Riviera nº 8 del 17/02/2019

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vetrina

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Furgiuele tuttofare: da commentatore dall’inglese aulico a espressione di coerenza leghista Non volendo essere da meno del suo “capitano”, anche il capogruppo della Lega calabrese Domenico Furgiuele ha dedicato il “buongiornissimo” della domenica mattina all’esito del Festival di Sanremo. Entrato a gamba tesa nella polemica relativa alla “vittoria politica” del cantante Mahmood, in un pungente post apparso sul proprio profilo Facebook il capogruppo ha dichiarato che il Festival assomiglia sempre meno alla festa della musica italiana e avrebbe piuttosto assunto i connotati (scrive sfoggiando la propria conoscenza dell’inglese aulico) di un “talent schoe”. Fortunatamente, dimostrando di

possedere la grandezza morale di chi è convinto di non aver fatto tutto alla perfezione, Furgiuele, qualche minuto più tardi, è tornato sul proprio post e si è reso conto del refuso, sostituendo l’espressione con la ben più ponderata “talent schow”. Ma lo schoe, anzi schow (forse è meglio che noi utilizziamo il più tradizionale “show”, visto che la nostra professione di giornalisti ci espone più facilmente all’accusa di essere ignoranti) del capogruppo della Lega è continuato anche durante la settimana, e per la precisione in occasione delle “severe ma giuste” critiche che il Ministro dell’Istruzione leghista Marco

Bussetti ha rivolto agli insegnanti del sud. “Evidentemente a qualcuno non va proprio giù il fatto che, in soli otto mesi di governo - scrive Furgiuele in una nota stampa, - l’attuale titolare del MIUR sia già riuscito a destinare risorse finanziarie ingenti, da nord a sud e senza discriminazioni, per migliorare le condizioni di una delle colonne portanti del Paese come l’istruzione e delle sedi in cui essa viene garantita. Con buona pace per la ‘Buona scuola’ renziana, il Ministro Bussetti sta ponendo in essere misure che finalmente spazzeranno via quel precariato sul quale i governi passati hanno speculato in

modo indecente. Siamo di fronte all’operato di un ministro dalla grande visione e operatività, al quale confermo vicinanza e sostegno. Ciò perché ne conosco i progetti e l’amore per la nostra terra”. Ecco, Domenico, sarebbe carino, a questo punto, se rendessi anche noi partecipi di questi progetti e di questo amore, dato che Bussetti, evidentemente impegnato con cose ben più importanti del futuro dei ragazzi meridionali, continua a non spendere nemmeno una parola (se non di biasimo) per le scuole del sud. Inoltre ti inviteremmo, la prossima volta, a metterti d’accordo con il suddetto Ministro in meri-

to alle dichiarazioni da rilasciare. A causa del nostro basso quoziente intellettivo, infatti, troviamo incoerente il fatto che, se come dici tu Bussetti è già riuscito a “destinare risorse finanziarie ingenti, da nord a sud e senza discriminazioni”, alla domanda diretta di un nostro collega ad Afrogola sui fondi da destinare alle scuole meridionali il Ministro abbia affermato: “Non fondi, ma impegno, lavoro e sacrificio”. Aveva bisogno di deviare l’attenzione da qualcosa o è stata una sagace tattica attuata per smascherare quelli che amichevolmente definite “piddioti”?

ROCCELLA IONICA

Il mosaico di Nik Spatari deve essere recuperato! Nonostante il succedersi delle denunce e delle segnalazioni, continua a versare in un completo stato di abbandono il mosaico che, nell’ormai lontano 1986, Nik Spatari ha installato presso il Largo delle Colonne di Roccella Jonica. Composto all’incirca da 40mila tessere distribuite su 18 metri quadrati, l’opera, del valore stimato di circa 1 milione, narra il mito dell’origine della Città ma, mai sottoposto a manutenzione, è oggi ricoperto in più punti da erbacce ed è ormai orfano di diverse sezioni. Questa situazione si è purtroppo venuta a verificare anzitutto per la poca pubblicità fatta attorno all’opera e alla sua poca fruibilità, che ha fatto sì che incuria e oblio la trasformassero nel relitto di un’antica bellezza che pare ormai irrecuperabile. Rilanciamo, allora, l’appello che fece, ormai 9 anni fa, il preside Giovanni Pittari, che invitò le istituzioni, dalle colonne di un periodico roccellese, ad “adottare” questo monumento e farne un fiore all’occhiello del patrimonio culturale non solo roccellese, ma dell’intera Locride e, perché no, di tutta la Regione Calabria. L’estro e la disponibilità di Nik garantirebbero infatti un rapido restauro del mosaico e un piccolo impegno da parte dell’Amministrazione Comunale di Roccella, dell’Assemblea dei Sindaci della Locride, della Città Metropolitana o dell’assessorato alla cultura calabrese permetterebbe al comprensorio di riportare all’antico splendore un’attrazione per troppi anni ingiustamente dimenticata.

“Io, figlio di pastori, soffro nel vedere la lotta dei pastori sardi” Ho scritto tante volte che mia mamma, la sua mamma e la sua nonna, erano tutte figlie di pastori. Ho memoria dei miei zii Aleandro e Rolando, quando in Maremma mungevano all’alba o alla sera le loro pecore. Ancora sul Pratomagno ci sono le rovine della casetta di nonno Chiappino. Anche lì si mungeva e si cagliavano i formaggi. Sono cresciuto con quei profumi e quella storia. Oggi soffro nel vedere la lotta dei pastori sardi. Quindi conosco bene quale sia il loro duro lavoro. Comprendo il dramma e la rabbia di chi sottrae latte alle madri e agli agnelli per i nostri cappuccini e non per gettarlo per strada. È intollerabile che a tutto ciò si risponda con 60 centesimi per un litro! Enzo Brogi


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attualità www.larivieraonline.com

La legge sulle autonomie o meglio la secessione mascherata delle Regioni ricche rappresenta il dispiegamento di una strategia neo coloniale verso il Sud che non ha eguali nella storia. Un attacco all’Unità della Patria. Un tradimento alla Costituzione. Se ci saranno le condizioni e le disponibilità, questo giornale, unitamente all’associazione “22 ottobre” e a chiunque voglia esserne parte, creerà i supporti tecnici per vedere quante persone sono disposte a creare una grande mobilitazione a Roma. Come punto di partenza e non di arrivo di una mobilitazione permanente. Una grande onda che partendo da più punti del Sud e d’Italia arrivi nella Capitale.

Onda calabra

Ben due anni fa l’Associazione “22 ottobre” ha messo in piedi l’unica iniziativa contro la sessione, iniziativa replicata il 7 dicembre dello stesso anno. Abbiamo invocato aiuto che non è arrivato. I nostri “dirigenti” hanno fatto finta di non vederci e di non sentirci. Alcuni solo per miopia, altri perché si sono accorti con solo due anni di ritardo, altri ancora per mero conformismo.

ILARIO AMMENDOLIA

ei giorni scorsi la polizia ha arrestato un gruppo di 11 anarchici colpevoli, secondo il questore di Torino, di voler sovvertire lo Stato democratico (che non c’è più!). Ci sarebbe da ridere se non ci fossero motivi seri per piangere a dirotto! La legge sulle autonomie o meglio la secessione mascherata delle Regioni ricche rappresenta il coronamento di una lunga azione sovvertitrice e il dispiegamento di una strategia neo coloniale verso il Sud che non ha eguali nella storia. Un oggettivo attacco all’Unità della Patria (nel senso più nobile della parola) Un tradimento alla Costituzione. Un atto di pirateria delle forze del privilegio (che gestiscono lo Stato) contro la parte più debole del paese. La Costituzione prescrive che lo “Stato” ha il dovere di rimuovere le cause delle disuguaglianze tanto tra cittadini che tra territori della stessa Nazione. Finora non l’ha fatto! È ciò costituisce una grave responsabilità politica delle classi dirigenti presenti e passate. Adesso, però, si fa un ulteriore salto di “qualità” perché con l’approvazione della legge secessionista sarà lo Stato a essere vettore delle disuguaglianze, e causa prima del sottosviluppo di intere aeree del Paese e della conseguente emarginazione sociale. Non crediate che esageri se dico che si stanno gettando le basi per la latente “guerra civile” di domani. I Costituenti si rivolteranno nella tomba! I “Patrioti” del Nord e del Sud non avrebbero esitato un solo attimo a scendere in piazza perché l’Italia non ritorni a essere quella che Metternich definiva “una mera espressione di carta geografica”. Io sono un Italiano che abita in Calabria. In questi giorni sto rileggendo alcune lettere che la madre di mio nonno mandava si suoi quattro figli in guerra. Due morirono a causa del conflitto, uno fu ferito gravemente sul Carso e promosso sul campo di battaglia.

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Sono contro tutte le guerre e contro ogni tipo di violenza ma vi domando: si può sputare così impunemente su questo sangue e su tante vite distrutte? Decidete voi! Lunga è stata la strada per arrivare al punto in cui siamo: da “briganti” hanno dovuto trasformarci in emigranti per rapinarci di uomini e risorse. Successivamente da “terroni “ ci hanno trasformato in criminali per ottenere la nostra resa senza condizioni. In questi anni lo abbiamo gridato con quanto fiato abbiamo avuto in gola: la ’ndrangheta per noi è stato un dramma umano e sociale, per le classi dirigenti è stata una manna dal Cielo e un alibi per creare le basi della nostra sconfitta. Riflettete sul fatto che mentre ci tagliano scuole, ospedali, strade, ferrovie, assistenza ci promettono più uomini armati per mantenere la loro “legge” e il loro ordine. Ma ci può essere mai una legge e un ordine essiccando la Fonte da cui queste dovrebbero discendere? Che senso ha parlare di legge e umiliare la Costituzione? Perdonatemi l’ardire ma non avrei esitazioni nel rispondere: “tenetevi anche i vostri militari perché sono completamente inutili – anzi dannosi – nel momento in cui si rinuncia a sradicare le cause del malessere sociale”. Solo nelle colonie, lo Stato si manifesta con l’ostentata presenza militare. I sovversivi non sono gli anarchici ma i ministri e i deputati inconsistenti di questo Stato (e non solo dell’attuale governo). Sono costoro e pezzi importati del “potere costituito” che dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati per essere giudicati da Tribunali del popolo italiano e della storia con l’accusa di alto tradimento e di sovversione dello Stato repubblicano. Altro che anarchici! In questo momento storico noi meridionali siamo tremendamente soli o quasi (il quasi si riferisce alle posizioni di Landini): traditi dai partiti (tutti), ignorati dalla grande stampa (che sta solo al Nord), rimossi dal dibattito nazionale umiliati dalle “nostre” pseudo classi dirigenti . Si sta commettendo un crimine contro il nostro popolo e gettando le basi per la colonizzazione interna.

Non so quanti lo ricorderanno, ma ben due anni fa abbiamo creato l’associazione “22 ottobre” (data del referendum secessionista) mettendo in piedi l’unica iniziativa contro la sessione, iniziativa replicata il 7 dicembre dello stesso anno. Abbiamo invocato aiuto che non è arrivato. Volutamente la nostra associazione non ha né capi, né gregari, né rivendica diritti di primogeniture. I nostri “dirigenti” hanno fatto finta di non vederci e di non sentirci. Alcuni solo per miopia, altri perché si sono accorti con solo due (2) anni di ritardo, altri ancora per mero conformismo. I più perché – a ogni livello e salvo qualche eccezione – le attuali classi dirigenti del Sud sono tra le più cialtrone, oziose, sciatte e conformiste che mai ci siano state imposte nella nostra lunga storia. Oggi dobbiamo scegliere. Non chiediamo più una firma per un appello come abbiamo fatto due anni fa. Se ci saranno le condizioni e le disponibilità, questo giornale, unitamente a “22 ottobre” e a chiunque voglia esserne parte, creerà i supporti tecnici per vedere quante persone sono disposte a creare una grande mobilitazione a Roma. Come punto di partenza e non di arrivo di una mobilitazione permanente. Una grande onda che partendo da più punti del Sud e d’Italia arrivi nella Capitale. Non contro la gente del Nord che sono nostri fratelli ma come si diceva un tempo: “Nord e Sud uniti nella Lotta!” Con una piattaforma semplice e comprensibile: Per salvare l’Italia! Per l’attuazione integrale della Costituzione! Per l’abolizione del titolo V! Per lo Stato di diritto! Per il riscatto del Sud! Una valanga per quanto grande prende sempre forma da una palla di neve e noi dobbiamo dimostrare se meritiamo il loro disprezzo o siamo ancora in tempo a scrivere la nostra storia.


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INTERVISTA A TRE DONNE DEM CALABRESI

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Prima di capire da dove il PD debba ripartire è necessario avere chiari gli errori commessi. La débâcle del 4 marzo scorso è tutta colpa di Renzi?

Zingaretti, Martina e Giachetti hanno presentato le loro ricette per risollevare il partito. Quale l'ha convinta di più E perchè?

Il PD è consapevole di poter tornare forte e credibile solo se riprenderà a dialogare con le persone, a battere palmo a palmo i territori. Lo sa ma non fa...

Il PD riconquisterà il suo popolo? MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Eclissato mediaticamente dall'esasperato ed esasperante protagonismo di Salvini, pietrificato nell'attesa di assistere all'insuccesso altrui, incapace di offrire un’alternativa alla politica schizzofrenica del governo legastellato, il PD è finito nell’angolo buio di una narrazione che lo vede come principale responsabile di quanto è andato storto nell’ultimo decennio. Per capire se da quell’angolo sia possibile uscire, in vista della primarie del 3 marzo prossimo, abbiamo intervistato tre donne del PD: Maria Carmela Lanzetta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie nel Governo Renzi, notoriamente vicina all'ex ministro Delrio, uno dei maggiori sostenitori di Maurizio Martina; Maria Foti, assessore comunale di Montebello Jonico, che ha sposato la mozione di Roberto Giachetti; e Barbara Panetta, dirigente regionale del PD, che sostiene invece Nicola Zingaretti.

Al PD si rimprovera la mancanza di un piano, o quanto meno di una visione, che appassioni. Ammonire le irragionevolezze della maggioranza giallo-verde non basta. Un'idea forte per ricomporre la rottura sentimentale con gli elettori?

Elezioni regionali in Abruzzo, vince il centrodestra ma per il centrosinistra si riapre la speranza davanti alle crepe ormai evidenti nel fronte gialloverde. Il PD saprà approfittarne? Una delle lezioni di Legnini, candidato del centrosinistra in Abruzzo, è che il PD da solo non basta, il mito dell'autosufficienza va archiviato. Si seguirà questa strada anche in Calabria?

Garantire più spazio alle donne nei consigli regionali è stata una delle battaglie PD. Eppure la Calabria, a guida PD, non ha ancora adeguato la propria legislazione elettorale alla legge Maturani, legge del 2o16 che obbliga le Regioni a introdurre la doppia preferenza di genere e le quote rosa nelle liste elettorali. Quali sono le ragioni di questo ritardo?


MARIA CARMELA LANZETTA

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L’errore più evidente è stato il referendum del 4 marzo, attraverso il quale, secondo me, sarebbe stato opportuno proporre solo la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione, rimandando tutto il resto. Avremmo evitato la richiesta di autonomia delle regioni del Nord. Ma c’è anche stato un problema di comunicazione e troppo individualismo. Durante la campagna elettorale del 4 marzo, ho constatato che i cittadini facevano fatica a ricordare le tante cose positive del governo Renzi. Per esempio il Rei, approvato molto tardi, è stato, dal punto di vista comunicativo, coperto dal reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia fondante dei 5S. Io, in questa fase difficile e complessa, avrei auspicato una scelta unitaria da ritrovare senza primarie, ma con un congresso da fare a pochi mesi del voto del 4 marzo, proprio per far capire ai cittadini che si voltava pagina. Sì, lo fa male. Ho fatto parte della Direzione Nazionale, ma come rappresentanti dei territori avevamo pochissimo spazio. Io sono intervenuta parlando di alcune problematiche ambientali calabresi. Ho perfino chiesto a Orfini di dedicare sovente la Direzione ai problemi dei territori dando soprattutto la parola ai delegati dei territori, ma niente da fare.

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MARIA FOTI

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Le “crepe” sono quelle dei grillini, e il Pd sbaglia se pensa di poter crescere solo in questo modo. Deve invece farlo ritrovando e proponendo i temi portanti già citati, ma deve farlo con una sola voce, lavorando sui territori. Purtroppo l’arrivo del commissario in Calabria non ha cambiato nulla, in termini del solito modo di operare. Il commissario avrebbe dovuto, secondo me, iniziare il suo percorso conoscitivo incontrando i circoli e i simpatizzanti, dimostrando che il Pd aveva capito la lezione. E invece… Capire le ragioni riesce un po’ difficile, prevale ancora un modo di agire e di pensare non più consono ai tempi. Però il Consiglio regionale ha agito per primo diffidando il Governo nazionale sull’autonomia del Nord. Per cui il mio appello è che i Consiglieri tutti, all’unanimità, portino all’approvazione, al più presto, di quella che è una norma di crescita e di civiltà.

Non credo sia solo colpa sua, certamente ha commesso degli errori, primo fra tutti quello di puntare sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che pur avendo come fine nobile lo snellimento delle procedure di approvazione delle leggi mediante il superamento del bicameralismo perfetto, si è strasformato in un referendum sull’operato del Governo Renzi, favorendo la concentrazione di tutte le opposizioni contro la maggioranza di Governo. Del resto, all’ex Premier va riconosciuta l’onestà intelletuale di aver mantenuto fede alle preannunciate dimissioni in caso di sconfitta. La mozione Giachetti-Ascani. Rivendica con orgoglio i risultati dei cinque anni di governo di centro sinistra sul lavoro, sulla crescita economica, sulle disuguaglianze, sulla scuola, sulla sicurezza, facendo tesoro degli errori commessi e rimarcando l’importanza di parlare a tutti sempre con la verità, con linguaggio semplice e concreto, anche quando si rischia di essere impopolari. In particolare, mi ha convinta la visione di un'Italia che deve crescere di fronte alle enormi sfide della globalizzazione e può farlo solo unita e solo se la solidarietà è accompagnata allo sviluppo. Questo è senz’altro il problema principale per cui elettori e sostenitori che ci avevano dato fiducia, sino ad arrivare al picco massimo del 40% delle ultime consultazioni europeee, nel tempo ci hanno abbandonati. Dobbiamo cambiare l’immagine sbagliata di un partito che sembra rappresentare i poteri forti, un partito radical-chic, che abbandona le classi più deboli e favorisce le classi medio-alte. Per questo è necessario ritornare nelle piazze, nelle strade, nei luoghi di incontro, parlare con le persone, ascoltare i loro bisogni, le loro esigenze, le loro paure e preoccupazioni, altrimenti si perde di vista la realtà del paese e si crea uno scollamento fra gli eletti e gli elettori, con le conseguenti débâcles che da qualche anno a questa parte subiamo nelle diverse competizioni elettorali Il centro-sinistra non solo in Europa ma in tutto il mondo sta attraversando un momento di crisi legato soprattutto all’incapacità di rappresentare un modello progressista, che negli anni passati, alternandosi ai modelli liberali, ha

BARBARA PANETTA

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Un'idea forte significa intanto parlare una sola lingua comprensibile per mettere in primo piano il lavoro, le piccole imprese, la sanità, l’istruzione, i trasporti e il sostegno alle donne che lavorano come la leva attraverso la quale sollevare il Sud soprattutto. Senza lo sviluppo e il progresso del Sud, l’Italia non farà significativi passi avanti. Ma significa proporre anche un’altra idea di Europa Unita, per non lasciarla nelle mani dei vari sovranismi.

Certamente no. Non sono stata una sostenitrice della sua linea politica, elitaria e assolutista, ma sarebbe banale e pericoloso scaricare ogni responsabilità su una singola persona. La crisi del Partito Democratico parte dalla mai realizzata fusione tra i due blocchi fondativi e si acuisce con l'avanzare della crisi dei valori e del lavoro. Ci siamo separati dal Paese, non abbiamo avuto la capacità di stare dentro i problemi delle persone, non li abbiamo sentiti nostri. Con l'ansia di inseguire gli altri, ci siamo lasciati convincere che non esistono più i princìpi della destra e della sinistra e abbiamo rinunciato anche al senso di appartenenza. Pro quota, ognuno dovrebbe sentirsi responsabile. Zingaretti, senza dubbio. Mi ha convinta immediatamente, credo sia la persona giusta per la svolta del Partito Democratico. Umile e determinato, saprà dare respiro ai valori riformisti, progressisti ed europeisti della nuova sinistra italiana. Inoltre, la sua mozione ha una proposta strutturata per il Mezzogiorno il cui sviluppo non è trattato come una questione a sè stante, ma interconnessa alla visione sul resto del Paese. Nord e Sud sono realtà diverse, ma non sganciate. Condivido la sua idea di affiancare alla lotta alla criminalità organizzata un piano di investimenti per la mobilità, per le infrastrutture sociali, per il lavoro, per il risanamento ambientale, i servizi pubblici essenziali, la cultura, l'istruzione e la ricerca; così come condivido la riproposizione del credito d'imposta per gli investimenti e l’idea di istituire una Agenzia euromediterranea per lo sviluppo. Zingaretti abbandona la retorica delle eccellenze, preferendo la valorizzazione dei talenti e delle energie presenti che chiedono risposte e opportunità, tenendo insieme chi nel Mezzogiorno ce la fa, produce e lavora e chi è rimasto indietro. Il congresso serve anche a questo (a proposito, io lo avrei fatto prima), ritrovare una guida e una linea politica che mettano questa consapevolezza dentro una strategia comune. In questo momento tutto è affidato alla buona volontà dei dirigenti e degli eletti. Ognuno in ordine sparso.

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È assolutamente necessario risollevare il morale, non limitarsi ad aspettare e sperare di fronte alle crepe ormai sempre più evidenti del fronte gialloverde, dove le tante contraddizioni giornalmente si manifestano. Le elezioni abruzzesi dimostrano che il PD allargato alla società civile, come sperimentato da Legnini, può ancora ottenere buoni risultati elettorali. Considerato che siamo ormai prossimi alle elezioni regionali, anche in Calabria, facendo tesoro di quanto sperimentato in Abruzzo, chiunque sarà candidato a rappresentare il centrosinistra unito, dovrà cercare di aprire a tutte quelle forze sane presenti nel territorio come le associazioni, i sindacati, la scuola, l’università coinvolgendoli sia nella fase programmatica che in quella eventuale di governo.

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permesso al nostro Paese e all’Europa intera di vivere in pace e armonia; ciò premesso, l'ondata popolar-sovranista che ben interpreta questo Governo, che non nasconde le simpatie per l’America di Trump, per la Polonia dei fratelli Kaczynski, per l’Ungheria di Orban, alla lunga ci porterà a un isolamento non solo in Europa ma anche nel resto del Mondo. L’alternativa credibile che il Pd deve mettere in campo per contrastare questo populismo è il tema del lavoro; ben vengano, pertanto, strumenti a sostegno dei meno abbienti come la Rei, prima, e il Reddito di cittadinanza, adesso, ma solo dando un'opportunità vera e stabile di lavoro, si riesce a dare quella dignità alle persone rendendole liberi e capaci di acquisire quei diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, quali il diritto alla salute, all'istruzione etc.

Purtroppo la Calabria è una delle Regioni inadempienti e nonostante gli impegni presi dall’attuale Consiglio Regionale, questa proposta di legge, sostenuta trasversalmente da diverse rappresentanti del mondo femminile, pur annunciandola ad oggi non è stata calendarizzata. Sono comunque fiduciosa che prima della conclusione dell’attuale legislatura la doppia preferenza di genere diventerà legge.

Il lavoro e la tutela dei diritti. Non serve inventarsi nulla, basta accorgersi che viviamo in una nuova era sociale ed economica dove i luoghi della lotta sono cambiati. Non esistono più le fabbriche e i contratti di lavoro per come li abbiamo concepiti fino a un decennio fa, fioriscono nuove professioni da regolamentare e nuove forme di mercato dentro cui stare. Le politiche, come le tutele sindacali, devono adeguare la loro proposta ai nuovi bisogni delle categorie sociali. Non esistono più confini e geografie, il mondo è un meraviglioso spazio aperto, in alcuni casi ancora da disciplinare, e avere una visione d'insieme su questi aspetti e sul diritto alla pace e all’accoglienza sarebbe la più forte delle idee.

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Il Partito Democratico di Zingaretti avrà le carte in regola per ricomporre la rottura con il suo universo di riferimento, dentro un progetto ampio, inclusivo e solidale. Non sarà necessario approfittare delle debolezze altrui, daremo al Paese la proposta che non abbiamo saputo mettere insieme alle ultime politiche, a partire da una profonda revisione del regionalismo differenziato. Mario Oliverio è stato precursore in tal senso, lanciando l'idea di un fronte civico allargato già un anno fa. In una società aperta non possiamo pensare che un partito debba rappresentare tutti da solo, l'idea dell'autosufficienza è stata una delle miopie del Partito Democratico. La Calabria è fucina di personalità socialmente e culturalmente pronte a dare il loro contributo, così come lo sono le centinaia di amministratori che hanno chiesto al presidente di ricandidarsi. Nessun ritardo. La doppia preferenza di genere sarà una delle novità della prossima tornata elettorale, così come confermatoci dal presidente Oliverio, in riunione con una rappresentanza delle donne del Partito Democratico, e dal capogruppo Sebi Romeo. La nuova legge elettorale calabrese, la cui formulazione è in itinere, accoglierà alcune indicazioni della Corte Costituzionale e riconoscerà la doppia preferenza. Per quanto riguarda le quote di genere nelle liste, il Partito Democratico le applica già.

Formula Abruzzo? Provala anche tu! Le elezioni abruzzesi si sono svolte, tutto sommato, secondo copione. Le solite facce catodiche, che dal mattino alla sera ci ammanniscono commenti, si sono sprecate sul tracollo dei 5 Stelle, che in realtà è una riduzione del gradimento, visto che, duri ma soprattutto puri, si ostinano a non cercare alleanze e a non presentare più liste a sostegno del candidato presidente, condannandosi a soccombere nella corsa alla preferenza tipica delle elezioni regionali… Per di più di solito cercano con il lanternino candidati che non aiutano. Il PD ha ottenuto un risultato apprezzabile, visto che in molti si aspettavano che la lista di partito avrebbe ottenuto un risultato a doppia cifra solo con la virgola in mezzo e invece la soglia del 10% è stata superata: è già una cosa. Certo non dappertutto il centro-sinistra dispone di un fresco ex-vicepresidente del CSM, il secondo magistrato d’Italia (benché non togato), da poter schierare come candidato governatore: Legnini in ogni caso ha dato buona prova di sé, salvando la faccia a tutta la baracca. Peraltro affollatissima, dato il sostegno di una quantità impressionante di liste civiche di rincalzo. Ma la vera novità di queste elezioni è la sperimentazione di una nuova formula per il centrodestra, utile a uscire dall’impasse di cui abbiamo scritto nelle scorse settimane. Focalizziamoci sulla Calabria. Una pachidermica Forza Italia sprofonda nel caos più totale, con il Cavaliere che alle nostre latitudini non dà segno di esistenza in vita e una dirigenza locale a volte buona e molto buona, spesso inadeguata, talora folkloristica. Fratelli d’Italia piace, ma non decolla. La Lega esplode, ma ha una dirigenza piuttosto carente. Usando Formula Abruzzo, una soluzione ci sarebbe. Lo schema è semplice: un candidato presidente di Fratelli d’Italia serio, credibile, paesano al 100% (non come il buon Marsilio nato e cresciuto a Roma), già testato in altri incarichi (avete capito a chi pensiamo, no?); un paio di liste con nomi suggestivi (tipo “Prima la Calabria” o “Forza Calabria”), con persone gradite a tutta la compagine, che facciano da collante, e le singole liste di partito. È possibile che Forza Italia resista più che in Abruzzo, come che la Lega faccia un po’ meno bene e che Fratelli d’Italia si difenda a percentuali comunque sotto il 10, ma sono dettagli. L’importante è dare qualche chance al centro-destra calabrese di non sembrare il circo Barnum proprio nel momento in cui è pressoché impossibile che perda - e Forza Italia, se lasciata a se stessa e alle proprie dinamiche autolesionistiche, non sembra garantire neppure questo (modesto) risultato. Gog&Magog


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attualità

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Dopo due anni di commissariamento in seguito allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, nel giugno 2017 il ritorno alle urne dei bovalinesi ha decretato l’elezione di Vincenzo Maesano e del Movimento Culturale Agave alla guida del paese. A distanza di un anno e mezzo dalla sua elezione a sindaco di Bovalino, abbiamo dialogato con Maesano della situazione politica attuale, dei traguardi raggiunti dalla sua giunta e dei progetti futuri per la città.

INTERVISTA A VINCENZO MAESANO

“I bovalinesi devono ritrovare l’entusiasmo di vivere il proprio paese”

“Ciò che occorre a Bovalino è una ventata di ottimismo. Per anni i bovalinesi hanno creduto di essere un brutto anatroccolo. Bisogna invertire questo trend negativo”

Le elezioni in Abruzzo hanno confermato un aumento di consensi in favore della Lega e una flessione del Movimento 5 Stelle. Sulla base di questi dati, come vede la situazione politica in Italia? Sicuramente la Lega è la forza trainante di tutta la maggioranza e il dato in Abruzzo ne dà conferma. I partiti tradizionali, come il PD o Forza Italia, pagano il dazio di anni di politica che ha saputo rinnovarsi solo con le parole e non in modo concreto. Per quanto riguarda il Governo Lega/5 Stelle bisogna vedere se le misure adottate possono portare effettivamente a una crescita reale del Paese e non siano soltanto chiacchiere. L’Associazione dei Sindaci riveste un ruolo importante nell’affrontare le problematiche presenti nel nostro territorio, tuttavia, il suo operato è sempre stato poco incisivo. Secondo lei, in che modo potrebbe migliorare la sua funzione? Credo che il modo migliore di raggiungere gli obiettivi in maniera concreta risieda in una maggiore partecipazione dei comuni presenti all’interno dell’Associazione. Tale presenza, purtroppo, alcune volte è mancata su argomenti anche rilevanti per il nostro territorio. Parliamo di Bovalino. Ci dica tre traguardi raggiunti dalla sua amministrazione. Il primo è l’ottenimento di una serie di finanziamenti pubblici. Attualmente, il comune si ritrova in una situazione economico-finanziaria che non permette di fornire tutti i servizi pubblici essenziali. Per far fronte a queste carenze, abbiamo partecipato a una serie di bandi che ci hanno permesso di ottenere quasi 7 milioni di euro da destinare a tali servizi. Altro importante traguardo incassato è il sistema di raccolta differenziata porta a porta, entrato a regime nel giro di appena un anno. A partire dalla distribuzione dei mastelli ai cittadini, nell’arco di appena sei mesi abbiamo raggiunto il 46% di rifiuti differenziati. Purtroppo, alcuni incivili continuano a deturpare il paesaggio non rispettando le regole, ma li stiamo combattendo grazie a un valido sistema di videosorveglianza. Infine, abbiamo avviato un percorso in

grado di collocare Bovalino al centro del panorama culturale nazionale. A pochi mesi dal mio insediamento, infatti, siamo riusciti a realizzare la prima edizione del premio letterario “Mario La Cava”, che abbiamo replicato con successo nel dicembre del 2018. Nella primavera scorsa, inoltre, i cittadini di Bovalino superiore hanno partecipato alle giornate FAI e, infine, abbiamo ottenuto un finanziamento per la creazione dell’archivio storico comunale. Quali altri obiettivi vorreste raggiungere? La politica di cambiamento seguita dalla nostra amministrazione mira al completamento delle opere pubbliche rimaste incompiute per oltre venti anni: il Centro Polifunzionale, il Centro La Cava, il Palatenda. Oltre a queste opere, abbiamo anche avviato l’iter per redigere il Piano Spiaggia e il Piano Strutturale Comunale. Ultimo, ma non meno importante, è il risanamento economico e amministrativo dell’Ente e degli uffici. In passato si è discusso molto del dissesto di Bovalino. È stata una scelta forzata o si poteva evitare? Purtroppo è stata una scelta tanto dolorosa quanto inevitabile. La mia amministrazione ha sostanzialmente formalizzato una situazione venutasi a creare nel 2013 con il ricorso al Fondo di Rotazione per il pagamento dei debiti fuori bilancio. Oggi, grazie all’impegno profuso e i sacrifici fatti, il Ministero dell’Interno ha approvato l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, che ci permetterà di porre fine alla questione dissesto. I gruppi di opposizione hanno lamentato la mancata assegnazione di un locale idoneo allo svolgimento del proprio mandato presentando, anche, una mozione in Consiglio Comunale. Cosa risponde? Partiamo dal presupposto che il palazzo comunale, purtroppo, è strutturato male. Io, ad esempio, condivido la mia stanza con tre assessori. Detto ciò, in una mia comunicazione avevo reso noto che l’opposizione poteva utilizzare il locale della Sala Consigliare come propria sede. Quello che chiedo sia all’opposizione sia alla maggioranza è di render-

si conto che non ci sono locali idonei allo svolgimento di tutte le attività. Parliamo dell’emergenza stradale. Per risolvere il problema delle numerose buche presenti, l’opposizione aveva proposto di rinunciare al gettone di presenza di tutti i consiglieri nonché di imporre una trattenuta del 10% sull’indennità di carica dei componenti di giunta. Avete seguito questo consiglio? Il problema dell’emergenza stradale non è stato ancora pienamente risolto. Abbiamo utilizzato i fondi di bilancio per tappare alcune buche, ma sarà soltanto grazie ai finanziamenti in attesa che riusciremo a porre fine alla questione. Purtroppo, né l’ammontare dei gettoni di presenza dei consiglieri né la trattenuta sull’indennità degli assessori e del sindaco possono far fronte alle esigenze di cui soffre il comune. Quei fondi, però, sono sia stati stanziati per acquisti di primaria importanza sia messi da parte per eventuali spese. Con la trattenuta del 10% infatti, siamo riusciti ad acquistare circa 40 banchi per le scuole elementari e medie di Bosco Sant’Ippolito e a riparare lo scuolabus, mentre l’ammontare della decurtazione dei gettoni di presenza, quantificata in 800 Euro, è stata messa a disposizione per spese future. Qual è il problema maggiore che affligge Bovalino? I bovalinesi devono togliersi di dosso quel mantello di rassegnazione che hanno portato per parecchi anni. È stato fatto credere alla comunità di Bovalino di essere un brutto anatroccolo, una convinzione che ha fatto prosperare un dannoso sentimento di arrendevolezza. Bisogna ritrovare l’entusiasmo di vivere il paese, di sentirlo proprio, perché è dietro al sentimento di appartenenza a un luogo che nasce, anche, il rispetto delle regole più elementari. Ritengo fortemente che la scuola, luogo in cui crescono i nostri figli e si plasmano le future generazioni, sia il mezzo per invertire questo trend negativo in cui versa Bovalino. Gaetano Marando


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Master of the Universe ovvero 150 sfumature, 50 di grigio, 50 di nero e 50 di rosso.

Quando la scrittrice inglese E.L. James (pseudonimo di Erika Leonard) cominciò a pubblicare episodi di erotismo esplicito su siti dedicati aveva intitolato la serie Master of the Universe; disavventure legate a violazione di regolamenti delle piattaforme che la ospitavano la spinsero a rielaborare l’opera ( tra virgolette) ampliandola e trasformandola in una trilogia che ha venduto ben 125 milioni di copie e i diritti sono stati ceduti a 52 paesi. Un successo planetario che si spiega con la capacità di stimolare i recettori del voierismo internazionale. Ha trovato ciò che unisce e ne ha fatto uno strumento di potere, cioè una macchina da soldi. Perchè chi ha denaro comanda, come ci insegna la Daniela Garnero, in arte Santanchè; se poi il denaro porta a pratiche BDSM estreme di tendenze sado-maso ancora meglio, il tempo scorre più velocemente e la quotidianità diventa interessante e certamente più stimolante. Non nego di avere acquistato la trilogia in una sosta in autogrill ( era a prezzo stracciato) ma non sono riuscito a leggere neanche le prime 20 pagine del grigio, il nero ed il rosso neanche sfiorati. Amo molto i romanzi eroici ma non mi stimolano quelli erotici, neanche a quest’età. Colgo l’occasione di questa reminiscenza per accostarla alla vita politica del nostro paese in questo particolare momento. Dai vari Vaffa-day, alle Leopolde, alle ampolle dell’acqua del Po a Crissolo la politica ha seguito lo stesso sviluppo del romanzo a episodi Master of the Universe. Prima episodi sporadici che avevano tutti la pretesa di essere la Soluzione per l’Italia, tutti Maestri dell’Universo. La situazione si è evoluta ed ora abbiamo le prime cinquanta sfumature di grigio concretizzate dal grigio Di Maio che agisce da statista, pensa da vanesio e fa una gran confusione. Comunque sia la sua biografia è più breve

della carriera politica, altro che grigiore! all’età di 32 anni porta sulle spalle un fardello non indifferente: vicepresidente del Consiglio, dopo Angelino Alfano, ministro dello Sviluppo economico, dopo Carlo Calenda, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, dopo Giuliano Poletti, leader del movimento 5stelle dopo Beppe Grillo. Da tutti ha ereditato qualcosa ma più da Grillo, fa tanto ridere. Avanzano le cinquanta sfumature di nero con Salvini che da costruttore di muri per dividere il

La foce del torrente Carrera trasformata in una fogna a cielo aperto Lo stato di salute di Siderno continua a destare preoccupazione nei residenti. È di qualche giorno fa, infatti, la segnalazione da parte di un gruppo di cittadini di una nuova emergenza ambientale/sanitaria che sta assillando i residenti di via Ionio. Infatti lo sbocco a mare del torrente “Carrera”, ubicato all’ingresso lato sud della città, sarebbe intasato da diversi mesi da rifiuti e detriti che avrebbero reso la foce del torrente un vero e proprio acquitrino insalubre, presso il quale lo stagnamento di acque (anche) reflue starebbe rendendo irrespirabile l’aria. La segnalazione effettuata al nostro giornale, ci è stato riferito, farebbe seguito a un appello formale rivolto da un residente alla terna commissariale, alla quale sarebbe stato chiesto all’inizio del mese di febbraio di intervenire tempestivamente per ripristinare lo stato dei luoghi. Purtroppo, tuttavia, a diversi giorni di distanza questi cittadini ancora attendono una risposta da parte delle istituzioni e continuano a guardare con senso di inquietudine alla foce del torrente, che persiste nell’emanare ributtanti miasmi e che, visto il livello sempre più alto dell’acqua, con le prossime piogge potrebbe ingrossarsi ulteriormente e persino straripare.

nord dal sud ha saltato il fosso ed ha fatto l’en plein nella roccaforte di Rosarno ma che l’azzurra Fulvia Caligiuri gli ha fatto fare dietro front rispedendolo nel Lazio, e rimane senatore grazie all’ombrello- paracadute allestito da Renzi. Ma sta dipingendo di nero tutto lo scenario politico nonostante i suoi trascorsi da rosso, è stato tra i fondatori dei Comunisti Padani mentre era un assiduo frequentatore del Centro Sociale Leoncavallo. Nel 1994, in qualità di consigliere comunale del comune di

Milano, pronunciò il suo primo discorso pubblico per difendere il centro sociale Leoncavallo dallo sgombero disposto dal Sindaco leghista Formentini. “Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni” dichiarava. Oggi da rosso a nero li fa sgomberare. Nel 1999 Salvini coordinò in fondo all'aula del comune di Lazzate il coro «Prefetto italiano, via da Milano!»; l'idea anti-prefetto verrà poi ripresa dallo stesso Salvini in qualità di segretario federale nel 2013, a distanza di 5 anni sarà lui il

capo dei prefetti. Che sfiga! Ma si rifà indossando qualsiasi casacca gli si presenti e questo lo fa sentire un dio. Per le 50 sfumature di rosso dobbiamo prendere fiato. Cominciamo con qualcosa di sbiadito, Renzi appunto. Qualche giorno fa mentre passeggiavo per le strade di Bologna mi ha colpito la quantità di scritte Basta Renzi, la sua stella ha illuminato poco il firmamento, forse come per tutte le altre stelle vedevamo la luce ma era già spenta da tanto. Risuonano ancora le celebrazioni del più giovane presidente del consiglio della repubblica, il primo non parlamentare! Secondo la rivista Usa Fortune nel 2014, il premier italiano è tra i 10 "giovani" che possono maggiormente influenzare gli scenari mondiali. Al primo posto, a pari merito, Travis Kalanick e Brian Chesky, rispettivamente di Uber e Airbnb, al secondo posto Mark Zuckerberg di Facebook e a seguire lui il Matteo rossiccio. Ma le classifiche di Fortune portano sfortuna, guardate cosa è capitato prima a Renzi e poi a Lucano. Per il nostro Alessandro Manzoni Napoleone è andato due volte nella polvere e due volte sull’altar, a Renzi bastò una sola volta. Ora litigano per la sua eredità ma come tutti i dante causa lascia attività e passività da prendere in blocco e soprattutto azioni da rivalutare altrimenti vi è il rischio default. Luchino Visconti da regista realizzò anch’egli una trilogia, tedesca, e cominciò con “La caduta degli dei”. Attenzione alle trilogie non sono di buon auspicio per i giovani politici, la gavetta è fondamentale in politica per evitare passi falsi ed a quest’età sono fatali. Improvvisarsi statisti fa bene al proprio io ma non al paese. Ma come dice, sbagliando, Di Maio il Governo è sovrano, o no? Arturo Rocca


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rubriche

Le Istituzioni politiche e la sicurezza stradale

“Ricordando Pasquale Sgotto”, Riviera, pag. 14, edizione del 20/01/2019. Traggo spunto dal titolo sopra indicato per le mie seguenti considerazioni provocatorie. Se Pasquale Sgotto fosse nato in qualsiasi altro Stato Europeo, oggi sarebbe vivo perché all’Estero le regole vengono rispettate scrupolosamente, soprattutto nei centri abitati. Per ogni incidente stradale che avviene i rappresentanti delle Istituzioni, Nazionali e locali, ne parlano poco o per niente. Quando ne parlano usano modi retorici e ipocriti perché non dicono mai i motivi reali per cui avvengono gli incidenti. I motivi reali vengono comunicati periodicamente dalla Polizia stradale e dall’Istat. Secondo i suddetti comunicati periodici quasi tutti gli incidenti gravi avvengono per guida eccessivamente scorretta. Una sola volta negli anni ’70 c’è stata una interpellanza di un singolo parlamentare secondo la quale non c’era senso che si consentisse di fabbricare autovetture eccessivamente veloci quando il codice stradale non consente di superare il limite di 130 km. Sulle strade italiane tutto è possibile e giustificabile. Nemmeno i cittadini svizzeri quando guidano in Italia rispettano le regole stradali. Il Ministro Ferri, anni 70, promotore della legge che vietava di superare i 130 km orari in autostrada, è stato colto in flagranza perché esso stesso guidando la propria autovettura ha superato il limite massimo consentito, 130 km. In Francia, all’automobilista, che dopo un certo numero di volte supera i limiti di velocità, viene ritirata la patente e sequestrata l’autovettura. Se si guida normale, soprattutto nelle zone urbane, nessuno ammazza nessuno. La guida normale dovrebbe essere quella in cui una semplice frenata consente di potere arrestare l’autoveicolo evitando quindi qualsiasi impatto anche nei casi di incauti attraversamenti stradali. Ricordo le opinioni espresse da alcuni Sindaci della nostra zona, la bassa Ionica, in merito a certi incidenti mortali che si erano verificati nei centri abitati dei loro Comuni. Nella parte periferica di un nucleo abitato, attraversata da un rettilineo lungo, largo, visibile e regolarmente pavimentato della “106”, una giovane signora dentro la sua macchina, ferma ai bordi del predetto rettilineo, viene investita ed ammazzata. Nei rettilinei, guidando correttamente, non possono avvenire simili omicidi stradali. Per tale incidente il Sindaco si è limitato solo a partecipare ad una retorica “fiaccolata” con i cartelli: “Basta vittime sulla 106”. I tratti della 106 che attraversano gli abitati, devono essere considerati come strade interne; quindi, non è stato corretto dire “Basta vittime sulla 106”. In un altro incidente nel quale sono morti 3 o 4 giovani perché la loro autovettura, guidata da uno di essi, si era schiantata contro una rotatoria stradale, il Sindaco, recatosi sul logo dell’incidente, si è soltanto limitato a rimproverare quelli del pronto soccorso ospedaliero che secondo lui non erano arrivati tempestivamente sul logo dell’incidente. Altri Sindaci invocano la costruzione di inutili, costose e ingombranti rotatorie per limitare la velocità di quelli che guidano scorrettamente. Un altro primo cittadino di un Comune, nel cui centro abitato, attraversato dalla 106, si erano verificati in poche anni 3 o 4 incidenti mortali di pedoni incolpevoli, non ha mai preso alcun provvedimento concreto in merito; però, di tanto in tanto inveiva, attraverso interventi televisivi, contro l’America dove vige ancora la pena di morte. Gli ho mandato a dire, tramite un suo collaboratore politico, che la pena di morte di fatto vige anche nella strada principale del suo paese nella quale ogni tanto un pirata stradale qualsiasi ammazza qualche incolpevole pedone. In Italia ogni anno vengono ammazzati circa mille pedoni dai cosiddetti “pirati della strada”. Anche quelli che si fermano per soccorrere la loro vittima, di fatto sono pirati. In Francia, dove viene praticato il controllo preventivo, credo ci siano meno pirati della strada che in Italia. Certo, sanzionare chi non rispetta i limiti, inadeguati, di 50 km vigenti nelle zone periferiche dove ci sono soltanto case sparse non collegate direttamente con la strada principale, è esagerato. Carmelo Maurici

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(RACCONTO BREVISSIMO)

MOGLI E BUOI… Si svegliò e, stiracchiandosi, emise un grugnito di soddisfazione che non lasciava dubbi circa la qualità della nottata appena trascorsa. Aprì gli occhi e nella penombra della stanza, nel bel mezzo del grande letto matrimoniale, ebbe l'impressione di vedere troneggiare, una vicina all'altra, due sedie capovolte. A tentoni, freneticamente, cercò l'interruttore dell'abat-jour che era sul comodino e la luce che subito illuminò la stanza gli confermò quanto aveva intravisto. Vide le due sedie che, a mo' di cavalli di frisia, dividevano le due metà del letto e, in piedi dall'altro lato dello stesso, sua moglie, con il berretto frigio dei sanculotti in testa sul quale spiccava la coccarda con i colori bleu-blanc-rouge che lo guardava severamente. Si stropicciò gli occhi mentre scoppiava in una risata irrefrenabile: quella donna era capace di cose inimmaginabili e non finiva mai di stupirlo. Come quella volta a Torino: era andata ad attenderlo all'uscita dall'ufficio e un passante, equivocando il motivo della sua presenza sul marciapiedi davanti all'ingresso dell'edificio, le si era avvicinato e le aveva proposto di andare a prendere un caffè. E lei, senza scomporsi, gli aveva risposto: -Se proprio ci tiene, non deve fare

altro che aspettare che esca mio marito e lo prendiamo tutti assieme il caffè. Ogni volta che ci ripensava stava male immaginando come potesse essersi sentito idiota quel poveretto che, infatti, era subito andato via. Al suo posto lui avrebbe preferito una borsettata in testa, piuttosto. - Buongiorno. - le disse appena tornato serio. - Sei sveglia o sei in preda a un attacco di sonnambulismo? Lei non rispose ma col dito gli indicò un foglio sulla coperta tra le sedie. Lo prese e cominciò a leggere quelle righe vergate con la solita bella scrittura. Perché, è bene si sappia, in Francia, nei programmi scolastici di quanto lei andava alle elementari, c'era ancora il compito di calligrafia. Era un vero e proprio atto ufficiale. Diceva: APERTURA DELLE OSTILITÀ − A seguito del deterioramento delle relazioni diplomatiche tra Italia e Francia, intendo informarti di avere richiamato in sede questa notte i nostri figli per consultazioni il cui esito ti sarà comunicato con nota congiunta. − A far data dalla presente viene unilateralmente sospesa nell'area che ricade sotto la mia influenza - praticamente l'intero appartamento - la

libera circolazione prevista dal Trattato di Schengen. − L'utilizzo di mobili, suppellettili, apparecchi, strutture, servizi sarà sottoposto al pagamento di una tassa in prestazione d'opera - corvée soprattutto e lavori umili. − Entra in vigore l'applicazione di dazi per le uscite con gli amici e i colleghi, la partecipazione a eventi culturali e non, le riunioni politiche ecc. − Viene istituito il pagamento del coperto a ogni pasto. − Come previsto dalle regole della Borsa, ti informo di avere lanciato un'OPA per l'acquisizione della maggioranza azionaria della famiglia e ti avverto che ogni resistenza sarà considerata atto ostile e punibile a norma. C'erano scritte ancora altre cose ma, in quel momento il telefonino di sua moglie squillò. Era l'amica tedesca di sua moglie che non nutriva eccessiva simpatia per lui e che glielo aveva fatto capire in più di un'occasione. Inquadrata com'era, non tollerava il suo spirito goliardico, che si nascondesse dietro le colonne e saltasse fuori per farle “Cucù”, che la facesse aspettare quando dovevano fare qualcosa assieme perché restava al telefono invece di chiudere. Ma, soprattutto, non gli perdonava che

l'avesse chiamata “Culona” una volta che pensava non lo sentisse. Ridevano al telefono le due donne e non gli ci volle tanta immaginazione per capire che ridevano di lui. Quello che, però, lo ferì maggiormente fu udire distintamente sua moglie pronunciare l'aggettivo “vomitevole” prima di chiudere la comunicazione e uscire dalla stanza cantando la Marseillese: … aux armes, citoyens! Formez vos bataillons… Fu l'inizio di un periodo di grande tensione anche perché i figli che si trovavano a Bruxelles per una commissione si erano riuniti d'urgenza per discutere le misure da adottare per scongiurare la crisi familiare e avevano stabilito che era meglio stare fuori da quella storiaccia che era da considerare un fatto solo bilaterale e non doveva coinvolgere tutti. Cosa, d'altronde, che avevano sempre fatto anche quando c'era stato da decidere se accogliere in casa il cagnolino che qualcuno aveva portato di notte nel giardino. In un attimo comprese che tutte le prediche, tutti i principi che aveva cercato di inculcare ai membri della famiglia erano per gli altri solo chiacchiere, che ognuno pensava solo ai propri interessi e decise di andarsene a vivere da solo.

CALABRESE PER CASO

L’Europa come decide se… decide Ho letto recentemente di un’interessante iniziativa di un istituto scolastico della locride rivolta a comprendere come decide l’Europa, cioè l’Unione Europea. Interessante, perché essa dimostra che in un modo o nell’altro sopravvive, anche nelle nostre scuole, una sensibilità verso ciò che ci sembra così lontano ma che, in molti aspetti del quotidiano, diventa il nostro alter ego di possibilità, di opportunità, di diritti possibili quanto di doveri necessari. Tuttavia, in un clima così particolarmente critico sulla ragionevolezza di credere in una visione sovranazionale, il tentativo potrebbe sembrare una sorta di impresa rivolta a svelare l’arcano di un modello non sempre molto chiaro, oltre che poco conosciuto. E, questo, perché dai tempi di Maastricht sino alle diverse formulazioni del trattato di Amsterdam e di Lisbona, il percorso non è stato agevole dovendosi mediare e contrattare tra il ruolo del Parlamento europeo, unico luogo nel quale i popoli sono rappresentati, con quello di un’istituzione intergovernativa, qual è il Consiglio, e un’istituzione esecutiva tipicamente comunitaria qual è la Commissione. Ora, che si tratti o meno di un vizio ab origine, è interessante scoprire come e in che misura nel processo di decisione - o meglio di ex co-decisione, oggi procedura legislativa ordinaria – la riserva di sovranità operi a volte come garanzia delle diversità e a volte si presenti quale ostacolo alla uniformità. Ovvero, al di là di ogni ragionevole chiarezza sul processo decisionale dell’Unione Europea, bisognerebbe riuscire ad andare oltre i termini stessi dell’iniziativa della Commissione in materia di proposte e di preparazione dei lavori che da sempre gli sono state attribuite come competenze, per verificare quanto e in che modo l’Europa, vista in chiave istituziona-

le, possa evitare di franare nel burocratese dirigista e tecnocratico anche nei processi decisionali. Cioè, ancora, come, processi decisionali nonostante, anche di fronte a sussulti di animosità populista se non nazional-sovranista, essa sia capace a ricollocare al centro della sua attività i popoli piuttosto che gli Stati o se stessa. In questo modello complesso, dove la sintesi sfugge alla ragionevolezza di un processo decisionale chiaro e concludente, l’impossibilità di realizzare un modello di perfetta separazione dei poteri in termini istituzionali, quale valore dello Stato di diritto, ha scelto per poter funzionare di ispirare il percorso legislativo ad un principio di equilibrio dei poteri. Un principio, quest’ultimo, che si realizza anch’esso con difficoltà dal momento che si confronta con la riserva di sovranità degli Stati nelle procedure intergovernative in materia di Politica estera e di difesa ad esempio o si risolve al di sopra di essi nelle competenze tecnocratiche delle istituzioni economiche comunitarie, con un Parlamento protagonista a metà se non anche meno. Ecco, allora, che oltre la bontà di facciata degli studi di impatto - a cui la Commissione nel suo ruolo di pseudo-governo tecnico attende a termini di trattato - ciò che diventa interessante è notare quanto proprio quel vituperato aspetto intergovernativo alla fine sia l’unico fattore di garanzia dal momento che, ad oggi, l’Unione Europea non ha assunto una fisionomia chiara rispetto alle esperienze politico-istituzionali della storia giuridico-politica dell’Occidente rimanendo del limbo dell’incompiuto quale ambizione federale. Detto questo, probabilmente comprendere l’aspetto tecnico dei percorsi decisionali apre sicuramente gli orizzonti …e le perplessità. Ma per rimanere nella parte preliminare della formazione del citta-

dino europeo, quale condizione per dare respiro ad una grande idea, vi sarebbero delle premesse da fare e da cui partire, pensando che l’Unione Europea non è un paradigma. Essa è un’idea che va dimensionata al sentirsi parte di un modello di organizzazione condivisa dei rapporti politici, sociali, economici e culturali di uno spazio “politicamente” umanizzato, prim’ancora che di mercato, nel quale ci si riconosce. Insomma, fermo restando che l’Unione non solo non è una federazione ma è, di fatto, una discutibile pseudoconfederazione, nell’esaminare i processi decisionali dovremmo prima di tutto verificare quanto dello spirito europeo sopravviva negli Stati e anche nei popoli. Ovvero, cosa è rimasto di quell’acquis communautaire molto citato nei trattati a cui dovremmo uniformarci nello spirito e nel pensiero. Ma non solo. Al di là dell’aspetto tecnico, importante ma successivo ad ogni progetto, forse si dovrebbe discutere sull’europeismo come formula di convivenza, magari ricordandoci, proprio perché la scuola se ne titola, che Umberto Zanotti Bianco fu un europeista convinto prim’ancora che le formule di Paneuropa prendessero forma nelle pagine di un quotidiano tedesco o diventassero Manifesto a Ventotene. Forse Zanotti Bianco aveva un’idea diversa di questa Europa e, probabilmente, si potrebbe partire dall’europeismo di tale profonda personalità – di cui ce ne dimentichiamo spesso salvo celebrarlo più per il nomen che per i contenuti del suo pensiero - per approdare poi a che tipo di Europa vorremmo e su quali processi decisionali affidarci sacrificando, necessariamente, quote-parti di sovranità. Giuseppe Romeo


GIUDIZIARIA

L’aggravante dell’unitarietà del sodalizio criminale

CONVERSANDO

Drunk Yoga, lo yoga con il calice in mano Inspira amore, espira stress e bevi un sorso. Eccole le direttive base del Drunk Yoga, l'ultima eccentrica tendenza di New York lanciata da Eli Walker, insegnante di yoga. O ltre a regalarti un'infusione di pace interiore, le sedute di questa nuova disciplina abbinano anche la possibilità di sorseggiare un bicchiere del tuo vino preferito. Uno yoga esperenziale che permette di avvicinarsi alla disciplina grazie agli effetti positivi del vino, riducendo i pregiudizi e creando un’atmosfera di serenità durante la lezione. Gli obiettivi sono sempre gli stessi: rinforzare muscoli, migliorare la postura, meditare e eliminare lo stress attraverso la concentrazione e il divertimento. Se ti stai immaginando felice e brilla mentre cerchi di tenere il più possibile una posizione e l'equilibrio ti sbagli: anche il Drunk Yoga ha delle regole! Dopo un breve happy hour, si passa a una sequenza vinyasa adatta ai principianti, per circa 45 minuti. Ma i bicchieri non si mettono da parte: si portano con sé e, calice alla mano, si eseguono le posizioni, in un contesto che vuole essere dilettevole e non giudica le performance. Il buon proposito non è ubriacarsi col vino, ma farlo grazie all'atmosfera di serenità che regna in classe. Le regole, tra l'altro, scoraggiano l’eccesso di alcol, infatti precisano di non bere più di un bicchiere di vino prima di iniziare, e incoraggiano l'idratazione e il consumo di acqua. Ma il bicchiere di vino resta. Questi sono alcuni dei particolari dettami dello Drunk Yoga. In ogni caso, non sembra essere richiesta la perfezione. Infatti, come lascia intendere Eli Walker, che si dice in controtendenza rispetto al perfezionismo dilagante di Manhattan, l'idea di fondo è coinvolgere chi vorrebbe fare yoga, ma è intimidito, creare un ambiente rilassato e gioioso in cui si ride e si sperimenta il movimento. Una delle regole, infatti, è andarsene più felici di quando si è arrivati. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Greco Scordo di Ferruzzano VITIS VINIFERA L. FAMIGLIA VITACEE

Ogni famiglia eminente nei nostri territori aveva qualche pianta che funzionava come totem ossia come elemento distintivo rispetto ad altre e che difficilmente cedevano ad altri e che anzi difendevano con determinazione, qualora qualcuno tentasse di appropriarsene clandestinamente. Era il caso del melo dei Maviglia ad Africo Vecchio che non veniva ceduto a nessuno che non appartenesse al loro clan familiare, tranne il caso che non si imparentasse con loro per via di matrimoni. Non si sa da dove venisse e c’è la possibilità che provenisse da mondi lontani, dato che i Maviglia erano ebrei dell’Andalusia ed avevano seguito la sorte di tutti gli altri che furono cacciati dalla Spagna in seguito ad una feroce disposizione della regina Isabella di Castiglia che nel 1492 li cacciò con solo gli abiti che avevano addosso; originariamente il cognome era Mavilla, come è riscontrabile nell’area di Reggio, ma poi si trasformò in quanto in lingua spagnola la doppia “l” si pronuncia “gl”. Nel 2005 Pietro Maviglia il Grecia e Bonaventura Maviglia, Camagna, raccontavano che il loro melo totemico l’avevano difeso fino allo stremo e temevano ormai che si fosse perso ; speravano solo che si potesse ritrovare, inselvatichito da qualche parte nel territorio attorno al paese abbandonato. Invece a Ferruzzano la pianta totemica della famiglia Scordo era costituita da una vite greca, con cui producevano un ottimo vino da dessert. Erano ricchi gli Scordo ed erano stati capaci di mantenere unita la proprietà terriera che possedevano nel comune di Ferruzzano, Sant’Agata e Caraffa del Bianco scoraggiando la divisione ammonendo con l’antico detto: “ dividi ricchezza e produci povertà”. Infatti quasi tutta la proprietà terriera era stata rivendicata ed ottenuta da Antonino che aveva studiato legge a Napoli, che incoraggiò il fratello Domenico Antonio a rinunciare alla propria parte, mentre un altro che si sposò a Bianco ebbe poco ad un altro ancora che si sposò a Bagnara rinunciò alla propria parte, mentre una sorella che si sposò con un Romano di Sant’Ilario ebbe una dote in denaro; sua figlia avrebbe in seguito sposato il preside Sorace Maresca di Locri. Un osso duro fu il fratello maggiore di nome forse Gennaro, prete a Napoli che si era creato una numerosa figliolanza (cinque figli) con una giovane napo-

I BRIGANTI

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

letana; egli fu indennizzato con una fortissima somma di denaro. Per fortuna Antonino fu capace di utilizzare bene i proventi della proprietà tenuta unita, facendo studiare a Napoli i tre figli: uno divenne giudice, un altro medico e il più giovane, Gennarino, bellissimo, morì con i gradi di tenente medico a Napoli, meno che trentenne e il feretro fu accompagnato da Napoli a Ferruzzano da uno bellissima fidanzata partenopea. Dopo la morte di Gennarino, Antonino Scordo non ebbe più voglia di gestire adeguatamente la sua terra, neppure una grande vigna in contrada Muraglia, che fu data in uso alla famiglia Aronne che già negli anni cinquanta la comprò. Tale famiglia curò con amore estremo la vigna, mantenendola in tutte le sue essenze e producendo il vino da dessert, essiccando l’uva in un basso (catojo) esponendo l’uva al “frusciu” e al “rifrusciu” ossia alla corrente, collocandola in corrispondenza di due finestre sempre aperte e opposte, avendo cura di porre i grappoli su dei graticci, non di canna intrecciata, ma ricavati da steli di ginestra e così l’uva appassiva rimanendo intatta, non perdendo gli effluvi odorosi, quando sarebbe stata calcata e trasformata in vino greco; l’esposizione prolungata al sole, avrebbe eliminato i profumi. Nella ricerca sul territorio della provincia di Reggio e oltre, di vitigni possibilmente autoctoni, considerando l’estrema mobilità delle viti che con facilità venivano trasferite da una regione a un altro, se non da uno stato a un altro, la presene vite fu individuata e prelevata dalla vigna Scordo, poi diventata vigna della famiglia Aronne a Ferruzzano, ora inesistente, perché brucata da capre a pascolo abusivo. Un’altra apparentemente diversa, a Gerace, fu individuata in una pergola e denominata Mantonico bianco, mentre una terza ancora sulle montagne di Cardeto in contrada Cola Checco, da una pergola che ombreggiava la casina della gentilissima Margherita Fortugno, ora defunta e definita Minna di vacca. Dalle analisi effettuate dal Centro Sperimentale di Turi, per la solerzia del dott. Angelo Caputo, è emerso che tutte e tre le viti sono configurabili con il siciliano Grillo, da cui viene ricavato il Marsala. Le tre viti della provincia di Reggio derivano dalla Sicilia o viceversa il Grillo deriva dalla Calabria, data i luoghi diversi e distanti tra loro dove sono state individuate? Orlando Sculli

Questa settimana potrei ricordare il giorno della memoria per i meridionali, ovvero la caduta di Gaeta datata 13 febbraio 1861, quando cessa di esistere il Regno delle due Sicilie, dopo 94 estenuanti giorni in cui l’esercito borbonico resiste al fuoco, nemico e usurpatore, piemontese. E in effetti lo sto facendo. E qui finisco. Sì, perché altri già lo fanno, e tanti altri neanche sanno cosa ha rappresentato Gaeta per tutti noi. Chi è curioso, curioserà, dico sempre. Dopo un secolo e mezzo di continue vessazioni da parte del civilissimo nord, di spargimenti di sangue dei nostri avi, di cancellazione della memoria, ebbene, dopo tutto questo io sono sicura che se un’azienda di Reggio Calabria ricevesse una candidatura lavorativa da parte di un friulano, io sono ben sicura che quel friulano avrebbe più chances di un reggino di essere assunto. Questo per la “Sindrome di Stoccolma”, di cui tutti siamo affetti da quando abbiamo iniziato in tenera età il nostro viaggio contaminato sui banchi di scuola impostati dal vincitore. Ma dove voglio arrivare? Ebbene, è di un paio di

circostanza aggravante in oggetto é configurabile a carico di ogni partecipe che, pur non avendone effettiva consapevolezza, ignori per colpa il possesso di armi da parte degli associati, per l'accertamento del quale ben può assumere rilievo il fatto notorio della detenzione di strumenti di offesa in capo ad un determinato sodalizio mafioso, a condizione che detta detenzione sia desumibile da indicatori concreti - quali fatti di sangue ascrivibili al sodalizio o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni od altre fonti - di cui il giudice deve specificamente dare conto nella motivazione del provvedimento” (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7392 del 12/09/2017, Rv. 272403; cfr. altresì Cass. Sez. 1, Sentenza n. 44704 del 05/05/2015, Rv. 265254, avente ad oggetto proprio il caso di associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta). Del resto, già in relazione ad altra “mafia storica” (nella specie “Cosa Nostra”), la giurisprudenza aveva evidenziato che “Non si espone a censura la sentenza del giudice di merito che ritenga la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416 bis, quarto comma, cod. pen. qualora quest'ultimo reato sia contestato agli appartenenti di una "famiglia" mafiosa aderente a "cosa nostra", anche nel caso in cui sia provato solamente il possesso di una pistola a carico di un solo appartenente. Tale affermazione trova fondamento nell'esperienza storica e giudiziaria le quali consentono di ritenere il carattere armato di detta organizzazione criminale. D'altra parte, la norma richiede la semplice "disponibilità di armi" da parte dell'associazione e non l'effettiva utilizzazione delle stesse” (Cass. Sez. 6 n. 5400 del 14/12/1999). Analogamente, in epoca ancora più risalente era stato osservato che “In tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, l'aggravante prevista dall'art. 416- bis comma quarto, cod. pen., è configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa. Con riferimento alla stabile dotazione di armi della organizzazione mafiosa denominata "Cosa nostra" può ritenersi che la circostanza costituisca fatto notorio non ignorabile” (Cass. Sez. 1, n. 5466 del 18/04/1995). Alla luce dei suesposti principi giurisprudenziali, appare evidente la sussistenza, in relazione a tutte le fattispecie sopra indicate, della circostanza aggravante di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 416 bis c.p.. Ed invero, dalle risultanze emerse dal materiale probatorio in atti, si evince che il sodalizio criminoso, sia in relazione alla sua dimensione unitaria, sia con specifico riferimento alle singole articolazioni che lo compongono, si caratterizza per l’ampia disponibilità e l’utilizzo di armi micidiali. Molteplici sono del resto gli arresti giurisprudenziali, anche recenti, che, ad esempio, postulano la configurabilità della aggravante in discorso anche in difetto della esatta individuazione delle armi, essendo sufficiente l'accertamento, in fatto, della disponibilità di un armamento, desumibile, ad esempio, dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 55748 del 14/09/2017, Rv. 271743). Peraltro, dalla natura unitaria del sodalizio denominato ‘ndrangheta deriva che, in merito all’aggravante della disponibilità di armi, prevista dai commi quarto e quinto dell'art. 416bis c.p., è necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo da quale specifico soggetto o da quale specifica "locale" abbia la concreta disponibilità delle armi (cfr. Cass, sez. 6, Sentenza n. 44667 del 12/05/2016, Rv. 268677). Da ciò deriva che l’aggravante in discorso è configurabile a carico dei partecipi che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che per colpa lo ignorino, attesa la pacifica natura oggettiva dell’aggravante in discorso e la conseguente operatività del disposto di cui al comma 2 dell’art. 59 c.p..

giorni fa la notizia di una gaffe clamorosa ai danni di una palermitana, biologa, la quale senza pregiudizi ha mandato la sua candidatura a un’azienda di Pordenone. L’ufficio del personale inoltra la mail ai colleghi scrivendo: “figurati se prendiamo una biologa da Palermo”. Peccato che però, quei geni friulani, sbagliando, mandano la stessa mail anche alla candidata, la quale si inalbera non poco e lo rende noto. E ha fatto bene. Ohibò! Anche al nord sbagliano! Ma Pordenone mi ricorda qualcosa... sì... cassonetti della spazzatura...insulti... non sarà mica lo stesso posto in cui scrivevano qualche settimana fa “lasciare pulito, non siamo a Napoli”? Tra l’altro sono vicini di casa di quegli altri delicati che vogliono mandare i “terroni ai forni”, di qualche giorno fa. E allora ditelo chiaro che siete un poco razzisti. Ma che dico? Già lo fanno, e pure chiaramente. Siamo piuttosto noi che non cogliamo, ma non per mancanza di intelligenza, piuttosto perché ancora non esiste vaccino contro quella vecchia “Sindrome di Stoccolma”... Brigantessa Serena Iannopollo


17 FEBBRAIO - 16

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Intervista a Mimmo

"In Calabria abbiam la bellezza che ci è

“La ’ndrangheta utilizza la politica, con le buone o con le cattive. Per i suoi piani delittuosi, non può farne a meno. La politica ha spesso fatto altrettanto con la ’ndrangheta. Un connubio disastroso per la Calabria. Che continua nonostante la ’ndrangheta non abbia più il controllo dell’elettorato”

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

orna, attesissimo, nelle librerie Mimmo Gangemi con “Marzo per gli agnelli”, un’altra meravigliosa pagina di scrittura e di letteratura made in Calabria. “Marzo per gli agnelli”, che nel linguaggio del vecchio ‘ndranghetista significa che c’è un tempo per morire e un tempo per combattere, è un giallo di ’ndrangheta che ha come sfondo la Costa Viola, a un passo dallo Stretto e dalle Isole Eolie. Al centro, la “pietraia”, un terreno incolto e arso dal sole, che si staglia, magnifica, a picco sul mare facendo gola agli esponenti della nuova e vecchia ‘ndrangheta. Parafrasando Lincoln, tre cose formano un paese: la sua terra, il suo popolo e le sue leggi. In “Marzo per gli agnelli”, la terra, la Calabria, è bellissima, il popolo è uno spettatore impotente che non ha più forza di ribellarsi, alle leggi non crede più nessuno. Basta la bellezza a salvare la Calabria? La bellezza aiuta. E sulla bellezza non abbiamo meriti, ci è piovuta dal Cielo, il Padreterno ha forgiato questo angolo di mondo in un giorno di buona. Abbiamo piuttosto il demerito di averla deturpata, la bellezza. Spetta agli uomini salvare la Calabria, facendosi soccorrere anche dalla bellezza. Ma gli uomini troppo spesso difettano. E proprio la bellezza ci addita colpevoli, perché non abbiamo approfittato del dono benevolo. Il popolo dà, sì, l’impressione d’essere uno spettatore impotente. Ma non è diverso dagli altri popoli – se saggiati, come è successo, hanno gli stessi comportamenti di

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quello calabrese. Forse dal nostro si pretende che s’immoli eroe. E questo è troppo. Tuttavia, non deve rimanere inerme, lasciarsi scivolare addosso qualsiasi nefandezza. Per soccorrere la nostra terra basta mostrare comportamenti di ordinaria e quotidiana civiltà, offrire gesti concreti di rettitudine e di moralità, compiere il proprio dovere senza l’ossessione di doversi arrampicare al di là delle nuvole. Tutte cose che sembrano piccole e che invece contribuirebbero a far crescere una mentalità sana e a sgomberare quella intrisa di ’ndrangheta che è il terreno fertile dentro cui la malapianta attecchisce. Come dicevamo, dal romanzo emerge una diffidenza nei confronti della legge: di fronte alle intimidazioni della ‘ndrangheta nessuno sceglie di denunciare. Il calabrese non sente più il calore della giustizia? Non perdiamo di vista che si tratta di un romanzo. E che un romanzo ha libertà d’azione perché rimane un frutto della fantasia dell’autore. In questo caso viene narrata una storia verosimile, che è, ahinoi, nelle corde di questa terra. Ed è normale che dentro finiscono, in modo più o meno consapevole, le idee e le convinzioni del narratore. Che magari s’è accorto di deviazioni e comportamenti dello Stato e delle Istituzioni non sempre in linea con i principi della democrazia, dello Stato di diritto e della stessa Costituzione, ricavando l’impressione che qui si sia colpevoli fino a prova contraria, che sia il cittadino a dover dimostrare l’estraneità a fatti contestati. I numeri sull’innocenza oltraggiata sono eloquenti. Sono distorsioni di un sistema legislativo che va corretto se bastano vaghi sospetti ed elementi fumosi per ritrovarsi in carcere, con il comune sciolto, con l’interdittiva antimafia, con il sequestro dei beni. E comporta che molti calabresi torcano il muso sulla Giustizia. Per fortuna, sta emergendo, tra i magistrati, una cor-

rente di pensiero che invita a salvaguardare gli innocenti. Che questo venga evidenziato in un romanzo, in linea con la nuova tendenza, non è male, visto che sul punto si registra un silenzio giornalistico, o un allineamento alle brutture, da orrore. Anche la politica ha, nel romanzo, un ruolo irrilevante, ignorata sia dalla gente che dalla ‘ndrangheta. Pensa che oggi la ‘ndrangheta abbia imparato a fare a meno della politica? Quando la politica imparerà a far meno della ‘ndrangheta, invece? Il romanzo in qualche misura distingue tra politica connivente e politica succube. È così anche nella realtà. La ’ndrangheta utilizza la politica, con le buone o con le cattive. Per i suoi piani delittuosi, non può farne a meno. La politica ha spesso fatto altrettanto con la ’ndrangheta. Un connubio disastroso per la Calabria. Che continua nonostante la ’ndrangheta non abbia più il controllo dell’elettorato: tranne che in pochi paesi ad alta densità mafiosa, non è in grado di orientare manco le elezioni comunali. È finito il tempo in cui il popolo si lasciava condurre docile, nel segreto dell’urna; oggi tende piuttosto a scartare gli uomini proposti dai malavitosi. Da un lato, la ‘ndrangheta di zi’ Masi che non sa rinunciare all’antico e, dall’altro, la ‘ndrangheta dei Survara che, invece, ha abbracciato la modernità delittuosa. Volendo immaginare una sua “evoluzione”, quali sono le principali differenze tra la ‘ndrangheta di Neanderthal e la ‘ndrangheta sapiens sapiens? Parte del mondo della Giustizia e tanti pensatori più o meno in buona fede ci tengono a non distinguere tra onorata società e ’ndrangheta. Fermo restando che sono entrambe deleterie, che, se una è peste, l’altra è colera, resta che la prima si era data delle regole, che poi altro non erano se non limiti da non oltrepassare, e non per nobiltà d’animo, piut-


"Marzo per gli agnelli" è la nuova fatica letteraria di Mimmo Gangemi, un giallo di ’ndrangheta che ha come sfondo la Costa Viola, un posto da sogno che non passa inosservato agli esponenti della nuova e vecchia 'ndrangheta.

Gangemi

mo deturpato è piovuta dal Cielo" tosto per calcolo e convenienza, per mantenere il consenso, e resta che la seconda invece si è lanciata nei delitti più efferati pur di ricavare guadagni. Nel romanzo, zi’ Masi, già onorata società, di fatto si è adeguato ai tempi sovvertitori riciclandosi in ’ndrangheta. I Survara sono le nuove orde sanguinary e senza scrupoli. L’avvocato Marro, il protagonista del romanzo, è prevenuto nei confronti dei magistrati: «Troppo spesso si ponevano male con i testimoni e con gli inquisiti, colpevoli o innocenti che fossero. Senza curarsi dei danni che causavano nella vita di chi ci incappava. Ne risentiva la Giustizia. Tranne rari casi. Non gli piaceva che si comportassero da classe eletta, né l’indifferenza, cinismo a volte...». La sua opinione nei confronti dell’operato della magistratura calabrese ha dei punti in comune con quanto sostenuto dal protagonista? Marro, il protagonista, è un avvocato penalista, che ha difeso importanti famiglie di ’ndrangheta. Lui per primo riconosce che è stata la professione a forgiargli pensieri fuorvianti. Resta un personaggio di fantasia e appartiene a essa fantasia che gli spuntino convinzioni particolari, che gli escano di bocca espressioni di dissenso, per essersi accorto che si tenda a ingigantire il mostro ’ndrangheta pur di ingigantire le carriere, le stellette, i meriti, le decorazioni. È sbagliato appioppare per intero al narratore i pensieri di un suo personaggio. Marro ha una vita propria, con idee che a volte coincidono con quelle dell’autore, a volte no. “La ‘ndrangheta è lo sfondo, è il mare, è la legge, la consuetudine (...) lì nella provincia più oscura potente del meridione”.”Gangemi apre l’uscio alla realtà di chi vive lì (...) Ecco, dice, guardatela, esiste, e non è una caricatura, ve la racconto con lo sguardo di chi qui tira a campa-

re”. Questi alcuni stralci della recensione al suo libro pubblicata da «Il Giornale». Scrivere un romanzo sulla Calabria e parlare di ‘ndrangheta non contribuisce ad alimentare il mito della terra irredimibile? Lo scrittore è libero di seguire il proprio istinto. Io avevo dentro di me questa storia che spingeva a uscire, che pretendeva di essere raccontata. Allo stesso modo mi è venuto di scrivere due saghe familiari contadine (La signora di Ellis Island e Un acre odore di aglio), che sono storie di riscatto sociale ed emancipazione, vicende di gloria calabrese. Non è certo colpa degli scrittori se sulla Calabria l’Italia si è creata l’immagine, sbagliata, di terra irredimibile. È colpa piuttosto del fenomeno ’ndrangheta che pur esiste e che è inutile tacere. È colpa dell’aria di ’ndrangheta che si respira. Ed è colpa di chi, avendo spazio sui giornali nazionali, la voce ascoltata, i microfoni davanti, le apparizioni televisive, inganna che qui tutto è ndrangheta. Una domanda simile, più che allo scrittore, bisognerebbe porla a quanti affossano la Calabria oltre i demeriti reali, attraverso i numeri fasulli del delitto, i provvedimenti frettolosi che non reggono al quaglio. Però nessuno lo fa. E questo è un difetto di libertà. O una paura che non dovrebbe esistere in uno stato democratico. “Ognuno è responsabile del suo tempo” sosteneva Corrado Alvaro. Di cosa ci accuseranno le generazioni a venire? Il tempo sarà un giudice saggio, giusto e incorruttibile. E farà emergere le responsabilità di tutti: ’ndranghetisti, cittadini, Stato troppo a lungo assente - che ha consentito che si creasse al suo interno uno Stato parallelo, non un antistato. Le colpe saranno tanto maggiori quanto più in alto sarà stato lo scranno su cui si è stati assisi, quanto più sono state imbottite le poltrone del potere.

“Una nuova generazione di intellettuali calabresi si sta facendo valere in Italia e all’estero”

Tra i tanti attestati di stima ricevuti per il suo romanzo, anche quelli degli scrittori Gioacchino Criaco e Giuseppe Aloe, se lo aspettava? Sono miei amici e li stimo moltissimo come scrittori. Me lo aspettavo... Speravo che il romanzo piacesse loro ed era sicuro che, nel caso, avrebbero esplicitato l’apprezzamento. Pure, coltivo la speranza che, in quei giudizi letterari così lusinghieri, l’amicizia tra noi sia stata un fattore marginale. E’ bello che si crei questa sinergia tra conterranei, che si faccia squadra come vediamo succedere in altre regioni e poco da noi, con il calabrese che tende all’individualismo, a isolarsi. Assieme siamo più forti. E ci occorre diventare più forti, anche per abbattere l’handicap di partenza cui è sempre costretto il calabrese, in ogni settore. Sta nascendo un nuovo gruppo di intellettuali in Calabria? È già nato da tempo. Dopo decenni di silenzio, c’è una nuova generazione di intellettuali che si sta facendo valere in campo nazionale e all’estero. Certo, abbiamo dovuto avere il marchio di scrittori da case editrici del Nord prima di essere riconosciuti tali in Calabria. Non lo dico per polemica, per sprone piuttosto, per incitare questa terra a essere più benevola e più accorta verso i suoi figli. Rosario Condarcuri


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SIDERNO

Legalità tra i banchi di scuola: Nobili iniziative al Pascoli e al Marconi

Mentre gli studenti dell'Istituto PascoliAlvaro hanno ricordato la figura del tenente Vincenzo Romeo, originario di Siderno, fucilato all'età di 25 anni nel campo di concentramento di Sandbostel ad Hannover, gli studenti del Marconi hanno incontrato Walter Brenner a Ferramonti di Tarsia e ascoltato una testimonianza del “vissuto” in questo campo di concentramento.

Ricordare perché non accada mai più. Questo il senso della Giornata della memoria, un evento che si celebra contemporaneamente il 27 gennaio in gran parte del mondo occidentale per commemorare le vittime dei campi di concentramento nazisti e ricordare l'orrore di quella che fu la "soluzione finale" escogitata da Hitler per liberarsi della "questione ebraica". Anche l'Istituto Comprensivo Pascoli Alvaro di Siderno ha voluto celebrare questa tragica data per ricordare le vittime calabresi nei lager nazisti e in particolare la figura del tenente Vincenzo Romeo, originario di Siderno, fucilato all'età di 25 anni nel campo di concentramento di Sandbostel ad Hannover. «La memoria storica è un bisogno e un dovere per prendere coscienza, capire e quindi non commettere gli stessi errori - dichiara la professoressa Lopresti, referente Legalità dell'Istituto nonchè organizzatrice della giornata. - I ragazzi hanno potuto ascoltare la testimonianza del nipote Antonio Riccio e della sorella Clelia Romeo. L'uccisione del tenente Romeo viene riportata ne Il grande diario di Giovannino Guareschi internato nello stesso lager in cui finì i suoi giorni il tenente Romeo». Era il 28 agosto 1944 quando Romeo fu fucilato mentre lavava i suoi panni. Per strizzarli si era avvicinato al filo che precedeva il reticolato. Dalla torretta la sentinella tedesca lo uccideva con un colpo di fucile senza giustificazione alcuna. Il tenente Romeo cadde riverso, invocando la madre. La sentinella ebbe dai suoi supe-

VECCHJU VRASERI Vecchju vraseri du tempu i tandu Ricordu i nu mundu chi vaji morendu Roglju di ferru tuttu rruggiatu Caluri anticu pa ssempi stutatu

Supa a suffitta a nu chjovu mpendutu Ti viju bandera senza cchjiu ventu Si stajiu ccittu arricchjiu u lamentu I nu cristianu n’to pettu ferutu È ancora cinnari e no purvarata

riori un permesso speciale come premio. Da "Il grande diario” di Guareschi: "Alle ore 10,30 è stato ucciso il tenente Vincenzo Romeo, dallo stesso che ha accoppato il russo sabato. Stava lavandosi. La palla di rimbalzo sulle ossa si è piantata nella nostra baracca. Un premio a chi uccide. Se non colpisce gli arresti". «Grazie a queste testimonianze - prosegue la professoressa Lopresti - i ragazzi comprendono le derive della malvagità del cuore umano. La guerra non è mai giustificabile: che sia di razza o dettata dal credo religioso, è sempre una tragedia. Questo deve essere un monito per prestare attenzione alle nuove guerre che si stanno affacciando sulla scena mondiale. Il compito della scuola, in fondo, è anche questo: formare le nuove generazioni su tematiche che purtroppo tornano di grande attualità e urgenza, sollecitando la formazione di una coscienza critica e la crescita di responsabilità». In un'ottica di continuità di intenti nel campo della diffusione della legalità tra i banchi scolastici, anche l'I.I.S. "Guglielmo Marconi" di Siderno ha voluto commemorare le vittime dell'Olocausto. Lo scorso 9 febbraio, gli studenti hanno incontrato Walter Brenner a Ferramonti di Tarsia e ascoltato una testimonianza pressoché diretta del “vissuto” in questo campo di concentramento. Quei luoghi furono i luoghi del padre Gustav, dal quale ha ereditato l’amore per i libri e la cultura (entrambi editori e così anche il nonno), e soprat-

tutto l’amore per la Calabria (Walter Brenner “riscrive” la storia di tante realtà locali, tra cui Locri e Caulonia). Un tuffo nel passato che ha indubbiamente aggiunto molto al percorso di formazione nella legalità portato avanti dall’Istituto Marconi. «Diversi - aggiunge Francesca Lopresti - sono i progetti nel campo della legalità realizzati di concerto con la dirigente dell'I.I.S. Marconi, Clelia Bruzzì, proprio per dare continuità a un percorso che ha inizio con la scuola primaria e secondaria di primo grado ma che necessita di essere maggiormente sviluppato e approfondito nel corso degli studi superiori. Il tema della legalità, infatti, è assolutamente centrale per le sfide che siamo chiamati a combattere, a cominciare dalla lotta per una società più giusta e democratica. Di fronte a tanti episodi di nuova intolleranza, è giusto ricordare ai nostri ragazzi che la convivenza civile è frutto di una riflessione culturale, faticosa e affascinante, che ci permette di guardare all’altro come a "un altro noi"». Iniziative nobili che aiutano i ragazzi a prendere coscienza, a guardarsi dentro e ad allenarsi al rispetto dei diritti e dei doveri di fronte all’incalzare di fenomeni di illegalità e devianza sociale. Il prossimo appuntamento per loro sarà il 18 febbraio: nell'ambito delle azioni di prevenzione e contrasto contro il bullismo e il cyberbullismo, è stato organizzato un incontro formativo-informativo con la Polizia Postale. Maria Giovanna Cogliandro

Gliu’ velu grigiu vicinu a manigghjia A nonna Sabeglia è ancora ssettata Pari ca viju,a nostra famigghjia

Richjiudu a porta quasi sbattendu Ma a nonna u fardali ventulijandu Ripigghjia nu vrasu ,chi pari lumjia ....Ma chigljia esti a luci ...da nostargia. Martin 2019

La vera storia delle navi a perdere e la guerra nucleare Partecipo spesso a iniziative culturali e non mi sarei mai aspettato che un libro possa spingerti a guardare i fatti in modo diverso. Da anni si discute dei rifiuti radioattivi e tossici provenienti dal Nord Italia e dalle dismesse centrali dell’ex impero sovietico, che potrebbero essere stati sotterrati nelle montagne e mandati a picco con le navi abbandonate nel mare della Calabria. Gli attori in campo sono sempre gli stessi: stati, industrie, servizi segreti più o meno deviati o “in-quinati”, massoneria e un pizzico di mafia, che non può mancare per chiudere il cerchio. Ma come mai non si riesce ad arrivare alla verità e avere un quadro probatorio per scoprire dove sono stati scaricati questi materiali?

A queste domande provano a rispondere Monica Mistretta e Carlo Sarzana di Sant’Ippolito in “Plutonio Navi a perdere, vincerà chi avrà l’ultima bomba”, presentato da Gianluca Albanese sa-bato 9 febbraio presso il MAG di Siderno. Monica Mistretta è una giornalista free lance, collabora con giornali online e scrive su settimanali per vivere, come ha detto durante l’incontro. Carlo Sarzana di Sant’Ippolito è Presidente onorario della Corte di Cassazione. Insignito dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica, è stato professore in-caricato presso diverse Università, ha collaborato con il CNR e l’OCSE e ha scritto diversi libri. Riferendosi al Capitano della Marina Natale de Grazia, la Mistretta si è sbilanciata in due afferma-zioni molto pesan-

ti. “Se muoio, non mi sono suicidata” ha detto preoccupata alla platea, per poi sottolineare quanto difficile sia stato trovare editori disposti a pubblicare il testo, un merito che bisogna dunque riconoscere all’editore Città del Sole augurandogli che i risultati di vendita pos-sano ripagarlo di tanto coraggio. La prefazione è di Carlo Palermo, ex giudice, oggi avvocato, che negli anni ’80 si era occupato di traffico di armi e stupefacenti a livello internazionale rischiando di saltare in aria con un’autobomba a Pizzolungo di Trapani, dove aveva chiesto di essere trasferito per continuare le proprie indagini; l’appendice è un’intervista a Francesco Neri, il magistrato che in Calabria, con il contributo di Natale de Grazia e altri militari, si era occupato delle navi a perdere. Questi due elementi da soli sono sufficienti a comprende-

re che la storia raccontata non è un thriller, ma un’analisi approfondita che, partendo dagli atti parlamentati delle commissioni d’inchiesta sui rifiuti, mette in discussione quanto è stato detto sul traffico dei rifiuti tossici e radioattivi, che si riteneva fossero solo scarti industriali. L’autrice afferma di essersi convinta a svolgere questa inchiesta studiando incartamenti già pub-blicati da altri. A questi dati aggiunge un altro elemento, importantissimo, ricavato da un plico di documenti consegnatigli da una persona di cui non rivela le generalità, ma in grado di aprirle la mente. Sulla morte di Natale De Grazia, contraddicendo quanto si è detto in merito al suo presunto infarto, la Mistretta ha mostrato una foto del volto tumefatto dello Capitano della Marina, che inequi-vocabilmente dimostra che vi è stato


DA CAULONIA A CASA SANREMO

«Quest’anno portare un mio brano qui a Sanremo è stato come vestire uno degli abiti più importanti della mia vita. “Basta così” è uno dei testi che mi rappresenta di più, tra quelli che ho scritto sinora, perché anche a 16 anni si può avere il coraggio di dire basta a una storia d’amore che non ha senso, che non può andare avanti»

Ilenia Mazzà premiata come giovane cantautrice emergente er il secondo anno consecutivo Ilenia Mazzà si è esibita a casa Sanremo, nella settimana della grande kermesse musicale, ed è stata premiata per essersi distinta come giovane cantautrice emergente. I produttori Guido Palma e Massimo Curzio, responsabili rispettivamente delle etichette discografiche “Top Records/Dingo” di Milano e “BigStone Studio” di Napoli, hanno selezionato gli artisti per il progetto sanremese. Nei mesi sono state valutate le voci e le personalità artistiche di numerosi contendenti al prestigioso traguardo, ma solo quattro sono stati ammessi. Si tratta di ragazzi talentuosi, con diverse esperienze in campo musicale e personalità artistiche ben definite e differenti, che la Big Stone Studio ha deciso di seguire sia come management che come direzione artistica. Ilenia è stata così presentata a Sanremo giovani 2019 dall’etichetta discografica milanese Top Records con il brano “Basta così”, scritto e musicato da Ilenia, arrangiamenti a cura

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un depistaggio per nascondere il vero motivo della sua mor-te. Una morte determinata da una guerra tra stati, che coinvolge la Deutsche Bank, industrie te-desche, Siemens, compagnie marittime, società dell’ex impero sovietico, servizi argentini e il Mossad, materiali radioattivi che partivano dagli Stati Uniti e venivano riprocessati nelle centrali italiane dismesse di Bosco Marengo (Alessandria) per costruire bombe nucleari a Rorindella (Ma-tera), dopo il referendum contro il nucleare. In tutti questi anni, invece di cercare di abbandonare l’opzione nucleare, altri stati hanno avviato un proprio programma in tal senso: Turchia, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, con Iran, Iraq e Nigeria interessanti a entrare nel mercato grazie ai foraggiamenti dai Paesi della Nato. Chi si ricorda dello scandalo Iran Contras, quando gli Stati Uniti fornivano materiale fissile agli ira-niani per avere fondi da destinare ai soldati, finanziati dagli americani, che combattevano il gover-no Sandinista? Chi ha fornito materiali e tecnologie nucleari all’Iran? Con questa frase conclude l’autrice. Io invece continuo con altre informazioni: nel 1981 un giudice di Como, Romano Dolce, si era im-battuto in un traffico di uranio e plutonio proveniente dalla Svizzera e aveva iniziato a fare indagini per scoprire a chi era indirizzato. Più andava avanti e più trovava difficoltà. Lo incastrarono, accusandolo di avere acquistato per sé mitragliatrici che aveva invece requisito. Fu preso per pazzo e poi assolto in appello, sospeso dal servizio per 14 anni e poi riammesso in magistratura nel 2008. Chi tocca i fili si brucia, come Neri e come i militari che

con lui hanno lavorato. Ma le navi? Le bombe nucleari che fine hanno fatto? L’uranio impoverito e poi arricchito nelle centrali italiane dismesse e il plutonio prodotto sono elementi che servono per costruire questi strumenti di morte. Le navi affondate nei mari, con doppi fondi difficili da scoprire, sono il deposito ideale per na-scondere le armi nucleari e riprenderle quando saranno necessarie. Natale De Grazia si era avvicinato a questo segreto, aveva capito che i nostri mari, da Genova, passando per la Calabria, erano la tomba di questi arsenali che mai si sarebbero potuti scoprire, se non con boe che avrebbero garantito il tracciamento al momento opportuno. Fantascienza? L’acqua del mare non fa passare le radiazioni alfa e quindi sono conservate, senza possibilità di essere scoperte, in attesa di una bella guerra distruttiva che un sacco di Dottor Stra-namore sta preparando con gusto e follia. Invitiamo buoni autori e registi a preparare un nuovo thriller che narri di spie, banche, stati, fac-cendieri, servizi segreti con centro a Malta (Daphne Anne Vella, coniugata Caruana Galizia, vi ri-corda qualcosa?), ambientato tra la Somalia (Ilaria Alpi) e Trapani (Mauro Rostagno), in attesa che altri giornalisti proseguano questo lavoro tenendo bene a mente questa frase scritta del libro: “Per cercare la verità bisogna avere coraggio. Chi non ce l’ha, cambi mestiere”. Buon bagno nei nostri mari, vado a prendermi il sole nella speranza che anche militari, eserciti e folli facciano lo stesso, invece di inondare le acque del mare di plutonio e bombe. Franco Martino

del produttore Ivan Ritrovato. Per le sue peculiari doti la Big Stone studio ha deciso di presentarla a Casa Sanremo in occasione di Sanremo Unlimited music Awards. La giovanissima artista di Caulonia si è esibita facendosi apprezzare per le sue doti di cantautrice e musicista di fronte a una giuria qualificata, composta da Davide Maggioni (dell’etichetta Rusty Records che produce per Sanremo importanti cantanti), Massimo Morini, arrangiatore e produttore ufficiale di Sanremo, e Loretta Martinez, vocal coach di celebri talent show tra cui “Amici”. Presenti anche altri importanti discografici e produttori musicali. Insieme a Ilenia, è stata premiata la star mondiale del “tacatà” (disco d’Oro e di Platino in Sudamerica, Spagna, Italia, Francia, Belgio, Polonia e Danimarca) Ruly Rodriguez. «Quest’anno portare un mio brano qui a Sanremo è stato come vestire uno degli abiti più importanti della mia vita. “Basta così” è uno dei testi che mi rappresenta di più, tra quelli che ho scritto sinora, perché anche a 16 anni si può avere il coraggio di dire basta a una storia d’amore che non ha senso, che non può andare avanti. Questa canzone è nata in un pomeriggio di agosto mentre seduta al pianoforte riflettevo su

una piccola storia a cui ho deciso di dire basta. Ho mandato tutto a Ivan Ritrovato, musicista che ormai sa benissimo cosa voglio dalla mia musica, e lui ha completato e messo a punto gli arrangiamenti del brano» dice Ilenia. Il videoclip di “Basta così” è stato prodotto dalla Big Stone Studio di Napoli. Il disco è distribuito da Top Records ed è scaricabile dalle piattaforme di music store online. Ilenia Mazzà, che ha pubblicato il suo primo disco dal titolo “Cercando me” l’anno scorso, continua intanto il suo lavoro per ultimare il nuovo cd in uscita in primavera, mentre cresce l’attesa per conoscere il responso dalla Svizzera per l’Eurovision song contest 2019. Ilenia Mazzà, tra gli altri, è stata premiata al “Malta International Singer’s FestivalEuro Stars” nel 2015 ed è stata semifinalista al concorso “Una voce per Sanremo” nel 2016. Due i talent televisivi che l’hanno vista tra i protagonisti sempre nel 2015: “Tra sogno e realtà”, sulle reti Mediaset, e “Italia in Musica” su Gold Tv. Ilenia ha conquistato con la sua performance il pubblico del Concorso “Voci d’Oro”, tenutosi a Montecatini Terme nel luglio 2017, è stata ospite d’onore al Pericle d’Oro e finalista al Cantagiro 2017.

I Lions organizzano un’iniziativa che potrebbe far cambiare volto al paese

Si è tenuta a Camini, su iniziativa del Lions Club di Locri, una importante manifestazione sul tema "L’alimentazione come forma di integrazione”. L'evento è stato organizzato in collaborazioni con altre associazioni culturali e ha avuto particolare importanza che ha messo a fuoco alcuni significativi aspetti legati con il mondo dell'accoglienza e dell'integrazione che ha sorpreso positivamente la corposa comitiva di ospiti che si è portata nel piccolo centro dell'entroterra ionico. Una vera e propria scoperta di una realtà decisamente poco conosciuta che, sulla falsariga di quanto è avvenuto a Riace, ha consentito dal 2011 in poi di ripopolare Camini. Quello che ha maggiormente entusiasmato è stata la visita presso i laboratori creati a Camini realizzati dai beneficiari dello Sprar e indirizzati a favorire l'accoglienza turistica. Una visita che ha preceduto il convegno vero e proprio che si è tenuto presso il Centro polifunzionale comunale e che ha registrato interessanti interventi sul delicato tema.


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La Sala Stampa del Consiglio Regionale della Calabria è stata intitolata a Rita Pisano, sindaco del PCI per 20 anni al comune di Pedace. Un giorno si ritrovò seduta al tavolo di un ristorante in compagnia dell’artista Pablo Picasso che, incantato dal suo bel volto, ne realizzò uno splendido ritratto.

Rita Pisano, la comunista calabrese che incantò Pablo Picasso

Giovedì 7 febbraio, è stata scoperta a Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale della Calabria, la targa con cui si è intitolata la Sala Stampa a Rita Pisano, sindaco del PCI al comune di Pedace dal 1964 al 1984. Rita è stata una grande donna temeraria che non si è mai tirata indietro di fronte alle battaglie della vita e ai valori in cui credeva fermamente, dimostrando forza d’animo e volontà per migliorare le sorti della sua Terra. Nacque il 15 agosto del 1926 a Pedace, borgo calabrese in provincia di Cosenza. È stata una grande politica italiana, aderì giovanissima al PCI e alla scuola del partito, applicandosi anche negli studi, conseguendo in poco tempo la licenza media e il diploma dell’istituto Tecnico Femminile. Assunse progressivamente gli incarichi di dirigente della federazione del partito a Cosenza, di segretario provinciale del CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa) e di consigliere comunale. È stata una donna inflessibile contro le ingiustizie sociali e le diseguaglianze, in particolare lottò per l’emancipazione della donna, nella difficile situazione storico sociale del dopoguerra. Il suo nome, non è solo legato alla politica e alle sue battaglie, ma anche al fatto che il più importante artista del ‘900, Pablo Picasso, incontrandola, decise di farle un ritratto, al quale diede il titolo di: “Jeunne fille de Calabre”. Era il 30 ottobre del 1949, Rita aveva 23 anni e si trovava a Roma, in occasione della celebrazione del congresso mondiale per la pace, da dove raccontò i travagli dei contadini calabresi. In particolare, si soffermò sulla vicenda di Giuditta Levato, una contadina stroncata da un colpo di fucile, il 28 novembre del ’46; mentre il giorno prima del congresso, la polizia aveva sparato sui contadini che avevano reclamato la terra del latifondo. È un periodo complesso per la storia italiana: dal ’47 i comunisti non sono più al Governo; in Parlamento si vota l’adesione al Trattato del Nord Atlantico; lo scontro politico è molto aspro, l’opposizione dei partiti della sinistra coinvolge con proteste, scioperi e manifestazioni l’intero Paese. In questo clima di tumulti, il pittore più celebre del mondo e una delle donne più affascinanti del Mezzogiorno italiano, si ritrovarono seduti al tavolo di un ristorante. Picasso, incantato dal bel volto di Rita, prese carta e matita e ne realizzò un ritratto spumeggiante. Fu così che il volto splendente di una giovane donna, combattente di Calabria, fu impresso sulla carta, in pochi rapidi gesti, dalla mano dell’autore di “Guernica”. Il disegno, poi, lo prese Carlo Muscetta, critico letterario (si trova tuttora nella sua collezione privata) e fu poi pubblicato in copertina di una edizione Einaudi, che egli curò, degli scritti di Vincenzo Padula: “Gente di Calabria”. Rita, in seguito, ritornò nella sua Calabria dove fu eletta sindaco di Pedace nel 1964. Incarico che mantenne, per vent’anni, fino al 1984, anno della sua prematura morte. In questi anni da sindaco ha dato esempio di un’amministrazione esemplare del bene pubblico e amante della cultura è riuscita, attraverso l’organizzazione degli “Incontri Silani”, a dare un’impronta di qualità a iniziative letterarie, cinematografiche e artistiche. Rita Pisano è stata una donna forte, sicura e ironica. Il paese ha sempre

trovato un’analogia tra il rapporto tra il sindaco Rita Pisano e il parroco del paese, Don Ernesto Leonetti, con la storia di Don Camillo e Peppone. Vivevano in uno stato di continuo disaccordo per quanto riguardava gli ideali politici. L’episodio più noto riguarda la campagna elettorale del 1970. Il parroco, sostenitore della Democrazia Cristiana, nelle sue omelie assicurava la sconfitta del sindaco comunista, affermando che se avessero vinto i comunisti avrebbe fatto le valigie e abbandonato il paese per sempre. Alla chiusura delle urne, con l’ennesima vittoria di Rita, il parroco trovò

una valigia davanti alla porta della chiesa. Ma per conoscere davvero la parte più intima e speciale di questa donna ho posto delle domande al figlio: Giuseppe Giudiceandrea, consigliere regionale e capogruppo dei democratici progressisti. Parlano di sua madre come una donna battagliera e ironica. Lei, come la ricorda? La ricordo nella gestione quotidiana. Lei era, quasi sempre fuori per attività politiche, però la domenica la dedicava a noi figli cucinando le lasagne, il suo piatto forte. Lavorava la sfoglia a mano ed era meraviglioso vederla sotto questa veste. Poi la ricordo come una donna assolutamente caparbia, volitiva, sempre vicina agli ultimi e alle persone più deboli. Da dove nasceva la sua passione per la politica? Credo che il virus le sia stato instillato dal fratello Guido, amico fraterno di Cesare Curcio, che nelle scorribande notturne a cantare bandiera rossa nelle strade di Pedace, durante il periodo del fascismo, avevano creato una sorta di banda giovanile e vennero puniti. Cesarino venne torturato dai fascisti, perché aveva nascosto una bandiera rossa nel convento di Pedace. Mia mamma fu staffetta e andò a portare anche il cibo a Pietro Ingrao nella montagna, quando venne nascosto a Pedace. La passione nasceva da lì, mia madre ebbe la fortuna di nascere una presila rossa, ed è diventata rossa soprattutto durante il fascismo. Quali sono state le battaglie per le quali sua madre ha più lottato? Aveva una fissazione per il lavoro, lei era attenta costruttrice di canne da pesca, nel senso che, citando Confucio, sosteneva che non bisogna sfamare il popo-

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lo dandogli il pesce, ma insegnandoli a pescare, insegnandoli a utilizzare la canna da pesca. Fece costituire molte ditte presenti su Pedace e nei dintorni, perché capiva che il motore del lavoro veniva anche dall’imprenditoria. Per cui, la sua fissazione era quella del lavoro e dell’emancipazione attraverso il lavoro, specialmente per quanto riguarda le donne. Qual è stata la sua più grande soddisfazione, in veste di sindaco di Pedace, per vent’anni? Credo che le soddisfazioni più grandi le abbia avute con l’istruzione e la scuola. Era attenta affinché tutti i bambini, tutti i ragazzi del paese, anche quelli che vivevano nelle zone più impervie, avessero la possibilità di andare a scuola. Una volta una signora chiese a “Donna Rita” che il pulmino potesse arrivare anche in una zona lontana, dove lei abitava con i suoi figli. Così, il giorno successivo, la signora si trovò il pulmino davanti casa. Ogni frazione doveva avere una scuola a tempo pieno, perché l’istruzione era la base fondamentale per la libertà di tutti gli individui. Come descriveva sua madre l’incontro con Picasso che la ritrasse? Questa cosa non aleggiava tanto in casa. Io ricordo che la prima volta che ne ho sentito parlare è stato alla morte di mia madre, quando la figlia di Carlo Muscetta ci mandò la foto del ritratto. Mio padre mi raccontò, successivamente, che si divertiva a prendere in giro mia madre, in quanto non le credeva che Picasso l’avesse ritratta, quando ancora loro non si conoscevano, benché fosse consapevole della sua grande bellezza. Allora, un giorno, mia madre gli mostrò il libro di Padula in cui sulla copertina era presente la foto del ritratto e, a questo punto, mio padre si dovette ricredere, perché ebbe la prova tangibile che i tratti splendidi del suo viso fossero stati ritratti dall’artista spagnolo. Cosa penserebbe sua madre dell’attuale situazione politica? Credo che non penserebbe un gran bene, perché sempre attenta agli ultimi, sempre attenta all’emancipazione dei più poveri, a uno slancio postbellico di rivoluzione verso il miglioramento delle condizioni di tutti quanti gli uomini di questo Pianeta; vedere la situazione attuale dove gli ultimi fanno la guerra agli ultimi, in una sorta di battaglia fra poveri all’infinito, ne sarebbe sicuramente dispiaciuta. Forse, in questo momento, ci sarebbe tanto bisogno di una Rita Pisano piuttosto che di un Salvini e di persone che creano litigi tra le persone meno abbienti e fanno litigare noi altri con le persone meno abbienti. La politica avrebbe tanto bisogno di persone che sappiano dare uno slancio di sviluppo e di proiezione verso un futuro più roseo e di speranza, invece di politici che insegnano l’odio verso il prossimo. Rita Pisano ha lavorato fino all’ultimo respiro per migliorare la sua terra, da lei tanto amata. È un esempio di donna forte e coerente, per questo sarebbe necessario seguire le sue tracce e continuare il suo cammino per fare in modo che nessuno possa più considerare la Calabria come Regione di serie B. Rosalba Topini

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Ariete La settimana inizierà in maniera pesante, ma a metà settimana riuscirete a recuperare il buon umore e potrebbero presentarsi delle novità. Se c’è qualcosa in particolare che volete fare, è meglio approfittarne ora perché presto Mercurio sarà sfavorevole.

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Gigi e Sandra Il nostro Gigi Sarroino ferma per in selfie l’intramontabile Sandra Milo appena fuori dal Teatro Ariston di Sanremo durante uno delle lunghe giornate del 69º Festival della Canzone Italiana svoltosi la scorsa settimana. Un piccante Canzonieri Pino Canzonieri posa con Gianni Pellegrino, attore di cinema, teatro e tv, nonché scrittore e musicista, originario di Cortale e conosciuto in tutto il mondo per la sua interpretazione di Re Peperoncino.

Toro Ripresa dal punto di vista dei sentimenti. Adesso riuscite a guardare avanti senza pensare al passato. Nel fine settimana potreste conoscere una persona molto interessante. Tra martedì e mercoledì potrebbe invece nascere qualche dissapore sul lavoro. Gemelli La vostra relazione potrebbe essere nel pieno di una turbolenza. Venere non vi sarà a favore e ciò potrebbe portare diversi litigi nella coppia. Sabato potrebbe essere la giornata più critica, sia per i sentimenti che per il lavoro. Stringete i denti. Cancro Venere e Mercurio saranno a vostro favore e la vostra relazione potrebbe rafforzarsi. La sintonia con il partner sarà più che buona e nel weekend vivrete momenti di passione. Lunedì ci sarà Luna in opposizione, ma non lasciatevi scoraggiare dai disguidi.

Scambio di vedute Pino Varacalli e Antonio Viscomi si fermano a fare due chiacchiere su politica e società a margine di uno dei tanti eventi culturali svoltisi questa settimana nella nostra bella Locride.

Leone In ambito lavorativo sicuramente non mancheranno gli scontri: non riuscite a far valere le vostre idee e questo vi rende molto nervosi. A iniziare da venerdì riuscirete poco a poco a ritornare sereni, perciò cercate di sopportare. È solo una fase! Vergine Purtroppo Venere sarà opposto al vostro segno e ciò comporterà disguidi, soprattutto nelle giornate di mercoledì 20 e giovedì 21. Potreste mettere in discussione il vostro lavoro, ma cercate di non abbattervi: questo periodo è una sfida da superare. Bilancia Questa settimana andrà sfruttata al massimo per i nati sotto il segno della Bilancia. Se avete qualche cambiamento da fare o un progetto da portare avanti, è il momento di agire. In amore tutto sembra essere molto tranquillo ma non diventate arroganti!

Il libro invisibile La scrittrice Chiara Fera, l’assessore alla cultura del Comune di Locri Anna Sofia, il giornalista Enzo Romeo e il capo ufficio stampa del Consiglio Regionale Romano Pitaro si fanno fare una foto di gruppo al termine della presentazione del “libro invisibile” di Pietro Citati, curato dalla Fera. Calabria ortofrutticola Nell’ambito della fiera “Fruit logistica” di Berlino, salone mondiale dell’ortofrutta, lo stand della Calabria ha registrato numerosissimi visitatori, tra cui il sottosegretario delle politiche agricole Alessandra Pesce, accolta dal responsabile Giacomo Giovinazzo.

Fastidiosi cliché Ancora una volta, purtroppo la Locride è oggetto di fastidiosi cliché. È quanto ha denunciato a metà settimana il sindaco di Locri Giovanni Calabrese commentando la dichiarazione del sottosegretario di Cantù a margine del processo per ‘ndrangheta che si svolge nel comune Lombardo. “Non siamo Locri” dice Molteni, dimostrando che una gita dalle nostre parti gli sarebbe utile a capire come si vive davvero dalle nostre parti… Special Olympics istituzionali Il 7 marzo gli Special Olympics parteciperanno alla Conferenza Stampa che si terrà nel Salone d’Onore del Coni e avranno modo di parlare con il Presidente della Camera Fico, il Premier Luigi Conte e i sottosegretari Giorgetti e Valente.

Servizi graffianti La nostra Bluette Cattaneo, durante le giornate del Festival di Sanremo, ha incontrato due giornalisti del programma Mediaset “Le Iene”, con le quali, dopo un bel momento goliardico, ha concordato un servizio che sarà presto in onda!

Scorpione L’amore sarà al top ed anche coloro che hanno iniziato da poco una relazione potrebbero sentirsi pienamente soddisfatti e sicuri del partner. Tutto andrà liscio fino alla giornata di giovedì 21 febbraio, poi potrebbe presentarsi qualche ostacolo. Sagittario Incomprensioni con il partner tra venerdì e sabato: anche delle piccolezze potrebbero accendere discussioni esagerate. Mercoledì e giovedì saranno giornate belle dal punto di vista lavorativo. Cercate di dare il massimo e otterrete belle gratificazioni. Capricorno Siete molto concentrati sul lavoro, ma è a livello sentimentale che state vivendo le più belle emozioni e soddisfazioni del periodo. Venerdì Mercurio a vostro favore porterà novità inaspettate. Lunedì e martedì le giornate più fortunate della settimana.

Acquario Le stelle vi sostengono e ciò vi metterà in una condizione molto positiva. Potrete finalmente sbilanciarvi su determinati argomenti e farvi avanti se avete interesse per qualcuno. Attenzione a non trascurare il benessere fisico, potreste pentirvene. Pesci Le novità non mancheranno, ma dovrete avere molta fiducia in voi stessi ed impegnarvi. Se qualche nuovo progetto vi viene proposto, non rifiutate ma abbiate il coraggio di rischiare. Anche le piccole cose potrebbero generare svolte nella vostra vita!


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