Riviera nº 06 del 03/02/2019

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L’apertura dell’anno giudiziario in Calabria ha portato con sé una polemica tra Otello Lupacchini e Nicola Gratteri. Casus belli, una frase di Lupacchini che riconosce lo status di vittima a chi ha subito ingiusta detenzione da un sistema giudiziario che dimentica ogni forma di diritto nell’indifferenza generale. È proprio cancellando questa indifferenza che il popolo calabrese deve dire basta a una forma di sopruso, e recuperare quel senso di Umanità per il quale si è sempre distinto.

Un’ansia da prestazione che costa 9 milioni di Euro Che l’inchiesta su 15 magistrati calabresi deflagrata il 17 gennaio a opera del Procuratore antimafia di Catanzaro fosse destinata ad avere strascichi pesanti sul mondo giudiziario regionale si era intuito fin dal primo momento. Ciò che forse nessuno aveva ipotizzato è che l’inchiesta condotta da Nicola Gratteri avrebbe creato un forte clima di tensione destinato a infelicitare addirittura la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario. A non risparmiare le bordate a Gratteri è stato il Procuratore Generale di Catanzaro Otello Lupacchini, da sempre piuttosto polemico nei confronti della metodologia poco ortodossa adottata dal Procuratore Antimafia per condurre le proprie indagini e convinto che i sospetti sui colleghi siano stati per Gratteri la scusa ideale per comportarsi da “furbetto”. Certo, Lupacchini non si è sognato di mettere in alcun modo in dubbio l’integrità del procuratore più stimato e seguito d’Italia, ma al contempo, ed è questa la condizione che avrebbe portato la tensione alle stelle, ha imputato direttamente al magistrato di Gerace i poco lusinghieri dati relativi alle ingiuste detenzioni avvenute nella provincia di Catanzaro. «Per il sesto anno consecutivo – ha affermato infatti il pg durante la cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario, – la Corte d’Appello di Catanzaro si è confermata nei primi tre posti, con 158 persone che, nel 2017, hanno subito un’ingiusta detenzione; seguono i distretti di Roma e Napoli. Catanzaro e Roma sono anche le città in cui lo Stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione: in questo distretto, nel 2017, è stata registrata la cifra di circa 8,9 milioni». Un dato, sottende il pg, che dovrebbe far riflettere molto su quale sia lo stato di salute della giustizia nella nostra regione e, soprattutto, che dimostra quanto la frenetica lotta alla criminalità organizzata ingeneri una sorta di ansia da prestazione che risulta deleteria per il mondo giuridico, per lo Stato e per la percezione che la cittadinanza ha nei confronti di magistratura e forze dell’ordine. Dalla parte del Procuratore antimafia, tuttavia, si è schierato il collega Domenico Introcaso, che ha sottolineato come i dati cui fa riferimento Lupacchini sarebbero ascrivibili ad anni precedenti all’insediamento di Gratteri presso la Procura di Catanzaro e che il cortocircuito denunciato nell’intervento di cui sopra sarebbe piuttosto ascrivibile all’intera dinamica del processo cautelare. Un intervento di difesa che non ha comunque impedito allo stesso Gratteri di dire la propria, anzitutto per sottolineare i risultati certamente lusinghieri del proprio lavoro e, in seconda battuta, per sbugiardare la supposta mancanza di fiducia nei confronti della magistratura snocciolando i dati relativi alle visite che il Procuratore Antimafia riceverebbe ogni settimana da parte di cittadini disperati: «Ci sono circa 300 persone che chiedono di essere ricevute. Questo è un fatto importante, significa che diamo fiducia ai cittadini. I calabresi non sono omertosi, i calabresi non sanno con chi parlare. Continuate a denunciare, a venire a trovarci. Se la gente bussa alla nostra porta vuol dire che spera di poter risolvere il suo dramma». Una dichiarazione in grado di porre fine alle tensioni? Insomma. Lo scontro tra i due, che sarebbe iniziato con un tira e molla istituzionale già la scorsa estate, è infatti finito sotto la lente del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha ponderato con grande attenzione la possibilità di avviare nei confronti di uno dei magistrati una pratica di trasferimento per incompatibilità prima di decidere (sulla base di quali elementi non è dato sapere), che si tratta invece di uno screzio superato. Ma lo sarà davvero? Solo il tempo potrà dirlo. Nel frattempo, non ci resta che continuare a seguire l’azione di Gratteri per comprendere se il “procuratore di ferro” deciderà di continuare a lavorare con maggiore oculatezza nei confronti dei colleghi o se, piuttosto, non eserciterà un pugno ancora più duro rispetto al passato. Jacopo Giuca

Ogni indifferenza è viltà

Una legge della Storia dimostra che colui che resta indifferente dinanzi alla strage di umanità che si consuma sotto i propri occhi, un domani sarà risucchiato dentro il dramma. Abbiamo goduto (anche grazie all’Europa) di quasi un secolo di pace e di relativa libertà. Aneliamo a un mondo più giusto ma non dobbiamo e non possiamo lasciare ai nostri figli un mondo di guerre crudele e senza pietà!

Se ne avessi l’autorità necessaria chiederei una Norimberga morale per tutti coloro che stanno distruggendo la nostra democrazia e sabotando sistematicamente la Costituzione che rappresenta, (unitamente al Diritto naturale), l’ultima difesa dei più deboli. Solo per esempio, il 25 gennaio scorso il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, è andato dritto al cuore del problema indicando una particolare categoria di vittime: “Un dato particolarmente allarmante è quello degli innocenti finiti senza colpa in custodia cautelare e dei soldi spesi dallo Stato in risarcimenti per ingiusta detenzione… Il numero di vittime continua ad aumentare senza sosta, così come il denaro versato nei loro confronti a titolo di indennizzo, eppure questa emergenza sembra quasi non interessare gli addetti ai lavori, quasi che le persone che finiscono ingiustamente in carcere ogni anno e per questo ricevono un indennizzo costituiscano un dato fisiologico”. Continua Lupacchini: “il Distretto con il maggiore numero di casi indennizzati è quello della Corte d’appello di Catanzaro, … in cui lo Stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione. Per un solo anno, la cifra monstre di circa 8,9 milioni, più del doppio di quanto s’è speso per i casi della Capitale…” Che dire? Onore e gloria al procuratore generale perché - dopo decenni - ha rotto il muro di omertà e di silenzio! E subito aggiungiamo (pur con la massima umiltà): le cose dette a Catanzaro - e che apprezzo molto - “noi”, quasi in perfetta assoluta solitudine, le diciamo da oltre trent’anni, denunciando l’ostentato e sistematico disprezzo contro i diritti inalienabili dell’uomo iniziando da quanti si trovano a vivere in Calabria.

Lupacchini ha certificato che nella nostra Regione v’è stata - ed è ancora in corso una strage di innocenti. E a noi non ci basta aver avuto ragione. Le battaglie del passato, senza mai domandare i nomi degli interessati, ci spingono a collocarci in difesa dell’integrità della persona umana rifiutando di stilare una qualsiasi gerarchia delle vittime. Ricordo il racconto fattomi da una signora, allora giovane avvocatessa, arrestata - e poi assolta da ogni accusa - in una delle tante brillanti operazioni che si sono sviluppate in Calabria. L’hanno portata via nel cuore della notte. I suoi bambini si sono attaccati piangenti alle vesti. È successo accanto a noi e in mezzo a noi. Tra tanta indifferenza! Nei giorni scorsi ci siamo commossi dinanzi al dramma di Julien Garcia, un bimbo di due anni caduto e morto in un pozzo a Malaga, in Spagna. Una bella pagina di pietà universale, ma Julien è nei lager libici; Julien vive a San Ferdinando, Julien soffre nei nostri ospedali, Julien è umiliato negli anfratti più bui della nostra società, Julien è figlio dei tanti innocenti svegliati nel cuore della notte e portati in manette nelle galere, Julien è prigioniero sulle navi della vergogna. Basterebbe guardarci attorno e non essere ipocriti e individueremo uno, dieci, mille Julien che ci tendono la mano e implorano la nostra pietà! È giusto essere solidale con il dramma di un bimbo che vive a migliaia di chilometri di distanza, ma senza girarsi dall’altra parte per non vedere chi soffre accanto a noi! Abbiamo alle spalle un patrimonio immenso di valori. Siamo eredi del Beccaria, di don Milani, del pensiero libertario, del solidarismo cattolico e del Nuovo Umanesimo. Non buttiamo alle ortiche valori delicati e

fragili come la Libertà e la solidarietà umana. Non dimentichiamo mai che, in pochi anni, il Brasile dalla più grande Democrazia del Mondo è diventata una dittatura mascherata con sette generali come ministri e con un magistrato - lo stesso che ha fatto arrestare il presidente Lula - titolare del ministero di giustizia. Una sfrontata dittatura voluta dai ricchi per tenere in schiavitù masse enormi di disgraziati e diseredati. Non facciamo che succeda in Italia. Già stanno distruggendo l’Idea di “Patria” con la secessione silenziosa dei ricchi che vivono al Nord-Est. Noi siamo orgogliosi di aver denunciato il disfacimento dell’Italia già 22 ottobre del 2017 ma eravamo pochi e i “furbi”, che oggi tanto si agitano, hanno fatto finta di non vedere. Contemporaneamente si apprestano a distruggere il valore della parola “Umanità” travolta dall’ondata di stupido razzismo che avanza senza trovare adeguata resistenza. Attenti! Una legge della Storia dimostra che colui che resta indifferente dinanzi alla strage di umanità che si consuma sotto i propri occhi, un domani sarà risucchiato dentro il dramma. Abbiamo goduto (anche grazie all’Europa) di quasi un secolo di pace e di relativa libertà. Aneliamo a un mondo più giusto ma non dobbiamo e non possiamo lasciare ai nostri figli un mondo di guerre crudele e senza pietà! C’è una barricata ideale: la belva delle cento teste che i nostri padri avevano combattuto e vinto si ripresenta, sia pure sotto diverse sembianze, e ha già lanciato la sua sfida contro l’Umanità. Ogni indifferenza è viltà! E noi calabresi dovremmo ben sapere da quale parte della barricata collocarci! Ilario Ammendolia


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Marina di Gioiosa Ionica

I cittadini si riuniscono per chiedere che il paese mostri il suo “volto pulito”

Questa mattina, domenica 3 febbraio, alle ore 10:00, in piazza Zaleuco, a Marina di Gioiosa Ionica, si terrà un incontro tra cittadini per discutere delle problematiche della raccolta differenziata e della pulizia e cura del paese. L’assise di questa mattina sarà inoltre utile a

costituire un comitato rappresentativo di tutte le organizzazioni e le componenti sociali del paese, allo scopo di interloquire con i commissari prefettizi e i responsabili comunali addetti alla gestione della differenziata e alla cura generale del paese.

Siderno

I lavori di bitumazione completano il rifacimento del lungomare Grazie al finanziamento regionale risalente al 2015, lunedì mattina sono stati finalmente effettuati i lavori di rifacimento del manto stradale del Lungomare delle Palme di Siderno. I lavori di bitumazione, che hanno comportato l’interruzione del traffico sul tratto stradale per tutta la mattinata, erano stati approntati dalla Giunta Comunale amministrata da Pietro Fuda e vanno a completare l’opera di rifacimento del waterfront, conclusi durante l’estate e utili a ripristinare il tratto di strada portato via dalle mareggiate del 2014.

Panama

Giornata Mondiale della Gioventù, i paramenti del Papa sono stati prodotti in Calabria Sono stati prodotti da “Desta Industrie”, azienda di Settingiano, alle porte di Catanzaro, i paramenti sacri come il Velo omerale e il Piviale, utilizzati da Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù 2019 svoltasi a Panama. Lo rende noto Confindustria Catanzaro. “L’azienda nostra associata - è stato riferito in una nota degli industriali catanzaresi - ha prodotto anche i paramenti indossati durante la manifestazione di Panama dai concelebranti, dai vescovi e dai diaconi”. “È motivo di grande orgoglio per la nostra associazione - ha affermato Aldo Ferrara, presidente di Confindustria Catanzaro annoverare tra i soci la Desta Industrie. Il lavoro che l'azienda svolge da decenni con qualità, impegno e passione rappresenta in pieno lo spirito confindustriale. E questo riconoscimento è la migliore testimonianza possibile su quanto le imprese calabresi possano essere capaci di ritagliarsi un ruolo di primo piano sul mercato internazionale”.

Locri: Il rinnovo del consiglio dell’Ordine degli Avvocati genera polemiche Venerdì 8 e sabato 9 febbraio si svolgeranno le elezioni utili al rinnovo delle cariche

Venerdì 8 e sabato 9 febbraio si svolgeranno le elezioni utili al rinnovo delle cariche del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Locri. La tornata elettorale, in programma dalle ore 9 alle ore 13, è destinata a portare con sé qualche strascico polemico, vista la richiesta, avanzata alcuni giorni fa, dagli esponenti della Camera Civile, di differire fino a luglio la sessione per cosentire una

più ampia partecipazione dei colleghi ha seguito della sentenza SS.UU. della cassazione e del decreto legge. La richiesta formulata attraverso la delibera, tuttavia, non è stata accolta dall’Ordine che, valutate le tesi dei colleghi, non ha trovato alcun motivo per accoglierle, confermando la date delle elezioni indette nel dicembre scorso dall’Ordine di Locri.

Corsi e ricorsi dell’antipolitica na parola è scomparsa dai radar dell'informazione gestita dai politologi e dagli editorialisti di vaglia, dopo aver dilagato per alcuni anni. Questa parola è “antipolitica”. Purtroppo è stata sostituita da un'altra parola, “populismo”, solitamente usata ancor più a sproposito: non è il caso di soffermarsi sulle ragioni della sostituzione, ma solamente di notare che il profluvio di analisi sull'antipolitica non ha affatto contenuto l'ondata del cosiddetto populismo. Purtroppo gli intellettuali dei salotti pseudocolti come quelli dei bar di provincia non hanno capito che cianciando tanto sulla decadenza del dibattito pubblico e affibbiando a destra e a manca facili etichette hanno fatto esattamente la stessa cosa che rinfacciano ai nuovi barbari: cercare di dare soluzioni semplicistiche e puramente verbali a problemi complessi e realissimi. Soprattutto in Calabria la consapevolezza di quello che sta accadendo è molto rara e comunque scarsa: la nostra regione, con il suo presidente a dimora obbligata tra i lupi della Sila e un quadro politico in pieno disfacimento, è teatro della fregola pre-elettorale di molti, senza che venga realmente compreso quali potrebbero essere gli effetti del disordine internazionale, nazionale e locale in cui siamo immersi. La stagione ’92-’94, quando gli stravolgimenti furono altrettanto profondi ma molto più convulsi, sembra essere passata senza molti insegnamenti. Per essere più espliciti: possiamo attenderci che la magistratura inquirente infligga il colpo di grazia agli ultimi agonizzanti residui della vecchia classe politica e ad alcuni esponenti della nuova, in attesa di sentenza definitiva? Possiamo attenderci che ci sia un risveglio in grande stile della criminalità organizzata, magari con macabre velleità spettacolari? Possiamo attenderci che il terrorismo di marca politica o religiosa si faccia sentire in Italia come accade all'estero con tutto il carico di dubbi sulle possibili connivenze a vari livelli? Speriamo di no, ma qualche avvisaglia c'è su tutti e tre i fronti. Se dovessimo avviarci su questa china, sappiamo per esperienza che in Calabria le cose prenderebbero una piega particolarmente negativa, certamente peggiore che altrove: ad esempio, già oggi la notorietà di alcuni magistrati, di fronte alla pochezza della media dei politici nostrani, tende (certamente senza alcuna malafede…) ad alterare l'equilibrio montesquieuiano dei poteri; cosa succederebbe se il prossimo consiglio regionale fosse pieno di gente eletta in liste di partiti che non esisteranno più, almeno per come li abbiamo conosciuti (Forza Italia, Partito Democratico) o che hanno personale politico locale immaturo e guardato con sospetto (Lega, Movimento 5 Stelle) o che hanno consistenza residuale a livello nazionale (Fratelli d'Italia, piccoli partiti di sinistra)? Chi ha passato il proprio tempo ad accusare prima di antipolitica e poi di populismo, con argomenti generici e cialtroni, chiunque, anche maldestramente, volesse portare qualche novità, ha ottenuto un unico grande successo: allontanare dal confronto elettorale parecchia gente autorevole che avrebbe potuto dare un qualche vigore all’esangue classe politica calabrese, lasciandola facile preda degli attacchi e delle pressioni degli altri poteri, legittimi, illegittimi o criminali. Complimenti. Gog & Magog

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La magistratura inquirente infliggerà il colpo di grazia agli ultimi agonizzanti residui della vecchia classe politica e ad alcuni esponenti della nuova?


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IL SUGO

alla corte d’Assise nato a Marina di

Gioiosa Jonica

pronto direttamente

sulle vostre tavole Era il lontano 1958 quando Gaetano, l’estroso chef dell’Hotel Ristorante “Da Rocco” di Marina di Gioiosa Ionica, uno dei più rinomati locali della costa ionica gestito dalla famiglia Agostino e Lopresti, vide entrare nel proprio locale un noto giudice che, dopo un’udienza in tribunale, nonostante l’ora tarda, chiese di poter pranzare con una specialità locale. Solo la sua grande professionalità permise a Gaetano, ormai pronto a chiudere la cucina, di superare l’iniziale timore reverenziale nei confronti dell’illustre ospite e inventare sul momento un piatto con quel poco che gli rimaneva in cucina. Lo specialissimo piatto di spaghetti che lo chef portò al tavolo, a base di un sugo arricchito dai più prelibati sapori della nostra terra, fu talmente gradito al giudice da convincerlo a chiederne una seconda porzione, in seguito alla quale convocò il cuoco per chiedergli quale fosse il nome della pietanza che aveva mangiato con tanto gusto. A una domanda tanto inaspettata, lo chef Gaetano ammise candidamente che la ricetta era stata inventata appositamente per l’occasione e che, vista la recentissima nascita della pietanza, non le era ancora stato dato un nome.

«Li chiameremo, allora, Spaghetti alle Corte d’Assise!» sentenziò il giudice, che giustificò la scelta affermando che la piccantezza del piatto che aveva appena assaporato gli ricordava la poca clemenza con la quale enunciava le proprie sentenze la Corte d’Assise al termine dei processi. A sessant’anni esatti dalla nascita così singolare di questa ricetta, La Cascina 1899 ha deciso di portare il sugo inventato dallo chef Gaetano direttamente sulle vostre tavole, così come venne realizzato per la prima volta tanti anni fa. È così che nasce lo speciale “Sugo alla Corte d’Assise Vecchia maniera”, un preparato per pasta piccante e prelibato che troverete confezionato in pratiche bottiglie di vetro sugli scaffali dei migliori supermercati e che vi permetterà di assaporare la stessa rosa di sapori che mandò in estasi il giudice che diede il nome alla ricetta. Un prodotto realizzato solo con ingredienti naturali e nel più rigido rispetto della tradizione, in grado di farvi comprendere perché questo piatto, nonostante l’invenzione relativamente recente, sia diventato il simbolo della tradizione calabrese e venga celebrato e imitato dai più grandi chef del mondo.


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AL VERTICE DI DUE DEI TRE SINDACATI N IN LOCRIDE, LI ABBIAMO VOLUTI AS

1 2 3 4 Made in Cari amici, scrivo spesso di Locride, di sviluppo e di speranza, la scorsa settimana ho rivolto un appello disperato a Papa Francesco. In merito a questo mio appello, cosa pensate, cosa pensate si possa fare e, infine, dal vostro punto di vista privilegiato cosa potete fare?

Scrivo anche che la questione meridionale è stata trasformata in questione criminale, per cui siamo tutti mafiosi. Quanto vi è costato nel corso della vostra carriera provenire da questo posto di ‘ndrangheta?

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2 Chi viene dalle nostre terre e ricopre incarichi di responsabilità deve impegnarsi per far capire che la criminalità prolifera nella desertificazione produttiva, nel vuoto delle istituzioni, nel disagio sociale e lavorativo. La legalità non può essere considerata precondizione dello sviluppo, i due binari devono procedere insieme: combattere la mafia e il malaffare significa operare contemporaneamente per la crescita, rilanciare gli investimenti produttivi, creare lavoro dignitoso, presidio sociale, integrazione.

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Ho visto Gigi domenica e nel concordare questa intervista mi ha chiesto di scrivere per trasmettere più ottimismo e speranza ai calabresi, cosa ci potete raccontare di positivo della vostra terra?

È un messaggio condivisibile, che attraversa tanti punti che rendono la Locride quintessenza della questione meridionale: un territorio pieno di potenzialità, messo ai margini dell'agenda di sviluppo. Ma come ci indica il Papa, chi oggi non mette al centro le "periferie" sociali e territoriali, condanna tutti al disastro. Dobbiamo lavorare insieme: istituzioni e parti sociali, mettendo i bisogni dei più deboli al centro e opponendoci all’ “economia dello scarto”. La Cisl risponde a questa esigenza puntando sempre più sulla prossimità, avvicinando strutture e servizi ai territori, alle necessità, le ansie e le aspettative delle donne e degli uomini del lavoro, dei giovani e dei pensionati, delle tante famiglie in difficoltà. Una rete solidale e sussidiaria aperta a ogni persona.

In questi anni la magistratura e le forze dell’ordine hanno svolto un lavoro straordinario, liberando dall’oppressione delle mafie tante comunità. Bisogna dire grazie a questi eroi. C’è poi chi gioca a speculare sul cortocircuito tra Mezzogiorno e criminalità, cercando spesso alibi per tagliare strumenti di coesione. Lo "stigma" per chi è partito da questi territori è un rischio sempre presente. Chi viene dalle nostre terre e ricopre incarichi di responsabilità deve impegnarsi per far capire che la criminalità prolifera nella desertificazione produttiva, nel vuoto delle istituzioni, nel disagio sociale e lavorativo. La legalità non può essere considerata pre-condizione dello sviluppo, i due binari devono procedere insieme: combattere la mafia e il malaffare significa operare contemporaneamente per la crescita, rilanciare gli investimenti produttivi, creare lavoro dignitoso, presidio sociale, integrazione. Non ci può essere un prima e un dopo! Il tempo deve essere uno solo. La Calabria è una regione dalle mille risorse, a partire dalla più importante: quella umana. I giovani calabresi, in particolare, esprimono un coraggio e un’energia che noi dobbiamo saper canalizzare su progetti di inserimento e qualificazione dell’impresa e del lavoro. Questa linfa è una forza propulsiva per il Paese e va valorizzata riallacciando i fili di un'occupazione bloccata, frammentata, estremamente precarizzata. È immenso il contributo che possono dare le tante nostre eccellenze, che purtroppo restano frenate da terribili diseconomie infrastrutturali e ambientali. Penso al driver della logistica e della portualità, a settori che tutto il mondo ci invidia come l'agroalimentare, l’artigianato, il patrimonio culturale, paesaggistico e naturalistico su cui può contare il nostro turismo.

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Da molte analisi, il lavoro risulta il problema maggiore di questa terra, più della ‘ndrangheta. Quali possono essere le ricette da chi conosce bene questo mondo?

Non ci sono scorciatoie: il lavoro nasce con gli investimenti. Per la Calabria significa realizzare infrastrutture materiali e sociali, vie di comunicazione, servizi, scuole e sanità. E poi una politica industriale degna di questo nome, con incentivi che stimolino innovazione e buona occupazione anche nelle aziende medio-piccole. Dobbiamo sostenere il tessuto sociale e la rete produttiva dei nostri territori. Rispondere ai bisogni della terza età, della non autosufficienza, della povertà. Difendere il lavoro esistente, puntare su formazione e competenze, costruire politiche attive per i tanti che non vogliono un reddito assistenziale, ma un lavoro dignitoso. Quello che temiamo di più è una campagna elettorale che recepisca il clima demagogico e populista che si respira a livello nazionale. Un clima che si nutre di sterili urla e che nega dialogo e riconoscimento sociale. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in Calabria è la riproposizione "in sedicesimo" della disintermediazione. Nessun contatto, non scherziamo! Nel sociale c'è tantissimo lavoro da fare e margini enormi per contribuire allo sviluppo. Sto benissimo dove mi trovo. Ho fatto e continuerò a fare il sin-dacalista

Senza un Mezzogiorno riscattato allo sviluppo l'Italia semplicemente non riparte. Oggi il Paese ha un motore acceso solo a metà. Occorrono politiche specifiche e dedicate, certezza delle risorse ordinarie dello Stato e delle grandi aziende pubbliche, fiscalità di vantaggio, buona qua-lità della spesa, corresponsabilità sociale nel disegno di rilancio. E una classe politica rinnova-ta, competente, trasparente seriamente impegnata per il bene comune. Le risorse non mancano e vanno individuate in una dote europea che rischia di essere in buona parte riconsegnata a Bruxelles. Bisogna mettere le competenze in rete, costruire insieme una road map meridionalista per il riscatto nazionale. Per ora c’è un fronte sindacale compatto che si muove su una piattaforma unitaria di grande spessore e prospettiva che mette al centro la crescita, lo sviluppo e il lavoro. Un patrimonio strategico che non va disperso. Quanto alla svolta unitaria, la Cisl l’ha sempre promossa, so-stenuta, incoraggiata. Già 20 anni fa era a portata di mano ma venne sacrificata da pregiudizi e paure sociali e politiche. Dare profondità a questo progetto significa intendersi su valori, contenuti e percorsi. Noi siamo per un sindacato associativo, autonomo dalla politica, contrattualista e partecipativo. Su queste basi siamo pronti al confronto.


ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI

VENGO DA UNA CASA IN CUI, DOPO IL PARTITO, LA COSA PIÙ SACRA ERA IL SINDACATO. MIO PADRE È STATO PER MOLTI ANNI DIRIGENTE DELLA CGIL, E NELLA NOSTRA BIBLIOTECA IL SINDACATO OCCUPA UNO SPAZIO NOTEVOLE. PER QUESTO MOTIVO IN QUESTI GIORNI SONO MOLTO SODDISFATTO PER L’ELEZIONE DI PIERPAOLO BOMBARDIERI A NUOVO SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA UIL NAZIONALE. QUESTO DOPO CHE LUIGI SBARRA NEL 2018 VIENE ELETTO SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA CISL NAZIONALE. CIOÈ I DIRIGENTI DI DUE DEI TRE SINDACATI NAZIONALI SONO DELLA LOCRIDE, IL PRIMO DI MARINA DI GIOIOSA, MENTRE IL SECONDO DI PAZZANO. LI CONOSCO BENE PER MOTIVI DIVERSI. GIGI FREQUENTAVA CASA NOSTRA ED ERA MOLTO AMICO DI MIO PADRE, MENTRE PIERPAOLO È FIGLIO DI OSCAR, GRANDE SINDACO DI MARINA DI GIOIOSA E GRANDE AMICO SOCIALISTA. ORGOGLIOSI, DOBBIAMO ESSERE ORGOGLIOSI DI QUESTI DUE RAGAZZI CHE SI SONO FATTI STRADA IN DELLE GRANDI ORGANIZZAZIONI COME SONO I SINDACATI. PER ESSERE PIÙ CHIARI, I DUE OGGI RICOPRONO IMPORTANTI RUOLI DI RESPONSABILITÀ NAZIONALE E SONO ATTORI E PROTAGONISTI DELL’ATTUALE DIBATTITO POLITICO, ECONOMICO E SOCIALE DEL PAESE; PER QUESTO NON RIESCO A RESISTERE ALLA TENTAZIONE DI PORRE LE STESSE DOMANDE A ENTRAMBI, PER AVERE UNA VISIONE DIVERSA DELLA STESSA LOCRIDE, DEL LAVORO E DEL FUTURO DI QUESTA TERRA.

NAZIONALI 2 UOMINI MADE SCOLTARE A TUTTO CAMPO

5 6 7 8 n Locride A fine anno, se tutto va bene i calabresi torneranno alle urne per eleggere il prossimo consiglio regionale. Come vedete lo scenario e quali sono i problemi che voi porreste maggiormente in un eventuale programma?

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Intanto condivido i temi dell’appello: cultura, lavoro e sviluppo sono i temi sui quali bisognerà impegnare il nostro futuro. Le istituzioni calabresi e nazionali devono cambiare impostazione. In Calabria ci sono tantissime persone per bene che meritano attenzione e rispetto e devono poter partecipare alla vita democratica delle nostre comunità. Le istituzioni, tutte, devono favorire la rinascita e la partecipazione democratica nella nostra terra e non mortificarla. È necessario aiutare tutte le forme associative e tutti gli strumenti in grado di favorire la crescita politica e sociale del nostro territorio. Io cercherò nel mio piccolo di sostenere questo percorso all’interno delle nostre strutture in tutte le occasioni utili a far sentire queste ragioni, e in tutti i confronti che avremo a livello istituzionale.

Gramsci nel 1916 sosteneva come “il Mezzogiorno non avesse bisogno di leggi speciali e di trattamenti speciali. Aveva bisogno di una politica generale, che fosse ispirata al rispetto dei bisogni generali del paese, e non di particolari tendenze politiche o regionali”. Dopo 100 anni quel pensiero è ancora attuale. La questione meridionale è un tema di politica nazionale. Tocca in primo luogo a noi calabresi, ma tocca a tutte le forze politiche e sociali sane di questa regione costringere la politica e le istituzioni affinché tornino apertamente e coscientemente a occuparsene. Personalmente non ho avuto la sensazione che in giro per l’Italia l’essere calabrese possa essere accomunato automaticamente con l’essere mafioso, io in particolare non ho pagato prezzi su questo tema. Terra splendida con un popolo meraviglioso, grande voglia di fare e di provocare una rinascita sociale e culturale. Enormi potenzialità nell’utilizzo del territorio, delle sue ricchezze culturali e naturali. Nelle condizioni date non è facile operare e nonostante tutto riscontro la voglia di non arrendersi, di essere sicuri che il domani sarà migliore del presente, che quella rabbia positiva e quella frustrazione che si vivono possano diventare energia positiva per cambiare le cose. Investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e immateriali, sviluppo dell’enorme potenziale dei nostri mari e della nostre montagne, far diventare la Locride una zona franca urbana con relativo abbattimento della tassazione locale per chi investe in attività e servizi, utilizzo dei beni e dei terreni demaniali per favorire attività turistiche e ricreative e infrastrutture sociali.

Visto il vostro ruolo, vi rendete conto che potreste essere tutti e due dei papabili candidati? Vi ha contattato qualcuno?

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Il Sud, che oggi rappresenta il freno dello sviluppo dell’Italia, come può rinascere?

Lo scenario appare complicato e complesso, chiederei ai candidati di identificare un’idea di Calabria e un modello di sviluppo conseguente. Quale Calabria immaginiamo nei prossimi anni? Il punto di partenza non può che essere lo sviluppo sostenibile e il lavoro, il lavoro dignitoso e stabile. Quali politiche sanitarie per la nostra terra, dove si registra il maggior numero di cittadini che “migrano per curarsi” negando il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della costituzione. Programmare e investire in infrastrutture e collegamenti che riescano ad avvicinare questo territorio al resto di Europa, migliorare i servizi pubblici, valorizzare il nostro patrimonio ambientale. Ai candidati chiederei subito di impegnarsi per ostacolare la proposta di autonomia differenziata che rischia di minare profondamente l’unità del paese, più di quanto lo sia attualmente, su servizi, sviluppo e scuola. Per la verità non ho mai pensato di poter essere considerato un candidato alle prossime elezioni, nessuno mi ha cercato e sono convinto che il sindacato abbia ancora tante cose da fare per migliorare le condizioni dei lavoratori, dei giovani disoccupati e dei pensionati, il mio impegno è totale ed esclusivo su questo versante. La questione meridionale deve diventare una questione nazionale, se il mezzogiorno non riparte, non riparte il Paese. Negli ultimi sedici anni due milioni di persone hanno lasciato il mezzogiorno, metà di questi giovani fra i 15 e i 34 anni, il 20 per cento laureato. Bisogna creare le condizioni perché tutto questo finisca, lo si può fare creando occasioni di lavoro, di sviluppo, di crescita perché se non facciamo comprendere che il tema del sud non riguarda solo chi è nato e vive qui ma riguarda tutti non ne usciamo.

Cgil, Cisl, Uil hanno storie, sensibilità e culture diverse. Sono un patrimonio per la democrazia del nostro Paese. Siamo impegnati a lavorare ancora di più e meglio per tutelare lavoratori, pensionati e giovani. Oggi come non mai in Europa e in moltissimi paesi si sceglie di ridurre salari e diritti invece di scegliere lo sviluppo e le politiche keynesiane per investimenti e crescita. Avvieremo un percorso che rafforzi il nostro modo di essere unitari, superando divisioni e impostazioni che oggi non hanno motivo di esistere. Ci tengono uniti valori come umanità, solidarietà e difesa dei più deboli. La persona al centro del nostro agire quotidiano, non dietro una tastiera ma nei posti di lavoro, nei quartieri, nelle periferie e dove c’è qualcuno che soffre.

La questione meridionale è un tema di politica nazionale. Tocca in primo luogo a noi calabresi, ma tocca a tutte le forze politiche e sociali sane di questa regione costringere la politica e le istituzioni affinché tornino apertamente e coscientemente a occuparsene. Personalmente non ho avuto la sensazione che in giro per l’Italia l’essere calabrese possa essere accomunato automaticamente con l’essere mafioso, io in particolare non ho pagato prezzi su questo tema.

Si sente parlare di una visione futura in cui ci potrebbe essere una svolta unitaria dei tre sindacati, cosa c’è di vero?


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attualità

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Giuseppe Mammoliti, avvocato penalista di Locri, è indagato nell’ambito del processo Mandamento Jonico. L’accusa inizialmente mossa dalla DDA di Reggio Calabria è di concorso esterno all’associazione mafiosa che vede a capo esponenti dei clan Cataldo e Cordì di Locri.

INTERVISTA A PINO MAMMOLITI

“Io indagato per aver aiutato i figli di questa terra a non diventare numeri di matricola”

Mi hanno intercettato per 7 anni per scoprire cosa? Come Mimmo Lucano che cerca di proteggere gli extracomunitari, io cerco di proteggere le aree a rischio che possono essere contaminate da vicende giudiziarie, non certo per eluderle ma per evitarle.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO “Avevo scritto la mia vita a colori, loro l’hanno sostituita con un nuovo copione che è come se fosse scritto con l'inchiostro simpatico e venisse fuori al passaggio di una fiamma”. È in bilico tra la furia e l’amarezza Giuseppe Mammoliti, avvocato penalista di Locri, indagato nell’ambito del processo Mandamento Jonico. L’accusa che inizialmente gli è stata mossa dalla DDA di Reggio Calabria, dopo essere stato intercettato per 7 anni, è di concorso esterno all’associazione mafiosa che vede a capo esponenti dei clan Cataldo e Cordì di Locri. “A luglio 2017 – racconta Mammoliti – si è celebrata l’udienza di rito abbreviato. Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria – dopo che il GIP ha rigettato la richiesta di misura cautelare in carcere nei miei confronti per l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza – mi ha comunque bollato come favoreggiatore: l’importante, insomma, è che venissi condannato. 12 anni di carcere sono stati chiesti”. Il primo dato che la DDA reggina rileva è che Giuseppe Mammoliti intratterrebbe rapporti confidenziali con i suoi assistiti. “Ci diamo del Tu, io mi faccio chiamare Pino e di conseguenza chiamo i miei assistiti per nome. Non mi sono mai lasciato condizionare dai titoli, da quelle volumetrie che determinano le differenze sociali” – ci spiega l’avvocato, che nel corso dell’esame diretto dal proprio difensore Rosario Scarfò ha dichiarato: “Nessuno di noi esercita questa professione sganciandosi da quella che poi è la centralità umana, quindi un trasporto emotivo nelle vicende che affliggono i nostri assistiti spesso si registra. (…) Darsi del Tu e poi comunque mantenere un rapporto di visioni totalmente diverse della vita è cosa più agevole rispetto a quella del darsi del Lei e poi fare eventualmente delle confusioni di ruoli e di interessi”. Altra “anomalia” evidenziata dalla procura è che Giuseppe Mammoliti sia un avvocato di Locri che difende esponenti dell’associazione mafiosa che, per anni, ha soffocato la città. “Vige un teorema, ormai generalmente accettato – dichiara Mammoliti, – per cui l’avvocato che difende i mafiosi o presunti tali diventi anch’egli mafioso. A questo proposito, nel corso dell’interrogatorio, ho dichiarato che se questo principio fosse valido, è come se il ginecologo fosse ritenuto concorrente morale nella paternità di tutti i nascituri!”. Giuseppe Mammoliti è anche accusato di aver rivelato a Domenico Zucco, suo assistito, dettagli dell’attività investigativa che riguardava l’operazione

Pino Mammoliti con Rita Bernardini, membro coordinatore della Presidenza del Partito Radicale ed ex deputata. “Mandamento Jonico” e questo grazie a informazioni rese da soggetti istituzionali non identificati. “Poi si chiedono perché la credibilità della magistratura sia in forte declino! Se io avessi avuto qualche contatto tra gli apparati istituzionali che mi informava sulle attività di indagine, sarei stato l’ultimo degli imbecilli a sapere di essere intercettato da 7 anni?!”. Le informazioni che Mammoliti avrebbe svelato a Domenico Zucco in merito all’indagine Mandamento Jonico riguardano la presenza di microspie all’interno dell’abitazione di Francesco Cataldo. “Francesco Cataldo è un mio assistito che a giorni alterni veniva e mi informava di aver rinvenuto microspie all’interno della propria autovettura o della propria abitazione. Quando un giorno incontrai Domenico Zucco gli dissi di non andare da Francesco perché sicuramente c’era un’attività investigativa in corso e si sarebbe ritrovato, dopo 5 anni in 41 bis, in una nuova situazione di imbarazzo. Di fronte a una persona che non ha avuto le possibilità familiari e neppure aiuto da parte dello Stato per riscattarsi, mi sono sempre sentito in dovere di aiutarla. Attilio Cordì e Vincenzo Carrozza, due miei assistiti, hanno avuto il coraggio di abbandonare le strettoie familiari per scegliere una vita diversa. Carrozza oggi è un valente chirurgo presso l’ospedale Molinette di Torino e fa volontariato nelle aree del Mali e della Nigeria con Medici Senza Frontiere. Ha suscitato grande approvazione il film “Liberi di scegliere”, ispirato alla storia di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, ma ci sono tanti Di Bella che cercano quotidianamente di aiutare i loro assistiti, senza ricevere alcun sostegno. Così come tanti sono gli omicidi ai danni di avvocati nella provincia di Reggio Calabria: Francesco Mandalari, Giuseppe Gentile, Nino Lugarà, Francesco Filippone, Giovanni Simonetti, Mario Longo, Giuseppe Letizia. Avvocati caduti negli anni, mai beatificati e per la cui morte non è stato individuato un solo responsabile. Come se ciò non bastasse, contro gli avvocati è in atto una guerra campale. Una convinzione di cui più volte si è fatto portavoce il procuratore Cafiero De Raho è che tra gli avvocati ci sia un’ampia fetta servente nei confronti dei clan. Eppure, ad oggi, in Calabria 4 sono gli avvocati indagati, 1 condannato in via definitiva, contro i 15 magistrati indagati e i 3 estromessi. La magistratura farebbe meglio a guardare in casa propria”. La procura reggina ha anche ritenuto che Giuseppe Mammoliti abbia ricevuto da Francesco Cataldo una dazione di denaro quantificabile in 500 euro che sarebbe servita a finanziare la sua campagna elettorale alle comunali del 2013. “Si trattava di una somma che mi spettava a fronte di prestazioni professionali. Cosa avrei dovuto finanziare con 500 euro? La candidatura presso un condominio?! Lo stesso

Cataldo Francesco, tra l’altro, ha sostenuto in quell’occasione una lista diversa, ovvero quella del sindaco poi risultato vincente, Giovanni Calabrese. Ma la cosa che più mi lascia sbigottito è che sarebbe il primo caso a livello mondiale in cui la ‘ndrangheta paga una candidatura! Anziché pagare io la criminalità organizzata, sarei stato pagato!”. Altro sospetto della DDA di Reggio Calabria è che Giuseppe Mammoliti abbia ispirato l’invio delle pallottole contro il procuratore De Bernardo e il procuratore Mollace. “Questo perché Francesco Cataldo di fronte all’ennesimo provvedimento restrittivo nei confronti del fratello Antonio disse che serviva prendere dei provvedimenti. Al che io risposi che serviva un’azione forte. Così scrissi una lettera al presidente e al vicepresidente del CSM in cui indicai la magistratura reggina come la madre di tutte le caste e di tutte le perversioni. Otto mesi dopo l’intercettazione tra me e Francesco Cataldo, qualcuno invia una busta con delle pallottole al dottor De Bernardo e al dottor Mollace. Cosa si sospetterà? Che io abbia ispirato quest’azione delittuosa. Hanno pensato che il provvedimento forte di cui parlavo con Cataldo fosse l’invio delle pallottole, non la lettera al CSM! Poi si chiedono perché non riescono a sconfiggere la ‘ndrangheta! Tra un inquirente medio e uno ‘ndranghetista medio, vince lo ‘ndranghetista: è una lotta impari dal punto di vista intellettivo! Mi hanno intercettato per 7 anni, hanno saccheggiato la mia vita per scoprire cosa? Che comperavo medicinali oncologici per un mio assistito che poi è venuto a mancare e che non faceva parte di questi circuiti criminali? Che facevo la spesa a un signore colpito da ictus che non aveva nessuno e mi chiamava per aiutarlo? Che ho pagato l’assicurazione a un ragazzo affetto da sclerosi multipla perché non aveva la possibilità di farlo? Che ho fatto fare la prima comunione a mie spese alla figlia di una persona sottoposta a usura? Hanno messo in mezzo anche queste persone, privandole della loro dignità e chiedendomi conto del perché le avessi aiutate. Così come mi si accusa di aver aiutato ragazzi che hanno trovato, attraverso i miei suggerimenti, la possibilità di riscatto. Ho voluto offrire ai figli delle aree periferiche della nostra terra la possibilità di non diventare numeri di matricola. Come Mimmo Lucano che cerca di proteggere gli extracomunitari, io cerco di proteggere le aree a rischio che possono essere contaminate da vicende giudiziarie, non certo per eluderle ma per evitarle”. Il 13 marzo si celebrerà l’ultima udienza che si sarebbe dovuta svolgere a gennaio. “Il 24 gennaio la procura ha chiesto e ottenuto un differimento di due mesi motivandolo con la necessità di studiare le carte, carte di cui è a conoscenza dal luglio 2017! Cinque ragazzi di Pistoia hanno tradotto l’enciclopedia Treccani in 21 giorni in 7 lingue, gli inquirenti non sono stati in grado di capire delle carte dopo 18 mesi! Questa per me – conclude Mammoliti – è la cronaca di una sentenza annunciata. In ogni caso, qualunque sia l’epilogo di questa vicenda, io starò sempre dalla parte dello Stato, non dell’antistato. Ciò che mi fa rabbia, però, è che questa volta lo Stato sta miseramente rischiando di perdere la propria battaglia”.


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Papero Nero,

la novità è servita!

Un locale che ha scelto di distinguersi dalla massa puntando su un’originale proposta culinaria, unica nella Locride: il sushi di carne. "L'unione fra quello che siamo e quello che non c'era ancora nel nostro territorio ha portato alla nascita del Papero Nero, un locale in cui lasciarti coccolare dalle novità!". Maria Giuseppina e Carmine Giuseppe Barbaro hanno messo insieme l'energia e la passione di tue fratelli cresciuti nel settore della ristorazione e hanno dato vita a una pizzeria ristorante che ha scelto di differenziarsi dalla massa puntando all'originalità. Un locale che ha deciso di osare e sperimentare proponendo a ghiotti avventori in cerca di qualcosa di nuovo un piatto molto particolare: il sushi di carne, una proposta culinaria che coniuga la passione per il sushi, il tipico piatto giapponese ormai diffuso in tutto il mondo, la carne rigorosamente di prima qualità e i migliori prodotti del territorio. Un percorso gastronomico insolito che si fonde con i profumi e i sapori della nostra terra per creare accostamenti unici che conquistano anche i palati più raffinati. Oltre il sushi di carne al Papero Nero potrai gustare dell'ottima pizza altamente digeribile grazie a una lievitazione naturale di 72 ore e all'utilizzo di farine di prima scelta. Anche il menu pizza oscilla a metà

fra tradizione e innovazione, prediligendo sempre prodotti d'èlite. Vasta la scelta di creazioni succulente in cui primeggiano ingredienti di prim'ordine come il baccalà, il caciocavallo di Ciminà DOP, la 'nduja DOP, la salsiccia, la burrata DOP, le cime di rapa, i friarielli, il pistacchio DOP... Molto accurata la selezione dei vini da scegliere tra etichette nazionali e un ottimo vino prodotto dalla casa, genuino al 100%. Eccellente anche la proposta di birre artigianali che spazia da quella classica alla doppio malto, da quella aromatizzata alla birra weiss, prodotta seguendo il rigido dettame dell'editto sulla Purezza in vigore dal 1512 che obbliga il birraio a utilizzare solo acqua, malto d'orzo, luppolo e lievito. Al Papero Nero vivrai un'atmosfera unica e confortevole, tra bellissime pareti con mattoni a vista e un arredamento scelto con cura. Un locale giovanile e di giovani che amano sorprendere e far impazzire di gioia i palati. Un locale che rende unica la tua cena ma ideale anche per diventare la nuova frontiera della pausa pranzo, grazie a menu per professionisti e lavoratori con piatti ricercati e gustosi

Al Papero Nero potrai gustare anche dell'ottima pizza altamente digeribile grazie a una lievitazione naturale di 72 ore e all'utilizzo di farine di prima scelta.


03 FEBBRAIO - 10

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Il vento è cambiato ma non sparate su Lucano

Il libro di Gaetano Liguori Non sparate sul pianista, viaggio nel cinema western che fa riviere l’epopea storica degli americani attraverso il cinema, in particolare l’epica storia del selvaggio West, lo utilizziamo per celia e paragone alla situazione di Riace, fino a ieri, celebrato paese dell’accoglienza oggi additato a simbolo di spreco e di loschi traffici. Ci chiediamo è solo un difetto di memoria o un preciso indirizzo di non ricordare per soffiare in un’altra direzione? Vi ricordate le tre scimmiette? Mizaru, “scimmia che non vede il male”, Kikazaru, “scimmia che non sente il male” e Iwazaru, “scimmia che non parla del male”? Mizaru non vede i migranti, preferisce tenerli nascosti in Libia o sull’isola di Samos in Grecia; Kikazaru non sente i migranti, preferisce zittirli mandandoli via da posti come Riace o da centri come Baobab di piazzale Maslox a Roma e farli “sparire” per le strade; Iwazaru non parla dei migranti, così parla prima degli italiani e ne ha d’avanzo. In prefettura nessuno ricorda più a chi si rivolgevano quando arrivavano a centinaia i disperati, parecchie centinaia. C’era Riace, c’era Lucano! Mai un diniego tantomeno un rifiuto. Riace accoglie tutti, ci pensa Lucano. Oggi il vento è cambiato, seppure se ne avvertiva un leggero soffio anche prima dei gialloverdi, spira forte in altre direzioni e il ministero dell’interno è diventato il ministero dell’interiora. La peristalsi intestinale provvede a digerire l’immigrazione trasformandola in bolo alimentare da espellere con le feci e quella esofagea ha trasformato i migranti da espellere con il vomito con buona pace dei benpensanti. Tutti questi sommovimenti hanno armato la mano dei demagoghi che caricati i fucili, finora tenuti a bada, hanno diretto il fuoco incrociato sul pianista Lucano e, quel che è peggio, sul pianoforte Riace. Siamo tornati al selvaggio west e ricordiamo che oggi si spara sul pianista e sul pianoforte ma domani potrebbe toccare a noi. A questo proposito, in periodo di celebrazione della Giornata della Memoria è utile riportare una poesia di Martin Niemöller: Quando i nazisti presero i comunisti Quando i nazisti presero i comunisti Io non dissi nulla perché non ero comunista. Quando i nazisti rinchiusero i socialdemocratici Io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico. Quando presero i sindacalisti Io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi presero gli ebrei e io non dissi nulla Perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me e non era rimasto nessuno che potesse dire qualcosa.

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PIETRO SERGI REPLICA ALL’ARTICOLO DI ILARIO AMMENDOLIA PUBBLICATO SU RIVIERA LA SCORSA

Il Reddito di Cittadinanza spingerà a un censimento reale del disagio in Italia Carissimo Ilario, come ti avevo preannunciato mi permetto di rispondere al tuo articolo su La Riviera dove ti esprimi sul reddito di cittadinanza esponendo le tue perplessità, legittime e, come sempre ti accade, fondate e di buon senso. Però, pur essendo, tu, d’accordo sul fatto che qualcosa andava fatta, dici che il RdC renderebbe cittadini “oggetti inerti”. Ecco, io credo che, invece, l’obbiettivo del Movimento 5Stelle vada esattamente in direzione opposta. Provo a spiegare perché dal mio modestissimo punto di vista. Per poter accedere al Reddito bisognerà che anche chi aveva smesso di cercare un lavoro si riavvicini a un Centro per l’impiego e dichiari la propria posizione reddituale, cosa che in tanti casi non avveniva più; e chi era caduto in povertà dopo i Governi dei tanto preparati e capaci governanti era, lui sì, oggetto ormai inerme e fuori da qualsiasi circuito di reinserimento nel mondo del lavoro e ai margini della socialità. Tutto ciò vuol dire, in primis, che questa speranza, generata da questa misura sulla quale tutti, o quasi, siamo convinti fosse necessaria, spingerà a un censimento reale del disagio in Italia e, come ben sappiamo - e tu meglio di chiunque altro, da osservatore attento quale sei sempre stato – i dati che verranno fuori dimostreranno come questo disagio sia maggiore dalla nostre parti. Quindi, partirei dal fatto teorico e statistico per poi giungere ai passaggi pratici. Inizio col dire che, intanto, ci sono criteri di accesso rigidi che prevedono anche sei anni di carcere a chi dichiara il falso per accedere al reddito. Inoltre, se dovesse funzionare, come mi auguro e come sono convinto, chi vorrà arrivare a percepire il reddito dovrà dimostrare di essere disponibile a entrare in un percorso di formazione e indirizzo verso

Diciamo tutti insieme: È stato il vento! Con la fondazione per Riace. Arturo Rocca

l’occupazione, oltre che alzarsi dal divano e iniziare a prestare opera nel proprio Comune. E qui entrano in gioco i Sindaci, o, come piacerebbe dire a te e a me, i vari “Commissari” che gestiscono ormai gran parte dei nostri Comuni, le cui amministrazioni sono state sciolte dai vari Governi di ogni colore ed estrazione ideologica. E certamente non credo che nei nostri Comuni manchi il da fare, e più alta sarà la richiesta di accesso più la manodopera risulterà urgente e utile in quanto il disagio è concentrato maggiormente nei territori comunali più poveri, degradati e condannati alla desertificazione ambientale e demografica. Io penso che se il Movimento 5Stelle continuerà nella sua battaglia agli sprechi di denaro pubblico stavolta potrebbe essere la volta buona che i soldi stanziati arrivino al loro approdo al quale sono stati destinati. Certo, non sarà facile ma non si può certo abbandonare chi ha bisogno per paura dei “furbi”, generalizzando, e qui non parlo a te, naturalmente, con i soliti luoghi comuni sui Meridionali furbi e fannulloni. Credo sia nostro compito, io lo sento mio compito, almeno, informare bene i cittadini illustrando i pro e i contro. Inoltre, mi pare che gli incentivi a chi assume ci siano in quanto “il reddito di cittadinanza prevede che le aziende che offrono un lavoro ai cittadini che ne possono beneficiare, avranno diritto a un incentivo, che va da un minimo di cinque fino a un massimo di diciotto mesi dell’assegno inizialmente previsto per quelle persone Questo avverrà in tutta Italia, ma al Sud questa misura si potrà agganciare (raddoppiando) a un’altra iniziativa, già approvata nell’ultima finanziaria. Si tratta della decontribuzione al 100% dagli oneri Inps, sul 2019 e il 2020, per quelle imprese che

nel Mezzogiorno assumeranno con contratti stabili under 35 o cittadini disoccupati da più di sei mesi. Ora, carissimo e illustre Conterraneo, se vogliamo criticare credo che se le critiche sono costruttive siano il sale della Democrazia e servono sempre a migliorare qualunque misura, ma partiamo dal dato di fatto che si sta facendo un investimento sugli ultimi, sugli emarginati, sui bambini ridotti in povertà e questo è il dato di fatto iniziale e inconfutabile. Tutto ciò mentre una Sinistra spiazzata e in piena confusione ci vuole far credere che un Paese Occidentale non sia in grado di dotarsi di una norma di giustizia sociale solo perché esistono i furbi. Non ci dovevano essere le coperture e invece la Ragioneria dello Stato ha dato l’ok. Avessimo ascoltato i burocrati, il RdC avremmo dovuto stracciarlo per

primo dalla manovra. Purtroppo, lo dico davvero a malincuore e col massimo rispetto, non capisco la paura della Sinistra. Sarà mica la paura che si venga a scoprire che era fattibilissimo? Non era buono neppure il Decreto Dignità e invece ha favorito la trasformazione di migliaia di contratti che da tempo determinato si sono trasformati in rapporti di lavoro stabile. Il rischio che qualcosa possa non andare bene esiste, ma non può fungere da pretesto per non fare mai nulla mentre la forbice sociale tra sempre i più ricchi - sempre di meno e sempre più ricchi - e sempre più poveri – sempre di più e sempre più poveri- si divarica tragicamente. Con stima e affetto. Pietro Sergi

Una bruttissima giornata!!!

Sabato scorso ho letto nel profilo dell’amico Palmiro Spanò queste parole, con cui comunicava la morte del caro fratello. “Rocco ci ha salutati stanotte per l'ultima volta. Non ci sono parole per descrivere mio fratello, la sua tenacia di instancabile combattente politico. Si è speso sempre per gli altri senza egoismo. Non è un addio caro Fratello, vivrai giorno per giorno finché io vivrò. Due anni fa Peppe, ora tu Rocco non posso credere. Rocco e i suoi fratelli, caro mi avete lasciato solo. Continuerò i tuoi che sono sempre stati i miei valo-

ri e quelli della famiglia. Ciao Fratellone Rocco.” Ho voluto riportare le parole di Palmiro perchè mi ha toccato il sentimento che esprime. Ricordo da una vita i fratelli Spanò di Monasterace, veri combattenti ma chini al potere e sempre pronti a difendere gli ultimi. Mi lega a Palmiro ed a Rocco un sentimento di vera amicizi ereditato da mio padre che con loro combattè mille battaglie. Che la terra ti sia lieve, caro Rocco. Rosario Vladimir Condarcuri

Claudio Riccardo Arcidiaco, un amico geniale Questa settimana è mancato Claudio Riccardo Arcidiaco, fratello di Franco editore della “Città del Sole”, entrambi amici e protagonisti della lotta per la diffusione della cultura in Calabria. Lo vogliamo ricordare con le parole di una sua amica. Lo dovremmo avere tutti, un amico come Claudio Riccardo Arcidiaco. Un amico del genere che ti cammina accanto e raccoglie i pezzetti, anche minuscoli, di quando sei andato in pezzi, e li mette in un sacchetto e te lo porge in silenzio. E poi ti porta a bere. Claudio era un amico del genere riparativo, una tenda indiana montata nel salotto contro le intrusioni degli adulti, una coperta di Linus e anche un Linus, un amico geniale con una saggezza stoico-bolscevica, una casa-rifugio foderata di libri e una capacità d'ascolto illimitata. Ho passato moltissime ore della mia adolescenza in quella casa, con lui che mi scacciava le lacrime (io ero il genere di amica dal cuore sempre spezzato, una rompipalle sentimentale che non faceva altro che sostituire l'uomo sbagliato con l'uomo sbagliatissimo), mi porgeva un alcolico e mi diceva "Bevi, Sue Ellen", e ridevamo come due scimuniti. Claudio mi confezionava le musicassette ossessivo-compulsive,

quelle con lo stesso pezzo ripetuto tre, cinque, tutte le volte, perché l'amicizia vera è condividere i disturbi e onorarli, oltre che recintarli, alla bisogna. E il suo cuore sensibile conosceva perfettamente la differenza. A volte parlavamo di poesia latina, di lirici greci, di tribuni: la politica per lui era essere un Gracco, cosa che gli veniva facile anche perché - e lo invidiavo moltissimo - aveva quattro fratelli che lo amavano profondamente, anche quando non lo capivano. Era un essere poetico e politico, Claudio, e amava la poesia latina per la sua capacità d'essere manifesto, il suo epos sul filo dell'elegia, il suo moralismo foderato di sentimento. Lui sarebbe stato un Catullo meno edonista, un Virgilio meno dolente, un Orazio meno opportunista, un Lucrezio altrettanto folle. Claudio scriveva, leggeva, completava le cose che le amiche sconclusionate come me lasciavano a mezzo, distratte da naufragi nei bicchieri d'acqua. Claudio ricomponeva, schiariva, allentava, Poi, certo, c'era il suo lato capricornesco: era l'Ariete più Capricorno che si fosse mai visto, e a volte era integralista come un Catone, anche se lui, per misteriose ragioni, si sentiva piutto-

sto un Cicerone (ma era il Cicerone di Catilina: Quousque tandem, lo chiamavo, e lui rideva, ma compiaciuto). Litigavamo spesso, per la politica. Perché lui era il più conservatore dei progressisti, il più talebano degli atei, il più catoniano dei Ciceroni. Avevamo litigato qualche mese fa, e non ci eravamo ancora riconciliati, quando quel cazzo di Caronte se l'è preso a tradimento, ieri. Caronte bastardo, mi devi un'anima. E che anima. Spero che tu abbia fatto posto sulla tua cazzo di canoa, perché Claudio lo prendeva tutto. Si porta risate che da sole asciugherebbero l'Ade, e un cuore di pane, e uno sguardo sensibile e un animo nobile che pure Achille diventerà verde d'invidia, ed Ettore ed Enea - che lui era di quella specie, ma senza spada, solo con la matita - se lo porteranno a bere nei peggiori bar affacciati sullo Stige. Addio, amico mio adorato. Mi vengono in mente un milione di versi, in latino, ma tu mi correggeresti la consecutio e quindi evito. Litigheremmo di nuovo, come sempre. Anna Mallamo



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03 FEBBRAIO - 14

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CALABRESE PER CASO

Se il cielo, a volte, può essere blu L’idea di realizzare nella Locride una consapevolezza di comunità diffusa che superi il limite dei comuni, diventa l’urgenza di sentirsi tutti finalmente parte di uno spazio condiviso che è culturale, oltre che economico e sociale, e poi, anche politico

Se le settimane scorrono man mano verso le nuove stagioni, anche gli animi si rimodellano alle nuove mete che ognuno di noi cerca di porsi come motivo di vita o come obiettivo di realizzazione di desideri. Ciò vale per gli individui e vale, altrettanto, per quelle comunità che sono, di per sé, la sommatoria delle aspettative di ogni cittadino. In genere non ci dovrebbero essere momenti di inerzia nello scorrere dinamico dell’esistenza, ma solo pause che dovrebbero servire a rivedere ogni scelta, a considerare ogni errore per riprendere il corso del tempo questa volta riorganizzando obiettivi e rimodulando i desideri secondo le necessità e le possibilità di ognuno di noi. Pensare che la locride sia statica o rassegnata se è in un certo senso vero non è, però, completamente giusto. In verità vi sono molti segnali di una vivacità intellettuale e politica che ne dimostrano una certa inversione di tendenza rispetto al passato. Si potrebbe dire che, a volte con poche iniziative, si possono mettere in moto progetti che per quanto piccoli assumono la loro grande importanza nei significati che essi sottendono. Che si tratti di progetti legati ad una ospitalità umanitaria o turistica piuttosto che alla promozione della gastronomia calabrese in una giornata dedicata all’alimentazione mondiale, o che si aprano le porte delle scuole a piccole iniziative che trasformano il quotidiano in una occasione per andare oltre i nostri piccoli orizzonti, tutto questo è, di per sé, un ottimo risultato che non ha, e non dovrebbe avere, colore politico. Ciò che dovrebbe prevalere è una sorta di amore per ogni angolo di una terra che non divide, ma che ci accomuna dal momento che ognuno condivide con l’altro piccole conquiste che andrebbero a coprire quei dispiaceri sui quali molto spesso ci siamo fermati, rivolti a concederci alibi di circostanza per non voler impegnare le nostre forze verso un cambiamento dovuto. Oggi, mentre si guarda alla sanità piuttosto che ai trasporti, le nostre contrade, spesso spopolate quando ci si passa di sera, si ripopolano a sorpresa a piccole dosi e anche di giovani che si assumono l’onere di fare di una tradizio-

ne il loro orgoglio di esserci. Se questo è vero, come credo sia vero per onestà e affetto, allora dovremmo mettere da parte quelle vanità di colore politico che hanno giustificato clientele e permesso che il nostro futuro sia stato riposto in mani poco sincere e affidato a intelligenze, vere o presunte, poco chiare verso coloro che ad esse si rivolgevano e alle quali hanno attribuito fiducia e speranze. Per fare questo si dovrebbe andare oltre il limite del facile miraggio del facile senza impegno, evitare di cadere nelle lusinghe del promesso o essere ancora una volta vittime di quel timore riverenziale che il potere usa per evitare di essere messo in discussione. L’idea di realizzare nella Locride una consapevolezza di comunità diffusa che superi il limite dei comuni, diventa l’urgenza di sentirsi tutti finalmente parte di uno spazio condiviso che è culturale, oltre che economico e sociale, e poi, anche politico. Se questo è l’animo che va ben oltre l’ostacolo della pigrizia e supera le barriere della rassaegnazione, allora si potrà riprendere quella voglia di vivere insieme che è il presupposto per aprire non solo la porta alle vicende umanitarie, ma anche al proprio vicino, al calabrese andato via che vuole ritornare, al ragazzo che ancora una volta crede di trovare fortuna altrove e che resetta ogni segno di appartenenza per amalgamarsi in comunità anonime metropolitane nelle quali perde ogni originalità del suo essere. Credere nella Locride come spazio culturale di crescita comune, significa attribuirle un significato decisivo per ogni iniziativa soprattutto cercando di affrancarsi, con coraggio e contro chiunque non lo permetta, sia da una visione criminale di una terra che paga senza compensazioni un massacro mediatico e una reputazione da prima pagina che da un’idea diffusa, e non senza ragione purtroppo, di poca attenzione a ciò che ci è dovuto ma non ci è stato riconosciuto da coloro che, in nome di piccoli egosimi di partito o di casta, della loro terra poco è importato sino ad oggi. Giuseppe Romeo

Piccoli regni risorgono e gli ammalati muoiono

Antonio Ferreri promette una nuova primavera per Canolo Una nuova primavera aspetta il piccolo paese di Canolo, almeno stando a quanto abbiamo sentito in un recente comizio di Antonio Ferreri, in arte “Carbonella”, che affermava la sua volontà di candidarsi a sindaco della cittadina montana. Come sanno tutti, il paese di Canolo è stato commissariato, andrà ad elezioni nel prossimo turno elettorale di maggio, in concomitanza con le Europee. La novità è che dopo due anni di commissariamento non c’è nessun abitante che si vuole candidare, anche perché il destino, in questi casi, sembra già scritto, per cui sicuramente le elezioni rischiano di andare deserte. Mentre Antonio, stando alle parole usate durante il comizio, ha le idee chiare: lo sviluppo di Canolo deve passare obbligatoriamente dallo sviluppo dell’agricoltura, rivalutando il famoso paniere dell’Aspromonte, i funghi, i salumi, il prosciutto, il formaggio caprino, il pane Iermano e tutto quello che viene dalla montagna. Oltre a questo la rivalutazione delle aziende, che comunque ci sono e sono in crisi con l’estrazione della montagna, e l’artigianato, tutto questo per far diventare il piccolo centro famoso in tutto il mondo e renderlo pronto ad accoglie i turisti, che con il giusto investimento in promozione potrebbero finalmente arrivare. Abbiamo voluto comunicare questa candidatura di Antonio Ferreri anche per dare speranza ai cittadini di Canolo che magari, vedendo l’amore che una persona non appartenente alla loro comunità ha nei confronti di proprio paese, li possa convincere che vale la pena cercare di farlo rinascere.

L’articolo 116, comma 3, della Costituzione prevede che possano essere attribuite alle Regioni «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata. Già dal 2003, vi sono state iniziative da parte di Regioni per l’avvio di negoziati con il Governo; tale disposizione, introdotta nell’ambito della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, non ha sino ad oggi trovato attuazione. Tra poco, malgrado le apparenze per cui potrà sembrare che facciamo parte dello stesso paese, a forza di devoluzione e decentramento, avremo uno Stato che ci obbliga a pagare le tasse per mantenere le forze dell’ordine, l’esercito e per i rapporti con gli altri stati, poiché le altre competenze sono passate alle Regioni. In attesa di capire come saranno suddivise tra i due, iniziamo ad affrontare il capitolo Sanità, proponendomi di discutere successivamente anche di scuola e istruzione. Se le regioni iniziassero a coordinarsi tra di loro, potremmo tornare, agli stati prima del 1860, al Regno di Sardegna (Piemonte e Sardegna), al Regno Lombardo-Veneto, ai Ducati di Parma e Piacenza (Emilia Romagna), al Granducato di Toscana e al Regno delle due Sicilie (Sud) almeno per quanto riguarda la Sanità e l’istruzione e gli altri settori che verranno assegnati alle regioni, attraverso la riforma dei rapporti tra Stato e Regioni, il cosiddetto regionalismo differenziato. Una secessione dolce senza le armi come avevano provato a fare nel maggio 1997 i “serenissimi veneti” assaltando il Campanile di San Marco, a Venezia, con il loro “tanko”. Allora poteva sembrare una farsa o meglio una burla, visto lo spessore dei personaggi coinvolti, adesso la realtà è sotto i nostri occhi. In un mondo sempre più diviso, ognuno a difendere il proprio interesse particolare: • i ricchi non disposti a pagare alte tasse, con la scusa che loro li investono, con differenze stratosferiche tra una piccola percentuale di “paperoni” e la gran massa con stipendi insufficienti, • le regioni ricche che vogliono tenersi nel proprio territorio la maggior parte delle entrate ivi prodotte, nemmeno il diritto di avere un’assistenza uguale su tutto il territorio è assicurato. La giustificazione addotta ė che così ogni regione utilizza al meglio le proprie risorse, assicurando un servizio più adatto alle proprie esigenze. Verrebbe istituito un “fondo perequativo” per compensare le differenze tra le diverse regioni. Ogni regione contribuirebbe in piccola parte a questo fondo, in quanto la maggior parte di tutte le entrate, fino al 90% (proposta del Veneto), viene incorporata nel bilancio locale. Abbiamo esperienza che le regioni ricche, in questi anni sono riuscite a creare poli di eccellenza, a partire dalla Lombardia, che con la politica della “sussidiarietà” ha creato un modello misto pubblico-privato, finanziando in modo massiccio il privato, generalmente di area cattolica, come la Compagnia delle Opere,

vicina all’ex governatore Formigoni, ma anche molto presente nel Veneto, in questo caso in buoni rapporti anche con la Lega. Le clientele portano voti dal Sud al Nord! Gli scandali successi in Lombardia e Veneto, in anni recenti nel settore sanitario, non hanno sconfitto questa tendenza, anzi si cerca di avere più potere in altri ambiti di competenza dello Stato. Parlare di Sanità pubblica al Sud non ha senso, tra ospedali non funzionanti, viaggi della speranza al Nord e spese enormi a carico dell’ammalato per visite e analisi nei laboratori privati, che ormai sostituiscono quelli pubblici che, guardo caso, sono sempre in manutenzione. Idem sul ruolo delle regioni in tutta Italia che hanno dimostrato incapacità di gestire le loro competenze attuali, se non portare il debito oltre misura, pagate con aumento di Irpef regionali, tagli di ospedali e blocco delle assunzioni. Era stato affrontato l’argomento su questo rivista, in occasione del referendum regionale di Lombardia e Veneto, il 22 ottobre 2017, per ottenere maggiori competenze. Adesso il treno è in corsa e sta arrivando alla stazione di arrivo, la divisione di fatto tra regioni del Nord e quelle del Sud. Apripista Lombardia e Veneto, a trazione leghista, accodato Emilia Romagna, a trazione PD, in pole position, Piemonte, gestione PD e buon ultimi si stanno svegliando gli altri per provare a contenere le perdite, ma ormai senza speranza. I piddini sperano con questa mossa di bloccare le istanze leghiste per conservare il governo delle regioni, l’esperienza passata non ha insegnato molto, si apre la finestra e poi la valanga leghista distrugge tutto. Dopo 40 anni dalla riforma delle “mutue” e la creazione della Sanità pubblica, sotto la spinta delle forze sindacali e delle lotte operaie, perché tutti fossero garantiti allo stesso modo almeno nella malattia, le forze liberiste e disgregatrici hanno vinto. La salute è un diritto individuale, non universale. Ognuno si arrangi e se non vive in una regione ricca, non si faccia molte illusioni di avere le stesse garanzie dei più fortunati.

Un ministro della Salute, senza esperienza, la Grillo, e un partito di false promesse, M5S, pur di restare ancorati al Governo hanno subito l’ennesimo schiaffo dalla Lega, in contrasto con quanto avevano promesso meno di 1 anno fa. Le regioni avranno i poteri esclusivi dello Stato su: personale, farmaci, governance, fondi integrativi, tariffe, servizi, formazione. Lo Stato quindi su queste fondamentali materie non avrà più voce in capitolo. La Regione potrà privatizzare i suoi servizi, fare contratti ad hoc per i dipendenti, potrà differenziare gli stipendi, gestire la sanità con aziende uniche, centralizzate, formare perfino i medici come vuole, assumere con contratti su base regionale o concorsi specifici, e nel leghismo imperante al Nord forse chiederanno di essere residenti da molti anni per poter partecipare, mettere le tasse a proprio piacimento, tutto a costo “zero” per lo Stato. La sanità pubblica italiana, modello per tutto il mondo, in quanto garantiva tutti e a costi dimezzati rispetto ad altri paesi occidentali, deve diventare privata perché assicurazioni e fondi pensioni che investono sulla salute abbiano profitti e i costi si scaricano sulle famiglie. La democrazia ha vinto, l’egualitarismo e i diritti per tutti sono un orpello, viva il privato. Chi si ammala si affidi al buon cuore del capitalismo compassionevole, cioè al buon cuore dei filantropi. E per finire con qualche buon esempio, se gli eredi del partito, il PCI, che di quella stagione di lotte per la salute e non solo, è stato l’interprete in Parlamento, hanno abiurato quei valori, nemmeno il sindacato, la CGIL, che di quel periodo, è stata la forza trainante, insieme agli altri sindacati, ha memoria della sua storia. Come per le pensioni, anni fa, si è accodata al pensiero dominante neoliberista e di fronte all’attacco alle pensioni pubbliche, ridotte con il sistema contributivo, ha firmato, con i mitici metalmeccanici, contratti per far partire i fondi pensioni integrativi, anche nel contratto del comparto sanità, basati sulla deregolazione del lavoro, per i lavoratori è prevista la possibilità di farsi una mutua integrativa per loro e i loro famigliari, cioè di farsi curare negli ospedali privati!


GIUDIZIARIA

La ’ndrangheta in Valle d’Aosta

FRUTTI DIMENTICATI

Zoiaro o Fagiolo di sette anni La loro origine è probabilmente egiziana o africana, tanto più che durante l’Expo di Milano 2015, nel padiglione del Camerum era evidenziato come fagiolo nazionale.

LAB LAB DAI FIORI BIANCHI FAMIGLIA FABACEE Dopo lo sfondamento a Caporetto degli austriaci, dopo numerose battaglie sull’Isonzo dell’ottobrenovembre 1917, gli italiani furono costretti a rinforzare le retrovie utilizzando ragazzi di appena 17 anni, quelli del 900, mentre quelli del ‘99 (1899) furono mandati sulle prime linee. Mio padre aveva conosciuto l’esperienza di guerra nelle retrovie, essendo del 900 e qui aveva conosciuto un suo coetaneo e conterraneo di Fossato di Montebello Jonico e non si incontrarono mai più tranne una sola volta a Reggio poco prima della metà degli anni cinquanta. Si riconobbero miracolosamente e allora l’amico di Fossato lo volle invitare per qualche giorno nel suo paese, da cui ritornò con alcuni strani semi di fagiolo. Essi erano marroncini con l’ilo (la parte che produce la germinazione della pianta) che avvolgeva completamente uno dei lati corti dei fagioli. Con molta cura piantò i semi in un campo ben drenato e ben irrigato e vennero fuori delle piante che superarono facilmente delle canne alte più di tre metri. Venne fuori una produzione abbondantissima di fagioli che mia madre tentò di cucinarli freschi con tutti i baccelli, ma non furono di suo gradimento, per cui mio padre fu costretto a darli da mangiare ad una capra. L’amico suo gli aveva detto che ricrescono per tanti anni di seguito, per sette anni e allora non zappò quel pezzo di terra e con curiosità aspettò la loro rinascita in primavera dopo che erano seccati ai primi di gennaio. E puntualmente rinacquero ai primi di marzo e andarono in produzione l’estate, ma come quelli dell’anno precedente andarono ad alimentare le capre. Nonostante che mio padre li difendesse calorosamente mia madre non volle sentire ragioni e i fagioli di varietà Zoiaro, che significa, “che ritorna in vita” dopo la fase dormiente invernale, furono estirpati e non completarono il ciclo di sette anni. Alcuni vicini di campo ebbero i semi e li coltivarono per anni, dal momento che essi avevano scoperto il loro lato buono e sapevano cucinarli probabilmente. Alcuni anni addietro, frequentando il consorzio agrario del defunto Francesco Mezzatesta di Bianco,

I BRIGANTI

Terroni ai forni!

ebbi modo di conoscere una persona anziana che aveva avuto dei semi da certe signore di Ferruzzano, che negli anni cinquanta del novecento avevano avuti i semi da mio padre. Egli con molta precisione mise a dimora i semi alla base di un traliccio alto circa 15 metri, dove transitava l’elettricità ad alta tensione; altri semi li mise a dimora lungo la recinzione vicino ad un gruppo di piante di bergamotto. Le piantine spuntarono ed egli diede loro la massima cura, arricchendole di sostanze nutritive derivanti dagli escrementi di gallina messe in ammollo. Crebbero a vista d’occhio e quelle vicine al traliccio raggiunsero la sua cima e poi cominciarono la discesa, mentre quelle sulla recinzione dilagarono verso i bergamotti e vi si abbarbicarono, ma a questo punto il signore, amico del defunto Francesco, fu terrorizzato dall’invadenza del Lab Lab dal fiore bianco e si mise d’impegno ed estirpò tutte le piante. Mi diede qualche seme e lo misi a dimora accanto ad una pianta di cachi, mentre avevo saputo che il mio amico, l’etnomusicologo Valentino Santagati di Reggio Calabria, ma abitante a San Lorenzo Marina, aveva costituito nel giardino della sua casa a mare un orto composito solo di prodotti del territorio. Andai a trovarlo e nell’ orto vi trovai tante essenze in via d’estinzione, tra cui alcune piante di Lab Lab dal fiore bianco. Cominciammo a dibattere sull’origine ed egli affermò che probabilmente è d’origine latino-americana, in quanto egli l’aveva avuto da un signore di Condoianni che l’aveva portato dall’Argentina. Gli obiettai timidamente che pensavo fosse d’origine egiziana o africana, tanto più che durante l’Expo di Milano 2015, visitando il padiglione del Camerum vidi evidenziato come fagiolo nazionale proprio quello di cui stiamo parlando. Valentino aggiunse che è quello suo preferito e che dieci o dodici piante che ricacciano a ogni inizio di primavera, riescono a procurargli il fabbisogno per tutto l’anno. Aggiunse però che bisogna prestare attenzione nel cucinarlo, per cui bisogna lessarlo due volte prima di cucinarlo perché è leggermente tossico. Con i baccelli verdi egli fa dei sottaceti deliziosi mescolandoli con altre verdure; in altri termini egli è dell’avviso che tale tipo di fagiolo è ottimo, ma bisogna conoscere il modo per cucinarlo. Orlando Sculli

Non è la seconda guerra mondiale, siamo a gennaio 2019. “Che vuoi che sia. Scherzano. Ah, ma io sono superiore a queste cose, io ci rido su...”. E certo, che vuoi dire per non soccombere e implodere dentro te stesso (perchè se esplodi fai danno, non sia mai). O forse volevano dire: “o voi proprietari terrieri andate ai forni?” Magari per fare dolci, aggiungo. Eh no, cari voi che vi sentite orgogliosi di essere etichettati come terroni – di merda, aggiungo ancora, poichè un insulto non può mai considerarsi positivo in nessun caso- ...O voi che abbassate la testa, proprio voi terroni – di merda- sappiate che a Bolzano vi avrebbero mandato ai forni non per cucinare ma, volgete la frase al passivo, per essere cucinati! Che dei vostri dolci terroni ne hanno piene le tasche. E nemmeno vi avrebbero cucinati per mangiarvi poichè schifano la vostra carne; si sarebbero limitati a cancellarvi per sempre dalla faccia di questo paese – paese non più felice, perchè governato da razzisti che provocano ciò-. I bolzanesi ne hanno piene le tasche degli infermieri terroni che chiedono tutti insieme le ferie sotto le feste. Sti terroni pretendono pure di avere abbastanza tempo per affrontare i soliti viaggi della speranza (che proprio i governi hanno agevolato, per arricchire le aziende di trasporti del nord!) per congiungersi ai propri cari. Ma quei treni

A partite dagli anni '70 ed '80 venivano registrati, sul territorio valdostano, gravi fatti di reato, come omicidi ed estorsioni, maturati in contesti e realizzati con modalità tipiche della criminalità organizzata mafiosa calabrese. Alcune di queste vicende sono state oggetto di procedimenti conclusi con condanne passate in giudicato, anche se in passato non è mai stata accertata giudizialmente la presenza della 'ndrangheta in Valle d'Aosta. Ciò nondimeno, gli elementi raccolti nei menzionati procedimenti, processualmente utilizzabili per le considerazioni sopra dette e ulteriori di cui si dirà, consentono di dimostrare come già negli anni 2000 e 2001 fosse operativo ed attivo un focale di 'ndrangheta in Valle d'Aosta, la cui presenza nella Regione era risalente nel tempo. Segnatamente, nell'indagine cosiddetta "Lenzuolo" p.p. 16579 /01 RGNR, coordinata dalla D.D.A di Reggio Calabria e condotta dai Carabinieri di Aosta, veniva individuato un gruppo associativo di tipo mafioso presente in Valle d'Aosta, quale articolazione della cosca IAMONTE e della cosca FACCHINERI e capeggiata da Panzera Santo (deceduto), Oliverio Santo e altri 14 indagati. Venivano captate alcune ambientali dalle quali emergeva chiaramente come la presenza della 'ndrangheta in Valle d'Aosta abbia sempre assunto caratteristiche particolari, imposte dalla necessità di rendersi sempre meno visibile, sia per una certa resistenza da parte della popolazione locale ad accettare facilmente imposizioni di carattere estorsivo, sia soprattutto per evitare di attirare l'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura. Emblematica in proposito la conversazione intercettata il 24 luglio 2000 tra tre indagati nell'indagine "Lenzuolo", Antonino VERDUCCIO, Antonino PANDOLFINO e Corrado CARBONI, i quali, pur non essendo risultati appartenere al locale, mantenevano con lo stesso stretti e rispettosi contatti e volgevano comunque attività illecite quali l'usura e il traffico di stupefacenti. I tre, valutando la prospettiva di avviare estorsioni in Aosta, ne spiegano l'improponibilità in relazione, appunto, al contesto ambientale locale. Importanti riscontri, inoltre, alla presenza di una struttura

stabile ed operativa, nelle forme del cosiddetto "locale di 'ndrangheta'; in Val d'Aosta (plausibilmente sin dagli anni 70), si evincono anche dalle intercettazioni ambientali sull'autovettura in uso a IARIA Bruno, capo locale del locale di Cuorgné, captate nell'ambito della citata operazione Minotauro. Né va trascurata l'indagine "Gerbera'', condotta dai ROS di Torino (p.p. 31325/06 DDA di Torino), che anch'essa permetteva di individuare, negli anni 2006/2009, un'organizzazione dedita al traffico internazionale di cocaina, con base operativa in Valle d'Aosta, i cui attori principali venivano indicati in NIRTA Domenico e NIRTA Giuseppe cl.52, i loro nipoti DI DONATO Franco Aldo, DI DONATO Roberto Alex e TIRASSO Pietro, in parte presenti nella compagine ex art. 416 bis c.p. Premesse queste considerazioni sui collegamenti tra gli autori dei reati e la criminalità mafiosa calabrese, risalenti sin agli anni 70, ma non sfociati in una formale contestazione del reato di cui all'art. 416 bis c. p., occorre ancora ribadire come detti legami, all'epoca, coinvolgessero persone calabresi residenti in Valle d'Aosta e soggetti legati a vario titolo alla 'ndrangheta (in quanto appartenenti ad un vero e proprio focale nell'indagine "Lenzuolo", oppure perché collegati a cosche calabresi negli altri procedimenti più recenti) provenienti da zone geografiche che si trovavano nel cosiddetto "Mandamento Tirrenico" (e cioè i Comuni di S. Giorgio Morgeto, Rosarno, Cittanova e di rispetti locali di 'ndrangheta ivi presenti). Le indagini avviate nel 2014, oggetto del procedimento che ha portato nei giorni scorsi all’operazione “Geenna”, hanno invece registrato sin dalle prime battute un elemento di novità: la presenza dei Nirta di San Luca, esponenti di spicco della cosca “SCALZONE”, in Valle d’Aosta. Rispetto alla situazione ricostruita con l'indagine "Lenzuolo", quindi, i rapporti ed i collegamenti con la casa madre calabrese sono mutati ed il baricentro risulta essersi spostato dalla 'ndrangheta tirrenica a quella ionica e, in particolare, al locale di S. Luca. Ai vertici del locale, o quantomeno dell'articolazione delocalizzata, vi sarebbero i fratelli DI DONATO, Marco Fabrizio e Roberto Alex, cugini primi dei fratelli NIRTA.

sono magici, con carrozze che, come per Cenerentola, a mezzanotte (che per noi vuol dire Napoli) si trasformano in zucca (per noi vuol dire lettorina caduta in disuso a Milano e da noi ereditata) fino a Reggio (in Sicilia ancora le favole non sono pervenute, così come a Matera!). Avete letto bene, in Sicilia non esistono i treni veloci, invece a Matera neanche si sono sforzati di costruire i binari. Senza dubbio è colpa nostra, che siamo terroni e non ce la meritiamo l’alta velocità. Tanto chi ci viene qui? I bolzanesi non ci saranno mai nemmeno andati oltre Roma, che poi chissà cosa incontrano. Però a loro, come ai vari governi, interessa che noi viaggiamo, che paghiamo affitti, che studiamo, che compriamo ai supermercati... solo roba loro, solo made in nord. A Bolzano i terroni li vorrebbero morti, (dopo gli acquisti) ma non morti e basta... li vorrebbero morti di atroce sofferenza. Beh, non c’è da stupirsi: paese che vai, governo che trovi. E non mi si venga a dire che sono stata scurrile, perchè in questo paese non è rimasto un minimo di buonsenso comune, nè di umanità. Sopportiamo gli insulti da secoli, ora ce ne fregiamo pure anche se in realtà ci vorrebbero morti, perchè l’umiliazione è dura da digerire. Due domande, cari terroni, ogni tanto fatevele. E magari comprate prodotti made in sud. Brigantessa Serena Iannopollo


03 FEBBRAIO - 16

R

cultura www.larivieraonline.com

La logica del “futti futti” ci lascia di nuovo nel medioevo Quattro anni fa ci domandavamo se la Calabria sarebbe riuscita a cavalcare l’onda di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, riscattando la brutta figura fatta durante l’Expo di Milano. Oggi che il grande anno di Matera è stato inaugurato, non possiamo che constatare di aver perso un’altra occasione. Certo, non tutto è perduto, e ci sono ancora azioni istituzionali che possiamo intraprendere per cercare di cambiare le cose in ottica futura. Ma è il momento di un radicale cambio di mentalità…

Il 6 dicembre 2015 pubblicavamo un articolo nel quale ci domandavamo se la Calabria, e la Locride in particolare, sarebbe riuscita a cavalcare l’onda di “Matera Capitale della Cultura 2019”. Eravamo reduci dalla cocente delusione che aveva portato con sé l’Expo di Milano, un evento certamente in grado di catalizzare l’attenzione mediatica internazionale sul nostro Paese, ma nel quale la nostra regione aveva avuto il ruolo di vaporosa comparsa, che certo non era stato in grado di contribuire all’implementazione del proprio introito turistico. A onor del vero, una politica regionale complessivamente oculata, al netto di qualche deflagrante scivolone, ha permesso alla Calabria di vivere due stagioni estive di estasi nel 2017 e (un po’ meno) nel 2018, ma l’impressione che la strada da fare sia ancora lunghissima resta, soprattutto se facciamo riferimento all’offerta turistica fuori stagione. Ecco, allora, come Matera 2019, scrivevamo nell’ormai lontano 2015, poteva diventare la tanto attesa occasione di migliorare la nostra posizione economico-sociale facendo squadra con i nostri cugini lucani, in modo da rendere l’evento europeo inaugurato la scorsa settimana un Expo culturale in cui piccoli eventi in salsa calabrese orbitassero attorno ai grandi appuntamenti in programma tra “i sassi”. A manifestazione lucana ormai iniziata, invece, non possiamo che constatare come il nostro invito non sia stato accolto da nessuno, rivelandosi dunque la favolosa utopia che alcuni assessori alla cultura del nostro comprensorio già all’epoca avevano delineato. Certo, molte cose sono cambiate dal giorno in cui pubblicammo quell’articolo, a cominciare dallo scioglimento del Consiglio Comunale di Siderno, in cui militava l’assessore alla cultura che più di tutti stava cercando di pianificare una strategia che permettesse ai nostri paesini di sfruttare la cassa di risonanza data dall’elezione di Matera a Capitale Europea della Cultura. Ercole Macrì, infatti, immaginò una serie di eventi e iniziative che, dai sassi, convincesse i turisti a raggiungere i Bronzi di Riace percorrendo la costa ionica, un’organizzazione di grande portata che avrebbe coinvolto tutte le provincie della nostra regione e, perché no, fosse orchestrato dalla (allora nascente) Città Metropolitana di Reggio Calabria. L’indole sognatrice di Macrì, cui è stata tolta anzitempo la terra da sotto i piedi nell’agosto dello scorso anno, non ha potuto sposarsi con la lucidità Anna Sofia. Oggi al suo secondo mandato, l’assessore alla cultura di Locri ha infatti il grande merito di essere la principale stratega della seconda primavera culturale vissuta dalla città di Nosside e, alle condizioni attuali, il suo consiglio di assurgere Matera 2019 a modello per lo sviluppo socioculturale dei nostri paesi indipendentemente dai grandi eventi che potrebbero dare una sostanziosa accelerata al nostro sviluppo economico risulta certamente il più ponderato. Certo, da buttare via non è nemmeno lo sprone rivolto alla politica da Luca Marturano. Al nostro giornale, infatti, l’allora assessore alla cultura del comune di Gerace disse che la migliore strategia da attuare, più che quella di cavalcare l’onda in ottica

2019, sarebbe stata intavolare un discorso istituzionale con gli organizzatori lucani per farsi dare consigli in ottica 2033, prima data utile in cui l’Italia potrà nuovamente concorrere con una propria città alla selezione di una nuova Capitale Europea della Cultura. Come allora sembravano lontani tre anni, oggi potrebbero sembrare più che mai remoti quattordici, ma la storia insegna che una programmazione seria passa attraverso un’organizzazione capillare, che magari coinvolga tutti gli attori del settore mettendo da parte, soprattutto, ogni tipo di campanilismo (e sappiamo bene che, per far digerire un’idea di questo tipo ai nostri rappresentanti politici ci vorrà molto tempo). Ottenere dall’UE il riconoscimento di una seconda Capitale della Cultura meridionale, indipendentemente dal luogo in cui essa risiederà, sarebbe infatti un risultato straordinario per un territorio che, nonostante lo scorrere degli anni, resta in affanno. Figuriamoci che genere di vetrina potrebbe rappresentare per l’intera Calabria se questa fosse una delle sue città. Se poi si trattasse di un paese della Locride, avremmo davvero fatto Jackpot. Proprio adottando questo genere di pensiero laterale anche l’assessore alla cultura di Monasterace, Maria Marchione, sottolineò come Matera

fosse stata scelta non per la sua storia ma per ciò che aveva proposto, un’evenienza che apre la possibilità di candidarsi davvero a qualunque città peninsulare, a patto che si crei una sana sinergia con i paesi limitrofi, con le istituzioni di ogni ordine e grado e con le associazioni territoriali. E proprio in questo, invece, continuiamo a essere carenti. Se Matera 2019 sarà per la Calabria una splendida festa realizzata dai vicini di casa da guardare con somma invidia da dietro le tendine del nostro silenzioso salotto, sarà solo ed esclusivamente per la nostra idea medievale di promozione del territorio, perché la logica del “futti futti” ci fa credere ancora che sia meglio avere 7 se il nostro vicino ha 5 piuttosto che unire le forze per avere 10 entrambi. Un atteggiamento vomitevole che si fa più evidente mano mano che si scala la gerarchia politica locale e regionale. Di ambasciatori della nostra regione nei palazzi di governo, infatti, ce ne saranno al soldo una dozzina. Di gente in grado di programmare e pronta a dire di aver raggiunto un risultato grazie a una costruttiva collaborazione, invece, probabilmente ancora ne deve nascere… Jacopo Giuca


Matera e la Calabria

Secondo la nostra redazione Matera Capitale Europea della Cultura 2019 potrebbe rivelarsi l’ennesima occasione mancata per la Locride. Antonio Crinò e Filippo Veltri, tuttavia, suggersicono un approccio differente alla problematica, e ritengono invece che cercare di intercettare il treno dello sviluppo culturale mettendosi in scia a questa manifestazione sarebbe un errore. Per migliorarci è imperativo trovare una ricetta esclusiva e identitaria!

a r e t a M … a s o c a r t l a ’ n èu

Matera Capitale della Cultura 2019 sta avendo ovviamente grandissima risonanza: molti sono gli intellettuali, gli scrittori e i giornalisti che scrivono sull’argomento, com’è giusto che sia. Alcuni però, secondo me sbagliando, considerano Matera quasi come un esempio da emulare, per poi meravigliarsi del fatto che nella nostra Regione non si riesca a fare altrettanto, non si riesca nemmeno ad avvicinarsi a quanto fatto nella cittadina lucana nel campo dei beni culturali e della cultura in genere. Il lavoro fatto in Basilicata dal momento della designazione di Matera a Capitale della Cultura è stato grande, vi è stata la felice individuazione del modello di sviluppo, ma vi sono state anche alcune congiunture favorevoli, non ultima la continuità amministrativa negli anni che certamente ha influito e non poco. La cosa che però a molti sfugge… e questo è davvero strano… è il fatto che Matera rappresenti un esempio unico al mondo (non solo in Italia) e di conseguenza impossibile da copiare. Oltre a essere una delle città più antiche, ha la caratteristica unica di essere una civiltà rupestre che porta i segni di tutte le culture che si sono succedute, prima fra tutte quella bizantina, per arrivare poi ai Sassi, la cui valorizzazione costituisce l’elemento principale di questo “successo”. Quando si interviene su un patrimonio unico per morfologia e tipologia non sempre è possibile fare tutto alla perfezione. Qualche addetto ai lavori avanza critiche riguardo alcuni interventi non proprio in sintonia con quello che era l’essenza dei Sassi, specie per quanto attiene le caratteristiche intrinseche di questi elementi riguardo la felice circolazione dell’aria o altro ancora, ma queste sono disquisizioni di carattere tecnico. La cosa sulla quale interrogarsi, partendo dall’esempio di Matera (ho letto in merito alcuni interessantissimi articoli a firma di docenti universitari anche lucani), è se il turismo culturale possa bastare da solo per lo sviluppo del Sud e diventare sviluppo inclusivo. Bisogna capire se la valorizzazione delle eccellenze del territorio (Matera è uno degli esempi più pregnanti) riuscirà

negli anni a “includere” e contaminare territori contermini, oppure potrebbe addirittura rappresentare, come qualcuno sostiene, un elemento negativo a livello sociale e di qualità della vita per i residenti non direttamente coinvolti negli eventi culturali, se non si investe anche su interventi socialmente sostenibili. Risulta alquanto evidente che tutto ciò (specie l’ultima considerazione, che potrebbe sembrare quasi paradossale) non possa essere trasferito alla nostra Regione e alla Locride in particolare, non essendoci stata negli anni un’adeguata valorizzazione delle bellezze presenti sul territorio (partendo da quelli che sono attrattori principali) in grado di determinare un considerevole aumento di presenze e un conseguente sviluppo del settore. Non vi è stata quasi mai una seria “politica della cultura”, un serio programma di interventi che mettesse al centro i beni culturali e la colpa di ciò non credo sia da ascrivere alla politica, o soltanto alla politica. Seguendo con attenzione il dibattito in corso, non credo serva a molto mandare amministratori, professionisti e intellettuali a Matera per vedere come si fa, come ha scritto provocatoriamente Vito Teti. Sono d’accordo con quanto scritto in questi giorni da Filippo Veltri e da Rosario Condarcuri: il lamento e l’inefficienza certamente non aiutano, ma nello stesso tempo penso sia giunta l’ora di partire in modo serio, visto che siamo colpevolmente quasi fermi al palo. A dire il vero esiste in Calabria qualche esempio di buona pratica, di seria programmazione e progettazione nel campo dei beni culturali, anche legata a Matera Capitale della Cultura (mi riferisco alla Provincia di Cosenza e in particolare a un progetto nell’Alto Jonio cosentino sul turismo accessibile e interculturale), ma per incidere in modo serio anche da noi nel campo del turismo culturale occorre innanzitutto avere consapevolezza di quello che abbiamo e di cosa vogliamo farne. Non credo ci sia qualcuno che pensi che… l’onda di Matera… possa allungarsi fino alla Locride, sarebbe assurdo pensarlo non fosse altro che per la distanza notevole che ci divide; sbaglia anche chi ritiene che si possano creare da

noi “tante piccole Matera” per le ragioni che ho scritto prima. Occorre “identità del fare” e senso di appartenenza ,ma servono anche le piccole cose, ognuno di noi deve fare la propria parte, vi sono tanti modi di farlo e senza aspettare i grandi finanziamenti, certamente utili ma non nell’immediato, anche perché i tempi di attuazione dei programmi in itinere pare siano tutt’altro che celeri. Le considerazioni e i consigli degli intellettuali sono certamente utili, ma oltre alla “cultura del dire”, anche se lo si dice bene, serve la “cultura del fare”. Si inizi o si continui, quindi, a far conoscere un sito, un borgo, un castello, una torre, un mulino ad acqua, un antico palmento; sembra un’ovvietà, ma non lo è, visto che spesso non si conosce nemmeno il bene culturale sotto casa. Si inseriscano, come in qualche caso si sta cercando di fare, questi beni in percorsi condivisi, in progetti d’area basati su idee forti (me ne vengono in mente due: un percorso legato al vino e alla sua storia e un altro proposto proprio dalla Riviera sulla strada degli scrittori locridei, ma di progetti ce ne sarebbero tanti altri…). Vi è la possibilità, attraverso una seria promozione, di attivare sui territori progetti di valorizzazione, messa in rete e sistematizzazione delle risorse e dei beni (sia materiali che immateriali) in grado di creare fin da subito economia; certamente non si tratta di grandi numeri, ma vi sono le condizioni anche nella Locride per migliorare e differenziare l’offerta turistica, con la creazione di nuove e interessanti destinazioni. Per riuscirci diventa indispensabile condividere i progetti con i residenti, ma i nostri territori sono maturi? Se così non fosse, e forse non lo è, sforziamoci affinché lo diventino, coniughiamo tradizione e innovazione, utilizziamo la narrazione, cerchiamo di suscitare nei visitatori emozioni e suggestioni, proponiamo loro esperienze di vita vissuta, facciamo in modo che “stiano bene”, oltre a fa vedere loro cose belle… ma, per favore, lasciamo stare Matera… quella è un’altra cosa. Antonio Crinò

Ha scritto Vito Teti, dopo l’avvio sabato scorso delle manifestazioni di Matera capitale della cultura: “mi domando perché questa ‘occasione’ non sia stata colta nella mia Calabria. Forse perché prevale l’identità del parlare e del promettere e non quella del fare. Forse perché politici, intellettuali, gruppi dirigenti vogliono convincerci che basta punture su una loro boriosa autoreferenzialità e sulla promozione di sé stessi, la Calabria non riesce ad esprimere un propria soggettività etica del fare. Le stucchevoli autoesaltazioni e autocelebrazioni, le lamentele e la tendenza a dare la colpa sempre agli altri, autoassolvendosi nel loro essere sul libro paga di chi comanda, affondano la Calabria, che pure ha Sibari e Stilo, parchi archeologici e centri storici commoventi, montagne e marine, boschi ed acqua, giovani e ragazze, associazione, che vogliono ribaltare il paradigma dell’arretratezza, del ‘qui non si può fare niente’, dei ‘retori’ che non si stancano di magnificare la loro indimostrata grandezza’’. Le belle immagini trasmesse in tutto il mondo da Matera in effetti qualche riflessione dovrebbero suscitarla anche alle nostre attitudini ma non se ne avverte eco. Tutto tace nella solita ingarbugliata matassa di una rissa pseudopolitica da comari di quartiere. La Calabria non può però più aspettare. “A chi lo raccontiamo – aggiunge sempre il grande intellettuale. Vogliamo fare una colletta e mandare amministratori, intellettuali, professionisti, giornalisti consolatori e spedirli a Matera per fare capire loro come e cosa si può fare?”. Non servirebbe, caro professore Teti. Il male della Calabria sono i calabresi stessi, avvolti da sempre in un manto di auto razzismo che rende praticamente impossibile levarsi da dosso il mantello e l’abito che noi stessi ci siamo cuciti addosso e che facciamo finta che altri ce lo abbiano confezionato! No: non è così. Un giovane intellettuale della locride, Rosario Condarcuri, sempre in questi giorni ha lanciato una bella provocazione: probabilmente se il 50% dei calabresi fosse senza parola forse la Calabria sarebbe più visitata della Florida. Prendiamola come vogliamo ma un fondo di verità c’è e si ritrova in quel che vediamo e sentiamo ogni giorno. Una lamentazione continua da un lato e un senso di inefficienza dall’altro: un servizio televisivo racconta di come la Sila sia invasa da turisti sulla neve e raccoglie le belle parole di chi a Camigliatello c’è andato dalla Puglia o dalla Sicilia? Ecco subito pronto la lamentazione dell’albergatore locale che si danna perché non ci sono più le settimane bianche! Sull’altro versante tu decidi di portare amici e parenti a uno dei siti archeologici più belli e rinomati la domenica pomeriggio alle 15? Lo trovi chiuso perché così hanno stabilito: un’ora prima del tramonto. E non c’è niente da fare a dirgli che il sole tramonta alle 5 passate. Così vanno le cose. Matera al di là di tutto una cosa l’ha insegnata, tra le tante: ci vorrebbe un po’ di unità e di senso di appartenenza vero in questa nostra bella Calabria e soprattutto quella che Teti chiama l’identità del fare e non delle chiacchiere. Del fare ognuno la sua parte senza chiedere prima – altro sport preferito dalle nostre parti – che cosa fanno gli altri o prendersela col vicino di casa o di ombrellone. Cominci ognuno di noi a fare la sua parte e poi vediamo. Filippo Veltri


03 FEBBRAIO - 18

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Lanciati a New York i viaggi del gusto in Calabria La chef Lidia Bastianich è stata scelta per il terzo anno consecutivo come testimonial d’eccezione per far conoscere i nostri sapori anche all’estero. Tra le prime azioni intraprese, un servizio sulla nostra regione apparso sul New York Times Travel Show.

Per il terzo anno consecutivo Lidia Bastianich è la testimonial d’eccezione per la Calabria, capace di galvanizzare l'attenzione della Stampa e degli stakeholders che contano durante l'evento al Jacob Javits Center di Manhattan. Al suo fianco in rappresentanza degli chef calabresi, Nino Rossi, che ha ottenuto da poco una stella Michelin. Intorno a loro una strategia di promozione delle eccellenze calabresi, un piano di internazionalizzazione efficace grazie al brand “Rosso Calabria”, nato per tutelare e promuovere le eccellenze del territorio. La Bastianich, riconosciuta icona mondiale della buona cucina italiana del mondo ha instaurato con la Calabria un legame profondo. Ha anche partecipato nel giugno 2018 ai lavori del primo Meeting internazionale della Dieta mediterranea, durante il quale è stato istituito l'Osservatorio regionale sulla Dieta mediterranea, e presentata la Legge sulla “Valorizzazione della Dieta Mediterranea italiana di riferimento di Nicotera”, approvata dal Consiglio Regionale per valorizzare lo stile di vita legato ad una sana alimentazione. «Lidia ha saputo veramente cogliere l'essenza della nostra terra rimasta per un lungo periodo fuori dalle grandi rotte del turismo - ha dichiarato al riguardo il presidente della Regione Oliverio, - conservando intatti valori, riti, sapori. Il New

York Times Travel Show rappresenta un momento di grande visibilità per la nostra regione. «Un altro importante obiettivo centrato è per noi anche quello di essere riusciti a posizionare la nostra regione all'attenzione del turismo da diporto di lusso, che si muove su yacht alla ricerca di nuove coste, approdi e porticcioli. Questo è un target esigente, ma in grado di contribuire a cambiare l'economia di un territorio, come è accaduto in Sardegna, in Toscana, in Grecia. La Regione Calabria sta lavorando dal 2015 alla creazione di un sistema sinergico tra i giacimenti culturali, l'offerta turistica, l'ospitalità della Calabria con i suoi sapori antichi, affidati ad una leva di giovani chef capaci di attirare l'attenzione di insigni influencer e giornalisti che sono rimasti affascinati dal richiamo di questa parte d’Italia. Questa strategia ha portato ai record assoluti del 2017e del 2018. Dopo aver visto passare i voli internazionali che collegano la Calabria con città estere da meno 10 del 2014 ad oltre 40 dell'estate 2018, ora finalmente la Regione Calabria scende in campo mettendo a regime tutti i porti. Grazie a significativi investimenti messi in campo la Regione si è impegnata a dare impulso al sistema portuale con programmi mirati.

Riproposto da Rubbettino il romanzo “I fatti di Casignana” di Mario La Cava

Quella drammatica rivolta calabrese Quasi un secolo fa, nel settembre del 1922, veniva represso con forza ottusa e reazionaria, a Casignana (paese dell’entroterra locrideo), un tentativo di occupazione di terre incolte da parte di contadini che si erano organizzati in cooperativa. L’episodio è stato ripreso da Mario La Cava nel suo romanzo I fatti di Casignana (Torino, Einaudi, 1974). E tale romanzo viene ora riproposto da Rubbettino Editore come decimo volume della collana “La nave dei pini”. Questa nuova edizione si avvale di una Prefazione di Goffredo Fofi e di un’appendice intitolata “La fortuna critica de I fatti di Casignana”. È doveroso ricordare tali eventi con la giusta indignazione, poiché ciò contribuisce a scansare il pericolo di ogni tipo di dittatura: la dignità dell’uomo va sempre salvaguardata e la prepotenza sempre rigettata. Con I fatti di Casignana di La Cava, la letteratura calabrese ha il suo racconto epico di lotte contadine, che si affianca degnamente a La libertà di Giovanni Verga e a Le terre del Sacramento di Francesco Jovine: in questi lavori letterari è lo stesso sogno, lo stesso impeto, la stessa delusione. A Casignana, quel 21 settembre del 1922, la prepotenza dei notabili locali e la dittatura fascista, che si andava organizzando e rivelando, spensero le aspettative di quei contadini, reduci della Prima Guerra Mondiale, che si erano illusi di poter occupare le terre incolte della Foresta Callistro. Quella povera gente era legittimata all’azione dal decreto Visocchi, che assegnava a coltivatori diretti quelle terre da cui trarre i frutti per la sopravvivenza. Ma la tracotanza dei grossi agrari, colpiti nei loro interessi, fu più forte di una legge: erano spavaldamente sicuri che la legge non scritta, legata a situazioni feudali e a secolari divisioni di classe, sarebbe stata più potente della nuova giurisprudenza. La vicenda romanzata, che non si discosta dal “vero storico”, si svolge dal novembre 1919 al settembre 1922. I contadini erano guidati dal giovane medico Filippo Zanco, rappresentante la borghesia più illuminata. Come controparte troviamo il signorotto locale, Luigi Nicota, reazionario fino alla crudeltà. Entrambi personificano, con semplicità estrema, le opposte forze della situazione italiana di quegli anni. Ma il socialismo umanitario del medico Zanco esce

perdente dalla rivolta: viene evidenziato nel romanzo come l’autoritarismo perentorio e criminale del fascismo (che assecondava i grandi proprietari terrieri) arrivi a tarpare le ali della speranza a centinaia di contadini, desiderosi di guadagnarsi il pane lavorando su terre da dissodare. Ma le notizie degli insuccessi popolari del Settentrione arrivavano a Casignana sbiadite, o non arrivavano del tutto. Filippo Zanco e tutti gli altri «non immaginavano nessun piano di vendetta padronale eseguito con mezzi di Stato» (p. 106). I contadini la pagarono cara: furono cacciati dalla Foresta Callistro occupata due anni prima; e i carabinieri mandati dal prefetto spararono nel mucchio, insieme con i figli di Nicota, procurando la morte a tre sfortunati. Zanco, pur ferito, sopravvive; come per rendersi conto della nuova situazione politica italiana. Così risponde La Cava in un’intervista a un periodico Einaudi, “Libri Nuovi”, del giugno 1975: «Ero ragazzo quando intesi parlare di quei conflitti sociali che culminarono poi nella sconfitta dei movimenti popolari e nel trionfo del fascismo. Il sentimento della giustizia, l’ideale della fraternità umana vennero offesi allora per la prima volta nel mio cuore. Alcuni amici di famiglia vennero perseguitati: incominciò la lunga notte nera del fascismo che portò alla guerra. Avvertimmo che perdevamo i migliori anni della nostra gioventù. Caduto il fascismo, finita la guerra, le nostre illusioni furono di breve durata. Sotto altre forme il serpente nero prosperava nella nostra società, raggiungeva indisturbato le istituzioni più alte dello Stato. Quando nel 1969 le prime stragi ricattatorie sconvolsero l’ordine pubblico e si imbastirono i primi processi mostruosi contro gli innocenti, il passato si mostrò alla nostra coscienza con tutto il suo orrore. Ci ricordammo della strage di Casignana in Calabria, preordinata dal potere nel 1922, della quale nessun poeta aveva raccolto la voce, e la sentimmo presente nel nostro cuore». E Claudio Magris, recensendo il libro di La Cava su Corsera del 24/7/1975, così conclude: «[…] la storia colta da La Cava si traduce in gesti e cadenze di brutalità e di umiliazione vitale, ritratte con sobria malinconia di pensiero e di stile che s’inserisce nella più tipica tradizione della cultura meridionale». Giuseppe Italiano

Una medaglia per un sidernese internato nei campi di concentramento nazisti Questa settimana è stata consegnata una medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati e internati nei lager nazisti alla memoria di Oliverio Amerigo Graneri, sidernese che nel settembre del 1943 venne catturato nel Pireo e internato nel campo di concentramento di Saarbrücken fino al dicembre dell’anno successivo. A ritirare la medaglia durante una cerimonia ufficiale la figlia Giuseppina, oggi residente a Ciriè, in provincia di Torino, e la nipote Eleonora, autrice di una tesi di laurea che l’ha portata

ricostruire le pagine ingiallite dal tempo del diario che il nonno ha tenuto durante il periodo di internamento e a condurre, a partire da qui, uno studio antropologico che le ha permesso di riscattarne la memoria e di ritrovarne il ricordo. È attraverso questo lavoro certosino, infatti, che la famiglia ha potuto ricostruire la fuga di Graneri da Saarbrücken e il suo rocambolesco viaggio di ritorno nella nativa Siderno, dalla quale si sarebbe separato pochi anni dopo per mettersi in viaggio alla volta del Piemonte.

Il "Bar del Tocco" di Gerace sulla guida del Gambero Rosso Giunta alla terza edizione, la guida “Gelaterie d’Italia” del Gambero Rosso, raccoglie oltre 400 indirizzi sparsi lungo tutta la penisola, raccontando un comparto, quello del gelato artigianale italiano, che quest’anno ha fatturato oltre 2 miliardi di euro. I gelatieri nell’ormai prestigiosa pubblicazione vengono considerati come protagonisti in ricerca e qualità, impegnati a scovare le migliori materie prime alla stregua degli altri colleghi del setto-

re della ristorazione. Gusti originali e gastronomici, varianti vegan o senza glutine, dunque, ma in realtà anche un grande ritorno ai classici, “evoluti” nella competenza di chi li prepara, nella selezione della materia prima e nel processo produttivo. In questo contesto il Gambero Rosso ha assegnato 1 cono anche al “Bar del tocco” di Gerace.


A Locri una via per Cesare Mori Eccellente successo della presentazione a Palazzo Nieddu del Rio del libro di Cesare Mori "Con la mafia ai ferri corti" curato e ristampato da Francesco Ciulla e intervistato per l'occasione da Rosario Condarcuri. La comunità militante Oltre uomo si è prodigata alla realizzazione dell'iniziativa ed assieme a un folto pubblico presente ha ascoltato per circa due ore le asserzioni dei due interlocutori i quali hanno interagito spesso e volentieri con il pubblico. L'occasione è stata gradita per analizzare il fenomeno mafioso nella Sicilia di metà Novecento laddove il prefetto "di ferro" Cesare Mori debellò grazie alla sua integerrima volontà, quella che era una piaga umana e sociale anche e soprattutto per via di uno Stato che nel pieno rispetto dei diritti degli indiziati appoggiò l'azione del Nostro autore.

Soltanto l'arrivo degli alleati Americani aprì le "gabbie" ai mafiosi dopo scellerati accordi con quest'ultimi al fine di facilitare lo sbarco degli "Yankee" sulle coste Siciliane. Ciò vanificò l'azione di Mori arrivando a produrre, in assenza di un serio contrasto nel dopoguerra, alla militarizzazione della Mafia con i corleonesi fino alla strage di Capaci. Sottolinea Francesco Ciulla come i fatti che nell'occasione narra siano documentati, uscendo quindi dalla dicotomia amico/nemico prettamente Schmittiana nel narrare la storia contemporanea. Meriti e demeriti vanno riconosciuti a ogni sintesi politica che si manifesti nel Kosmos, a prescindere dalla maschera ideologica che questa indossa. La mafia si sconfigge con uno Stato forte che supporti l'azione dei suoi servitori sia moralmente che fisicamente, e l’unico stato ad aver-

lo fatto è il Fascismo, come ricorda anche Giovanni Falcone nel suo libro “Cose di cosa nostra” come sosteneva Hobbes nel suo Leviatiano, lo stato non deve riconoscere altri suoi pari al suo interno come può essere appunto la Mafia (uno Stato nello Stato). La serata si è conclusa con la proposta di Francesco Ciulla fatta al Sindaco di Locri Dott. Giovanni Calabrese di dedicare una via a Cesare Mori. L'unica città che lo ha fatto sinora è stata Gangi. Il primo cittadino ha accolto la proposta affermando che sarà motivo di discussione nella prossima giunta. La comunità militante Oltre uomo, orgogliosa dell'iniziativa e del percorso intrapreso, dà appuntamento a brevissimo per l'inaugurazione della sede sociale con un nuovo argomento teso sempre a raccontare verità e fatti storici controcorrente. Comunità militante Oltre Uomo

L’Istituto Tecnico per il Turismo “Zanotti Bianco” in finale Nazionale con il FAI

Lezione di statistica per il team “Archeoclick” dello Zaleuco di Locri Mercoledì 30 gennaio 2019 è stato un giorno atipico e di alta qualità educativa al Liceo scientifico Zaleuco di Locri. Alla presenza della dott.ssa Sandra Tuzza, dei giornalisti Raffaella Rinaldis e Nicolò Palermo, ma soprattutto dell’esperto ISTAT, dott. Domenico Tebala, il nostro team “Archeoclick”, guidato dalla referente, prof.ssa Totino Luisa, ha seguito, con attento e vivo interesse, una lezione sulla ricerca dei dati della Pubblica Amministrazione, su come visionarli, filtrarli, riutilizzarli, nella più completa chiarezza e trasparenza. Ed è stata proprio la “trasparenza”, la parola – chiave di tutto l’incontro. Abbiamo potuto constatare di quanto possa essere utile il mondo dei dati se vogliamo essere buoni e responsabili cittadini del domani. Una finestra aperta sul mondo del sociale, in piena libertà informativa, attraverso la quale tutti possiamo dire la nostra su chi ci governa, sul loro operato e i loro interventi sul territorio. Il dott. Tebala, in questo è stato veramente chiaro, lineare e diretto, con un linguaggio semplice e alla portata di tutti, coniugando la teoria e l’esercitazione pratica, così da permetterci di avere un ottimo canovaccio su cui approfondire e creare i nostri grafici riguardanti il nostro progetto. E via a termini come “dataset”, una collezione di dati strutturati in forma relazionale, corrispondente al contenuto di una singola tabella di base di dati, oppure ad una singola matrice di dati statistici, in cui ogni colonna della tabella rappresenta una particolare variabile, e ogni riga corrisponde ad un determinato membro del dataset in questione. E che dire dei “metadati”, che sono informazioni che possono, in qualche modo, far luce sul significato e/o sulla qualità dei dati. E' la disponibilità di metadati che sostanzia il requisito della "trasparenza". Un mondo di parole sconosciute, all'apparenza complesse, ma che si sono rivelate fluide e scorrevoli nell'utilizzo pratico, una trasparenza alla portata di tutti. Tutto questo ci tornerà utile per il lavoro di monitoraggio sul nostro progetto per l’Area archeologica di

Locri: “Spa26 – Museo e area archeologica di Locri. Interventi finalizzati a migliorare la fruizione dell’area, mediante la riconnessione dei percorsi di visita e applicazioni innovative di archeologia sperimentale e manutenzione del museo. È chiaro che da questo punto in poi saremo sempre più protagonisti del nostro lavoro, come ha sottolineato la dott.ssa Tuzza, più consapevoli che questa opportunità ci renderà più partecipi alla vita del nostro territorio, più coraggiosi a prendere a due mani le carenze rilevate, che attraverso la sensibilizzazione delle autorità competenti, colmarle di un futuro di certezze per una migliore qualità di vita, soprattutto giovanile. Anche la giornalista Raffaella Rinaldis e il suo collega Nicolò Palermo, hanno sottolineato l'importanza dell'uso dei social, come strumento di diffusione, rapida ed efficiente, del nostro percorso; un modo, forse inusuale per noi ragazzi, ma responsabile e incisivo. Ed è proprio da qui che bisogna partire, più informazione e più trasparenza, più collaborazione, più interventi, più benessere. Noi del team "Archeoclick" possiamo veramente dare una svolta storica e sociale. Non più considerati persone "dalla Locride", ma "della Locride", fermento del futuro di questa terra, nella nostra terra, nella libertà di opinione, di comunicazione, ora e adesso, perché il risultato di ciò che di buono, bello, glorioso viene dal nostro passato, che vogliamo impegnarci a custodire attraverso i mezzi che la modernità ci concede, per annullare la corruzione del tempo e ricordarci che ogni traguardo ha avuto inizio con lo sbarco di un gruppo di persone che desiderava informare, innovare, migliorare, cambiare. Il team "Archeoclick, come su un ponte temporale unirà oggi ciò che è stato ieri. Siamo certi che il nostro lavoro e il nostro esempio di sensibilizzazione possa smuovere le coscienze, far scattare gli interventi, produrre effetti di rinascita, crescita, e benessere per la nostra Locride... e il monitoraggio continua.

L’Istituto d’Istruzione Superiore “Umberto Zanotti Bianco” ha partecipato, arrivando nella finale Nazionale, con la classe IV C, al concorso del FAI Scuola: “Fatti d’acqua” e “Torneo del paesaggio”, nell’ambito del nuovo progetto di educazione ambientale, “Acqua viva”, che anche quest’anno ha offerto alle scuole di ogni ordine e grado la possibilità di partecipare a un percorso formativo che si rivolge sia ai docenti che agli studenti. La finale è stata raggiunta con la foto della cascata di Salino di Mammola che si trova

nell’Aspromonte. Scrivono gli studenti: “Abbiamo scelto questa foto perché l’acqua è l’elemento più naturale e indispensabile al mondo, l’acqua è spesso scelta come metro di paragone da cantanti e poeti. Le cascate di Salino di Mammola sono il perfetto connubio tra forza e vita: è semplice rimanere incantati dalla loro magnificenza e potenza. Non esiste niente di meglio che rimanere seduti ai bordi del torrente e godersi la pace che rimbomba in mezzo ai boschi grazie al suono scrosciante delle sue acque”.

Bianco: l’istituto comprensivo “Macrì” ricorda le vittime della Shoah Venerdì 25 gennaio 2019 presso la sede centrale dell’Istituto M. Macrì di Bianco si è conclusa la settimana programmata e dedicata alla Memoria delle vittime dell’Olocausto con un Convegno sulla Shoah. Oltre al partigiano Pasquale Brancatisano di anni 97 che ha fatto vivere all’intera comunità di studenti e professori una commozione collettiva raccontando una toccante pagina personale sulla Resistenza, sono intervenuti il Dirigente Scolastico prof.

Sebastiano Natoli, la prof.ssa Elisa Commisso dell’ANMIG ( Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra) sezione di Reggio Cal., con il quale istituto, intitolato alla memoria del giovane Michele Macrì medaglia d’oro nella seconda guerra mondiale, l’associazione collabora e presenzia già diversi anni e il prof. Sandro Vitale presidente ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) sezione di Reggio Calabria.

Sanremo: l’organizzazione di casa SIAE affidata a Bonelli e Montalto In occasione del 69º Festival della Canzone Italiana, dal 5 al 9 febbraio 2019, Casa SIAE sarà il luogo in cui artisti, autori, editori, produttori, discografici e giornalisti potranno incontrarsi e confrontarsi sullo stato dell’arte dell’attuale scena musicale nazionale e immaginare assieme il Futuro della Musica. Casa SIAE ospiterà programmi di Radio Rai esterni al teatro Ariston e il palinsesto ricco e articolato, sarà curato dal nostro Massimo Bonelli responsabile di ICompany, vero e proprio protagonista assieme a Filippo Montalto.


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Ha iniziato la sua carriera televisiva con “L’Eredità”, oggi lavora accanto a Giancarlo Magalli ne “I fatti vostri” e dal 3 febbraio sarà madrina di “Casa Sanremo”

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Roberta Morise: la showgirl calabrese che trionfa in RAI Roberta Morise è una modella, cantante, showgirl e conduttrice televisiva. Nata a Cariati il 13 marzo del 1986, ma cresciuta a Cirò Marina dopo diversi anni nel mondo della moda ha iniziato la sua carriera televisiva con “L’Eredità”. Da allora non si è più fermata riuscendo, con coraggio e determinazione, a raggiungere traguardi importanti. Un altro esempio, quindi, di orgoglio calabrese; un altro esempio di come i calabresi non si arrendano mai finché non riescono a concretizzare i loro obiettivi. Chi è Roberta Morise? Roberta Morise è una ragazza che si impegna, dalla mattina alla sera, per poter crescere come donna e come professionista. Credo che alla base di tutto, nella vita, ci sia l’impegno grazie al quale si possono costruire grandi cose. Ci descrivi la tua esperienza ne “I fatti vostri” accanto a Giancarlo Magalli? Un’esperienza che mi sta regalando delle grandissime soddisfazioni, perché in questo programma riesco a fare tutto ciò che mi piace di più: presentare e cantare. Giancarlo Magalli è un compagno di lavoro meraviglioso, come il resto della squadra. Inoltre, è un grande onore, per me, essere diretta da un Maestro straordinario come Michele Guardì che ha fatto e, continua a fare, la storia della televisione. Da oggi, 3 febbraio, invece, sarai madrina di “Casa Sanremo”, come ti stai preparando per questo importante evento? È un’emozione pazzesca. Quando il Patron di Casa Sanremo, Vincenzo Russolillo, mi ha comunicato che sarei stata io a vestire i panni della dodicesima edizione di questa importantissima manifestazione, che si svolge nella Città dei Fiori, non riuscivo a credere che potesse essere vero. Sono tanto felice anche perché… Sanremo è Sanremo. Nella tua carriera hai, anche, inciso un album dal titolo “È solamente una favola”, un progetto musicale che ha avuto l’intento di ripescare un passato originale e raffinato. Tu, ti ispiri a qualche cantante, in particolare? Dall’uscita del disco è passato un anno e spero di poter inci-

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dere in futuro un nuovo album. Il mio mito? La grandissima Mia Martini. Ritornando indietro nel tempo, che bambina sei stata e come ti immaginavi da adulta? Sono stata una bambina fortunata, perché circondata da una famiglia che mi ha trasmesso valori sani e autentici. M’immaginavo di essere quella che sono oggi, con gli stessi valori che mi hanno insegnato i miei cari. Spesso il male della Calabria sono gli stessi calabresi, perché non fanno altro che lamentarsi e criticarla. Da calabrese, puoi darci un tuo pensiero personale sulla nostra Terra? Io credo che la nostra Terra abbia bisogno di essere popolata da gente che creda maggiormente in essa, che dovrebbe impegnarsi di più per valorizzarla. Anche se adesso vivo a Roma, sono molto legata alla mia città, Cirò Marina, dove vive la mia famiglia d’origine. Da 14 anni lavori nel mondo dello spettacolo, qual è stato l’ostacolo più difficile da superare? Questo è un mestiere bellissimo quanto complicato. Di ostacoli ce ne sono e ce ne saranno sempre. Io cercherò di combatterli con la mia caparbietà e con il senso di sacrificio che mi hanno sempre accompagnata. La vita nel mondo dello spettacolo non è, infatti, sempre rose e fiori. Come hai reagito nei momenti meno belli? Rimboccandomi le maniche, perché tanto lamentarsi o piangere sul latte versato non porta a nulla. Cosa conta davvero nella vita, secondo il tuo punto di vista? Contano tante cose, più di tutte l’amore e il rispetto verso se stessi e per il prossimo. Quali saranno i tuoi prossimi progetti? Continuo con grande gioia la mia partecipazione al programma di Raidue, “I fatti vostri”, dove spero di poter restare ancora a lungo e poi mi auguro di avere la possibilità di misurarmi con nuovi progetti sempre stimolanti. Rosalba Topini

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Un cittadino illustre È andato a Domenico Chianese il “Premio Sant’Ilario 2018”. Artista versatile, applaudito e apprezzato in tutto il mondo, Chianese calca i palcoscenici internazionali portando il suo paese nel cuore. In questa foto con i sindaci Pasquale Brizzi e Rocco Luglio.

OP C S O R L’O

Ariete Venere in quadratura al vostro segno non vi permetterà più di cavarvela con delle scappatoie: se volete che un rapporto funzioni dovrete impegnarvi e molto; i primi tre giorni della settimana saranno ottimi per il lavoro, nel weekend la Luna vi spronerà.

Toro I primi giorni della settimana saranno un po’ complessi, per via della Luna in Acquario che vi renderà suscettibili con amici e colleghi; la situazione migliorerà da giovedì, quando la Luna in Pesci e Venere in Capricorno vi faranno tornare buonumore. Gemelli La prima parte della settimana sarà molto positiva sia per il lavoro che per la vita sociale, grazie agli influssi della Luna in Acquario; qualche tensione nelle giornate centrali, quando la Luna in Pesci vi farà sentire pessimisti e musoni. Weekend sereno. Cancro Settimana piuttosto tranquilla, anche se dovrete fronteggiare la sfida di Venere opposta al vostro segno che vi spronerà a rivedere alcuni aspetti della vostra vita sentimentale; giovedì e venerdì romantici grazie alla Luna in Pesci; tensioni nel weekend.

25 anni tra timori e presagi Presso la segreteria politica di Francesco Cannizzaro, a Reggio Calabra, è stato festeggiato il 25º compleanno di Forza Italia. La foto di gruppo fatta al termine della serata, tuttavia, ci è sembrato qualcosa di già visto. Speriamo solo che non sia il presagio di una nuova crisi…

Il maestro e l’allievo Il “màstro” Giuseppe Fragomeni u Fanarra, posa con un giovanissimo Ettore Castagna (che già indossava una maglietta in grado di descriverlo molto bene) a Siderno, in questo splendido scatto risalente al lontano 1989.

Locri letteraria Il direttore editoriale di Rubettino Luigi Franco, l’assessore alla cultura del Comune di Locri Anna Sofia e il professore Santino Salerno, che ricordiamo con affetto per aver firmato la biografia di Pasquino Crupi, durante la presentazione di un libro svoltasi a Locri. Peppi d’u campu La redazione fa i migliori auguri a Giuseppe Megna per essere stato scelto come nuovo custode dello stadio Comunale di Siderno. Va a sostituire Vincenzo Pasqualino (Vici d’u campo), andato in pensione.

Espressioni artistiche locali Il nostro Gianni Pedullà ha inaugurato questa settimana una mostra delle proprie opere a Bologna assieme al suo amico Dondini.

Vergine La settimana sarà relativamente tranquilla, in particolare gli affetti vivranno una fase di serenità grazie a Venere in Capricorno; giovedì e venerdì avvertirete un po’ di tensione e di stanchezza sul lavoro a causa della Luna in Pesci; weekend sereno. Bilancia Ottima la prima parte della settimana, grazie agli influssi della Luna in Acquario che vi darà idee brillanti; fate attenzione alle possibili tensioni provocate da Venere in Capricorno: mantenete la calma anche con chi cercherà di farvi innervosire. Scorpione I primi tre giorni della settimana saranno ricchi di contrasti sul lavoro, a causa degli influssi della Luna in Acquario; buoni giovedì e venerdì, quando la Luna in Pesci vi renderà romantici; un po’ stancante ma sereno il weekend, utile a ricaricarvi.

Sidernesi internazionali Il sidernese Gaetano Gargiulo è il protagonista assoluto dell’ultimo numero della rivista “Salus”, un mensile di medicina che si occupa delle eccellenze professionali del settore nella nostra bellissima Italia. Memorial cantato In occasione del 10º Memorial del grande Mino Reitano, Fiumara lo ricorda intitolando il corso principale con una cartellonista in suo onore. Nella foto il sindaco Vincenzo Pensabene e Bluette Cattaneo assieme alle figlie di Mino, Giusy e Grazia Reitano.

Leone La prima parte della settimana non sarà facile, con la Luna opposta al vostro segno che vi darà del filo da torcere nelle relazioni con i colleghi in particolare; migliorerà la situazione a giovedì per prendere una piega decisamente positiva nel weekend.

I 100 anni di zia Paola Da contrada Petti di Sant’Ilario a Canberra, Australia: una vita piena di sacrifici per Paola Panetta, figlia del “Re”, figlia dei “Carmini”, figlia della Calabria. Tantissimi auguri zia Paola per i tuoi primi 100 anni dai tuoi nipoti Vincenzo e Iola e da tutti i tuoi nipoti made in Calabria. Ora la regina dei Petti sei tu!

Sagittario I primi tre giorni della settimana saranno i migliori per proporre nuove iniziative sul lavoro, grazie agli influssi della Luna in Acquario; un po’ difficili giovedì e venerdì a causa della Luna in Pesci che vi farà sentire giù di corda; nel weekend recuperate. Capricorno Venere nel vostro segno vi donerà lucidità e forza morale per sistemare alcuni aspetti che non vi soddisfano nella vostra vita sentimentale; la Luna in Pesci giovedì e venerdì vi ispirerà idee creative; qualche tensione nel weekend per la Luna in quadratura.

Acquario I primi tre giorni della settimana saranno intensi, con la Luna nel vostro segno che vi spronerà a fare della sana autoanalisi; avrete più leggerezza da giovedì e riuscirete a divertirvi nel weekend, quando la Luna in Ariete vi farà organizzare feste. Pesci L’ingresso di Venere in Capricorno farà fruttare quanto avete seminato in amore negli ultimi mesi: non avrete voglia di essere presi in giro ma esigerete prove concrete dei sentimenti del partner; giovedì e venerdì la Luna nel segno aumenterà l’intuito.


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