Riviera nº 05 del 27/01/2019

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Per guardare con maggiore fiducia al futuro, la Calabria deve ripartire dalle infrastrutture. Mai come in questo periodo, l’invito rivolto alla nostra regione da Confindustria sembra tuttavia in grado di poter essere accolto: l’impegno del presidente Nucera e dell’assessore ai trasporti regionale Musmanno, infatti, stanno permettendo alle questioni Bovalino-Bagnara, porto di Gioia Tauro e ferrovia ionica di tornare di grande attualità.

Infrastrutture: il 2019 sarà l’anno della svolta?

«La Calabria ha il più grande porto commerciale d’Europa - ha affermato il presidente dei Confindustria Reggio Calabria Giuseppe Nucera in un passaggio del proprio discorso - ma questo porto va collegato, messo in rete. C’è una buona notizia: tra qualche mese prenderà avvio il trasporto ferroviario che permetterà il collegamento del porto con la Lombardia in 24 ore». Ma nella Calabria dei ritardi questo lavoro comporterà disagi e polemiche.

JACOPO GIUCA

Per sperare in un futuro migliore la Calabria deve ripartire dalle infrastrutture. È questo, in buona sostanza, il concetto espresso dal recente incontro organizzato da Confindustria a Reggio Calabria alla presenza del presidente nazionale Vincenzo Boccia. Ha posto l’accento in maniera particolarmente sentita su questo argomento Giuseppe Nucera, che con il suo discorso introduttivo ha toccato argomenti da sempre sensibili per l’Area Metropolitana e ha cercato di fare il punto della situazione. «Ci manca la viabilità ordinaria - ha tuonato il presidente di Consinfidustria Reggio Calabria durante il proprio intervento. - Abbiamo molte aziende nella Piana di Gioia Tauro e altrettanti bellissimi paesi nel versante ionico. Ebbene questi territori sono scollegati tra loro. C’è il progetto di una strada cominciata molti anni fa e mai finanziata: la Bovalino Bagnara, che deve tornare a essere una delle priorità, così come la Strada Statale 106 va ripresa e riportata all’attenzione di chi deve dare i finanziamenti». È questo il modo ideale, ha dunque concluso Nucera, per attirare investimenti e dare alla nostra regione, e al reggino in particolare, nuove opportunità di sviluppo, che possano così farci risol-

levare dalla crisi economica accorciando al contempo le distanze con il resto del Paese. Che le sue non siano solo parole, Nucera ha già avuto modo di dimostrarlo negli scorsi mesi. È stato infatti proprio lui a consegnare il dossier sulla Bovalino-Bagnara al Ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli, un incartamento nel quale si ripercorre tutta la storia del progetto, viene segnalata nel dettaglio la divisione in lotti e si specifica anche che cosa è stato realizzato fino ad oggi, cosa è da recuperare e sistemare e cosa invece deve essere fatto a partire da zero. L’augurio è che con questa documentazione il Ministero impedisca che i 13 milioni già spesi per la realizzazione dei primi lotti in tempi ormai remoti non risultino sprecati e che, soprattutto, i restanti 12 milioni non vadano persi. Abbiamo già detto su queste pagine quale sarebbe l’importanza di questa arteria, che permetterebbe di avere una parallela alla Jonio-Tirreno in grado di ridurre i tempi di percorrenza anche di diverse decine di minuti, garantendo inoltre a diversi paesi dell’Aspromonte locrideo di avere una via d’accesso preferenziale alla costa tirrenica come al resto del comprensorio. Costa tirrenica reggina che è ovviamente sinonimo di porto di Gioia Tauro, un altra infrastruttura sulla quale si deve riprendere a investire affinché possa uscire dal tunnel della bassa produttività imboccato ormai troppo tempo fa. «La Calabria ha il più grande porto commerciale d’Europa - ha affermato sempre Nucera in un passaggio del proprio discorso - ma questo porto va collegato, messo in rete. C’è una buona notizia: tra qualche mese prenderà avvio il trasporto ferroviario che permetterà il collegamento del porto con la Lombardia in 24 ore». Complice anche una pubblicità negativa, ha sottolineato il presidente di Confindustria, il porto soffre oggi di numeri assolutamente non in linea con la grandezza e i mezzi a disposizione della struttura, venendo troppo frettolosamente additato come scalo della ‘ndrangheta senza tenere invece di conto quale dovrebbe essere la sua importanza strategica all’interno del Mediterraneo. Questo ruolo smarrito per responsabilità di politiche poco oculate nella valorizzazione dello scalo commerciale, sembra invece oggi destinato a essere ritrovato grazie all’impegno dell’assessore regionale ai trasporti Roberto Musmanno, che ha intercettato i fondi necessari non solo a implementare la viabilità interna allo scalo, ma anche i percorsi su strada ferrata che permetterebbero all’infrastruttura di avere un collega-

mento preferenziale con la costa adriatica. Proprio la necessità di realizzare quest’opera, tuttavia, starebbe creando non poche polemiche. Per garantire il passaggio dei moderni convogli merci, infatti, la galleria di Roseto Capo Spulico va ampliata, un lavoro rognoso, che richiederà un intervento di diversi mesi obbligando una viabilità ferroviaria a singhiozzo e creando diversi disagi per i pendolari. Nella Calabria delle lettorine diesel, l’ennesimo intoppo alla mobilità ordinaria per chi si deve muovere in treno viene facilmente additato come l’ultimo di un’infinita serie di disservizi ed è destinato a rappresentare la più classica delle gocce che fanno traboccare il vaso di una pazienza fino ad oggi parsa davvero senza fondo. Ma è pur vero che si tratta di un intervento tanto malvisto quanto necessario, propedeutico non solo alla messa in rete del porto di Gioia Tauro con gli scali di Brindisi e Taranto, ma in grado soprattutto di dare un’accelerata al rodaggio della sempre aleatoria Zona Economica Speciale. Collegamenti più rapidi verso l’est e il nord, uniti a un regime fiscale certamente accattivante, potrebbero infatti fare gola agli investitori che intendono scegliere un mercato in via di sviluppo rispetto a quello ormai saturo offerto dalla Pianura Padana, tanto più che, garantisce Musmanno, l’ampliamento della galleria di Roseto Capo Spulico rappresenterà soltanto la prima pietra posata sull’implementazione dell’intera linea ferroviaria ionica. Con i lavori di elettrificazione già avviati dalla Regione Calabria, infatti, ci sarebbe il via libera per l’investimento di 400 milioni necessari a realizzare la linea ad alta velocità della costa ionica, per la quale sarebbe già al vaglio uno studio di fattibilità. Il sogno della Regione Calabria, sul quale il Governo ha per il momento posto il veto, sarebbe quello di realizzare un doppio tracciato, uno destinato al trasporto merci e uno a quello passeggeri: un’opera certamente complessa e per realizzare la quale sarebbe indispensabile effettuare un attenta analisi delle difficoltà legate alla conformazione territoriale e ai vincoli paesaggistici, ma certamente in grado di creare decine e decine di posti di lavoro e di far guardare con fiducia al futuro a un comprensorio troppo spesso dimenticato. Del resto, come ha giustamente affermato Nucera durante il proprio intervento, dobbiamo rimboccarci le maniche e imparare a fare le cose in prima persona se vogliamo far crescere il nostro territorio. Come se fosse davvero necessario ricordare una volta di più che chi fa da sé fa per tre…


Nella società italiana moderna afflitta dalla mancanza di lavoro, il reddito di cittadinanza è stato giustamente accolto come una panacea per tutti coloro che fanno fatica a chiudere serenamente il mese. Ciò di cui non ci rendiamo conto, tuttavia, è che questa forma di assistenzialismo è destinata a fallire per una semplice legge di mercato, che tratterrà una terra affaticata come la Calabria nel sottosviluppo che la attanaglia.

Il reddito di cittadinanza renderà i cittadini “oggetti” inerti

Cerchiamo di cogliere la differenza tra una Locride in cui 3-4.000 persone andranno ogni mese alla posta a riscuotere un sussidio e per qualche giorno faranno finta di lavorare. Oppure tre o quattromila giovani impegnati a rendere più bella e sviluppata la nostra Terra. Un esercito di tre-quattromila lavoratori giustamente impegnati cambierebbero radicalmente la nostra realtà!

ILARIO AMMENDOLIA Il cosiddetto reddito di cittadinanza stimola speranze ma genera qualche perplessità. Vediamolo da vicino. Prevede un sussidio per i senza reddito o per coloro che hanno un reddito insufficiente. Fintanto che ci saranno le coperture finanziarie l’interessato percepirà il sussidio sino a che non riceverà un’offerta di lavoro. Se fossi un disoccupato cronico (come ce ne sono tanti) direi: meglio che niente! E non si dice una cosa sbagliata! Eppure c’è il rischio che la misura si riveli demagogica e non rimuova il problema della mancanza di lavoro e di sviluppo, soprattutto al Sud e in particolare in Calabria. Non è profetico ma pacifico dire che nel 99% dei casi non ci sarà alcuna offerta di lavoro, perché il decreto sul reddito di cittadinanza (pur positivo rispetto al nulla) non stimola sviluppo e quindi non creerà nuovi posti di lavoro. Non è una mia previsione ma una legge di mer-

cato che non viene superata per decreto. C’è un rischio: il cittadino, ancora una volta, da “soggetto” intelligente, creativo, responsabile, diventa “oggetto” inerte, quasi un “diversamente abile” e, comunque, da assistere. Non considerando che il “lavoro”, oltre che per la sopravvivenza, è necessario per dare dignità a ciascuno di noi. Non so perché nessuno la ricordi, ma una misura quasi analoga fu approvata a metà degli anni ’70 col nome di indennità di disoccupazione e fu introdotta (su proposta del PCI) per tutti coloro che erano iscritti all’ufficio di collocamento. Erano anni di grandi speranze e di grandi illusioni. La legge fu un fallimento clamoroso e un’emorragia imponente di pubblico denaro le cui conseguenze ricaddero soprattutto sulle spalle dei meno tutelati! Ovviamente, sulla legge odierna mi auguro di sbagliare. Vedo un grande limite: il decreto non va in direzione di un’equa ridistribuzione delle risorse, quindi non intacca il meccanismo di accumulo della ricchezza che porta il 5% della popolazione italiana più ricca a possedere tanto quanto il 90% dei più poveri (Gabanelli, Corriere della Sera). Pertanto è facile prevedere che i costi saranno pagati dal mondo del lavoro, dai ceti produttivi, dai pensionati e dalle imprese sane, rendendo insopportabile la già pesante tassazione diretta e indiretta. Per questo non comprendo il trionfalismo dei 5 Stelle, come in passato non ho apprezzato quello di Renzi sugli “80 euro” (e l’ho scritto anche in cortese polemica con un Ministro calabrese) e ancor prima quello di Berlusconi sull’aumento delle pensioni minime. Non ci regalano niente. Proprio un bel nulla! Né in questo caso, e ancor meno, nella cosiddetta “quota 100”. Anzi, passano subito a riscuotere. Non a caso le tre misure a cui abbiamo fatto cenno, sono state approvate a ridosso delle campagne elettorale. Inoltre è il “potere” che concede come se loro fossero i “re” e noi fossimo i sudditi. Già alla fine del 1500 Tommaso Campanella osservava la condizione della plebe di Napoli. Vedeva i ricchi schiavi della cupidigia, i lavoratori sfruttati per 13, 14 ore al giorno e poi una massa enorme di persone in ozio forzato schiavi

del vizio, dell’abiezione, del degrado e del crimine. Esattamente come oggi. Campanella si misura con il problema e immagina che, nella Città del Sole: “… è tenuto di più gran nobiltà chi più arti impara e meglio le fa. Onde si ridono di noi, che gli artefici (i lavoratori c.n.) appellano ignobili, e diciamo nobili quelli, che null'arte imparano e stanno oziosi e tengon in ozio e lascivia tanti servitori con roina della republica”. Riflettete bene sul pensiero del nostro grande conterraneo, che invita i giovani a formarsi, imparare e lavorare perché non ci sono lavori “nobili” e “ignobili”. E ne vuole creare le condizioni. E infatti - tra l'altro - già quattro secoli or sono prevedeva una giornata lavorativa di quattro ore. Come dire: lavorare meno e lavorare tutti! Aggiungendo: lavorare bene e acquisire competenze! Ora cogliete la differenza tra una Locride in cui 3-4.000 persone andranno ogni mese alla posta a riscuotere un sussidio e per qualche giorno faranno finta di lavorare. Oppure tre o quattromila giovani impegnati a rendere più bella e sviluppata la nostra Terra. Un esercito di tre-quattromila lavoratori giustamente impegnati cambierebbero radicalmente la nostra realtà; Migliaia di assistiti (ribadisco: non per colpa loro e comunque meglio che niente) lasciano intatte le ragioni del nostro sottosviluppo. Inoltre un giusto impegno scuoterebbe tanta nostra gioventù che - non per propria colpa - è prigioniera dell’ignavia, della filosofia del tirare a campare, della rassegnazione e dell’ozio forzato. Il lavoro non è una “pena”, ma è indispensabile per realizzarsi, per tutelare la propria dignità e per creare un mondo più bello. Infine, e a scanso di equivoci, non comprendo la posizione del PD, e della Sinistra in genere, che invece di battersi nel Parlamento e nel Paese per un reddito universale e frutto del lavoro, come un pugile suonato tira pugni a vuoto. Rinnegando la propria storia! Quindi mi sorprendo del commissariamento del PD calabrese, perché non si può commissariare il “nulla”. E tale è chi dinanzi a un problema di fondamentale importanza, soprattutto per il Sud e per la Calabria, si limita a qualche battuta o balbettare qualche frase sconnessa.


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“Ho paura per i miei figli ma ancor di più di cedere alle minacce” A Giuseppe Trimboli, titolare del ristorante "La Collinetta" di Martone, sono state recapitate quattro lettere anonime di minacce: “Se non paghi 50 mila euro sei morto”

La prima lettera di minacce gli è stata recapitata via posta i primi di dicembre, presso il ristorante “La Collinetta” di cui è titolare. Da allora Giuseppe Trimboli ha ricevuto altre tre lettere anonime, scritte a mano, tutte con uno stesso contenuto: “Se non paghi 50 mila euro sei morto. Ti brucio il ristorante, i figli e tutti i tuoi”. Dopo aver ricevuto la prima lettera, Trimboli si è subito rivolto ai carabinieri: “È un obbligo dei cittadini denunciare alle forze dell’ordine dichiara - non c’è nessuno al di sopra di quelle che sono le nostre leggi. È la prima volta in 20 anni di attività che mi ritrovo a veder messa a rischio la mia pelle e quella dei miei figli. La richiesta è altissima al netto delle mie possibilità. Non credo si tratti di un’estorsione quanto piuttosto di un tentativo di farmi chiudere il locale. Mi viene fatta una richiesta di 50 mila euro, ma da chi? Le lettere sono anonime. Si fa allusione a qualcuno? Dovrei capire chi si nasconde dietro queste minacce? Non mi interessa. Io sono corso

Marina di Gioiosa Ionica

È della Locride il nuovo segretario aggiunto della UIL Pierpaolo Bombardieri è il nuovo segretario generale aggiunto della UIL. Figlio dello storico sindaco di Marina di Gioiosa Oscar, Pierpaolo è laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti presso l’Università La Sapienza. Cinquantacinquenne, è sposato e con due figli. Dopo un'esperienza di precariato vince un concorso all’ISPESL e comin-

cia a occuparsi di prevenzione e sicurezza delle Lavoratrici e dei Lavoratori, periodo della vita in cui si avvicina al Sindacato. Bombardieri adesso opererà al fianco del leader Barbagallo, come Segretario Generale Aggiunto, in una prospettiva di sviluppo e rinnovamento del sindacato, delle sue politiche e della sua azione.

Riace

“È stato il vento”, la nuova Fondazione per Riace ha finalmente un sito web Il Comitato per la Costituzione della futura Fondazione di Partecipazione può contare finalmente su un sito www.estatoilvento.it/ un codice fiscale, un Iban intestato a Comitato è Stato il vento. La scommessa è ardua, serve l’aiuto di tutti, l’energia la passione, Riace deve ripartire con tutti i suoi progetti. "Una notizia positiva ogni tanto è come un Raggio di Luna che illumina l'oscurità della società dell'odio e della disumanità. A Riace, con l’assistenza per tutta la gravidanza della mamma da un medico dell’associazione Jimuel, è nata la piccola Maryam. Una bellissima bimba nigeriana. Figlia del vento che nonostante tutto continua a soffiare. Hasta Siempre" Domenico Lucano

dai carabinieri e ho denunciato il fatto. Da più di 10 anni sono socio Goel, quindi la mia posizione è chiara: pubblicamente ho scelto di non stare dalla parte della ‘ndrangheta”. Giuseppe Trimboli non intende arretrare di un millimetro, porterà avanti la sua attività a testa alta. “Non cambierò le mie abitudini - continua. - Certo, temo per i miei quattro figli ma ho più paura di cedere alle minacce, non riuscirei a vivere con il peso che qualcuno sia riuscito a privarmi della mia libertà”. Giuseppe Trimboli lavora da quando aveva 13 anni, a 23 riesce a realizzare il suo sogno avviando un'eccellente attività di ristorazione che per il secondo anno consecutivo ha ottenuto il riconoscimento “Slow Food” grazie all’impegno nella valorizzazione delle materie prime del territorio. “Provengo da una famiglia onesta che mi ha inculcato la cultura del lavoro e del rispetto verso il prossimo. Quando ho avviato la mia attività non avevo neanche un’auto mia. Ho investito tutti i miei

risparmi in questo locale, desideravo rimanere nel posto in cui sono nato e col tempo sono riuscito a farmi un nome, mettere su famiglia e crescere i miei figli, sempre nel rispetto di tutti”. Chi può aver interesse a distruggere tutto questo? “Non so se le minacce provengano dalla ‘ndrangheta, può essere stato chiunque. Ma a nessuno permetterò di rovinare la mia vita, non cambierò le mie abitudini. Sono sempre stato casa e lavoro e continuerò ad esserlo, e continuerò a evitare qualsiasi tipo di collusione con gli ambienti criminali, ne starò sempre alla larga”. Intanto, a Giuseppe Trimboli e ai suoi familiari è giunta da tutta la Locride la piena solidarietà e venerdì scorso, in segno di affetto e vicinanza, i sindaci dei 42 comuni del comprensorio si sono recati a Martone presso il suo ristorante per apprezzare la sua cucina. mgc

Gioiosa Ionica

Inaugurato giovedì mattina il nuovo plesso scolastico “Don Minzoni” “La scuola è un caposaldo, presidio di istruzione, educazione, cultura e legalità sul territorio”. Sono le parole pronunciate dal Sindaco della Città Metropolitana di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà in occasione dell’inaugurazione del nuovo plesso scolastico “Don Minzoni” di Gioiosa Ionica. Una inaugurazione in grande stile, giovedì mattina, alla quale hanno preso parte tante autorità, a sottolineare l’importanza di un tale successo. “Un cantiere che si è chiuso nei tempi prestabiliti – ha proseguito Falcomatà, e che oggi offre la possibilità ai bambini di studiare in un plesso bello e sicuro. Un risultato per nulla scontato

per il quale mi complimento con il Sindaco della cittadina Ionica che è riuscito, attraverso il reperimento dei fondi ministeriali, a restituire, ampliata e rinnovata, una struttura importantissima per tutta la comunità. Un segnale importante, simbolo dell’impegno portato avanti da Salvatore Fuda, che pone davanti ai nostri occhi una bella immagine di Gioiosa. Un’amministrazione e dei giovani assennati che ci hanno regalato un bello spettacolo con i loro strumenti musicali, dimostrando grande impegno ed evidenziando che Gioiosa e la Calabria sono soprattutto questo: cultura e impegno”.

Una inaugurazione in grande stile, alla quale hanno preso parte tante autorità Metropolitane, a sottolineare l’importanza di un tale successo.


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Indicendo un incontro con i sindaci per parlare di sanità, il Prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari ha finalmente portato per la prima volta il commissario della sanità calabrese Saverio Cotticelli nella Locride. L’incontro, svoltosi a porte chiuse, ha fatto trapelare solo un’impostazione “giudiziaria” della gestione della sanità che lascia ben sperare i sindaci, ma che ha al contempo tagliato fuori una cittadinanza ansiosa di sapere che cosa aspettarsi dal futuro.

Sanità a porte chiuse iovedì pomeriggio, il Prefetto di R e g g i o Calabria ha finalmente portato nella Locride il commissario della sanità calabrese S a v e r i o Cotticelli. L’incontro, fortemente voluto dallo stesso Michele Di Bari, si è svolto all’interno della Sala Consiglio del Comune di Locri e si è incasellato in una giornata che il Prefetto ha deciso di dedicare interamente al nostro comprensorio. La necessità di discutere di sanità è stata dettata naturalmente dai recenti fatti di cronaca che hanno purtroppo visto protagonista l’ospedale di Locri, e dalla ferrea volontà dei sindaci della Locride di intavolare un discorso chiaro e finalmente risolutivo con il commissario calabrese recentemente insediatosi al posto di Massimo Scura. La visita di Cotticelli nel comprensorio per tastare con mano i problemi del settore, per la verità, arriva con qualche settimana di ritardo rispetto all’inizio del suo mandato, ma è stata molto ben vista dai primi cittadini, primo fra tutti il generalmente scettico padrone di casa Giovanni Calabrese. «Oggi registriamo la volontà da parte delle autorità preposte a invertire la rotta - ha infatti dichiarato il primo cittadino di Locri a margine dell’incontro. Per quanto riguarda la grave situazione del nostro presidio sanitario avvertiamo la volontà chiara, da parte del commissario Cotticelli, a intervenire immediatamente e in modo radicale per prendere gli adeguati e necessari provvedimenti utili a restituirgli dignità. Sappiamo benissimo che sarà un percorso non facile e non breve, ma il generale ha adottato fin dall’incontro di oggi un metodo operativo molto pratico, che prevede la costituzione di una commissione formata da lui, dall’Azienda Sanitaria Provinciale e anche da una rap-

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presentanza dei sindaci della Locride. È il segnale chiaro di un coinvolgimento diretto dei primi cittadini del comprensorio in questa fase e ritengo propositivo il fatto che il commissario abbia affermato che verrà spesso a verificare i vari step di sviluppo della situazione, una dichiarazione di intenti che dimostra la sistematicità con la quale vuole affrontare le criticità». Anche il Prefetto si è detto molto contento di come si è svolto l’incontro: «Ci sono premesse positive per affrontare adeguatamente le tante criticità della

sanità del comprensorio, sia per quanto riguarda l’ospedale, sia per quanto concerne l’offerta sanitaria generale. L’unità operativa sarà uno stimolo a seguire il problema giorno dopo giorno. Abbiamo anche esaminato una serie di misure che potrebbero a breve essere adottate, ma è opportuno che, come abbiamo tutti concordato e condiviso, questo sia solo il primo di un ciclo di incontri che ci permetta di affrontare, settimana dopo settimana, i progressi che avverranno. È una sfida impari rispet-

to alle difficoltà, ma abbiamo la fiducia che oggi il commissario Cotticelli, il responsabile del dipartimento della Regione Calabria, il delegato del presidente, i sindaci della Locride, sua eccellenza Monsignor Oliva e i rappresentanti provinciali delle forze di Polizia, cioè tutti i soggetti che hanno in un certo qual modo una competenza settoriale, possano dare una bella risposta alla sanità della Locride». Due dichiarazioni che lasciano ben sperare per il futuro della

Non si è puntato sulla trasparenza nei confronti della cittadinanza, tanto più che la velocità con la quale, Cotticeli se n’è andato lasciava tutti a bocca asciutta relativamente ai provvedimenti che intende adottare nell’immediato.

sanità reggina, ma che riteniamo fini a sé stesse in virtù della decisione di Di Bari di svolgere l’incontro con i sindaci a porte chiuse. Ai non addetti ai lavori è stato infatti impedito di assistere ai passaggi che hanno prodotto gli accordi di cui sopra e il vertice con il Prefetto, pur parlando di questioni civili, ha assunto i connotati di un incontro operativo di stampo militare. Non si è minimamente puntato, infatti, sulla trasparenza nei confronti

della cittadinanza, tanto più che la velocità con la quale, mentre Di Bari rilasciava una breve dichiarazione alla stampa, Cotticeli si involava verso la Caserma dei Carabinieri di Locri, lasciava tutti a bocca asciutta relativamente ai provvedimenti che, alla luce dell’incontro, il commissario riterrà opportuno adottare nell’immediato. Dando allora per buone le sole dichiarazioni lampo rilasciate ai colleghi della RAI prima dell’inizio della seduta a porte chiuse, possiamo intuire che Cotticelli intende affrontare anzitutto il problema del deficit, che da troppo tempo minaccia di bloccare il turnover, far alzare la tassazione locale in materia sanitaria e far contrarre altri servizi essenziali. Un problema imponente che va in effetti affrontato con la massima urgenza e che il commissario non nasconde di voler prendere di petto avviando un’interlocuzione con (e, se necessario, una “razionalizzazione” del) Dipartimento Regionale Tutela della Salute e Politiche Sanitarie. L’impostazione, come probabilmente avrebbe dovuto farci intuire il fatto che la prima azione da commissario di Cotticelli sia stata andare a fare visita a Nicola Gratteri, sarà quella di un pugno duro di stampo giudiziario che estirpi il cancro della malasanità (e della malagestione) dalla nostra regione con fulminea severità, un passaggio articolato e probabilmente doloroso, al quale seguirà l’altrettanto necessaria rivoluzione tecnica a questo punto diretta dal subcommissario Schael. Nel frattempo, alla cittadinanza non resterà che augurarsi che questa operazione non richieda troppo tempo e ai sindaci garantire la massima collaborazione affinché gli interessi della popolazione non vengano meno alle necessità giuridiche e tirati fuori solo per fare da cassa di risonanza alla ciclica denuncia delle problematiche che affliggono il nostro comprensorio. Jacopo Giuca


Dopo un'attenta riflessione e un'accurata selezione dei possibili interlocutori a cui affidare i nostri timori, abbiamo deciso che l'unica personalità in grado di far riemergere la Locride dall'abisso in cui è precipitata è Sua Santità Papa Francesco.

Lettera a Papa Francesco, disperata richiesta di aiuto per la sventurata terra della Locride ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI Caro Santo Padre, ho pensato a lungo a chi chiedere aiuto e dopo una selezione accurata mi è rimasto solo Lei. Attenzione non chiedo aiuto per me ma per la mia terra e con questa lettera scrivo anche a tutti i cittadini della Locride, anche e soprattutto a quelli che sono andati via e hanno raggiunto posizioni di vertice in Italia e nel mondo. Sappia che gli uomini della Locride, fuori di qua riescono a scalare il mondo, per esempio uno dei nostri concittadini più illustri è Leon Panetta, ex capo della Cia e uomo di governo degli Stati Uniti d’America. Qui la situazione peggiora giorno dopo giorno e non vediamo nessuno spiraglio, nessuna via d’uscita, per cui vorrei porre all’attenzione Sua e di tutto il mondo la tragedia che vive il mio popolo, la mia gente, la mia terra. Da molti anni siamo stati condannati da un cancro che è cresciuto prima nelle nostre contrade e, mano a mano, ha preso forma anche nei nostri centri, contaminando tutto il territorio, la ‘ndrangheta. L’assenza di uno Stato che si impegnasse a far rispettare la Costituzione ha fatto il resto. Dal momento che sono anche venuti meno i doveri di una nazione nei confronti di un territorio, la nostra terra negli ultimi cinquanta anni è diventata terra di ‘ndrangheta. La situazione è peggiorata da quando la questione meridionale si è trasformata in questione criminale, per cui per combattere la ‘ndrangheta è stata applicata solo la strategia militare. Non si è mai cercato di estirpare la malapianta con soluzioni culturali, o alternative. Negli ultimi anni ci ritroviamo a convivere, da una parte, con uno Stato che cercando di combattere la criminalità applicando la strategia militare e della legalità si limita a eseguire arresti e confische, e dall’altra, con uno Stato che, sempre in nome della legalità, tratta da criminali l’intera popolazione, come se la stessa non fosse la vittima. Per onestà intellettuale, la strategia della giustizia, in alcuni casi, ha dato delle risposte importanti, ha liberato i nostri paesi da questo cancro. Ma continua a sopravvivere una parte dello Stato che non risolve i problemi, li aumenta. Cosa abbiamo fatto di male, Santo Padre, per meritarci tutto questo? La nostra gente chiede disperatamente di stare bene, chiede solo lavoro, sviluppo, cerca qualcuno che inizi seriamente a risolvere i problemi, il popolo non può vivere di sola legalità. Ha bisogno che si inizi a costruire qualcosa, ha bisogno che i servizi funzionino, ha bisogno di governare il proprio futuro. Siamo stanchi di uno Stato che non prenda di petto tutti i problemi che non hanno a che fare con la ‘ndrangheta, siamo stanchi di uomini dello Stato che dopo una riu-

nione a porte chiuse dice: “Abbiamo già stabilito una linea operativa, che poi vedrete”. No, caro Prefetto, con tutto il rispetto, nessuno merita di essere trattato così. Vogliamo conoscere le linee operative che ci riguardano, vogliamo sapere che da domani non rischiamo di morire in ospedale perché non funziona l’ascensore. Sua Santità, rilegga per favore queste parole e mi dica se un uomo dello Stato può pronunciare queste parole, può umiliare in questo modo la gente di un territorio. Aggiungo che la situazione dell’ospedale di Locri è l’emblema del vuoto amministrativo che subiamo ogni giorno. C’è un sindaco che da anni organizza manifestazioni su manifestazioni, ma la situazione peggiora di anno in anno. Non ricordiamo nessuno che abbia fatto qualcosa di risolutivo in questi anni, ma gli stessi sindaci, nella disperazione in cui si trovano e nella paura di amministrare in queste condizioni, hanno chiesto ancora una volta incontri con il nuovo commissario nominato dal governo. Il Prefetto Michele di Bari, a Reggio dal 1 settembre 2016, ha disposto fino a oggi 17 commissioni d’accesso verso gli enti pubblici della provincia, uno dei quali all’Asp di Reggio Calabria. Come lui nessuno mai. Ad oggi sono stati già sciolti 12 comuni, uno dei quali senza accesso preventivo (Delianuova). Gli accessi attualmente in corso sono 5: ASP di Reggio Calabria, Comune di Stilo, Comune di Palizzi, Comune di Sinopoli e in ultimo il Comune di Africo. Finora non avevo riletto in dettaglio questi numeri e non mi ero reso conto della gravità della situazione. Mi viene da esclamare che si tratta di emergenza democratica. Sicuramente questo è il prefetto che vince di gran lunga il titolo di campione del mondo degli scioglimenti dei consigli comunali. Scrivo questo con tutto il rispetto del caso, sapendo che (ancora per poco) in questo paese si può esprimere la propria opinione senza offendere. Con quali risultati? Mi viene la rabbia, perché noi desideriamo uscire da questa situazione, noi vogliamo vivere in una terra senza ‘ndrangheta, ma questo non è successo, perché al posto di cittadini che vengono eletti dal popolo, nei comuni vengono mandati dei professionisti delle prefetture, che però in nessun caso (forse 2-3 eccezioni) hanno migliorato la situazione, anzi spesso la peggiorano. Per cui mi chiedo perché si insista con queste scelte, perché non si cambia la legge che a dire di tutti necessita almeno di una serie di modifiche. Basta per favore. Ci aiuti, la prego. Sua Santità venga nella Locride, venga a vedere i posti di vita, non si faccia condurre nei luoghi di morte, noi abbiamo bisogno di futuro, abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno di avere fede in qualcuno.

Dal triangolo delle Bermuda al quadrato dei bermuda l tempo di Carosello una pubblicità presentava un vigile che fermava un cavernicolo il quale aveva infranto il codice della strada e quello, che non capiva il senso delle regole moderne rispondeva in veneto maccheronico “quadrati, triangoli, striche par tera, tuto va ben, tuto fa brodo…” e a questo punto partiva un coretto pubblicitario che cantava "Non è vero che tutto fa brodo, è Lombardi il vero buon brodo!". Oggi mi è venuto in mente dopo aver metabolizzato la notizia che è stata inviata la commissione d’accesso al comune di Africo che segue a ruota lo scioglimento dei comuni di San Luca, Platì, Careri per infiltrazioni mafiose. Il triangolo delle Bermude ha fatto sparire centinaia di navi e aerei e il cui mistero non è stato completamente mai chiarito. Si chiama triangolo perché ai suoi vertici vi sono l’isola principale delle Bermuda a nord, l’isola di Porto Rico a sud e la penisola della Florida ad ovest. Il quadrato dei bermuda, che sono poi delle mutande da uomo a calzoncino, nel nostro caso è formato dai vertici collocati a San Luca, Platì, Careri e per completare Africo. Perché dei bermuda? Ma sicuramente perché a questi comuni non si è mai dato il tempo di allungare i pantaloni fino allo stinco; lo Stato osserva e interviene solo quando ipotizza che le connivenze sono in nuce. Farlo prima come forma di accompagnamento per la corretta gestione della cosa pubblica sarebbe una grave ingerenza (sic). In questi quattro comuni anche solo il tentativo di amministrare la cosa pubblica porta necessariamente il marchio dell’infamia. Tutto è mafia. Non è che non ci siamo intesi su alcuni fondamentali? Il vigile che regola il traffico secondo il moderno codice della strada ha la stessa visuale del cavernicolo multato? Nel 1884 Edwin Abbott pubblica un romanzo dal titolo Flatlandia in cui narra la vita di un abitante di un ipotetico mondo bidimensionale che entra in contatto con l’abitante di un universo tridimensionale. A parte il titolo che richiama la flatulenza e che potrebbe definire il puzzo di bruciato che aleggia intorno ai predetti scioglimenti, naturalmente anche per quel che riguarda altri comuni vicini come Siderno e Marina di Gioiosa, per il nostro ipotetico quadrato si addice molto perché affronta da un punto di vista originale il concetto di un mondo a più dimensioni. Questo è un mondo bidimensionale (flat in inglese significa piatto) e gli abitanti di questo mondo sono delle figure geometriche che si muovono su un piano che per loro è l'universo. Il narratore è uno degli abitanti, e nella fattispecie è un quadrato. In Flatlandia la società è rigidamente divisa in gerarchie e la suddivisione si basa sull'aspetto fisico. Il racconto è una satira della società che è rigidamente divisa in gerarchie, nello specifico, sul numero di lati che formano le figure. Nel mondo di Flatlandia un maggior numero di lati (o meglio, un angolo più largo) viene associato a maggior intelligenza e quindi a scuole migliori e in seguito a lavori migliori e di maggior responsabilità. In questo mondo ogni individuo può sperare in un'ascesa sociale sua o eventualmente della sua prole, anche se in realtà solo un ridottissimo numero di individui riesce a migliorare la propria posizione sociale. La remota possibilità d'elevazione sociale viene utilizzata dalla classe dominante per mantenere pacifico il popolo e in caso di rivolte l'elevazione di classe viene utilizzata per allettare i capi delle rivolte e quindi per far fallire tutte le rivolte in Flatlandia. Il protagonista, Quadrato, è inoltre imprigionato per eresia e pazzia, viene arrestato a causa delle sue convinzioni sulla terza dimensione e si rifiuta fino alla fine di accettare l'ideologia imposta dalle masse. Ma dove sono capitato? Nella Locride? In Flatlandia? … O nel brodo da cucina? Arturo Rocca

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Il sistema della depurazione nella Locride avrebbe bisogno di una svolta energica e i politici dovrebbero smettere di farsi consigliare dai soliti tecnici che hanno solo interessi di casta. Il nostro è un territorio vocato alla fitodepurazione per numero dei paesi collinari e per volumi di popolazione ma se si tocca l’argomento scattano le difese immunitarie di un sistema ormai rodato.

Locride, dove si mangia a km 0 e si spedisce la merda a chilometri 20

Continuiamo ad avvelenare il nostro territorio agitando l’alibi che sono gli altri ad averlo fatto con l’interramento di rifiuti tossici e radioattivi, ma è la mancata depurazione che ci sta avvelenando e sono i percolati delle discariche che sgorgano dappertutto che dovrebbero preoccuparci

ARTURO ROCCA

elius expurgare quam inquinare. Parafrasare la locuzione latina, di origine incerta, ci aiuta a iniziare con un sorriso malizioso l’argomento della depurazione nella Locride, e non solo. Prendiamo l’esempio più eclatante: a Bianco esiste un depuratore consortile che dovrebbe trattare i reflui anche di Bovalino, Casignana e Benestare ed è stato costruito in contrada Valle a circa 6 km dalla costa con una spesa che si aggira sui 9 milioni di euro. Da allora almeno altrettanti sono stati spesi per manutenzione straordinaria ma senza alcun risultato se non far lavorare a rotazione le ditte incaricate. Il 18 maggio del 2016 l’On. Paolo Parentela tuonava contro il ministro Galletti che avrebbe dovuto monitorare i livelli di inquinamento marini e torrentizi e avviare dei controlli più stringenti sulla gestione degli impianti di depurazione in Calabria, a fronte dei numerosi illeciti portati alla luce in questi anni dai carabinieri del NOE e dalle altre forze dell'ordine, ipotizzando anche un'iniziativa normativa volta al rafforzamento dei controlli, nell'ambito del sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente. Adesso il governo del cambianiente ha pensato bene di aggiungere il carico a briscola con il decreto che salva Genova ma avvelena l’Italia. L’articolo 41 del decreto Genova – peggiorato dall’emendamento ampliativo presentato dalla maggioranza – consente di smaltire in agricoltura fanghi pesantemente contaminati da idrocarburi, diossine, furani, PCB, toluene, selenio, berillio, cromo e arsenico. Altro che monitorare i livelli di inquinamento! Ma tornando al depuratore di Bianco esso non potrà mai funzionare perché non è stato costruito per questo, così come tanti altri (vedi Camini) ma solo per far girare gli affari. Ma l’affare più grosso è quello della manutenzione perpetua con iniezioni sempre più sostanziose di pubblico denaro, una sorta di reddito di cittadinanza ante litteram per le imprese. Naturalmente i tempi lunghi della giustizia com-

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pletano il quadro con prescrizioni e non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Nessun colpevole se il depuratore non funziona. Come se ne esce? Quando dopo tanti anni e tanti soldi spesi a vuoto e con procedure d’infrazione che costeranno sudore e sangue sulla pelle dei calabresi non si ha il coraggio di guardare in faccia la realtà e ammettere il fallimento è il caso di dire che errare è umano ma perseverare è diabolico. Il sistema della depurazione avrebbe bisogno di una svolta energica e i politici dovrebbero smettere di farsi consigliare dai soliti tecnici che hanno interessi di casta, vi sono esperti che hanno a cuore l’ambiente e vi sono sistemi che funzionano e che avrebbero solo bisogno di emulazione. La Locride ha un territorio che è vocato alla fitodepurazione per numero dei paesi collinari e per volumi di popolazione ma se si tocca l’argomento scattano le difese immunitarie di un sistema ormai rodato. I depuratori convenzionali costano per la costruzione e ancor di più per la manutenzione ma paghiamo anche una bolletta elettrica per le stazioni di pompaggio di parecchi milioni di euro. Esempio: Gerace e Antonimina sono collettati, o almeno dovrebbero, attraverso condotte che portano i reflui quasi a livello della battigia che poi devono essere pompati con le stazioni di rimando al depuratore di Siderno che si trova circa tre chilometri a monte. Ma basterebbe l’esempio della frazione Moschetta di Locri i cui reflui concimano spesso e volentieri la pineta dall’area archeologica alla fiumara Gerace non appena si bloccano le pompe che si insabbiano a ogni piè sospinto. Si può obiettare che adesso vi sono dei lavori di adeguamento che risolveranno i problemi. Lo abbiamo toccato con mano in occasione del cimento invernale: merda à gogo. A Moschetta un impianto di fitodepurazione, per il volume di popolazione, restituirebbe all’ambiente acqua per l’agricoltura e la prima manutenzione si farebbe dopo 10 anni. Ma chi ha interesse a percorrere questa strada? Si può obiettare che tali impianti reggono per popolazioni fino a 2000 abitanti. Ebbene cosa impedisce di realizzare più di un impianto quando la popolazione eccede tale limite? Non dimentichiamo che con i fondi europei si è progettato di tutto ma nessuno ha messo mano alla divisione delle acque meteoriche dai reflui

fognari, questa sarebbe la cosa fondamentale per cambiare registro. Ci vorrebbe una politica regionale che proceda in tal senso ma se qualche politico si azzarda a parlarne ci sono i tecnici che ci pensano a smentirlo. Ricordo il sindaco di Samo che ha accennato timidamente alla fitodepurazione davanti all’assessore Rizzo nella sala del consiglio comunale di Siderno che è stato investito da sorrisini di compatimento da parte di chi accompagnava l’assessore. Questa è la realtà. Vogliamo continuare ad avvelenare il nostro territorio agitando l’alibi che sono gli altri ad averlo fatto con l’interramento di rifiuti tossici e radioattivi, ma questo è solo uno spauracchio per coprire le proprie responsabilità, è la mancata depurazione che ci sta avvelenando e sono i percolati delle discariche che sgorgano dappertutto a preoccuparci. La natura è stata generosa con noi calabresi e segnatamente con la Locride ma noi ci stiamo comportando da ingrati sputando nel piatto in cui mangiamo. E a proposito di cibo ci sforziamo di mangiarne a chilometro zero e poi spediamo la merda anche a chilometri 20. I tributi pagati dai cittadini per la depurazione sono l’unica certezza nel campo, purtroppo essi seguono la regola del gioco delle tre carte. Si paga per un servizio che è scarso o, in taluni casi, nullo, i comuni non versano le quote agli enti capifila e i soldi sono sempre sotto la carta che non si scopre. Mi viene da sorridere quando partecipo a iniziative che vogliono promuovere il turismo e si snocciolano strategie attrattive; possiamo ingannare i tour operator con piatti gustosi e gratis e qualche giro di tarantella quando non sono più tanto sobri che poi devono dare conto ai loro clienti. Si potrebbe proporre, sulla scia delle strade del vino e dell’olio, una strada della depurazione per scoprire tutte le amenità esistenti da Stilo a Palizzi bypassando Roccella, unico esempio virtuoso non emulato. Per quanto tempo crediamo che ci sia gente disposta a venire in posti dove si vede sporcizia dappertutto e il mare e le fiumare sono trasformati in cloache? Vogliamo illuderci di avere un futuro fondato sugli equivoci? E allora continuiamo a cazzeggiare mentre altre regioni meno fortunate di noi si attrezzano per far vivere meglio le popolazioni e accogliere con le carte in regola gli ospiti.


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Siderno

Caos bollette: inviate notifiche di pagamento di tasse già versate o cadute in prescrizione

Diversi cittadini di Siderno denunciano che, nelle ultime ore, stanno giungendo notifiche di pagamento del canone idrico o dell’IMU del 2013, che dovrebbero essere pagate con interessi, sanzioni e 15 euro di atti giudiziari. Il fatto grave, a cui purtroppo la cittadinanza sidernese ha già dovuto fare fronte anche in passato, è che in diversi casi questa notifica è stata inviata anche a cittadini che hanno regolarmente effettuato il pagamento ormai 5 anni fa oltre che, nonostante l’assenza di un atto che interrompa la prescrizione, il pagamento in questione dovrebbe essere prescritto per decorrenza dei tempi previsti dalla legge. Pertanto, tutti i cittadini che ritengono di aver ricevuto ingiustamente questa notifica, possono inviare al Comune di Siderno un’istanza di autotutela, che permetta loro di far riconoscere l’avvenuta scadenza o illiceità della richiesta avanzata dall’Ente.

Una volta Una volta a Siderno, quando c’era il sindaco Pietro Fuda non vedevi buche nelle strade, la tua macchina era sicura, non rischiava di perdere il cerchione in mezzo alla via. Una volta, quando c’era Pietro Fuda ti godevi delle belle passeggiate, perché non correvi il rischio di imbattermi nell’immondizia, in mezzo ai piedi. Una volta, quando c’era Pietro Fuda non sentivi degli odori fastidiosi, provenienti dall’impianto TMB di contrada San Leo, potevi uscire fuori e respirare aria pura. Una volta, quando c’era Pietro Fuda eri contenta di dire “Io sono di Siderno”, perché eri rappresentata da un uomo che sapeva svolgere, egregiamente, il suo lavoro Una volta c’era un uomo che si preoccupava per noi; ora avvoltoi che pensano solo ai loro interessi. Oggi, invece? Oggi solo buio e malinconia: le strade piene di buche, l’immondizia fa da padrona, la puzza ci impedisce di respirare. Il cielo è grigio a Siderno, da quell’8 agosto che ci ha fatto piombare nel baratro. Quanto ci manca il nostro amato sindaco Pietro Fuda, l’unico che ha riportato, la nostra amata cittadina, al suo antico splendore. Cittadina nostalgica

Il chiodo

Il grande chiodo entra nel centro del palmo della mano, ora un altro colpo del martello e il chiodo penetra di più. Uno schizzo di sangue, si allarga e dentro appare uno scarpone militare che schiaccia la testa di un pargolo, niente urli o pianti, solo lo scricchiolio dell’ossa del cranio. In frantumi! Il martello continua a colpire il chiodo che entra di più nel palmo, ancora schizzi di sangue. In ogni schizzo si vede il volto di un giovane, tutti gridano: No, il forno no! Vengono strattonati e lanciati nella bocca del crematorio spalancata! Ancora colpi del martello sul chiodo, che ormai ha attraversato la carne del palmo ed entra nel legno della croce. Il sangue scende a rivoli, si scorgono decine di esseri umani che tossiscono e soffocano, sono nella camera a gas! Oggi, forse, non accade, è solo un brutto ricordo, nella giornata della memoria, la nullità del tempo lo rende attuale, lasciando fare, al ducetto di turno tagli senza cuciture! L’albatros

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Anziana donna colpita dall’Alzheimer, una storia di ordinaria sopraffazione... Egregio Direttore, le racconto una storia iniziata diversi anni fa. È la storia di un’anziana donna colpita dall’Alzheimer, malattia terribile che si manifesta in maniera subdola. La perdita di memoria è progressiva e giunge alla fine a rendere chi ne soffre una “persona fuori dal mondo”. Negli ultimi quattro anni la malattia di questa anziana Signora ha subito una violenta impennata, privandola dei ricordi anche di se stessa, privandola in sostanza della sua personalità. Nel corso degli ultimi quattro anni viene accompagnata dai familiari, presso diverse commissioni mediche nel tentativo di farle ottenere i benefici previsti dalla legge. Una prima volta nel 2015 viene inoltrata domanda per il riconoscimento della cosiddetta legge 104; la commissione medica, in quell’occasione redige un verbale, dove si riconosce l’handicap, ma non il comma che dà accesso ai benefici previsti. Intanto le condizioni si aggravano, quindi una seconda volta nel 2017, viene inoltrata domanda per il riconoscimento dell’assegno di accompagno, considerato che la poveretta non era più in grado di stare da sola in casa. Anche in quest’occasione il responso non è stato favorevole; viene però riconosciuta la sordità con diritto alla protesi acustica. Ebbene nemmeno questo diritto le viene riconosciuto perché il funzionario che

avrebbe dovuto compilare la modulistica, non attenendosi al parere della Commissione medica, si rifiuta, ritenendo la protesi non necessaria. L’anziana ancor di più viene chiusa nel suo mondo fatto di niente, senza suoni, senza ricordi, senza coscienza del mondo. La qualità della vita ovviamente peggiora sempre più e per questo i familiari decidono di riproporre l’istanza per la legge 104. Era il 15 ottobre 2018 data in cui veniva effettuata la terza visita, stavolta presso la sede INPS di Reggio Calabria con i conseguenti disagi per il trasporto; per la terza volta l’anziana Signora non si vede riconosciuto niente. Qualche settimana dopo si finisce al pronto soccorso, quindi in rianimazione, diagnosi emorragia celebrale. Dopo pochi giorni muore. Storia ordinaria, si potrebbe pensare, quanti ne hanno vissuta una simile? Quante Commissioni mediche non hanno fatto il loro dovere? Quanto dolore, sofferenza, umiliazione vi è dietro ciascuna di queste storie? Storie ordinarie, purtroppo. L’assuefazione al dolore, alla sopraffazione ce le fa considerare tali, ne leggiamo sui giornali, le ascoltiamo in televisione mentre stiamo mangiando caso mai, e non suscitano in noi alcun sussulto, alcuna reazione. Perché sono ordinarie, terribili ma ordinarie.

E allora perché scrivere? Perché quella anziana Signora è mia madre, è la persona che ho visto sfiorire fra le mie mani, che ho visto ridursi dapprima ad automa, poi quasi a oggetto. E poi morire. Il riconoscimento dei suoi diritti da parte delle Commissioni non l’avrebbe fatta morire? No, certamente però avrebbe reso meno gravoso il suo cammino e meno doloroso per me e la mia famiglia assisterla sino alla

morte. Esiste ancora un barlume di umanità o è tutto meccanico, consequenziale? Ecco con questa domanda concludo e spero che la storia narrata possa servire a chi giudica gli altri. Che ricordino che in fin dei conti non si tratta di budget ma di umanità, di persone, di famiglie. Domenico Mittica

“Da Polistena ecco la piattaforma Berlinguer” “Generazione che diventa comunità”. E’ questo lo slogan che accompagna la manifestazione prevista domenica 27 gennaio a Polistena alle ore 17.30 presso la Sala Mommo durante la quale sarà presentata la piattaforma Berlinguer, un nuovo luogo di impegno e di discussione creato ed ideato per rilanciare dal basso, ben oltre i territori, un’iniziativa politica seria e credibile. Sarà la prima uscita pubblica che può segnare una svolta nel modo di vivere e comunicare la politica nel nostro Paese, per ora monopolizzata dalla propaganda artefatta messa in campo da piattaforme capitalistiche orientate e facilmente manipolabili. La piattaforma Berlinguer diventerà invece uno spazio di riferimento aperto e trasparente, dove l’onestà dei contenuti e delle operazioni compiute al suo interno è certificata da un tipo di tecnologia nuova: la blockchain. Per tali motivi la piattaforma Berlinguer può rappresentare la garanzia, secondo quanto recita l’articolo 3 della nostra Costituzione, della “effettiva partecipazione” di tutti i cittadini che ne condividono

identità, obiettivi e valori fondativi che si richiamano al miglior patrimonio politico rappresentato dalle lotte del movimento operaio italiano ed internazionale per la conquista dei diritti sociali. Tra gli interventi previsti oltre a quello del Sindaco di Polistena Michele Tripodi che concluderà la manifestazione, Fabio Racobaldo ed Angelo Borgese della sezione del PCI di Polistena, Sergio Bellucci giornalista ed esperto in comunicazione digitale, Rosaria Galiero consigliere comunale di Napoli, Giorgio Nordo professore e ricercatore di Geometria Digitale all'Università di Messina, Francesco Valerio Della Croce della segreteria nazionale del PCI. Saranno presenti inoltre per il Comitato Rodotà costituitosi di recente a tutela dei beni comuni e sovrani, i professori Aurora Vesta dell’Università “Dante Alghieri” di Reggio Calabria, Francesco Saverio Oliverio dell’Università della Calabria, Alberto Marchese dell’Università di Messina. E’ prevista inoltre la presenza di cittadini, amministratori locali e rappresentanti dell’associazionismo organizzato.

Breve storia del Corpo Militare dell’Ordine di Malta Diretto discendente della storica e gloriosa Forza Armata dell’Ordine di Malta il Corpo Militare si distingue non solo per l’alta professionalità dei suoi uomini, ma anche per lo spirito umanitario e di servizio. Sorge ufficialmente il 29 gennaio 1877 per lungimirante iniziativa dell’Associazione che riunisce i cavalieri di malta di nazionalità italiana. Sin da allora l’Associazione disponeva di mezzi propri. L’intervento era anche esteso nei casi di grave calamità naturale. Il 20 febbraio 1884 venne firmata una nuova Convenzione tra l’Ordine di Malta e il Ministero della Guerra con la quale venivano stabilite le modalità di collaborazione in caso di mobilitazione dell’Esercito. Nel 1886 entrarono in servizio 4 treni ospedali. Nel 1887 venne costituita a Milano la prima Compagnia Infermieri del Corpo. Nel Dicembre del 1908, in occasione del terribile terremoto che sconvolse le città di Reggio Calabria e di Messina, il Corpo Militare

impiegò tutti i suoi mezzi sanitari riuscendo così a salvare centinaia e centinaia di vite umane. Il 9 aprile 1909 Vittorio Emanuele III concesse al Corpo Militare l’uso dell’uniforme grigio verde e delle stellette. Negli anni 1911-1912 il Corpo Militare fu impegnato nella guerra italo-turca e nel 1914-1918, si adoperò con quattro treni ospedale, un ospedale da campo, un ospedale territoriale a Roma e otto posti di soccorso al fronte. Seguì il secondo conflitto mondiale, durante il quale il Corpo fu impegnato nella campagna italiana di Russia, in Albania, Croazia e Francia. Dalla fine della 2ª Guerra Mondiale il Corpo Militare è intervenuto essenzialmente in casi di pubbliche calamità ed è presente altresì all’estero, dove ha svolto e continua a svolgere missioni umanitarie e assistenziali volte ad alleviare le sofferenze patite da popolazioni flagellate dalla povertà, da malattie e da eventi bellici Il Personale è strutturato in due nuclei: uno in servizio

permanente e l’altro volontario. Il Corpo è presente sul territorio nazionale con un Comando e quattro Reparti. Il Comando Generale ha sede in Roma, presso la Caserma “Artale”, alla Cecchignola ed è affidato ad un generale in ausiliaria dell'Esercito Italiano la cui nomina, su proposta dello Smom, è decretata dallo Stato Maggiore dell’Esercito. I Reparti invece sono così suddivisi: per il Nord-Italia opera il 1º Reparto con sede a Milano; per l'Italia centrale e la Sardegna opera il 2º Reparto con sede a Roma; per 'Italia meridionale e la Sicilia è competente il 3º Reparto con sede a Napoli; a L’Aquila invece, presso la caserma "Pasquali", sede del disciolto glorioso 33º Reggimento artiglieria terrestre "Acqui" e attualmente sede del 9º Reggimento Alpini, opera il Reparto Operativo d'Emergenza, competente per le Regioni Marche e Abruzzo, ma in grado di intervenire tempestivamente su tutto il territorio nazionale. Giuseppe Pelle


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Un esposto denuncia irregolarità nella gestione del servizio idrico Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta che i fratelli Romano hanno inviato a diversi organi competenti per denunciare gravi irregolarità nell’affidamento del servizio idrico presso il Comune di Siderno. Una lettera che ha il doppio fine di tutelare la dignità dei Romano e del proprio onesto lavoro e anche i diritti dei cittadini di Siderno.

si parlava bene dell’esperienza di -------------- con gli Enti Pubblici, cosicché Andrea Romano pensò fosse la persona giusta per lo studio della convenzione da presentare al Comune di Siderno per la gestione dell’acquedotto comunale. (Va aggiunto che l’Avv. --------------- per un certo periodo è stato Presidente della SOA HY QUALITY, per come illustrato nell’esposto – denuncia nei confronti di quest’ultimo fatto alla Procura di Palmi nell’autunno del 2016 dal signor Romano Giuseppe, padre degli scriventi. A seguito delle sue dimissioni da Presidente della SOA è stata assunta nella stessa SOA HY QUALITY e precisamente nel settore legale – amministrativo, la moglie dello stesso, Avv-ssa ---------------. SOA controllata da soggetti vicini a personaggi indagati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria). L’iter burocratico per l’approvazione del progetto si è concluso nell’anno 2010. Ad aprile, sotto la Gestione Commissariale della Prefettura di Reggio Calabria del Comune di Siderno, è stata sottoscritta la Convenzione ed a luglio 2010 sono stati consegnati i lavori; nell’anno 2011, Aster Consult s.r.l. esce dall’ATI e la Concessione resta unicamente in capo alla società STEMAG s.r.l. la quale, avendo da sola già dato inizio ai lavori nel luglio 2010, si è trovata costretta a sopperire ai necessari mezzi finanziari e lo ha fatto nel modo seguente: il ricorso ad un mutuo di € 900.000,00 concesso dal Banco di Napoli di Reggio Calabria e garantito dall’iscrizione di ipoteca sui beni immobili (le proprie abitazioni) dei soci e dei loro genitori; la vendita, previa autorizzazione del Comune, del 49% della società di scopo SIS s.r.l. (Servizio Idrico Siderno) al Fondo EOS (Ad ottobre 2011, in ottemperanza alle disposizioni del

La vicenda trae origine nel lontano 2006, quando il Comune di Siderno bandisce un avviso pubblico per l’acquisizione delle proposte di realizzazione dei lavori di “Costruzione e la gestione degli acquedotti primari di detto Comune”

Noi sottoscritti Andrea (RMNNDR67R13A314C) e Fausta Stefania Romano (RMNFTS72P49D976O), intendiamo con la presente portare a conoscenza delle S.V. Ill.me gravi fatti che riguardano la gestione commissariale presso il Comune di Siderno ed in particolare la gestione in regime di convenzione del servizio idrico che ora proditoriamente si intende sottrarre alla società Acqua SID ed affidare alla Sorical, paventando ingerenze mafiose in detta società perché tale convenzione originariamente era in capo a Stemag (famiglia Romano) e poi a SIS (oggi composta da Fondo Eos al 51% e da Concrete, ex Stemag – Romano al 49%) È necessaria una opportuna premessa. I Romano “fanno impresa” da tre generazioni, cioè sin dagli inizi del secolo scorso. Andrea Romano è stato coinvolto nell’operazione “Ceralacca” per una presunta turbativa d’asta e la Stemag (p.iva 02253890806), loro società, è stata oggetto di interdittiva antimafia, tutti provvedimenti immeritati e dovuti non al reale coinvolgimento in attività mafiose ma certamente al difficilissimo contesto in cui tutte le imprese medio-grandi operano, tanto è vero che buona parte di esse ha abbandonato il territorio. Andrea Romano ed i Romano fra l’altro hanno sempre denunciato i tentativi di estorsione subiti ed anche testimoniato in giudizi penali contro gli estortori. La vicenda trae origine nel lontano 2006, quando il Comune di Siderno bandisce un avviso pubblico per l’acquisizione delle proposte di realizzazione dei lavori di “Costruzione e la gestione degli acquedotti primari di detto Comune”. Precedentemente, nell’anno 2003 viene costituita la società Stemag s.r.l. che nell’anno 2005 affianca alla tradizionale attività edile quella di servizio di gestione e manutenzione degli impianti di sollevamento fognari di alcuni Comuni della Locride. Questa successivamente diviene l’attività principale. La società Stemag, oggi Concrete, era un’impresa a gestione familiare, tanto che essa era inizialmente composta da Romano Andrea, Romano Fausta Stefania (gli scriventi), Romano Francesco (fratello di Andrea e Fausta Stefania) e Gristina Louiselle (moglie di Romano Andrea). Nell’anno 2006 la STEMAG manifesta la propensione all’utilizzo per la realizzazione di lavori pubblici del c.d. “Project Financing” cioè il finanziamento del progetto parziale o totale di un’opera pubblica con capitali privati i quali verranno rimborsati e remunerati attraverso l’esercizio a pagamento, per un certo numero di anni, dei relativi servizi. In questa nuova ottica di gestione, la società, partecipa appunto all’avviso pubblico del Comune di Siderno, presentando ai sensi dell’art. 153 del D. Lgs. 163/2006” - un project financing, con capitali interamente privati, per la realizzazione di lavori riguardanti gli interventi di gestione e di potenziamento dell’impianto dei pozzi del Torbido, dell’impianto di rilancio di Leone per Pantaleo e l’impianto di S. Anna. Per detto progetto la società ha costituito un’ATI con la società ASTER Consult srl; l’offerta pervenuta è stata quella dell’ATi Aster Consult srl/Stemag srl. Pubblicato il bando di gara per l’affidamento della progettazione esecutiva, la costruzione e gestione in concessione delle opere di adeguamento e potenziamento dell’acquedotto comunale di Siderno mediante finanza di progetto ai sensi del Dlgs 163/2006 e seg. viene presentata solo la domanda dall’ATI Aster/Stemag e si procede all’aggiudicazione provvisoria della concessione all’ATI Stemag/Aster Consult. Per la redazione della bozza di Convenzione Andrea Romano si avvale della consulenza dell’Avv.---------------, con il quale aveva continui rapporti, considerato che in quel periodo era consulente di Acque Reggine. Inoltre

bando di gara, Stemag costituisce la società di scopo “SIS srl” ed a novembre, mediante atto notarile e su autorizzazione del Comune, effettua il passaggio della Convenzione da Stemag a SIS); ulteriori finanziamenti temporanei del Banco di Napoli di Reggio Calabria. Il “famigerato” Fondo EOS, identificato nella “vulgata” come veicolo di riciclaggio dei soldi di famiglie mafiose reggine, ha deciso di investire in Calabria per la seguente ragione. Il socio della Stemag e fratello di Andrea e Fausta Stefania, Francesco Romano, ingegnere ricercatore al Politecnico di Milano, per il tramite di un collega di studi universitari, che aveva studiato alla Bocconi con il Signor Ludovico Filotto (rappresentante del Fondo EOS), ha messo in contatto quest’ultimo con i fratelli Andrea e Stefania. Ciò avveniva nell’autunno 2010. Il Fondo ha analizzato in ogni minima parte il progetto, ha valutato la convenzione e l’atto costitutivo di SIS chiedendone integrazioni. Ha analizzato molto attentamente i flussi finanziari e, valutandoli congrui ai rendimenti attesi dal Fondo, solo nell’autunno 2011 ha concretizzato l’accordo di cessione del 49 delle quote di Stemag in SIS. A maggior garanzia il fondo Eos ha chiesto ed ottenuto l’ipoteca sulle quote in SIS della società Stemag, iscritta alla CCIIA di Reggio Cal. Una volta reperiti i mezzi finanziari, la Stemag s.r.l. porta a conclusione LA CONCESSIONE SOPRA CITATA CHE È LA PRIMA DEL GENERE IN CALABRIA, perché realizzata con fondi interamente privati e con garanzie immobiliari personali dei singoli soci e dei genitori (le loro abitazioni!), e perché ha comportato un COSTO PER LA FORNITURA ALL’INGROSSO PER GLI UTENTI DI SIDERNO DEL 50% IN MEMO RISPETTO ALLA TARIFFA REGIONA-

LE APPLICATA DALLA SORICAL SPA. L’operazione è quindi conveniente anche per la collettività ed è indimostrata ed indimostrabile qualsiasi infiltrazione mafiosa in essa. Nel dicembre del 2016, avendo avuto preavviso di interdittiva nella quale venivano menzionati procedimenti penali dove i Romano con l’avanzamento delle udienze continuano ad essere assolti con formula piena (a dimostrazione dell’erroneità della stessa), i Romano decidevano di cedere le loro quote della Stemag, uscendo completamente dalla società nel tentativo di tutelare il patrimonio aziendale ed i dipendenti (15 persone). I nuovi soci cambiano quindi la società da Stemag in Concrete s.r.l., tutto ciò inutilmente perché “a catena” anche Concrete viene interessata dall’interdittiva ed ha perso anche la concessione della gestione dell’acquedotto comunale primario del Comune di Montepaone, realizzato anche questo con Project financing (anche in questo caso sono state date garanzie reali dai Romano, oggi attaccate dalle banche a seguito della rescissione del contratto). La convenzione di Siderno oggi sta per essere rescissa, paventando ancora una volta il rischio di (inesistenti) infiltrazioni mafiose. Il paradosso della situazione sta anche nel fatto che artefice e sostenitore della necessità di sciogliere detta convenzione per infiltrazioni mafiose è non solo la Commissione prefettizia ma anche l’Avv. ---------------, consulente della triade commissariale, che è stato colui che ha redatto la bozza di convenzione poi perfezionata e sottoscritta dalla Stemag e dal Comune di Siderno. Cui prodest? E’ presto detto. L’Avv. --------------- è spinto ad agire in tal senso da un preciso desiderio di vendetta nei confronti della famiglia Romano perché il padre dei sottoscritti, Giuseppe Romano, lo ha precedentemente denunciato per altri gravi episodi avvenuti presso il Comune di San Ferdinando (RC). La rescissione della convenzione, considerato che nonostante l’uscita dalla società Concrete dei Romano questi ultimi hanno dovuto mantenere le garanzie ipotecarie per gli istituti di credito per 900.000 euro, avrebbe ripercussioni dirette sulla famiglia, che si vedrebbe messa sul lastrico dalla vendita dei propri beni immobili posti a garanzia del credito e senza un tetto dove vivere. Non va dimenticato infatti che il patrimonio familiare è stato già fortemente intaccato dal venir meno dell’impresa a causa dell’interdittiva antimafia subita. Detti fatti sono stati oggetto di precisa denuncia sporta presso la Procura della Repubblica di Locri circa un mese addietro, denuncia trasmessa per competenza alla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. I sottoscritti ritengono che la Commissione prefettizia non sia al corrente di quanto sopra esposto e rischia di diventare strumento inconsapevole di manovre sotterranee poste in essere da persona che gravita in ambienti particolari. Ed è per prevenire questo grave abuso, considerati i lunghi tempi della Giustizia che scrivono la presente, in modo da mettere a conoscenza le S.V. della verità e chiedere un intervento affinché si soprassieda nella scelta di rescindere la convenzione, almeno sino a quando la Giustizia non farà il suo corso. I sottoscritti rendono noto che sono disposti a qualunque azione mediatica al fine di tutelare il loro buon nome, la dignità ed i beni personali frutto di anni di onesto lavoro e dati in pegno alle banche per atto di fiducia in quello che stavano facendo (quale mafioso offre in garanzia i propri beni personali?) Con i doverosi ossequi. Andrea Romano Fausta Stefania Romano


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27 GENNAIO - 14

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rubriche

Tutti intorno a Craxi utti intorno a Craxi: la ricorrenza del lutto, la “glorificazione”, i saggi, le ricostruzioni storiche della sua prestigiosa fase politica, le dediche, i rimpianti, i rimorsi. Da parte di amici e compagni, sodali e avversari, veri e per finta. Da parte di governanti d'un tempo, estimatori e apprendisti stregoni d'oggigiorno, di paesi (storica la sua Sigonella) e commentatori stranieri. Craxi interviene alla Camera e chiede un'ammissione di correità collettiva sui finanziamenti illeciti ai partiti. “Anche se qualcuno è disposto a giurare di non avervi mai fatto ricorso, si rivelerà presto o tardi spergiuro”: difatti! Ha già sbagliato valutazione sul referendum per la preferenza unica (che passerà), Segni patrocina poi una legge elettorale maggioritaria (Craxi è un convinto proporzionalista) e di conseguenza il bipolarismo, ma poi si presenta inopinatamente con un raggruppamento di centro. Infuria Tangentopoli (con lo sterzo), cominciano le fughe, praticamente di tutti, Amato parla (per salvare se stesso?) della necessità di un partito, per sopravvivere, con una testa grande e un corpo gracile (come Eta Beta). Scende in campo Berlusconi, un grande successo, ma D'Alema rimane sferzante e al suo indirizzo dice “Senza Mani pulite lei non avrebbe vinto”. Comunque vince e si sostiene che dietro ci fosse la mano di Craxi (che vantava un qualche credito con i Decreti per le televisioni), in realtà, parlando di un sicuro danno se avesse dato dei seggi ai socialisti, non concede nulla (verrà candidato, senza essere eletto, solo Sacconi, che poi sarà Ministro per due volte nei governi Berlusconi). Benvenuto ha retto solo pochi mesi come segretario, Del Turco e Boselli si garantiranno dei seggi nell'accordo con i DS, oggi PD. Per loro andava meglio una Rosa sbilenca che non lo storico Garofano, simbolo che ripescano De Michelis, Caldoro e Zavettieri, Bobo Craxi (con poca convinzione). Il loro cammino nel 2000 ricomincia, alleati di Berlusconi, con un pugno di eletti, un peso specifico in Calabria, con un parlamentare, tre consiglieri e l'Assessore in Regione, il 2% alle Europee. Ma i socialisti non sanno fare a meno di “divisioni, scissioni, espulsioni, sconfitte” numeriche e, con poca efficacia ormai, di riconoscimenti politici. Quattro quinti dei vecchi gruppi dirigenti e dei quasi 4 milioni di elettori di un tempo (ma neppure con Craxi in auge si superò il 14%) erano andati in FI, gli altri accettarono la marginalità nell'ex PCI). Ora che potrebbero ripartire non lo fanno, si autocancellano, anche se il grosso dei voti non si decideva a “ritornare”. Responsabilità dei gruppi dirigenti? Anche o soprattutto. In effetti, i programmi e le battaglie dei socialisti, molti nel segno di Craxi (il suo vice era Martelli), il profilo più moderno del partito, i finalmente tempestivi e “bellicosi” chiarimenti a sinistra, le Riforme, antesignano nel concetto di Europa e per i fenomeni migratori, le grandi intuizioni in politica estera (importante De Michelis, consulente principe, riservato, di molti governi, anche negli anni bui), le analisi economiche più calzanti, il tentativo di superare l’“appiattimento” della società, le povertà affrontate con politiche coerenti, sono state, queste e altre, di grande valore. Oggi, tutti intorno a Craxi, i nostalgici e i delusi, i pentiti, quelli sinceri a ricordare i suoi meriti. Alla sua condizione, nell'esilio di Hammamet, avranno pensato meno di quanto e di quanti avrebbero dovuto. Molti non si sono fatti vedere quando si è trattato di ripartire. Doveva essere nel nome della storia socialista, nella quale Craxi è stato un grande protagonista. Federico Lago

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CALABRESE PER CASO

Tra Salute e Premi Nobel In questa ultima settimana ho trovato due notizie interessanti, per gli argomenti e per le parole usate. La prima non poteva che essere l’incontro tra il Comitato dei Sindaci della locride con il Commissario per la sanità. La seconda, la questione di un possibile Nobel per la pace.

E’ sempre molto interessante aprire portali e webzine che raccontano la Calabria e la locride. In questo spazio che rende evanescente la fisicità, ma ritiene di poter diffondere le idee in un ambiente aperto, si possono scoprire molte cose e, in fondo, non sempre così scontate come sembra. Inoltre, ciò che domina in questo giornalismo autoprodotto è il favorire una partecipazione diffusa che in qualche modo ci invita a riflettere senza andare più lontano dei pochi centimetri che ci separano dal nostro smartphone. Ebbene, giocando con i tasti, in questa ultima settimana ho trovato due notizie interessanti, per gli argomenti e per le parole usate. La prima non poteva che essere l’incontro tra il Comitato dei Sindaci della locride con il Commissario per la sanità. La seconda, la questione di un possibile Nobel per la pace. Andiamo per ordine. La prima, quella sull’incontro relativo alla sanità. Leggendo dell’incontro mi ha colpito soprattutto l’incipit rappresentato dal “Moderato ottimismo” espresso dal Comitato dei sindaci. Ora guardando alla realtà calabrese dell’offerta sanitaria e, in particolare, senza andare sul piano qualitativo – su cui si potrebbero aprire diverse finestre – restando solo su quello organizzativo credo che il moderato ottimismo, poiché non lo si evince in termini articolati, così sottolineato si riferisca alla presentazione di un piano sanitario che ridistribuisca in termini di efficienza, oltre che di qualità, i servizi sanitari sul territorio. Credo, e vorrei sperare, che il moderato ottimismo nasca dalla presentazione di un progetto che dimostri chiarezza di idee e non sia solo il frutto dei soliti buoni propositi apparecchiati da sempre nelle tavole, poco rotonde in verità, che si sono organizzate in tutti questi anni senza modificare praticamente nulla. Anche perché, non me ne vogliano i puristi della lingua italiana, un moderato ottimismo potrebbe essere tale se sottende una sorta di fiducia verso le reali capacità di gestire e mettere in campo risorse tali da offrire una sanità diversa. Una sanità, o garantire un diritto alla salute, questa volta frutto non solo di un senso di responsabilità, ma di competenze e di conoscenze reali e misurabili nei risultati, non celebrate ma, come la legalità, praticate. D’altra parte se ci si ferma ancora oggi ad un semplice moderato ottimismo ovvero ad una sorta di aspettativa contenuta all’interno di un limite parziale posto per opportunità politica o per semplice prudenza - probabilmente qualcuno potrebbe ritenere, forse senza allontanarsi dal vero, che nonostante il moderato ottimismo si è ancora lontani dal constatare l’esistenza di idee concrete. Idee queste ultime che, se esistenti e presentate, dovrebbero far superare un moderatismo poco funzionale a quel senso di emergenza che al contrario domina imperturbato da tempo. E

adesso andiamo alla seconda notizia: quella del Nobel per la pace possibile, auspicabile, deciso, proposto ecc… per un comune o forse per il suo sindaco, ma poco importa. Ora non sta a chi scrive sottolineare quanto e in che misura i premi Nobel per la pace siano stati spesso strumentali a forme politicamente corrette per far accreditare nell’opinione pubblica pensieri dominanti poi sconfessati dalla realtà. E, ovviamente, non si trattava di personalità di secondo piano. Potremmo citare un più recente Obama, un Nobel per la pace per una presidenza costantemente in guerra in più parti del mondo; o ai precedenti Nobel di Arafat e di Rabin a ridosso di una tragedia, quella del popolo palestinese, non ancora risolta. Insomma, tra tutti questi esempi, si potrebbe anche pensare ad un Nobel per la pace calabrese per l’accoglienza e per l’integrazione se avessimo, quantomeno, chiare le idee su che significato attribuire a tali termini soprattutto riconoscendo, in totale onestà intellettuale, se e in che misura possa esistere una integrazione di serie A dalla quale sono esclusi buona parte dei calabresi che emigrano - come sottolinea l’autore di una puntuale lettera indirizzata ad un sindaco e rilanciata da un giornale online della locride - rispetto ad una integrazione di serie B, in una terra che vorrebbe accogliere da un lato e costringe alla fuga i propri figli dall’altro. Nobel o non Nobel, insomma, credo sia molto complesso discutere di come e in che termini questo modello di integrazione e di servizi possa giungere a Stoccolma al di là della riserva rappresentata dal tutto è possibile. In fondo, il modello è offerto da una terra che chiude un occhio su baraccopoli esistenti da tempo ricordandosene solo all’ennesima rissa o all’ennesimo reato da sfruttamento. Una terra che non sembra avere eguali, almeno in Europa, nella capacità di disintegrare se stessa, pauperizzando le proprie risorse e pretendendo di dimostrarsi leader nell’integrazione, ma che poi nell’ordinario della vita non fa ciò che dovrebbe: tutelare i propri figli e, in tal senso, accettarne altri a pari condizioni di opportunità. Credo che per valutare la concessione di un Nobel per la pace forse si dovrebbe partire dal come e in che misura esista anzitutto una pace sociale fondata non sulla fuga e lo spopolamento dei comuni, ma sul piacere di viverci. Probabilmente un concetto che non ha senso se l’idea si risolve in provocazione per far si che essa si trasformi in un prodotto utile per una tra le tante corse politiche. Un pensiero di ospitalità presunta che alla fine sacrifica due umanità: quella dei cittadini calabresi costretti, ancora oggi, ad andare via, e quella di coloro il cui dramma offre simili opportunità. Giuseppe Romeo

C’è memoria e memoria

A giorni si celebrerà in Italia la “Giornata della memoria”, in ricordo delle vittime dell’olocausto del popolo ebreo. Seguirà a breve quella per ricordare la tragedia delle foibe. Se è giusto ricordare i vari olocausti, quello degli armeni, degli indiani d’America, ecc., credo sia giusto anche ricordarne altri. Non mi riferisco solo a quello alle popolazioni africane, nel periodo dell’impero: inglese, tedesco, francese, spagnolo, italiano, ecc., ma anche a quello della popolazione del Sud d’Italia a seguito degli eventi accaduti dopo il 1861. In quella data, si cancellava, "manu armata", un antico Stato sovrano e si iniziava lo smantellamento di una economia che era all’avanguardia a livello europeo. Opera di smantellamento di uno Stato e di una economia, fatta, forse, nella convinzione che prima o poi, come era già avvenuto nel passato, i Borbone sarebbero ritornati al potere e quindi era più opportuno attuare una politica di rapina e trasformare il Sud in una landa desolata. I Borbone, non fecero mai più ritorno al potere e l’Italia “unita”, si trovò così, dopo qualche decennio e a tuttora, una “palla al piede”, un peso, in fin dei conti, creato dallo stesso Piemonte con la politica di spoglio attuata nei confronti dei nuovi territori conquistati. Il primo presidente del nuovo Banco Nazionale, Bombrini, ordinò: "I meridionali non dovranno mai più intraprendere”, e così fu. Il suo “ordine” azzerò l’apparato industriale meridionale, che era tra i primi in Europa, che avrebbe potuto contribuire, alla crescita dell’economia nazionale. Ridotti alla fame, molti del Sud, furono costretti a lasciare la Patria ed essere, prima briganti e poi emigranti. Milioni di meridionali emigrarono e riempirono con milioni di lire dell’epoca, derivanti dalle rimesse economiche mandate alle famiglie, le casse dei piemontesi, i quali li impiegarono per lo sviluppo economico del nord Italia. Altri, divennero “briganti” ed iniziarono la lotta armata contro gli invasori. Lutti, sofferenze, tragedie, stragi, caratterizzarono per ben 10 anni le regioni del sud. La pulizia etnica attuata dai Piemontesi, fece inorridire politici e scrittori italiani ed europei per come fu portata a compimento. I morti, 100.000, 600.000? Interi paesi furono rasi al suolo. Nulla ostacolò il disegno del governo italiano, che non si fermò davanti a niente, nel totale ed assordante silenzio dell’opinione pubblica settentrionale ed europea. Un esercito ben armato, di oltre 120.000 soldati fu inviato nel Sud Italia per

“pacificare” quei territori. Furono emanate leggi speciali, istituiti tribunali speciali, predisposti veri e propri campi di concentramento, più o meno come fecero i nazisti con gli ebrei, come gli americani con i “pellerossa”. In quei campi di concentramento del Nord, furono deportati migliaia di meridionali, colpevoli solo per non avere giurato fedeltà al nuovo Re d’Italia e per non voler essere “unificati”. Il deputato Ferrari, nel novembre 1862: «Potete chiamarli briganti, ma combattono sotto la loro bandiera nazionale; potete chiamarli briganti, ma i padri di quei briganti hanno riportato due volte i Borbone sul trono di Napoli. È possibile, come il governo vuol far credere, che 1500 uomini comandati da due o tre vagabondi tengano testa a un esercito regolare di 120.000 uomini? Ho visto una città di 5000 abitanti completamente distrutta e non dai briganti». Massimo D’Azeglio nel 1861: «al sud del Tronto» sono necessari «sessanta battaglioni e sembra non bastino»: «Deve esserci stato qualche errore; e bisogna cangiare atti e principii e sapere dai Napoletani, una volta per tutte, se ci vogliono o no… agli Italiani che, rimanendo italiani, non volessero unirsi a noi, credo non abbiamo diritto di dare delle archibugiate». Oggi molte nostre strade e piazze, ci ricordano i fautori e gli istigatori del massacro del meridione, niente che ci ricordi il sacrificio di tanti nostri conterranei che morirono a difesa della loro terra. Gli Americani hanno rivisitato la loro storia, hanno riconosciuto i propri errori e hanno chiesto scusa ai pellerossa. Da noi, si istituisce la giornata della memoria per l’olocausto degli ebrei. Bene! Si celebra il giorno della conciliazione per tutti coloro che morirono negli anni della Resistenza e nelle foibe. Benissimo! Non sarebbe altrettanto giusto dedicare una giornata al ricordo di quei tantissimi meridionali morti nel decennio post unitario che resistettero all’occupazione? Se quella resistenza avesse avuto diversa sorte e fosse riuscita a scacciare gli invasori, come sarebbero stati chiamati quei resistenti? Sarebbero stati definiti: briganti o patrioti? I governatori delle regioni meridionali si attivino in tal senso. Qualcuno lo ha fatto, la Calabria no! Non meritano questi morti di essere ricordati? O i morti del meridione non contano e non hanno valore? Danilo Franco


CONVERSANDO

Parte domani il nuovo Corso per Assaggiatori di Vino Si è svolta nella giornata di lunedì 21 gennaio presso l’Aula dei Seminari del Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, la presentazione del XII Corso ONAV per Assaggiatori di Vino. Organizzato dall’ONAV, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino, il corso avrà inizio domani, 28 gennaio (e terminerà il 25 Marzo), a Reggio Calabria e si articolerà attraverso 15 lezioni teoriche e pratiche, in cui si cercherà di far emergere, ad ogni assaggio guidato e ad ogni lezione teorica, le potenzialità dell’Aspirante Assaggiatore in ordine all’analisi sensoriale, che il candidato svilupperà in maniera del tutto naturale attraverso un percorso di conoscenza integrale del mondo del vino. Durante i lavori sono intervenuti: Giuseppe Zimbalatti Direttore del Dipartimento Agraria, Emanuela De Salvo, Dottore di Ricerca in Tecnologie Alimentari presso il Dipartimento Agraria e Docente Onav; Antonio Mincione, Docente di Analisi Fisica e Sensoriale del Dipartimento Agraria; Carmelo Romeo, Delegato Provinciale ONAV ed Esperto Assaggiatore che ha anche condotto l’assaggio con Analisi Sensoriale del vino rosso Aranghìa della Cooperativa Sociale Terre Grecaniche. Dopo un breve excursus sulle vicissitudini che ha attraversato, storicamente, il comparto vitivinicolo calabrese e sui segnali di ripresa che si intravedono, specialmente in ordine alla qualità dei prodotti, Giuseppe Zimbalatti ha affermato che presentare il Corso Onav per Assaggiatori di vino, per il Dipartimento di Agraria è motivo di crescita e orogoglio. Il Direttore Zimbalatti ha poi annunciato in anteprima l’avvio di una nuova attività formativa, il master di secondo livello di management delle aziende vitivinicole. La parola è, poi, passata a Emanuela De Salvo che ha descritto il suo triplice vissuto, come appassionata di vino, come docente Onav e come studiosa di Analisi sensoriale, dichiarando che la sua passione è nata portando avanti degli studi come Dottoranda di ricerca sul Gaglioppo, il più importante autoctono calabrese. È stata poi la volta del Professor Antonio Mincione che ha illustrato brevemente alcuni elementi di metodologia analitica sensoriale. Mincione, dopo aver dichiarato la centralità della qualità del prodotto nell’approccio sensoriale, ha affermato che l’analisi sensoriale deve avere la stessa attenzione ricoperta dall’analisi chimica e fisica e deve fare da guida per la riconoscibilità dei prodotti di qualità, così da educare il consumatore verso una sempre minore uniformità dei consumi alimentari, evitando che i migliori prodotti enogastronomici siano relegati in prodotti di nicchia. La palla è poi passata a Carmelo Romeo, Delegato Onav, che ha illustrato l’importanza del vino nel mondo, la sempre crescente domanda di qualità da parte dei consumatori, il ruolo svolto dall’assaggiatore di vino nell’interpretare questa qualità in maniera corretta e l’aspetto emozionale legato all’assaggio.

GIUDIZIARIA

Indagini tecnologiche

FRUTTI DIMENTICATI

Pero gentile di Sant’Agata PIRUS COMMUNIS L. FAMIGLIA ROSACEE

Nei territori compresi tra la fiumara di Bruzzano e La Verde, moltissime erano le varietà di peri che offrivano frutti, utilizzati in vari modi. Naturalmente oggigiorno siamo portati a pensare che l’uso più importante delle pere sarebbe quello del consumo fresco come frutta, ma quest’idea non occupava quasi per nulla il pensiero della gente che lavorava e tribolava per sopravvivere in una società basata quasi esclusivamente sull’autoconsumo e difficilmente, per alcuni prodotti della terra, si pensava a scambi commerciali o semplicemente alla commercializzazione che non esisteva . Nell’immediato dopoguerra, agli inizi degli anni cinquanta, si era attivato un commercio di pere, basato però sull’unica varietà Melone o Conte , presente in una certa abbondanza nel comprensorio tra Bianco e Brancaleone, ritenuta valida per i gusti dei consumatori dell’Alta Italia. Tale varietà opponeva una buona resistenza alla mosca della frutta, tanto che circa l’80% delle pere rimaneva intatta. Bisogna ricordare che dagli inizi degli anni venti del 900 era arrivata la mosca della frutta dall’Africa colpendo tutte le varietà fruttifere, condannando a marcire la frutta; poche varietà opposero ed oppongono una certa resistenza. Prima di quella data, ogni varietà di frutta rimaneva intatta e le persone che erano nate all’inizio del secolo scorso, ricordavano, non credute, che da bambini avevano mangiato dei frutti perfetti senza di aver subito alcun trattamento chimico che neppure veniva preso in considerazione perché non si conosceva l’esistenza specie dalle nostre parti. Di conseguenza le alternative diventarono poche quando arrivò il flagello della mosca della frutta in quanto quasi tutte le varietà di pere divennero facile esca dell’insetto e solo poche divennero quasi immuni, specie quelle precoci che maturavano ai primissimi giorni di giugno; c’erano e ci sono poche altre che si oppongono con efficacia ad essa, pur maturando in piena estate, quando è sviluppatissima. Tali varietà sono molto aromatiche per cui si può dedurre che la fragranza di esse la sconcerta o l’aroma molto pronunciato scoraggia l’insetto stesso. La maggioranza delle pere, che maturavano a partire dalla prima quindicina di luglio offrivano poche alternative se non quella di essere date fresche ai

I BRIGANTI

Divide et impera

maiali, possibilmente un po' prima della maturazione quando pervenivano ad uno stato avanzato di marcescenza e quindi erano appetite meno . A questo punto rimaneva l’unica alternativa possibile che era quella di produrre con esse delle pere secche (Cottia, cortee ecc), utilissime d’inverno per uso alimentare per gli uomini, ma anche per gli animali, specie per le mucche al tempo dell’aratura e della semina ( Sporo). Per tale scopo prima della seconda guerra mondiale, si cercava di scegliere le varietà più adatte che differivano nei vari territori. Infatti nel comprensorio di Bianco, quindi da Bianco stesso a Brancaleone, venivano privilegiate e innestate su perastri principalmente la varietà Muntagnisi o Campanella, presente anche nel territorio di Casalnuovo d’Africo dove da Asceti s’insinuava fino al Passo di Ficara e raggiungeva Furchi; ricordiamo che Casalnuovo fu casale di Bruzzano fino al 1806 e che seguì la sorte del suo ducato fino all’eversione della feudalità con le leggi apposite promulgate da Giuseppe Napoleone Bonaparte nell’agosto del 1806. Il ducato di Bruzzano accolse nel suo territorio, alla fine del XV secolo, al tempo degli aragonesi profughi albanesi, che dislocò proprio a Casalnuovo che deriva quindi dall’insediamento di quel periodo; non risultano parole d’origine albanese nel suo dialetto. Oltre a alle pere muntagnisi o campanelle, a Bova erano ritenute idonee per le pere secche, le Filippariche e le Romane, presenti anche nell’isola di Creta in Greca, secondo le testimonianze del defunto Bruno Casile. Ancora nel comprensorio di Bianco, per lo stesso uso, venivano usate le pere Gentili e specialmente le pere Gentili di Sant’Agata, che erano diffuse nelle Badie di Ferruzzano, nelle Badie di Sant’Agata e nel territorio di Sant’Agata e Samo. Forse venivano chiamate con tale denominazione perché erano tipiche di Sant’Agata appunto. Il tempo della loro maturazione avveniva tra la fine di luglio e la prima decade di Agosto, quando venivano spaccate a metà e messe ad essiccare al sole su incannicciate di canne o di ginestre ( prazzine ) poste su un impalcatura essenziale costituta da quattro pali biforcute all’estremità. Le pere cotte risultavano eccellenti, dolci con un retrogusto che tendeva leggermente all’aspro. Orlando Sculli

Un paese “imbruttito, incattivito, armato, pericoloso, dove vanno avanti i più furbi e gli imbroglioni...”. E’ solo un piccolo pezzo di uno dei molti video che fortunatamente girano sul web, e che cercano di smuovere le coscienze. Di cosa si parla? Del paese che è diventato questo qui, la nostra bella penisola, sotto il governo giallo-verde. Sì, è vero, il video in questione (https://www.youtube.com/watch?v=UwWL5El2tMg) giustamente parla di Salvini, del suo pentimento improvviso, del suo presunto amore per il sud... dopo la sua elezione, di anni di insulti ai merdionali dimenticati magicamente. Non si può gettare uno sguardo e passare oltre, come fece Dante nella Divina Commedia, poichè non è un sogno: è la pura realtà. Questo paese fa letteralmente schifo! E ce lo dicono i fantasmi dei morti che volano sopra le nostre teste, che non ci fanno dormire la notte dalla troppa vergogna. Siamo noi che glielo lasciamo fare, noi insieme a quella parte di governo che si dice “gialla” ma che è più verde di quell’altra originale, poichè chi tace acconsente! Questo è un governo strambo, e come tale morirà. Mi piacerebbe che il mio sud, il mio

La crescente diffusione dell’uso di apparati cellulari di ultima generazione (tipo “smartphone”) da parte delle consorterie criminali nazionali e internazionali, oltre ai convenzionali strumenti di comunicazione, ha indotto gli investigatori, in questo caso del GOA della Guardia di Finanza di Catanzaro, nel corso di una serie di indagini, ad assicurare la ricerca delle fonti di prova attraverso l’utilizzo di un sistema di monitoraggio alternativo che permettesse l’intercettazione delle “conversazioni chat”, prevalentemente effettuate tramite l’utilizzo della piattaforma BlackBerry. Di contro, attesa la divulgazione negli ultimi anni circa la capacità, da parte delle Forze dell’Ordine, di intercettare le comunicazioni effettuate tramite tale tecnologia, le compagini criminali sono state indotte, da un lato, ad utilizzare metodi di corrispondenza più evoluti, dall’altro, a limitarne l’uso, preferendo talvolta la comunicazione de visu. Di conseguenza, al fine di carpire le necessarie informazioni utili alla prosecuzione delle indagini ed alla rivelazione degli intenti delittuosi della consorteria indagata e visto il mutato atteggiamento da parte degli indagati, la Finanza, è ricorsa alle intercettazioni di tipo “tradizionale”, concentrando altresì gli sforzi, oltre che nella semplice intercettazione telefonica, nell’installazione di apparecchiature per l’intercettazione ambientale e la localizzazione GPS all’interno delle autovetture utilizzate dalla consorteria, di sistemi di videosorveglianza nei pressi delle abitazioni dei principali indagati e, ove possibile, nell’inoculazione di virus informatici sugli smartphone in uso a questi ultimi, in grado di fungere da sistema di captazione ambientale mobile. Considerata la prevalente localizzazione in territorio estero da parte di alcuni dei soggetti indagati nell’ambito del procedimento Hermes, vista anche la possibilità di condividere gli sforzi investigativi con le Forze di polizia dei Paesi coinvolti nella S.I.C., si sono utilizzate anche apparecchiature fornite dal BKA, che hanno permesso di usufruire delle risultanze delle attività captative eseguite in territorio tedesco, nonché di svariati aggiornamenti e rapporti informativi, riguardanti sia le operazioni di intercettazione, che le attività di osservazione e pedinamento eseguite dai collaterali organi di polizia tedeschi e olandesi coinvolti nell’indagine comune. Tale materiale, inoltrato a questo Reparto in lingua inglese, tedesca e olandese, è stato opportunamente tradotto in lingua italiana da militari in forza al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, nonché da diversi interpreti di volta in volta nominati. D’altro canto per il tramite del collaterale di polizia olandese, si è entrati in possesso di parte della corrispondenza intrattenuta dagli indagati tramite un sistema applicativo per la trasmissione di dati criptati, utilizzabile tramite smartphone. Nello specifico, il collaterale olandese partiva dall’acquisizione di parte della corrispondenza intrattenuta da uno degli indagati direttamente dal server presso cui si “appoggiava” l’indirizzo e-mail associato allo smartphone in uso a quest’ultimo, dopodiché rendeva fruibili tali informazioni agli altri membri della S.I.C.. Il metodo utilizzato dagli olandesi per l’acquisizione di tali dati veniva riportato all’interno di un rapporto informativo il quale, insieme al foglio elettronico (“.xls”) contenente la prima parte della corrispondenza acquisita. Per monitorare gli spostamenti degli indagati e per giungere alla loro compiuta identificazione, sono state sottoposte ad intercettazione le utenze in uso a questi ultimi, talvolta intestate agli stessi, molto più spesso intestate a terze persone inconsapevoli o addirittura inesistenti, consentendo, in tal modo, di rilevare, quando necessario, l’ubicazione del ponte radiomobile interessato (cella).

Mediterraneo, prendesse coscienza di essere un popolo unito, perchè potrebbe fare la differenza senza quei politici marci (nostrani!) piegati al potere. Ma ancora le tv sono accese, da mattina a sera, e le menti deboli sono attratte dalle parole forti, dalle parole spazzatura così come spazzatura sono le informazioni che si registrano nel cervello. Siamo inondati da spazzatura mediatica. Ma questo è il progetto: dividere il popolo, confonderlo, perchè un popolo diviso è più facile da comandare. Più sei diviso e più sei solo, ce ne renderemo conto prima che sia tardi? Una volta, ai bambini si raccontavano le fiabe dove il bene vinceva sul male, invece adesso i nonni raccontano ai nipoti che gli “extracomunitari” ci rubano il futuro. Non ce l’ho coi nonni, chiaramente: loro sono vittime del sistema. Ce l’ho proprio con questo modo di governare, che tenta di stare a galla affossando gli altri. I bambini sono intelligenti, ci metteranno poco a capire quante balle raccontate, balle a cui nemmeno voi potenti credete.Mi piacerebbe esserci quel bel giorno in cui il progetto malefico verrà a galla. Speriamo di poter esultare di gioia. Brigantessa Serena Iannopollo


27 GENNAIO- 16

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società

Un tasso di sovraffollamento che supera il 100%, le morti per ragioni di salute e l'aumento dei suicidi, la grave carenza di personale in grado di favorire l'attività rieducativa dei detenuti, la mancata applicazione del principio di risocializzazione della pena consacrato nell'art. 27 della Costituzione, la concezione del carcere come luogo di sofferenza e di espiazione dolorosa in cui la logica del terrore la fa da padrona. Tutti elementi che non rivelano nulla di buono a un Paese che si definisce civile.

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Intervista a Gianpaolo Catanzariti, nuovo responsabile nazionale dell'Osservatorio Carcere dell'Unione Camere Penali Italiane.

“Il carcere è una polveriera pronta a scoppiare” MARIA GIOVANNA COGLIANDRO a anni l’avvocato Gianpaolo Catanzariti, consigliere della Camera penale “Gaetano Sardiello” di Reggio Calabria, si batte con determinazione e perseveranza per migliorare la vita delle persone detenute. Un impegno che la scorsa settimana gli è valso la prestigiosa nomina a responsabile nazionale dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali Italiane, uno strumento fondamentale per monitorare lo stato dei diversi istituti penitenziari del nostro Paese, con facoltà di definizione delle linee di intervento politico e di proposta in sede legislativa per l’ordinamento penitenziario. Una delle attività principali dell’Osservatorio sono le visite nelle carceri al fine di rilevare le situazioni piu degradanti per la dignita dei detenuti. A parte il sovraffollamento, quali sono le problematiche urgenti che non riescono a trovare spazio sui giornali? L’elenco rischia di essere lungo e rendere il quadro a tinte ancora più fosche. Le ferite aperte degli istituti penitenziari non possono in ogni caso essere disancorate dal sovraffollamento. Tutte assieme rendono il carcere una polveriera pronta a scoppiare. Le recenti rivolte di Sanremo, Busto Arsizio, Lucca e Trento costituiscono una drammatica conferma. Certamente, tra i problemi più rilevanti possiamo annoverare la tutela del diritto alla salute dei detenuti. Secondo gli ultimi dati statistici rilevati, sono almeno 77 i morti in carcere per ragioni di salute con casi attenzionati anche dalla magistratura inquirente. La grave carenza di personale in grado di favorire l’attività rieducativa dei detenuti. Gli educatori, infatti, sono solo il 2,17% di tutto il personale penitenziario. L’altro nervo scoperto, poi, è rappresentato dagli ostacoli, a volte insormontabili, al mantenimento dell’affettività. Sappiamo per certo che una completa ed effettiva rieducazione del detenuto passa soprattutto dalla necessità di mantenere, rafforzare e ricostruire, su nuove basi, il rapporto con i propri familiari e con il contesto sociale in cui si è vissuto e ha realizzato una sua identità. Purtroppo, specie nelle regioni meridionali, assistiamo a moderne “deportazioni” verso gli istituti penitenziari dell’estremo nord. Una pena aggiunti-

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va alla pena detentiva. Rispetto alla media nazionale, le carceri calabresi come si pongono? La Calabria appare perfettamente allineata con il resto del Paese. Sempre in negativo. Almeno 7 su 12 ovvero poco più della metà degli istituti penitenziari calabresi presentano un tasso di sovraffollamento che oscilla tra il 137,62% di Reggio-Panzera e il 107,22% di Rossano. E gli altri probabilmente non lo sono almeno per ragioni di interventi di ristrutturazioni edilizie che le rendono parzialmente utilizzate. Teniamo comunque conto che i dati ufficiali sul sovraffollamento sono in realtà sottostimati in quanto tarati sui posti-letto regolamentari e non certo su quelli realmente disponibili. Analogamente per le altre problematiche di cui abbiamo parlato. Basti pensare che gli educatori in Calabria sono un terzo in meno di quelli previsti in pianta organica. Ma lo stesso si potrebbe dire sul personale di polizia penitenziaria se non addirittura sul numero di magistrati di sorveglianza. Nel contratto per il “governo del cambiamento” si prova a rispondere al problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari con un piano per l’edilizia penitenziaria. È questa la soluzione per

contrastare il trend di crescita della popolazione carceraria? Proporre la costruzione di nuove carceri quale soluzione al sovraffollamento e ai crescenti suicidi è un atto di inaudita ipocrisia oltre che di grave irresponsabilità anche perché occorrerebbero risorse finanziarie ingentissime e qualche lustro per vederle in funzione. Per la costruzione di un nuovo istituto da 300 posti si ipotizza siano necessari 2.530 milioni di euro e un periodo di tempo ricompreso tra 7 e 10 anni. Nel frattempo avremo la deflagrazione del sistema e la condanna nelle sedi internazionali dell’Italia come ai tempi della sentenza “Torreggiani”. Più volte si è fatto notare che l’amministrazione penitenziaria potrebbe essere la più grande impresa italiana e che la detenzione basata sulla produzione potrebbe dare grandi risultati. Cosa pensa in proposito? Fin quando avremo un sistema imperniato sul carcere come luogo di sofferenza e di espiazione dolorosa non credo che riusciremo ad avere una produttività sociale o economica della detenzione. D’altro canto cosa ci si può aspettare da un sistema basato sull’ostatività della pena ovvero l’impossibilità per


chi ha commesso un reato di criminalità organizzata di accedere a trattamenti finalizzati al reingresso nella società? Se un Ministro della Repubblica Italiana, che va per la maggiore oggi, candidamente diffonde il messaggio alla pubblica opinione che una persona debba “marcire in galera” possiamo sperare in un carcere produttivo? Altro punto del contratto di governo riguarda le pene alternative, considerate come gentili e imperdonabili concessioni alle persone detenute. Eppure oggi ogni detenuto costa 137 euro al giorno e appena 95 centesimi sono destinati alla rieducazione… Fingono di non sapere che l’esistenza e soprattutto l’applicazione diffusa di misure alternative in grado di preparare il rientro del detenuto nella “società dei liberi”, oltre a essere una corretta applicazione del principio di risocializzazione della pena consacrato nell’art. 27 della Costituzione, rappresenta un beneficio per la società più che per il detenuto. Un detenuto gradualmente reinserito e accettato dalla società è un soggetto che difficilmente tornerà a delinquere. Gli automatismi e le preclusioni oggettive introdotte dalle eterne logiche emergenziali e che oggi impediscono ai magistrati di sorveglianza di valutare caso per caso la possibilità di concederle o meno rendono l’Italia meno sicura e meno civile. Altro motivo di arretramento, per una società civile, contenuto nel contratto è la proposta di abrogare la cosiddetta norma “Consolo” con cui oggi viene consentito a chi è sottoposto a regime di 41bis di poter avere colloqui con i propri familiari e abbracciare i propri figli, mogli, padri, madri e nipoti. Proibire un abbraccio servirà a sconfiggere la mafia? Il terrore non potrà mai sconfiggere un fenomeno complesso che non è solo criminoso. L’applicazione sistematica delle leggi emergenziali introdotte prima per il terrorismo e poi normalizzate per la mafia non sono servite né servono a debellare il fenomeno mafioso. Quante volte abbiamo sentito in tv o letto sui giornali che un boss dopo decenni di 41 bis è ancora in grado di comandare solo con lo sguardo? Se ciò è vero vuol dire che il 41 bis è inutile, se non lo è vuol dire che il mantenimento di esso lo è altrettanto. Simili affermazioni fatte da magistrati di prim’ordine dimostrano che il 41 bis è una tortura gratuita e contraria ai principi fondamentali della civiltà occidentale. Rimango fermamente convinto che il delitto si debba affrontare con il diritto e non certo praticando altro delitto. Di recente è stata approvata in via definitiva la

legge “Spazza corrotti”, iniziativa del guardasigilli pentastellato Alfonso Bonafede. La legge in realtà spazza via alcuni principi elementari del diritto a cominciare dalla fine della prescrizione anche per l’imputato che fosse assolto. Qual è il suo giudizio in merito a questa legge? È una modifica incostituzionale, inutile e soprattutto dannosa. Incostituzionale perché stravolge la presunzione di non colpevolezza costituzionalmente prevista dall’art. 27. Inutile perché non aggredisce l’eccessiva durata dei processi e il fatto che oltre la metà dei reati si prescrivono durante le indagini preliminari. Dannosa perché rende ognuno di noi potenziale “imputato a vita”. È l’ennesima riprova che ogni modifica sul processo penale e sul sistema penale in generale serve più ad aizzare le viscere degli italiani che a migliorare le cose. Sino ad oggi ci siamo battuti e ci batteremo contro il fine pena mai, adesso dovremo batterci anche contro il fine processo mai. Ogni anno in Italia 1000 persone vengono risarcite dallo Stato per essere stati in carcere da innocenti. Com’è possibile incorrere in così tanti errori giudiziari e cosa propone per evitare che un innocente finisca dietro le sbarre? È un dato sottostimato. Non considera, infatti, quanti subiscono una detenzione ingiusta ma non hanno avanzato domanda di indennizzo oppure non è stato loro riconosciuto. Si limita a quelli positivamente indennizzati. È un problema culturale non solo e non tanto normativo. Le norme che consentono di ridurre l’applicazione delle misure cautelari esistono, magari non per tutti i reati, ma esistono. Purtroppo se un giudice non accoglie le richieste di centinaia di arresti fatte da un pubblico ministero rischia di finire sulla graticola di un’opinione pubblica che costruisce di giorno in giorno le forche a cui un giorno si ritroverà appesa. La custodia cautelare dovremmo chiamarla piuttosto carcerazione preventiva. A chi dice che il codice di procedura penale introdotto sulla scia emotiva del caso Tortora sia un codice ipocrita bisognerebbe ricordare che la sua applicazione concreta lo ha fatto diventare! Perché non è prevista alcuna azione disciplinare, alcun procedimento penale per chi ha fatto finire dietro le sbarre un innocente? Anche qua, le norme esistono, magari annacquate, ma esistono. Certo la concreta applicazione di esse ci induce ad affermare e invocare norme più restrittive, se i casi sanzionati dall’introduzione della legge sulla responsabilità dei magistrati ad oggi si

possono contare sulla punta della mano. E ciò induce un sentimento diffuso di malcontento e uno spirito di corporazione mal sopportato. Rimane comunque un problema culturale e ordinamentale. La separazione delle carriere favorirebbe il giusto processo. In Italia c’è una sorta di lobby dei periti: i processi più importanti vengono affidati a professionisti che hanno instaurato un particolare rapporto con il magistrato. Non sarebbe il caso di evitare che la competenza nell’assegnazione degli incarichi venga affidata ai giudicanti o ai titolari delle indagini? Basterebbe maggiore trasparenza e possibilità effettiva di sindacare l’attribuzione degli incarichi di periti e amministratori giudiziari per rendere più lineari tali attività di supporto al giudice. Senza trasparenza non ci può essere controllo e senza controllo il rischio di andare oltre i binari è alto. Prima che della giustizia, si diventa prigionieri della stampa: molte inchieste giudiziarie sostituiscono l’accertamento giudiziario con la condanna sociale. Come si può ovviare a questa deriva culturale del nostro sistema giuridico? È un dramma e la misura dell’imbarbarimento della nostra società. Il circo mediatico-giudiziario come recita uno splendido libro di un avvocato francese, Daniel Soulez Lariviere, serve spesso a puntellare un’accusa prima ancora di una verifica nel contraddittorio tra le parti. Rappresentare un uomo come un mostro, scandagliare ogni suo vizio, certamente irrilevante per l’accusa, sputtanarlo davanti alla società è una amara preparazione verso un processo già gravato da forti emozioni. Anche qua le norme esistono. Difficilmente però si assiste a un loro ossequioso rispetto. A partire dall’arresto delle persone che sfilano alle 9 del mattino davanti a telecamere e taccuini anche se in quei luoghi sono stati portati magari 6/7 ore prima. Oppure mettere in rete prima ancora della verifica stralci di conversazioni intercettate per solleticare la morbosità della gente. Non è facile risolvere un problema che tocca l’intero sistema dell’informazione. Un sistema malato che confonde il giornalismo d’inchiesta con il riciclaggio delle informative. Tutto ciò dimostra quanto sia malato quel sistema in cui una durissima pena sociale viene espiata prima ancora che intervenga una decisione di condanna emessa da un Tribunale se non addirittura un’assoluzione processuale.


27 GENNAIO - 18

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Il locrese Antonio Tallura nella soap “Il Paradiso delle Signore”

La soap opera, in onda tutti i pomeriggi su RAI UNO, racconta le storie, gli amori, le speranze e le delusioni che ruotano attorno al primo grande magazzino per signore della Milano degli anni ’50

“Il Paradiso delle signore” è una soap opera in onda tutti i pomeriggi su RAI UNO. Racconta le storie, gli amori, le speranze e le delusioni che ruotano attorno al primo grande magazzino per signore della Milano degli anni ’50. Nel cast, nel ruolo di uno psichiatra, l’attore calabrese Antonio Tallura. Nato a Locri l’11 febbraio 1958, ha trascorso la sua adolescenza tra le bellezze della Locride, terra ricca di storia e meraviglie, trascorrendo il suo tempo al cinema all’aperto del paese. Ma è stata la scuola a fargli scoprire il teatro e l’amore per la recitazione, quando un po’ per gioco, un po’ per sfuggire alle lezioni, partecipò alla rappresentazione teatrale de “La Giara” di Pirandello. Questa esperienza, molto bella, lo segnò a tal punto che decise di continuare per quella strada, organizzando spettacoli insieme agli amici. Man mano che passava il tempo, quello che era iniziato tutto come un gioco, si trasformò in una passione e nel desiderio che diventasse un lavoro. Nel 1978 decide di trasferirsi a Roma per frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica “Peter Sharooff, dove si laurea nel 1981. Da allora, non si è mai fermato recitando in fiction di successo come “Provaci ancora Prof”(su Rai 1), “Squadra

Antimafia” (su Canale 5); per il cinema “Piacere io sono Piero” per la regia di E. Carone e ancora “Il mistero della donna del treno” per la regia di F. Femia e tanti altri; numerose le sue rappresentazioni teatrali. Il successo, però, non è riuscito a cambiarlo, è sempre legato alla sua Terra, dalla quale ritorna appena ha una pausa dalle riprese, ed è attaccato a ciò che veramente conta nella vita, come i valori e i sentimenti sinceri. Antonio Tallura è un altro esempio di calabrese che ha avuto grinta, coraggio e determinazione tanto da riuscire a raggiungere il suo obiettivo, ed è soprattutto un altro calabrese che è stato capace di farsi apprezzare fuori dal nostro territorio, ottenendo successo e consensi. In questi giorni è, dunque, possibile notare la sua bravura nella fiction di successo di RAI UNO, per la regia di Monica Vullo, accanto a interpreti come Alessandro Tersigni, Roberto Farnesi, Christiane Filangeri, solo per citarne alcuni. Rosalba Topini

Nel sociale senza social!

Vivere in campagna a Locri, in Calabria, è un sogno di ragazzo realizzato da adulto. Non la scelta di astrazione o di parascetismo radical-chic ma un ritorno in campagna a Locri in Calabria. Qualche tempo fa in occasione della presentazione di un libro ho incontrato una persona che non vedevo da tempo e mi ha chiesto quanto mi sarei fermato a Locri e dove vivessi. Rimasi basito e ho attribuito la cosa al fatto che non frequento la piazza, il lungomare, i centri commerciali; errore, la mia unica colpa era di non aver postato sui social i miei spostamenti, la caduta del primo dentino dei miei figli e tutti gli eventi più banali del mio percorso di vita. Ho imparato da mio padre ad affacciarmi di buon mattino ad annusare l’aria a valutare il meteo, solo dopo, se necessario lo confronto con il servizio dell’aeronautica. Acquisto il giornale tutte le mattine ma non ho fretta di leggerlo, posso farlo tranquillamente la sera o anche al mattino dopo, non ho fretta di consumarlo. Le notizie m’interessano anche se non sono freschissime, mi servono per capire non per controbattere. Assistiamo quotidianamente ai botta e risposta dei vari personaggi pubblici che invece di pensare a quello che devono fare per il ruolo ricoperto pensano a rispondere per le rime a qualsiasi stupidaggine. Vedi gli attuali ministri della repubblica! Eliminando il tempo delle attese si è cancellata l’elaborazione, vale di più rispondere o dire subito che rispondere o dire bene. Vale essere velocemente scaltri invece che essere riflessivamente saggi. Ma vale per chi e per che cosa? La comodità è assuefazione, il sacrificio è soddisfazione. Un obiettivo raggiunto senza fatica è povero di gioia. Avere l’alert dal profilo Fb sulle date di compleanno delle persone per fare gli auguri sempre sui social non significa ricordarsi degli altri anzi, quanti eventi passerebbero inosservati senza impegnare il cuore e il cervello. Avere rapporti con gli altri guardandosi in faccia è un valore irrinunciabile per gli esseri umani, almeno per chi vuole restare umano. La vicinanza dei social è malintesa dai più e non crea comunità. Ho 1241 amici, mi ha confidato una persona, intendeva su Fb. Ho una quindicina di amici, ho risposto, intendendo nella realtà e qualcuno l’ho perso prematuramente per scomparsa e non per avergli negato l’accesso al profilo. Si cercano le risposte su internet senza valutare da chi queste vengono formulate e a che titolo, noi andavamo in biblioteca e consultavamo testi che certificavano le risposte. Ora chi lo fa viene visto come un troglodita, la velocità è l’unico valore. Mi chiedo e vi chiedo: esiste una via veloce per la felicità? E se esiste produce felicità durevole? Questi pensieri mi vengono quando rifletto sul fine delle mie giornate, a cosa le dedico a parte gli affetti ora che non lavoro più? Posso godermi la pensione perché faccio una vita dignitosa senza pretese e qualche viaggio; è questo che voglio? Rispondere subito e a tutti è come stare sempre con il dito sul grilletto di una pistola carica col rischio di sparare senza neanche aver capito contro chi o che cosa. L’informazione realizzata con la funzione inoltra senza commento è come se ci fosse supina accettazione salvo poi fare macchina indietro se il meccanismo produce atrocità linguistiche e/o sociali. Quando si sbaglia ci si deve rammaricare e non basta un’alzata di spalle con sufficienza, così vuol dire non assumersi alcuna responsabilità per ciò che si dice o si fa. Stare nel sociale è un’esigenza umana ed è una mia esigenza. Stare sui social non è una mia esigenza. Arturo Rocca


Intervista a Irma Circosta

e offre l’opportunità ch o nd mo al iva ort sp e ion az izz an org e Special Olympics è la più grand mbini e adulti con disabilità ba a ici mp oli ort sp di tà rie va a un in re di allenarsi e gareggia che nella Locride. an ici rad sso me ha ics mp Oly al eci Sp intellettiva. Da qualche anno

"Ragazzi della Locride, Special Olympics ha bisogno di voi!" MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Con Special Olympics vincono tutti, e la vittoria è contro ogni pregiudizio. In vetta alla classifica c’è l’inclusione, tanto che il giuramento dell’atleta Special Olympics recita: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”.

Esistono realtà meravigliose in grado di donare speranza per un futuro in cui l’inclusione, l’apertura all’altro vincono su ogni perplessità e pregiudizio. Una di queste è Special Olympics, la prima organizzazione a strutturare un programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per persone con disabilità intellettive. L’enfasi è posta sulla gioia e sul divertimento nel partecipare alla competizione sportiva piuttosto che sulla prestazione fisica, così da spostare l’attenzione su ciò che gli atleti POSSONO fare e non su ciò che non riescono a fare. Da qualche anno Special Olympics ha messo radici anche nella Locride grazie alla straordinaria umanità e caparbietà di Irma Circosta, Responsabile regionale dell’Area famiglia del Team Calabria Special Olympics Italia, nonchè Presidente Special Olympics Locride. Da quanto tempo e perchè si è avvicinata al Team Special Olympics? Faccio parte del team da 30 anni e mi sono avvicinata a questa grande famiglia perchè mio figlio Michele è affetto da sindrome di Down. Special Olympics è un’organizzazione seria, affermata a livello mondiale - ne fanno parte 190 paesi del mondo e milioni di atleti - e mi ha permesso di vivere delle esperienze davvero gratificanti. Quali sono i benefici sociali della pratica sportiva per le persone con sindrome di Down? I ragazzi si sentono protagonisti, riescono a mettere in evidenza le abilità che possiedono e che gli stessi genitori ignorano. Vedere mio figlio tuffarsi dal trampolino, eseguire una virata, nonostante i suoi 44 anni, mi dà una gioia immensa. Così come vederlo partecipare alle Olimpiadi di Atene e conquistare ben due medaglie, una d’argento e una di bronzo. Ci può raccontare una sua esperienza diretta con qualcuno degli atleti che ha visto “rifiorire” attraverso lo sport? In questi anni ho visto ragazzi autistici, i cui genitori pensavano che non sarebbero mai riusciti a relazionarsi con gli altri, gareggiare con successo e, una volta raggiunto il traguardo, cercare i familiari con lo sguardo per godere insieme della vittoria. Ho visto ragazzi sia down che autistici misurarsi con delle gare davvero complicate, nonostante le mille perplessità dei genitori. Secondo lei, le varie campagne di sensibilizzazione nei confronti della disabilità intellettiva riescono a trattare il tema senza infarcirlo di pietismo bigotto e cadere nella lagna fine a se stessa? Non tutte ci riescono. Special Olympics sì, perchè mette al centro la persona, tutto il mondo che i ragazzi disabili riescono a trasmettere e a cui i cosiddetti “normali” dovrebbero fare caso per normalizzarsi anche loro. Come racconterebbe lei la sindrome di Down?

I ragazzi sono semplicemente più lenti, profondamente buoni e corretti. È chiaro che molto dipende dalle famiglie e dalle possibilità che la società offre per sviluppare abilità che le persone affette da sindrome di Down sicuramente possiedono. Un comportamento sgradito nei confronti delle persone con sindrome di Down? Considerarli “poverini”. Dal 15 al 18 gennaio si è svolta a Bardonecchia la trentesima edizione dei Giochi Nazionali invernali Special Olympics. Cosa significa prendere parte a questi importanti eventi per gli atleti e per le loro famiglie? A Bardonecchia, Reggio Calabria è stata rappresentata da Federica Visalli e Demetrio Rosace della Polisportiva Special Olympics Andromeda. Federica ha conquistato il primo posto, Demetrio il quarto. Vederli sorridere mentre alzavano la medaglia è stata una vittoria per tutti noi. La loro felicità è la conquista più grande. Con Special Olympics vincono tutti, e la vittoria è contro ogni pregiudizio. In vetta alla classifica c’è l’inclusione, tanto che il giuramento dell’atleta Special Olympics recita: “Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze”. Nel giugno 2017 la Locride è stata teatro del primo Family Campus Calabria, un’occasione di incontro, solidarizzazione e confronto per le famiglie degli atleti Special Olympics. Cosa è successo da allora? Nel giugno 2017 ho deciso di accogliere il grido di dolore e attenzione che si levava dalle famiglie dei disabili nel comprensorio della Locride. L’intento è stato quello di rafforzare il coinvolgimento nella vita collettiva - economica, sociale e culturale - delle persone con disabilità. Purtroppo, una volta finita la

scuola, le famiglie devono fare i conti con le difficoltà che incontrano i loro ragazzi disabili nell’inserirsi all’interno della società. Quello a cui aspiro è la creazione di un laboratorio mattutino con attività diversificate che impegnino le persone con disabilità. Intanto dopo il Family Campus si sono registrati dei segnali positivi: a gennaio 2018 è nato il Team Special Olympics YMCA Siderno, una squadra di basket per ragazzi con disabilità psico intellettive; a settembre è stata la volta della squadra di nuoto che fa capo alla Polisportiva Andromeda Reggio Calabria e che si allena nella piscina di Ardore; inoltre, è stata creata una band musicale presso l’Accademia Ars Musicae di Gioiosa Ionica. I ragazzi e le loro famiglie hanno accolto con entusiasmo queste iniziative. Ragazzi che facevano fatica a integrarsi, sempre aggrappati ai genitori, adesso non vedono l’ora di correre agli allenamenti che li vedono impegnati quattro giorni a settimana. Quello che, però, manca alle squadre appena nate è la partecipazione di volontari. È difficile trovare ragazzi disposti a dedicare un’ora della loro giornata ai disabili. Non voglio credere che ciò sia da attribuire a una mancanza di sensibilità ma piuttosto al fatto che vi sia una scarsa informazione su queste nuove realtà. Ne approfitto, quindi, per lanciare un appello ai giovani della Locride: abbiamo bisogno di voi! Dovesse incontrare il Ministro per la Famiglia e le Disabilità, cose gli chiederebbe? Maggiori attenzioni ai ragazzi e alle famiglie. È necessario un dialogo collaborativo tra famiglie, servizi e istituzioni a favore dell’inclusione sociale della disabilità, così che si possano mettere da parte stereotipi e pregiudizi che spesso tuonano come sentenze e precludono ogni possibilità.


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arte&co

Dalle ore 10:00 fino alle ore 18:00 di oggi, il Liceo Artistico di Siderno accoglierà gli studenti delle scuole medie per far conoscere le attività della scuola.

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Oggi Open Day al Liceo Artistico di Siderno ggi, domenica 27 gennaio dalle ore 10:00 fino alle ore 18:00, i Durante l’Open docenti e gli studenti del Liceo Artistico di Siderno accoglieranno gli studenti delle scuole medie e le loro famiglie per far Day si tocca con conoscere le attività della scuola e le sue risorse strutturali. Durante l’Open Day si tocca con mano l’habitat nel quale i mano l’habitat propri figli cresceranno fisicamente e si svilupperanno intellettualmente negli anni successivi. In questa giornata sarà esponel quale sta al pubblico un’opera artistica dal titolo “Onde Mediterranee”. L’idea della sua realizzazione risale al 2017, i ragazzi quando, dopo la notizia che al largo del Mediterraneo c’era stato l’ennesimo cresceranno naufragio, nella 5B di quell’anno si discusse ampiamente di ciò che ormai era una routine inaccettabile. Da qui l’idea di un’opera dedicata ai fisicamente diventata morti in mare, da realizzare in occasione dell’Open Day che si sarebbe svolda lì a un mese. L’opera giunge, quest’anno, alla sua terza realizzazione in e si svilup- tomodo innovativo e contemporaneo. Una bellissima performance artistica voluta dai ragazzi della 4C, che hanno collaborato alla sua attuaperanno fortemente zione. In un mare in tempesta, fatto con materiale di riciclo, il visitatore viene intellettualmen- invitato a entrare a far parte di questo mondo artistico. Le pietre sommerse raccontare un triste passato; le altre pietre vengono deposte sopra te negli anni vogliono il mare, a fianco di quelle sommerse, durante la lettura di una poesia della Stefania Bortoli, così da rappresentare le pietre militari del presensuccessivi. poetessa te e del futuro con la speranza che il Mediterraneo ritorni a essere un mare

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di vita e non più di morte. Tema, quindi, è quello dell’emigrazione: viene richiamata l’attenzione sulle numerose vittime, spesso considerate niente più che numeri; in realtà hanno un volto, un nome e una storia. Il messaggio è di speranza, speranza per un futuro migliore. Del resto l’arte è sempre stata

protettrice di buoni sentimenti, colei che tenta di salvare quello che il mondo vuole distruggere. Ma ripercorriamo la storia del Liceo Artistico. La scuola viene costruita agli inizi degli anni ’70, fortemente voluta da alcune figure politiche locali che avevano il loro referente nell’onorevole Riccardo Misasi, a quel tempo Ministro della Pubblica Istruzione. Viene, così, realizzata una struttura in cui i giovani della Locride e non solo, hanno la possibilità di esprimere la loro creatività. Dall’anno scolastico 2005-2006 è situata in via Turati, nell’edificio in costruzione a due piani e dal 1 settembre 2012 fa parte dell’I.I.S. “OlivetiPanetta” di Locri, sotto la guida della dirigente Giovanna Maria Autelitano. La scuola offre tre indirizzi di studio: arti figurative (basato su pittura e scultura); architettura e ambiente (insegna la storia dell’architettura, le tecniche di disegno architettonico e l’utilizzo degli strumenti informatici per la progettazione); grafica (insegna la storia e le tecniche delle discipline grafiche legate all’editoria e alla pubblicità). Sono presenti laboratori attrezzati di ceramica, architettura, serigrafia, incisione, pittura, grafica e calcografia, e vi è la possibilità di usufruire di laboratori di informatica, lingua e scienze. L’arte, fin dai tempi più antichi, è da sempre stata un rifugio, un posto speciale in cui esprimere il proprio io, ma anche uno scudo che protegge dai dolori della vita. Vincent Van Gogh si chiedeva: “Cos’è disegnare? Come ci si arriva?”. La sua risposta è stata: “È l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e ciò che si può”. Il Liceo Artistico è un ottimo supporto per chi desidera oltrepassare quel muro e raccontare la propria arte. Rosalba Topini

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27 GENNAIO - 22

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OP C S O R L’O

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Benvenuto, presidente Nicola Fragomeni, sindaco di Santa Maria di Sala e sidernese di nascita, in questa foto riceve il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

Ariete Fino a domenica conterete sul favore di Venere: non sprecatelo e cercate di sistemare col partner ogni questione rimasta in sospeso. Dalla prossima settimana sarà facile che nascano delle incomprensioni tra di voi… Sul lavoro giornate un po’ nervose.

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Martonesi mancini Dopo la foto di Giorgio Calvi con Massimo D’Alema della scorsa settimana, un altro martonese, Luca Pelle, si fa fotografare con il segretario nazionale del Partito Democratico Maurizio Martina.

Toro La settimana comincia con un lunedì di luna in opposizione, in cui avvertirete malumore e nervosismo. Ma Mercurio favorevole vi farà ottenere soddisfazioni sul fronte lavorativo, mentre Venere, da domenica, vi regalerà emozioni e incontri importanti! Gemelli Da domenica Venere non sarà più in opposizione! La vita sentimentale messa a dura prova nell’ultimo periodo vi farà tirare un sospiro di sollievo. Attenzione a martedì, mercoledì e giovedì, quando la luna opposta potrebbe causarvi qualche imprevisto. Cancro Chiarito tutto col partner? Se non l’avete fatto meglio parlare adesso, perché dalla giornata di domenica farete i conti con l’opposizione di Venere. Attenzione sul lavoro a venerdì, quando qualcosa potrebbe andare diversamente da come progettato…

Ricordo Musicale Questa foto, che ritrae Mino e Gegè Reitano in compagnia di Charles Aznavour, pubblicizza il 10º memorial Mino Reitano, che si svolgerà questa sera, domenica 27 gennaio, al Teatro Cilea di Reggio Calabria.

Leone La settimana comincia con un lunedì all’insegna del cattivo umore. Punta tutto su martedì e mercoledì, più fortunati. L’amore sorride fino alla giornata di domenica, quando potrebbe nascere qualche tensione col partner, soprattutto se portato a tradire… Vergine Fino a domenica ti toccherà sopportare litigi e discussioni col partner. Sicuro che ne valga la pena? Le giornate peggiori da questo punto di vista saranno quelle di martedì e mercoledì. Buone notizie sul lavoro, invece, tra i giorni di giovedì e venerdì.

Intraprendenza giovanile I ragazzi di Samo della Cooperativa Aspromonte inaugurano un nuovo laboratorio di trasformazione agroalimentare. Complimenti a questi giovani che cercano con la loro intraprendenza di rendere migliore il nostro comprensorio.

Protesta a 5 stelle Rappresentanti del Movimento 5 Stelle protestano davanti al Consiglio Regionale della Calabria capitanati da Arrigo Logazzo.

Per non dimenticare Vogliamo celebrare anche noi la giornata della memoria, che ricorre oggi, 27 gennaio, con questa splendida e significativa vignetta di Lele Corvi.

L’opinionista e il pediatra Francesco Criaco posa in compagnia del fratello Vittorio. Proveniente dalla bella Africo, del primo ricordiamo splendidi e pungenti artico pubblicati per lungo tempo sul nostro settimanale. Preghiere inascoltate In questa foto possiamo osservare lo sversamento di acqua di fogna che sta affliggendo in questi giorni via Gramsci, a Siderno, e denunciato da un cittadino senza purtroppo che gli sia ancora stato dato ascolto.

Bilancia Da domenica il pianeta Venere diventerà sfavorevole al tuo segno. Questo significa che nel prossimo periodo potresti vivere litigi o incomprensioni nella tua vita di coppia. Approfitta di questa settimana per sistemare tutte le questioni in sospeso. Scorpione La settimana comincia con una luna in congiunzione nella giornata di lunedì, super-fortunata! Potrebbero arrivare belle novità o conferme in ambito lavorativo, possibili anche nella giornata di venerdì. Mercurio ti aiuta a stringere legami importanti. Sagittario Le occasioni sul fronte sentimentale non mancheranno, ma dovrai stare attento a non chiuderti in te stesso e non farti prendere dalla paura! Se ti aprirai, le stelle promettono emozioni fortissime, soprattutto nelle giornate di martedì e mercoledì. Capricorno Da domenica il pianeta Venere entrerà nel tuo segno: nelle prossime settimane l’amore sarà il vero protagonista della tua vita, regalandoti emozioni immense. Goditi le giornate fortunate di venerdì e sabato, quando potresti ricevere una bella notizia…

Acquario Fino a domenica Venere sarà dalla tua parte, pronto a regalarti momenti importanti ed emozioni indimenticabili. Ma attenzione: se c’è qualcosa di cui discutere col partner, fallo adesso! Dalla prossima settimana non avrai più Venere a sostenerti.

Supporto tecnico Il Presidente di Confindustria Reggio Calabria Giuseppe Nucera, il sindaco Luciano Pelle e il presidente del GAL Francesco Macrì hanno tenuto un incontro per comunicare l’apertura dello sportello “Informa Lavoro & Imprese” ad Antonimina.

Pesci In arrivo ottime notizie: a partire dalla giornata di domenica, Venere tornerà ad agire in tuo favore e presto le difficoltà della tua vita di coppia saranno un lontano ricordo. Mercurio ti aiuta ad ottenere il successo che meriti sul fronte lavorativo.


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