N. 59 APRILE 2014
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M AGA Z I N E
IL CIELO È IN CIMA ALLA SALITA
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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)
di Ernesto Galigani
UNA PASSIONE PER DUE di Edoardo Ceriani
C’È DA RIFARE LO SPORT Viaggio nelle malandate strutture comasche di Gisella Roncoroni
di Diego Minonzio
LA ROTTA DA INVERTIRE Una società senza sport non è tanto una società poco atletica, ma sopra u o poco colta. Chiunque abbia praticato a ività sportiva a livello agonistico sa benissimo quanto ogni disciplina, dalla più popolare alla più elitaria, contenga dentro di sé tu i gli elementi fondanti degli esseri umani: la fatica, la sfida, la tensione verso il limite, l’inebriante gusto della vi oria, quello cocente della sconfi a, la beffa dell’ultimo secondo o dell’ultimo metro, l’onore delle armi, il senso del gruppo, dello staff, del cameratismo, dell’amicizia, pulsioni mille volte più profonde delle dinamiche spesso perverse e dei veleni distillati negli spogliatoi. Insomma, un sunto essenziale della vita. È un magistero unico su cui si basa il romanzo di formazione di ogni ragazzo e che poi rimane compagno fedele degli anni a venire, quando la cadenza dolcissima delle partite o delle gare del sabato pomeriggio o della domenica ma ina viene sostituita dalla semplice a ività amatoriale di chi vuole rimanere in forma e, sopra u o, stare ancora a conta o con la natura, il sudore e la felicità so ile di un corpo stanco ma appagato. Le eratura, si dirà. Forse un po’, certo, ma sopra u o il segno di una coscienza di base che prepari tu i i ragazzi a una formazione fisica senza la quale una parte di noi è destinata a rimanere inespressa. E se così è, il viaggio intrapreso dai nostri cronisti all’interno delle stru ure sportive comasche, abbandonate a se stesse tra impianti decadenti, manutenzioni fantasma e carenze di investimenti causate da una politica priva di strategia è dav-
vero deprimente. Basta un piccolo dato. Solo per me ere a norma e ristru urare le palestre della ci à servirebbero quasi qua ro milioni di euro e sappiamo benissimo che gli enti pubblici, già in gravissime difficoltà nel garantire gli interventi più urgenti nelle scuole, non saranno mai in grado di stanziarli. Un disastro senza soluzioni, quindi. E ora non è neppure il caso di bu are la croce addosso alle a uali amministrazioni, che ogge ivamente non hanno più manco una lira da spendere, quanto a tu o un metodo di governo che non ha mai messo ai primi posti dell’agenda l’investimento serio e responsabile sulle stru ure sportive e sulla formazione dei giovani. I problemi veri erano sempre ben altri, anche quando i soldi c’erano e si sprecavano in mille sciocchezze. La scuola, la ricerca, il turismo e lo sport sono sempre rimaste, anche a Como, le materie e le deleghe di serie b, quelle da affidare alle anime belle e ai perditempo perché le cose importanti stavano tu e da un’altra parte. E questo è ora il risultato. Como ci à turistica, che a ende l’evento Expo ed è fresca di un grande investimento economico sul futuro di Villa Olmo, sappia puntare su tu o questo mondo di emozioni e competenze fino ad ora negle e e ci faccia sperare che se su questo numero primaverile del Mag abbiamo denunciato tanti e gravi disservizi, in un numero non troppo lontano si possa invece scrivere che la ro a è stata invertita e che anche la nostra si sta avviando a diventare una ci à moderna, che corre, salta, nuota e gioca. Sarebbe il ritra o della Como più bella.
Editorisle| Mag Aprile 2014 | 7
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N. 59 APRILE 2014
Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)
I L
M AGA Z I N E
MAG APRILE
IL CIELO È IN CIMA ALLA SALITA
D E
di Ernesto Galigani
2014
UNA PASSIONE PER DUE di Edoardo Ceriani
C’È DA RIFARE LO SPORT Viaggio nelle malandate strutture comasche di Gisella Roncoroni
In copertina: Foto: Andrea Bu i / Pozzoni
40 7 L’EDITORIALE di Diego Minonzio
34 UNA PASSIONE PER DUE I fratelli Chinellato Due sport da campioni di Edoardo Ceriani
13 DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli
54 40 IL CIELO IN CIMA ALLA SALITA Il Triangolo lariano palestra dei ciclisti di Ernesto Galigani
LE OPINIONI 19 «Pubbliche virtù» di Paolo Borsani 20 «Occhi sul mondo» di Umberto Montin
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22 «Donna di picche» di Silvia Caprile
48 UNA VITA dA SFOGLIARE L’edicola di via Dante O ant’anni di storia di Francesco Angelini
23 «La borsa & la vita» di Roberto Bernasconi
54 LA VOCE DEGLI ALTRI L’interprete comasco che traduce le star di Sara Della Torre
60 VINCERLA SI PUÒ Il problema della dislessia Storie e consigli di Laura D’Incalci
24 C’È DA RIFARE LO SPORT di Gisella Roncoroni
Gli impianti sportivi comaschi, tra colpevoli carenze, stru ure decadenti e manutenzioni assenti. Per la messa a norma e la sistemazione delle palestre servirebbero almeno 3.5 milioni di euro. Impossibile pensare che il pubblico possa investire cifre di questo genere quando non riesce nemmno a garantire interventi urgenti nelle scuole. Titolo articolo | Mag Aprile 2014 | 9
70 UNA SCUOLA IN TANZANIA Scuola aperta a tu i Una scelta di vita di Vivide Mantero I L M AGA Z I N E D E
78 UNA CHIESA IN CAMERUN Una giovane comasca nella missione diocesana di Serena Brivio 86 EPPURE NON NAVIGANO La passione del modellismo di Stefania Briccola
DIRETTORE RESPONSABILE
Diego Minonzio
70 RESPONSABILE di REDAZIONE
78
Giuseppe Guin tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it
OPINIONI Paolo Borsani, Umberto Montin, Silvia Caprile, Roberto Bernasconi
86
94 SERVIZI
94 LA MIA ARTE COME BATTAGLIA Dopo la mala ia la pi ura per rinascere di Laura D’Incalci
101
Gisella Roncoroni, Simone Clerici, Edoardo Ceriani Ernesto Galigani Sara Della Torre, Laura D’Incalci, Stefania Briccola, Vivide Mantero. RUBRICHE
117
Le parole che non tornano
Animali
di Emilio Magni
di Marinella Meroni
101
Tu o d’un tra o di Paola Mascolo
119
Navigazioni Lariane di Luca Meneghel
120
104
Il bello della Salute
Eventi
di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori di Pietro Cantone
113
Idee (S)fashion di Serena Brivio
126
L’Oroscopo 114-115
di Alessandra Uboldi
Scaffale
129
di Carla Colmegna
L’aforisma del mese di Federico Roncoroni
116
130
Grande schermo
Last minute
di Bernardino Marinoni 10 | Mag Aprile 2014 | Sommario
di Francesco Angelini
Maria Castelli,Carla Colmegna, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Pietro Cantone Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Alessandra Uboldi Federico Roncoroni TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti.
REALIZZAZIONE GRAFICA
DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 2 Aprile
di Maria Castelli
Belle notizie
La grande bellezza
Lode ai volontari
Un messaggio per cercare sempre il bene e il bello è contenuto in una lettera al giornale “La Provincia” e getta una luce diversa sulla vita quotidiana. L’ha scritta Paolo Sanguanini di Canzo. Un estratto: «Bisogna essere sempre entusiasti, vivere con entusiasmo, cercare l’entusiasmo in ogni nostra azione. Ma come possiamo essere così? Ripetendo la parola “grazie” quaranta volte al giorno… Ogni azione che noi compiamo dovrebbe essere accompagnata da questa magica parola così poco usata. Io mi accorgo che durante la mia giornata e spesso anche durante la notte questa parola la dico tante, tante volte. E’ un modo per ringraziare il Padre Creatore per tutto ciò che fa per me e ogni volta che dico grazie mi sento più felice e in pace con me stesso e il mondo! Entusiasta di essere al mondo, entusiasta di avere una famiglia, una casa e un giardino, di essere sano di mente e di corpo e questo credo sia l’entusiasmo più grande. Lo so che spesso le nubi maligne dell’esistenza ci tolgono la gioia e la serenità, ma sono convinto che se pensassimo a quanta gente più sfortunata di noi esiste al mondo…un po’ di entusiasmo ci aiuterebbe ad apprezzare di più il dono della vita».
«I contributi statali sono sempre più ridotti e l’amministrazione provinciale che finanziava numerosi piccoli progetti, politicamente non esiste più. Ci troviamo pertanto nella necessità di chiedere il sostegno della gente. Esprimo la mia gratitudine ai volontari che ci danno una mano e, in particolare, alle volontarie che ci hanno dato una grossa mano nelle nostre iniziative: Nicoletta Lometti, Evelina Motti e Roberta Levi»: è la dichiarazione del vicepresidente provinciale dell’Unione Italiana Ciechi ed ipovedenti, Claudio La Corte, residente a Peglio, in Alto Lario. Le sue parole testimoniano che il bene è ovunque e si può sempre fare.
Il modello Gravedona Nell’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona, è stato inaugurato il primo modello integrato di trattamento riabilitativo del danno encefalico e delle gravi patologie neurologiche degenerative. In collaborazione con la clinica universitaria di Innsbruck, Austria, «il nostro ospedale rappresenta una vera e propria eccellenza ed è pioniere per ciò che riguarda l’approccio interdisciplinare di presa in carico globale del paziente nella neuro riabilitazione ad alta complessità in Italia», ha detto il responsabile dell’unità di neuro riabilitazione, Giuseppe Frazzitta. «Abbiamo impostato un complesso percorso di cura che conta sulla disponibilità di attrezzature robotiche all’avanguardia - ha spiegato - e possiamo avviare la riabilitazione già nelle fasi acute».
Dieci belle notizie | Mag Aprile 2014 | 13
Belle notizie
Una tazzina di solidarietà Si fa largo nel Comasco il “caffè sospeso”, una tradizione napoletana. Funziona così: al bar, l’avventore consuma un caffè, ma ne paga due. Il secondo è un “caffè sospeso”, per un cliente in difficoltà. Lo sorbirà, ma non deve nulla, è già pagato. L’idea è stata lanciata su Facebook da un giovane comasco, Andrea Bozzetti e in pochi giorni, i bar aderenti si sono moltiplicati, sono passati da 6 a 23 ed hanno esteso l’iniziativa ad altre offerte e ad altre iniziative di beneficenza. «Il caffè sospeso è un atto di solidarietà verso il prossimo - ha spiegato Andrea Bozzetti - Ben vengano tutte le iniziative che decidano come distribuire i caffè sospesi su attività benefiche. L’importante è informare sempre i clienti». C’è chi offre pure “la merenda sospesa”. È il caso dei fratelli Sbarra che gestiscono il bar Roma di Breccia: «Alla merenda sospesa parteciperanno persone della Cooperativa AnimataMente, grazie a chi ha lasciato il caffè sospeso ed altri contributi volontari - spiega Sonia Sbarra - Anche noi offriremo torte. Vogliamo che questi fondi vadano davvero in beneficenza. Quando scopri il valore di aiutare gli altri, la vita cambia». E a Cadorago, nel bar Square, i caffè sospesi aiuteranno la ricerca contro la leucemia.
La normalità dei numeri primi Due studenti del Liceo Scientifico Giuseppe Terragni di Olgiate Comasco sono tra i dieci migliori classificati al Gran Premio di matematica applicata promosso dall’Università Cattolica di Milano, cinquemila concorrenti da sessanta scuole lombarde. Michele Mauri, 18 anni, residente ad Olgiate e Paolo Parighi, pure 18 anni, residente a Cavallasca, non si sentono geni: Michele ha addirittura il “debito” in matematica, mentre Paolo vorrebbe proseguire gli studi in materie umanistiche e predilige la filosofia. Coltivano tanti interessi ed hanno preso la matematica come un gioco, applicando alla vita reale modelli matematici intuitivi ed un approccio fondato sulla logica. Una “normalità” ed una leggerezza che sono state molto apprezzate.
Un abbraccio alla scuola Gli alunni delle scuole elementari di Uggiate Trevano, con gli insegnanti e il preside, si sono presi per mano, hanno fatto un girotondo ed hanno abbracciato l’edificio avvolto con un nastro arancione e la scritta: “Contro ogni forma di razzismo”. La manifestazione si inserisce in un programma di sensibilizzazione dei bambini sul valore di ogni persona e contro l’esclusione. Di color arancione, anche i cappellini donati ad ogni alunno dalla classe 1962. «L’abbraccio simbolico alla scuola - ha commentato l’assessore comunale all’istruzione, Rita Lambrughi - è un gesto semplice che aiuta gli alunni a riflettere sull’importanza del rispetto verso tutte le persone, sui cambiamenti sociali che hanno segnato anche il nostro territorio, sulla diversità e sull’integrazione».
Il buon lavoro dell’impiegata comunale A Longone al Segrino, la dipendente comunale Francesca Corradini per 18 ore la settimana è a disposizione di anziani, disabili e famiglie in difficoltà. Si presta per fare la spesa, per piccole commissioni, per accompagnamenti, per far visita nelle case. «L’obiettivo è dare una mano alle persone deboli che si scontrano con molteplici difficoltà», dice il sindaco, Angelo Navoni, che ha individuato una figura finora senza precedenti. «Francesca Corradini ha seguito un corso della Croce Rossa, è molto capace nel sociale e sono certo che farà un buon lavoro - assicura - Aver prestabilito le ore di servizio, ci dà la sicurezza di un ruolo che rimarrà ancora per molti anni». Per le altre 18 ore, l’impiegata sarà applicata alla biblioteca e farà da coordinatrice per le attività di volontariato. Dieci belle notizie | Mag Aprile 2014 | 15
Belle notizie
L’aurora dei genitori La voglia di essere buoni genitori ha decretato il successo del progetto “Aurora” dedicato alle problematiche educative organizzato dalla Scuola per Famiglie della Cooperativa AttivaMente e coordinato da Anna Veronelli, ex assessore comunale all’Istruzione ed ora consigliere di minoranza. Gremito da quasi mille partecipanti, per tre sere, il Teatro Sociale, per affrontare temi delicati e complessi. «Viviamo in un’epoca in cui gli adulti si fanno sempre più domande e vogliono capire come comportarsi al meglio con i figli. C’è molta attenzione ai problemi», ha spiegato il terapeuta Jacopo Boschini, che ha tenuto le lezioni con la psicopedagogista Valerie Moretti. Non da ultimo: sono stati raccolti 5.600 euro di offerte a sostegno del progetto e un genitore, per il secondo anno consecutivo, ne ha finanziato una parte.
Il fiore e la farfalla
Una residenza sanitaria per disabili gravi e gravissimi, 20 posti letto, è stata inaugurata a Cassina Rizzardi: offre operatori specializzati, assistenza e molteplici attività ed è animata non solo da professionalità, ma soprattutto da passione. “Dalla crisalide alla farfalla”, si chiama e presenta una particolarità: è di proprietà e di gestione interamente pubblica, voluta da 14 Comuni consorziati. I rispettivi sindaci, nonostante le ristrettezze finanziarie in cui si sono trovati e si trovano, non hanno mai tagliato i finanziamenti al Consorzio, per concretizzare il valore principale in cui credono: il rispetto della persona e dei diritti della persona. Anche per questo «La nuova struttura è un fiore all’occhiello non solo della Provincia di Como e della Regione Lombardia, ma dell’Italia»: è la presentazione che ne ha fatto Gianfranco Tagliabue, volontario, già parlamentare e presidente del Centro Diurno Disabili di Cassina Rizzardi che ha dato vita alla Residenza per disabili.
Il cuore in busta Ussher Joel Appiah, 34 anni, moglie e tre figli, manovale muratore, s’è trovato in gravissima difficoltà: di notte, sconosciuti hanno tagliato quattro gomme del furgone che gli serve per lavorare e non era la prima volta. La sua storia di perseguitato dai teppisti è stata pubblicata dal giornale “La Provincia”, ma ha avuto una bella conclusione. Un anonimo benefattore ha messo 350 euro in una busta, l’ha consegnata ai carabinieri con preghiera di farla pervenire ad Ussher e l’ha accompagnata con un biglietto: «Buona fortuna», portava scritto. Le spese di riparazione sono coperte. Un uomo e la sua famiglia sono commossi e felici: aspettano a cena il benefattore, se si farà conoscere ed accetterà l’invito. Dieci belle notizie | Mag Aprile 2014 | 17
di Paolo Borsani
Avocato giuslavorista
DIRITTO AL LAVORO E ARTICOLO 18 Occuparsi di diri o del lavoro, porta il professionista ad un conta o dire o con le persone e ad interloquire con le stesse su un aspe o di particolare rilievo per la vita di ognuno di noi. La nostra carta costituzionale, all’art. 1 afferma che L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. Vi sono poi ulteriori richiami al lavoro e dire amente prece ivo nel nostro ordinamento è l’art. 36 che esprime il fondamentale conce o secondo cui la retribuzione, proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro deve assicurare al lavoratore, e alla sua famiglia, un’esistenza libera e dignitosa. Negli ultimi anni, per molti è diventato difficile entrare nel mondo del lavoro, molti hanno perso la propria occupazione e tantissimi vivono esperienze lavorative che, per brevità e precarietà, erano inimmaginabili negli anni se anta. Rispe o al conce o di precarietà, l’ordinamento giuridico introdusse regole di salvaguardia, non ultimo l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Ora, nell’ultimo decennio, si è sentita l’esigenza di intervenire sulle norme costituenti l’ossatura del diri o del lavoro nel nostro ordinamento e ciò al fine di ritrovare una legislazione adeguata alla mutata situazione di competitività, organizzazione dell’impresa e dell’intero tessuto economico produ ivo. Da tempo i governi, quantomeno per trasme ere ai ci adini un messaggio sintetico e dire o in tema di riforma del diri o del lavoro, prospe ano di “abolire” l’art. 18 della L. 300/70 (c.d. Statuto dei Lavoratori) ossia di intervenire sulla “flessibilità in uscita”. Va infa i chiarito che la disposizione di cui si parla, prevedeva che la dichiarazione di illegi imità del licenziamento, perché intimato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, o anche solo per motivi formali, conferiva al prestatore di lavoro il diri o di reintegrazione ossia di ricostituire il proprio rapporto di lavoro senza alcuna interru-
zione sia so o il profilo contributivo che retributivo e ciò indipendentemente dal tempo intercorso tra la data del licenziamento e quella in cui un giudice, magari di un grado diverso dal primo e dunque a distanza di diversi anni, dichiarava la illegi imità del provvedimento espulsivo. Ferma la ricostituzione del rapporto di lavoro, al prestatore di lavoro veniva data la facoltà di rinunciare alla ripresa dell’a ività lavorativa e la sua eventuale scelta di interrompere il rapporto di lavoro comportava, a carico dell’azienda, il pagamento di un risarcimento pari a 15 mensilità. Solo nel 2012, so o specifico diktat dell’Unione Europea, la L. 92/2012 (c.d. riforma Fornero) ha modificato tale disposizione normativa. L’art. 18 novellato, è un testo di non immediata le ura ma che punta a lasciare una tutela molto forte alle situazioni in cui l’illegi imità del comportamento del datore di lavoro è particolarmente grave, a enuando, per l’azienda, gli effe i negativi del trascorrere del tempo nelle situazioni di insussistenza delle ragioni che dovrebbero giustificare il licenziamento, sino a ridurre a sole conseguenze economiche le risoluzioni in cui le ragioni poste a fondamento del provvedimento espulsivo siano insufficienti e nei casi in cui il datore di lavoro sia solo incappato in un vizio di forma. Abbiamo da poco un nuovo Governo e la norma sarà destinataria di ulteriori modifiche con i preannunciati interventi sul lavoro? Vedremo. Ciò di cui chi vive nel nostro paese ha bisogno è che si rivitalizzino la domanda e l’offerta di lavoro e se per raggiungere tale obie ivo occorreranno nuovi interventi sull’art. 18 non dovremo scoraggiarci. Senza dubbio il mercato del lavoro richiede oggi un dinamismo a cui ci dovremo (forse nostro malgrado) abituare ma che mi auguro possa aiutare a vivere con maggiore serenità il tema dell’occupazione per chiunque legittimamente intenda essere parte delle “fondamenta” del nostro paese.
Pubbliche virtù | Mag Aprile 2014 | 19
di Umberto Montin
IL BATTITO D’ALI DELLA FARFALLA Il Grande Freddo non è solo un film. È stato l’incubo che ha sconvolto le vite di milioni di americani in questo inizio d’anno. Un Grande Freddo che si è trado o in se imane di gelo eccezionale, di neve e ancora neve sui te i e davanti alle case, in decine di migliaia di voli cancellati, di traffico paralizzato come moltissime a ività, di lunghe ore di blackout energetico ed ele rico, con l’ormai indispensabile internet sprofondato nel nulla e gli smartphone inservibili. Il vortice polare di gennaio e le temperature rigide ripetutisi a febbraio sono costati dire amente diversi milioni di dollari di danni, decine di vi ime e hanno unito i ci adini di metropoli come New York o Washington con i residenti nei paesini del Montana, paralizzato a meno 53 gradi quasi che la Siberia si fosse spostata di colpo di molte migliaia di chilometri. Duecento di milioni di americani e due terzi del Paese in panne per se imane o comunque limitati nelle loro a ività. Ancora una volta un evento accaduto in un’area del mondo è diventato il paradigma di quanto sia ancora valida la teoria di Edward Lorenz, che espresse in una conferenza del 1972 dal titolo illuminante: «Può, il ba ere d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?». Perché il Grande Freddo degli Usa alla fine rischiamo di avvertirlo tu i, anche da questa parte del pianeta? A spiegarlo, in termini semplici quanto essenziali, è stato un professore di economia e scienze politiche dell’università di Berkeley, Barry Einchengreen, ospite di recente a un summit a Villa d’Este.
20 | Mag Aprile 2014 | Occhi sul mondo
«La crescita economica americana nel 2013 - ha de o in sostanza - è stata deludente. Le previsioni per il 2014 erano migliori, ma purtroppo…». Purtroppo, per ora, ci si è messo di mezzo il clima. La spiegazione di Einchengreen è stata lapidaria: per trascinare la crescita gli Stati Uniti hanno bisogno di creare almeno 230 mila posti di lavoro ogni mese (negli anni post crisi del 2008 per non sprofondare ulteriormente, ci si “accontentava” di 110-140mila), ma a gennaio e febbraio solo 70 mila e poi 115 mila persone hanno iniziato a lavorare. «Colpa del clima - ha so olineato il docente della Berkeley University - con il grande freddo la gente è rimasta a casa, ha speso di più per il riscaldamento, non ha potuto andare alla ricerca di un posto di lavoro, molte a ività si sono fermate, imprenditori e uomini d’affari non sono andati in giro, negli hotel, non hanno pranzato fuori» e così via. Risultato: l’America stenta e, grazie all’effe o “farfalla”, anche il resto del mondo non accelera. Per Nariman Behravesh, capo economista della Ihs Global, intervistato a gennaio, l’impatto sul Pil Usa nel primo trimestre avrebbe dovuto contrarsi di uno 0,1 - 0,2% (“recuperabile nel secondo trimestre” aveva de o) per effe o del Polar Vortex, ma ora l’effe o sembra peggiore. E anche la stima di 5 miliardi di costo indo o dalla tempesta - molto contenuto se rapportati agli 84 miliardi del tifone Katrina nel 2005 o dei 75 dell’uragano Sandy nel 2012 - sembra destinata a salire. Alla faccia di tu e le analisi sui modelli economici che si vorrebbero perfe i e tali non sono. Diavolo di una “farfalla”!
di Roberto Bernasconi direttore Caritas diocesana di Como
POVERTÀ DA CONDIVIDERE COME IMPEGNO SOCIALE Una parte della nostra società, quella che vive in modo frenetico la propria quotidianità, sta prendendo a o di un disagio che per troppo tempo ha cercato di nascondere so o il tappeto del salo o buono. C’è, però, l’altra parte di società che questa situazione l’ha ben presente e cerca in modi diversi di essere portavoce di chi non ha voce, perché emarginato, solo. Una parte di società formata da centinaia di persone che si impegnano con modalità diverse e questo loro impegno lo vivono nel nascondimento, donando tempo, energie e professionalità per far vivere tu e quelle stru ure che possono dare delle possibilità di vita dignitosa all’esercito di senza dimora e di esodati che vivono in mezzo a noi. Sono convinto che se vogliamo darci una prospe iva per il futuro sia necessario che questi due “mondi” dialoghino e abbiano la forza di proge are una società basata non soltanto sul profi o esasperato, ma sopra u o sulla condivisione. Faccio questa affermazione partendo - come de o dalla realtà a uale del nostro territorio dove in questi ultimi anni si sono verificate modifiche radicali sia nella composizione della popolazione, sia nel tipo di sviluppo. Dobbiamo renderci conto che ciò che sta succedendo nel Comasco non è un’emergenza, ma è oramai una condizione stru urale della nostra società. Sul nostro territorio possiamo immaginare qua ro categorie di persone che vivono una condizione di disagio e di emarginazione profonda. I clochard tradizionali, persone che non reggono più allo stress di una società tu a votata al consumo e alla produzione e che, quindi, si autoemarginano. I nuovi poveri, persone che a causa della perdita del lavoro non sono più in grado di mantenere la famiglia e di onorare i debiti - in particolare modo il mutuo per la casa - e a causa di questo motivo sempre più spesso diventano vi ime di varie dipendenze come quella del gioco, oggi una tra le più pericolose (senza dimenticare l’alcol, la droga, lo sfru amento e via elencando). In
22 | Mag Aprile 2014 | La borsa o la vita
questa categoria sociale dobbiamo me ere anche tu i quegli uomini che si dividono dalla famiglia e che si ritrovano in strada senza possibilità di alloggio, e tutte quelle donne che rimaste sole con i figli non sono in grado di portare avanti la vita di ogni giorno. Gli immigrati, persone che arrivano da noi a vario titolo e tra questi i più deboli e i più emarginati sono i minori senza famiglia, che a Como sono ormai quasi cento, ospitati nel centro di prima accoglienza di Prestino. L’ultima condizione di disagio sono le persone che per la loro situazione di handicap o di mala ia vivono ai margini della nostra società e pur abitando in mezzo a noi, nelle nostre stesse famiglie, sempre più spesso sono soli. Ormai tante, troppe persone vivono sul nostro territorio in condizione di grave indigenza e che la povertà estrema non fa differenza di razza, di ceto, oppure di religione. Di certo non ho rice e miracolose da proporre per far fronte a queste situazioni di disagio, ma posso indicare alcuni percorsi. È necessaria la riscoperta di una società che me a al suo centro la condivisione autentica. L’assunzione delle differenze, che la nostra società ci propone come ricchezza e non come fatica, è da cogliere come opportunità e non come divisione; le nostre paure sono spesso de ate dalla non conoscenza dell’altro, temiamo che l’altro sia pronto a rubarci quello che noi riteniamo nostro, ma che in fondo non possediamo più. Dobbiamo riprendere il coraggio di fare autocritica e di riscoprirci per quello che veramente siamo e non per quello che riusciamo a possedere o a consumare. Dobbiamo riscoprire la bellezza del dono, la bellezza del servizio. Credo veramente che anche nella nostra Diocesi siamo arrivati a un bivio che ci costringa a scelte radicali. La strada giusta da percorrere per uno sviluppo futuro positivo non è quella dell’assistenzialismo o del rifiuto delle povertà, delle fatiche, ma quella dell’impegno sociale e politico. Senza tentennamenti.
di Silvia Caprile
Capo delegazione Fai di Como
LA CULTURA PRÊT À PORTER E LA TUTELA IL TERRITORIO Il Fai (Fondo per l’ambiente italiano) in una sola parola è cultura prêt à porter. Che significa? Una cultura per tu i, alla portata di tu i, per un interesse comune. La nuova Delegazione Fai di Como oggi conta 15 delegati, ma sicuramente aumenteremo. Siamo carichi di entusiasmo e motivati da un unico obbie ivo: promuovere e tutelare il lago, la ci à, il territorio coinvolgendo “tu i” e in tu i i modi, intra enendo per responsabilizzare, appassionando per sensibilizzare. Dalla sede del Fai Centrale di Milano, in questi mesi, sono arrivati utili e stimolanti impulsi: al compito di tutela dei beni e del paesaggio bisogna unire sempre di più l’a enzione per le esigenze culturali degli individui che, a raverso il Fai, devono poter accedere ai patrimoni culturali per conoscerli, amarli difenderli e aiutare fino a tutelarli. Penso ai numerosi “tesori” visibili e nascosti presenti nel territorio, penso a come fare per coinvolgere e intra enere le persone, i ragazzi, i bambini a raverso di essi. I bambini: in Delegazione mi dicono che sono fissata con i ragazzi e i bambini! Ed è vero: sono convinta che sia da loro che si debba partire perché sono i custodi del futuro, ma sono anche il veicolo del presente. Nel programma stagionale della Delegazione, che inizieremo a divulgare nei prossimi giorni, abbiamo inserito le iniziative tradizionali arricchite nelle tipologie e nei contenuti: le visite culturali nelle ci à d’arte e quelle guidate ai musei e alle mostre, tu o ciò sarà accompagnato da percorsi enogastronomici con degustazioni di prodo i locali perché cibo e vino, oltre che “energia del pianeta”, sono anche la base della nostra cultura, da sempre. Abbiamo studiato iniziative ed itinerari ci adini di approfondimento culturale mirati ai giovani e ai giovanissimi con l’obbie ivo di trasme ere
cultura, arte e amore per ciò che di bello e importante abbiamo, ma in chiave ludica e di intra enimento. Abbiamo aggregato le “forze Fai” del territorio unendo le risorse creative e pratiche della Delegazione Fai Como con il Gruppo Fai Giovani Como, con il Gruppo Fai Cantù, con Fai Balbianello e anche con la Delegazione Fai Brianza Laghi perché i risultati migliori si o engono solo con un solido e disinteressato gioco di squadra. Stiamo cercando di creare canali di dialogo e comunicazione con tu e le realtà istituzionali e associative della ci à e del territorio perché cultura e bellezza siano di tu i e per tu i. Non è un lavoro facile. Me ere in a o un rinnovamento, seppur graduale, comporta scompensi, diffidenze e destabilizzazioni. Ma questa è la strada che vogliamo percorrere. Ma il ruolo del Fai deve essere biunivoco: alla delegazione il compito di offrire opportunità di approfondimento e conoscenza, coniugata in tu i i modi e per tu i i target generazionali; ma ai ci adini, e non solo agli aderenti, l’invito a diventare parte a iva per la tutela del territorio. Quello che il Fai e quindi la nostra Delegazione si prefigge è di incentivare l’intervento a ivo della popolazione per segnalare abusi e degrado laddove sia ancora possibile intervenire. A Como e al suo territorio serve credere di più nelle proprie potenzialità e sopra u o serve che si diffonda maggiormente in tu i un orgoglio di appartenenza più a ivo e presente. Il FAI è l’esempio concreto di quanto la società civile possa intervenire sui destini del proprio territorio. Il Fai nasce nel 1975 da un’idea visionaria di quattro persone che trasversalmente e personalmente si sono spese per il bene comune. Possiamo farlo tu i nel nostro piccolo, ogni giorno. Basta credere nelle proprie idee e amare ciò che ci appartiene.
Donna di picche| Mag Aprile 2014 | 23
24 | Mag Aprile 2014 | C’è da rifare lo sport
C’È DA RIFARE LO SPORT di Gisella Roncoroni e Simone Clerici foto Carlo Pozzoni
Gli impianti sportivi comaschi, tra colpevoli carenze, strutture decadenti e manutenzioni assenti. Per la messa a norma e la sistemazione delle palestre servirebbero almeno 3.5 milioni. Impossibile pensare che il pubblico possa investire cifre di questo genere quando non riesce nemmeno a garantire interventi urgenti nelle scuole
C’è da rifare lo sport| Mag Aprile 2014 | 25
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’ultima medaglia d’oro, made in Como è quella di Anna Cappellini, che con Luca Lano e si è da una manciata di giorni portata a casa l’oro dal Giappone, dove si sono svolti i mondiali di pa inaggio. E dire che la sua storia parte dal palaghiaccio di Casate, che avrebbe bisogno più di un lifting. Como è terra di titoli e medaglie, terra di grandi campioni. Ma non di impianti sportivi. Il campe o dell’Alebbio ha visto crescere il futuro campione del mondo Gianluca Zambro a. A San Bartolomeo a tirare i calci al pallone era un certo Gigi Meroni. Sul te o del mondo, arrivando da Como, sono saliti maestri del canottaggio, da Giuseppe Sinigaglia fino a Daniele Gilardoni. La scherma unisce Antonio Spallino (Melbourne, 1956) ad Arianna Errigo (Londra 2012). Senza contare il Pool Comense (basket femminile che è stato il più titolato d’Italia) o il calcio Como (arrivato fino alla serie A), e ancora la pallanuoto e l’hockey. Ma se gli sportivi non mancano (sono migliaia i ragazzi che si allenano), palestre e piscine sono in pezzi. L’emblema è la fine ingloriosa dello storico palazze o di Muggiò, all’avanguardia negli anni Se anta e chiuso pochi mesi fa perché ormai da salvare c’era ben poco. Per raddrizzare la situazione servono soldi. E parecchi. Milioni di euro.
A Como non mancano i campioni dello sport mancano le strutture per farli crescere
CENTRI SPORTIVI CAMPO CONI Il Campo Scuola del Coni di Camerlata ospita 350 utenti di diverse discipline di atletica leggera. È dotato di una pista a sei corsie in tartan, due buche per i salti in lungo e triplo, due pedane per il salto in alto, tre pedane per il lancio del peso, una per il giavellotto, una per disco e martello, illuminazione notturna, tribuna coperta. Lungo la pista, all’interno dell’anello e nel verde circostante, si allenano Aries Como AT, Baradello, Pro Quinto, Atletica Como, Nova Libertas Como, Athletic Team Lario, Lario Runners, AG Comense, Team Triathlon, Molinari Triathlon, Albatese, Associazione Arbitri. E’ aperto al pubblico. Non viene effettuata manutenzione straordinaria da dieci anni. CENTRO SPORTIVO DI CASATE Il Centro Sportivo comunale di Casate, con lo stadio del ghiac-
cio e la piscina, è gestito dalla Como Servizi Urbani. Il palazzo del ghiaccio coperto è l’unico della provincia: è stato realizzato nel 1970 dall’Azienda Autonoma Soggiorno e Tursimo di Como. La pista regolamentare da 60 per 30 metri è aperta al pubblico con 18.000 utenti all’anno, e ospita 600 atleti di pattinaggio e hockey delle società Hc Como Hockey, Gruppo Giovanile Ritmico, Ass. Sport. Ghiaccio Ambrosiana, Olimpia Club Como, Hockey Club Lupi Lariani. Nel 1973 è stata aperta l’attigua piscina coperta Conelli-Mondini. Misura 25 metri per 1.40 di profondità costante, si svolgono i corsi di nuoto per il pubblico a cura dell’Ice Club Como con 48.000 utenti all’anno, e si allenano 70 atleti di Ice Club e Osha-Asp; è presente una piscina all’aperto per i mesi estivi.
CENTRO SPORTIVO BELVEDERE Il Centro Sportivo comunale Belvedere di Camerlata è stato realizzato nel 1973. La pista da pattinaggio in cemento sopraelevata lunga 200 metri, quella piana più piccola, quattro campi da tennis, magazzino e spogliatoi, sono dismessi. Sono in funzione un campo da calcio a 11 e uno a 9 in calcestre. Dal 2012 è gestito e utilizzato dal Rugby Como, ospita anche real Libertas e Frasba dal Lac fresbee. CENTRO SPORTIVO NASSIRYA Di proprietà comunale e gestito da Csu, il Centro Sportivo Nassirya di Sagnino comprende due campi da calcetto di cui uno coperto, uno da tennis in erba sintetica, e una pista skateboard. E’ aperto al pubblico, circa cento ingressi al giorno.
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Solo per la messa a norma e la sistemazione delle 17 palestre usate anche da società sportive servirebbero almeno 3. 5 milioni di euro. Per la palestra di via Partigiani (la ex Comense) l’investimento necessario è di un milione di euro. Almeno 600mila euro per il campo Coni e 3.5 milioni per la piscina olimpionica di Muggiò. Centomila euro servirebbero per adeguare la palestra di via Giulini alle norme di sicurezza e antincendio, in modo che il sindaco non sia più costre o a firmare, ogni se imana, la deroga per il pubblico che, a se embre, era stato allontanato e invitato a restare all’esterno della stru ura. «Sul fa o che l’amministrazione comunale debba investire nello sport di più e meglio di quanto fa o finora, credo che si sia tu i d’accordo. Altre anto concordi sono le considerazioni sul valore educativo e formativo, sul benessere e la buona qualità di vita che si associano alla pratica di un’a ività sportiva. La realtà odierna, tu avia, si scontra con stru ure obsolete - ed è davvero un eufemismo - carenze di bilancio che costringono l’ente a rivedere i
propri interventi». A confermare una fotografia drammatica è l’assessore ai Lavori pubblici Daniela Gerosa, che sulla sua scrivania ha anche le decine di fascicoli di palestre e centri sportivi. Gli ultimi grandi interventi (con più di una grana burocratica e legale) sono quelli portati avanti dall’ex assessore Fulvio Caradonna sulla piscina Singaglia e su quella di Casate, completamente rifa e ormai diversi anni fa. Per quanto riguarda le scuole Gerosa dice: «La strada che noi abbiamo individuato è puntare alla multifunzionalità degli impianti: si tra a di agevolare, d’accordo con i dirigenti scolastici e salvaguardando l’uso prioritario da parte delle scuole, lo svolgimento di diverse a ività sportive, e a rarre così l’interesse dei privati e dei loro investimenti. Il primo intervento che abbiamo predisposto guardando in questa direzione riguarda la palestra di via Giussani. Con un investimento di 200mila euro - che prevede anche l’adeguamento dell’impianto ele rico, della pavimentazione e la sistemazione degli spogliatoi - la palestra verrà
Impianti sportivi chiusi troppe strutture obsolete e fondi pubblici sempre più ridotti
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compartimentata, cioè resa indipendente dalla scuola, realizzando anche una nuova entrata. Questo ovviamente eliminerà tu i i problemi di gestione e consentirà un utilizzo senza interferenze con l’a ività dida ica». Proprio lì è ancora oggi vietato l’accesso al pubblico: i ragazzini giocano, i genitori aspe ano fuori. Dal canto suo l’assessore allo Sport Luigi Cavadini conferma che «l’a ività sportiva in ci à è decisamente ampia e copre
tu e le discipline, dal calcio alla scherma, dal cano aggio al rugby, dall’atletica all’hockey, dalla pallacanestro a judo, karate, arti marziali, dal pa inaggio su ghiaccio al nuoto, e così via. E non dobbiamo dimenticare che molte di queste discipline coinvolgono - con sempre maggior frequenza ragazzi e giovani portatori di handicap sia fisici che mentali che trovano nello sport momenti di svago, ma anche di crescita e spesso di competizione».
C A M P I D A C A L C I O E PA L E S T R E CAMPI DA CALCIO Lo stadio Sinigaglia è di proprietà del Comune di Como in affitto al Calcio Como per 65 mila euro all’anno. Inaugurato nel 1927, e a più riprese oggetto di lavori di ristrutturazione che hanno stravolto la struttura originaria in cemento, ha oggi una capienza di 13.600 spettatori. In città sono presenti altri otto impianti calcistici, tutti gestiti da società sportive che a loro volta ospitano altri sodalizi: Lazzago gestito dall’Ardisci e Spera (a 11 in erba e a 9 in calcestre), Sagnino dal Sagnino (11 sintetico), Meroni dall’Albate Calcio (11 sintetico e 7 calcestre), Rebbio dall’Ardita (11 calcestre e a 4), Tavernola dal Tavernola (11 erba e 7 calcestre), Prestino dalla Libertas S.Bartolomeo (in ristrutturazione, 7 calcestre), Ponte Chiasso dal Ponte Chiasso 1995 (7 e 5 erba sintetica), Cittadella dal Cit-
tadella 1945 (7 erba sintetica). Altre società fruitrici sono Lario, S.Agata, Real Sagnino, San Paolo, Albatese, Accademia Como, Cittadella 1934, Frasba dal Lac, Cernobbio, Ponte Chiasso 2010, S.Bartolomeo, Alebbio, Montorfano, Virtus Lario, Vasca, Città Murata, Civiglio, Celtic Como, Muggiò, Global, e scuola Da Vinci. Il campo di via Bellinzona è aperto anche al pubblico. PALESTRE Dopo la chiusura del palazzetto polisportivo a due palestre di Muggiò, inaugurato nel 1972 e dismesso nel dicembre 2013, il Comune ha preso in subconcessione per 19 mesi il Palasampietro di Casnate; ospita la pallacanestro di Antoniana, Albatese, Basket Como e l’atletica della Bernatese. A Como l’unica palestra adibita al pubblico è la Ronchetti, situata nel seminterrato di un condominio
con tribuna da 200 posti derogata a 99 ingressi: inaugurata nel 1993 e da allora in concessione alla Pallacanestro Como che la divide con il Basket Como. Attività sportive si svolgono nella palestra scolastica di via Giussani che sarà oggetto di lavori antincendio per 200mila euro, e nella palestra Sinigaglia che necessita di interventi di ristrutturazione per 100mila euro; nella cinta dello stadio si trovano altre due piccole palestre. Diciannove palestre scolastiche del capoluogo ospitano una cinquantina di società e associazioni di svariate attività sportive (pallacanestro, pallavolo, arti marziali, ginnastica, tennis tavolo e altro) e tempo libero. La Negretti sede della Comense dal 1934 è in concessione a Comense Scherma e AG Comense.
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PISCINE E CAMPI DA TENNIS PISCINE Tre piscine comunali: Muggiò, Sinigaglia e quella sopracitata di Casate. L’Olimpica di Muggiò è gestita dalla Federazione Nuoto Lombardia con una convenzione annuale. E’ l’unica vasca da 50 metri presente fra Como e Milano, otto corsie, profondità da 1.40 fino a 4.80 nella buca. Aperta nel 1981, possiede due piccole palestre, tribuna da 800 posti, consuma 1000 euro al giorno di teleriscaldamento. Entrano 18.000 utenti all’anno come pubblico, più 1.650 iscritti ai corsi di nuoto, e 400 atleti
della Como Nuoto per nuoto, sincro e pallanuoto; inoltre Ice Club, Team Lombardia, Delfini 88, Briantea84, Osha-Asp, Eracle, sub di Diving Center, Fuori Bolla, Octopus e Abyss, canoisti della Lario Kayak. La storica piscina Sinigaglia dello stadio è gestita dalla Csu: vasca da 25 metri con una fossa fino a 4 metri, ha due piattaforme per i tuffi in cemento originario da 5 metri e 3 metri e due trampolini da 1 metro. E’ frequentata da 19.000 utenti all’anno per i corsi di nuoto, e da 50 atleti fra Ice Club Como per i tuffi
E anche Cavadini amme e che qualcosa non va: «Per le esigenze delle associazioni che si occupano della promozione e della pratica dello sport - dice - sono a disposizione una serie di stru ure (palestre, campi, piscine) che, pur numerose, non riescono a soddisfare tu e le necessità nel modo migliore». Bocciatura, insomma, per le stru ure sportive. E l’amministrazione dovrà me ere a punto un piano che andrà sempre più a coinvolgere i privati. Impossibile pensare che il pubblico possa investire milioni e milioni di euro quando non riesce nemmeno a garantire interventi urgenti nelle scuole. «Conosciamo carenze e necessità dei nostri impianti - aggiunge l’assessore - e stiamo programmando gli interventi utili per renderli il più possibile rispondenti alle a ività che vi si devono svolgere. In questa o ica è senza dubbio da
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e sub di diverse associazioni. Micropiscina nella scuola Foscolo di 18 per 5 metri gestita dall’Ice Club Como. Nella sede della Como Nuoto si trova la piscina privata Trolli scoperta da 25 metri. CAMPI DA TENNIS All’interno del parco di Villa Olmo sono situati i campi in terra rossa del Circolo Tennis Como. A Tavernola il Centro Sportivo Tennis Delle Vigne ha due campi in terra battuta e due in erba sintetica illuminati e coperti d’inverno e due campi da calcetto in erba sintetica.
apprezzare l’impegno di Associazioni sportive (ma anche di società come CSU) che ne hanno assunto la gestione – in particolare per quanto riguarda i campi di rugby e di calcio, ma anche per alcune piscine – per il mantenimento e il miglioramento degli impianti nell’ambito di convenzioni specifiche stipulate con l’amministrazione». Proprio la strada delle convenzioni con i privati sarà quella che seguirà Palazzo Cernezzi, come sta già facendo con i campi da calcio e da calce o, i soli che funzionano. In cima alla lista c’è la piscina di Muggiò. «Sono necessari interventi massicci – chiarisce Cavadini – di oltre due milioni di euro che noi non possiamo investire. Oggi la gestione è in proroga con la Fin (Federazione italiana nuoto, ndr) e stiamo valutando come costruire un bando che consenta a un privato, ma anche alla federazione,
di poter realizzare gli interventi e contestualmente di poter poi rientrare dalle spese affidando la gestione dell’impianto per un certo numero di anni. Ovviamente, tra le clausole, ci sarà l’impegno a rendere disponibile la piscina per alcune giornate all’anno, oltre a mantenere prezzi calmierati. Le società, e questo vale in generale, devono poter usufruire degli impianti non a costi di mercato». Ma le convenzioni sono in scadenza anche con le altre piscine ed entro la fine dell’anno si dovrà avere il quadro completo per il futuro. Come de o la prima ad arrivare sul tavolo della giunta sarà Muggiò («prima dell’estate»). Per il palazze o di Muggiò, chiuso perché ormai pericoloso (infiltrazioni d’acqua, parquet sollevato e spezzato, spogliatoi in pessimo stato e pure crolli di soffi o e pannellatura esterna) resterà così chissà fino a quando. Il paradosso è che il Comune non ha nemmeno i soldi per demolirlo. «Non ci sono interventi da fare - dice Cavadini - se non costruirne uno nuovo. Stiamo valutando le possibilità sia a raverso finanziamenti di Regione e Coni (il presidente Giovanni Malagò, in visita a Como, aveva teso la mano per il ricorso al credito sportivo, ndr) che ci garantirebbe anche un legame maggiore con le federazioni. Altra strada è quello di trovare un privato che realizzi l’opera, più contenuta rispe o al proge o poi cancellato, e che poi si occupi della gestione». La giunta di Stefano Bruni aveva previsto un progetto per la realizzazione a Muggiò della ci adella dello sport, affossato successivamente dal consiglio comunale e dallo stesso proponente che non ravvisava più, dopo anni di stallo nei casse i di Palazzo Cernezzi, le condizioni per
realizzare l’opera. Opera che, comunque, era stata contrastata dall’aula principalmente perché eccessiva (sopra u o per il palazze o da basket, visto che se ne sta realizzando, ma ora è saltato anche quello, uno a Cantù, patria della pallacanestro) rispe o al fabbisogno della ci à. Osservato speciale il palaghiaccio di Casate. Quello dove si è allenata la regina della danza sui pa ini Anna Cappellini. La stru ura non è più stata interessata da interventi, se non quello di installazione di barriere fonoassorbenti. «Dovremo capire, in base alle modifiche societarie, se Csu potrà ancora gestirlo» dice Cavadini che non vede altrimenti altra strada che il bando. L’appello, insomma, è quanto mai rivolto ai privati.
TA R I F F E Diversamente da quanto avviene in alcuni paesi della provincia, a Como nessun impianto viene concesso gratuitamente alle società sportive.
Gli unici accessi gratuiti sono nei campi da calcio a 7 per under 14 fino alle ore 16. Per Campo Coni, Palasampietro, palestre e campi da calcio le
tariffe comunali per le società sportive sono divise in due fasce: fino a 13 anni compresi e da 14 anni in poi.
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UNA PASSIONE PER DUE di Edoardo Ceriani Foto Andrea Bu i/ Pozzoni
La piccola “impresa� dei fratelli Chinellato vincenti in due diversi sport: il tennis per Silvia, 16 anni, il basket per Riccardo, 14 anni
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SILVIA CHINELLATO Ha sedici anni, è campionessa di tennis e sta facendo la stessa strada di Sara Errani. RICCARDO CHINELLATO Ha quattordici anni, ed è uno dei migliori prospetti del Progetto Giovani di pallacanestro Cantù.
C
hiamatela pure Piccola impresa Chinellato. Rigorosamente familiare, genitori e due figli. E il termine impresa, in questo caso, più che in senso economico e imprenditoriale va letto in chiave etica ed educativa, oltreché sportiva. Tre le sedi: San Fermo della Ba aglia quella sociale, Cantù l’operativa e Porto San Giorgio la succursale. Con qualche divagazione, più o meno significativa, a Faloppio e Saronno.
Silvia, 16 anni, è una campionessa di tennis («sta facendo esa amente la strada di Sara Errani, alla sua età: classifiche, vi orie e titoli italiani compresi», dice papà Stefano). Riccardo, 14 anni, è uno dei migliori prospe i del Proge o Giovani di Pallacanestro Cantù («ma avrebbe potuto essere tranquillamente una promessa del kart e dell’atletica, visti i risultati», è la precisazione di mamma Elena). Eccellono nelle a uali discipline dopo
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aver già assaporato il gusto di stracciare tutti anche in altre. Tanto per capire, Silvia - ai tempi delle Orsoline a Como - faceva faville nella pallacanestro e nella corsa campestre e poi ha provato a vincere nella ginnastica artistica, in Comense, e nel lancio del peso. Riccardo, dal canto suo, gran fisico e crescita costante, oltre ad aver tirato il vortex più lontano di tu i, con la racche a in mano fa di quelle cose che solo alla sorella riescono meglio. D’altronde, spesso e volentieri, è questione di dna. In casa, infa i, hanno trovato due maestri e nel senso più vero del termine: il padre lo è di tennis, la mamma di sci alpino. In più, allargando l’albero genealogico (ma solo per fare un esempio), nonno Valerio Casati - panathleta, azzurro d’italia e veterano dello sport - è plurititolato di sci sulla neve e nautico. Una sorta, dunque, di autentico precursore per i suoi giovanissimi nipoti. Che la mamma Elena protegge come una chioccia, senza però mai esasperare temi e aspe ative. «Niente di più sbagliato - dice -. Ai ragazzi, fin da piccoli, abbiamo fa o provare tu o quello che volevano, per poi arrivare piano piano a una specializzazione, ne a, per Silvia e nuova per Riccardo, che da poco si è avvicinato al canestro, ma che sta trovando molto velocemente la sua dimensione». Chiaro anche il conce o di papà Stefano. «A noi, più che altro, interessava che facessero sport divertendosi, perché la riteniamo la migliore maniera possibile per educare alla vita. Determinazione e grinta nello sport servono tu i i giorni. Che poi uno o l’altra scegliessero questa o quella disciplina è stato - e sarà - solo un passaggio marginale». Marginale, ma non troppo. Con Silvia,
infa i, adesso si fa clamorosamente sul serio. Perché partendo dai campi di Faloppio, dove andava a giocare con il padre, è arrivata fino ai tornei Wta juniores (il meglio al mondo), passando anche per due titoli italiani di doppio Under 16 e una sfilza di medaglie nelle varie categorie giovanili. In mezzo, e anche questo non è da trascurare, una fantastica esperienza - di vita e di sport - a Porto San Giorgio dove probabilmente ha raggiunto la maturità sportiva, anche se stiamo ovviamente sempre parlando di una teen ager. Adesso è a Cantù, al circolo ci adino («nello sport di oggi - dice il padre - si fa sempre più fatica a trovare persone professionali e luoghi all’altezza. Noi qui abbiamo ritrovato l’ambiente che c’era nella Marche e di questo dobbiamo ringraziare tu i per la carineria e l’ospitalità»), dove si allena - ininterrottamente - dal ma ino alla sera. «Arrivo presto - dice la ragazza - e comincio a fare preparazione fisica. Poi mi fermo per il pranzo e al pomeriggio riprendo con tecnica e campo. Dopo tre anni nelle Marche, al ritorno l’anno scorso ho fa o un po’ fatica a riprendere i ritmi del Nord, ma adesso sono serena e tranquilla. E quindi riesco anche a lavorare meglio». Il merito, per non farlo dire a lei o ai suoi, è anche di Gonzalo Vitale, il nuovo coach che la segue nel circolo del maestro Nicola Trincavelli. Il quarantatreenne uruguayano ha una carriera pazzesca alle spalle e un’esperienza di lavoro in Ticino: facile, dunque, per lui prendersi cura - e continuare la crescita - di Chinellato.
Papà Stefano: fare sport divertendosi il miglior modo per educarsi alla vita Una passione per due | Mag Aprile 2014 | 37
FOTO DI FAMIGLIA Silvia e Riccardo Chinellato con i genitori Stefano e Elena nel campo da tennis di Cucciago.
Che ha già avuto una grande fortuna dalla sua: lavorare a Porto San Giorgio niente di meno che con Sebastian Vazquez, altro maestro sudamericano - di quelli che ti trasme ono la “garra”, la grinta, la voglia di vincere - ed ex allenatore di Gianluca Quinzi, altro must italiano a livello giovanile. «Nelle Marche - spiega Silvia, ragazza solare e determinata - ho trascorso tre anni bellissimi. In un ambiente ideale, con il mare sempre di fronte e il sole in faccia, in un clima pazzesco. Mi è piaciuto tantissimo, mi sono subito ambientata e il rapporto scuola-tennis è stato sempre perfe o. Il meglio che potessi chiedere». E lì è cominciata la scalata, che ha portato la ragazza nei primi 150 posti al mondo a livello
juniores. Vuol dire giocare a Wimbledon e al Roland Garros e pensare sempre più insistentemente agli Usa Open e all’Australia, traguardi fissati probabilmente già per questa stagione. Silvia ha fa o una marea di sacrifici, ha spesso lasciato da parte le amicizie e ha forse vissuto un po’ meno intensamente i ritmi dell’adolescenza. Ma è felice. «Non cambio la mia vita a uale con quella che sarebbe potuta essere - dice -. Ci ho provato, ma poi sono sempre tornata qui, a divertirmi su un campo da tennis». Con un obie ivo ben preciso («arrivare più in alto possibile»), un modello - ma non troppo - a cui ispirarsi («Maria Sharapova») e un sogno nel casse o («diplomarmi il più fre a possibile.
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Sono iscri a al Linguistico a Milano e seguo le lezioni con un tutor»). Nel fra empo, è cresciuta. E molto. Ascoltare la madre per credere. «Ormai ha raggiunto una maturità tale che si gestisce da sola le trasferte. In Italia e all’estero. Parte, trova la sistemazione in albergo e i trasferimenti da e per il campo. Lei è così, di cara ere. Forte, sopra u o nella testa. E determinata a non mollare mai. Computer, ma non troppo, zero tivù e sempre a le o presto, la sera. Oltreché una dieta senza fronzoli ed eccessi». Più easy, ma è anche questione di età, il fratello Riccardo. Rubato al calcio, allo sci e alle auto è arrivato alla pallacanestro quasi per caso. «Colpa, o merito - dice lui - del campe o che avevamo
dietro casa a Porto San Giorgio. Mi ritrovavo a giocare fino alle 8 di sera senza nemmeno accorgermi». E quasi da autodida a, senza nemmeno una scuola di minibasket alle spalle, si è trovato a giocare nella squadra marchigiana. Poi la segnalazione a Gianni Lambruschi, allora responsabile del Pgc Cantù, e ora il lavoro in pianta stabile con coach Sergio Del Vecchio e con il capo di tu i gli allenatori biancoblu Sergio Borghi. «Giocare mi piace un sacco», dice candidamente. Nel fra empo alla Ripamonti di Camerlata studia da genio della rete e della grafica e lavora, anche quando non dovrebbe, al Tennis Cantù. «Appena posso - infa i - vengo al tennis a fare atletica, in a esa di salire a Cucciago per gli allenamenti. Stare in movimento mi stimola un sacco». E qui, perché alla fine tu o torna, rientra in ballo la Piccola impresa Chinellato. Impresa nel vero senso della parola. «Silvia - dice mamma Elena - quando non va a Cantù con il maestro, ci arriva con il papà, che lì lavora. Poi arrivo io al pomeriggio con Riccardo, che lascio al tennis e poi porto al basket. E recupero Silvia. Quindi, alla fine, ripassa mio marito, che prende Riccardo e lo riporta a casa». Un circolo quasi vizioso e dal quale non si esce. Tu i i santi giorni. «Eh, sì, perché se non lo sapete, vi dico che Silvia, l’anno scorso, si è allenata pure a Natale. E con la sorella in tuta come fare a tenere fermo Riccardo?». Un’impresa. E non solo perché lo spiegano papà e mamma. Piccola impresa Chinellato.
DUE FRATELLI DUE SPORT Silvia e Riccardo Chinellato, due fratelli e due sport diversi ma un’unica passione: quella di diventare campioni.
Mamma Elena: Silvia si è allenata anche a Natale e, con la sorella in tuta, impossibile tenere fermo il fratello Riccardo Una passione per due | Mag Aprile 2014 | 39
IL CIELO IN CIMA ALLA SALITA di Ernesto Galigani
Guida alle strade del Triangolo Lariano amate dai ciclisti Dai tratti a strapiombo sul lago alle salite pi첫 impegnative La passione delle due ruote sfidando la fatica, dal Muro di Sormano alla Onno - Valbrona
40 | Mag Aprile 2014 | Titolo articolo
T
u chiamale, se vuoi, emozioni. Ci puoi girare intorno per mezza giornata, spulciando tra i testi sacri della filosofia o tra le banalità delle citazioni made in Google. Ma, alla fine, si arriva sempre lì. Perché l’andare in bicicle a, de o così proprio per normalizzare una delle più banali a ività umane, è sopra u o questione di emozioni. Siamo fortunati, noi che stiamo a queste latitudini. Perché viviamo in una palestra a cielo aperto così bella quando è bella che neppure riusciamo più a vederla. E se dietro l’angolo non ci fosse il gradino della retorica nel quale inciampare con le parole, ci si potrebbe sbizzarrire. O, in alternativa, rifugiarsi nel massimo cantore: “Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime ineguali (…) torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti”. Senza dimenticare, naturalmente, quelle salite che sembrano fa e apposta - per chi ne avesse voglia - per far saltare i polpacci ingrugniti della sedentarietà della vita (sic) moderna. Intendiamoci, però. Ci sono ciclisti e ciclisti. Quelli che “per loro è un lavoro” e un tornante vale l’altro e che, inevitabilmente, giriamo alle cronache sportive. Quelli che “non ho alternative” e che sognano – contenti loro - di imprigionarsi in coda tra le lamiere bollenti di un Suv.
E poi, noi… Quelli che “sono un ciclista della domenica” e che non vedono l’ora - a dispe o dell’età che avanza, della forma fisica che dife a, della moglie che brontola nel le o - di fare fatica. Trascinati sulle strade dalla certezza che un rimorso vale sempre più di un rimpianto. È proprio a loro che ci rivolgiamo quando parliamo della nostra “palestra”, ovvero - se proprio volessimo imprigionarla in un confine - del Triangolo Lariano. Una striscia di terra compresa tra Lecco, Bellagio, Como ed Erba, ovvero il meglio di quanto possa offrire la fatica applicata alle due ruote. Non c’è Gavia, Mortirolo o Zoncolan che tengano. Quelle sono montagne vere, templi ai quali si arriva dopo chilometri di noia e che, una volta a accate, si scopre essere buone solo per campioni veri, del tu o indifferenti a quello che si muove intorno. Qui c’è tu a un’altra storia. Già la strada a lago che da Lecco porta verso Valbrona o Bellagio rappresenta uno spe acolo per gli occhi. Per non parlare poi della striscia d’asfalto, masochisticamente disegnata tra Lezzeno e Torno, che sembra strappata alla montagna e piazzata a strapiombo sul lago. Panorami che valgono il prezzo del biglie o, crediti alla fortuna che neppure si colgono - tiè - quando si tenta disperatamente di superare la stre oia con il proprio Suv accessoriato e supertecnologico.
Il cielo in cima alla salita | Mag Aprile 2014 | 41
PANORAMI MOZZAFIATO Le strade che percorrono le montagne del Triangolo lariano sono uno spettacolo unico che si affaccia sui due rami del lago di Como.
Ma pur sempre troppo grosso per quelle strade fa e per muli, carre i e ciclisti. E poi ci sono le salite, per l’appunto. Dice uno slogan fortunato e sfru ato in mille salse che “il cielo sta proprio in cima ad una salita”. E non è soltanto una metafora da Baci Perugina, a ben pensarci. La più semplice - la chiamano “la salita delle donne” con una punta di ingiustificata misoginia - è quella che da Onno di Oliveto Lario, sulla sponda lecchese del lago, porta verso Valbrona: cinque chilometri e spiccioli che si inerpicano fin so o un mostro di cemento ma che, proprio lì, dando le spalle allo sbrego insensato degli umani, regalano una vista mozza fiato del lago fin oltre la punta di Bellagio. La pendenza media non va oltre il cinque per cento e bastano una ventina di minuti (abbondiamo, per non tirarcela troppo) per arrivare in cima e, da lì, scollinare a tu a velocità verso Asso e Canzo. Ben altro spessore quella che proprio da Canzo porta verso Asso e quindi al Pian del Tivano. Caldamente consigliata nelle giornate di mezza estate, quando il cielo è sempre più blu di quello - pure blu - della piana padana. Per arrivare fin su alla Colma bisogna scarrozzarsi più di dieci chilometri con una pendenza media che sfiora il 7 per cento. Avven-
42 | Mag Aprile 2014 | Il cielo in cima alla salita
La più semplice viene denominata “La salita delle donne”, ben più difficoltosa la Canzo Pian del Tivano turarsi nell’abitato di Sormano è un tuffo nel passato, con le massaie sull’uscio a guardarvi scuotendo la testa. Perché loro, la fatica, ce l’hanno in casa e non hanno bisogno di inventarsela in sella ad una bicicle a. Ma quando si arriva alla Colma, tutto passa. C’è l’Osservatorio, un bel prato verde sul quale adagiarsi e, sopra u o, un balcone a cielo aperto dal quale - con l’aiuto di una cartina - si possono quasi toccare con mano più ve e di quante riuscite a vedere con un solo sguardo. Nelle giornate più limpide, nascosto da una nuvola di foschia che sembra nebbia ma che è soltanto smog, si riesce persino ad intravedere il Duomo di Milano e qualche gra acielo metropolitano. Senza rimpianti.
BELLAGIO MADONNA DEL GHISALLO
Partenza da Bellagio, arrivo a Magreglio, chiesetta della Madonna del Ghisallo. Lunghezza 8.518 metri. Altitudine partenza 283 metri, altitudine arrivo 754 metri. Dislivello 471 metri, pendenza media 5,53%. Pendenza massima 14%
NESSO P I A N D E L T I VA N O COLMA DI SORMANO
ONNO VA L B R O N A
Partenza da Nesso, arrivo Colma di Sormano. Lunghezza 13.030 metri. Altitudine partenza 258 metri, altitudine arrivo 1.116 metri. Dislivello 858 metri, pendenza media 6,58%. Pendenza massima 11% a Zelbio.
Partenza da Onno di Oliveto Lario, arrivo Valbrona. Lunghezza 5.015 metri. Altitudine partenza 255 metri, altitudine arrivo 531 metri. Dislivello 276 metri. Pendenza media 5,50%, pendenza massima 10%.
Il cielo in cima alla salita | Mag Aprile 2014 | 43
LA SFIDA A destra: la salita più nota e più difficoltosa quella denominata “Muro di Sormano”.
I più temerari possono fare anche una deviazione, di questo percorso. Affrontando il “muro di Sormano”. Non è un nome scelto a caso. Le pendenze, su questa brevissima salita che costituisce una specie di scorciatoia da Sormano alla Colma, arrivano fino al 27 per cento. Come arrampicarsi su un muro, per l’appunto. Non è per tu i. Non per tanti di noi, per esempio e - se può essere di consolazione - neppure per tanti professionisti che, al riparo delle telecamere, staccano le scarpe e dalle pedivelle e non disdegnano di salire a piedi. Sull’asfalto è stata dipinta una scri a che riporta la celebre frase di Ercole Baldini, uno che andava da ma o
A L B AV I L L A ALPE VICERÈ
ASSO COLMA DI SORMANO
Partenza Albavilla, arrivo Alpe Vicerè. Lunghezza 5.600 metri. Altitudine partenza 452 metri, altitudine arrivo 925 metri. Dislivello 473 metri. Pendenza media 8,45%. Pendenza massima 12%.
Partenza Maglio di Asso, arrivo Colma di Sormano. Lunghezza 9.400 metri. Altitudine partenza 496 metri, altitudine arrivo 1.121 metri. Dislivello 625 nmetri. Pendenza media 6,65%. Pendenza massima 10%
MURO DI SORMANO
Partenza Sormano, arrivo Colma di Sormano. Lunghezza 1.650 metri. Altitudine partenza 818 metri, altitudine arrivo 1.086 metri. Dislivello 268 metri. Pendenza media 16,24%. Pendenza massima 27%.
ma che - arrivato in cima - disse con sintesi efficace: Questa salita è semplicemente bestiale. Troppo, forse. Meglio, allora, portarsi a Como, risalire il lago sulla sponda che conduce a Blevio, Torno e Faggeto Lario. Fino a Nesso, per la precisione, dove comincia la salita che - in dieci chilometri e un’ore a abbondante - vi porta al Pian del Tivano e, di lì con un altro interminabile chilometro e mezzo di nuovo alla Colma di Sormano. La più bella di tu e, forse. Paesaggio da brivido, nel mezzo di boschi verdissimi con l’occhio che corre al lembo più estremo del lago. Da lì, sia pure con la fatica che questa salita impone, anche la villa di George Clooney -
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IL MUSEO DEL CICLISTA L’interno della chiesetta della Madonna del Ghisallo, con i cimeli dei campioni e, a destra, il museo del ciclismo a Magreglio.
esa amente sull’altra sponda - sembrerà poca cosa. Almeno per una manciata di minuti, si capisce. E si potrebbe andare avanti ancora per un bel pezzo, passando dalla salita del Vicerè a quella del monte Cornizzolo. Ma l’ultima annotazione, prima di lasciarvi alle grafiche di questi percorsi, non può che essere per la salita delle salite, il simbolo unico e inimitabile del ciclismo. Ovvero, la salita del Ghisallo nel suo versante più classico, da Bellagio a Guello, da lì a Civenna e poi fino alla chiese a della Madonna, in comune di Magreglio. È stato scri o tu o e, forse, anche di più. Ma non sarà mai sufficiente per descriverne magia e sensazioni. Prima il lago che si allontana sempre più e sin dalle prime (durissime) rampe di Mulino del Perlo, con l’immancabile ba ello (ma quanti ce ne sono?) che rimpicciolisce
La salita del Ghisallo partendo da Bellagio passando da Civenna e arrivando al santuario a vista d’occhio. Poi il panorama di Guello e di Civenna, due località che meriterebbero ben altro che la fama - effimera e per fortuna ancora limitata - di chi abita a un tiro di schioppo. E poi il silenzio dei boschi. Perché come diceva quello, esiste solo il fruscio delle fronde, il cingue io degli uccellini, il cadenzato cigolio delle ruote. Tu o il resto è rumore. Sul sito www.laprovincia.it il blog dedicato al ciclismo Due ruote e una gamba
DIAVOLO ROSSO di Paolo Conte Una bella bici che va silenziosa velocità sopra le distanze, le lontananze starà una bella bici che va silenziosa velocità rotolava biglie e il Giro d’Italia farà una bici non si ama, si lubrifica, si modifica una bici si declama come una poesia per volare via
una bella bici che va roteante fluidità bici futurista, bici d’artista sarà una bella bici che va roteante fluidità sagoma dinamica e geometrica avrà una bici vuole fama e chilometri, e chilometri una bici è una dama falla vincere, falla ridere una bella bici che va
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pedalante mobilità nel suo portapacchi quel che ci ficchi ci sta una bella bici che va pedalante mobilità anima testarda di una coccarda vivrà una bici la si ama come l’ultima delle fantasie c’è uno scatto che ti chiama come il fischio che hanno le frenesie
N
el 1934 il 25 aprile non era ancora una festività. Lo sarebbe diventata dopo 12 anni e una guerra terribile. A Como, però, c’era qualcuno che faceva festa quel giorno. Era la signora Adelaide Nessi in Bernasconi, che proprio quel 25 aprile, o eneva la licenza per aprire una rivendita di giornali in via Dante al civico 11. Nasceva così l’edicola che sta per compiere 80 anni ed è ancora lì, nell’edificio poi ricostruito in cui proprio a fianco dell’attività della signora Adelaide, c’era la bo ega di parrucchiere del marito, Achille. A raccontare la storia è il nipote della coppia: Pietro Bernasconi, classe 1940, de o Piero e Pierino. O ant’anni e due generazioni dopo è lui oggi a gestire l’edicola con la collaborazione della sorella Marisa e della cugina Gabriella. Forse quella di via Dante non è la più antica rivendita di giornali di Como ma certo è l’unica che per sedici lustri è stata gestita dalla stessa famiglia. All’epoca dell’avvio dell’a ività della signora Adelaide, la televisione in Italia non esisteva, la radio era ascoltata più per le canzoni del Trio Lescano che non per i paludati notiziari di regime. I giornali, seppure passati al vaglio occhiuto del Minculpop, erano fondamentali per capire cos’era accaduto nel mondo e sopra u o nel proprio territorio. E di fogli di carta stampata ne sono passati davvero tanti nell’edicola di via Dante: più di un milione di copie de “La Provincia”, la gran parte recapitati a domicilio. Tanti comaschi hanno appreso le notizie in un arco temporale che va dal governo Mussolini al governo Renzi, grazie al lavoro dei Bernasconi.
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UNA VITA DA SFOGLIARE
di Francesco Angelini
La storia dell’edicola Bernasconi da ottant’anni consegna i giornali ai comaschi Una vita da sfogliare | Mag Aprile 2014 | 49
Perché il marchio di fabbrica dell’edicola Bernasconi è sempre stato questo: il giornale che arriva in casa, ogni giorno e con qualunque tempo. «Nel 1986 dopo una nevicata importante - racconta Piero Bernasconi - ho consegnato i quotidiani con una sli a». Piero è figlio di Bruno. E chiunque abbia vissuto nel quartiere di San Martino negli ultimi quarant’anni, almeno una volta avrà incontrato il sciur Bruno con il suo biciclun: un velocipede con due portapacchi davanti e dietro su cui erano state montate due grosse casse per contenere i giornali. Bruno Bernasconi comincerà a lavorare nell’edicola di famiglia appena terminato il servizio militare. «Ha smesso pochi anni prima di morire, a 89 anni
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VITA IN EDICOLA Pietro Bernasconi, detto Piero storico edicolante di via Dante.
Un tempo i quotidiani non venivano recapitati in edicola, bisognava andarli a prendere e poi consegnati a domicilio
- racconta il figlio Piero - E ogni ma ina saliva in bicicle a, con il freddo, il caldo, la pioggia e cominciava il giro delle consegne. Quando il tempo era inclemente tornava a casa fradicio e la mia mamma, Elena, lo sgridava. Ma lui diceva: “che problema c’è? Adesso ho finito e mi cambio”». Il sciur Bruno era fradicio, i giornali no arrivavano asciu i e pronti per essere sfogliati. La vita di coloro che si adoperano per far incontrare notizie e le ori è dura. Alzatacce all’alba e all’epoca i quotidiani non venivano recapitati in edicola dai distributori. «Bisognava andarli a prendere - ricorda Piero -. In particolare La Provincia. Con mio papà e gli altri edicolanti si andava all’alba nella sede di via Cinque Giornate
prima e di viale Varese poi. C’era da aspe are perché spesso la rotativa si inceppava o si rompeva la carta e le copie non erano pronte. Era un altro mondo. Con i colleghi ci si conosceva tu i e in quelle albe ci si scambiavano impressioni e si chiedeva dei problemi e delle famiglie. Oggi nessuno sa più chi fa questo lavoro». Era l’epopea che la retorica celebrerà come quella dei “freschi inchiostri all’alba”. E il sciur Bruno, proprio per le sue pedalate quotidiane, fu celebrato con una poesia a lui dedicata da un altro edicolante, oggi scomparso ma molto noto in ci à: Oreste Mazzucchelli. Per Piero Bernasconi il ba esimo della consegna dei giornali a domicilio arrivò molto presto. «Avevo o o anni quando il papà cominciò a mandarmi in giro con la mia bicicle ina. Portavo i quotidiani in via Do esio e spesso cadevo perché le ruote finivano nelle rotaie del tram». La bicicle a è entrata nel destino dei Bernasconi anche per un fa o tragico: la morte di Adelaide, nonna di Piero e fondatrice dell’a ività, travolta da un giovane ciclista proprio davanti al Valduce. Aveva 78 anni e la notizia è stata riportata dalla cronaca de “La Provincia” il 25 se embre del 1958.
AMARCORD La consegna dei giornali in bicicletta e con la slitta sotto la neve.
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«Voglio che sia soltanto edicola. Io continuo a vendere solo carta stampata, come ho fatto da sempre, niente bibite biglietti del bus o giocattoli» Altre volte i Bernasconi sono diventati una notizia. Il 6 gennaio del 1999, l’edicola è stata ogge o di un tentativo di rapina sventato da un maresciallo dei carabinieri che stava passeggiando con il figlio. Qualche anno dopo, Piero Bernasconi, è stato al centro di un rodeo con un calessino, utilizzato per distribuire regali di Natale e tamponato da un’auto in Napoleona con conseguente fuga e inseguimento del cavallo fino a Villa Guardia. Piero è l’ultimo esponente della dinastia. I suoi figli si sono dedicati ad altre a ività. Lui in edicola ha trascorso una vita. «Ho cominciato subito dopo aver concluso gli studi e fa o una piccola esperienza lavorativa in una farmacia. Da quasi 60 anni mi alzo tu e le mat-
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tine alle 5,45. Alle 6,30 apro l’edicola e comincio le consegne nei bar della zona che cominciano a lavorare presto. Poi passo alle abitazioni. Questo ogni giorno, con pioggia, sole, neve, freddo o caldo. Non ho marcato visita, anche perché grazie a Dio, la salute è sempre stata buona. Mi riposo durante le ferie e in quei pochi giorni dell’anno in cui i quotidiani non escono». I giornali di carta e le edicole sono molto cambiati. L’avvento di Internet e del digitale li sta minacciando seriamente. «Ma io continuo a vendere solo carta stampata. E’ qui da vedere. Niente bibite, gioca oli, caramelle o biglie i del bus, come stanno facendo altri». Piero, che viaggia con lo scooter al posto della bicicle a, ha ereditato da
papà Bruno la dedizione per il lavoro e asseconda tu e le richieste di clienti, arrivando anche a consegnare i quotidiani porta a porta anziché lasciarli nelle casse e delle le ere. “Poi ci sono i clienti che ti chiedono di tenergli questa o quella pubblicazione. Mio papà arrivava a rimanere in edicola la sera fino alle 21,30 per aspe are l’imprenditore Roda, quello della Rodacciai, che dopo una giornata in azienda, si fermava per comprare il giornale”. Alcuni clienti continuano a servirsi all’edicola Bernasconi da più di trent’anni e quando incontrano Piero, ormai più che in età pensionabile, gli chiedono in diale o un po’ timorosi perché non si decide a “piantarla lì”. «Perché non saprei cosa fare», è la risposta.
LA VOCE DEGLI ALTRI di Sara Della Torre
Il mestiere di Paolo Maria Noseda, interprete ufficiale di “Che tempo che fa�. Un carriera a tradurre le parole e i pensieri di regine e top model, attori e politici, manager e rockstar, scrittori e politici: Bono, Annie Lennox, Daniel Pennac, Benetton, Robert De Niro, Roman Polansky, Condoleezza Rice 54 | Mag Aprile 2014 | La voce degli altri
È
l’interprete ufficiale degli ospiti stranieri di “Che tempo che fa”. La sua voce, sicura, puntuale, precisa traduce simultaneamente storie di personaggi famosi e aggancia mondi tra loro sconosciuti. Di Paolo Maria Noseda colpisce la profonda conoscenza del proprio mestiere, costruito in trent’anni di carriera ad alto livello, e la grande umiltà di chi, pur nella piena preparazione, continua a mantenere curiosità e spirito di servizio. Le sue origini sono legate al territorio lariano, affondate tra il lago e le montagne. «Sono nato a Gravedona. Mio padre è stato sindaco di Domaso. Fu uno dei grandi sostenitori della creazione di un ospedale dell’Alto Lario. Adoro Como e ho grandissimi amici, a cui tengo molto. Ma la mia vita è continuare a viaggiare, senza una precisa
programmazione. Mi muovo tra Milano e Roma. Il vero problema, per me, non è andare nei luoghi, ma ritornarci. Cosa che diventa spesso molto difficile». Le foto di momenti di lavoro parlano da sole. Noseda ha incontrato in questi anni regine e top model, a ori e registi, manager e rockstar, scri ori e politici. Bono, Annie Lennox, Daniel Pennac, Bene on, Robert De Niro, Roman Polansky, Condoleezza Rice sono alcuni personaggi, che si sono fidati della voce del tradu ore comasco. «Perché la verità è che in questo mestiere bisogna conquistarsi la piena fiducia del cliente. E lo si fa a raverso un accurato studio di tu o ciò che riguarda la sfera personale e lavorativa di chi si incontra e una traduzione puntuale. Così ho clienti che mi chiamano da venticinque anni».
La voce degli altri | Mag Aprile 2014 | 55
LA VOCE DELLE STAR L’interprete Paolo Maria Noseda con la cantante inglese Annie Lennox e, sotto, con Albert Espinosa, l’autore di Braccialetti rossi. Nelle pagine precedenti, con la principessa Soraya dell’Afghanistan e la valletta Filippa di “Che tempo che fa”.
Dietro una traduzione simultanea di pochi minuti, c’è in media una se imana di studio: biografia, dichiarazioni, video, registro lessicale. Poi una concentrazione elevatissima giocata sulla lingua e sul labiale. «Conosco perfe amente cinque lingue: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo. È importantissimo leggere il labiale dei personaggi per anticipare alcune informazioni - spiega Noseda -. Molto si gioca anche al momento, nella dire a, dove è necessario coprire le pause, trovare il modo più semplice per far collimare due linguaggi diversi. E per ovviare a eventuali difficoltà di comprensione tra chi comunica». Grande capacità di improvvisazione? «È bene non credere mai all’improvvisazione. Nel mondo dello spe acolo esiste in minima parte. Il più delle volte c’è un esercizio pedante e ripetitivo. La capacità di tradurre e, in qualche caso, riuscire addiri ura ad anticipare i conce i dell’interlocutore, si acquisisce solo con una disciplina di studio molto severa e una grande determinazione».
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È grazie a quest’ultima che Paolo Maria già nel 1978, alla giovane età di 21 anni inizia a lavorare al Parlamento Europeo, carriera fulminante che oggi sarebbe impensabile. «Sapevo bene di voler girare il mondo ed ero indeciso tra la professione di medico e quella di tradu ore. Poi, pensandoci bene, ho scelto di occuparmi non di persone, ma di parole. Oggi faccio parte della vecchia generazioni di tradu ori. Le lingue più ge onate sono cinese, indiano, giapponese. La tecnologia ha profondamente modificato il metodo di lavoro. In grande parte l’ha semplificato. Ciò che non cambia è continuare ad avere curiosità e non lasciarsi sedurre dalla facilità di reperire le informazioni su internet. Continua ad essere importante e efficace recuperare notizie sui personaggi a raverso le biblioteche, i dizionari tecnici e grazie all’incrocio di informazioni diverse». Ma al di là dell’aspe o serio e tecnico di questo mestiere, c’è un grande pa-
norama umano, che Noseda ha acquisito in questi anni di lavoro, una galleria di personaggi tanto importanti, quanto particolari, conosciuti in situazioni diverse, che hanno coinvolto il tradu ore in momenti di alta tensione, di struggente umanità e di puro divertimento. «Si diventa psichiatri, si impara a conoscere le persone fin dalla prima occhiata e si stabiliscono legami profondi. Mi è capitato spesso di bu are sul palco a ori noti presi dal panico, di suggerire agli interlocutori per improvvise amnesie, di vivere situazioni di disagio, di me ermi a servizio di situazione al limite della comicità, come fare il baby si er, entrare in sala parto, curare un a ore per un’influenza. Ho imparato il valore di essere strumento, di me ersi al servizio degli altri, di assecondare le situazioni. È un’arma vincente». E, infa i, il telefono di Paolo Maria Noseda continua a suonare: un lavoro e un altro ancora. Nuove storie, nuovi personaggi. Soprattu o, altre parole.
«Ho imparato il valore vero di essere strumento Mettersi al servizio degli altri assecondando le varie situazioni»
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INTERPRETE E TRADUTTORE Dall’alto: Paolo Maria Noseda con il cantante Bono, degli U2 il cantautore Caetano Veloso, l’attore teatrale Boy George, lo scrittore indiano Salman Rushdie il regista Amos Gitai, la scrittrice Nadine Gordimer, lo scrittore israeliano David Grosman.
QUELLA VOLTA IN SALA PARTO «A New York, stavo lavorando per un convegno di medici. C’era una donna incinta, che si trovò, durante il convegno ad avere le doglie. Così la portarono in ospedale. Poiché non sapeva l’inglese, dovetti seguirla fino in sala parto assistendo al travaglio. Il giorno dopo mi chiese di fare il padrino del bambino». Paolo Maria Noseda ha un vasto repertorio di racconti, aneddoti legati a vari momenti di lavoro. Tanti sono raccolti in un libro pubblicato nel 2012 “La voce degli altri”, edito da Sperling&Kupfer. Interviste, trasmissioni televisive, discorsi ufficiali, contratti di lavoro. «La capacità di comunicare in
pubblico è di pochi, richiede talento e una immensa preparazione. Credo di aver ascoltato e tradotto pochi discorsi pubblici davvero pregnanti. Gli stranieri sono decisamente più diretti e convincenti degli italiani, così prolissi e noiosi. Tony Blair e Barack Obama sono un esempio: dosati nel contenuto politico, decisi e brevi». Gli episodi aiutano a comprendere quanto sia ampia la casistica di situazioni, in cui un traduttore si può imbattere, tanta è la trasversalità che contraddistingue il lavoro. In ogni situazione prevale una grande passione che permette di affrontare con facilità ogni imprevisto. Il giorno in
cui Noseda comunicò il desiderio di fare il traduttore, disse al padre: «Voglio fare l’interprete”». E lui rispose: «Ma, scusa, è un lavoro, questo?». Oggi risponderebbe: un lavoro da “funambolo”, ma molto, molto prezioso. (s.del.)
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«S
uo figlio è intelligente, ma svogliato, distra o, lento… potrebbe fare molto di più, ma non si applica». È quasi sempre questo l’incipit di storie che con il tempo si dipanano fino a chiarire, magari dopo anni di tensioni e frustrazioni, il motivo di un rendimento scolastico al di so o delle reali capacità. «Che non sia dislessia? Forse è il caso di verificare…», il consiglio giunge a volte dopo un iter scolastico già avviato e consumato fra mille fatiche e incomprensioni, ma si rivela decisivo. «Quando finalmente è stata riconosciuta la dislessia di Emanuele, alla fine della prima elementare, è tornata l’armonia nella nostra famiglia» racconta Michela che aveva perso il sonno vedendo il suo bambino sempre più ansioso da quando aveva cominciato a frequentare la scuola. «Era sempre stato sereno, vivace e curioso di tutto, anche alla scuola materna le maestre non avevano ravvisato nessun segnale preoccupante e lui stesso non vedeva l’ora di imparare a scrivere» ricorda descrivendo il momento drammatico del colloquio con l’insegnante con la consegna della prima pagella. «Neanche affrontando i miei esami universitari più impegnativi ho provato un simile senso di panico… I risultati erano preoccupanti non tanto per i voti, ma per come veniva descri o il bambino: sempre più ansioso, incapace di eseguire i compiti, scoordinato…», racconta riferendo il suggerimento di una collega che aveva vissuto la stessa situazione con sua figlia poco più grande di Emanuele. «Ma sei sicura che non si tratti di dislessia?» mi aveva detto citando il Centro Clinico Psicopedagogico “Victor” di Daniela Ga i e Giovanna Noseda dove lei stessa si era rivolta per la sua bambina. «Nel giro di pochi giorni ci trovammo di fronte alla do oressa Ga i», prosegue Michela ricordando quel primo colloquio, condiviso anche da
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suo marito, affrontato con un certo ba icuore dopo aver messo so o gli occhi della specialista un pacco di quaderni, compiti, pagelle di Emanuele. «Ci sono dei segnali, potrebbe tra arsi di dislessia, verificheremo, faremo i test…», ci disse comunicandoci subito l’idea che comunque non si tra ava di
una patologia e che il bambino avrebbe potuto essere sostenuto iniziando un percorso dopo le vacanze estive. Emanuele era in effe i dislessico, la certificazione giunse a distanza di tempo, poco prima della fine della terza elementare, effe uata dall’Asl secondo un iter lungo e complesso.
VINCERLA SI PUÒ di Laura D’Incalci
La dislessia a scuola si nasconde anche dietro la semplice frase: «Suo figlio potrebbe fare di più». La storia di una madre e i consigli degli specialisti. Giovanna Noseda: «I bambini con una dislessia non diagnosticata spesso non sono capiti, vengono trattati come lavativi e questa situazione genera in loro insicurezza, sofferenza e senso di inferiorità» Vincerla si può | Mag Aprile 2014 | 61
LA SPECIALISTA Giovanna Noseda, del Centro Clinico psicopedagogico “Victor”, ha avviato l’attività di consulenza e riabilitazione per bambini e adolescenti con disturbi di apprendimento inerenti alla sindrome dislessica.
Nel fra empo Emanuele aveva iniziato a frequentare il Centro affidandosi alle indicazioni di Daniela (la do oressa Ga i ndr) che era diventata per lui un punto di riferimento importante, gli aveva fa o recuperare serenità e fiducia nelle sue capacità. Anche gli esperti dell’Asl che avevano certificato la dislessia si erano accorti dei segni positivi dovuti al metodo riabilitativo intrapreso», prosegue Michela che oggi rileva con soddisfazione i progressi davvero inimmaginabili di suo figlio, giunto in quarta elementare. «Ha o o in inglese, e a volte chiede di leggere in chiesa tanto si sente sicuro», spiega indicando due conquiste che sembrerebbero quasi impossibili ai dislessici. «Sopra u o ha superato l’ansia e il senso di frustrazione…questo è un aspe o fondamentale», aggiunge
toccando un tasto particolarmente dolente, un aspe o ricorrente in storie analoghe e che rischia di avere un peso drammaticamente pesante per i
Michela:«Mio figlio ha superato il senso di ansia e di frustrazione ed è fondamentale per la sua serenità nella crescita» bambini. «I bambini con una dislessia non diagnosticata sono provati da percorsi scolastici tortuosi e frustranti: sperimentano infa i incapacità nella
scri ura, nella le ura ed esecuzione dei compiti nonostante l’impegno… Spesso non sono capiti, vengono trattati come lavativi e questa situazione genera facilmente in loro insicurezza, sofferenza e senso di inferiorità», amme e Giovanna Noseda che con la collega Daniela Ga i ha avviato l’a ività di consulenza e riabilitazione per bambini e adolescenti con disturbi di apprendimento inerenti alla sindrome dislessica utilizzando il metodo del professor Piero Crispiani, ordinario di Didattica generale e Pedagogia all’Università di Macerata. «Andrebbero potenziati gli screening che consentono di individuare il più precocemente possibile le cause che poi si manifestano nel disagio scolastico» spiega de agliando qualche conferma della sua convinzione a inta
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I SEGNALI DELLA DISLESSIA di Roberta Marzorati pediatra La dislessia, che si manifesta come una difficoltà del bambino a leggere in modo fluente e accurato, fa parte di un gruppo più ampio di altre problematiche, note con il nome di disturbi specifici di apprendimento, quali la disgrafia (difficoltà a scrivere in modo leggibile), bile), a la disortografia (il bambino fa fatica a rispettare le regole nel trasformare il linguaggio parlato in linguaggio scritto), la discalculia (difficoltà a fare i calcoli aritmetici) e la disprassia (il bambino non riesce a compiere movimenti coordinati tra loro al fine di raggiungere uno scopo). Quest’ultima difficoltà può precedere i disturbi spepecifici di apprendimento tra cui la dislessia e costituire insieme ad altri segni, un vero e proprio campanello d’ allarme, un tipo di manifestazione che non deve sfuggire né ai genitori, né tantomeno al pediatra di famiglia. La dislessia infatti si manifesta in età scolare ma può avere una sintomatologia predittiva del disturbo già alla scuola materna e addirittura prima, quando, nel controllo filtro tra i 2 e i 3 anni, il pediatra non deve sottovalutare quanto riferito dal genitore circa una difficoltà con le prime parole. Non può accontentarsi di risolvere il problema con la classica frase: “se non parla parlerà” e consigliare una visita dal neuropsichiatra infantile. Soprattutto segnali di sospetto si possono vedere in età di scuola materna. Sono piccoli che fanno confusione di suoni (s/z, r/l, v/f, m/n, p/b, d/t), o costruiscono frasi incomplete, saltano lettere all’ interno delle parole, invertono le sillabe, non riescono a memorizzare il nome di oggetti conosciuti e usati comunemente. Non sono bravi ad inventare storielle come pure nel gioco delle rime. I bambini amano farsi leggere i libretti che portano ad ogni pagina delle piccole frasi. Ascoltandole più volte, alla fine sono in grado di anticipare le parole, precedendo l’ adulto, facilitati dal fatto che spesso siano in rima. I
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bambini che diventeranno dislessici non riescono come gli altri, fanno fatica. Se disegnano non riescono a ricopiare da un modello e a organizzare sul foglio con la matita quello che vogliono riprodurre. Si stancano in fretta perché fa fanno fatica a memorizzare e a ripetere per cui sembrano bambini che s distraggono facilmente e non si si soffermano sulle cose, risultando poco attenti. Come già detto tra i disturbi specifici dell’apprendimento c’è la disprassia e i piccoli in età di s scuola materna possono già dim mostrare di avere difficoltà nella man manualità fine, quindi nei giochi che richiedano un minimo di abilità, come mettere insieme dei pezzi piccoli ma anche semplicemente nel sapersi allacciare le scarpe o nel vestirsi che richiede la capacità di mettere in sequenza dei movimenti. Il bambino che arriva dal pediatra sarà prontamente aiutato dalla mamma per spogliarsi e poi chiederà il suo aiuto se deve rimettersi i vestiti e le scarpe. Magari ha già 5 anni e il genitore puntualmente recita la frase: non è ancora capace di farlo da solo. Il pediatra invece di pensare che è “un imbranato” forse è meglio che richieda una valutazione dallo specialista, soprattutto se, ascoltando i racconti del genitore, raccoglie le sue preoccupazioni relative agli altri segnali sospetti già enunciati. Ti potrebbe dire infatti che fa confusione tra suoni simili o che non capisce la prima lettera di una parola: invece che pronunciare sole dice zole. Magari il bambino vuole raccontare al suo pediatra come sia andato a vedere con la scuola materna le mucche in una fattoria ma siccome fa fatica ad organizzare le frasi e a ricordare le parole nuove, si perde via nel racconto, diventando prolisso. Il pediatra attento invece che spazientirsi forse dovrebbe cercare conferma ai suoi sospetti, inviandolo nella sede opportuna.
SOSTEGNO L’attività di sostegno degli specialisti alla base del recupero e della reabilitazione.
dall’esperienza professionale. «Appena un bambino si sente dire che è intelligente e che deve solo affrontare una particolare difficoltà, gli si legge in faccia un senso di sollievo», racconta chiarendo che la sindrome dislessica, che include sempre dislessia, disgrafia e disturbi della abilità matematiche, non è una patologia o un deficit intelle ivo, ma un “disordine”, un disturbo delle funzioni esecutive. «Il bambino dislessico ha una ca iva organizzazione spazio-temporale, è l’ultimo ad imparare a leggere l’orologio e a volte è confuso, chiede se è ma ino o pomeriggio… Già alla scuola materna si possono cogliere alcuni segnali da non so ovalutare, ad esempio la tendenza a disegnare in un angolo del foglio invece che al centro o a scrivere le ere e numeri al contrario, secondo l’immagine speculare. Ma il disagio affiora con più evidenza con l’inizio della scuola, quando il disturbo si ripercuote nella funzione esecutiva per cui il bambino impara a leggere e scrivere, ma legge e scrive male, è lento, fraziona le parole, si ferma e
improvvisamente diventa precipitoso. Gli risulta difficile me ere in sequenza spazio-temporale suoni, le ere, parole. Lo sforzo richiesto dall’azione di scrivere o leggere la parola gli toglie la concentrazione per seguire il senso del discorso e questo lo fa apparire distra o, svagato, incapace di capire». Mentre descrivono così una serie
di sintomi oggi comunque sempre più noti e all’a enzione di genitori e insegnanti, le specialiste che sulla scia delle recenti acquisizioni messe a punto dal professor Crispiani hanno creato un riferimento che consente ai bambini di recuperare le loro abilità, so olineano un particolare approccio al disturbo e alle sue cause.
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«Il “disordine” nella esecuzione di alcune funzioni, nel dislessico è legato ad un disturbo motorio, non di tipo linguistico o psicologico come sostengono varie teorie che si sono consolidate negli ultimi decenni, le difficoltà devono essere quindi affrontate a raverso un lavoro sulle sequenze, fluido e privo di rallentamenti». In che cosa consiste il lavoro proposto e con quali sussidi e strumenti si procede? «Questi sogge i devono essere aiutati e non dispensati. Bisogna fare un tra amento incentrato su un lavoro che spazi dall’autoanalisi al linguaggio, dalla psicomotricità al pensiero, dalla grafomotricità alla memoria e così via». In pratica come si traduce tu o questo? «Generalmente si pensa di aiutare i bambini evitando loro la fatica di scrivere, dotandoli di computer e calcolatrici, concedendo di scrivere solo in stampatello maiuscolo che per loro è facilitante. Noi invitiamo invece i bambini a scrivere in corsivo,
LA SPECIALISTA Daniela Gatti: «Andrebbero potenziati maggiormente gli screening diagnostici».
«COSÌ MIO FIGLIO CE L’HA FATTA» «La frustrazione di mio figlio Francesco era tanta: stava sui quaderni tutto il pomeriggio, ma i risultati erano sempre deludenti». Cristina Pini, fisioterapista con un occhio particolarmente allenato a captare disagi, ricorda l’odissea del figlio che viveva la scuola come un incubo. «Ad aggravare il senso di inadeguatezza c’era anche il continuo paragone con sua sorella più grande, bravissima nonostante trascorresse sui libri poco tempo. Inizialmente nessuno aveva capito le difficoltà di Francesco che veniva spesso rimproverato dagli insegnanti per la sua distrazione, la lentezza, i continui errori. Mi dicevano che si imbambolava, era svogliato… di fronte a un compito con dieci domande, ad esempio, alla seconda richiesta si fermava e non riusciva più a proseguire…Io cercavo di sostenerlo, di dargli consigli. “Se non sai una risposta, non ti inchiodare, passa oltre”, gli dicevo, ma capivo che era completamente bloccato dall’ansia» racconta Cristina che ricorda di aver preso l’iniziativa di far fare i test di valutazione
per verificare che tipo di disturbo avesse suo figlio. «Gli è stata diagnosticata la dislessia alla fine della seconda elementare e le sue insegnanti stentavano a crederci» riferisce oggi che Francesco, a 19 anni, ha concluso bene il suo percorso scolastico, nonostante la lingua inglese sia ancora per lui una “bestia nera”. «Quando ci sono questi disagi è importante arrivare presto alla diagnosi», nota puntando il dito sui tempi troppo lunghi dell’Asl. «Rispetto a dieci anni fa sono stati fatti comunque molti progressi in questo campo e gli insegnanti sono più preparati a cogliere i segni di disagio, ma credo che l’attenzione e il supporto dei genitori sia fondamentale e insostituibile», ammette ricordando il suo ruolo. «Per esempio, quando Francesco doveva studiare 5 o 6 pagine di storia, e dopo le prime due era affaticato, lo affiancavo e proseguivo io nella lettura…Però non mi sostituivo mai a lui facendo dei riassunti, risparmiandogli l’esercizio di organizzare pensieri e concetti, doveva arrivarci con il suo impegno».
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suggeriamo alcune strategie, ad esempio, quella di non staccare mai la punta della penna dal foglio, non calcare e non preoccuparsi della bella calligrafia, ma di curare la velocità e la fluidità… Chiediamo la collaborazione degli insegnanti, la disponibilità a capire che si tra a di una fase nella quale occorre tollerare un po’ di disordine e la bru a scri ura, ma con il tempo i risultati ci sono… I bambini imparano e sono tra ati come i loro compagni, anche riguardo alla valutazione, proponiamo di dare un doppio voto, uno relativo al miglioramento personale e all’impegno, l’altro che tiene conto degli errori che sistematicamente vengono corre i con beneficio per gli alunni che progrediscono nel superare le loro difficoltà». La stre a collaborazione fra pedagogisti, genitori e insegnanti sembra essere basilare quindi… «Indubbiamente, ma i progressi dei ragazzi motivano e incoraggiano sia i genitori che gli insegnanti generalmente molto collaborativi nel sostenere alcune strategie. Ad esempio i dislessici non riescono a copiare da una lavagna, esigono che domande o esercizi vengano proposti uno alla volta su fogli diversi... Con un trattamento appropriato avviato precocemente e supportati dall’attenzione degli insegnanti, i bambini dislessici possono imparare come gli altri, possono arrivare ad esercitare in modo corretto tutte le funzioni», assicurano le pedagogiste decisamente in disaccordo su orientamenti e metodi che dispensano gli studenti dall’impegno prevedendo esclusivamente, a volte in modo tassativo, percorsi facilitati, interrogazioni programmate, valutazioni non corrispondenti ai risultati reali, audiolibri che evitano l’esercizio della le ura, la tastiera di un computer che esonera dai percorsi di apprendimento della scri ura. «Anche quando vengono trascurati e so ovalutati sintomi precoci e gli adolescenti giungono magari a conclusione delle medie, con esperienze faticosissime e travagliate alle spalle,
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il nostro tra amento può essere molto efficace e rappresentare una svolta, aprire ai ragazzi un futuro tu o ancora da immaginare». Il metodo del professor Crispiani, di recente proposto anche a Como grazie
«I progressi dei ragazzi motivano e incoraggiano sia i genitori sia gli insegnanti che li seguono» al tra amento delle pedagogiste Noseda e Ga i presso il Centro “Victor “ in via Cinque Giornate 63, si discosta quindi da prassi collaudate e sostenute anche dalle legislazioni in vigore, a partire dalla legge 170 del 2010, prospe ando un approccio decisamente alternativo. «Oggi la presenza di un ragazzo di-
slessico in classe non è affa o rara e gli insegnanti sono generalmente più pronti nel far fronte all’evenienza» amme e Paola Carlone docente per anni nella scuola media dove ha seguito vari casi di studenti con i disturbi tipici della dislessia. «Sono previsti parametri diversi anche per valutare il rendimento dei ragazzi dislessici, ad esempio il voto riguardo a un tema scri o è relativo ai contenuti, ma non tiene conto degli errori ortografici né di forma. Inoltre i ragazzi con dislessia hanno la possibilità di utilizzare strumenti dispensativi e compensativi, audiolibri per la le ura e il computer per scrivere» dice accennando al possibile rischio di un eccessivo sgravio dell’impegno per ragazzi che potrebbero colmare le loro lacune e probabilmente registrare progressi e risultati più soddisfacenti. «I genitori oggi sono tendenzialmente molto prote ivi, vanno in crisi quando i figli devono affrontare una fatica, impegnarsi…» ammette Giovanna Noseda rilevando un incremento di
casi di dislessia diagnosticata che oggi riguarda circa il 5% della popolazione in età scolare, dovuto per lo più al fa o che un tempo il problema non era monitorato. Ma pare che anche gli stili di vita e l’attuale clima culturale abbiano accentuato l’emergenza: oggi infa i i bambini vivono in un mondo ova ato, non sono più abituati a organizzare autonomamente i propri tempi, gli impegni, i tragi i, i giochi d’azione che un tempo si svolgevano in grandi spazi all’aperto accompagnati da filastrocche… «Quei contesti rappresentavano continue occasioni di allenamento per la coordinazione del pensiero e dei movimenti…il nostro mondo è totalmente cambiato - avverte la pedagogista - Ma non possiamo oggi immaginare di aiutare chi evidenzia una dislessia mettendo in atto atteggiamenti e metodi iperprote ivi, negando ai bambini la possibilità di apprendere, lavorare, aff rontare la fatica…superare le difficoltà».
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SCELTE DI VITA / 1
UNA SCUOLA IN TANZANIA di Vivide Mantero
Vivide Mantero racconta la propria scelta di vivere a Zanzibar e di aprire una scuola per i bambini. «In un Paese paragonabile all’Italia di 50 anni fa, si è costretti ad aguzzare l’ingegno. Se una cosa si rompe bisogna aggiustarla, se qualcosa avanza, si riutilizza, se qualcosa manca, occorre farselo da soli» Titolo articolo | Mag Aprile 2014 | 71
V
ivo a Zanzibar da quindici anni e ho una bambina di se e. La mia casa è a Kiwengwa, sulla costa est dell’isola, chilometrica spiaggia bianca e sede di molti dei villaggi turistici. È un paradiso, la classica cartolina, ma, d’altro canto, anche un po’ isolato, a differenza della ci à, dove risiede la maggior parte degli espatriati. «E come farai quando Anita dovrà andare a scuola?». Questa è la domanda che mi sono sentita fare, da quando ho deciso di crescere mia figlia su quest’isola. È stato così che ci siamo trovati a dover decidere se mandarla a scuola tu i i giorni in ci a, a 50 km da casa, dove sorge l’unica scuola internazionale dell’isola, o se inventarsi un’alternativa.
Vivere in un paese paragonabile a un’Italia di 50 anni fa, ti costringe ad aguzzare l’ingegno. Se una cosa si rompe, aggiustala. Se qualcosa avanza, riutilizzalo. Se qualcosa manca, cerca di realizzarlo da te. Un edificio disabitato su una collina alle spalle della spiaggia ha fa o al caso nostro. L’abbiamo ristrutturato, diviso in due piccole classi e un alloggio per l’insegnante, creato un bel pezzo di giardino, dove i bambini potessero giocare e svolgere a ività sportiva. Nel febbraio 2010 la KINS non era che uno sparuto gruppe o di 3 o 4 famiglie con le stesse nostre esigenze. L’entusiasmo era tanto, ma forse tanta anche l’incoscienza! All’inizio una brava insegnante zan-
zibarina bastava a guidare i pochi bambini dell’asilo. Piano piano, però, il nome del mio piccolo asilo ha cominciato a espandersi tra gli espatriati di questa regione dell’isola e delle zone limitrofe, lontani come me dalla ci à. Senza avere la minima esperienza sull’argomento, eccomi dunque tuffata in un turbine di problemi a me del tu o nuovi: cercare e assumere le insegnanti, reperire materiale scolastico, i permessi di soggiorno e di lavoro, e così via. L’impegno ha cominciato a diventare tanto, le spese a lievitare, i tanti ostacoli frustranti, ma il proge o andava avanti e questo era importante. Nel 2012 il bivio: i bambini crescevano, insieme alle nuove richieste d iscrizione, e bisognava decidere se fermarsi
LA SCUOLA A ragazzi alla scuola Kins aperta a Zanzibar da Vivide Mantero per dare una opportunità di istruzione a tutti.
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Una scuola in Tanzania | Mag Aprile 2014 | 73
IMPRESA RIUSCITA Il gruppo degli allievi che frequentano la scuola Kins di Zanzibar, con Vivide Mantero e le insegnanti.
alla sola scuola materna o se espandersi anche alle classi elementari. Ha prevalso la seconda ipotesi! A quel punto, le insegnanti locali, benché specializzate, non sarebbero state più sufficienti. Avevo bisogno di trovare maestre di madre lingua inglese, che aiutassero la Kins a passare da un livello locale a uno internazionale. E così, dopo interminabili ricerche online e innumerevoli colloqui (non ne avevo mai fa i prima!), ecco Ashley (Olson) e Lianne (Be is), rispe ivamente americana e inglese, entrambe con esperienze scolastiche nel terzo mondo. Erano cariche della mia stessa passione ed entusiaste di dare il loro apporto per dare una svolta più ambiziosa al proge o. Già nei primi mesi, il numero di bambini è aumentato da 6 a 20 e così le nuove richieste d’iscrizione. Questo incremento ha reso possibile il mio sogno iniziale.
Quello di consentire anche ai bambini del posto di frequentare la scuola e di avere così un’educazione di prima scelta, altrimenti impensabile per le scuole pubbliche locali. Le rette degli espatriati, infatti, ci perme ono di accogliere gli alunni zanzibarini a fronte uno piccolo sforzo
«Il vero grande traguardo è stato per me aver creato una scuola laica e l’essere riuscita a guadagnarmi la fiducia delle famiglie locali»
economico. E così ecco Rahma, figlia del controllore dei pescatori a Kiwengwa, con il suo velo in tono con l’uniforme, Nassria con la sua mamma che ci dà una mano coi bambini più piccoli, Biko, affe o da spina bifida e idrocefalia, bambino intelligente e sensibile, ma senza l’uso delle gambe e quindi rifiutato dalle scuole locali perché di troppo difficile gestione, Zahiri, che vagava sulla spiaggia in cerca di bisco i o mance dai turisti più generosi... L’enorme traguardo è stato per me proprio quello di essermi guadagnata la fiducia anche dalle famiglie locali, che hanno scelto di far frequentare ai loro figli una scuola diversa, con un programma internazionale e, per di più, laica. Infa i, essendo Zanzibar un paese al 95% di religione islamica, gran parte della giornata scolastica nelle scuole pubbliche è dedicata allo studio del corano, spesso a discapito delle
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LA KINS Una struttura che oggi offre istruzione a 28 ragazzi di 7 nazionalità diverse.
materie tradizionali. Le classi sono solitamente pienissime, il materiale dida ico scarso e i mezzi limitati. E a oggi, vedere alunni zanzibarini, perfe amente integrati con bambini spagnoli, italiani, tedeschi, russi, australiani, con un proge o comune, mi ripaga di tu i gli sforzi. Insieme alle nostre insegnanti e ai volontari, abbiamo cercato di dare alla scuola un’impronta diversa.
Il numero limitato di bambini consente infa i di seguirli praticamente uno per uno, aiutando ciascuno di loro a superare le difficoltà, che inevitabilmente si creano in classi con bambini multilingua. Inoltre, accanto alle materie tradizionali, è data particolare attenzione alla musica e al teatro, allo sport e all’arte, all’ecologia e alla botanica. Il piccolo orto preparato e seminato dai bambini si colora di
pomodori, peperoni, mais, spinaci e tu o ciò che si può piantare. A oggi gli iscri i alla Kins sono 28, di ben 7 nazionalità diverse! Il lavoro è impegnativo, le spese sempre troppo alte, ma con lo sforzo di tu i noi e le donazioni che a volte arrivano inaspe ate da qualche generoso visitatore, fisico o “virtuale!” speriamo presto di poter costruire nuove classi e avere nuovi insegnanti e nuovi bambini. Sono felice che mia figlia abbia iniziato la sua storia scolastica qui, dove le pur profonde differenze sociali, culturali, linguistiche, religiose non saranno un limite, ma un modo per affrontare con tolleranza e senza pregiudizi l’avventura della sua vita futura.
Contatti info@zanzibarkins.com www.zanzibarkins.com www.facebook.com/Zanzibarkins www.gofundme.com/7czzwg
76 | Mag Aprile 2014 | Una scuola in Tanzania
C
’è chi dopo la laurea va a cercare lavoro e successo all’estero per fare prima carriera e chi, anche in tempo di crisi, decide di me ere a fru o i propri studi e maturare professionalmente con un’esperienza di volontariato. È il caso di Clara Alfieri, 25enne comasca, laurea in Architettura conseguita brillantemente all’Università di Mendrisio. Padre noto ginecologo, madre che ha sacrificato ogni ambizione di carriera per i figli, potrebbe essere superficialmente inquadrata nella categoria “rampolla di buona famiglia”. Invece a una strada già spianata, ha preferito donare il proprio tempo a chi ne aveva bisogno. Già durante gli studi aveva rinunciato alle classiche vacanze estive per andare a visitare una missione della Diocesi dei S. Severo, Puglia, nel Benin, dove è rimasta qua ro se imane. «Questo viaggio - racconta Clara - durante il quale mi sono scontrata con un mondo di semplicità e povertà materiale mi ha segnata profondamente. La gente che ho incontrato non aveva altre prospe ive se non quella di vivere e morire in quel villaggio, eppure non mi ha dato l’impressione di stare ai margini, ma al centro della loro esistenza. Trapelava nella sicurezza e nella semplicità con cui affrontavano
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eventi cruciali come la morte, la mala ia, il rapporto con Dio. Lontani dai valori materiali ed effimeri della nostra società, hanno ben chiaro l’autentico significato della vita». La scoperta di una realtà così diversa e distante non solo geograficamente dalla nostra, cambia i pensieri e le prospe ive dell’Alfieri. «Mi sono de a che non poteva finire lì, il piccolo spiraglio che avevo aperto durante quel mese andava approfondito. Avevo ricevuto un dono immenso, che in qualche modo doveva essere restituito sia nei confronti di chi me lo aveva fa o, che nella condivisione di esso con chi mi stava a orno qui». Finiti gli studi, Clara decide quindi di ripartire trovando forti resistenze in famiglia. «Mi erano arrivate interessanti offerte di lavoro, secondo i miei era un vero peccato rifiutarle. Le loro preoccupazioni erano sopra u o rivolte al luogo scelto, il Camerun. Temevano potessi contrarre qualche mala ia o trovarmi in pericolo per l’a uale situazione del nord della Nigeria, il cui confine è molto prossimo alla missione». Insieme alla testardaggine e alla voglia di non mollare, c’è sopra u o il bisogno di rispondere a una chiamata.
SCELTE DI VITA / 2
UNA CHIESA IN CAMERUN di Serena Brivio
Clara Alfieri, architetto, ha deciso di impegnarsi nella missione comasca, dall’assistenza ai bambini alla ristrutturazione della chiesa. «La sfida costante è sempre stata quella di dare un senso alla vita»
Titolo articolo | Mag Aprile 2014 | 79
VOLONTARI Clara Alfieri con il gruppo di religiosi e volontari che operano nella missione.
«Dopo il viaggio in Benin per me la scelta vera è stata la missione diocesana e oggi vivo una esperienza condivisa e vissuta per l’intera comunità» Ma perché proprio il Continente Nero? «La scelta più che per l’Africa è stata per le missioni diocesane. Dal viaggio in Benin mi sono resa conto di quanto fosse importante che quella che nasce come decisione personale, diventi esperienza condivisa e vissuta per l’intera comunità. Il cammino iniziato con il Centro Missionario Diocesano tre anni fa ha portato a stabilire insieme questa destinazione. L’obie ivo era inoltre quello di continuare, al ritorno, l’opera intrapresa». Ad esempio? «Le scuole di ciechi e muti aperti dalla missione necessitano di continui sostegni. Il proge o prevede l’adozione a distanza di un bambino, per una parte o per tu o il ciclo delle elementari, a raverso il contributo di 150 euro all’anno. Si tra a di un aiuto dire o che arriva senza intermediari nell’angolo più remoto della nostra diocesi».
80 | Mag Aprile 2014 | Una chiesa in Camerun
LA CHIESA Clara Alfieri, 25 anni comasca, si è laureata in Architettura all’Università di Mendrisio. Oggi in Africa ha messo a frutto i suoi studi collabortando alla costruzione della chiesa della missione diocesana.
82 | Mag Aprile 2014 | Una chiesa in Camerun
Dall’album dei ricordi dell’Alfieri esce il primo impa o con ragazzini con cui ha costruito subito un rapporto usando il francese, lingua ufficiale con l’inglese. «Lì la vera ricchezza risiede nelle relazioni. Ovviamente, ci si ama e ci si odia come in qualsiasi parte del mondo, ma il suo valore è misurabile nel tempo che si dedica ad esse. Vengono poste in primo piano in ogni ambito quando si può contare su ben poco altro. E se fossimo obbie ivi, faremmo lo stesso anche noi, perché quell’ “altro” che invece noi abbiamo è destinato a passare». Da un punto di vista concreto, Clara si è messa a completa disposizione.
«I primi giorni non avevo compiti concreti, e mi sono serviti per osservare e cercare di capire qualcosa della realtà nuova in cui mi trovavo. Poi ho sostituito al liceo un professore di tedesco, e affiancato i docenti di spagnolo e inglese per qualche lezione di conversazione». L’impegno che le avevano già preannunciato e che ha accolto con entusiasmo tra andosi del suo campo, è stato però quello di ristru urare assieme al parroco gli interni della chiesa locale. Inoltre, grazie alla sua formazione, ha fa o da tramite e aiutante in loco per l’architetto comasco Bruno Somaini, proge ista della ca edrale di Marouà, il capoluogo di regione.
«Qui la vera ricchezza risiede nelle relazioni e nel mettersi a disposizione. Ho sostituito un docente e con il parroco ho ristrutturato la chiesa»
Una chiesa in Camerun | Mag Aprile 2014 | 83
«Il proge o della chiesa non è stato facile. Ero condizionata da ciò che era già esistente e dal budget limitato. Seguendo le indicazioni, abbiamo cercato di enfatizzare il legame dell’edificio con il luogo nell’uso dei materiali: pietre, in parte portate dai fedeli. Dietro l’altare è stato ricreato il profilo dei due picchi vulcanici, simbolo del villaggio. Nel mezzo, appena pronto, verrà collocato il crocefisso in legno, a so olineare il Cristo in mezzo a noi. Semplici le sedute, banchi di ferro e legno. Il colore avorio delle pareti ha aiutato a rendere più caldo e accogliente l’interno». LA MISSIONE Clara Alfieri con il gruppo dei ragazzi della misione diocesana.
84 | Mag Aprile 2014 | Una chiesa in Camerun
Clara non si è mai fermata davanti alle prevedibili difficoltà. «Per quanto riguarda le contingenze materiali, come la corrente che a volte se ne va per se imane o qualche problema di acqua negli ultimi giorni, superata la scocciatura iniziale, ci si abitua a tu o. Per la salute mi sono presa qualche mala ia, ma non sono mai stata davvero male. I disagi a mio parere vengono, laggiù come qui, quando si incontrano ostacoli nelle relazioni. Certo, qualche fatica da questo punto di vista c’è stata, e qualche momento di sconforto con essa, ma aver ben chiaro il motivo per cui si è lì e il perché del proprio agire porta a relativizzare ogni imprevisto e a guardare oltre se stessi. Al mio fianco inoltre ho sempre avuto i missionari, Don Alessandro, Laura, Don Corrado, Alda e Brune a, a enti e disponibili a guidarmi, sostenermi e condividere ogni momento». Cosa ha rappresentato questa parentesi così importante? «La sfida costante è sempre stata quella di dare un senso a questi sei mesi: troppo pochi per avviare una vita là ma sufficienti da “perdere il giro” qua. La domanda rimane aperta chiaramente: io credo che la vita sia una sola e questo periodo ha a che fare con il prima, che mi ha portato a viverlo, e con il dopo, che ne sarà in parte condizionato. L’idea di partenza è che questa esperienza potesse farmi da faro per il futuro».
86 | Mag Febbraio Aprile 2014 2014 | Titolo | Il viaggiatore articolo solitario
EPPUR NON NAVIGANO di Stefania Briccola foto Carlo Pozzoni
L’arte e la passione di Giovanni Sala che nella sua casa, diventata un museo, costruisce navi da favola. Dal Concordia comasco, al Prince della Royal Navy. Dai rompighiaccio al transatlantico Rex di felliniana memoria «Non saprei contare le ore rubate al sonno per questo mio hobby ma è un’evasione che mi ricarica di energia»
M
odelli di velieri, galeoni, navi, panfili e battelli in legno sono custoditi nelle scintillanti teche di vetro tra i mobili di casa. Si riconoscono l’Ele ra di Marconi, l’Amerigo Vespucci e vecchie glorie del Lario come il Concordia. Poi ci sono moderni rompighiaccio, baleniere dal fascino d’antan e persino navi di appoggio alle pia aforme petrolifere. La casa di Giovanni Sala nel centro di Como ha tu a l’aria di essere un piccolo museo della navigazione. Il suo laboratorio è un ordinato mercatino delle pulci racchiuso in piccoli casse i dove ci sono molle, viti, guarnizioni, le sorprese degli ove i di cioccolato e persino i loro contenitori in plastica. L’imperativo è non bu are via niente che all’occhio del profano sembra
inutile, mentre potrebbe ispirare la realizzazione di particolari di regine dei mari trado e in piccolo. Giovanni Sala ha costruito il suo primo modello navale all’età di sedici anni, ma la passione per questo hobby è nata tempo prima a Genova ed è cresciuta in riva al lago di Como. «L’esordio - racconta il modellista - non è stato brillante, ma ho continuato per la mia strada con ostinazione. Ho iniziato realizzando un vecchio galeone. Non era perfe o e oggi forse mi farebbe arrossire, ma sono riuscito a venderlo in modo da finanziare la costruzione del mio secondo modello, il vascello francese La Couronne, che ho regalato a mio fratello per il suo matrimonio. Galeo a in questa passione fu una gita a Genova con mio padre. Ero poco più che un
bambino, ma ricordo ancora quel giro in battello in cui ho visto l’Andrea Doria nel porto accanto alle maone di legno che portavano il carbone ad altre navi. Il transatlantico, che sarebbe poi affondato il 25 luglio 1956, era un gioiello di tecnologia e artigianato che ha abitato nei miei sogni di ragazzo. Non potrò mai dimenticarlo». Un tempo il modellismo navale era un hobby riservato a pochi per una serie di motivi tra cui la difficile reperibilità dei piani costru ivi. Oggi con la rete internet si è resa disponibile una mole incredibile di immagini, dati e disegni utili per trarre il profilo e i de agli di numerose imbarcazioni. Il modellismo moderno va di pari passo con la rigorosa ricerca di documentazione.
Eppur non navigano | Mag Aprile 2014 | 87
PASSIONE D’ARTISTA Giovanni Sala davanti al modellino del Concordia costruito in mesi e mesi di lavoro nella propria casa diventata un museo
«La mia passione è cresciuta nel tempo - dice Giovanni Sala - anche guardando mio fratello che era aeromodellista. Poi ho iniziato ad armeggiare con la seghe a, regalatami dalla mia madrina, e il trapanino. Con alcuni bambini che abitavano nel mio palazzo abbiamo allestito un laboratorio in cantina per lavorare insieme. Anni dopo, quando ho fa o il servizio militare, ho persino organizzato una scuola di modellismo per i miei commilitoni». Il primo riconoscimento importante è arrivato nel 1970 con “The Sovereign of the seas”(1635-37) che vince la medaglia d’argento al Campionato italiano di modellismo al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Era
88 | Mag Aprile 2014 | Eppur non navigano
«Ho iniziato costruendo un vecchio galeone, poi il vascello La Couronne, regalo di nozze per mio fratello» il più grande vascello mai costruito nella storia fino ad allora, chiamato guarda caso “sovrano o sovrana dei mari”, una nave troppo grande, troppo
costosa, con un centinaio di cannoni a bordo. La volle Carlo I Stuart, salito al trono d’Inghilterra nel 1625. Lui era quello della ship money tax, la nuova tassa che applicò per rendere possibile il suo incredibile piano di riarmo navale. Tu o questo gli sarebbe costato molto caro. «Ero riuscito ad avere per un colpo di fortuna - racconta Giovanni Sala - i piani di costruzione del vascello che non erano ancora in commercio. Sono stato uno dei primi a realizzare quel modello ancora inedito e privo di un piano di montaggio. Questo vuol dire che ho dovuto arrangiarmi per ogni de aglio e finitura».
CASA MUSEO I modelli di navi e velieri orgoglio del lavoro paziente di Giovanni Sala.
Si tra a di una nave a tre ponti stracolma di decorazioni di legno in rilievo, con tanto di stemma ripetuto all’infinito e fregi da riprodurre con perfezione millimetrica. Seguiranno altri modelli di vascelli come l’inglese Prince, una leggenda della Royal Navy che si distinse nella ba aglia del Texel (1673) sostenendo una strenua difesa quando fu fa a ogge o di assalti accaniti da parte della flotta olandese. Tra
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le sue caratteristiche c’è un grande specchio di poppa elaborato e ricco di decorazioni. Poi ci sono “La Soleil Royal”, ammiraglia della flo a del re Luigi XIV di Francia, la Superbe che al comando del capitano Montalais, con seicentotrenta uomini di equipaggio partecipò alla ba aglia della Baia di Quiberon nel se embre 1759 dove venne affondata. «Nell’arco degli anni - spiega Giovanni Sala - mi sono dedicato di
volta in volta a delle serie particolari di navi che hanno richiesto lunghi mesi di lavoro per ciascun modello. Non si contano le ore rubate al sonno della no e, i sabati e le domeniche… Questo mio hobby è sempre stato una sorta di dopolavoro, un’evasione che mi ricarica di energia». Un capitolo interessante sono state le navi legate alle spedizioni polari con tutto il fascino che il coraggio
MODELNAVILARIO
(s.bri.) L’associazione Modelnavilario presieduta da Giovanni Sala ha sede a Como nel centro civico di via Grandi 21(ex Circoscrizione 6). È nata alla fine degli anni Novanta per divulgare il modellismo navale che riguarda la riproduzione in scala di imbarcazioni antiche e moderne. I soci sono modellisti provenienti dalle province di Como, Varese, Milano e dal Canton Ticino. Tra le recenti iniziative spicca la mostra al Broletto di Como sulla “Storia della nave nel modellismo” che ha visto la partecipazione di circa 10.000 visitatori. (web.tiscali. it/modellistinavalicomo) Info: 031.306323.
dei pionieri di queste mete porta con sè. Storie leggendarie e conquiste apparentemente impossibili le e nei libri danno il la alla costruzione delle imbarcazioni. Così è arrivato il turno della Stella Polare del duca Luigi Amedeo di Savoia Aosta e della Fram del comandante norvegese Nansen, tu e e due a propulsione mista a vela e a vapore. «La cosa intrigante di queste imbarcazioni che solcavano i mari del
nord - ricorda Giovanni Sala - sono le a rezzature di coperta; le case e per i cani da sli a, i mulini a vento per attivare le pompe dei motori e i kayak per la pesca». A chiudere il cerchio è arrivato il modello della baleniera Charles W. Morgan, varata nel 1841, e ora di proprietà del Museo di Mystic di Seaport; un vero e proprio monumento nazionale degli Stati Uniti d’America.
La baleniera Charles W. Morgan è ora esposta al museo di Mystic di Seaport negli Usa Eppur non navigano | Mag Aprile 2014 | 91
GIOIELLI DI MODELLISMO Giovanni Sala, la sua passione per il modellismo l’ha portato a realizzare dei veri e propri gioielli.
Questa nave in legno, unica superstite di una nutrita flo a che nel 1836 contava 736 unità, solcò il Pacifico, l’Oceano Indiano, il Sud Atlantico sopravvivendo ad uragani, al ghiaccio e perfino a un a acco di cannibali nelle isole del Sud Pacifico. Poi nel repertorio di modelli realizzati da Giovanni Sala c’è stato il momento delle navi scuola come la Amerigo Vespucci, bellissimo veliero della Marina militare italiana, e la Palinuro, una gole a a tre alberi dallo scafo in acciaio chiodato a ponte unico. Un altro capitolo è stato quello dei panfili storici come il Savoia riservato alla famiglia reale italiana e l’Ele ra, la nave laboratorio di Guglielmo Marconi che utilizzò sino alla fine della sua vita per i suoi esperimenti sulle radiocomunicazioni. «Era un piroscafo a vapore - spiega il modellista comasco - dalla linea slanciatissima, un’archite ura navale dalla forma lunga e so ile che tagliava il mare. Sia L’Ele ra che il Savoia avevano i primi motoscafi in dotazione come scialuppe». In seguito arrivano i transatlantici come il Rex di felliniana memoria reso con una lunghezza di 160 centimetri e “l’inaffondabile” Titanic, un gioiello di tecnologia dalle dimensioni prodigiose
per quei tempi, realizzato in scala molto piccola(1:300). A questo punto arrivano le navi moderne, militari e mercantili, come la Stena Seawell che serve per l’assistenza e lo smantellamento delle pia aforme petrolifere. «Negli ultimi anni - racconta Giovanni Sala- mi sono dedicato ai rompighiaccio dai colori accesi e dalle forme insolite. Sono navi studiate per navigare su laghi, fiumi o mari dalla superficie coperta dal ghiaccio che hanno un particolare scafo e una grande potenza di propulsione. Il ga o che vive con noi è impazzito per i rompighiaccio. Infatti non ha mai toccato nessuno dei miei modelli, ma mentre stavo ultimando lo Yamal mi sono accorto che aveva rosicchiato parte della luce di prua e persino l’asta della bandiera. Probabilmente queste imbarcazioni sono di un’altra risma rispetto alle altre e anche il ga o se ne è accorto». E così tra le teche di casa Sala sono apparsi i modelli dell’Endurance, su cui ha sfilato la regina Elisabe a II nel 2005 per la rievocazione della ba aglia di Trafalgar, del James Clarck Ross, rompighiaccio di appoggio alle spedizioni polari e del sovietico Yamal, a prolusione nucleare, che porta i turisti in crociera al Polo Nord.
Eppur non navigano | Mag Aprile 2014 | 93
L’ARTE È IL MIO MODO DI COMBATTERE di Laura D’Incalci foto Carlo Pozzoni
La storia di Romano Clerici. Era paralizzato, oggi ha trovato nella pittura il suo modo di esprimersi. «Il pensiero di rimanere senza far niente, senza un lavoro e senza uno scopo per me era insopportabile. Disegnare mi ha costretto a guardare di nuovo la realtà»
S
coprire la propria vena artistica, insospettata e sconosciuta per anni, è un’impagabile soddisfazione. Tanto più se l’intuizione e il desiderio di prendere un pennello e cominciare a cimentarsi su fogli e tele, coincide con una conquista da guadagnare con tenacia, con la volontà di combattere l’improvvisa inerzia dei movimenti causata da una paralisi. Le parole di Romano Clerici sono poche, affiorano fra pause di silenzio, quasi bloccate dall’emozione, mentre ricorda i primi tentativi di muovere il braccio e la mano che sembravano senza vita.
94 | Mag Aprile 2014 | L’arte è il mio modo di combattere
Il trasporto della Titolo musica articolo | Mag | Mag Febbraio Aprile 2014 | 95
«Non ho mai perso le facoltà mentali, ma non riuscivo più a muovere gli arti, non potevo reggermi sulle gambe e non articolavo neanche una parola», dice riferendo l’evento drammatico che lo colpì nel 2001. «Non ricordo niente di quel momento», ammette lasciando che sia sua moglie Claudia a proseguire il racconto di quelle ore. «Era il 17 aprile quando è successo…un aneurisma gli aveva provocato un’emorragia cerebrale» dice ricordando la corsa all’ospedale. «Al Sant’Anna non c’era la neurochirurgia e quindi era stato portato d’urgenza all’ospedale di Varese… era in condizioni molto gravi dato che l’emorragia non si bloccava» ricorda ancora la signora Claudia descrivendo il momento angoscioso in cui i medici avevano prospettato solo un 2% di possibilità di salvargli la vita. Il signor Romano non ricorda quelle ore e quel dramma che ha sentito spesso raccontare da sua moglie; ricorda bene invece il suo risveglio dallo stato comatoso seguito all’intervento. «Quando mi sono accorto che non riuscivo più a muovermi né a comunicare, ho provato paura, ho
sentito che la mia vita era finita…», dice lasciando affiorare un disperazione difficile oggi da immaginare mentre è lui stesso a parlarne ripercorrendo i ricordi del periodo trascorso al centro riabilitativo “Villa Beretta” di Costa Masnaga. «In un mese mi hanno rimesso in piedi», dice mentre sua moglie precisa qualche dettaglio. «Ha iniziato la riabilitazione a giugno e dopo qualche settimana muoveva già i primi passi… per la facoltà della parola la rieducazione ha richiesto tempi più lunghi, ma è riuscito a recuperare bene». «Quando ho capito che il mio impegno nella fisioterapia era efficace, non mi sono più tirato indietro», prosegue lui mostrando come ora riesce a muovere anche le braccia e le mani. «Utilizzo meglio la mano sinistra della destra, sono partito da zero e ho iniziato a esercitarmi disegnando e dipingendo, tratteggiando con pazienza quello che vedevo e che non volevo lasciar sfuggire dalla mente», dice indicando l’esito di quell’impegno convogliato in un’espressione artistica che quando era in piena salute non avrebbe neanche immaginato di poter intraprendere.
«Quando mi sono accorto che non riuscivo più a muovermi e a comunicare ho provato una grande paura e ho sentito che la vita per me era finita, poi però...»
96 | Mag Aprile 2014 | L’arte è il mio modo di combattere
«Ho sempre lavorato fra i tessuti, fra tintorie e stamperie - ammette - ma mi occupavo di aspetti organizzativi e commerciali, ero spesso anche abituato a viaggiare per lavoro». Il suo sogno insomma era rimasto in un cassetto ben chiuso e Romano Clerici ha deciso improvvisamente di aprir-
98 | Mag Aprile 2014 | L’arte è il mio modo di combattere
lo solo nel momento in cui la sua esistenza aveva subìto un forte scossone, lo aveva messo di fronte ad una sfida difficile: «Tutto si era ribaltato, mi trovavo in una nuova condizione: pur migliorando nei movimenti, non potevo più fare la vita di prima e inizialmente mi ero visto un po’ perso…finché ho deciso di prendere sul serio quella mia
strana voglia di mettermi a disegnare che a volte anche in passato mi portava a fare degli schizzi, rapidi disegni sempre solo in bianco e nero». E oggi sono i suoi quadri a raccontare ancor meglio la sua rivoluzione esistenziale: paesaggi, folle, eventi sportivi, figure femminili, astratte geometrie incuneate nella raffigurazione di case, alberi, volti umani…sono delineati con tratti decisi, a colori variopinti e vivacissimi. Calamitano lo sguardo i quadri di Romano Clerici che, attraverso forme e alchimie di colori, sembrano spesso abbozzare un enigma attorno ai contorni delle cose reali, piuttosto che esplicitare messaggi lineari e univoci. Un aspetto che, alimentando le suggestioni insieme alla curiosità, in breve tempo ha attirato l’attenzione e moltiplicato gli estimatori delle sue opere. «Ho deciso di investire tempo nel disegno e nella pittura a tempera perché mi piaceva, ma non mi aspettavo alcun riconoscimento» ammette Clerici che nel novembre 2011 ha realizzato la sua prima mostra presso la Cà di Fraà di Casnate con Bernate - rendendo visibili i risultati del suo impegno e ottenendo consenso e stima del pubblico attorno alle sue realizzazioni. Un appuntamento recente - un’esposizione nello stesso contesto lo scorso ottobre - ha confermato un crescente interesse per la sua originale creatività artistica: «È stata un’emozione incontrare tanti visitatori, non avrei immaginato di raccogliere tanta simpatia», ammette tornando a ricordare l’inizio di quel suo ostinato tentativo avviato «solo per esercitare la mano, per imparare a non sco-
raggiarmi». E per vincere una sfida che non riguarda soltanto le tele e i pennelli: «Disegnare mi costringeva a guardare di nuovo la realtà, a lanciarmi in tante situazioni, a fare delle passeggiate o andare a vedere le partite di calcio… insomma non mi sono rinchiuso in me stesso» racconta. «È stata un’esperienza dura -interviene sua moglie - Romano non aveva ancora 50 anni quando era stato colpito da quel malore…e in quel momento la sua vita sembrava senza speranze. Devo ammettere che io stessa mi sentivo incapace di guardare oltre, di immaginare un futuro, non sapevo bene come aiutare i nostri figli, il grande aveva 17 anni e il piccolo solo 6...». «Intanto io riscoprivo i colori, i colori mi hanno aiutato, mi hanno spinto a prendere in mano il pennello… - la interrompe Romano - Ho dovuto impegnarmi a rieducare la mano sinistra, ho messo tutta la mia tenacia. Il pensiero di rimanere senza far niente, senza un lavoro e senza uno scopo, per me era insopportabile» ripete. Ma gli basta far scorrere lo sguardo sui suoi quadri, fissarne uno ancora da ultimare, per allontanare definitivamente quell’incubo.
«Alla prima esposizione non avrei mai immaginato di raccogliere così tanta simpatia e apprezzamenti»
L’arte è il mio modo di combattere | Mag Aprile 2014 | 99
di Emilio Magni Maggni
IL MIRACOLOSO “ACQUASANTEN” LÌ SI AGGRAPPANO I ROCCIATORI Amo la montagna con passione forte, anche se, pingue come sono, le grandi ve e sono quasi sempre state un sogno. Alcuni amici, ai quali ho mostrato una mia ingombrate immagine in cima al Brithorm, con il Cervino sullo sfond, hanno pensato inesorabilmente a un fotomontaggio bello e buono. Graziano Bianchi, amico e grande alpinista erbese, invece può testimoniare che è autentica. Fu, quell’avventura lontana, un piacevolissimo “öv föra del cavagnö”, tanto per citare parole che non tornano. Dunque mi devo accontentare dei rifugi. Raggiungerli per me è una gioia perché qui si ammirano panorami che spaziano sulle cime circostanti, oppure scendono giù nelle vallate si perdono lontano. Anche in una capanna in quota si prova la sensazione stupenda di toccare il cielo con un dito. L’atmosfera del rifugio è bella anche perché, lì tra le pareti coperte di assi che profumano di resina e di grappa, è facile fare amicizia e me ersi assieme ad altri escursionisti e chiacchierare, parlando, naturalmente di montagna. Ed è stato così che mi è parso di tornare indietro di mezzo secolo, quando qualche tempo fa, seduto nella veranda del rifugio “Bie i” sulla Grigna Se entrionale, ho ascoltato alcuni irriducibili appassionati della montagna che la “contavano su” beatamente. Uno di questi duri che ancora si divertiva, nonostante qualche “anta” sulle spalle, ad andare in roccia sfidando acciacchi, legge di gravità, prediche del medico e della moglie, raccontava di una sua recente salita su una assai conosciuta parete delle Prealpi tra l’Italia e la Svizzera, che nella sua carriera di rocciatore aveva già vinto altre volte. Durante la chiacchierata è venuto fuori che alla sua “bella età” però quell’impresa era da ritenersi troppo ardita. Questo dicevano alcuni degli amici che lo ascoltavano. Il coraggioso (o incosciente, a secondo dei punti di vista) e ostinato rocciatore riconobbe
che, per la verità, la sua era stata una performance un po’ troppo rischiosa. «Però - ha precisato - conosco bene quella via quindi sono andato sul sicuro». Ha aggiunto poi di essersi trovato solo una volta in difficoltà, quando verso la metà del percorso c’è un passaggio assai difficile. «Però savevi che sura gh’era un bel acquasantén», ha spiegato. Poi ha aggiunto che poi ha allungato, il più possibile ed ha raggiunto con la mano quel miracoloso ”acquasantén” e si è tirato su comodamente. Era tanto tempo che non sentivo più tirare in ballo gli “acquasantèt”. Cosa sono? Nel gergo della montagna sono quelle fosse e che la roccia ogni tanto offre, quasi come “salvavita”, lungo i suoi percorsi. E sono davvero una benedizione per i rocciatori quando sono in difficoltà. Anche perché talvolta tra engono l’acqua, queste preziose fossette nella roccia richiamano alla mente l’acquasantiera all’ingresso della chiesa oppure alle minuscole bacinelle decorate con motivi sacri che i contadini appendevano accanto al le o. Prima di coricarsi vi immergevano le dita per farsi il segno della croce e “ringrazià ul Signur”. Adesso questi ogge i così pieni di sacralità sono piccoli e ossessivamente ricercati pezzi d’antiquariato spicciolo, ma questa è tu a un’altra storia. Qualche giorno dopo l’escursione al “Bie i” ero di nuovo in montagna. Passando so o una parete molto frequentata dai rocciatori ho visto una bella ragazza che si arrampicava assai sì disinvolta. Mi hanno de o che è una delle più brave rocciatrici in Italia. Notavo pure come, nel suo procedre sicuro verso l’alto, sfru asse degli appigli naturali della roccia che mi sembravano proprio degli “acquasantét”. Quando scese glielo feci presente. Ma lei non sapeva nemmeno lontanamente, cosa fosse un “acquasantén”.
Le parole che non tornano | Mag Aprile 2014 | 101
di Paola Mascolo Grafologa.Membro della Société Française de Graphologie, iscritta Associazione Grafologica Italiana e Associazione Grafologi Professionisti. Perito grafologo, consulente tecnico del Tribunale di Como e rieducatrice della scrittura.
IL MARE CALMO DI SILVIA MAGNI Dalla scrittura del vice sindaco emerge un carattere metodico e con buone capacità organizzative. Ligia al dovere, non perde la pazienza. Ma è troppo conciliante e non sufficientemente grintosa
Una scri ura in cui misura e costanza sono le parole chiave. Con la sua grafia ondulata, curvilinea, senza eccessi e dal tra o omogeneo e nitido il vicesindaco di Como comunica il suo modo di essere. Spontaneamente diplomatica, Silvia Magni è donna di pensiero, ha un impulso mentale costante che difficilmente si esaurisce o si smorza. A iva, propensa al futuro, è metodica e ha buone capacità organizzative. Non vince nell’immediato, non se la corsa è breve, ma sulla lunga distanza è tenace e costante. Misurata nei modi, loquace e gentile, nutre un grande riconoscimento e rispe o per l’autorità. Ligia al dovere, è persona che si controlla molto, difficile farle perdere la pazienza. Concentrazione, memoria, precisione, operosità e spirito del de aglio, tu e o ime frecce al suo arco. Ha senso pratico, seppur si muova nel piano ideale con dimestichezza ed è a ra a da ideali per cui si ba e e si è sempre ba uta. Riesce a far confluire la parte ideale in azioni nelle quali non manca mai il suo reale coinvolgimento. Non si bu a però a capofi o nelle cose, non ha un’indole sanguigna, piu osto, calma e prudente. Capace di ascoltare gli altri, spesso questa sua a itudine viene un po’ fraintesa,
quasi come se la sua disponibilità nell’interessarsi agli altri (per Silvia sono molto importanti gli ideali a cara ere sociale) venisse trado a nell’incapacità di tener testa e in una sorta di arrendevolezza. Il meccanismo che motiva una persona così capace di mediazione è proprio il successo nel gestire le situazioni, Silvia Magni gestisce bene i confli i, lavora proficuamente in gruppo, non cerca mai il contrasto. Talvolta è forse troppo conciliante e dovrebbe essere più grintosa, graffiare ciò che ha di fronte. Ma graffiare non è termine che si accompagna al suo essere rice iva, curiosa intelle ualmente, comprensiva fino a farsi carico di dubbi che poi prontamente e saggiamente cerca di risolvere. Potrebbe sembrare di poco polso, magari influenzabile, di fa o il rischio lo corre, perché Silvia non sceglie mai posizioni intransigenti e rigide, non esclude mai l’altro, anzi, ne cerca una comprensione intuitiva spinta da uno slancio di sincero interesse. Nella sua du ilità rientra anche la possibilità di vedere le situazioni so o diversi punti di vista, ma nella positività dell’essere versatile si nasconde l’insidia della difficoltà di mantenere una linea sicura e determinata. La sua è un’indipendenza ricercata, Silvia è una lavoratrice instancabile, tiene sempre fede agli impegni presi, è affidabile. A fronte di tu o ciò ha imparato a sue spese a coltivare una tenerezza nascosta e a nascondere bene i suoi confli i interiori. Grande senso della misura, ma anche capacità di essere franca, questa è la bellezza di una persona discreta, modesta, che si sa fare apprezzare senza gesti eclatanti o azioni di grande effe o. In Silvia prevale un mare calmo a un’onda che s’infrange sullo scoglio delle difficoltà. Davanti a queste ultime pare inizialmente cedere, di fa o c’è un velo di arrendevolezza in lei, ma c’è la capacità di ritrovare forza ed energia e tirare dri o.
Tutto in un tratto | Mag Aprile 2014 | 103
di Elisabetta Broli
La Casa della poesia e l’Europa in Versi Como ci à appassionata di poesia. Quasi qua rocento persone, tra cui molti giovani, sono infa i intervenute al Festival “Europa in Versi” che si è svolto a Villa del Grumello nella giornata di sabato 22 marzo. Organizzato dalla “Casa della Poesia di Como” e dalla sua presidentessa Laura Garavaglia, ha proposto una dozzina di poeti provenienti da Russia, Estonia, Spagna, Portogallo, Turchia, oltre che dall’Italia: due
104 | Mag Aprile 2014 | Eventi Titolo articolo
nomi per tu i, quelli di Maurizio Cucchi e di Giuseppe Conte. Accanto alla poesia la musica, grazie ai brani cantati dal Coro da Camera Hebel dire o dal Maestro Alessandro Cadario e dagli studenti del dipartimento di Musica Ele ronica del Conservatorio di Como, che hanno proposto brani acusmatici composti appositamente sui timbri voci dei poeti; mentre gli studenti dei corsi di Musica Classica hanno eseguito brani liederistici. Molto apprezzate le performance di poesia e musica del poeta spagnolo Juan Vicente Piqueras, del violinista Jamal Ouassini e del poeta José Maria Micó. Grande successo anche della “Bo ega di Poesia” tenuta da Mario Santagostini, che ha dato pareri e consigli agli autori ancora “inesperti”. Come nelle precedenti edizioni, intermezzo musicale del soprano Consuelo Gilardoni accompagnata al pianoforte da Roberto Albini.
Aprile | 2014 | 105 TitoloEventi| articoloMag | Mag Aprile
di Arianna Augustoni - foto di M. Mombelli - ciren.eu
Gli occhi del Fai su Palanzo Rinasce il borgo medioevale
Ore 7 la sveglia, ore 9 il gruppo è al gran completo nel borgo di Palanzo, davvero a due passi dal cielo, dal punto più alto, dove per l’evento è stata aperta la chiese a di Santa Maria del Soldo e dove si domina tu o, spesso si è persino sopra alle nuvole. Nonostante il tempo fosse inclemente la Giornata di primavera del FAI a Palanzo, non ha avuto sbavature: tu o per il meglio, giusto per so olineare che il FAI è anche questo e che il “FAI un tuffo nel Medioevo” è stato un ba esimo ben riuscito, per la nuova delegazione di Como guidata da Silvia Caprile. Ma andiamo con ordine perché i preparativi hanno impegnato il gruppo per se imane e i momenti snervanti sono stati innumerevoli. Poco è contato infa i grazie alle guide, ai volontari, ai ciceroni, agli stessi delegati, agli alpini, al sindaco di Faggeto Lario e agli abitanti del borgo si è creato uno scenario da film, con un’accoglienza calorosa che ha permesso di chiudere la giornata con un sorriso, quello dell’amicizia. 106 | Mag Aprile 2014 | Eventi Titolo articolo
A coronare la giornata un parterre di tu o rispe o: il giornalista e scri ore Giuseppe Guin che ha incantato il pubblico con i suoi racconti di lago e sopra u o con la narrazione della vita di alcuni personaggi tipici del lago che nella loro esistenza hanno saputo “fare cose da Fai”, preservando e valorizzando cioè luoghi e oggetti espressione di una storia. L’incontro è stato accompagnato dalle musiche eseguite da “Les Fleurs des Maladives” e alla presenza del Prefe o di Como, Bruno Corda.
TitoloEventi| articoloMag | Mag Aprile Aprile | 2014 | 107
Fondazione Ambrosoli Un aiuto ai bambini Raccolti fondi per sostenere l’ospedale di Kalongo Il duomo era gremito. All’aperitivo al Sociale si faticava a girarsi talmente è stata generosa la risposta dei comaschi all’appello di Aiuta con Pic del gruppo Artsana e Fondazione Ambrosoli. Alla serata di benefi cenza con l’Ave Maria in Duomo e l’aperitivo al Sociale sono stati venduti 1.500 biglie i. Ogni biglie o, costo 20 euro, copriva le cure anti malariche di un bambino al
108 | Mag Aprile 2014 | Eventi Titolo articolo
Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo, in Uganda. I comaschi hanno risposto in massa all’evento organizzato da Aiuta con Pic per la Fondazione. L’aperitivo benefico è stato un successo che ha permesso di curare 1500 bambini. Felici della risposta Giovanna Ambrosoli, presidente della Fondazione e Francesca Catelli vice presidente del Gruppo Artsana.
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di Simona Facchini
“Cross the line”, serata giovane di arte, musica e spettacolo Esperimento riuscito al Sociale guardando a Expo 2015
A Como la musica ele ronica si balla a teatro. L’idea è di Marker, la nuova iniziativa di intra enimento culturale che guarda a Expo 2015 e che ha realizzato“Cross the line”, un mix di arte, musica e spe acolo in grado di a irare oltre un migliaio di giovani spe atori. Un esperimento che ha cambiato veste al teatro Sociale trasformandolo, per una sera, nel palcoscenico della musica ele ronica europea: via le 400 poltroncine della platea, la sala si è riempita di installazioni visuali, luci psichedeliche, sintetizzatori di suoni. Un’anima culturale rinnovata grazie alla mescolanza di linguaggi - cinque le performance live di artisti comaschi, milanesi e tedeschi, ma spazio anche alla danza, alla recitazione e all’arte culinaria - capace di segnare un sold out nel giro di 24 ore. Una priva volta che è stata una scommessa, ma che a breve sarà riproposta in altre due location d’eccezione, ovvero Cernobbio e l’Arena. Perchè, giurano gli ideatori, per tirare Como fuori dal buio della monotonia basta un’idea brillante e alternativa, fa a da giovani per i giovani. TitoloEventi| articoloMag | Mag Aprile Aprile | 2014 | 111
di Serena Brivio
La grande bellezza dello stile jep «C’è da scommettere che anche i signori più tradizionalisti sono pronti ad aggiornare il guardaroba con tinte più ardenti» «Le immagini di Servillo hanno colpito molto l’immaginario colle ivo - spiega Marco Cassina di Peter Ci - Il suo stile cancella ogni straccioneria, mai rigido ma assolutamente impeccabile. I completi hanno una morbidezza partenopea che ignora il rigore anglofilo dei grandi sarti di Savile Row. O ime le rifiniture, camicia aperta, diluvio di poche e nel taschino». Chic di giorno e di sera. Mai scontato: la regola di chi sa staccarsi con classe dalla moda ufficiale per distinguersi nelle affollatissime feste mondane.
L’exploit autopromozionale coincide con il colore: vibrante, come una pennellata che accende la luce dell’outfit. «C’è da scomme ere - continua Cassina - che anche i signori più tradizionalisti sono pronti ad aggiornare il loro guardaroba con tinte più ardenti come il rosso, ancora più spavaldo se accostato al bianco. Nella storia del costume è associato al potere, al lusso, alla ricchezza». De agli irrinunciabili? «Scarpe bicolori stringate e cintura in pelle coordinata - conclude l’esperto di look - E, naturalmente, occhiali da intelle uale».
Stile “Jep” nel film “la Grande Bellezza” la nuova giacca estiva: basta un’occhiata per riconoscerne il taglio sartoriale, la stoffa di pregio, le rifiniture e i colori da dandy. Una pale e che spazia dal bianco al rosso, al giallo, ma può allargarsi anche al verde e al turchese.
Idee (s) fashion| Mag Aprile 2014 | 113
di Carla Colmegna / c.colmegna@laprovincia.it
Carnevale di Schignano Emozioni sotto la maschera Emozioni, arte e colori sono gli ingredienti, cuciti su un canovaccio di ricerca storica importante, del libro “Il carnevale degli schignanesi - Emozioni so o la maschera” curato da Stefania Pedrazzani e Pierluigi Ga i. Vale la pena di consultare (fosse anche solo per riempirsi gli occhi con le belle foto), e di leggere (perché si impara davvero molto), il volume che non è solo un excursus di una festa, ma il racconto di una celebrazione,
quella del Carnevale, che per la gente di Schignano è molto di più che un divertimento, è un modo di essere e di interpretare la vita che affonda le sue radici nel tempo. A volte gli abiti dei mascheroni vengono perfino cuciti addosso a chi li veste e il volto degli umani, che prestano il corpo ai personaggi, è coperto con mascheroni intagliati. I copri-volto in legno sono opere d’arte e ricordano, in alcuni casi, le maschere africane. Ma non c’è solo
TARTUFI D’ITALIA Naturalista, fondatore e curatore della Sala Paleontologica nel museo Etnografico della Valle Sanagra, Attilio Selva ha firmato un libro interessante sul tema dei tartufi. Comasco, residente sulle montagne lariane, a Grandola ed Uniti, Selva è un naturalista che ha al suo attivo molte pubblicazioni che riguardano il territorio lariano. Ora nel nuovo libro “Tartufi d’Italia” si parla di storia, conoscenza, coltivazione, ma anche di addestramento dei cani da ricerca del tartufo, senza risparmiare un approfondimento sulla cucina con i piatti regionali. Davvero una guida interessante con tanto di appendice con le leggi che riguardano i tartufi, di glossario con i termini che riguardano i tartufi e perfino i modi attraverso i quali si cercano di scoprire le truffe del tartufo. “Tartufi d’Italia” Attilio Selva Attilio Sampietro editore 192 pag., 29 euro
gommapiuma, abiti apparentemente dismessi: sui corpi delle figure allegoriche ci sono anche pizzi preziosi. Ogni pagina è una piacevole scoperta. “Il carnevale degli schignanesi - Emozioni sotto la maschera” Bellavite, 159 pag. Associazione culturale La Maschera di Schignano, Comune di Schignano, Gruppo Azione Locale del Lario, Comunità Montana Lario Intelvese
UN NAIF ASTRATTISTA Un naif astrattista è scritto nel titolo del libro che Nodo Libri ripropone con uno sconto interessante, e in realtà per chi conosce Luigi Aimo Cerati la definizione è reale. Cerati è un artista particolare che ha sempre trovato la sua ispirazione negli oggetti quotidiani, nel territorio e perfino nel pavimento stradale delle vie che calpestava. Cerati infatti usava una tecnica particolare, che i profani assimilano al ricalco, ma che riesce poi a portare a risultati davvero originali. Nato a Mariano Comense, l’artista ha lasciato un segno interessante. “Luigi Aimo Cerati. Un naif astrattista” Nodo Libri Curato da Gerardo Monizza - illustrato 128 pag., 10 euro
114 | Mag Aprile 2014 | Scaffale
Le molte vite di Antonio Spallino Il saggio-biografia di Vincenzo Guarracino ne racconta la vita Da olimpionico a politico, da amministratore a bibliofilo Per molti, a Como, è rimasto “il Sindaco” per antonomasia, avendo ricoperto questa carica per tre mandati dal ’70 all’’85, interpretando la politica come servizio, con serenità e rigore, al punto da imprimere una fisionomia ben precisa alla ci à con interventi decisivi e fortemente innovativi (per tu i, la famosa Ci à Murata e la Spina Verde). Poliedrico e versatile, Antonio Spallino è stato molte cose insieme: oltre che amministratore, politico, pubblicista, bibliofilo, è stato sportivo di alto livello (olimpionico di scherma) e dirigente del Panathlon, a tu o imprimendo un tra o peculiarmente suo e rivelandosi capace di far tesoro dell’esperienza acquisita per riversarla in un armonico insieme. Accanto a ciò, merito non da poco, ha saputo coltivare e trasme ere un patrimonio di memorie, suo e di un’intera generazione, per mezzo della scri ura,
lasciando trasparire a raverso la sua filigrana la dote di talenti ricevuti e posti a fru o e tali da comunicare agli altri la forza e ricchezza del suo stesso sistema di valori. L’occasione per riparlarne è venuta dalla recente pubblicazione di un saggio-biografia, ad opera di Vincenzo Guarracino, presso l’editore Casagrande di Lugano. L’opera, una vera e propria storia di Como degli ultimi 50 anni, ne ripercorre vita e carriera amministrativa e sportiva e si fa apprezzare, oltre che la chiarezza della scri ura, per la ricchezza della documentazione basata su fonti documentarie, giornalistiche e fotografiche di assoluto interesse. ANTONIO SPALLINO Uomo, amministratore, sportivo, intellettuale Vincenzo Guarracino Giampiero Casagrande Editore, Lugano-Milano 2013 , pp.349, 18,00 euro
Scaffale | Mag Aprile 2014 | 115
di Bernardino Marinoni
L’oro verde di Diego Gaffuri Il colpo sensazionale della cannabis, sotto sequestro L’imputato aveva un alibi: era al cinema a Como Il debito con Totò viene pagato con discrezione nel commento musicale - di cui è autrice la bellinzonese Maria Bonzanigo, salvo errore alla prima composizione per il cinema - perché è inequivocabile in “Oro verde” di Mohammed Soudani l’ispirazione del personaggio interpretato da Diego Gaffuri a quello del Dante Cruciani dei “Soliti ignoti”. Un confronto evidentemente temibile; ma al suo Professore - quinto nella graduatoria mondiale degli scassinatori - l’a ore comasco imprime il cara ere necessario per un’interpretazione, magnifica, in corrispondenza perfe a col personaggio dell’unico “professionista” reclutato nella banda di sbandati che si propone di me ere a segno un colpo sensazionale: appropriarsi, senza colpo ferire, di una ingente quantità di cannabis, so o sequestro e prossima
all’incenerimento. Il Professore entra in scena trasportato su un motofurgone Ape, di suo rappresentativo del calibro della velleitaria impresa; poi Gaffuri lo compone liberamente, ma con la sapienza necessaria perché il vecchio malandrino risulti congruo ad una commedia che sposta la comicità fuori dai limiti della farsa: a improvvisare il colpo è un manipolo di disoccupati che spera di cambiare la situazione contingente di crisi. Mohammed Soudani, svizzero-algerino, con trascorsi di documentarista e alla prima prova con la commedia, (il film è prodo o, oltre che ambientato, in Canton Ticino), ha colto in sede di casting la potenziale relazione tra a ore e personaggio, poi manifesta nel Professore di Diego Gaffuri che tra orgoglio e ironia ne fa un vecchio aristocratico della “mala”.
UN ALGIDO SPILLO PUNGENTE “Un algido spillo pungente”. Potrebbe essere il verso di una poesia a intitolare il documentario di Renata Tardani, invece è una riga dell’acuminato diario di una delle ragazze che il film ritrae in viaggio con la comunità terapeutica di cui sono parte. Soffrono di disturbi della condotta alimentare, come li definiscono i medici, le affligge la ricerca di un’identità che la paura - di crescere, o della solitudine, o dell’abbandono - blocca in un’adolescenza di asperrimo disagio, con annesse complicazioni psico-sanitarie. La comunità è quella dello specifico Centro di Asso, unico in Lombardia, che rientra nell’attività del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna: “Un algido spillo pungente” è un film-verità dell’originale esperienza, un approccio terapeutico non tradizionale, di un viaggio in Israele del piccolo gruppo di ragazze di cui la macchina da presa di Renata Tardani si è fatta specchio, all’occasione - le buffe sedute di trucco - complice, sempre testimonianza di un dialogo interiore via via esplicitato da passi del diario, in voce fuori campo: “Un algido spillo pungente” si percepisce allora come piccolo grido della disperazione con la quale l’anoressia spinge verso la leggerezza di un volo, ma nell’abisso. Le immagini del documentario emergono dall’interno della “comunità in viaggio” e Gerusalemme, ma anche il kibbutz verso il confine libanese, i due poli del percorso in Israele, costituiscono le quinte, niente affatto interscambiabili (basti la visita al sacrario dell’Olocausto) di un’esperienza rivelatrice, amplificando le emozioni di chi ne è protagonista. Un ritratto di gruppo, perfettamente a fuoco nell’obiettivo di Renata Tardani, traboccante di umanità - giocoforza dolente.
116 | Mag Aprile 2014 | Grande schermo
L’a ore, punto fermo della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, ma la cui formazione risale al Portico degli amici, Teatro stabile di Como, con il Professore di “Oro verde” è stato addiri ura assimilato in sede critica agli interpreti svizzeri del film: quasi una ci adinanza onoraria in una storia il cui dichiarato sogge o deriva da un fa o di cronaca romanzesco la sua parte e al quale non furono malauguratamente estranei apporti lariani. Ne resta il resoconto negli a i del processo per il clamoroso furto di 1.660 chili di “erba” perpetrato in Ticino nella no e tra il 26 e il 27 o obre 2003 nonostante, riconobbe uno degli imputati, “sembrava di essere al circo” e un notissimo contrabbandiere comasco, pur riconoscendo di avervi avuto parte, respinse sdegnosamente l’addebito di averlo organizzato, tanto era stata dilettantesca l’impresa. Una tragicommedia, insomma; “Oro verde” ne ha estra o, come de o, il sogge o - c’era stato, realmente, un fabbro che sarebbe rimasto “il fabbro” anche negli a i processuali: l’invenzione del Professore perciò è tu a da ascrivere alla recitazione di Diego Gaffuri che ha messo a profi o la libertà accordatagli dal regista - sviluppandolo nel rispe o dei tempi che la commedia esige e in modi adeguati alla temperie sociale di cui vuole essere sardonica espressione. Per chiudere il circolo, risultò che uno degli imputati di quel processo si era procurato un alibi: era al cinema, a Como.
di Marinella Meroni
Le molestie sessuali È lo stress da habitat Di recente alcuni biologi hanno scoperto che la violenza sessuale è un fenomeno diffuso anche nel regno animale. La ricerca condo a dal dr. A.Parker dell’ Università di Liverpool e dal dr.T.Brock dell’ Università di Cambridge (pubblicata su Animal Behaviour) ha dimostrato che gli “stupratori” includono molte specie e spesso gli abusi sono praticati anche in gruppo. Lo studio ha rilevato anche un aspe o inquietante: questa condo a sessuale negli animali è in aumento e il motivo è dovuto sopra u o alla distruzione dei loro habitat che genera forti stress ed aggressività, tanto da far dimenticare le buone maniere. La lista dei “violentatori”è lunga:delfini, elefanti, trichechi, foche, oranghi, pinguini, la pecora bighorn, pennuti e inse i. I delfini, mammiferi tanto amati dall’uomo e dallo sguardo sorridente, possono essere anche violenti e crudeli, perfino gli squali li temono. I giovani maschi a volte “violentano” le femmine inseguendole in gruppo,anche per giorni, per poi costringerle ai loro piaceri. Questo animale è proprio un libertino, ed alla minima occasione parteciperà ad orge sfrenate senza distinzione di sesso o d’età. Le loro copulazioni sono sganciate dal bisogno procreativo. Lo stupro è in uso pure tra gli oranghi; si stima che il 70% degli accoppiamenti avvenuti di solito da sub-adulti maschi sulle giovani femmine sono costre i con la forza, mentre le oranghe mature sono in grado di proteggersi e difendersi. Alcuni scienziati tempo fa ripresero una scena alquanto strana:un maschie o di foca che cercava di “abusare” un pinguino. In principio pensarono si tra asse di un a acco a scopo alimentare, ma la foca continuò a giocare con la sua vi ima in modo chiaramente sessuale per quasi una ora, per poi lasciarla andare. Tra i mammiferi marini lo stupro e’ pratica abbastanza diffusa, maggiormente tra gli animali in cui il maschio e’ fisicamente più imponente della femmina, ed è più frequente nelle specie non monogame, e talvolta tra i giovani alle prime esperienze, capita che a subirlo siano femmine di altre specie. Fra i germani reali è possibile trovare gang di maschi intenti a molestare una compagna:le saltano addosso, la prendono violentemente per il collo, la stuprano, e poiché tu o ciò avviene in acqua, capita che la povere a venga tenuta so o, col rischio di annegare. Nei Rondoni e’ appurato che lo stesso maschio geloso e prote ivo della propria compagna,può diventare un molestatore di altre femmine incustodite. Gli studiosi hanno notato che durante la stagione dell’amore molti maschi, che difendevano le proprie femmine da potenziali rivali, una volta iniziata la cova della loro partner, cominciavano ad aggirarsi nella colonia alla ricerca di qualche femmina solitaria da ge are al suolo e copulare a forza, nonostante le violente reazioni di quest’ultima. L’etologo G. Stone dell’ Università di Oxford, riporta uno studio sull’ape solitaria (Anthophora plumipes), pure lei specialista in molestie sessuali. E poi le mosche scorpione: i maschi hanno una specie di pinza la cui unica funzione è quella di immobilizzare le mosche di sesso opposto per l’accoppiamento forzato. Ci sono dati che riportano perfino di elefanti che stuprano e uccidono rinoceronti, i biologi hanno espresso l’ipotesi di stress sommato ad una mancanza di educazione, dovuta alla frammentazione degli habitat e alla morte precoce degli adulti dovuto alla caccia illegale. Gli animali vanno rispe ati e sopra u o dovrebbe essere tutelato l’ambiente in cui vivono. Troppo spesso egoisticamente lo scordiamo!
Titolo articolo | Mag Aprile 2014 | 117
di Luca Meneghel
La golf destination del Lario Un sito punto di riferimento per gli appassionati ma anche una vetrina aperta al mondo del turismo È un punto di riferimento per gli appassionati locali, ma anche una vetrina aperta al mondo del turismo. Il sito Golf Lake Como (h p://www.golflakecomo.it/) è la casa virtuale di se e prestigiosi club sparsi sul territorio lariano, dal circolo Villa d’Este a Montorfano a quello di Lecco passando per Monticello e Carimate. Il sito è stato realizzato in collaborazione dalle province di Como e Lecco per promuovere il Lario come una “golf destination”, dove alternare pomeriggi sul green a escursioni alla scoperta del territorio. Se lo scopo del sito è ovviamente a irare appassionati e visitatori nel Comasco, il fa ore sport gioca un ruolo fondamentale. E su questo fronte il portale è davvero ben confezionato: per ogni club associato alla famiglia Golf Lake Como viene fornita una descrizione de agliata, con tanto di piantina delle buche e la lista dei servizi offerti. La vacanza ideale per gli amanti del golf passa da sette destinazioni: La Pinetina Golf Club, Golf Club Lecco, Circolo Golf Villa d’Este, Golf Club Carimate, Menaggio e Cadenabbia G.C., Golf Club Monticello e Golf Club Lanzo. L’home page è sempre aggiornata con le ultime novità. Grande risalto, in queste se imane primaverili, ha la prima edizione del Golf Tour 2014 organizzata dai se e circoli associati: la prima gara si è svolta a Monticello il 9 aprile, l’ultima si terrà a Lanzo il 23 se embre; la finale si disputerà poi in Tunisia nel marzo 2015. Nella
sezione campi da golf - anche a raverso una piantina dinamica che consente di individuarli immediatamente sul territorio - vengono presentati i singoli club, ognuno dei quali ha una pagina dedicata con mappe de agliate, informazioni e cenni storici. Scopriamo così che sul libro d’oro del Circolo Villa d’Este “figurano le firme di Re Leopoldo del Belgio e della Regina Liliana de Rethy, del loro figlio Baldovino che succederà al padre sul trono, di Edoardo d’Inghilterra, di Alfonso XIII di Spagna, di Costantino di Grecia e di tu i i bei nomi dell’aristocrazia europea”, ma anche il fior fiore del cinema mondiale con Clarke Gable e Bing Crosby. E se il Golf Club di Monticello “ha visto l’affermazione di alcuni fra i più grandi giocatori del mondo: Sam Torrance, Sandy Lyle e Greg Norman”, il Menaggio e Cadenabbia G.C. - con una spe acolare vista sul lago - “è il secondo Golf Club più antico in Italia e fu fondato da un gruppo di Gentlemen inglesi nel 1907”.
singoli circoli e risultati finali. Chi arriva sul Lario a fini turistici troverà anche suggerimenti interessanti per l’alloggio nella sezione Hotel e per le escursioni nell’area Il Lago di Como, che invita a prendersi una pausa dai campi verdi per visitare il territorio. Grande è anche l’a enzione al meteo, con previsioni del tempo de agliate e webcam che trasme ono immagini in tempo reale da alcuni circoli. Golf Lake Como è presente anche sui social network. Dallo scorso se embre la pagina Facebook del portale (h ps://www. facebook.com/golflakecomo) riprende le ultime notizie e consente ai giocatori di commentare le iniziative in campo e le competizioni appena disputate. L’account Twi er (@GolfLakeComo) è invece una via sicura per non perdere neppure un aggiornamento dai se e golf club più prestigiosi del Lario.
SEGNALAZIONI IAGTO www.iagto.com L’International Association of Golf Tour Operators è un punto di riferimento per il turismo legato ai campi da golf OLINAD GOLF & TOURS www.golfinlakecomo.com Un’agenzia turistica di Como specializzata in viaggi a tema Golf OSPITI PER CASA www.ospitipercasa.com Non solo alberghi di lusso: questo sito presenta diversi Bed & Breakfast lariani.
Dal sito è possibile prenotare dire amente i campi, chiedendo on-line la disponibilità del green per un determinato numero di giocatori, mentre la sezione Gare raccoglie tu e le competizioni organizzate dai
Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG?
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Navigazioni lariane | Mag Aprile 2014 | 119
di Pietro Cantone
«Aiuto dottore… Arrivano i pollini!» Tutti i consigli per combattere le allergie di stagione Arriva la primavera ed eccoli qui… i temuti nemici degli allergici… i pollini. Vediamo un po’ cosa sono e come comba erli. Il polline è il seme maschile dei fiori. È costituito da piccoli grani di forma diversa nelle specie vegetali, invisibili ad occhio nudo. Tra le famiglie vegetali implicate nell’allergia al polline (de a anche pollinosi) vi sono in primo luogo le graminacee (erba mazzolina, gramigna, logliarello), gli alberi come le oleacee (olivo, frassino), le betulacee (betulla, ontano), le corylacee (nocciolo, carpini), le cupressacee (cipressi) e le piante erbacee come le urticacee (parietaria) e le composite (assenzio, e ambrosia). La pollinosi si produce nelle persone allergiche quando la concentrazione del polline nell’aria raggiunge una determinata soglia. I pollini possono causare nei pazienti sensibilizzati fastidiosi sintomi come la rinite allergica primaverile spesso associata alla congiuntivite, l’asma bronchiale e più raramente sintomi cutanei come prurito, orticaria o un peggioramento della dermatite atopica. Gli alberi producono polline da gennaio a maggio, le graminacee da aprile a fine luglio e le erbacee da marzo ad ottobre. Quindi i pazienti allergici ai pollini hanno davanti una lunga stagione di fastidio. Le stesse piante in montagna (ad altitudini di 600-1000 metri) emettono i pollini un mese più tardi rispetto alla pianura: attenzione quindi alla scelta della data delle vacanze. Che cosa si deve
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fare quando si è allergici ai pollini? Seguire attentamente le istruzioni del medico sull’uso dei farmaci antiallergici; conoscere le piante che liberano i pollini causa della propria allergia e il calendario di pollinazione consultabile su internet. Ovviamente è impossibile evitare qualunque contatto con il polline. È però possibile limitarne i danni durante la stagione pollinica: chiudere i vetri quando si va i n a u t o m o b i l e ; n o n a n d a re in bicicletta o in motorino; evitare campeggi e picnic; andare in vacanza in località marine ove la concentrazione pollinica è minore. Ricordare che al calare del
Dott. Pietro Cantone
giorno la densità pollinica è massima ed occorre chiudere dunque le finestre. Evitare la campagna ed i luoghi in cui l’erba è stata tagliata di recente. La concentrazione dei pollini nell’aria aumenta nelle giornate ventose, e con clima caldo (25-30° C) e con un’umidità del 60-90%. I pollinosici debbono sempre fare la doccia la sera al rientro in casa. Salvo rare eccezioni le persone allergiche possono coltivare o tenere in casa i fiori senza pericolo poiché i pollini dei fiori colorati e odorosi si propagano pochissimo nell’atmosfera. Il miele e la pappa reale possono invece contenere del polline che ingerito può causare reazioni anche gravi.
dottorpcantone@gmail.com
Medico Chirurgo, Specializzato in Pediatria e Puericoltura ed in Immuno-Allergologia Responsabile dell’Ambulatorio di Allergo-Immuno-Pneumologia Pediatrica Azienda Ospedaliera S.Anna-Como
di Tiziano Testori
Un’estetica ottimale grazie agli impianti La prevenzione e il corretto trattamento delle patologie sono strumenti fondamentali per garantire la salute orale Molti pazienti sono sce ici che si possa o enere una o imale estetica con gli impianti, ti raccontano che i loro amici hanno avuto esperienze negative e che loro stessi si sono resi conto del risultato estetico poco soddisfacente quando il loro amico sorrideva. Innanzitu o bisogna valutare se gli impianti sono la scelta terapeutica giusta perché è più difficile raggiungere un risultato ottimale con gli impianti, come più volte sostenuto in queste rubriche il mantenimento dei denti naturali deve essere la prima scelta sopra u o quando siamo in fasce di età basse. Guadagnare del tempo con i denti naturali quando un paziente è giovane è una opzione che deve essere sempre presa in seria considerazione. Tu avia ci sono situazioni cliniche in cui gli impianti diventano l’opzione meno invasiva e sono tu i i casi in cui i denti non sono più recuperabili per patologie non tra abili come il caso di seguito illustrato in cui la paziente presentava una fra ura della radice di un dente e un riassorbimento della radice del dente vicino. In questi casi l’implantologia perme e di non limare i denti vicini e di eseguire i due denti singoli. In casi selezionati il miglior tra amento è il carico immediato cioè posizionare gli impianti e le corone provvisorie nella stessa seduta per poi finalizzare il caso con corone in ceramica integrale che non presentano metallo e perni in zirconio. Tu avia questi tra amenti richiedono, come si dice in medicina, una buona curva di apprendimento che, trado o in parole semplici, vuol dire bisogna
122 | Mag Aprile 2014 | Il bello della salute
avere esperienza nel trattare questo tipo di casi. Quando invece i denti sono persi da molto tempo, la zona va incontro ad
atrofia cioè l’osso si riassorbe nei tre piani dello spazio e per o enere un’estetica soddisfacente bisogna quasi sempre rigenerare l’osso perso e non
è possibile fare il carico immediato, posizionare i denti subito dopo la chirurgia. In alcuni casi non si riesce nemmeno a posizionare l’impianto se non dopo aver rigenerato l’osso. Il
tra amento è più lungo, diviso in varie fasi ma questo è il prezzo per o enere estetica a lungo termine. Quando dobbiamo fornire un tra amento estetico che duri nel tempo bisogna avere pazienza, e pur avendo scri o con il mio gruppo universitario un libro sul carico immediato, in zone estetiche spesse volte non lo applichiamo perché troppo rischioso, nel senso che non si riesce ad o enere un risultato estetico adeguato. Il paziente deve capire che ogni caso è diverso dall’altro. Non si possono standardizzare le terapie per tu i i pazienti nè pensare che la propria situazione clinica sia identica a quella dell’amico. Come più volte ribadito in queste rubriche, la diagnosi è fondamentale perché esiste una sola corre a diagnosi e diversi piani di tra amento per la stessa situazione clinica. Non esiste quasi mai un solo modo per risolvere il proprio caso clinico, importante è scegliere il tra amento migliore per la propria condizione clinica.
Prof. Tiziano Testori www.tizianotestori.eu Professore a contratto Università degli Studi di Milano
di Franco Brenna
Viso e denti più belli? Frutta e verdura da mane a sera La mela aiuta a mantenere le gengive sane e combatte i batteri e mai dimenticarsi di bere almeno due litri di acqua al giorno Un viso liscio come una pesca? Un dente luminoso come una cascatella della Val Perlana? Me ete nel cassetto ancora per qualche mese i proge i di ricorrere ai consigli, per la verità davvero strabilianti, dei colleghi della pagina successiva e del so oscri o e bevetevi un bel bicchier d’acqua accompagnandolo ad una bella insalata di fru a o di verdura. O errete presto maggior elasticità cutanea e miglior tono stru urale. Questo, ad ogni santo pasto. Non fatevi mancare l’acqua (2 lt. al giorno!), non dimenticatevi la verdura, sopra u o cruda o semicruda e favorite la fru a come spuntino tra un pasto e l’altro o come pasto delle tredici sbizzarendovi nel mescolare kiwi e banane o mele della Valtellina con prugne di Sala Comacina. Questo per almeno due, meglio tre volte a settimana. E le “sacre zanne”? Cosa c’entrano in tu o questo? Come cosa c’entrano!? “Fare crudismo”, non da assolutisti - naturalmente - è un vero toccasana anche per i nostri denti, per la nostra masticazione, per la digestione e per la linea. Ma con i denti più bianchi? Che ci azzecca? State a enti: secondo una ricerca del Wake Forest Baptist Medical Center, fru a e verdura sono tra gli alimenti che fanno meglio alla salute: anche della bocca. Ricchi di vitamine favoriscono la pulizia dei denti durante la masticazione e aumentando la salivazione, dove sono insite sostanze disinfe anti, svolgono anche un effe o prote ivo. Un fru o per tu i? La Mela. Pare che aiuti a mantenere le gengive sane e comba e i ba eri che causano la placca. Forte antiba erico anche il seda-
no così come i broccoli: concentrato multivitaminico, se assunti crudi o co i al vapore, contrastano problemi di gengivite e aiutano a mantenere la bocca sana. Stesso discorso per i cavolfiori. Contengono acido citrico gli agrumi, che assicurano un’azione smacchiante e disinfe ante. Lo sapevate che sfregando sulle “sacre zanne” l’interno della buccia d’arancia si a ua un’azione sbiancante naturale? E che dire della salvia? Possiede un forte potere antise ico che provvede a proteggere le gengive; lavate alcune foglie fresche e strofinatele con vigore su denti e gengive, l’effe o benefico e rinfrescante è assicurato. E se il finocchio è un o imo detergente, le fragole contengono acido malico, astringente naturale che aiuta a sbiancare i denti. Se non abbiamo problemi di dieta diamo una preferenza al santissimo
Olio d’Oliva ( lo sapete che in Tremezzina e sul Lario in generale vivono gli uliveti produ ivi più a nord d’Europa?) che grazie alla sua bassa acidità a acca le macchie sui denti senza abradere lo smalto. E già che ci siamo spendiamo una parola sui formaggi, ricchi di calcio, rinforzano osso di supporto e collateralmente la dentatura. Pazienza, vorrà dire che per pochi e i in più sulla bilancia, potremo sfoggiare un sorriso potente e brillante. Agli sbiancanti del dentista ricorreremo d’inverno, quando sole e natura si assopiranno. D’ora in avanti evviva la luce e i fru i ad essa connessi. Buona Pasqua!* * Una bela insalatina di furmentin con l’uve de la galena nustrana, l’oli de la Tremezzena, n’zic de saal, un quai profum de erba…e semm foera de l’invernu!
Il bello della salute | Mag Aprile 2014 | 123
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di Eugenio Gandolfi
Duecento videorisposte possono bastare? Per combattere incertezze, dubbi e idee preconcette circa la chirurgia estetica «Fatemi tutte le domande che volete. L’unica sbagliata è quella non fatta». Una delle cose su cui insisto sempre con le pazienti che visito è: «Fatemi tu e le domande che volete. Non abbiate timori di alcun tipo. L’unica domanda sbagliata è quella non fa a». Insisto, perché so bene quanti siano gli aspe i “misteriosi” della medicina e della chirurgia estetica, insieme alle incertezze, ai dubbi, alle idee preconcette, alle informazioni sbagliate che un colloquio franco e disteso con uno specialista serio può correggere e chiarire definitivamente. Questa stessa impostazione abbiamo voluto riprodurre anche sul nuovo sito di Academia Day Clinic (www.academiadayclinic.ch) in una sezione che ritengo davvero molto importante, quella delle videoguide. In tu i questi anni di esperienza, in effe i, i miei colleghi e io abbiamo pensato, raccolto e catalogato le tante risposte che abbiamo avuto occasione di dare ai nostri pazienti. E da queste risposte - io già da tempo, i miei colleghi in quest’ultimo periodo - stiamo ricavando una serie di filmati molto essenziali, brevi, ma che hanno l’ambizione di fornire risposte chiare a domande precise. Anche per allontanarci il più possibile dalla “nebulosità” e dal gergo medico che, di tanto in tanto, si è tentati di usare. Date un’occhiata a questa parte del sito. Troverete le domande organiz-
zate - come tu o il sito per altro - in modo molto chiaro, intuitivo e immediato, in modo da non farvi perdere tempo e da fornirvi rapidamente una prima risposta alla vostra curiosità. Facciamo un esempio: se foste interessati alla chirurgia estetica e voleste approfondire l’argomento della liposcultura, partendo dalla Home
ste sui 20 argomenti di medicina estetica più interessanti del momento. A tutti i vostri dubbi e alle vostre curiosità troverete risposte chiare e precise su www.academiadayclinic. ch che potrete consultare anche dal vostro smart Phone. So bene che non è ancora tu o. Siamo costantemente impegnati nel poco tempo che il nostro lavoro ci concede a realizzare nuovi filmati per le nuove tecniche di chirurgia e medicina estetica che continuiamo a sperimentare e ad ado are e per le nuove domande che nascono tra i pazienti. Tornate spesso a visitare il sito, perché gli aggiornamenti sono costanti. Ma, specialmente, venite a visitarci, perché sicuramente ci sono alcune risposte che possiamo darvi solo di persona: quelle su di voi! A presto!
Page, con solo due click arriverete in una pagina dove troverete 25 domande che voi stesse potreste porvi: quanto devo stare a riposo dopo l’intervento? Quanti chili posso perdere in un intervento? Che differenza c’è tra una liposcultura e una liposuzione? Rimangono cicatrici? Si possono far scomparire? Se invece le vostre curiosità si concentrano sulle tecniche non invasive di medicina estetica, sempre con due click troverete più di 100 video rispo-
ACADEMIA DAY CLINIC Il luogo in cui la scienza protegge, cura e ricrea la vostra bellezza, con e senza bisturi e con risultati sempre naturali è a Chiasso, nel Quartiere Arcadia, in via Livio 20, tel: +41(0)91 682 62 62. Numero telefonico riservato alla clientela italiana (+39)031303003 E da oggi, con il nuovo sito, anche su Internet, all’indirizzo
www.academiadayclinic.ch Il bello della salute| Mag Aprile 2014 | 125
di Alessandra Uboldi ARIETE 21 MARZO - 20 APRILE È il mese del vostro genetliaco e avete a disposizione un ottimo Mercurio, un Sole e un Urano nel segno. Ciò non faciliterà i rapporti a due tanto che dovrete evitare decisioni affrettate di cui vi pentireste. Potrete contare sulla collaborazione di colleghi che saranno in sintonia specie se del segno dello Scorpione e dell’ Acquario mentre con Vergine e Cancro vi saranno polemiche. L’energia non mancherà così come la voglia di strafare ma sarà utile che voi limitiate gli sport e badiate piuttosto alla tavola dove la dieta sarà leggera ma equilibrata. TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO Giove vi suggerisce idee e scelte lungimiranti anche se vi sarà da discutere con superiori che non sono d’accordo. Con Cancro e Bilancia si troveranno alleati mentre saranno da evitare sia i Gemelli, sia gli Scorpioni. L’inizio del mese non sarà ottimo per la salute e si accompagnerà a piccoli disturbi fastidiosi che troveranno miglioramento verso la metà ed anche il vostro aspetto sarà più piacevole e curato e potrete anche dedicarvi ai primi sport all’aperto dopo il periodo invernale. Ottime le camminate in montagna. GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO L’amicizia è la favorita più dell’amore poiché Venere è lontana per cui le dimostrazioni d’affetto saranno contenute e le vostre manifestazioni saranno indirizzate verso la primavera e i nuovi incontri che si possono fare. Non vi sentirete comunque soli con tanti amici e numerosi nuovi interessi. All’inizio andrà tutto sotto tono nel campo del lavoro poi l’arrivo di Mercurio porterà nuove iniziative, intraprendenza idee brillanti. CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO La bella primavera e la bella presenza di Venere vi rendono felici e soddisfatti del vostro rapporto sentimentale tanto da intensificare la vicinanza e le attività comuni. Il romanticismo trabocca e addolcisce regalandovi sogni che non pensavate possibili. Ciò dovrà diventare un tesoro per superare gli intralci numerosi che si avranno sul lavoro che sarà costruttivo solo nella prima e nell’ultima settimana. Armatevi di pazienza e non fate passi azzardati di cui poi vi pentireste. Molto desiderio di buona tavola in compagnia di amici e poca disponibilità a sport e movimento. LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO Nel rapporto userete diplomazia e maggior calma senza cadere nelle tentazioni di nuove avventure e strade sconosciute. Stessa raccomandazione alla calma e all’attesa anche nel lavoro dove in aprile rimedierete ad errori fatti precedentemente con troppa irruenza e rischio. Avete desiderio fortissimo di muovervi, essere attivi, quasi eccessivi ma Marte dissonante non corrisponde ai vostri desiderata e rischiate di mettere troppa carne al fuoco e di trovarvi spompati a metà dell’opera .
126 | Mag Aprile 2014 | Oroscopo
VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE Il vostro ordine mentale e la rigorosa autocritica sono garanzia di riuscita anche nei primi giorni del mese quando i pianeti non sono propriamente benevoli e permetteranno di vagliare proposte e novità che vi vengono sottoposte con l’intesa di decidere in seguito. Con Bilancia e Sagittario anche le discussioni più accese saranno fonte di novità e buoni spunti mentre con Ariete e Pesci sarà faticoso lavorare gomito a gomito. Le energie saranno giuste per una ripresa in grande stile di attività sportive specie all’aria aperta anche solo con camminate e passeggiate sulle nostre montagne. Non avete mai dimenticato gli amici coi quali amate riunirvi in serate distensive e piacevoli. BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE Verso fine mese vi sarà un riaggiustamento e una calma ritrovata. Anche sul lavoro non vi sarà un sereno viaggio con molta conflittualità e caos con alterchi e discussioni e la collaborazione sarà un’utopia con divergenze nelle valutazioni e la vostra aggressività non sarà seconda a nessuno. Vi potranno aiutare i Toro e i Vergine mentre con Gemelli e Pesci la convivenza sarà davvero faticosa. Fisicamente eccitabili nervosi vi sentirete incapaci di accudire a tutti gli impegni che la vita vi propone e vagheggerete un viaggio in luoghi esotici col caldo del sole che vi riscaldi e nessun impedimento né intralcio. Purtroppo né gli impegni né la disponibilità economica vi aiutano. Dedicatevi a tecniche di relax e joga in attesa che il Cielo vi sia più amico. SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE Grandiose prospettive sul lavoro con stimoli fattivi,opportunità nuove poiché Urano è ben sistemato nel settore astrologico del lavoro e Saturno vi renderà determinati e pronti ad ogni novità. Il vostro entusiasmo sacrificherà qualche week-end al lavoro o farà le ore piccole per risolvere un problema. Rosee prospettive con Ariete e Leone mentre con Toro e Capricorno la vostra bonomia e disponibilità saranno messe a dura prova. Fate attenzione a non essere avventati negli sport eccessivi e ai movimenti esasperati perché siete soggetti a infortuni, stiramenti, strappi. Le energie non saranno sovrabbondanti e vi troverete meglio godendo del tempo libero con attività rilassanti che parimenti vi rendono felici: letture, amici con cui discutere, serate in buona compagnia. SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE L’entusiasmo si propagherà a tutto il vostro mondo ed anche sul lavoro le inevitabili contrarietà saranno affrontate con più diplomazia e pazienza accettando anche di mettere in discussione vecchie teorie o prese di posizione. Forse non sarà il mese per grossissimi guadagni ma si potrebbero ottenere miglioramenti e porre le basi per future trattative. Fino al 7/4 la quadratura di Mercurio non faciliterà successi come i giorni centrali del mese. Tenete la controparte sulle spine ma non cedete al ribasso. Consultatevi con persone Capricorno o Vergine che vi sono in sintonia mentre la competizione
è tesa con Leone e Acquario. Ottimo al contrario lo stato fisico con l’impennata a metà mese perché Mercurio che potrebbe rendervi facili a piccoli disturbi di stagione come riniti e allergie. Riprendete lo sport con entusiasmo anche superando la proverbiale pigrizia. CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO Le incombenze quotidiane del vivere a due saranno un peso leggero da reggere perché vi sentirete ricchi di entusiasmo e ottimismo. Ciò nonostante non perderete di vista il fattore” soldi” che resta sempre all’ordine del giorno e cercherete di incrementare le vostre entrate con l’idea di attuare un progetto che da tempo accarezzate ma non è il momento propizio per la posizione di Giove. Le novità migliori saranno nella prima e ultima settimana del mese. Se vi sentirete la necessità di un consiglio rivolgetevi a chi è nato sotto il segno dei Gemelli e del Sagittario mentre discussioni saranno facili con Cancro e Scorpione. Fisicamente poco resistenti, potrete prendervi una pausa che le dissonanze di pianeti importanti rendono indispensabile. Certamente non sarete socievolissimi e preferirete relax solitari in famiglia con tranquilli divertimenti non impegnativi. ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO Le opportunità lavorative sono buone ma non eccellenti anche se riuscirete a risolvere situazioni di stallo che la quadratura di Saturno vi presenta e potrete persino fare utili conoscenze per futuri rapporti. Siate molto attenti con questioni legali che potrebbero nascondere tranelli. Con Ariete e Cancro, ottima intesa mentre con Leone e Sagittario non mancheranno scintille. Con Marte-Urano le energie non difettano e il benessere si farà sentire su diversi piani: sociale, intellettuale, sportivo per cui vi troverete in eccesso di impegni che non sempre potrete assolvere e potreste anche essere infastiditi da nevralgie e strani mal di schiena che sono un cattivo regalo di Saturno in quadratura. PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO L’intesa mentale sarà perfetta: grazie a Giove vi sentirete appagati, Saturno darà solidità ai vostri rapporti e Nettuno regalerà emozioni mentre Venere colorirà tutto di rosa Avete il meglio a portata di mano e sarà bene che non ve lo lasciate sfuggire. Anche il lavoro va a gonfie vele facendovi molto perspicaci per fiuto nella scelta di collaboratori mentre se avete cambiamenti da realizzare questo è il miglior periodo e buone sono anche le prospettive per chi è alla ricerca della prima occupazione. La sintonia con Leone e Gemelli è buona mentre sarete agli antipodi con Bilancia e Vergine. L’entrata di Venere nel segno porterà uno stile più rilassato e maggior attenzione anche a voi stessi curando il vostro corpo, occupandovi dell’aspetto esteriore con un po’ di vanità. Allegri e vivaci sarete benvoluti dagli amici ma amerete anche trascorrete belle serate in famiglia.
di Federico Roncoroni
I sette peccati capitali (Gola) Il peccato di gola oggi non è un peccato molto considerato. I tempi di fa o sono cambiati. Condannati gro escamente da Dante all’inferno, e sanzionati piu osto duramente dalla suorina che ci preparava alla Prima Comunione e che vedeva in quello di gola l’unico peccato veramente all’altezza di un branco di se enni, i golosi, più che rei di un vizio capitale, sono riguardati come i colpevoli di un peccato contro la propria estetica e la propria salute che porta, oltre che all’aumento della spesa sanitaria, alla dislipidemia, all’obesità, all’anoressia e peggio. Con una grave banalizzazione, direi, del problema, perché la gola dovrebbe essere piu osto giudicata un peccato sociale: l’eccesso di cibo e di bevande e l’amore smodato per le cose tanto raffinate quanto superflue, colpa nefanda di tu e le società moderne, sono un’offesa per quanti, nel mondo e anche a casa nostra, non hanno neanche il necessario per campare.
Per rovinare l’uomo, lo spirito di disubbidienza e la superbia si valsero del più banale dei peccati: il peccato di gola. Massimo Tagliaferri
Il peccato di gola ha cinque figlie: la sciocca allegria, la scurrilità, la chiacchiera, l’impurità e l’o usità della mente nell’intendere. Gregorio Magno
Ci sono due modi classici di morire: di fame e di indigestione. Enzo Ferrari
La golosità comincia quando non si ha più fame. Alphonse Daudet
Il peccato di gola è stato sconfi o non dai preti ma dai dietologi, non dall’etica ma dall’estetica. Marcello Sensini
Gola e vanità sono due passioni che crescono con gli anni. Alessandro Manzoni
A quanto risulta, l’unica persona a ualmente all’inferno per gola è Linda Lovelance. Filippo Linati
I medici lavorano per conservarci la salute, i cuochi per distruggerla, ma questi ultimi sono più sicuri del fa o loro. Denis Diderot
I peccati esigono calorie, la gola gliele fornisce. Cesare Marchi
Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere. Charles Baudelaire
Le cose più belle della vita o sono immorali o sono illegali oppure fanno ingrassare. George Bernard Shaw
Gli aforismi del mese| Mag Aprile 2014 | 129
di Francesco Angelini
LA PROVINCIA È ANCHE IDENTITÀ Si va verso l’abolizione definitiva di un’istituzione poco percepita come tale ma che in senso lato interpreta il vissuto e le caratteristiche di una comunità. Più della Regione. Francesco Guccini cantava “la grazie e il tedio a morte del vivere in provincia”. Ma adesso che le Province muoiono so o i colpi della falce iconoclastico-istituzionale di Renzi come cambierà la nostra vita? A Como invero la Provincia è già stata sepolta o meglio ne sopravvive un simulacro che a ende lo smantellamento definitivo. La riforma in itinere al Parlamento chiarisce che queste istituzione vanno svuotate ma lascia aperto il dubbio dell’aspe o territoriale e identitario delle province. In teoria, una volta completato l’iter della legge costituzionale che le abolisce dovrebbero cadere anche i confini che ora separano Como da Lecco, Varese, Sondrio, Monza-Brianza e Milano. Questo significa che non saremo più comaschi, lecchesi ecc… ma tu i lombardi. In pratica tu i uguali. E questo, dal punto di vista dell’identità, non andrà giù ai tenti che ci tengono a distinguersi da coloro che ricevono l’ombra di un altro campanile. Insomma andate a dire a un comasco che è uguale a un lecchese e viceversa? Sentirete reazioni degne del dizionario del turpiloquio. Un aspe o questo che forse al legislatore è sfuggito. La provincia, appunto come cantava Guccini, è tedio a morte ma anche grazia. E’ qualcosa che va al di là dell’istituzione e non può scomparire con essa. Un conto è la Regione. Nessuno dirà mai sono lombardo. Certo, per altre realtà come l’Emilia Romagna (che comunque sono Emilia e Romagna) o la Toscana è più facile identificarsi anche con la Regione. Diverso il discorso che vale per i lombardi. Non a caso molte testate locale, come quella che fa capo al Mag si chiamano Provincia. Perché il termine comprende l’identità di un territorio e di una comunità. Insomma, forse come istituzione le Province sono superflue (in verità lo erano già quando nel 1970 sono state istituite le Regioni ma in questi 44 anno anziché abolirle ne sono state create di nuove e non poche: solo in Lombardia, per esempio sono nate Lodi, Lecco e Monza Brianza). Certo neanche prima della creazione dei queste nuove istituzioni un lecchese sosteneva di essere comasco o bergamasco e un monzese di essere milanese. Ma avere la targa (non a caso la sigla è sopravvissuta alla riforma che voleva abolirla) è tu a un’altra faccenda. Nei derby Como-Lecco i tifosi azzurri cantavano “senza la targa, voi siete senza la targa…”, il massimo dello spregio. Ci sono insomma aspe i dietro l’abolizione della Provincia che il legislatore non ha e non può esplorare. Ma fanno parte del vissuto di ogni ci adino.
130 | Mag Aprile 2014 | Last minute
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