Riviera n°10 del 08/03/2015

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La Calabria è nelle mani “dalla peggiore classe politica dell'occidente”,sostiene l'antropologo e scrittore Francesco Mauro Minervino. E come dargli torto, se, com'è vero, l'ex governatore Scopelliti ora, sotto gli occhi increduli di noi stessi calabresi, ... continua a pagina 13



Controcopertina

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Piazza delle Tre Chiese: l'ex sindaco Giuseppe Pezzimenti scrive all'architetto Margherita Eichberg e alla Soprintendenza

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entile Architetto, questa mia per rappresentarLe la necessità di intervenire, attraverso i Suoi uffici, affinché in Gerace venga al più presto ripristinata la dignità e il senso estetico di una delle Piazze più belle e suggestive del Centro storico, attualmente deturpata dalla presenza di baracchette in legno, posizionate dall'amministrazione comunale per una manifestazione, quella dei Mercatini di Natale, avvenuta qualche mese fa. Mi riferisco a Piazza delle Tre Chiese, sulla quale si affacciano tre monumenti di eccezionale valore artistico e monumentale, come la Chiesa di San Francesco d'Assisi, la Chiesetta di San Giovannello e quella del Sacro Cuore di Gesù. Al di là di facili, per non dire ovvie considerazioni circa l'utilità e la volontà di proporre una manifestazione che certamente non rientra nei tradizionali eventi natalizi geracesi, ma che, comunque, poteva essere organizzata attraverso la creazione di un itinerario tra le viuzze con l'apertura dei famosi “bassi” sottostanti alle case poste nel centro abitato di Gerace, al collocamento delle baracchette in legno nella citata Piazza ha, di fatto, sconvolto uno degli angoli più suggestivi e frequentati di Gerace, soprattutto da parte dei visitatori e dei turisti. Personalmente, mentre le maestranze comunali, nei giorni precedenti al Natale 2014, si accingevano alla sistemazione di detti manufatti nella Piazza delle Tre Chiese, ho vibratamente espresso la totale contrarietà circa la scelta del posto e per la modalità di aggancio delle baracchette al suolo, avvenuta attraverso l'apposizione di tasselli che hanno rovinosamente frantumato alcune parti della pavimentazione in pietra di San Lucido della stessa Piazza, ma, ahimè, senza nessuna edificante risposta

da parte del tecnico interlocutore. Non ritengo, quindi, pertinente, come cittadino geracese, restare silente di fronte a tale obbrobrio che contrasta nettamente con l'immagine che si vuole, meritatamente, dare a Gerace come uno dei Borghi più belli d'Italia o di aver conseguito la Bandiera Arancione da parte del Touring Club Italia. Anche il Presidente della Regione Calabria Oliverio (!) ha sollecitato di votare Gerace come “Il Borgo dei Borghi”, sfida tra centri storici voluta da una nota trasmissione televisiva. Mi sarei aspettato dal Presidente della Regione non appelli per riconoscimenti facili, ma contenuti efficaci per una maggiore tutela e valorizzazione di Gerace, evidenziando che la valorizzazione, il decoro e i vari restauri effettuati in passato hanno riportato alla ribalta il centro storico di Gerace come uno dei luoghi maggiormente tutelati e conservati in Italia e tali riconoscimenti non potranno certamente alleviare la cronica assenza di programmazione turistica e culturale della Città, che, da qualche anno, soffre di un oscurantismo legato a uno scollamento tra la volontà tenace dei commercianti e delle varie associazioni culturali geracesi che ostinatamente resistono alla crisi economica perdurante e l'immobilismo politico locale, incapace di fronteggiare esigenze di valorizzazione e di sviluppo economico. In conclusione, gentile Architetto, Le chiedo un suo autorevole quanto risolutore intervento per tale problema, anche perché ci ritroviamo alle soglie della primavera e della stagione estiva che, altrimenti, vedrà l'arrivo dei turisti e dei visitatori a Gerace con la baracchette in Piazza delle Tre Chiese, nonostante i titoli e i riconoscimenti. Giuseppe Pezzimenti, Consigliere Comunale e già Sindaco di Gerace

L'apposizione di tasselli per la sistemazione di“baracchette di legno” natalizie hanno rovinosamente frantumato la pavimentazione della piazza

Gerace

Cercasi dignità disperatamente


ATTUALITÀ

GIUDIZIARIA

Quanta “Falsa politica”

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uanta “falsa politica” c'era a Siderno tra il 2009 e il 2011? Tre anni che hanno segnato la città più importante della zona jonica reggina, che l'hanno in pratica demolita, portano il segno di un'indagine della procura distrettuale antimafia, che dall'ascolto delle conversazioni di Giuseppe Commisso, detto “il mastro”, hanno ritenuto di poter ricostruire uno spaccato a tinte fosche della politica locale. Ma è vero tutto quello che è stato intercettato? Il signor Commisso “mastro” millantava o era davvero lo stratega della politica sidernese? A rispondere per un senso o per l'altro ci sono due tesi contrapposte: una, quella del sostituto procuratore Antonio De Bernardo, si condensa nella “teoria del mastro stratega”; l'altra, quella delle difese degli imputati del processo “Falsa politica”, è che il "mastro" poteva anche aver discusso con diversi interlocutori di politica ma erano delle “chiacchiere da lavanderia”. La procura demolisce la politica di Siderno ritenendola sotto l'egida della famiglia “Commisso”, che si sarebbe attivata direttamente, con alcuni presunti sodali, a guidare l'amministrazione comunale per anni, addirittura inserendo propri candidati in entrambi gli schieramenti, quindi la consorteria avrebbe avuto la “maggioranza relativa” in consiglio comunale. Come se non bastasse, nella lavanderia si sarebbero decise le sorti di sindaci passati e futuri, di candidati alle provinciali e regionali, non dimenticando una tornata delle politiche nazionali. E quando lo scontro si è fatto duro e si è rischiata la rottura degli equilibri ecco che viene indetto un “summit”, debitamente ripreso dagli investigatori, con il quale le 'ndrine sidernesi avrebbero trovato una nuova sintesi “politico-mafiosa”. La procura ritiene che la rottura dell'equilibrio sia riconducibile ad una questione personale di un mag-

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INTERVISTA IMMAGINARIA A PINO APRILE

Polenta e caciotte

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bbiamo letto il suo nuovo libro “Polentoni” in cui lei raccoglie le istanze separatiste di alcune regioni norditaliane che hanno subito danni economici dall'Unità. Ci parla della “questione settentrionale”, che ovviamente mette in dubbio l'esistenza di quella meridionale? - Sì, certo, ho parlato della questione meridionale finché ho potuto, l'ho cannibalizzata in tutti i modi possibili e immaginabili, tanto che pensavo di scriverci sopra un romanzo fantasy-ucronico in cui Re Franceschiello parte alla conquista del Piemonte, poi ingloba nel Regno delle Due Sicilie tutta l'Europa, una parte della Russia, l'Uzbekistan, il Nordafrica e poi va a finire in Cina. Veniva fuori un file word di 2500 pagine, una cosa tipo “Trono di spade”. L'ho portato al mio editore il quale mi ha detto: “ci penseremo sopra”, ma sono quattro anni che ci pensano sopra. Eh, io, capirai, mica posso stare senza mangiare, c'ho una famiglia, io. C'ho il mutuo dello yacht! E allora ho dovuto trovare un altro filone, e siccome a furia di girare su Wikipedia, un'infarinatura di storia d'Italia me la sono fatta, ho pensato di

creare una giusta simmetria tra i miei libri. E poi diciamocelo, il meridione non tira più, l'onda è finita… - … sì dottore, è finita tutta sul nostro Lungomare… - Ma che mi frega del tuo lungomare, bella, io c'ho i figli da mandare all'Università, e li voglio mandare in America, mica qua, in Puglia, dove sono nato, che di buono ci sono solo le caciotte! - A proposito di caciotte, quando ha presentato il suo primo libro, lei ha rivolto un pensiero di speranza per il futuro del Sud, attraverso 'ste caciotte. Ma, mi scusi, queste caciotte, che sono? Caciotte magiche? Che poteri hanno? - Il potere di essere vendute! Tu devi capire che vendere è lo scopo supremo della vita, che siano caciotte, libri, prosciutto o porchetta, fa la stessa cosa. Mi hanno invitato alla “Prova del cuoco” per cucinare le caciotte col prosciutto di Parma, così si fonde il Nord col Sud, capisci? Ormai l'editoria non tira, mi sto per buttare sui programmi di cucina. - Ma allora la produzione, l'orgoglio, la storia insabbiata, la colonia… - La colonia? Io uso sempre quella per l'uomo che non deve chiedere mai. Insomma, quasi mai. Lidia Zitara

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giorente con un politico. Tolto di mezzo questo ultimo tutto ritorna come prima. Per la difesa non emerge chiaramente quel ruolo di stratega di Giuseppe Commisso. Il “mastro” non sarebbe un consumato politico. Non avrebbe inciso né deciso candidati e sindaci, si sarebbe scontrato con parte della propria famiglia, avrebbe commentato e apostrofato persone e cose persino millantando di poter fare e decidere dove altri, prima di lui, avevano deciso o si erano opposti ai suoi presunti interessi, che sarebbero rimasti nell'alveo della “questione personale” e non di “cosca”. Un esempio della “falsa politica” del “mastro” sarebbero, a parere degli avvocati Sergio Laganà e Francesco Albanese, le parole spese da Commisso verso il proprio assistito, l'ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, che rischia 12 anni di carcere senza aver mai parlato o intrattenuto rapporti con l'anziano Commisso. La difesa di Cherubino ha rappresentato chiaramente al tribunale di Locri che il consigliere in quota socialista sceglie con il partito di spostarsi a destra alle elezioni regionali del 2010, che si svolgeranno a marzo quando il presunto “summit” mafioso sarà a maggio. Il voto a Cherubino, consigliere uscente, rimane quello del quinquennio precedente, con poche differenze, e si attesta a 6546 preferenze. Non si conferma consigliere e decide di staccare con l'agone politico. Strategia o altro non lo si può sapere, perché a dicembre del 2010 Cherubino riceve un avviso di garanzia. A quel punto l'ex consigliere inizia a raccogliere documenti per difendersi. Nessuno lo ha ascoltato. Mentre al processo si arriva con parole in libertà raccolte in una lavanderia. Tocca al tribunale di Locri giudicare sulle prove e decidere dove e quanta falsa politica c'era o meno a Siderno. La decisione è prevista alle idi di marzo.

Donne sulle punte e donne con il tacco

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o sempre avuto il vizio di ragionare per categorie. Lo faccio per comodità. Per mettere ordine. Anche se l'ordine mi procura ansia. Quindi no, non lo faccio perché mi vada di fare ordine ma perché mi aiuta a vederci chiaro. So di donne che si sono messe in marcia dopo aver intinto bene le scarpette nella pece, come fanno le ballerine, per assicurarsi una maggiore stabilità. Donne che si sono poste al centro della pista e hanno dato il via allo spettacolo, sollevandosi magistralmente sulle punte. Ma so anche di donne che hanno calpestato la loro dignità con il tacco 12 delle loro decoltè griffate. So di donne che indossano lingerie chic che le faccia sentire eleganti ma non la mostrano a nessuno. E so di donne che vanno in giro in lingerie e in loro di eleganza non vi è traccia. So di donne che non si lasciano

abbindolare da un “signorina carissima", anzi a sentirlo hanno il voltastomaco. So di donne che dopo soltanto un sorriso si lasciano tirare giù la spallina e con il minimo sforzo il vestito è già finito sul pavimento. So di donne che ti conducono dritto fino alle porte del paradiso. E poi so di donne che solo il diavolo sa cosa siano. So di donne nei cui occhi, nonostante tutto, leggi sempre quel triste riflesso della speranza, quella scimmietta ingenua che continua a sorridere in un angolo, grata a chi le ha dato in prestito una coperta senza rendersi conto che ha più freddo di prima. E so di donne che sono quella scimmietta. Ma non c'è ingenuità in loro, c'è dispetto, spregio e arroganza. È per la prima categoria che le donne, nel corso della storia, hanno dato il sangue pur di raggiungere l'emancipazione. Quanto alla seconda categoria, beh datela in pasto agli uomini. Maria Giovanna Cogliandro



RIVIERA

COPERTINA

DERBY Gioiosa Caulonia Sezione Musicale Liceo Scientifico

La lotta della preside Russo e degli studenti di Gioiosa Jonica per riconquistare il sacrosanto diritto allo studio, per colpa di una politica miope e clientelare, potrebbe risolversi con un nulla di fatto.

Supremazia

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I muscoli di Campisi abbattono storia e tradizione JACOPO GIUCA

Eroi e Campisi si comportano come due bulli che vogliono fregare la merenda a quelli di primo anno, ma stanno giocando con il futuro dei giovani della Valle del Torbido, non con una“Girella”...

nostro giornale aveva già raccontato la storia della preside Russo e della sua lotta per la costruzione di un nuovo edificio che ospitasse, a Gioiosa Jonica, il costituendo indirizzo musicale del Liceo Scientifico. Da quell'assolato 22 novembre in cui si era svolta la lezione di protesta degli studenti del liceo, molta, troppa acqua è passata sotto i ponti e un atto dovuto da parte della Provincia si è trasformato in una presa di posizione che ha dell'assurdo. Il piano di razionalizzazione della rete scolastica provinciale sembrava non essere assolutamente in conflitto con le richieste della preside e dei suoi studenti che, vista anche la dichiarata disponibilità economica da destinarsi da parte dell'ente ai lavori edili, consideravano la soddisfazione delle loro legittime richieste cosa fatta. A partire da quel momento, tuttavia, è iniziato un tira e molla che, ad oggi, pare non potrà concludersi se non con il malcontento dell'ambiente scolastico. E dire che, lo scorso 29 novembre, la notizia della convocazione di un tavolo tecnico al Genio Civile aveva lasciato ben sperare chi incrociava le dita affinché quella scuola vedesse la luce, così come l'incontro con i progettisti lasciava intendere che l'avvio dei lavori fosse veramente questione di pochi giorni. Anche la notizia della riacquista autonomia scolastica dal “Mazzone” di Roccella, di cui la sede di Gioiosa Jonica costituiva un distaccamento, non sembrava influire sull'aumento dell'offerta formativa che

sarebbe stata concessa agli studenti della Valle del Torbido con l'erezione del nuovo edificio. Gli animi, tuttavia, si sono scaldati quando anche la Provincia, tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, ha cominciato finalmente a discutere di questioni logistiche relative alla razionalizzazione della rete scolastica, in quanto la presa di posizione del consigliere di Caulonia Pier Francesco Campisi faceva emergere per la prima volta la possibilità che la sezione musicale dello scientifico vedesse la luce al di fuori del contesto gioiosano con la scusa che qui non ci fossero più i numeri utili a richiedere l'aggiunta di una sezione musicale. Non ha stupito nessuno, dunque, sentire il presidente del consiglio provinciale rispondere sgarbatamente alla Russo lo scorso 12 febbraio, quando, a un'obiezione legittima della dirigente scolastica, Eroi avrebbe liquidato la questione con un: «Decidiamo noi. Il liceo verrà fatto a Caulonia». Tale infervorazione e la chiosa sarcastica di Campisi, che dichiarò di voler regalare una copia della Costituzione alla Russo, parevano dover chiudere definitivamente la questione ma, si badi bene, il trasferimento della sezione musicale a Caulonia, con la riacquista autonomia scolastica, riguardava esclusivamente il liceo di Roccella Jonica e non più l'ex distaccamento di Gioiosa. Proprio per questo motivo, la giunta comunale della capitale del Torbido, forte della storia del paese, da sempre associata alla presenza del Liceo Scientifico, non è rimasta con le mani in mano e, negli scorsi giorni, ha convocato il consiglio comunale per poter discutere dell'edificazione della nuova struttura scolastica. Ciò che a questo punto si attende con una certa ansia è l'approvazione, da parte della Regione, dell'i-

stituzione di una filiale scolastica che possa fare capo alla scuola di Marina di Gioiosa, alla quale l'ampliamento dell'offerta formativa servirebbe, dimenticando Roccella e il suo essere mera “sede legale” del polo. Qualora, invece, come i più cominciano a temere, le cose non dovessero cambiare nei termini appena descritti, lo “spostamento” della scuola in locali già esistenti di Caulonia presenterebbe diverse problematiche: innanzitutto una riduzione imbarazzante dell'offerta formativa per gli studenti della Valle del Torbido, declassati a “cittadini di serie B” che, qualora desiderosi di imparare la virtuosa arte della musica parallelamente alle scienze, dovranno accettare il compromesso di percorrere almeno 50 km al giorno; in secondo luogo la perdita dell'identità scolastica di Gioiosa Jonica, legata, come accennavamo sopra, storicamente alla presenza di un polo liceale che può ormai considerarsi un'istituzione indissolubile. Non da ultimo, poi, fermo restando che la decisione della Provincia sia dettata dalla volontà di risparmiare, sorge spontanea la domanda relativa a che fine faranno i fondi a novembre già stanziati per la costruzione del nuovo edificio. Se il problema principale fosse solo quello pecuniario, da Gioiosa arrivano rassicurazioni relative alla disponibilità di locali adatti a ospitare la sezione in questione nel pieno centro della città, ma il campanilismo campisiano, in consiglio provinciale, pare che valga molto più di qualunque intervento dell’unico consigliere di zona e del reclamato diritto allo studio dei giovani del Torbido. Stando così le cose, insomma, sembra che non ci vorrà molto prima che, in ambito di offerte formative, Caulonia possa gridare di essere Über Alles…


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NUOVA SS106

Il macrolotto

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OLIVERIO HA INAUGURATO IERI, PRESSO L’AUDITORIUM CENTRO PASTORALE DIOCESANO DI LOCRI, LA SUA CAMPAGNA DI ASCOLTO PERMANENTE INCONTRANDO I SINDACI DELLA LOCRIDE. PRIORITÀ AL MACROLOTTO CHE PUÒ DARE SENSO A UNA STRADA PER ORA INUTILE?

Locri - Ardore

Decide Oliverio L’ANAS METTE 70 MILIONI. NE MANCANO 50. LA REGIONE DI OLIVERIO PROVVEDERÀ COME HA FATTO LA GIUNTA SCOPELLITI PER IL MACROLOTTO SQUILLACE-SELLIA?

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO macrolotto della Locride è stato sedotto, violentato e miseramente abbandonato. Quando fu avviata l'attività di cantiere, l'area interessata dai lavori partiva dalle porte di Ardore per ricongiungersi con il tratto tra Gioiosa e Roccella, tuttora in costruzione. Durante l'esecuzione, però, sono venuti fuori lavori che non erano stati messi in conto e per i quali non si è riusciti a reperire ulteriori risorse; è per questo che il macrolotto ha subito un dolente stop. A oggi manca il lotto che collega Locri ad Ardore e che potrebbe dare un'utilità a una strada che per ora non ce l'ha. Un piccolo segmento da cui ripartire. Per dare nuova linfa alla disastrata viabilità della Locride sarebbe opportuno, a dire il vero, che il macrolotto si estendesse fino a Bovalino, così innerverebbe un territorio protagonista di una conurbazione continua: ad Ardore, infatti, sono in atto nuovi collegamenti con Sant'Ilario e Portigliola che a loro volta sono legate al baricentro della Locride. Il tratto più importante del macrolotto da Locri ad Ardore è rappresentato da una galleria all'altezza di Sant'Ilario, la cui progettazione esecutiva è stata curata dalla Astaldi. Per elaborare il progetto sono stati sborsati circa 12 miliardi delle vecchie lire,

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andati alla Soprintendenza alle Antichità e ai Monumenti perché facesse tutte le indagini volte ad assicurare che la costruzione della galleria non impattasse con reperti archeologici. Sono stati espropriati persino terreni per realizzarla. Non si può gettare la spugna adesso. Non così. Sarebbe da vigliacchi. La Locride si ritrova per l'ennesima volta al bordo di una delusione. Non si era ancora sollevato il sipario che ha dovuto già abbandonare il palco. La Locride assaporava già il dolce gusto del riscatto. Era lì in attesa di godersi l'inchino finale dopo un applauso che scalda e rinfranca. E invece no, si ritrova di nuovo a dover fare i conti con una pattuglia di speranze smarrite, ancora una volta in dissolvenza, ma sempre pronte a interpretare energie sepolte, rigenerarsi per poi svanire in attesa di nuove sollecitazioni. Perchè la Locride è un'inguaribile credulona, animata da una fervida fantasia scricchiolante. La Locride, infatti, ricomponendo i brandelli di una speranza così forte da sconquassare le strutture della logica, si lascia stordire dalla convinzione che qualcuno proverà pena per lei e finirà per soccorrerla. Per completare il suo macrolotto servono 120 milioni di euro. L'Anas ha messo sul banco 70 milioni, la Locride si aspetta, e guai a chi osi contraddirla, che i rimanenti 50 li stanzi la Regione. Così è stato per il macrolotto SquillaceSellia, durante la giunta Scopelliti, la quale assicurò un finanziamento di 70 milioni di euro di risorse comunitarie. La Locride si aspetta parità di trattamento.

Come andrà a finire? Si riuscirà ad accendere i riflettori sul macrolotto del territorio più emarginato della Calabria? O Cosenza e Catanzaro finiranno per calare, anche in questa tornata di governo, l'asso pigliatutto? La Regione attualmente dispone nel capitolo “viabilità” di 200 milioni di euro. Quello che la Locride chiede a Oliverio è di ricordarsi di lei e di non destinare l'intera somma alla realizzazione dell'ultimo lotto di Longobucco, in provincia di Cosenza, per ultimare il quale servono esattamente 200 milioni. Oliverio è l'unico che può decidere se accontentare due territori dando pari dignità a tutti, alle aziende che vi operano e ai calabresi che ci vivono. La Locride non chiede a Oliverio di voltare le spalle a Cosenza, la sua città. La Locride gli chiede di non decretare la sua morte definitiva e lanciarle un'ultima ciambella di salvataggio.


ELEZIONI SIDERNO

L’INTERVISTA

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Messa da parte la candidatura di Mammì, il PD è pronto a ripartire da Pietro Fuda e dalle sue dichiarazioni programmatiche. Ma, secondo la Fragomeni, il ruolo della semplice comparsa sta stretto al partito di centrosinistra: «Saremo la sua base solida»

Maria Teresa Fragomeni “L’idea della lista unica è stata avanzata solo da SEL, ma Fuda non era d’accordo”

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Siderno e Fuda, assieme al PD, diventeranno il locomotore della Locride

Io e Panetta? Continuiamo a lavorare con un comune intento, anche se lui si è trasferito sull’Aventino

rima l’opposizione a Pietro Fuda e la convinzione di poter schierare un candidato che lo facesse sudare; quindi l’ignobile gesto che ha spinto Mammì a ritirarsi dalla competizione e la scelta di appoggiare quello stesso Fuda prima osteggiato. Maria Teresa Fragomeni e il PD hanno diverse cose da chiarire, ma sicuramente nulla da nascondere. Dopo la brutta vicenda che ha coinvolto il dottore Mammì il PD ha infine deciso di appoggiare Pietro Fuda sindaco. Come mai? Quanto accaduto a Pierdomenico

Mammì è stato gravissimo, a maggior ragione se inserito nel contesto di una relazione presentata pochi giorni fa dal magistrato Doris Lo Moro, attraverso la quale si constata un preoccupante incremento degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali. Parallelamente, purtroppo, questi atti sono andati aumentando anche nei confronti di persone che semplicemente si accingevano a dare la propria disponibilità a una campagna elettorale, eventualità che condiziona in maniera radicale la possibilità di scelta dei propri amministratori da parte dei cittadini. Noi avevamo ovviamente un program-

ma totalmente incentrato sulla figura del dottore Mammì e, quando il nostro candidato ha giustamente scelto di ritirare la propria candidatura, abbiamo dovuto constatare che una qualunque sostituzione si sarebbe rivelata politicamente inopportuna. Ci siamo limitati ad anteporre il bene di Siderno agli interessi personali, evitando spaccature che avrebbero favorito il centrodestra. Facendo questa scelta inaspettata, invece, siamo stati noi a creare una frattura nella coalizione opposta, lasciando tutti i suoi esponenti spiazzati. Credo, comunque, che il mancato svolgimento delle primarie sia stata una grandissima occasione

persa anche per lo stesso Fuda che, nel caso in cui avesse vinto, sarebbe stato maggiormente legittimato a essere il candidato di tutti, mettendo in chiaro di essere alla guida di quella coalizione coesa che il PD si è sempre auspicato. Cosa la convince di Fuda? Si tratta di un amministratore esperto che, negli anni passati, ha fatto veramente molto per Siderno. La sua scelta di scendere in campo rappresenta la disponibilità di mettere le proprie capacità al servizio della città. Con Pietro Fuda sindaco Siderno può svolgere il ruolo di locomotore della Locride? Credo di poter dire senza presunzione di sì, perché Piero Fuda, assieme al Partito democratico, possiede le chiavi giuste a riavviare Siderno come locomotore dell’intero territorio. Non dimentichiamo, poi, che tutto questo avviene alle porte del 2017, anno in cui finalmente partirà la Città Metropolitana, nella quale Siderno ricoprirà cer tamente un ruolo di primo piano. Ovviamente, in questa fase storica, il PD ha un ruolo fondamentale, in quanto può fornire una serie di collaboratori validi al vincitore delle elezioni comunali. Come pensate di creare opportunità lavorative in una Siderno stremata? La crisi e il colpo simbolico che Madre Natura ha inferto a Siderno con la distruzione del lungomare hanno fatto sì che la città toccasse il fondo del barile. Siamo in una situazione dalla quale non si può uscire con le sole forze dei sidernesi, anche perché i cittadini non sono più disposti a pagare le tasse per servizi che non vengono offerti. Vogliamo che il paese torni a essere vivibile con lo sblocco della questione edilizia e del lungomare, ridando così dignità alla cittadinanza. Anche per questo, abbiamo organizzato in primavera alcuni dibattiti aperti col pubblico: a marzo su lungomare e trasporti, ad aprile su casa della salute e sanità, a maggio su città metropolitana e ambiente. Quindi la questione del lungomare si sbloccherà? Certamente sì, siamo molto vicini a una sua soluzione. Il funzionario responsabile e l’assessore Nino de Gaetano mi hanno garantito che i fondi per Siderno sono già pronti. Parliamo di cifre che si aggirano attorno ai quattro milioni per quanto riguarda la riqualificazione della strada e sei milioni per creare delle barriere frangiflutti, senza le quali, siamo stati avvertiti, non partiranno nemmeno i lavori di ricostruzione. Quindi, i vertici del Pd Regionale e Provinciale guardano a questa città con un occhio di riguardo?

Soprattutto a livello Provinciale, in quanto si è sempre molto attenti alle istanze provenienti dai singoli paesi. Non credo che sia un caso se ieri l’Auditorio episcopale di Locri ha ospitato il Presidente della Regione Oliverio, al quale è stato potuto relazionare sulle condizioni dell’ospedale della Locride. Possiamo dunque dire che il ruolo del sindaco di Siderno dovrebbe andare anche oltre la stessa Siderno, in questa fase? Sì e soprattutto grazie al PD, che sarà in grado di instaurare un rapporto di profonda sinergia con il primo cittadino. Nell’ultimo numero di Riviera il PD è stato accusato di essere direttamente responsabile della mancata realizzazione della lista unica che, secondo i vostri oppositori, avrebbe notevolmente migliorato la qualità del consiglio comunale. Si tratta di un’accusa strumentale, che tiene conto di quanto la presentazione di un “listone” politico avrebbe totalmente cancellato l’identità dei suoi esponenti e dei sostenitori. Della lista unica, infatti, non si è mai discusso se non in maniera collaterale alla presentazione delle liste civiche che, si dimentica spesso, nascondono il pericolo che il proprio rappresentante, non essendo legato a qualsivoglia logica di partito tradizionale, si senta legittimato a fare ciò che ritiene più opportuno senza rendere di conto a nessuno, soprattutto ai propri elettori. Non è un caso, infatti, se, nell’ultimo incontro di coalizione, l’unico partito ad avanzare un’idea di questo tipo era stato SEL, ma nemmeno Fuda era d’accordo. Anzi, era d’accordo con noi. Ciò a cui dobbiamo guardare non è la quantità delle liste, ma la loro qualità. Tra lei e Panetta, dopo tanti anni di collaborazione, si è rotto qualcosa. Perché? Abbiamo preso strade politiche completamente differenti. Io ho deciso di continuare a condividere la linea politica del PD, mentre Mimmo non ha accettato gli accordi di governo tra il centrosinistra e centrodestra. Le nostre strade si sono divise, ma continuiamo a lavorare insieme con l’intento di sostenere il centrosinistra, anche se SEL, a livello nazionale, si è spostato sull’Aventino. Un parere su Sgarlato e Caruso. Credo siano due validi elementi politici. Non conosco l’avvocato Caruso ma so quale sia la situazione del centrodestra grazie all’amicizia che mi lega a Pietro e credo che non abbia i numeri per fare politica locale. Jacopo Giuca



Lunga vita all’ALI

RIVIERA

L'Associazione Locride Impresa (ALI) si è riunita la scorsa settimana all'Hotel President di Siderno per il rinnovo della dirigenza. Dopo i saluti del Presidente Albanese, è stato tracciato il percorso dell'ALI dalla nascita sino a oggi, sottolinenando l'entusiasmo con il quale si è cercato di venire incontro alle esigenze degli imprenditori e dei giovani che si affacciano a questo mondo per cambiarlo. Gli incontri con i politici non sono mancati, ma si tratta solo della punta dell'iceberg!

LA SETTIMANA

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Sono state elette le nuove cariche della consulta cittadini di Siderno

CI SCRIVE

IL DEPURATORE

Gentile Redazione, chiedo di poter raccontare la mia storia e i miei disagi, seppur la cosa potrebbe risultare scomoda e maleodorante. Chi vi scrive è l'Impianto di Depurazione Consortile sito a Siderno, in contrada San Leo. Come l'egregio sig. Semaforo che ha avuto occasione di parlare di sé la scorsa settimana, chiedo che anche a me sia dedicato spazio per raccontare le angherie a cui sono sottoposto. Io vivo in una situazione quoti-

Ho paura di prendere la salmonella! diana di disagio per motivi ovvi, ma oltre a questo, signori miei, gli insulti! Se appena appena vado in sovraccarico e le mie acque si intorbidiscono, non potete immaginare quante me ne dicono! Essì che io ce la metto tutta, ma digerire certe cose non è facile, specie in certi periodi! Mo' che c'è stato il maiale mi sono sentito male con terribili attacchi di gastrite, e ho dovuto prendere Gaviscon per un mese. E passi questa, tanto è una volta l'anno, ma tutti 'sti vegetariani che rompono le scatole! Eeeeh, se mi mettessi a raccontare cosa mi arriva da quella gente lì: tutta roba verdina e piena di fibre. Direte voi che le fibre fanno bene: invece no, perché mi intasano tutto e poi devo prendere il Guttalax. Eh, già! Proprio io, questo sì che è un disonore!

Gioiosa Ionica: ultima possibilità per ripristinare l'ufficio del Giudice di Pace Grazie all'Unione dei Comuni della Vallata del Torbido, oggi Gioiosa Ionica ha la possibilità di riscattare l'Ufficio del Giudice di Pace grazie al decreto “Milleproroghe”, il quale prevede il differimento dei termini, prorogandoli entro il 30 di luglio 2015. L'ufficio è stato chiuso nell'aprile 2013 e trasferito alla sede di Locri. Venerdì, 27 febbraio 2015 in consiglio comunale si è discusso anche di questo. È opportuno trovare un rimedio per realizzare questo progetto divenuto molto importante per il paese, soprattutto dopo la chiusura delle banche. La situazione appare semplice ma in realtà è molto complessa. Il sindaco Salvatore Fuda sostiene che la struttura è già esistente in piazza Aldo Moro e il custode è già un dipendente del bilancio comunale ma come ha spiegato il segretario Tresoldi, la difficoltà subentra nel momento in cui bisogna trasferire il personale. Per cui non si tratta più di un problema di carattere economico - finanziario bensì riguarda quest'altro aspetto, poiché il Ministero, garantisce soltanto l'onere per quanto riguarda il giudice, tutto il resto è a carico del comune. Ciò costituisce un paradosso se consideriamo che la Costituzione italiana dovrebbe garantire la giustizia ai cittadini e non indurli a farsi carico del suo mantenimento. La questione verrà presentata durante l'incontro con l'unione dei comuni, interessante sarà l'intervento, nonché l'approvazione in merito, da parte del sindaco Domenico Vestito di Marina di Gioiosa Ionica. Ciò che resta sarà valutarne i costi - benefici: il ripristino dell'Ufficio del Giudice di Pace, a queste condizioni, è ancora un prestigio? Katia Candido

Per non parlare dei turisti, con quelle cene a base di gamberoni, cozze, fritture di pesce e vino bianco. Ché poi, dopo aver mangiato tre pizze e un quarto di vitello, vomitano nel bagno del ristorante. Ma vi pare decente questo atteggiamento nei confronti di una struttura che ha una sua importanza all'interno della società? Eppure, tutti mi trattano come un appestato! La mia famiglia non viene più a trovarmi, anche i miei cugini di campagna, che sono dei rustici cadenti, mi snobbano. Non ne parliamo di certi miei parenti di città: una scuola elementare, un condominio e un ufficio pubblico, ormai non mi mandano neanche gli auguri di Natale. Vi sembra giusto che sia io a dover chiedere il rispetto di parenti e cittadini, che mi dovrebbero portare

in palmo di mano per l'importante funzione che svolgo per loro?! E vi giuro, Redazione, che certe volte ho il terrore di prendere la salmonella, perché se la diarrea scappa a me, succedono cose brutte brutte, tipo che dovete fuggire tutti dal paese e rifugiarvi sulle montagne, se vi basta. Ecco, io non vorrei minacciare nessuno, ma invitare a un'alimentazione varia e sana. Non mi mangiate quelle schifezze precotte, vi prego, non riesco proprio a digerirle, poi devo prendere enterogermina a tutto spiano, e a me mica basta la fialetta che prendete voi: io ho bisogno di tredici fusti da 50 litri per somministrazione. Lo sapete quanto vi costa sulla TARSU? Ecco, allora non vi lamentate e cercate di mangiare più equilibrato!

Nella riunione della scorsa settimana al comune di Siderno, l'avvocato Vincenzo Bruzzese ha conquistato la presidenza della consulta cittadina succedendo a Mario Diano. Accanto a lui, hanno ottenuto delle cariche Sabrina Santacroce, coordinatrice delle cariche all'ambiente, Samantha Ritorto in qualità per il commercio, Rita Commisso per la cultura, Alessia Saraceno per i giovani, Alessio Lamonaca alla sanità, Domenico Leonardo allo sport, Nicoletta Strangio per il territorio e Mario Diano al turismo.

Terra e buona cucina: l'accoppiata vincente di Anthony Reale affascina John Nocita C'è stata una giornata davvero speciale al Casale li Monaci di Anthony Reale, che ha potuto ospitare nella propria tenuta gli chef della scuola di John Nocita, un Masterchef di fama internazionale che avrà potuto allietare i propri ospiti con leccornie davvero straordinarie. L'accoppiata buona cucina/panorama meraviglioso è stata riconosciuta vincente da Anthony già da diverso tempo e, indubbiamente, lo stesso Nocita non sarà rimasto indifferente dinanzi alla bellezza ispiratrice della nostra terra.

Pepè Catanzariti, l’intelligenza dell’anima Don Pepè Catanzariti lo conoscevo ancor prima di incontrarlo. Succede. Anche fisicamente. Aveva il viso affusolato e gli occhi allungati che riflettevano di giada. Quell’esclusivo profilo millenario dei nomadi dalle steppe dell’Asia centrale che emigrarono nella riserva indiana dei Mohavk di St. Regis, al confine tra gli Stati Uniti e il Canada. Sette anni fa me lo presentò sua figlia Margherita. Al ristorante Pferdestall di Locri mi fissò all’altezza del petto e, come a voler raggiungermi l’anima prima del cervello, mi parlò: «Chi brutta fine Sidernu». Lui amava e subiva questa terra. L’amava soprattutto d’autunno, quando ritornava: “L’autunno è la primavera della montagna». L’Aspromonte per un quarto di anno per lui valeva più della Germania, della mai dimenticata Kerfeld. E nell’Aspromonte di Alvaro e di

Delfino si buttava a palla, tutte le mattine, a perdifiato lungo labili sentieri, tra grovigli di rovi e mirti, in quei fuoripista a dorso di mulo. Il terreno era morbido e grasso, un soffritto di legna affumicata e aghi di pino insaporiva l’aria che trasportava pece, corteccia bagnata e quella bollicina frizzante dell’appartenenza a una terra dove tra le impervie giogaie e le pietre pericolanti c’è sempre posto per rugiada e licheni. Sì, rugiada e licheni, pecorino di Platì e porcini testa nera delle pinete del Sanatorio, hanno fottuto questo mio amico acuto, privo di luoghi comuni e conformismi, che parlava all’anima prima che al cervello. È morto martedì tre febbraio a Reggio Calabria, poco oltre il mezzogiorno. Aveva 78 anni. (E.M.)



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LA SETTIMANA

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Marzo 1945-marzo 2015 :

70° anniversario della Repubblica di Caulonia ILARIO AMMENDOLIA Primavera 1945, in Italia si combatte ancora. Sui monti, le bande partigiane sono impegnate nella resistenza all'invasore nazista, mentre le grandi città del Nord si preparano all'insurrezione del 25 aprile. Hitler e Mussolini sono vivi e formalmente ancora al potere. Eppure sulle prime pagine dei giornali nazionali trova tanto spazio una storia che si svolge in un piccolo paese della Calabria: Caulonia. Caulonia è solo un grosso centro agricolo, incastrato tra le Serre calabresi. Un Paese dove, come diceva Carlo Levi, Cristo non è mai arrivato. Neanche la “svolta di Salerno” riesce ad arrivare a Caulonia perché bloccata sulla strada da una rivolta di “straccioni” che bussano alle porte della storia. La repubblica di Caulonia, proclamata il 6 marzo 1945, è stata la loro “Comune”. Bloccate le quattro porte di accesso al paese, minato l'unico ponte sulla strada provinciale, “arrestati” i carabinieri e le guardie forestali, sequestrato il pretore e la sua famiglia, costituito il “tribunale del popolo”, collocati presìdi armati in tutte le postazioni strategiche del paese. Quattro giornate di “repubblica” quando ancora l'Italia era monarchica o repubblicana. Pasquale Cavallaro era il sindaco del paese, nominato dall'autorità militare alleata. Fu lui il sindaco della “repubblica”. Protagonista un esercito di “straccioni”, come quelli di Valmy, che camminavano con scarpe di legno o scalzi, vestiti da un rozzo tricot di ginestra o di lana grezza spesso a brandelli. I loro capelli non erano mai stati tagliati da un barbiere, il loro viso era mal rasato e invecchiato anzitempo per la fame e la fatica. In grande maggioranza erano analfabeti. Marciavano perché volevano vivere e, se fossero stati negli Stati Uniti di due secoli prima, per rivendicare il loro diritto all'umana felicità. Non avevano alcuna certezza sul tipo di società da costruire ma chiarissima l'idea della società che avrebbero voluto distruggere. Questo rozzo esercito, per ragioni che sarebbe molto lungo raccontare, proclamerà la repubblica di Caulonia. Un’onta gravissima per le classi dirigenti. Il comandante generale dei carabinieri, Brunetto Brunetti, per poter precedere a un razionale piano di repressione, chiede al competente ministero della guerra mille uomini, “i mezzi necessari al trasporto, armi automatiche, qualche autoblindo, qualche carro armato, qualche mortaio da 81” (com. 26 marzo, n. 283). Si vuole dare una severa lezione, “…questi mezzi sono indispensabili per garantire la riuscita dell'operazione e servirà di efficace monito, per l'eventuale ripetersi di ulteriori possibili disordini in altre zone dell'Italia liberata” (com.n. 260/16). Per evitare la repressione, Eugenio Musolino, segretario della federazione comunista,aveva convinto Cavallaro a dimettersi da sindaco e i “ribelli” a consegnare le armi! Fu tutto inutile. Caulonia fu presa d'assalto dai quattro punti cardinali. Il carcere del paese non poteva contenere tutti i prigionieri e così si pensò di custodirli ammassandoli nel macello comunale, opportunamente allagato, per non farli sedere. Se ingiusto fu il comportamento del “tribunale del popolo” durante la rivolta, certamente barbaro è stato il trattamento che le forze dell'ordine riservarono o consentirono verso i prigionieri. “...la folla che accoglieva gli arrestati fu inumana. Punteruoli, tenaglie e bastoni di legno furono adoperati senza risparmio contro i seguaci di Cavallaro.” (Collaci) Circa ottocento fermati, quasi quattrocento tenuti in carcere per sedici mesi! Il processo si aprì a Locri nel mese di giugno del 1947, vi erano così tanti giornalisti e inviati speciali che non furono sufficienti i locali del tribunale, e si dovette celebrare nei capannoni di un pastificio. Poi, lentamente, scese il silenzio. Gli insorti, umiliati e sconfitti, si chiusero nel loro secolare silenzio, sorpresi loro stessi di avere osato così tanto. Le donne ritornarono a capo chino nelle Chiese, e gli uomini, usciti dal carcere, andarono ad aspettare in piazza che i padroni delle terre li chiamassero per qualche giornata di lavoro. Donne e uomini ridiventarono subalterni alle classi dominanti, supini alle offese dei forti, sottomessi con la forza a uno Stato che non consideravano il loro. La “rivolta” di Caulonia fu una risposta sicuramente sbagliata da parte degli “ultimi” rispetto ad una lunga e selvaggia oppressione. Furono catalogati come “delinquenti” e “‘ndranghetisti e certo ci furono anche quelli. Tuttavia, secondo me, furono molto più delinquenti coloro che hanno mandato trecento ragazzi di Caulonia, figli di quei campagnoli, a morire in guerre senza senso. Molto più crudeli coloro che per decenni li avevano picchiati nelle caserme, umiliati nei tribunali, mortificati sui luoghi di lavoro o per le vie del paese. Non si può considerare “violento” solo il bue nel momento in cui si rifiuta di porgere mansueto il collo al coltello del macellaio! Sia pur per breve tempo la “repubblica” ha tentato di autogovernarsi ma non ne fu capace. Non avevano maturato una cultura di governo e non si può raggiungere la luna con un salto solo. Per questo, i “ribelli” furono isolati e sconfitti ancor prima dell'arrivo dei carabinieri! Poi, sulla vicenda, si mise un bel timbro “Criminali” e gli insorti di Caulonia furono scacciati dallo storia e la questione meridionale divenne “questione criminale”. Una mistificazione che non possiamo consentire! Ecco perché, approfittando della vostra pazienza, ho parlato della rivolta di Caulonia, perché con i suoi mille errori anche tragici, con i suoi mille limiti, quella rivolta, con il suo esercito di “straccioni”, ci appartiene.

“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Scopelliti risorge dalle ceneri e si ricicla con Salvini. Quando politica fa rima con truffa e corruzione DANILA S. SANTAGATA*

L

a Calabria è nelle mani “dalla peggiore classe politica dell'Occidente”, sostiene l'antropologo e scrittore Francesco Mauro Minervino. E come dargli torto, se, com'è vero, l'ex governatore Scopelliti ora, sotto gli occhi increduli di noi stessi calabresi, ma non solo, sale sul carrozzone di Matteo Salvini, dando manforte al suo movimento del Sud “Noi con Salvini” e sposa la crociata anti Renzi, anti premier, definito “servo dei poteri forti”? Già, perché pare proprio che la strada intrapresa da Scopelliti sia questa. Niente da dire sulle critiche al premier, per carità, ma sull'ennesimo voltagabbana dell'ex governatore della Calabria, qualcosa da eccepire, forse, sarebbe legittimo. Ma Scopelliti non era stato condannato a sei anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici? Qualcuno si domanderà. Pronta la risposta affermativa. Tutto vero. Documentato, accertato. Ma, a quanto pare, di tutto lo si può accusare, il nostro irreprensibile ex governatore, tranne che di mancanza di caparbietà, per usare un eufemismo. E, se errare è umano, perseverare, si sa, ha un che di diabolico. Ex Partito delle Libertà, poi Nuovo Centro Destra, ex sindaco di Reggio, poi governatore, pare proprio che mollare non faccia parte del suo vocabolario. Ed eccolo, allora, in un tentativo di auto risurrezione, adesso, viaggiando lì dove il vento soffia: verso Salvini. E dire che, il giorno successivo a quello che ha decretato la sua condanna, Scopelliti sembrava essersi arreso. Si era dimesso allora. Viste, forse, le accuse pesanti, serie, aveva fatto un passo indietro. Parliamo di irregolarità nei bilanci del Comune reggino, quando lui era sindaco, per un disavanzo di 170 milioni di euro risultati al ministero dell'Economia tra il 2006 e il 2010. Ma no, nessun passo indietro. Scopelliti torna in pista alle Europee, con il partito di Alfano. Chissà cosa avranno in comune i due? Niente forse. Eppure un filo sottile che li lega, sembra esserci. Pure illazioni, magari. Il nostro uomo, l'irreprensibile Scopelliti, colui che vanta storiche amicizie non lontane dagli ambienti 'ndranghetisti più influenti, ha all'attivo, non dimentichiamolo, la fondazione “Calabria Etica”. Menomale che l'hanno chiamata così, perché tale fondazione, voluta da Scopelliti in persona, è stata al centro di uno scandalo, per aver utilizzato l'FSE (Fondo Sociale Europeo), per assumere parenti ed amici, di chi la guidava. Pasqualino Ruberto, per altro membro dell'assemblea nazionale

del Nuovo Centro Destra, nominato presidente della fondazione dal sopra citato Scopelliti, anziché pensare allo scopo per il quale, ufficialmente, essa era nata, quello di dare assistenza alle famiglie disagiate, avrebbe ben pensato di farne un organo a proprio uso e consumo, finalizzato all'elargizione dei fondi stanziati dall'Unione Europea, sotto forma di stipendi, ad amici e parenti, compresa la sua compagna, di Ruberto stesso, la sorella e alcuni parenti stretti del socio del suo studio. Come se non bastasse, ci sarebbero state, da parte della fondazione, 251 assunzioni a tempo determinato nei giorni immediatamente precedenti le elezioni regionali del novembre scorso, che sono arrivate a 700 tra dicembre e gennaio. Tranne qualcuno, tutti gli assunti erano residenti a Lamezia Terme, dove, naturalmente capiamo si tratti di un caso del tutto fortuito, Ruberto era candidato sindaco. Una campagna elettorale in piena regola, finanziata con i soldi stanziati dall'Unione Europea per sostenere le famiglie in difficoltà, fortunatamente finita in un nulla di fatto. Ma che sarà mai, “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, per noi gente del Sud soprattutto. Già, ma Scopelliti con chi va? Semplicemente con chiunque gli convenga, stando ai fatti. È un fatto che, sabato scorso, insieme con la Lega di Salvini, in piazza, c'erano le pedine dell'irreprensibile nostro ex governatore, ovvero Michele Marcianò, consigliere regionale sotto di lui e Giuseppe Agliano, capo della segreteria, sempre quando l'irreprensibile era a capo della giunta. Ma, ora, tornando alla nostra regione, sarà mai possibile fare pulizia e tornare a credere in valori che dovrebbero essere scontati per i cittadini? E, se così non è, a chi possiamo dare la colpa, se è vero, com'è vero, che la scalata dell'irreprensibile Scopelliti è stata voluta quasi all'unanimità dai calabresi? Parliamo di 614 mila voti alla Regione. Non sono pochi. E', anzi, un numero scandalosamente alto. Ma allora, se la nostra bella terra è sempre più povera, non poniamoci inutili domande. Della serie, ad ognuno spetta ciò che merita. Se è vero, insomma, ciò che dice Minervino, che siamo la regione guidata dalla peggior classe politica dell'Occidente, non abbiamo con chi prendercela, se non con noi stessi e con i voti indiscriminati ed insensati che diamo, da anni ed anni, ormai, a chiunque salga su un podio qualunque a raccontare frottole degne della miglior farsa e, tanto più, se quelle chiacchiere fanno rima con malapolitica, truffa e corruzione. http://dalmiopuntodivista.me/ danilasantagata@gmail.com



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Un romanzo di Cosimo Armando Figliomeni

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CAPITOLO SETTIMO

RISPETTA TUO PADRE (ovvero GUARDATEMI LE SPALLE)

Montalto, il Monte della Limina

e Piazza Mercato

I

n quel periodo nascevano mostri come i funghi, in Calabria. Non deformi, da memoria romana. Anzi! Ma giovani aitanti, in giacca e cravatta, ben rasati e impomatati da ballerini d'avanspettacolo. Sfrecciavano su auto da sogno, e sulle pareti di casa spiccava almeno un diploma, se non addirittura una laurea. Altro che mostri! Erano, al contrario, buoni partiti, candide mani da impalmare, buone doti da gestire e mettere a frutto in affari. Giovani raffinati e insospettabili professionisti. «Già, gli affari» diceva Gigi. Scomparsi gli antichi mestieri e gli istituti giuridici dell'enfiteusi, della colonia e così, di conseguenza, la guadiania, si apriva un mondo nuovo di traffici fruttuosi, di ricchezze da reinvestire nell'opulenza dell'illecito. Compari e comparelli di colpo, come in una perfida simbiosi, diventarono accreditati imprenditori, sindaci, onorevoli e assessori. Tutti col titolo di dottore in lussuose auto blu, con annesso autista e segretaria al seguito. «Che bella la mafia di oggi, com'è grande la mafia di oggi!» Concludeva Gigi. «E Osso, Mastrosso e Carcagnosso, San Michele Arcangelo. Mazzini, Garibaldi e La Marmora che fine hanno fatto?» «Ma questo è il rituale, che c'entra?» rispose a Gigi, un giorno un collega. «Allora devo scrivere Mafia, Onorata Società o 'ndrangheta» Gigi insisteva. «Ma quale Onorata!? In un sequestro, tu vedi l'onore? È forse un onore truccare le gare d'appalto? Spacciare la droga? «L'onore, mio caro è sublime, un concetto ideale che l'uomo, quello vero, si porta dentro di sé. È sempre decoro, dignità, rispetto, solidarietà. È la gioia di vivere insieme. Anche nella povertà, figlia dell'umiltà. «Quella è la vera ricchezza! La cosa che suscita l'invidia dei ricchi.» «Forse è il caso che scriva La Santa, la nuova espressione della Mafia Calabra. Ma qui dovrei parlare di Garibaldi… Mazzini… Che c'entrano costoro? Che attinenza con Osso, Mastrosso e Carcagnosso?» «Ma allora sei tonto, non hai capito niente! «Garibaldi, per esempio, non era soltanto l'eroe dei due mondi e il Dio del Risorgimento Italiano. «Devi sapere che Garibaldi era pure Massone. Lo avevano iniziato in Uruguay, a Montevideo, nella Loggia L'Asilo della Virtù nel 1844. È vero ch'era una Loggia irregolare ma sempre Loggia era. Anzi, la sua posizione la volle regolarizzare immediatamente passando alla Loggia Amici della Patria all'obbedienza del Grande Oriente di Francia sempre di Montevideo. Nel Rito Scozzese Antico e Accettato aveva raggiunto il 33° grado e nel 1862 fu nominato Gran Maestro del Supremo Consiglio di Palermo. Addirittura, per un breve periodo fu elevato a Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. Se ti capita di andare a Roma, recati al Gianicolo e noterai che alla base del monumento equestre a lui dedicato vi è una scritta: “Al Gran Maestro GIUSEPPE GARIBALDI nel centenario dalla sua nascita. La Massoneria Italiana”. «E adesso non mi chiedere che ci azzecchi il Massone Garibaldi col richiamo che fa di lui la Santa Calabra». «No, meglio di no - concluse Gigi - altrimenti, stavolta ci perdiamo!» «Questa è una chicca, te la dico ma prendila col beneficio d'inventario» continuò l'amico di Gigi. «Pare… dico, pare che anche Don Antonio facesse parte di una Loggia massonica all'Oriente di Reggio Calabria. Altro non so. E adesso basta, non ti dico altro». Gigi salutò l'amico con una stretta di mano, ma dallo sguardo si capiva che non avrebbe tenuto l'acqua in bocca. L'Aspromonte guardava e aspettava. Le alte cime dei pini captavano tutto come antenne d'un ripetitore telematico, quel giorno baciate da piacevoli raggi di sole d'autunno inoltrato che ancora sapeva d'estate. La fragranza e il profumo dei funghi volava su ali di fasse, i colombacci del Sud. Lo schiocco di merli e beccacce faceva trattenere il respiro. Montalto! Perché non Polsi? Di sicuro c'era un motivo. L'aurora degli anni '70 portava con sé nuovi venti di storia, tristi pagine scritte da mitra e lupara. Quell'anno, durante la processione, la Madonna della Montagna sfilò quasi da sola sui tratturi di Polsi. Fedeli e devoti, soltanto gli indigeni. Avvolte in neri fancali - la testa coperta da muccatura annodati - solamente donne attempate bruciate dal sole, e forestali canuti. Del resto, le solite capre sgozzate e fumo d'arrosto. Pochissimi colpi di schioppo.

OSSO, MASTROSSO E CARCAGNOSSO Segno che qualcuno non c'era! Quel giorno non c'era la 'ndrangheta! Qualcosa era cambiato e chi seppe leggere l'avvenimento, preoccupato capì. L'uomo che sapeva già tutto, sicuramente, era Emilio Santillo, questore di Reggio Calabria. Chi l'aveva informato, chi aveva interesse a ché quel conclave non si tenesse? Siderno non c'era neanche a Montalto nella riunione che poi si tenne colà il 26 di ottobre dell'anno 1969, dopo essere stata prorogata di circa due mesi. Non c'era Siderno e non c'era la Vallata del Torbido. Probabilmente, Don Antonio ha trascorso quel giorno sui pianori del Monte della Limina. A pagina 24 della Sentenza n° 299 del Tribunale di Locri, datata due ottobre 1970, depositata il 24 marzo 1971, testualmente si legge: “Qui non c'è 'ndrangheta di Mico Tripodo, non c'è 'ndrangheta di 'Ntoni Macrì, non c'è 'ndrangheta di Peppe Nirta! Si deve essere tutti uniti… chi vuole stare sta e chi non vuole se ne va!” A parlare così era Peppe Zappia, mammasantissima di San Martino di Taurianova e presidente del raduno di quegli uomini d'onore. E poi, ancora. Quando Francesco Scopelliti, boss di S. Stefano d'Aspromonte, uno dei quattro canterini, di fronte al dott. Sabatini, capo della Mobile di Reggio Calabria, parlò dell'uomo di Siderno in rappresentanza del relativo locale, precisò che “tra i convenuti era un uomo di Siderno, alto e robusto, di circa cinquanta anni”. A questo punto, è chiaro che Don Antonio non c'era: l'uomo alto e robusto non poteva essere lui! C'erano, è vero, uomini di Siderno forse in veste di delegati, senz'altro uomini fidati ma non di prima linea. Ma, allora - Gigi pensava - era iniziata la guerra? Una guerra che, fino a quel giorno, era da considerarsi una “guerra fredda”! La prima era finita! Iniziata a Locri, con la strage di Piazza Mercato. Si dice che l'avesse voluta Don Antonio previo benestare di Bruno Marafioti e Peppe Nirta, i quali si sentivano offesi, danneggiati dagli attentati ad alcune attrezzature di cantiere durante l'ammodernamento della Statale 106 presso il Fiume Novito. Quel fiume che unisce e separa i due centri di Locri e Siderno. I più importanti del circondario. Si dà che per quei lavori s'era costituita ad hoc una società tra Peppe Nirta, Salvatore Scriva e Bruno Marafioti , allettati dall'opportunità di sub-appalti. E qui Gigi, per capirci qualcosa, dovette fare un passo indietro, effet-

tuare delle ricerche e attraversare virtualmente lo Stretto. Scoprì, così, che le cause di quella strage erano tante. Non secondaria “le bionde”. No! Non erano donne, ma il tabacco estero di contrabbando in cui la cosca di Siderno la faceva da padrone con Don Antonio a capo della leadership. Come fonte di lucro, a Don Antonio la cosa non dispiaceva. «Non danneggia nessuno» diceva. Peraltro il tabacco si può acquistare anche dal tabaccaio. Certo, a prezzi più alti. Così, certe sere, si vedevano passeggiare lungo affollati marciapiedi sia giovani che anziani signori accompagnati dalle rispettive consorti e fumare le Peer, Luckstrike e Marlboro dall'aroma speciale che soffuso a Tabacco d'Arar impregnava la bocca e i vestiti. Si dice che al Porto di Messina, in pianta stabile, ci fosse un Ufficiale della Guardia di Finanza addetto al controllo delle stive delle navi in arrivo il quale, alquanto dubbioso, rivolgendosi al nipote di Don Antonio: «Allora! Barone, quanti cartoni stavolta?» «Duemila e quattrocento, Capitano!» L'Alto Ufficiale, non avendo molta fiducia in quel giovane rampollo, nutrendo, appunto, dei dubbi e convinto che il numero fosse maggiore e che la tangente da corrispondergli non sarebbe stata adeguata, si precipitò nella stiva iniziando una conta accurata. Ma il numero era quello. Duemila e quattrocento cartoni. Il Barone attendeva sul molo, sorridente e sicuro. Tranquillo. «Barone, hai ragione: i cartoni sono davvero duemila e quattrocento e devo dire che sei un contrabbandiere onesto. Almeno con me!» «Da quel giorno l'ho sempre fottuto!» Raccontava agli amici, Gigi presente, certe sere d'estate al Summertime, sul Lungomare di Siderno. Dal disistivaggio al trasporto l'operazione si presentava molto più agevole. Si trattava di caricare dei camion che la Caronte traghettava su Villa San Giovanni e da lì diramarli sulle Statali Jonica e Tirrenica verso i mercati del Centro-Nord. Durante le sue ricerche, Gigi scoprì che un giorno nei pressi di Bagheria, la Guardia di Finanza sequestrò un autotreno carico di sigarette apparentemente abbandonato salvo poi a comparire in mano a Domenico Cordì il quale pare se ne sia alienato dietro il corrispettivo di 150 milioni di lire. “Ecco! - Pensava Gigi - Un valido motivo per Don Antonio”. Bisogna dire che il giovane mafioso per lungo tempo era stato un uomo di fiducia di Don Antonio, specie nei contatti coi siciliani, tanto da guadagnarsi un sicuro lasciapassare, un sicuro biglietto da visita presso i meandri delle cosche isolane. «È così - concluse Gigi - questo è il motivo!» Povero ragazzo! Aveva voluto affrancarsi. Non dipendeva più da Don Antonio. Anzi, da ultimo lo accusava persino di essersi, come capo, appropriato di 20 milioni, frutto dell'obolo che i fratelli americani avevano destinato a sostegno delle famiglie degli imputati in Italia. Quando il gotha della Jonica esaminò la summa di quegli sgarri, risultò inevitabile un'amara decisione, quella di togliergli il subappalto del trasporto dei materiali occorrenti per la costruenda superstrada nella tratta Roccella-Locri. La vendetta del punito non tardò ad arrivare. In data 3 giugno 1967, quindi nell'immediato, una carica di tritolo fece saltare per aria un rullo compressore e una ruspa di proprietà della neo-costituita società Nirta-Marafioti-Scriva. Gli sgarri si pagano. Un tribunale speciale, quello degli uomini d'onore, pronunciò una sola sentenza. Senza esimenti, senza attenuanti, senza benefici di sorta: “L'utri 'nta fossa!” La mattina del 23 giugno 1967, venti giorni dopo l'attentato ai mezzi da cantiere sul Fiume Novito, detto anche “di Gerace”, un commando, composto da due killer, fece cadere Cordì e Vincenzo Seracini. Era il fratello del diplomando Antonio, freddato a bordo della sua Isomoto, anni or sono, a Siderno di fronte all'Istituto Tecnico Commerciale nomato a Guglielmo Marconi. “Ma il prezzo maggiore lo paga chi muore innocente! Lo paga la famiglia, lo pagano gli amici e la società civile” Gigi, annichilito, pensava. Era il caso di Carmelo Siciliano, anch'egli rimasto cadavere accanto ad altri due rimasti feriti. Gli esecutori? Masino Scaduto da Bagheria e Antonio Di Cristina da Palermo. Segno questo della parentela e del sodalizio tra Calabresi e Siciliani. Compiuta la missione di morte, i Killer saltarono su una Alfa Romeo Giulia guidata da uno spericolato. Si trattava del giovane Pepè Cataldo. I fatti, dunque, verosimilmente, sono andati così. Questo annotò Gigi da giovane cronista. Questo acclararono Forze dell'Ordine e Magistratura. Questo, in seguito scrisse, dieci anni dopo la strage, Sharo Gambino in un suo libro: La Mafia in Calabria.



PRIMO PIANO

“E partiva l’emigrante e portava le provviste e due o tre pacchi di riviste” recitava la strofa di una celebre canzone di Rino Gaetano, figlio di emigrati calabresi, partiti dalla Calabria in cerca di fortuna, proprio come i protagonisti di quest’articolo. Il trolley ha sostituito la valigia di cartone, lo smartphone i gettoni telefonici ma l’entusiasmo, la paura e l’ansia della partenza non sono cambiati. Giovani avventurieri calabresi trascinano i loro pesanti bagagli, colmi di vestiti, sogni e speranze, dietro di loro una lunga processione di parenti. In aeroporto echi rimbombano incessantemente: “A’ mamma, copriti che fa freddo”. E non importa la stagione, la maglia della salute deve essere indossata, anche se sudi e puzzi a dritta. “Quando sei a metà strada fammi uno squillo, mi raccomando” - “Mamma ma sull’aereo non posso, non c’è linea!”- e lei prontamente trova la soluzione “Esci un attimo fuori e mi chiami...”. Ci sono poi le raccomandazioni della nonna: “Figghia mangia, mangia, ca ti facisti peji e ossa, ti conzai tri panini ca cutuletta, furmaggio e pumadoru. Si sunnu pochi, appena trovi nu barri, t’accatti ncun’attra cosa... E mangiaaa chi ‘nta ddu uri chi simu cca ti viu sciupatu”. Naturalmente non possono mancare la raccomandazioni paterne “L’hai presa la carta d’identità, passaporto, tessera sanitaria, caricabatterie, computer, coltellino svizzero, torcia, carta igienica”“Si papà tranquillo, e poi vedi che la vendono la cartaigienica lì!” “Non si sa mai, u bidè non l’hannu”. E poi c’è lui, il simpaticissimo zio che ti saluta e ti chiede, seminando il panico: “Ma la cosa fondamentale l’hai presa?”. Rileggi di volata la lista e sei sicura di aver preso tutto “Zio ma cosa???” - “A testa, o ta scordasti?” Un tic improvviso all’ occhio è sufficiente come risposta al parente simpaticone. Un ultimo saluto generale e via, si parte. Da lontano senti ancora le urla di tua madre e le preghiere delle nonna, ma non ti volti più, scende una lacrimuccia, non sai se è per la gioia di partire o perchè ti mancheranno le polpette e la pasta al forno che la nonna ti prepara ogni domenica. Entri al gate ed ecco la prima prova da superare: il metal detector! Sai che se dovesse suonare tutti ti guarderanno storto per due semplici ragioni: sei calabrese e hai la valigia piena di conserve, dalla marmellata ai fichi, ai peperoncini piccanti al tonno. Ma gli sguardi altrui ti preoccupano poco, la cosa che temi di più è che se dovesse suonare probabilmente sarai costretto ad aprire le bocce ed è finita, per-

Trolley

calabres


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DOMENICA 08 MARZO

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Accompagnatidaunaprocessionediraccomandazioni,giovanicalabresi trascinano i loro pesanti bagagli, colmi di vestiti, sogni e speranze, lasciandosi alle spalle un paese raso al suolo dall’ego-sistema chè come dice nonna: “Si pigghianu aria e non ti mangi i perdi...”. Ma adesso che ci pensi bene, potrebbe essere solo una scusa inventata dalla nonna per farti mangiare una boccia per intero in un giorno... Superati i controlli, si è pronti all’imbarco. Tanto tragica la partenza, quanto l’arrivo alla destinazione prescelta, soprattutto se non italiana. Arrivi in Inghilterra, Scozia, Irlanda e sai che devi trovare la scritta Exit. Se vai in Francia non ti puoi sbagliare, è Sortiè, che si legge sortì... mala sortì. E in Germania? A Quel punto prendi piena consapevolezza che il tedesco non ha niente a che fare con l’Inglese, tanto meno con il Francese, e che aver imparato “Nicht hinauslehnen” (“è pericoloso sporgersi dal finestrino”) grazie al cartellino che leggevi sul treno tutti i giorni quando andavi al liceo, non ti servirà a nulla. Per fortuna l’omino che indica l’uscita è internazionale, solo che in Germania ha il braccio destro alto e ben teso, pazienza... l’importante è che indichi l’uscita. Una volta fuori dall’aeroporto non puoi più tornare indietro: è adesso che inizia la sfida! Una ragazza di 24 anni, della provincia di Reggio Calabria, ci ha raccontato come ha vissuto alcuni giorni in un ostello scozzese, prima di trovare casa: “È stato un incubo, sono stata costretta a stare in ostello per più di una settimana, sembra assurdo ma in Scozia è più semplice trovare un lavoro che una casa”. Poi continua: “Premetto che dormivo in una camera mista con 12 posti letto per poter risparmiare. In una delle tante notti insonni, sono stati ospiti, nella stessa camera, quattro ragazzi provenienti da Glasgow. Sono arrivati alle 4.30 di notte, cantando, urlando e

imprecando. Con un occhio aperto e uno chiuso, chiesi con il mio inglese rivisitato, di fare silenzio, anche perchè io, come le altre tre persone che dormivano in quella camera, l’indomani ci saremmo dovuti svegliare presto. Ma loro continuarono a fare baccano, insultandomi pesantemente. Ore 8.00 sveglia, cosa c’è di più bello di una vendetta mattutina? Beh due... Iniziai a cantare “O’ sole mio” a squarciagola e spalancai le finestre, i quattro ubriaconi cominciarono a farfugliare qualcosa del tipo “Fucking bastard, shit...”. Rispettando il buon

costume scozzese non gli diedi il minimo accenno di confidenza e scesi al bar a fare colazione. Loro probabilmente credevano fosse finita lì, e invece no. Il mio ritorno in camera fu a dir poco scoppettiante: entrai a suon di battito di mani e gorgheggi improvvisati, lo show si concluse con un’esibizione sotto la doccia di un apprezzabile “Barbiere di Siviglia” seguito da una standing ovation degli altri tre ospiti, e l’arresa dei quattro scozzesi maleodoranti, che con la coda fra le gambe, presero le loro cose e uscirono infastidi dalla camera. A quel punto pensai: “Quattro scozzesi non fanno una calabrese”. Un ragazzo di 23 anni, trasferitosi da Paola in Inghilterra racconta invece le milioni di difficoltà che ha riscontrato nel

trovare casa: “Sono partito credendo che in un paio di giorni avrei trovato il mio rifugio, invece è stato terribile. Inizialmente mandavo email a raffica, mai una risposta, cercavo di evitare il confronto telefonico, perchè non capivo nulla, ma alla fine ho ceduto. Mi facevo ripetere indirizzo e numero del bus almeno dieci volte, annotavo soddisfatto. L’indirizzo nella maggior parte dei casi era giusto, mi aiutavo con internet, ma la linea del bus era puntualmente sbagliata. Chilometri e chilometri a piedi, sotto la pioggia, ringrazio Google Maps di esistere, senza di lui non ce l’avrei mai fatta. Una ragazza di 30 anni, proveniente dalla piana di Gioia Tauro è un’altra testimonianza di come in Italia non si riesce più a campà: “Ho lasciato l’Italia nonostante avessi un posto fisso da otto anni al Nord, purtroppo sono dovuta tornare a casa dai miei, tra spese e tasse non arrivavo a fine mese. Per me è stato terribile e deprimente. Ho dato le mie dimissioni e dopo tre giorni sono partita allo sbaraglio. La cosa che mi ha lasciata sbalordita della Scozia è l’uso spropositato di alcool. Al sabato sera trovi gente senza scarpe, che non riesce a mettere un piede davanti all’altro e rotolano come sassi giù per la Holyroad. Atro punto che vorrei sottolineare sono gli Italiani all’estero: arrivano e si sentono già Inglesi. I più fortunati si aprono ristoranti, agenzie di catering e sfruttano altri Italiani, pagandoli una miseria. Anche il fatto che non si riesca ad avere una bella comunità di italiani all’estero è assai deprimente. Polacchi e spagnoli si aiutano tantissimo tra di loro. Qui è meglio non contare sugli italiani perché fora du culu meu, aundi pigghja pigghja”. Abbiamo, invece, un parere opposto da parte di una giovane di 22 anni, di Locri, trasferitasi ad Edimburgo: “Ho avuto la fortuna di incontrare degli Italiani meravigliosi, lavoravo in un ristorante italiano e i miei colleghi anch’essi italiani originari della Campania, Puglia e Sardegna, mi hanno aiutato e consolato nei momenti di

disperazione. Il capo, sempre italiano, era invece uno stolto (la ragazza non ha detto esattamente così), voleva sfruttarci, ma gli è andata male, dopo il festival ha dovuto dichiarare fallimento, ma noi non ci siamo preoccupati più di tanto e abbiamo trovato subito un altro lavoro, rivelatosi a livello legale ed economicamente migliore. Alla domanda “Perchè siete scappati dall’Italia?” tutti hanno risposto di non essere scappati, ma di essere stati in un certo senso cacciati, “esiliati” da un declino economico ben chiaro a tutti, soprattutto al Sud d’Italia. C’è chi resta per paura di cambiare o di fallire, e chi parte perchè invece vuole comunque provarci: in entrambi i casi ci vuole coraggio. Una ragazza, ventriquatrenne, di Reggio Calabria, ha affermato: “Se l’Italia non ci consente di realizzare i nostri sogni, i nostri desideri, non dobbiamo smettere di crederci, possiamo provare a realizzarli altrove” . Poi aggiunge: “Per rimanere in Italia, servirebbe trasformare lo stivale in un anfibio dalla punta di ferro. La vita è breve, è una sola ed è la nostra, dovremmo decidere noi, non quei pupazzi che tentano di governare una finta Repubblica, di pubblico ormai è rimasto ben poco. Ci hanno imposto uno stile di vita basato sul sacrificio, dove prima il dovere e poi... paghi le tasse, dove i ricchi sono sempre più ricchi, e i poveri sempre più morti di fame. Una volta le mense dei poveri erano frequentate per lo più da barboni, che per loro scelta o per sfortuna vivevano per strada. Oggi sono affollate da gente di ogni età, italiana ma sopratutto disoccupata a causa di una crisi generata dalla politica e dal ricco imbroglione, non di certo da loro. Ma nonostante mi trovi qui in Scozia, non dimentico di essere italiana, e spero che prima della fine dei miei giorni potrò vedere la rinascita del mio Stato che, se non fosse stato raso al suolo dall’egosistema, splenderebbe ancora”. Valentina Cogliandro

“Per restare il nostro stivale dovrebbe trasformarsi in un anfibio dalla punta di ferro”

si in fuga


RIVIERA

ALB:TE LO DO IO IL LIBRO

8 marzo: ritornano i bracieri in piazza

S

i ripropone il consueto appuntamento previsto per ogni prima domenica del mese, “Te lo do io il libro”, organizzato dall'Associazione Amici del Libro e della Biblioteca. Uno scambio aperto e informale di libri, idee, opinioni, consigli. Un modo per vivere la città e la piazza ritrovando un contatto fisico ed empatico tra i cittadini. La continuità dell'evento e il ripetersi nello stesso luogo contribuiscono a una fidelizzazione del pubblico già esistente e all'interessamento di soggetti che ne vengono a conoscenza. L'ALB sta lavorando bene da questo punto di vista, individuando sedi e modalità sempre nuove e originali. È di qualche settimana fa il buon successo riscosso dall'iniziativa “un tè con l'autore” presso il Bar Helios, che ha visto la presentazione del romanzo “Il prezzo della carne” di Mimmo Gangemi, ed. Rubbettino.

CULTURA E SOCIETA’

Scorci di vita: le opere di Massimiliano Giordano Questa è la volta di un pittore che stende i colori alla maniera di Van Gogh. O almeno, a me ha dato quest'impressione. Massimiliano Giordano è un artista calabrese, nato a Mileto. Ha frequentato la scuola d'arte (oggi, denominato Liceo Artistico) e poi ha frequentato l'Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria. Mi racconta che suo padre faceva pressione perché frequentasse la ragioneria. Beh, ha odiato la matematica, e di conseguenza, si è innamorato ancora di più dell'arte, proseguendo sulla strada della sua passione. Attualmente lavora come insegnante, a contatto con i bambini delle scuole medie. Ho sentito spesso parlare di arteterapia, così gli chiedo cosa pensi a riguardo: "Senza dubbio è in gioco il fattore emozionale; e poi la pittura e il colore... essi stessi sono già una terapia"- risponde. Aggiunge inoltre, che pensa di intraprendere alcuni corsi, riguardanti proprio questo ambito. Così dopo aver rotto il ghiaccio, conversando sulle scelte professionali compiute, entriamo nello specifico della sua arte: vorrei sapere se si sia trattato solo di

MESSIGNADI HA PERSO IL SUO CANTORE FILIPPOTUCCI GIORGIO METASTASIO “Buona notte Italia, buona notte Calabria”. Era stato questo uno degli ultimi saluti che Filippo Tucci aveva rivolto alla sua terra, alla sua gente condividendo una bellissima fotografia notturna della Calabria vista dal satellite. Quasi il presentimento che presto avrebbe visto quell'insolito panorama proprio dal cielo. Da qualche giorno, stroncato da un infarto, lo scrittore di Messignadi non c'è più. Grande uomo di pensiero e di azione, che dei libri ne aveva fatto la sua grande passione, ha lasciato tutti attoniti e sconsolati. Un paese intero lo piange per aver perso la sua forza e la fonte ispiratrice contro l'isolamento e per la valorizzazione storica e culturale del suo terr i t o r i o . “Messignadi nel tempo” era stato, infatti, il blog realizzato per la sua gente e per portare nel mondo la voce del paese che gli aveva dato i natali nel 1941. Dopo una lunga esperienza politica e sindacale tra Sondrio e Como, dove è stato anche assessore al turismo nel “Triangolo Lariano” e candidato alle elezioni provinciali nelle file del Partito socialista democratico di Giuseppe Saragat - suo amico personale -, nel 1994 Tucci era ritornato in Calabria, e precisamente a Reggio, dove si è potuto dedicare alla ricerca storica e culturale con una lunga produzione di saggi e articoli. Nel 1967, appena 26enne insieme ad altri giovani comaschi, dopo aver visitato il lager nazista di Mauthausen aveva contribuito a scrivere il libro “Viaggio all'Inferno” recensito da diversi giornali a tiratura nazionale. Ora Filippo Tucci, dopo aver visto l'Inferno sulla terra, siamo sicuri che avrà visto il Paradiso nel cielo.

una mia impressione che il suo modo di stendere il colore somigliasse a quello di Van Gogh, e glielo chiedo. Mi risponde facendomi capire di aver interpretato l'arte a modo suo, secondo la sua esperienza, e di amare Cézanne e Guttuso.

"Amo i colpi di luce"- esclama a gran voce. Massimiliano Giordano si lascia ispirare da scorci di vita quotidiana, dalla vista del mare, dal paesaggio, dal sole. Adora i colori accesi e vorrebbe che le sue opere trasmettessero positività. Ha partecipato a molte mostre ed è rimasto ancorato alla sua passione. Tra le altre, vi è una tela, realizzata per un concorso, in cui raffigura Pinocchio e la Fata Turchina. La fata, più simile ai tratti di una madonna, presenta i contorni indefiniti quasi a conferire un'aria "angelica", ma dall'angolo opposto spunta il lungo naso di Pinocchio, causa delle sue bugie, a mostrare inconfutabilmente l'importanza della verità. Poi paesaggi di natura morta e ritratti che mostrano i segni del tempo, fra i soggetti preferiti. "Cosa si sente di dire ai giovani?"-chiedo. "Di esprimere il sentimento, di tirare fuori ciò che si ha dentro, di essere sinceri, il pubblico sa apprezzare la sincerità." Poi conclude: "Bisogna emozionare". Sara Leone

Domenico Angilletta, “Il Profumo dei tigli” Come sarebbe stata la vita di Lorenzo se quel fatidico sabato avesse preso il treno insieme ad Adele?

GIOVANNI PITTARI

N

on è di tutti i giorni dare alle stampe un romanzo che abbraccia tematiche di ampio respiro come la felicità, la libertà, il tempo, il possibile e altre correlazioni. Sono tematiche attuali già definite, ma non per questo si appalesano vive e attuali. E assumono ulteriore incidenza che il nostro ripropone attraverso il suo vissuto esistenziale. Cosicché il passato che non è più il presente e il futuro che non è ancora ripropongono gli eventi inspiegabili del tempo e gli assunti della sua riflessione. “Il passato - dice Lorenzo protagonista del romanzo - è un'ora che non è più, il futuro un'ora che deve accadere, entrambi quindi non esistono. L'unica certezza è il presente che è, ma appena lo si indica è già diventato passato. Un bel rompicapo filosofico…”. Domenico Angilletta, docente di filosofia e storia nei licei, già conosciuto al pubblico come studioso di storia medioevale, ha già

SABATO 14 MARZO ALLE 17, PRESSO IL BAR HELIOS, L’ASSOCIAZIONE AMICI DEL LIBRO E DELLA BIBLIOTECA, IN OCCASIONE DEL SECONDO APPUNTAMENTO DELL’INIZIATIVA “UN TÈ CON L’AUTORE”, PRESENTERÀ “IL PROFUMO DEI TIGLI”

dato alle stampe un ponderoso volume, “Castelli, chiese, abbazie nel giustizierato di Calabria”, Rubbettino Ed., città calabria 2006, oggi propone un'opera di narrativa, “Il profumo dei tigli”, Edizioni Erranti, CS 2015. Si tratta di un romanzo ambientato in una Messina gli anni '70, che per quanto città di provincia non è scevra dal recepire i fervori culturali più avanzati del tempo come il marxismo esistenzialista e la psicanalisi. Narra una storia intensamente vissuta nello spirito della massima espressione della libertà di quel periodo. Un amore che se pur circoscritto in un tempo breve diventa indelebile per i Con linguaggio semplice e conciso ci conduce alla riscoperta di una città che solo da poco ha perso lo smalto che la contrassegnava. L'intrigo del romanzo si impernia su un storia d'amore che i protagonisti Lorenzo Angeri e Adele Borrello vivono e che potrebbe essere paragonata a qualsiasi contesto evolutivo dell'occidente. Il protagonista sprofonda nell'angoscia immaginando come sarebbe stata la sua vita se quel fatidico sabato avesse preso il treno insieme a lei. Il possibile e il reale ricordano argomentazioni più filosofiche come la storia dei cento talleri kantiani, ma più specificamente il romanzo di Thomas Mann “Carlotta Weimar”, anche contrariamente a quanto accade in quel romanzo, i due protagonisti non si incontreranno mai più. Lorenzo più che un calabrese è sicuramente un europeo del meridione che vive i fermenti libertari della generazione del suo tempo. Le letture, infatti, che accompagnano la sua vita sono i grandi scrittori del mondo occidentale come Goethe, Mann, Freud, Hegel. Ed è proprio con questi presupposti che incontra casualmente Adele, anch'essa giovane protagonista del suo tempo. Adele,

infatti, è una ragazza emancipata, non seconda agli amori che il protagonista aveva incontrato nei suoi viaggi. Ne vien fuori un personaggio che difficilmente si troverà in armonia con il contesto di provincia in cui è cresciuto: i campi sterminati, le brulle montagne, i tramonti sul mare, l'ospitalità della gente e il diniego assoluto per l'inedia, la staticità dell'agire, del pensare, il torpore della mente baciata dal sole, la connivenza con l'illegalità. Sarà più a suo agio in Europa, rivalutando la grande figura di suo padre che, se pur accennato, costituisce il punto di partenza del suo essere nato libero. I lunghi viaggi lo portano, di fatto, ad allargare i propri orizzonti culturali: Parigi, Lilla, Calais, Dunkerque, Heidelberg, Berlino, Francoforte, Budapest, New York costituiscono le tappe fondamentali del suo girare e rigirare. I reiterati viaggi in Germania lo spingono, poi, a uno studio sistematico del principio di libertà che dall'Oriente approda al mondo cristianogermanico e questo spiega l'amore per i grandi scrittori dell'Ottocento e del Novecento tedesco. Sono evidenti, anche, alcuni tratti che accompagnano l'autore: Fedor Michajlovic Dostojevski, Jorge Luis Borges, Friedrich Nietzsche e le opere del tempo di agostiniana memoria, ma superando queste aporie, presente e passato si mescolano ed è impossibile separarli. Certo è che in un romanzo così strutturato non poteva mancare l'epilogo della “comprensione” rappresentata dalla Nottola di Minerva che fa la sua apparizione al calar della sera, dopo il tramonto. Ne vien fuori un europeo meridionale piuttosto che uno stereotipo di calabrese tanto richiesto dal mercato librario nazionale e internazionale.


È proprio l'anticonformismo, l'essere fuori da schemi, scalette, il rimanere “dilettanti” (inteso come chi pratica un qualcosa per diletto, per puro piacere), il punto di forza di un'associazione che si costruisce sui meriti e le peculiarità di ogni singolo membro. “Te lo do io il libro” nasce dal desiderio di scambio di libri, vista l'impossibilità di accedere alla Biblioteca Comunale, decentrata e confinata in un sottoscala. Per partecipare è sufficiente recarsi in Piazza Municipio alle 19 (l'orario è stato posposto per via delle numerose attività culturali previste per giorno 8 marzo) con o senza un libro da scambiare. A riscaldare la serata ci saranno i consueti bracieri e le letture ad alta voce da parte di chiunque voglia condividere una sensazione che gli è cara. Lidia Zitara

L’ALB invita tutti a uno scambio aperto e informale di libri, idee, opinioni e consigli www.larivieraonline.com

“Fuori del tutto non ci sarò mai” N elle varie fasi di questa mia vita imprevedibile e dalle poche certezze, vi sono cose molto importanti che vengono lasciate alle spalle, perse, o nella più speranzosa delle ipotesi, sospese con un enorme punto interrogativo che chiede: ritorneranno? Da quando abbiamo iniziato a strimpellare, nel lontano 1986, ad oggi, ne è passato di tempo. Per indole non siamo mai stati una band col fine di fare intrattenimento o far divertire. Ma l'urlo soffocato degli innumerevoli disagi di questa nostra terra tanto amata/odiata. Personalmente provo un enorme senso di impotenza nei confronti di forze maggiori che mi costringono a starne lontano, ma qui è storia personale.

Mi piace promettere che scriverò ancora canzoni per la band; su questo devo appellarmi a Peppe De Luca, che rimane qui e ha ancora tanta voglia. Tanti musicisti ci sono stati vicini in questi anni, ci hanno aiutato a crescere e li voglio ringraziare immensamente tutti: senza di loro non saremmo sopravvissuti. Continua a sostenerci Mimmo Napoli, che da decenni è lontano. Continua a sostenerci Totò Speranza che non c'è più ma la cui energia non ha mai smesso di accompagnarci. Auguro che la storia degli INVECE prosegua. Io fuori del tutto non ci sarò mai. E mi aspetto che prima o poi mi arrivino delle voci che dicano: Je suis INVECE... Sasà Scoleri

Quella scritta sul muro con la“E”al contrario... è, nei miei ricordi d'adolescenza, un muro, in uno dei versanti della ss106, prima di Bova. Ci passavo spesso nei viaggi verso il paese natale di mio padre, a trovare i parenti e mi incuriosiva quella scritta “INVECE” con la “E” in mezzo scritta al contrario. Non sapevo che fosse e, disadattato come sono cresciuto, non l'ho mai scoperto prima della maggiore età, quando sono entrato nel giro dei musicisti. Intanto gli INVECE scrivevano un pezzo importante della storia della musica della Costa Jonica. Dalla metà degli anni Ottanta quattro ragazzi hanno cominciato a cantare il mondo mettendo insieme il reggae e il dialetto di Bovalino. La nostra lingua popolare si scopriva in grado di parlare di cose serie, di Indiani d'America e di ambiente, di nucleare e di guerre, di consumismo e di manipolazione del consenso. Cose che non ti immaginavi ce la facessero a resistere entro ad una lingua di paese. E ci sono stati anni in cui da Gallico a Castrovillari tutti cantavano a memoria “Uo-Ci” o “Columbus Day”. Coraggiose e testarde, di quelle quattro anime, due sono rimaste a lottare e scrivere, negli ultimi vent'anni, Peppe De Luca e Sasà Scoleri. Sasà Scoleri. Voce storica degli INVECE. Da sempre un cane sciolto, un battitore libero. Per lunghi periodi girovago per il mondo, con cane al seguito, a cantare, voce e chitarra, nei metrò d'ogni angolo d'Occidente. In questi giorni Sasà parte, abbandona questa terra che non è stata mai generosa con i propri figli migliori. Coerente con se stesso insegue il proprio destino in giro per il mondo, con la sua fedele chitarra. Peppe De Luca non si arrende e gli INVECE vinceranno anche questa sfida, ma certo, un capitolo di storia si chiude qui. Un saluto lo dobbiamo, noi suoi fratelli, al grande Sasà, un arrivederci e un buon viaggio. Ciao Sasà. Buona Fortuna. Lykke Til. Boa Sorte. Good Luck. Daniele Mangiola

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ATTUALITÀ

Siderno e il mistero dei cristalli d’acqua Noi tutti siamo rimasti immersi, per i primi nove mesi della nostra vita, in un liquido detto amniotico. Dopo la nascita abbiamo scoperto che il nostro corpo è formato al 70% di acqua. Quindi l'acqua è un elemento fondamentale per tutti, in quanto esseri viventi. Allo stesso modo anche le piante e gli animali sono fatti di acqua, e anche loro hanno bisogno continuamente di liquidi per garantirsi la sopravvivenza. Il motivo per cui noi siamo sulla terra ancora non è stato scoperto, quello che siamo riusciti a scoprire è che fino ad oggi abbiamo compreso solo il 3% di ciò che ci circonda. C'è una cosa però che può accomunare tutto: la vibrazione. Dice Masaru Emoto: “tutto è una combinazione di vibrazione energetica”; in sintesi noi vibriamo. Vibrando generiamo onde energetiche che si liberano nell'etere e influenzano ciò che ci è intorno. L'intuizione del dottor Emoto è innovativa: se noi siamo fatti di acqua e l'acqua è l'elemento più importante per vivere, allora questo fluido potrebbe subire le nostre vibrazioni. Queste considerazioni lo hanno portato ad eseguire esperimenti per verificarlo: nell'acqua rimane traccia della nostra vibrazione. In altre parole l'acqua possiede una memoria. Masaru Emoto decise nel 1994 di passare dalla teoria alla pratica prelevando campioni di acqua di molte parti del mondo, per poter poi notare la differenza tra loro. Una volta congelati, questi campioni rivelarono l'esattezza dell'intuizione: la fotografia del campione immortalò la forma che l'acqua prende a seconda della vibrazione che riceve in quel momento. Così scoprì anche che l'acqua tende a riprodurre ciò che vede e ciò che sente. Masaru Emoto è deceduto pochi mesi fa, ma ha lasciato moltissime persone interessate a questo argomento, pronte a divulgare queste scoperte che spaziano dalla sfera scientifica a quella culturale, passando attraverso la fisica quantistica. Molti scienziati si sono interessati alla teoria di Emoto in questi 20 anni, tuttavia anche chi non si occupa di scienza è attratto dall'argomento. La cosa curiosa è stata osservare che i bambini sono coloro che maggiormente carpiscono il messaggio profondo che c'è alla base di tutto. Difatti Emoto ha passato diversi anni a tenere in tutto il mondo incontri con bambini delle scuole poiché è proprio in quell'età che, secondo lui, meglio si acquisisce la conoscenza, si impara a riconoscere l'amore e la vibrazione positiva, per essere adulti migliori domani. Ha ideato e sviluppato l'Emoto Peace project: un progetto in cui distribuire gratuitamente ai bambini di tutto il mondo il libro illustrato sui cristalli dell'acqua dal titolo “Il Messaggio dall'Acqua” . Attraverso questo Messaggio si può portare un vero messaggio di pace che i bambini porteranno dentro di loro finché da adulti prenderanno decisioni coscienziose per sé stessi e per il mondo intero. È per questo che l'associazione territoriale “Solidarietà Calabrisi” con la coordinazione locale di Toto Brizzi e con l'aiuto della Consulta Giovanile di Siderno, hanno voluto promuovere l'Emoto Peace project organizzando l'evento a Siderno per sensibilizzare verso nuove frontiere culturali. Per l'occasione l'associazione ha invitato l'Accademia dell'Acqua, ospitando uno dei referenti dell'Accademia, il portavoce per l'Italia del lavoro del Dr. Masaru Emoto, Andrea Nitta, per approfondire insieme questo argomento innovativo per il nostro territorio. Il Workshop, introdotto dal Senatore Pietro Fuda, si è tenuto al centro polifunzionale il giorno 28 febbraio e, nel ringraziarlo per la cortese presenza, ha potuto sottolineare anche un aspetto importante che riguarda l'acqua, ovvero il diritto di tutti i cittadini di poterne fruire come bene pubblico e mai privato. Il 27 febbraio Andrea Nitta ha potuto svolgere una lezione presso la scuola elementare Michele Bello, dove i bambini hanno passato una mattinata entusiasmante ad ammirare bellissimi mandala di cristalli dell'acqua, imparando a ringraziare l'acqua, le piante, gli animali e il pianeta terra. Ciò è stato possibile grazie a una bellissima e semplice lezione sull'acqua eseguita come format didattico dell'Accademia. Si sono rigenerati di vibrazioni armoniche e hanno gridato con gioia e a gran voce più volte nell'intera mattinata “GRAZIE!” a tutto ciò che al mondo esiste. Saranno i bambini di oggi ad armonizzare e migliorare il nostro Pianeta, un mondo che vuole vivere, e vivere bene. Serena Iannopollo

Disabilità

La legge vuole una scuola che accolga la disabilità dignitosamente. Eppure succede che la legge, che pone il sistema scolastico italiano all'avanguardia in tema di inclusione, rimanga lettera morta

Scuola cieca e politi

VITO CREA , PRESIDENTE DELL’ADDA (ASSOCIAZIONE DIFESA DIVERSAMENTE ABILI)

La legge non le vuole più. Non le vuole quelle stanze del tormento. Ghetti che chiamano stanze speciali ma che di speciale non hanno nulla. La legge non vuole che la disabilità sia considerata un "corpo estraneo" rispetto alla classe. La legge vuole una scuola che accolga la disabilità dignitosamente. Eppure succede che la legge, che pone il sistema scolastico italiano all'avanguardia in tema di inclusione, rimanga lettera morta, carta straccia, belle parole. Ci ritroviamo così armati di legge ma disarmati nell'anima, nelle coscienze, nella cultura. "Bisogna rimuovere innanzitutto le barriere mentali - afferma Vito Crea, presidente dell'associazione ADDA - quelle barriere che si frappongono alla piena integrazione, al pieno dispiegamento delle potenzialità di ciascuno". Vito Crea è il papà di Francesca, bambina autistica. C'è un libro sull'autismo scritto da Gianluca Nicoletti, brillante giornalista, dal titolo "Alla fine qualcosa ci inventeremo" in cui l'autore si chiede: "Che ne sarà di mio figlio autistico quando non sarò più al suo fianco? Mi serve ancora tempo, devo costruire qualcosa per lui". Anche Vito Crea ha quest'ambizione, anzi ne ha una ancora più grande: lui vuole migliorare le "distonie" di questo mondo normodotato; lotta per Francesca ma la sua è una battaglia per tutti. Vito Crea è stanco di avere a che fare con chi se ne frega dei diritti. "Non abbiamo soldi" si sente rispondere dai vari comuni della provincia reggina che mostrano tutto il loro menefreghismo e la poca sensibilità nei confronti della disabilità. "A quel punto gli sbattiamo in faccia sentenze che obbligano i comuni a ottemperare quello che è stabilito per legge e dove viene specificato che non ci sono nè vincoli di bilancio nè null'altro che giustifichi il mancato rispetto di un diritto costituzionalmente garantito". Non c'è default che

tenga, dunque: il diritto allo studio non vuole sentire scuse. Eppure i comuni continuano a fare da semplici passacarte: si limitano a inviare le pratiche alla provincia, e lì immucidiscono. Ci sono decine di scuole nella provincia di Reggio Calabria che non hanno assistenti specialistici. Tra queste Siderno. Qui la scuola media non è "adatta" a Dario, bambino autistico, e perciò ogni mattina - ha raccontato il servizio del TgR - la madre deve accompagnarlo ad Agnana che dista 10 km da casa sua. 20 km al giorno tra strade impervie e per lo più impraticabili quando piove, perchè mancano le figure professionali che la scuola dovrebbe garantire per legge. C'è anche chi si ritrova a dover pagare di tasca propria un assistente. E il conto è presto fatto: "Una psicologa prende minimo 12 euro l'ora, per 5 ore sono 60, per 20 giorni sono 1200 euro al mese. E chi non può permettersela?" - si chiede Vito sdegnato. "Sa quanto stanzia la Provincia ogni anno per la disabilità nelle scuole? 1000 euro e a volte neppure vengono utilizzati!". Oltre alle istuzioni bisogna sopportare anche l'incultura imperversante di alcuni genitori i quali, dichiara Crea, "temono che i loro pargoli possano essere, chissà come, contaminati da una ragazza affetta da autismo". Genitori insapiens che addirittura, spesso, spostano i loro figli in altre scuole. Li allontanano dalla disabilità e li depongono come uova in un posto più "sicuro" per proteggerli dai "pericoli". "Ci sono poi dirigenti scolastici che... legga e tremi" - continua Vito mostrandomi un botta e risposta tra lui e un dirigente scolastico di Bovalino. Il 30 gennaio, in vista dell'iscrizione di Francesca alla scuola media, Vito ha inviato al dirigente una lettera in cui chiedeva copia

Lidia Zitara dà voce a “Le ragioni dell’orto”

Vini, olio, pane, formaggi, essenze di bergamotto, agrumi, sono stati al centro dell'attenzione dei ragazzi delle scuole medie, ai quali è stata mostrata la preparazione di un orto rialzato.

“Le ragioni dell'orto”, è questo il titolo dell'evento patrocinato dalla Provincia di Reggio Calabria e organizzato da Slow Food Condotta Locride che ha riunito presso l'Ymca di Siderno alcuni dei prodotti alimentari d'eccellenza del nostro comprensorio. Purtroppo assente l'Azienda agricola “Sapori Antichi d'Aspromonte” di Canolo, a causa di un grave atto intimidatorio subito nei giorni scorsi, alla quale è andata la solidarietà di Slow Food - Condotta Locride. Vini, olio, pane, formaggi, essenze di bergamotto, agrumi, sono stati per una giornata al centro dell'attenzione dei ragazzi delle scuole medie, che hanno anche partecipato attivamente alla dimostrazione sulla preparazione e composizione di un orto rialzato, sotto la guida di Lidia Zitara, nota appassionata di giardinaggio. L'inesperienza dei giovani è stata pari al loro desiderio di voler entrare in contatto diretto con la terra, e di voler essere loro stessi a sistemare i giovani germogli di piantine da orto. “Abbiamo scelto semi di facile e veloce ger-


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Non c'è crisi amministrativa che tenga: il diritto allo studio non vuole sentire scuse. Ma i comuni continuano a fare da semplici passacarte: si limitano a inviare le pratiche alla provincia, e lì immucidiscono. Ci sono decine di scuole nella provincia di Reggio Calabria che non hanno assistenti specialistici.

ica sorda:i disabili sono loro

Bisogna pensare alla disabilità come un'occasione per i normodotati di sfruttare il proprio ingegno per inventarsi un mondo adattabile. minazione, come ceci, fagioli e altri legumi, per attrarre i ragazzi a ciò che per noi è dato per scontato, ma che per loro è una novità: il semplice fatto che le piante nascono da un seme. Le semenze sono certificate italiane, biologiche e senza OGM. Abbiamo portato anche aglio rosato, tipico del Sud Italia, e in genere ci siamo indirizzati su piante che possono essere coltivate anche in contenitori, per chi non ha un orto e si deve accontentare di un balcone. Abbiamo scelto l'orto rialzato anche per dare un'idea, a chi abbia delle difficoltà o delle disabilità, su come coltivare un orticello in un contenitore”, così descrive la sua esperienza Lidia Zitara, collaboratrice della nostra testata, su cui è apparsa la sua storica rubrica “Giardinando”. L'evento si è prolungato per tutto il giorno, con il pomeriggio dedicato ad una serie di relazioni specialistiche. Condotto dalla giornalista Maria Teresa D'Agostino, il convegno-dibattito “Le avanguardie locali” è stato aperto da Alberto Belvedere ( Condotta Slow Food Locride) con dei saluti e una breve introduzione all'attività di Slow Food. Hanno poi proseguito Francesco Surace (Slow Food Calabria), realizzatore del primo “orto in condotta” della Regione Calabria, e Vincenzo Maione (Arsac), con un'ampia dissertazione sulla biodiversità, sulle antiche varietà fruttifere della provincia, e sulle mille difficoltà che accompagnano la realizzazione di un orto scolastico realmente produttivo, redditizio e totalmente biologico. Saluti da parte di Gaetano Rao, attraverso Loredana Alvaro, anche lei storica collaboratrice di «Riviera», oggi responsabile della comunicazione dell'assessorato all'Agricoltura della Provincia di Reggio Calabria. Conclusione in musica con un concerto dal vivo di Fabio Macagnino, presentatosi con il suo nome d'arte “Bioma”, che ha un forte richiamo all'ecologia e alla natura. Macagnino è stato accompagnato nell'esecuzione di alcuni tra i suo brani più belli e noti da Gabriele Albanese ai fiati e Giuseppe Barcella alla chitarra elettrica. Si spera che questo sia il primo passo per realizzare anche nella zona Locride uno o più orti scolastici attraverso il programma Slow Food “orto in condotta”. In una zona dove le scuole chiudono per mancanza di allievi e l'insegnamento è diventato quanto mai difficoltoso e pieno di incertezze, la realizzazione piena di un programma come quello promosso da Slow Food darebbe sicurezza e infonderebbe speranza e voglia di fare. La Redazione

dell'Offerta Formativa, eventuale PEI (Piano Educativo Individualizzato) e schema delle attività che la scuola avrebbe programmato per la figlia, specificando che Francesca è "un soggetto in condizioni di gravità che necessita di spazi e strumenti adeguati alla sua patologia e, inoltre, di un piano di studi diversificato per tempi, contenuti e metodologia". Questa la risposta asettica del dirigente: "In riferimento alla sua richiesta si fa presente che troverà tutte le risposte al nostro sito...". Aveva ragione Vito: c'è solo da rabbrividire. Tra l'altro al sito a cui il dirigente l'ha gentilmente rimandato, Vito non ha trovato alcuna risposta sulle attività e l'inclusione di un alunno affetto da autismo. Il disabile continua a essere un impiccio, una seccatura, un problema che viene affrontato asetticamente. "È intollerabile - dichiara l'onorevole Dieni del M5S in seguito alla denuncia dell'Associazione ADDA sulle carenze riscontrate in diversi istituti - che nel 2015 i bambini disabili debbano ancora sopportare la scarsa capacità, da parte di alcune scuole, di garantire loro un'offerta formativa e infrastrutturale che tenga conto delle loro peculiarità". Per tale motivo ha annunciato che quanto prima condurrà personalmente un'ispezione nelle scuole calabresi. È più che mai necessario superare quella concezione malsana del "bambino problematico che disturba" e pensare alla disabilità come un'occasione per i normodotati di sfruttare il proprio ingegno per inventarsi un mondo adattabile. Perchè sebbene il disabile possa avere dei limiti, i più limitati nella maggior parte dei casi si dimostrano i normodotati. E nulla si può fare per rimediare alla carenza di buon senso. Maria Giovanna Cogliandro

Vogliamo esaltare quelle vie che apparentemente non hanno un grande valore se non il prestigio di far parte del centro storico del paese.

Una passeggiata all'interno del centro storico di Gioiosa Un luogo assai suggestivo dell'entroterra calabrese, il centro storico di Gioiosa Ionica di epoca Medievale, vanta numerose vie che partono dal corso Cavour fino ad arrivare in una ampia zona collinare chiamata “Chiusa”. Ad esempio, pochi sono al corrente che questa zona è stata costruita interamente su una rupe rocciosa. Dalla piazza del paese guardando verso la Chiesa Matrice si possono ammirare le case adiacenti che sembrano fabbricate una sopra l'altra, creando una immagine natalizia di questo incantevole borgo, che dona l'impressione di un presepe per tutti coloro che osservano. Conosciamo tutti il Castello, il Palazzo Amaduri, le Chiese, le scale di Barletta, tutti di notevole interesse turistico per tutto ciò che rappresentano ma ciò che io voglio esaltare sono quelle vie che apparentemente non hanno un grande valore se non il prestigio di far parte del centro storico del paese. Mi riferisco alla via Silvio Pellico, alla via Belcastro che s'innesta con la via Settembrini; o ancora vico Conte Verde, vico san Martino e tutte le altre alle spalle di queste. La parte più antica del nostro paese, è un intreccio di lunghe vie e angusti vicoli che ne delineano l'identità. Costituiscono la testimonianza concreta della complessità culturale, delle stratificazioni insediative e dei cambiamenti sociali che lì si sono prodotti e sedimentati. Il nostro centro storico possiede qualità diverse, ma sono tutte ricche di tracce del passato, della storia del luogo, delle vite degli uomini e della gente che, in esso vivono o hanno vissuto. Il borgho di antico fascino ed estenuante bellezza, le caratteristiche botteghe artigianali, le dimore storiche, gli edifici, simbolo del potere civile e religioso, sono un richiamo alle origini. Il nostro paese è fatto di persone che hanno lasciato le loro impronte e che, tutt'oggi percorrendo queste strade ci raccontano una storia piena di vita e sentimento. Katia Candido


RIVIERA

Siderno è troppo piccola per tutti e due!!! I fratelli Michele e Angelo Macrì si sono dovuti incontrare a New York per stare assieme. Per riunire i due, evidentemente, una buona arancia meraviglia non era sufficiente, ma serviva… una grande mela!

Reggio Blues. La città è sdraiata sulla riva dello Stretto come una mondana ottocentesca, sem-

pre in attesa di nuovi padroni, indolente e smorfiosa, mascherando ricordi di tempi eroici dietro moine artefatte e false riscosse utili solo a tenerla viva. La natura si schiera con essa, ed è insieme gioia e condanna, un perpetuo rinnovarsi d’odio e amore, la trappola magnetica per i gonzi e i romantici, la solitudine della bellezza traviata.

Un animale con la S…

Orizzonti di pane

Calabresi pensierosi Bombardate Bombardieri!

Tony Bellamina descrive così questo immortale scatto fatto assieme al famoso posteggiatore de La Gru: “Io insieme a Gionni Dep e Maicol Daglas quando eravamo Marins nella 13th Brait Star - Saimer Crik”

Sgrò! Celebre personaggio sidernese in una foto di ormai qualche annetto fa, quando, grazie allo splendore delle sue forme sinuose, poteva concedersi di fare il divo da spiaggia nelle giornate di calura!

Il grande giorno di Peppe

Il sindaco Salvatore Fuda non è troppo contento delle notizie che sta leggendo su Riviera, che lo rendono un calabrese pensieroso mentre attende l'avvio dell'assemblea al fianco di un Calabrese pensieroso.

Una tigre al professionale

Capogruppo d'eccellenza Bombardieri si è presentato per il PD senza esservi iscritto. Siamo sicuri che stesse cercando di spiegare la sua posizione al piddino Mimmo Bova mentre Fuda, poco dietro, tendeva l'orecchio divertito.

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Rettifica Blob 09 del 01/03/2015 Con il senatore Pietro Fuda e il suo mentore Mimmo Panetta. Giovedì 5 Marzo, mentre la Juve veniva bastonata di brutto dalla Fiorentina, Peppe Venuto festeggiava al centro polifunzionale il suo 41esimo compleanno al grido Pietro Fuda sindaco, Panetta premier, ovvero: Siderno, cogli il segno del cambiamento.

Chiediamo scusa all’avvocato Natale Gelonese per averlo confuso la scorsa settimana con un amico dell’avvocato Fiato e precisiamo che lo stesso ha rispetto a loro un diverso orientamento politico.

Lo stratega il braccio e la mente di una scuola che sforna occupazione, immortalati con una misteriosa apparecchiatura che salverà la città! O le voci di una tigre che si aggira per Siderno è vera?!

Un volo della... Madonna! Alle porte dei cinquantasette anni, Veronica Ciccone, in arte Madonna, non si decide a smettere di esibirsi. L'età, tuttavia, comincia a farsi sentire, come dimostra questa rovinosa caduta dal palco!

Ecco in esclusiva la prima foto dei due nuovi capogruppo del consiglio comunale di Palizzi! Non deve stupire che siano stati scelti con tanto consenso, come resistere allo slogan: “Più biada per tutti”?

Calabresi lontani da casa La Città Eterna è meta privilegiata del turismo nazionale e internazionale e, ovviamente, ogni calabrese che si rispetti conosce bene le meraviglie della Capitale, anche se l'ha visitata solo per un caffè.


SETTIMANALE

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Leporace, “uomo libero” Il direttore della “filming commission” Paride Leporace ha avuto l'onore di parlare con Morgan Freeman e snocciolargli le produzioni che hanno avuto come panorama gentilmente offerto dalla Basilicata.

Gustando Fausto Antonella Sotira, presidente dell'Associazione Ius Gustando, abbraccia Fausto Bertinotti facendo così gli onori di casa durante una cena di gala. Il vino era già finito. Speriamo lo fosse anche il pasto!

Auguri, Rosa! Tassone ispira Muià

Virgilio Condarcuri, Enzo Pedullà, Peppino Ricupero, Bellamina e Peppe Reale in una foto storica, che li ritrae durante la grande manifestazione del 16 aprile 1978, oggi custodita nell'archivio fotografico del Professor Francesco Modafferi e gentilmente donata alla pagina di Gioiosa Jonica dal figlio Sandro.

Una Doris di Mediolanum Un agente Mediolanum di zona si concede una foto con il suo idolo Sara Doris, figlia del fondatore Ennio. La sua esperienza non sarà stata mistica, ma veramente poco ci è mancato, non lo notate?!

Nella tana dei Lupis Sono due rispettabili Domenico e un Sergio i Lupis ritratti in questa foto. Guardateli, cari sidernesi, è cosa rara trovare in due avvocati e in un notaio cotanta, fortunata, allegria in un solo scatto!

Renato Audino conquista con la sua canoa il Lago Candia I migliori auguri di buon compleanno alla bella Rosa, che raggiunge gli 85 anni circondata dall'affetto di figli e nipoti, che ci tengono a comunicare attraverso il nostro giornale la propria gioia!

Chiacchiere da amministratori Il sindaco Rocco Luglio confabula con Giuseppe Fontana durante una riunione al svoltasi al comune di Siderno. Che non si rivelino particolari scottanti, però. Gianluca Albanese è in agguato sullo sfondo!

Vincenzo Muià, artista locale di conclamata fama, cerca di esprimere al meglio il proprio estro facendosi ispirare dalla vicinanza di Francesco Tassone, autore del saggio new age Ecologia dell'essere.

Allegria, amici e compagnia… Angelo Letizia ci invia questa meravigliosa foto di gruppo. Allegria, amici e compagnia sembrano essere le parole d'ordine, a Mirto, dove si brinda con l'acqua ma si suona ottima musica tradizionale!

Da Torino al Delta del Po. Seicento chilometri in canoa. Era il 2014. Poi il ritorno nel mar Jonio sidernese. Allenamento duro tutte le mattine, vasche e vasche, con la fronte dritta sulla grande boa d'oriente che annunciava l'alba del sud. Fatica, sudore e sveglia mattutina pagano sempre. Renato Audino a Settembre è tornato in Piemonte e nel campionato regionale di canoa che si è svolto su 5000 metri tra le sponde del lago Candia è salito sul gradino più alto del podio. Medaglia d'oro, baffi e capelli bianchi. Congratulazione da parte della redazione.

Verso i Gates di Microsoft! Da giovedì 5 marzo la Calabria vanta un nuovo, eccellente, ingegnere informatico! Le qualità del nostro Stefano saranno sicuramente messe al servizio del futuro, nella sempre dichiarata simpatia che lo muove verso Bill Gates… Congratulazioni al neo dottore Carnà da parte di tutta la famiglia.

Il traguardo di Pasquale E sono ben 95! Grande nonno Pasquale, raggiunge questa veneranda età al fianco della sua amata Jole, anche lei giunta a un rispettabile traguardo lo scorso 6 gennaio, quando ha festeggiato 94 anni! I più cari auguri da tutta la redazione di Riviera!

Costa & lungomare I commissari di Siderno Francesco Tarricone ed Eugenio Pitaro mentre sono a colloquio con il presidente del Consorzio di Bonifica Arturo Costa. Che si parlasse con lui proprio di costa e lungomare?



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