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DOMENICA 18 GENNAIO
La scomparsa La crisi economica e un incendio dolososono stati una sentenza di morte per uno degli imprenditori più stimati della nostra zona. L'affetto della famiglia e della cittadinanza non cancella il dolore per una perdita avvenuta già quattro anni fa
Quell’oscura depressione che ha ucciso Cannatà MARIA BOETI
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hi muore suicida vuole senza ombra di dubbio punire sé stesso con l’atto più autolesionista che ci possa essere. L’atto suicidogeno è sempre preceduto da una forma di avvilimento o di esaurimento. E nulla può fare chi gli sta accanto.Probabilmente è andata così anche per l’imprenditore 83enne Cannatà, che dopo circa tre mesi da un primo tentativo, avvenuto attraverso il taglio dei polsi il 6 ottobre del 2014, all’alba di martedì ci è purtroppo riuscito, lanciandosi dal balcone di casa. Una punizione verso sé stesso per non essere riuscito forse a impedire che la propria azienda, leader nel settore della cancelleria, finisse nel fango dopo l’incendio doloso di grandi proporzioni che l’aveva colpita nel dicembre 2010, devastando un capannone usato come uffici e deposito merci. Dopo questo grave episodio e a seguito della crisi economica generale che ha negli ultimi anni abbracciato tutti i settori dell’imprenditoria, era stato costretto a licenziare molti dipendenti. Questo ce lo conferma anche il figlio di un suo aiutante: «Mio padre ha lavorato con Cannatà per circa 40 anni, voleva bene ai dipendenti come fossero congiunti». Un punto vendita anche a Cosenza, gestito dalla figlia, e uno in Sicilia fa capire con quanta dedizione si è dedicato alla creazione dell’impero di cui era titolare. Chissà quale oscura depressione l’ha portato verso l’ultimo insano gesto e quanto sia stato difficile gestire la fase della terza età per i familiari di un uomo attivo come lo era lui. Eppure, in passato, è stato un uomo brillante, che
ha superato moltissime difficoltà, uno fra i tanti rimasti nella storia della Piana di Gioia Tauro e nell’immaginario collettivo di molti imprenditori calabresi, che con lui hanno avuto stretti rapporti e sotto la sua giuda si sono formati. È stato quello del sequestro subìto negli anni ’70, quando ha dimostrato, in quella come in altre circostanze, come si comportano i veri uomini, quelli con le spalle larghe, quelli che non hanno paura di affrontare l’ignoto, gli irremovibili, gli infaticabili, quelli che dimostrano come si manda avanti la baracca, quelli che definirli straordinari è dire poco perché sono venuti su dal niente. È un uomo che lascerà il vuoto nell’animo della moglie e dei suoi due figli, ma anche un esempio di dedizione al lavoro, di attaccamento alle proprie radici, di come si rimane in questa terra di Calabria facendo coraggiosamente impresa. Il cognome Cannatà di Taurianova significa materiale per la scuola, per lo studio, per l’ufficio… Ma anche assunzioni di lavoro. La speranza è che in futuro sia ancora così. Non è facile comportarsi come le stelle che, chiamate da Dio, rispondono: “Siamo pronte e al tuo servizio”. «Pronto e disponibile con tutti, la sua casa era come una chiesa, non ha mai rifiutato un piacere a nessuno. Don Cecè era una persona perbene». Dopo la notizia che Vincenzo Cannatà si è tolto la vita, è questo il profilo dell’uomo-imprenditore che trapela dalle testimonianze raccolte per strada dai suoi concittadini, che tentano di riprendere la routine della quotidianità in un freddo pomeriggio di gennaio.
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RIVIERA
ATTUALITÀ
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GIUDIZIARIA
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…E involve tutte cose l’obblío nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe e l’estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo.” (I sepolcri)
New Bridge e Nick Tamburello Si chiama Nick Tamburello la “gola profonda” della maxi indagine “New Bridge”, con la quale la Dda reggina, in particolare il procuratore aggiunto Nicola Gratteri e il sostituto Paolo Sirleo, hanno ritenuto di aver individuato un collegamento tra alcune famiglie della Locride e presunti esponenti della famiglia Gambino di New York. Nick Tamburello, al secolo Antonino Francesco Tamburello, originario di Partanna, in provincia di Trapani, residente a Castelfranco in Miscano, comune del beneventano, ha 45 anni e ha deciso di collaborare con i magistrati dell'antimafia per raccontare quello che dice di sapere in ordine ai presunti rapporti tra lui, il “gruppo gioiosano” e il “gruppo di Benevento”, collegati presumibilmente con gli Stati Uniti con l'obiettivo di importare droga dal Sudamerica, in particolare dalla Guyana e dalle Bahamas, quali fonti di approvvigionamento di cocaina da inviare in Italia occultata in carichi di copertura, quali frutta fresca e carbone. Nick il siciliano racconta ai giudici inquirenti: «Nel settembre del 2013 mi sono recato a Gioiosa Jonica per parlare degli stupefacenti con i calabresi, dopo il mio viaggio alle Bahamas». Quel viaggio lo avrebbe effettuato con un altro indagato, Eugenio Ignelsi, residente nella zona del Sannio, in macchina fin nella Locride dove avrebbe incontrato il gioiosano Vincenzo Parrelli, anche lui indagato, con il quale, dopo un caffè, si sarebbero recati sul lungomare di Gioiosa Marina: «Arrivati lì - racconta il collaborante , lasciati i telefoni in macchina come dettomi dal Parrelli, ci appartammo, io e Vincenzo, facendo allontanare Eugenio, per parlare di droga». «Sono sceso in Calabria - dichiara Tamburello - perché dopo il viaggio alle Bahamas, Lupoi (si tratterebbe dell'indagato Franco Lupoi, detto “Frank”, la cui posizione è trattata in separato procedimento in atto negli Stati Uniti, ndc.), con il quale parlai telefonicamente, mi disse di andare dal cugino per interloquire in ordine a un finanziamento del traffico che volevo intraprendere. «Quando esposi al Parrelli l'oggetto del mio viaggio alla Bahamas - prosegue nel racconto il 45enne - percepii interesse da parte del predetto, il quale mi disse che avremmo parlato la sera con alcune persone». L'incontro sarebbe avvenuto, secondo il collaborante, alla presenza anche di tale Mario, (che sarebbe da l'indagato Mario Ursini, di Gioiosa Ionica, ndc.) il quale «mi disse che non erano disponibili ad anticipare denaro perché erano rimasti scottati da una esperienza nella quale, a loro dire, un calabrese uscito dal carcere, dopo aver “raccolto” denaro per acquistare droga, se ne era scappato». Il secondo viaggio nella Locride di Nick il collaborante sarebbe avvenuto nel gennaio dello scorso anno, in occasione dei funerali del padre di Francesco “Frank” Lupoi. Dopo le esequie, Nick e Frank avrebbero parlato di droga, con il gioiosano, che avrebbe spiegato al siculo che «loro pagavano di più la droga, ma che la lavoravano a credito». Il racconto di Tamburello, che sembra confermare parte dell'attività investigativa, eseguita dagli agenti di polizia dello Sco e della Squadra mobile di Reggio Calabria, prosegue con un altro passaggio relativo ai pagamenti della droga che, secondo il collaborante: «Quando andai in Calabria, Mario e Vincenzo mi dissero che era prassi pagare la somma per intero alla consegna del carico, poiché, in precedenza, costoro avevano subito dei raggiri da parte di persone che si erano proposte come intermediari per la vendita della droga». In un altro verbale Tamburello riferisce che “i calabresi” gli avrebbero detto che l'affare si sarebbe potuto concludere, però «non sarebbe stato versato l'anticipo ma, in ossequio a una prassi dei calabresi, sarebbe stata mandata in ostaggio una persona in Sudamerica a garanzia dell'affare».
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DOMENICA 18 GENNAIO
La“Casa della cultura” di Reggio Calabria
ILARIO AMMENDOLIA Versi semplicemente perfetti! Non ci potrebbero essere parole più adatte per ricordarci che il tempo travolge ogni cosa e, un giorno, (lontano, se misurato con il metro umano, un attimo rispetto all’eternità), la “forza operosa” cancellerà anche la memoria di Pasquino Crupi. Oggi però ne avvertiamo la mancanza e vorremmo riportarlo tra di noi con il ricordo e con azioni che possano indicarlo alle future generazione come un esempio. Per questo, noi della “Riviera”, facciamo nostra la proposta di Stefano Morabito di mettere alla “casa della cultura” il nome di Pasquino Crupi. La Calabria, tanto nel suo passato recente quanto in quello remoto è ricca di uomini che meritano di essere ricordati. Alcuni pensano che sia il potere e la ricchezza lo strumento per essere trattenuti su questa terra. Pasquino non è stato né ricco, né uomo di potere. Ha avuto però una sua acuta intelligenza, tanta cultura, moltissimo coraggio che non ha tenuto per sé ma ha messo a disposizione di questa nostra terra e del popolo calabrese. Ha diretto questo nostro giornale dando un’impronta garantista e meridionalista. “Garanzie dell’uomo e del cittadino”, tanto più se debole, nei confronti della patologica deriva giustizialista che sta devastando la nostra terra. “Impegno politico” nel solco del miglior pensiero meridionalista, creando un ponte ideale con i grandi del passato come Salvemini, Gramsci, Di Vittorio, Carlo Levi. “La Riviera”, diretta da Pasquino è stata una voce per gli ultimi, per i reietti della società, per tutti gli uomini liberi. Pasquino non si è limitato a questo. È entrato nell’anima calabrese attraverso i migliori scrittori e poeti della nostra Regione, ha fuso con la sua penna il loro pensiero, facendo la monumentale storia della letteratura calabrese. Uomo libero, come lo furono molti “grandi” calabresi del passato, come lo furono i combattenti per la libertà che hanno lottato e furono sconfitti da un potere oppressivo e tirannico. Noi della “Riviera” teniamo accesa la sua fiaccola consapevoli, però, che la nostra voce non è sufficiente. Pasquino, ormai, non ha più bisogno di niente. Siamo noi, noi calabresi, ad avere ancora tanto bisogno di Lui. Tanto più il momento è buio, tanto più abbiamo bisogno di una “luce” che ci rischiari la strada. Tanto più mancano i cavalieri erranti tanto più dobbiamo sentire al nostro fianco il calpestio dei loro cavalli che marciano nelle praterie celesti. Ci sarebbero sicuramente tanti uomini “illustri” che avrebbero tutto il diritto di essere ricordati. Questo però è il momento di Pasquino Crupi. È la realtà che ci circonda a “imporre” il nome di Pasquino come il più adatto per la “Casa della cultura” di Reggio Calabria. Se Pasquino dal cielo ci guarda, sa che queste piccole cose appartengono ai vivi. Per quanti gli hanno voluto bene su questa terra, la scelta del nome di Pasquino, sarà un modo per sentirci meno soli nella nostra quotidiana lotta per una Calabria migliore.
l nostro giornale fa propria la proposta di Morabito e, pur nella consapevolezza che molti illustri calabresi meritano di essere ricordati, vogliamo gridare tutti insieme che “È arrivato il momento di Pasquino!”
deve portare il nome di Pasquino IL CONCORSO Sul sito della Provincia è possibile selezionare la propria preferenza sul nome da attribuire al Palazzo della Cultura. Basta collegarsi a http://www.provincia.rc.it/co municazione/evidenza/conco rso-per-lintitolazione-delpalazzo-storico-dellaprovincia-e-del-palazzoprovinciale-della-cultura
RIVIERA
PRIMO PIANO
Giorgio Napolitano verrà ricordato come il “Presidente della crisi”economica e politica. Comunista, sovversivo ed emarginato, ha governato il Paese con talento, ma dimenticando troppo spesso ciò che è stato per colpa di un’istituzione che non rappresesenta più il suo popolo.
Ilperdente forte
Napolitano E “ ILARIO AMMENDOLIA
rano imponenti i corazzieri a cavallo mentre rendevano omaggio al presidente della Repubblica che lasciava il Quirinale. Commossi gli “eccellenti” uomini del “Palazzo” mentre lo salutavano. “Eccellenza” anche lui, povero Napolitano, dopo aver rappresentato per mezzo secolo l'Italia degli emarginati e degli esclusi. Ricordo molto bene Giorgio Napolitano inviato a presiedere il congresso provinciale del PCI di Reggio Calabria. In quei giorni era molto preoccupato: il Vietnam, diventato per tutti noi il Paese simbolo della libertà, veniva attaccato con le armi dalla Cina comunista. “Quel mondo” non ci era indifferente. Noi eravamo i comunisti e, per oltre un ventennio, i “compagni” vietnamiti avevano rappresentato l'avamposto più avanzato di una comune lotta. Loro si battevano contro quello che allora chiamavamo l'imperialismo americano, noi ci battevamo perché il popolo del Sud entrasse nello Stato repubblicano. Due diverse posizioni, un'unica lotta. Lotta per una società “di uomini liberi e
uguali”. Probabilmente non era vero, ma noi così credevamo! Ricordo i volti rugosi di tanti contadini che in nome del partito avevano rinunciato a quel poco che era tanto: esclusi dalla distribuzione dei generi di prima necessità distribuiti dalla “Pia opera di assistenza” perché “atei” e “scomunicati”. Discriminati al momento dell'avvio al lavoro, arrestati e denunciati perché scioperavano, occupavano le terre incolte, “rissosi” al seggio elettorale per guadagnare un solo voto al PCI. Non potevano neanche emigrare in America perché “sovversivi”. I ricordi passano come flash in un film. Rivedo un contadino testardo, analfabeta, eletto dalla sua gente a rappresentarli in consiglio comunale. Si esprimeva in dialetto, ma la sua lingua era una accetta che tagliava a fette l'impostura delle classi dominanti. Avrebbe dato un braccio per i dirigenti del suo partito, se solo glielo avessero chiesto. Lacrime senza pianto, sacrifici accettati in silenzio, con dignità, con compostezza, sicuri che un giorno avrebbero fatto ingresso nello Stato, cambiandolo radicalmente ed entrando dalla porta principale. Giorgio Napolitano di questo esercito è
Napolitano è stato un dirigente dell’esercito degli emarginati. Era un comunista con qualcosa in più perché aveva scelto la vita del rivoluzionario di professione.
stato un “dirigente”. Era un comunista con qualcosa in più perché aveva scelto la vita di “rivoluzionario di professione”. Per questa coraggiosa scelta i comunisti lo pagavano sicuri che un giorno avrebbe contribuito a scardinare i palazzi del potere. Quanto era lontano il “Quirinale”! Quante volte la gente del Sud aveva sognato di espugnare quel “Palazzo”, così ostile e così distante. Sembrava un sogno impossibile. Invece accadde, nove anni fa, Napolitano, uno di “loro”, entrava al Quirinale come presidente. Gli “imposero” il collare dell'Annunziata, fu scortato dai granatieri a cavallo, circondato dalle massime “autorità” dello Stato e del governo italiano e dai comandanti delle tre armi. Gli emarginati del Sud, i disoccupati calabresi, però, non c'erano. Non ci potevano essere perché il Presidente ha dovuto pagare come prezzo per la sua elezione quello di lasciare fuori il popolo che aveva rappresentato. È stato un ottimo capo di Stato, ma di uno Stato che continua a essere altra cosa rispetto al nostro popolo. Non si tratta di un tradimento. Napolitano era un funzionario. I funzionari nel PCI erano tutto, erano il
clero di un'altra chiesa e, in quanto tali, “celebravano messa, predicavano il “vangelo”, custodivano “l'ostia consacrata”. Quando la crisi investì la loro “chiesa” non esitarono un attimo ad abbandonare il loro “dio” come un idolo inutile lasciando il popolo al suo destino. Partirono verso altri lidi, portando però nei loro bagagli, come fosse una dote personale, l'intero patrimonio che altri avevano accumulato con immensi sacrifici. D'Alema fu scelto come presidente del consiglio perché bisognava bombardare Belgrado. In Italia, solo un ex comunista poteva osare tanto! Veltroni divenne Kennedyano, “democratico” della prima ora e anticomunista. I “chierici” si sono dimostrati tali. Coloro che avrebbero dovuto aprire al popolo le porte dei palazzi ne divennero i principali pretoriani e custodi. Napolitano esce dal Quirinale solo così come è entrato. Lascia un'Italia ancora più ingiusta, più povera, più disuguale. Per la nostra gente nulla è cambiato quando lo hanno eletto, e nulla cambierà adesso che ne è uscito. Resta solo tanta amarezza!
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LA COPERTINA
Boom Boom
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L'Asp 5 deve quattro milioni a Locri. Il sindaco interrompe la raccolta di rifiuti all'Ospedale.Il nuovo direttore generale Ermete Tripodi invia un fax:«L'azienda sanitaria è disposta a trattare sul debito».
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JIM BRUZZESE Ci sono quelli che non mollano mai. Non c'è niente da fare, non vanno giù. E se ci vanno si rialzano. Te li ritrovi sempre addosso, magari barcollanti e pieni di sangue». Avevamo motivato così il riconoscimento a Giovanni Calabrese come uno dei personaggi più positivi dell'anno passato. Boom boom, e il sindaco di Locri ci ha dato pronta conferma che mai riconoscimento è stato più azzeccato. Un peso massimo che va avanti con coerenza e con il suo slogan né di destra né di sinistra. Alla base della sua azione rimane ferma la convinzione delle annate 2013 - 2014: «Se il nostro ospedale diventa un problema di sicurezza pubblica… non servono le lisciate a quelli di Reggio che ci sogghignano alle spalle» ha ribadito più volte, più o meno così, lo Stallone di Locri. Il mosto del cambiamento sembra all'altezza di quello delle due ultime annate, che grazie a Calabrese ha visto la politica del territorio antagonista a quella della città capoluogo, che non merita fiducia. Lui non lo dice, ma sa bene che i pony reggini, aitanti scuri dalla lunga criniera che si credono Varenne, vanno riempiti di paccari. Tra collo e orecchie. Specialmente i più giovani. Più sono giovani più sono cattivi e con le mani in pasta, soprattutto nella cassa senza fondo dell'Asp 5, il più grande porto franco della faccia tosta e della mancanza di risultati della nazione. L'asso raccogli tutto. Dopo che Giovanni Calabrese si è messo a tirare, con l'umiltà del gregario e la grinta del leader, l'eterea Associazione dei Sindaci della Locride, qualcosa è cambiato. La difesa e lo sviluppo del territorio vengono prima di tutto e la denuncia e il dissenso nei confronti di chi, nei fatti, vuole male alla Locride, trattandola come una piccola e insignificante frazione della Calabria, sono le nuove armi in dotazione del sindaco di Locri e dei sindaci della Locride. Questi ultimi hanno alzato una diga di dignità dinanzi alla regata funebre della politica reggina che, a vele spiegate, sopra un mare di ombre e malafede, continuava ad avanzare imperterrita su un territorio prostrato. Sul cadavere inutile. Boom boom, dicevamo. Dopo la clamorosa protesta dello scorso 4 dicembre alla discarica di San Leo, con le macchine di molti sindaci messe di traverso (la Nissan di Calabrese in pole position) a impedire agli automezzi “stranieri” la possibilità di conferire Rsu soprattutto dalla città di Reggio, il sindaco di Locri ha minacciato di non raccogliere più i rifiuti all'Ospedale. Detto, fatto. Da più di un mese la raccolta è stata interrotta. L'Asp reggina deve al comune di Locri circa quattro milioni di euro per la raccolta dei rifiuti e la fornitura dell'acqua. In settimana il sindaco è stato rintracciato telefonicamente dall'attuale direttore Ermete Tripodi. «L'Asp 5 è disposta a trattare sul debito» avrebbe riferito a Giovanni Calabrese. Calabrese ha preteso nero su bianco. Un fax a firma del nuovo direttore l'ha raggiunto nella mattinata di giovedì confermando l'anticipazione telefonica e un'altra cosa: Ermete Tripodi sembra tenere all'Ospedale della Locride più dei suoi predecessori Franco “Sarichigno” Sarica e Rosanna “Sua Sanità” Squillacioti. Se capiti per caso a Palazzo Campanella e pesi il valore del nuovo Consiglio regionale, in particolare quello dei consiglieri reggini, ti rendi conto perché la Calabria è fallita e perché Calabrese ha ragione a non parlare più di destra e sinistra, ma, al contrario, di provincia e città. Per far capire ai nostri lettori il livello di mediocrità rappresentativa uso due esempi: sul lato sinistro del presidente Oliverio, il centro destra potrebbe essere paragonato al Milan di Castagner, quello con Piotti, Manzo e Blisset, mentre il centrosinistra, dall'altra parte, alla Juve di Maifredi con Favero, Galia, Casiraghi. La Locride non ha speranza con questi figuranti dopati di successo: deve pensare a se stessa contando esclusivamente sulle proprie forze. Calabrese l'ha capito prima degli altri. Non abbassare la testa dinanzi a questi scarsi protagonisti, che continuano a fuoriuscire inspiegabilmente dalle urne reggine, è una questione di dignità e di rispetto per il territorio d'appartenenza. Sarebbe da pazzi, dopo la catastrofe Scopelliti, non essere vigili nei confronti di chi ha in mano le sorti dell'ospedale della Locride e le tantissime altre questioni urgenti che riguardano il nostro territorio. Quindi massima attenzione e poca fiducia.
PRIMO PIANO
L’intervista a Giovandomenico Lepore
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Le beghe burocratiche di un’amministrazione inefficiente sono un fortissimo richiamo della foresta per quei padrini smaliziati che lo Stato pensava di aver già messo dietro le sbarre, un ritorno allo stato natura della semplicità che permette di continuare ad accattivarsi il civile spaventato dai tempi infiniti della legislatura e comunque già suddito dell’istituzione .
Se questa vi pare giustizia... JACOPO GIUCA
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orse conoscerete il dottor Giovandomenico Lepore per il ruolo di magistrato da lui ricoperto in occasione di processi importanti, come quello su Calciopoli, bunga bunga, emergenza rifiuti e clan dei Casalesi, ma, appesa la toga al chiodo ormai da qualche anno, questa settimana ci siamo incontrati con il pretesto della presentazione del libro intervista, scritto dal giornalista Nico Pirozzi, che ripercorre le fasi più importanti della sua cinquantennale carriera. “Chiamatela pure giustizia (se vi pare)” nasce a seguito di un incontro quasi fortuito tra i due professionisti, che hanno avuto modo di fare assieme una profonda riflessione sullo stato in cui versa la giustizia e l’esercizio della magistratura nel nostro Paese. Le conclusioni, ahinoi, non sono delle più felici, e il titolo dall’eco pirandelliana testimonia proprio come il concetto di giustizia venga considerato assai relativo dal magistrato. «Come si può parlare di giustizia, - aggiunge Nico Pirozzi - in un Paese in cui l’arrivo dello Stato viene spesso visto come iattura dal commerciante che, finalmente liberatosi dall’infiltrazione mafiosa nella sua azienda, se la vede sequestrare dalle forze dell’ordine già sapendo di essere destinato al fallimento?» La giustizia italiana, secondo Lepore, è farraginosa da più di duecento anni e, con il trascorrere del tempo, è stata omologata convenientemente male al modello americano. «Oggi la giustizia - prosegue il magistrato - è riservata esclusivamente a quei criminali colti in flagranza di reato, ai quali si può comminare immediatamente la pena. Altrimenti, la prescrizione è l’unico destino di qualunque procedimento penale. «Non è che la giustizia non funzioni. La giustizia, di fatto, non esiste» conclude laconicamente. Parole di questo peso, pronunciate da un giudice di lungo corso, fanno un male terribile. Vengono marchiate a fuoco nella memoria di qualunque interlocutore e fanno pensare che le cose, in Italia, non siano destinate a cambiare. Una premessa di questo tipo permette di compren-
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Lo Stato ancora pensa di di potersi nascondere dietro le accuse lanciate alla criminalità organizzata che, spera, possa nascondere la sua inefficienza
Il libro del dottor Lepore mette in dubbio non solo l’efficienza del sistema giudiziario italiano, ma la sua stessa esistenza.Lo Stato è colluso con una cultura politica che trova nella criminalità i più validi elettori.
dere immediatamente perché Lepore si professi favorevole alla carcerazione preventiva, secondo il nostro giornale spesso troppo abusata, nella nostra terra. «In un Paese come il nostro, - afferma il magistrato la custodia cautelare è, purtroppo, necessaria. Senza che mi dilunghi sui tempi infiniti per organizzare un processo, che lascerebbero piena libertà al potenziale imputato di nascondere o inquinare le prove e, eventualmente, persino uscire dal Paese, il nostro codice penale prevede troppe attenuanti che permetterebbero ai veri colpevoli di scampare alla pena. La custodia cautelare, invece, garantisce di tenere dietro le sbarre una persona che si sa essere un delinquente anche se non si hanno ancora prove concrete». Altrettanto deprimenti sono le parole che Lepore riserva alla riforma della giustizia programmata dal premier Matteo Renzi, dietro la quale si cela una critica a qualunque altra riforma avente lo stesso oggetto cui abbiamo assistito negli ultimi anni. «Se Renzi volesse davvero una riforma della giustizia dovrebbe trovare il coraggio di approntare un sistema che acceleri i processi più di quanto non abbia fatto l’attivazione dei procedimenti telematici (già inceppati per mancanza di operatori preparati da adeguati corsi di formazione) e ideare
provvedimenti che evitino il concatenarsi di processi nei confronti di magistrati accusati di non essere stati imparziali da chi ha perso una precedente causa civile. Inoltre, non si può continuare a pensare di aiutare la giustizia inasprendo le pene o aumentando i capi di imputazione. Non è così che si combatte la corruzione, ma è cambiando la cultura dell’uomo che si può dare una svolta allo stato di cose in cui versiamo». La cultura dell’uomo è proprio il nocciolo della nostra chiacchierata. È a partire da essa, infatti, che la criminalità organizzata è riuscita a prendere progressivamente piede laddove lo Stato non era adeguatamente efficiente. È a partire da essa che mafia, ‘ndrangheta e camorra hanno fatto i migliori affari con la politica, rivelandosi prolifici bacini di elettori e una valida alternativa all’amministrazione macchinosa che governa il Paese. «Una conclusione alla quale sono giunto ascoltando le parole del dottor Lepore, - afferma Pirozzi - è che le mafie sono riuscite efficacemente a riunire in un solo rappresentante, sempre inserito in ruoli amministrativi, potere criminale, potere economico e potere politico. In questo risiede già un’evoluzione di anni luce rispetto alle logiche statali, che ancora pensano che un comune sciolto per infiltrazioni criminali possa essere sanato in 18 mesi da un commissario esterno all’ambiente. L’efficacia della criminalità organizzata risiede proprio nell’abolizione totale della burocrazia, un problema al quale le mafie hanno ovviato nel momento stesso in cui sono nate». «Lo Stato, invece, - riprende la parola Lepore ancora pensa di potersi nascondere dietro le accuse lanciate alla criminalità organizzata che, spera, possa nascondere la sua inefficienza. Allo Stato fa comodo che si creda ancora, come certe fiction ci raccontano, che Napoli e Scampia continuino a essere governate dalla camorra, ma non è più così da dieci anni. Le mafie non hanno più presa sui cittadini, che ricominciano a credere nelle forze dell’ordine». Questa flebile speranza, che malcela la naturale fiducia che il magistrato ripone nei confronti della propria terra, viene però subito smorzata, per noi, dalla constatazione che la Calabria debba fare fronte a un assetto criminale diverso, maggiormente organizzato e infinitamente più determinato. «In base a quello che so, il suo modus operandi fa della ‘ndrangheta l’organizzazione criminale più pericolosa al mondo. Tra le sue fila non esistono collaboratori di giustizia né ce ne sono mai stati. La ‘ndrangheta, inoltre, ha trovato il modo di espandersi ovunque in Europa senza far parlare troppo di sé, nemmeno da quella parte della società civile che vorrebbe sinceramente ribellarsi».
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TERRITORIO
L'istituto Corrado Alvarominacciato da un'amministrazione inefficiente
Malumore tra commercianti e amministrazione nella Capitale delTorbido
Nel mese di Novembre avevamo parlato dell'emergenza degli alberi “pericolanti” siti dinanzi alla scuola media Corrado Alvaro di Siderno. A seguito di una forte pioggia, avvenuta proprio tre mesi fa, uno degli alberi all'interno del perimetro scolastico si era abbattuto sul tetto dell'edificio, provocando danni alla struttura. Solo a metà dicembre, tuttavia, si erano presentati gli addetti alla bonifica dell'area per potare, su ordinanza comunale, tutti i rami a rischio caduta. Nei mesi successivi, tutta la cittadinanza ha atteso con ansia che la situazione si sbloccasse e che l'area verde dell'istituto sito in via Trieste, abitualmente utilizzata dagli studenti per le lezioni di educazione fisica, venisse riaperta. Venerdì mattina, dopo una lunga attesa, la situazione si è finalmente sbloccata, ma nel peggiore dei modi. Gli “assassini” del comune hanno infatti optato per la potatura completa, non solo abbattendo piante sostanzialmente sane, ma cancellando anche un simbolo dell’istituto.
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avigando su Facebook ci siamo imbattuti in una lettera aperta dei commercianti di Gioiosa Jonica, che esprimono insoddisfazione nei confronti dell'amministrazione comunale. La chiusura di uffici strategici per tutti i comuni della Vallata del Torbido, come Ufficio del registro, Scuola Agraria, Scuola sperimentale per artigiani e commercianti, Carcere mandamentale, Ufficio di collocamento, Pretura, diverse Agenzie bancarie e Giudice di Pace, spesso trasferite a Siderno, come è capitato di recente per i laboratori del distretto sanitario, vengono definiti dal rappresentante dei commercianti Pasquale Gatto “soprusi” e “scippi”, dei quali sarebbe vittima l'intera cittadinanza non solo di Gioiosa, ma di tutti gli altri comuni limitrofi. La città, secondo i firmatari della lettera, continua a subire una lenta e inesorabile agonia, nonostante anni fa venisse considerata un punto di riferimento commerciale per tutta la Locride. Il paese starebbe subendo una rapida involuzione che fa rimpiangere l'amministrazione, definita “compianta”, del pro-
Il direttore generale dell'ASP Ermete Tripodi, il direttore sanitario Vincenzo Schirripa, il capo dipartimento Domenico Calabrò, il responsabile del reparto di radiologia Vincenzo Mollica e il primario di Pronto Soccorso Giuseppe Zampogna hanno incontrato, lo scorso fine settimana, il coordinatore NCD Nino D'Ascola e il suo vice, Candeloro Imbalzano, per discutere della precaria condizione dell'ospedale di Locri. Nella
Il Lato Oscuro dellaTelecom Da tempo la Telecom era stata assorbita dal Lato Oscuro della Forza, cioè da quando ha iniziato a vendere parte della banda agli altri gestori che operano soprattutto con la telefonia mobile e con internet da cellulare. Se, come vecchi dinosauri, avete ancora il telefono fisso e il computer attaccato al modem via cavo ethernet e il vostro contratto flat è per 10 Mb, dovreste essere consapevoli già in partenza che non andrete mai a 10, ma al massimo a 7. Certo, pagare 10 per poi andare a 3 è un po' troppo da fessacchiotti anche per un dinosauro. Uno dei pochi vantaggi Telecom è l'assistenza gratuita domiciliare: se il problema dipende da loro non si sborsa una lira, ma è Telecom che paga i tecnici. All'epoca d'oro dei tecnici Telecom qualcosa funzionava, anche se nove volte su dieci ti arrivava in casa un signore dai modi bruschi e dalle dubbie competenze, che faceva spesso più danni che altro. Successivamente, con la famosa “terziarizzazione dei servizi”, l'assistenza è stata delegata ad altre aziende. Una è la Sielte, che ha una sede a Locri in c.da Cancello (incrocio di via Cosmano con via Piave). La novità è che se il problema è ascrivibile alla linea domestica e non dipende da un degrado Telecom, è l'utente a dover pagare una cifra forfettaria di circa
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fessor Francesco Logozzo e responsabile dell'aumento della disoccupazione di cui l'attuale amministrazione viene definita colpevole. La lettera chiude con l'invocazione a una ribellione popolare, volta alla riappropriazione dei diritti sanciti dalla Costituzione con l'intento di fermare un'emigrazione che destina Gioiosa alla desertificazione. E il sindaco Fuda che pensa della perdita di fiducia che i commercianti dimostrano nei suoi confronti? Jacopo Giuca
Ospedale: una vittima della malapolitica
riunione sono stati ricordati i gravi problemi che affliggono il nostro nosocomio, colpito da anni di malapolitica e rimodulazione brutale tramutatasi in tagli miopi e inefficienza dei singoli reparti. La situazione, è stato affermato, sarebbe particolarmente critica nei reparti di radiologia e ortopedia, per non parlare di oculistica, definitivamente chiuso. Le criticità, comunque, coinvolgono anche la struttura e i macchinari,
così obsoleti da influire sul lavoro dei medici spesso messi materialmente in pericolo da pazienti esasperati e privi di qualsivoglia freno proveniente da un servizio di vigilanza adeguato. Interventi chirurgici urgenti richiedono l'impiego di risorse che lasciano scoperto il territorio e, anche se si riuscisse a fare fronte a operazioni complesse, cosa non sempre scontata, capita di dover mandare in strutture esterne pazienti che necessitano di controlli semplici. Come se non bastasse, la presenza di fondi male impiegati e la totale indifferenza del mondo politico, che non interviene con serietà per salvare una struttura al collasso, rende solo nominale lo status di ospedale Spoke. La promessa della nascita della Casa della Salute a Siderno, poi, ancora non basta a risollevare le sorti della sanità locridea, motivo per il quale D'Ascola ha ritenuto necessario promettere l'apertura di dialogo con il ministro della salute Beatrice Lorenzin e, una volta che essa potrà riprendere l'attività a seguito della gravidanza, di invitarla formalmente a constatare in prima persona quali siano le condizioni in cui versa l'ospedale di Locri.
Il loro campo da gioco è un terreno confiscato alla 'ndrangheta. In dosso hanno le magliette con su scritti i nomi delle vittime della mafia: Lea Garofalo, Rocco Gattuso, Gianluca Congiusta… Sono i 160 bambini di Gioiosa Jonica che prima di giocare nel campetto, che l'associazione Libera ha confiscato alla malavita, seguono una lezione sulla legalità, un progetto educativo proposto da Seles. Seles è acronimo di Scuola Etica e Libera di Educazione allo Sport e insegna i valori dell'amicizia, della solidarietà, dell'umiltà, dell'accettazione della sconfitta ai bambini dai 4 anni in su. A fare conoscere all'Italia intera la straordinaria iniziativa di Seles e Libera, le telecamere del tg1 che martedì scorso hanno mandato in onda il servizio.
I sindaci in visita a Malta
Caulonia: Un anno di mensa per i poveri I volontari della Protezione Civile e della Lados di Caulonia, con il partenariato del comune, dell'Associazione dei Sindaci, della Regione e dell'Amministrazione Provinciale, hanno festeggiato un anno di servizio ai poveri di Caulonia, tra i quali non solo gli immigrati, ma anche le famiglie colpite dalla crisi. La presenza del vescovo e delle istituzioni fa augurare che questa iniziativa, oggi realizzata con il solo supporto dei commercianti, possa estendersi presto a tutto il comprensorio.
95 euro. La domanda sorge spontanea: 95 euro anche se c'è da stringere una vite o cambiare un filtro? 95 euro anche se c'è da sfabbricare un muro e rifare tutto l'impianto? Da settimane Siderno è afflitta da “penuria internettiana”, poiché il 16 dicembre, giorno di pagamento IMU, la “piccola centralina” è andata in sovraccarico ed è stato necessario cambiare delle schede. Tuttavia, le linee domestiche deboli hanno continuato a subire oscillazioni e rallentamenti. Le ripetute segnalazioni da parte di qualche cittadino non
I ragazzi di Gioiosa la mafia la prendono a calci
hanno sortito alcun risultato, tanto che posso testimoniare che un'operatrice in piena crisi ormonale, non mi ha fatto neanche parlare, dichiarando tra i singhiozzi che avrei dovuto accollarmi le spese per la riparazione della centralina del Comune. La cosa mi è parsa quanto mai fantasiosa anche per una classica bimbaminkia inchiodata per 10 ore alla scrivania del più schiavista call-center italiano. A furia di segnalazioni, reclami, passando per l'operatore un po' polipone che ti chiede di chattare su facebook, alla materna signora
Reti tra comunità locali come motore di crescita è il il tema di un incontro sostenuto dalla Commissione Europea, cominciato ieri a Malta e che vede partecipare una delegazione locridea. Peppe Strangio guida in questa avventura il sindaco di Mammola, i consigli comunali di Locri e Bianco e il presidente della Consulta associazioni della città di Siderno. L'iniziativasirealizzanell'ambitodel programma “L'Europa per i cittadini”.
lucana che ti spiega qualche dettaglio tecnico e ti dice di non mettere mai l'olio nella besciamella, ti ritrovi in casa, alle otto e mezza del mattino, due signori olezzanti di capra, capaci di esprimersi esclusivamente in vernacolo, che con atteggiamento 'ndranghetistico, si impadroniscono della tua presa telefonica, ti dicono che la tua linea va come Niki Lauda, ti impediscono di collegare il PC a internet per controllare se le misurazioni corrispondono, non rispondono se gli fai una domanda e non si disturbano a controllare il
tuo, di modem, che magari è rotto. In conclusione niente di fatto se non la necessità di arieggiare la stanza per far evaporare l'effluvio caprino (o, forse, sulfureo). Un sondaggio vorrebbe come patrono delle telecomu-nicazioni il beato Giacomo Alberione. Confesso di non conoscerlo, ma certo è che ne cercherò qualche iconcina e con essa combatterò il Lato Oscuro della Telecom! Basterà o servirà in appoggio una spada laser? Lidia Zitara
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DOMENICA 18 GENNAIO
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Riccardo Iacona e i nostri tesori
L
a potenza della tv… È bastata (si fa per dire) una trasmissione della Rai per dare un po' di speranza alla nostra bellissima Locride. Il tema trattato dal bravissimo Riccardo Iacona non è certo nuovo. Non è una novità, infatti, parlare di tesori non valorizzati, o poco valorizzati. Che sul nostro territorio fossero disseminati beni, luoghi, atmosfere e sapori di rara bellezza lo si sapeva da tempo. La capacità di valorizzarli negli anni è stata altra cosa; alcune volte è stata realizzata in modo apprezzabile, altre volte in modo insufficiente, ma spesso per niente o addirittura mai cercata o tentata. Adesso siamo quasi al punto di non ritorno. Lo sfinimento, la disillusione della gente, specie dei nostri ragazzi, sono ormai tangibili. A mio avviso, il successo del programma (quasi 2.000.000 di spettatori davanti alla tv, ma molti di più, considerando la rete) era largamente prevedibile, oltre che auspicabile. La ragione principale è da ricercare nella chiarezza dei temi trattati, ma soprattutto nella consapevolezza di chi lo ha seguito che, malgrado i tempi, malgrado le storture “Si può fare”. Questo “oro” che abbiamo e che molte volte non sappiamo di avere, è a portata di mano. Magari non riusciremo a farlo brillare di luce scintillante, ma guai a lasciarlo nascosto, sarebbe un suicidio. Non ce lo perdonerebbero i nostri figli. Dico questo perché, malgrado tutto, io ancora ci credo. Il mio ragionamento riguarda ogni bene culturale, un edificio in un borgo antico, uno spazio naturalistico, un vecchio mulino da restaurare, e così via. I grandi finanziamenti sono rappresentati esclusivamente dai Fondi Europei e prima o poi finiranno. Sarebbe banale dire che non si può più sbagliare nel programmare gli interventi, così come sarebbe banale e “di moda” prendersela con la politica, questo lo diamo per acquisito, anche se dobbiamo “raccontare” meglio il concetto. Ritengo, comunque, che alcuni siti, in particolare le aree archeologiche di pregio (Villa Romana di Casignana, Villa del Naniglio di Gioiosa Ionica, Locri, Monasterace, Marina di Gioiosa, Bova
Marina ecc…) non possono e non debbano aspettare gli auspicabili Fondi Europei, le cui procedure sono molte volte farraginose e complicate. All'interno di un'area archeologica di valenza nazionale, si deve (e si può) scavare ogni giorno, senza aspettare che arrivi l'Europa o, meglio, si deve scavare proprio nell'attesa e con la speranza che arrivino i grandi finanziamenti. Con pochissimi fondi (del resto se ne spendono tanti in modo inutile) si devono organizzare campagne di scavo permanenti. Lo si può fare benissimo, coinvolgendo le Università e le Associazioni; conosco alcuni esempi riuscitissimi, come conosco tantissimi archeologi che sarebbero felicissimi di lavorare nella propria terra. Non possono contribuire a portare alla luce tesori che appartengono a loro, che ci appartengono, ma che lasciamo colpevolmente nascosti. Da un nuovo mosaico pavimentale restaurato o da un muro antico portato alla luce discendono immediatamente (oltre al lavoro di archeologi, operai, tecnici) elementi di conoscenza e scoperta che necessariamente innescano processi di sviluppo, oltre a colmare grandi vuoti di carattere storico. Un famoso Ministro
“
Oltre 2 milionidi telespettatori hanno visto le bellezze delle Locride grazie a Presa Diretta.Non aspettiamo l'intervento della Regione, ma impariamo a valorizzare in prima persona ciò che già possediamo
della Repubblica che, inopportunamente, asseriva anni fa che con la cultura non si mangia, è stato smentito senza appello. Non dobbiamo inventarci nulla, abbiamo tutto. Sembrerà un'affermazione audace la mia, ma è così. Abbiamo storia millenaria, cultura, grandi scrittori, archeologia, arte, centri storici di eccellenza, una montagna meravigliosa, un'enogastronomia di pregio, prodotti agricoli di eccellenza; serve, però, impegno, passione, amore per la propria terra e, non ultima, una grande capacità progettuale. La tanto vituperata politica, a mio avviso, di fronte a progetti di valore e di grande respiro, deve per forza farli propri. Ma, senza alleggerire le responsabilità della politica, mi sembra di fare un discorso più completo e più vero se dico che queste stanno in capo anche ai burocrati, ai professionisti, agli organi di controllo, ai media quando non fanno discorsi coerenti, come, invece, egregiamente è riuscito a fare Presa Diretta. Guai a non coltivare il sogno di centrare l'obiettivo. Tralascio disquisizioni di carattere sociologico, argomentazioni trite e ritrite riguardo gli elementi che frenano lo sviluppo dei nostri centri, consapevole che solo la cultura, la conoscenza e l'impegno
Clelia Romano Pellicano: una vita a fianco delle donne KATIA CANDIDO Non c'è figura più emblematica, che non emani quel fascino struggente che da sempre ispira e seduce poeti e scrittori di Clelia Pellicano. Donna operosa e versatile, intellettuale femminista, nasce nel 1873 a Napoli, da una famiglia di nobili origini e, all'età di 16 anni, sposa il Marchese Francesco Maria Pellicano di Gioiosa Ionica; da qui inizia il suo instancabile percorso indirizzato alla difesa e ai diritti delle donne, soprattutto a quelle meno fortunate. “Ha sempre pensato con pietà alle falangi di umili lavoratrici oppresse sotto una millenaria tirannide, gravata da tutto l'egoismo e l'indifferenza del maschio”. Così le cronache di un secolo fa parlavano di lei, marchesa di Gioiosa Ionica. Giornalista e scrittrice, scelse la Calabria quale patria d'elezione, narrandone i riti popolari e religiosi come la festa patronale di San Rocco e le farse carnevalesche. Il 1909 fu per lei un anno importante: perse il marito, ma ciò nonostante non abbandonò mai il suo obiettivo e pubblicò sulla rivista “La Nuova Antologia”, un' interessante inchiesta sulle industrie e le operaie di Reggio Calabria. Nel maggio dello stesso anno si recò a
Londra per dar voce alle donne al Convegno Nazionale. Emancipazionista convinta, tenne brillanti conferenze e intervenne in congressi femministi in Italia e all'estero. Per via della sua grande cultura e la sua passione per la scrittura, non fu sempre apprezzata, ragion per cui la marchesa Pellicano decise di nascondersi dietro lo pseudonimo di Jane Grey, appellativo nato dalla predilezione di Clelia verso la sfortunata regina inglese, salita al trono dopo la morte di Enrico
VIII. Autrice di molte novelle, scrisse anche dei romanzi dal forte timbro realistico: “La vita in due” o “Coppie”, nei quali analizzava e descriveva le difficoltà del matrimonio, le implicazioni sentimentali, le incomprensioni, l'etica del buon esempio per i figli. Si è perso però il romanzo “Verso il destino”, che risulta introvabile anche nell'archivio dei suoi eredi. Si conservano invece e sono state rieditate in anastatica, “Le novelle calabresi” del 1908, brevi ma incisive descrizioni della realtà contadina e dell'emarginazione delle donne del popolo, verso le quali la scrittrice nutriva sentimenti di viva simpatia e solidarietà. Nello stile si sente chiaramente l'influsso, oltre che del primo Verga, di Flaubert e di Maupassant. Clelia Romano Pellicano impersonò veramente il passaggio dalla tradizione alla modernità. Nel 1912 curò una sottoscrizione nazionale e intervenne personalmente con un suo contributo per favorire il trasporto e la cura dei feriti e degli ammalati. Condivise l'ideologia socialista che era della sua famiglia, mettendo in pratica soprattutto il credo mazziniano dei diritti e dei doveri per una sorta di religiosità laica e si mostrò generosa e altruista, attenta e positivamente proiettata
verso il futuro. Esempio di una femminilità coraggiosa e dinamica che ha lottato per la vita di tutte le donne, che trasmette valori etici e si realizza nella creativa azione divulgativa, è un onore, per noi per noi calabresi, poter affermare che è stata nostra corregionale. Ma come descrivere Clelia? Sì, preferisco darle del tu, così come farei con Rita Levi Montalcini. Due personalità importanti, che impegnandosi nel proprio lavoro, hanno concesso a ognuno di noi un'altra opportunità: guardare il mondo da una prospettiva diversa per staccarsi da quella mentalità che ritrae l'uomo superiore alla donna, e potrei citare altri esempi, come Maria Montessori, la grande pedagogista nota per aver integrato il concetto di libertà nell'insegnamento ai bambini e ancora Margaret Thatcher, una delle donne più importanti e influenti che abbiano mai calcato la scena politica. Si ritrovano così la voce e l'immagine di donne determinate che con la loro forza non ostentata hanno costituito quel terreno, duro e fertile, su cui si è sviluppata la civiltà del nostro paese, giungendo alla conclusione che uomini e donne sono uguali, è l'approccio che li contraddistingue, non “la forza dell'essere”.
di tutti possono far sperare in un cambiamento. I nostri siti di interesse storicoarcheologico e i nostri borghi antichi sono poco visitati, è evidente. Meriterebbero molto di più. Si stanno aprendo, però, nuovi segmenti di turismo molto interessanti, specie dai paesi dell'Est. Dobbiamo essere competitivi e non demoralizzarci, il disfattismo non aiuta nessuno. Ammettiamo che di colpo aumentino in modo considerevole le presenze turistiche nella nostra zona, come l'esempio dei Bronzi testimonia. Ammettiamo che da un giorno all'altro la tanto bistrattata Locride divenga appetibile a livello turistico. I pessimisti denuncerebbero “non ci sono le strade, non ci sono alberghi…” Chi, come me e come tanti, percorre frequentemente l'Autostrada nel tratto Reggio-Cosenza, non può non ammettere che i tempi di percorrenza siano notevolmente ridotti. Chi lo fa è socio del Club dei disfattisti, al quale io non chiedo l'iscrizione. Gli ottimisti risponderebbero “Gli alberghi sono pochi, utilizziamo intanto l'enorme patrimonio edilizio esistente nei nostri centri, come hanno già fatto in alcune regioni”. Alcuni sindaci accorti lo hanno fatto e hanno avuto ragione: hanno realizzato esempi di Albergo diffuso, hanno creato ospitalità di pregio in luoghi incantati, hanno approvato convenzioni con i proprietari delle abitazioni non utilizzate, ottenendo posti letto a pochissimo prezzo. Occorre, quindi, rivitalizzare i nostri paesi interni. Sono cose “ardite” queste? Non credo. Fanno cose “ardite” quei volontari che da qualche anno fanno rivivere pezzi dell'Aspromonte e dei suoi splendidi borghi pulendo, organizzando escursioni, incontri, quelli che fanno riscoprire i valori di un tempo perduto? Non credo proprio. Altomonte è uno splendido centro della Regione, uno dei più belli. Lì questa scommessa l'hanno vinta, perché Gerace, Caulonia Superiore, Stilo, Bivongi non la possono vincere? Il Pollino sì e l'Aspromonte no? Africo Vecchio, Roghudi, Gallicianò, Palizzi, Bova Superiore, Pentedattilo sono meno dei paesi del Pollino? Antonio Crinò
LaLocride sfida ilcampione discacchi Naumkin Venerdì 23 gennaio, a partire dalle ore 12, si svolgerà, presso l'oratorio della Chiesa del Sacro Cuore di Sant'Ilario Marina, un torneo di scacchi nel quale venti giocatori sfideranno contemporaneamente il campione russo Igor Naumkin. I giocatori, provenienti da tutta la Locride, parteciperanno all'insegna del motto “Uniti si può”, con il quale si vuole sensibilizzare la cittadinanza a una sempre maggiore condivisione di azioni in vista del bene comune del nostro comprensorio. Saranno presenti anche il vescovo di Locri, Sua Eccellenza Monsignor Francesco Oliva, il ministro degli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta, il Presidente della Provincia Giuseppe Raffa, l'Assessore Provinciale Gaetano Rao, il Vice presidente Regionale Francesco D'Agostino e tutti i sindaci della Locride. Al termine, si svolgerà un “pranzo al buio” presso il Ristorante Costa Blu. Nella piazza Garibaldi di Sant'Ilario Superiore, invece, Domenica 25, sempre alle ore 12, si terrà la partita di scacchi viventi.
GERENZA
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ATTUALITÀ
Mantengo il tuo ricordo, ma smetto di piangere... Ci sono dolori che non si possono evitare né cancellare. Esistono. Possiamo solo affrontarli e cercare di fare di tutto affinché non ci devastino. Mi sovviene una prece di Sant’Agostino che recita così: “La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace. Se mi ami non piangere!” Io non piango, ma ogni cosa qui è mancanza, mi risuonano in testa ancora le tue risate che trasmettevano gioia e allegria a chiunque ti stesse intorno, ho impresse nelle mente le tue maniere gentili con le quali ti prendevi cura di tutte le persone, in particolare quelle che ne avevano più bisogno, sapevi tirar fuori il sorriso a chi ti stava vicino anche nelle giornate più tristi, tu conoscevi il valore dell’amicizia e la donavi agli altri così semplicemente, e non ti rendevi conto di quanto fosse importante ciò che trasmettevi. Mi manchi amico mio, mi manca tutto di te, mi manca il tuo essere così speciale, mi manca il sentirti dire quando mi vedevi triste: “e dai cantami una canzone”, mi hai lasciato il cuore pieno d’amore e di ricordi Luis, ma avrei voluto tenerti ancora con me. Elaborare che non ci sei più non è facile, compreso elaborare che tutte le promesse di quello che avremmo potuto e voluto fare insieme, non lo faremo più. Voglio citare un passo della “Epistulae Morales ad Lucilium” di Seneca:“Ceterum frequenter de illo loquere et memoriam eius quantum potes celebra; quae ad te saepius revertetur si erit sine acerbitate ventura; nemo enim libenter tristi conversatur, nedum tristitiae. Si quos sermones eius, si quos quamvis parvoli iocos cum voluptate audieras, saepius repete; potuisse illum implere spes tuas, quas paterna mente conceperas, audacter adfirma. Oblivisci quidem suorum ac memoriam cum corporibus efferre et effusissime flere, meminisse parcissime, inhumani animi est. Sic aves, sic ferae suos diligunt, quarum [contria] concitatus [actus] est amor et paene rabidus, sed cum amissis totus extinguitur. Hoc prudentem virum non decet: meminisse perseveret, lugere desinat…” (Per il resto parla sovente di lui, esalta quando puoi il suo ricordo: ti ritornerà più spesso alla memoria, e non sarà doloroso: nessuno sta volentieri con una persona triste, tanto meno con la tristezza. Se avevi ascoltato con piacere qualche suo discorso, qualche battuta spiritosa anche se di bambino, ricordali di frequente; afferma senza esitazione ciò che avrebbe potuto realizzare e le speranze che tu avevi concepito. Dimenticarsi dei propri cari e seppellirne il ricordo, piangere a dirotto e poi ricordarli raramente, è disumano. Gli uccelli, le belve amano così i loro piccoli: il loro amore è ardente e quasi furioso, ma, quando li hanno perduti, si estingue interamente. Il comportamento di un saggio: mantiene il ricordo, ma smette di piangere…) Luis io sono felice di averti incontrato e il tuo ricordo e ciò che mi hai lasciato vive ogni giorno in me. La tua amica Francesca
Direttore responsabile: ANTONIO TASSONE Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Ercole Macrì, Maria Giovanna Cogliandro, Jacopo Giuca, Stefania Gitto, Eleonora Aragona, Franco Parrello, Lidia Zitara, Patrizia Pellegrini, Domenico Spanò, Sara Leone, Sara Jacopetta, Francesca Barranca.
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Alla scoperta dei migliori talenti locali Quarta puntata
Nicola Lombardo, Antonio Panaia e Matteo Larosa: tre giovanissime promesse del calcio nostrano
Quarta e ultima puntata dei calciatori in vetrina della Locride. Questa settimana continuiamo il nostro percorso alla scoperta dei migliori talenti locali, presentandovi altri tre calciatori della numerosa nidiata assistita da Bruno Larosa e Manuel Montipò. Oggi spazio a Nicola Lombardo, Antonio Panaja e Matteo Larosa: Nicola Lombardo è un esterno sinistro nato a Roccella Jonica nel 1998 e che, attualmente, milita nella Reggina. Ha una buona struttura fisica e un'ottima capacità di interpretare la fase difensiva. Al suo quarto anno nella formazione amaranto, è nel giro della nazionale azzurra di categoria. Antonio Panaia è un esterno sinistro del 2000, che milita attualmente nel Sassuolo. Nato a Gioiosa Jonica, questo è il suo secondo anno con la compagine emiliana. Dotato di una buona tecnica, si adatta a svolgere più ruoli, infatti viene spesso impegnato nella posizione di attaccante esterno. Matteo Larosa è nato a Locri nel 2001, è un centrocampista che abbina una buona struttura fisica a una discreta tecnica e che, attualmente, milita nel Sassuolo. a.t.
Marina di Gioiosa, fai chiarezza! Il balletto tra comune, catasto e privati non convince. Quando risponderà,Vestito, alla nostra domanda ? Vi ricordate della vicenda di Marina di Gioiosa e dello spazio pubblico forse sottratto per uso privato? Sulla vicenda avevamo pubblicato diversi articoli sollecitando l'intervento del Sindaco Vestito per dirimere la controversia. Ebbene, abbiamo avuto conferma che la vicenda non sembra interessare troppo l'amministrazione comunale, evidentemente impegnata a concentrarsi su cose sicuramente più importanti per la comunità. Come già detto in passato, per noi, l'eventuale appropriazione di suolo pubblico (qualora venisse accertata) non rappresenterebbe “una semplice goccia d'acqua in una tazzina” così come invece ci aveva scritto il primo cittadino nei mesi scorsi. “Riviera” aveva informato i cittadini di Marina di Gioiosa e i suoi lettori sulla situazione pendente relativa a una strada d'accesso alla Via Marina, a uso pubblico, chiusa dal privato, scaturita da una denuncia presentata da numerosi cittadini e archiviata sulla base (dicevamo noi) di un possibile disinteresse dei commissari antecedenti, anche alla luce della relazione dell'ufficio tecnico comunale che (smentendo sé stesso) aveva concesso l'autorizzazione a chiudere lo spazio aperto al pubblico. Nella sua risposta a “Riviera”, il Sindaco Vestito (ingenerando confusione tra i lettori) menzionò, invece, una seconda stradina d'accesso al mare, questa volta di proprietà comunale, chiusa da privato e denunciata da una cittadina nel mese di agosto 2013 al commissario Patrizia Adorno, e rimasta a oggi (nonostante tutto il clamore suscitato) ancora senza risposta. Tale denuncia era stata in seguito ripresentata al Sindaco Vestito (dalla medesima cittadina) nel mese di febbraio 2014 e inviata per conoscenza al comandante della stazione dei Carabinieri, al dirigente del commis-
ARRIVEDERCI, COSIMO!
C
i ha lasciato Cosimo Crisalli, muratore benvoluto da tutta la comunità di Locri. Grande camminatore, a seguito di problemi personali che lo avevano fatto volare sul nido del cuculo, Cosimo era sempre visibile sui marciapiedi della cittadina, presenza quasi imprescindibile fuori dalle porte dei bar, dove chiedeva con un po' di insistenza, ma sempre con grande garbo e gentilezza, se qualcuno fosse disposto a offrirgli una birra, un caffè, o una sigaretta. L’estremo saluto è stato porto martedì 14 gennaio, presso la chiesa San Biagio. Arrivederci Cosimo, ci auguriamo che, da oggi, tu possa bere tutti i caffè e fumarti tutte le sigarette che vuoi. (J.G.)
sariato di Pubblica sicurezza, al comandante della Polizia Municipale e al responsabile dell'ufficio tecnico comunale. La risposta del Sindaco, con cui si informava di aver attivato gli uffici preposti, era stata protocollata in data 10 marzo 2014, n. 3479. Domandammo in quel periodo al sindaco Vestito, visto che erano trascorsi diversi mesi dalla data di ricezione della denuncia, cosa avessero relazionato in merito sia l'ufficio tecnico comunale che la polizia municipale, relativamente alla particella 852 del foglio 20 del Catasto dei terreni e, nel caso non ci fosse stata risposta, quali provvedimenti l'amministrazione comunale avrebbe inteso adottare. Non ricevendo repliche ufficiali, ci siamo mobilitati autonomamente e abbiamo voluto confrontare due visure storiche per immobile dell'agenzia delle entrate, dove ogni cittadino può conoscere la situazione degli atti informatizzati dall'impianto meccanografico. La prima visura, recante la data 08/05/2014, riporta che la particella 852 del foglio 20 del catasto dei terreni risulta intestata al comune di Marina di Gioiosa per effetto di un riordino fondiario del 01/01/1999 in atti dal 17/09/2002 (protocollo 187177). Sovrapponendo a questa visura un'altra postuma, esattamente del 19/12/2014, si può notare che la stessa particella risulta attualmente intestata a soggetto privato per effetto di una variazione d'ufficio del 22/10/2014 n.3023.1/2014, per una voltura del 01/02/1967 in atti dal 22/10/2014 (compravendita). Questo balletto tra comune, catasto e privati non ci convince. Vorremmo maggiore chiarezza! Domanda al Sindaco Vestito: a quando la voltura, tramite perizia giurata di Piazza Zaleuco? Antonio Tassone
Teppisti: da San Luca, Platì e Natile con furore Come vai a scuola?” - chiedeva il nonno al nipote. “Col pullman” rispondeva con ironia impudente il ragazzino. Botta e risposta tipica che al nonno serviva a testare la sfrontatezza del ragazzo e al nipote a glissare la domanda. Continuano a prendere il pullman molti studenti di oggi e la loro insolenza è diventata pessima educazione, cafonaggine, inciviltà. Non possiamo chiamarli bulli, perché non se la prendono con i più piccoli e più deboli. Prevaricano e vittimizzano gli adulti. Pretendono di viaggiare senza pagare il biglietto. Offendono, spintonano e, con aria di sfida, sputano in faccia ai bigliettai. Minacciano gli autisti e mettono in atto nei confronti degli stessi comportamenti persecutori: spavaldi e intrepidi arrivano fin sotto casa per avvertirli di tenere la bocca chiusa. Sono i ragazzi che frequentano in particolare il primo anno della scuola superiore e viaggiano sui pullman della Mediterranea Spa lungo la tratta San Luca- Siderno, Platì- Siderno, NatileSiderno. Di loro ha scritto Pino Lombardo sulla Gazzetta del Sud di mercoledì scorso. Dopo le numerose denunce sono state installate delle telecamere: un occhio sempre vigile che avrebbe dovuto coglierli in flagranza ma che è stato accecato con del nastro adesivo. L'amministratrice della Mediterranea Bus, Cristina Federico, ha lanciato un appello ai comuni e alle forze dell'ordine: chiede di poter lavorare in pace. Perché non c'è pace nemmeno di notte quando i pullman vengono lasciati nei capolinea e divengono preda di ulteriori atti vandalici. Teppistelli senza scrupoli che probabilmente alla loro età non sanno ancora cosa sia lo scrupolo, e nessuno si preoccupa di insegnarglielo.
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Maria G. Cogliandro
TRADIZIONI / SERVIZIO A CURA DI MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
Approfondimenti Sapori di un tempo
Una tradizione che non si rassegna a sbiadire nella memoria. La globalizzazione ha provato a soffocarla ma non è riuscita a distruggerla.
La festa del maiale: e s
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Il “calendario del maiale”si stabilisce insieme alle altre famiglie di allevatori che ti ritrovi tra gli amici o i parenti. Perché ci si deve aiutare a vicenda, la festa del maiale è anche questo: reciproco riconoscimento e rispetto.
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u non ti alzi al mattino e decidi di “fare il maiale”: lo devi stabilire insieme alle altre famiglie di allevatori che ti ritrovi tra gli amici o i parenti. Si decide insieme un calendario del maiale che di solito va a considerare i fine settimana: «Questo sabato lo ammazzo io, il prossimo tu, poi toccherà a Lina». Perché ci si deve aiutare a vicenda, la festa del maiale è anche questo: reciproco riconoscimento e rispetto. Un tempo per uccidere il maiale ci si serviva di un coltello, adesso si usa una pistola abbattibuoi provvista di una punta di ferro di circa 6 cm che, penetrando nel cranio, provoca un rapido stordimento. L’uccisione del maiale è assoluta prerogativa di un uomo, che solitamente è o il capo famiglia o un parente esperto macellaio. Una volta sparato il colpo, viene procurato un taglio all’altezza della carotide cosicchè tutto il sangue fuoriesca evitando il rischio che la carne vada a male. È inevitabile che in quel momento tu sia assalito da un dubbio atroce: anche la più genuina bontà non è tale solo grazie all’ingabbiamento, più o meno consapevole, di una bestialità innata? Sotto la glassa delle buone maniere non si nasconde forse una voglia di sangue che giace lì come un popcorn inesploso? Quella cascata di sangue, a volte, viene raccolta per preparare il sanguinaccio, un dolce per gli stomaci più temerari, i cui ingredienti principali, oltre al sangue, sono caffè, cannella, cacao e vino cotto. Generalmente la camera mortuaria viene allestita all’aperto. Ma dura pochi istanti: non c’è tempo per il dolore. Solo qualche attimo per godersi la povera bestiola a testa in giù, in tutta la sua ciccia, e prendersi i complimenti, frutto della mordace ironia degli spettatori: «Certu, cumpari, cu sa fari u porcu! ». E poi, mentre viene servito un caffè al volo per riprendere i sensi, capita di sentire il classico
ritornello che accompagna ogni “porchicidio”: «Cu si marita è cuntentu nu jornu, cu mmazza u porcu è cuntentu n’annu». Si procede poi alla “depilazione” del maiale. È di nuovo agli uomini che spetta la raschiatura delle setole – effettuata inizialmente con un coltello apposito mentre si versa sull’animale dell’acqua bollente per ammorbidire le setole, e poi rifinita con lamette da barba – la sospensione, lo squartamento, il taglio e la selezione delle carni. Le donne, invece, si occupano del lavaggio delle budella e della vescica, che serviranno a conservare carne e grasso, dell’insaccamento delle carni alle quali, una volta macinate, viene aggiunto il sale (30-35 grammi per ogni chilo di carne), pepe nero, finocchio selvatico, l’immancabile peperoncino la cui piccantezza è rafforzata da una salsa al peperoncino. Le donne mestruate non prenderanno parte alle operazioni - che solitamente avvengono in una sorta di magazzino-cantina chiamato catoju - perché altrimenti la carne “si guasta”, ovvero irrancidisce o si baca. Le più anziane non si rassegnano all’età che avanza e vogliono dare una mano ad ogni costo. «Faccio io» ti senti dire da una vocina che viene dal basso: è una donnina incurvata sul suo bastone ma innalzata da una bontà che
E nel momento crudo dell’uccisione ti assale un dubbio atroce: anche la più genuina bontà non è tale solo grazie all’ingabbiamento di una bestialità innata? Sotto la glassa delle buone maniere non si nasconde forse una voglia di sangue che giace lì come un popcorn inesploso?
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Un tempo per uccidere il maiale ci si serviva di un coltello, adesso si usa una pistola abbattibuoi. L’uccisione è tuttora assoluta prerogativa di un uomo, che solitamente è o il capo famiglia o un parente esperto macellaio. Le donne, invece, raccolgono il sangue per preparare il sanguinaccio, un dolce per gli stomaci più temerari, i cui ingredienti principali, oltre al sangue, sono caffè, cannella, cacao e vino cotto.
sei felice tutto l’anno!
“
Una pantagruelica mangiata in cui scopri i sapori di un tempo e ti dimentichi i problemi del mondo. E scopri che “Cu si marita è cuntentu nu jornu, cu mmazza u porcu è cuntentu n’annu”
«Faccio io» ti senti dire da una vocina che viene dal basso: è una donnina incurvata sul suo bastone ma innalzata da una bontà che guarda tutti dall’alto. È tenera e gentile e si rivolge a chiunque con una dolcezza che spoglia.
guarda tutti dall’alto. È tenera e gentile, si rivolge a chiunque con una dolcezza che spoglia e con quel candore del santo che attribuisce il suo stesso candore a chiunque. Mi è capitato più volte di prendere parte alla festa del maiale e ho avuto l’impressione di assistere a un rito in cui è possibile godere nello stesso tempo della severità e crudezza della natura, soprattutto umana, ma anche del trionfo del garbo e dell’affabilità. La gente è imbevuta di spirito di collaborazione e ti rendi conto che sono davvero i più umili a essere capaci dei gesti più grandi. Hanno meno conformismi mentali. Gli istruiti non sanno essere altrettanto buoni o forse lo sono in parte, poiché condizionati dai paletti imposti da una sapienza – che il più delle volte è saccenza – che non consente loro di concedersi del tutto. Finite le varie operazioni ti ritrovi tutte quelle salsicce e soppressate nel “sazzizzaru”, schierate come dei soldatini volanti pronti all’assalto, e a quel punto vai in estasi. Pienamente soddisfatto, sei pronto per una pantagruelica mangiata che dura due giorni e due notti. Tra le portate previste per il primo pranzo non può mancare lo spezzatino che, quando lo vedi strabordare dal piatto, pensi subito che
quel diminutivo sia completamente fuori luogo. A cena ti sarà servita naturalmente altra carne, mentre per il pranzo del giorno successivo ti viene concessa una pausa purificante e ti tocca mangiare pasta e cavoli. Infine, dulcis in fundo, una cena a base di frittole che comprendono le costine e le parti meno nobili del maiale (parte del collo, della guancia, lingua, muso, orecchie, gamboni, pancia, rognoni), cotte tutte insieme nella caddara per circa 8 ore. Le mega scodelle di frittole sono di solito precedute da un piatto di pasta con le salimora (detti anche micciulli o curcuci), ovvero i residui di carne e grasso che rimangono in fondo alla caddara. Non è il capodanno che segna l’inizio di un nuovo anno: è la festa del maiale. La frittolata crea una sorta di spartiacque tra ciò che c’era (il maiale nel suo recinto che andava ingrassato) e che c’è (le salsicce e i capocolli con cui ti sfamerai un anno intero). Ci si dimentica dei problemi del mondo e si recupera quel microcosmo che è la comunità in cui si vive e che per un giorno è fatta soprattutto di quel gruppo ristretto che siede a tavola con te. I discorsi sono dei più disparati: gli uomini parlano del nuovo sindaco, del compare che è morto, dell’ultima mirabolante battuta di caccia; le donne parlano della figlia del prete, delle voglie della nipote incinta, della carne del supermercato che va a due euro al chilo perché chissà che carne è, mentre quella che hai lì nel piatto è carne genuina, del tuo maiale che ha mangiato il cibo sano che gli hai dato tu. «Questa sì che ti sciali a mangiarla, quella del supermercato non ha sapore, è dura come a sola di scarpi». Sembra un messaggio pubblicitario: «Scegli il mio porco e sai davvero cosa mangi!». E intanto guardi il capofamiglia felice come lo è solo il giorno della festa del maiale, e per un attimo scorgi il lavoro di un anno: lo immagini sfumare tra i pascoli con il suo mondo in spalla e i suoi sogni al guinzaglio. E ti sazi delle sue fatiche.
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CULTURA E SOCIETA’
Pillole
l’ascoltatore. Si esordisce con Blu, scritto pensando alla bella e isolata Roccella che è «come una scarpa buttata nel mare, senza poeti che la sanno cantare», per poi passare, con Ngravachjumbu e Sparami, all’accesa e provocante denuncia delle criminalità e derive sociali calabresi, dove «cu lingua on avi campa cent’anni, cu troppu parra… mancu tri jorni», per cui «sparami ‘ncoju, spara ca moru, sparami ‘ncoju mo’». Segue A crapa, pezzo di punta dell’artista anche grazie al videoclip di forte impatto realizzato la scorsa primavera per la regia di Aldo Albanese e Gabriella Maiolo -, un perfetto ritratto di una terra arcaica, di cui vengono descritti mimicamente e nel dettaglio i rituali oscuri e la natura selvaggia: parla piano, mentre dorme l’Aspromonte, una lancia nel costato, cento spine sulla fronte. Ma Mujura è anche sentimento e riflessione esistenziale. Il primo traspare con la dolce e struggente Amir, storia d’amore ed emigrazione in cui lui promette: «ti porterò in Italia, perché sei troppo bella per la guerra» e «ti comprerò una rosa, quando ritroveremo la nostra casa». Il secondo si manifesta con l’omonimo Mujura, in cui si affronta il rapporto contraddittorio con le tradizioni: preziosità da conservare o abbandonare? La
Naturopatiche A cura di: Patrizia Pellegrini Naturopata Bioterapia Nutrizionale® Presidente Associazione Culturale Tone
STOVIGLIE ECOTTURA... ma sarà sempre vantaggiosa labollitura? Anche la forma delle stoviglie fa la differenza: utilizzare una pentola alta, magari anche coperta, crea un aumento della temperatura senza però provocare un'evaporazione e la conseguente disidratazione degli alimenti, quindi una maggiore ossidazione degli stessi; al contrario, servirsi di una padella con i bordi svasati si traduce in una cottura molto più veloce e una minore perdita dei loro valori nutritivi e, di conseguenza, una maggiore digeribilità. Con questo ho voluto introdurvi uno dei motivi per i quali in bioterapia, in caso di patologie dell'apparato digerente, la peggiore modalità di cottura di un alimento è la bollitura. Un altro svantaggio è che l'alimento bollito è imbibito d’acqua, e questo lo rende indigesto, perché i succhi gastrici vengono diluiti (e quindi esplicano meno bene la loro azione digestiva) dall'acqua contenuta nell'alimento. Con la cottura al vapore vengono preservati maggiormente i nutrienti e i sali minerali degli alimenti, ma mentre questo può essere un vantaggio per bambini, anziani, sportivi, o dopo una profusa sudorazione (situazioni nelle quali è necessario reintegrare i sali), potrebbe invece essere poco conveniente in una persona che soffra di ipertensione, o in chi abbia problemi renali, oppure in donne in età fertile con ritenzione idrica (soprattutto nella seconda metà del ciclo, momento nel quale, normalmente, il problema peggiora). Solo in questi casi potrebbe essere più utile la bollitura, da effettuare però in acqua non salata, per evitare la formazione dei cloruri che possono affaticare la funzione renale e quindi rallentare il processo della diuresi. Nella cottura affogata (o stufata) l'alimento viene posto in una padella direttamente a crudo e con l'olio, posizionando un coperchio che rallenta l'evaporazione dell'acqua, che viene assorbita quindi dall'alimento e lo rende omogeneamente morbido. In questo modo tutti i nutrienti rimangono all'interno dell'alimento; perciò anche questo tipo di cottura è indicato per bambini, ragazzi, e uomini che praticano sport.
LUCIA FEMIA.
È
un incontro che lascia il segno, quello tra Stefano Simonetta – in arte Mujura – e Massimo Cusato. Due noti talenti del panorama musicale etnopopolare contemporaneo, per la prima volta insieme, per un inedito e riuscitissimo progetto artistico: il variegato mondo della canzone d’autore di Mujura, arrangiato coi ritmi e le atmosfere mediterranee che solo le percussioni di Massimo Cusato sanno creare. Due personalità umane e artistiche antitetiche, capaci di generare sulla scena un’onda energetica tipica dell’unione tra opposti. Il magnetismo e il mistero di un plenilunio, incrociato con la prorompente energia del sole. Stefano, postura impettita sulla chitarra, sguardo tenebroso, maglioncino blu, jeans e scarpe di pelle nera. Massimo, corporeità più fluida, sorriso accogliente, camicia quadrettata degli stessi colori caldi del viso, comode sneakers ai piedi. L’uno, il maschile che avanza con voce roca e incalzante, lanciando parole che si tramutano subito in suoni, rumori; l’altro, il femminile che, con ritmi ora serrati ora distesi, accoglie e conduce queste vibrazioni verso spazi inconsueti e brillanti. Il trait d’union che ne esce è una performance musicale catalizzante e ad alto impatto emotivo, in cui lo spettatore non riesce a distogliere l’attenzione dal labiale di Stefano, da cui fuoriescono una dopo l’altra immagini destinate a rimanere impresse nella mente e dai movimenti degli arti di Massimo, che passano senza soluzione di continuità da una percussione all’altra: bongo, tamburello, piatti e ciancianeji. Lunedì 5 Gennaio, dopo un dicembre girato in lungo e largo per regione e provincia, il promettente duo riapproda all’Ombligo De la luna di Roccella Jonica, offrendo al pubblico un repertorio che spazia tra i pezzi dell’album d’esordio omonimo (Mujura, 2011), contraddistinti per l’alternanza linguistica tra l’italiano e un dialetto ostico, ricercato sulla componente musicale e ritmica, e i brani del prossimo lavoro discografico, tutti rigorosamente in italiano, per un impatto più chiaro e diretto con
Mujura Duo etno - pop d’impatto
risposta non lascia alcun dubbio, rivelando anche quella che è l’essenza dell’artista: «distruggi il passato soffiandogli il fiato, ripara il tuo nome dall’anonimato. Mujura è una coltre di nube nel cielo, la luna risplende, rimbalza e non scende, giù». E il concerto prosegue con i pezzi nuovi, come Efesto e Toro e con l’invito rivolto all’amico musicista Fabio Macagnino, presente tra il pubblico, di salire sul palco a cantare qualcosa. Il cantautore cauloniese accetta volentieri e, dopo una captatio benevolentiae volta a preparare il terreno per la sua arte, che definisce essere un violino ad un concerto punk, giacché voi fate rock, ora facciamo musica leggera, allieta il pubblico con l’orecchiabile e romantica Canzuni Duci, noto brano che chiude il suo ultimo lavoro artistico By the Jasmine Coast. Racconto di un viaggio tra musica e parole. A questo punto Mujura è ben contento di ricordare ai presenti Mulo Collettivo, il progetto di sperimentazione e performance musicale d’insieme, in atto da qualche mese con lo stesso Macagnino, Francesco Loccisano e i Quartaumentata, a dimostrazione del fatto che il fermento artistico dei musicisti di zona è quanto mai vitale e prorompente, bisognoso perciò di spazi e attenzioni sempre maggiori tra chi promuove la cultura e lo spettacolo in ambito pubblico e privato e chi la fruisce. Mujura Duo, in particolare, è la nuova scommessa del momento, già presente on-line col brano Sparami, sul canale youtube Arango Sonic Live e pronta a salpare per scenari più vasti, perché non resti una perla nascosta nel fango, ma diventi l’inciso più famoso del mondo.
L’associazione “Anime Salve STG”invita tutti a diventare costruttori di sogni Martina, Eleonora e Letizia fanno parte di “Anime Salve STG”, un gruppo benefico senza scopo di lucro. Possono annunciare con orgoglio che il progetto nel quale hanno creduto è andato finalmente in porto. Dopo aver ufficializzato i propri atti con l'evento benefico del 26 dicembre 2012 riscontrando grande successo, vogliono ribadire che anche un piccolo gesto apporterà grandi cambiamenti alle vite dei meno
fortunati. “Anime Salve”, per questo motivo, chiede un contributo anche piccolo per permettere al terzo mondo di crescere. Ecco allora che la struttura sanitaria “Zia Angelina Health Centre” a Namugongo, in Uganda, a 15 km dalla capitale Kampala, faccia positiva dell'Uganda, cresce e si riscatta anche grazie all'iniziativa partita in Calabria dalla famiglia De Maria, che le ha permesso, quattordici anni fa, di governarsi in autonomia e pre-
sentare bilanci in crescita costante, che hanno ricevuto il plauso delle autorita_ civili e religiose, o che il quartiere Kahawa West, sito alla periferia ovest di Nairobi, in Kenya, è al centro di un progetto di riqualificazione di cui l'associazione è la prima promotrice. Il contributo di ogni singola persona potrà anche apparire minimo, ma l'associazione vuole continuare a supportare con orgoglio il motto: “Qualsiasi cosa tu faccia sarà anche insignificante, ma è importante che tu la faccia”. Solo grazie alla partecipazione attiva e all'affetto che ogni anno viene regalato con ogni semplice gesto garantirà di esultare per un anno migliore.
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La Locride nel Noir di Francesco Antonio Milicia “Contrada delle Case Vecchie” racconta una Locri in cui la perdita delle emozioni rende capaci di qualsiasi efferatezza e la coscienza strutturata sui valori sociali della convivenza civile scompare. Lo chiamano il Fabbro, un pezzo di malaffare che senza farsi scrupoli semina terrore, sgomento e morte a “Contrada delle Case Vecchie”. Un luogo comune a prima vista, simile a tanti altri, ma che Antonio Francesco Milicia fa coincidere con Locri, una cittadina dal passato glorioso che vive il presente tra tante contraddizioni e occasioni mancate. E nessuno meglio di lui poteva descrivere la recrudescenza, il cinico disprezzo di un killer che porta a termine le sue azioni criminose “con sadico distacco senza uccidere, per lasciare immobili come fantocci nei boschi dell’Aspromonte e delle Serre calabresi (le sue prede)”. Milicia conosce bene la struttura sociale, è informato sul mondo malavitoso della Locride, avendo “ascoltato e trascritto migliaia di intercettazioni” di rilevanti processi di mafia della DDA di Reggio Calabria, Torino e Genova. Ne vien fuori, così, un “romanzo giallo-horror-noir” in cui traspare una cultura unita all’esperienza che ci invoglia ad addentrarci nel più profondo significato narrativo con un linguaggio fresco, vigoroso e opportuno e, per questo, destinato a ogni tipo di lettore. Come nasce “Contrada delle case vecchie”? Contrada è un luogo dello spazio, ma anche della mente. È il luogo che io popolo con i personaggi della mia storia malata, personaggi quasi presi di peso dalla realtà e inseriti nella storia, facendoli interagire con posti reali e vicende narrate. Questo fa diventare Contrada anche un gioco a riconoscere e a riconoscersi, un’occasione per immedesimarsi e vivere dal di dentro le tante pagine che ho scritto. Le case vecchie poi fanno parte di Contrada e sono silenziose testimoni di un presente che ha fretta di diventare passato. Contrada in questo aiuta a rallentare i tempi di trasformazione, ad assaporare meglio le cose di una volta, a cercare nel proprio passato i valori e le radici da spingere verso il futu-
ro. Contrada, infine, è Locri, perché no? Tutto riconduce al luogo in cui sono nato e in cui ho vissuto la mia vita affettiva e professionale. Un grande omaggio a una città con una identità in eccesso, nel bene e nel male, e forse per questo per questo ho voluto modificarne il nome nella scelta narrativa. La storia, che lei definisce “malata”, presenta dei toni particolarmente crudi, e a tratti diventa “efferata”. Perché è stato così “cattivo”? Non si tratta di essere cattivi, ma di rispettare le tecniche narrative e le ambientazioni di un genere che aderisce ai temi del poliziesco e del noir, e che strizza l’occhio anche all’horror. C’è poi una mia predisposizione culturale e mentale che affonda pesantemente nel genere, forte di una nutrita serie di letture e frequentazioni cinematografiche. Non a caso la trama s’intesse attorno a miriadi di citazioni, a volte semplici flash, che richiamano libri, film, ma anche brani musicali. In più, un grandissimo omaggio alla Divina Commedia, che io considero una delle più imponenti storie horror mai scritte. Ma i suoi lettori hanno trovato difficoltà ad assorbire i suoi orrori narrati?
Devo dire che quasi nessuno si è fermato a valutare l’orrore e le scene, a volte davvero forti, sotto l’aspetto meramente descrittivo, che certamente non fa sconti in quanto a “ferocia” narrativa. Ma, con maturità e intelligenza, i lettori sono riusciti a capire i significati reconditi di certe ambientazioni e anche a svelare le metafore nascoste in molte scene cruente. Una bella sorpresa è arrivata, ad esempio, dalle donne. Tantissime e appassionate nell’elaborare la storia, fornendo giudizi e pareri diventati poi utilissimi. Penso che la donna sia la lettrice perfetta per una storia come questa, anche se le donne, in effetti, ne escono malissimo, vista la trama. E qui qualche tiratina d’orecchi, per la verità, non è mancata. Nei temi che lei ha toccato c’è tutto: ‘ndrangheta, pedofilia, corruzione, perbenismo ipocrita, mass-media, giustizia miope. E il Fabbro, che domina la scena. Il Fabbro è senz’altro il personaggio più riuscito del libro, anche perché è il più espressamente autobiografico, con le dovute distanze, ovviamente. Il Fabbro rappresenta la metà oscura che esiste in ognuno di noi, una metà che resta sepolta nella normalità. Se, tuttavia, come dice Dario Argento, si ha l’abilità di portare a nudo questo lato oscuro dell’anima, perimetrandolo in una fonte d’ispirazione creativa, ecco che nascondo grandi geni dell’horror come lo stesso Argento, Stephen King e tanti altri, restando comunque uomini normalmente integrati nella loro realtà. Quando invece la metà oscura prevale, come nel caso del Fabbro, allora avviene la perdita delle emozioni e si diventa capaci di qualsiasi efferatezza, perché non esiste più una coscienza strutturata sui valori sociali della convivenza civile, ma soltanto sui valori, positivi o negativi, che l’ego sceglie come riferimento assoluto per le proprie azioni, primo fra tutti il narcisismo. Cosa si aspetta adesso da questo libro? Le soddisfazioni avute da chi l’ha letto costituiscono per me un piccolo patrimonio intellettuale di cui vado orgoglioso. Considerando il modo in cui è stato distribuito e tutti gli handicap che nascono dal non avere alle spalle una casa editrice che ti promuove, non esito a definirlo un caso letterario unico nella nostra zona. È stato pur sempre un libro nato nel buio, una prima opera di un esordiente sconosciuto, partito senza nessuna promozione se non quella che io stesso ho alimentato nella mia pagina Facebook e in quella appositamente dedicata al libro: “Contrada”, appunto. I risultati tuttavia sono confortanti. Chi l’ha letto l’ha fatto leggere, creando una catena che ha visto nei miei stessi lettori i miei alleati consapevoli. Hanno tutti tifato per me, credono tutti che Contrada andrà molto oltre, m’incoraggiano in tutti i modi. Mi telefonano in tanti, vogliono sapere qualcosa di più sui luoghi, sul Fabbro… se tornerà. Su questo quindi li voglio rassicurare: il Fabbro tornerà, ma sarà un Fabbro diverso, mentre gli orrori… quelli sì, ci saranno sempre.
Oscar del Piacere all’Ombligo De la Luna «Non sapevamo nemmeno dell'esistenza di questo Oscar. Siamo tanto sorpresi quanto lusingati. Ma soprattutto felici, felicissimi». Non se l'aspettavano Paolo Imperitura e Karla Licano dell'Ombligo De la Luna: dopo solo un anno di attività il loro locale ha ricevuto l'importante riconoscimento della Guida al Piacere e al divertimento di Roberto Piccinelli. L'originale locale di Roccella è nel novero dei migliori per la sezione Art Cafè. La guida di Piccinelli, il sociologo del piacere, è la guida più aggiornata e affidabile del mondo dell'entertainment e del tempo libero. Ci trovi di tutto e per tutti i gusti: ristoranti spettacolari e alla moda, wine bar, music club, discoteche, ma anche negozi sfiziosi, alberghi da sogno, gli stabilimenti balneari più frizzanti. Da 18 anni fornisce gli indirizzi dei locali più in, più hit e più trendy. E quest'anno la guida riporta anche il nome dell'Ombligo De la Luna che
nella lingua nahuatl significa “Messico”. «Ma non si fa riferimento solo al paese latinoamericano - precisa Karla - In senso metaforico, el ombligo del la luna è anche un punto di equilibrio e d'incontro da cui tutto prende vita. La nostra ambizione è fare del locale una fonte d'alimento culturale, artistica, mentale e spirituale della Locride. Qui vorremmo portare il mondo». Un progetto notevole quello dell'Ombligo De la Luna, che punta sulla qualità del cibo e dei drink ma anche sulla qualità degli artisti di fama internazionale che allietano le serate con spettacoli teatrali e concerti. Perciò un riconoscimento del tutto meritato a quello che non è un locale ma una casa della creatività pronta ad accogliere e promuovere l'arte in ogni sua forma. Maria G. Cogliandro
Giovanni Pittari
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CULTURA
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L’esperto dott. Antonio Cassone
La rinoplastica Il naso rappresenta una parte del viso che, ove presenti dei difetti estetici, costituisce un forte condizionamento della persona dal punto di vista psicologico e, quindi, sociale. L’intervento chirurgico che elimina gli inestetismi del naso, dovuti a dismorfismi della piramide nasale, è la rinoplastica. Questa si prefigge come scopo quello di rimodellare un naso con difetti estetici e armonizzarlo con tutte le altre componenti del volto. In questa sede la competenza del chirurgo, unitamente al senso estetisco ed all’esperienza di cui deve essere dotato, è determinante poiché il medesimo in base alle caratteristiche fisiognomiche del viso del paziente ed alle, altrettanto rilevanti, sue aspettative, dovrà ottenere il migliore risultato estetico da coniugarsi sempre e comunque con
l Consigli dellaPsicologa
Lo “stile genitoriale” è la modalità educativa e accudente con cui padri e madri svolgono le funzioni genitoriali (affettiva, protettiva, regolativa, empatica) e si rapportano ai propri figli, influenzando il loro sviluppo. Questi sono i principali stili educativi: autoritario, permissivo/lassista, autorevole Nello stile autoritario i genitori sono guidati da principi molto rigidi, impongono le regole ai propri figli senza fornire alcuna spiegazione, alzano spesso la voce e perdono la pazienza, non accettano di essere contraddetti, a meno di severe punizioni. Esercitano un eccessivo controllo sul comportamento dei figli. Si dimostrano scarsamente affettuosi, distanti e freddi. Nello stile permissivo/lassista i genitori esigono poco dai figli, hanno difficoltà ad imporre delle regole o a f a r l e “I genitori spesso non aderiscono ad un unico stile rispettare. maneducativo e si ritrovano a variare combinando La canza di diversi atteggiamenti in base alle situazioni e regole procircostanze. L'importante è riuscire a mantenere voca conusione, una certa coerenza verso il bambino e accettare di fdisorientanon essere perfetti! Si può sbagliare! L'importante è mento e ammettere l'errore con se stessi e con i propri figli”. a n g o s c e nei minori. Questi ultimi, in assenza di un’autorità genitoriale, non percepiscono punti di riferimento e una guida sicura, per cui potrebbero sperimentare un falso senso di onnipotenza, da cui possono derivare problemi nelle relazioni sociali e nell’inserimento in gruppi amicali. Nello stile autorevole i genitori stabiliscono delle regole chiare e coerenti per i propri figli e pongono loro dei limiti laddove ce ne fosse bisogno. Ascoltano le richieste e le domande di chiarificazione dei figli, sono interessati alla loro opinione e disponibili alla negoziazione. Spiegano il PERCHE’ di eventuali divieti o obbligazioni. La comunicazione tra genitore e figlio è efficace. I genitori sono affettuosi. Ai figli vengono richiesti comportamenti maturi e appropriati alla loro età. È altamente probabile che i minori sviluppino buoni livelli di autostima e fiducia in se stessi, autonomia, maturità e competenza affettiva e sociale. Sono rispetDOTT.SSA tosi delle regole ma non le seguono passivamente, FLORIANA MASDEA le interiorizzano e le fanno proprie. Tale stile eduPSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA cativo incoraggia il bambino ad essere autonomo SPECIALIZZATA IN PSICOTERAPIA dai genitori e, soprattutto, a sviluppare la sua perCOGNITIVO-COMPORTAMENTALE sonalità. Questi bambini avranno minori difficoltà RICEVE PRESSO LO STUDIO RAYMAT, di relazione con i coetanei e saranno più compeVIA CALVARIO, 15\A - 89046 tenti nell’esprimere e portare avanti le proprie MARINA DI GIOIOSA IONICA (RC) idee. Questo è lo stile educativo più consono ad TEL. 0964\416856 - CELL. una buona educazione del bambino. 393\5639490
Che GENITORE sono? Stili genitoriali a confronto
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la naturalezza del risultato finale. L’Otorinolaringoiatra che esegue la rinoplastica ha, inoltre, un vantaggio rispetto ad altri chirurghi: conosce perfettamente l’organo che andrà ad operare; egli, prima di tutto, è un clinico,
L’intervista
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che conosce la fisiopatologia delle cavità nasali e che, quindi, può valutare l’opportunità di associare alla chirurgia estetica del naso una chirurgia funzionale a carico delle strutture interne (setto, turbinati, seni paranasali). L’intervento che coniuga la possibilità di soddisfare il desiderio di abbellimento del naso alla necessità di creare un’ottima pervietà respiratoria nasale è la Rinosettoturbinoplastica, associata o meno alla chirurgia endoscopica dei seni paranasali (per sinusiti croniche o recidivanti o poliposi naso-sinusali). Questo intervento nonostante abbia tempi chirurgici ovviamente maggiori rispetto alla sola rinoplastica, non costituisce un maggiore disagio per il paziente relativamente al decorso post-operatorio, consentendo di conseguire con un solo intervento più risultati. Un’accurata visita specialistica con associata endoscopia delle fosse nasali potrà mettere in evidenza quali sono i problemi estetici del naso, quali le anomalie interne alle fosse nasali che ne riducono la pervietà, facilitando le infezioni sinusali e le algie facciali, nonché rappresentare l’occasione di discutere con il paziente delle sue aspettative al fine di soddisfarle a pieno.
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Dott. Antonio Cassone Specialista in Otorinolaringoiatria Responsabile dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Cappellani-Giomi”. Messina Responsabile del DS di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Carmona”. Messina Riceve: Studio Raymat, Via Calvario 15 A Marina di Gioiosa Jonica Tel 0964 /416856; Via Riviera 13 Villa San Giovanni tel 0965/794842 339/1459340 Via Torrione 6 Reggio Calabria tel 0965/794842 – 339/1459340
Il Parkinson è causato dalla progressiva morte di cellule alla dott.saRossi Daniela nervose che producono una sostanza, la dopamina, che controlla i movimenti di tutto il corpo. La malattia si manifesta dopo la perdita del 50-60% delle cellule.
Malattia di Parkinson: cosa sapere Prende il nome da James Parkinson che per primo la scoprì agli inizi del 1800. Si tratta di una patologia che può colpire indistintamente uomini e donne a qualsiasi età, anche se in prevalenza si riscontra in pazienti sopra i 60 anni, raramente in pazienti sopra i 40 e in casi rarissimi in persone più giovani. Il Parkinson è causato dalla progressiva morte di cellule nervose che producono una sostanza, la dopamina, che controlla i movimenti di tutto il corpo. La perdita cellulare riduce sempre più la produzione di dopamina determinando la comparsa di tremori, rigidità e rallentamento nell’esecuzione di alcuni movimenti. La malattia si manifesta dopo la perdita del 50-60% delle cellule. Per saperne di più sul Parkinson abbiamo intervistato la dottoressa Daniela Rossi, neurologa. Ci sono segnali che manifestano in anticipo la malattia? Sono stati identificati sintomi precoci. Tra i primi a manifestarsi vi sono: la perdita dell’olfatto, la stitichezza, la formazione di gas intestinali, e talvolta l’incontinenza urinaria. In alcuni pazienti la malattia esordisce con disturbi del sonno quali agitazione notturna, sonnambulismo, incubi. Altri riferiscono dolore al collo o alle spalle, sensazione di rigidità o tremore interno, cambiamenti del tono della voce e della parola, eccessiva sudorazione. Infine, i parenti possono notare scarsa espressività del viso, cambiamenti della personalità, modificazioni della scrittura. La malattia di Parkinson è genetica? Le cause della morte cellulare non sono ancora note. Si ritiene che la malattia sia il risultato tra numerosi fattori ambientali a cui il paziente è esposto durante la propria vita quali sostanze tossiche,pesticidi o metalli pesanti, farmaci, stili di vita, e una predisposizione genetica ereditata all’interno della famiglia. Esiste solo una piccola percentuale di casi, rari, in cui la malattia si manifesta in conseguenza di alterazioni a livello genetico che si tramandano in più membri della stessa famiglia. Ci sono dei fattori protettivi? Sembra che il consumo di caffè protegga dalla malattia di Parkinson.Uno studio di trenta anni ha scoperto che chi non beveva caffè aveva un rischio 5 volte maggiore di manifestare la malattia, rispetto ai grandi bevitori di caffè.
Meno chiara la relazione con il fumo: non è ancora certo se sia il fumo a proteggere o se i soggetti inclini a sviluppare la malattia di Parkinson tendano ad evitare il fumo. Si può guarire dalla malattia? No, ma abbiamo a disposizione diversi farmaci che permettono di rallentare il decorso della malattia e controllarne i sintomi raggiungendo una qualità di
Dott Rossi Daniela info: 3381389245 Clinica Humanitas-Gavazzeni a Bergamo STUDIO RAYMAT, VIA CALVARIO, 15\A - 89046 MARINA DI GIOIOSA IONICA (RC) TEL. 0964\416856 - CELL. 393\5639490
vita soddisfacente. Può essere somministrata direttamente la sostanza che le cellule non producono più, la levodopa, oppure si può optare per farmaci che simulano l’attività della dopamina, chiamati dopaminoagonisti. È lo specialista che sceglie la strategia terapeutica in base alle caratteristiche di ogni paziente. Esiste una dieta per i pazienti affetti da Parkinson? Nelle prime fasi della malattia, se non è stata introdotta in terapia la L-dopa, la dieta del paziente segue lo stesso regime alimentare della popolazione normale: colazione, pranzo, cena e due spuntini. Con l’introduzione della levodopa, si consiglia di assumere a pranzo i carboidrati e a cena le proteine (carne, pesce, formaggio) per favorire l’assorbimento del farmaco. L’attività fisica è consigliata? I pazienti devono svolgere attività fisica e non interrompere i propri hobby. Sia l’attività fisica che esercizi mirati rallentano notevolmente il decorso della malattia rispetto a pazienti sedentari Esistono patologie associate alla malattia di Parkinson? Recenti osservazioni suggeriscono che il melanoma sia più frequente nei malati di Parkinson. Non è associato all’assunzione di levodopa, ma il fenomeno è dovuto alla malattia stessa. Si consigliano periodici controlli dermatologici. Quale consiglio dare a chi è affetto da Parkinson? La collaborazione tra paziente e neurologo è fondamentale nel rallentare il decorso della malattia.
RIVIERA
I Bronzi della Sbarra «Cu teni u mare, nu teni nenti» cantava Pino Daniele, ma quel niente era tutto, soprattutto pensiero. Chi vive il mare, sa bene -come sosteneva l’inesauribile Nicola Zitara- che non lo si vede con gli occhi ma lo si sente nella pancia. Di questo, a differenza di Carbonella, in basso, nella pagina accanto con lu pruppu di plastica comprato dai cinesi,i due Bronzi del quartiere dei pescatori di Siderno ci dato pronta conferma. Loro vendono esperienza e saggezza, proprio perchè tengono il mare, ovvero a niente
Due mari in uno
Come un fiume placido, i due mari scorrono e si uniscono, benedetti dall’Etna imperiosa vestita da sposa e contornata da un velo di nuvole. Le colline rugose sembrano tuffarsi nella frescura dello Stretto, terrazzamenti antichi spandono profumi di agrumeti unici, il gusto della meraviglia si rinnova, e la Calabria canta l’inno alla bellezza degli Inverni veloci.
Auguri vecchio
Mimmo & lupetto
Foto di redazione per il compleanno del nostro Ercole Macrì: Sembra che la saggezza venga con l'età ... Vedi? La vecchiaia c’è e si vede Buon Compleanno!
Se guardate un vero lupo, vedrete che ha la bocca in atteggiamento di sorriso. Ugualmente, un Lupetto deve sempre sorridere...”
Sculco’s family e la prima volta di Flora in Consiglio regionale Prima seduta del consiglio regionale ed occhi rivolti alla neo consigliera Flora Sculco (Calabria in Rete) che siede a Palazzo Campanella grazie ai 9139 voti ottenuti nella Provincia di Crotone. Da lontano la osserva il padre, l’ex consigliere Enzo Sculco, condannato a dover restituire il vitalizio e a quattro anni di carcere per concussione. Questione di telepatia?
Una sera a cena dopo tanti anni
Dopo oltre venti anni si sono ritrovati per trascorrere una meravigliosa serata buona parte dei dipendenti degli Oleifici meridionali S.p.A. di Siderno che negli anni ottanta era l'unica industria olearia di importanza nazionale operante in Calabria.
Si potrebbe andare tutti al macello comunale: Vengo anch’io... Il macello della politica italiana. La sfilata dei potenziali presidenti della Repubblica riporta all’Italietta di Machiavelli, quando agli incontri, i cardinali aspiranti papa, non bevevano per paura di essere avvelenati.
Posa la Quaglia
CharlieHebdo
Peppino: Quaglia. Totò: No. Peppino: Sì. Totò: Veramente? Peppino: Sì. Totò: Ah, lei fa Quaglia? Peppino: Sì. Totò: Dove si trova? Peppino: Sì. Totò: Me ne fa una? Peppino: Di che cosa? Totò: Di Quaglia.
Pour la liberte' d'expression. Contre toutes les formes de fondamentalisme. Aujourd'hui nous sommes Charlie! con Romano Pitaro, Luisa Lombardo, Cinzia Papaleo e Antonio Federico. Anche dal consiglio regionale arriva piena solidarietà ai colleghi francesi per il feroce attentato subito in redazione e costato la vita a 11 giornalisti.
Viva l’integrazione Il nostro Ilario Ammendolia tiene in braccio la sua mascotte mentre .....abbraccia il nostro amico .....quando di parla di integrazione i cauloniesi rispondono sempre.
Un “pomelo” d’eccezione
Il pomelo è un agrume che viene consumato per intero in una sola famiglia considerata la sua dimensione e la sua bontà. La sua coltivazione ha preso piede anche in Calabria. Una pera gigante con spicchi simili a quelli del limone.
SETTIMANALE
www.larivieraonline.com
l’ex golden boy del calcio italiano, Gianni Rivera ed il dipendente del comune di Caulonia alias “Rivera”e non “Riviera”. Per i due una grande somoglianza che viene evidenziata dalla foto in alto. Capelli grigi alla Ravanelli ed anche molto talento nei rispettivi campi professionali. Quando si dice che la “classe non è acqua”
“Dammi una pruppara che mi taglio la seppia”. Nuovo record di pesca a lenza per il signor Nicola Giglio. Dalla spiaggia sul lungomare di Siderno ha tirato fuori dal mare questo splendido esemplare di “pruppu” calabrisi. Riferendosi al nostro Ercole ci ha detto: dicitisi du Erculi ca mo vidimu si trova a nattu chi piscau nu pruppu cchju grossu i chistu! la risposta di Ercole: Cari Lettori non si tratta di un pruppo, ma di una pruppissa gnognò, schiumputa come aglivi da Siberia. Carbonella Bassignac è il classico pescatore che confonde lo scorfano con il merlezzo
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La nota show-girl italiana non più giovanissima ma sempre bellissima Raffaella Carrà fotografata eccezionalmente da Pepè Cavallo, fotografo di Locri, nel lontano 1978 presso la Taverna di Zio Tom. Peccato che non sia visibile ombelico “alla bolognese” che l’ha resa famosa nel mondo. Si chiama: Tuca Tuca, Tuca, l'ho inventato io,per poterti dire: "mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi pia!"
Spruppamundi l’ossu Nicola Giglio n.1
DOMENICA 18 GENNAIO
Giuseppe Meleca e Pino Fimognari della Vecchia Hostaria alle prese con l’osso da cardara. Come recitano alcuni conosciuti proverbi calabrese: “Cu si mangiau a carni, mu si spruppa l’ossu”. Buon appetito cari amici, e ricordatevi che presto verremo a trovarvi per le cicciole e le frittole.
Nicola Irto e Peppe Neri
Il ritorno di Nitochilocal
I neo consiglieri regionali Nicola Irto insieme a Giuseppe Neri. L'abilità politica è l'abilità di prevedere quello che accadrà domani, la prossima settimana, il prossimo mese e l'anno prossimo. E di essere così abili, più tardi, da spiegare perché non è accaduto” Winston Churchill
Abbiamo rivisto nella nostra redazione con immenso piacere il nostro grande amico nonchè cantautore Benito Prochilo. Un caro saluto con la speranza di poterlo rivedere al più presto sul palco.
Questione di feeling Cosa si saranno detti Demetrio Naccari Carlizzi e Pino Mammoliti per mostrarsi così sorridenti! Una ventata di novità all’interno del Partito Democratico Calabrese. Il nostro sorriso è più giovane di noi. (Roger Judrin)
Riflessi Jonici di C. Niutta Qualcuno mi saprebbe spiegare perché ci dobbiamo specchiare sempre nella mm....ops scusate, fogna!
Campisi presente Il consigliere provinciale di centrodestra Pier Francesco Campisi presente alla prima del consiglio regionale. Il nostro fotografo ha colto di sorpresa uno dei pochi rappresentanti dell’area berlusconiana impegnato in aspre battaglie politiche per la risoluzione della problematica della carenza idrica nel borgo storico di Caulonia Superiore. Chissà se proprio Oliverio vicino al sindaco Riccio, non potrà dargli una mano d’aiuto?
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