Riviera n° 4 del 24/01/2016

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Scianca Vini, una Calabria di prima scelta egli anni Scianca Vini ha saputo spianarsi con passione e tenacia una strada che punta all'innovazione ma senza mai tradire la tradizione. Seguendo le orme del padre, Marco ha continuato ad andare incontro alle tendenze di gusto del consumatore ma non ha mai rinunciato alla propria identità originaria, un'identità certa riconducibile ai vitigni storici tipici calabresi e siciliani. Fiore all'occhiello il maestoso Cirò, il vino più antico del mondo, un tempo calice ufficiale delle Olimpiadi, raccomandato anche per le straordinarie virtù terapeutiche a chi volesse recuperare le forze dopo una lunga malattia. Oltre all'imponenza del Cirò, da Scianca Vini trovi i sapori intensi e le note dolci e avvolgenti del Cabernet Sauvignon, le sfumature fruttate del Frappato e, poi, la nuova scommessa di Marco, il Nero d'Avola vinificato in bianco che, con il suo colore dorato tenue con riverberi di rosa, ha conquistato il mercato. È impossibile rimanere indifferenti alla genuina bontà di questi grandiosi vini dove Calabria e Sicilia rivivono un sussurro del loro glorioso passato. Oltre ai vini, da

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Scianca trovi i migliori prodotti della nostra tradizione, tutti rigorosamente artigianali e "Made in Calabria". Potrai fare scorpacciate di conserve sott'olio genuine, senza additivi chimici o conservanti sintetici, da consumare come antipasti, contorni e secondo piatto. Potrai lasciarti conquistare dai succulenti salumi calabresi: il capocollo - il re dei salumi - la sopressata, la salsiccia dolce o piccante e poi lei, la regina, la 'Nduja di Spilinga. Ad attenderti anche i migliori formaggi tipici calabresi: il Pecorino, il Vaccino, il Caprino, la Scamorza affumicata, che variano dal sapore delicato e dolce a quello intenso e aromatico. Da Scianca Vini troverai, inoltre, confetture e marmellate realizzate con materie prime selezionate di origine locale; miele di altissima qualità, dorato e delicato; deliziosa frutta secca, preziosa fonte di benessere; irresistibili prodotti da forno, come taralli, mostaccioli, friselle, i cui punti forza sono ingredienti semplici, fantasia e, ancora una volta, genunità. Vieni a fare un tuffo nel sapore per scoprire una Calabria di prima scelta!

Marina di Gioiosa Ionica (RC) Via dei Giardini 72/76


LA CONTROCOPERTINA

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... e siamo in cima alla catena alimentare! Settimana segnata dal gelo, quella uscente. La tormenta di neve che ha colpito il versante tirrenico della nostra regione ha completamente bloccato l’A3 costringendo centinaia e centinaia di automobilisti a restare per ore chiusi in macchina in attesa che qualcuno si ricordasse di loro (5). Qualche temeraria, nonostante abiti non propriamente di stagione, ha provato a risolvere la situazione montando, seppur tardivamente, le catene (4); qualcun altro, invece, giura di aver visto aggirarsi lungo il percorso autostradale Leonardo di Caprio, dopo che la troupe del film “Revenant” ha giudicato i nostri lidi perfetti per le ultime riprese (1). Delirio da megalomania social, invece, sulle pagine Facebook delle università italiane, dove le studentesse di mezzo Paese hanno pensato bene di sfidarsi a colpi di tette e culi, pubblicando foto dei loro attributi sui quali campeggia la scritta a caratteri cubitali dell’ateneo di appartenenza (giusto per far vergognare meglio i rettori). L’Università della Calabria, ahinoi, non ha fatto eccezione, garantendoci di fare, ancora una volta, una… porca figura - anche perché le “nostre tette” sono in cima alla classifica (11)! E, a proposito di voglia di sprofondare, ricorderete sicuramente Rosy Canale, illustre attrice/politicante (se ancora si può parlare di mestieri differenti) rappresentante del Movimento Donne San Luca, per la gestione del quale è poi rimasta coinvolta nell’inchiesta “Inganno” (10). Ebbene, pare che la condanna sia sempre più vicina e che, una volta tanto, intascarsi i soldi

pubblici non pagherà (almeno non in primo grado). Il nostro tour attraverso il degrado umano continua con il buon Franco Laratta: facebookiano convinto e parlamentare con pedigree, anche se non è entrato nuovamente in Parlamento con l’ultima tornata elettorale è oggi stato fatto entrare a forza dalla finestra a seguito della sua recente nomina come sub-commissario di ISMES, SGFA e ISA S.p.A. (3), enti che si occupano di credito, finanziamenti e servizi alle imprese agricole e agroalimentari italiane. Pensate che fiducia, che esprime! A suon di politici illustri ci spostiamo su Mario Oliverio, che venerdì mattina si è imbucato al TG5 per continuare a parlare della questione neve continuando a non capire, forse, che stava insistendo nel mettere in evidenza le sue, di mancanze amministrative (7). Chiudiamo in bellezza, invece, ricordando che il Presidente della Repubblica Mattarella sarà a Catanzaro il 29 gennaio per la sua prima visita alla nostra regione (6) e che Siderno Superiore sarà su La7, nel programma “Gustibus”, il 31 gennaio alle ore 11 (9). Un politico che si fa voler bene, poi, l’abbiamo trovato: trattasi del sindaco di Locri Giovanni Calabrese, fermato per la strada da una sua giovane fan per un selfie (2). Del resto, come diceva Platone nel Timeo: “Locri, [è] città d’Italia ordinata a leggi bellissime, dove per copia di sostanze e gentilezza di sangue non istà dopo a niuno…” (8) Jacopo Giuca

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RIVIERA

ATTUALITÀ

GIUDIZIARIA

La mafia capitale Nel “mondo di mezzo” dell’operazione, omonima, ecco uno dei possibili esempi di infiltrazione nella pubblica amministrazione. Il soggetto C., nel corso di un dialogo, spiegava che occorreva andare a “bussacchiare” agli uffici del comune, per accreditarsi presso i neoeletti e garantirsi l’assegnazione di lavori, indicando il percorso da seguire “gli si dice adesso che c… ora che abbiamo fatto questa cosa, che progetti c'avete? Allora nel progetto, perché voi fate li progetti… la politica… adesso che progetti c'avete? Teneteci presenti per i progetti che c'avete, che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare, che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo ..ecco, te lo faccio io perché se poi vengo a sapè che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole…” . Siffatta conversazione è, ritenuta dagli investigatori “assai significativa”. In primo luogo perché essa esprimerebbe l’esistenza di una realtà meta individuale, di cui C. è espressione, com’è reso evidente dall’uso della prima persona plurale (..teneteci presenti..), alla presenza di uno dei suoi più stretti collaboratori, tale B. In secondo luogo, perché essa esprimerebbe la consapevolezza di una capacità d’intimidazione, nota alla controparte, utilizzata al fine di ottenere gli obiettivi perseguiti: il riferimento alle sgradevoli conseguenze per i decisori pubblici connesse alla mancata attribuzione di lavori non è certo un riferimento alla volontà di non rispettare regole di buona educazione, quanto piuttosto una precisa opzione di esercizio di un potere d’intimidazione, connesso alle capacità criminali di un gruppo operativo a Roma. In terzo luogo, la conversazione esprimerebbe la curvatura dei rapporti esistenti tra mafia capitale e pubblica amministrazione, ed in particolare l’interazione esistente tra metodo corruttivo e metodo intimidatorio, giacché ciò che viene prospettata all’inizio è una collusione illecita finalizzata al guadagno insieme a un’ampia disponibilità (… che ti pulisco il... ecco, te lo faccio io... ) mentre le conseguenze prospettate nel caso di rifiuto di tale disponibilità sono le cose sgradevoli. La pregnanza probatoria di tale conversazione non può prescindere dalla statura e dallo spessore criminale di C., nota a lui medesimo, ai terzi e, con malcelata soddisfazione da parte sua, mediaticamente consacrata. “Sarebbe grave errore di prospettiva storica confondere il signor C. con un balordo di Quartiere – si legge nella ordinanza - un fanfarone che parla per darsi importanza, così come sarebbe un grave errore di valutazione probatoria derubricarne il ruolo a quello di pensionato del crimine. Si è in presenza di un personaggio dalla caratura criminale assoluta, delineata in altra parte della presente richiesta. Un intoccabile, per dirla con Bu. - per aver foraggiato partiti di ogni genere - che rende intoccabili quelli che con lui si associano, per dirla con Gu., che siede in condizioni di parità al medesimo tavolo con i rappresentanti delle organizzazioni criminali, anche quelle tradizionali, operanti su Roma, che intrattiene rapporti con esponenti di apparati dello Stato e con esponenti delle forze dell’ordine – che con deferenza starebbero a sentirlo per due giorni, invece che interrogarlo per due mesi. Per stare al segmento di attività criminale oggetto d’analisi, C. è il referente di Bu., con il quale concorda strategie corruttive e a cui devolve la metà degli utili, come si evidenzierà nella parte relativa ai flussi finanziari illegali”. In conclusione, il peso e il significato criminale del signor C., per come scrivono i giudici: “escludono che egli, nelle conversazioni con i suoi accoliti, parli a vanvera di ciò che costituisce uno dei settori d’intervento privilegiato di Mafia Capitale. Eloquente esempio di utilizzazione di metodo mafioso, al fine di pressione verso la PA e al fine della garanzia delle condizioni di omertà a tutela dell’organizzazione”.

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La nuova legge urbanistica calabrese: un oligopolio autoritario

Tra mancanza di concertazione e norme “anacronistiche”, la legge urbanistica calabrese non convince proprio tutti. 28 dicembre del 2015 è stata approvata la nuova legge urbanistica della Calabria, una legge che posa le sue basi su linee guida chiare e definite quali la limitazione del consumo di suolo e lo snellimento delle procedure più snelle per un uso più controllato del territorio affinché l’ambiente, il paesaggio e i terreni ad uso agricolo vengano salvaguardati, per il bene di tutti. Questi ambiziosi obiettivi dovrebbero essere raggiunti puntando sul recupero e la riqualificazione urbanistica, tentando cioè di limitare il consumo di suolo. Anzi, annullarlo. Il presidente della Regione, Mario Oliverio, ha stabilito che il vero strumento di programmazione e governo del territorio sarà il QTR – Quadro territoriale regionale – che ridefinirà il sistema dei vincoli e le scelte strategiche per l’utilizzazione dell’uso del suolo, facendo così fronte a una crescita disorganizzata “all’insegna della volumetria” della maggior parte dei centri urbani calabresi. Insomma i presupposti perché questa legge urbanistica sia quella che sancirà definitivamente la tutela ambientale e paesaggistica a principio fondante della politica e dell’imprenditoria edile calabrese ci sono tutti. Tuttavia non proprio tutti sono convinti della bontà di questo provvedimento, in particolare il presidente dell’Ordine dei geologi della Calabria Fragale,

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il quale ha lamentato una basilare mancanza di concertazione con gli esperti prima ancora di approvare la legge, tuonando addirittura che in questo modo “si mette in pericolo l’incolumità dei cittadini”. In particolare si lamentano le inesattezze del nuovo 《articolo 27 ter che prevede per i Comuni più piccoli - con previsione inferiore a 5.000 abitanti - la possibilità di una 'procedura semplificata' che consente di mantenere i vigenti piani regolatori generali e i programmi di fabbricazione. Ciò comporta di fatto l’eliminiazione dell'obbligo per circa 200 Comuni calabresi di "aggiornare e approfondire gli studi necessari per un'esaustiva conoscenza del territorio, soprattutto in chiave geologica”》. Inoltre, prosegue Fragale, 《tale procedura semplificata consente di conservare le previsioni urbanistiche indicate negli antichi strumenti, concettualmente anacronistici, che in genere prevedono estese aree edificabili, in contrasto con la politica di riduzione del consumo di suolo》. Ma questa non è l’unica stangata. Parole altrettanto dure vengono dall’Ordine degli Architetti attraverso una nota scritta congiuntamente dai vari presidenti provinciali: «L’iniziativa organizzata dalla Regione Calabria per illustrare le ultime modifiche alla Legge Urbanistica regionale ha confermato, ammesso che c’è ne fosse ancora bisogno, le nostre perplessità su un

impianto normativo velleitario e contraddittorio». Oltre alla già citata mancanza di concertazione e alle procedure eccessivamente semplificate, che altro non sottendono se non una effettiva mancanza di controllo delle politiche urbanistiche, l’OdA ha sottolineato perplessità su un altro aspetto, la rigenerazione urbana e sostenibile che “non trova spazio in nessuno dei nuovi articoli introdotti. Era importante, invece, a nostro avviso, introdurre misure specifiche per consentire la rigenerazione di ambiti degradati da un punto di vista sociale, urbanistico, ambientale attraverso interventi di riuso, trasformazione, demolizione e ricostruzione riguardanti sia edifici pubblici che privati con incentivi fiscali sul contributo di costruzione e sull’aliquota dell’imposta municipale unica; incentivi alla rottamazione di edifici che non garantiscono più la sicurezza o qualità dell’abitare, che sono in classe energetica E, F o G, inadeguati dal punto di vista sismico o del rischio idrogeologico, attraverso la demolizione e ricostruzione di pari volumetria e superficie utile senza che venga considerato nuova costruzione; incentivi alla rigenerazione di edifici condominiali con bonus volumetrici con l’obbligo del raggiungimento di obiettivi prestazionali di tipo energetico e ambientale premiando la qualità del costruire». Antonio Cormaci

Piani Comunali: il contratto integrato potrebbe costituire un vantaggio per il nostro territorio Le recenti modifiche attuate alla legge per l’approvazione dei piani strutturali comunali, inseriscono elementi di allineamento a norme nazionali che garantiscono di fare, del ritardo accumulato dai Piani Comunali di Spiaggia dei comuni della Locride, una fase urbanistica costituente. Il ritardo accumulato può infatti trasformarsi in un occasione unica per realizzare un progetto di sviluppo integrato tra i diversi comuni del nostro comprensorio, facendo sì che ogni piano mantenga la propria autonomia confrontandosi però al contempo adeguatamente con le realtà urbane confinanti, elemento assolutamente indispensabile in un territorio in cui più centri urbani sono a breve distanza gli uni dagli altri. Il collante tra i diversi piani strutturali saranno gli

elementi naturali che caratterizzano la nostra area, trattati secondo criteri di omogeneità che garantiranno di trattare alle stesso modo aree che giocano lo stesso ruolo a livello urbanistico territoriale. Sarà così, ad esempio, per le aree delle fiumare e della costa compresa tra Ardore e Roccella, un terreno fertile per attivare il confronto e il dialogo individuando soluzioni comuni e al contempo rispondenti alle esigenze di ognuno. Queste componenti andranno a rappresentare i vasi comunicanti della pianificazione di area, attorno alla quale si impernieranno le scelte di gestione territoriali in grado di disegnare un nuovo assetto integrato e capace di trasmettere come affermato nel contratto l’immagine unica delle nostre diversità.



APPROFONDIMENTO

A I R B A L A C N I A S E R IMP rucia.C'è b re fa l e d a m m a fi a .L a è scintilla ri b la a C ome disse c , in è le h a rc ri e o p it a d si n re re p l'e a im ss to Il talen lli, chi profe e rv e c i accende. e d lo a e g h c fu i a lu ll o a c e a c a m n o te g e ro l st chi resi e brucia ne h c i lu o c è n o n afia per o m c ti ti n re 'a e ll e d e u c a rb a b Shakespeare, l chi soffia su ra o c n a 'è c , rò e p , o p p stolirci. ru Purtro b b a e b b e rr o v e h c alimentare una brace

Impietosi fatti di cronaca lasciano pensare che la Calabria non sia affatto terreno fertile per fare impresa. Eppure qualcuno c’è riuscito, senza ricorrere a subdoli trucchi, con un successo straordinario e inaspettato. Eccone tre esempi.

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(S)Vendiamo l’eccellenza JACOPO GIUCA

NEL NOSTRO TERRITORIO, COMPLICI

GIOVANI IGNARI DELLA “FUGA DEI CERVELLI”, DI ESPERIENZE IMPRENDITORIALI IMPORTANTI VE NE SONO AL SOLDO UNA DOZZINA

uando si parla di impresa in Calabria, ahinoi, spesso e volentieri lo si fa esclusivamente in relazione ai fatti di cronaca nera. Intimidazioni, processi penali, incendi e sequestri sembrano essere gli unici pretesti utili a parlare del sottobosco imprenditoriale calabro, troppe volte dipinto come truffaldino, colluso, evasore e irregolare. Dal deforme Picasso dipinto dalla stampa nazionale l’opinione pubblica non può che desumere logicamente che lo stile di vita della nostra terra di confine sia drammatico e privo di qualsivoglia senso di legalità e giustizia, caratteristiche che rendono il terreno totalmente arido dinanzi a qualsivoglia tentativo di crescita economica che pochi illusi cercano di praticare senza avere mai successo. Eppure, nel nostro territorio, complici anche giovani tenaci e intelligenti, che costituiscono significative eccezioni alla “fuga dei cervelli”, di esperienze imprenditoriali importanti ve ne sono al soldo una dozzina e sono tutte intenzionate a strizzare l’occhio a una Calabria che è in grado di crescere. L’idea di base della maggior parte di queste imprese risiede nello sfruttamento intensivo delle risorse che madre natura ha regalato alla nostra regione. Aggiungendo a queste qualità una buona dose d’inventiva, ad esempio, Fabio Muzzupappa e Fabrizio Giuliano hanno inventato nientemeno che un profumo in grado di rievocare le sensazioni olfattive che si possono provare sulla costa tirrenica. Si tratta di un’idea semplice, forse persino un po’ banale, eppure è a partire da questa (e da una buona conoscenza della chimica), che questi due ragazzi hanno creato “Acqua degli déi”, un prodotto unico nel suo genere, valorizzato da una sapientissima campagna pubblicitaria sui social network e da un sito internet in grado di completare l’esperienza. Il profumo, realizzato in due varianti, come le madeleine di “Alla ricerca del Tempo perduto” di Marcel Proust, vogliono rievocare i ricordi di un passato felice, nel nostro caso di una bella vacanza in Calabria, invogliando, perché no, il turista d’occasione a diventare un habitué. Sicuramente più “materiale” è invece il progetto di Francesco Rizzo, produttore agricolo che, coadiuvato dal suo amico Antonio Braico, ha dato vita al progetto “ClemenTime”. Anche in questo caso l’idea è molto semplice: garantire a tutti l’accesso a ottima frutta biologica a mezzo… distributore automatico! Dopo aver trovato il metodo di salvaguardare la freschezza di questo meraviglioso prodotto della nostra terra inscatolandolo in un particolare cartone, i due colleghi hanno pensato di inserire le coppie di clementine così ottenute nei classici distributori di merendine, offrendo

un’ottima alternativa alle kilocalorie industriali per chi è costretto stare tutto il giorno in giro. Sempre nel settore dell’agroalimentare milita anche la ditta di Franco Facino, che ha fatto della “linea del fresco” la sua specialità. Grazie a un’idea che ha perfezionato con l’aiuto della moglie, l’imprenditore di Crotone acquista dai produttori locali le nostre tipicità più richieste (melanzane, pomodori, zucchine…), le griglia e, a seconda della specialità che deve preparare, le surgela o le mette sott’olio, inviandole, entro sei giorni dalla raccolta, a otto Paesi europei (tra cui Austria, Belgio, Francia, Germania e Svezia), America (Canada e Stati Uniti) e Asia (Corea e Giappone). La commercializzazione di questi prodotti, buoni e dalla qualità costantemente monitorata, si è allargata a macchia d’olio negli ultimi anni anche grazie alla partecipazione a fiere di settore di tutto il mondo e, finalmente, ha attirato anche l’attenzione delle grandi catene commerciali d’Italia, facendo sì che, oggi, i prodotti marchiati Facino possano essere repe-

La ricchezza della nostra terra ci colloca nella parte alta della “catena alimentare”imprenditoriale, perché abbiamo a disposizione prodotti che non si trovano in nessun altra parte del mondo (vogliamo davvero tornare a parlare del nostro bergamotto, del limone di Rocca Imperiale o della cipolla di Tropea?) riti sui banconi dei supermercati Conad, Coop e Esselunga. Non solo: Facino vanta di essere il “vincitore” della rigida selezione ideata dai consumatori svizzeri prima di stabilire quali prodotti dovessero essere considerati conformi alla commercializzazione nel piccolo stato elvetico; un contest in cui i prodotti del crotonese se la sono dovuta vendere con quelli di ben ventiquattro ditte italiane, tutte ugualmente “scandagliate” da esperti che hanno preteso di vedere persino quali fossero le condizioni di lavoro dei 15 addetti alla catena di inscatolamento. Queste tre storie dimostrano come in Calabria ci sia ancora ampio spazio per imprese di questo genere, una volta che vengono valutate adeguatamente le necessità di mercato. Come già sapevamo, inoltre, la ricchezza infinita della nostra regione garantisce di collocarci nella parte alta della “catena alimentare” imprenditoriale, perché abbiamo a disposizione prodotti che non si trovano in nessun’altra parte del mondo (vogliamo davvero tornare a parlare del nostro bergamotto, del limone di Rocca Imperiale o della cipolla di Tropea?). Un piccolo sforzo e la volontà di fare rete sono i soli elementi che ci separano dalla possibilità di scambiare il deforme Picasso con un ben più armonioso Raffaello.


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L’INTERVISTA: Massimiliano Capalbo grazie a ereticamente.it,la sua

creatura sul web, negli anni è riuscito a farsi conoscere e a mettere in contatto i territori calabresi con i suoi imprenditori, soli e sconosciuti.

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L'imprenditoria calabrese che ha scelto l'eresia come religione ELEONORA ARAGONA

L’ATTEGGIAMENTO DI CAPALBO È ESATTAMENTE L’OPPOSTO DEI 160 MILA INOCCUPATI DELLA REGIONE, DI QUELLE PERSONE CIOÈ CHE SCORAGGIATE DALLA SITUAZIONE ATTUALE UN LAVORO NON LO CERCANO PIÙ

Io sono solo realista. I problemi ci sono dappertutto, la vita è piena di ostacoli. Conosce qualcosa che si ottenga senza fare nulla?», a parlare è Massimiliano Capalbo. Catanzarese, classe 1973, si definisce un imprenditore eretico calabrese. «Se si aspetta che mi lamenti di come le cose vadano, di quanto ci voglia a ottenere risultati in Calabria, di quanto noi calabresi siamo svantaggiati. Bene se vuole questo, le dico subito che ha sbagliato persona». Non ci gira intorno così al primo accenno di frecciatina sul suo semplificare una situazione molto più complicata, sul fatto che questo sia un modo positivo di guardare a una questione complessa, Capalbo va dritto per la sua strada. L’eresia è la religione che ha deciso di adottare e in cui credere dal 2010, da quando ha aperto un blog con cui cerca di creare qualcosa. Ereticamente.it è la sua creatura sul web, grazie ad essa negli anni è riuscito a farsi conoscere e a mettere in contatto i territori calabresi con i suoi imprenditori, soli e sconosciuti. A diffondere il suo pensiero positivo. Ops, non sarebbe d’accordo con questa definizione. «Io credo nel rimboccarsi le maniche e nell’agire. Piuttosto che nel lamentarsi, una cosa che al Sud piace molto. Non sono un positivo, sono gli altri che sono depressi. Io conosco i punti deboli e quelli di forza. Semplicemente decido di puntare su questi ultimi, invece di fare come tanti che rinunciano o che non ci provano perché tanto in Calabria è inutile». Capalbo non sembra preoccuparsi di dare dei vittimismi ai suoi corregionali. Il suo atteggiamento è esattamente l’opposto dei 160 mila inoccupati della Regione, di quelle persone cioè che scoraggiate dalla situazione attuale un lavoro non lo cercano più. Con un tasso di disoccupazione giovanile che si aggira intorno al 60%, cosa tutt’altro che positiva in una regione dalla storica densità mafiosa. I disoccupati complessivi si è attestato intorno al 25 per cento, pari a circa il doppio di quello nazionale.

Però è anche vero che il vittimismo è una delle caratteristiche più contestate ai calabresi, forse tanto quanto la mafiosità e l’omertà. Rimboccandosi le maniche ce la si può fare? Ci sono numerose storie che sembrano supportare l’eresia di Capalbo. Basti pensare al numero di startup nate negli ultimi anni anche grazie all’Unical, e ce ne sono alcune che sono anche state inserite nell’elenco delle 100 imprese più innovative di Italia. Forse l’eresia del Lutero calabrese non è poi da buttar via. Ma a noi per adesso lo scetticismo sembra la decisione più prudente. Quel che è certo è che Capalbo e il metodo eretico stanno facendo proseliti e diffondono il loro verbo. Dalle attività di Ereticamente è nato anche l’Eretico Tour, un raduno di imprese e cittadini o altri imprenditori per condividere esperienze e per sentirsi più uniti nel costruire un’alternativa in Calabria. Un modo per fare rete, anche se Capalbo questa espressione non la apprezza molto. Troppo abusata negli anni da chiunque. Un passo per creare unione in una Regione poco abituata a fare gruppo e ad apprezzare i traguardi dei propri concittadini. Se c’è un luogo in cui è vero il detto nessuno è profeta nella propria terra, la Calabria sicuramente lo rappresenta a pieno. Il primo di una serie di eventi si è svolto ad Amantea il 16 gennaio. L’idea alla base di questo appuntamento è quella di mostrare al pubblico che in Calabria c’è chi si impegna, c'è chi non si fa bloccare dalla burocrazia e dalle istituzioni assenti. Lo spirito dell’Eretico tour è quello di mettere in discussione lo status quo e di sfatare falsi miti su imprenditoria e Calabria. «Possiamo essere un esempio o uno stimolo. Di solito divido le persone in due categorie, la fiamme ardenti e quelle sotto cenere» - spiega Capalbo - «I primi sono coloro che hanno già preso coscienza di doversi dare da fare per cambiare le cose, gli altri sono quelle persone che invece devono ancora trovare il coraggio di farlo. Gli appuntamenti creati in questi anni sono serviti esattamente a far incontrare questi due tipi di persone, i primi raccontando la loro esperienza hanno mostrato una strada per affrontare i problemi. E contemporaneamente non si sono più sentiti soli».

ANTIMAFIA CRIMINALE: La lotta alle mafie garantisce di tagliare i tentacoli

della piovra che si allungano sulle imprese del sud Italia. Spesso, tuttavia, il salvataggio di un’azienda dagli interessi delle criminalità organizzata fa morire le ditte e suoi titoli, facendo sì che lo Stato sia una cura più mortale del virus.

Volutamente e anticonformisticamente

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“senza titolo”

LE AZIENDE POSTE SOTTO SEQUESTRO DALL’ANTIMAFIA VENGONO AFFIDATE AD AMMINISTRATORI GIUDIZIARI: UN BUSINESS AMBITO CHE NON SI DISCOSTA PIÙ DI TANTO DALLE LOGICHE DEI “COMPARATI” CRIMINALI

hiunque lavori nel campo dell’informazione, sia essa legata alla carta stampata, alla televisione, alla radiofonia o ancora alla divulgazione telematica delle notizie, conosce bene l’importanza e l’imprescindibilità dell’effetto enfatico legato a titoli e slogan, che in forma epitomata, o di tweet per esser più al passo con i tempi, indirizzano “la lettura” di ciò che di lì a poco verrà argomentato e, allo stesso tempo, ci predispongono, dal punto di vista umorale, alla sua ricezione. Pochi di noi, almeno così voglio sperare, non sono colti da un senso di soddisfazione, di piacere, di appagamento nel leggere o nel sentire da speaker e anchorman: “sequestrate aziende e beni immobili legati alla criminalità organizzata”; come gradito lenitivo veniamo investiti da un compiacimento che, quasi involontariamente, trasforma la fisionomia del nostro volto muovendolo al riso e da uno stato di catartica serenità mista a rinnovata fiducia in un sistema, spesso deludente, ma al quale continuiamo a chiedere, instancabili e speranzosi, sicurezza e protezione. Ma quanti di noi sono a conoscenza, anzi, mi correggo… quanti di noi sono “informati”, con la stessa insistenza, con la stessa pervasività dai mass media, dell’iter burocratico-giudiziario che segue al sequestro di un bene appartenente a quel cancro geografico che attanaglia l’Italia con nomi diversi in base alla latitudine nella quale è localizzato? Pochi. Proverò a entrare più nel dettaglio, sperando di non annoiarvi, ma sicuro di intristirvi. Per ciò che riguarda i beni immobili - case, terreni, magazzini - si entra in una specie di limbo, causato dalle lungaggini processuali e burocratiche, che ne impediscono la riassegnazione alla comunità, ai distretti comunali o alle associazioni come “Libera” di don Ciotti, (Ong no profit, che si occupa appunto della riclassificazione dei beni della mafia e dell’educazione alla legalità in territori ad alta densità criminale), trasformando strutture dall’alto potenziale sociale in lussuosi empori per saccheggiatori prima, e in cadenti ammassi di calcestruzzo in un secondo momento. Le aziende poste sotto sequestro dall’antimafia, vengono invece affidate a uno, o più, amministratori giudiziari che, in vece dello Stato, hanno il compito di amministrare il bene e riportarlo nella sfera della legalità, garantendone la sopravvivenza (e nel limite del possibile un incremento delle entrate), così da tutelare la forza lavoro che vi opera e assicurarne la fruibilità futura, a uso dell’erario (in caso di definitiva confisca), o del precedente proprietario (nel caso di dissequestro). L’eclatante mancanza di un albo degli amministratori giudiziari, malgrado fosse prevista la sua creazione già nel codice antimafia varato nel 2011, e la mancanza di un tariffario istituzionalizzato e valido su tutto il territorio, fanno sì che la nomina e la retribuzione di tali figure venga appaltata all’arbitrio dei tribunali o sottomessa a logiche politiche faziose in cui il clientelismo si mischia a gerarchie nepotistiche. Nei casi peggiori l’incompetenza di alcune figure va di pari passo con le esorbitanti cifre percepite, da loro e dai collaboratori che altrettanto “meritocraticamente” vengono scelti come

spalla, e trasforma un ufficio pubblico di capitale importanza in un business ambito che non si discosta più di tanto da quelle logiche dei “comparati” criminali quotidianamente esecrati dalla retorica parlamentare. La commistione di incompetenze gestionali e ignoranze professionali ci porta quindi alla triste realtà che vede, statistiche alla mano, fallire, nel giro di poco tempo, oltre il 97% delle aziende “commissariate”. Ciò comporta qualcosa come la perdita di 72mila posti lavoro in uno Stato già prostrato dalla crisi e dalla disoccupazione imperante, in cui la regola sembra essere quella che a pagare sia il lavoratore onesto, prima vessato dai criminali e poi irriso dal qualunquismo dei poteri forti. Le attenuanti ci sono, per carità; gestire un’impresa legalmente non è sicuramente semplice come farlo affidandosi a intimidazione, evasione fiscale e mancato rispetto di norme aziendali e diritti sindacali, e inoltre va considerato che una parte delle aziende confiscate si rivelano semplici partite iva volte solo ed esclusivamente a ripulire i capitali, più che a generarne di nuovi. Ma questo “non può e non deve” giustificare la completa incapacità dello stato di sfruttare ciò che le forze dell’ordine hanno faticosamente sottratto al potere criminale; “non può e non deve” avallare il concetto, tanto caro ai nostri detrattori, che “gestito all’italiana” sia sinonimo non di “con stile e raffinatezza”, ma di “con superficialità e frivolezza”; “non può e non deve” essere l’ennesima vittoria di Pirro, che si nutre solo di proclami e genera esclusivamente fallimenti. E di fallimento si deve parlare, se e quando lo status di amministratore giudiziario diventa la via del guadagno, facile e sicuro, per arrivisti senza scrupoli, che barattano il bene comune con l’interesse proprio o di quello dell’ambiente clientelare-lobbistico al quale sono legati e dal quale vengono insigniti. Di fallimento si deve parlare quando la burocrazia, da testimone imperituro del corretto operato di un ente, diviene cancrena che infetta l’intero sistema giudiziarioamministrativo con le sue lungaggini e i suoi macchinosi e retrogradi iter. Di fallimento, infine, si deve parlare quando anche un solo cittadino arrivi a sentirsi più tutelato da un sistema criminale, capace di garantirgli un lavoro, che non da un istituto legale democraticamente eletto, capace, invece, solo di tassarlo e affamarlo. Continuare a parlare di mafia, ‘ndrangheta, camorra giusto per sentirne l’eufonia nell’accostamento allo sdegno; predicare la rivoluzione culturale di un sud che soggiace e si adegua allo status quo perché incapace di alzare la testa e squarciare il muro dell’omertà; inveire dagli scranni dorati e rilasciare stanche e ponderate dichiarazioni di solidarietà redatte da uffici stampa appositi non è solo un’accozzaglia di slogan e demagogia da mercato del pesce, ma è l’ennesima offesa, tra il virgolettato di un titolone, che lo stato arreca alle vittime di un sistema criminale dal quale non riesce a proteggerci. “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l'esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato” diceva Paolo Borsellino. Dubito che chi ci governa abbia mai avuto un pensiero così semplice e allo stesso tempo così apodittico. Vincenzo Larosa


ATTUALITÀ

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IL CANTIERE LA MATTINA SUCCESSIVA ALL’ASSALTO DEI BALORDI

Caulonia

Raid notturno

A DUE

DOMENICA 24 GENNAIO 08

GIORNI DAL RAID I LAVORI RIPRENDONO

Ieri era un carcere, domani sarà il Centro per la Conservazione e la Diffusione della Cultura e delle Tradizioni Popolari, oggi deve essere lo stimolo per sviluppare un“progetto Paese”che vive oltre ognuno di noi.

Locride sotto attacco? No! È la logica conseguenza di scelte sbagliate ILARIO AMMENDOLIA altra notte, protetti dalle tenebre, ignoti malfattori hanno messo fuoco all’interno del cantiere allestito per i lavori di recupero dell’ex carcere mandamentale di

L’

Caulonia. Tutto farebbe pensare a una opera di stupido vandalismo per arrecare un danno alla ditta, ma noi non siamo in condizioni di escludere alcuna ipotesi. Una cosa è certa: chiunque sia stato 'ndrangheta o balordi - si tratta di un fatto grave e inquietante. Da sindaco ho contribuito alla realizzazione e al finanziamento di centinaia di opere pubbliche sparse su tutto il territorio comunale. Una mole imponente di opere collegate tra loro in un unico progetto strategico e, quasi mai, destinate a pesare sullo sfibrato bilancio comunale. Tuttavia, pur essendo questa una delle tante opere, a essa mi sento particolarmente affezionato perché portatrice di un pregnante valore simbolico. Trasformare un luogo di sofferenza e di pena quale un ex carcere in un presidio di cultura e di recupero degli antichi “saperi” rappresenta una scelta strategica perché vengono individuate nella formazione culturale e nel patrimonio delle conoscenze il principale antidoto alle “legioni” dell’ignoranza, della rozzezza e della violenza, della disgregazione sociale dell’analfabetismo di massa. Se a ciò aggiungiamo che l’opera è collocata nel centro storico - che come tutti gli antichi paesi della nostra collina sembrerebbero condannati al degrado e all’abbandono - comprenderemo bene come un ex carcere potrebbe diventare un presidio di vita contro un destino di morte. A chi appartiene questa opera? Ovviamente a tutti! E non solo ai cittadini di Caulonia. Così come a ognuno di noi appartengono i camion della spazzatura di Gioiosa, il pulmino di Martone, la cooperativa di Monasterace e via dicendo... Purtroppo in molti questa consapevolezza manca! Manca perché s’è scavato un solco profondo tra “Stato” e gente; perché la “Politica” è stata scacciata ed è stata sostituita da una conflittualità personale, manca perché ha vinto l’individualismo esasperato, manca perché i paesi si vanno disgregando, il lavoro è diventato un miraggio e perché la qualità della vita è inaccettabile, manca perché è venuto meno il “patto sociale” per come delineato nella Costituzione. Infine manca perché, nell’epoca di Internet, l’alienazione e dietro l’angolo. Mille amici su facebook ma nessun amico reale. Molti sono collegati permanentemente alla rete mentre intorno a loro si forma un grande vuoto

L’INTERVISTA PARLA ANTONELLA CARAFFA

Un gesto senza senso non ci fermerà MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Non riusciranno ad annegarla, anche nei momenti di massimo sconforto, la sua speranza ostinata la terrà a fior d’acqua. Continuerà a mantenersi a galla Antonella Caraffa, progettista del Centro per la Conservazione e la Diffusione della Cultura e delle Tradizioni Popolari di Caulonia. Farà a pugni contro ogni ostacolo, contro ogni tentativo balordo di trascinarla e trascinarci sul fondo. All’indomani del raid a Caulonia hai promesso che andrete avanti e infatti il giorno dopo si ricomincia, “con il sole”! Cosa ti dà la forza di non demordere? Dicevo l’altro giorno a un amico che io ho scelto di vivere in questo posto e di inseguire qui i miei sogni. Dicevo pure che chi insegue qui i propri sogni, di sogni ne sta inseguendo almeno due. I miei sono: fare la mia professione e dare un contributo positivo alla mia terra, che appare sempre più destinata all’abbandono e alla decrescita demografica, ma anche, e soprattutto, culturale. In quanti vi state impegnando per dar vita al centro? Io e il gruppo di progettisti e dl di cui faccio parte (con l’ing. Antonio Crinò, l’arch. Carmela Agostino e l’ing. Antonio Costa), l’impresa, l’amministrazione comunale, i lavoratori e la gente… tutti entusiasti quanto noi nel vedere ogni giorno come un contenitore che col tempo era diventato un ammasso brutto, vuoto e degradato, del tutto insignificante stilisticamente e funzionalmente, stia riprendendo vita e forma… e un ruolo sociale speriamo! Se ce lo fanno finire.

Comunque credo che adesso tocchi ai politici non lasciarci soli. E ritengo non lo faranno. I termini dei pisl sono molto restrittivi e, seppure questo gesto non ci abbia tolto voglia di fare e di andare avanti, di ricominciare se è il caso, ci ha però tolto tempo, perché si dovrà procedere al ripristino del tetto e alle sostituzioni di parte di infissi e impianti e ci ha arrecato danni economici rilevanti. Siete riusciti a darvi una risposta del vile gesto? Una risposta del perché questo gesto, non la trovo. Non me lo spiego ancora. Credo che abbia davvero poco senso. A me e ai miei colleghi non ha “tolto” niente, se non un po’ di lavoro fatto che rifaremo senza problemi, men che meno all’impresa. Hanno tolto qualcosa a se stessi perché era un bene di tutti e per tutti. Non mio, non del sindaco, non dell’impresa. Era della collettività. Era anche per loro. Questo sfugge a chi fa queste azioni: che si vive bene solo se si persegue insieme il bene comune. Un territorio “arido” in termini di cultura e bellezza, abbandonato, povero, costantemente mortificato non consentirà mai a nessun singolo di vivere bene. Non lo so cosa volevano (ammesso che volessero qualcosa): dimostrare che non ce l’abbiamo fatta? Non lo so, non lo capisco. Non mi spiego. So solo che quando si perde perdiamo tutti. Spero che questa storia non passi. E non sia una cosa superata già domani. Che consenta un risveglio delle coscienze e una indignazione genuina, non di quelle che si usano e si urlano solo se “metto in vista me e non te”. Che non sia strumentalizzata per le solite passerelle politiche. Che gli si dia il significato che ha: una perdita. Non solo di un bene (seppure fosse un bene di tutti), ma di molto altro: cultura, civiltà, sviluppo e crescita. Mi auguro che la rabbia e l’indignazione che c’è tra molta gente, che immediatamente me l’ha manifestata, cercando anche di infondermi coraggio e grinta per andare avanti, possa essere trasformata in altro. In tante cose belle e positive. Quelle che tanta gente bella e positiva può fare per la Calabria. Ce n’è tanta bella gente. Molta di più.ù

umano. La rete ci consente di non vedere le altrui sofferenze, ci priva dei reali rapporti umani, degli sguardi, dei sorrisi, delle strette di mano. Sparisce l’uomo in carne e ossa, trionfa l’uomo “virtuale”. Sparisce il discorso argomentato e lascia il posto alle frasi di circostanza . Ricordo un episodio successo tanti anni fa: un ragazzo del paese, sradicato dalla famiglia e dall’ambiente perché emigrato in cerca di lavoro, ha ucciso il suo “rivale” in amore. Era avvenuto in un posto lontano eppure la sera in cui la voce si è sparsa, sull’intero “Paese” è calata una nebbia pesante che sembrava schiacciarci. Molti di noi non conoscevano neanche l’interessato, ma ci sentivamo le mani insanguinate come se quel coltello l’avessimo impugnato in tredicimila, tanti quanti erano allora i cittadini di Caulonia. Era il “Paese”! Un contenitore di ingiustizie e miserie, di gioie e gratifiche. Era il Paese che diventava terreno di faticoso impegno per migliorare e migliorarsi. Quei paesi non esistono più. È il normale scorrere della storia . Purtroppo in Calabria il fiume della storia si è inabissato e tutto tende a diventare “deserto”. Sono sicuro che se ci fosse stato, il “Paese” avrebbe individuato e isolato i malfattori che hanno ritardato i lavori di recupero dell’ex carcere. Vale per tutti i paesi della Calabria! Questa tesi l’ho sostenuta in maniera dialettica e, a volte, con molta tensione anche conflittuale nelle tante riunioni del comitato per l’ordine e la sicurezza a cui ho partecipato. Non hanno alcun senso né manifestazioni, i “comandamenti” e i riti dell’antimafia. In Calabria occorre rifondare lo “Stato” in tutte le sue articolazioni. La sola indignazione non ha senso perché dura qualche giorno e poi muore. Occorre qualcosa in più! Noi non possiamo, non sappiamo e non dobbiamo fare indagini. Noi abbiamo il dovere di impegnarci. Impegnarci perché la nostra Terra non muoia. Impegnarci per rendere feconda la “Politica” che non può essere quella misera attività per denigrare gli altri; non può essere appannaggio di una nomenklatura di professionisti della politica, oppure tesa alla mera conquista di qualche incarico o del potere. Impegnarci perché qualcuno ci ha insegnato che il “mondo” non si contempla ma si trasforma per renderlo sempre migliore. Da questo impegno tenace dipende la nostra capacità di sviluppare un “progetto Paese” che vive oltre ognuno di noi. È urgente farlo! Altrimenti gli atti intimidatori o vandalici non avranno mai fine e noi continueremo a indignarci, tanto l’indignazione non costa nulla.


"La vita media si è allungata,

approfitta ancheTu di questa opportunità:

Fai prevenzione” on questo slogan GASTROSTUDIO GNR sas, con sede in Bianco (RC), società fondata dal gastroenterologo Rinaldo Nicita, attuale vice presidente della Società Italiana di Endoscopia Digestiva (SIED) della Calabria, che vanta costanti collaborazioni con Istituto Clinico Humanitas e San Raffaele di Milano nonché con la Divisione di Malattia e del Fegato e Trapianti dell'Istituto Papa Giovanni XXIII di Bergamo, raddoppia il proprio impegno, istituendo un' altra sede in Siderno (RC); in collaborazione con il Primario di Urologia del nosocomio di Locri, Dott. Antonio Verbena, già delegato regionale della SIU, Società Italiana di Urologia. Tale evento rafforza, in questa città, l'offerta di Presidi medici ad alta specializzazione, confermandola quale centro di riferimento di eccellenza per la diagnostica Clinica e strumentale per immagini. In particolare, questo nuovo centro ambulatoriale, si occuperà delle patologie epatiche, di cui la nostra provincia risulta essere zona endemica, gastroenterologiche, compreso le malattie croniche infiammatorie intestinali (IBD), genito-urinarie ed andrologiche con affinamento delle diagnosi, avvalendosi di

C

indagini di endoscopia digestiva e delle vie urinarie di ultima generazione, corredate da procedure terapeutiche operative. In particolare nel campo dell'epatologa sara' effettuata l'Elastografia del fegato tramite FIBROSCAN (unica apparecchiatura privata del sud Italia), esame necessario e propedeutico all'esecuzione della terapia anti virale e necessario allo studio delle steatosi e delle malattie non virali ma ugualmente evolutive, del fegato. Nel campo urologico particolare attenzione viene prestata alla diagnosi precoce del tumore prostatico garantendo il corretto iter diagnostico fino alla esecuzione della biopsia prostatica; senza comunque trascurare le malattie benigne della prostata, lo studio dei disturbi minzionali in genere sia maschili che femminili nonché lo studio della litiasi urinaria. Sarà anche possibile eseguire la diagnosi e garantire il follow-up dei tumori vescicali con procedure strumentali poco invasive quali la uretrocistoscopia flessibile. Infine, particolare cura viene riservata al benessere sessuale della coppia con la possibilità di diagnosi e terapia di malattie che incidono negativamente sulla qualità della vita quali la disfunzione erettile e la eiaculazione precoce.


GERENZA

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14

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ATTUALITÀ

Direttore responsabile: MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Cristina Caminiti, Eleonora Aragona, Franco Parrello, Domenico Spanò, Sara Leone, Sara Jacopetta, Katia Candido.

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DOPO LA DECISIONE DEL TAR DEL LAZIO

Pietro Crinò: Casignana fa ricorso contro una sentenza ingiusta Con riguardo alla recente sentenza con la quale il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso proposto avverso il decreto di scioglimento del consiglio comunale di Casignana, mi corre l'obbligo di specificare quanto segue. Nell'anno 2013 ho dato incarico ai miei legali affinché ci si opponesse ad un atto amministrativo che, sin da subito, evidenziava, secondo noi, gravi lacune in punto di diritto e diverse approssimazioni nei fatti narrati. Abbiamo deciso di opporci, io e tutti i consiglieri del gruppo di maggioranza consiliare, al fine di vedere riconosciuta la illegittimità del provvedimento impugnato e la conseguente affermazione della massima correttezza e trasparenza che da sempre ha ispirato il nostro agire in seno all'Amministrazione Comunale di Casignana. Non abbiamo mai ignorato l'orientamento, per utilizzare un eufemismo, “restrittivo” che, in quasi la totalità, per dire il vero, dei precedenti trattati, ha da sempre caratterizzato il Tar Centrale. Tuttavia, nel caso che più ci riguarda da vicino, il Tribunale Amministrativo, non solo sembra non aver colto quei motivi che, a parer nostro e dei nostri legali, avrebbero imposto una diversa statuizione, ma, ancora e più gravemente, si ritiene che i Giudici non abbiano offerto alcuna risposta a molti degli argomenti che abbiamo posto a supporto delle nostre tesi difensive. Ecco, perché, dopo qualche attenta ora di riflessione, abbiamo deciso di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso una sentenza che, certamente, va rispettata, ma di cui non se ne condividono le motivazioni, tanto in fatto quanto in diritto.

Potrei, qui, citare tutti i motivi per i quali ritengo ingiusta la recente sentenza, tuttavia, so benissimo che i processi non si celebrano nelle piazze, bensì nelle aule a ciò deputate. Ad ogni buon conto, non posso non evidenziare la irragionevolezza, la infondatezza e la ultroneità di quanto affermato in sentenza con riferimento, ad esempio, alla questione relativa alla ben nota vicenda della discarica consortile di località “Traiano”. Orbene, sul punto si deve rilevare l'assurdo giuridico, a mio modesto avviso, di fronte al quale ci troviamo, laddove il Giudice Amministrativo, chiamato a vagliare la legittimità di un provvedimento di natura amministrativa, nel riconoscerne la validità vada a porre a base dello stesso, quasi ostinatamente, una vicenda che nella sede propria (quella penale) ha riconosciuto, definitivamente, il Sottoscritto estraneo da ogni titolo di responsabilità. Ma vi è di più, ciò che non è stato mai neppure contestato dagli inquirenti (ed ovvero connessioni di qualsiasi natura ed entità tra la gestione della discarica ed ambienti malavitosi all'epoca dei miei mandati) nella sede penale, rappresenta, paradossalmente, secondo i giudici amministrativi, l'argomento principale sul quale fondare la richiamata sentenza (sic)! Come siano riusciti i commissari inviati dal Prefetto a ravvisare elementi mai contestati (basti rivedere la conferenza stampa dell'allora Procuratore dott. Pignatone) neppure dagli organi inquirenti (con ogni probabilità necessariamente più esperti e validi sotto questo profilo), questo, rimane un interrogativo a cui neppure la

Locri: Non toccate i nostri gatti!

sentenza del Tar ha saputo offrire alcuna valida giustificazione. Più in particolare, la sentenza de qua appare quanto mai carente di motivazione in ordine ai necessari presupposti (devesi trattare, infatti, di elementi CONCRETI, UNIVOCI E RILEVANTI che fanno ritenere fondato il rischio di infiltrazione mafiosa) richiesti indefettibilmente dalla norma. In ordine ai citati presupposti, i Giudici di prime cure, ritengono di averli, secondo noi semplicisticamente ed affrettatamente, individuati sulla base di un “ragionevolmente plausibile”, di un “potenzialmente” e sulla base della presenza di elementi anche di natura “meramente indiziaria”! Neppure convince, inoltre, ricondurre de plano talune disorganizzazioni e/o irregolarità amministrative proprie, eventualmente, degli uffici comunali, direttamente in capo all'organo politico, il quale si trova così a pagare un prezzo, in solitudine, non direttamente riferibile alle proprie azioni; tenuta in debita considerazione, tra le altre cose, la necessaria distinzione e separazione, operata in primis dalla legge, tra la funzione di indirizzo politica e quella amministrativa. Per tutte le considerazioni sopra esposte e per molte altre che faranno da corredo all'annunciato mezzo di gravame, abbiamo deciso di proporre appello avverso una sentenza che appare ingiusta, lacunosa, sbrigativa ed approssimativa in tutti i suoi punti, con la certezza che le nostre ragioni troveranno accoglimento presso i Giudici di Palazzo Spada. Pietro Crinò

Terme di Antonimina: calvario senza fine

Stanno sparendo troppi gatti in Contrada Cancello, a Locri. La zona, caratterizzata da ampi giardini, permette ai residenti di avere animali che possono sconfinare nel prato dei vicini, un’abitudine che non impensieriva i residenti, vista l’educazione e la cordialità di tutti. Oggi questa serenità è minata dal ritrovamento di alcuni felini morti e dalla scomparsa di altri. Cacciare un gatto dal giardino è cosa più semplice che ucciderlo a sangue freddo, un atto schifoso, perseguibile dalla legge e in grado di rovinare i rapporti di buon vicinato…

Ricorderete il caso “stipendi non pervenuti” da parte dei dipendenti delle Terme di Antonimina scoppiato la scorsa estate: ci era stato assicurato che la situazione sarebbe progressivamente tornata alla normalità grazie a un pervenuto accordo con Equitalia. Ebbene, a quasi sei mesi di distanza, ci è stato segnalato che la situazione non è minimamente cambiata e che, anzi, a casa dei lavoratori non è pervenuta nemmeno quella cifra che solitamente veniva retribuita almeno sotto le feste natializie.

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Cartelle Pazze: pagamenti rinviati al 31 maggio e garanzie per i cittadini

Sabato scorso si è svolta, al comune di Siderno, la conferenza stampa in merito alle questione delle “Cartelle Pazze”. Durante l’incontro della Giunta comunale con i cittadini, il sindaco Fuda ha garantito che il Comune starà dalla parte di tutti coloro che sono stati colpiti da questo provvedimento, lasciando spazio a chiunque per presentare il proprio caso e di pagare così solo il dovuto. Pertanto, con delibera n° 11 del 18 gennaio, è stata confermata l’istituzione di un front office utile ad affrontare nel dettaglio i casi di tutti i cittadini coinvolti in questa incresciosa vicenda e si è altresì stabilito di differire il termine legale per il pagamento dei tributi dai 60 giorni regolamentari al 31 maggio 2016. Come da comunicazione del comune vi ricordiamo infine che il Servizio di ricevimento cui faceva riferimento l’assessore Lanzafame verrà concesso su appuntamento concordabile allo 0964 1945293 nei giorni dal lunedì al venerdì, dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 17:00.

Locri: il“Photored” diventa“Photogreen” "Cambiare il sud per cambiare l'Italia" Sta rasentando i limiti dell’assurdo, la questione del “Photored” di via Cusmano a Locri. Decine di multe contestate pare stiano convincendo il comune a eliminare il sistema di vigilanza installato in uno degli incroci più pericolosi della città, perché a multe fatte con criterio, si aggiungono (parecchi) casi in cui a qualcuno è stata fatta la multa perché è passato con il verde. È il caso del signor Giuseppe Greco, che la tassa l’ha voluta pagare anche se le foto lo scagionano senza alcun dubbio…

di Lo Giudice apre un dibattito proficuo e partecipato a Gioiosa Jonica A Gioiosa Jonica sabato 16 gennaio l'aula del Consiglio Comunale ha ospitato la presentazione del volume Cambiare il Sud per cambiare l'Italia di Francesco Lo Giudice (edizioni Apollo). L'iniziativa, promossa da LabDem Locride - associazione politico-culturale nazionale ispirata ai valori del socialismo europeo - è stata moderata da Giuseppe Jirilli, che ha anche introdotto brevemente i lavori presentandoli come un'occasione di confronto tra sensibilità politiche anche distanti ma disposte al dialogo. Dopo un saluto del sindaco Fuda, destinatario anche in questa occasione di manifestazioni di solidarietà per le intimidazioni subite, ad animare la discussione su questa raccolta di scritti di riflessione e militanza politica, Vincenzo Tavernese, che si è soffermato sul personale e ricco percorso dell'autore verso una consapevolezza piena dei problemi del Mezzogiorno

d'Italia e d'Europa, e il sen. Sisinio Zito, che ha ripercorso centocinquant'anni di questione meridionale sostenendo la sostanziale attualità di proposte già formulate in passato per superare le disparità economiche, sociali e culturali tra Nord e Sud del Paese, proposte che non hanno trovato completa ed effettiva attuazione per la progressiva eclissi delle nostre regioni dalla scena politica nazionale ed europea. Le conclusioni sono state lasciate all'autore, giovane ricercatore dell'Università della Calabria e consigliere comunale del PD a Bisignano, che ha illustrato i motivi per cui è oggi ragionevole, a suo parere, non solo riproporre i problemi del Sud, ma anche prospettarne possibili soluzioni senza indulgere al pessimismo.





ATTUALITÀ

Questione di fair play

IL PUNTO

di Giuseppe Belligerante

Siamo nel dicembre 2001 quando l’attuale allenatore dell’Inter, allora alla guida della Fiorentina, rivolse, a un nostro cronista della gazzetta dello sport, lo stesso insulto con il quale lo ha etichettato Sarri nel recupero della partita di coppa Italia NapoliInter. Mi chiedo quindi se sia più grave dare del “frocio di merda” all’allenatore rivale nel pieno dell’agonismo di un finale di partita o tacciare in questo modo un cronista sportivo, Alessio da Ronchi, reo di aver fatto una domanda sgradita durante una conferenza stampa. Lascio a voi lettori l’ardua sentenza. Giuseppe Belligerante

Vermi nel piatto alla mensa scolastica È successo a Vibo Valentia, nella scuola dell'infanzia di Sant'Onofrio. Per fortuna i docenti si sono accorti in tempo degli strani ingredienti che nuotavano nel piatto e hanno immediatamente sospeso la distribuzione della pasta. Il dirigente scolastico ha ha disposto l'immediata sospensione del servizio mensa alla ditta.

“I Fuoriusciti”: Salvatore Fuda intervistato da Gabriele Santoni Alla luce dei misfatti verificatesi in quest’ultimo periodo a Gioiosa Ionica, il sindaco Salvatore Fuda è stato invitato da Gabriele Santoni, ex militante della sinistra pisana nonché ex sindaco di San Giuliano Terme, a intervenire nella sua trasmissione “Punto Radio” e precisamente nella rubrica “I Fuoriusciti”. Questa sezione è nata per dare voce all’umanità: dai cittadini ai politici, dal semplice commerciante all’artista underground. Fuda nell’intervista racconta a Santoni come ha vissuto questi momenti, spiega le varie dinamiche della sua politica. Insediatosi da due anni e mezzo, l’amministrazione Fuda si è sempre attivata per garantire l’ordine pubblico nel rispetto delle norme vigenti, ma ovviamente non tutti sono in grado di comprendere che “la Legge è uguale per tutti”. Ma andiamo ai tragici fatti degli ultimi mesi. Nella notte fra il 6 e il 7 dicembre vengono esplosi cinque colpi di pistola sulle macchine del primo cittadino e consorte. In realtà, un altro atto d’inciviltà era stato compiuto mesi prima con l’incendio dei cassonetti usati per la raccolta differenziata, bruciati proprio di fronte l’abitazione del nostro sindaco. Un episodio alquanto increscioso ma al quale si è dato poca importanza. Successivamente, ovvero la notte del 31 dicembre, un altro attentato colpisce il paese di Gioiosa: due mezzi della nettezza urbana vengono bruciati! Tutti episodi dei quali nessuno è in grado di spiegare le ragioni. Così come non è facile comprendere la situazione drammatica degli acquedotti: su un milione e ottocentomila metri cubi, di fatto ne vengono letti solo quattrocentomila. Rimangono fuori lettura un milione e quattrocentomila metri cubi che non possono essere lasciati scoperti. Naturalmente non è l’unico problema sul quale si cerca di fare chiarezza, ce ne sono altri che l’intera Amministrazione si sta impegnando a risolvere, valutando ogni piccolo dettaglio. Sostenerla è il minimo che si possa fare. K.C.

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DOMENICA 24 GENNAIO 14

‘Ndrangheta Cialtrona S Nel primo e nel secondo dopo guerra, del secolo scorso, una larghissima fetta delle famiglie della provincia di Reggio Calabria avessero uno ndranghetista in famiglia.

econdo il dizionario Treccani cialtrone si dice di: Persona volgare e spregevole, arrogante e poco seria, trasandata nell’operare, priva di serietà e correttezza nei rapporti personali, o che manca di parola nei rapporti di lavoro. Potremmo dire che oggi essere uno ‘ndranghetista ha questo significato. Dico oggi, perché ieri, e io ne sono convinto sostenitore, essere uno ndranghetista significava altro. Significava serietà. Significava persona corretta che tiene fede alla parola data. Certo esisteva violenza e morte, ma anche serietà e correttezza. Personalmente credo che nel primo e nel secondo dopo guerra, del secolo scorso, una larghissima fetta delle famiglie della provincia di Reggio Calabria avessero uno “ndranghetista in famiglia. Tutto è dipeso dalla storia peculiare della nostra terra. Dalla forzata annessione, manu militari, del meridione d’Italia. Da molti altri fattori, di cui si è discusso abbondantemente nel secolo scorso, e che sono state etichettate, genericamente, come “Questione Meridionale”. Diciamo che esisteva un retroterra politico, economico, culturale che dava una certa giustificazione persino ai sequestri di persona, per quanto abietti e mai troppo condannati

e puniti. La grande cultura meridionalista, con il suo impegno, fatto di denunce e analisi, aveva fatto crescere una consapevolezza, in seno alla società nazionale moderna, che il meridione andava rimesso al passo dell’intera Nazione e non abbandonato a se stesso. L’impegno, per rimetterlo al passo, era sostenuto anche dal nord e da tutti i partiti. Era sostenuto dall’intellighenzia di destra e di sinistra. Dalla cultura nazionale complessivamente, che portava nelle librerie, al cinema e in televisione il dramma di regioni arretrate, in cui era forte il desiderio di riscatto. La morte della Questione Meridionale, la sua scomparsa dall’agenda politica, culturale ed economica della Nazione, ha determinato la scomparsa, quasi fisica, dell’intero meridione. La Kalabria, che del meridione è la figlia più povera e malandata, ne ha sofferto enormemente. Questo totale abbandono, ha creato, sostenuto e alimentato, nella popolazione tutta, fasce sempre più larghe di resistenza alla legge in generale, alla correttezza dei comportamenti, alla moralità, alla umiltà, alla cultura. Questa resistenza ha infettato non solo le fasce di popolazione economicamente più deboli, ma anche la borghesia delle professioni e quella delle produzioni, che fingono condanna dei feno-

meni criminali, ma che in realtà sono, se non complici, completamente disinteressati al fenomeno. Il famoso fori du culu meu aundi pigghia pigghia, è diventato l’unico slogan apprezzato e imitato. All’abbandono dello Stato è seguito il disinteresse generale, come risposta secca, ma naturale, della classe borghese che era stata, invece, l’asse portante della moralità e della correttezza dei costumi. Meraviglia la meraviglia con cui vengono accolti i fenomeni criminali che accadono sempre più frequentemente in Kalabria. Amministratori pubblici, pubblici ufficiali, beni comuni, in pratica i simboli dello Stato, vengono attaccati con desiderio distruttivo. E’ chiaro che il nemico è lo Stato, meglio, il disinteresse dello Stato nei confronti delle famiglie meridionali e dei suoi figli, abbandonati a se stessi, privati della naturale progettualità per il futuro, dunque privati persino della speranza. Non andrà meglio arrestando e punendo. Non andrà meglio militarizzando il territorio. A questo articolo non darò un finale. Non cercherò la frase a effetto, semplicemente perché non esiste. Tutto è talmente sfibrato, mortificato, cadaverico da spegnere il pensiero e la ragione. Vincenzo Carrozza

"L'attualecondizionedelteatro diSidernoèdovutaaun abbandonodaannidelcantiere" LauraThermes,Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, interviene per rendere edotta la nuova amministrazione della lunga storia del cantiere Quale progettista e uno dei direttori dei lavori del Teatro Comunale di Siderno mi inserisco, anche se non è la comunicazione che ritengo più opportuna, nel dibattito in atto per alcune brevi precisazioni, dando però la mia completa disponibilità ad un incontro con quanti sono interessati a conoscere la storia della conduzione molto complessa e problematica del progetto e del cantiere di questa opera. Un’opera la cui condizione attuale, che ha così tanto sorpreso il Sindaco e il Consigliere di minoranza dott. Michele Cataldo, è dovuta ad un abbandono da anni del cantiere, con tutto ciò che ne è conseguito, da parte di chi aveva il compito di sorvegliarlo. Un abbandono e una sorveglianza che non è certo dovuta ai progettisti e ai direttori dei lavori. Per rendere edotta la nuova amministrazione della lunga storia del cantiere e verificare la possibilità di un completamento dei lavori, ai primi di dicembre del 2015 avevo contattato telefonicamente il Sindaco Fuda chiedendogli un incontro. Lo stesso avevo fatto negli anni passati con i precedenti commissari, ma senza alcun esito. Il Sindaco mi ha dato la sua completa disponibilità e il suo recente sopralluogo al cantiere, se ne fossi stata informata, poteva essere l’occasione buona. Spero di averne un’altra entro il mese di gennaio. Ritengo comunque positiva la visita di cui riferisce il vostro giornale perché interrompe uno stato di totale indifferenza della cittadinanza di Siderno e delle passate amministrazioni per lo stato di

LA POESIA

un’opera, la quale ha avuto ampi consensi nel dibattito disciplinare insieme a non poche critiche da parte dei professionisti locali. Mi sorprende però la tempestiva affermazione che occorrerebbero molti più denari a completarla rispetto a quelli per realizzarne una nuova in un’altra area: è una valutazione “ad occhio”? Non sarebbe il caso di verificare di chi è la responsabilità dell’attuale degrado? È forse più semplice lasciare un ulteriore “non finito” nel paesaggio calabrese o effettuare la demolizione di un’opera pubblica nella regione che ha il primato di avere permesso la realizzazione del maggior numero di opere abusive? Credo che al di là di dichiarazioni eclatanti sia opportuna un’attenta riflessione sull’operato di tutti: progettisti, uffici tecnici, impresa, consulenti, amministratori. Per quanto mi riguarda sono pronta a rispondere anche pubblicamente di tutte le carte da me sottoscritte

(atti amministrativi e disegni), e della corrispondenza fra progetto e realizzazione (compreso il rispetto della curva di visibilità della sala). Inoltre, per tranquillità di coloro che giustamente sono molto attenti allo spreco del denaro pubblico, informo che nel corso dei dieci anni del cantiere, che ho seguito come era mio dovere quando era attivo con molta attenzione e a mie spese, ho riscosso unicamente la somma di 7597,16 euro (comprensiva di contributo INPS e del contributo CNPAIA). Sono comunque convinta che se il Sindaco saprà valutare la situazione attuale con la volontà di risolverla, si potrà ultimare nel migliore dei modi possibili un’opera che potrà senz’altro contribuire efficacemente alla vita culturale di Siderno. Per quanto mi riguarda sono a disposizione dell’amministrazione se volesse procedere in questa direzione. Laura Thermes

Abbiamo proposto in altre occasioni poesie scritte da Giuseppe Fava, giovane reggino che a 18 anni ha già ricevuto riconoscimenti in diversi premi di poesia organizzati a livello nazionale. Di seguito una poesia da lui scritta all’età di 12 anni, quando la sua passione per il calcio iniziava a prendere forma per non lasciarlo mai più.

U Jucaturi i Palluni Vurria fari u Jucaturi Maradona Pelè, cu su sti carduli? Jeu sugnu nu Jucaturi originariu i Riggiu e mi llenu u pomeriggiu. Quandu pigghiu u palluni curru curru chi paru nu cannuni. Quandu fazzu rete su frizzanti comu l’acqua Lete.



CULTURA

Quattro universitarie a Gerace a spasso fra bellezza e cultura Un sabato mattina di Gennaio, dopo varie peripezie, incontri tipici, e simpatici abitanti tanto disponibili,quattro giovani ragazze incontrano GiuseppeVaracalli, sindaco di Gerace. nuvoloni e la pioggia ci stavano cospirando contro. Ha contribuito anche una cifra errata nel numero di cellulare del sindaco di Gerace. Tutto stava compromettendo i nostri piani. Poi, come succede nelle più belle commedie, tutto è andato per il meglio. Grazie, soprattutto, a un simpatico macellaio del posto che si è messo a nostra disposizione e ci ha messe in contatto con il primo cittadino geracese. Dunque, adesso, cominciamo dal principio. Siamo quattro studentesse dell'Università della Calabria e dovevamo scegliere un paesaggio su cui costruire un progetto. Un progetto per dimostrare le relazioni fra l'aspetto naturale, le azioni antropiche e la percezione soggettiva su un territorio. Perché in fondo è così: ogni luogo suscita emozioni diverse a seconda dell'osservatore che si accinge ad ammirarne la bellezza. La nostra scelta è stata univoca sin dall'inizio. Gerace aveva colpito la nostra fantasia e il nostro interesse. Abbiamo scelto un sabato mattina di Gennaio, trascorso fra corse, incontri tipici, e simpatici abitanti tanto disponibili. Dopo varie peripezie, abbiamo avuto la possibilità di incontrare Giuseppe Varacalli, sindaco di Gerace. Ci ha accolte e ha risposto alle nostre domande, mostrandosi incuriosito per il nostro progetto. È stato onesto il sindaco, quando ha dichiarato che "bisogna offrire dei servizi, e offrire servizi significa impegnarsi ed entrare in un'ottica turistica in cui il visitatore si senta spronato da attività culturali. I giovani, cercano sempre di andare fuori. Si potrebbe rimanere, cercare di fare, di ideare. Vanno di moda i pub? Si potrebbe aprire un pub a Gerace" - ha dichiarato. Ovviamente, durante la chiacchierata, immancabile è stato il riferimento alla manifestazione culturale de "Il borgo incantato" che ogni estate attira migliaia di visitatori, e offre spettacoli molto suggestivi fra le vie dell'antico borgo. "Era il 1999, io ero vicesindaco, e l'allora presidente della provincia, Calabrò, aveva finanziato la manifestazione denominata "Coast to Coast", un programma di artisti di strada, cinque giorni a Gerace e tre a Palmi. "Costa a costa" in questo senso. Poi questa manifestazione si è evoluta, sino ad arrivare a quella che si è presentata, in ultima ricorrenza, quest'estate"- ha proseguito. Dopo averci parlato ancora del fatto di essere membro del comitato delle Regioni a Bruxelles, gli chiediamo come mai abbia deciso di candidarsi alla carica di sindaco. "Ho avuto sempre la passione per la politica, mi erano state date diverse opportunità di andare fuori, ma ho deciso di rimanere perché volevo vivere nella città in cui avevano vissuto i miei genitori"- ha risposto. Suscitando tutta la nostra ammirazione,

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abbiamo continuato a intrattenerci su tematiche interessanti e dopo varie foto, strette di mano e tanti arrivederci, ci siamo salutati. E, velocemente, dalla piazza risaliamo verso la cattedrale. Uno dei due fratelli responsabili delle ceramiche Condò, ci aspetta per una visita. Tra gufetti e creazioni fra le più belle artigianali mai viste, abbiamo avuto la possibilità di visitare il laboratorio in cui erano presenti i vari attrezzi e i vari metodi di colorazione della ceramica. Soddisfatte e meravigliate ci accingevamo ad andare via, quando il proprietario, tanto gentile, ci richiama. Ci regala una coccinella rossa. E ci dice: "buona fortuna". Quasi imbarazzate e felici per quel gesto, ci incamminiamo pronti a sviluppare la seconda parte del nostro progetto: dimostrare come la percezione legata a un luogo sia assolutamente personale e strettamente soggettiva. E decidiamo di farlo nel modo più efficace possibile. Fermiamo chiunque incrociamo per le viuzze, nelle piccole botteghe, nei supermercati. Il sindaco, incontrato nuovamente per le stradine del borgo, accorre in nostro aiuto, si fa portavoce del nostro progetto e invita i cittadini un po' restii a parlare davanti all'obiettivo di una telecamera. Tutti hanno da testimoniare la vita genuina e poco frenetica del borgo, tutti amano Gerace ma nessuno smette di sperare in un futuro più prospero. E poi due bambine, due voci sincere e disinteressate che affermano a gran voce: "Gerace è...bellissimo!". Incontriamo una signora che ci racconta della produzione della seta e ci ospita nella sua bottega per deliziarci con i suoi prodotti tipici. Un velocissimo click a quelle meraviglie che ne meritavano più di uno. La pioggia ci ha quasi dato scampo, non è detto che per molto, però. Una veloce visita al Belvedere, una al castello, e dalla Cattedrale ci siamo passate già tante volte. Ora non ci rimane altro che trasporre a parole, quello che i nostri occhi hanno avuto la fortuna di osservare, cercando di suscitare almeno la metà nei destinatari del nostro progetto. Grazie al sindaco, ai meravigliosi abitanti di un borgo incantato e al gentile macellaio che, ai nostri continui ringraziamenti per averci permesso di incontrare il sindaco, ripeteva: "noi a Gerace siamo tutti così". E forse è vero. Gli abitanti del borgo in cui, come scriveva il viaggiatore Edward Lear, "ogni roccia, santuario o palazzo sembrano essere sistemati e colorati apposta per gli artisti", sono proprio così: meravigliosamente gentili e immensamente ospitali. Letizia Fulgenzi Amalia Gaudio Caterina Italiano Sara Leone


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Una catarattaa forma di Gian Antonio Stella Secondo l'editorialista del Corriere della Serai Bronzi non avrebbero pututo incorrere in una sventura peggiore naufragando nelle nostre acque

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO na sventura. L'essere stati ritrovati il 16 agosto del '72 nel tratto prospiciente la spiaggia di Riace, da quei quattro ragazzi di Agranci che avevano il pallino della pesca, è stata per i nostri Bronzi una disgrazia. E per noi un'immeritata fortuna. Così scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera commentando il calo dei visitatori del Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Sono state 195.998 le visite nel 2014, 164.076 nel 2015. Il 16% in meno. Chi li ha mandati a naufragare qui quei capolavori dell'Arte Greca? Non meritiamo cotanta bellezza. Noi terra dell'orrore e dell'orrido come ci definì sbucando con il suo sorriso procione dal palco dell'Ariston nel 2014. Perchè i guerrieri meravigliosi non si sono opposti alla corrente, come i salmoni, risalendo fino alla Serenissima? Avrebbero potuto imbattersi in un accidentale tuca tuca di un remo gondolante e ambire un giorno a un posto d'onore in piazza San Marco tra stormi di piccioni defecanti. Gian Antonio vi avrebbe fatto un salto dalla sua Treviso nelle domeniche uggiose e avrebbe ammirato la meraviglia di cui sono portatori. Lui che è in grado di capirla quell'arte a noi inaccessibile. E invece si sono scapicollati imprudentemente sul nostro litorale ionico che, poi, con la Grecia che c'azzecca?! Li abbiamo "trattati come peggio non si poteva" dando vita a una "grottesca sagra del kitsch", se non addirittura del "pornokitsch". Sì, è vero le visite nel 2015 sono diminuite del 16% ma Gian Antonio Stella dimentica di dichiarare che tra il 2014 e il 2015, sono aumentate di oltre il 1.600% passando da 11.522 a 195.998, con un incremento degli incassi pari al 2.349, 29%. E poi nell'anno d'oro dei musei come lo ha definito il mini-

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stro Franceschini - non è andata male solo al museo dei Bronzi, ma anche, ad esempio, ai musei di Lucca dove sono presenti opere di Raffaello, Donatello, Tintoretto. Un calo dei visitatori si è registrato anche agli Scavi di Ostia Antica, agli Scavi di Paestum, alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea a Roma... Eppure Gian Antonio con il suo metro marcio da uomo illuminato, ma in realtà affetto da cataratta stellata, muove il suo sguardo torbido solo sulla Calabria. Grottesca sagra del kitsch dicevamo. Sì, gli spot supertrash della giunta Scopelliti non li abbiamo dimenticati. Ma a prendersi lo spasso di ridicolizzare le opere d'arte sono stati in tanti. Basti ricordare la Gioconda, l'opera più citata in pubblicità. L'abbiamo vista liscia, gassata o Ferrarelle, sbavante Nutella, cotonata nello spot della Pantene, spettinata nella pubblicità del Salone Internazionale dell'Automobile di Bologna nel 2006, senza capelli in una campagna contro i tumori. Non è andata meglio al David di Michelangelo riprodotto nell'atto di calciare un pallone in una pubblicità del Lotto, con in spalla un pacco di spaghetti nella pubblicità De Cecco, vestito da Missoni con le classiche stampe a zig zag, come testimonial del Prosciutto Toscano D.O.P. con una coscia del salume a mo' di zainetto. Ma Gian Antonio ricorda solo i Bronzi nella pubblicità della Renault, o dell'acqua di colonia "Possanza" o utilizzati per esaltare la calabresità della liquirizia. "Un intellettuale che scrive per vendere ma non per educare". Così l'aveva fotografato Pasquino Crupi. E la sua reflex con flash incorporato era da vero uomo illuminato e illuminante.


ATTUALITÀ

Siderno: tutte le scuole insieme al comune per la giornata della memoria

In occasione della Gionata della Memoria 2016, il Comitato per la Difesa della Memoria Storica, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Siderno, con l’Associazione Amici del Libro e della Biblioteca e con gli istituti IPSIA, IIS Marconi, Liceo Artistico Pitagora, e le dirigenze scolastiche Siderno Agnana e Pascoli - Alvaro, indice il concorso “La Storia da Ricordare”, al quale i ragazzi potranno partecipare con un prodotto originale (poetico, redazio-

nale, audio/video, ecc. …) che esprima la loro conoscenza e le loro sensazioni in merito all’orrore della Shoah. La manifestazione si svolgerà mercoledì 27 gennaio alle ore 10,00 presso il “Centro Polifunzionale Koala” in via F.Macrì. Dopo i saluti dell’Assessore alla Pubblica Istruzione Ercole Macrì e i saluti dei dirigenti scolastici, verrà ascoltata la testimonianza del presidente del Comitato per la difesa della Memoria Storica Giuseppe Reale.

Ferruzzano: La lunga attesa il recupero del centro urbano Alcuni hanno pensato che fosse un fotomontaggio o un rendering progettuale fotorealistico, quando sul web è iniziata a circolare la fotografia della nuova piazza del borgo antico di Ferruzzano Superiore. Uno dei più suggestivi e storici borghi della Locride, caduto purtroppo negli ultimi 20 anni nelle grinfie dell’abbandono, del degrado e della miseria dopo il trasferimento totale degli abitanti alla frazione marina. La grande piazza su cui sorge la chiesa del patrono S. Giuseppe, in cui si erge il ricordo delle vittime dello storico e devastante terremoto dei primi del ‘900 che distrusse il paese, è stata nei secoli luogo di riunione e condivisione di tutta la cittadinanza. Meraviglioso il panorama verso il mare, la veduta della costa jonica da Bova a Roccella. Viste mozzafiato regalate dal belvedere della piazza che regna sovrana sul versante a una altitudine di 476 m. Alle spalle del borgo antico le viste delle fitte foreste e i boschi, le vallate, i campi, il monte Scapparrone porta d’ingresso all’Aspromonte. La piazza è stata da sempre teatro di concerti, folkloristiche sagre di paese, cerimonie festose, giochi, ma appariva anonima e senza identità con una pavimentazione semi-sterrata e in grezzo calcestruzzo. Uno spazio immenso che sembrava toccasse il cielo, che potesse meritare da anni di essere arricchito e valorizzato a dovere. Intorno apriva lo sguardo a panorami bellissimi. La sua importanza era imbrigliata alla sola memoria storica e affettiva del luogo e non alla sua estetica architettonica e al valore paesaggistico intrinseco. Le compagnie telefoniche e televisive con i loro impianti mostruosi, su permessi del comune, hanno contribuito a un degrado e a un impatto visivo ambientale non indifferente del luogo. Dalla grande piazza inizia nei suoi dintorni il borghetto antico di Ferruzzano Superiore fatto di piccole case in pietra a diversa cromia, tutte appiccicate le une alle altre tra le stradine tortuose. Casette con tetti di tegole in cotto, finestre e inferriate in ferro battuto, portoni fatti dagli artigiani locali, balconate e terrazze, antichi catoji (cantine) che si aprivano nel caro ricordo della fratellanza di una popolazione ricca e coesa. Su commissione e delibera dell’attuale Sindaco

Prof.ssa Maria Romeo, è stato redatto dai tecnici scelti con incarico diretto, il progetto esecutivo del recupero urbano della grande piazza a Ferruzzano Superiore. In pochi mesi, secondo cronoprogramma dei lavori, è stata realizzata la nuova piazza che si presenta oggi con una nuova veste innovativa, connubio tra passato e presente: pavimentazione in varie tonalità dal color cammello alle sabbie siriane, vari disegni e intarsiature di pietre a lastre e listelli chiare e scure, che ridipingono in modo affascinante, armonioso e caloroso il nuovo stile della piazza. Un perfetto equilibrio tra nuovo e antico, tra materiali tradizionali del luogo legati alla sapienza artigianale ed un restyling preciso dettato da un layout urbano netto e chiaro che permette di dare una identità precisa e moderna allo spazio aperto. Idea semplice ma vincente da parte dei tecnici ideatori del progetto. Arredi urbani quali nuove panchine, fontana, lampioni, balconata del belvedere, rivestimenti vari, saranno il proseguo delle lavorazioni necessarie per completare la piazza rendendola sicuramente ricca e finalmente donando a questo luogo l’importanza che merita, rendendolo tra i più interessanti dal punto di vista storico, naturalistico ed architettonico della costa Jonica reggina. Senza alcun dubbio l’intervento di recupero urbano eseguito, rappresenta l’unica e vera opera importante degna di nota fatta negli ultimi trenta anni nel territorio del comune di

Ferruzzano da tutte le Amministrazioni che si sono susseguite e in particolar modo di quella dell’attuale Sindaco, ad eccezione dell’edilizia popolare che rappresenta un capitolo a parte, interessante non certo per i soli aspetti architettonici. Si sono susseguiti vari Sindaci negli anni a Ferruzzano: da Sculli, Marando, Pizzi, Focà ed ultima la Prof.ssa Maria Romeo, giunta al suo secondo mandato nonché già Assessore veterana delle precedenti giunte che hanno amministrato il bel paesello per anni. Il Sindaco, o la Sindaca come dir si voglia, è donna ricca di cultura, di animo gentile e caritatevole. Devota alla comunità e al bene di essa. Qualità che hanno contribuito, anche se forse un po’ tardivamente, a conseguire questo importante obiettivo. Operazione sicuramente ardua ma non impossibile se fatta con logica e specifiche linee guida di fruttuosa programmazione e con le dovute competenze. Di impegno e buon intento ce ne sarà stato sicuramente da parte sua e del suo team, ma nella gestione di un comune sono i fatti e i numeri che contano. Forse avrà trovato anche una situazione economica non florida nelle casse comunali difficile da risollevare e frutto forse anche delle precedenti male gestioni susseguitesi negli ultimi 30 anni; o forse problematiche varie dovute probabilmente anche a specifiche carenze tecniche e gestionali che hanno fatto sprofondare impensabilmente nell’incuria, nel degrado e nell’ab-

bandono l’intero paese, privo ad oggi di molti servizi di primaria necessità. In tutto ciò l’inevitabile e quasi scontato abbandono dello storico borgo antico. Il tempo sembra aver portato purtroppo risultati pessimi sino a ieri, ma ciò sembra finalmente esser solo acqua passata. Si guarda avanti sempre con ottimismo e buoni auspici, finché c’è tempo c’è speranza… si suole dire. ll Sindaco riparte dalla nuova e bella Piazza di Ferruzzano, un ottimo punto di partenza posticipato di parecchi anni di amministrazione e a distanza di poco più di un anno dalle prossime elezioni comunali. La lunga attesa finalmente è finita. Non è mai tardi per fare cose buone e utili per la propria cittadinanza ed il proprio territorio. Che questa nuova piazza sia comunque l’inizio di una serie di celeri opere e interventi mirati che possano in breve tempo riqualificare la parte abitata alla frazione marina e quella al borgo antico. In primis la priorità di riqualificare lo splendido Km di lungomare con un intervento mirato e intelligente che possa valorizzare una delle spiagge più belle della costa jonica, nonché attrezzare con vari servizi tutta la sua area rendendolo funzionale ed efficiente per come merita. Ciò che sarebbe opportuno però, per ogni grande o piccolo intervento di riqualificazione urbana futura o nuove opere che siano, è bandire un Concorso di Idee o una Gara di progettazione pubblica, innalzando cosi la qualità dell’offerta tecnica progettuale tra i tecnici liberi concorrenti, avere un team di esperti che possano analizzare, paragonare e scegliere la migliore offerta progettuale in base ai vari parametri di analisi e ai badget messi a disposizione per gli interventi (molti provenienti dall’Unione Europea), rendendo cosi l’iter di qualità, rapido, snello e trasparente dando a questo territorio una miglioria rapida e necessaria, ciò che non si è riuscito per mille motivi, o scuse varie, a fare sino a ieri. Si riparte fiduciosi... con un augurio di buon operato del primo cittadino nel soddisfare tutte le esigenze necessarie per tutti i ferruzzanesi. Domenico Spanò

IlteatrodiPinoCarell GIOVANNI PITTARI Conoscevo Pino Carella in qualità di presidente dell’Associazione Teatrale Roccella Jonica, (abbastanza nota in Calabria per via delle molteplici e differenti rappresentazioni in vernacolo che hanno riscosso, nel tempo, un encomiabile successo), e come autore di variegate iniziative culturali, sempre sulle complesse manifestazioni teatrali. Compagnia teatrale stabile che si avvale di un “luogo teatro”, elegante e accogliente struttura, il “Piccolo Teatro” posto in Via Trastevere nel centro storico della città. Come, pure, avevo la consapevolezza dei numerosi e meritati riconoscimenti ottenuti nell’Italia meridionale per le varie interpretazioni ma, principalmente, quelli conferiti a Pino Carella per la regia. Devo ammetterlo, non avevo contézza alcuna delle sue qualità d’autore di testi teatrali brillanti in vernacolo, anche se, di tanto in tanto, battute dialettali appropriate vivacizzano le discussioni negli studi di ‘Tele Mia’, che ben si adattano ai lunghi dialoghi che spesso intrattiene con le giudiziose nonnine nei borghi antichi dei nostri paesi, e che poi fa rivivere nelle puntate di ‘Radici’. Cosicché quando mi ha chiesto di leg-

gere i testi delle tre commedie: ‘A ruga vecchja (Ciopa),‘U zíu d’America,‘A casa sutta all’ortu, e se li ritenessi meritevoli di pubblicazione e di fare una breve presentazione, risposi subito ‘sí’ senza rendermene conto della complessità del lavoro. Preliminarmente bisogna osservare che in Roccella Jonica, come nella maggior parte dei paesi calabresi, è comprovata l’esistenza di un ‘teatro popolare’, spesso non scritto, messo in pratica in particolari periodi dell’anno (Carnevale, Pasqua, Natale, cerimonie rituali specifiche). Si tratta, in buona sostanza, di una forma teatrale, dove le persone volutamente interpretano ruoli e personaggi diversi da quelli

della vita di tutti i giorni. Tradizione orale che si appalesa un tutt’uno intrinsecamente correlato alle corrispondenti festività, tanto che teatro e festa risultano spesso un fenomeno vincolante e, a volte, sovrapponibile. “Esiste nella società calabrese tradizionale, scrive Vito Teti, un teatro intenzionale, con la recita di testi scritti e orali che vede la presenza di autori del testo, di attori, di suonatori di strumenti e la partecipazione della gente. Ho definito teatro intenzionale e - quindi - performance consapevole, azione, comportamenti, gesti, parole che i “portatori” considerano o chiamano “teatrali”. Vi è una esplicita consapevolezza di fare teatro, di recitare, rappresentare”. E ancora: “Difatti ciò che è stato prodotto da scrittori locali - fra i quali non è esistito un drammaturgo - è essenzialmente esercitazione scolastica di un genere, mai finalizzata alla messa in scena o alla comunicazione con gli spettatori”. Risulta, pertanto, limitata la produzione teatrale nella nostra regione, mai contestualizzata con la storia del teatro e dello spettacolo in genere e viene trattata unitamente agli studi di ‘letteratura calabrese’. Come pure non troviamo, in Calabria,


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Santino Cardamone: “Dalla Calabria a X-Factor,i miei sogni sono diventati realtà!” Le origini umili sono da ricercarsi nella calabresissima Petilia. Tanta gavetta, molta nostalgia, quindi l’esplosione del successo con X-Factor, che non ha cambiato il suo modo di essere. Oggi Santinosta delineando meglio la sua strada di cantautore senza smettere di continuare a sognare in grande!

L’abbiamo scoperto solo pochi fa mesi grazie a X-Factor, eppure Santino Cardamone è originario delle nostre parti, di Petilia Policastro per l’esattezza, città alla quale si sente ancora legatissimo nonostante la lontananza e alla quale ha dedicato una canzone poetica e toccante che non tutti, purtroppo, hanno saputo apprezzare. Prima di arrivare alla scrittura di “A Petilia”, tuttavia, Santino di strada ne ha dovuta percorrere parecchia, e non solo metaforicamente. «Ho scoperto la mia passione per la musica quando ero ancora un bambino - ci ha raccontato - ma solo quando mi sono trasferito a Bologna ho cominciato ad avvertire la necessità di scrivere che mi ha reso il cantautore che sono oggi». Il cantautorato di Santino ha rivelato fin da subito grande qualità e una poetica che lo rende accostabile a Francesco De Gregori o Fabrizio de André, ai quali il nostro non fa mistero di essersi ispirato. «L’evoluzione dei tempi, tuttavia, non mi ha certo permesso di fare lo stesso tipo di gavetta di due grandi come loro e di continuare a migliorare la tecnica prima di provare a propormi a qualche casa discografica pronta a investire su uno sconosciuto. È per questa ragione che ho preso la decisione di sostenere i provini di X-Factor, facendo una scommessa che ha pagato decisamente più di quanto potessi immaginare prima di imbarcarmi in questa avventura». Le sue indubbie qualità canore, unite alla sua simpatia, sono state alla base di una performance che ha stupito tutto lo staff tecnico del talent, composto da grandi del panorama della musica internazionale. «Sentirsi fare i complimenti da Elio e Mara Maionchi in particolare è stata una sensazione incredibile. Non ha potuto che

farmi grande piacere (e anche stupirmi un po’) l’insistenza con cui Mara, che credo sia una delle più grandi produttrici musicali italiane, mi ha spinto a continuare a cantare anche dopo che la mia avventura nel talent era terminata. «Una lusinga enorme, poi, è sicuramente arrivata da Skin, quando mi ha invitato a bere una cosa insieme per fare quattro chiacchiere, un invito che spero ancora di poter accettare dato che tempi troppo ristretti mi hanno impedito di farlo la prima volta». Dopo il passaggio in televisione, naturalmente, il successo è arrivato tutto in una volta. I concerti hanno cominciato a essere veramente partecipati, le sale a essere piene, la folla ha iniziato a lasciarsi travolgere da ritmi e testi che ormai conosceva.

«Ma io ho continuato e conto di continuare a rimanere me stesso. Credo che l’umiltà premi sempre e, siccome penso di restare una persona perfettamente norma-

naturalmente cambia». E, a proposito di grandissime serate, Santino è stato parte della megafesta di piazza di Locri, la notte di Capodanno. «Esibirsi dinanzi a quel tappeto di gente, che era lì solo per divertirsi, è stato veramente stupendo! L’accoglienza dei locresi è stata meravigliosa e porterò per sempre nel cuore Francesco Laganà e l’assessore Giuseppe Fontana, che mi hanno fatto sentire a casa. Purtroppo, quella serata magica è stata macchiata da una mancanza di coordinazione con il presentatore di Studio 54 Network, che ha praticamente fatto irruzione sul palco per avvertirmi di chiudere il concerto quando avremmo potuto accordarci prima sui tempi, ma ciò non toglie che sono voluto rimanere in piazza fino alle 7 del mattino per divertirmi e che quella sia stata una delle feste di piazza migliori alle quali abbia mai preso parte». Adesso Santino si sta godendo il suo momento magico, ma non per questo rimane con le mani in mano. «Ho in cantiere un nuovo album e sto per sottoscrivere un contratto con una casa discografica di cui non faccio il nome per scaramanzia. Sono al settimo cielo, perché

ILCANTAUTORATODI SANTINOHA RIVELATO FIN DA SUBITO GRANDE QUALITÀ E UNA POETICA CHE LO RENDE ACCOSTABILE A FRANCESCO DE GREGORIO FABRIZIODE ANDRÉ

le, voglio fare della semplicità il mio “marchio di fabbrica”, anche se l’approccio tra una serata in cui ci sono solo dieci persone e una in cui stai per suonare dinanzi a mille

vedo che i miei sogni stanno prendendo forma e che X-Factor non è stata solo una parentesi come accaduto a tanti altri». Jacopo Giuca

A Siderno il carnevale è alle porte!Tutto pronto È ormai tutto pronto per il Carnevale Sidernese! La Pro loco insieme alla Consulta cittadina, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, non ha esitato a riunirsi immediatamente dopo l’Epifania per organizzare un evento che si svolgerà nelle giornate che andranno dal 4 al 9 febbraio 2016. Una serie di iniziative e manifestazioni costruiranno il percorso ideale per i grandi eventi del periodo, previsti per il fine settimana e, naturalmente, per il martedì grasso.

Ecco allora che si stanno approntando solo le ultime modifiche alla grande serata di musica prevista per sabato 6 febbraio a Siderno Superiore, quando il borgo si animerà strizzando ancora una volta l’occhio alla tradizione popolare grazie ai suonatori di lira calabrese. Domenica 7 febbraio, invece, una grande sfilata di carri allegorici e maschere tipiche partirà alle ore 14:00 dalla stazione ferroviaria di Siderno Marina e, percorrendo Corso Garibaldi, via Torrente Garino e Corso della

Repubblica accompagnata da artisti di strada, la banda musicale cittadina e, naturalmente, i bambini in costume, terminerà la sua corsa in Piazza Portosalvo alle 18:30, per lasciare spazio alla farsa “‘U ritorno du mortu”, di Salvatore Mazzitelli, messa in scena dal gruppo teatrale Oliveto. Il Carnevale chiuderà martedì 9 febbraio alla Palestra della scuola elementare di Donisi, dove il Comitato Piazza dell’Emigrante ha organizzato, tra le 16:00 e le

20:00, una grande festa alla quale potranno partecipare tutti i bambini delle scuole di Siderno. Si coglie l’occasione per annunciare che l’Amministrazione Comunale ha stabilito, a mezzo ordinanza comunale, di vietare nei luoghi pubblici, l’utilizzo di sostanze schiumose, al fine di salvaguardare la sicurezza dei passanti. Saranno inoltre severamente puniti tutti coloro che, negli stessi, verranno sorpresi a lanciare uova, arance, farina, oggetti solidi o liquidi atti ad offendere.

laStoried’altritempi una diffusione di compagnie teatrali ma, di tanto in tanto, appuriamo il sorgere, tra l’Otto e il Novecento, di filodrammatiche locali che si sono distinte per il loro dinamismo. Allora palcoscenici naturali diventano la piazza, spiazzi ampi, crocicchi, con una consistente partecipazione di popolo, che spesso interviene essendo padrone del testo che ha memorizzato nel tempo. Solo nella seconda metà del Novecento si nota un indubbio interesse e un rinnovato impegno per il teatro e le sue forme sull’esempio di nuove partecipazioni emotive e intellettuali che si sono verificate nel nostro Paese. Sorgono, così, ‘gruppi teatrali’ con l’intento di vivacizzare la cultura locale favorita, anche, da un mutato clima di dinamicità e d’intraprendenza che caratterizza il teatro italiano in questo stesso periodo. Roccella non è immune da questa ventata di novità, dove oramai si comincia a parlare di ‘dinamismo teatrale’, che costituisce la base per successive iniziative tendenti alla realizzazione di un “teatro popolare calabrese”. Nasce, così, l’Associazione Teatrale Roccella Jonica, con il precipuo intento di favorire la cultura e la pratica dell’attività teatrale. In tale contesto si pongono le comme-

die brillanti: ‘A ruga vecchja (Ciopa), ‘U zíu d’America, ‘A casa sutta all’ortu, le quali ritraggono uno squarcio di tre storie vere d’altri tempi, di fatti e circostanze realmente avvenuti che hanno vivacizzato la vita dei nostri paesi. In quel tempo, la ‘ruga’ era la vita pulsante delle nostre comunità, ricca di una grande umanità e qualità rare, di saperi e di sapori, di giochi e passatempi, di tradizioni e di leggende, oggi spesso soppiantati da una marea

montante di conformismo e di disvalori. Uno dei temi più attuali: la violenza sulle donne, è affrontato in modo oculato, ma straziante, nel momento in cui alle donne (in questo caso ‘a Ciopa) non era concesso reagire, ma era obbligata a sottoporsi ripetutamente a rischiose pratiche abortive. Come pure non può essere sottaciuta l’ultima scena di ‘A casa sutta all’ortu che ritrae una sedia a rotelle sotto la

finestra illuminata da un cono di luce intensa, mentre tutt’intorno è buio. E quella voce fuori campo, che descrive la storia di Totò e Maria, ci lascia intendere che bastano piccole cose per regalare un sorriso e farci felici. Una storia di affetti più che d’amore, d’un matrimonio contratto ad un’età piuttosto avanzata perché così ha voluto il destino, la lunga malattia di Totò, che non lascia scampo, affrontata da Maria con dignità e condivisione.

Teatro di correlazione, dunque, tutto stagliato tra personaggi e scena, tra partecipazione e modi di dire nella semplicità del borgo antico che lo sostiene e lo accetta. Ovviamente non significa vivere di ricordi, di essere nostalgici per un passato che non potrà mai più ritornare, vuole testimoniare, invece, l’irrinunciabilità della tradizione, semmai di adattarla alla mutata realtà dei tempi nuovi. “In questo senso - scrive Vito Teti una ricognizione delle forme teatrali e rituali tradizionali, e delle loro attuali trasformazioni, può risultare decisiva per conoscere un universo scomparso, ma anche per l’affermazione critica e consapevole di nuovi linguaggi e di nuovi codici espressivi che non smarriscono la complessità, la ricchezza, la polifonicità che arriva da una lunga storia, entro i quali i ceti sociali popolari, pure in condizioni di difficoltà, hanno saputo creare, inventare, recitare, giocare, rappresentare e rappresentarsi”. Un’ultima annotazione, per quel che attiene l’uso del dialetto ci si è avvalsi di una forma ortografica-accentativa simile a quella utilizzata da Rolfs in “Nuovo Dizionario Dialettale Calabrese”, un sistema accessibile privo di segni ostici e inesplicabili.



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Un amore che ha il profumo dei tigli e il sapore della libertà Lorenzo, il protagonista del romanzo, sensibile alle problematiche che ogni essere umano incontra nella sua esistenza naturale, cerca di dare il suo contributo, attraverso un lessico che affascina per la sua semplicità e profondità al contempo, per chiarire i vari interrogativi che da sempre attanagliano l’animo umano. Si interroga su un tempo ormai perduto e come non richiamare alla nostra memoria Proust e il valore del ricordo, e in lui il passato che non è più, il presente e il futuro che non è ancora - come diceva Leopardi - ripropongono il concetto inspiegabile del tempo e gli assunti della sua riflessione. Lorenzo abbraccia questo concetto che non è possibile vivere in un presente che non esiste in quanto passato nel momento in cui lo viviamo e il futuro è ciò che ancora non conosciamo: “Il passato - dice Lorenzo protagonista del romanzo - è un'ora che non è più, il futuro un'ora che deve accadere, entrambi quindi non esistono. L'unica certezza è il presente che è, ma appena lo si indica è già diventato passato. Un bel rompicapo filosofico…”. La trama del romanzo è orchestrata sulla narrazione della storia d’amore fra i due protagonisti, che con un primo colpo di scena intrecciano le loro vite quando Lorenzo Angeri e Adele Borrello incrociano i propri sguardi, aspettando l’autobus, in una Messina degli anni 70. La storia dei due personaggi principali, risulta lo scheletro di tutto il romanzo, perché viene mantenuta con poche deroghe man mano che si va avanti nella lettura, pur non mancando pagine di straordinaria bellezza sulla storia della Calabria e sugli interrogativi che da sempre attanagliano la vita dell’uomo. Lorenzo e Adele saranno per quasi tutto il corso della loro vita due rette parallele, che in quanto tali si possono toccare solo all’infinito, solo, perciò, nell’universo indefinito delle possibilità, e questa possibilità sarà data loro per un lasso di tempo brevissimo, ma lascerà un ricordo indelebile. Raccattavano tutto il possibile rubavano un fiore proibito: un momento di felicità Lorenzo, nato in Calabria, si trova a Messina per conseguire la laurea in filosofia, ma vorrebbe vivere in Germania, perché uno studio sistematico del principio di libertà lo spinge ad affermare che questa sia la terra dove la libertà aveva raggiunto il massimo sviluppo, aveva raggiunto l’acme. Le letture, infatti, che accompagnano la sua vita sono i grandi scrittori del mondo occidentale come Goethe, Mann, Freud, Hegel. Adele è una ragazza emancipata, pronta a vivere, non secondo le convenzioni, anche se si dimostrerà legata a queste, ma in modo libero pur di regalare a se stessa un attimo di felicità. Spesso ciò che aiuterà il protagonista ad accettare la realtà dell’epoca saranno i sogni e la voglia di costruire un futuro non solo proprio ma da condividere con le generazioni che verranno: in un contesto completamente diverso in un’intervista fatta a Gabriel Garcia Marquez, quando gli venne chiesto, come mai i suoi romanzi fossero così pieni di fantasia rispose: “Voi europei pensate che i miei libri siano solo fantasia, non è così, purtroppo la realtà è talmente dolorosa che possiamo sopportarla solo se la viviamo prendendola come fantasia, come qualcosa di magico”. Ecco cos’è il realismo magico che troviamo in Cento anni di solitudine e che Lorenzo cerca.

Ma, torniamo al nostro libro. L’idealismo del protagonista, la sua visione del mondo, si scontra con realtà in cui vive, una Calabria dove Don Ciccio, amico di famiglia, venne sequestrato proprio in quegli anni e il corpo non fu mai ritrovato affinché avesse una degna e meritata sepoltura e dove la mafia regna sovrana. Alcuni passaggi del libro, che descrivono la situazione del tempo, lasciano l’animo turbato per la loro realtà e per l’incapacità sottesa di molti a reagire. Ed è in questi passaggi che il romanzo diventa anche una denuncia, un grido di aiuto verso una realtà che dovrebbe essere protetta per la bellezza che la circonda, per i magici profumi, “il profumo dei tigli” e che invece

viene abbandonata, anche dal nostro protagonista che la riscoprirà molti anni dopo quando dopo aver a lungo viaggiato ritornerà anche forse per ritrovare il padre “il mio grande sconosciuto” Ma il romanzo è fatto anche di momenti mancati, Lorenzo non vive fino in fondo il proprio amore e la lettura del romanzo spesso ci lascia spiazzati. Sullo sfondo ma non di minore importanza, vengono trattati, in modo leggero temi che ci coinvolgono e ci aiutano a riflettere, insegnando ai nostri giovani il valore della libertà, l’importanza degli ideali, la voglia di cambiare, di interrogarsi e di costruire con intelligenza un futuro che anche se non nostro lasceremo in eredità.

Domenico mi ha obbligato a misurarmi con i ricordi, con le nostre tradizioni: le cose che ci sono e che ci sono state, gli affetti soggetti irrefrenabilmente alla rapina del tempo, per cui i nonni, i genitori ora ci sono e ora non ci sono più e, quando non ci sono più, si cercano disperatamente. Si sofferma sul valore etico della famiglia essa non è solo unione dei sessi, pietas dei figli nei confronti dei genitori ed educazione in generale. La famiglia ha una funzione spirituale che è quella di sottrarre la morte alla natura: essa prende su di sé la morte, la eleva negando per l’appunto la mera naturalità. Lorenzo è continuamente alla ricerca di se stesso, interrogandosi e riflettendo sulle

proprie scelte con estrema sincerità, ritrovando nella semplicità l’essenza della vita. Come non ricordare a proposito i famosi versi di Saba Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona Pertanto una delle figure più significative del romanzo è Lillo che preparava la limonata con il sale e che ricorda a Lorenzo quanto rilevante fosse stata la presenza degli Aglabiti che, da barbari, avevano lasciato una civiltà estremamente raffinata, dalla semplicità alla storia. Ancora come Saba, il nostro autore nutre un amore insopprimibile per la propria piccola patria, con la differenza che quello del poeta è un amore conflittuale, mentre il suo è incondizionato. È un amore che precede la ragione, per cui la propria terra conserva qualcosa di favoloso e quasi di indefinito leopardiano che è, insieme, croce e delizia. La patria di Angilletta è la nostra Calabria è la terra posseduta e amata dal padre dalla quale i figli erano fuggiti e dove il nostro scrittore oggi vive. Ancora nel romanzo si entra in punta di piedi sull’importanza della cultura che viene trasmessa anche attraverso la figura di due docenti eccezionali l’incontro con uno di loro, il professor Mazza avrebbe determinato il destino della sua vita . Sul piano dell’approccio al tema si avverte l’ala dell’ideologia, che rimane da sfondo in tutto il romanzo. Permettetemi infine di dire due parole sullo stile. Angilletta si caratterizza per una scrittura facile, diretta, fatta, a volte, di espressioni idiomatiche e colloquiali. Proprio questo consente un immediato coinvolgimento da parte del lettore, perché il rapporto tra lui e l’Autore è improntato alla conversazione piana, come fra amici. L’utilizzo di alcune similitudini riesce a imprimere bene nella mente del lettore le sensazioni dei protagonisti, egli fa comunque appello alla sfera dei cinque sensi, come per dare dei fondamenti più solidi alle emozioni dei personaggi. Un altro dei punti di forza del romanzo, a mio modesto parere, è l’utilizzo del discorso, è un espediente che aumenta la rapidità di narrazione e di appropriazione dei contenuti da parte del pubblico. Ma è ora di concludere, perché abbiamo tutte le coordinate necessarie per orientarci al suo interno: la struggente passione d’amore, il tempo dell’infanzia, il mondo degli affetti, la memoria, i luoghi cari, la Natura, l’amore, la libertà, l’attenzione alla cultura e al mondo filosofico. Siamo all’interno della sensibilità contemporanea, da cui parte un viaggio che vale un’infinità di nomi dei nostri giorni, tra i quali mi sembra di poter scegliere, Palazzeschi per la sua malinconia e ironia, Montale per la dimensione sentimentale, la folgorazione di incontri, che in Angilletta avvengono anche con le cose: nella terra dove fioriscono i limoni, dove nell’oscuro pergolato rosseggia l’oro delle arance Non manca sicuramente la riappropriazione orgogliosa del privato, l’interrogativo religioso, la continua esplorazione di linee ispiratrici e l’offerta incontenibile di sé. Tutto questo io trovo nel profumo dei tigli, in un nodo forte con l’impegno civile e la riflessione politica, La Libertà per Lorenzo era un valore, anzi il valore.


RIVIERA

Coppia d’as Ilario Ammendolia e Pinsi o Mammoliti sorridono al no str o fotografo durante uno de gli merevoli eventi cultura innuli es della nostra bellissima te tivi rra!

Quando l’arte si incontra… Un giovane Mimmo Savica immortalato in una foto d’epoca con un altrettanto giovane Vittorio Sgarbi. Due fucine di idee all’opera già all’epoca!

Uno scatto insolito per questa Bavosa Occhiuta all’interno della conchiglia vuota di una pinna nobilis, il rifugio è stato scelto accuratamente per proteggere le uova. Siamo nei fantastici fondali dello Stretto! Carlo Codispoti

Eredità Sidernsesi Si chiama Roberta Nava, è di Reggio Calabria ma sicuramente conosciuta a Siderno considerato che insegna nella nostra città. A inizio settimana è stata protagonista di una bella puntata del programma Rai L’Eredità.

Sud iano deli de il id t o u Q l I I colleghicati a no pizz Quotidia convivio: c’è un o e un Pin o li io V le a Pasqu nese, un Franc Alba nni e un Sorgiova rra. Solo Inse Michele ede Mimmo non si v Agostini

L’Amour Due giovani ragazzi di Mammola sono stati protagonisti nella scorsa puntata di “C’è posta per te”. La storia di Mauro e Giorgia ha avuto un lieto fine. Che continuino così!

Point Break Nel primo pomeriggio di venerdì un areo è passato a bassissima quota tra Locri e Siderno, facendo temere a più di qualcuno che stesse per accadere qualcosa di grave. In foto, il video che è riuscito a catturare fortunosamente il sindaco di Locri Giovanni Calabrese

Presepi bellissimi Roberto Ocello e l’avvocato Anna Maria Speziale hanno vinto il primo premio durante la tradizionale mostra di Presepi a Siderno

Qui si campa d’a Peppe Voltareria lli insieme al su o maestro Otello Pro del quale ha fazio re so la canzoneincidel titolo

Fenomeno virale… Teresa Munari sta spopolando sui media grazie alle sue belle opinioni espresse nel programma di Sud656 “Di Buon Mattino”, i cui video potete trovare anche sul nostro sito ogni giorno!

Statue di neve… A Rende l’ artista Giuseppe Dattilo ha deciso di regalare alla città queste statue di neve. La foto ci è stata inviata da Pina Zacapa


SETTIMANALE

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Direzioni diverse Vincenzo Loiero e Piero Roberto, giornalista della Gazzetta del Sud si incontrano a Palazzo De Mojà. Uno è lì per lavoro, l’altro per diletto. Lasciamo capire a voi chi fa una cosa e chi l’altra!

Due A Sid pezzi di… e Giu erno, Mari storia! tuiscoseppe Rig o Toscano due no indub gio costicono degli elembiamente della sciuti e enti più nostr a cittàcelebrati !

Il vescovo e il sindaco di Marina di Gioiosa Domenico Vestito durante una loro visita al reparto di pediatria di Locri Attenti a quei due! Ecco a voi altri due loschi figuri del nostro territorio: Elia Fiorenza e Nicola Vinci! ri arica! Alla c io CondarcuDessi Rosar on Michel ò posa c eppe Pratic el e Gius le quinte d dietro amma di progr 56 “Il SUD6 eronte” Rinoc

Artisti d’altri tempi! Angelo Laganà immortalato in questa foto storica con il grandissimo Domenico Modugno.

Mani capaci Sabrina Santacroce e Maria Bizzantini, della Protezione Civile, sono gli angeli custodi che si assicurano che il nostro territorio goda di buona salute

Anni Buon comruggenti zio Nanni pleanno nipoti Fradai tuoi Giuseppe ncesco, e Michela .

a tre lus riposaanl i o i nar ova s o in pici si i h c t B i n u Pa mmo . Sed uoi amate d i n M zano n i s gior rno. Paz na co belle inve chi de le reddo go esto f qu

rrivi Nuovi a ia di mamma ettia, io Per la g el fratellino Ma lò. papà e d to piccolo Nico crì benvenu ai cuginetti Ma Auguri d

100 di questi anni! A nonna Paola, Tantissimi auguri per i tuoi 100 anni, da parte dei tuoi nipoti.



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