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20 GENNAIO - 03
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vetrina
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Il 14 gennaio scorso l’osceno è andato in scena nelle sue vesti più sguaiate e ripugnanti. Due rappresentanti dello Stato a capo della turba social che invoca il sangue di Cesare Battisti trasmettono in diretta facebook il suo arrivo a Ciampino, in barba al diritto, che è di qualsiasi detenuto, anche il più pericoloso, a ricevere un trattamento umano e rispettoso delle garanzie di legge.
Tortellini al sugo e Battisti al brodo
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
osì come Cesare Battisti per 37 anni ha ostentato con tracotanza la sua impunità, Salvini e Bonafede, il 14 gennaio scorso, ne hanno ostentato la cattura. "Deve marcire in galera" - ha affermato il ministro dell’Interno in divisa da secondino, che non solo si è recato ad “accogliere” un criminale - e non un servitore dello Stato o una vittima - ma si è anche assicurato che gli italiani ne fossero a conoscenza e potessero seguirlo passo passo attraverso una diretta facebook. Di fronte a quelle immagini da avanspettacolo si fa una gran fatica a scegliere se prendere innanzitutto le distanze da un criminale sfuggito per anni alla giustizia o dagli avvoltoi del nostro governo impegnati a fare sciacallaggio elettorale. Il 14 gennaio scorso l’osceno è andato in scena nelle sue vesti più sguaiate e ripugnanti. Agli italiani è stato fatto credere di aver preso il peggiore dei criminali e di averlo finalmente assicurato alle patrie galere, dove finirà i suoi giorni in uno stato di putrescenza. Un criminale reso più criminale da tutto l'armamentario messo su da un ministro dell'Interno, che sembra sentirsi a suo agio all'interno di un set cinematografico in cui si assicura un ruolo di coprotagonista, e un ministro della Giustizia, indubbiamente meno disinvolto, anzi a tratti imbarazzato, tanto da annaspare come un pesce fuor d'acqua. Due rappresentanti dello Stato a capo della turba che invoca la forca. La sete di vendetta travestita da Giustizia. Un criminale esibito come un trofeo di caccia, in diretta streaming, in barba al diritto, che è di qualsiasi detenuto, anche il più pericoloso, a ricevere un trattamento umano e rispettoso delle
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garanzie di legge. Una sputacchiera servita a chi sui social chiede il sangue di Battisti, e giustificata in nome delle sue vittime, trasformate senza ritegno in veicoli di consenso. Quello che sfugge a Salvini, a Bonafede e ai tifosi gialloverdi è che il compiersi della vendetta non si traduce in una pietà più vera nei confronti delle vittime né tanto meno rende più umani. Anzi permette di affermare che il senso di umanità non solo è estraneo alla barbara esistenza di Battisti ma anche a chi ne invoca una punizione esemplare. Si fa fatica a crederlo ma siamo in Italia, nonostante non vi sia niente di meno italiano della furia cieca con cui ci si augura un regolamento di conti che vede un uomo "marcire" in galera. Un augurio che fa male e che non ha nulla a che vedere con quella Costituzione su cui i ministri della Repubblica giurano prima di assumere le loro funzioni. “Le pene - recita l'art. 27 comma 3 - non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”, il che significa che nessuno deve "marcire" in carcere, nessuno può essere sottoposto a tortura. Nessuno, neppure i criminali pluriomicidi come Cesare Battisti.
Ma usare la parola "marcire" fa sì che Salvini sia visto dai fans come uno di loro, marcire riferito a Battisti svolge la stessa funzione dei suoi post culinari. «Ogni volta che ci mandi le foto di quello che ti nutre e ti sostenta - commenta un suo follower su facebook, sotto la foto con i tortellini al ragù di salsiccia (sì sì, al ragù di salsiccia, perchè, fa sapere il ministro, a lui il brodo non piace) - ti sentiamo sempre più come uno di famiglia». Marcire è un termine che manda in delirio il nuovo popolo social, a cui l'incitamento all'odio provoca orgasmi ineguagliabili. E Salvini lo sa bene, lui che persino quando si gusta un tiramisù, lo fa "alla faccia dei comunisti". Non c'è più senso della misura, non c'è senso del rispetto (per le regole e per i diritti umani), non c'è senso delle istituzioni, non c'è senso della vergogna. Di contro, c'è un sesto senso: quello che serve a intercettare nuove fette di elettori, anche fossero bruscolini, anche fossero della peggiore specie, tanto ormai tutto fa brodo nell'era della "politicanza" social. E il brodo a Salvini non piace solo se usato per accompagnare i tortellini.
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Questa settimana la destra reggina ha chiesto a gran voce le dimissioni dell’assessore alla pubblica istruzione del Comune di Reggio Calabria Anna Nucera, rea di aver permesso, nell’adempimento del suo ruolo di dirigente scolastico, al sindaco sospeso di Riace Mimmo Lucano, di parlare agli studenti durante un evento mattutino organizzato dall’Istituto industriale Panella-Valluri che ha generato forti polemiche a causa di un video girato sui social. Non sarebbe il caso che le opposizioni si occupassero di problemi più seri?
Io sto con Anna Nucera ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI
Io sto con Anna Nucera, amica di famiglia, dirigente di Rifondazione, sorella del consigliere regionale Gianni e donna con gli attributi. La vicenda che ha visto mobilitarsi la destra reggina in questi giorni ha dell’incredibile, infatti abbiamo ricevuto per giorni comunicati che chiedevano a gran voce le dimissioni dell’assessore alla pubblica istruzione del Comune di Reggio Calabria. Di seguito pubblichiamo la nota della conferenza stampa: Hanno chiesto le dimissioni di Anna Nucera (la Sinistra) da assessore all’Istruzione della giunta comunale di Reggio Calabria guidata dal sindaco Giuseppe Falcomatà (PD) i gruppi di minoranza di centrodestra, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. La motivazione è legata principalmente alla partecipazione di Mimmo Lucano, sindaco sospeso del Comune di Riace, ad un evento mattutino con gli studenti dell’Istituto industriale Panella-Vallauri, di cui la Nucera è dirigente. “Un fatto grave e inopportuno dal chiaro sapore elettoralistico, un assessore di sinistra che utilizza anche la sua funzione di dirigente scolastico per portare agli studenti un ‘modello’ sotto giudizio da parte della magistratura con gravi reati contestati” hanno ribadito i consiglieri reggini, Lucio Dattola, Mary Caracciolo, Pasquale Imbalzano (Forza Italia), Massimo Ripepi (Fratelli d’Italia) ed Emiliano Imbalzano (Lega), che hanno “stigmatizzato la partecipazione di Lucano all’interno di una scuola pubblica, luogo di libera formazione culturale dei giovani ed utilizzata invece per enfatizzare un modello Riace, in evidente chiave politica e contro un ministro della Repubblica”. “Siamo garantisti ed ognuno, fino all’ultimo grado di giudizio, può professare la propria libertà - hanno aggiunto i cinque consiglieri comunali – ma questo tour innocentistico non andava fatto all’interno di una scuola pubblica”. “Ci domandiamo – hanno concluso i consiglieri di centrodestra – cosa avrà pensato il Sindaco ‘disobbediente’ Falcomatà, sulla presenza di Lucano, altro ‘disobbediente’,
in una scuola cittadina e sul comportamento del suo assessore comunale Nucera. Ma stiamo scherzando? mi verrebbe da scrivere. Ho seguito la vicenda, e il fatto contestato consiste nella battuta finale di Mimmo Lucano durante il convegno con cui critica aspramente il comportamento del ministro degli Interni. La dirigente Anna Nucera lo interrompe per dirgli che, essendo all’interno di una scuola, avrebbe dovuto evitare giudizi politici. A questo incontro non era presente nessuno dei firmatari, ma solo il giornalista Luigi Palamara, in arte l’arciere, che dopo anni di onorato giornalismo, si è dato alla professione del free lance con evidente connotazione politica e con un disprezzo nei confronti di alcuni personaggi, tra cui Mimmo Lucano. Niente di male, intendiamoci, anzi forse Palamara è meno ipocrita di tanti altri che nascondono le proprie idee. Ora rimane il fatto che di questo avvenimento la sola testimonianza sono le riprese del buon Luigi, farcite da commenti che già indirizzano le stesse immagini. Come è possibile, mi chiedo, che oggi un’intera opposizione di un comune faccia una conferenza stampa, legittimando la propria esistenza su un fatto così marginale rispetto agli evidenti disastri che sta combinando il sindaco del capoluogo? E come mai viene presa di mira una delle poche persone serie che fanno parte di questa giunta di centro sinistra? Sono domande che mi pongo e vi pongo, perché avendo seguito l’evolversi della situazione mi sono dato delle risposte. Secondo me, questi paladini della buona scuola hanno notato che questo video era riuscito a catturare l’attenzione del loro elettorato con molti commenti e ampie discussioni sui social, per cui lo hanno ritenuto molto più importante e appetitoso rispetto a temi magari più importanti e urgenti ma di cui alla gente sembra non fregare niente, almeno stando alle risposte dei social. Possiamo dire che anche a Reggio Calabria è iniziata la campagna elettorale per le prossime comunali, e sicuramente sarà una campagna molto social.
20 GENNAIO - 04
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La guerra dei Tripodi Polistena
Polistena sta vivendo un guerra intestina tra il sindaco Michele e suo cugino Michelelangelo, ex assessore regionale, uniti da un legame famigliare che oggi pare dimenticato in nome del compianto Mommo.
Sta scuotendo non poco le coscienze della comunità polistenese la querelle nata tra l’Amministrazione Comunale guidata da Michele Tripodi e la famiglia di Girolamo Tripodi, esasperata, scrive in una nota il figlio Michelangelo, dalle notizie false che si stanno susseguendo in merito a una singolare vicenda di intitolazione di beni comunali. La famiglia del compianto sindaco Girolamo non avrebbe infatti digerito la scelta del primo cittadino Michele, peraltro figlio di un fratello del caro estinto oggetto del contendere, di intitolargli una via senza consultare la famiglia. Gli animi si sarebbero scaldati ulteriormente quando l’attuale primo citta-
dino ha ignorato la richiesta di revoca della delibera che determinava la mal digesta intitolazione, tanto più che sarebbe nelle intenzioni dell’Amministrazione Comunale intitolare a Tripodi anche la futura casa della cultura che sarà realizzata nelle stanze di Palazzo Sigillò. Ragione di tanto astio sarebbe l’avversità sempre provata nei confronti del podestà fascista Sigillò da parte di Tripodi, risaputa al punto da far ritenere alla famiglia di Girolamo che la delibera comunale rappresenterebbe un… deliberato atto di offesa nei confronti dell’ex sindaco, che si aggiungerebbe al pessimo trattamento riservato a tanti altri eventi a lui dedicati.
Siderno
Bianco
I finanziamenti europei faranno cambiare il volto del paese La massiccia partecipazione a Bandi Europei, Nazionali e Regionali, dà finalmente i suoi frutti per il comune di Bianco. L’Amministrazione Canturi, infatti, in triennio 2015/2018, ha ottenuto la concessione di finanziamenti per un importo complessivo di 9,3 milioni di euro, che potranno essere impiegati nella realizzazione di 20 importanti progetti che garantiranno la riqualificazione della città. Giustificatissima la soddisfazione espressa dall’Amministrazione attraverso
le parole dell’Assessore ai lavori Pubblici Francesco Macrì, consapevole che altri fondi, richiesti più recentemente, potranno presto essere riscossi dall’Ente. Tra i progetti che potranno vedere la luce grazie a questi fondi, diverse opere di adeguamento sismico ed efficientamento energetico, oltre che la riqualificazione di aree urbane degradate, del waterfront e il completamento di diversi impianti sportivi.
I cittadini ottengono l’abbassamento della quantità di organico conferito a San Leo Lunedì mattina, presso il Comune di Siderno, si è tenuto un sit-in di protesta o r g a n i z z a t o dall’Osservatorio Rifiuti a seguito delle continue lamentele da parte di molti cittadini per le fastidiose emissioni odorigene provenienti dall'Impianto TMB di contrada San Leo. Con la revoca da parte dei commissari dell’ordinanza sindacale di luglio 2018 emanata dall’Amministrazione Fuda, che imponeva di non superare il conferimento delle 35 tonnellate settimanali di rifiuti organici, infatti, la quota di rifiuti che potevano varcare la soglia di San Leo
era stata innalzata a 50 tonnellate giornaliere e anche altri paesi della Regione erano stati autorizzati a conferire presso l’Impianto di Siderno. Per questa ragione Maria Rosaria Tino e Dino Audino hanno chiesto e ottenuto udienza ai commissari Mulè e Caracciolo che, come assicurato in quella sede, hanno successivamente emanato un’ordinanza che impone il graduale abbassamento della quota di conferimento a 35 tonnellate giornaliere entro il prossimo 23 gennaio, una quantità comunque molto alta rispetto a quella imposta dalla precedente amministrazione.
Lunedì mattina l’Osservatorio Rifiuti ha organizzato un sit-in di protesta cui è seguita un’audizione presso i commissari che ha permesso la riduzione della frazione organica conferita quotidianamente da 50 a 35 tonnellate giornaliere. Ma siamo ancora a quantità altissime rispetto a quelle ottenute da Fuda.
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sanità
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La politica non è più l’anello di congiunzione tra territori ed Enti i spengono i fuochi piccoli e si accendono quelli grandi. Con i settantamila euro che la Manovra mette a disposizione di ciascun comune calabrese si potrà sistemare l'impianto di una scuola, un parco o pagare il debito di una manifestazione. Tutto utile, ma… punto. Siamo in presenza di una crisi globale e inarrestabile dei territori e i sindaci della Locride hanno deciso di chiedere quantomeno la riapertura del tavolo sulla sanità e lo sciopero generale, programmato neppure a breve, per la verità. È il Servizio Sanitario Nazionale che deve girare intorno al malato, non il contrario, a causa di paure e ritardi. Ci ritroviamo a parlare di umanizzazione quando altro non è che il semplice riconoscimento del malato come “persona” e non come un numero. Dipende probabilmente dallo scrupolo per la noncuranza delle istituzioni, con i medici e il personale costretti ad assumersi ammirevoli responsabilità, a essere osservatori più accurati dei pazienti. Gli ospedali sono come quelle strutture produttive a ciclo continuo che non possono fermare l'attività, non possono aspettare che Giulia Grillo faccia il tirocinio come Ministro o che Mario Oliverio riesca a darsi una linea sulla sanità. Ciò che i cittadini della Locride patiscono sfocia in una rabbia repressa. Il penultimatum che qualche sindaco aveva voluto dare, cioè le dimissioni sue e di tutti colleghi, era stato valutato (?) con diffidenza: “lo dice adesso che sta finendo la sua legislatura”, “potrei starci se avessi la certezza che nel mio comune non si candiderà nessuno”. Se non viene espressa per… banale egocentrismo, questa seconda posizione è del tutto condivisibile, perché non si deve consegnare allo Stato la gestione straordinaria degli enti. Fin qui l'affidamento ai Commissari prefettizi dei comuni, nel caso dell’infiltrazione mafiosa, spesso non è apparsa giustificata e mai ha sortito gli effetti voluti. I Comuni, è però vero, non hanno più un ruolo complementare rispetto allo Stato, non sono soggetti capaci di fare proposte che nazionalmente vengono assunte. Gli stessi sindaci della Locride debbono ammettere di aver fatto tante denunce ma di non averne spuntata una. Tanti di loro hanno un collegamento politico a livello sovracomunale solo se sono interpellati come capielettori, oppure se danno la disponibilità a entrare nelle liste. Riescono a mobilitare i cittadini, a ottenere e a garantire la gestione di alcuni servizi, a gestire i bilanci in maniera tale da fare sponda a politiche del lavoro? Le ultime legislature regionali hanno visto Presidenti impegnati a imporre le proprie esigenze sui territori, non già a raccoglierne gli indirizzi, con la conseguenza che si impoveriscono e si “corrompono” i gruppi dirigenti locali. Palazzo Campanella, meno che nei giorni delle sedute del Consiglio Regionale, è solitamente un deserto, i sindaci vengono cercati dai cittadini per ascoltare i loro disagi, ma non sono più nelle condizioni di fare da tramite tra i territori e gli enti. Federico Lago
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La querelle tra il Ministro alla Salute e il presidente della Regione Calabria e una morte sospetta all’Ospedale di Locri riaprono la questione sanità nella Locride, e la situazione non sembra poter migliorare a breve.
Tra i due il calabre
La contesa sulle nomine dei commissari alle ASP della Regione Calabria ha irrimediabilmente interrotto la dialettica tra il governatore Mario Oliverio e il Ministro alla Salute Giulia Grillo, che ha minacciato su Facebook vere e proprie ritorsioni nei confronti dei calabresi. Il tutto mentre all’ospedale di Locri moriva un paziente (anche) a causa di un ascensore guasto e i sindaci del comprensorio riprendevano a parlare di come salvare il settore nella Locride. he il presidente della Regione Mario Oliverio e i Ministri di ogni ordine e grado del “governo del cambiamento” non si stiano molto simpatici è un dato lampante anche solo in virtù del trascorso politico assai differente tra le due parti. Ma quanto accaduto tra domenica e lunedì scorsi ha veramente del surreale, tanto più che, ancora una volta, le beghe politiche di una classe dirigente incapace finiranno inevitabilmente con il pesare sulle spalle di noi poveri cittadini. Nel fine settimana è infatti giunta voce al Ministro della Salute pentastellato Giulia Grillo che, di lì a poche ore, il consiglio regionale della Calabria si
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sarebbe riunito per nominare i commissari in luogo dei Direttori Generali in scadenza di tutte le Aziende Sanitarie Locali calabresi. Un compito che in condizioni normali spetterebbe di diritto proprio al Presidente della Regione, ma ugualmente in grado di far andare in escandescenze il Ministro. E tanto è andata in escandescenze, la Grillo, da aver deciso, com’è ormai (pessima) abitudine dei nostri amministratori, di affidare a una diretta Facebook il suo rigurgito di bile e indignazione nei confronti del demonizzato governatore piddino. Evidentemente convinta che la nostra Repubblica si sia trasformata in una sorta di “dittatura parlamentare”, infatti, la Grillo ha illustrato sommariamente (oltre che imprecisamente) le condizioni drammatiche in cui versa il settore sanitario della nostra regione, dando piena responsabilità dello stato di degrado proprio a Mario Oliverio e all’ex commissario ad acta “in quota PD” Massimo Scura, con lo scopo preciso di far salire il crimine alla vasta e già incazzatissima platea dei social e concludendo che il perseverare del governatore calabrese nella nomina di commissari dei quali non erano ancora nemmeno usciti i nomi sarebbe stato inteso come una vera e propria “dichiarazione di guerra”. La comprovata incapacità amministrativa da parte del Presidente della Regione Calabria è stata infatti considerata dal Ministro sufficiente ad avere la certezza che le nomine che
sarebbero state effettuate nella giornata di lunedì avrebbero avviato una volta di più la macchina clientelare della vecchia politica, consegnando l’amministrazione delle ASL più disastrate d’Italia nelle mani di tecnici da considerarsi incapaci a prescindere e poco collaborativi nei confronti dei “suoi” commissari Cotticelli e Schael. La pubblica gogna alla quale è stato esposto, ovviamente alimentata dai pentastellati locali, non ha intimorito il governatore Oliverio, che ha anzi deciso di continuare per la propria strada riconfermando Raffaele Mauro (unico nome sul quale i nuovi commissari alla sanità avevano effettivamente posto un veto) alla guida dell’ASP di Cosenza e Angela Caligiuri a quella di Vibo Valentia e nominando Achille Gentile commissario della “Annunziata” di Cosenza, Giuseppe Fico all’ASP di Catanzaro, Caterina De Filippo alla “Mater Domini” di Catanzaro, Antonello Graziano all’ASP di Crotone e Vittorio Prejanò al “Riuniti” di Reggio Calabria. Per il Ministero, come già annunciato, è la fine dei giochi: per quanto riguarda la Grillo, a partire da questa settimana i calabresi dovranno vedersela da soli in materia sanitaria e potranno ringraziare l’arroganza delle istituzioni regionali se si sentiranno abbandonanti a sé stessi. Un po’ come se un pedone (i calabresi) si fidasse di un amico (Oliverio) che gli dice di attraversare la strada nonostante stia arrivando un’auto a folle velocità
litiganti N ese muore
L'etica della Sanità
(il governo) e, dopo essere stato investito, si sentisse dire che può rimanere placidamente ad agonizzare sull’asfalto tenendo bene a mente che, nel caso in cui dovesse morire prima dell’arrivo dei soccorsi che nessuno chiamerà, ci penseranno i suoi figli a ripagare i danni alla macchina. Questa analogia ci permette di comprendere che, indipendentemente dall’atteggiamento ai confini della realtà della Grillo, che per una stupida ripicca politica intende sfogare la sua frustrazione su cittadini che fino a un momento prima aveva sottolineato essere “non solo calabresi, ma italiani”, anche il comportamento di Oliverio non è esente da colpe. La contesa con il governo, infatti, gli ha completamente fatto perdere di vista l’interesse dei calabresi che gli hanno dato fiducia nel 2014, innalzando un muro che non sarà facile abbattere, prova ne è che, durante la stessa seduta nella quale sono stati nominati i nuovi commissari delle ASP, è stato formalizzato anche il ricorso al TAR avver-
so alla nomina di Schael. Forse qualcuno dovrebbe avvertire il governatore che, se la vita continua a dargli limoni, sarebbe il caso di mettersi a fare limonate anziché continuare a premerli nel cappuccino perché si sente di gusti più raffinati. Questa contesa, che il Ministro in verità avrebbe potuto dirimere dando pieni poteri ai suoi commissari ed estromettendo completamente la Regione dalla questione sanitaria, fa sì che l’ultimo baluardo a difesa del diritto alla salute rimangano i sindaci di buona volontà, come quelli della Locride, riunitisi a poche ore dalla querelle per cercare di riprendere le fila della protesta per la funzionalità dell’ospedale di Locri avviata in autunno e tornata attuale alla luce dei fatti drammatici di sabato 12 gennaio. Il decesso di un paziente dopo che per tre ore si era tentato di trasportarlo senza successo in rianimazione a causa degli ascensori guasti, ha infatti turbato molto la nostra comunità, che ha chiesto ancora una volta a gran voce che si adottino soluzioni rapide a una criticità sempre più insostenibile, della quale, oltre ai vari Scopelliti, Oliverio e Scura, cominciano a essere corresponsabili, ci dispiace dirlo, anche i parlamentari attualmente al governo. L’assemblea dei sindaci di martedì si è conclusa con la decisione di riaprire ancora una volta il tavolo sulla sanità presso la Prefettura di Reggio Calabria e, successivamente, di provare ad avviare un confronto diretto con il nuovo Ministro alla Salute nella speranza che si riveli disponibile almeno con gli amministratori di primo livello. In caso contrario, infatti, al netto della volontà dichiarata di organizzare una nuova mobilitazione popolare (magari uno sciopero generale) nella data del 2 marzo, potrebbero restare davvero pochissimi santi a cui votarsi per poter uscire da questo pantano e l’ormai tanto popolare “scandalo ascensori all’ospedale di Locri” potrebbe sembrare solo un piccolo intoppo di percorso se paragonato ai nuovi problemi cui sarà necessario fare fronte. Jacopo Giuca
on possiamo rassegnarci circa la situazione dell'ospedale di Locri. L'attenzione deve rimanere alta anche in assenza di fatti eclatanti, come quello avvenuto di recente che, purtroppo, non è da considerare assoluta eccezione. La Sanità calabrese è in estrema difficoltà e alcuni ospedali, come quello locrese, soffrono più di altri, ma anche laddove la situazione è migliore, insistono problemi importanti che sono motivo di forte preoccupazione. In tempi segnati da una gestione economicistica dei servizi secondo una mentalità "aziendalistica", occorre ricordare che la Sanità è servizio che ha a che fare in modo diretto con il valore e la dignità della persona umana. Tutti i servizi hanno valore e incidono nella qualità della vita delle persone, ma la Sanità segna in modo essenziale i livelli di civiltà di un Paese. Cosa possiamo attenderci in futuro? Dopo sette anni di commissariamento, ci dice il ministro della Salute, i servizi sono peggiorati e la spesa aumentata: un fallimento di tutti gli attori coinvolti sia a livello locale sia nazionale. Con la nomina del nuovo commissario si riaccende la speranza che si possa migliorare, ma lo scontro tra Regione e Governo nazionale non sembra concluso, anzi, le prime schermaglie non promettono nulla di buono: si andrà avanti come negli anni di Scura? Quanto tempo dovrà ancora passare per vedere un’inversione di tendenza? In questi anni abbiamo pagato tre volte: le normali tasse, l'aumento dovuto al deficit e le parcelle per visite ed esami in regime privato, considerato che difficilmente il servizio sanitario pubblico riesce a dare una risposta in tempi ragionevoli. Coloro che hanno un'adeguata disponibilità economica, e il tempo necessario, si rivolgono fuori regione, ma nell'urgenza ci si rende conto che il disastro non risparmia nessuno, al di là della ricchezza e della posizione sociale. La ministra Giulia Grillo ha affermato che anche i calabresi sono italiani e hanno gli stessi diritti di tutti gli altri compatrioti: un'affermazione scontata, ovvia, ma forse è stato necessario ribadirla, in considerazione della realtà dei fatti. Siamo felici di questa dichiarazione e aspettiamo i fatti: chiarezza sulla gestione di questi ultimi anni e, ancor più, migliore gestione per il futuro. Per avere un'inversione di tendenza è necessario capire come si è giunti all'attuale sfascio affinché si metta fine, eventualmente, al sistema di gestione che ha fallito in modo così evidente. È necessario comprendere se vi sia stata una gestione, semplicemente, inadeguata o, peggio, truffaldina che ha arricchito pochi, scaricando il peso delle conseguenze sui calabresi. È una questione di giustizia perché il danno che è stato fatto è enorme e se ci sono responsabilità devono essere accertate, ma anche prerequisito per rilanciare i servizi. Considerato che le risorse economiche andranno a diminuire, è necessario utilizzare al meglio quelle disponibili affinché il servizio sanitario risponda non solo a criteri economici, ma soprattutto sia coerente con i diritti delle persone in modo tale che tutti possano ricevere le migliori cure anche quando la vita volge al termine, senza scadere nell'accanimento terapeutico o cedere alla tentazione di smettere di aiutare perché è antieconomico, giungendo a causare la morte per esigenze di bilancio o per una falsa pietà. Le conquiste dalla nostra civiltà, oggi come non mai, dipendono dalla qualità del servizio sanitario. Giuseppe Giarmoleo
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Il processo a carico di Cosimo Commisso avrebbe dovuto essere severo, rigoroso, inflessibile ma prima di tutto e soprattutto Giusto! E non lo è stato! Dopo 26 anni è crollato come un castello di carta.
Il “capo” della ’ndrangheta di Siderno assolto per non aver commesso il fatto!
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Lo “Stato” avrebbe avuto il dovere di provare la propria superiorità etica e politica, dimostrando a tutti che la Repubblica non è una “banda” che mette in piedi processi sommari o falsifica le prove e che gli uomini dello “Stato” hanno solo una stella polare: la Legge!
ILARIO AMMENDOLIA “Nulla di ciò che umano mi è estraneo”. Neanche la vicenda dell’ex ergastolano Cosimo Commisso che conosco solo attraverso il suo memoriale pubblicato sulla testata online “Urla dal silenzio”. So bene che nell’immaginario collettivo Egli è considerato il “capo” della ’ndrangheta di Siderno e che in quanto tale avrebbe guidato il suo esercito contro la “sedizione dei Costa” in una guerra con qualche centinaio tra morti e feriti. Venti anni fa è stato condannato all’ergastolo; dopo 26 anni di carcere è stato assolto “… per non aver commesso il fatto”! La “Giustizia” pretende che un uomo paghi per i propri crimini ma solo per quelli che ha realmente commesso. E tocca alla “giustizia” dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sua colpevolezza. Non è una concessione! È lo Stato di diritto che dovrebbe tutelare ognuno di noi anche perché è molto più giusto rispondere a un delitto col Diritto piuttosto che commettendo un altro delitto. È sacrosanto lavorare seriamente per estirpare la ’ndrangheta dal territorio calabrese. Ognuno di noi paga le tasse perché questo avvenga! Ma proprio per questa ragione, lo “Stato” avrebbe avuto (e ha) il dovere di provare la propria superiorità etica e politica, dimostrando a tutti (anche ai criminali) che la Repubblica non è una “banda” che mette in piedi processi sommari o falsifica le prove e che gli uomini dello “Stato” hanno solo una stella polare: la Legge! Nel “caso Commisso”, proprio perché l’imputato viene considerato un uomo di ’ndrangheta, il processo a suo carico avrebbe dovuto essere severo, rigoroso, inflessibile ma prima di tutto e soprattutto Giusto! Esso è inanzitutto supportato da prove certe anzi blindate. E non lo è stato! E, infatti, dopo 26 anni è crollato come un castello di carta. Ed è un fatto oggettivamente grave! Grave sia nel caso in cui il presunto colpevole sia sfuggito alla giustizia ma ancora di più se un tribunale, dopo 26 anni, stabilisce che l’imputato è innocente. In casi come questo si trasforma il presunto colpevole in sicura vittima. Serve per combattere la ’ndrangheta? Assolutamente no! Lo dimostra il fatto che dei tanti delitti che si sono consumati nella Locride, nell’80% dei casi non sappiamo
l’autore. A me sembra che ci sia in Calabria un'oscura lotta per il potere e ci sono tanti preoccupanti indizi: - Solo in Calabria con un sol colpo 15 magistrati finiscono iscritti nel registro degli indagati! - Solo in Calabria (e in Catalogna) abbiamo un presidente della Regione che – può piacere o meno – resta confinato senza alcuna sentenza di condanna . - Solo in Calabria i generali “governano” e rendono il loro omaggio simbolico negli uffici della DDA. - Solo in Calabria un sindaco è bandito dal proprio paese senza alcun processo. - Solo in Calabria (e in Burundi) si possono sciogliere 110 consigli comunali regolarmente eletti. E tutte queste cose messe insieme mi fanno dire che non si sconfigge la ’ndrangheta se non smantellando l’elefantiaco, costoso quanto inutile e nocivo apparato repressivo. Personalmente non godo quando le persone stanno in carcere ma comprendo che è necessario nei casi in cui si dimostri che la carcerazione è strettamente necessaria per tutelare la società e prevenire altri delitti. In molti casi la galera serve per formare e tacitare un’opinione pubblica rancorosa, rabbiosa, vendicativa che invoca la forca anche se coloro che oggi applaudono saranno le vittime di domani. Il “popolo” costruisce le forche ed è il “popolo” a essere impiccato. Cosimo Commisso, come la “rondine” di Modugno, guadagna la libertà nello stesso giorno in cui Cesare Battisti, probabile autore di gravi tragedie e sopravvissuto fisicamente alla stagione del terrorismo, è arrivato a Roma a scontare la sua pena. Sono passati 40 anni dai tragici fatti che lo hanno visto protagonista. Battisti è stato trasformato in uno show mediatico sventolato, senza vergogna e a dispetto delle leggi, pur di guadagnare in maniera misera e vigliacca qualche consenso elettorale . I due ministri – di cui uno travestito da poliziotto e l’atro subito dopo da agente della polizia penitenziaria – che sfidando il ridicolo, sono andati ad accoglierlo a Ciampino, si guardano bene dal venire in Calabria per constatare il dramma della “legalità” che affoga nella malagiustizia mentre perde la battaglia contro la criminalità. Ne comprendo le ragioni: in Calabria ci sarebbe tanto da riflettere e lavorare e, iniziando dai vertici, tanto da cambiare! A Ciampino basta solo recitare!
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Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà
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Siderno
I commissari si attivano per i cani della “Rotonda” Sono ancora in corso le indagini dei Carabinieri della stazione di Siderno sul ritrovamento, nei giorni scorsi, di veleno presumibilmente destinato ai 6 cani randagi che stazionano, accuditi da persone della zona, alla “Rotonda” di Siderno. Sull’asfalto e dentro ciotole con il cibo per i cani (croccantini, carne, riso e altro) volontari dell’Enpa hanno infatti ritrovato del veleno, verosimilmente lumachicida e, dopo aver allertato i vigili urbani che hanno sequestrato le ciotole e il contenuto per le analisi, hanno sporto regolare denuncia contro ignoti. Un gesto brutale e incivile che non può rimanere impunito. Lo spargimento di esche e bocconi avvelenati è un reato gravissimo, punito con un’ammenda di 1.500 euro, e nel caso di avvelenamento di animali punito dal codice penale agli articoli 544bis (maltrattamento) e 544ter (uccisione di animale) con un’ammenda da 1.000 a 5.000 euro e la reclusione da 3 a 10 anni. I volontari dell’Enpa avevano già portato a conoscenza del Comune, gestito dai commissari prefettizi dopo lo scioglimento, la situazione dei cani della Rotonda e dei tantissimi animali vaganti sul territorio cittadino, chiedendo per loro uno spazio da adibire a rifugio, per metterli in sicurezza e cercare loro adozione, togliendoli dalla strada. Una misura necessaria, secondo l’ENPA di Siderno, per fronteggiare e arginare l’allarme randagismo che da anni gli animalisti rilanciano ai vari livelli istituzionali senza trovare risposte. La zona in cui è stato ritrovato il veleno, il cui rilascio sul territorio già di per sé costituisce reato, è pattugliata di continuo da Carabinieri e Polizia ed è già stato avviato l’iter perché questa, e altre aree della città, siano sottoposte a videosorveglianza. «Di fronte a gesti barbari e incivili come questi non possiamo certo restare a guardare – dicono i volontari – Chiediamo quindi ancora una volta ai Commissari che, al più presto, si attivino le procedure per l’assegnazione di un terreno, idoneo alla realizzazione di un rifugio per cani e gatti vaganti, in comodato d’uso, da gestire in maniera autonoma, senza fondi pubblici, ma attraverso le donazioni dei volontari. Purtroppo ignoranza e cattiveria hanno generato un clima di odio attorno ai cani randagi, ma ci sono tante persone che invece li amano e li rispettano. Siderno ha l’occasione di dimostrare il proprio grado di civiltà chiedendo per questi esseri viventi attenzione, dando loro un luogo in cui essere accolti e accuditi. Aspettiamo dalle istituzioni comunali una risposta». Risposta che, fortnatamente, si è fatta attendere solo pochi giorni, considerato che nel pomeriggio di lunedì scorso i volontari dell’ENPA, in Comune, hanno incontrato la Commissaria prefettizia Maria Stefania Caracciolo ed esposto con chiarezza la situazione e l’urgenza di trovare una soluzione per i 6 cani della “Rotonda” e, in generale, per mettere argine all’allarme randagismo che da tempo riguarda la città di Siderno. Dopo il ritrovamento delle ciotole piene di veleno lumachicida, infatti, è da considerarsi un vero e proprio miracolo il fatto che i cani siano ancora vivi ma che l’allarme crescente, più volte rilanciato dai volontari con richieste di intervento, abbia ora trovato l’ascolto degli interlocutori istituzionali al Comune lascia ben sperare. La Commissaria Caracciolo, infatti, esaminata la situazione insieme ai volontari, si è detta disponibile a cercare insieme a loro al più presto una soluzione che possa essere non temporanea ma risolutiva per il problema del randagismo sul territorio cittadino, assicurando il benessere degli animali e la tutela del territorio.
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Martone
Dodici giovani porteranno assistenza agli anziani Sono ben dodici i posti assegnati per i giovani del Comune di Martone all'interno del progetto di Servizio Civile Nazionale - Garanzia Giovani denominato «Attiva-Mente», avviato il quindici del mese corrente. Il progetto è rivolto agli anziani ultra sessantacinquenni residenti nel territorio di Martone che necessitano di assistenza domiciliare. A beneficiarne saranno anche i familiari degli stessi anziani che molto spesso si trovano in difficoltà nell'affronatre i problemi derivanti dalla necessità di prestare cure e offrire compagnia ai familiari anziani, nonché l'intera popolazione di Martone, in quanto poter contare sulla collaborazione di un gruppo di giovani volontari a sostegno degli anziani, significa far tornare a vivere quegli anziani che stanno perdendo il gusto della vita. A questo si aggiungeranno a breve altri quattro volontari nell'ambito del Progetto “Borghi in rete 2.0” di continuità dello stesso appena concluso.
Si tratta di una importante occasione per i dodici ragazzi prescelti, sia per svolgere una esperienza di lavoro annuale, che usufruire di un indennizzo mensile netto di 433,80 euro, nonchè per la propria crescita umana e professionale. Questo progetto, per una comunità piccola come Martone, ha un'enorme valenza, se confrontato con paesi vicinori ben più strutturati e molto più popolati e gran merito a tutto questo va dato alla Dott.ssa Cinzia Frascà, Psicologa, dipendende di questo Ente, che lo ha interamente redatto, forte della sua predispozione a tale tipo di attività, riuscendo nell'intento prefissato, quello appunto di ottenere un numero così cospicuo di volontari. Un plauso particolare al Sindaco Prof. Giorgio Imperitura, che è riuscito a sfruttare al meglio le professionalità presenti tra i suoi dipendenti, pensando al benessere, come di solito, alla comunità martonese. L'augurio è quello che il progetto si riveli vincente e rag-
giunga gli obiettivi prefissati, considerandolo un autentico “work in progress”, un lavoro di prove e di innovazioni assai flessibile, che permette di adattare l'azione di assistenza alle differenti esigenze dei tanti anziani biso-
gnosi, facendo, nel contempo, crescere la comunità nello spirito della solidarietà, dell'integrazione sociale e lo sviluppo di scambi fra generazioni. Buon lavoro a tutti i volontari, agli OLP e ai responsabili del progetto.
Marina di Gioiosa: Un fotoreportage denuncia le condizioni in cui versa la sede dell’ASP È un vero e proprio piccolo reportage fotografico di denuncia quello comparso questa settimana a testimonianza del degrado in cui verserebbe il distaccamento dell’ASP di Marina di Gioiosa Ionica. La struttura, da sempre adibita a centro vaccinazioni e polo di riferimento per i servizi di allergologia e diabetologia, proprio nella sezione riservata alle visite mediche dei pazienti sarebbe in condizioni a dir poco allucinanti, con scartoffie e rifiuti speciali impilati in ogni dove e il lettino delle visite ridotto a un deprimente blocco di spugna, questo senza parlare delle enormi macchie di umidità che stanno devastando le pareti e i soffitti e che, se trascurate ancora, rischiano di divenire pericolo concreto per i pazienti come per gli addetti ai lavori. L’ennesima struttura di sanità statale allo sbando sulla quale gli addetti ai lavori dovrebbero intervenire con la massima urgenza.
SE QUESTA È UNA STRADA !
Nei tempi passati, i viaggiatori prima di intraprendere il loro cammino, facevano testamento, tenendo conto delle insidie delle strade di allora. Alcuni cittadini della vallata stanno, ai nostri giorni, pensando di fare la stessa cosa, soprattutto quando si accingono a percorrere la SP n°9, che congiunge Bivongi, Pazzano e Stilo a Monasterace. Per non parlare poi del tratto montano. Di giorno gli automobilisti sono costretti a uno slalom speciale, viste le buche, le pietre e la sabbia che costellano la strada.
Di notte, poi, si dovrebbe viaggiare con il radar e con i visori notturni, percorrendola, soprattutto quando piove, sembra di volare non avendo percezione di essere a terra non vedendo affatto la striscia nera di bitume che si perde nel buio. Mancano le strisce bianche laterali e centrali. Nessun catarifrangente, resti di frane addossare sul ciglio, cunette piene di terra e sterpaglie, fossi che diventando pericolosi in quanto pieni d'acqua e di conseguenze non visibili. Quando piove, frane e laghetti ad ogni dove. Ancora ad un lustro la
frana nei pressi di località Melissari è ancora lì, in bella mostra, contenuta da un paio di pannelli in cemento e la strada è ristretta ad una sola carreggiata. E dire, che la vallata dello Stilaro, ha avuto diversi consiglieri provinciali. Ora che si è Città Metropolitana, la vallata dello Stilaro non ha nessun rappresentante in seno al suo consiglio. Vuoi vedere che finalmente si muoverà qualcosa? O ci si deve augurare che la strada se la riprenda l'ANAS? Ci credo poco! Ai posteri... Danilo Franco
Calabrese per caso
Potere, dovere, legalità iamo giunti ad un epilogo forse da qualcuno atteso, da altri meno, oppure mai creduto possibile. Eppure l’idea che la Calabria si erga a protagonista di una nuova serie di indagini questa volta sul terreno dello stesso potere che le amministra diventa sintomatico di una terra che annaspa di fronte a se stessa. Se guardassimo ad altre esperienze probabilmente potremmo anche credere che ci troviamo a vivere momenti tipici di società di altre latitudini. Società nelle quali il confronto tra poteri e all’interno degli stessi poteri rappresenta una dimostrazione di fragilità endemica di assetti istituzionali non ancora maturi, non solidi, non convinti di se stessi o del loro ruolo. Si potrebbero fare esempi da caffè sudamericano salvo poi guardare e renderci conto che la Calabria è una regione di un Paese che si ritiene di tradizione occidentale, quindi europeo; ovvero espressione, nel suo piccolo, di quella cultura giuridica e costituzionale che avrebbe la pretesa di insegnare al mondo intero come e in che misura i valori democrati e, soprattutto, il significato di legalità, di potere e dovere dovrebbero guidare il vivere civile. Eppure, con una classe politica che si commissaria da sola, indagini alla ricerca di visibilità mediatica al di là della funzione di ricerca delle vere e personali responsabilità, poteri esercitati secondo un convincimento di impunità da posizione, il crollo della credibilità non solo amministrativa sommata al disincanto del cittadino rende la Calabria terra di nessuno come valori e ostaggio del potere …di pochi. Di quei pochi che nelle pieghe del potere interpretano ruoli e funzioni che in nome della legalità, a vario titolo, sembrano debordare nel personalismo, nel ritenere che possano esistere spazi di immunità che ad altri non sono concessi solo perché questi ultimi non sono rivestiti di un potere autointerpretabile. Se la cri-
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minalità è una patologia con la quale si combatte quotidianamente, è altrettanto vero che la legalità è un valore che non prevede colore politico, ma richiede un’astrazione di genere rivendicando su di se il diritto ad essere prodotto di regole e buon senso. Garanzia da ogni abuso o da ogni prevaricazione possibile. Equilibrata valutazione delle ragioni e delle cause. Essa non può essere uno slogan da carrierismi o da corteo. Il potere della legalità risiede nella consapevolezza che il diritto è amministrato nell’interesse del cittadino e non contro di esso e non per se stessi. La legalità non è una “occasione” da copertina, né una scure per colpire avversari per affermare verità extraprocessuali nei talk show pseudogiudiziari, per sostenere tesi il cui valore non può essere riconosciuto in virtù di quanto ci si innamori delle proprie convinzioni o per mera rendita di ruolo. Nelle indagini che hanno visto assoluzioni a pioggia - e di cui ci si chiede, allora, in che termini siano stati svolti gli accertamenti preliminari - quanto nelle ecatombi giudiziarie come quelle recenti nelle quali il potere di qualcuno sembra esercitato in nome proprio e non quale consapevole manifestazione di un dovere pubblico, la giustizia rischia di perdere di vista il suo ruolo di guida. Essa si assume la responsabilità verso se stessa e verso il cittadino calabrese della propria credibilità, in termini di valore, di metodo e di principi. Perché, lotta al crimine a parte, se una lezione andrebbe appresa una volta per tutte per affermare un senso di democratica convivenza e di maturità civile è evitare che l’assunto di Edmund Burke, noto come il Cicerone britannico, possa farci pensare ancora oggi a distanza di secoli da quando fu pronunciata dal prolifico irlandese tra i banchi del parlamento inglese, che The greater the power, the more dangerous the abuse… “quanto più grande (è) il potere, tanto più pericoloso (è) l’abuso”. Giuseppe Romeo
La CGIL di Reggio Calabria-Locri tiene alta l’attenzione sul caso “Meridionali Intonaci” La Fillea CGIL di Reggio Calabria – Locri attende con fiducia ed estrema attenzione le decisioni scaturite dal confronto tenutosi in Regione Calabria per scongiurare il licenziamento di trenta lavoratori dell'azienda "Meridionali Intonaci". Una vertenza che come sigla sindacale stiamo seguendo da tempo per tutelare i diritti dei lavoratori dell'azienda che ha sede nel Comune di Canolo e per difendere la necessità di un lavoro stabile e di qualità in un comprensorio dall'alto tasso di disoccupazione. "Abbiamo più volte denunciato l'insostenibilità di questa situazione che stava consumandosi nell'indifferenza generale delle autorità preposte - dichiara Endrio Minervino, segretario della Fillea CGIL di Reggio Calabria – Locri – Adesso pare che qualcosa si stia muovendo nella giusta direzione
Taglio dei proventi per i celiaci, il diritto alla salute una scandalosa utopia Gentile direttrice, vorrei esprimere la mia indignazione in merito al decreto del Ministro della Salute riguardo i proventi destinati ai celiaci. La celiachia, che ormai ognuno di noi conosce, è una malattia dell'intestino tenue causata dal glutine, ed è oggi una patologia di cui soffre gran parte della popolazione e soprattutto i bambini. È una vergogna! Sono stati tagliati, quasi del 20%, i proventi destinati alle persone che soffrono di questa patologia e paradossalmente si mantengono alti i prezzi dei beni per loro primari. Nonostante il nostro Ministro ha dichiarato che la situazione rimarrà invariata e che tutti avranno garantiti i beni di cui hanno bisogno, sono parecchi i casi in cui sono stati tagliati i proventi e le famiglie fanno seriamente fatica a garantire il giusto sostentamento anche di un solo figlio. So bene che scrivere ciò che penso non porterà a nulla, ma nessuno può impedirmi di dire che siamo dinnanzi all'ennesima dimostrazione che in Italia il diritto alla salute, di cui all'art. 32 della Costituzione italiana, sta diventando sempre più una scandalosa utopia". Vanessa Barranca
affinché il nostro territorio non disperda una tale realtà produttiva, preziosa in un contesto difficile sotto molteplici e noti punti di vista. Inoltre, dichiariamo enorme fiducia nel fatto che la presenza e l'impegno della terna commissariale insediata nel Comune di Canolo al tavolo regionale sia garante di una particolare cura degli interessi dei lavoratori. Nel caso in cui, invece, le aspettative che sinceramente nutriamo in un esito positivo dell'incontro di domani dovessero rimanere deluse, annunciamo che sposteremo la vertenza ad altri livelli istituzionali perché come Cgil non ci arrenderemo mai all'idea che il lavoro di uno, dieci o cento dipendenti, non venga difeso e tutelato fino al raggiungimento deil nostro obiettivo: la continuità dei rapporti di lavoro in essere".
La morte non è niente In ricordo Nicodemo Femia Sant’Agostino in uno dei suoi scritti più belli dedicati al mistero della morte diceva: “La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto”. Tu ora, caro Papà, sei nella stanza accanto insieme alla tua adorata sposa e continuerai a vigilare e proteggere tutti noi. Ci auguriamo che l’amore profondo che ti abbiamo trasmesso sia per te stato un momento di sollievo. Dal momento del tuo passaggio “nella stanza accanto”, abbiamo ripercorso i periodi della nostra vita e soprattutto la nostra giovinezza con te e mamma. Siete stati dei genitori fantastici, non facendoci mancare nulla e siamo convinti che nella vita nulla va perduto, ogni esperienza va vissuta perché rimane scolpita in modo indelebile dentro di noi. Abbiamo affrontato i momenti della tua malattia, ti siamo stati vicini per come meritavi ed ora tutti insieme ti porgiamo l’estremo saluto sapendo che sarai felice insieme alla tua adorata sposa. Un grazie va a chi ci è stato vicino in questi momenti particolari e difficili per noi. Ciao papà e grazie per tutto quello che hai saputo dare e sappiamo che potremmo contare sempre su di te sapendoti accanto a noi, sarai il nostro Angelo Custode. Riposa in pace. I Figli, Le Nuore, Il Genero e i Nipoti
Dopo secoli di lotte religione e scienza si incontrano Grandi e importanti scienziati affermano che c’è un dopo e che in altri modi si continua a vivere! Professori di neuroscienze cerebrali, nel descrivere le parti componenti il cervello umano, molta importanza danno ai neuroni, unità cellulari che costituiscono il tessuto nervoso. Diciamo che non si vuole stendere un trattato scientifico, ma solo chiarire in modo elementare e comprensibile, alcuni traguardi raggiunti dalla fisica quantistica. Nei neuroni abbondano moltissimi microtubuli che hanno un'intelligenza propria. La filosofia realista, di provenienza greca, ha sempre affermato che la realtà esiste di per sé, a prescindere dall’esistenza dell’osservatore. Uno scienziato, Lanza, afferma che la vita e la biologia sono il centro dell’esistenza, praticamente è la vita stessa a creare l’universo e non il contrario. Quindi, significa che è la coscienza delle persone a determinare la forma e la dimensione degli oggetti nell’universo. Possiamo dire che le infinite forme della realtà sono determinate dalla presenza dell’osservatore, frutto della sua coscienza. Significa che la realtà è come la pensiamo! (Da sempre c’è stato insegnato di pensare sempre il bene, di augurare sempre il bene. Quelle persone che augurano il male, popolarmente dette iettatori, dovrebbero cambiare idea). Allora, spazio e tempo non esistono fuori di noi, ma sono un prodotto della condizione dove si trovano confini spaziali e temporali: l’eternità! Con la morte, la nostra vita diventa perenne tornando alla matrice fondamentale dell’universo. Il nostro cervello viene considerato da questi scienziati come un grande computer biologico, equipaggiato da una rete di informazioni composta da più di cento miliardi di neuroni e la nostra esperienza di coscienza è il risultato tra le informazioni quantiche e microtubuli. Con la morte i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in esse contenute non vengono distrutte. Da questa teoria si potrebbe dimostrare l’esistenza dell’anima come struttura fondamentale dell’universo! Ecco allora che religione e scienza si avvicinano e s’incontrano, non è vero che l’una e la negazione dell’altra come sostengono alcuni. Certo che è difficile e complicato comprendere, ma il sasso e ormai gettato nell’acqua e i cerchi si allargano sempre più! L’albatros
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ricordando
Pasquale Sgotto
Con te ho scoperto che avere due padri è sempre meglio di uno Oggi una piccola dedica voglio fartela io, senza togliere niente a nessuno. Un giorno mi guardasti negli occhi e mi dicesti “mi farò amare da te” quando inconsapevole già ti adoravo! Sei arrivato al momento giusto e da lì hai migliorato qualsiasi cosa, mia madre è ritornata a sorridere e io ho scoperto che avere due padri è sempre meglio di uno! Voglio ringraziarti per tutto, per l’amore, per le scenate di gelosia, per le coccole, per gli abbracci, per quando ti coricavi vicino a me e volevi che ti parlassi, che ti raccontassi le mie giornate, i miei pensieri. Sai Sgottino, mi manchi tanto, mi manca uscire con te, mi manca andare a vedere le partite del Siderno con te, mi manca guardare i film e piangere. La vita ci regala momenti bellissimi ma non si risparmia mai nel farci vivere periodi bui e momenti tragici, inutile sottolineare che questo è uno di quelli... Tutte le sere, prima di andare a dormire, penso a noi, a come da un sorriso siamo subito passati a delle lacrime, ma, penso che tu in quel momento abbia voluto dimostrarci quanto ci amavi e allora un po’ mi riprendo e vado a dormire più tranquilla con il pensiero che sei vicino a me, vicino noi! Hai sempre desiderato che imparassi a fare ciò che facevi tu, che diventassi una persona altruista e lavoratrice come te, io non so come andrà la vita ma so che realizzerò ogni tuo desiderio e ti renderò fiero e orgoglioso. Devo ringraziarti anche per avermi fatto conoscere i tuoi figli, diventare una sorella maggiore è stato un sogno che in qualche modo sei riuscito a realizzare! Mamma da piccola mi ha sempre fatto credere che la stella più luminosa fosse mio nonno, beh, da un anno io vedo sempre due stelle vicine che illuminano il cielo e non ho nessun dubbio che voi siete qui con me! Sono stata con te fino all’ultimo secondo e starò con te per sempre, mano nella mano come quella sera! Ora ti lascio, ti mando un bacio, ti voglio bene! Oltre l’ultimo battito, sempre! Rachele
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Il tempo non riesce a cancellare le ferite, ma prima o poi si cicatrizzano, osservandole tutti i giorni si capisce che sono lì, ma che la vita deve continuare a scorrere. Così ho imparato a riconoscere il tuo sorriso nei tuoi famigliari e in tutti coloro che ti hanno voluto bene. E capisco che la tua presenza mi accompagnerà per tutta la vita…
Continuo a “sentire” il tuo sorriso
ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI
Leggendo un vecchio libro ho scoperto che gennaio è il “mese di Giano”, il dio che guarda contemporaneamente al passato e al futuro. Infatti, per gli antichi romani, il mese di gennaio era il simbolo di un nuovo inizio, significativamente incarnato nel dio Giano, padre del creato e custode della città in tempo di guerra. È da lui, e dal suo affascinante mito, che nasce il nome che utilizziamo ancora oggi per il primo mese dell’anno. Periodo di passaggio e mutamento, speranza per il futuro profondamente radicata nel passato: il mese di gennaio è sempre stato, da un certo punto della storia in poi, carico di significati simbolici e sentimenti ancestrali che accompagnavano l’avvicendarsi delle stagioni e degli anni. Stranamente, nella nostra vita, i mesi dell’anno prendono sempre significati particolari e per me rappresenta molto dolore. Il dolore del ricordo di mio padre, il dolore del ricordo di un amico. Caro Pasquale, è passato un anno e qui sembra che tu sia sempre presente. Sì, inizio a buttare giù queste righe perché da tempo penso a cosa avrei scritto per il 21 gennaio. Solitamente non ricordo le date, ma la data di quella maledetta sera in ospedale non riesco proprio a dimenticarla. Sì, caro Pasquale, io ti sento, ti penso e ti vedo negli occhi delle persone che ti hanno voluto bene, ragion per cui nel momento in cui pensavo a te, già ragionavo su come descriverti questa sensazione che mi conforta e mi avvili-
sce allo stesso tempo. Abbiamo assorbito la botta, dopo molti giorni dal tuo funerale, perché, per quanto improvviso, l’arrivo della morte resta l’unica certezza che ci dà la vita. Stiamo attenti a programmare, a cercare di fregare i nostri fratelli con tutti possibili stratagemmi, costruiamo le nostre vite su falsità e bugie e la vita ti ricorda la sua essenza, la sua triste verità: che un giorno, per tutti, non ci sarà domani. Nei primi giorni abbiamo riempito il vuoto con i ricordi di quello che erano state le nostre vite fino ad allora. Tutti, chi più, come le tue magnifiche sorelle, Nino, tutti i tuoi cari, chi meno, abbiamo sofferto nell’accettare la tua assenza. Poi ho iniziato a passare da te, ho trovato Rosita che iniziava a prendere coscienza di cosa era successo, e allora tutti abbiamo capito che tu avresti voluto che quello che avevi costruito continuasse a vivere, per te, per i tuoi figli, per tutti. Da lì si è partiti per cercare di far sì che tu rimanessi vivo nei gesti, nelle azioni, nelle parole. Il tempo non riesce a cancellare le ferite, ma prima o poi si cicatrizzano, osservandole tutti i giorni si capisce che sono lì, ma che la vita deve continuare a scorrere. Così ho rivisto Nino sul corso, ho rivisto Paola, sono tornato nella casa funeraria, c’erano i tuoi ragazzi, tutte situazioni in cui, pur non vedendo il tuo sorriso, l’ho sentito. Fino a pochi giorni fa, quando ho visto Giada con le tue tre sorelle che passeggiavano, tu eri li per me, in quel momento ho capito che la tua presenza ci accompagnerà per tutta la vita. Ciao Compare.
La famiglia Sgotto ringrazia tutti coloro che in questo anno di profondo dolore le sono stati vicini manifestando in ogni modo il proprio affetto e facendole capire quanto grande è stata la perdita di PASQUALE.
GIUDIZIARIA
Siderno caput mundi
CONVERSANDO
Saracena Wine Festival riconosciuto tra gli eventi di rilievo regionale Ritornerà in Aprile l'evento made in Saracena che celebra il mondo del vino e dell'agroalimentare calabrese. Giovedì scorso, presso gli uffici della cittadella regionale a Catanzaro, il Sindaco Renzo Russo ha firmato la convenzione che assegna 30 mila euro al Comune di Saracena per la decima edizione del Saracena Wine Festival, evento di settore ormai entrato a far parte del panorama dei grandi appuntamenti dedicati al mondo enologico nazionale, con un'attenzione particolare ai produttori e le specificità della viticoltura calabrese. Produttori regionali, esperti, giornalisti di settore, si ritroveranno per la decima edizione nel borgo autentico delle eccellenze enogastronomiche del Pollino che si prepara ad avviare ora la fase organizzativa in attesa dell'evento utile anche a valorizzare e riscoprire la bellezza del centro storico di Saracena, entro il quale l'evento si svolge, avendo come centro nevralgico il Palazzo Mastromarchi. L'edizione del 2018 - che ha segnato il radicale cambio di prospettiva dell'evento storicizzato - ha saputo essere momento di confronto e discussione di tutto il comparto vitivinicolo calabrese, offrendo una tre giorni ricca di degustazioni, incontri e laboratori che hanno visto protagonisti grandi personalità ed esperti del mondo vitivinicolo italiano. Il decimo anniversario del Saracena Wine Festival sarà «ancor di più - ha spiegato il primo cittadino di Saracena, Renzo Russo - una vetrina importante per valorizzare e promuovere le produzioni agricole locali del Pollino e di tutta la regione. L'evento ci permetterà di valorizzare al meglio la nostra eccellenza di punta, il Moscato di Saracena ormai consolidato Presidio Slow Food, insieme a tutte le altre realtà regionali del mondo del vino, che ormai hanno saputo ritagliarsi uno spazio importante all'interno del comparto italiano di settore». Dopo la firma della convenzione regionale parte ufficialmente la macchina organizzativa per regalare a Saracena e alla Calabria intera un'altra edizione di spessore, capace di raccontare e valorizzare il lavoro di viticoltori, chef, artigiani del gusto, contadini, pastori e allevatori come testimonial del made in Calabria.
FRUTTI DIMENTICATI
Bagnarota di Brancaleone VITIS VINIFERA L. FAMIGLIA VITACEE
La denominazione di Bagnarota, data a un tipo di vite, ricorre nei territori che vanno dalla Piana di Gioia e relativo entroterra fino alla costa tirrenica e poi tale denominazione comincia a percorrere le aree dello stretto, per poi risalire verso nord, percorrendo sia la costa ionica che insinuandosi nell’entroterra dove crescono, ormai sporadicamente delle vigne, dotate di antichi vitigni, ormai sfiniti e pronti a soccombere per sempre dopo aver servito per millenni il nostro territorio. La sua corsa finisce però a Brancaleone, con il suo entroterra, in quanto già a Ferruzzano non è mai esistito questo vitigno e neppure nei paesi che seguono, a meno che essa non sia presente sotto altri nomi. La stranezza è costituita dal fatto che nelle campagne di Molochio e più sorprendentemente in quelle di Cittanova, in linea d’aria distanti da Gerace circa 20 Km, era dominante la Bagnarota, come pure la Virdìa; la prima era assente a Gerace, mentre la seconda era presente. Comunque sia, parlare di antichi vitigni comincia a diventare inadeguato in quanto le vecchie vigne sono ormai quasi tutte scomparse e le poche nuove che sono state impiantate sono costituite spesso da vitigni internazionali, in quanto le nostre viti, che hanno fatto la storia del vino in tutto il Mediterraneo nell’antichità a partire dal VI secolo a.C., non possono essere più piantate, perché non iscritte nel registro dei vitigni ammissibili o consentiti. Sicuramente ogni territorio, dove era diffuso tale vitigno, aveva il proprio, differente dagli altri di territori distanti o addirittura limitrofi, mentre sarebbe interessante almeno prendere in visione la bagnarota di Bagnara appunto, se esiste. Infatti, è presente sui piani di Egua, nel comune di Motta San Giovanni ed è diversa da quella di Plenura nel comune di Molochio e differente da quella di Palizzi, dove addirittura ci sono due tipi, che danno dei grappoli molto belli, visitati e fotografati dal sottoscritto una quindicina di anni addietro, nella vigna allora tenuta come un gioiello dal defunto Domenico Jiriti, di Bova ma residente a Palizzi Marina. Quando visitai la sua vigna in contrada Agrillei, contrada ricadente nel comune di Bova, ma frequentata solo da contadini palizzitani, mi indicò le sue bagnarote che avevano caratteristiche differenti tra loro per cui chiesi come mai fossero così diverse ed allora mi cominciò a spiegare che generalmente le vere bagnarote hanno la pagina inferiore della foglia
I BRIGANTI
La nascita di un Re mancato
pubescente, la pagina superiore di un verde molto intenso e gli acini dei grappoli ricchi pruina; naturalmente non usò questi termini che egli non conosceva. Aggiunse che la caratteristica fondamentale era costituita dal peduncolo particolare, ossia doveva averlo a sedia, ma per trovare il peduncolo descritto dovette ricorrere ai peduncoli di altre varietà e lo trovammo in un grappolo bianco. Infatti le bagnarote di Palizzi, una denominata Bagnarota Forestera e l’altra Palizzitana non corrispondevano alle descrizione di Domenico Jiriti, in quanto una aveva il peduncolo del grappolo molto allungato che scendeva giù quasi in verticale, l’altra corrispondeva in parte alle caratteristiche richieste; i grappoli comunque erano molto belli, con gli acini non molto fitti, ma in compenso le pagine inferiori delle foglie erano pubescenti e le pagine superiori di un verde molto intenso . Ritornando a casa cominciai ad analizzare il mio piccolo archivio fotografico e constatai che le foto dei grappoli delle viti denominate bagnarote, difficilmente corrispondevano ai canoni richiesti e cominciai con l’analizzare le foto della Bagnarota di Plenura e mi accorsi che il grappolo era addirittura insignificante, dalle dimensioni molte piccole, che potrebbe rappresentare un fatto positivo, in quanto i grappoli piccoli talvolta indicano una qualità superiore, ma nello stesso tempo gli acini dei grappoli erano di un nero non intenso e l’aspetto del peduncolo non corrispondeva alle caratteristiche richieste, in quanto si sviluppava notevolmente in lunghezza in modo quasi verticale. Continuando a rivedere le foto ebbi una sorpresa graditissima in quanto mi ritrovai all’improvviso raffigurato un grappolo di una Bagnarota autentica e l’avevo scattata nella vigna di un mio vicino ossia nella vigna di Gianni Tutino in contrada Fischìa di Brancaleone. Ancora la vigna era in salute e ancora non erano state impiantati degli ulivi in controsesto per cui mi precipitai e riuscii ad identificarla e a fotografarla nel suo splendore. Aveva tutte le caratteristiche della vera Bagnarota in quando il peduncolo si sviluppava “ a sedia”, il grappolo, elegante, era perfettamente a forma piramidale, gli acini blu e perfettamente sferici erano ricchi di pruina e le foglie pentalobate erano pubescenti nella pagina inferiore. Il lato triste è costituito dal fatto che la vigna di Gianni Tutino non esiste più, mentre sono stato capace di riprodurre solo due viti in tutto di Bagnarota autentica: quella di Brancaleone. Orlando Sculli
Il 16 gennaio è una data importante per molti. Dovrebbe esserlo per tutto il sud, ma, come è risaputo, la storia la scrivono i vincitori, i quali omettono spesso (e volentieri) fatti che potrebbero infondere un senso di orgoglio e di appartenenza a una terra martoriata che non attende altro che un po’ di rivalsa. Non sia mai che adesso alzino la testa questi meridionali! Una volta il sud della penisola non era ciò che è ora, ma vogliono farci credere questo. Certamente non tutti stavano bene, ma sfido a trovare, nell’arco di millenni, un regno in cui tutti se la passassero bene. Malgrado tutte le menzogne scritte sui libri, di scuola soprattutto, la verità viene sempre a galla, così come molti documenti celati per anni. Non sto qui a parlarne, perché basta un click per scoprire cose nuove. Chi è curioso, curioserà. Voglio invece ricordare un uomo che fu strappato al suo destino, additato come colui che affossò un regno, ornato da un epiteto spinoso come “Franceschiello”. Uno spirito, oltre alla sua qualifica nobiliare, che lo innalzava più in alto di molti altri re longevi, che invece ebbero la possibilità di regnare e di portare a termine un sogno. Francesco II di Borbone fu l’ultimo Re del Regno delle due Sicilie. La gloria del sud è morta con lui. Fu l’ultimo re a governare queste terre, sacre e misteriose, oggi non capite. Parlava napoletano, era persona di cuore. Ebbe appena il tempo di prendere il comando, poiché dopo soli 18 mesi subì un attacco non dichiarato, un vile attacco dal regno di
“Acero Krupy”, “Crimine”, “Recupero/Bene Comune, “Falsa Politica”. Il dato probatorio che emerge da queste indagini, tutte coordinate dalla procura antimafia di Reggio Calabria, è la contestazione della presenza ed operatività di un’associazione che agisce, “traffica”, gestisce e controlla importanti e nevralgici snodi economici anche in altre parti del mondo ed in particolare nelle zone del Canada ed anche del Nord Europa. In particolare, secondo uno sguardo d’insieme e sempre alla luce dello spaccato probatorio offerto nella presente sede cautelare, si apprezza l’esistenza di ramificazioni associative ormai stabili, insediate ed organizzate nel territorio Canadese dove i sodali “della presente associazione” hanno ormai (come nelle locali zone reggine) il totale controllo del territorio operando con sistemi intimidatori e “regole illecite” identiche a quelle “fondate e perpetuate” dalla locale “casa madre” ubicata in Siderno, Marina di Gioisa e territori limitrofi. A testuale conferma di quanto osservato, si deve rilevare che, proprio in Canada ed all’interno e/o comunque nell’ambito del “Siderno Group of Crime” (l’articolazione canadese di cui sopra) si sono consumati nella recente frazione temporale ben due omicidi uno dei quali (quello di Verduci Carmine) certamente attinente ad “affari (spartizione e/o cessione di un arsenale d’armi) tipicamente connessi ed espressione della forza d’intimidazione associatiava delle locali cosche. D’altra parte, proprio a seguito di tale ultima uccisione mafiosa ed a causa degli rilevanti interessi sottesi all’affare compiuto dal “Siderno Group” connesso alla predetta uccisione, l’unica “cosca madre” “si muove e chiede conto” agli affiliati di stanza in Canada che sempre (in perfetto stile mafioso) “devono rendere conto a Siderno (e zone limitrofe)” e “portare i soldi” (per riprendere le testuali parole assunte dai sodali in atti) “alla cosca madre” frutto degli investimenti illeciti associativi compiuti sempre nell’ambito del medesimo gruppo criminale. Va da sé che gli affiliati in Canada (e “altrove”), se da una parte “operano e agiscono” con le regole, i “gradi”, le “doti” e in generale la struttura organizzativa definita nel tempo dalla “Provincia Reggina”, sempre appunto all’unica e assolutamente dominante cosca madre di cui “devono dare conto” ai vertici della stessa dovendo uniformarsi e “rispondere” del relativo operato internazionale e sotto il profilo “degli investimenti illeciti” e sotto quello delle “azioni e dei “movimenti” associativi che anche in “territorio straniero” si compiono. Proprio tale ultimo aspetto costituisce (una ) delle cifre del presente procedimento laddove in esso si disvela la spaventosa forza assunta (ormai da tempo) dalla locale ‘ndrangheta che da una parte “amplia i confini del proprio potere associativo” in altre zone del mondo assoluto “terreno fertile per i suoi investimenti illeciti”, dall’altra “tiene sempre tutti sotto di sé” nel senso che la Siderno/Marina di Gioiosa “comanda e vuole conto” del comportamento dei sodali “insediati” in Canada ed in altra parti del mondo. Del resto l’indagine “Acero Krupy”, ultima in ordine di tempo, è il frutto dell’acquisizione e fusione di una molteplicità di fonti probatorie che, nel risultare convergenti e coerenti fra loro, comprendono pregresse indagini inerenti alle medesime compagini illecite, appostamenti investigativi e ricognizioni personali, assunzioni probatorie da parte di altri procedimenti penali (prime fra tutti le già citate operazioni “Crimine” e “Recupero/Bene Comune) nonché il contenuto di numerose e pregnanti intercettazioni telefoniche ed ambientali quali tutti convergenti elementi che confermano la tesi accusatoria.
Sardegna. Non starò qui a scriverne oltre perché altri meglio e più di me possono farlo. Nel giorno in cui alcuni, ormai molti, ricordano la sua nascita, riporterò celebri frasi rivolte al suo popolo, rimaste indelebili nella carta e nel cuore, scritte quando ormai la sconfitta era vicina. “Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr'aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni.” “Se così è, io mi reputo onorato di essere un brigante. (…) io non rinnego, né rinnegherò mai coloro che combattono in mio nome…" “Io non soffrirò… che mi si pongano condizioni o mediazioni o che se ne discuta punto. Sarò povero come tanti altri che sono migliori di me; e ai miei occhi, il decoro ha pregio assai maggiore della ricchezza.” “Tutte le lagrime dei sudditi miei ricadono sopra il mio cuore, …comunque grande sia la mia catastrofe e meschine le mie risorse, io sono re, e come tale, io debbo l’ultima goccia del sangue mio e l’ultimo scudo che mi resta ai popoli miei.” “… il dover di Re, l’amor di padre mi comandano di risparmiare lo spargimento di sangue che nelle presenti circostanze non sarebbe che la manifestazione di un eroismo inutile. (…) Mercé vostra è intatto l’onore dell’esercito nelle Due Sicilie; mercé vostra il Sovrano potrà con orgoglio levare alta la fronte." Brigantessa Serena Iannopollo
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L’assordante silenzio con cui la sinistra ha accolto la notizia dell’indagine su Mario Oliverio è stata interrota solo questa settimana dal capogruppo PD in Consiglio Regionale Sebi Romeo. Finalmente abbiamo potuto (ri)ascoltare un’argomentazione che ci riporta ai fasti del passato, ma ci sentiamo anche di mettere in guardia Romeo dal non cadere nuovamente negli errori che poi quegli stessi discorsi hanno ingenerato negli anni, determinando la crisi che i partiti di sinistra vivono in questo periodo storico.
La sinistra ha sbagliato anche nel mortificare la dignità dei Calabresi
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ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI
Giustissimo avanzare una proposta di legge che sia solidale con i giornalisti vittime di intimidazioni ma, da rappresentanti della categoria professionale, ci sembra giusto mettere in guardia Sebi Romeo dal non impostare la proposta in modo da favorire il vittimismo dei soliti noti…
o ascoltato l’intervento di Sebi Romeo su una televisione calabrese in merito alle ultime vicende del Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio. Finalmente ho risentito il mio segretario provinciale dei giovani comunisti del 1992, il Sebi che lottava, che voleva cambiare il mondo, come tutti noi, del resto. Quel Sebi in questi anni lo avevo perso, forse perché gli anni passano per tutti, forse perché essere forza di governo è diverso che essere opposizione dell’opposizione, forse perché anche lui si era avvicinato al pensiero unico del PD nazionale. Ieri Sebi ha affrontato a muso duro la segreteria regionale del suo partito che ancora, in modo inspiegabile, non ha scritto nemmeno una riga di sostegno verso il presidente della Regione, storico militante di questo partito. Tutti sanno cosa è successo nel periodo di Natale: la procura di Catanzaro, nell’ambito dell’operazione “Lande desolate”, ha imposto l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore al presidente della Regione Calabria. Rispetto a questo fatto lo stesso Oliverio, il giorno
dopo, ha parlato di accusa ingiusta, ha dichiarato che nemmeno Gratteri può permettersi di infangare la sua storia politica sempre dedicata agli ultimi e alla legalità e infine, ha concluso che non esistono divinità al di sopra delle parti. Rispetto a questa dichiarazione, durante il consiglio regionale del 19 dicembre scorso nessun consigliere ha chiesto le sue dimissioni, segno chiaro di un rispetto nei confronti della persona e del suo operato. Le parole di Sebi sono contro chi, nel suo partito in Calabria, nei vertici del suo partito a Roma, tra i big del PD calabrese non ha espresso parole di solidarietà per Mario Oliverio. “Questo sarà uno degli argomenti dei prossimi congressi, perché quando la sinistra italiana ha immaginato di sostituire la piazza con le aule di tribunale, da Berlinguer in poi, ha commesso un errore imperdonabile. Da qui a scalare i poteri legislativo ed esecutivo hanno perso potere e questo vuoto è stato coperto da altre forze. Bisogna recuperare il ruolo dei partiti, e in questo caso Oliverio merita, per la sua storia, la solidarietà del partito, perché la vicenda che lo riguarda è veramente inquietante”. Queste le parole che come un fiume in piena ho sentito l’altra sera dire al compagno Sebi Romeo. Ora mi fa piacere che il consigliere regionale parli di un errore storico, come gli ha sempre detto Pasquino. Penso che bisogna ricordare tutta una corrente che, se non ricordo male, faceva capo a Luciano Violante, che su questi temi riuscì a portare tutto il partito, poi ci fu l’inchiesta “Mani pulite” e il resto della storia lo conosciamo tutti. Ma il PD ha perseverato, non possiamo dimenticare in questo gioco le eroine antimafia, che si sono sciolte come neve al sole, che hanno ricoperto ruoli di primo piano nel partito, senza nessuna competenza ma solo con il diploma di vittime o eroine. Nessuno può dimenticare il periodo degli slogan che hanno ghettizzato la nostra regione, che hanno trasformato la questione meridionale in questione criminale. Deputati e ministri di questa terra nominati solo perché in tutta Italia dovevano dimostrare che si fa la lotta alla mafia e poco importava che si toglieva dignità e rappresentanza a questa terra. Il PD ha passato un momento storico che sta per finire, ed è stato il più importante della storia calabrese. Per chi ha vissuto anche l’esperienza del PCI, fatta solo di opposizione, non può non sentire la responsabilità di un partito che era alla guida dell’Italia con il governo Renzi, della Regione con il governatore Oliverio e della Città Metropolitana con il sindaco Falcomatà. Se la lotta del PCI era per il cambiamento, era il momento giusto, forse storico. Mai, infatti, si sono verificate queste condizioni storiche, tutte le idee e progetti che da Gramsci a Berlinguer erano stati la linfa di intere generazioni, si potevano realizzare. Purtroppo, analizzando le varie situazioni di governo, veniva da chiedersi se chi governava e governa fosse veramente erede di questa tradizione politica, oppure se si fosse travestito e abbia ingannato i sogni di chi ha sacrificato la vita per questo partito. Questa è stata la storia recente, caro Sebi, della sinistra, questo è stato il grande fallimento di questa generazione. Oggi sono d’accordo con te, bisogna ripartire da zero, bisogna tornare tra la gente, capire i bisogni e trovare le soluzioni. Ma in Calabria la sinistra deve cambiare il modo di rappresentare i problemi, le soluzioni vanno trovate elaborando una strate-
gia, soprattutto rispetto alla criminalità organizzata, che non può più essere combattuta con la strategia militare o con i commissariamenti affidati a generali e colonnelli, la gente della Calabria ha bisogno di risposte, ha bisogno di speranza che può venire solo da una strategia seria, serve lavoro, serve sviluppo, serve cultura. Alla gioventù dei nostri paesini bisogna far sostituire la vespa rubata con un libro o con un computer, bisogna far sognare un lavoro e non una pistola. Questo deve pensare la sinistra, deve dare alla gente la giustizia giusta, non la legalità a parole, la legalità predicata, ma quella praticata. Solo così l’esempio di Mario Oliverio, trattato come un criminale qualunque, può far ribellare la gente, perché, come dice lo stesso governatore, se tutto è mafia, niente è mafia. In ultimo voglio pure darti un consiglio per la tua proposta di legge “Fondo di solidarietà ai giornalisti vittime di intimidazioni”, che hai presentato recentemente. Fai attenzione: avanzare questa proposta rischia di portarti verso la scelta sbagliata di cui parlavamo poco fa, fatta di slogan e vittimismo. Fatta questa premessa, lavoro in questo settore da molti anni ormai, ho conosciuto molti giornalisti, ho conosciuto giornalisti che sono dei veri eroi per le condizioni in cui hanno vissuto. Gli eroi che hanno combattuto con la penna in Calabria sono gente del calibro di Pantaleone Sergi, di Pietro Melia, di Bruno Gemelli, di Paride e Paolo di Calabria Ora in passato sono stati Gigi Malafarina, Tano Santagata, Nicola Zitara e lo stesso Pasquino Crupi. Ti voglio raccontare una storia vera priva di ipocrisie. Uno di questi giornalisti mi raccontò, anni addietro, che negli anni settanta, dopo la strage di Piazza Mercato a Locri, fece un pezzo per un’importante testata del sud nel cui titolo veniva riportato il mandante di quella strage. Bene, il giornalista in questione non fu minacciato, non gli inviarono proiettili o lettere, ricevette una visita dopo qualche giorno da un avvocato che, dopo vari giri di parole, lo invitava a farsi i fatti suoi. Il giornalista in questione, che era uno di quelli con la schiena dritta, invitò l’avvocato a uscire. Tanto bastò a far capire che non si sarebbe piegato, senza clamori né auto di scorta. Se la storia insegna qualcosa, sappiamo che purtroppo il modo di operare della criminalità organizzata segue strade molto pericolose e molto più drammatiche, per questo motivo valuto con molta attenzione queste situazioni di minaccia. Oggi vedo molti sciacalli della notizia e gente che costruisce i pezzi con le veline delle procure, che guarda caso sono nelle mani sempre dei soliti noti, che ritengo illegali allo stesso modo perché sono informazioni riservate che invece hanno questi eletti. Ormai il nostro lavoro è svilito, considera che in alcuni comuni la rassegna stampa la fanno i dipendenti del comune senza nessun titolo. In giro, tra i giornalisti calabresi, con tutto il rispetto anche tra chi ha avuto la scorta, non vedo delle aquile. Anche se considero il problema serio e reale, perché purtroppo è vero che siamo una terra di ‘ndrangheta, è vero che si subiscono angherie, è vero che chi scrive in libertà da fastidio, sappi che le reazioni non vengono solo da una parte, spesso vengono da chi meno te lo aspetti, alcune volte anche dallo Stato o da tutto quello che noi definiamo Stato. Per cui ti invito, se vuoi, a un confronto, perché in Calabria serve molto di più una regolamentazione di tutto il settore, dall’editoria al giornalismo.
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La Cattedrale di Gerace elevata a Basilica Minore, Galluzzo: “Un titolo d’onore che deve essere un impegno” La richiesta era stata avanzata da Monsignor Francesco Oliva nel mese di luglio ed è stata accolta dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti lo scorso 8 settembre per mezzo di un decreto a firma del Segretario, l’Arcivescovo Arthur Roche.
Per quasi mille anni la Chiesa di Santa Maria Assunta è stata la Cattedrale della diocesi di Gerace, fino a quando, il 25 maggio 1954, il vescovo Perantoni trasferì la sede episcopale a Locri. Un trasferimento che i geracesi non gli perdonarono mai. Perantoni fu addirittura accusato di spergiuro. Nel giorno in cui fu resa nota la bolla che sanciva il trasferimento della diocesi da Gerace a Locri, una folla di geracesi lo attendeva in piazza Tribuna, nelle vicinanza della cattedrale. Dalle cronache dell’epoca si legge che furono affissi striscioni sui palazzi con la scritta “Lutto cittadino” e che Monsignor Perantoni fu portato di fronte alla statua della Madonna imponendogli di giurare che la sede non sarebbe mai stata trasferita. È evidente che, se anche giurò, il giuramento era nullo perché fatto sotto minaccia. Il 19 giugno 1954 Mons. Perantoni si insediò nella nuova sede di Locri. Nonostante ciò, la chiesa di Santa Maria Assunta di Gerace è rimasta sempre per tutti la Cattedrale continuando a ospitare le celebrazioni legate agli eventi diocesani più importanti. Lo scorso 5 gennaio, con la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal delegato pontificio Monsignor Nunzio Galatino, la millenaria Cattedrale è stata elevata a Basilica Minore. La richiesta era stata avanzata da
Monsignor Francesco Oliva nel mese di luglio ed è stata accolta dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti lo scorso 8 settembre per mezzo di un decreto a firma del Segretario, l’Arcivescovo Arthur Roche. Il vescovo Oliva ha esternato la gioia della Chiesa locale per l’accresciuto prestigio dell’edificio sacro che, ha detto, «è un dono che rafforza il vincolo con la Chiesa di Roma e con il Santo Padre, che esalta la bellezza architettonica, la storia e la tradizione liturgica e spirituale di un bene dichiarato monumento nazionale». «Un titolo che ci aspettavamo da tempo – ci ha dichiarato Salvatore Galluzzo, vicesindaco di Gerace. – La dignità di “cattedrale” iniziava a essere stretta per via della storia e dei presuli che si sono avvicendati rivestendo il ruolo di vescovi. Tra l’altro, la Cattedrale possedeva tutti i requisiti per ottenere il titolo di Basilica Minore, così come stabilito dal decreto “Domus Eccesiae” del 1989. Questo titolo d’onore dovrà essere per noi un impegno affinché Gerace sia una città decorosa, accogliente. Con l’elevazione della Cattedrale a Basilica, Gerace assumerà una funzione religiosa importante e questo avrà delle ricadute positive sull’intera comunità». mgc
Con Amodeo primario di cardiologia, riscatto per la sanità calabrese
Roccella Jonica Premiati i vincitori del concorso d'arte presepiale “La Natività” Si è svolta domenica 13 Gennaio, a Roccella Jonica, presso l’ex convento dei Minimi, la premiazione della 1ª Mostra del concorso d'arte presepiale “La Natività”. La mostra è stata uno dei tanti appuntamenti che hanno animato le festività di Roccella all'interno dell’evento “Natale al Castello più” promosso dall’Amministrazione Comunale. La giuria ha quindi aggiudicato il podio al presepe “Natività al castello Carafa”, realizzato da Eleonora Cavallo, seguito poi da Patrizia Tassone con il presepe “Nella Zucca io ci sto” e da Cloe e Giuseppe Certomà con “Dal seme dell’amore nasce un grande frutto”. Il Presepe più votato dai visitatori della splendida struttura roccellese, poi, è stato quello artigianale di Roberto Piscioneri. Infine, l’opera più votata on line attraverso il portale Visit.it, è stata quella di Caterina Bruni. Gli organizzatori ci tengono a rivolgere un ringraziamento speciale a tutti i presepisti che hanno partecipato, contribuendo così al successo di questa splendida manifestazione.
La nomina del Dottore Vincenzo Amodeo, quale primario del reparto di Cardiologia dell’Ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena, è un ottima notizia per l’intero comprensorio della piana di Gioia Tauro e per la sanità pubblica calabrese. Ad affermarlo è il segretario provinciale di articolo uno-MDP e membro della segreteria nazionale del Movimento Giovanile della Sinistra Alex Tripodi. Le straordinarie competenze e capacità umane e professionali, la visione del cardiologo Vincenzo Amodeo e il suo prestigioso ruolo nel direttivo Nazionale dell’Associazione Nazionale medici cardiologi ospedalieri - prosegue Tripodirappresentano un modello locale e nazionale per la sanità pubblica. Con l’inaugurazione del nuovo reparto di cardiologia, l’arrivo di nuovi posti letti e di esami diagnostici all’avanguardia e la presentazione dell’equipe che affiancherà il primario Amodeo si scrive una nuova pagina della sanità pubblica calabrese, in termini di innovazione, competenza e spiccata professionalità. L’evento di inaugurazione ha segnato una straordinaria partecipazione, erano presenti diverse istituzioni civili e religiose, tra cui, diversi sindaci dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria e della regione Calabria, numerosi esponenti di partiti, medici e cittadini, tra cui il Dottore Ciro Indolfi, prestigioso primario della struttura di Germaneto; tutti a testimoniare un messaggio di grande stima e soddisfazione per l’arrivo del cardiologo nel territorio della piana di Gioia Tauro. L’esempio della professionalità e della passione del primario Vincenzo Amodeo che mette al servizio della sua comunità, testimonia quanto di buono ci sia sul nostro territorio, per il riscatto di una Calabria troppo spesso nota solo per gli eventi negativi. Per queste ragioni, conclude l’esponente della sinistra calabrese Alex Tripodi, da subito chiediamo alle Istituzioni e agli enti preposti, di supportare l’opera di rinascita della sanità calabrese già da tempo avviata dal cardiologo Vincenzo Amodeo.
OTTIMO RISCONTRO PER L’INCONTRO “CRESCITE”
Il GAL “Terre Locridee” plaude all’iniziativa di Unindustria Calabria Il GAL “Terre Locridee” ha partecipato all’assemblea pubblica di Unindustria Calabria che si è svolta nel salone conferenze di Confindustria Reggio Calabria, in cui era presente il presidente nazionale degli Industriali Vincenzo Boccia. All’iniziativa, da titolo “Crescite - Dalla visione al progetto”, i cui lavori sono stati coordinati dal direttore di Unindustria Calabria, Rosario Branda, hanno preso parte oltre al presidente nazionale degli Industriali, Natale Mazzuca, presidente di Unindustria Calabria, Giuseppe Nucera, presidente di Confindustria Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, sindaco Città metropolitana di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovo Reggio Calabria-Bova e Roberto Musmanno, assessore regionale alle
Infrastrutture. Il presidente del GAL “Terre Locridee” Francesco Macrì è rimasto favorevolmente colpito dalla notevole qualità degli interventi e per l’alto livello delle relazioni esposte, per questo motivo voleva complimentarsi con gli organizzatori, perché sembrava di non essere in Calabria ma in una regione tra le più sviluppate. Si sottolinea inoltre il gradimento per le parole del presidente di Confindustria di Reggio Calabria Giuseppe Nucera quando afferma che: “Stiamo portando avanti un’azione capillare su tutto il territorio reggino a stretto contatto con aziende e maestranze per monitorare problematiche e potenzialità. In questa provincia esistono realtà del tessuto produttivo in grado di sostenere la crescita economica e l’occupazione. Lavoriamo per far cono-
scere fuori dai confini regionali le opportunità che il nostro territorio offre. In questa direzione abbiamo avviato un dialogo con le territoriali del Nord di Confindustria con l’obiettivo di far conoscere agli imprenditori gli strumenti agevolativi che favoriscono gli investimenti nel Sud e in particolare in Calabria. La nostra regione, tuttavia, paga un prezzo altissimo in termini di appeal a causa di un’immagine negativa che ancora la accompagna. Serve in tal senso una diversa narrazione del territorio, anche in sinergia con le istituzioni regionali, che metta in luce gli sforzi compiuti sul fronte della lotta alla ‘ndrangheta che in questi anni ha ricevuto colpi durissimi grazie al lavoro straordinario di magistratura e forze dell’ordine ai quali va il nostro ringraziamento.
La travolgente simpatia di Luca Bianchini conquista Siderno
Presentato alla libreria Mondadori l’ultimo romanzo di Bianchini, “So che un giorno tornerai”, una storia ricca di sentimenti, emozionante e bella come poche
Domenica 13 gennaio, presso la Libreria Mondadori di Siderno, Luca Bianchini ha presentato il suo nuovo libro “So che un giorno tornerai”, edito da Mondadori, che tratta di adulti irresponsabili e figli abbandonati. Temi decisamente impegnativi, ma quando lo scrittore fa il suo ingresso in libreria travolge tutti con la sua irresistibile simpatia e una buona dose di autoironia. Ma andiamo a conoscere meglio questo personaggio che, per quasi due ore, e riuscito a tenere alta l’attenzione di un gran numero di spettatori, grazie anche alle domande della giornalista Maria Teresa D’Agostino e alla lettura, di alcuni brani, di Rossella Scherl. Luca Bianchini nasce a Torino nel 1970, si forma al Liceo scientifico Majorana di Moncalieri, laureato in lettere moderne, ha vissuto per circa trent’anni a Nichelino. Grazie a Fiorello, che lo scopre nel programma “Viva Radio due”, inizia la sua carriera radiofonica conducendo, dal 2007, “Colazione da Tiffany”. Il suo romanzo d’esordio è “Instant Love”, pubblicato da Mondadori nel 2003, ma è con la biografia ufficiale di Eros Ramazzotti “Eros, lo giuro” nel 2005, che arriverà la vera affermazione che gli permetterà di dedicarsi solo alla scrittura. Tra i suoi successi, “Io che amo solo te”, da cui è stato tratto il film con Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti e “La cena di Natale”. Ma passiamo al suo ultimo capolavoro, tratto da una storia vera. Sullo sfondo di una magica Trieste degli anni ’60, Angela, una donna bellissima che somiglia a Monica Vitti, si innamora di un uomo calabrese che di mestiere fa il “jeansinaro”, cioè vende jeans al mercato, che le nasconde di essere sposato con un’altra donna da cui non riesce ad avere figli. Così quando Angela gli annuncia la sua gravidanza, lui promette di riconoscere il neonato solo se sarà un maschio. A questo punto, la donna si aggrappa a questa speranza, ma nasce una femmina e la madre, non riuscendo ad accettare la realtà, insiste nel chiamare la creatura “Giorgio”. Alla fine, la bambina sarà chiamata Emma e, abbandonata, nel giro di pochi mesi, da entrambi i genitori, sarà cresciuta dai nonni e dagli zii, tra cui spicca lo zio playboy. Tutto ciò è raccontato non con toni drammatici, ma con molta ironia, palpabile pagina dopo pagina, dove protagoniste assolute sono le due donne: Angela ed Emma. Angela, innamorata a 19 anni, è un pesce fuor d’acqua, sta
bene nel suo mondo fatto di pensieri, ricordi e dolori. Una personalità fragile soprattutto dopo la nascita della bambina. Attorno a lei si sviluppa il tema del romanzo: quello della genitorialità e di come mettere al mondo un figlio non sia sinonimo di saper fare il genitore. Emma è una piccola lady Oscar, prova a tutti i costi a essere un maschio, perché convinta che solo così la sua mamma ritornerà da lei. È figlia di tutti e di nessuno, libera e anticonformista. Il tono sarcastico con cui vengono trattatati temi così delicati dovrebbe essere un insegnamento valido per tutti: conviene affrontare i drammi e le delusioni sempre con il sorriso, disperarsi non serve, il sorriso è l’arma dei veri combattenti. Un romanzo che ha al centro due donne che non sanno stare alle regole che tutti seguono. Lo scrittore ha raccontato di aver ascoltato questa storia dalla vera protagonista, ovvero la figlia abbandonata, e non ha resistito all’idea di trasformarla in un romanzo, cambiando i luoghi e i nomi. Dopo aver parlato del libro, Luca si è soffermato a descrivere le sue impressioni sul nostro territorio: “La Calabria assomiglia alla Valle D’Aosta, i calabresi assomigliano ai valdostani, sono diffidenti, generosi e ancorati alla terra, per cui ci mettono un po’ a darti fiducia, ma se decidono di fidarsi, riescono a conquistarti il cuore. Ci sono tanti pregiudizi, luoghi comuni su questa terra e io sono felice di averli scardinati tutti: la Calabria mi piace molto, mi affascina, è piena di sfumature. La Locride è un posto stupendo. Prima, per me, rappresentava un luogo astratto, di cui avevo sentito parlare solo nei servizi di Sandro Ruotolo o in qualche notizia legata ai rapimenti. Per cui sono arrivato a Siderno un po’ perplesso. Invece, ho trovato il mare, un mare splendido, un cielo stupendo, una libreria piena di bella gente. Una grande lezione di vita: la realtà è sempre più sorprendente di quella che raccontano i media”. Chi ha intuito e profonda sensibilità percepisce le qualità della nostra terra e qualcosa mi dice che Luca Bianchini ritornerà presto nella Locride e, chissà, forse il suo prossimo romanzo potrebbe essere ambientato a Siderno… Rosalba Topini
Siderno: L’Open Day del Liceo Artistico raddoppia
Inaugurati i nuovi impianti a Gambarie: “Andiamo verso la destagionalizzazione” “L'inaugurazione dei nuovi impianti e delle nuove piste di Gambarie d'Aspromonte rappresenta una chiave di volta e un ulteriore importante salto di qualità nello sviluppo del comparto turistico della montagna reggina e dell'intero comprensorio metropolitano e calabrese”. È quanto dichiarano in una nota il Sindaco metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà e il vicesindaco dell'Ente Riccardo Mauro, entrambi presenti all'inaugurazione dei nuovi impianti. “Gambarie rappresenta da sempre uno dei luoghi del cuore per la comunità reggina. Le sue piste da sci, i suoi boschi, il laghetto, le pinete sono da sempre scolpiti nell'immaginario collettivo di tante generazioni di reggini e non solo. L'apertura dei nuovi impianti costituisce un nuovo importante passo la destagionalizzare l'offerta turistica e l’ampliamento dei periodi di fruizione da parte dei tanti visitatori che ogni anno affollano la località e consente al comprensorio sciistico di ampliare il periodo di utilizzo a fini sportivi degli impianti di risalita. Non è un caso che il Comune di Reggio Calabria e la Città Metropolitana abbiano deciso negli ultimi anni di investire in maniera decisa sul comprensorio turistico. L'apertura del parco avventura in località Forge, il progetto del Neveplast per lo sci estivo, finanziato con i Patti per il Sud, l'attivazione del Contratto di fiume per l’accesso ai fondi regionali per lo sviluppo dell'intera vallata del Gallico, il completamento della strada a scorrimento veloce Gallico-Gambarie, l'implementazione dei servizi di collegamento da e per la città garantiti da Atam, Azienda di trasporti dell'area metropolitana, rappresentano solo i primi importanti obiettivi di un percorso di sviluppo che vede Gambarie come perno di un progetto più ampio che va nella direzione della valorizzazione del binomio mare-montagna come biglietto da visita e carta vincente del turismo nel comprensorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria”.
Dopo la prima giornata svoltasi ieri, il Liceo artistico di Siderno riproporrà l’open day domenica 27 gennaio, dalle ore 10 alle ore 18, raddoppiando così le occasioni di confronto tra l’istituzione scolastica e i genitori e gli studenti che intendono visitare le strutture della scuola e conoscerne l’offerta formativa.
San Luca: Giovedì 31 gennaio l’intitolazione di una strada a Padre Stefano De Fiores Giovedì 31 gennaio 2019, alle ore 11:30, presso il Municpio di San Luca, si svolgerà la cerimonia per l'intitolazione di una strada del paese al teologo Padre Stefano De Fiores, un evento fortemente voluto e organizzato dal commissario del Comune di SanLuca, dalla Fondazione Corrado Alvaro e dal Centro Studi Stefano de Fiores. Presenzieranno autorità civili, militari e religiose.
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A 77 anni dalla scomparsa, un volume curato da Francesco Paolo Ciulla ricorda la figura del Prefetto della Sicilia Cesare Mori che, tra il 1925 e il 1926 riportò ordine nell’isola combattendo con pugno di ferro la criminalità organizzata. Appuntamento con la presentazione del volume sabato 26 gennaio, presso il Palazzo Nieddu del Rio di Locri.
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Un libro ricorda Cesare Mori, il prefetto di ferro
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Con la mafia ai ferri corti” è il racconto fatto da Cesare Mori nella sua azione di lotta alla criminalità organizzata in Sicilia dal 1924 al 1929. Il libro fu pubblicato dalla Mondadori nel 1932. Dopo 86 anni una riedizione, curata da Francesco Paolo Ciulla, che riproduce il testo e le illustrazioni originali, con importanti nuove sezioni: in questa nuova edizione di 368 pagine, oltre al testo, è infatti presente un saggio introduttivo del professore Nunzio Lauretta, docente di storia contemporanea all’Università di Palermo ed Enna; la postfazione dello scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco; una bibliografia di testi e articoli sul tema, estrapolati in maggior misura dalle ricerche del professore Giuseppe Tricoli, confluite nel testo “Il fascismo e la lotta alla mafia”; una cronologia della vita di Cesare Mori e delle vicende storiche a lui collegate; inoltre una componente innovativa è l’appendice fotografica e documentale, in aggiunta alle illustrazioni già presenti nel testo, realizzata grazie al materiale fornito da collezionisti, studiosi del settore del fondo privato di Mori, conservato all’Archivio storico di Pavia. L’idea di ripubblicare il libro nasce dalla volontà di restituire ai lettori e studiosi le memorie del cosiddetto “prefetto di ferro”, protagonista indiscusso della lotta alla mafia. L’opera sarà presentata sabato 26 gennaio, alle ore 18:30, presso Palazzo Nieddu del Rio, a Locri. L’evento patrocinato dall’Assessorato alla Cultura della Città di Locri e organizzato dalla Comunità Militante Oltre Uomo, vedrà l’intervento del curatore del libro Francesco Paolo Ciulla, che sarà intervistato da Rosario Vladimir Condarcuri, editorialista del settimanale “Riviera”. A quasi un secolo di distanza dalla sua morte, ancora si discute dei metodi utilizzati da Mori per contrastare la mafia. La sua fama di figura scomoda non è dovuta solo alla sua efficace e vigorosa azione in grado di colpire anche i piani più alti, ma anche alla creazione di un
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ambiente ostile alla mafia dal punto di vista culturale. La sua azione si concentrava, soprattutto, nel condannare i criminali con pene implacabili e severe, per eliminare definitivamente la sensazione che ci fosse un clima di impunità sull’isola e nel contrastare il metodo mafioso nella rete di interessi economici. Obiettivo di Mori, inoltre, era quello di conquistare il favore della popolazione, in modo che essa stessa si attivasse nella lotta alla mafia, combattendo l’omertà e sostenendo l’educazione delle generazioni più giovani. Egli si è occupato, soprattutto, delle connessioni tra mafia e politica, ma il punto da cui partire è il ceto medio rurale: la maggior parte dei mafiosi è racchiusa qui e tiene sotto scacco sia le popolazioni più povere che i proprietari più grandi. A Palermo, gli omicidi compiuti nel 1925 sono stati 268; nel 1926, invece, 77. Le rapine commesse nel 1925 sono state 298; nel 1926 solo 46. I risultati dell’azione di Mori, quindi, sono evidenti. Grazie a questi risultati positivi ha sempre goduto dell’appoggio di Mussolini, infatti in un telegramma il Duce così scriveva: “Mori ha carta bianca per ristabilire in Sicilia l’autorità dello Stato: se le leggi vigenti saranno un ostacolo, creeremo nuove leggi senza alcun problema”. Secondo Mori, colpire in maniera definitiva la mafia sarebbe stato possibile solo con un rastrellamento anche tra le questure, le prefetture e i palazzi padronali: “Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l’aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d’india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi e, perché no, in qualche ministero”. Cesare Mori è morto a Udine il 5 luglio del 1942, tra le braccia del suo fedele autista Lino Vidotti, ormai sofferente per un tumore alla cistifellea e per la scomparsa della moglie (avvenuta nel marzo 1942). Il suo corpo è sepolto a Pavia. Oggi, a settantasette anni dalla sua scomparsa, il suo pensiero è più veritiero che mai, in particolare viste le vicende storiche e politiche degli ultimi trent’anni. Rosalba Topini
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Ariete Questa settimana vedrete finalmente i primi frutti del vostro duro lavoro, e a cominciare da mercoledì potreste avere l’occasione di investire su qualcosa che covavate da molto tempo. Doverosa l’attenzione, perché le “fregature” sono sempre in agguato.
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Denti d’oro Giorgio Calvi, che da Martone a Roma cura denti da destra a sinistra, posa in questa foto con un cliente che ci tiene a trattare con i guanti di velluto e che risponde al nome di Massimo D’Alema.
Battaglia di Luglio Rocco Luglio posa in compagnia di Dodi Battaglia, suo collega membro dell’Osservatorio Nuovo IMAIE, una società che tutela i diritti di artisti, interpreti ed esecutori, riunitosi a Roma per l’assemblea nazionale.
Sinistra culturale Sempre a sinistra, Aldo Dattilo posa assieme a Barbara Panetta a margine di un incontro tenutosi la scorsa settimana presso la Biblioteca Comunale di Locri, a Palazzo Nieddu Del Rio.
Storia dell’avvocatura locale In questo simpatico scatto possiamo osservare due avvocati che rappresentano forse una consistente fetta di storia del foro di Locri: Pino Mammoliti ed Eugenio Minniti.
Gemelli Proverete più complicità all’interno della coppia. Questo influirà positivamente anche nell’impiego che vi impegnerà ma in modo molto più piacevole. Sulla salute siete i pochi che possono vantarne una di acciaio, ma occhio ai vostri “punti deboli”. Cancro Anche se ripensate con ostinazione alle cose passate, avete finalmente messo un limite su ciò che si può rimediare e ciò a cui non è possibile fare un cambiamento. Lo stesso avverrà anche per le delusioni a sfondo amoroso di cui il partner è consapevole. Leone Sta per arrivare il giorno in cui vi farete un resoconto del tutto personale sull’andatura di gennaio, quando vi direte di essere pienamente soddisfatti del vostro operato lavorativo. Concedetevi delle serate calde con il partner e distendete i nervi. Vergine Ci saranno momenti in cui sentirete che qualcosa vi stia sfuggendo di mano, ma non è proprio così. Potreste riuscire a riprendere in mano sia il lavoro che gli affetti, e da venerdì in poi potrebbe esserci dell’eros che sarà di enorme aiuto nella coppia.
Stia con noi Antonio Ruggia e Nicola Scarfò si ritrovano assieme a Antonietta Todarello, Laura Tosi e Francesco Vitetta, che costituiscono la squadra di lavoro del “Nitò”, il nuovo locale che hanno inaugurato a Siderno.
Bracco tentato Giuseppe, il “Bracco” più famoso di Siderno (e della Locride), posa assieme al sempreverde Cosimo del “Tentazioni”. Radiologia di livello Il dottore Migliaccio Spina posa in compagnia di Pietro Crinò permettendoci così di realizzare questo splendido scatto di due pezzi grossi dello Studio Radiologico di Siderno.
Imprenditori fuorisede Giuseppe Vumbaca ed Edmondo Crupi due imprenditori della nostra splendida terra, si ritrovano al termine dell’incontro tenuto da Confindustria a Reggio Calabria all’inizio della settimana.
Toro Lo stimolo di lasciarvi andare sortirà i primi effetti a cominciare dal lavoro e per finire con l’amore, più spinto e giocoso. Potrebbero esserci ricadute sul piano della salute, con del nervosismo o con un semplice raffreddore, quindi riguardatevi.
Bilancia Le buone occasioni non vi mancano ma spesso peccate di orgoglio, e ciò potrebbe seriamente compromettere la vostra carriera lavorativa. Una piccola promozione inaspettata potrebbe essere un incentivo a fare di meglio senza lamentarsi. Non siate noiosi! Scorpione Qualcuno potrebbe farvi arrabbiare e scatenare il mare dentro di voi. L’appoggio di qualcuno che vi comprende sarà essenziale, ma dovreste risolvere la faccenda faccia a faccia con la persona che vi crea così tante noie. Chiarirsi è sempre meglio. Sagittario Un nervosismo come mai sarà la caratteristica dominante di questa settimana, ma non disperate: sicuramente uno spiraglio di luce si presenterà da mercoledì in poi. Non assillate il partner però, perché dovrebbe esserci sempre della reciprocità. Capricorno Il tempo di stare sempre sulle vostre sembra lontano, ma con alcuni tradimenti anche piccoli potreste nuovamente scivolare nella diffidenza cieca. L’unico modo per non incappare in queste situazioni è studiare meglio le persone che vi circondano.
Acquario Lo stress sarà un nemico molto ostico da combattere in questa settimana, ma voi avete le armi giuste: i vostri innumerevoli interessi ed hobby potrebbero mitigare un’insofferenza che altrimenti potrebbe aumentare. Il lavoro procederà alla grande.
Comunisti con l’intruso Un grande gruppo di comunisti, tra i quali riconosciamo Ilario Ammendolia, Peppino Lavorata, Nuccio Barillà, Enzo Infantino, Angelo Broccolo. L’intruso Pino Albanese.
Pesci Sarete con gli occhi fissi sulla vetta e non riuscirete a distogliere lo sguardo finché non raggiungerete il massimo. Non sarete dello stesso avviso per quanto riguarda il partner che lascerete un po’ da parte. Dimenticate la vostra proverbiale pigrizia.
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