Mag 60 Maggio 2014

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N. 60 MAGGIO 2014

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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I SEGRETI dei SANTUARI Guida ai luoghi mariani della diocesi di Como di Gerardo Monizza, Elisabe a Broli, Bruno Maggioni







di Diego Minonzio

DAL SENSO DEL SACRO ALLA VOGLIA DI SPERANZA La Provincia, come ben sapete, è un giornale laico per storia, per cultura, per tradizione. Non che sia indifferente alle questioni di fede, anzi, è vero il contrario, come d’altronde il suo editore ben testimonia, ma ritiene saggio non tradire radici lunghe molto più di un secolo e di proseguire quindi a offrire ai propri le ori una visione del mondo non confessionale. E anche il Mag, come ovvio che sia, rispecchia questa natura. Eppure abbiamo deciso di dedicare il servizio di apertura del numero di maggio - il mese della Madonna - ai santuari mariani perché in questi ultimi tempi abbiamo colto il lievitare di una sensibilità religiosa, di un’a enzione ai temi della fede, del mistero, della devozione e più in generale a tu o quello che va a scavare nelle domande ultime della nostra vita e dei suoi mille dolori e paradossi che sarebbe davvero un peccato mortale lasciar cadere senza tentarne un approfondimento. Un esempio fra i tanti, il più eclatante, è rappresentato dalla serata delle Primavere di Como dedicata a Claudia Koll e al racconto del suo percorso di conversione. La rassegna è ormai notissima, molto apprezzata e registra sempre il tu o esaurito. Mai però - neppure quando in ci à sono arrivati fior di premi Nobel come Lech Walesa o Shirin Ebadi - si era visto un Teatro Sociale così straboccante di pubblico e una soglia si concentrazione, di silenzio, quasi di incantamento nell’ascoltare la parole drammatiche, a tra i addiri ura sconvolgenti di questa a rice persa per le strade del mondo che a un certo punto ha

intrapreso il percorso della Croce con una virata così radicale della propria vita da lasciare senza parole. La Koll può piacere o meno, la sua storia apparire più o meno coinvolgente, ma dal palcoscenico si è avuta la sensazione fisica, plastica che tanti comaschi, credenti o laici, questo non importa, siano veramente in cerca di qualcosa d’altro rispe o ai soliti temi della cronaca più dozzinale e prevedibile. E il successo eclatante dei poster dei due Papi santi che La Provincia ha regalato pochi giorni fa ai suoi le ori sta proprio lì a confermarlo. C’è voglia di simboli positivi, di storie esemplari, di biografie di persone in carne e ossa che dimostrino che non bisogna aver paura di scomme ere sulla speranza. È proprio per questo motivo che vi proponiamo tre servizi sulle radici religiose del culto di Maria nella nostra terra. Siamo certi che vi interesseranno e che ne farete buon uso. Ma il Mag, come sempre, offre anche tante altre cose, e particolarmente ricca appare in questo numero la carrellata di storie, di personaggi e di profili di comaschi famosi e no che hanno dato un senso alla propria esistenza coltivando con passione inesausta un particolare talento. C’è tanto da leggere, nello scorrere queste pagine e, almeno lo speriamo, tanto da imparare sopra u o quando si vede una grande azienda lariana nota in tu o il mondo come Artsana inventarsi un modo così efficace e toccante di aiutare tanti bambini in difficoltà. Anche questo vuol dire essere dei comaschi speciali. Buon Mag a tu i.

Editoriale| Mag Maggio 2014 | 7



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N. 60 MAGGIO 2014

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MAG Maggio

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2014

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - â‚Ź 1,50 (La Provincia â‚Ź 1,30 + Mag â‚Ź 0,20)

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I SEGRETI

dei SANTUARI Guida ai luoghi mariani della diocesi di Como Â?Â’Čą Ž›Š›Â?Â˜Čą Â˜Â—Â’ÂŁÂŁÂŠÇ°Čą Â•Â’ÂœÂŠÂ‹ÂŽÄ´ÂŠČą Â›Â˜Â•Â’Ç°Čą Â›ÂžÂ—Â˜Čą ŠÂ?Â?’˜—’

7 L’EDITORIALE di Diego Minonzio 13 DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli LE OPINIONI 19 ÂŤPubbliche virtڝ di Fabio Porro 21 ÂŤOcchi sul mondoÂť di Umberto Montin 23 ÂŤLa borsa & la vitaÂť di Vincenzo Guarracino

38 E IO FACCIO IL CONTADINO Tre storie di giovani che hanno scelto “la terra� di Simone Casiraghi

59 Ăˆ UNA COMO DA CARTOLINA RaritĂ e pezzi preziosi di due collezionisti di Gisella Roncoroni

48 ADDIO COMO L’avvocato comasco rifugiato sull’isola di Sara Della Torre

64 IL CAVALIERE DI FERRO L’arte del fabbro nata per passione di Mario Chiode i

52 BALLANDO SU DUE RUOTE Le due Como viste dalla Bmx di Ricky Monti

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72 CALCIO DI MANO Torna il Subbuteo e appassiona i giovani di Nicola Nenci

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24 VIAGGIO NEI SANTUARI MARIANI COMASCHI di Gerardo Monizza - Elisabe a Broli Bruno Maggioni

Alla scoperta dei luoghi di culto mariani disseminati nella diocesi di Como che si estende nei territori delle province di Como, Lecco, Varese e Sondrio. Un viaggio dalle diverse angolazioni: quella piĂš artistica e culturale di Gerardo Monizza, quella piĂš storica e devozionale di Elisabe a Broli e quella di approfondimento teologico di Monsignor Bruno Maggioni. Titolo articolo | Mag Maggio 2014 | 9


81 RESTAURARE L’ARTE MODERNA All’Accademia Galli i giovani sfidano il futuro di Stefania Briccola I L M AGA Z I N E D E

87 UNA FAMIGLIA AI BAMBINI Chicco di felicità Storis di un impegno di Serena Brivio 92 IL FUTURO C’È TORNIAMOA VIVERE L’a ività e le esperienze alla casa di accoglienza di Arianna Augustoni

DIRETTORE RESPONSABILE

Diego Minonzio

81 87

g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it

OPINIONI Fabio Porro, Umberto Montin, Vincenzo Guarracino

97 SERVIZI Gisella Roncoroni, Arianna Augustoni Sara Della Torre, Laura D’Incalci, Nicola Nenci, Stefania Briccola. Simone Casiraghi, Mario Chiodetti Ricky Monti RUBRICHE

117

Le parole che non tornano

Animali

di Emilio Magni

di Marinella Meroni

107

119

Tu o d’un tra o

Il consiglio dello chef

di Paola Mascolo

di Rocco Le ieri

109

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Eventi

Il bello della Salute

di Serena Brivio

di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori di Pietro Cantone

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126

113

Idee (S)fashion

Scaffale

L’Oroscopo

di Carla Colmegna

di Alessandra Uboldi

115

129

Navigazioni Lariane

L’aforisma del mese

di Luca Meneghel

di Federico Roncoroni

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130

Grande schermo

Last minute

di Bernardino Marinoni

di Francesco Angelini

10 | Mag Maggio 2014 | Sommario

Giuseppe Guin tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421

97 IL VALORE DI UN SORRISO L’associazione di Guanzate aalla parte degli anziani di Laura D’Incalci

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RESPONSABILE di REDAZIONE

Maria Castelli,Carla Colmegna, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Pietro Cantone Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Alessandra Uboldi Paola Mascolo, Federico Roncoroni TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti.

REALIZZAZIONE GRAFICA

DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 2 Maggio




di Maria Castelli

Belle notizie

La filosofia delle fragole Un laureato in filosofia e un dottore in agraria hanno dato vita alla coltivazione di fragole, mirtilli, lamponi e piccoli frutti in genere, piante da frutto ed aromatiche, viti sui terrazzamenti di Garzola Superiore, poco prima dell’eremo di San Donato. Cinquantuno anni in due, Giacomo Bassi e Francesco Rottoli si propongono di coltivare la terra “in collaborazione con la natura, senza mai sfruttarla” ed hanno riscosso l’apprezzamento dei residenti “perché sono sempre al lavoro con passione”. Amici dai tempi del liceo, hanno acquisito esperienze in Francia, dove si sono dedicati a vendemmie e a raccolte di frutta, si sono laureati, hanno cominciato con l’apicoltura. Ed hanno grandi progetti sull’appezzamento di Garzola preso in affitto.

La fontana guarita Nei giardini pubblici di Prestino, la fontana non è più all’asciutto. Un gruppetto di residenti ha ripristinato gratuitamente l’impianto, con buona volontà e dedizione per il patrimonio di tutti: ha eseguito ad opera d’arte i lavori di idraulica e di muratura e ha riparato la tubatura, in modo che l’acqua potesse scorrere senza intoppi. Per i frequentatori dell’area, soprattutto ragazzi, bambini e genitori, è a disposizione un servizio in più, è stato superato un disagio in uno spazio che, dopo la sistemazione, incontra il gradimento del quartiere, anche perché - come è stato notato da più parti - la manutenzione e la pulizia finora vengono effettuate regolarmente.

Rosella, Antonio e la musica Rosella è sposata da 48 anni con Antonio, sordo dalla nascita. «Ancora oggi devo sentire che mi chiamano la moglie del sordomuto e mio marito viene chiamato muto. Ma parla bene ed ha sempre ballato con me», scrive a “La Provincia” e racconta: «Antonio da quattro anni ha cominciato a suonare con nostro nipote Nicolas che ama la musica e diventerà musico terapeuta. Al sabato va al San Martino e suona in un gruppo di musicoterapia per ragazzi con disagio psichico ed altri che aiutano a suonare con il grande maestro Gianda. Il gruppo si chiama Alchechengi. Da quando suona, Antonio ci sente di più. Suona le percussioni ed ha già partecipato a dieci concerti. Questo progetto di musicoterapia è organizzato dal Sant’Anna e si chiama Nep, Nessuno E’ Perfetto. Questi ragazzi sono meravigliosi, Antonio è il nonno di tutti visto che ha 73 anni». Anche Rosella suona le percussioni e ringrazia tutti, Gianda, gli Alchegengi e Nicolas «per il grande gesto che ha fatto per il nonno».

Dieci belle notizie | Mag Maggio 2014 | 13



Belle notizie

Colpi di scena all’oratorio La sala dell’oratorio parrocchiale di Lipomo vince una sfida: tiene il passo e con successo in un mercato che ha piegato i cinematografi. Offre film di prima visione a prezzi contenuti ed integra con il teatro i costi della gestione. Ma non disdegna le seconde visioni e la valorizzazione delle Compagnie amatoriali. Il gruppo “Quelli che il cinema” che segue la programmazione cineteatrale dell’oratorio è particolarmente attento nella selezione dei titoli e alle nuove tecnologie, ma anche all’accoglienza degli spettatori: ha rinnovato la sala da 300 posti e li ha resi più comodi. Per adulti e bambini, cinefili ed appassionati di teatro e, in particolare, di commedie dialettali, l’oratorio è un punto importante di riferimento.

La persona giusta

Il regalo del nipote

Nelle lettere a “La Provincia”, Adriana Polatti scrive: «Per motivi di studio, ho richiesto all’Archivio del Comune di Como un fascicolo dell’Archivio Asili di Carità depositato presso la sede di via Giussani. Alle ore 17 dello stesso giorno, l’impiegato mi ha contattata telefonicamente comunicandomi che il fascicolo era stato recuperato e si trovava a mia disposizione. La mattina dopo, ho potuto visionare l’incartamento presso la sede dell’Archivio. Un servizio ottimo: velocità, precisione e cortesia da parte degli impiegati». Risposta: Con le persone giuste, c’è anche un pubblico che funziona.

L’imprenditore Francesco Mambretti, 70 anni, è tornato dalla Germania a Fino Mornasco, il paese dove il nonno nel 1915 acquistò e trasformò in nobile dimora due edifici, diventati sede del Municipio nel 1980. «Stavo seduto sulle tegole del tetto della villa, di notte e ricordo di aver visto la città di Milano brillare sotto i bombardamenti», ha rievocato Francesco Mambretti, durante la visita all’avita villa. Ma non si è limitato alla nostalgia: al Comune ha donato 20mila euro da destinare ai restauri degli affreschi dello scalone. E’ la seconda donazione per la manutenzione del patrimonio: l’anno scorso, una benefattrice aveva già donato 12mila euro a questo scopo.

Uno Stradivari per solidarietà L’uomo degli Stradivari, il maestro Matteo Fedeli, in un concerto con Andrea Carcano al pianoforte, ha offerto una straordinaria esibizione con un violino pluricentenario al Teatro Sociale di Como. Ha suonato gratuitamente per l’Alveare, l’associazione che da 30 anni si occupa del tempo libero dei disabili adulti, per garantire loro anche “il diritto alla domenica” e alla festa in compagnia. L’attuale sede dell’associazione è troppo piccola per soddisfare le domande e, nella ricerca di contributi per realizzare un “oratorio festivo” più grande e più confortevole, l’Alveare ha incrociato il Maestro Fedeli che s’è messo a disposizione con le corde del violino e del cuore. Applausi scroscianti e soprattutto l’abbraccio dei ragazzi dell’Alveare al Sociale, al termine della serata che ha aperto il cuore di tutti. Dieci belle notizie | Mag Maggio 2014 | 15



Belle notizie

Lo showman e l’onestà

Segni di rinascita

Ancora una volta, è stato ritrovato un portafoglio contenente carte di credito e tessere fedeltà. Ed è stato restituito, intatto, da un anonimo, spedito ai carabinieri di Mariano Comense. La particolarità della vicenda: per il ritrovamento del portafoglio, era stata messa una taglia di 300 euro e chi l’ha ritrovato, si è trincerato dietro l’anonimato, rinunciando al compenso. Il portafoglio era stato perso dallo showman Francesco Facchinetti che ha rivolto un invito all’autore della restituzione: «Se si fa vivo, gli offro una cena e gli faccio un regalo». Facchinetti, s’è appreso, perde spesso oggetti propri, ma ha sempre restituito quelli altrui ritrovati. «Tra persone oneste - ha dichiarato - succede così».

Nuove attività commerciali e nuove gestioni a Porlezza, capoluogo del Ceresio. Ancora poche, ma più di niente e secondo Giancarlo Achini, commerciante del centro storico, la speranza per un rilancio dell’economia è legata a due fattori: il contributo della Pro Loco che ha saputo promuovere iniziative attraenti e la moderazione dei canoni d’affitto che ha ridotto i costi d’avvio delle attività. «Il centro storico si sta riprendendo», afferma Achini ed è la prima espressione positiva dopo anni di crisi nera.

Il valore aggiunto delle imprese Sei aziende comasche hanno ricevuto il premio “Buone prassi per la responsabilità sociale” istituito da Unioncamere Lombardia e dalle Camere di Commercio lombarde per valorizzare i comportamenti esemplari di chi produce beni e servizi, ma è attento all’ambiente e alla società nello stesso tempo. Le imprese premiate: La Cooperativa di solidarietà “Il Seme” di Como – Rebbio; Il Sole scs Onlus di Lomazzo; il Consorzio Eureka di Como; La Cooperativa Sociale “Progetto Sociale” di Cantù “Impresa Costruzioni Carboncini & C” di Lomazzo e “Sistemi Quemme” di Turate. Dalla conciliazione lavoro – famiglia alla sostenibilità ambientale di attività e prodotto, dai gruppi d’acquisto per i dipendenti all’impegno per le fasce deboli: sono il valore aggiunto delle imprese premiate. Dieci belle notizie | Mag Maggio 2014 | 17



di Vincenzo Guarracino

SOGNO UNA CITTÀ… Perché non rischiare di essere qualche volta anche autoreferenziali? Mi autorizzano a farlo due circostanze in cui sono stato recentemente coinvolto, entrambe presso la villa del Grumello: la prima, il 22 marzo, all’interno del Festival “Europa in versi”, per parlare di “Leopardi e la musica”; la seconda, il 26 dello stesso mese, in uno dei periodici incontri del Centro Studi Einaudi, per intervenire sul tema sco ante della “Cultura a Como”. Questo, evidentemente, in virtù di un’esperienza che risale a un certo qual impegno giocato sulla scena della ci à almeno da quando Angelo Maugeri ed io, nella seconda metà degli anni ’70, col neonato TCM (Teatro Ci à Murata) di Mario Bianchi demmo vita a un evento, Poeti & Poesie, che portò a Como i poeti più noti e significativi dell’epoca (da Porta, a Sanesi, a Sanguineti, a Raboni e a Giuliani) assieme ai più giovani De Angelis, Conte, Cucchi, Mussapi, Magrelli, Lamarque, Pontiggia (ma anche di voci più appartate, come il ticinese Alberto Nessi e la comasca Adelina Ale i più nota come traduttrice). Un evento e un’epoca di eroici, non astra i furori, davvero, di cui ancora qualcuno si ricorda e che all’epoca, in tempi di Castelporziano, non passò inosservato se addiri ura Montale, fresco di Nobel, ci invitò nella sua casa milanese di via Bigli, curioso com’era di ogni cosa che nel mondo della cultura si muoveva. Una provincia niente affa o provinciale, insomma, quella Como degli anni ‘70, che tra l’altro, oltre a godere di una valida e convincente regia politica (era l’epoca di Spallino e del centrosinistra), assisteva al fiorire dei cosidde i con linguaggio immaginifico “cento fiori” e che trado o in ambito culturale voleva dire Autunno Musicale, Amis, Akarya e Teatro Portico degli Amici di Dino Malacrida, oltre che ovviamente TCM. Una provincia ambiziosamente non provinciale, giusto come sembra riproporsi oggi, dopo anni di sonnolenza, e questo grazie anche

all’intraprendenza di Laura Garavaglia, poetessa e ideatrice del Festival di cui anzi, capace di raccogliere sponsor e consensi di pubblico, specialmente tra i giovani, come ho potuto dire amente constatare nella serata del mio intervento leopardiano. Qualcosa del genere l’ho raccontata, su sollecitazione del giovane Stefano Fage i, agli interessati convenuti all’incontro del Centro Einaudi, con l’aggiunta anche di qualche suggerimento per una ipotetica futura classe dirigente. Ho insomma tentato di delineare un modello che ho in mente di ci adino che si presta alla “cosa pubblica”, partendo dal passato, da alcuni antichi Grandi Comaschi assunti come archetipi per la loro personalità e per il loro ingegno. Due in particolare: Plinio il Vecchio e Paolo Giovio. Il primo, l’autore della monumentale Naturalis Historia, capace di coniugare curiosità e cultura col rispe o delle sue responsabilità civili (era comandante della flo a imperiale nel golfo di Napoli), al punto da lanciarsi nella folle impresa di aiutare le popolazioni vi ime dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. lasciandoci la pelle: un martire diremmo oggi del dovere e della solidarietà. Il secondo, dotto non meno del primo, anche se meno rigoroso e coerente nelle sue scelte civili (ma erano tempi, quelli dell’Italia rinascimentale, forse non molto ada i), comunque “sititor novitatis” al punto da valorizzare nei suoi Elogia la grandezza di tanti suoi contemporanei e da additare il nuovo che emergeva da est (i Turchi, i Russi) non meno che da ovest (la scoperta del Nuovo Mondo). Un sogno, nient’altro che un sogno? Se i sogni possono essere nostra guida maestra e a volte si realizzano, allora meglio averne che non averne. Crederci aiuta a pensarsi sulla scena dell’oggi e ancor più a rafforzarsi in una prospe iva di futuro che è quanto mai necessaria, dati i tempi.

Pubbliche virtù | Mag Maggio 2014 | 19



di Umberto Montin

IL BATTITO D’ALI DELLA FARFALLA C’è un angolo di New York sconosciuto ai più, agli abitanti della Grande Mela e anche alla stragrande maggioranza degli americani. Un luogo appartato, nascosto, eppure “densamente” popolato per quanto sinistra possa apparire questa affermazione. “Sol chi non lascia eredità d’affe i/poca gioia ha dell’urna” constatava Ugo Foscolo ne I Sepolcri. Eppure nel milione di corpi sepolti dal 1869 (il dato è quasi ufficiale) ad Hart Island, una lingua di terra in mezzo all’acqua ad est del Bronx, quelli che hanno lasciato qualcuno al di là, nella megalopoli, sono stati più di quanto si possa pensare. Per tu i costoro non esiste alcuna “gioia” dell’urna, se non altro perché per nessuno si può parlare verosimilmente di tomba. Hart Island è una sorta di immensa fossa comune dove finiscono coloro che non possono perme ersi una sepoltura dignitosa, i senzate o, i poveri, i bimbi venuti alla luce già morti, chi non lascia “eredità d’affe i”, gli anonimi. Nell’opulenta America che popola i sogni occidentali è difficile immaginare una realtà come questa. Che esiste anche se chiusa alle visite e a qualsiasi curiosità. Tanto che è nato l’Hart Island Project il quale si propone di rendere questo cimitero di massa newyorkese un posto accessibile e visitabile, al pari di tu i gli altri. Ma per ora questa isole a è ben altro. È gestita dal dipartimento penitenziario, a trasportare i quasi 1500 corpi all’anno sono i detenuti di Rikers Island, la prigione che sorge non distante dall’aeroporto La Guardia, il solo a racco è vietato al pubblico, filo spinato e punte acuminate lo spiegano fin troppo bene. Elaine Joseph, un’infermiera che nel ’78 perse

la figliole a di cinque giorni, è venuta a cercarla. Dopo una trafila burocratica infinita per o enere il permesso (rarissime le concessioni, le prime visite sono state autorizzate solo nel 2007) ha potuto solo fissare verso un punto indefinito, so o un gazebo, per cercare d’immaginare dove fosse il corpo della piccola. Ma nient’altro, e prima di accedere ha dovuto consegnare cellulare, gli effe i personali e dichiarare più volte la sua identità: «Ti senti come un detenuto - ha raccontato affranta – e non si vede nulla». Non ci sono tombe, infa i. Fra edifici semidistru i, macerie, nessun segno d’identificazione, solo alcuni segni sul terreno rivelano che in un certo punto c’è una fossa con 150 resti. Di uomini e donne che un nome l’avevano e altre anti che l’avevano perduto nelle traversie del tempo e dell’esistenza. Nessuna possibilità d’identificazione come non c’è neppure accanto al tubo di plastica che rammenta come lì so o vi è una fossa con mille bambini. E del resto anche rintracciare un nominativo sui documenti è arduo: l’Hart Island Project, grazie al lavoro di associazioni civiche, finora è riuscito a definirne solo 60 mila ed il lavoro è ostacolato anche dall’incendio che nel 1977 ha distru o parte dei dati dell’isola dei morti, già cimitero durante la Guerra Civile, poi campo d’addestramento, carcere, manicomio e perfino base missilistica. Oggi Hart Island è ancora di più un’isola-fantasma, il fantasma del principio che, ricchi o poveri, la morte sia - come scriveva Totò - “una livella”. Chi ha soldi, in questo angolo di Bronx non approda.

Occhi sul mondo | Mag Maggio 2014 | 21



di Fabio Porro imprenditore

DISOCCUPAZIONE E RIFORMA FORNERO La crisi economica che stiamo vivendo, esplosa nel 2008 col fallimento Lehman, a mio avviso è figlia di una gravidanza iniziata molto tempo prima. E anche tu i noi ne siamo genitori. Sono convinto che la disoccupazione che tanto ci sta preoccupando non sia solo “merito” della Riforma Fornero, la cui efficacia ritengo sia ampiamente misurabile dai risultati so o i nostri occhi, ma sia anche fru o di una nostra deriva intelle uale nell’approccio al mondo del lavoro. Per molti anni abbiamo confuso il benessere quale sano obie ivo da perseguire, con un diri o che insindacabilmente ci è dovuto. Abbiamo vissuto nell’illusione che fosse possibile vivere “senza fare fatica”. E poiché la fatica è spesso legata nei nostri pensieri al lavoro manuale, molte professioni indispensabili alle nostre aziende non sono più state a ra ive. Oggigiorno inoltre, mentre la parola dovere è assente da ogni conversazione, si parla costantemente di diri i. Molti di essi sono conquiste sudate, volute, assolutamente da difendere. Altri invece sono semplicemente comode abitudini che se non cancellabili, sono certamente modificabili: difenderle strenuamente solo per “pigrizia” non è saggio. Nessuno più insegna che ogni diri o è salvaguardato solo grazie al rispe o dei doveri. Purtroppo abbiamo perso la magia dell’avere dei desideri e dimenticato quanto ogni successo sia il figlio legi imo della fatica. Da qui l’inizio del nostro declino. Queste convinzioni hanno addiri ura contagiato i nostri governanti inducendoli a dimenticare l’importanza del manifa uriero. Nessuna politica industriale e nessuna legge moderna a supporto del mondo del lavoro. Oggi ad esempio il lavoro in Italia è normato da una legge risalente al 1970!

Ciò dimostra come negli ultimi 40 anni la politica, anche a causa del forte ostruzionismo di talune parti sociali e politiche, non solo non sia riuscita a scrivere una nuova legge più consona alla civiltà odierna, ma apportando modifiche, spesso in contrasto tra loro, alla legge originaria, ha creato confusione nell’interpretazione giurisprudenziale e, conseguentemente, sentenze contradditorie che disorientano. Ora imbrigliati da una riforma del lavoro inadeguata, traditi dalla new economy, convinti che il lavoro possa essere acce ato solo se inerente al titolo di studio perseguito, conviviamo con la rassegnazione che nulla sia più fa ibile per cambiare passo. Non è così. Convinciamoci che limitandoci a ricercare un lavoro con l’unico obie ivo di appagare il nostro status symbol, rimarremo disoccupati a lungo. È indiscutibilmente doveroso ricercare un lavoro appagante e consono alle proprie a itudini: l’importante è capire onestamente con noi stessi quali siano le nostre predisposizioni. Occorre valutare l’opportunità lavorativa analizzandone la serietà, la forza della mansione, l’utilità della stessa alla società. E quando l’abbiamo trovata, impariamo a difenderla. Con la nostra dedizione, voglia di intraprendere, di imparare. Col sacro fuoco sempre acceso che ci perme a di voler divenire sempre più bravi. Non adagiamoci al pensiero che la difesa del nostro posto di lavoro sia compito di altri. Chiudo queste mie riflessioni con la convinzione che qualora fossimo veramente capaci di fare tesoro delle criticità evidenziate dalla crisi, avessimo la caparbietà di rimboccarci le maniche e la saggezza di saper acce are qualche rinuncia a belle ma superflue abitudini, potremmo tu i tornare ad avere un miglior presente propedeutico per nutrire più fiducia nel futuro.

La borsa o la vita | Mag Maggio 2014 | 23


GUIDA ALLA SCOPERTA DEI

SANTUARI MARIANI COMASCHI di Gerardo Monizza

Un viaggio tra storia, arte, fede e devozione. I luoghi di culto nella Diocesi tra le province di Como, Lecco, Sondrio e Varese

I

l santuario è il luogo dove si ritiene possibile il conta o con il miracolo; sopra u o dove l’arte trova modo di raccontare la venerazione dell’uomo verso il divino usando archite ura, pi ura, decorazione; e poi è un luogo di preghiera, di raccoglimento; è la meta del pellegrinaggio. Il santuario è un luogo dove la bellezza della natura si confronta con quella dell’archite ura e dove il mito d’origine dell’apparizione si trasforma in fede popolare, ma anche dove confluiscono materia e spirito, preghiera ed economia, soprannaturale e mercato.

Da eventi “straordinari” non sempre spiegabili e non spesso acce ati dalla Chiesa sono nati migliaia di santuari (una cinquantina in Diocesi di Como) e molti dedicati alla Madonna. È noto che la Diocesi di Como si estende su un territorio che comprende l’intera provincia di Sondrio (con 14 santuari mariani), buona parte della provincia di Varese (con due santuari mariani), una piccola parte della provincia di Lecco (con cinque) e una porzione della provincia di Como con circa venti cui bisogna aggiungerne un’altra ventina in Diocesi di Milano.

24 | Mag Maggio 2014 | Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi

Il santuario è un luogo dove bellezze naturali si uniscono all’architettura, alla fede popolare e alla preghiera


MADONNA DI TIRANO Tirano Non tutti di rara bellezza come il Santuario della Madonna di Tirano la cui costruzione fu iniziata nel 1505 e in pochi decenni compiuta. L’idea era di porlo all’incrocio di strade d’interesse commerciale e politico (Poschiavo, Aprica, Bormio, Sondrio) e ci volle un evento straordinario come l’apparizione al Beato Mario Omodei (29 se embre 1504) per me ere tu i d’accordo: vescovo, nobiltà, mercanti, commercianti e comunità. La Basilica, decorata dai massimi

artisti del tempo, merita un viaggio. È un edificio notevole; con artisti di gran nome; un organo stupefacente (scolpito dal 1608 al 1617) e decine di decori, tele e sculture. SANTUARIO DI GALLIVAGGIO Valchiavenna Non meno interessante l’altro santuario, ma Valchiavennasco: quello di Gallivaggio (SO). Dedicata alla “Madre della Misericordia” la chiesa fu costruita sul luogo dell’apparizione della Madonna a due ragazze che raccoglievano castagne nel bosco. Era

il 1492. Quasi sempre, dalla semplicità di una cappellina devozionale, si è passati ad una chiesa vasta e ricca di apparati decorativi e spesso collocata in luoghi che, col tempo, hanno acquisito importanza paesaggistica e sono stati – e sono - occasioni di gite, pellegrinaggi, visite di appassionati. In provincia di Como, la più antica apparizione sembra essere quella di Inverigo del 1501: “Santa Maria della Noce” de a anche “Madonna delle vocazioni”. La tradizione racconta di due fanciulli sperduti nel bosco e aiutati dalla

Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi | Mag Maggio 2014 | 25


GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI

Vergine che appare su un albero di noce; ha in braccio il Bambino. Bisognerà a endere il 1519 per vedere l’inizio della prima chiesa in pietra che diverrà meta di pellegrinaggi e devozioni. Passeranno sessant’anni per vedere il completamento del Santuario ad opera - e col finanziamento - della potente famiglia Crivelli che domina la zona e il luogo (con uno splendido palazzo sulla collina).

BEATA VERGINE DEI MIRACOLI

I santuari nel territorio della diocesi comasca: 20 a Como 14 a Sondrio 2 a Varese 5 a Lecco

MADONNA DI TIRANO

SANTUARIO DI GALLIVAGGIO

BEATA VERGINE DELLE GRAZIE

MADONNA DELLA CARAVINA

SANTA MARIA DELLA NOCE Inverigo Il Santuario di Santa Maria della Noce è – oggi come allora - situato lontano dal paese di Inverigo, nella zona bassa, collegato a Palazzo Crivelli da uno splendido viale con scalone in pietra e sculture. Il Santuario è stato importante mercato del rame e dei bozzoli, con osteria e negozi. La chiesa è circondata da un piccolo nucleo di case e s’affaccia su una piazze a con al centro i portici del mercato. La stru ura è a croce greca; l’interno conserva opere di varia qualità. Recentemente restaurato, è meta di

26 | Mag Maggio 2014 | Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi

visite e centro di a ività anche culturali; è un luogo magico dentro il cuore della Brianza. MADONNA DEL BOSCO Imbersago Tra le più celebri apparizioni vi è quella del 1617 al Santuario della “Madonna del Bosco” di Imbersago (LC). Punto di vista sulla Brianza (è collocato su un’altura a 300 metri d’altitudine) il Santuario è il risultato della trasformazione della consueta cappella iniziale in un edificio del 1646. La costruzione della chiesa risponde alla benevolenza della Madonna ap-


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GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI

SANTA MARIA DELLA NOCE

MADONNA DEL BOSCO

MADONNA DEL SOCCORSO

parsa “raggiante a tre pastorelli” e che ai piedi di un castagno fece fiorire un riccio di castagne mature. Ma si era di maggio, dunque fuori stagione e le popolazioni del luogo crede ero subito ad un miracolo e lessero il “segno” come un invito della Madonna ad essere onorata con una chiesa a lei dedicata. È dei primi decenni dell’O ocento la celebre “Scala Santa” rifa a – perché franata – dal 1977 al 1981. Devotissimo alla Madonna del Bosco, papa Roncalli è ricordato con una grande scultura sul piazzale.

BEATA VERGINE DEI MIRACOLI Saronno Non è sempre un’apparizione a provocare la costruzione di un santuario che spesso – invece – nasce da un desiderio personale, da un’esigenza di liberazione (da un peccato), da un voto. Numerosissimi sono dunque i Santuari che per volontà di una comunità o di un individuo sorgono nel territorio del Comasco e della Brianza. Tra i più antichi e certo tra i più celebri è quello di Saronno dedicato alla “Beata Vergine dei Miracoli”.L’inizio è fa o risalire al 1460 quando un giovane, malato da anni, fu guarito dalla Madonna

che lo invitò a costruire una chiesa in suo onore. Da principio si tra ò di una “chiesuola” poi di un tempio: la prima pietra fu posta nel 1498. Ecco che la Madonna, con parole quasi identiche a quelle che pronuncerà pochi anni dopo a Tirano, ordina: “…là mi costruirai una chiesa e vedrai che i mezzi non mancheranno mai!” Così avvenne. Si procedette alla costruzione del Santuario in tre tempi: dal 1498 al 1600. All’interno si conservano opere di Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari e molti altri artisti del Cinquecento e Seicento. Celebri le statue lignee nelle cappelle de “L’Ultima Cena”e della “Deposizione” (a grandezza naturale) opere (1529 – 1531) di Andrea da Milano . BEATA VERGINE DELLE GRAZIE Groso o Con un viaggio di 175 chilometri, passando dalla provincia di Varese a quella di Sondrio e cambiando anche diocesi si arriva a Groso o al Santuario

Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi | Mag Maggio 2014 | 27


GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI della “Beata Vergine delle Grazie”. Sorto nel 1487 per un voto alla Madonna nell’intento di scongiurare l’invasione delle truppe elvetiche già arrivate a Bormio. Il paese fu risparmiato dai Grigionesi e in memoria del “prodigio” (a ribuito all’intervento della Madonna) fu alzato un cippo. La chiesa venne ere a poco distante. La consacrazione è del 1490. Nel 1609 si procede e all’ingrandimento della chiesa secondo i canoni della Controriforma. All’interno, numerose opere d’arte: l’organo settecentesco (cassa in legno scolpita) e la monumentale ancona lignea nel presbiterio, scolpita e dorata, alta 15 metri.

MADONNA DELLA CARAVINA Valsolda Altra zona, il Ceresio, altro voto: in Valsolda (CO) al Santuario della “Madonna della Caravina”. Tra monte e lago dove esisteva una cappelle a, con dipinta la “Madonna Addolorata con Gesù morto sulle ginocchia” nel 1530, un valsoldese, sfuggito alla giustizia, si era salvato superando il confine tra Lombardia e Svizzera. Ammalato di peste e abbandonato da tu i, il soldato chiese aiuto alla Madonna che, apparsagli in sogno, lo guarì.

BEATA VERGINE DEL CARMELO

MADONNA DEL SOCCORSO Ossuccio Apparizioni e tradizioni, voti e miracoli, ma anche semplici immagini sono l’occasione per trasformare una cappellina in una chiesa, un ritrovamento “prodigioso” in una tradizione consolidata. Com’è, per esempio, il “Santuario della Madonna del Soccorso” a Ossuccio, sopra la “zòca de l’oli”. Per salirvi si procede lungo la strada del “Sacro monte” con le cappelle votive iniziate nel 1635. La tradizione riporta ad una antica statua di Maria ritrovata , nel 1537, da una fanciulla sordomuta che miracolosamente guarì.

MADONNA DEI MIRACOLI

MADONNA DEL GHISALLO 28 | Mag Maggio 2014 | Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi


GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI BEATA VERGINE DEL CARMELO Montevecchia Celebre, perché favorito da una posizione al centro della Brianza è, a Montevecchia (LC), il Santuario della “Beata Vergine del Carmelo”. Sta in cima al colle ed è preceduto da una scalinata di 174 gradini abbellita ai lati da cipressi. L’origine del culto risale al XVII secolo. Nel 1640 si costituì la confraternita della Beata Vergine del Carmelo e da allora il santuario è meta di pellegrinaggi. I contadini pregavano la Madonna affinché vegliasse sui campi e sulla bachicoltura. Il santuario racchiude pi ure, opere decorative e d’uso liturgico.

MADONNA DEI MIRACOLI Cantù Sempre nella seconda metà del Cinquecento, a Cantù, sorge il Santuario della “Madonna dei Miracoli” che lega l’origine ad un episodio miracoloso avvenuto in periodo di grave carestia. La trecentesca “Madonna Bella” è ancora oggi conservata sopra l’altare. La chiesa a uale è del 1554 e conserva dipinti del Fiammenghino.

“Madonna” è del secolo XVI. Dopo la diffusione della bicicle a, dalla fine del secolo XIX il Santuario del Ghisallo, per la sua posizione geografica, divenne meta dei ciclisti. Dal 1949 la “Madonna del Ghisallo” è la loro patrona.

VERGINE ASSUNTA Drezzo Un viaggio tra le immagini devozionali deve comprendere anche Drezzo (CO) al Santuario della “Vergine Assunta” detto “Gesa a Volt” (Chiesa in alto), considerato uno dei primi edifici cristiani della zona. Conserva numerosi dipinti ed è favorito dalla vista sull’Uggiatese e il Mendrisio o. Seguitissima la festa d’agosto.

MADONNA DELLE LACRIME Dongo In Provincia le immagini che “lacrimano” non sono molte; la più celebre è quella conservata a Dongo al Santuario della “Madonna delle Lacrime” dove, nel 1553, fu vista “lacrimare” un’immagine di “Maria col Bambino in braccio”. Come sempre, la cappellina fu ampliata per divenire una meta di pellegrinaggi. Il Santuario è adiacente la Strada “Regina”. L’interno è a navata unica. Notevoli le opere lignee (“Ultima cena” e “Crocefissione”); interessanti gli affreschi del presbiterio. Il convento adiacente conserva un’antica Biblioteca.

MADONNA DEL GHISALLO Magreglio Al centro del Triangolo lariano, a Magreglio (CO) un’antica immagine del XVI secolo ha dato l’avvio alla costruzione del Santuario della “Madonna del Ghisallo”. È sulla strada che porta da Erba a Bellagio (754 metri d’altitudine) in origine era cappellina a protezione dei viandanti. La chiesa ha subito varie trasformazioni. L’immagine a uale della

MADONNA DEI GHIRLI Campione d’Italia Infine, andando oltre confine, a Campione d’Italia, si trova il Santuario della “Madonna dei Ghirli”. Antico il nucleo principale (risalente al VII secolo) poi trasformato nel Seicento da Isidoro Bianchi, ticinese. Autore anche dei numerosi affreschi. Con il termine “ghirli” si indicano le rondini, o meglio i rondoni, che d’estate sono numerosi nella zona.

VERGINE ASSUNTA

MADONNA DEI GHIRLI

MADONNA DELLE LACRIME Titolo articolo | Mag Maggio 2014 | 29



GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI

di Elisabe a Broli

In Italia i santuari mariani sono oltre 1500. Attorno a quelle mete religiose è sorta negli anni l’usanza dei pellegrinaggi

di Elisabe a Broli

DALLA PAURA DELL’ANNO MILLE ALLE MADONNE DI TUTTI I TIPI

S

embrerà strano, ma il culto mariano - e quindi i santuari - sono nati per una forma di paura angosciante e ben radicata. Quella paura che - siamo intorno all’anno Mille - turbava i fedeli quando, entrando nelle chiese, sopra u o nelle absidi, vedevano raffigurato un Gesù severissimo e solenne, che li fissava minaccioso come un giudice pronto a condannare o ad assolvere; ed anche i santi, che qualcosa avrebbero potuto fare, se ne stavano da parte rigidi e

lontani da chi li osservava speranzoso. A questo, poi, allora si aggiungeva la superstizione e l’ignoranza: a chi altri rivolgersi con fiducia e familiarità se non alla Madonna, certi della sua intercessione presso il Figlio? Qualche potere su Gesù doveva pur averlo, essendo sua madre. Un po’ come avviene oggi nelle famiglie, con la mamma mediatrice tra i figli e un padre severo. Una conseguenza di questo rapporto d’intimità fu che anche le preghiere alla Madonna divennero

meno formali, più confidenziali: come ad una vera mamma. Nelle poesie e filastrocche diale ali che sbocciarono in quel periodo c’è sempre un tono diciamo casalingo, specchio di un rapporto ben diverso da quello tra il fedele e Gesù Cristo. I santuari in Italia sono circa 1550, dal santuario della Madonna delle lacrime in Sicilia a quello di Santa Maria degli Angeli in Umbria; fino a Oropa, in Piemonte, alle chiese e sulle Dolomiti e sulle Alpi e ai molti santuari

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GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI

nella nostra provincia: antenne permanenti della fede e della speranza nell’aiuto mariano e quindi divino. I santuari sono considerati tali per due motivi: o perché c’è stata la manifestazione del divino, della Madonna, appunto; o perché in quel luogo c’è stato il ritrovamento di una reliquia. Certo, poi ci sono anche i santuari costruiti semplicemente per un a o devozionale, ma sono ne amente in numero minore. Per quanto riguarda le apparizioni ce n’è per tu i i gusti, Madonne di ogni tipo e nazionalità (anche se poi, è superfluo ricordarlo, di Madonna ce n’è una sola!); Madonne che parlano le lingue del mondo e conoscono bene anche i dialetti, come la Madonna apparsa a Lourdes nel 1858 a Bernade e, contadinella qua ordicenne che certo non conosceva bene il francese. Secondo un calcolo sommario, da allora oltre 700 milioni di persone sono state a Lourdes, il santuario in assoluto più visitato. E direi che la Madonna conosce molto bene anche

Dalle Madonne che parlano in diverse lingue, a un’unica fede

la psicologia dell’uomo, in particolare d coloro ai quali appare, lei prote rice dei semplici. Quante apparizioni nei secoli! Anche se quelle riconosciute dalla Chiesa restano poche e, per ora, non rientrano neppure le apparizioni di Medjugorje. In ognuna la Madonna chiede la costruzione di un santuario, grande o piccolo che sia, in ricordo del proprio passaggio; e naturalmente chiede di pregare, pregare e ancora pregare. In cambio ci sono guarigioni miracolose (anche se è solo Gesù a fare miracoli, la Madonna è solo un tramite) e conversioni improvvise. Nei miracoli bisogna conteggiare anche le statue che lacrimano, sangue, acqua, e via - in genere - con la fantasia. Uno dei più antichi santuari, quello a Casalboldino in provincia di Chieti, deve il proprio esserci al bru o tempo. Era il giugno del 1576, l’undici, per la precisione, quando di buon ma ino un vecchio contadino, Alessandro Muzio, stava andando tristemente al proprio piccolo podere per constatare i danni della terribile grandinata della no e. Ma, quando si fermò al suono delle campagne e si fece con fede assoluta il segno della croce, gli apparve la Madonna che lo rassicurò: al suo campo non c’era alcun danno. Ed espresse il desiderio che in quel luogo fosse costruita una cappella: nacque così il Santuario della Madonna dei miracoli, conosciuto sopra u o per le guarigioni. Con i santuari sono nati i pellegrinaggi, una pratica profondamente radicata

nella mentalità popolare, e non solo, su imitazione dei pellegrinaggi dei primi secoli del cristianesimo verso Gerusalemme e i luoghi santi. I pellegrinaggi anche oggi parlano al cuore e alla mente di ognuno di noi, credenti e non credenti, in cerca di una pausa dalle intemperie della vita quotidiana. Tu i, in fondo, siamo in cammino verso la salvezza, un po’ come i pellegrini russi, c’è un bellissimo libro sui loro racconti (si intitola proprio “Racconti di un pellegrino russo”), in cerca di quella parte di noi che ancora non abbiamo trovato. La Madonna parla con un linguaggio semplice, comprensibile a tu i, un linguaggio familiare, tenero e casalingo. Per questo il suo culto ha avuto uno sviluppo veloce in tu i gli ambienti, la cultura - e neppure l’intelligenza serve per comprendere quello che ci vuole dire. L’immediatezza, nelle sue parole, è un capolavoro impossibile da ignorare. E da imitare.

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MARIA, MADRE E DISCEPOLA

di Bruno Maggioni

La vera figura della Madre di Gesù così come emerge dall’analisi dei Vangeli. 34 | Mag Maggio 2014 | Guida alla scoperta dei santuari mariani comaschi


I

santuari mariani, a volte apparentemente poveri e semplici (ma è proprio così?), diventano subito ricchi se sanno porre in primo piano la persona di Maria, persona precisa e singolare. Maria è la madre di Gesù, e questa è una singolarità che non può non riflettersi nel suo modo di essere discepola e credente. Perciò il suo discepolato non potrà che essere al tempo stesso simile e diverso rispe o a ogni altra forma di discepolato. Maria è credente fin dall’inizio. I passi evangelici non concedono di pensare diversamente. Tu avia come ogni discepolo e ogni credente anche Maria ha compiuto un itinerario: ha seguito il cammino del Figlio, che a poco a poco, in una specie di continuo contrasto tra gloria e debolezza, ha svelato non semplicemente di essere figlio, ma il modo ina eso e sconcertante di esserlo. E’ questo lo spazio del cammino di Maria e del discepolo di ogni tempo. La singolarità di Maria sta nell’aver percorso questo cammino all’interno della sua condizione di madre. Leggendo i racconti dell’infanzia di Ma eo (cc. 1-2) ci si accorge che Maria è presente in tu e le scene, ma senza dire una parola, come in ombra. Non occupa mai il posto centrale. La sua posizione è accanto al Figlio condividendone le situazioni e il destino, il rifiuto e l’accoglienza. Una nota essenziale del discepolato evangelico è di essere alla sequela, ma sempre all’ombra di Cristo. So olineando nel racconto dell’annunciazione la scelta di Maria (Lc 1,34) Luca mostra subito che il rapporto tra Gesù e la madre non si riduce a una semplice parentela. La maternità di Maria si inserisce in una scelta previa di fede e di totale disponibilità. Maria non è una madre che poi si fa discepola, ma una discepola chiamata ad essere Madre. La sua maternità è discepolato già nella sua radice. Come continuerà ad esserlo nel suo sviluppo: ‹‹Sono la serva del Signore››. Serva è un altro termine che dice l’obbedienza e il

discepolato. Madre e serva. Nessun passaggio da una maternità fisica ad una maternità spirituale. E neppure, stando al racconto dell’annunciazione, c’è spazio per una progressiva comprensione della verità di Gesù come Figlio e Messia. Su questo le parole dell’angelo sono state chiarissime. Lo spazio del cammino è più in profondità: non se Messia e Figlio, ma quale Messia e Figlio. Sono proprio le affermazioni solenni e grandiose dell’angelo che porranno Maria di fronte a una “contraddizione” che è essenziale comprendere e che ogni santuario deve a modo suo mostrare: da una parte la promessa di un Messia

Nella vita di Gesù Maria è presente in ogni momento, ma è come se fosse in ombra e non occupa mai lo spazio centrale glorioso e grandioso, e dall’altra la storia di un bambino povero, segno di contraddizione, e infine crocifisso. Il contrasto – che apre lo spazio del

GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI cammino della fede – è chiaramente so olineato nel racconto della nascita (Lc 2,1-20). Maria, annota l’evangelista, ‹‹Da parte sua custodiva queste parole meditandole nel suo cuore›› (2,19). Meditare (symballo) significa me ere insieme, confrontare, comparare cose apparentemente distanti scoprendo la logica profonda che le unisce. Nel nostro caso si tra a della gloria e della debolezza del Messia, della potenza dei miracoli e della sconfi a del crocifisso. E difa i tra le solenni parole dell’angelo all’annunciazione che Maria ha ascoltato e l’evento che ora vede, il contrasto è forte: la gloria del Messia, Figlio di Dio (la promessa) e “un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia” (l’evento). Il medesimo contrasto appare all’interno dello stesso racconto della nascita: ricompare il motivo della gloria (l’annuncio dell’angelo ai pastori), ma la gloria è fuori, nella no e; davanti a Maria c’è un bambino deposto nella mangiatoia. Dunque la gloria e la povertà che pare contraddirla: ogni santuario non deve tradire questo profondo contrasto. Il discorso potrebbe continuare a lungo (ogni episodio mariano lo ripete) ma ritengo che il suo nucleo essenziale sia già chiaro. Mi perme o soltanto

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di aggiungere due pagine mariane del vangelo di Giovanni. Il racconto delle nozze di Cana (Gv 2,1-12) è susce ibile di diverse le ure. Ma non può sfuggire il fa o che su dieci verse i ben qua ro parlano della Madre, descri a nell’a eggiamento del discepolo che è a ento, si accorge, coglie il bisogno e di preoccupa (“non hanno più vino”). Maria si rivolge a Gesù con una domanda tanto discreta da nascondersi dietro una semplice constatazione: non gli chiede nulla,

Il gesto di Maria: riconocere il Figlio negli uomini condividendone il dolore di ogni giorno semplicemente lo avverte. E infine concentra l’a enzione su Gesù tirandosi da parte: ‹‹Fate quello che vi dirà››. Per tu i questi aspe i Maria è la figura perfe a del discepolo, e tu avia anche qui si apre lo spazio per un cammino. Le parole di Maria (“non hanno più vino”) esprimono, sia pure con la discrezione che si è notato, la speranza del miracolo. A sua volta la risposta di Gesù esprime una chiara reticenza, che ha lo scopo di far passare la fede dai miracoli alla rivelazione della gloria. Si tra a di un passaggio dal Messia dei miracoli al Messia della Croce, un passaggio che diventa più esplicito se si tiene presente che l’episodio d Cana e quello della Madre ai piedi della Croce formano un dittico da guardare insieme, se si vuole coglierne pienamente ilo significato.

sia perché ne condivide il dolore. Per essere discepolo occorre condividere il dolore di Cristo e degli uomini. Tu o questo è scolpito al vivo nella figura della Madre ai piedi del Crocifisso, ma neppure questo basta. C’è un ultimo passo: riconoscere il Figlio negli uomini, amandolo negli uomini, condividere la sua Croce condividendo il dolore degli uomini. Quest’ultimo passo è a volte il più difficile. Gesù ha invitato sua madre a compierlo: ‹‹Donna, ecco tuo figlio›› (Gv 19,26). Come dire: l’amore che nutri per me, le tue a enzioni, dirigile verso Giovanni, verso i discepoli, verso gli uomini. Abbiamo elementi sufficienti per qualche conclusione. Lo spazio nel quale Maria ha camminato nella fede non è quello che conduce dalla non fede alla fede, dal dubbio e dall’esitazione alla fede forte e coraggiosa. L’itinerario di Maria è cristologico: sia perché è consistito nel comprendere Gesù (non se Messia, ma quale Messia), sia perché è tu o interno al manifestarsi di Gesù. Lo spazio della fede è lo spazio della rivelazione di Gesù e, al di là di questa, la rivelazione del volto di Dio. Ogni santuario deve manifestare questa rivelazione del volto di Dio. Le virtù, che Maria vive nel suo di-

GUIDA ALLA SCOPERTA DEI SANTUARI MARIANI COMASCHI

scepolato, sono le stesse che ella vive come madre. Per essere discepola Maria non ha bisogno di compiere un passo in più. Questo fa di lei una discepola con tra i unici. La sua singolarità è quella di essere la Madre. E infine: vissuta totalmente all’ombra di Gesù, Maria ne ha raccolto tu a la luce, a sua volta rifle endola. Mi si perme a di aggiungere un’ultima osservazione. Leggendo il Magnificato si scopre che due sono le cara eristiche principali che guidano l’azione di Dio: l’amore gratuito (“di generazione in generazione si estende la sua misericordia”) e la predilezione per gli umili e i poveri (“ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”). Maria è il segno migliore di questa azione di Dio, il capolavoro del suo amore gratuito e della sua predilezione per gli umili (“ha guardato l’umiltà della sua serva”). Un capolavoro che assurge a simbolo. Quasi uno specchio nel quale l’intero popolo di Dio può scorgere – ingranditi e purificati – i suoi propri lineamenti. Anche la Chiesa è fru o dell’amore gratuito di Dio.

Anche ai piedi del crocifisso Maria è veramente la figura perfe a del discepolo che ha percorso sino in fondo il cammino della fede, sia perché sa vedere nel Crocifisso il Figlio di Dio,

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CRISTINA DE ANGELI

U

na nuova stagione è germogliata nei campi. È il tempo della rivoluzione in agricoltura, per un nuovo modo di fare ed essere agricoltore. Sono i nuovi contadini che avanzano, e lo stanno facendo in questo momento. È la rivoluzione dei mestieri, delle professioni, dell’innovazione, della tecnologia green che sbarca anche nei campi. È la rivoluzione di un settore che sta riscrivendo la grande epoca del suo riscatto. Sta succedendo anche in provincia di Como, un territorio che solo nell’ultimo anno ha visto nascere 400 nuove imprese guidate da giovani over 35, più di una nuova aziende al giorno, sabato e domenica compresi. Sono 2.300 a metà di quest’anno. E hanno creato oltre 3.400 posti di lavoro su 79mila creati da tutte le imprese agricole della Lombardia. L’agricoltura si prende il centro del mercato del lavoro, prende la strada dell’economia verde, dell’innovazione green, dei nuovi comportamenti e stili di vita perché conviene, soddisfa cioè le logiche di mercato perché riesce a riempire quello spaventoso vuoto di occupazione che sta tormentando non solo l’Italia. Sono queste imprese dei campi le sole driver di nuova occupazione. E lo fanno

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M A R C O C I A P PA

con la leva dei giovani - oggi sette nuovi imprenditori su dieci hanno meno di 35 anni -, rinnovando e ridefinendo i contorni e l’idea di campagna. È una generazione di agricoltori, una nuova classe imprenditoriale 2.0 della terra che sa abbinare alla tradizione la creatività, alla zappa lo smartphone, la tecnologia al sudore. È da queste relazioni che nascono nuove professioni come risposta creativa, ma reale alla crisi. Basta farsi un giro nelle nostre campagne e ascoltare le loro storie. L’agri-scultore, l’agri-tata, l’affinatore di formaggi, l’erborista 2.0, il muratore ecologico, il tutor dell’orto, ma sta cambiando anche tutta la filiera dell’agroalimentare, dell’agriturismo, oggi sempre più innovativo tecnologicamente, ma per orientarsi e orientare il cliente a nuovi stili di consumo e di accoglienza, fino ad arrivare anche all’agri-tutor, l’attività didattioca nelle fattorie come ci raccontano Giacomo Ruiu, giovane comasco di 24 anni, che dopo il diploma alla scuola di Minoprio, si dedica alla fattoria di famiglia, la trasforma in un’azienda che alleva capre, mucche e pecore, produce formaggi, e spiega ai ragazzini delle scuole come avvicinarsi a uno stile di vita nuovo partendo dal proprio territorio, dalla


GIACOMO RUIU

E IO FACCIO IL CONTADINO di Simone Casiraghi, foto Carlo Pozzoni

È il tempo della rivoluzione in agricoltura. In provincia di Como in questo ultimo anno sono nate 400 nuove imprese guidate da giovani over 35. In totale se ne contano 2.300 e hanno creato 3.400 posti di lavoro Oggi l’agricoltore non passa più il suo tempo solo nei campi, ma ricorre allo smartphone per incontrare il consumatore e utilizza la piattaforma web per chi cerca prodotti contadini a Km 0. E io faccio il contadino | Mag Maggio 2014 | 39


campagna, dalla montagna. Oppure come Cristina De Angeli, 32 anni, che ha lasciato il posto fisso, ben retribuito, in un’azienda ticinese per coltivare, con il marito Davide, oltre che la terra anche una nuova vita e nuovi ritmi ma basati sulla passione per la campagna, e lo hanno fatto dopo aver sperimentato questa via green nel proprio garage. O, ancora più esemplare, il racconto di due dipendenti pubblici come Diana e Marco Ciappa, 53 e 51 anni, quando si sono resi conto di come e quanto “la vecchia vita non aveva più senso per noi così come andava avanti e abbiamo deciso di vivere in campagna e di campare con i suoi prodotti e secondo i suoi ritmi di vita”. Marco e la moglie sono anche fra i soci fondatori del sito “visit Gravedona” e da maggio propongono l’iniziativa “Una giornata in fattoria”, a giugno organizzano a Palazzo Gallio il Festival dedicato al benessere. E’ il lavoro possibile nei campi, che anche da Como e dalle sue campagne si sta imponendo attraverso una nuova imprenditorialità: giovane, istruita, con un approccio manageriale, attenta al ricorso del marketing, utilizza internet, e dà una forte priorità al fattore qualità, considerato sempre più driver di sviluppo. Oggi più di un’azienda agricola su dieci, quasi 400 su 2.150 aziende contadine comasche, sono guidate da giovani con meno di 35 anni. Dove un’impresa agricola su quattro è nata negli ultimi dieci anni e dove si sta registrando un vero boom di esperienze

imprenditoriali creative. Como vanta il livello più alto in Lombardia: la media regionale si ferma al 7,2% e Como il peso di neoimprenditori è del 12,5%. La Coldiretti di Como, guidata da Fortunato Trezzi, e con una donna, Francesca Setola di Lurate Caccivio alla guida della delegazione dei Giovani, ulteriore conferma di quel 33% di imprese a guida rosa. «La possibilità di stare in campagna, a contatto con la natura è la motivazione principale per tre giovani su dieci. Ma quasi il 25% - spiegano i vertici di Coldiretti Como - vede nelle imprese e nelle attività agricole una concreta opportunità di business. Vedono cioè nell’agricoltura una concreta prospettiva di futuro e di lavoro. Basta leggere le numerose mail che ci arrivano ogni giorno in associazione. Giovani che chiedono indicazioni, consulenze o assistenza tecnica per avviare una propria azienda. Giovani con un pezzo di terra di famiglia, che vogliono sfruttarla come attività e che chiedono le prime mosse da fare». È solo l’ultimo passo di una convinzione perseguita qualche anno prima. Il boom di iscrizioni agli istituti tecnici di agraria in tutta la provincia sono la conferma. Alla Fondazione Minoprio di Cermenate, istituto di riferimento per la formazione professionale in agraria, il trend di crescita è ormai consolidato: ogni anno i corsi ormai contano non meno di 300 iscritti, lo stesso vale per il 2014. E da due anni l’istituto per la formazione in Agraria è costretto alle selezioni, sono raddoppiati inve-

Chi ha scelto di lasciare il posto fisso e sicuro per coltivare la terra e anche una nuova vita con ritmi diversi

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ce gli iscritti per l’Istituto tecnico. Ogni anno l’aumento medio è del 10%. Incrementi tutt’altro che banali. È la conferma che la formazione agraria è sempre più vissuta come un’opportunità e uno sbocco professionale concreti. L’entrata in crisi di tipologie di lavoro tradizionali come geometri o profili amministrativo-commerciali hanno favorito queste realtà sulla spinta anche di un aumento della sensibilità ambientale. Il risultato è stato il recupero di un’attività tradizionale come l’agricoltura, ma vista come occasione realistica di autoimprenditorialità. Con un pizzico di creatività e innovazione tecnologica. L’elenco delle nuove professioni “inventate” dai giovani agricoltori anche in provincia di Como è emblematico per rendersi conto di come la green economy sia diventata una leva per la crescita e lo sviluppo del territorio. Oggi l’agricoltore non passa più il suo tempo solo nei campi. Ricorre allo smartphone per far incontrare il consumatore e la sua azienda agricola; utilizza la piattaforma web per chi cerca prodotti contadini a Km 0, alveari urbani, la piattaforma digitale di servizi e applicazioni per semplificare le attività dell’agricoltura e ridurre lo spreco di risorse primarie, ricorre alla comunity per incontrare amici e clienti a tavola nel proprio agriturismo. Produrre solo, non gli basta più. Il nuovo contadino opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo dove vive il suo tempo anche con i clienti, alle fattorie didattiche dove spiega a ragazzi e studenti delle scuole come è fatta e come funziona la sua azienda. Ha rapporti e contatti con altri imprenditori, magari distanti dalla sua attività come quelli della cosmetica, dell’edilizia o della chimica verde. Fino alla vendita diretta dei prodotti tipici a parti-

re dalla trasformazione del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma vendendo anche pane, birra, salumi, gelati e addirittura prodotti di bellezza. Ma la creatività vale anche per i nuovi servizi. Come l’agri-tata che accoglie nella sua azienda bambini dai 3 mesi ai 3 anni, seguendo un progetto pedagogico legato alla natura e alla stagionalità; come l’eco-muratore, che ha sperimentato la prima mattonella di paglia, prodotto tecnologico costituito da un sistema di coibentazione; oppure il tintore di tessuti anallergici, utilizzando al meglio per colorare i tessuti prodotti della sua azienda agricola come ortaggi, frutta e piante tintorie. Ma anche l’agri-erborista: l’idea base dell’azienda è coltivare, raccogliere e trasformare piante medicinali per il benessere, la salute e la bellezza. Tutto in armonia con la natura e l’ambiente. Insomma, l’agricoltura comasca sta diventando anche questo, una sorta di avamposto in cui i cambiamenti globali e del territorio in atto negli stili di vita e di consumo trovano soluzioni innovative. «Lavori anticrisi – chiude Trezzi, Coldiretti Como - che ridanno coraggio ed entusiasmo, e che aiutano i nostri giovani a trasformare passioni e valori in concrete attività imprenditoriali».

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Così cambia la vita «I

n Italia siamo troppi succubi del mercato, il prezzo non lo fa più chi produce, ma chi compra, i commercianti. E questo è un danno». Ha il piglio dell’imprenditore navigato, Giacomo Ruiu. Idee chiare, strategie messe a punto, una prospettiva ben delineata. In barba ai suoi 24 anni, Giacomo sa benissimo quello che rincorre. E lo vede idealmente dalla finestra della sua azienda agricola, sopra San Fedele d’Intelvi. Vuole crescere difendendo a denti stretti la sua vera passione, fare il contadino e l’agricoltore con la sola priorità della qualità, dove i sapori del pascolo sono il valore aggiunto del prodotto. A capo di un’azienda agricola, rilevata dal padre sardo che l’aveva fondata quasi per hobby, a cui ora ha dato il suo nome, Giacomo, dopo il diploma alla Fondazione Minoprio e due anni di studi universitari, il lavoro segna la sua svolta di vita. Ma più che il lavoro è un’altra la motivazione alla base della scelta: voler valorizzare il proprio territorio. La prima strada è l’allevamento di capre, un centinaio di animali, poi arrivano le mucche e quindi le pecore. La produzione di formaggi di capra, dal fresco a quello stagionato fino ai formaggini misti, ai piccoli ortaggi e ancora la coltivazione di mirtilli per farne frutta fresca, confetture e gelato lo spingono verso il mercato. «Ma deve essere una vendita a Km 0, si deve imparare ad apprezzare la qualità dei nostri prodotti. Ho fatto analizzare

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i miei prodotti, a cominciare dal latte: hanno riscontrato una presenza di Omega3 fino a quattro volte di più rispetto a quello prodotto in allevamenti intensivi». E il riscontro, l’apprezzamento con i consumatori infatti è immediato. «Noi lavoriamo in montagna, gli animali vivono con noi sui monti e aiutano a mantenere produttivo il territorio. La mia filosofia è semplice, far capire il valore del prodotto e dell’agricoltura di montagna. È certo, però, che il territorio, questi nostri splendidi luoghi, non vanno abbandonati». Il modo migliore è far arrivare qui turisti, consumatori, clienti. E Giacomo si attrezza. Apre un punto vendita per i suoi prodotti, formaggi e frutta. Ma questo ancora non basta. Apre un agriturismo, cinque camere, sempre al completo nei sei mesi d’apertura, che abbina all’azienda agricola. Gran parte dei prodotti passano così, direttamente dal piccolo caseificio alla tavola. Ed ad apprezzare quei prodotti arrivano da tutta Europa: Francia, Spagna, Paesi Bassi, Olanda, famiglie di italiani. Internet dà una mano e accorcia le distanze: così sono arrivati anche turisti dal Sud Africa, Russia, Finlandia e Sud America. Giacomo vivendo con loro si accorge che tutti stanno scoprendo un mondo nuovo, forse anche sconosciuto o semplicemente dimenticato. Giacomo allora si inventa la “Giornata del pastore”: turisti e clienti per un giorno vivono con lui ritmi, lavori e fatiche per curare e portare


al pascolo gli animali. Fra Pigra e Blessagno si va anche a passeggio, ma in groppa a un asino e restando rigidamente al suo passo. Nessuna fretta, insomma, l’essenziale è rapportarsi con l’ambiente intorno. E farsi coinvolgere almeno per una volta. «A fine giornata la fatica sulle spalle è tanta - confessa Giacomo -. Le responsabilità sono tante. Fai due conti e capisci che riesci appena a vivere con quanto guadagni, le spese e i costi sono tanti. Le difficoltà arrivano anche dalla troppa burocrazia con cui fare i conti, i tanti controlli, le numerose procedure da osservare o gli infiniti obblighi assurdi da rispettare. Dico, pazienza. Ma non getto la spugna. Nessun ripensamento. La passione prevale e la voglia di creare anche così una nuova economia locale resta alla base del mio nuovo modello di vita, anche professionale». Giacomo lo fa, a 24 anni, guardando anche agli altri. Ogni anno offre stage e tirocini, in cambio di vitto e alloggio, a chi vuole imparare questo mestiere, una formazione sul posto di lavoro. «Il dato significativo è che ricevo richieste trasversali a tutto il mondo del lavoro: in arrivo ci sono direttori di banca, impiegati, imprenditori, donne

e molti giovani. Tutti vogliono cambiare il mestiere che stanno facendo, tutti hanno un loro sogno nel cassetto rimasto chiuso là dentro. Credo questo ci debba far riflettere molto sui tempi che stiamo vivendo».

Ruiu: «La voglia di creare una nuova economia locale resta alla base del mio nuovo modello di vita»

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SCELTA DI VITA. Cristina De Angeli con il marito Davide Zanotta.

Passione, per l’ambiente e la terra È

il ritorno dei giovani alla terra. Anche per crearsi un a stagione di mirtilli, da cui ricavano confetture e succhi posto di lavoro. Ma è anche una scelta di chi il ladi frutta. voro già ce l’aveva, ma che in termini di valori gli stava Uno sbocco lavorativo e di vita concreti, reali. «È quanto molto stretto. «Volevamo tornare a coltivare la nostra ci basta per poter vivere, ma è quanto volevano per poter passione, per l’ambiente, per la terra. Volevano tornare cambiare la vita e i ritmi di prima. E il tutto funziona a stabilire un concreto contatto con il nostro territorio». spiega Cristina - perché è fondato sulla passione per queCristina De Angeli, 32 anni, racconta la sua esperiensto lavoro. È un lavoro che ci garantisce un reddito, certo za convinta, nessuna perplessità. Lei che per tornare in non diventiamo ricchi. Ma questo era la base su cui vomontagna ha lasciato un posto sicuro, da tecnico di lalevamo far appoggiare la nostra vita e la nostra impresa boratorio in un’azienda del Canton familiare, un modo compatibile con il Ticino, lavoro e stipendio garantiti. nostro territorio». I compiti sono ben De Angeli: è anche un modo divisi, il marito si occupa degli aniAl suo fianco il marito Davide Zanotta, 38 anni, anche lui ha lasciato mali, ma anche Cristina non disdeper curare i monti il lavoro di falegname nell’azienda gna ogni tanto la stalla. Insieme seed evitare che finiscano di famiglia, ora guidano a Tremezzo guono la produzione del formaggio, miseramente abbandonati una società agricola che porta i loro ma è Cristina che segue il “mercato”. due nomi: una stalla modernissima Già, perché la vera “rivoluzione” di per attrezzature, con 25 animali fra mucche e vitelli, un questo nuovo approccio alla terra, il nuovo modo di fare caseificio tecnologicamente avanzato con caldaie in acil contadino oggi, è arrivato con la creazione all’interno ciaio, e una produzione di diversi tipi di formaggi - sette dell’azienda di uno spaccio agricolo per la vendita dei chilogrammi al giorno in media quello lavorato - e tutti prodotti, la creazione cioè di un canale diretto di vendita legati alla tradizione del territorio: dal formaggio “prie la partecipazione al mercato dei produttori agricoli, uno mo sale” ai formaggini freschi, allo stracchino fino alla stand aperto due volte la settimana al mercato coperto di caciotta tremezzina. A questo ora hanno aggiunto anche Como. «È stata anche questa un’esperienza importante, la coltivazione e produzione dei piccoli frutti, 6-7 quintali ci ha consentito di incontrare e confrontarci con le

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La fattoria fa scuola altre imprese, ma in particolare con il pubblico, i nostri clienti. E capire quanto siamo apprezzati per la qualità dei nostri prodotti». Una presa di coscienza che ora spinge Cristina e Davide verso il loro nuovo sogno: ampliare il loro punto vendita dentro l’azienda per poter far venire da loro i clienti in montagna e poterli accogliere magari in un agriturismo tutto loro. «In realtà riusciremmo a realizzare due sogni: con un punto vendita più ampio, riusciremmo a portare sui nostri monti nuovi turisti e far vivere loro i nostri territori, farli apprezzare per la bellezza che esprimono». Internet è lo strumento con cui contattano il mondo esterno: un sito dedicato, ma anche un profilo su Facebook. «Scelta inevitabile, ma certo non in contraddizione con quanto facciamo a contatto con la natura, anzi ci aiuta a diffondere questa cultura». Cristina però ci deve lasciare, deve preparare con il marito gli animali. «Sì, partiamo per la transumanza, a piedi, fino sopra i monti di Tremezzo. Portiamo le mucche in altitudine, e le lasciamo fino a settembre. Anche questo è un modo per curare i nostri monti ed evitare che finiscano abbandonati».

U

n balzo unico, dai laboratori di analisi dell’Asl di Como fino alla piccola frazione Brenzio di Grave-

dona e Uniti. È lì, con un vista diretta sul lago di Como ma che può arrivare fino a scorgere l’Abbazia di Piona, sull’altra sponda del ramo lariano, che ha messo le radici un’altra coppia delle nuove leve di agricoltori che avanzano. Marco Ciappa e Diana sono però della penultima generazione, con i 53 anni lui e 51 lei, oggi sono testimoni reali di una scelta che non è mai troppo tardi per poter fare. Da dipendenti pubblici ad allevatori di pecore e capre, a produttori di formaggi, a coltivatori di piccoli frutti come lamponi, mirtilli, fragole e more per farne anche confetture o per venderli come frutta fresca ai ristoranti del luogo. Ma, soprattutto, Marco e Diana sono testimoni di un nuovo modello di fare accoglienza. Il loro agriturismo, La Sorgente, è diverso dagli altri. Verrebbe da dire che non sono i padroni-titolari che lo gestiscono. Sono gli stessi turisti a pensare e a badare a loro stessi. «Noi garantiamo l’alloggio e la cura degli appartamenti. Ma sono poi i nostri visitatori a vivere in maniera autonoma, iniziando dalla cucina e dal prepararsi da mangiare da soli». Una formula che sta funzionando benissimo, che riscuote successo soprattutto fra gli stranieri, il 90% dei loro clienti arriva dalla Russia, Francia, Belgio, Olanda. Punto d’arrivo l’aeroporto di Orio al Serio, noleggio dell’auto e un soggiorno di una-due settimane per vivere una vacanza da agricoltore. «Già, perché chi arriva da noi fa anche una totale scelta di vita per tutti quei giorni in cui si ferma. E noi - spiega Marco - l’agriturismo lo abbiamo voluto per questo, per far apprezzare il luogo in cui viviamo, per trasmettere i valori e le bellezze di questo territorio, per insegnare quanto più possibile saperi e sapori della cultura agricola». E anche nel loro caso senza disdegnare le nuove tecnologie. Internet resta un veicolo di comunicazione e di contatto determinante. «Non mi piace questo strumento, ma capisco che è fondamentale. Cerco quindi di usarlo il meno possibile, ma al meglio che posso. Così, dopo una giornata di lavoro, mi costringo a qualche ora

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Ciappa: agriturismo come modo per trasmettere le bellezze del territorio, per insegnare saperi e sapori della cultura agricola

davanti al computer, rispondo alle mail e alle richieste dei clienti. Se non lo faccio entro 24 ore, perdo i contatti e i turisti se ne vanno da un’altra parte. Oggi il lavoro nei campi comprende anche questo». E i turisti intanto arrivano. Apprezzano questa autonomia, apprezzano dover recuperare i prodotti da mangiare direttamente dal contadino a due passi da loro o poter rifornirsi dei prodotti dalla stessa azienda di Marco. E apprezzano anche i servizi che l’azienda garantisce, agli adulti e ai bambini. Diana, la moglie di Marco, ha infatti allestito un piccolo centro benessere per le signore. Ai bambini ci pensa Marco. Proprio in questi giorni, poi, l’azienda ha ricevuto dalla Regione Lombardia l’accreditamento di Fattoria Didattica: è fra le otto in provincia di Como. Ai più piccoli Marco dedica le attività culturali legate al vivere in campagna: racconta l’origine e la coltivazione dei prodotti della terra, insegna la costruzione degli attrezzi da lavoro dei campi, spiega come si allevano gli animali delle fattorie. E poi c’è tutta l’attività che svolge con le scuole della provincia, classi da 25-30 alunni con le quali Marco lavora molto in sinergia con la didattica dei programmi

scolastici. “Vorremmo fare di più, ogni anno puntiamo ad aumentare gli accorgimenti nei servizi legati al benessere e questo stile di vita. A volte riusciamo – spiega Marco -, a volte ci scontriamo non poco con la solita burocrazia, la troviamo anche nei campi. Permessi, concessioni, autorizzazioni, vincoli. Un dato: noi siamo sottoposti a dieci organi di controllo. Tutto tempo letteralmente rubato alla nostra attività principale”.

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COMO ADDIO

di Sara Della Torre

La scelta dell’avvocato Marcello Campisani che si è ritirato sull’isola di Paros: «La politica è il male dell’Italia e il nostro è un Paese nelle mani della malavita»

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P

rima di caricare il camper, si concede un’intervista. Non è una vacanza la sua, ma un ritorno nella nuova residenza, lontano da Como e dall’Italia. Marcello Campisani, a giornale stampato, sarà a casa, a Paros, nelle Cicladi, in Grecia. Lì c’è il paradiso: acqua cristallina, il contrasto tra le case bianche e l’azzurro del cielo, il sole. Nessuna tempistica da rispe are, né il ticche io dell’orologio, “l’imprevisto” può nascere, al massimo dai vicini. «Gli isolani adorano gli italiani e ti portano le ceste con la loro fru a». Nessun disturbo vero, quindi, alla le ura di libri, come quelli di Erri De Luca, scri ore preferito. Soprattu o libero sfogo ai pensieri. Dopo anni di dure ba aglie in tribunale e una carriera invidiabile, da qualche tempo, l’avvocato lariano si gode la

pensione, immerso in un panorama naturale ancora incontaminato. La scelta non è de ata da motivi umanitari o di volontariato. Solo il desiderio di dedicarsi al relax e alle passioni, la pesca subacquea per esempio, e la contemplazione delle stelle. «Nessuno ci crede, ma, da qualche tempo, compro la se imana enigmistica e, spesso, non riesco a terminare neppure quella. Rifletto, teorizzo e faccio lavorare quella parte di cervello che lo stress quotidiano blocca». Eppure, nonostante la decisione sia immodificabile, l’amore per Como e per l’Italia non si è assopito e nelle parole determinate, si respira la voglia di dare un contributo, di trasme ere un sentimento di ribellione, di lanciare segnali di cambiamento. «Guardi, quando torno a Como soffro, perché


«Quando torno nella mia Como soffro perchè mi accorgo che in Italia le cose continuano a peggiorare» mi accorgo che le cose, in Italia, continuano a peggiorare. Allora, prima di partire, volevo dire la mia, se può servire». Insomma, togliersi, come si dice, il “sassolino dalla scarpa”, ma anche riuscire a riscrivere un pezzo di storia e invertire la ro a, nonostante il pessimismo e l’amarezza. Il primo pensiero va a Como.

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«La Ztl? La città è un fazzoletto. È chiaro che il futuro sarà percorrerla a piedi o in bicicle a. Ma i parcheggi sono indispensabili per aprirla a chi deve raggiungerla dall’esterno. Era prima necessario, per evitare inutili contestazioni, indicare nuove aree per la sosta dell’auto. Ma sul fatto di chiudere il centro al traffico sono d’accordo». Sul primo ci adino di Como, Campisani non ha dubbi. «Mario Lucini è un ottimo sindaco. Non ha affari personali sulla ci à. E il disinteresse sulle scelte civiche mi sembra già una buona premessa». Residente a San Fermo, qualche esperienza di politica

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«La burocrazia è un modo per derubare i cittadini e tutti si mettono in fila come sudditi» comasca l’ha avuta. «Ho trasformato Como in ci à turistica per far aprire i negozi anche la domenica. Come poteva una ci à così bella e turisticamente appetibile, avere tu i i negozi

chiusi? In Consiglio Comunale, invece, ho avuto una bru a esperienza. Dopo la prima seduta me ne sarei andato. Sono riusciti a tra enermi solo per qualche mese». Uomo controcorrente, come ama definirsi, presentò un proge o per Como, che offriva alla ci à una trasformazione in un grande prato, ma con 4500 posti auto interrati. «Utopia? Era possibile. Ma la politica bocciò il proge o. La politica è il vero male, l’incompetenza delle persone che lavorano per il bene comune. Vogliamo parlare dell’Italia? Il nostro paese è nelle mani della malavita, che non può essere ba uta né dalla polizia


E UN MODO C’È PER CAMBIARE IL MONDO «Se vuoi cambiare il mondo puoi farlo. Basta volerlo e cambia da domani mattina. Il problema è volerlo. Oggi fanno tutti tante diagnosi, ma nessuno fa una sintesi. Assisto con malincuore al continuo aumento della burocrazia. La burocrazia è un modo per derubare i cittadini. E tutti si mettono in fila come sudditi. È necessario ribellarsi. Dare avvio ad una rivoluzione». Non ci sono mezzi termini nelle parole di Marcello Campisani. Nel suo studio di via Volta, affronta un po’ tutti i problemi che affliggono l’Italia, dalla politica alla mafia, alla giustizia. «Non si vuole ammettere che ovunque la si guardi, l’origine dei problemi è uno solo: il traffico degli stupefacenti che sostiene la malavita. Quando si deciderà di eliminare questa cattiva radice, avremo finalmente istituzioni pulite, capaci di agire per il bene comune». Una vita dedicata alla professione d’avvocato, immerso in una famiglia di uomini di legge (il nonno, il padre, oggi i figli avvocati) Campisani ha lavorato nello studio, fondato in via Volta a Como, nei primi anni Cinquanta, dal padre Teodoro Campisani, continuato dai figli Roberto, Marcello e Aristide. Sulla sua professione, che, lo dimostra, ha vissuto con passione, manda un monito semplice ai giovani: «A chi vuole avventurarsi in questa professione consiglio di trovare un maestro,

né dalla giustizia - sostiene l’avvocato Campisani -. Può essere invece eliminata, facilmente e gratuitamente, anzi ricavandoci sopra il corrispe ivo di un paio di finanziarie. Ma è cosa che può fare solo la legge di un parlamento immune da condizionamenti di sorta. Si tra a di fare diventare la droga monopolio di stato, come il tabacco. Dopodiché i gangster e gli “o imati” di Casal di Principe si vedrebbero costre i ad emigrare in blocco». Tesi drastica, quella del legale comasco che aggiunge. «Io me ne sono andato, fra i primi ed in vacanza, pur con qualche malincuore. Ma quasi tu i vorrebbero andarsene. Chi può delocalizza altro-

una persona che dimostri di avere onestà e conoscenza. Non è necessario che sia una persona famosa. In un paese dove non si sa più cosa sia il diritto, gli avvocati migliori sono illustri sconosciuti».

ve, altrove cerca impiego e mezzi di sussistenza. Ci rimane invece, sempre più imperante la criminalità, cui ormai più nulla sfugge della gestione del denaro pubblico». Solo i chilometri di viaggio lo separano dall’isola di Paros. Un esilio volontario o un’a esa silenziosa prima del ritorno. Difficile capire. Certamente una decisione felice, ma sofferta. «Nutro la presunzione di credere che il mio punto di vista possa apportare un significativo contributo - conclude Marcello Campisani - ad una più approfondita diagnosi sui gravi problemi che ci affliggono, che ci hanno scaraventato agli ultimi posti

delle graduatorie del vivere civile, ma che mi paiono tu avia facilmente ed immediatamente risolvibili, solo che lo si voglia. Si potrà formare una volontà politica favorevole solo quando la diagnosi sarà condivisa. Prima ancora occorre però che sia almeno conosciuta». Nel suo libro, edito nel 2009, “Argomenti di conversazione per il dialogo con le stelle”, titolo che poteva lasciar presagire la sua partenza, scrive: «Il pessimismo o serve a pungolare il torpore o è un piagnisteo». E il pensiero pessimista ma comba ivo dell’avvocato ha sicuramente il primo obie ivo.

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di Ricky Monti

Alla scoperta di Como con le acrobazie di Michael Piccolo campione di Flatland su Bmx. «Villa Olmo è il luogo più affascinate, il Monumento ai Caduti troppo imponente, il Broletto nauseabondo e la ex Ticosa un pugno nell’occhio».

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BALLANDO SU DUE RUOTE

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I

l Flatland è una specialità della Bmx, paragonata alla danza su due ruote per l’equilibrio e l’eleganza necessaria. Le evoluzioni, in gergo trick, sono delle rotazioni in equilibrio senza mai appoggiare i piedi a terra e con la possibilità di fare più evoluzioni una dopo l’altra, chiamate combo nel gergo bmx. Gli esordi di questa disciplina risalgono agli anni ‘50 ma è solamente negli anni ‘80 che la Bmx Flatland incomincia a diventare popolare negli Statu Uniti, mentre lo diventa anche in Italia negli anni ‘90. Negli ultimi anni c’è un solo nome che domina la scena italiana di questo sport, Michael Piccolo, di Bergamo. Conosco Michael da parecchio tempo ed è sempre una soddisfazione lavorarci insieme grazie alla sua professionalità. Recentemente è venuto a Como per proseguire con un nostro proge o iniziato a Milano nel 2011, legato alla realizzazione di sca i nei luoghi più suggestivi delle ci à. La scelta è ricaduta su Como per gli innumerevoli angoli suggestivi e monumenti archite onici che il mondo ci invidia. In tarda ma inata di venerdì Michael arriva alla Stazione

A SPASSO PER COMO Sotto: Michael Piccolo sul muro disegnato dai writer dentro l’area della Ticosa. Sopra: nel tempietto di Villa Olmo. A destra: sulle pietre a lago del Monumento ai Caduti.

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San Giovanni, e ci dirigiamo a Villa Olmo come primo luogo dove sca are. La villa, che prende il nome da un ultracentenario olmo che aveva le sue radici nel giardino, ormai non più, è stata costruita da Simone Cantoni per Innocenzo Odescalchi. Il parco e la villa, sempre un bel vedere per turisti o per servizi fotografici, ma anche per noi comaschi: è la punta di diamante del nostro patrimonio culturale ci adino, e luogo di riferimento artistico quando vengono organizzate mostre. Il piccolo tempio, nel parco retrostante la villa, è il primo spot dove sca o con Michael, perché mi sono immaginato che tempo fa poteva essere un angolo di ricreazione, successivamente ci siamo spostati nell’ala destra della villa. «Il luogo più affascinante a conclusione della passeggiata sul lungolago. Bellissima villa ben curata e mantenuta. Bella l’idea di ospitare mostre, esposizioni ed eventi. Non da meno è il grande parco sul retro con alberi secolari e la parte che di fronte alla villa la quale offre una splendida vista sul lago; peccato non manchino mai gli incivili che bu ano a terra rifiuti», dichiara Michael.

Dalla Villa Olmo proseguiamo lungo la passeggiata arrivando al famoso Monumento ai caduti della prima guerra mondiale, nato da un disegno di Antonio Sant’Elia, anche lui caduto in guerra, ma terminato nel 1933 dopo diversi proge i da Giuseppe Terragni e precedentemente seguito anche dal fratello A ilio. È un monumento, oltre che per valore storico, di rilevanza archite onica, e diventa il nostro secondo spot per sca are delle foto. Michael rimane colpito dalla imponenza della stru ura e dichiara: «Mi ha impressionato la grande archite ura che perme e, una volta saliti gli scalini, di godere di un impareggiabile panorama sulla ci à, anche se, a mio avviso, è troppo imponente e poco in armonia con il contesto».

«È un peccato che sul lungolago ci siano ancora transenne e cantieri aperti, che oscurano la visione di angoli suggestivi»

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ACROBAZIE Michael Piccolo con la sua Bmx fotografato da sotto il Broletto, all’ingresso della Porta della rana. Sotto, sul piazzale di Palazzo Terragni alle spalle del Duomo e, a destra, davanti al Tempio Voltiano.

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Sca iamo delle foto nella parte fronte lago del monumento, rimanendo quasi a sbalzo sui giardini so ostanti creando delle immagini uniche. Gli atleti di questa disciplina apprezzano molto quando possono divertirsi su pavimentazioni lisce e senza pendenza che facilitano l’equilibro e l’esecuzione delle evoluzioni. A pochi passi troviamo il Tempio Voltiamo, monumento in stile palladiano disegnato da Federico Frigerio e voluto da Francesco Somaini, inaugurato pochi anni prima, 1928, del monumento disegnato da Sant’Elia. Il Tempio Voltiano è il museo più visitato della ci à, e un luogo di riferimento per tu i i turisti incuriositi dalla storia di Alessandro Volta. Michael, cercando di evitare i passanti di fronte al monumento, spende diverso tempo per chiudere un trick molto complesso per l’equilibrio precario dovuto alle ma onelle di porfido e la leggera pendenza. Michael: «Altro interessante monumento di fronte al quale soffermarsi durante la passeggiata sul lungolago. Bellissimo sia archite onicamente sia per il verde che lo circonda. Lo spazio è limitato, ma vale la pena entrare per vedere le invenzioni e gli strumenti utilizzati da Volta che hanno cambiato in meglio la nostra vita». Proseguiamo per Lungolago Mafalda di Savoia verso il centro della ci à, e a Michael ovviamente nasce un facile commento per le paratie: «È un peccato che ci siano ancora dei punti transennati o con dei cantieri in corso che rovinano i molti scorci suggestivi che offre il lago» Nel centro della ci à la vera immagine era Piazza Duomo, ma Michael rimane colpito dal Brole o e cerchiamo qualche


angolo per valorizzare sia la sua evoluzione che ciò che ci circonda. Il Brole o voluto dal Podestà Bonardo da Codazzo nel 1215, fu la prima sede del Comune di Como, proprio a fianco della Ca edrale dedicata a Santa Maria Maggiore, la quale dopo una indecisione nella ristru urazione venne ricostruita diventando Ca edrale di Santa Maria Assunta. Durante la costruzione del Duomo venne alzata la piazza, per questo motivo ci sono i gradini per a raversare il Brole o, e ho voluto enfatizzarlo nella foto sca ando da so o il portico. Michael predilige la parte retrostante al Broletto per una questione di regolarità nella pavimentazione e per minor affluenza di passanti che potevano disturbare la sua esecuzione. «Bellissimo edificio dal gusto rinascimentale però mi perme o di dire che i portici andrebbero tenuti meglio perché passando si sente un odore sgradevole». Volevamo uno sca o con il Duomo e il Teatro Sociale ma non abbiamo trovato l’angolo ada o per la troppa gente presente che ostacolava il lavoro di Michael. Decidiamo di spostarci in Piazza del Popolo per valorizzare

meglio la ca edrale e immergerci in un contesto più urbano, evitando quanto possibile di avere troppe auto nello sca o. Con il sole pronto a tramontare e con una luce calda che ormai illumina solo la parte più alta dei palazzi, a raversiamo la ci à per arrivare nella zona più underground, la ex Ticosa. Solitamente in un giro turistico si lascia la parte più bella nella parte finale del tour, noi abbiamo fa o il contrario. Ovviamente Michael dopo aver visto i monumenti e le chiese più belle di Como rimane folgorato, negativamente, dallo stato della zona, e da come possa esserci un degrado del genere vicino alla sede dell’Università degli studi dell’Insubria e della chiesa romanica di Sant’Abbondio. Realizziamo l’ultimo sca o della giornata, con l’erba alta e i murales del muro della ex Ticosa e con la dichiarazione di Michael «Ovviamente un pugno nell’occhio per chi visita la ci à di Como. È in una una situazione di degrado che la ci à in realtà non merita. Dovrebbe essere riqualificata il prima possibile: è una grande area e offre molte possibilità». Toccato dalle parole speranzose di Michael lo accompagno alla stazione San Giovanni desiderando che un giorno possa ritornare a sca are in questa zona con negozi, uffici e ristoranti.

«La Ticosa un’area con molte possibilità, ma in uno stato di totale degrado che la città non merita»

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È UNA COMO

DA CARTOLINA di Gisella Roncoroni, foto Andrea Bu i / Pozzoni

Le piazze, i borghi, il teatro, il vecchio macello e il mercato. E anche piazza Volta sott’acqua con l’inondazione del 1901, le carrozze con i cavalli alla stazione San Giovanni o i primi tram elettrici, in via Milano e ad Albate. La passione per la città di una volta di Elvio Confalonieri Di una cartolina del Duomo con la guglia storta Arturo Arcellaschi arriva a dire: «A chi me ne porta una uguale sono pronto a dare mille euro». 58 | Mag Maggio 2014 | È una Como da cartolina


Titolo articolo | Mag Maggio 2014 | 59


UN ARMADIO DI RICORDI Elvio Confalonieri conserva trecentomila cartoline di cui molte della vecchia Como.

U

no, nella sua casa di Rebbio, ha decine di scatole con all’interno qualcosa come 300mila cartoline mentre l’altro, nel suo negozio di via Vi orio Emanuele, ha migliaia e migliaia tra francobolli e monete, ma ha anche una cartolina molto speciale. E delle loro passioni e della cartolina rarissima, Elvio Confalonieri e Arturo Arcellaschi parlano spesso. Perché sono amici. La cartolina speciale, per chi ne avesse una copia, ha anche una storia e un valore tu ’altro che limitati. «A chi mi porta una cartolina come questa dice Arcellaschi mostrando una strana raffigurazione del Duomo - dò mille euro. È molto particolare poiché raffigura dei lavori effe uati su una guglia storta della Ca edrale. In origine infa i pendeva verso l’esterno, ma per evitare crolli o cadute, si era deciso di stortarla verso l’interno. La raffigurazione, del fotografo Mazzole i, riprende proprio il cantiere con la grande impalcatura

in legno che interessa la parte destra della facciata». Ma il vero appassionato dei disegni della Como che fu è Elvio Confalonieri, 60 anni, di cui la metà passati a raccogliere, scambiare e cercare cartoline.

Confalonieri: una passione nata trent’anni fa quando trovai una vecchia scatola «Trent’anni fa - racconta - è morto mio zio e, rovistando in uno dei suoi casse i, ho trovato un centinaio di cartoline di paesi del lago. È molto più difficile trovare quelle dei paesi, sono molto più rare. Proprio da quel mazzo di disegni è nata la mia passione, un hobby che si è preso tu e le mie domeniche. Ho iniziato anche ad andare ai convegni

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e alle fiere, una dozzina ogni anno quelle a cui partecipo». Riccione, Verona, Piacenza, Milano, Torino, Genova, Trento, Brescia. Anni fa, ovviamente, era più semplice raccogliere cartoline ed era anche più facile


iniziare una collezione. «È il classico hobby - dice Elvio - nel quale chi prima comincia prima arriva. Adesso è più difficile di trent’anni fa, senza dubbio». Quella per le cartoline è una passione fa a di scambi e di acquisti. Nel 1985 per una cartolina Confalonieri arrivò a spendere 40.000 lire. E solo di Como di rappresentazioni, nella sua casa di Rebbio, ne ha più di se emila. Ma quanto può valere una cartolina? Quanto si può spendere? Non ha dubbi il signor Elvio: «È tu o molto

APPASSIONATO Arturo Arcellaschi nel suo mondo fatto di monete e francobolli.

È una Como da cartolina | Mag Maggio 2014 | 61



personale, può valere mille lire o mille euro. Dipende dai gusti, dalla sensibilità, dal valore affe ivo insomma». Le cartoline più vecchie conservate nelle scatole che Confalonieri custodisce con cura, sono di due secoli fa, del 1889 per la precisione. A una è particolarmente affezionato: rappresenta un negozio di fine O ocento in cui si vendono le cartoline all’ingrosso. E nel mazzo delle cartoline speciali compare quella che raffigura uomini intenti a bere il caffè so o i portici, quella con l’esondazione di piazza Cavour nel 1917, ma c’è anche il domatore di scimmie ad Argegno o il Carnevale del 1925 a Rebbio. Non manca una vecchissima fiera di Pasqua davanti alla basilica del Crocifisso di viale Varese. C’è la cartolina della “Calzoleria Cappelle i”, quella del 1903 per raccogliere fondi per l’ospedale dei bambini di Milano che raffigura il lungolago, i ba elli e Brunate o quella del grand hotel Plinius. C’è la Como di ieri, ma non quella dei paesaggi, ma quella particolare, delle storie, delle persone, dei fa i curiosi. Arturo Della Torre e Alfredo Caprani hanno messo rare cartoline d’epoca nel libro “Como era così “, volume a tiratura limitata a tremila copie del 1990: ci sono, una dopo l’altra, le piazze storiche, i borghi, il teatro, il vecchio macello e il mercato del pollame, ma anche piazza Volta sott’acqua con l’inondazione del 1901 o le carrozze con i cavalli che aspe ano i viaggiatori all’esterno della stazione San Giovanni o i primi tram ele rici, in via Milano o ad Albate passando per il Burg Drizz, piazza San Rocco, Villa Olmo e Tavernola. In tantissimi a Como hanno trovato, nei casse i di nonni o bisnonni, cartoline di un tempo. Qualcuno, partendo da lì, ne ha fa o un hobby alla scoperta dei segreti del passato. Così ha fa o Elvio Confalonieri e così ha fa o, con francobolli e annulli speciali e con monete di ogni tipo e stampate ad hoc (le famose leghe sono sue) o con la cartolina che vale mille euro Arturo Arcellaschi.

LA RARITÀ Sopra: la cartolina con la riparazione della guglia storta della cattedrale. Arcellaschi offre mille euro a chi gliene porta una copia.

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IL CAVALIERE DI FERRO

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di Mario Chiode i, foto Carlo Pozzoni

La storia del fabbro ferraio Giovanni Peduzzi: «Non vendo le mie opere d’arte, fanno parte di me e della mia vita». Il riconoscimento di Cavaliere del lavoro corona una passione nata nell’infanzia. «Un giorno la maestra ci diede un tema: “Che cosa vorresti fare da grande”. Scrissi il fabbro, senza nemmeno sapere cosa volesse dire e a tredici anni ero già in officina».

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li artigiani li devi andare a cercare. Ci sono ancora, per fortuna, la modernità ase ica di computer e smartphone non li ha del tu o portati all’estinzione, ma se ne stanno appartati, timidi e silenziosi, nel loro mondo fa o di pensiero e sudore, muscoli e sapienza. Uomini schivi, semplici e schie i, tanto inebriati del proprio fare da unire lavoro e passione in un’unica intrapresa, ché spesso artigiano e artista s’incarnano nella stessa persona. Così succede per Giovanni Peduzzi, anzi il Cavaliere del lavoro Giovanni Peduzzi, vero e genuino in tempi di cavalierati farlocchi e televisivi, un “omm grand” come si diceva una volta, che parla con la esse “zetificata” alla svizzera, ha occhi azzurri meditanti e mani che plasmano il ferro come fosse cera d’api. Un fabbro ferraio, parola quasi magica ormai, che evoca l’antro di Vulcano, la fucina del sapere, il fuoco perenne su cui si forgia il domani, capace di inventare forme leggiadre e leggere, perfino rondini e ga i che rincorrono un gomitolo, e di far sbocciare rose da pezzi di lamiera. «Su questa strada su questa strada/ una curva al ghiaccio una curva al sole», si sale verso Schignano, e la voce di Van de Sfroos risuona nella mente e racconta storie di emigranti di ritorno su per questa valle, che all’inizio si apre sul lago e poi si richiude, abbracciata dalle montagne.

Ma non saliamo a Schignano per vedere il Brut e il Bel, la Ciocia e la Sigurtà, maschere antiche del Carnevale con la faccia della gente del popolo, ma per conoscere il Giovanni, che a 63 anni ha trovato una sua dimensione d’artista, dopo mezzo secolo di lavoro all’incudine, giorni e no i trascorsi a martellare il ferro e farne cancellate, ringhiere, tavolini e sedie, testate di le i e tripodi per vasi. Valle d’Intelvi, «una valle cordiale», come scrisse Carlo Linati nelle sue “Passeggiate lariane”, «quando hai percorsa la sua prima parte, da Argegno a San Fedele, alquanto monotona, essa si apre, fiorisce ad altopiano alpestre, ti mostra subito un piglio e un aspe o di grande vallata. Una vallata che vive sola nell’alto, nella frescura, nel sereno, contenta di sé, romita e salubre, canora e leggiadra, sparsa di cento ville e, forre, castagneti». La casa officina di Giovanni e Paolo Peduzzi è alla fine di una discesina, passato l’asilo dipinto di un giallo senape, muri ricoperti di glicine. Sulla facciata una grande insegna ci porta subito “in medias res”, con il disegno di una fucina e di due artefici con i loro nomi, così il figlio ci fa da chaperon all’ingresso, mostrandoci subito di cosa è capace suo padre, senza aver mai studiato scultura in accademia. Paolo ha 36 anni e anche lui è a bo ega da quando ne aveva dicio o, spesso non conosce sabati e domeniche,

Il figlio Paolo ha 36 anni, anche lui fabbro e con la stessa passione del padre

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UNA PASSIONE Giovanni Peduzzi nella sua officina di Schignano.

bene cosa volesse dire. Mio padre Casimiro, muratore, disegnava bene, magari il talento artistico l’ho preso da lui. Comunque a tredici anni ero già in officina, allievo di Onorato Caminada, a diciasse e mi misi in proprio, qui dove sono ora. Ho sempre fa o il ferro ba uto, a vent’anni “La Provincia” mi dedicò il primo articolo perché già me evo in mostra alcune mie creazioni». Una bambina delle scuole elementari, Margherita Bordali, in quel lontano 1974 realizzò addiri ura un

ma va bene così, «ognuno ha le sue passioni, chi la pesca chi le carte, noi il lavoro e queste cose qui che facciamo di solito il sabato pomeriggio». Quelle cose lì sono lanterne in ferro ba uto da spedire in una grande villa in Francia, portacandele, mastodontici leggii da chiesa, pezzi di cancellate, sedie e tavolini da giardini di gusto ecle ico, cespi di rose che paiono usciti da un dipinto preraffaellita, cigni stilizzati, voli di rondini, crocefissi di assoluta modernità. All’ingresso c’è perfino una scultura picassiana, un “viso multiplo” in lamiera sbalzata, un paesaggio “ondulato”, un ritra o di donna tu o rifinito in oro senza pennello, solo con le dita. Il Giovanni arriva dopo un po’, in tenuta da lavoro (forse dorme così), gira intorno all’incudine nel mostrare alcune sue ultime creazioni: un tulipano che non sfigurerebbe in un museo americano, essenziale e “giacome iano”, una rondine con il “gosse o” dipinto, due aste ritorte con un anello terminale che un tempo erano incassate nel muro e servivano a legare i cavalli. «Oggi le adoperano come supporto portafiori, sono difficilissime da fare perché uno deve tener fermo il ferro rovente mentre l’altro lo lavora scolpendolo. Questi terminano con una testa di cane», dice il Cavaliere (dal 1987), che firma i suoi capolavori “GCP”, Giovanni Cavalier Peduzzi. «Ho incominciato a fare il fabbro da bambino, nella mia fantasia. Un giorno la maestra ci diede un tema: “cosa vorresti fare da grande”, e io scrissi il fabbro, senza sapere

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componimento, con la fotografia ritagliata dal giornale e un suo pensiero sull’artigiano artista, che puntualmente Giovanni ha incorniciato. «Il mio lavoro è la mia passione, ho fa o mostre internazionali, vinto il primo premio nel 2013 al concorso di scultura di Vicolo Poldo con “Passaggio”, un lavoro in cui riassumo vita, morte e resurrezione. Sono uno dei Maestri Comacini del Terzo millennio, certificato da una mostra del 2001 a Campione d’Italia, mie opere sono conservate in molti paesi del Comasco. Un crocifisso è nella chiesa di san Zeno, in quella di Erbonne c’è un lampadario in ferro ba uto, qui a Schignano, in santa Maria, un grande leggio. Ho lavorato parecchio per il vescovo di Como, monsignor Diego Cole i, a cui ho regalato uno dei miei crocifissi lavorati poi in foglia d’oro». Il procedimento gli è stato insegnato dal professor Riva dell’Accademia di Brera, che è arrivato fin qui a spiegare i diversi passaggi per ricoprire il ferro con una lamina dorata. «Non vendo le mie opere d’arte, ne sono geloso, fanno parte di me e del mio vissuto. Arrivano grazie a un gioco della fantasia: un viso, un Cristo, una rosa o una lampada, o la rondine, che ho visto ritornare a marzo e subito ho voluto riprodurre in ferro ba uto. Per i lavori più complessi faccio prima un disegno, ma non è de o che alla fine ciò che esce fuori sia proprio quella cosa. Non copio mai da altri artisti, e non ripeto mai un’opera, sono tu i pezzi unici», racconta il cav. Giovanni, che disegna con il gesso la lamiera, la taglia e poi a caldo, ba endo sull’incudine, dà la forma voluta, lasciandola poi raffreddare. «A freddo do i ritocchi minuti e poi lucido il pezzo con la cera d’api. Niente vernici, tu o naturale. L’artigianato è rido o male, i nostri governanti hanno fa o di tu o per rovinarci, ma l’italiano è per sua natura tenace, così anch’io e mio figlio andiamo avanti, nonostante la crisi e le tasse». Giovanni e Paolo sono soli nella grande officina, dove fino a poco tempo fa lavorava anche lo zio Agostino, ora in meritata pensione. Le commissioni per fortuna ci sono, e tante, vengono da archite i e ingegneri che vogliono dare un tocco di classe ai loro proge i, alberghi e ristoranti per regalare originalità ai loro arredi, ma anche da molti privati, arrivati fin qui con il disegno di un pezzo che starebbe bene nella loro casa. Gli artigiani bisogna andare a cercarli, o altrimenti li trovi per caso, come ha fa o “El Diablo” Claudio Chiappucci, che un giorno pedalando da queste parti in allenamento rimase folgorato sulla via del ferro, tanto da ordinare subito degli appendiabiti per la sua taverna. Ma, come diceva il Gastone petroliniano, Giovanni non «ci tiene né ci tese mai», rimane con il profilo basso e la testa alta, quella di chi ha sempre lavorato sul serio. Da lui vengono critici d’arte e scenografi, lodano i suoi incredibili pavoni a sbalzo, con la coda “pieno Liberty” ma lui non lo sa, il cigno messo lì con due o tre volute di ferro piegato, la pianta di rose che Paolo appena appena

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colora a spruzzo, così, come ultimo tocco d’artista. «È bravo, Paolo, nel creare ogge i d’arte deve ancora fare un po’ di esperienza, però nel se ore commerciale non ha problemi, è degno figlio di suo padre. Questi lavori vanno mostrati, è giusto che i giovani capiscano come si possano inventare piccole opere d’arte con un materiale povero come il ferro», afferma Giovanni Peduzzi, davanti a una contadina a gran-

dezza più che naturale, con rastrello e gerla che pare in tre dimensioni. Sul bancone l’ultimo nato, lo “sfrosador”, il contrabbandiere, una figura realizzata con un’unica sbarre a di ferro piegata e scolpita, bastone in mano e bricolla sulle spalle. Il cerchio si chiude, «e questa schiena di tartaruga/ su questa strada la riporto a casa». La canta un altro contrabbandiere, ma solo di parole.

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di Nicola Nenci foto Andrea Bu i / Carlo Pozzoni

Il Subbuteo in Italia non è morto. Ha battuto in ritirata sotto i colpi dei videogame. Ma, miracolo, è riemerso proprio nell’era in cui i videogame hanno raggiunto una simulazione pressoché perfetta con la realtà. E al Bar 45 Giri di Cantù c’è spazio per uno spicchio di calcio di una volta. Che importa se in miniatura?

prima vista, in quel bar alle porte di Cantù, c’è “solo” un gruppo di amici che si trovano per sfidarsi a un gioco di società. Come potrebbe essere la canasta, la scala quaranta. Meglio: il Monopoli o il Risiko. Ma la prima impressione, spesso, inganna. Perché qui stiamo parlando del Subbuteo. Che è qualcosa in più di un semplice gioco in scatola. Subbuteo, cioè “il calcio in miniatura”. Una rappresentazione gioca olo di un partita di calcio: nata negli Anni Sessanta in Inghilterra, che ha

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CALCIO DI MANO Calcio di mano | Mag Maggio 2014 | 73


fa o boom in Italia negli Anni Settanta, che ha prodo o piccoli mostri (in senso buono) del genere. Una generazione, più generazioni, hanno considerato il contenuto di questo mitico scatolone verde come la rappresentazione reale del paese dei balocchi. Un panno verde, gli omini delle squadre di tu o il mondo, il pallone, le porte, le reti. Fin qui il minimo indispensabile. Poi lo stadio, le porte con le reti, i fotografi, i guardalinee, i coriandoli, le stelle fi lanti, il pubblico, gli striscioni. E sin qui l’aspe o, assolutamente non secondario, legato al modellismo. Di qui in poi, l’abilità: il calcio a punta di dito, colpi ad eff e o, pallone i, tiri al volo. L’abilità è quella che ha permesso di creare campionati campioni d’Italia, d’Europa, funamboli del tappeto verde. Come succede per il biliardo. Ma, e qui sta il punto, una partita di biliardo non sarà mai come una partita di Subbuteo. Perché, dietro all’abilità, c’è il feticismo per

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un calcio nobile e antico, il gusto di copiare la realtà. E, beninteso, una realtà fondamentalmente vintage. Con pennellate di a ualità. Il Subbuteo in Italia non è morto. Ha ba uto in ritirata, a un certo punto, so o i colpi dei videogame. Ma, miracolo, è riemerso proprio nell’era in cui i videogame hanno raggiunto una simulazione pressoché perfe a

Il calcio è cultura, è romanzo, come raccontava Beppe Viola o Gianni Minà con la realtà. Mai però come quella del Subbuteo. In cui l’imprevedibilità manuale è più fashion di quella digitale. Ok, sarà difficile spiegarlo ad eserciti di ragazzini playstation dipendenti. Ma intanto c’è il Bar 45


Giri di Cantù. Con i suoi adepti, che si ritrovano con la fedeltà e l’energia di un gruppo di carbonari. Buff o e curioso quanto si vuole: in realtà per noi più commovente e stupefacente. Dunque: un gruppo di appassionati, che a Subbuteo ci giocavano quarantenni fa. E che hanno tirato dentro figli e nipoti. Si trovano ogni mercoledì. Ogni sera un campionato. Ambientato. Ad esempio, la sera del servizio fotografico, si faceva il campionato italiano del 1914. E via, dunque, con le squadre in scatola della Pro Vercelli o della Andrea Doria. Ma si spinge anche più avanti. Al campionato di B del 1977, alla Premier del 1980 e avanti fantasticando. Il rito è sempre più ricco di particolari incredibili. Il campo con la neve da usare d’inverno; quello con le pozze d’acqua per le serate di pioggia; i regali di compleanno speciali, come il Milan ritoccato con la cresta di El Shaarawy, la pelle d’ebano di Balotelli.

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La tendenza è quella di giocare con materiale originale degli Anni ’70 è ricco di aneddoti. Ci sono squadre originali che costano anche 400 euro ai mercatini. Il Subbuteo, per i cultori, resta un fenomeno artigianale, con le maglie colorate a mano, e per questo una diversa dall’altra nel tocco, nella pennellata e nelle righe nerazzurre o rossonere un po’ sghembe. Le versioni industriali non arrapano. Anche se la Gazze a dello Sport sta vendendo le squadre più vicine possibili all’originale proprio in queste se imane, con una operazione nostalgia comunque apprezzata dai cultori. Poi, certo, c’è la questione delle regole. Perché la particolarità di questo gioco, è che in età adololescenziale ognuno si è un po’ creato le proprie. Ma poi, se si vuole partecipare ai campionati nazionali, entrando nel Club Old Subbuteo, che anima le sfide su territorio nazionale, bisogna

Chi gioca avrà 50 anni o 15. Ma le stimmate sono quelle: il calcio come cultura, come romanzo, quello che raccontava Beppe Viola o Gianni Minà, quello che raccontano oggi Gianni Mura o Federico Buffa su Sky. La stiamo facendo troppo lunga? Forse. Allora, per tornare con i piedi per terra, raccontiamo che qui si gioca anche durante le festività: mitica quella Pasqua passata giocando un campionato d’Argentina d’antan. Oppure quella no urna durata dalle 21 alle 8 di ma ina. La tendenza è di giocare con materiale originale Anni Se anta. Il mercato nero

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Al bar 45 c’è sempre spazio per uno spicchio di calcio di una volta imparare e uniformarsi a quelle ufficiali. Prima del via stre a di mano d’obbligo, anche se giochi con tuo fratello. Chi gioca al Bar 45 Giri? Nomignoli e identità smarrite: Roberto Chef, padrone di casa (cioè titolare del bar), Alessandro Prez (presidente del Club in questione che si è dato il nome di Legno Unito), Alessandro Sez, Mad Giampi (giornalista, adde o stampa e più forte del gruppo), Pietrino, Andrea, Luciano, Cecco (che viene da Monza), Sergio e Maurizio, Steven e AndreaChi, Geovani e Fab Fabius. Per il quale vanno spese due

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parole: non solo perché ha coinvolto i due figli undicenni Francy e Roby, ma perché possiede lo stadio più bello della combriccola e perché casa sua è una specie di museo del genere. Le squadre più ge onate? Quelle con le maglie più mitiche o con la storia più leggendaria: Torino, Genoa, Pro

Vercelli, Derby County, Ternana, Legnano, Leeds, No ingham. Morale: il calcio vero potrà pure andare avanti tra isterismi di plastica e spezzatini tv dal ritmo schizofrenico. Al Bar 45 Giri ci sarà sempre spazio per uno spicchio di calcio di una volta. Che importa se in miniatura?




C’È DA RESTAURARE

L’ARTE

di Stefania Briccola

© Carlo Valsecchi

Anche le opere contemporanee necessitano di cure. Gli allievi dell’Accademia Galli vanno a scuola a Milano nel laboratorio di Open Care. Salvatore Amura: «Vogliamo il meglio per dare un futuro ai giovani». Gloria Valentini: «Una volta laureata sogno di lavorare all’estero, possibilmente negli Stati Uniti, magari in un grande museo»

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ste, fiere, musei e collezionisti d’arte contemporanea sempre più numerosi nel mondo offrono nuove opportunità ai professionisti del restauro. E l’Accademia Aldo Galli di Como non poteva stare a guardare. È nata così la nuova offerta formativa a ivata dalla partnership con Open Care per consentire agli studenti del corso di laurea quinquennale in “Restauro dei beni culturali” di frequentare a Milano questo tempio sacro della conservazione del patrimonio artistico e i suoi laboratori dida ici specializzati anche nelle opere contemporanee. Gloria Valentini, 22 anni e un volto angelico costellato dai piercing, è al terzo anno e ha il gusto per le sfide. «All’interno del corso ho scelto il profilo 2 - racconta la studentessa comasca - relativo al restauro di tele, tavole e sculture lignee. Lo trovo interessante perché apre una finestra sull’universo dell’arte contemporanea che mi affascina per la sua complessità. Le opere talora sono persino respingenti e non immediatamente comprensibili a tu i. Frequentare i laboratori di Open Care significa approcciare dei pezzi unici. Se imana scorsa ho lavorato su un Dadamaino e su un’estrusione della tela. Una volta laureata sogno di lavorare all’estero, possibilmente negli Stati Uniti, magari in un grande museo».

Gli allievi dell’Accademia Galli che hanno scelto di seguire il corso di “Restauro manufa i in materiali sintetici lavorati assemblati e/o dipinti” frequentano le lezioni, nella sede di Open Care a Milano, coordinate da Isabella Villafranca Soissons, dire rice del Dipartimento di Conservazione e Restauro. Nozioni di teoria e pratica si alternano con l’utilizzo di un’alta strumentazione scientifica per lo svolgimento della dida ica. Gli studenti del terzo anno del ciclo di studi quinquennale hanno già appreso il restauro delle opere antiche e moderne in Accademia con Alessandra Collina e nel fra empo stanno approfondendo i segreti di “Tecniche e materiali delle arti contemporanee” nelle lezioni del corso tenuto dalla stessa docente e coordinatrice del Dipartimento di Restauro. Non è semplice calarsi nella miriade dei nuovi alfabeti espressivi con l’irrompere delle materie plastiche nel secolo scorso e di nuovi colori, divenuti smalti e acrilici, e persino dei materiali organici, così a uali. Poi c’è la scelta di conservare l’idea o la materia di un’opera che è sempre un dilemma amletico. La partnership con Open Care perme e ai ragazzi di venire in conta o con una realtà unica a livello europeo a cui approdano i capolavori dell’arte dei nostri giorni e non solo. Sara Russo, 24 anni, canturina, racconta il bello di studiare opere del tu o nuove che impongono soluzioni inedite. «Ho

La partnership con Open Care permette ai ragazzi di conoscere capolavori d’arte

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scelto di approfondire il restauro del contemporaneo- dice la studentessa- per un motivo puramente egoistico. Mi piaceva la sfida intelle uale di approcciare opere elaborate, fragili ed estremamente affascinanti dal punto di vista tecnico. I materiali sono molto più delicati rispe o a quelli impiegati in passato e ancora poco studiati. Nella sede di Open Care ho seguito una lezione su un’opera di Giulio Turcato che argomentava le scelte fa e nell’intervento di restauro studiato nei minimi de agli. In futuro mi piacerebbe rimanere in Italia e non sme ere mai di imparare. Lavorare nell’ambito pubblico nel nostro Paese significa venire a contatto con un patrimonio immenso che non

© Nicoletta Sperati

© Nicoletta Sperati Restauro di un’opera di Scarpitta.

Restauro di un’opera di Fontana.

avresti occasione di trovare altrove». Una volta tanto non si parla di fuga dei cervelli, ma del valore aggiunto di una ricchezza insita nella storia dell’Italia. La passione per l’apprendimento e l’orgoglio di essere depositari di un know-how unico sono una spinta per guardare al futuro di una professione cresciuta nella tradizione. «A partire dal presupposto che all’estero- osserva Alessandra Collina- guardano molto di più cosa sai fare e molto meno la scuola da cui provieni (la famosa meritocrazia!), ciò non toglie che la formazione dei nostri studenti sia davvero eccellente e il restauratore italiano è sempre ben visto. In ogni caso spero che alcuni dei miei allievi scelgano

OPEN CARE. Servizi per l’arte, laboratorio di conservazione e restauro di dipinti e opere polimateriche.

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di provare la strada di uno studio privato condiviso che per me è stata la scelta della vita che oggi rifarei». Proprio questo è il sogno di Annalisa Songia, 21 anni, che vive a Mariano Comense ed è giunta all’Accademia Galli dopo il liceo artistico. «Calarmi nell’universo di un artistadice la studentessa- è più interessante che realizzare delle mie opere. Mi piace l’idea di interpretare il suo pensiero, di capire come ha affrontato le soluzioni formali dal punto di vista tecnico. L’arte non è solo Michelangelo. Alcuni maestri impiegano materiali d’uso quotidiano che si deve imparare a conservare. Non c’è nulla di scri o e devi ingegnarti in qualche modo. Credo nella formazione continua e non mi sentirò mai arrivata. Aprire un laboratorio di restauro, magari so o casa, è il sogno della mia vita». Si pretende il meglio per i professionisti che da Como potranno andare a lavorare alla Cappella Sistina o sulla fontana del Bernini a Roma, su un’opera del controverso Damien Hirst o di Andy Warhol. L’Accademia Galli non dimentica la tradizione, ma guarda alle sfide del presente. «Facendo questo lavoro - sottolinea Salvatore Amura, presidente e amministratore delegato

dell’Accademia - dobbiamo sempre essere proie ati verso il futuro. I genitori degli studenti ci chiedono se la scuola e gli insegnanti sono seri e se i loro figli troveranno lavoro una volta usciti con un titolo. Abbiamo analizzato il mercato e visto il potenziale dell’arte contemporanea e del design. Ci siamo confrontati con musei prestigiosi come il Guggenheim, il Louvre e la Triennale per verificare la necessità di restauratori di opere d’arte contemporanea. Abbiamo scelto di collaborare con una realtà internazionale come Open Care a Milano. L’Accademia è la fabbrica della creatività. Vogliano trasformare la cultura, da statica in dinamica, perché è il vero motore di sviluppo del Paese».

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© Marco Introini

L’Accademia è la fabbrica della creatività e la cultura diventa dinamica


IL RESTAURO CARTA VINCENTE Intervista a Isabella Villafranca Soissons che dirige a Milano il Dipartimento di Conservazione e Restauro di Open Care Il restauro del contemporaneo offre grandi prospettive nel mercato attuale». Lo dice Isabella Villafranca Soissons, un’autorità in materia. Questa signora dalla grazia rinascimentale dirige a Milano il Dipartimento di Conservazione e Restauro di Open Care, una realtà unica nel panorama europeo, alla quale si rivolgono istituzioni prestigiose e giungono opere di artisti come Damien Hirst e Vanessa Beecroft. Con la società leader nel settore l’Accademia Aldo Galli di Como ha stretto una partnership nell’ambito del corso di laurea di “Restauro dei beni culturali”. L’accordo consente agli studenti di frequentare a Milano i laboratori didattici specializzati nel restauro e nella diagnostica delle opere d’arte contemporanea.

© Nicoletta Sperati

Come si svolge la collaborazione con l’Accademia Galli? Una volta alla settimana i ragazzi dell’Accademia vengono

fondimento dei materiali e del loro deperimento, alle analisi chimiche e fisiche effettuate per capire come mai l’opera è stata condotta al restauro. Si va ad indagare anche il luogo di conservazione magari inadeguato. I protocolli nell’ambito delle opere antiche sono ormai consolidati e difficilmente ci sono problematiche irrisolvibili. presso gli spazi di Open Care nei laboratori dove affrontiamo una serie di problematiche del contemporaneo. Ad esempio della coesistenza all’interno di una stessa opera di materiali che magari sono in contrasto fra di loro per il metodo di conservazione.

Quali sono le possibilità di lavoro dei restauratori del contemporaneo? Se dovessi consigliare a mia figlia quale genere di restauro approcciare direi quello del contemporaneo per venire incontro alle crescenti richieste di collezionisti, istituzioni, banche e fondazioni.

Come vengono suddivise le lezioni nel corso della giornata? Si tengono al mattino circa quattro ore di lezioni teoriche in cui presentiamo dei casehistory e il pomeriggio lo dedichiamo alla pratica.

Come si caratterizza Open Care? La sua unicità consiste nei vari servizi integrati per l’arte. Non c’è solo il dipartimento di restauro con cinque laboratori diversi supportati da uno di indagine scientifica, ma anche i caveau, l’ art consulting con storici dell’arte esperti dei vari periodi, un dipartimento specializzato nei trasporti delle opere con l’esclusiva per alcuni artisti. Da anni sognavo di lavorare in una realtà che rappresenta il futuro della conservazione e del restauro che non può essere affidato a piccoli artigiani, ma deve avere un approccio scientifico per giungere all’eccellenza dei servizi.

Quali difficoltà si incontrano nel restauro delle opere d’ar te contemporanea rispetto a quelle antiche? Dagli studi fatti negli Stati Uniti e pubblicati sul Bulletin si è visto che il restauro del contemporaneo impiega il novanta per cento del tempo nella ricerca per definire l’intervento e il dieci per cento del tempo per lo svolgimento dello stesso. Quindi molta parte è dedicata all’appro-

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UNA FAMIGLIA AI BAMBINI di Serena Brivio

Nuova iniziativa di Chicco per le adozioni. Dall’impegno sociale del fondatore Piero Catellli, alle Case famiglia, fino alla collaborazione con l’associazione “Amici dei Bambini”. Francesca Catelli: «Già 230 mila persone hanno scelto di indossare i Chicchi di Felicità permettendo l’adozione di 730 bambini, dei quali 553 con bisogni speciali» Nel mondo ci sono 168 milioni di bambini senza genitori. Una famiglia ai bambini| Mag Maggio 2014 | 87


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a sua testa di illuminato self made man lo portava a gesti di generosità dentro e fuori l’azienda, con una mano invisibile. Nella personalità di Pietro Catelli, pioniere dell’industria italiana e fondatore del Gruppo Artsana, c’è sempre stata una propensione istintiva al sociale. L’imprenditore non ha mai perso occasione di ripagare il suo successo a raverso una gamma di azioni che andava dall’aiuto a un collaboratore o un amico in difficoltà alle imprese imponenti: l’asilo nido per i dipendenti, l’acquisto di macchinari d’avanguardia per l’Ospedale Sant’Anna, il contributo al restauro del patrimonio d’arte e cultura come l’organo del Carducci. L’impegno fi lantropico di Catelli è stato raccolto, dopo la sua scomparsa, dai figli Enrico, Michele e Francesca che ha fa o crescere l’idea importante di aiutare i bambini meno fortunati.

di assistenza psicologica a genitori per risolvere problemi transitori o situazioni di rischio». L’iniziativa trova subito il supporto di testimonial famosi che prestano la loro immagine a una campagna mirata a scuotere l’opinione pubblica su questa problematica ancora poco conosciuta. I positivi riscontri spingono Chicco a proseguire la collaborazione. «Conoscere e parlare con chi supporta le famiglie affidatarie e vedere con quanta passione e competenza dedicano la loro vita all’aiuto degli altri è stata

una vera e propria lezione - spiega Francesca - Ma l’emozione più grande è lo sguardo non più di disperazione, ma di speranza sul volto di tanti bambini in a esa di una famiglia». L’orizzonte temporale del proge o solidale si amplia in modo sempre più appassionato. Primo simbolo della ba aglia contro l’abbandono infantile e della cultura dell’accoglienza è stato “Il Gommo ino”, un succhie o colorato che evocava la vulnerabilità, il bisogno di affe o, di tenerezza e a enzione di ogni bambino.

«L’emozione più grande è lo sguardo di speranza nei bambini» «Sento forte il dovere di portare avanti l’opera iniziata da mio padre», dichiara quest’ultima. L’incontro e la collaborazione con Ai.Bi. - Associazione Amici dei Bambini risale agli anni Novanta, ma è nel 2003 che Chicco, da sempre a enta ai bisogni dell’infanzia, lancia il primo grande proge o continuativo di CSR «Chiudono gli istituti, apriamo le famiglie» per dare una risposta concreta alla richiesta di aiuto proveniente dal mondo no profit in seguito alla legge che prevedeva la chiusura dei cosidde i orfanotrofi. «Abbiamo dato così vita a cinque Case Famiglia e ai Punti Famiglia - racconta Francesca Catelli - punti informativi sparsi sul territorio nazionale dove si organizzano incontri gratuiti di sostegno alla genitorialità e sportelli

L’INIZIATIVA. Alla presentazione milanese del progetto “Chicco di felicità”. Da sinistra: FrancescaCatelli, Filippa Lagerbach, Camilla Raznovich, Elio Fiorucci, Francesca Valla e Marco Griffini, presidente dell’associazione Ai.Bi.

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«Ne sono stati venduti 30.000 in tutta Italia - continua la manager - e il ricavato è stato devoluto a sostegno delle Case Famiglia aperte grazie al proge o nel corso degli anni a San Giovanni a Teduccio (Napoli), nel quartiere Giambellino di Milano, a Mestre, Crema e Torino». Orgogliosamente Francesca cerca soluzioni sempre più originali e innovative in grado di finanziare Ai.Bi. Nel se embre 2010 nasce il Chicco di Felicità a sostegno delle “adozioni speciali”.

Perché un ciondolo? «L’idea di creare un piccolo ogge o, da poter portare sempre con sé, ci è piaciuta fin dall’inizio. Il Chicco di Felicità è subito diventato uno charm solidale riconosciuto e indossato da chi come noi ha a cuore l’infanzia. Un simbolo di solidarietà ricevuta e regalata, indossato con orgoglio da “I fans del Chicco”, la community di tu i coloro che hanno deciso di acquistarlo e di schierarsi dalla parte dei bambini». La prima versione è stata un pendente in acciaio cromato che ha suscitato la

curiosità della stampa fino a diventare un vero e proprio fenomeno mediatico. Si sono susseguite edizioni sempre più acca ivanti grazie al coinvolgimento di prestigiose griffes. Chantecler ha firmato un gioiello in argento, oro rosa e brillante che è stato presentato a diversi trendse er nel corso di un evento presso i suggestivi Chiostri di San Barnaba a Milano, guest star Ornella Vanoni. Nel 2012 la veste del braccialetto è diventata evanescente, effe o glamour anni’70, madrina Paola Marella.

LA FESTA. Sopra: manifestazione di bambini al Museo del cavallo giocattolo. Sotto a destra: Francesca, Michele e Chicco Catelli.

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Poi ha incontrato lo stile unico di Stroili Oro e nel 2013 si sono susseguite numerose limited edition. Nel 2014 cambia forma: una deliziosa shopping bag e delle t-shirt per mamma e bambina con un tenerissimo disegno realizzato da Elio Fiorucci. È stata la crisi a suggerire un ogge o più pop. «Crediamo sia importante dare a tu i la possibilità di sostenere la causa con un piccolo contributo, la borsa costa solo 5 euro, mentre le maglie e 9.90 e 12.90. Un prezzo davvero simbolico per delle creazioni deliziose e che simboleggiano l’unione tra due grandi realtà del made in Italy a sostegno dell’infanzia». Quel che è certo è che la risposta è

stata ancora una volta superiore alle aspe ative: esposte da aprile nelle vetrine dei Negozi Chicco, sono già diventate un must have per fashionisti di cuore. La sfida da vincere è quella di dare una famiglia al maggior numero possibile di bambini. «Sono ormai oltre 230.000 le persone che ad oggi hanno scelto di indossare i Chicchi di Felicità permettendo l’adozione di 730 bambini, dei quali 553 con bisogni speciali» dice con orgoglio Francesca Catelli. Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., ricorda che ben 168 milioni di bambini nel mondo stanno crescendo senza il conforto, la carezza di una mamma e un papà.

“Se li me iamo uno dietro l’altro, vicini vicini- rimarca- formano una fila lunga come l’equatore. Fanno il giro della terra. Un’emergenza drammatica e silenziosa”. Solo 2.825 bambini stranieri ado ati in Italia, contro i 3.106 del 2012 e i 4.022 del 2011. Un ulteriore calo del 9,1% rispe o a quello già vistoso (-22,8%) dell’anno precedente da non essere imputabile solo alla congiuntura economica che il Bel Paese sta vivendo, ma che autorizza a parlare di un vero e proprio crollo delle adozioni. Le coppie ado anti sono altre anto diminuite: tra il 2006 e il 2011 le richieste ai tribunali sono scese da 6.273 a 3.179. 2.291 hanno adottato

QIANDO UNA FIGLIA CAMBIA LA VITA

La storia di Chiara e Roberto e l’adozione di Ann «Da quando Ann è con noi, in casa è esplosa la gioia”». Chiara e Roberto Martinelli sono il ritratto della felicità mentre abbracciano la loro splendida bimba dagli occhi a mandorla, adottata lo scorso novembre. La loro testimonianza vuole essere un messaggio di incoraggiamento per altre coppie che hanno rinunciato a questo passo per paura. «Nel 2011 ci siamo rivolti all’associazione Il Cerchio di Bollate e alla Asl di competenza per avere l’idoneità all’adozione. Una volta ottenuta, è cominciata una sorta di via Crucis fra i vari enti che operano in ambito internazionale finchè, quasi per caso, abbiamo scoperto su internet il forum “Figli in attesa” di AiBi». Il progetto si occupa di trovare una famiglia a bimbi affetti da patologie gravi. Ann era stata abbandonata quando aveva appena tre mesi davanti a un centro commerciale di una grande città dell’ex Celeste Impero. Portata in un istituto, le era stata diagnosticata una sordità quasi totale e per questo deficit era entrata nel dossier “Special Needs”, minori con problemi per i quali il sogno di trovare un papà e una mamma rischia di restare tale. Quando hanno visto la sua foto, aveva tre anni, Chiara e Roberto hanno capito che potevano dare una seconda vita a quel visino segnato da un duro strappo. Sono andati a prendersela in Cina, dove hanno t rova to 90 | Mag Maggio 2014 | Una famiglia ai bambini

“uno scricciolo impaurito e bisognoso di coccole”. L’amore ha fatto miracoli: accudita e curata, in pochi mesi la bimba non solo ha recuperato all’80% l’udito, ma anche la fiducia in se stessa e negli altri. Determinante per questo felice finale, l’incontro con AiBi. «Ha svolto un ruolo provvidenziale, ci siamo sentiti costantemente supportati - sottolinea più volte la coppia - Le esperienze precedenti ci avevano scoraggiato, i problemi vengono spesso ingigantiti. Certo ci vuole una forte motivazione per aprirsi all’accoglienza, ma la gioia fa superare ogni difficoltà».


CHICCO DI FELICITÀ. Da sinistra: Savino Zaba, Marco Schiavon, Marco Griffini.

nel 2013 contro le 2.469 del 2012 e le 3.154 del 2011. «Non è calato il desiderio di un figlio - so olinea Griffini- ma sta cambiando il modo che le coppie scelgono per realizzare il loro proge o di genitorialità: si avvicinano all’adozione solo dopo anni di tentativi con la fecondazione assistita, scoraggiati dalle tempistiche e dai costi del percorso ado ivo, nonché dalla paura verso l’adozione di un bambino non piccolo o con qualche problema». Francesca Catelli come pensa di portare ancora di più al centro dell’a enzione i minori Special Needs? «Il progetto continuerà ad andare avanti e saremo sempre in prima linea a sostegno di Ai.Bi.! Per tu o il 2014 si susseguiranno diverse edizioni del Chicco di Felicità, tante saranno le iniziative e molte le sorprese, ogni occasione è buona per sensibilizzare le persone sul tema e alimentare il passaparola. Quello che di sicuro non cambierà è il nostro mo o: “Più saremo, più riusciremo a fare!”».

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IL FUTURO OGGI ESISTE di Arianna Augustoni

La casa di accoglienza dei padri Somaschi gestita da Saverio Meroni con moglie e tre figli. «Lavoriamo perché i ragazzi siano pronti a rientrare in famiglia o a vivere autonomi». Le difficoltà e l’impegno per ridare speranza a chi si è bruciato l’esistenza.

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G

iovani ribelli, con una gran voglia di sentirsi grandi. Spesso hanno bruciato le tappe della loro vita, molte altre volte chiedono soltanto un po’ di a enzione. Un abbraccio, un bacio, una carezza e anche uno schiaffo, se necessario. Sono giovani a cui la vita non ha riservato nulla di facile, persone che non hanno comunque diri o ad una vita “minore”. Il dolore per loro è fortissimo, distrugge, fa morire, almeno apparentemente perché poi la realtà è ben diversa in quanto i giovani accolti in una stru ura prote a rinascono e ritrovano la forza di vivere. Siamo a Como, all’Annunciata, la comunità educativa per minori di Como gestita da “una famiglia”, una famiglia un po’ differente rispe o a quella tradizionale perché il dire ore, Saverio Meroni, vive quotidianamente con una trentina di ragazzi che vengono ospitati. Regole rigide, si fa per dire, le stesse che dovrebbero essere osservate in un contesto normale, seppur la parola normale in queste situazioni sia ben diversa da caso a caso. La stru ura appartiene ai padri Somaschi, ma, dal 2011, rimasta orfana della comunità religiosa, è stata affidata ai laici, educatori che si turnano per l’intera giornata e per tu i i giorni dell’anno perché la famiglia c’è sempre, non va mai in vacanza se non con tu i i suoi figli. Incontriamo Saverio Meroni, responsabile della stru ura, un uomo che, con la moglie e i suoi tre figli, ha deciso di ado are altri ragazzi che hanno bisogno di aiuto. Qual è l’orientamento della Comunità? Lavoriamo perché il ragazzo possa essere pronto a rientrare in famiglia. Accogliamo chi ha bisogno per difendere e promuovere la dignità di ognuno, siamo convinti che possiamo far riacquistare la voglia alle persone per gustare la bellezza della vita e dell’essere umano. La nostra azione è quella di seguire i diversi casi, affiancarli, dar loro quell’affe o a cui non sono mai stati abituati. Il lavoro degli educatori e dei volontari inoltre si pone come obie ivo quello di rendere i ragazzi autonomi. L’adolescenza non è un periodo facile della vita, capita che non rispe ino le regole? Non parlerei di regole, ma di comportamenti. Ebbene sì, spesso i nostri ospiti tradiscono la fiducia che riponiamo in loro perché cercano la sfida, noi dobbiamo continuare a lavorare per facilitare i rapporti. Non ci arrendiamo davanti a queste realtà, le affrontiamo e ne parliamo con loro, devono capire gli errori e bisogna porre rimedio per crescere e responsabilizzarsi. Qual è la giornata tipo? Come quella di tu i i loro coetanei. Non cambia nulla. La stru ura segue i ragazzi in qualsiasi momento della giornata, alcuni a scuola, altri un primo inserimento nel mondo del lavoro e poi gli stage, i compiti, lo svago, le vacanze. Non

cambia nulla, vivono in una stru ura prote a con tante persone e con tanti amici. Come avvengono gli incontri con i loro familiari? Dipende perché durante il percorso sono previsti incontri sia liberi che prote i, ogni realtà ha un proprio iter. Gli educatori poi compiono un lavoro sinergico con i servizi sociali. Gli educatori si sostituiscono in toto alla famiglia d’origine? Non possiamo sostituirci ai genitori anche se spesso i ragazzi chiamano la comunità la loro casa. Noi li affianchiamo, diamo loro affe o e coraggio. Viviamo insieme e cerchiamo di conoscerli e di far conoscere i lati positivi della vita. Quando definite il vostro lavoro un successo? Non è corre o parlare di successo, ma di risultati positivi che si hanno quando riusciamo a far acquistare autostima ad ognuno di loro. Risultati, quando non si raggiungono? Le difficoltà si hanno quando un ragazzo non ce la fa, nel senso che abbandona la stru ura per una serie di motivi e finisce in giri poco raccomandabili, fino a crearsi il nulla intorno. Però poi ci sono anche gli aspe i positivi: quando, a distanza di anni, questi giovani, ormai adulti e magari con una famiglia, tornano a farci visita, ci bu ano le braccia al collo e ci ringraziano.

«Accogliamo chi ha bisogno, per difendere la dignità di ognuno»

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«...E NOI TORNEREMO A VIVERE» Le testimonianze dei ragazzi che stanno ricostruendo il loro futuro Sono spavaldi, amano gli eccessi, ma al contempo sono fragili e si vergognano della loro vita, quella presente e quella passata, ragazzi minorenni e maggiorenni che si trovano in comunità con la certezza di riuscire ad uscire da quel processo di impoverimento morale, sociale e personale che hanno a raversato

ACCOGLIENZA ED EDUCAZIONE Nata per volontà dei Padri Somaschi, nel 1989 accoglie i primi ragazzi ed entra a regime con i tre appartamenti attivi da luglio 1993. si occupa di prevenzione, promozione, accoglienza ed educazione di minori maschi di età compresa tra gli 11 e i 21 anni in condizioni di fragilità, disagio sociale e maltrattamento, con o senza segnalazione da parte del tribunale dei minori, ma in carico ai servizi sociali. Al suo interno un centro diurno di prevenzione primaria e alloggi per l’autonomia. Conta 25 posti residenziali, 10 in regime di diurnato e 5 in autonomia. 94 | Mag Maggio 2014 | Il futuro oggi esiste

e stanno ancora a raversando. Un comportamento de ato da fa ori non solo da ricercare nell’ambito delle compagnie, ma causato dalla veloce trasformazione della famiglia e dalle diverse forme di immigrazione. Un allarme che spesso passa inosservato e che si sta sviluppando con grande velocità tra i minori. Qui i ragazzi ci sono arrivati non per scelta, ma per disposizione dei servizi sociali e del Tribunale che ha emesso un provvedimento, un ordine, una disposizione affinché venga dato un senso alla vita di queste persone uscite da un ambito familiare difficile ed entrate in una stru ura prote a in grado di tutelarle e di assicurare una vita serena. Sono storie comuni, vissute in un ambito particolare, la comunità è la via di fuga, la certezza di ritrovare l’amore perduto o mai avuto. I ragazzi sono arrivati con la speranza di rimanerci solo qualche anno, di “guarire” e di rientrare in famiglia. Non sempre ciò accade, molti rimangono in comunità fino al raggiungimento della maggiore età e poi ritornano, ma per salutare quegli educatori che sono riusciti a dare un senso alla loro vita. Ci sono poi anche quelli che rientrano in quella stru ura da volontari per dare una mano a chi, subito dopo di loro, ha preso un le o in quella grande famiglia. Sono storie comuni e parallele quelle di Anna, Andrea, Gianni, Marco Luca, Sofia, Semir, Ali, di giovani e di meno giovani che hanno trascorso i loro anni insieme agli educatori e con le decine di amici con i quali hanno condiviso gioie e dolori. Potremmo essere noi quei giovani, lo saremmo potuti essere se, la famiglia, non ci avesse indirizzati, se non avessimo avuto la forza di “tirare dri o” anche nei momenti più difficili. Qui non si viene giudicati, ma accompagnati, educati e, sopra u o, amati, quell’amore di cui tu i hanno bisogno e dove l’età non conta. Qualche ragazzo ha raccontato la sua storia e noi l’abbiamo riportata, senza dare il vero nome perché, qualunque sia il ragazzo, ha o potrebbe avere una storia comune a tanti altri coetanei. Incontro Andrea nel corridoio della stru ura che da nove anni lo accoglie, ci presentiamo, è un ragazzo timido, ha la giacca e sta uscendo per andare a trovare la mamma, poche


parole, solo qualche ba uta: «Sono qui da più tempo rispe o al dire ore». E poi ci racconta che la sua esperienza è stata la cosa più positiva della sua vita. «È difficile da spiegare o meglio da raccontare - racconta - Le sensazioni, i sentimenti, le gioie, le delusioni, i rammarichi o le possibilità perse che queste persone mi hanno dato e, ancora, avranno da darmi. Di una cosa sono certo: in questi se e/o o anni di comunità sono cambiato, sono cresciuto e ho sviluppato i miei lati positivi e quelli negativi, migliorandomi». Ma di chi è merito? «Forse delle persone o dell’integrità di questo “posto” - racconta - un “posto” che dopo i primi anni ho iniziato a chiamare casa. A differenza della maggior parte delle persone, qui dentro ho trovato uno spazio dove sentirmi sicuro e me stesso e dove riesco a svagarmi. Il fa o di condividerlo con altre persone mi fa sentire felice, accolto e in pace con me stesso. Sono certo che ti fai un’esperienza di vita che rimarrà per sempre». E poi c’è Gianni ha 19 anni ed è in stru ura da due. «Questo passaggio - dice - ha rappresentato una svolta nella mia vita, era una situazione nuova, non programmata nel mio percorso, sono uscito da un piccolo inferno e sono approdato in un luogo dove credevo di essermi liberato dalla paura e dalla malinconia. Ho comba uto tanto per cercare di o enere quello che tu i hanno avuto. Sono cresciuto e mi sono sempre prote o da tu o e da tu i perché lungo il percorso ho trovato persone che mi hanno fa o del male e mi hanno spesso insultato e disprezzato con parole de e senza ragione e senza cuore». La comunità ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vita. «All’inizio mi ha aiutato perché ho conosciuto persone buone e che ti sostengono dandomi la forza di guardare a domani con la convinzione di potercela fare. Non parlo solo dei volontari e degli educatori, ma anche dei ragazzi che ho incontrato. Ragazzi con una storia diversa, ma con lo stesso dolore come se fosse una camicia di diverso disegno, ma con lo stesso colore». È un luogo dove si diventa tu i amici? «Ho incontrato una persona in particolare - racconta - un amico che ho trovato la prima volta che mi hanno accompagnato nella stru ura (un posto strano, ma accogliente). Era il 20 agosto del 2012, grazie a questa persona sono cresciuto e ho imparato molte cose. Ora però questo amico non è più vicino a me, in parte per colpa mia, mi manca molto perché

gli voglio bene come il primo giorno». Storie che toccano e fanno pensare, come quella di Adrian che arriva dall’Ucraina, aveva pochi anni quando i suoi genitori italiani l’hanno accolto. «La mia vita ha un inizio - spiega -, ma non lo ricordo. Sono arrivato in Italia a cinque anni, è iniziata così. Ho avuto un’infanzia particolare, sapevo sempre come divertirmi anche se spesso dovevo fare i conti con i miei genitori con i quali ho avuto i primi problemi, i primi scontri, al termine dei quali si scusavano . Io li perdonavo sempre, sapevo di voler bene a loro. Ma le difficoltà non si fecero a endere, ho iniziato a fumare quando ero ancora alle elementari, avevo frequentazioni che, in quel momento, non ritenevo pericolose, ma lo sono diventate in seguito». Poi la svolta. «I primi furti di denaro, nei supermercati e poi le dipendenze. A scuola, alle superiori, venni bocciato subito. I rapporti con la famiglia precipitarono e i miei punti di riferimento divennero gli amici, almeno quelli che io pensavo fossero. Le difficoltà crebbero tanto che arrivai ad un punto di non ritorno. I miei genitori quindi si offrirono per ridarmi la voglia di vivere, parlarono con un loro amico che sostenne l’ingresso in comunità, prima a Milano e poi a Como. L’ingresso fu difficile, alcuni vizi non sparirono del tu o, ma poi chiesi davvero aiuto, fu un passo difficile perché fino a quel momento mi sentivo autonomo. I primi rientri a casa arrivarono in fre a, ma non sono stati sufficienti perché le ricadute furono in agguato. Ricominciai il percorso». E oggi la comunità e gli educatori sono per lui «una terza famiglia che ti dà la possibilità di ricominciare, crescere e capire».

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IL VALORE DI UN SORRISO di Laura D’Incalci

L’impegno e le iniziative dell’associazione “Un sorriso in più” di Guanzate per migliorare la qualità della vita e il benessere degli anziani soli o ospiti nelle case di riposo. «Lo scopo delle nostre attività, dal corso yoga, all’ascolto della musica, dalla lettura alla pittura, è potenziare la creatività, aiutare ognuno a riscoprire le proprie qualità»

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U

n saluto, una stre a di mano, una caramella… per chi vive giorni che sembrano tutti uguali, per lo più immersi in ricordi lontani, anche il suono di una voce imprevista può interrompere la monotonia. Ma non basta certo qualche piccolo sporadico segno di a enzione per spezzare il senso di malinconica solitudine degli anziani che nelle case di riposo, meglio defi nite Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), affrontano una fase di declino segnata dall’affievolirsi di entusiasmi e proge i, per lo più considerata “marginale”, avulsa dalla vita sociale. «Proprio osservando da vicino la realtà degli anziani che non può essere affa o assimilata in un unico cliché, ma presenta esperienze variegate, fragilità e bisogni diversificati, ci siamo rese conto di potenzialità sommerse che spesso rischiano di rimanere sopite e trascurate», ammette Marcella Ratti psicologa che ha affrontato la problematica insieme alla pedagogista Laura Bricola. Entrambe ingaggiate dall’associazione “Un sorriso in Più” Onlus, insieme hanno aff rontato una sfi da che le ha portate a sfatare l’idea che il tempo della “terza o quarta età” sia destinato ad una sorta di limbo dove tu o scivola nell’inerzia, da trascorrere in contesti che garantiscono al meglio organizzazione e assistenza qualificata, ma dove per gli ospiti diventa improbabile ritrovare il gusto e l’energia per sentirsi ancora protagonisti della propria esistenza e sopra u o me ere in moto il pensiero, i sentimenti, la fantasia e i desideri. Mission dell’associazione, fondata 10 anni fa per iniziativa della famiglia Canclini alla guida della omonima azienda tessile di Guanzate, è rivi-

talizzare il volontariato occupandosi in particolare della ricerca, selezione, coordinamento, supervisione e formazione dei volontari che intendono svolgere un’a ività orientata a migliorare la qualità della vita e il benessere degli anziani soli o ospiti nelle case di riposo. «Assicurare al volontariato la possibilità di avere strumenti e competenze adeguate e continuamente aggiornate, diventa una valorizzazione importante dell’impegno gratuito che tante persone offrono per migliorare le relazioni e la qualità della vita in situazioni di maggior

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PREMIATO. Il documetario CreatiVITA sull’esperienza del progetto “Arteterapia e animazione espressiva con anziani” ha vinto il concorso promosso dal “Gold Elephant World International film & music festival” svoltosi a Catania. come miglior opera nell’ambito della comunicazione sociale.

fragilità» spiega Laura Bricola citando anche altre aree di intervento sostenute dall’associazione “Un sorriso in Più”, come l’ambito dell’accoglienza rivolta a minori e mamme in condizioni di disagio e l’esperienza di sostegno all’ospedale “Mother Vannini” situato a Tadepalligudem (India). Ma il segmento dove l’azione della Onlus ha espresso i segnali più immediati e rilevabili del rinnovamento che sembra aver archiviato l’immagine del volontario mosso unicamente da buoni sentimenti, è quello relativo agli anziani ospiti di stru ure residenziali che vivono un disagio a volte sfuggente: «Spesso gli anziani ricoverati in Rsa, affrontano un inevitabile strappo dalla rete di riferimento sociale dei propri contesti e un impoverimento relazionale non sempre compensato dalla creazione di nuovi rapporti” constata Marcella Ra i delineando la progettualità messa in campo dall’associazione che oggi cura la formazione e tiene monitorato l’impegno di oltre 120 volontari che in sei stru ure del territorio - Lomazzo, Uggiate Trevano, Appiano Gentile, Montorfano, Lentate sul Seveso e Bodio Lomnago - giocano proprie competenze animando iniziative e laboratori. Sopra u o i volontari sono chiamati a esprimere una capacità di ascolto, di vicinanza agli ospiti, osservandone i comportamenti per cogliere stati d’animo e aspirazioni, per far emergere talenti che nel tempo sono stati trascurati fino ad assopirsi. «È indubbio che i sentimenti di isolamento e solitudine, quando diventano persistenti, in qual-


che caso accelerano il decadimento psicofisico, mentre il risveglio di interessi e curiosità favorisce uno stato di benessere» aggiunge Laura Bricola so olineando la varietà di situazioni e di bisogni molto diversi da un caso all’altro. «A volte sono prevalenti le fragilità di tipo fisico in sogge i che

Tra gli impegni dell’associazione c’è anche la formazione dei volontari che operano nelle case di riposo

mantengono una lucidità della mente e le piene facoltà intelle ive, altre volte il disagio è invece legato alla perdita della memoria o a una progressiva alienazione dal mondo circostante, ad una perdita di interesse per la vita nonostante le condizioni fisiche non particolarmente compromesse» nota ancora so olineando che non è certo nuova, nelle case di riposo, la promozione di a ività d’animazione, ma spesso le proposte sono pensate per grandi numeri e il più delle volte lasciano indifferenti quanti non si sentono coinvolti e interpellati in prima persona. A descrivere il passaggio dalla teoria all’esperienza le parole più effi caci sono quelle dei residenti nelle stru ure dove l’azione dell’associazione “Un sorriso in Più”

a raversa gli ambienti con impalpabile, ma sistematica puntualità. «Devo amme ere che quando sono arrivata qui, (nella stru ura di Lentate sul Seveso ndr) mi ero sentita un po’ spaesata» racconta Carla Magni, che non dimostra i suoi 100 anni e tantomeno il disagio di un trasferimento che le aveva procurato qualche ansia. «Ero già ben inserita in un’altra casa di riposo a Tradate, dove c’era un clima familiare facilitato anche dal fa o che eravamo in pochi, circa una ventina di ospiti», spiega riferendo che, a 85 anni compiuti, aveva deciso di entrare in quella stru ura gestita da suore e vi era rimasta «precisamente per 10 anni e qua ro mesi». «Purtroppo le suore sono state costre e a chiudere la casa, non ricordo per quale il motivo,

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VIVERE DA ANZIANI. Immagini degli ospiti impegnati nelle numerose attività dell’associazione “Un sorriso in più”onlus. A destra in alto: Una festa con il gruppo dei volontari.

e mi sono trasferita in questa nuova residenza molto più grande, con oltre 100 ospiti... nel primo periodo mi sentivo un po’ spersa, non conoscevo nessuno, ma ora ho fa o amicizia con diverse persone e sono davvero contenta...», prosegue la signora Carla arricchendo di tanti de agli il suo racconto. «Sono 5 anni e 3 mesi che abito qui e mi trovo davvero bene, non sento nemmeno il peso degli anni... e 100 non sono pochi», dice ricordando un incontro decisivo, un’amicizia nata proprio dopo pochi giorni dal suo ingresso nella nuova sede. Un incontro che ricorda bene anche Franco Cogliati, volontario sempre particolarmente disponibile a condividere anche occasioni estemporanee, fuori da ogni schema. «Si ricorda signor Franco? Stava facendo l’albero di Natale... e io l’avevo scambiato per uno di noi che abita qui... invece il signor Franco è un volontario. Dopo due parole, gli avevo chiesto di dov’era: “Mi sun de Milan” mi aveva risposto. E io pronta: “Anca mi”», racconta facendo venire alla luce quell’a imo indimenticabile, quasi magico, nel quale la sola idea di una radice comune, la scoperta di un’appartenenza che risuonava

nelle ba ute in diale o, aveva creato un’imprevista commozione. E un legame che qualche tempo dopo ha persino ispirato l’organizzazione di una gita, con tanti altri in pullman sui navigli, nel quartiere di Milano dove la signora Carla è nata e aveva trascorso la sua infanzia esa amente un secolo prima. Anche la signora Adele Rivolta, 85 anni, si entusiasma descrivendo le gite in Brianza o sul lago di Como: «Una volta siamo andati fino a Magreglio

Sono più di 5 anni che abito qui. Mi trovo davvero molto bene, non sento nemmno il peso degli anni e 100 sono tanti

e i volontari che ci accompagnano in queste uscite ci guidano a guardare la natura, la bellezza dei colori, del lago, delle opere d’arte…ci spiegano tante cose interessanti» dice lei che fino a trent’anni prima faceva la maestra e ora ha un occhio particolarmente acuto nel cogliere i gesti e le parole di chi organizza le passeggiate curando ogni minimo de aglio per trasmettere informazioni e suggestioni. «È impegnativo stare con noi - amme e, con una nota di saggezza che svela qualche tratto del ruolo esercitato per decenni con i bambini - ci vuole anche tanta pazienza... qualcuno di noi non sente, qualcuno non vede bene, c’è chi deve usare la carrozzina per spostarsi... Ma tu i questi limiti non fermano l’entusiasmo» dice, aprendo uno spaccato sulla varietà di incontri e proposte studiati su misura per ognuno e al tempo stesso volti a favorire una trama di relazioni e di compagnia. «Ad esempio in piscina a Villa Guardia (il proge o “A ività motorie in acqua” propone dal 2007 un’occasione di cura e riabilitazione, ma al tempo stesso di svago ndr) io andavo da spettatrice, ma non mi sentivo di entrare in vasca,

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non nuotavo neanche quando ero giovane…poi il mio do ore ha insistito dicendo che mi avrebbe fa o bene alla salute, e mi ha convinta. Aveva proprio ragione: alla mia età ho imparato a fare gli esercizi in acqua, ne sento il

beneficio e mi diverto un mondo». “Mai dire mai” sembra il vero slogan in contesti dove gli anziani sono invitati a non vivere solo delle sensazioni e dei ricordi del passato, ma a rinnovare ogni giorno desideri e aspe ative: «Lo scopo di proge i e laboratori, dal corso yoga all’ascolto della musica, dalla le ura alla pi ura, è potenziare la creatività, aiutare ognuno a riscoprire le proprie competenze», puntualizza Chiara Salza, arteterapista esperta nell’ animazione rivolta agli anziani che ha partecipato al Proge o “Arte e Anziani” (cofinanziato dalla Fondazione provinciale della Comunità Comasca e della Comunità di Monza e Brianza) con il coinvolgimento di decine di operatori e volontari nella realizzazione di percorsi espressivi conclusi con l’allestimento di una mostra, nel maggio dello scorso anno, presso la Caserma De Cristoforis di Como. «È stata una grande soddisfazione per noi vedere i nostri lavori, tanti oggetti, quadri, ricami, collage…

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esposti e ammirati da tanti, tantissimi visitatori», riferisce ancora Adele ricordando anche il documentario “CreatiVITA”. Immagini e dialoghi - con la regia di Andrea Palamara e Simone Barbieri - fanno scorrere so o gli occhi l’avventura che ogni giorno vede protagonisti gli anziani che, dai 74 anni agli oltre 90, si me ono in gioco, alla conquista di tempi e spazi da vivere con curiosità, desiderio di incontrarsi, dialogare, imparare…E magari realizzare un sogno. Come è accaduto a Carla Antonio i che a 89 anni rischiava di relegare per sempre, fra i bei ricordi di un tempo, la sua grande passione per il pianoforte. «Da molti anni non suonavo e non avrei mai pensato di riprendere», amme e riferendo dell’idea di tornare alla tastiera affiancata da un maestro. «Sono bastate alcune lezioni, un po’ di esercizio…e ho ricominciato a suonare, ho anche tenuto un concerto nella casa con tanti amici che mi hanno applaudito... Ancora mi sembra un sogno».


UN SORRISO IN PIÙ Costituita a Guanzate il 13 Aprile 2004 per volontà della famiglia Canclini, l’Associazione “Un Sorriso in Più” è una ONLUS laica e indipendente che da ormai 10 anni persegue finalità di solidarietà sociale, operando in via prioritaria sul territorio in cui ha sede, grazie al servizio dei propri volontari. Oggi l’Associazione conta circa 120 volontari che collaborano alla realizzazione di progetti e attività, a favore di circa 130 anziani e 35 minori. Anziani Progetti in favore di anziani con una scarsa o assente rete sociale (anziani soli): affiancamento ai volontari, arteterapia, pet-terapy, idrokinesiterapia, yoga. Le strutture residenziali con le quali l’Associazione collabora sono: -Associazione Casa di Riposo per Persone Anziane Onlus, Lomazzo (CO) - Azienda Speciale Consortile Casa Anziani Intercomunale, Uggiate Trevano (CO) - Fondazione Bellaria Onlus, Appiano Gentile (CO) - R.S.A. Pascoli, Gruppo La Villa, Montorfano (CO) - Villa Cenacolo Centro dell’Anziano, Lentate Sul Seveso (MB) - Villa Puricelli S.r.L., Bodio Lomnago (VA) Minori Progetti a sostegno dell’infanzia in difficoltà: attività motoria in acqua, equitazione e cura del cavallo, sostegno alla genitorialità, arteterapia, psicomotricità, laboratori esperienziali, stage.

L’attività dell’Associazione in quest’area di intervento, consiste prevalentemente nella collaborazione con: - Cooperativa Sociale Agorà97 (Rodero) che gestisce la comunità educativa Casa di Luca, che accoglie minori fino a 15 anni. - Casa dei Tigli (Brunate) che gestisce due comunità educative: - Tiglio Rosso: comunità educativa 0-10 anni - Tiglio Giallo: comunità mamma-bambino - Comunità educativa Bet Myriam (Lurate Caccivio), che accoglie bambini e ragazzi tra i 5 e i 15 anni di età. - Comunità Annunciata (Como), che accoglie ragazzi maschi adolescenti. Internazionale Sostegno all’ospedale “Mother Vannini”, situato a Tadepalligudem (India), costruito nel 1995 per volontà della signora Ida Marinoni in Canclini, allo scopo di garantire cure professionali a tutte le persone malate, anche e soprattutto alle persone povere e bisognose. Con 120 letti disponibili, circa 60/70 malati vengono assistiti gratuitamente ogni giorno. Info Associazione “Un Sorriso In Più” Onlus, Via XXV Aprile 71, Guanzate (CO) Tel 031.3527532 – Fax 031.899422 info@unsorrisoinpiu.it www.unsorrisoinpiu.it

Il valore di un sorriso | Mag Maggio 2014 | 103



di Emilio Magni Maggni

“DAC UL CULUR AI PULPÈTT” PER INDORARE LA PILLOLA Erano altri tempi quando ero un giovane cronista. E mi ricordo che oltre che un lavoro, era talvolta pure un piacere andare ad assistere alle riunioni dei consigli comunali per poi telefonare, seduta stante, la cronaca allo stenografo del giornale. Talvolta ci si divertiva, perché spesso erano assai vivaci e colorite, le assemblee comunali dei paesi piccoli perché il parlare era schie o, sincero e ruspante. Talvolta la ba aglia verbale rischiava di scadere in rissa. Per alcuni anni al consiglio comunale di Erba viveva la bella abitudine di organizzare rinfreschi (spumante e pane one) al termine della riunione. E lì tu i tornavano amici, o quasi. Mi ricordo una sera degli ultimi anni Cinquanta, un consigliere comunale capogruppo del partito di opposizione rispose al sindaco con tono ca ivo e risentito: «No el varda che un membro el sarà lü». Il primo ci adino gli aveva chiesto: «Voi che siete un membro della minoranza potete per favore informarci della vostra decisione?». Adesso invece mi raccontano i giovani colleghi che i consigli comunali, tu i invischiati nella politica, sono di una noia terribile. Comunque, nonostante sia ormai in pensione e fuori servizio, ogni tanto vado ancora ad assistere all’assemblea ci adina del mio paese. E debbo dire che almeno per una volta il solito tedio che accompagna le riunioni, qualche tempo fa anche se solo per un minuto, è stato scardinato da una ba uta piazzata lì, al momento giusto, da uno spiritoso consigliere, pure questo, del gruppo di minoranza e non nuovo a queste performance. Da almeno un quarto d’ora un assessore era impegnato in una disquisizione oratoria grondante di agge ivi, di dati e di tanti conce i per illustrare il proge o

di una piscina comunale da lui ritenuta opera assai importante e considerata dalla giunta e dal sindaco, il “futuro fiore all’occhiello” della ci à. Stanco ed annoiato, come d’altro canto sembrava anche lo scarso pubblico presente, il consigliere di minoranza dotato di un’ironia che molti gli riconoscono, si è alzato ed ha polemicamente interro o l’orazione dell’assessore. Per dare più effe o all’intervento ha adoperato il diale o: «L’è inutil car el me assessur, che te vet adrée a dac ul culur ai pulpè , la tua piscina la me convinc no». E poi si è seduto tra le ilarità degli amici di partito ed anche del pubblico. L’assessore ha accusato il colpo ed ha concluso in fre a il suo lungo intervento. «Dac ul culur ai pulpè » è modo di dire del diale o milanese che viene molto da lontano. È la versione dialettale di un’altra bella metafora italiana, ovvero di «indorare la pillola», ossia far apparire una cosa molto luccicante e quindi più importante di quella che è in realtà. La polpe a è fa a con cibo di avanzo: roba da poco quindi. Ma che almeno sia colorata da una co ura giusta. In diale o il modo di dire significa anche rendere un’azione ancora più appariscente di quella che è. Nella sua “Storia de Milan”, opera dell’O ocento scri a tu a in diale o, il mio amato e spesso “tirato qua” Camillo Cima, de o Pinzo, racconta che il capo della polizia ci adina aveva arrestato alcuni lestofanti: una bella operazione ma forse non così importante da fargli o enere il plauso dei superiori. Allora cosa fece? “Per dac ul culur ai pulpè ”, ha mandato ad arrestare nientemeno che Federico Confalonieri che non era lestofante ma patriota. Ma “tutu fa brôd” pur di fare carriera.

Le parole che non tornano | Mag Maggio 2014 | 105



di Paola Mascolo Grafologa.Membro della Société Française de Graphologie, iscritta Associazione Grafologica Italiana e Associazione Grafologi Professionisti. Perito grafologo, consulente tecnico del Tribunale di Como e rieducatrice della scrittura.

GIANLUCA ZAMBROTTA E IL SENSO DEL DOVERE Gianluca è uno che non sgarra e tiene fede agli impegni assunti è sinceramente modesto perché ha una grande sicurezza interiore

Gianluca Zambro a, 37 anni, calciatore. Davanti alla scri ura di Gianluca il primo aspe o che fa breccia è il grande senso del dovere e la disciplina. Gianluca Zambro a è uno che non sgarra, tiene fede agli impegni assunti senza mai tirarsi indietro, con un rigore che però non si tramuta mai in una visione troppo rigida del mondo, è questa la marcia in più che ha: disciplina ferrea, senza perdere di vista quel che serve anche agli altri. Una scri ura molto sobria, senza fronzoli o le ere ricercate, una spontaneità che non si manifesta mai con gesti eclatanti o che hanno lo scopo di sorprendere l’interlocutore. Dalla sua scri ura si mostra un uomo che ha fiducia nel futuro, malgrado tu o è convinto che il mondo sia un bel posto dove stare. Il suo mondo può girare anche con una velocità da capogiro, ma lui è forte dei riferimenti che ha e che per lui sono imprescindibili. Non lo si sentirà mai ritra are la parola data, mai si so rarrà ad un impegno intenso. Non è solo capacità di essere tenaci e non mollare, la sua è una comba ività dai toni

dolci che nasce da un’indole sensibile e ancora un po’ infantile, adolescenziale, nel segreto sognatrice. Tendenzialmente preferisce tenersi tu o dentro, non è incline a comunicare calorosamente emozioni, né tensioni. È come se anche le emozioni venissero automaticamente disciplinate. Gianluca si isola volontariamente, se ne sta per i fa i suoi, me e distanza dall’altro, perché tende a verificare quel che accade, a me ere uno spazio di a esa per conquistare quel bisogno di obie ività e chiarezza a cui tiene tanto. E’ molto equilibrato, si ada a perché malleabile e mai arroccato rigidamente su una posizione. Ha una grande capacità di immaginazione e anche creatività che svuota volontariamente e troppo spesso me e da parte, trascurando un po’ la sua fantasia. Ha grande senso della misura, è sinceramente modesto perché ha una grande sicurezza interiore e non ha bisogno che siano gli altri ad indicare il suo valore, non perché arrogante, (è una delle accezioni che peggio gli si accostano) bensì perché umile. Gianluca sa vedere l’essenziale, non ha bisogno delle cose per sentirsi gratificato, sa andare dri o allo scopo, raggiungendo l’obie ivo che si prefigge, senza mai essere precipitoso. Il rischio che corre è diventare troppo essenziale, astrarre, ridurre troppo, togliere pathos, perdere un po’ quel senso di “paffutezza” che gonfia il cuore, che fa allargare le braccia invece che serrarle conserte. Potrebbe isolarsi eccessivamente, è una tendenza che ha nell’anima, perché non è un grande comunicatore, ma la sua vera forza è essere sempre se stesso, senza lasciar trapelare quel che lo agita, quasi fosse una forma di rispe o verso chi lo circonda.

Tutto in un tratto| Mag Maggio 2014 | 107



“CANTO PER TE” VOCI DELL’ANIMA La Parrocchia di Sant’Agata, con il patrocinio del Comune di Como, ha organizzato il concerto “Canto per Te”, con l’esibizione del Coro Akses di Milano, accompagnato dall’Orchestra della Civica Scuola di Milano, dire a da Carlo De Martini, docente di violino. Il coro era dire o dal maestro Dario Grandini, reduce da una tournee internazionale, che lo ha visto esibirsi a Berlino e da una straordinaria vittoria, lo scorso mese di marzo, al concorso internazionale “Giovani Musicisti” della ci à di Treviso. Nel coro Milanese, la presenza di una giovane Comasca, Camilla, che con Dario Grandini fece parte del Coro Voci Bianche del Teatro Sociale di Como.

Titolo articolo Eventi| | Mag Maggio 2014 | 109


INSERZIONE PUBBLICITARIA

Un’energia vibrazionale trasmessa dalle sue mani in grado di guarire molte malattie

Mi sono affidato alle sue cure e sono rinato

Molte sono le persone che, fino ad oggi, hanno beneficiato del tocco delle sue mani. Larghi sono stati i consensi e meritevoli i giudizi di chi l’ha conosciuto. Parliamo del pranoterapeuta Alfredo Scabini, un personaggio ormai a molti noto, un uomo che ha dedicato la propria vita curando le persone affette dalle più svariate malattie. Persone che cercano il suo aiuto sono poi guarite. E a chi gli chiede qualcosa in proposito, egli risponde: non mi attribuisco alcun merito per quello che sto facendo. La mia è solo una missione che continuerò a svolgere, come sempre, con passione e dedizione.

La Testimonianz: un problema urologico che mi perseguitava da anni. Mi chiamo Mauro, ho 38 anni abito in provincia di Como e lavoro come infermiere in una importante struttura ospedaliera. Un lavoro, il mio, che mi porta a restare ogni giomo in stretto contatto con persone afflitte delle più svariate malattie. Non vi nascondo che anch'io ero un malato fino a circa 3 anni fa. Soffrivo jnfatti di una ipertrofia prostatica benigna. Un' ingrossamento della ghiandola prostatica che mi costringeva ad andare spesso in bagno ed avere un forte desiderio di urinare unito ad un senso di pesantezza al basso ventre. Il dolore, a volte, era insopportabile. I test del PSA e degli esami del sangue erano tutti nella norma ed anche nell'urinocultura non vi era traccia di batteri di alcun tipo. Perciò da più urologi mi venne diagnosticata una flogosi prostatica o per meglio dire una prostatite cronica abatterica. Inoltre soffrivo di una lombosciatalgia che mi procurava sempre dei forti dolori . Finchè un giorno, per caso, mentre mi trovavo a cercare via web notizie in merito alla mia malattia, entrai per puro caso nel forum delle medicine alternative e li vidi il sito di pranoterapia di Alfredo Scabini. Mi accorsi che tra l'elenco delle patologie che lui

aveva già trattato, c'erano anche la mie. Pertanto gli inviai subito un email di conferma e fissai con lui un incontro. Dopo circa sette giorni ci trovammo. Mi ricordo che non appena entrai nel suo studio notai sulla scrivania degli strani <<oggetti>>, molto simili a dei reperti archeologici. Mi resi poi conto che quegli <<oggetti>, altro non erano che agrumi disidratati, fiori mummificati e quant'altro che erano stati in precedenzatrattati da Alfredo con la pranoterapia. Alle pareti c'erano affissi quadri che ritraevano foto di animali che dopo essere stati sottoposti alla pranoterapia erano guariti. Non ebbi quasi neppure il tempo di parlare e di ricostruire I'itinerario della mia malattia, che Alfredo mi fece sdraiare vestito sul lettino in posizione supina e dopo avermi sfiorato su e giù con le sue mani, mi disse: « hai una prostata che è atrofica ed è molto infiammata>>. <<Se non la curi presto avrai dei seri problemil>. Quindi mi fece mettere in posizione prona, mi passò velocemente la punta delle sue dita esercitando sulla schiena e sulle gambe una leggera digitopressione. Rimasi basito ascoltando tutte le sue affermazioni perchè quello che mi diceva era proprio tutto vero. E c'è di più: non aveva ancora visto nè le mie ecografie, nè la mia

cartella clinica e mentre tutto ciò accadeva, vorrei sottolinearlo, io ero vestito , e mentre lui percepiva ogni mio dolore, io sentivo continuamente entrare la sua energia nel mio corpo. Terminò la visita poi tornai a casa. Dopo circa 7 gg. cominciai a sottopormi alle sue cure e dopo circa 30gg non avevo già più alcun dolore nè alla mia schiena nè alla prostata che era tornatanella normalità. Alfredo non credo faccia miracoli anche se so che spesso la gente che è stata poi guarita da lui fa uso di questa parola. Come persone scettiche che, dopo averlo conosciuto si sono ricredute e che dopo aver beneficiato delle sue cure hanno risolto molti dei loro problemi.

La Testimonianza: quel mal di testa che mi faceva inpazzire. Mi chiamo Rita, ho 65 anni, abito a Castiglione D'intelvi, e faccio I'imprenditrice. Fino a 3 anni fa godevo di buona salute. Poi, un giorno, cominciai ad avere i miei primi mal di testa. Avevo un'emicrania a grappolo, un tipo cioè di cefalea molto persistente e dolorosa. Giorno e notte avvertivo delle lancinanti fitte, lacrimavo in continuazione ed avevo gli occhi fortemente arrossati. La vita per me era diventata un vero calvario anche perchè, non dormendo quasi mai la notte, mi era poi difficile, durante il giorno, riprendere poi la normale attività lavorativa. Non vi dico:farmaci vasocostrittori ed analgesici erano all'ordine del giorno. Basti pensare che ero arivata a prendere fino a 16 pastiglie in 24 ore. Un giorno però, per puro caso, venni a sapere dalla mamma di un mio amico che, soffrendo di un disturbo oculare, si era rivolta ad un pranoterapeuta di nome Alfredo Scabini ed era poi guarita. Così decisi di recarmi anch'io da lui nel suo studio di via Alzani 24 a Como. Una volta arrivata, oltrapassai la porta

di entrata e mi sedetti su un divanetto in sala d'attesa. Mi intrattenni così a parlare con alcune persone che erano venute lì, per la prima volta e portavano sui loro volti i segni di una evidente sofferenza. Quindi arrivò il mio turno ..Entrai nello studio di Alfredo e dopo i primi convenevoli, egli mi fece distendere sul lettino e cominciò a fare la sua diagnosi esplorativa. Devo dire che restai senzaparole quando, dopo aver toccato alcune parti del mio corpo, riuscì subito ad individuare non solo i miei mali, ma anche la presenza di traumi pregressi, di cui solo io ne ero a conoscenza; poco dopo cominciò a sfregare in modo energico le sue mani, me le passò sulla testa e lì cominciai a sentire un calore fortissimo. La sensazione era che una strana forza magnetica mi pervadesse e attraversasse I'intero mio corpo e, in modo intelligente, andasse alla ricerca di tutti i miei mali. Ed effettivamente mi resi poi conto che era così: quando quel giorno uscii dal suo studio i dolori si erano molto attenuati, ed ero anche particolarmente rilassata, insomma ero diversa. Avrei potuto pensare che si fosse trat-

tato di un effetto placebo, ma quando il mattino dopo mi risvegliai, mi accorsi, per la prima volta, di non avere più la solita crisi ed i soliti attacchi. Le terapie, da quel giorno si susseguirono in modo alternato finchè mi resi conto, ad un certo punto, che non avevo più bisogno di assumere farmaci, che ero guarita e che il mio mal di testa era ormai solo un brutto ricordo. Ora che ho conosciuto Alfredo la mia vita è totalmente cambiata. Per questo gli sono molto grata e riconoscente per quello che ha fatto per me così che ora ho riposto in lui tutta la mia incondizionata fiducia.

Elenco delle patologie - ansia-depressione-insonnia-apatia-esaurimento nevrosi-tensioni dovute a stress - artrite-artrosi cervicale, dorsolombare e sacrale-cervicalgia-periartrite scapolo omerale-ernie-discopatie vertebrali-sciatalgie-fratture lussazioni-spasmi muscolari parestesie - iriti-uveiti retinopatie - rinite-sinusite faringite - asma-bronchite-enfisema polmonare-catarro - gastrite-ulcera reflusso gastroesofageo-dispepsia-squilibri epatici-pancreatite-colite-diverticoli-stipsi - prostatiti-insufficienza renale-nefrosi

- emicrania-cefalea-nevralgia del trigemino - ipo e ipertiroidismo - emorroidi-flebiti-ipertensione-ipotensione arteriosa-tachicardia-aritmie

Pranoterapeuta Alfredo Scabini Via Anzani, 24 Como - Tel. 031.241502 www w.pranoterapia-studioscabini.it Facebook: PranoterapiaScabiniComo


Olgiate in festa La marcia dei mille Il primo maggio è s a una grande occasione di festa per la gfente di Olgiate Comasco. Oltre mille persone hanno partecipato alla tradizionale marcia organizzata dall’oratorio giunta alla trentaseiesima edizione. Due i percorsi , dise e e qua ordici chilometri al quale hanno prso parte molti ragazzi, gruppi familiari anche anziani.

Titolo articolo Eventi| | Mag Maggio 2014 | 111



di Serena Brivio

Il tempo dei colori con stampe tropical Il bianco e l’azzurro lasciano posto alla fantasia camicia estiva, con maniche lunghe e corte stagione ha bisogno di rinnovarsi spiega Marco Cassina, titolare della boutique Peter Ci - Ormai anche il signore sofisticato e chic non disdegna di indossare so o i capi metropolitani leggere camicie di voile imprimé con motivi floreali stilizzati». Le geometrie regolari e rigate si alternano a motivi etnici di sapore 70s, che rimandano a una parata di a ori e personaggi del jet set di quegli anni. Cambia anche il taglio. «In questo caso - continua Cassina - la forma è più ampia e non costringe il busto. In vista dei mesi caldi, il look assume un’a itudine décontracté che conta-

mina pure giacche e pantaloni». Il giro di boa investe naturalmente anche le shirt più vacanziere; guizzi di colore danno ritmo ai pants senza piega, ai bermuda da ci à e ai boxer da mare. Chi vuole osare meno, può smorzare decori e tonalità jungle con il bianco, il blu e il nero. «Chi invece non vuole passare inosservato - conclude il consulente fashion - potrà spazzare via il grigiore dell’inverno con giubbini da velista, sneakers patch multicolor o sandali a bande fluorescenti». Accessori d’obbligo? Cappelli di paglia e borse di tela.

Il bianco e l’azzurro lasciano posto alla fantasia nella camicia estiva, con maniche lunghe e corte. Un arcobaleno di cromie, stampe tropical, righe e quadre i Vichy reinterpretano sete e cotoni. «La ricerca creativa è evidente per rendere più interessante un capo classico del guardaroba maschile che ogni

Idee (s) fashion| Mag Maggio 2014 | 113


di Carla Colmegna / c.colmegna@laprovincia.it

A cavallo sono un re Storie ed esperienze dell’associazione Thais L’associazione Thais da 30 anni si occupa di dare un aiuto a chi ha disabilità. Ora la giornalista Laura D’Incalci ha messo in un libro l’attività del gruppo, ma lo ha fatto in un modo particolare, attraverso il racconto delle esperienze fatte dai singoli disabili seguiti da Thais. Il libro ha preso avvio dal ricordo della testimonianza di Andrea, un disabile, al tempo del racconto ragazzo, che diceva di sentirsi un re quando stava sul dorso del suo cavallo durante le

sedute di ippoterapia. La D’Incalci nel libro dedica spazio anche a Pia Pullici, presidente di Thais, ai genitori e a coloro che, volontariamente, regalano tempo ed energia a chi vive con l’handicap. Il racconto è un puzzle di emozioni che donano voglia di vivere, di indegnamenti di chi è nato con problemi che a volte diventano opportunità e risorse. “A cavallo sono un re” Laura D’Incalci

San Paolo, 136 pag., 13 euro

LE TERME IN INSUBRIA È un libro particolare che alza il velo su una realtà che forse non in tanti conoscono, quella delle terme nella zona insubrica, in cui è compresa anche il Comasco. Il libro raccoglie una serie di interventi, 29 articoli, nei quali viene spiegato come l’Insubria abbia potenzialità interessanti dal punto di vista termali, interessanti e varie, visto che nel testo vengono indicate anche le differenti propietà dell’acqua e le indicazioni di cura di malattie e disturbi diversi. Gli articoli sono tratti dai lavori portati a termine nel secondo Congresso di Medicina Termale dell’Insubria. Una parte del libro è dedicata anche al ruolo del medico termale e, visto che questo volume è il secondo che tratta lo stesso argomento, vengono affrontati anche aspetti di carattere storico e geografico con incursioni nella medicina estetica. Il libro è stato realizzato con l’università dell’Insubria, il comune di Como e l’Amministrazione provinciale di Como. La vocazione termale della “Regio Insubrica”: oltre i confini della salute” – volume II A cura di Giorgio Rodolfo Marini - Alessandro Dominioni Editore, 260 pag., 22 euro

COLLETTIVO ZAMPALÙ Federico Bagni scrive tutti i giorni, e si vede, anzi si legge. Il suo libro “Collettivo Zampalù” dimostra come l’autore sia davvero amico della scrittura e, soprattutto, della narrazione. Capace di far fare amicizia con sapienza ed equilibrio con molti fatti, crea una storia che attrae e lega alle pagine. E questo è lo scopo di ogni autore. Il racconto è denso, densissimo di avvenimenti, sensazioni, emozioni tutte svelate con ricchezza di particolari, che aiutano a dare un luogo, un tempo e un senso a ciò che può accadere a tutti, ma magari non con la stessa velocità con la quale gli eventi riempiono la vita del protagonista. Ma chi è poi il protagonista di questo romanzo? Uno c’è, anzi due, ma leggendo se ne trovano anche tre, quattro. I protagonisti sono tutti e ciascuno di noi. L’identificazione è possibile, divertente e miccia per riflettere su quello che capita e va, ma che forse andrebbe fermato e analizzato per essere, sembra dire l’autore, un po’ più felicemente consapevoli della propria vita, momento per momento.

114 | Mag Maggio 2014 | Scaffale

“Collettivo Zampalà” Federico Bagni Autodafè, 221 pag., 16 euro – 9 euro ebook


di Luca Meneghel

L’Alta Brianza verso l’Expo Un portale per promuovere i 25 Comuni erbesi e dalla Vallassina L’Alta Brianza fa squadra per promuovere il territorio in vista di Expo 2015. E lo fa attraverso un portale - http://www.alta-brianza. it/ - inaugurato poche settimane fa dopo cinque anni di ricerche. Dietro al progetto, che comprende anche un profilo su Facebook e uno su Twitter, ci sono 25 Comuni della provincia di Como (da Erba a Pusiano, da Canzo a Valbrona), il parco Lago del Segrino, la fondazione europea Il Nibbio e l’Université d’Été. A coordinare i lavori il professor Edo Bricchetti, storico e architetto ideatore dell’Ecomuseo dei Monti e Laghi Briantei. Un sito, quello dell’Alta Brianza, diviso in tre macro settori. C’è il comparto istituzionale, con una pagina riservata a ogni Comune aderente al progetto: per ogni paese gli utenti troveranno informazioni su cosa vedere, cosa fare, dove dormire e mangiare; una vera e propria guida turistica virtuale, aggiornata - a differenza di quelle cartacee - con gli ultimi eventi in programma sul territorio. Proprio gli eventi - sagre, mostre, feste rappresentano il comparto vitale del sito, una vetrina aggiornata (proprio nella parte centrale dell’home page) sulle manifestazioni in corso. Non manca una terza sezione, più turistica, incentrata sugli itinerari pedonali e ciclistici che caratterizzano l’Alta Brianza. La speranza, insomma, è che nel suo insieme il sito possa rispondere a domande molto chiare: cosa vedere, cosa fare, dove andare e come farlo. Il turista che ancora non conosce i sin-

goli paesi potrà andare alla scoperta del territorio per aree tematiche. La sezione Arte contiene un elenco di castelli, chiese, musei, parchi e ville presenti nell’Alta Brianza: dal castello di Tarbiga a Barni a Casa Pecori a Caslino d’Erba, dalla chiesa di Sant’Alessandro a Lasnigo al santuario di San Miro a Canzo, dal parco Majnoni di Erba a Palazzo Carpani di Merone. Ogni luogo di interesse è accompagnato da una breve nota storico-artistica, da alcune fotografie e dalle indicazioni per raggiungerlo. Interessante anche la sezione Itinerari, che contiene una selezione dei percorsi più suggestivi da percorrere a piedi o in bicicletta. È ad esempio il caso del Monte Megna fra i Comuni di Asso, Canzo e Lasnigo: parliamo di “una montagna poco conosciuta del Triangolo Lariano, che tuttavia consente di godere di un bellissimo panorama in un contesto tranquillo e rilassante”. Splendido è anche il cammino di Sant’Agostino a Caslino d’Erba: il santuario, luogo di preghiera venerato da secoli, “è raggiungibile a piedi da un bellissimo viale fiancheggiato da cipressi”. Essendo prima di tutto un portale turisti-

co realizzato in vista dell’Expo, su Alta Brianza grande rilievo hanno le sezioni Trasporti (che sfrutta le mappe di Google per aiutare i viaggiatori a raggiungere la Brianza), Dormire e Mangiare. Gli alloggi sono suddivisi per tipologia (agriturismi, baite, bed and breakfast, hotel) così da rispondere alle esigenze dei visitatori che arriveranno nel Nord Italia, mentre i ristoranti sono suddivisi in cucina italiana, cucina locale e ristoranti di lusso. Manca ancora - unica pecca - una versione del sito in lingua inglese, ma c’è tempo per correre ai ripari. Il progetto è presente anche su Facebook (basta cercare “Alta-Brianza”), con una pagina già molto aggiornata, e su Twitter (@ AltaBrianza), ma in questo caso il profilo è ancora in costruzione: il numero dei tweet, ovviamente, è destinato a impennarsi nei mesi precedenti all’apertura dell’Esposizione Internazionale di Milano.

SEGNALAZIONI

IL NIBBIO www.nibbio.info Il sito della fondazione europea per la ricerca ornitologica e ambientale che ha partecipato alla realizzazione del portale UNIVERSITÉ D’ÉTÉ www.unidete.org Il sito dell’Università brianzola specializzata nello studio del paesaggio EXPO 2015 www.expo2015.org Il sito ufficiale dell’Expo milanese Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG?

Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.

Navigazioni lariane | Mag Maggio 2014 | 115


di Bernardino Marinoni

Il folle sogno di un mondo impossibile Il film girato alla Sorgente, nella casa alloggio comasca per malati di Aids Poteva limitarsi al backstage di un’esperienza di drammatizzazione, è diventato un film. Addirittura con un film al suo interno, nonostante “Il folle sogno di un mondo impossibile” sia tecnicamente un cortometraggio (cosa che non gli ha impedito di essere selezionato al recente Busto Arsizio Film Festival, BAFF). Trenta minuti, firmato a quattro mani, Mauro Cozza, regista, e Valentina Ferrari, attrice e regista teatrale, girato alla Sorgente, la casa alloggio comasca per sieropositivi e malati di Aids che ha fatto da set principale del film nel quale incrociano realtà e fantasia, documento e invenzione. Ne sono interpreti alcuni ospiti della Sorgente, insieme a un drappello

volontario di attori, il laboratorio di drammatizzazione alla Sorgente di Valentina Ferrari che aveva coinvolto Mauro Cozza perché realizzasse alcune videosequenze da integrare in una messinscena della casa alloggio. Cammin facendo la combinazione è diventata appunto “Il folle sogno di un mondo impossibile”, coprodotto da Fondazione Somaschi Onlus, Lions Club di Cernobbio e Emmecidue studio. In appassionato equilibrio tra documentario e finzione, il cortometraggio s’impernia sull’arrivo di un nuovo ospite, la cui passione per il romanzo cavalleresco ne fa un candido emulo di Don Chisciotte. Un’epica minima s’introduce così nella quotidianità della casa alloggio: da battere ci sono

LE VOCI DELL’ANIMA Tra Blevio e Torno, l’opera prima di Andrea Preti con Stefania Rocca Il cinema era stato sulla piazzetta di Torno già quasi sessant’anni fa, quando Luigi Zampa vi aveva girato alcune sequenze di una commedia, “Ragazze d’oggi” (tra gli interpreti Marisa Allasio e Mike Bongiorno), dove i problemi sentimentali di tre sorelle lambiscono il lago in una trama il cui polo è Milano. Così come accade in “Le voci dell’anima”, opera prima di Andrea Preti, giovane divo delle passerelle internazionali di moda dalle quali si è preso un anno sabbatico, che con Stefania Rocca è anche protagonista del film, finito da poco di girare. Un’opera molto personale, della cui sceneggiatura Preti è coautore: racconta la storia di un giovane introverso che vive una storia d’amore con un’affascinante psicologa, un sentimento che soccorrerà entrambi di fronte a passaggi cruciali, per lei la malattia, per lui il trauma della morte del padre, delle rispettive esistenze. Le riprese lariane si sono svolte tra un grande albergo di Blevio e il porticciolo di Torno, con i due personaggi su un’imbarcazione in paesaggio-stato d’animo che fa da consona cornice romantica. All’ambientazione lariana l’esordiente regista ha sciolto un vero e proprio inno: «È arrivata la primavera! È stato bellissimo sentirne l’arrivo sul lago di Como! È una location stupenda. Il bel tempo aggiunge ancora più allegria alla meravigliosa esperienza che sto vivendo! Ora ci siamo spostati e spero di poter rivedere il lago di Como al più presto, perché è entrato nel mio cuore come un luogo ricco di significato». Anche a fine cineturistici, è opportuno prenderne nota.

116 | Mag Maggio 2014 | Grande schermo

anzitutto i pregiudizi sulla malattia, con corollario di rapporti familiari deteriorati, di solitudine, di isolamento. Mentre i mulini a vento del romanzo di Cervantes assumono forme aggiornate, come quella del famoso “muro” davanti al lago, i personaggi – veri – del film rivelano conflitti privati che esprimono in presa diretta una condizione di cui accettano di farsi interpreti con singolare immediatezza. Ci sono momenti nei quali verità e finzione s’intersecano tanto che non si può dire chi sia l’attore e chi, anche suo malgrado, il personaggio. Effetto docufilm, se si vuole collocare “Il folle sogno di un mondo impossibile” in uno spazio che il cortometraggio comunque travalica fino a mostrarsi tale, cioè un film, agli occhi dei suoi stessi interpreti. Succede alla conclusione, quando si rivela una piccola platea e sotto lo schermo gli occhi che brillano d’emozione sono quelli dei medesimi personaggi: realtà, appunto, non finzione in un amalgama del cui esito va dato atto agli ospiti della Sorgente (Valentina Ferrari, che compare nel film, li ha adeguatamente preparati) oltre che agli attori, allievi e professionisti, divenuti parte di un progetto di apertura che loro tramite si è concretato. Essenziale la trama, così come spartana, l’aggettivo è di Mauro Cozza, è stata la realizzazione del cortometraggio nell’intreccio di cinema e teatro, tra campi e controcampi in tempo reale e il sonoro in presa diretta, poi integrato dal commento musicale dei Sulutumana, ulteriore apporto comasco ad un’operazione la cui finalità di informazione e sensibilizzazione – lotta ai pregiudizi, consapevolezza del problema dell’Aids – non è secondaria: DVD, perciò, attendesi.


di Marinella Meroni

Moralità degli animali Altruismo e perdono Chi ama gli animali sa che essi provano gioia, dolore, rabbia, amore e tutte le emozioni proprie dell’uomo. Darwin sosteneva che la differenza tra le specie è per grado e non per qualità. La scienza per troppo tempo ha negato che gli animali potessero avere sentimenti. Oggi grazie allo studio di qualche serio e volonteroso ricercatore è nata l’etologia cognitiva, la scienza che analizza e certifica le emozioni degli animali, scoperte grazie a strutture anatomiche che condividono con noi: aree del cervello preposte alle emozioni, un alto grado di intelligenza e una incredibile flessibilità comportamentale. Marc Bekoff , una delle più grandi menti scientifiche dei nostri tempi, professore di Biologia all’Università di Boulder (Colorado) e fondatore di Ethologist for Ethical Treatment of Animals, ha dimostrato che gli animali hanno una profonda “moralità”, basata su: altruismo, lealtà, compassione, capacità di consolare e perdonare, forse più di molti umani! Nel suo libro “La vita morale degli animali” Bekoff ritiene che sia biologicamente improbabile che le emozioni si siano evolute solo negli umani. Dallo studio è emerso che le bestie possiedono gli stessi sistemi cerebrali e substrati neurochimici tipici del sentimento amoroso dell’uomo; l’esistenza di queste strutture confermano che se gli umani provano emozioni ugualmente le possono avere gli animali. Afferma Bekoff:«Definisco la moralità un’insieme di comportamenti correlati e indirizzati verso gli altri. Non vi è alcuno scarto morale tra gli esseri umani e le altre specie: la moralità è un tratto evolutivo che noi dividiamo con gli altri mammiferi sociali, che hanno le capacità cognitive avanzate, oltre che l’abilità di prendere decisioni basate sulla percezione del passato e del futuro. Ho suddiviso i comportamenti morali in 3 categorie: la cooperazione, l’empatia e la giustizia. Nel primo rientrano comportamenti quali l’altruismo, la lealtà e la fiducia; nel secondo la compassione, il dispiacere e la capacità di consolare; nel terzo la condivisione, l’equità, la correttezza e la capacità di perdonare. La moralità come la giustizia per gli animali non è una questione astratta, ma comprende gesti molto “pratici”. Ad esempio nello zoo di Arnhem, in Olanda, gli scimpanzé sgridano quelli che arrivano in ritardo per il pasto, perché nessuno può mangiare se non sono tutti presenti». Sono molte le storie documentate e commoventi raccolte dal ricercatore, come : una femmina di gorilla di uno zoo tedesco che piange per giorni la morte del suo piccolo, o di una elefantessa che si prende cura di una più giovane e ferita, o l’altruismo dei ratti che aiutano un topo a loro sconosciuto per ottenere del cibo, se a loro volta sono stati aiutati da un estraneo. E ancora 11 elefanti salvano un gruppo di antilopi catturate, la matriarca sfonda i cancelli del recinto permettendo alle antilopi di fuggire. Tenera la storia di Dolly, un’asinella inglese che salva Stanley la sua amica pecora, aggredita da un cane inferocito; galoppando si è fiondata contro il cane immobilizzandolo fin quando non ha mollato Stanley.Bekoff dichiara: «Gli animali possono comportarsi bene o male, ma non c’è la “malvagità” dell’uomo, non hanno il tempo e il lusso di essere così crudeli. Le emozioni degli animali ci impongono di ripensare radicalmente al rapporto in cui ci relazioniamo con loro e le nostre responsabilità nei loro confronti. Perciò, chi mi chiede se gli animali sono più morali di noi, rispondo: sì!».

Titolo articolo | Mag Maggio 2014 | 117



di Rocco Lettieri

UNA CENA CON L’ARTE

L’originalità dei due locali Sagittario a Sa Posada L’idea geniale di Denis: l’arte va guardata da vicino Se non si è a conoscenza della “qualità” di questo locale gestito dalla famiglia Peddone/Mastel, il viaggiatore che arriva alla stazione ferroviaria di Cantù Asnago, neanche si sogna di entrare in un ambiente, a dir poco, di alta cultura artistica. Al massimo entra per bere un caffè o per un cappuccino al bar “Sa Pasada”. Però appena entrati il profumo di vaniglia già ci dice che ci troviamo in un posto dove la pasticceria viene sfornata nel locale attiguo dove ci lavorano il pasticciere Santambrogio ed Emanuela Peddone, giovane, carina e dinamica. Qui si trovano brioche freschissime ed ogni sorta di pasticceria fresca e secca, colombe, panettoni, torte, pure da asporto. Inoltre si possono chiedere panini di ogni sorta, toast, con birre e vini di ogni sorta, al bicchiere. Il locale a fianco “Sagittario”, è il regno di Gino Peddone, ristorante/pizzeria (forno a vista con circa 30 pizze diverse dove a dare una mano, la sera, arriva anche la Mau (Emanuela – pasticciera/ pizzaiola) di stile sardo, con specialità dell’isola a partire dalla Mustela, ai Malloreddus, alla bottarga di muggine (eccezionali gli spaghettini), ai vini, con la grappa Filu e Ferru e il Mirto. La sua è una storia lunga. Con altri 9 fratelli e sorelle erano i titolari del Quadrifoglio a Cantù (pizzeria, ristorante, dancing) sino agli anni ’90 quando si divisero aprendo a Como Le Colonne, altri La Colombetta e Gino aprì Il Sagittario. Acquistato nel tempo il caseggiato, nel 2007 apre il bar Pasticceria con un ampio parcheggio, dove possono posteggiare tranquillamente il centinaio di persone che può contenere il ristorante/pizzeria. Non bastasse tutto questo lavoro, al piano superiore del locale troviamo 4 camere da affittare e a meno di 1 km, lungo la strada che porta Al Golf Club

di Carimate, immerso nel verde, c’è il loro B&B (3 camere matrimoniali, 2 camere mansardate e una suite indipendente) di Denis Mastel, nata a Cortina d’Ampezzo, moglie di Gino, artista poliedrica e famosa, che troviamo in ogni momento e in ognuna di queste realtà e la sua impronta la si nota dappertutto. Quadri, acquerelli, tavoli, sedie, rendono allegro e austero allo stesso tempo, l’ambiente ristorativo. Cenare qui è come passare una serata in una sala d’arte che la clientela sembra apprezzare tant’è che molte persone desiderano fare il “giro dei tavoli”. Una volta si cena su un tavolo e un’altra volta su un altro poiché i tavoli stessi sono vere opere d’arte, visibili, attraverso un vetro che fa da appoggio per piatti,

bicchieri e bottiglie. Una semplice tovaglietta trasparente fa da mis-a-en-place. L’idea geniale è di Denis, la quale confessa: la pittura va guardata da vicino, va vissuta e noi la portiamo ad essere contemplata. Anche le posate e le sedie sono state disegnate da Denis che vanta un suo quadro, due metri e mezzo per due, al Parlamento di Strasburgo. Attiva dal 1964, la pittrice ha maturato nel tempo un suo stile in cui le forme geometriche e gli accostamenti di colore danno luogo a immagini particolari. Una forte personalità messa in evidenza dai colori pastellati: un mondo senza confini disponibile all’esplorazione di ciascuno di noi. A pochi passi da casa.

Sagittario e Sa Posada Piazza Stazione – Cantù Asnago tel: 031.704564 – 339. 3190441 www.bbviadelgolf41.com

I consigli dello chef | Mag Maggio 2014 | 119



di Pietro Cantone

«Aiuto dottore, il mio bambino ha il naso chiuso, sarà allergico?» Le cause principali, i consigli per i genitori e i test necessari Alcuni bambini possono presentare un’ostruzione nasale persistente con russamento durante le ore no urne, respirazione obbligata attraverso la bocca, voce nasale, apnee no urne e spesso la tosse; possono anche presentare un sonno irregolare con frequenti risvegli, sonnolenza nelle ore diurne, riduzione dell’a enzione e del rendimento scolastico. Le cause di ostruzione nasale persistente possono essere le malformazioni come l’atresia delle coane o deviazioni congenite del se o nasale ma le cause di ostruzione nasale persistenti più comuni nel bambino sono: 1. L’ipertrofia adenoidea, cioè l’ingrossamento del tessuto linfatico di quella zona del faringe che sta dietro il naso e che comporta il blocco del flusso d’aria che a raversa il naso; 2. La rinite allergica dovuta all’ispessimento della mucosa che riveste le pareti delle fosse nasali a causa dell’infiammazione allergica; 3. La rino-sinusite, complicanza non solo del raffreddore comune ma anche della stessa rinite allergica e dell’ipertrofia adenoidea, in cui l’ostruzione delle vie aeree del naso sono determinate dalle secrezioni purulente che vengono dai seni paranasali ; 4. La malocclusione dentaria e le anomalie delle arcate dentarie e del palato. Che cosa fare? Il problema del bambino con naso sempre chiuso deve essere gestito dal pediatra che indirizzerà i genitori allo specialista solo in casi selezionati. Sono infa i di competenza pre amente pediatrica sia la rinite allergica che la rinosinusite e la stessa ipertrofia adenoidea che non necessita l’intervento chirurgico. Competono all’oto-

rino le ostruzioni da malformazione, la presenza di gravi crisi di apnea notturne, i casi di rino-sinusite o di ipertrofia adenoidea che non si risolvono con un adeguato tra amento medico per valutare l’opportunità di un intervento chirurgico. Per quanto riguarda invece le malocclusioni è indispensabile l’intervento dell’ortodonzista. Usualmente il medico è in grado, senza esami o accertamenti strumentali, di fare corretta diagnosi.

Il tra amento della sinusite deve essere un tra amento antibiotico protra o nel tempo (10-15 giorni o più) per sradicare l’infezione in maniera definitiva ed è sempre utile associare uno spray nasale al cortisone per facilitare la decongestione dei tessuti e lo svuotamento dei seni paranasali. Del tu o inutile è l’esame radiografico dei seni paranasali che non deve essere mai eseguito; al limite può essere utile la Tac o la risonanza magnetica ma tali esami vanno riservati a casi particolari come in presenza di complicazioni importanti o in previsione dell’intervento chirurgico. Per l’ipertrofia adenoidea l’intervento

Dott. Pietro Cantone

chirurgico non è la sola opzione. Si può tentare un tra amento medico fondato anch’esso sull’uso, per due mesi, di spray nasale di cortisonici. Questo trattamento se ben eseguito è in grado di me ere spesso il problema so o controllo. Di utilità molto dubbia sono i tra amenti con antistaminici, utili solo qualora sia associata la rinite allergica i vaccini o gli immunostimolanti. Qualora non si apprezzino risultati soddisfacenti è necessario l’intervento chirurgico che deve riguardare, se sono presenti crisi di apnea anche le tonsille. Quando eseguire i test allergici I test allergici servono per confermare il sospe o dell’etiologia allergica della rinite cronica. Servono per confermare e non debbono essere una routine per tu i i “bambini con il naso sempre chiuso”. Il tra amento farmacologico della rinite perenne sarà lo stesso qualunque sia l’allergene responsabile; la definizione di quale esso sia è però fondamentale per me ere in pratica quelle norme di profilassi che perme ono di ridurre il conta o con i fa ori responsabili. Si seguirà quindi una profilassi diversa per gli acari della polvere, per il pelo di ga o o per le muffe. Per il naso sempre chiuso il tra amento principale è lo spray al cortisone. Questi spray sono innocui e possono essere usati anche per tempi molto lunghi. Non ha grande effe o il tra amento con antistaminici per via orale, tra amento invece molto efficace per il naso “colante” delle riniti da pollini.

dottorpcantone@gmail.com

Medico Chirurgo, Specializzato in Pediatria e Puericoltura ed in Immuno-Allergologia “Italian Cricket Responsabile dell’AClub” mbulatorio di Allergo-Immuno-Pneumologia Pediatrica Giacomo Fasola, Francesco Moscatelli, Ilario Lombardo ADD editore 190 pag., 14 euro Azienda Ospedaliera S.Anna-Como

Il bello della salute | Mag Maggio 2014 | 121


di Tiziano Testori

Ho i denti usurati Cosa posso fare? Come affrontare e risolvere il problema dell’abrasione dentale L’usura dentale è definita una perdita di tessuto duro del dente causato da agenti chimici o da a rito meccanico e non sono coinvolti processi ba erici Le facce e di usura dello smalto dentario possono essere di varie forme: piatte, rotondeggianti, spigolose e disposte sulla superficie occlusale o sul margine incisale dei denti. L’abrasione che inizia a livello dello smalto può approfondirsi fino a coinvolgere la dentina o strato più profondo del dente. La perdita di protezione esterna del dente può causare un aumento della sensibilità agli agenti esterno: caldo/freddo, dolce/salato. Ma spesso essendo un processo lento e progressivo il paziente non si accorge di queste facce e erosive sopra u o se coinvolgono i se ori latero-posteriori della dentatura. Sono invece ben visibili quando il processo erosivo coinvolge la superficie incisale dei denti frontali perché i denti assumono un aspetto livellato e omogeneo, si accorciano e cambiano colore. L’abrasione dentale è purtroppo un fenomeno molto comune fra la popolazione. Secondo i dati della le eratura scientifica abbiamo due situazioni cliniche differenti: da un lato esiste l’erosione di tipo fisiologico che si nota nel paziente anziano dovuta a fenomeni d’ada amento occlusale. Dall’altro abbiamo quadri più aggressivi dove la perdita per erosione dello smalto risulta molto più precoce e invalidante. Le abrasioni dentali sono più frequenti fra i più anziani, di sesso maschile, con problemi di tipo parodontale e che hanno utilizzato gli splint occlusali (cosidde o bite). Spieghiamo bene questo

122 | Mag Maggio 2014 | Il bello della salute

fa o che può sembrare contradditorio: il bite è utilizzato per il tra amento del bruxismo ossia l’abitudine viziata a serrare e a digrignare i denti. Ma al contempo i bite sono indicati per il tra amento delle patologie a carico dell’articolazione tempo-mandibolare. Si è notato come il bruxismo sicuramente porta ad un aumento d’erosione dentale mentre non esiste una correlazione fra patologia articolare ed erosione dentale. Da ultimo si è visto come i pazienti che hanno utilizzato per lunghi periodi il bite presentano più erosioni ai denti. Anche i bambini possono manifestare facce e d’usura sui denti: anche qui abbiamo le fisiologiche facce e d’usura sugli elementi dentari decidui quale manifestazione del processo di riassorbimento radicolare ed esfoliazione del dente per dare via libera all’eruzione del dente permanente. Ci sono però bambini la cui tendenza al bruxismo è più marcata: la si nota sopra u o nei casi di malocclusione con morso profondo. Che fare allora? La prima cosa è valutare se la facce a erosiva rientra nel fisiologico riada amento occlusale ed è quindi non patologica. Se invece la progressiva perdita di smalto è precoce rispetto all’età del paziente e crea deficit estetici e funzionali si deve proteggere lo smalto dall’erosione mediante l’uso di mascherine in acetato ed eventualmente ricorrere

a ricostruzioni estetiche dello smalto andato perso. Nei bambini con morso profondo la correzione ortopedica-funzionale in corso di crescita può in alcuni casi migliorare la correzione occlusale e prevenire in futuro fenomeni abrasivi più veloci di quanto la natura preveda. Da ultimo ricordo come spesso l’associazione fra bruxismo ed erosione dentale oltre ad essere corredata da malocclusione è spesso aggravata dallo stile di vita troppo stressante, abitudini viziate come il fumo da pipa o lo sfregamento dei denti con matite o penne. Inoltre bisogna ricordare ai pazienti di limitare l’uso di bevande decalcificanti che possono causare danni ai denti. I

forti bevitori di Coca-Cola o chi succhia i limoni, presentano spesso deficit dello smalto come pure i pazienti con disturbi alimentari che soffrono di rigurgiti acidi.

Dott. Giovanna Perrotti www.giovannaperrotti.it

Prof. Tiziano Testori www.tizianotestori.eu

Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Specialista in Ortognatodonzia

Professore a contratto Università degli Studi di Milano


di Eugenio Gandolfi

Sos bellezza noi ci siamo sempre! Un centralino H24 per rispondere ad ogni tipo di richiesta Il parere e i consigli degli esperti in qualunque momento Chi di voi avrà avuto l’opportunità di visitare il nuovo sito di Academia Day Clinic, oltre ad avere compreso la mia visione complessiva della medicina e della chirurgia estetica, avrà certamente notato un banner che si intitola SOS BELLEZZA e si sarà domandato quale possa essere stata la motivazione che ci ha spinto ad organizzare un servizio di centralino telefonico attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e 365 giorni all’anno.

Dal mio punto di vista la risposta è semplice: con l’impiego ormai definibile “di massa” di Smartphone e Tablet, oggi gli accessi ad Internet sono sempre più slegati all’essere davanti al Pc. Sulla base di una ricerca pubblicata lo scorso mese di dicembre è infatti emerso che nel 2013 oltre 22 milioni di Italiani hanno dichiarato di accedere ad internet dal proprio cellulare/smartphone mentre quasi 7 milioni dal proprio tablet (dati

Audiweb Trends). È quindi ormai provato da attenti studi di settore, ma chiunque di noi può dimostrarlo, che è proprio grazie a questi strumenti mobili che la nostra navigazione si fa più rilassata nelle ore serali/notturne, nei tempi morti dedicati ai trasferimenti casa/lavoro, durante i week end oppure nei giorni di festa, quando siamo meno “distratti” dallo studio o dal lavoro. È dunque nel tempo libero che gli utenti, donne e uomini, sono maggiormente propensi a ricercare le risposte ad ogni quesito, anche a quelli relativi alla cura della propria immagine e del proprio corpo. Per questo motivo ho deciso di istituire un servizio unico che consenta ad ogni interessato ad una pre-

stazione di chirurgia o medicina estetica di chiamare in qualsiasi momento. Personale qualificato e disponibile vi darà le informazioni che desiderate e se necessario vi farà richiamare nel minore tempo possibile da un esperto dello specifico settore che sarà in grado di rispondere a tutte le domande e di prendere un appuntamento. Anche chi è già stato ospite della nostra struttura e desidera prendere un appuntamento con uno dei nostri specialisti lo potrà fare in qualsiasi momento della giornata. Il nostro è un mondo che corre e cambia velocemente e grazie al nostro servizio SOS BELLEZZA, Academia Day Clinic è in grado di rispondere tempestivamente alle necessità dei propri clienti offrendo loro una consulenza e una libertà senza paragoni. Se siete alla ricerca di una risposta, sentitevi liberi di chiamare uno dei nostri due numeri e state tranquilli che noi per voi ci siamo, sempre! A presto.

ACADEMIA DAY CLINIC

Il luogo in cui la scienza protegge, cura e ricrea la vostra bellezza, con e senza bisturi e con risultati sempre naturali è a Chiasso, nel Quartiere Arcadia, in via Livio 20, tel: +41(0)91 682 62 62. Numero riservato alla clientela italiana, tel: 031 30 30 03. E da oggi, con il nuovo sito, anche su Internet all’indirizzo www.academiadayclinic.ch Il bello della salute | Mag Maggio 2014 | 123



di Franco Brenna

Un nuovo sorriso ha i suoi “gioielli” La tecnica delle faccette in ceramica per migliorare l’estetica Le facce e in ceramica: un metodo per un nuovo sorriso. Il nome in sé stesso, inganna: faccette? Cosa sono? La terminologia anglosassone le chiama veneers, quella francese, un po’ come noi, facce es, gli spagnoli, carillas… sempre musicali! Le facce e, per noi dentisti, non sono altro che delle ricoperture parziali dei denti frontali - quelli che sorridono - e vengono proposte o richieste per migliorare la forma, il colore e riacquisire la naturalezza del dente naturale, possibilmente migliorandolo nel suo aspe o estetico. Il materiale preferibile per a uarne la loro realizzazione, per garantire un’o ima resa estetica, per potersi mantenere a lungo e inalterato è la ceramica declinata nelle sue varie forme: felspatica, pressata, disilicata o vetrosa, termini che poco interessano l’utente, concentrato invece alla loro vera resa estetica e sopra u o alla loro durata e convenienza, funzionale ed economica. Partiamo dal fondo: le faccette in ceramica sono costose, mi sono già soffermato in passato sulla differenza tra caro e costoso: cara può essere una pizza che ha un costo vivo di 1€ se rivenduta a 15€, costoso può essere un gioiello artigianale dove coesistono voci quali qualità del materiale, tecnica e capacità esecutiva, tempo impiegato per il suo realizzo… tu i aspe i che inevitabilmente gravano, appunto, sul costo finale. Le Faccette in ceramica possiamo considerarle dei gioielli dentali, manufa i artigianali eseguiti da mani esperte: le prime, quelle dei Dentisti,

devono saper essere ultra conservative - oggi diciamo mini invasive - per risparmiare il massimo della struttura dentale originale e, le seconde, quelle degli Odontotecnici, che con grande responsabilità di realizzo creano questi ogge i di bellezza a raverso esperienza e raffinatezza. Ciò che rende la cosa particolare ed esclusiva è il fatto che le faccette, spesso, non sono a i terapeutici ma dedicati all’estetica: faccio un esempio banale, chi ha “le orecchie a sventola” non ha una mala ia, vuole solo migliorare un particolare che lo disturba esteticamente. Idem per i denti decolorati o con una bru a forma o, peggio, con vecchie o urazioni segnate dal tempo e che “ammazzano” il sorriso. Il loro impiego è quindi, il più delle volte, un a o estetico e l’obbligo del risultato è imperativo contribuendo, tra le altre cose, a gravare sui costi finali. Si mantengono a lungo le facce e nel tempo? Risposta positiva, la le eratura scientifica maggiormente accreditata ha decretato il loro successo nel tempo da ormai diversi anni e questo successo lo si o iene risparmiando sostanza dentale rispe o alla classica corona protesica. Le facce e si presentano come

so ili lamine di ceramica che potrebbero spaventare chiunque nella loro ipotizzata delicatezza tu avia la facce a ceramica una volta adesa alla superficie dentale (con tu e le tecniche e i materiali più consoni) diventa un tu ’uno, integrandosi con grandissima soddisfazione da entrambe le parti: Dentista e Paziente. Il mio consiglio? Se volete migliorare il sorriso conservando a lungo i vostri denti, consultatevi con lo Specialista e… agite!

Il bello della salute | Mag Maggio 2014 | 125


di Alessandra Uboldi ARIETE 21 MARZO - 20 APRILE Un Marte negativo lotta con la tenera Venere che invece vi ispira sensualità e tenere dolcezze, che ammorbidisce e vi rende amabili. Le decisioni importanti dovranno essere affrontate tra l’8 e il 29 maggio con la collaborazione di Mercurio e cercando l’intesa con colleghi della Vergine e del Sagittario mentre scintille scoccheranno con quelli di Cancro e Scorpione. Fisicamente non vi è la solita, irruente energia strabordante e forse scoprirete che un po’ di calma crea relax e favorisce un approccio più sereno e tranquillo con la vita. Curate molto la dieta che la quadratura di Giove potrebbe compromettere. TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO Siete appassionati e teneri, con nostalgie che vi rendono piacevoli e serenamente proiettati in un mondo fiabesco. La presenza di Mercurio per uno spazio di mese faciliterà il riassesto delle vostre finanze un po’ disastrate anche se l’opposizione di Saturno è un grosso ostacolo che suggerisce attenzione anche verso problemi burocratici. Siete molto comunicativi e vi trovate in sintonia con chi è del Leone o della Bilancia mentre evitate Vergine e Capricorno. Marte e Saturno potrebbero facilitare dolori muscolari e scheletrici per cui evitate gli eccessi ma non abbandonatevi agli ozi : usate moderazione e equilibrio. Apprezzerete molto l’intimità della casa e degli affetti. GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO La primavera riuscirà a scaldare l’ambiente nonostante qualche posizione astrologica non del tutto confacente. Se vi serve un consiglio fidatevi di chi è Cancro o Bilancia mentre forte sarà la competizione con Pesci e Sagittario. Visto il quadro del cielo non ci si stupisce che le vostre energie siano praticamente inesauribili con la sensazione di potere tutto in uno dei mesi più dinamici dell’anno grazie al trigono di Marte e alle altre disposizioni planetarie che vi spingeranno verso discipline come la corsa e il fitness e con la tentazione di andare oltre anche se prima dovreste prepararvi con cura. CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO Sul lavoro bisogna evitare scivoloni perché vi trovate in uno stato di confusione che vi rende indecisi , preoccupati e perciò evitate di prendere decisioni impegnative confidando che i pianeti tornano a donare. Capricorno e Gemelli vi infondono coraggio mentre con Ariete e Leone troverete ostacoli che farete bene ad evitare. Di conseguenza anche lo stato fisico vi farà sentire indolenti e poco in forma soprattutto non interessati alla socialità ma col desiderio di introversione anche se sarebbe buona cosa evitare la solitudine che porta mal di testa e insonnia. LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO Buona presenza di amici forti che vi invogliano a sorridere al sole di maggio con rinnovato

126 | Mag Maggio 2014 | Oroscopo

vigore: Mercurio, Urano (che sollecita rinnovamento e novità) e Venere. I rapporti a due sono perfetti e tranquilli con approcci felici grazie a Mercurio che vi rende disponibili a punti di vista nuovi. La vostra autostima sta riprendendo forza invogliandovi ad attuare nuove iniziative cui avevate rinunciato. Sarete circondati da entusiasmo da parte dei vostri collaboratori specie se del segno del Toro e dei Pesci mentre con Cancro e Vergine le discussioni sono molto facili. Dotati di molte energie potrete accettare tutte le sfide e uscirne vincenti con gli aspetti armoniosi di Mercurio e Urano mentre dovrete evitare le dispute in famiglia. VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE Buona l’intesa con il partner col quale avete raggiunto anche una sintonia di pensiero. Giove e Saturno sono buoni consiglieri ma un po’ troppo soli per ottenere risultati brillanti come desiderereste. Preparatevi a molte sorprese nel lavoro perché nelle prossime settimane dovrete autocontrollarvi più del solito per gli inciampi e le contrarietà che vi capiteranno e cambiare atteggiamento sarà d’obbligo. Il vostro apparato respiratorio con raffreddori e tosse è in pericolo per cui le corse, la palestra e l’attività fisica in generale dovranno essere accantonate. Potrete svagarvi in compagnia di amici e progettare un breve e salutare viaggio. BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE Nella coppia è urgente darsi una nuova direzione perché si è giunti in una fase di stallo che vi è insopportabile. Sarete costretti a scegliere tra strade diverse anche sul lavoro e ciò vi mette a disagio perché non confacente al vostro atteggiamento che tende spesso a titubare: questa volta dovrete essere decisi e prendere le opportunità al volo anche se la quadratura di Giove non dà sicurezza economica come i tempi chiederebbero. Comunque ciò che seminerete darà risultati appaganti e redditizi in un futuro. Curate molto la dieta per evitare allergie ed eritemi ma godete di un periodo di carica energetica notevole per cui applicatevi negli esercizi di fitness che vi tengono in forma ed equilibrano la vostra psiche. SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE State diventando mediatori pazienti delle piccole cose di ogni giorno. La professionalità inizierà in sordina ma poi la fortuna e la presenza di Nettuno vi garantiranno lungimiranza e scelte consone soprattutto se avrete rapporti con l’estero e quando sarete sul punto di esagerare interverrà il saggio Saturno a rendervi cauti e ragionevoli. Il vostro staff di colleghi vi aiuta ed è con voi specialmente chi è del segno di Vergine e Acquario mentre la collaborazione sarà poca con Ariete e Sagittario. Normalmente non siete igienisti forsennati ma in questo mese vi sentirete portati a rivedere le cattive abitudini e a migliorare il vostro stile di vita nell’alimentazione e nel tempo libero.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE Nell’attività lavorativa le stelle sono un po’ più offuscate perché l’opposizione di Mercurio rende difficoltoso il superamento degli inevitabili scogli che sul lavoro sono numerosi e quotidiani e potreste sentirvi inadeguati al compito anche se è solo una defaillance passeggera. Evitate di discutere e di disputare ricordando che vi è sempre una riscossa. Se vorrete collaborazione cercatela tra Ariete e Pesci mentre Scorpione e Gemelli non fanno il caso vostro. Anche se eviterete di sfruttare in toto le vostre notevoli energie, cercate almeno di essere morigerati nella gestione evitando gli eccessi di tutti i tipi, anche quelli dello sport per non avere cadute di tono cui siete abituati. CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO Vi potrete sentire irritabili e litigiosi perché un Marte in quadratura non può se non questo e ciò vi farà scattare dubbi sul rapporto, sulla sua solidità ed avrete una visione non obiettiva della situazione. Ostacoli vi saranno anche sul lavoro con problemi tecnologici, di concorrenza, di rivalità con una gestione poco accorta delle risorse economiche. Confidatevi con colleghi dell’Acquario e del Cancro e rifuggite da Bilancia e Toro. Ovviamente anche il benessere fisico ha i suoi contraccolpi e se fosse per voi preferireste il letargo alla quotidiana lotta ma cosa giusta da fare è evitare i pensieri e cercare beneficio vivendo più possibile all’aria aperta anche senza fare sforzi o sport ma solo respirando aria pulita. ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO Non si potrebbe pretendere di più per avere un rapporto a due di splendida intesa, con maggiore affettuosità e con il desiderio di vivere insieme tutte le vicende che si incrociano sul cammino. I primi giorni di maggio non sono felicissimi per nuove iniziative ma dopo il giorno 8 l’intervento di Mercurio appianerà il cammino e solo un leggero intralcio di Saturno in opposizione nulla si metterà di traverso. L’intesa perfetta sarà con Capricorno e Scorpione mentre Bilancia e Pesci non collimeranno. Avete Giove che sovrintende alla vostra salute che perciò sarà brillante, perfetto lo stato psicofisico e ricca la vitalità non vi lancerete in sport estremi ma curerete voi stessi regolarmente e con continuità (lunghe camminate, corsa e attrezzistica). PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO Sul lavoro e cose non vanno nel migliore dei modi con discussioni tra colleghi, noie burocratiche e con problemi amministrativi di vecchia data che avevate quasi dimenticato. Avete buona resistenza allo stress e il massimo dell’energia sarà nella prima decade con il favore di Mercurio che poi allontanandosi vi lascerà umorali e taciturni ma il consiglio è svagarsi con la fantasia anche pensando ad organizzare le prossime vacanze estive. Passeggiate nella nostra città ora che è divenuta pedonale quasi in toto.




di Federico Roncoroni

I sette peccati capitali (Accidia) L’accidia altro non è che la pigrizia. Ma se questo peccato lo chiami pigrizia, ti viene da chiederti che peccato sarà mai quello di chi è, per natura o per scelta, pigro e indolente: uno che si alza tardi e passa il tempo in pigiama o in vestaglia e fa fatica persino al pensiero di doversi tagliare le unghie dei piedi, uno che in ufficio tende a campare succhiando caramelle alle erbe alpine o saltabeccando di sito in sito su Internet. Se invece lo chiami, come deve essere chiamato, accidia, allora sì capisci perché è un vizio capitale: quello di chi di nulla si prende cura e nulla prende a cuore, cioè in parole correnti, se ne frega di tu o e di tu i; l’infingardo, il neghi oso, l’ignavo, l’indolente, lo svogliato, l’ine o, il fancazzista; quello che non fa mai ciò che dovrebbe fare, quello che non prende mai posizione, quello che trascura i suoi doveri, ignora il prossimo e i suoi bisogni. Sì, avete capito bene: proprio quel tipo di uomo e di donna cui state pensando e che prendereste volentieri a calci tu e le volte che ve lo trovate davanti.

Accidia: la passione dell’indifferenza. Sergio Benvenuto L’accidia è allo stesso tempo madre e figlia del cinismo. Filippo Linati La pigrizia non è altro che l’abitudine di riposare prima di essere stanchi. Jules Renard L’accidia è uno dei nemici più pericolosi da comba ere: l’indifferenza a qualsiasi cosa, non per mancanza di conoscenza ma per noncuranza, di chi finge di essere assorbito in altre finalità e ostenta un disprezzo nutrito di autocompiacimento. William Osler La mediocrità di spirito e la pigrizia producono più filosofi che non la riflessione. Luc de Vauvenargues

Il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tu o è un peccato: è accidia. Sir Winston Churchill Come gli altri vizi, l’accidia è la madre, sempre incinta, di una vasta progenie di peccati minori: l’ozio, il menefreghismo, l’egoismo, la presunzione, la boria, la saccenteria, l’arroganza, la pedanteria, la maldicenza e la calunnia. Massimo Tagliaferri La pigrizia viaggia tanto lentamente c he la povertà non tarda a raggiungerla. Benjamin Franklin Nessuno ha mai commesso un errore più grande di colui che, per accidia, non ha fa o niente perché poteva fare troppo poco. Edmond Burke

Peccato che non sia un peccato bere l’acqua: come sembrerebbe buona! Georg Christoph Lichtenberg

Gli aforismi del mese| Mag Maggio 2014 | 129


di Francesco Angelini

LUCINI E LA LEGGE A DOPPIO TAGLIO La norma per l’elezione dei sindaci, pur positiva, ha già prodotto due volte la paralisi di palazzo Cernezzi. Ma adesso sarebbe una iattura per Como

C’è una legge ele orale a doppio taglio. Mamma mia, direte voi le ori, adesso questo ci ammolla un’articolessa sulle regole del voto e neppure possiamo voltare pagina perché è praticamente l’ultima. Invece ci vuole pazienza. Perché le norme che regolano il voto sono importanti per due ragioni. La prima è che dovrebbero essere lo strumento con cui i ci adini possono scegliere i propri rappresentanti e spesso (per non dire quasi sempre) in Italia non lo sono e finisce che a decidere sono le segreterie dei partiti. Ti saluto democrazia se diventi oligarchia. E poi le istruzioni per il voto determinano anche effe i importanti sulla pratica di governo. E il caso della legge a doppio taglio: quella per individuare i sindaci. Sulla carta, tra le varie proposte tu e diverse che complicano il nostro approccio alle urne, è la più bella di tu i. Perché consente davvero ai ci adini di decidere quale sarà il primo tra loro. Diciamola tu a: ai partiti questa legge è sempre un po’ rimasta sullo stomaco. Infa i è nata subito dopo Tangentopoli quando i partiti erano debolissimi. Ora però che sono ritornati in forze ecco che la legge per la scelta dei sindaci mostra la sua faccia oscura. E a Como in particolare. Se capita infa i che tra il primo ci adino e la sua maggioranza nascono dissapori, l’a ività amministrativa rischia di paralizzarsi. Perché il sindaco, ele o dai ci adini, non può essere disarcionato dalle segreterie di partito. Nel caso si torna alle urne: e quindi tu i a casa compresi i consiglieri comunali che si troverebbero nella proverbiale situazione di chi deve tagliarsi gli a ributi per far dispe o alla consorte. Ecco perché si finisce con il tirare a campare che è sempre meglio di tirare la cuoia. Ma sul fronte amministrativo è la paralisi. A Como è già accaduto due volte. Il compianto sindaco Alberto Bo a, visse un secondo mandato tormentato e molto meno produ ivo del primo dopo essere entrato in ro a di collisione con gran parte della sua maggioranza. Stessa sorte toccò, sempre al secondo mandato, a Stefano Bruni, la cui forzata impasse oltre al pasticcio del lungolago fu la causa del ribaltone ci adino con palazzo Cernezzi consegnato al centrosinistra di Mario Lucini. Quest’ultimo peraltro potrebbe rischiare di subire la sorte dei predecessori già al primo giro di valzer sulla poltrona di sindaco. I contrasti con il Pd e le divisioni nella maggioranza hanno già determinato parecchi colpi di freno. Chissà se rimpasti e rimpastini serviranno a riveder le stelle. C’è da augurarselo. Perché Como e i comaschi non possono più stare ad aspe are i comodi del palazzo.

130 | Mag Maggio 2014 | Last minute




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