negli anni in cui gli influssi del Sessanto o tendevano a indebolire i veri cardini della testimonianza cristiana, padre Pirovano decise la chiusura del seminario teologico a Milano dove i “contestatori” tendevano a sostituire il vangelo con le ideologie dominanti. «Era umile, ma pieno di certezza, autorevole…per noi era un vero padre»: una vena di nostalgia a raversa tanti ricordi che il tempo non annebbia, ma sembra invece ravvivare nella mente dei numerosi “amici” che si sentono eredi del suo patrimonio di carità da custodire, far conoscere, ma anche accrescere sostenendo la continuità dell’opera missionaria a Marituba. Già il 3 giugno del ’97, a pochi mesi dalla sua morte, nasceva l’Associazione Amici di Monsignor Aristide Pirovano che ancor oggi continua ad alimentare il canale di aiuti destinati alle iniziative missionarie in Brasile, in particolare all’ex lebbrosario di Marituba ora affidato ai Poveri Servi della Divina Provvidenza di don Calabria. Ma l’intento dell’associazione nata a Erba 17 anni fa, a iva nel promuovere incontri ed eventi per raccogliere fondi - fra questi un’annuale cena natalizia che anche lo scorso dicembre ha ra-


Enrica Cavenaghi: «La testimonianza di padre Pirovano ha segnato la nostra vita ora tocca a noi far conoscere l’amore e la speranza che lui sapeva trasmettere» dunato oltre un centinaio di invitati - non prescinde mai dalla storia del missionario del Pime, dalle radici di fede e dal carisma che ha commosso anche Giovanni Paolo II quando, durante il viaggio in Brasile del 1980, incontrò i lebbrosi a Marituba. In quell’occasione, papa Wojtyla, di fronte a decine di lebbrosi dal fisico gravemente deturpato, ma immensamente grati e gioiosi per aver scoperto il senso della loro vita e di una vera fraternità, aveva infa i confidato: “Caro padre Aristide, sappia che io la invidio!” «La testimonianza di padre Pirovano ha segnato la nostra vita e ora tocca a noi far conoscere l’amore e la speranza che lui riusciva a trasme ere a quanti incontrava sul suo cammino» suggerisce la presidente Enrica Cavenaghi so olineando la continuità fra la vicinanza affe uosa di padre Aristide a tante famiglie di Erba, la condivisione di una storia locale che ha sempre sentito come propria, e l’impeto missionario che lo spinse a raggiungere popoli lontani, a rispondere a tante urgenze del mondo. Un libro promosso dalla stessa Associazione Amici di Monsignor Aristide Pirovano me e in luce questo aspe o nella vicenda del missionario definito già nel titolo “Il vescovo dei due mondi”: l’autore, il giornalista Mauro Colombo, originario di Erba, in una documentata e puntuale raccolta di notizie e testimonianze che abbracciano l’intera e lunga vita di Aristide Pirovano, me e a fuoco il forte collegamento proprio fra contesti tanto diversi e distanti. «La sua avventura continua oggi, vorremmo far conoscere a tu i il suo messaggio di fratellanza autentica, la speranza concreta trasmessa da padre Aristide anche in situazioni di estremo degrado nelle quali l’umanità sembrava aver perso ogni valore e dignità», afferma ancora Enrica Cavenaghi che con la famiglia Farina e gli “amici” dell’Associazione sta muovendo i passi per il riconoscimento della santità del missionario “ribelle per amore”, come lo ha definito il giornalista e scri ore padre Piero Gheddo nella biografia intitolata “Il vescovo partigiano». «Siamo dei privilegiati, perché la Chiesa è presente in mezzo a noi con la sua azione evangelizzatrice, catechistica, dire iva, di conforto…» aveva de o Adalucio, un uomo con mani e gambe completamente consumate dalla lebbra. Aveva de o così Adalucio, di sentirsi “un privilegiato” mentre esprimeva il benvenuto a Giovanni Paolo

GLI AMICI DI SEMPRE. Franca e Gino Farina (seduti) con padre Gheddo nel corso di una serata per ricordare padre Aristide e raccogliere fondi per la missione.

II in visita ai malati che fino a pochi anni prima erano relegati in un’anticamera dell’inferno. E che hanno sentito su di loro, sulle loro piaghe, uno sguardo d’amore, la tenerezza di Dio che ha cambiato il loro cuore, ha reso dignitosa e umana la loro esistenza. Questo è il sorriso che non deve spegnersi, che deve raggiungere ogni latitudine, da Marituba…a Erba.

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LA POESIA FA BENE ALLO SPIRITO E AL CORPO di Elisabe a Broli

L’attività comasca della Casa della Poesia. «Una forma di comunicazione che educa i sentimenti, aiuta a capire le persone che ci stanno accanto e soprattutto racconta a noi stessi chi siamo»

Giulio Giorello, Mario Santagostini e Laura Garavaglia

La poesia fa bene allo spirito e al corpo | Mag Febbraio 2014 | 93



Marco Rossi con Consuelo Gilardoni

F

acciamo un facile test, o una verifica, come si dice oggi nelle scuole. Di chi è la poesia “San Martino”, La nebbia a gl’irti colli/piovigginando sale/e so o il maestrale/urla e biancheggia il mar? Seconda domanda: quando è nato Giacomo Leopardi? È sufficiente l’anno. Terza e ultima domanda: Giuseppe Ungare i (Ma ina/M’illumino d’Immenso) è originario di Egi o, Tunisia o Marocco? Le risposte sono nelle ultime righe dell’articolo. Se avete risposto corre amente alle tre domande, o avete studiato ai tempi delle superiori oppure siete un amante della poesia; se il vostro punteggio è zero, è meglio correre ai ripari e cominciare a leggere “Poeti italiani del 900” di Pier Vincenzo Mengaldo, 1182 pagine per 51 autori. Già, ma a cosa serve secondo la logica dell’oggi, quella dell’informatica, di una nuova antropologia che insegna a vivere in fre a, tu o e subito, meglio se superficialmente, studiare poesia? Che vuole tempo per essere le a e compresa, e sopra u o amata. Bella domanda. Si potrebbe rispondere con un articolo dell’anno scorso del New York Times: si è chiesto non solo perché insegnare (e quindi dover studiare) poesia nelle scuole, ma anche perché il latino, la matematica, la filosofia? Il so ovalutare questa conoscenza è, secondo l’importante quotidiano statunitense, una delle cause dell’arretratezza socio-economica di molti Pesi poveri.

Giampiero Neri

Mary Barbara Tolusso

Carla Saracino

Alberto Nessi

Alain Veinstein

Ana Blandiana

Antonella Anedda

Ryszard Krynichi

La poesia fa bene allo spirito e al corpo| Mag Febbraio 2014 | 95


Allievi del Conservatorio di Como

Laura Garavaglia e Germain Droogenbroot

Vivian Lamarque

La poetessa Piera Mattei

Laura Negretti e Fatiha Morchid

Milo De Angelis

Milo De Angelis

Giampiero Neri

Patrizia Valduga

Roberta Dapunt

Laura Garavaglia

Maurizio Cucchi

Voliamo più in basso: «I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo», ha lasciato scri o Ludwig Wi genstein, filosofo e logico austriaco (1889-1951). In una poesia, in poche righe, c’è il pensiero dell’uomo, la sua storia, ci sono amore, odio, felicità, disperazione; un verso può condensare cento de agli che, nel loro insieme,

hanno il sapore della vita. Fa a appunto non di indimenticabili, eroiche imprese, ma di un banale quotidiano. Nel vivere c’è anche la poesia. Certo, per apprezzare un verso di Virgilio o una terzina di Dante; L’infinito di Leopardi o Emily Dickinson o un Giovanni Raboni, bisogna aver fa o un po’ di allenamento, non abbiamo nel Dna il gusto per una bel-

BasilioLuoni

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Consuelo Gilardoni

lezza più o meno ritmica. E, chi l’avrebbe de o? Rime ed endecasillabi piani, tronchi e sdruccioli, aiutano anche ad elaborare la sofferenza, rendendola più affrontabile. Il poeta si prende cura del linguaggio, ama le parole, il suono, la musicalità, «avverte qualcosa che va oltre la comunicazione immediata» come spiega Laura Garavaglia presidente della Casa della Poesia di Como e lei stessa poetessa. Ma si prende cura anche del le ore, e come si può dimenticare Umberto Saba, esploratore del legame che unisce la poesia al dolore umano? «La verità che giace al fondo/quasi un sogno oblato, che il dolore/riscopre amica. Con paura il cuore/le si accosta, che più non l’abbandona». La poesia «come la musica ed altre forme d’arte - continua Laura Garavaglia - suscita in noi sensazioni ed emozioni di piacere, aiuta a sentirci bene con noi stessi e con gli altri. Tra il poeta e il le ore si instaura un dialogo continuo, un processo di decantazione e approfondimento delle esperienze personali e nello stesso tempo un confronto con l’altro». Insomma, la poesia fa bene allo spirito e al corpo. Aiuta ad allontanarsi - è troppo usare il termine elevarsi? - dai mille problemi quotidiani che ci assillano e che non perme ono di cogliere il vero significato del nostro vivere: in ognuno di noi i “perché?” sono molti. La poesia come la le eratura, basta leggere Dostoevskij, racconta a noi stessi chi siamo. Educa i sentimenti, aiuta a capire le

persone con le quali interagiamo, moglie, figli, amici, conoscenti e sconosciuti. Ci fotografa nei nostri limiti ma anche nei nostri gesti migliori. Uno sca o quando siamo distra i. A Como le occasioni per parlare di poesia non sono poche. Sopra u o all’avvicinarsi della Giornata mondiale della Poesia. A Villa del Grumello si svolgerà il festival Europa in Versi,

dal titolo “Il suono e il senso: un’origine comune”: un buon modo per cominciare. Tenendo naturalmente il volume di Mengaldo sul comodino. (Risposte al test. San Martino è una poesia di Giousuè Carducci; Giacomo Leopardi è nato nel 1798 a Recanati; Giuseppe Ungare i è nato ad Alessandria d’Egi o nel 1888).

EUROPA IN VERSI IL SUONO E IL SENSO A marzo il Festival porterà a Villa del Grumello nomi autorevoli della lettereatura. Spazio alla musica con brani composti sul timbro di voce dei poeti presenti

P

oesia e musica: Giuseppe Conte, uno dei maggiori poeti italiani contemporanei, la poetessa Ida Travi, il grande poeta turco Tuğrul

Tanyol che ha cantato nei suoi versi la bellezza del lago di Como; Evgenij Solonovic, il maggior tradu ore e in-

Juan Vincente Piqueras

Anna Belozorovich

terprete della poesia italiana in

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russo; i poeti spagnoli, Juan Vicente Piqueras che reciterà sulle note del violino del famoso e versatile musicista Jamal Ouassini, José María Micó accompagnato alla chitarra dalla cantante Marta Boldú e la poetessa e scrittrice in lingua gallega e spagnola Luisa Castro; il poeta e scri ore portoghese João Carlos Abreu; la grande poetessa estone Doris Kareva saranno alcuni dei protagonisti della quarta edizione del Festival “Europa in versi. Il suono e il senso: un’origine comune” che si terrà sabato 22 marzo, a partire dalle 14.15, a Villa del Grumello a Como ,organizzato da La Casa della Poesia di Como. Del rapporto tra musica e poesia, delle analogie e differenze tra i due linguaggi parleranno due nomi autorevoli della cultura le eraria italiana:il critico le erario e docente universitario Giovanni Tesio, e il poeta e scrittore Maurizio

Cucchi. Sul tema “Leopardi e la musica”interverrà il critico Vincenzo Guarracino. Come ogni anno sarà aperta nel pomeriggio la Bo ega di poesia: il poeta Mario Santagostini offrirà gratuitamente preziosi consigli e suggerimenti a tu i coloro che scrivono versi e desiderano avere un parere autorevole. Ampio spazio sarà dato alla musica: gli studenti del Dipartimento di Musica Ele ronica faranno ascoltare al pubblico brani acusmatici composti sul timbro della voce di ciascun poeta, mentre quelli dei corsi di Musica Classica eseguiranno brani liederistici. Ci sarà un intervento del coro dire o dal giovane Dire ore d’Orchestra e compositore Alessandro Cadario e brani di musica lirica interpretati dal soprano Consuelo Gilardoni. Nella sezione dedicata ai giovani poeti saranno presenti Anna Belozorovich e

Consuelo Gilardoni

Laura Di Corcia. Ingresso libero. Ida Travi

Doris Kareva

Vincenzo Guarracino

Tugrul Tanyol

Giuseppe Conte

Luisa Castro

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Rosa Maria Corti

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di Emilio Magni Maggni

QUEL “PÖGIAA” ALLA SIGNORA LA DISAVVENTURA POCO GALANTE DI QUEL VILLANZONE DI NOME MASSIMIN Seduti a un tavolino del bar dove eravamo, come ogni giorno e in un gaudente ozio di pensionati, piacevolmente avvezzi a tirar mezzogiorno, era bello ascoltare l’amico Massimiliano, de o “Massimin” perché è personaggio arguto, affabulatore spiritoso e sempre pieno di ba ute colorate, lievi e spiritose di quel mondo contadino pieno di verve e di buon senso di cui sopravvive solo qualche ricordo. Ogni tanto “el Massimin” ci bu a dentro pure ricordi di avventure giovanili, di quelle che un tempo erano considerate trasgressive. Allora il suo “contarla su” diventa ancora più spiritoso. Però, un giorno e per una di quelle coincidenze di pensiero Massimiliano e io abbiamo deciso di abbandonare la congrega del bar. Poco dopo eravamo sulla scala mobile in salita di un grosso centro commerciale dove, ambedue avevamo pensato di recarci per alcuni acquisti la cui urgenza era improvvisamente scaturita dal nostro chiacchierare poco prima al bar. Era intervenuta anche un po’ di fre a quindi procedevamo rapidi sui gradini che già si muovevano per conto loro. Ma davanti erano ferme tre signore che chiacchieravano tranquillamente, una delle quali stava, ferma come un monumento, sul lato sinistro della scala, quello che dovrebbe essere sempre lasciato a disposizioni di quelli che hanno fre a. Nell’intento di passare, “el Massimin” ha accennato qualche approccio fa o di leggere, forse imperce ibili pressioni sulla spalla della signora. Questa però continuava a chiacchierare tranquillamente con le amiche e non si toglieva di mezzo. Allora cosa ha pensato di fare “el Massimin”? Ha tirato qua una sua ba uta presa dal vecchio mondo contadino di cui lui è do o cultore e dal quale proviene: come lui stesso si vanta. Con la delicatezza del caso, l’amico ha ulteriormente, ma con dovuta delicatezza, premuto la sua spalla a quella della signora e con tono di voce

che tentava di essere in più gentile possibile, nonostante la sua voce forte e un po’ rozza, le ha de o: “Pögiaa”, espressione diale ale che vorrebbe dire le eralmente “appoggiati”, ma in realtà significa “fa i più in là”. Purtroppo “el Massimin” non ha accompagnato la sua strana richiesta almeno con un “par piesè”. Ed è stato così che la signora, sostenuta dalle altre amiche, ha avuto una reazione verbalmente assai arrabbiata, accompagnata da espressioni come “ma come si perme e”, “villanzone, d’un villanzone”, “ma è questo il modo di tra are una signora?”. Quello sfrontato del mio amico ha accennato qualche scusa, ma senza alcun risultato. Poi, liberatosi il passaggio, se n’è andato speditamente mentre io, rimasto assai male, non sapevo se rimproverarlo a voce alta l’amico, o sostituirlo nelle scuse. Stavo però pensando pure di introme ermi con forza e spiegare alla signora offesa che, comunque quel “pögiaa” rivoltole, non era proprio, se preso per il verso giusto, una offesa ma addiri ura un’espressione di affe o, anche d’amore. Un tempo rivolgeva un amorevole “pögiaa” alla vacca il contadino quando si apprestava a compiere la mungitura e si infilava, con lo sgabello, tra una bestia e l’altra allineate nella stalla. Il mungitore appoggiava le fronte sulla coscia della mucca e le diceva “pögiaa”, ovvero “fa i più in là” , “fammi spazio per poterti mungere”. Per tu o questo bastava un “pögiaa”, pieno di amore e di riconoscimento. E la bestia spostava il suo “di dietro”. Era grande l’amore che i contadini avevano per le loro generose mucche. Ma proprio quando mi apprestavo a rendere edo a di queste verità la signora offesa, mi fermai di bo o, accorgendomi che stavo per fare una clamorosa “gaffe” , accostando la signora all’immagine della mucca. Me ne andai limitandomi a dire: “Lo scusi, è un vecchio ragazzo”.

Le parole che non tornano| Mag Febbraio 2014 | 101



Foto Luigi Corbetta e Andrea Butti/Pozzoni

«Il lago maestro» al Teatro Sociale ... e un tè benefico per Comocuore Sul palco, reti da pescatore e la storica Lucia del Plinio Prima replica al Gallio con il patrocinio de La Provincia

Cinquecento persone hanno gremito il Teatro Sociale di Como per la prima dello spettacolo “Il lago maestro”, il monologo di Giuseppe Guin con le musiche di Marco Fusi e l’ensamble composta da Mariella Sanvito al violino, Momir Novakovic alla Fisarmonica, Maurizio Aliffi alla chitarra e Valerio Della Fonte al contrabbasso. Molto apprezzate la danza di Silvia Lazzarino, la scenografia e i disegni luce di Domenico Cicche i. Di grande impatto e atmosfera le vecchie reti da pescatore di Gianfranco Luraschi e sopra u o l’antica Lucia di Plinio Bocche i. C’era un gran freddo e una gran nebEventi| Mag Febbraio 2014 | 103


bia, sul lago, alla vigilia del debu o. Eppure l’antica Lucia del Plinio ha navigato ugualmente da Faggeto Lario a Como e Silvano Te amanti è riuscito a portarla fin sul palco del Teatro Sociale, perché la Lucia doveva essere la vera protagonista e l’elemento essenziale e determinante della scenografia de «Il lago maestro». Lo spettacolo, prodotto da “Ideainpiù” di Oscar Masciari e Angela Ciceri, ha avuto la regia di Gianni Coluzzi e il patrocinio del quotidiano “La Provincia”.

104 | Mag Febbraio 2014 | Titolo articolo


REPLICA IL 28 FEBBRAIO AL TEATRO DEL GALLIO Vista la grande affluenza di pubblico alla “Prima” tenutasi il 16 gennaio al Teatro Sociale di Como e viste le numerose richieste, è stata programmata una replica, ancora in ci à, prima dell’avvio ufficiale del Tour 2014. Lo spe acolo andrà in scena venerdì 28 febbraio alle ore 21 al CineTeatro del Collegio Gallio, in Via Gallio1. Per info e prenotazioni: 333.9363281 email: info@ideainpiu.it

IL TÈ BENEFICO DI COMOCUORE Grande successo anche il dopo spe acolo, organizzato da Comocuore. Davanti a una tazza di tè, gli amici dell’associazione, si sono concessi un piacevole momento salo iero, come nella tradizione del Sociale negli anni Cinquanta. Tu i ammirati davanti alle teiere antiche e agli infusi preparati da Anna Maggia, dire rice della Maison Dammann Frères del marchio Illy.

Eventi | Mag Febbraio 2014 | 105



Foto Carlo Pozzoni

CINQUANT’ANNI D’AMORE

Cento coppie hanno celebrato le nozze d’oro Festa a Villa Olmo con il sindaco Mario Lucini I cinquant’anni di matrimonio festeggiati tu i insieme, nei saloni di Villa Olmo. Sono state cento (su 301 presenti in ci à e sposate da 50 anni) le coppie che hanno accolto l’iniziativa del Comune. Dopo la messa nella chiesa di San Salvatore, il pranzo di

gala nel salone d’onore di Villa Olmo accolte dal sindaco Mario Lucini che ha fa o personalmente gli auguri a tu i i partecipanti. Al termine a ogni coppia è stato regalato un sacche ino di confe i per celebrare la ricorrenza. Il pranzo per le nozze d’oro a Villa Olmo è ormai diventata una tradizione per il Comune di Como che invita ogni anno tu e le coppie che risiedono in ci à e festeggiano l’anniversario.

Eventi | Mag Febbraio 2014 | 107


di Gianfranco Casnati

Dalla Victory al “quatrass”

La storia della navigazione in una mostra di modellismo

Successo della mostra “La storia della nave nel modellismo” svolta nel Salone del Broletto dall’associazione comasca Navi Model Lario dal 18 gennaio al 2 febbraio scorsi. Tu a, ma proprio tu a la storia della navigazione raccontata da vere e proprie opere d’arte di Aldo Cappelle i, due volte campione del mondo, con la polena del vascello Victory di Orazio Nelson e il modello in scala del faro Inglese Fastnet Rock; Giovanni Sala, Francesco Quadranti, Herman Hennig, Saverio Pertusini, Mauro Maero, Paolo Dell’Olio, Gaetano Broggi e il più giovane mo108 | Mag Febbraio 2014 | Eventi

dellista, forse d’Italia, il dodicenne Guglielmo Martinelli. Tra gli o anta modelli esposti, le navi scuola della nostra Marina Militare (Palinuro, Vespucci e Corsaro II), il panfilo Ele ra di Guglielmo Marconi e tante altre imbarcazioni storiche. Una sezione è stata dedicata ai ba elli del lago di Como: tre modelli del Patria, recentemente restaurato, di cui uno con la ciminiera corta e ovale a striscia rossa degli anni 60/70, radiocomandato e in grado di navigare; il Concordia, il Milano. Non sono mancate le barche storiche del Lario: comballo, nav, betel (la lucia) e il quatrass.


Foto Carlo Pozzoni

Una vita a tutto campo Un libro ricorda Gigi Meroni Una sua gigantografia e tu i gli amici a ricordarlo: la nuovissima palestra dell’oratorio di San Bartolomeo ha accolto e salutato con favore la presentazione del volume “Gigi Meroni - Una vita a tutto campo”, edito da Carlo Pozzoni Fotoeditore e scri o dal giornalista comasco Pierluigi Comerio. Una palestra gremita di amici, a cominciare da coloro che hanno conosciuto e vissuto accanto al campione comasco scomparso a 24 anni in un incidente stradale a Torino. In via preliminare il sindaco, Mario Lucini, ha portato il saluto suo e dell’amministrazione tracciando un significativo ricordo del grande campione scomparso. E ad entrare immediatamente nell’atmosfera ha provveduto il cantautore comasco Luca Ghielme i che ha eseguito dal vivo la canzone “Gigi Meroni” scri a apposta per la “farfalla” granata e il cui cd è contenuto nel volume. A far gli onori di casa la sorella Maria Meroni, il cui contributo nella realizzazione del libro è stato fondamentale: alla sua disponibilità si deve, infatti, la gran parte del materiale fotografico inedito contenuto nel libro. Maria Meroni ha acce ato di me ere a disposizione una consistente mole di materiale iconografico di suo fratello calciatore, ma anche tantissimi e preziosi documenti che costituiscono delle autentiche rarità.

“Star” assoluta della presentazione di San Bartolomeo, l’ex compagno di squadra di Gigi Meroni nel Genoa e nel Torino, Natalino Fossati, che ha so olineato le grandi doti umane – oltre a quelle di atleta – del campione scomparso, soffermandosi nel racconto di numerosi e gustosi aneddoti riguardanti episodi vissuti in presa dire a: Fossati, infa i, è stato per oltre qua ro anni il compagno di stanza di Meroni nelle trasferte e nei ritiri. Tra i tanti interventi che hanno vivacizzato la piacevole presentazione. Da ricordare quelli di Domenico Mecu Beccaria e Giampaolo Muliari, rispe ivamente presidente e dire ore del Museo del Grande Torino di Grugliasco all’interno del quale un’intera sala è dedicata proprio a Meroni. Significative e cariche di commozione, infine, le testimonianze di Graziano Brenna e Giampiero Majocchi, entrambi legati a diverso titolo alla famiglia Meroni e al ragazzo stesso. “Gigi Meroni - Una vita a tu o campo”, è arricchito inoltre da una prefazione del grande giornalista sportivo Gianni Mura, da una postfazione dello scri ore torinese, Massimo Gramellini, appassionato tifoso granata e, come de o, da un cd con la canzone “Gigi Meroni” cantata dal cantautore Luca Ghielme i.

Eventi | Mag Febbraio 2014 | 109


di Gisella Roncoroni

Simposio del gusto al resort Castadiva È stata la famosa triglia, cucinata con cime di rapa e patate e con guazze o di provola affumicata e firmata dal re dei fornelli Antonino Cannavacciuolo a far calare il sipario sulla seconda edizione del “Simposio del Gusto” organizzata a dicembre dal CastaDiva resort di Blevio. In cucina si sono passati il testimone, in una se imana dedicata al gusto, ai sapori e allo street food volti noti come Davide Oldani con la sua cucina popolana, Massimo Spigaroli, Marco Sacco e Gianni D’Amato, entrambi due stelle Michelin.

110 | Mag Febbraio 2014 | Eventi


E ancora lo chef dei vip (ha cucinato per star che vanno da Madonna a Monica Bellucci, da Vladimir Putin a Rania di Giordania) Alessandro Circiello con Alessio Mecozzi, executive chef del resort di Blevio. Ultimi due appuntamenti con Andrea Berton che ha appena aperto il suo nuovo ristorante e Antonino Cannavacciuolo, il Gordon Ramsey italiano e conosciuto da tu i per le sue “Cucine da incubo». Quest’ultimo ha dato il suo consiglio ai ristoratori in tempi di crisi: «Puntare sulla qualità, restringere il menù, aggiornarlo più velocemente e puntare sui prodo i stagionali». Meno pia i, insomma, ma con variazioni molto più frequenti. I partecipanti alle cene hanno potuto vedere in dire a, a raverso uno schermo collegato in tempo reale con la cucina, la preparazione dei pia i. E, al termine della preparazione, hanno incontrato dire amente gli chef. Il simposio del gusto del CastaDiva è arrivato alla sua seconda edizione e i vertici del resort di lusso, stanno già pensando alla terza, che si terrà sempre in inverno. L’obie ivo degli organizzatori è infa i quello di allungare la stagione fino all’Epifania.

Eventi| Mag Febbraio 2014 | 111



di Serena Brivio

Un piumino per l’inverno I colori spaziano dal nero, beige, bianco, al blu, accanto al rosso, argento e sfumature oro Piumino: il capo più ricercato della stagione fredda. Un over iperfemminile, pensato non solo per l’alta quota, trendyssimo per andare in ufficio, prendere un aperitivo. Da indossare sopra un tubino nero per andare a un concerto o a una mostra d’arte. Come dev’essere però questa stagione? Massima libertà: unito o fantasia, di gusto retrò o techno. Moncler Gamme Rouge ha declinato la versione cappa cocoon con inserti in lana check, ci sono poi i parka di Etro e Rag & Bone, i giubbo i effe o quilt di Belstaff dal mood urbano, i duvet “peso piuma” modello kimono di Blugirl, i micro bomber sporty animalier di Clements Ribeiro fino alla versione più avant garde di Sacai che fonde il concept di giubbo o trapuntato con quello di blazer. I colori spaziano dal nero, beige, bianco al blu brillante o rosso. Accanto, argento e sfumature oro. Dominano le stampe: paesaggi nordici, motivi maculati, zebrati e militari, disegni astra i e geometrici.

L’imprimé più spe acolare? Quello che simula la pelliccia, incorniciato da pelo vero, very luxury.

Idee (s) fashion | Mag Febbraio 2014 | 113


di Carla Colmegna - c.colmegna@laprovincia.it

Dalla parte dei cattivi L’inizio di un cammino verso una vita nuova Il libro non è uno di quelli facili, ma di quelli che lasciano il segno nella memoria per densità di contenuti e di emozioni che offrono al le ore fin dall’introduzione.

Si capisce subito che ci si sta per imba ere in una storia che terrà impegnati, concentrati e che non ammetterà distrazioni. Brava l’autrice a tenere il le ore lega-

SCRIVIMI D’AMORE Le mail, la virtualità, la realtà e su tutti questi elementi l’amore. E’ costruito così il libro della scrittrice comasca, erbese, Alina Rizzi, da sempre affascinata dai temi che riguardano il sentimento. «Vorrei essere soltanto testa e pensiero, raziocinio ed equilibrio. Chiara, pacata e risoluta. Ma tu mi scateni dentro una tempesta! Sei un uragano, un vento impetuoso che non so domare né contrastare». Basta questa frase per far capire al lettore la passione e l’entusiasmo travolgente che l’autrice vuol cercare di fare arrivare a chi legge; un entusiasmo e una gioia, che può essere anche dolore, provata da due amanti che si incontrano in libreria. Una vicenda che ben si adatta al momento dell’anno in cui viene pubblicato, febbraio, il mese degli innamorati. Il libro della Rizzi sarà in libreria dal 12.

to alla vicenda, che non è mai leggera, ma che si libera e vola nel finale. Al suo esordio, Hariel Asia Agnoli interpreta l’ansia, i timori e la paura di vivere che può essere di molti, di tanti in crescita. La protagonista per gran parte del romanzo si sente piccola, quasi un’Alice nel paese delle meraviglie dove, le meraviglie, almeno all’inizio, sono troppo difficili da individuare e capire. Per iniziare la sua camminata verso una vita nuova deciderà da subito di cambiarsi il nome, ma anche in questa decisione non sarà da sola, ma avrà bisogno della spinta di qualcuno che vede più grande di lei e che la spinge su un trampolino. Ma lanciarsi sarà impegnativo.

Scrivimi d’amore Alina Rizzi Leoneeditore collana Satura 128 pag., 10 euro

STRANI AMORI Si intitola “Strani amori” ed è scritto da Vittorio Nessi, pm a Torino, scrittore ma prima ancora magistrato per oltre vent’anni a Como. L’autore prende spunto dai tanti processi vissuti e racconta come in Corte d’Assise si vivano storie di amore, non sempre felice, e di morte. Ogni fatto raccontato nel libro prende spunto da vicende vere, fatte emergere ed elaborate nei processi, un libro che dà voce a un pubblico ministero che indaga se stesso, facendo i conti con il male che il lavoro in tribunale gli ha più volte messo davanti. “Strani amori” Vittorio Nessi Robin Editore, 266 pag., 15 euro

114 | Mag Febbraio 2014 | Scaffale

“Dalla parte dei cattivi” Hariel Asia Agnoli Vertigo, 309 pag., 16,90 euro


di Luca Meneghel

Schignano: Carnevale ma non solo maschere È un paese di mille anime arroccato sopra Brienno e Argegno. Ma una volta all’anno, in occasione del Carnevale, Schignano si trasforma in una piccola Venezia lariana con le strade invase dalle maschere dei bèi e dei brùt, i belli e i bru i, e migliaia di turisti che si accalcano nella piazza principale del paese per godersi lo spe acolo. Una tradizione secolare ben documentata dal sito Carnevale di Schignano (http://carnevaledischignano.it), un portale gestito - e sempre aggiornato con le ultime novità - dagli organizzatori della manifestazione: l’amministrazione comunale, l’associazione M.a.sch.e.r.a (acronimo azzeccato che sta per Mascherai Artisti Schignanesi Estimatori Ricercatori Associati), la Pro Loco, ma anche l’asilo e le scuole del paese. Del resto a Schignano, si legge sul sito, tu i “si danno da fare con passione per fare del Carnevale, dei suoi personaggi, della sua storia e delle sue tradizioni un appuntamento clou non solo per il territorio comasco ma, nel panorama dei carnevali, per tu a Italia e non solo”. Il Carnevale di Schignano non è una semplice sfilata di maschere. La manifestazione segue infatti l’antica tradizione della contrapposizione teatrale tra due ordini di personaggi: i bèi e i brùt, chiamati a recitare in piazza e per le vie del paese. Utile guida al Carnevale, con tanto di fotografie, è rappresentata dunque sul sito dalla sezione “Personaggi”: qui vengono presentati il Brùt, rappresentazione del povero costre o a vivere di pastorizia o ad emigrare per mantenere la propria famiglia, il nobile ed elegante Mascarun, sua moglie la Ciocia, i Sapeur e la Sigurtà. Senza dimenticare il Carlisepp, il fantoccio rappresentante il Carnevale incendiato tradizionalmente nel rogo finale del martedì grasso, a mezzano e, in piazza San Giovanni. Le ultime novità sull’organizzazione

dell’evento sono raccolte nella sezione News, mentre una pagina ospita il programma ufficiale della manifestazione per non perdere neppure un passaggio dalla prima sfilata al rogo del Carlisepp. Chi non fosse mai stato a Schignano nei giorni del Carnevale potrà rifarsi gli occhi consultando la Galleria, una sezione che contiene centinaia di fotografie scattate nel corso delle passate edizioni. Il sito me e anche a disposizione un indirizzo email (info@carnevaledischignano. it) al quale inviare le proprie fotografie. Molto ricca è poi la pagina che raccoglie i video - disponibili anche su YouTube ripresi in dire a per le strade del paese; sempre qui è possibile ascoltare integralmente “El Carnevaal de Schignan”, la canzone scri a da David Van de Sfroos e contenuta nel suo album “Yanez” del 2011. Completa il portale una sezione contenente materiale informativo. Qui è possibile trovare una brochure sulla storia del Carnevale di Schignano, utile anche come guida da scaricare sul proprio

smartphone, e una guida al paese: non manca un ricordo di Giuseppe Peduzzi, il ci adino di Schignano che nel 1912 in Inghilterra si imbarcò sul Titanic per cercare fortuna nel Nuovo Mondo; ora una targa lo ricorda all’ingresso del cimitero. A tenere vivo lo spirito del Carnevale di Schignano, in ogni caso, è anche Facebook. Qui c’è un gruppo - si trova facilmente scrivendo “Carnevale di Schignano” nella barra di ricerca - che conta più di cento partecipanti che si scambiano impressioni, informazioni e immagini per tu o l’anno; molti, su questa pagina, pubblicano anche fotografie di maschere sca ate in giro per il mondo.

SEGNALAZIONI DAVIDE VAN DE SFROOS www.davidevandesfroos.com Il sito del cantautore comasco che ha dedicato una canzone al Carnevale di Schignano CARNEVALE CANTURINO www.carnevalecanturino.it Il sito del Carnevale di Cantù, un’altra manifestazione molto sentita sul territorio COMUNE DI SCHIGNANO www.comune.schignano.co.it Il sito ufficiale del Comune, nella sezione turismo, contiene una storia dettagliata del Carnevale di Schignano Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.

Navigazioni lariane | Mag Febbraio 2014 | 115


di Bernardino Marinoni

Il capitale umano e la città vetusta Il discusso film del regista Paolo Virzì In scena Como e i resti del Politeama Imprevedibilmente appropriata: la location del discusso film di Paolo Virzì “Il capitale umano” a Como, sostanzialmente l’esterno e gli interni del teatro Politeama, non manca di fascino, è perfino bella, s’intende per ciò che della storia vi si deve incastonare sullo schermo. Non è soltanto un teatro in stato di abbandono, è il deposito di una speranza - di rinascita - sul limitare tra velleità e illusione che insinua una vaga a esa anche tra gli spe atori: le poltrone sono impolverate, ma a orno alla platea c’è qualche impalcatura tubolare a suggerire possibili lavori in corso, il che nella

realtà se non altro può considerarsi di buon auspicio. In questi termini, però, “Il capitale umano” scavalca la questione del Politeama. Il film invece mostra la capacità del cinema di me ere a fru o un ogge ivo residuato e dal punto di vista scenografico il vetusto Politeama adempie la funzione per la quale era subito risultato positivo il sopralluogo del regista dopo l’assennato suggerimento di uno degli a ori, il comasco Franco Maino che nel film è l’a empato signor De Marchis, impresario dell’immaginario teatro, ormai so o pressione di chi vorrebbe trasformare

Bettina Pontiggia e Franco Maino i due volti comaschi con Virzì «Vivo in provincia di Como, qui sono nata e cresciuta. Mi considero una mezza brianzola. E soprattutto sono la costumista del film di Paolo Virzì». Non è una difesa d’ufficio quella che Bettina Pontiggia fa di “Il capitale umano”, ma, «un po’ da brianzola, un po’ da comasca e un po’ da costumista», un appassionato invito ad attenersi al merito della storia: «Un film è un film, inutile cercare riscontri nella realtà. È Nord, punto». La geografia invece interessa quando accade - e non è proprio frequente - che due comaschi si incontrino sul medesimo set (e che nel caso del film di Virzì la costumista, Bettina Pontiggia appunto, amplifichi l’indicazione di un attore, Franco Maino, per una certa possibile ambientazione – il Politeama di Como). Ma scorrendo la filmografia della costumista si scopre che era già accaduto: Bettina Pontiggia è con un altro attore comasco, Diego Gaffuri, in Canton Ticino per “La valle delle ombre” (2009) di Mihàly Gyoerik, non unica presenza della costumista in una produzione internazionale anche se la sua ormai ultradecennale carriera professionale si è sviluppata in Italia dove la collaborazione con Virzì, per esempio, risale a “Caterina va in città” (2003) e sono suoi i costumi di un paio di film con Aldo Giovanni e Giacomo (“Tu la conosci Claudia?”, “La banda dei Babbi Natale”).

quel Politeama in una banca, un condominio o un supermercato. In un paio di sequenze Maino affianca Valeria Bruni Tedeschi, che senza il (vero) Politeama (e quanto all’insegna bisogna ricordare che non c’è in Italia intitolazione più diffusa di quella per una sala teatrale) la parte di cui l’a rice è interprete non avrebbe con tu a probabilità portato a Como. Il film ve la conduce invece con un elegante montaggio che dal pieno centro di Varese, per chi conosce i luoghi, sposta l’azione in via Garibaldi a Como. Senza che se ne pronuncino i toponimi, beninteso. A stabilire una timida relazione tra le due ci à, nell’ambito dello spe acolo, potrebbe essere, per chi se ne ricorda, Sylva Koscina. «A Varese prima cinetroupe dai tempi di Sylva Koscina» fece sapere Virzì medesimo. L’attrice in “Homo eroticus” di Marco Vicario - sogge o originale e sceneggiatura di Piero Chiara - fa l’imprenditrice varesina, in tempi successivi sarebbe stata la “diva” dell’ultima rivista allestita al comasco Politeama: al clou sbucava “biotta”, come ai tempi del varietà i recensori del genere amavano scrivere, dalle valve di una grande conchiglia, alla maniera di una Venere, tra le scalmane del pubblico. “Il capitale umano” non rappresenta tanto un luogo quanto un tempo, l’attuale. Dunque le sequenze del film girate a Como (con puntuale ringraziamento al Comune espresso nei titoli di coda) sono da considerare per l’utilizzazione cinematografica, che non poteva essere migliore, di un’infrastru ura e non ovviamente a fine “cineturistici”. Perciò Paolo Virzì non ha (nemmeno lo voleva) collocato Como nel suo film, ma a Como ha portato la macchina da presa. E del fa o è lecito compiacersi.


di Marinella Meroni

Anche a quattro zampe La crisi della mezza età Le ultime ricerche dimostrano che gli animali risultano essere sempre più simili a noi. Secondo un nuovo studio dell’Università di Edimburgo oranghi, scimpanzè e altri primati a metà della loro vita soffrirebbero di una vera e propria crisi di mezza età, un periodo di scontentezza, che si manifesta con la diminuzione dei comportamenti associati al benessere e alla loro felicità, proprio come nell’uomo. Lo studio è stato condo o a raverso questionari distribuiti al personale di vari zoo, in cinque paesi del mondo (Canada, Giappone, Stati Uniti, Australia e Singapore), che si sono presi cura per molto tempo di oltre 500 tra scimpanzé, oranghi e altri primati. Nei test veniva chiesto di indicare lo stato di salute delle grandi scimmie, l’umore generale, se cercavano e gioivano della compagnia dei loro simili e anche di immaginarsi di me ersi nei panni dell’animale e quantificare un livello di felicità. I dati sono stati poi riportati dai ricercatori su un grafico che ha evidenziato una curva che scendeva a circa metà della vita dell’animale, per risalire nuovamente in età avanzata: la stessa curva a U rilevata negli studi destinati alle varie fasi della felicità della vita umana. Il risultato ha così dimostrato come a mezz’età i primati siano meno allegri e sereni che in gioventù o in vecchiaia. Dichiara Alexander Weiss, autore della ricerca ed esperto di psicologia dei primati alla University of Edinburgh : «Bisogna fare un passo indietro e chiedersi se alla base di tu o ciò non vi sia qualche processo di tipo evolutivo. Il fa o che il medesimo fenomeno si rilevi nei primati, sia umani che non, ci porta a tu a una serie di possibili spiegazioni. Benché in genere l’espressione “crisi di mezza età” indichi una condizione negativa, un senso di depressione e scontentezza rispe o alla propria vita e a ciò che ci si aspe a, evolutivamente parlando può avere un risvolto positivo. A orno alla metà della vita, sia gli esseri umani che le grandi scimmie hanno accesso a maggiori risorse rispe o a quando si è giovani, ciò rende più facile conseguire degli obie ivi. Il senso di malcontento potrebbe essere un modo con cui la natura ci incita a “ba ere il ferro finché è caldo”. Magari ci fa star male, ma è possibile che il cervello ci ‘inganni’ per cercare di migliorare la nostra condizione, lanciandoci dei segnali per spronarci a dare il massimo quando siamo ancora al meglio delle nostre possibilità. Penso che sia un messaggio forte e positivo». Quindi secondo gli scienziati le crisi dei quaranta-cinquantenni umani potrebbero, almeno in parte, avere una spiegazione biologica ed evolutiva, e non legata da fa ori economici, di successo sociale o professionale.Sapere che a un certo punto della vita un calo della nostra felicità sia un fa o naturale e temporaneo potrebbe aiutarci a gestire meglio questo periodo. Inoltre aiuterebbe anche chi ha cura degli animali a migliorare le loro condizioni di vita, sapendo che in questo momento della loro età hanno bisogno di maggiori a enzioni e coccole. Le nuove ricerche hanno messo in evidenza che l’uomo non è poi così diverso dagli animali, già in passato il Dr.Weiss aveva studiato il rapporto fra personalità e la felicità negli scimpanzè e negli esseri umani, il risultato è stato sorprendente in merito a quanto ci accomuna alle grandi scimmie. La ricerca sta proseguendo e ora lo scienziato ha intenzione di studiare l’impa o di altri fa ori come il sesso e i rapporti sociali, affermando: «Spero che questi studi me ano in evidenza quanto possiamo imparare dai nostri ‘parenti’ più prossimi».



di Rocco Lettieri

Il crotto del sergente A Lora una terrazza open air sui monti in stile rustico, ambiente familiare e slow, cucina semplice e prodotti a km “0”. Al cro o del sergente a farla da “patron” non è l’ambiente, la terrazza, la cucina, ecc, ma i due personaggi: Massimo Croci, conoscitore di vini e cultore del territorio in termini enogastronomici. Riccardo Manzoni chef lecchese di Imbersago inventa giorno via giorno con una passione innata che lo porta a dare spazio alla creatività, che nessuno si aspe erebbe di trovare in uno storico “Cro o”, l’unico rimasto nel giurisdizione della ci à comasca. La storia del Cro o ha origine antichissima. Fin dal ‘700 venne utilizzato come tale. Un ambiente esclusivo, molto personale, con due calde sale e arredate con cura. Al piano superiore ci sono spazi riservati per organizzare eventi privati per pranzi o cene per anniversari e cerimonie. Due sale: la Sala dell’Amicizia per accogliere 44 persone in un tavolo unico o 54 persone con tavoli separati e la Sala Camino, più riservata, con un unico tavolo per 15 persone. La cantina, visto gli esigui spazi, non esiste, ma numerose sono le bo iglie a vista posizionate sugli scaffali posti lungo le pareti; vini sopra u o del territorio per percorrere e approfondire la conoscenza delle produzioni locali e poi di tu e le regioni italiane, anche con etiche e di piccoli e qualificati produttori, con un occhio di riguardo al rapporto qualità/prezzo. La cucina è espressione di tipicità, di ricerca e di raffinatezza. La fantasia, ma sopra u o un approfondimento delle materie del territorio hanno trasformato le idee più classiche in fantasiose. Il menù cambia ogni mese. Il Cro o del Sergente, ha fa o il suo ingresso da poco nell’associazione “Slowcooking, cucina e cultura del territorio”. E’ a ivo il sito con le date

di svolgimento delle 14 tavole: www. slowcooking.it A Massimo Croci in sala danno valido aiuto Alessandro Morza e Massimo Rossi. I due chef che invece stanno ai fornelli con Riccardo, sono i giovani Bruno e Giovanni che anche a pieno regime riescono a combinare la qualità delle materie prime con piatti tradizionali pieni di creatività, quali ad esempio, per una cena tra amici: “Sformato caldo al Radicchio Trevisano con cosce e di quaglia glassate al vino rosso, oppure “Arancino di pizzoccheri con crema di verze”; tra i primi: “Tagliolini freschi di grano saraceno con ragout di pecora brianzola e carciofi (Presidio Slow Food ®)” o anche “Tagliolini alla carbonara di lago con missoltino e anguilla affumicata” (Presidio Slow Food ®).

Nei secondi: “Tagliata di cervo con pera caramellata e composta di mele rene e e zucca” e per chi vuole pesce: “File o di salmerino spadellato con purea di indivia belga”. In chiusura i formaggi dei territori alpini delle nostre vicinanze: Val Menaggio e Valsassina. Peccare alla fine è un diri o. Infa i, dal menù: “I peccati del Cro o - i nostri Dolci fa i in casa”. Il menù, in continua evoluzione, cambia di mese in mese. In Febbraio e Marzo, tu i i giovedì sera “Bollito misto piemontese”. CROTTO DEL SERGENTE via Cro o del Sergente, 13 22100 Località Lora - Como Tel. 031 283911 info@cro odelsergente.it www.cro odelsergente.it

I consigli dello chef| Mag Febbraio 2014 | 119


di Pietro Cantone

«Dottore, il mio bambino si è riempito di macchie!» Tutti i rimedi per guarire l’orticaria e anche qualche pregiudizio da sfatare L’orticaria. Che cos’è? L’orticaria è una mala ia molto frequente caratterizzata da prurito e “pomfi” di varia forma e dimensione che rapidamente scompaiono per poi ricomparire in sedi corporee diverse. Esistono due forme di orticaria: l’orticaria acuta che dura meno di 6 se imane e l’orticaria cronica in cui i sintomi si ripetono per più di 6-8 se imane. L’orticaria è sempre una mala ia allergica? I genitori dei bambini con orticaria si rivolgono al pediatra richiedendo test allergologici nella convinzione che l’equivalenza orticaria = allergia sia un principio assoluto. In realtà non è così, anzi molto raramente l’orticaria è un evento allergico. Nei rari casi di orticaria allergica l’eruzione compare entro 15-20 minuti dalla loro assunzione. Il rapporto è tanto ne o che è la madre a identificare l’alimento o il farmaco responsabili. Nella maggior parte dei casi invece la causa non e’ un’allergia. Nell’orticaria acuta la causa più frequente è un infezione da virus o batteri occorsa nelle due settimane precedenti . Spesso il virus può agire in associazione con i farmaci assunti ed i loro additivi. Nell’orticaria cronica l’allergia non è quasi mai in causa: i test allergologici sono quasi sempre negativi. Le cause dell’orticaria cronica spesso non sono accertabili (orticaria cosidde a idiopatica). Frequenti sono anche le orticarie “fisiche”: l’orticaria da freddo, acqua-genica, da pressione, da caldo, da “dermografismo” Qualche volta, infine, l’orticaria cronica è collegata a focolai di infezione dentaria o dei seni paranasali o dell’apparato urinario o

dell’apparato gastrointestinale. Sono utili gli esami ? In occasione del primo episodio di orticaria acuta non sono necessari accertamenti diagnostici dato che si tratta di una malattia benigna a risoluzione spontanea. Accertamenti devono essere eseguiti in quei rari casi in cui si sospe i un’origine allergica. In caso di orticaria fisica è possibile eseguire test specifici (cube o di ghiaccio per l’orticaria da freddo, pesi per l’orticaria da pressione, corsa o altro per l’orticaria da caldo, stimolazione della pelle con una punta smussa per il dermografismo etc.). Nel caso dell’orticaria cronica possono essere eseguiti accertamenti alla ricerca di focolai di un’infezione nascosta, di parassiti intestinali o di germi come l’Helicobacter pylori . Talora gli accertamenti possono essere completati con test di provocazione (prove pratiche in assenza di esami di laboratorio disponibili) con additivi alimentari o con test per l’autoimmunità (Test dell’autosiero) o con esami specifici per escludere la coesistenza di mala ie della tiroide o della celiachia L’orticaria è pericolosa? L’orticaria non è quasi mai pericolosa; dobbiamo allarmarci solo quando si presenta associata ai sintomi di anafilassi come voce bassa, ostruzione alla gola, affanno, respiro si-

Dott. Pietro Cantone

bilante o sensazione di malessere o di mancamento, sudorazione fredda, pallore o polso accelerato. L’orticaria se è pericolosa lo è fin da subito, altrimenti non lo sarà più. Come si cura l’orticaria ? Il trattamento dell’orticaria è rappresentato dagli antistaminici per 7-15 gg. L’uso del cortisone va limitato alla presenza di angioedema o nell’orticaria cronica. È importante sapere che l’orticaria può continuare a ripresentarsi per più giorni nonostante la terapia in atto. Nella forma cronica si possono usare anche due antistaminici contemporaneamente a dosaggi elevati. Le diete nell’orticaria sono raramente utili. Nell’orticaria acuta può essere però utile escludere gli alimenti cosiddetti ricchi di istamina ed istamino-liberatori.

dottorpcantone@gmail.com

Medico Chirurgo, Specializzato in Pediatria e Puericoltura ed in Immuno-Allergologia Responsabile dell’Ambulatorio di Allergo-Immuno-Pneumologia Pediatrica Azienda Ospedaliera S.Anna-Como

120 | Mag Febbraio 2014 | Il bello della salute



di Tiziano Testori

Ortodonzia: disgiunzione del palato nei bambini Ecco tutto quello che i genitori devono sapere per prevenire e curare questa malformazione In ortodonzia una delle terapie sicuramente più consolidate e diffuse è quella della disgiunzione del palato nei bambini in età compresa dagli 8 ai 12 anni. Molti bambini in corso di crescita presentano delle dimensioni del palato che sono rido e rispe o alle dimensioni dell’arcata dentaria inferiore e all’osso che lo sostiene ossia la mandibola. L’esempio semplice ma efficace che si può utilizzare per spiegare la scelta di una disgiunzione è quello del coperchio troppo piccolo (il palato) per la pentola so ostante (la mandibola). Il palato è formato da due parti unite sulla linea mediana da una sutura che si ossifica molto tardi oltre i 14 anni di età. L’Ortodontista applica un apparecchio fissato ai denti che stimola l’allargamento della sutura in senso trasversale mediante l’a ivazione di una piccola vite. La sutura può essere espansa fino a 9-10 mm o enendo l’allargamento del palato di 4-5 mm per lato in poco più di 4-6 se imane, che porta ad avere un palato più ampio che consentirà la formazione di un’arcata dentaria più equilibrata e spesso con più spazio per tu i gli elementi dentari. Inoltre è stato spesso dimostrato come l’aumento dell’ampiezza palatale migliori le condizioni respiratorie delle vie aeree superiori per una maggiore pervietà delle fosse nasali che si crea con l’aumento dei diametri trasversi

del palato. Bambini che soffrono molto di otiti ricorrenti sopra u o in fasce di età molto piccola (dai 4 ai 6 anni), spesso hanno associato un palato piccolo, alto e arretrato, la cosidde a ipomaxilla (o palato ogivale) nei tre piani dello spazio. L’allargamento del palato e la stimolazione della crescita antero-posteriore dell’osso mascellare oltre a migliorare le funzioni del cavo orale, migliora il drenaggio delle secrezioni dell’orecchio diminuendo la frequenza delle otiti e i rischi associati a questa patologia se sono molto frequenti nel corso dell’anno. Il palato si può espandere anche dopo i 14-15 anni perché l’ossificazione della sutura mediopalatina è un fenomeno sogge ivo, infa i l’allargamento del palato è documentato an-

Prof. Tiziano Testori www.tizianotestori.eu

Dott. Giovanna Perrotti www.giovannaperrotti.it

Professore a contratto Università degli Studi di Milano

Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Specialista in Ortognatodonzia

122 | Mag Febbraio 2014 | Il bello della salute

che nella le eratura scientifica medica. Qualora fosse necessario procedere a questo tra amento dopo i 14/15 anni c’è inoltre la possibilità di intervenire chirurgicamente. Fortunatamente oggigiorno si applica molta prevenzione della malocclusione dentaria di tipo scheletrico. Ecco perché sempre più spesso i nostri piccoli pazienti sono so oposti al tra amento di allargamento del palato che risulta efficace e ben tollerato dal bambino. Bisogna ricordarsi che la disgiunzione palatale spesso non è l’unica terapia per i nostri piccoli pazienti e che il percorso ortodontico è talvolta lungo e complesso. Richiede un’a enta valutazione della crescita delle ossa del viso e della situazione dentale perché i due aspe i spesso vanno sempre

considerati insieme. Come il pediatra monitora lo sviluppo del suo piccolo paziente, l’ortodontista segue e modula la crescita ortopedica della mascella e della mandibola per favorire un’armonia ed un’estetica dento-facciale.


di Franco Brenna

Anche i denti hanno un…cuore! I consigli: tenere sotto controllo il colesterolo, non fumare, camminare a passo veloce tutti i giorni e anche un po’ di relax

Non preoccupatevi, non sono buoni i denti. Sono subdoli. Possono sorridere, possono stuzzicare, affascinare, ammiccare, mordicchiare, contribuire ad eme ere un fischio…ma buoni no. Neanche per i dentisti. Nel migliore dei casi ci accompagnano per tanti anni, raramente per tu a la vita, combinandone un po’ di tu i i colori a seconda del patrimonio genetico di ognuno di noi, di come li tra iamo, di come li puliamo, di come i dentisti li curano o li maltra ano. Tu avia… i denti hanno comunque un Cuore o più precisamente devono sapersi “prendere cura” del Cuore. Cercherò di essere meno enigmatico, e, anche da parte mia, meno subdolo! Un premessa: quando parlo di denti mi riferisco a tu o l’apparato stomatognatico (parolona!) che comprende, oltre le sacre zanne, i tessuti gengivali, il tessuto osseo di supporto ai denti, le mucose, il cavo orale in genere con tu i i suoi abitanti: buoni e ca ivi. La notizia è questa (e dalle seguenti rivelazioni/conferme ne saranno felici gli amici di Como Cuore!): «I ba eri

presenti in bocca possono avere ripercussioni su tu a la nostra salute. Al momento è accertata la relazione con le mala ie cardiovascolari». L’affermazione viene dal noto mensile Focus, febbraio 2014, che concentra un bel redazionale sul “Formidabile, insostituibile spazzolino”. Se da una parte si introduce il tarlo, ancora da dimostrare scientificamente, che un ba erio, il Porphyromonas gingivalis, è stato rinvenuto in parti di tessuto cerebrale di pazienti colpiti da mala ie degenerative quali la demenza senile dopo che erano già stati accertati i medesimi ba eri, responsabili di tenaci e fastidiose gengiviti, anche in sogge i affe i da mala ia di Alzheimer, e non solo, si è evidenziato il fa o che in pazienti affe i da mala ie parodontali ( quelle che colpiscono gengive e osso di supporto ai denti) vi è un aumento del rischio cancro nei confronti del pancreas e del colon, dall’altra si può affermare, con evidenza scientifica, la ne a correlazione tra mala ie dei tessuti peri dentali e la patologie cardiovascolari. Lo sostiene e lo avvalora un caro amico, il prof. Roberto Weinstein,

DOTT. FRANCO BRENNA

dire ore del Servizio di Odontostomatologia dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, quando avverte: «Le sostanze che si producono dall’interscambio capillare in terreni infe i quali quelli delle parodontiti, migrano a distanza andando ad arricchire e a super infe are territori vitali quali le arterie e capillari del tessuto cardiaco e/o cerebrale facendosi partecipi nella formazione e nell’aumento delle placche aterosclerotiche con gravi conseguenze quali l’infarto del miocardio o l’ictus». Se da queste notizie aggiungiamo che patologie sistemiche o stili di vita alterati quali il diabete e il Ffumo aumentano sia le placche aterosclerotiche che il rischio di mala ia parodontale… il cerchio si chiude. Quindi, cari amici lettori, seguite i consigli di ComoCuore e del vostro dentista se vorrete avere vita più lunga, invecchiare con leggerezza e mantenervi i denti in bocca fin quando il buon Dio vorrà tenervi su questa bella terra: 1) Tenete so o controllo il colesterolo, la pressione del sangue, la glicemia. 2) Sme ete di fumare. Fate Quaresima. 3) Camminate a passo deciso 30 minuti al giorno. 4) Controllate semestralmente dal dentista la salute delle vostre gengive. 5) Rilassatevi guardando il lago di Como.

francobrenna@frabre.it

Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia. Professore a Contratto presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Libero Professionista in Como

Il bello della salute| Mag Febbraio 2014 | 123



di Eugenio Gandolfi

Anche il laser in campo contro gli accumuli di grasso

Le tecniche di cui la chirurgia e la medicina estetica si servono per combattere gli accumuli di grasso localizzati sono sempre più raffinate ed efficaci. Accanto alla tecnica classica della lipoaspirazione, e a quella, molto interessante, della criolipolisi, ossia della distruzione delle cellule grasse tramite il freddo (di cui abbiamo parlato in altri articoli), anche il laser, questo prodigio della tecnica che sta rendendo straordinari servigi alla bellezza e al benessere di donne e uomini di tu i i continenti, offre il suo contributo prezioso. La laser-lipolisi, infa i propone – rispe o alla liposuzione classica – una serie di vantaggi davvero notevole. Innanzitutto è una metodica meno traumatica e più precisa. Il laser infa i è uno strumento con cui si può “mirare” con esa ezza alle cellule adipose, senza toccare i tessuti circostanti. In secondo luogo è meno invasiva. In terzo luogo, infine, è ambulatoriale, poco dolorosa, e con complicazioni molto rare.

Ma come funziona? Mediante piccole incisioni di 2-3mm massimo, vengono inserite so o la pelle delle zone da trattare alcune sonde laser miniaturizzate che vanno a colpire con grande precisione le cellule adipose “rompendone” le membrane e facendo così uscire gli adipociti (ossia la materia grassa) che si disperdono, venendo poi eliminati per via naturale, oppure aspirati via con micropompe. Contemporaneamente, il laser coagula anche i piccoli vasi intorno alla zona tra ata, limitando così anche il sanguinamento. Infine (e anche questo è un altro vantaggio, collaterale ma non da trascurare), il laser effettua, dall’interno, la fotostimolazione del collagene dermico favorendone la tonificazione del tessuto cutaneo e determinando un vero e proprio effe o “Lifting”.La laser-lipolisi offre la possibilità di lavorare anche su zone molto limitate e circoscritte, come ad esempio le ginocchia, le caviglie, l’interno cosce, la nuca, il collo, l’esterno cosce e i fianchi. E proprio questa sua cara eristica la rende particolarmente ada a a trattare adiposità localizzate o anche quando è necessario migliorare il tono della pelle della zona tra ata.

Come dicevo, il decorso è rapido: si torna a casa subito, non sono necessari punti ma solo qualche cero o ed è richiesto solo di indossare una guaina contenitiva per qualche se imana. Concludo, ricordandovi che a Chiasso, presso Academia Day Clinic troverete, per la laser-lipolisi, i laser più avanzati, di uno dei maggiori produ ori al mondo - Lutronic - ma, cosa ancora più importante, un’èquipe di specialisti che li sa utilizzare con grande competenza e ha accumulato un’importante esperienza clinica che me e al vostro servizio. Venite a parlare con uno dei nostri specialisti. Vi potrà certamente suggerire il tra amento migliore per ottenere una silhoue e più snella, armoniosa e, insomma, più vicina a quello che veramente siete ad un prezzo ragionevole.

DOTT. EUGENIO GANDOLFI specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Como e Chiasso Tel. 0041916826262 (dalla Svizzera), Tel. 0039.031.303003 (numero riservato per la clientela italiana)

www.eugeniogandolfi.com Il bello della salute| Mag Febbraio 2014 | 125


di Alessandra Uboldi ARIETE 21 MARZO - 20 APRILE Eccoci all’inizio del nuovo anno da tutti atteso poiché tutti abbiamo la speranza di migliorare le nostre condizioni, le nostre vite, le nostre aspettative. Focoso e impulsivo, sogni avventure e realizzazioni anche se un Marte retrogradato in Bilancia non promette un inizio smagliante con molte limitazioni per nuovi incontri, novità lavorative, progetti in gestazione, futuribilità da attuare. Sarai alla ricerca di esperienze mai provate ma il tuo Marte sarà responsabile di cambiamenti di umore mentre fino a luglio dovrai tenere sotto controllo le spese. Gli amici ti verranno in soccorso con contatti ravvicinati, Nel lavoro fino a Marzo Mercurio ti offrirà ottime occasioni. Anno non al top ma con buone prospettive soprattutto ad Agosto e Dicembre.

TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO Il tuo anno è all’insegna dei cambiamenti dovuti a Saturno che tende a eliminare il superfluo. Venere da gennaio fino a marzo ti regala dolcezza e capacità di dialogo, ottimi presupposti per creare rapporti nuovi nonostante tu abbia poco tempo da dedicare all’eros preso da carriera e famiglia e da uno stuolo di amici cui sei molto affezionato ma che spesso ti usano per le loro confidenze e come sfogo ai loro problemi. Giove in ottima disponibilità fino alla fine di luglio ti promette possibilità grandiose, prestigio e successo sfruttando i numerosi contatti che possono aprirti nuove strade. Prima che giunga l’estate penserai alla cultura, alle conferenze, alla pittura e alla scultura e sarai un po’ pantofolaio.

GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO Il tuo è uno dei segni più fortunati di quest’anno con grinta, ottimi pianeti nel tuo cielo, dolci fantasie. Gli amici sono sempre numerosi e devoti ed un nuovo incontro, in particolare, diventerà molto importante per nuove conoscenze di lavoro che sarà vivace e proficuo con colleghi e collaboratori. Variatissimo il tuo tempo libero spazierà tra interessi culturali tra cui la biologia e l’ecologia senza dimenticare la palestra che rimane la tua valvola di sfogo. Non fai fatica a governare e far fruttare il tuo capitale e quest’anno sei in una botte di ferro con acquisti interessanti tra gennaio e marzo ma soprattutto a fine anno con Marte favorevole. La tua salute sarà lo sport all’aria aperta con corsa, camminate, fotografia .

CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO Piuttosto fredda l’atmosfera in famiglia mentre con gli amici potrai essere tranquillo perché affezionati e disponibili ti consiglieranno il meglio. Se hai un progetto importante che attende attuazione, conserva il segreto perché le relazioni sono complicate e non devi dimostrare niente a nessuno. Trascorrerai molto tempo in attività nuove come la cucina o lo shopping, non farai troppa vita mondana e gradirai gli sport acquatici. La salute è di ferro anche se dovrai fare attenzione al fegato messo sotto tensione per il passaggio di Marte fra settembre e novembre.

LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO I rapporti in famiglia saranno piuttosto stridenti per il tuo carattere poco disponibile e perché non consideri che con la rabbia non si risolve niente mentre con gli amici riuscirai ad essere più magnetico e disponibile per cui conoscerai a maggio nuove persone interessanti che si aggiungeranno al numero. Il lavoro è frenato e affatica molto:

126 | Mag Febbraio 2014 | Oroscopo

devi mettere a fuoco i tuoi obbiettivi per giungere a settembre dove ci sarà una rivincita. Sarai tollerante e disponibile con i colleghi e potrai ottenere molto di più con la persuasione più che con l’imposizione. Spendi al di sopra delle tue possibilità e con Mercurio devi fare attenzione, cerca di trattenerti. Venere sarà sempre protettiva per quasi tutto l’anno e i tuoi malesseri saranno solo emotivi e da agosto il grande Giove ti regalerà gioia e serenità eliminando i guai classici del segno con pochi interventi medicali.

VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE Nuovi flirt ed emozioni più profonde ed intense ti porteranno a vedere anche il tuo partner con occhi diversi e più disponibilità di dialogo e di affetto; sarà un periodo d’oro perché tutto l’anno è di intensità e solidità e avrai una tale carica di seduzione che spenderai in giro tra chi ti circonda sia in famiglia sia con gli amici con i quali ti sentirai sempre e perfettamente a tuo agio così come loro con te. Per quanto riguarda il lavoro dovresti investire sulla tua professionalità e formazione che potrebbe aprirti nuove strade verso il successo e la realizzazione. Il tempo libero sarà per l’informatica, i giochi virtuali ma le forti tensioni di settembre andranno scaricate con lo sport specie le camminate in campagna, il trekking, l’agriturismo.

BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE Cercherai sempre nuove uscite in ambienti non familiari e nuove conoscenze con cui potrai organizzare anche un viaggio e una vacanza mentre sul lavoro c’è una determinazione talmente forte che tutto andrà a gonfie vele e le difficoltà saranno superate nella seconda parte dell’anno con risultati fruttuosi e soddisfacenti. La tua insolita impulsività soffierà sul fuoco della tensione e i rapporti con i colleghi non saranno rosei. Il tuo tempo libero sarà ricco di iniziative creative come creare gioielli, rimodernare mobili ma verso l’estate ci sarà una vita di società più intensa con giochi e ritrovi. Fisicamente non ci saranno problemi anche se verso novembre potrai subire i malanni tipici della stagione invernale. Attenzione al troppo sport mentre dovrai preferire le discipline a contatto con l’acqua.

SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE La tua tattica amorosa sarà infallibile e misteriosa con un magnetismo fortissimo. Molta confidenza e coesione in famiglia dove creerai molta empatia con tutti i tuoi famigliari mentre verso gli amici sarai più tiepido. Sul lavoro ti aspetta un anno di successi con Giove in trigono e la prima parte dell’anno ottima per la realizzazione di progetti in sospeso certamente non mancheranno le difficoltà ma potrai eventualmente superare gli imprevisti affidandoti alla tenacia e alla perseveranza. Clima piacevole nelle relazioni professionali dove la collaborazione sarà la parola d’ordine. Il tempo libero sarà da te impegnato soprattutto in solitudine con la lettura con l’approfondire le discipline orientali che tanto ami e coi viaggi che allargano il tuo orizzonte. Purtroppo non sarà un anno particolarmente ricco di danaro soprattutto tra settembre e novembre.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE Anno da immortalare per la sua eccezionalità che va affrontata con entusiasmo e audacia. Qualsiasi obbiettivo tu scelga farai centro. Il tuo affetto e vitalità erotici saranno al culmine fino a metà luglio e da metà settembre a fine ottobre. Chi risentirà di questo tuo entusiasmo sarà la tua famiglia che

avrà dubbi e delusioni dal tuo comportamento così scatenato anche nei confronti degli amici di cui sarai forte trascinatore permettendoti una vita sociale scorrevole e ricca con un unico pericolo: Mercurio in opposizione. Ottime prospettive sul lavoro con molta comunicativa, efficacia e lucidità perciò il 2014 con fortunata disposizione planetaria e congiunzioni si rivela un anno per te strabiliante. Il tempo libero il denaro e lo stato fisico non hanno conseguenze rilevanti: viaggerai molto tra settembre e dicembre mentre sarai più calmo tra maggio e luglio. I tuoi gusti cambieranno velocissimamente e potrai impegnarti persino negli sport invernali conoscendo nuove persone e forse anche un nuovo flirt.

CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO Gli ultimi periodi avete vissuto tra due guanciali sotto l’ala protettrice di pianeti amici ed ora vi trovate un po’meno favoriti con questioni quotidiane nel rapporto con il partner (quadratura di Urano in Ariete) che si attenueranno dopo agosto con scelte dirette alla tua felicità con desideri di amore forte e nuovo, ricco di afflato ed energia. I rapporti familiari e la sua logistica sono faticosi e poco accettati come doveri ma in tuo aiuto giungeranno gli amici che ti saranno vicini e comprensivi grazie alla presenza di Nettuno in sestile nel tenero segno dei Pesci. Poco feeling sul lavoro per Giove in opposizione, Marte in quadratura in Bilancia fino a tutto luglio. Riempirai i tuoi vuoti psicologici nel tempo libero dedicandoti alle escursioni in montagna tenendo presente che aprile- maggio sono mesi in cui i rischi sono notevoli non perfetto il tuo stato fisico con infezioni bronchiali e stati di nervosismo latenti. Benessere economico dopo agosto con Giove in ottima posizione

ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO Ti aspetta dunque un anno da “Ballo di san Vito” che certamente non ti darà pace col rischio di intransigenza verso i rapporti consolidati. L’amore risente di questa irruenza grazie a Marte in trigono in Bilancia e i rapporti familiari soffrono per Saturno in quadratura nello Scorpione mentre gli amici saranno un po’ dimenticati con desideri di rinnovamento con nuove conoscenze ed esperienze insolite. La routine è pesante ed il periodo non è propizio per l’intero anno con una breve pausa tra i primi di ottobre e i primi di novembre e grazie a Mercurio. Buona la convivenza coi colleghi e fantasiosi sogni di evasione con la voglia di cambiare vacanze sport esagerati e molta ecologia. I soldi saranno da centellinare anche se sarai tentato da spese voluttuarie ed anche fisicamente risentirai di molta instabilità con qualche acciacco, tensione nervosa in primavera ma a dicembre riprenderai il dominio con attività e forza.

PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO L’amore è padrone con romanticismo, passione, forza, sincerità. La famiglia risentirà dei benefici di questo tuo stato di grazia. Persino gli amici ti invidieranno il tuo stato di grazia e tu sarai un po’ più possessivo verso di loro. Il lavoro godrà del tuo intuito. Il tuo tempo libero spazia dagli sport acquatici alla piacevolezza della pasticceria creativa di cui sei geniale interprete. Giove farà il cane da guardia ai tuoi averi e non soffrirai di carenze creditizie ma potrai persino incassare un pregresso credito. Fino a luglio Giove, Saturno e Nettuno proteggeranno la tua salute e in tutto l’arco dell’anno una staffetta di pianeti proteggeranno i tuoi punti deboli anche se il tuo entusiasmo e la tua felicità sono già garanzia.




di Federico Roncoroni

Perfidia e verità (Umberto Silva)

La felicità rende felici? Mezza umanità è disgustosa, l’altra metà l’ammira Creato l’uomo a sua immagine, Dio si cambiò.

Disprezzarsi è prendersi malede amente sul serio. Sbagliando si impara a sbagliare. Quanto dolore per i peccati commessi! Mi rallegro solo per quelli che mi a endono.

Quando si sta male si ama la moglie, quando si sta meglio l’amante. Quando si sta benissimo non si ama nessuno.

Se non vuole capirti, ti ama.

L’uomo è un animale che crede di avere ragione.

Non desiderare la donna d’altri prima i averla vista.

Inferno è stare un giorno in paradiso e un altro chissà dove.

I peggiori incubi si realizzano nel migliore dei modi

Gli aforismi del mese| Mag Febbraio 2014 | 129


di Francesco Angelini

LA STANGATA IN AUTOSTRADA E LA RIVOLTA MANCATA

Il salasso del pedaggio sulla Como-Milano avrebbe richiesto una reazione un po’ più decisa del territorio. E la politica avrebbe dovuto stimolarla e guidarla. Invece paghiamo rassegnati. Un tempo di diceva “Paga somaro lombardo”. Poi è arrivata la Lega con il federalismo promesso e ci siamo illusi per un po’ di pagare meno. Finito il sogno con i lumbard che hanno perso gran parte del loro peso ele orale e sopra u o mediatico, i comaschi hanno continuato a pagare. Forse con maggiore rassegnazione. Come spiegare altrimenti la mancata reazione a una delle più irritanti e ingiusti decisioni calate sul territorio da Roma: l’assurdo aumento del pedaggio autostradale sull’Autolaghi che fa della tra a Como-Milano una delle più care d’Europa? Manco fosse stato steso uno strato d’oro anziché di asfalto. L’aumento è arrivato mentre saltavano i tappi per festeggiare l’anno nuovo (ammesso che vi sia qualcosa per cui far festa) e nel giro di pochi giorni è stato metabolizzato. Sì, c’è stata qualche protesta al casello di Fino Mornasco, ad opera della solita Lega Nord, qualche mugugno delle categorie. Fuochi d’artificio che si sono subito spenti. Ma la portata del salasso e il senso di ingiustizia nei confronti dei comaschi avrebbe meritato una reazione ben più efficace. Abbiamo dovuto tollerare, anche dalle nostre parti, la protesta dei forconi che ha provocato disagi alla circolazione. E neppure si capiva quale fosse il motivo o l’obie ivo di questa contestazione. Per la stangata sull’A9 ci si è limitati a una gandhiana marcia al casello di Fino. Per carità, nessuno vuole incitare alla violenza. Ma far sentire di più la voce di un territorio spennato da tasse e balzelli come mai è accaduto in passato, sarebbe stato giusto e doveroso. A costo di bloccare la barriera di Grandate, sempre in maniera pacifica ma in modo da avere un’eco che potesse giungere fino a Roma e magari determinare una correzione della stangata... Invece abbiamo mandato giù anche questa. E digeriremo anche la prossima. Ormai Como è rassegnata al peggio. E continuerà a votare le stesse persone che non rappresentano in maniera efficace ed efficiente il territorio. Perché un caso come il salasso del pedaggio richiede anche che sia la politica a guidare la reazione della società. E non a raverso interrogazioni e interpellanze destinate agli archivi della Camera, del Senato e delle varie istituzioni locali. Forse aveva ragione la Lega: paghiamo perché siamo somari. Almeno un po’.

130 | Mag Febbraio 2014 | Last minute




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