Riviera nº 15 del 8/04/2018

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IN BREVE

la vetrina

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Il Parco dell'Aspromonte è in gara per il riconoscimento mondiale di Geoparco Unesco, unica candidatura italiana. Un'opportunità preziosa per far conoscere al mondo uno scenario botanico di estrema bellezza elevando l’Aspromonte a vessillo positivo della Calabria.

L'Aspromonte liberato MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Monsignor Morosini: «Da sempre certa letteratura giornalistica, disconoscendone la reale identità, ha voluto sbrigativamente dipingere solo le sfumature negative dell'Aspromonte. Oggi una periferia della periferie del mondo può essere un patrimonio della collettività».

C’è un luogo di cui tutti parlano, immenso, selvaggio, impenetrabile. La montagna dell’incubo, la terra in cui germoglia l’ignoto. Il solo suono del suo nome rievoca e comodamente e goffamente sintetizza l’immagine stessa della ‘ndrangheta. È l’Aspromonte, un nome che torna e ritorna da decenni nelle storie e nella cronache, anche di chi non lo ha mai conosciuto fino in fondo. Negli anni ‘80 tra i suoi boschi labirintici e misteriosi si poteva sparire, per sempre. Racconti che ancora oggi continuano a essere galoppati dalla fantasia, specie quella più sleale. Un’antologia del crimine che negli anni ha sequestrato l’Aspromonte senza chiedere un riscatto. E insieme all’Aspromonte, anche la piccola gente rovinosamente rassegnata, dominata dal senso della sconfitta insieme alla presunzione della colpa. Eppure sembra tirare un’aria nuova tra le fronde dei castagni e delle querce dell’Aspromonte, tra i faggi e i pini, e gli immensi prati di felce. Il Parco dell’Aspromonte è in gara per il riconoscimento mondiale di Geoparco Unesco, unica candidatura italiana dopo aver “stracciato”, nella fase preliminari, aree protette blasonate come il Parco del Gran Sasso e della Majella. Un’opportunità preziosa per far conoscere al mondo uno scenario botanico di estrema bellezza. Si riparte dall’Aspromonte, dunque, un luogo che «certa letteratura giornalistica, disconoscendone la reale identità – ha dichiarato monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace – ne ha voluto sbrigativamente dipingere solo le sfumature negative». Fare dell’Aspromonte il simbolo della bellezza autentica vuol dire sfiancare il “mito” della ‘ndrangheta – che negli anni avrebbe trovato

dimora tra le sue cime e le sue radici – liberandolo da quel macigno che ne ha offuscato la vera essenza. Sanità tra i cittadini dell’Aspromonte; un’umanità operosa e creativa, che merita di avere restituita una dignità destituita da una storia sorda al grido del debole. Una periferia della periferie del mondo – conclude l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova – può essere un patrimonio della collettività. Bisogna sostenere con coraggio questo percorso perché trovando un simbolo di cui andare orgogliosi, come potrebbe essere il Geoparco dell’Unesco in Aspromonte, probabilmente alcuni giovani, già con la valigia in mano, potrebbero pensare di restare nel territorio calabrese per potersi misurare con le sfide dell’oggi partendo proprio dalla risorse naturali di una Calabria bella, ritrovata e liberata». Un’attenzione e un tifo per la nostra montagna che un decennio fa riservò anche Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, allora vescovo di Locri-Gerace. Bregantini, in particolare, raccomandò di tenere sempre ben intrecciati il mare e la montagna, le due anime della realtà calabrese. “Ma attento - ammonì non partire dalla marina, ma dalla montagna. Perché li sono le radici vere della gente di Calabria. Nei paesi interni, nelle tradizioni più dense, nelle lagrime più nascoste. Se il bosco è verde, il mare è blu! Il paese antico fonda il paese nuovo. La montagna è la radice. E se la radice è viva, la chioma sarà verdeggiante”. Potrebbe essere giunto il momento di rimediare ai guasti di vecchie sciagure, reali e cavalcate, con cui è stata saccheggiata la nostra montagna con oltraggiosa disinvoltura. E incamminarsi su per questo Aspromonte che sale verso l’ignoto, tormentato da curve e controcurve troppo spesso sospese nel vuoto, ma così instancabilmente affascinante.

Fare dell'Aspromonte il simbolo della bellezza autentica vuol dire sfiancare il “mito” della ‘ndrangheta – che negli anni avrebbe trovato dimora tra le sue cime e le sue radici – liberandolo da quel macigno che ne ha offuscato la vera essenza.


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attualità www.larivieraonline.com

MARINA DI GIOIOSA IONICA

La lastra di eternit di via Cattolica Da un anno giace esanime, in totale abbandono, in via Cattolica, a Marina di Gioiosa. A un passo dal centro, senza la benché minima misura atta a prevenire la contaminazione del suolo e dell'aria, la lastra di eternit ha trovato ben presto la compagnia di pneumatici abbandonati impunemente nel posto sbagliato. Esposta com'è alle intemperie, nel giro di un anno la lastra si è naturalmente frantumata, rilasciando polveri che il vento trasporta anche per lunghe distanze. La polvere di amianto, se inalata, può causare gravi malattie polmonari, e altissimo è il rischio cancro. Nonostante le segnalazioni di alcuni cittadini, ad oggi nulla è stato fatto. Chiediamo, quindi, alla triade commissariale di aggiungere alla lista degli interventi di massima urgenza lo smaltimento della lastra di via Cattolica o quantomeno, nell'immediato, la messa in sicurezza mediante teli di plastica per evitare che le polveri altamente nocive si disperdano.

MAMMOLA

IN BREVE

Hiske Maas lascia per sempre il Musaba... ma è un pesce d'Aprile

Si è fatta fotografare davanti al Concetto Universale, con tanto di trolley e quadro sotto braccio dichiarando che la sua pazienza è finita. La sera del 31 marzo Hiske Maas ha pubblicato il post sul profilo facebook del MuSaBa annunciando la sua partenza per Amsterdam presso lo Stedelijk Museum. Con lei avrebbe portato la Collezione di Arte Visive del Musaba che sarebbe stata destinata a chi avrebbe saputo valorizzarla e apprezzarla. "Lo aveva anticipato da tempo - si legge nel post - ma nessuno sembra aver compreso quale sarà la perdita". Non avendo, perciò, altra scelta, Hiske avrebbe lasciato il compagno di una vita, Nik Spatari, e i suoi amici animali disperati. Dopo una sfilza di commenti da parte di utenti sconfortati e inconsolabili, il giorno successivo viene pubblicato una nuova foto, che stavolta ritrae il governatore Mario Oliverio che supplica Hiske di tornare indietro, aggiun-

Arrestato il boss Giuseppe Pelle: deve scontare una pena residua di 2 anni Il boss Giuseppe Pelle, considerato capo strategico e membro dei vertici della 'ndrangheta, è stato arrestato dalla polizia in un blitz scattato nella notte a Condofuri. Pelle era nascosto in una abitazione isolata in una zona impervia alle porte del paese. Al blitz hanno partecipato 50 uomini della squadra

mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della Polizia, coordinati dalla Dda reggina. I poliziotti hanno scovato il boss in un’abitazione isolata in una contrada impervia nell'entroterra. Quando è scattato il blitz, all'interno della casa c'erano oltre al boss altre persone. Nessuno di loro ha opposto resistenza. Pelle, 58 anni e latitante dal 2016, è considerato dagli inquirenti elemento di spicco delle cosche di San Luca e facente parte della Provincia, uno degli organi di vertice della 'Ndrangheta. Deve scontare una pena residua definitiva di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa e tentata estorsione, condizione che ci fa domandare come mai, allora, il boss fosse stato rilasciato in precedenza…

gendo: "Ti prometto che nei prossimi giorni il Consiglio Regionale delibererà un congruo contributo - grazie ai Fondi Patto per la Calabria - per il completamento del Musaba cos da poter ospitare l'intera collezione". Poco dopo si scopre che si tratta dell'ennesimo Pesce d'Aprile messo a segno da Hiske e a cui hanno creduto in tantissimi. Uno scherzo che è stato apprezzato dallo stesso governatore che così commenta: "Vedo che la creatività di Hiske è davvero illimitata. Inventa partenze e suppliche di ritorno, coinvolgendo le Istituzioni, con tanto di fotomontaggio, per renderle ancora più credibili. Si vede che si è auto regalata un pesce d'aprile. D'altronde, lo scorso anno, se n'è regalata uno ancora più importante con foto del Re d'Olanda. Hiske, lo confesso, mi è proprio simpatica ed è per questo che le voglio bene".



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ella tarda serata di giovedì, a poco meno di 48 ore dall’inaugurazione dell’importante presidio culturale, erano arrivati a Palazzo Nieddu del Rio meno del 50% dei reperti previsti dal progetto scientifico curato dalla dott.ssa Rossella Agostino e dalla dott.ssa Maria Maddalena Sica, oggetti fino ad oggi custoditi nello “scantinato” del Museo Nazionale di Reggio Calabria. Cosa ancor più grave è che i reperti sono stati inviati con la particolare formula del “prestito a tempo”: infatti gli stessi, secondo il Direttore del Museo di Reggio Calabria, dovranno far ritorno a Reggio entro il 2020. Di fronte a tale atteggiamento che mortifica l’intera collettività, è esplosa la rabbia del Sindaco di Locri, dott. Giovanni Calabrese, il quale senza mezzi termini ha puntato il dito contro il Direttore Malacrino, che si è dimostrato ancora una volta inadeguato nell’importante ruolo che riveste, infangando la storia antica di Locri, ma soprattutto umiliando l’intera collettività di Locri e della Locride. Il Sindaco di Locri, che con nota nº8342/2018, ha immediatamente inviato una lettera al Segretario Generale del Ministero dei Beni Culturali, arch. Carla Di Francesco, e al Direttore Generale Musei, dott. Antonio Lampis, manifestando il proprio disappunto per quanto accaduto e chiedendo la rimozione immediata dall’incarico del dott. Malacrino, stante l’incapacità dello stesso emersa già in precedenza e confermata purtroppo in questa occasione, che rappresenta una svolta storica per l’intero territorio

IN BREVE Il Museo di Palazzo Nieddu è aperto, ma con meno della metà dei reperti promessi e la richiesta, da parte del MArRC, di avere i pezzi indietro nel 2020. Calabrese, furioso, considera l’atteggiamento del direttore del museo come un’offesa diretta a Locri.

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Nonostante l’infinita lista di ritardi e intoppi, nella giornata di ieri è stato finalmente inaugurato il nuovo Polo Museale di Palazzo Nieddu del Rio, a Locri che, tuttavia, mostra in vetrina meno del 50% dei reperti che erano stati promessi dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Giovanni Calabrese gioisce per il risultato ottenuto ma chiede al Ministero dei Beni Culturali che Malacrino venga rimosso dall’incarico.

GIOVANNI CALABRESE

Il Museo di Palazzo Nieddu inaugurato a metà offende i locresi della Locride. Così il Sindaco Calabrese: «Prendiamo atto dell’inadeguatezza del dott. Malacrino e per questo ne ho chiesta l’immediata rimozione. In ogni caso, indipendentemente dall’arroganza del Direttore Malacrino, anche con alcune vetrine rimaste vuote, il Museo di Palazzo Nieddu ha visto ugualmente il taglio del nastro, ed è stato in ogni caso un giorno di festa per Locri e la Locride. A tal fine mi preme ringraziare i giovani architetti locresi Francesco Tropepe e Mike Brugnano, che hanno collaborato al design, sotto l’importante regia dell’architetto Vitetta. Un particolare ringraziamento alla dott.ssa Angela Acordon, Direttore del Polo Museale della Calabria, che ha sostenuto il progetto del Museo a Palazzo Nieddu senza mai

tentennare davanti alle indecisioni altrui». Infine per il Sindaco di Locri, la formula del “prestito a tempo” è evidentemente una soluzione sbagliata, in quanto i reperti collocati oggi a Palazzo Nieddu, hanno fatto un viaggio di definitivo “ritorno” a Locri, che rappresenta la sede naturale rispetto alla loro appartenenza, ritenendo inaccettabile che i reperti locresi continuino ad essere custoditi ancora oggi a Reggio Calabria e non a Locri. A tal fine lo stesso Sindaco Calabrese si adopererà affinché tutti i reperti dell’antica Locri possano far ritorno a casa, con l’obiettivo di valorizzare lo sviluppo turistico - culturale dell’intero comprensorio. Ufficio Stampa Città di Locri

Scopelliti è in carcere ma io non gioisco Giuseppe Scopelliti, già sindaco di Reggio e governatore della Calabria, è stato arrestato. Dovrà scontare una pena di 4 anni e 7 mesi per falso in atto pubblico. Quando viaggiava imponente, forte e scortato, io ero presidente del comitato dei sindaci della Locride. Insieme ad altri l’ho politicamente lottato con determinazione e fermezza. Basterebbe consultare i giornali dell’epoca per capire il livello dello scontro. Non ho mai avuto con Lui altra frequentazioni se

non quella strettamente istituzionale. Oggi che Scopelliti si trova in carcere, non gioisco! Ogni sconfitta umana ci appartiene. Ogni “pena” ci rattrista. In questo caso c’è stato un regolare processo. Nessun arresto preventivo, nessuna giustizia sommaria. Ma quando un Uomo, chiunque Egli sia, "cade" anche sulle proprie colpe, gioire è da vili. Soprattutto quando si è stati cortigiani! Ilario Ammendolia


Giovedì scorso due operai sono morti e uno è rimasto ferito in un incidente sul lavoro avvenuto a Crotone. I tre sono stati travolti dal crollo di un muro di contenimento.

La vita umana è sacra Dall'inizio dell'anno sono 153 i morti sul lavoro in Italia. Una media di quasi due al giorno. Eppure le “scorte” assegnate alle autorità costano molto di più della tutela nei cantieri di lavoro. Quando una vita umana è minacciata non ci può essere alcuna questione di soldi. Bisogna tutelarla chiunque sia a rischio e a qualsiasi prezzo! Vale per il prefetto come per l’operaio. Per il magistrato come per il trattorista. Per il ministro come per il muratore.

ILARIO AMMENDOLIA successo a Crotone: sono morti contemporaneamente un italiano e un immigrato. Qualcuno dovrebbe spiegare ai diffamatori di professione, ai diffusori di paura e di terrore che l’operaio immigrato non era venuto in Italia a “rubare” e a stuprare ma ha trovato la morte sul cantiere di lavoro, esattamente come può succedere agli operai italiani. Sepolti dal cemento mentre tentavano di guadagnarsi il pane col sudore della fronte. Nel momento in cui scriviamo, il terzo operaio coinvolto sta lottando tra la vita e la morte in un ospedale. Il giorno di Pasqua altri due dipendenti sono morti per lo scoppio di un caldaia in una fabbrica di mangime in provincia di Bergamo. Quanti sono i morti sul lavoro dall’inizio dell’anno? 153. Una media di quasi due al giorno. Poco più di mille l’anno scorso! Tredicimila in dieci anni! Quasi quanto i caduti nella guerra arabo-israeliana che tiene il mondo civile con il fiato sospeso. Quando ero ragazzo ho visto per la prima volta in vita mia, adagiato e dolorante su una scala di legno usata come barella, un mio compaesano mentre lo portavano dal medico. Credo che avesse una famiglia molto numerosa. Aveva acceso la miccia per far saltare un masso ma una scheggia lo aveva colpito allo stomaco, uccidendolo. E da allora ne ricordo molti di morti sul lavoro. Qualcuno caduto dall’impalcatura, altri sepolti in un fosso, altri mentre guidavano il trattore o la ruspa. In particolare ricordo tre miei conoscenti morti contemporaneamente in Svizzera. Due di loro erano padre e figlio: Domenico e Vincenzo Sorgiovanni. Li facevano viaggiare sui carrelli del materiale inerte. Immigrati calabresi, roba di poco valore, forza lavoro grezza, pulviscolo invisibile che non lascia traccia. Così ci trattavano i “civilissimi” imprenditori svizzeri. Ricevemmo le loro bare nel “salone” municipale. Allora la politica aveva un altro sapore e un diverso profumo e si alimentava da una fiammella che ci consumava dentro. Non dimenticherò mai l’intensità di sentimenti in una calda riunione di consiglio comunale dedicata a quelle persone che erano partiti da una sperduta frazione di montagna per sfuggire la miseria e venivano restituite alle loro famiglie e al loro paese in tre bare sigillate. Eravamo nel clima teso del '68. Si combatteva uno scontro politico, ideale e culturale con coloro che si attardavano a considerare le morti sul lavoro dei fatti naturali, quasi un volere di un’Entità soprannaturale che la nostra gente chiamava “Destino”. Noi invece consideravamo gli “omicidi bianchi” frutto di una concezione sbagliata della vita , dello sfruttamento sugli esseri umani, della volontà cinica di chi considerava il denaro più importante della esistenza umana. Non so quanti di voi ricorderanno la bella canzone di Anna Identici: “Era stanco il mio ragazzo in quel letto di ospedale ma mi disse: non fa niente, solo un piccolo incidente. Quando si lavora sodo non c'è tempo da but-

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tare. Non puoi metter troppa cura per far su l'impalcatura. Era bello il mio ragazzo col vestito della festa. L'ho sentito tutto mio, mentre gli dicevo addio…”. Riascoltatela! Probabilmente qualcuno di voi la riterrà “datata” ma quei versi sono di un'attualità e di un'intensità straordinaria. Con il '68, e “l’autunno caldo” furono firmati nuovi contratti di lavoro. Furono approvati nuove norme di sicurezza grazie alle quali le morti sul lavoro incominciarono, sia pur lentamente, a diminuire rispetto agli occupati. Il '68 fu anche questo! Sono passati 50 anni. Oggi una folata di vento inumano e reazionario si abbatte senza posa su molte delle conquiste di allora. In nome della “modernità”, di una presunta abbondanza, del libero mercato si stanno distruggendo i diritti degli ultimi, lo Stato sociale, le garanzie costituzionali. Alla fine della giostra i forti saranno più forti e i deboli più deboli. E ancora una volta saranno i “deboli” a costruirsi le norme e le forche che verranno utilizzate a loro danno. In fondo è la storia a insegnarci che fu la “plebe” romana a uccidere i Gracchi. L’aumento sconsiderato delle morti sul lavoro è la manifestazione di quale modello di società si intende costruire. Non per tutti! Solo per esempio, credo che in Calabria le “scorte” assegnate alle autorità costino molto di più che la tutela nei cantieri di lavoro. Sottolineo: quando una vita umana è minacciata non ci può essere alcuna questione di soldi. Bisogna tutelarla chiunque sia a rischio e a qualsiasi prezzo! Vale per il prefetto come per l’operaio. Per il magistrato come per il trattorista. Per il ministro come per il muratore. Nella Costituzione è scritto “La vita umana è sacra”! Saremo “antichi”, “superati”, e "vecchi” ma continuiamo a considerarla tale.

Una folata di vento inumano si sta abbattendo senza posa su molte delle conquiste a favore dei lavoratori ottenute nel clima effervescente del '68. In nome della “modernità”, di una presunta abbondanza, del libero mercato si stanno distruggendo i diritti degli ultimi, lo Stato sociale, le garanzie costituzionali.


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LA SETTIMANA

intervista www.larivieraonline.com

A contendersi la guida del Comune di Gioiosa Ionica, insieme a Salvatore Fuda, ci saranno Domenico Loccisano, con una lista di centro-destra e Tito Greco, con una lista frutto dell’alleanza fra il PD gioiosano e il neonato gruppo civico di “Idee in Movimento”.

Salvatore Fuda: "In 5 anni abbiamo dimostrato il coraggio di cambiare" Dopo 5 anni di amministrazione, la Giunta Fuda riconsegna una Gioiosa Ionica più consapevole, più responsabile e più forte. "Non abbiamo fatto tutto quello che volevamo dichiara il primo cittadino - ma in questi anni abbiamo lavorato sodo, con umiltà e determinazione, coesi e in armonia. Siamo disponibili a continuare a la nostra attività politica al servizio della comunità e pensiamo di avere le carte in regola per chiedere nuovamente la fiducia ai cittadini".

"Ci sono stati momenti di amarezza e sconforto pesanti, ma lavorare e vedere nascere scuole nuove per i nostri ragazzi, andare al centro di raccolta realizzato dal nulla, vedere la sera i mastelli della raccolta differenziata vicino alle abitazioni, condividere la soddisfazione degli operai alla fine di un lavoro mi hanno riempito e mi riempiono la vita".

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Dal primo giorno del suo insediamento ha brandito il suo “non accetto” e con impegno fattivo e instancabile ha reso Gioiosa Ionica protagonista di una radicale e incessante trasformazione. Ma c’è ancora tanto da fare per far crescere il paese di San Rocco ed è per questo che lo scorso 11 marzo il sindaco Salvatore Fuda ha rilanciato la propria candidatura in vista delle elezioni amministrative di maggio. Ha allargato l’esperienza di Riace alla sua Gioiosa e di questo farà un punto di forza alle prossime elezioni. Pensa che in questi 5 anni siano state eliminate quelle sacche di resistenza culturale all’accoglienza? L’esperienza dell’accoglienza ha fatto crescere la mia comunità. Di fronte al fenomeno globale delle migrazioni abbiamo deciso di fare la nostra parte, come lo hanno fatto tanti altri comuni in Italia e nella Locride. La multiculturalità della nostra società è un fatto con il quale la politica deve necessariamente misurarsi. Lo può fare in due modi: o chiudendosi, alimentando le paure, i timori, gli odi e conseguentemente i conflitti sociali costruendo una comunità divisa, oppure attivando e sperimentando processi di integrazione di medio lungo periodo che contribuiscono alla costruzione di una comunità più coesa. Noi abbiamo scelto la seconda modalità di approccio, e lo abbiamo fatto seguendo la traccia contenuta nella Costituzione repubblicana. L’attivazione del progetto SPRAR è uno strumento pratico per costruire percorsi di integrazione. Non basta ovviamente da solo, ma attraverso la sua attivazione a Gioiosa abbiamo potuto vivere esperienze belle e straordinarie. Tutto questo ha fatto diventare Gioiosa un paese più ricco. Una ricchezza sia materiale, grazie alle ricadute in termini microeconomici dovute al fatto che il Ministero dell’Interno riconosce un contributo di circa un milione di euro all’anno per il progetto, ma soprattutto immateriale: vedere le persone vivere le diversità con meno paure penso sia l’arricchimento più grande per una comunità. Gli episodi che più l’hanno segnata in questi 5 anni? Quella di fare il Sindaco del mio paese è stata un’esperienza totalizzante. Ho dato tutto me stesso con passione e spirito di sacrificio per servire la mia comunità, e ho avuto la fortuna di essere accompagnato da persone straordinarie, che non si sono risparmiate. Mi riferisco ovviamente alla mia Giunta e ai consiglieri comunali, ma anche ai dipendenti comunali, alle Associazioni e ai tanti che in questi cinque anni hanno “tirato” senza mai arretrare di un millimetro. Un cenno a parte merita la mia famiglia, che ha saputo accompagnarmi in questa esperienza di amministratore, caricandosi la sua parte di fatiche e di rinunce. Sono tanti gli episodi che mi hanno segnato, nel bene e nel male. Ci sono stati momenti di amarezza e sconforto pesanti, ma lavorare e vedere nascere scuole nuove per i nostri ragazzi, andare al centro di raccolta realizzato dal nulla, vedere la sera i mastelli della raccolta differenziata vicino alle abitazioni, condividere la soddisfazione degli operai alla fine di un lavoro, ritrovarsi la mattina del lunedì dopo San Rocco con lo stesso caffè e lo stesso cornetto per tutti e con la gioia di riconsegnare un paese pulito dopo che la sera prima migliaia di persone avevano riempito ogni via e ogni piazza mi hanno riempito e mi riempiono la vita. Le urgenze che ha oggi Gioiosa Ionica? Oggi Gioiosa ha l’urgenza di continuare alcuni percorsi importanti già intrapresi, che vanno seguiti con attenzione e contezza. Penso al completamento del sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta chiedendo gli investimenti del contributo di 380.000 euro già ottenuto, penso alla programmazione degli investimenti sulla depurazione per Sant’Antonio e Prisdarello che valgono 1.400.000 euro, penso alla demolizione e ricostruzione della scuola Gramsci per 800.000 euro, penso al completamento del campo sportivo con la realizzazione delle tribune (dopo aver già realizzato il manto e recuperato l’investimento per la demolizione e ricostruzione degli spogliatoi), penso alla necessità di accompagnare in modo efficace i lavori di realizzazione del nuovo liceo (che conosce una fase di assoluta crescita delle iscrizioni, dopo l’avvio dell’indirizzo sportivo), penso alla realizzazione di un piccolo palazzetto dello sport polivalente a favore del grande movimento sportivo attualmente in atto a Gioiosa, penso alla sottoscrizione della convenzione con la Città Metropolitana per la valorizzazione del Naniglio già reso fruibile con un impegno diretto del Comune. Insieme a Caterina Belcastro rappresenta la Locride all’interno della Città Metropolitana. Quanto spazio è realmente riservato al nostro territorio nel Consiglio Metropolitano? La Città Metropolitana riserva alla Locride lo spazio che la Locride riesce a prendersi. Penso comunque che molti limiti della Città Metropolitana siano limiti legati alla sua stessa natura. Essa è figlia di una legge che nasce in un’epoca dove bisogna dimostrare di tagliare i costi della politica: ma l’ansia di tagliare i costi della politica ha finito col tagliare la democrazia. Sembra aver perso la sua verve iniziale l’Unione dei Comuni della Valle del Torbido. Come mai è uscita lentamente di scena? L’Unione è uno strumento utile allo sviluppo della Valle e, anche se innegabilmente ha subito un rallentamento, ciò non vuol dire che sia completamente uscita di scena. Serve un po’ più di coraggio e di determinazione nell’attuare la volontà politica di associare i servizi. Serve un’occasione, un “pretesto” per rilanciarla. Oggi questa occa-

sione e questo pretesto c’è ed è rappresentato dal contributo per la raccolta differenziata, ottenuto proprio dall’Unione, pari a poco meno di 400.000 euro. Tale circostanza richiede necessariamente l’implementazione e il rafforzamento dell’apparato burocratico dell’Unione, sia per realizzare gli investimenti che per gestire il servizio, e i comuni saranno “costretti” a dover staccare il personale necessario. L’Unione è un processo di medio lungo periodo, questo lo sapevamo. Grande Gioiosa. La discussione sulla fusione dei due comuni a che punto è? Penso che sia un dibattito interessante, che è nato e deve essere alimentato dal basso. Gioiosa era un unico comune, e nei fatti oggi più di ieri, l’assetto urbanistico di entrambi i comuni opera una fusione di fatto. L’Unione penso possa essere ancora una buona palestra per sperimentare processi di accorpamento dei comuni di tutta la Valle, vera e unica “porta” della Locride. Cosa pensa dello scioglimento del Comune di Marina di Gioiosa? Penso che per una comunità subire uno scioglimento per mafia sia un danno enorme. Che Marina si trovi in questa situazione per la seconda volta in poco tempo non può che dispiacere. Il Comune è un pezzo fondamentale dello Stato e, insieme agli altri organi dello Stato, deve contribuire con atti concreti nell’ambito delle sue competenze al contrasto delle mafie e alla costruzione di una cultura che rifiuti la violenza criminale e mafiosa. C’è un dibattito aperto da molto tempo sull’efficacia delle norme che regolamentano l’accesso e lo scioglimento dei comuni. Varrebbe la pena approfondire alcuni aspetti, non tanto per mettere in discussione lo strumento, quando per migliorarlo nell’ottica di un principio generale di efficacia e garanzia contenuto nella Costituzione. Le ultime elezioni politiche hanno visto, a Gioiosa, la coalizione di centrodestra triplicare le preferenze ottenute dal centrosinistra. In vista delle prossime elezioni amministrative, questo risultato non la preoccupa? In questi anni di attività politica ho imparato che ogni elezione ha una sua storia. Non solo personalmente, ma tutto il movimento “Gioiosa Bene Comune” affronta con grande serenità queste elezioni. Non abbiamo fatto tutto quello che volevamo, ma in questi anni abbiamo lavorato sodo, con umiltà e determinazione, coesi e in armonia, ottenendo dei risultati importanti che sono sotto gli occhi di tutti: noi siamo disponibili a continuare a la nostra attività politica al servizio della comunità e pensiamo di avere le carte in regola per chiedere nuovamente la fiducia ai cittadini. Da ex segretario locale di Rifondazione Comunista, secondo lei, qual è la causa dell’eclissi della sinistra? La sinistra italiana a un certo punto ha iniziato a pensare che alcune cose in Europa e nel mondo non potevano essere messe mai più in discussione ma andavano semplicemente governate. Con la rinuncia al cambiamento, la sinistra ha negato se stessa. C’è una sinistra che vive nei territori, che si rivede e si riconosce nella Costituzione repubblicana e antifascista: è la sinistra che piace a me. Che Gioiosa spera di riconsegnare tra 5 anni? Noi dopo cinque anni di amministrazione riconsegniamo un paese più consapevole, più responsabile e più forte, grazie al coraggio di cambiare e di assumere scelte chiare sulla modalità di gestione della cosa pubblica. Abbiamo dato a Gioiosa un profilo riconoscibile, sulla cultura, sulle buone pratiche amministrative, sulle politiche dell’accoglienza, sulle politiche sociali, sui temi della legalità e della partecipazione, gestendo l’Ente in una condizione economicofinanziaria molto difficile e delicata. Oggi stiamo riconsegnando un paese in corsa, proiettato verso il futuro, con tante cose da fare. Fra cinque anni spero di riconsegnare un paese ancora più cresciuto, ma sempre in corsa: un paese capace di andare sempre avanti senza mai lasciare nessuno indietro.

Nel 2017 la Calabria ha ottenuto il poco lusinghiero record di regione con il maggior numero di comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Sono ben 12 le amministrazioni commissariate, 6 nella sola provincia di Reggio (di cui 3 nella Locride), 4 in quella Catanzaro e una ciascuno a Cosenza e Crotone.

Lo scandalo parcelle pazze che travolse l’Amministrazione di Reggio guidata da Scopelliti costerà all’ex governatore della Calabria 4 anni e 7 mesi di reclusione. Scopelliti evita ulteriori 5 mesi per la prescrizione del reato di abuso d’ufficio, ma si è comunque costituito presso il carcere di Arghillà.

Mercoledì mattina, a San Ferdinando, è stato finalmente presentato il piano strategico per la ZES della Calabria, che coinvolgerà i principali le principali aree portuali e aeroportuali della regione, dovrebbe attrarre investimenti e, secondo il governatore Oliverio, creare tra i 7 e il 15mila posti di lavoro.

Non vuole diminuire la frequenza dei morti lungo la strada statale 106. A distanza di pochi mesi dal fatale investimento di Pasquale Sgotto a Locri, all’inizio della settimana un altro cittadino della Locride, il mammolese Antonio Conia è stato investito da due vetture mentre camminava a bordo strada.



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IL PUNTO

C’è gente troppo schiva della realtà…

È passata da poco Pasqua, con il ricordo della passione di Gesù. Nelle chiese, forse in alcune, i venerdì, prima della messa serale, si rivivevano i vari momenti della Via Crucis di nostro Signore. Commentando e cantando lungo le varie stazioni. Ognuno nel proprio cuore sente e rivive il dolore estremo della passione! Qualcuno, riferendosi ai vari dolorosi passaggi, ha proposto, in un tutto, lo straziante cammino di Cristo, verso la morte in croce, con la proiezione del film: La passione. Capolavoro del regista Mel Gibson, la storia è quella nota, ma è l’interpretazione degli attori, che ne fa un vero capolavoro! Il risultato è stato deludente, nessuna partecipazione, con la scusante che il film era violento! Forse il film un po' crudo, ma come si fa a rappresentare la crocefissione di un uomo di trentatré anni, con delicatezza, o dolcemente, se non modificando la storia? Per motivi di correttezza, si è voluto dare uno sguardo all’altro film di Zeffirelli… niente, il paragone non regge assolutamente! Tutta la fede non è stata sufficiente a far superare la visione del momento terribile della crocefissione…e allora Gesù che per salvarci l’ha subita! Ci si dimentica dei ragazzini buttati vivi nei forni crematori dai nazisti, e la ragazza trovata macellata in due valigie… ecco perché accadono queste cose, perché c’è gente così schiva della realtà. Oggi è il momento che si gioca sulla pelle degli italiani tutti. Questo è il punto! Affidare la sorte del popolo, in mani a persone che non hanno mai avuto esperienza di economia politica e politica economica e che s’impuntano a voler per forza comandare! O scegliere conduttori delle sorti dell’economia italiana, uomini, che hanno al loro attivo conduzione di grandi imprese, con decine di dipendenti che vivono e lavorano dignitosamente? Questo è sotto gli occhi di tutti, ma anche qui si preferisce, forse, scegliere profumi e balocchi! Comunque, ci conforta, a Siderno, quanto il nostro Sindaco, Pietro Fuda, ha dichiarato, e cioè gli importanti lavori pubblici già in atto: la riparazione del lungomare, il palazzetto dello sport e tante altre opere d’interesse pubblico. Confidando che tutto si possa realizzare, sia in campo nazionale che nel nostro piccolo, nel migliore dei modi, le sorti del popolo, ora, sono nelle mani del Presidente Mattarella. Brown Jo

IL RICORDO

Gioiosa: scatta l’operazione solidarietà nei confronti di una famiglia che ha perso la casa Spontaneamente si è aperta una catena di solidarietà a Gioiosa ionica per la famiglia Oppedisano - Agostino, che ha perso la propria casa a causa di un devastante incendio. Il rogo si è sviluppato sera della domenica di Pasqua. Nessuno fortunatamente è rimasto ferito, ma le fiamme hanno bruciato il tetto e danneggiato gravemente l'appartamento bruciando tutto quello che si trovava all’interno. L’intera comunità si sta mobilitando in aiuto dei propri concittadini, e lo fa attraverso una raccolta fondi promossa con un fitto passaparola che è rimbalzato su gruppi e pagine Facebook, locandine, dalla parrocchia di San Rocco e da alcuni esercizi

IN RICORDO DI PAOLO LANZAFAME

Sempre sorridente, era l’amico di tutti Paolo aveva particolare ascendenza sui docenti e sugli alunni di sinistra, molti dei quali erano fanatici e invece di studiare agivano da microscopici Che Guevara, il guerrigliero cubano intorno al quale si distendeva un alone quasi leggendario di risonanza mondiale.

Ciao, Fabrizio Ci mancherai tanto Fabrizio. Uomo meraviglioso, onesto, buono, altruista. L’ho conosciuto e abbiamo scambiato qualche parola dopo la fine della trasmissione “Scommettiamo Che”, condotta insieme a Milly Carlucci presso il Teatro delle Vittorie a Roma. Fantastico momento che non dimenticherò mai. Quando si dice “se ne vanno i migliori”, anzi, il migliore sia nel lavoro che nella vita. Faceva molta solidarietà, aiutando e rimanendo al fianco delle persone deboli e sofferenti. Quando hanno realizzato un ospedale a Damasco, capitale della Siria, lui era lì, in prima linea, dove tanti bambini muoiono a causa della guerra. Pochi erano al corrente della sua grandezza d’animo e molti lo hanno scoperto soltanto dopo la sua prematura morte. Per la prima volta ho visto gli italiani uniti il giorno del suo funerale. Piazza del Popolo era stracolma come accade quando muore un grande personaggio. La commozione che ho avvertito in famiglia è stata la stessa provata in tutte le famiglie italiane. Sei stato un grande. Nel tuo lavoro riuscivi a essere l’amico di tutti senza mai andare fuori dalle righe nelle tue trasmissioni pulite. Mai una parolaccia, come invece accade in altri programmi. Avevi un sorriso per tutti e in silenzio te ne sei andato, affrontando la malattia fino all’ultimo con il sorriso. Grandissimo altruista, hai donato il tuo midollo a una bambina oggi divenuta donna grazie a te. Orgoglioso e privilegiato per averti conosciuto di persona. Non ti dimenticherò mai! Ciao Fabrizio. Ufficiale gentiluomo. Giuseppe Belligerante

pubblici del paese, che si sono messi a disposizione quali punti di raccolta per le offerte. Anche la “Scuola Infanzia Elisabetta” ha promosso una raccolta di giochi e vestiti da donare ai bambini dei coniugi Oppedisano-Agostino. L’incendio, oltre a creare gravissimi danni all’abitazione, “ha privato la famiglia anche di tutti gli effetti personali, per questo la comunità ha promosso la raccolta fondi per provvedere alle prime necessità. Per la raccolta di offerte sono stai predisposti appositi contenitori. Gesti che, oltre ad aiutare concretamente, possono essere anche d’incoraggiamento per ripartire.

In ricordo di zio Mimmo Larosa

Ho conosciuto Paolo Lanzafame nell’Istituto Tecnico Commerciale di Siderno dove insegnava ragioneria. Io ero il Preside. Lo nominai mio Vice preside in segno di profonda stima e a garanzia dell’Istituto: Paolo era segretario della locale sezione del Partito socialista, la più importante del Circondario. Egli aveva particolare ascendenza sui docenti e sugli alunni di sinistra, molti dei quali erano fanatici e invece di studiare agivano da microscopici Che Guevara, il guerrigliero cubano intorno al quale si distendeva un alone quasi leggendario di risonanza mondiale. Lo scimmiottavano, strombazzando contro la Scuola, centro, secondo loro, di tutti mali. Era il vuoto fracasso del nulla che turbava la serenità della Scuola. Paolo, da segretario della sezione socialista, riuscì spesso ad ammansirli, ma poi, anche in Lui, per comprensibili e forse autorevoli interventi, prevalse il politico al docente e al vice preside dell’Istituto. Mi confessò onestamente tutto, com’era sua abitudine. Il Che che più mi ha dato fastidio, era un alunno di Caulonia, fissato che Egli era la legge e perciò disobbediva a tutte le disposizioni scolastiche e invitava i compagni a imitarlo. Era armato sempre di megafono. Lo invitai più volte al bar, secondo la mia prassi didattica, grazie all’intervento dei suoi amici, per convincerlo che era intrappolato in un errore assoluto, ma la sua testa era ormai pietrificata. Voleva imitare Che Guevara, ma aveva incarnato, inconsapevolmente il più deludente don Chisciotte della Mancia. Un giorno, in seguito a una grave marachella, fu punito severamente dal Collegio dei professori. Paolo espresse parere contrario e io rimasi dispiaciuto. Et de hoc satis. Lanzafame era un ottimo docente. Le sue lezioni erano brevi, pratiche, accessibili a tutti, e io scherzando le definivo “le pillole di Lanzafame”. Fui più volte presente alle sue lezioni, non per preciso compito scolastico, ma per il desiderio di ascoltarlo e, sebbene la ragioneria non fosse disciplina dei miei studi, pure riuscivo a capire gli argomenti spiegati. E dicevo agli alunni: “Avete un ottimo docente di ragioneria, e se ho capito gli argomenti da Lui spiegati, sono sicuro che voi saprete… insegnarmeli”. Si rivolgeva agli alunni chiamandoli col loro nome. Gli alunni lo stimavano e lo amavano. Ammiravo le sue virtù didattiche e docimologiche, criteri scientifici agli esami e nelle interrogazioni. Lo invidiai come uomo: seguiva l’atarassia di Epicuro e di Epitteto cioè l’eliminazione dall’animo dei turbamenti con l’estremo rigorismo delle loro dottrine e l’indifferentismo o imperturbabilità degli Stoici per

cui l’animo deve rimanere assolutamente impassibile, privo cioè di ogni stato emotivo. E Paolo era sempre sorridente anche quando eventi gravi avrebbero dovuto sconvolgerlo. E io gli ripetevo i versi di Orazio: Crolli il mondo, impavido mi troveranno le rovine. Era un vero umorista, molto conversevole, specie nei conviti dove brillava per il suo appetito pantagruelico. Una volta facemmo una gita, con le alunne della V A, a Canolo Nuova. Portava il fantasioso berretto screziato e variopinto che rendeva simpatiche le sue intelligenti risate. Pranzammo allegramente in un ristorante rinfrescato dagli alberi che sorgevano intorno. Al ritorno ci fermammo un’oretta a Canolo e prendemmo un caffè al primo bar del paese. All’ingresso vi era una carriola; invitai il mio amico a salire sulla carriola, Egli non si fece pregare e io spinsi il carrettino per una ventina di metri. Una ragazza scattò delle foto; un fotografo, su mio invito, eseguì l’ingrandimento e io sul davanti della carriola appiccicai un bollino con la scritta: Nettezza urbana! Due anni fa portai a casa di Paolo la fotografia, formato cartolina. Era presente la gentile e intelligente signora. Ridemmo di cuore. Ma Paolo, non venendo meno alle sue naturali note umoristiche, sornione esclamò: “Ma non è gradevole che un preside faccia da spazzino”. Immediata e fulminante la mia risposta: “Non faccio lo spazzino, ma mi libero della spazzatura della mia scuola”. E continuammo a ridere. Generazioni di giovani mi parlano ancora con affetto e con nostalgia del loro professore. Appena pensionato, Paolo mise su un importante studio di Commercialista dove lavorano il figlio Giovanni e sua moglie; la figlia è illustre docente di ruolo al liceo classico di Locri e io quando la incontro ho l’impressione di rivedere il padre; un altro figlio è ingegnere nell’America Latina. Egli, come si vede, ebbe particolare cura e affetto per l’educazione dei suoi figli. Sono ormai curvo ai richiami della terra. Mi sento come un naufrago che i venti insultano, le onde avvolgono e le stelle guardano indifferenti dalle lontananze infinite. Per la mia esperienza di vecchio posso affermare: con Paolo Lanfame, Siderno perde uno dei suoi figli migliori. segretario della locale sezione del Partito socialista, docente illustre, sindaco di Siderno, Commercialista fra i migliori. Espertissimo. Era l’amico di tutti. Hai lavorato Paolo, tutta la vita. Riposa in pace! Giorgio Papaluca

Zio non è affatto semplice trovare delle parole. Quelle semplici possono risultare scontate, troppo scontate; noi ci vogliamo provare: è passato un anno da quando te ne sei andato in cielo e da quel momento è come se il tempo si fosse fermato. Ci guardiamo intorno per capire cosa sia successo e non ci rendiamo conto che non ci sei più. È difficile non vederti e parlare con te da così tanto tempo, perché sei e sarai sempre uno zio meraviglioso. Ci manchi ogni giorno sempre di più. Ti vogliamo bene, i tuoi nipoti Stefano e Giovanni…





08 APRILE - 14

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LO ZIBALDONE

Un governo di plastilina Fra gli elementi veramente “democratici” vi sono due in particolare: la Nutella e la plastilina. Sfido chiunque ad ammettere di non averle mangiate o usate almeno una volta nella propria vita. Lasciamo da parte la Nutella e consideriamo il Das, la plastilina. Se ci concentriamo su quest'ultima, arriveremo a una similitudine. Noteremo che da un popolare gioco infantile si arriva nientemeno che al governo. Chiunque abbia giocato da bambino con la plastilina, ne conosce le caratteristiche. Viene prodotta in svariati colori, dall'aspetto intenso e brillante. Dopo un certo tempo di utilizzo, tempo che dipende dalle capacità creative, ma anche dal potenziale distruttivo di ogni bambino, i colori vengono mescolati fra loro e riutilizzati più volte, finché ne resta una massa informe, praticamente inutilizzabile, di un colore indefinito tra il grigio canna di fucile e il marrone cacca di cane. Nella democratica Italia, dove già si comincia a parlare di governi di larghe intese o di grande coalizione, accade qualcosa di molto simile: ogni elettore propone, tramite il voto, il suo colore preferito, ed è un colore deciso, brillante come quelli della plastilina ancora confezionata. Terminato lo spoglio delle schede, al momento di comporre un governo, i politici esercitano la loro creatività, esattamente come i bambini impegnati nel gioco del modellare: tutti vogliono dare forma al proprio colore. Così, dopo una serie di rimpasti, mescolamenti, stiracchiamenti, allungamenti per mancanza di materiale, palleggi e successive manipolazioni, dopo aver aggiunto qui un po' di nero, là un po' di rosso, di verde, di azzurro e di arancione, può succedere che il nuovo governo abbia un inqualificabile colorino marrone e si riveli, quindi, inutile al suo scopo: vale a dire risolvere i problemi del paese. Riassumendo, quindi, quello della plastilina sarebbe l'arte di creare un governo pressoché inutile, di colore indefinito e privo di una chiara connotazione politica. Un grande male che affligge da sempre la nostra democrazia sono i politicanti che falliscono ma rimangono al potere con ogni mezzo. Una sorta di depravazione elitaria molto evidente anche oggi – dopo il 4 marzo – e che non è derubricabile con una scarsa cultura meritocratica. Storicamente in Italia a dover rispondere dei propri comportamenti e risultati sono solo i poveracci. Nei tribunali come sul posto di lavoro. I potenti se la cavano sempre in qualche modo, galleggiano, si riciclano. Escono dalle porte di servizio per poi rientrare dalla finestra. Ultimo esempio un consigliere regionale che, rabbioso per non essere stato candidato, lascia il proprio partito per approdare in un altro, dopo l'assicurazione della candidatura. Il 4 aprile del 1968 un colpo di fucile spegneva a Memphis il sogno del reverendo Martin Luther King, il profeta della nonviolenza. Aveva 39 anni. Martin Luther King è stato l'anima e la voce della stagione più attiva e vibrante del Movimento per i diritti civili degli afroamericani. Era nato tra la fine degli anni ‘40 e la fine degli anni ‘60. "I have a dream", io ho un sogno, non un desiderio, soggettivo per appagare un'esigenza personale ma quello, oggettivo, per garantire i diritti costituzionali dei cittadini afroamericani contro il cosiddetto sistema delle leggi razziste di Jim Crow. Questa è la differenza e non lamentiamoci, poi, se la nostra è una repubblica delle banane o come dice Elio delle Storie Tese la terra dei cachi. Tonino Carneri

CALABRESE PER CASO

Ero (lo siamo ancora?) in guerra e non lo sapevo Da ragazzino, ancora con le guance rosee di sprovvedutezza o di incoscienza, all’uscita di scuola mi dirigevo spesso da solo verso casa, se non mi fermavo in caserma ad aspettare mio padre per tornarvici insieme a lui. Non erano di certo anni facili per la “Piana” e non solo per le crisi economiche che ciclicamente hanno fatto da contorno alla nostra vita. Bensì, per quella corsa verso una battaglia quotidiana combattuta contro il crimine che sentivo non solo raccontare, ma che vivevo e vivevamo tutti ogni giorno. Per l’ennesimo omicidio, per una faida mai consumatasi, per macabri rituali e spavalderia di una criminalità che giocava a palla con le teste delle vittime in pieno giorno o per i colleghi di mio padre caduti tra gli aranceti di una primavera appena iniziata. Non c’era nessuno che ci ricordava a scuola che fossimo in guerra, neanche quando tornavamo in classe dopo aver superato con lo zaino sulle spalle l’ennesima strada con il solito lenzuolo bianco che copriva la tragica vittima di un crimine. Non vi erano conferenze sulla legalità o incontri da parte di uomini delle istituzioni tali da farci intimorire o costringerci a vivere nella paura più di quanto, in molte circostanze, già la si sentiva addosso. Eravamo tutti molto ben consapevoli ogni giorno di dove e, soprattutto, di come vivevamo i nostri anni. C’era, però, il coraggio della quotidianità che doveva andare avanti e che guardava al crimine del giorno quasi come se si trattasse di una malattia dei nostri tempi. E non era senso dell’abitudine o rassegnazione, argomenti a vanto di ottimi esperti della società calabrese. Era il ritenere il crimine una patologia che andava superata e che per la cui cura nessuno di noi aveva mai messo in dubbio il fatto che lo Stato non avesse gli anticorpi per reagire. Una convinzione che era ben ferma nel rispetto che veniva attribuito ad ogni uniforme senza dover guardare serie tv per credere nell’impegno di ogni singolo carabiniere o poliziotto. Ma non solo. Abbandonato lo zainetto dello scolaretto e dovendomi abituare al ben più ingombrante peso dei libri del liceo, sembrava che nulla fosse cambiato e che fare i conti con l’illegalità del crimine sarebbe stato il limite di una nuova guerra non dichiarata contro il nostro stile di vita. Eppure, anche in quegli anni di liceo all’ombra delle palme di una villa comunale che ci accoglieva come un nido - insanguinati con la tragedia di un nostro compagno di scuola ucciso da mani indegne di uomini come noi - non ci siamo arresi. Non ci siamo messi a piangere addosso, né ci siamo abituati a considerare la nostra terra come terra criminale. Non vivevamo di legalità raccontate perché il senso del giusto era in noi, in ogni manifestazione contro il crimine come nelle discussioni nelle assemblee d’Istituto. Non ci serviva ascoltare sacerdoti laici in predica dal pulpito di una televisio-

Quali sono i “Sette vizi capitali” del Mezzogiorno? Le considerazioni di Cottarelli, trattate la scorsa domenica, non c’è dubbio, sono inconfutabili. La storia economica ce lo dimostra e non possiamo far altro, noi calabresi, che alzare le mani e fare un “mea culpa”. Le misure poi che stabiliscono gli aiuti per le ZES, anche se non sembrano andare nel verso auspicato da Cottarelli, potrebbe costituire comunque una forte spinta. Si tratta di minori tasse e non di nuovi investimenti privati. Questi difatti, a detta di Cottarelli, garantirebbero uno sviluppo più sano e duraturo con effetti benefici che a finire inciderebbero anche sul debito pubblico. Come però ho tentato di fare nel lavoro pubblicato il 2 marzo scorso, desidero puntualizzare alcune riflessioni che in realtà sono maturate durante una permanenza in Calabria. E i punti, guarda caso, sono proprio sette, come i peccati di Cottarelli. Sette attitudini che, a mio modesto parere, appartengono alla gente del Sud e che, se

fossero rivisitate e magari superate, non potrebbero che far bene e forse agevolare quel cambio di marcia sapientemente tracciato dallo scrittore. Li elenco qui di seguito e non in ordine di importanza. Smettiamola di pensare che la colpa dei nostri problemi sia sempre degli altri: il vicino di casa, l’amministrazione comunale o lo stato che dir si voglia. Tale pensiero non resta fine a sé stesso ma mina e blocca le nostre energie. Fa da “posto di blocco” naturale. Dare la colpa agli altri è la cosa più facile ma così ragionando teniamo in uno scrigno le nostre personali risorse. Smettiamola di utilizzare male la generosità che madre natura ci ha donato. Utilizziamola per realizzare delle finalità costruttive invece che costringerla a manifestarsi solo negli ambiti famigliari, in occasione del pranzo della domenica o per la macchina da curare. Riscopriamo la nostra atavica propensione verso il prossimo, smettendola di diffidare di chi sembra “straniero”. Non trattiamo chi viene da fuori

come un invasore che ci disturba ma come un’opportunità. È l’ospite da trattare meglio di noi, come faceva il pastore della ricotta col forestiero che bussava alla sua porta. Smettiamola di pensare che per forza i nostri figli debbano per forza laurearsi, e per giunta lontano dalla Calabria per poter solo dire con orgoglio “Mio figlio s’è laureato a Bologna, a Roma o a Milano”. Impegniamoci piuttosto ad individuare le loro attitudini e qualità ed indirizziamoli verso quelle. E non viziamoli. Aiutiamoli si ma a reggersi sulle proprie gambe. Stando loro vicino nelle sconfitte ed applaudendoli nelle vittorie. Smettiamola di non considerare bello il nostro territorio. Non amare il nostro mare e frequentarlo solo dal 1° al 20 di agosto significa non valorizzare ciò che abbiamo la fortuna di avere. Provate a paragonarlo per un momento al mare di Rimini, dove però la stagione dura da marzo ad ottobre, e vedrete la differenza. -Smettiamola di scegliere i nostri amministratori sulla base di convenienze personali ed analizziamo invece i loro programmi valutandone la bontà anche in relazione alle soluzioni che propongono. Dobbiamo essere protagonisti delle nostre scelte e non aderire alla politica “per consenso”. Smettiamola di non volerci bene. Di invidiare il vicino di casa per come tiene meglio il giardino o se il figlio ha vinto il posto alle Poste. L’invidia, al pari della propensione a responsabilizzare gli altri per i nostri problemi, è un altro “posto di blocco” per le nostre energie positive e limita fortemente l’azione, l’entusiasmo e svilisce i risultati. Spero di non avervi annoiato e che anzi, al contrario, le considerazioni di un calabrese “esportato” possano servire a suscitare qualche riflessione. Perché, credetemi, non c’è più tempo. Ernesto Campiti

ne o leggere abili firme di una vena giornalistica legalitaria di circostanza per ricordarci il senso “legale” del nostro impegno. Rispondevamo dimostrando con la voglia di vivere che la nostra guerra non dichiarata era combattuta con l’impegno quotidiano. Non eravamo struzzi, ne delegavamo al pensiero unico di turno o alle lusinghe dell’opportunismo politico del momento come accade oggi. E siamo cresciuti! Oggi però, scorrendo nello zapping frenetico alla ricerca di qualcosa che ci impegni le serate, scopriamo in molti, al di là dei contenuti e delle buone, mi auguro, intenzioni di una produzione televisiva che siamo ancora una volta in guerra. Che guardare o calpestare ogni angolo del territorio sia come posare il piede su un pezzetto di Vietnam calabrese. Una terra di confine rappresentata, ancora una volta, in guerra con se stessa e tragicamente con lo Stato. Ma forze speciali o meno, da calabrese che ha vissuto i drammi degli anni più roventi della criminalità selvaggia, credo che comunque, e vista l’efferatezza del crimine dimostrata tra gli anni Settanta e Ottanta, gli uomini non speciali, ma comuni soldati dello Stato, avevano già raggiunto ottimi risultati senza liste di priorità nelle catture, ma convinti della necessità di colpire chiunque avesse commesso un crimine senza valutare l’impatto mediatico assicurato da quella o piuttosto che dall’altra operazione, dall’imporre il brand di quel reparto piuttosto che l’altro. Ecco perché, proprio per questo, serie tv a parte, dovremmo chiederci perché non ne sono seguiti altri di risultati “normalmente” eclatanti e, soprattutto, definitivi. Sono cresciuto nella normalità di una lotta condotta da uomini dello Stato normali. Uomini che parlavano e che conoscevano altri uomini, situazioni, storie, ambienti e circostanze. Uomini che approfondivano perché vivevano il territorio senza sentirsi al di sopra del senso comune dell’umanità necessaria per comprenderlo ed immedesimarvisi. Uomini che avevano come scopo quello di combattere senza far cadere nello strazio di un conflitto mediaticamente prodotto una comunità intera. Una comunità a cui forse, nonostante le ferite quotidiane, andrebbe riconosciuto il diritto di vivere ogni giorno credendo che combattere il crimine sia una normalità per tutti e non una guerra solo per uomini, seppur apprezzabilmente, straordinari. Andrebbe riconosciuto il diritto alla nostra terra di non essere sempre e comunque considerata una terra criminale, un triste e tutto italiano Vietnam dei nostri giorni. Una rappresentazione a cui affidare il successo dell’ennesima serie televisiva per dare una credibilità alla lotta alla criminalità che nessuno ha mai smesso di riconoscere, in questa terra, ad ogni istituzione dello Stato. GR

I BRIGANTI

Piccoli disturbati crescono: i bimbi di oggi Propongo un test: provate a togliere dalle mani di vostro figlio il cellulare mentre sta giocando. Nei casi meno drammatici ci scapperà giusto un urlo di disapprovazione, ma sono rari. Più spesso, invece, si assiste a veri e propri attacchi di panico, correlati da grida strazianti tipo "sgozzamento in atto" e finendo con autoflagellazioni. Sono i bimbi di oggi. Hanno 10 anni, a essere positivi, ma la verità è che anche a 2 anni sanno benissimo aprire una app oppure scorrere foto, ingrandirle, fare piccoli giochi. Questi piccoli esseri sono affidati a noi, i genitori nonché garanti della loro riuscita nella vita. Condivido il pensiero di uno psichiatra che ha scritto un articolo proprio su questo, Vittorini, che afferma: "I social network sono un pericolo anzitutto per i giovanissimi, i cosiddetti millennials. Io sono molto preoccupato. Non siamo più capaci di aiutarli [...] Mancano gli esempi dei padri che, a loro volta, hanno bisogno di non essere frustrati. Il male non è mai singolo. C'è qualcosa che non funziona a livello sociale". Conosco fanciulli di 10 anni che già hanno un profilo facebook, e i genitori ne vanno pure fieri. Perché ormai è una moda quella di esibire i propri pargoli, è una gara a chi ce l'ha più bello. Per non parlare di quando un bimbo dice una parolina a un anno di vita: il genio di famiglia! O se vince un torneo di tennis a 13 anni? E allora è un talentuoso figlio degno dei genitori. Di chi è la colpa, della società malata che induce in tentazione o dei genitori che mettono tutto il futuro dei figli nelle mani della televisione e dei social? Chiunque può inciampare nel falso mito dell'apparire, l'importante è accorgersi presto della via intrapresa, e magari correggerla, prima che sia troppo tardi Brigantessa Serena Iannopollo


GIUDIZIARIA

CONVERSANDO

Enoturismo e “Vini Buoni d’Italia” a Cirò

Un settore in buona salute quello dell'enoturismo, che vanta 14 milioni di accessi e un fatturato di almeno 2,5 miliardi di euro ma che fatica a decollare. Non si riesce, infatti, a mettere a profitto tutto il suo potenziale economico e occupazionale per la carenza di solide strategie pubblico-private che mettano in rete e a sistema le risorse di un Paese in cui il vino e il buon cibo sono profondamente interconnessi con le bellezze artistiche e paesaggistiche di tanti territori. Questa la fotografia scattata sull'Italia. Malgrado le difficoltà anche la Calabria sembra uscire dall'ombra. La cenerentola del vino da qualche tempo sta tentando di pianificare un’offerta turistica che arrivi a soddisfare i numeri dei viaggiatori che prediligono la nostra regione anche in virtù della ricchezza varietale dei vitigni che segnano il profilo del territorio, dai monti fino al mare, e quella gastronomica di presidi territoriali che sono celebri e apprezzati in tutto il mondo. Su questa immagine, che può essere il fulcro significativo per la promozione di un marchio Calabria, ha discusso il mondo del vino calabrese a Cirò in concomitanza con la presentazione della guida Vini Buoni d’Italia. Nella torre merlata di Torre Melissa si sono ritrovati, sabato 7 aprile, il presidente del consorzio Vini Cirò e Melissa, Raffaele Librandi, il presidente dell’enoteca regionale, Gennaro Convertini, insieme al coordinatore della guida edita dal Touring Club Italiano, Umberto Gambino. Vino come motore turistico del territorio ma anche premiazione dei produttori calabresi recensiti nell’edizione 2018 nel corso della serata, seguita da una degustazione dei vini incoronati e di altri imprenditori della rete regionale del vino calabrese. Una bella vetrina che ha anticipato la missione dei produttori regionali per il Vinitaly 2018. Sonia Cogliandro

Mafie, migranti e tratta degli esseri umani

FRUTTI DIMENTICATI

Zucca bottiglia o del pellegrino LAGENARIA SICERARIA STANDI FAMIGLIA CUCURBITACEE

La presente zucca, ora quasi completamente scomparsa dal territorio calabrese, era coltivata da migliaia di anni in tutti i paesi del Mediterraneo e in Africa, dove ancora è molto diffusa, presente in forme più o meno consimili. Fino alla fine degli anni cinquanta del 900 era presente in tutte le case delle famiglie, contadine e non, dell’entroterra, dove il contatto con la terra era quotidiano. La pianta di tale varietà di zucca veniva piantata per motivi alimentari dato che il suo frutto veniva cucinato in vari modi, quando era ancora molto tenero, ma fondamentalmente esso veniva usato come contenitore molto resistente per via della buccia molto dura, per acqua e per liquidi in genere o anche per solidi. La denominazione riferita ai pellegrini, deriva dal fatto che essa era molto usata dai fedeli che si recavano in pellegrinaggio in tanti santuari oppure a Roma durante i giubilei. È inutile aggiungere che i fedeli che si recavano in pellegrinaggio, la riempivano solamente d’acqua, numerose volte prima di arrivare a destinazione, attingendola durante il tragitto da sorgenti che incontravano strada facendo e naturalmente mai di vino. Durante il periodo del fascismo e anche nell’immediato dopoguerra, tali zucche venivano usate talvolta per contenere vino, quando esso veniva portato in campagna per essere travasato poi in contenitori di cotto, invetriati, quindi impermeabili, che venivano passati tra gli zappatori. Era consuetudine però passare tra i lavoratori che zappavano le vigne orci di coccio, dalla bocca piccolissima, meno di un centimetro di diametro, da cui era difficile bere perché il vino calava giù con difficoltà, per cui durante una “passata” i più capaci bevevano abbastanza; infatti prima di bere bisognava soffiare dentro l’orcio e così il vino calava giù con facilità. Coloro che non volevano mettere la bocca dove la mettevano gli altri, qualora non si bevesse a fontanella, per precauzione si portavano il proprio vino in un piccolo orcio invetriato a forma piatta, chiamato “stracozza“ (tartaruga), perché vagamente ricordava nella forma una tartaruga; essa conteneva circa mezzo litro di vino. Coloro che avessero voluto bere un po' di più da un contenitore personale, per precauzione, bisogna ricordare che la tubercolosi è stata debellata nel dopoguerra, con l’uso degli antibiotici, si portavano il vino nel proprio “trumbunellu”, un contenitore di

legno ricavato in genere dal legno del gelso nero. La zucca bottiglia, che ricorda nella forma un fiasco di Chianti, andava diritta per la sua strada, assolvendo a tante funzioni, come contenitore di acqua, di vino, di latte e molte volte era adattata per contenere il sale, fondamentale per la conservazione di alimenti senza cui sarebbero andato a male. Infatti entrando in una casa contadina, nella sezione adibita a cucina, nera come una notte senza luna, per via del nerofumo, sotto la “piattera“, piccolo scaffale, costituito da pochi assi, dove erano riposti pochissimi piatti, era appesa, accanto a una padella e a qualche marmitta, la zucca bottiglia con una parte della pancia aperta, dentro cui era conservato il sale. Ancora essa era d’aiuto in altre occasioni e quando si andava a cercare l’acqua nelle sorgenti lontane dal paese, lo si faceva con l’asino su cui erano caricati due barili, dalle capacità di 44 litri ciascuno. Naturalmente non era facile riempire i pesanti recipienti di legno sotto il “canale” e poi ricaricarli pieni d’acqua sul dorso dell’asino, ma ancora una volta la zucca bottiglia era d’aiuto; infatti mozzando in alto il collo stretto della zucca e tagliando poi la base della stessa, ecco pronto un imbuto che infilato nella bocca del barile, facilmente accoglieva l’acqua che veniva versato con un secchio. Naturalmente la zucca poteva essere cucinata in tanti modi, quando essa era tenera e si prestava molto per essere essiccata e poi d’inverno, dopo essere messa in ammollo, ancora una volta poteva fornire una pietanza. Una decina di anni addietro, il defunto Carmelo Romeo, mio vicino di vigna, mi invitò sotto una pianta monumentale di quercia per farmi assaggiare il suo vino e assieme cominciammo a parlare di viti, delle sue galline e specialmente di tre enormi oche, che erano al di fuori della vigna recintata, che fungevano da custodi, contro le volpi, che mai avevano attentato all’incolumità della galline. Mi disse che era stanco e che presto il suo Eden, costituito da numerosissimi alberi da frutto, oltre che da viti, sarebbe morto; aveva lavorato per tutta la vita per costituire quel paradiso e quell’anno per l’ultima volta aveva piantato le piante che producevano le zucche bottiglia. Mi diede una che non ho avuto mai il coraggio di aprire per cercare di recuperare i semi, forse ancora germinabili e che conservo in suo ricordo. Orlando Sculli

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Da sempre le mafie fanno leva sui bisogni e le fragilità delle componenti più deboli della società e sanno cogliere ogni opportunità di arricchimento offerta da nuove emergenze sociali. È ormai ampiamente dimostrato il ruolo delle organizzazioni criminali nel traffico di esseri umani che accompagna il fenomeno massiccio e inarrestabile delle migrazioni di massa lungo le rotte del mediterraneo e dei balcani. Uno degli aspetti analizzati dalla relazione della “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere” è quello relativo alle connessioni esistenti tra le mafie, i migranti e la tratta di esseri umani. E non poteva essere da meno in considerazione, tra l’altro, per la posizione geografica stessa dell’Italia che è al centro di questi flussi e da più di venti anni è paese di approdo e di transito di migliaia di migranti che contano in realtà di raggiungere i paesi del Nord Europa. Le politiche di contenimento dell’immigrazione adottate dai singoli Paesi europei come risposta agli arrivi massicci, hanno accompagnato la nascita di un nuovo e florido mercato criminale, organizzato e strutturato come una vera e propria industria dell'ingresso clandestino a cui si rivolgono migliaia di persone disparate, spesso riconoscenti verso chi offre l’opportunità di fuggire da povertà e guerre. Un mercato controllato da una rete transnazionale di cooperazione criminale che rende i confini del tutto permeabili. Si tratta di gruppi strutturati, molto agguerriti, in grado di esercitare un forte controllo del territorio, tanto nel proprio paese quanto in quelli di transito e di destinazione delle vittime. I flussi di denaro che il traffico genera sono rilevantissimi e questi si aggiungono i profitti generati dal mercato della tratta finalizzato allo sfruttamento sessuale, con forme di vera e propria riduzione in schiavitù di giovani donne soprattutto dalla Nigeria e dal Nord Africa, e allo sfruttamento del lavoro nero. Nell’industria della tratta spiccano organizzazioni criminali di matrice nigeriana, albanese, rumena, maghrebina, cinese, russa e bulgara. Anche se non sono accertati rapporti strutturati di collaborazione tra mafie italiane e organizzazioni straniere nel traffico di esseri umani, è però evidente che nel nostro paese, sotto il profilo criminale, c’è spazio per tutti. Le rotte del narcotraffico spesso si sovrappongono a quelle dei flussi migratori, e da sud a nord si stabiliscono forme di vantaggiosa convivenza e scambi di favori tra le cosche locali e i gruppi stranieri. D’altra parte sul fronte dell’immigrazione non va sottovalutato il crescente interesse delle mafie italiane, vecchie e nuove, a entrare nella gestione dei servizi per i centri di accoglienza degli stranieri richiedenti asilo, ritenuto non a torto più remunerativo e meno rischio del mercato degli stupefacenti e dove si manifestano gravissimi fenomeni di corruzione e infiltrazione mafiosa delle pubbliche amministrazioni, come hanno rivelato le indagini su mafia capitale e i “CARA” di Mineo e Isola Capo Rizzuto. Lo sfruttamento del lavoro nero è l’altra lucrosa finalità del traffico di esseri umani che in agricoltura alimenta, soprattutto nelle campagne del meridione ma non solo, il fenomeno criminale del caporalato dove si registra la saldatura tra criminalità straniera e mafie italiane.


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“ LibRi

08 APRILE - 16

Attualità

TiToLo LibRo: fioRi Di JAcARAnDA AuToRi DeL LibRo: mARiSA STuRiALe D’AgoSTino cATegoRiA: nARRATivA cASA eDiTRice ciTTà DeL SoLe

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eDiToRe

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Laura ha un cuore che custodisce ferite mai cicatrizzate. Prende così la decisione di trasferirsi per un periodo in una casa di riposo e la narrazione diventa corale, la solitudine di Laura diventa quella di tutti gli ospiti e il dolore di ognuno viene condiviso attraverso una tacita corrispondenza. fiori di Jacaranda è un viaggio dentro se stessi per ritrovare la serenità della solitudine e abituare al silenzio che ci insegna a partecipare empaticamente agli stati d'animo di chi ci sta intorno ma che, a volte, può essere così assordante da costringerci ad ascoltare i nostri pensieri.

Domenico novembRe Da oltre vent’anni guida una tra le aziende leader regionali nel settore della cosmesi ed è uno dei protagonisti del libro “Santi eroi imprenditori”

Domenico novembre, un visionario della Locride

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Restare in calabria, radicato nel suo paese e nella Locride, investire nella e sulla sua terra, in controtendenza rispetto alla stragrande maggioranza dei suoi coetanei, è stata la scelta vincente che ha, di fatto, premiato il suo coraggio.

uscito da pochi giorni il libro “Santi eroi imprenditori” di Federico Iadacicco e Marco Bachetti storie di mestieri e comunità, Historia Edizioni un testo che racconta storie diimprenditori che, nonostante tutto, operano secondo principi che si possono definire semplicemente orientati al bene comune. Il libro in questione sarà presentato al pubblico nelle sale di Palazzo Amaduri a Gioiosa Ionica, sabato 12 maggio alle ore 18:00, con una notevole iniziativa organizzata dal Club per l’UNESCO. Questo libro racconta un’altra economia, o se si vuole la vera economia, come lezione di politica economica attraverso la testimonianza di sei imprenditori (di varie parti d’Italia) che si sono occupati delle “faccende di casa loro” mettendole (inconsapevolmente) in connessione, portandole a sintesi con le istanze, il sentire profondo della polis, la città dell’uomo nella quale vivono e operano. Storie di Santi inconsci perché protesi al bene comune, eroi involontari perché è eroico fare impresa in Italia e maggiormente al Sud definendosi semplicemente imprenditori che scelgono di localizzare anziché delocalizzare, cercando di valorizzare le radici profonde delle loro piccole patrie, trasformando il loro vissuto, la loro storia personale e familiare in un grande progetto comune. La connessione tra Iadicicco e Bachetti i due autori proviene da una lontana e sincera amicizia nella quale si sono reciprocamente contaminati in anni di comune impegno politico-culturale. Sei storie di imprenditori unite in un solo racconto che tracciano un pezzo della nostra Italia, spesso trattato come un ferro vecchio quando si parla di crescita, sviluppo e produttività del lavoro. Nel cuore dell’uomo dove da sempre germogliano la speranza e il granello di senape gettato nel loro giardino. Il centro Sud è probabilmente “il più bel museo a cielo aperto d’Europa”, un patrimonio storico, artistico e paesaggistico che forse soltanto l’Italia può vantare nel mondo. Le storie di uomini che hanno valorizzato quei luoghi: la creatività di Lisciani, la costanza di Lepore, la passione di Giuliano, l’umiltà di Silvestro Iadicicco, la professionalità di Novembre e l’immaginazione di Sermarini. Ascoltandoli e osservandoli con attenzione, in ciascuno di loro è possibile ravvisare un assaggio del sentimento popolare che lega le persone alla loro terra imprenditori e lavoratori sono membra diverse di un solo corpo, che crea valore mediante il lavoro. Nello specifico per un dovere morale affrontiamo il capitolo riguardante l’imprenditore Domenico Novembre da Gioiosa Ionica definito nel libro “un visionario della Locride”. Domenico Novembre a soli venti anni, appena diplomato ragioniere si è iscritto all’università (forse perché era una logica conseguenza) ma nella realtà mai frequentata dallo stesso. La provenienza di Domenico da una famiglia di commercianti lo ha incuriosito e incentivato a mettersi concretamente in gioco, entrando fin da subito nel mondo del lavoro. Oggi Domenico Novembre, imprenditore calabrese con oltre vent’anni d’attività, guida una tra le aziende leader regionali nel settore della cosmesi, ciò nonostante la provenienza dalla regione italiana con il più alto tasso di disoccupazione giovanile e la più alta percentuale di studenti fuori sede. Restare in Calabria, radicato nel suo paese e nella Locride, investire nella e sulla sua terra, in controtendenza rispetto alla stragrande maggioranza dei suoi coetanei, è stata la scelta vincente che ha, di fatto, premiato il coraggio di Domenico Novembre. La voglia innovativa di Domenico Novembre è soprattutto orientata nella qualità dei prodotti da commercializzare attraverso i suoi collaboratori che già agli inizi degli anni 90 erano dotati di moderni strumenti informatici per gestire gli ordini dei clienti. Con il passare del tempo la clientela cresceva e apprezzava la serietà di questo giovane calabrese e parallelamente cresceva anche il fatturato a vista d’occhio: specializzazione, economicità e innovazione hanno rappresentato le tre chiavi di volta per la crescita della sua attività imprenditoriale. Grazie agli utili ottenuti con l’ingrosso, Novembre nel 2003 apre il primo punto vendita “Sensation Profumerie” a

Cosenza. La determinazione di Domenico vincerà le iniziali resistenze delle grandi multinazionali del lusso che non facilmente consentono ai grossisti di aprire e gestire punti vendita propri, e, un po’ alla volta riuscirà ad ottenere tutte le concessioni richieste. Il successo dei punti vendita che sono stati man mano aperti era dovuto alla formazione e specializzazione del personale. Il merito più grande e l’intuito più lungimirante di Novembre è stato quello di assumere da subito una persona esperta, che si occupi in via esclusiva della formazione del personale. Introducendo in questo modo un elemento determinante di differenziazione rispetto alla media delle altre profumerie calabresi, che per la maggior parte sono a gestione familiare e poco disposte a finanziare corsi di formazione dei propri dipendenti. Un rapporto di stima reciproca e leale, collaborazione tra imprenditore e lavoratori, può dunque non solo generare una forte partecipazione al destino della propria azienda ma stimolare addirittura meccanismi di crescita, predisponendo il personale a difendere l’organizzazione da critiche e attacchi esterni. I lavoratori di Beauty Prof sono tutti assunti con contratto a tempo indeterminato, e sono quasi tutte giovani donne. Credere fortemente nelle persone che sono assunte, formate e di conseguenza crescono e rimangono in azienda fino (si augura) alla pensione è un investimento alla cieca che non tutti riescono a fare. Dal 2003 a oggi, Beauty Prof conta oltre 100 dipendenti e ben quattordici punti vendita della catena “Sensation Profumerie”, che è diffusa in tutte le provincie della Calabria e con un punto vendita anche in Puglia. Per riuscire a far fronte al nuovo modello di Business che avvantaggia le grandi catene e sfavorisce le medie profumerie italiane, nel 2017 Sensation Profumerie ha creato un nuovo consorzio con Estati Profumerie, Idea Bellezza e Mallardo Profumerie (diffuse soprattutto in Campania e nel Lazio meridionale): una rete complessiva di 153 profumerie che prende il nome di UniBee, ispirandosi alla comunità naturale delle api. Questo consorzio rappresenta un progetto che è in realtà un tentativo di espansione commerciale nel sud dell’Italia, ma soprattutto, una strategia per mantenersi competitivi dove altri gruppi detengono quote sostanziose sui vari territori nazionali. In considerazione di quanto raccontato, riteniamo che non manchi nulla a Beauty Prof per essere definita un’eccellenza dell’imprenditorialità del Mezzogiorno. Innovazione e formazione hanno rappresentato in quest’ultimo ventennio la stella polare di una personalità brillante e poliedrica. Gioiosano illustre premiato nel 2015 dal Pro Loco di Gioiosa Ionica, Domenico Novembre sta scrivendo una pagina straordinaria di storia aziendale per la Calabria. Nicodemo Vitetta

TiToLo LibRo: iL mALe inuTiLe AuToRe DeL LibRo: mARco LuPiS cATegoRiA: SToRie cASA eDiTRice: RubbeTTino PRezzo €13,60

il male inutile raccoglie le testimonianze di guerra di un reporter "di lungo corso", inviato speciale e corrispondente in molte aree difficili del Pianeta. Tragedie che troppo spesso, nel frenetico flusso mediatico dell'informazione, vengono rapidamente e colpevolmente archiviate, anche se si collocano dietro l'angolo dell'attualità e della Storia. guerre e massacri dimenticati trovano in questo libro una nuova attualità, nello sguardo lucido ma anche compassionevole e partecipe del giornalista-testimone, che pagherà anche un prezzo personale inevitabile ai drammi che deve raccontare. TiToLo LibRo: iL mAnuALe Dei DeSiDeRi

AuToRe DeL LibRo: RobeRTo PomPei

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noi tutti sappiamo che l'amore è la forza universale che alimenta il nostro corpo tramite la più alta vibrazione possibile. Tale vibrazione non soltanto consente al corpo di funzionare meglio, ma crea anche un campo magnetico che ci aiuta ad attrarre ciò che sogniamo e desideriamo nel profondo del cuore. La maggior parte delle persone rimane bloccata nella vita accettando l'idea che le cose sono come sono, ma di tanto in tanto ti imbatti in alcuni episodi che risvegliano in te quel desiderio di impegnarti per avere di più, di smettere di accontentarti e di ricercare la versione più grande e più potente di te stesso, la tua versione migliore.



08 APRILE- 18

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cultura www.larivieraonline.com

Lascia Siderno per amore, oggi vive a Roma ed è uno stimato fotografo dei VIP Abbiamo intervistato Andrea Sgambelluri, giovane fotografo di Siderno che, coltivata la sua passione nella sua Locride, ha affinato la propria tecnica nella Città Eterna.

Tutti noi, da bambini, abbiamo sempre fantasticato su cosa saremmo diventati da grandi. Un astronauta, un dottore, un ferroviere… Alcuni di noi hanno coltivato con gelosia e fermezza questi sogni diventando, magari, dei bravi avvocati; altri invece hanno dovuto rivedere le proprie fantasie e intraprendere strade diverse, ma quello che accumuna sia gli uni che gli altri sono le loro passioni. Di quei bambini, oggi, non resta che un fioco ricordo. Magari speravamo fortemente di poter “diventare qualcuno” nella nostra terra, a contatto con le nostre radici e vicino alla nostra famiglia, ma le chimere si sono infrante contro il muro della realtà. Tra i tanti ragazzi che la nostra terra ha visto andare via per realizzare i propri sogni c’è Andrea Sgambelluri, giovane fotografo sidernese che è riuscito a fare della propria passione un lavoro migrando lontano dalla propria terra natìa.

Da dove nasce questa tua passione per la fotografia? Diciamo che la mia è stata una passione “indotta”. Avevo 6 o 7 anni. Mia nonna, prima che si trasferisse, abitava di fronte allo studio fotografico di Simone Coluccio, in via Matteotti, a Siderno. Lo frequentavo con assiduità giorno e notte sentendo questa passione aumentare sempre di più finché, una volta cresciuto e avendo fatto diverse esperienze all’interno dello studio, ho deciso di comprare le attrezzature e avventurarmi in quello che oggi è il mio lavoro. Inseguire il tuo sogno ti ha portato a vivere e lavorare a Roma. È stata una scelta “forzata”? La scelta di lavorare a Roma non è stata affatto forzata. Mi ero appena fidanzato con una ragazza calabrese che abitava e lavorava nella città eterna. Era un periodo in cui volevo andar via da Siderno a causa di qualche problemino in famiglia e aspettavo soltanto il

momento in cui si fossero calmate le acque per poter partire verso la Capitale. Arrivato a Roma ho incontrato un grande amico, Simone Panetta, anche lui sidernese e fotografo di moda, che operava sul territorio da undici anni. Dopo tre anni di fidanzamento, la storia d’amore con quella ragazza è giunta al termine, così ho deciso di rimanere in città viste la cerchia di amici che mi ero creato a le possibilità di lavoro creative che offriva la Capitale. Sono passati cinque anni dalla prima volta in cui ho messo piede a Roma e sento l’esigenza di ripartire per poter fare nuove esperienze professionali e di vita. L’obiettivo prossimo che mi sono prefissato è quello di raggiungere Milano e, successivamente, di poter finalmente realizzare il mio sogno: lavorare e vivere a Parigi. Sappiamo che nasci come reporter di matrimonio e inseguire questa tua passione ti ha permesso di esplo-

I mastri birrai della La terza porta di Gioiosa Locride a confronto Jonica rivelata in un per creare un consorzio libro fresco di stampa “Fonti per la storia di Gioiosa Jonica e del suo castello – XVI- XVIII secolo” è il titolo di un libro ancor fresco d’inchiostro dato alle stampe da Carmine Laganà e Giovanni Pittari per Promocultura edizioni. Il volume evidenzia alcune fonti inedite sulla storia del castello e dell’abitato di Motta Giojosa, attuale Gioiosa Jonica, uno dei centri che fanno parte della ‘Vallata del Torbido’. Il libro che sarà presentato a Palazzo Amaduri di Gioiosa Jonica in data 27 aprile, fa parte di una collana inedita composta da cinque volumi che saranno in successione pubblicati in tempi ragionevoli per dare (finalmente) delle risposte certe e inconfutabili sulla vera e travagliata storia di questo straordinario paese che, grazie alla pubblicazione di documenti “certificati”, scioglieranno dubbi e incertezze (e in molti casi) inesattezze, offrendo molte risposte ai tanti interrogativi e alle flebili supposizioni che fino ad oggi hanno fondato, tra storia e leggenda, le sorti epiche e commerciali di uno dei centri più importanti della provincia di Reggio Calabria. Con l’operazione proposta gli autori si prefiggono, inoltre, di presentare documenti di prima mano, sconosciuti, dalle molteplici utilizzazioni e sfaccettature, legati a nomi, persone, località, produzioni agricole, ecc. Tutto ciò vuole essere soltanto un ulteriore contributo basato su documenti per approfondire la nostra storia, sempre bisognevole d’interrogazioni per non scadere in uno scientismo di maniera. Problematizzare, congetturare, indagare, proferire ipotesi e fare verifiche sono passaggi ineludibili di una formazione alla ragione per scegliere, valutare, prevedere, progettare e compiere scelte, operazioni sempre più complesse che assumono maggiore rilievo nel momento in cui la ricerca è centrata su argomentazioni che riguardano il nostro tempo. Viene pubblicata, per la prima volta, la Platea dei beni di Simone Caracciolo del 23 aprile 1545 e tralasciato, di proposito, l’apprezzo del 1568 riguardante

il Feudo Raguzzo sempre in territorio di Motta Gioiosa, come pure la platea del 9 settembre 1541 collocati all’interno della stessa busta n. 43, con l’intento di fornire con disinteresse questa fonte inedita agli studiosi come base di inizio per ulteriori ricerche e valutazioni. Come pure vengono pubblicati molti documenti dell’Archivio Caracciolo d’Arena, finora sconosciuti agli studiosi di casa nostra, nonostante l’Amministrazione comunale di Arena (VV) e la Soprintendenza Archivistica della Calabria avessero dato alle stampe il volumetto: “Lo Stato di Arena” - anno 1653. Tra le tante carte esaminate vengono presentati, L’Apprezzo della terra di Gioiosa, dove si vedono le rendite tanto burgensatiche, che feudali, divisamente descritte, con l’annotazione dei confini di detta terra. Per la prima volta, con questo documento del 1679 viene data completezza del sistema difensivo e, quindi, di accesso alla Terra fortificata attraverso l’esistenza di una terza porta, la Porta Maggiore «guarnita de baluardi, et tronere con pezzo di cannoni, di ferro circondata da colline et valle et se ascende in essa a piedi et a cavallo con lettiche, benche ad alcune poche strade con una poco di fatica». In copertina viene presentata la più antica immagine che si conosca finora dell’abitato e del castello di Gioiosa. Trattasi di un accattivante acquerello di fine Cinquecento tratto dal cosiddetto Codice Romano Carratelli, ribattezzato come il Codice delle Meraviglie, conosciuto ormai dappertutto, perfino in Cina, grazie alla caparbietà del proprietario del manoscritto, l’avvocato Domenico Romano Carratelli di Tropea. Questo lavoro, messo insieme esclusivamente su documenti inediti, non ha la pretesa di essere esaustivo, né tantomeno proporre la verità assoluta, vuole soltanto costituire un ulteriore contributo per la storia municipale di Gioiosa Jonica. Nicodemo Vitetta

mastri birrai del nostro comprensorio stanno unendo le proprie forze per dare vita a una filiera che permetta loro di far conoscere i nostri prodotti in tutto il mondo. È con quest’ottica che, nella giornata di oggi, i Birrifici J4, di Caulonia, Limen, di Siderno, e il Piccolo Avamposto Birraio di Locri, si riuniranno per una giornata che permetterà loro di confrontarsi con i produttori agricoli e i laboratori universitari con l’intento di riunire i produttori di malto, luppolo e lievito della zona sotto un unico vessillo e creare così una birra che sia calabrese fino all’ultimo atomo. Questo collegamento tra aziende e produttori si rinsalderà con il tempo attraverso un ciclo di incontri itineranti, che si svolgeranno nel corso del tempo presso i più importanti birrifici di tutta la regione al fine di raccogliere quanti più consensi sia possibile. Si comincia oggi, con un confronto che sarà aperto da una breve lezione di microbiologia seguita da un workshop di Giovanni Gatti presso la sede del birrificio J4, a termine del quale si svolgeranno un dibattito e una tripla degustazione guidata gratuita non solo presso il birrificio di Caulonia, ma anche presso il Limen di Siderno e il PAB. La lunga giornata degli addetti ai lavori si concluderà proprio a Locri con la presentazione del progetto Calabria Beer Lab, al termine della discussione del quale il Piccolo Avamposto Birraio di via Roma 30 aprirà le proprie porte eccezionalmente di domenica a partire dalla ore 19:30, quando offrirà, assieme ai colleghi di Caulonia e Siderno, assaggi di birra e un buffet dai sapori nostrani a tutti coloro gli ospiti del locale. Al pubblico sarà data la possibilità di scegliere tra le tre birre Golden Ale prodotte rispettivamente a J4, Limen e PAB, prodotti per tutti i gusti che, per caratteristiche di base, possono accompagnare in scioltezza la medesima selezione di sapori, ma che stupiranno il pubblico per il sapore unico e inconfondibile, che permetterà loro di distinguersi immediatamente dalle classiche lager da supermercato. La serata, in qualche modo, fungerà da “indagine di mercato” utile ai mastri birrai a comprendere meglio quali sapori preferisce degustare il grande pubblico, considerato che il bilancio delle birre spillate permetterà a tre birrifici coinvolti di capire quale dei loro prodotti sia stato maggiormente apprezzato e permetterà anche agli “sconfitti” di comprendere in che modo migliorare le proprie birre al fine di renderle più gustose per tutti.

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Oggi un primo incontro riservato agli addetti ai lavori, che si confronteranno in workshop e degustazioni a Caulonia, Siderno e Locri dove, in serata, il Piccolo Avamposto Birraio aprirà le sue porte al grande pubblico eccezionalmente di domenica per una degustazione di birra e prodotti nostrani unica nel suo genere.


EVENTI

Questo pomeriggio, alle ore 16, presso lo Stadio Comunale “Raciti” di Siderno, si terrà il derby della Locride ASD Città di Siderno 1911 - AC Locri 1909, una partita tanto attesa dai tifosi che, nonostante le posizioni di campionato siano ormai determinate, saprà certamente regalare le grandi emozioni già gustate nel girone di andata, che si concluse a novembre con la vittoria del Locri. Riuscirà il Siderno a riscattare il risultato?

rare diversi ambiti della fotografia. Ce ne vuoi parlare? Dopo diverse esperienze lavorative nello studio di Simone Coluccio ho deciso di mettermi a studiare fotografia presso l’agenzia fotografica “Servizifotografici.net” di Alessandro Mallamaci a Reggio Calabria. Oggi è una Scuola di Fotografia Certificata sotto il nome di “Cerchio dell’Immagine”. Grazie a loro ho avuto la possibilità di maturare e capire cosa effettivamente avrei voluto fare da grande, inoltre, ho frequentato diversi corsi e workshop che mi hanno permesso non soltanto di crescere professionalmente, ma anche di collaborare con loro. Dopo questa esperienza ho incontrato Nazareno Migliaccio Spina, amico e giovane fotografo locrese, con il quale ho iniziato una condivisione della passione fotografica che non si limita al reportage, ma comprende Moda e Still

Life, i due campi che occupano la maggior parte del mio lavoro. Lavori a contatto con molte persone dello spettacolo. Quale di questi incontri ricordi con maggior piacere? Ho lavorato sia con persone dello spettacolo, come Pino Insegno, Rudy Zerbi, Giulia Salemi, Desireè Maldera, Mariana Rodriguez, Simone Susinna, Mariano di Vaio, sia con blogger di moda e di viaggio, come Sara Rossetto, Laura Comolli, Matteo Evandro, Tommaso Zorzi e molti altri. Sono stati tutti incontri molto piacevoli e soddisfacenti a livello personale. Cosa consiglieresti a un giovane che vuole intraprendere la tua stessa carriera? Consiglio di crederci fino in fondo e di essere pronti qualora giungano le critiche e il giudizio altrui. Ci sono persone pronte a demoralizzarti. Non bisogna mollare mai e devi sempre proseguire dritto per la tua strada.

Come si suol dire: se vuoi qualcosa, vai e prenditela! Inseguire i propri sogni, allontana sempre più giovani da questa povera ma ricca terra. Che sia per evasione, per ribellione o per amore, superata la soglia della maggiore età e presa coscienza delle scarne risorse a disposizione, si assiste imperterriti al fuggi fuggi generale. Forse un giorno le cose cambieranno, forse la “fuga dei cervelli” si fermerà, forse gli asini voleranno, fatto sta che, a distanza di anni, il fenomeno, che non riguarda soltanto i giovani ma anche gli adulti, permane e prospera. La scelta del giovane fotografo sidernese, oltre che dettata dal cuore e dalla passione, rispecchia perfettamente l’andamento al quale assistiamo quotidianamente: i giovani vanno e gli anziani restano. La Calabria, in questo, potrebbe prestarsi al sequel “Non è un paese per giovani”. Gaetano Marando

La sguta di 534 metri e Mondo Marcio ingredienti perfetti per insaporire la Fiesta sidernese La ricetta della Fiesta sidernese è stata apprezzata anche quest’anno. Sono state migliaia, infatti, le persone che hanno popolato il corso della Repubblica, per l’occasione chiuso al traffico, per gustare il ricchissimo programma offerto dall’Amministrazione Comunale di Siderno nei giorni di Pasqua e Pasquetta. Piatto forte della due giorni, ovviamente, la deliziosa sguta, che anche quest’anno è riuscita a infrangere il record di lunghezza raggiungendo i 534,15 metri dinanzi a una folla più che mai desiderosa di assaggiare il gustosissimo dolce pasquale. Ma, come già accaduto lo scorso anno, la “Fiesta” ha unito con sapienza il fascino della tradizione a spettacoli che hanno saputo deliziare tutti i palati: dopo la “Svelata” della mattina di Pasqua, infatti, artisti di strada, Fragolino, il violinista di piazza Michele Bello e I calabroni in Piazza Risorgimento hanno intrattenuto il pubblico fino al partecipatissimo Volo della Colombella e al concerto dei Take 5, cover band degli anni ’70/’80. Allo stesso modo, durante il lunedì di Pasquetta, a margine dell’assaggio della sguta, i “Giganti calabresi” hanno accompagnato cittadini provenienti da tutta la Locride tra le vetrine dei negozi eccezionalmente aperti, con la volontà di ingannare l’attesa per la serata di grande musica che ha chiuso la due giorni di festa. È stato un vero e proprio bagno di folla quello fatto registrare dai concerti del gruppo reggae “I

Marvanza”, e ancora di più, dall’attesissima esibizione di“Mondo Marcio”, che hanno saputo rappresentare la proverbiale ciliegina su una torta fatta di tradizione, divertimento e grandi affari confezionata dall’Amministrazione Comunale, dalla Pro Loco, dalla Consulta cittadina, dall’associazione cuochi reggini, degli infaticabili pasticceri e panettieri sidernesi e dalla neonata associazione dei commercianti di Siderno, con il solo scopo di ridare grande lustro alla nostra città. Gli organizzatori ringraziano le pasticcerie Dolcemente, Ridenti, Strati, Cremino, Antica Gelateria Strati, Dolcesia, Bar Aquila e Bar da Enzo, I panifici la casa del pane, Gulloni e Punto Caldo, alla Protezione Civile, Associazione Carabinieri, il Grand Hotel President, Il Tempio, il mobilificio Sgotto, I Dolciumi Pellegrino, la ditta Leone e Capogreco Trasporti. Indispensabile, inoltre, la collaborazione del Commissariato di Siderno, dei Carabinieri, dei Vigili Urbani, della notaia Franca Ieraci, di Michele Macrì e degli instancabili operai del comune di Siderno. Questi ringraziamenti oltre che dovuti sono sentiti perché senza la volontà e l’amore per il paese ti tutte queste persone non si sarebbe potuto organizzare un evento che ha portato moltissime persone a Siderno, dando anche ossigeno alla ancora debole economia sidernese.

In occasione del 27º anniversario della tragedia della Moby Prince, nel quale persero la vita tre sidernesi, l’Amministrazione Comunale di Siderno organizza, presso la Chiesa di Santa Maria dell’Arco, la celebrazione di una Santa Messa in suffragio delle vittime innocenti, che si terrà martedì 10 aprile, alle ore 17. Al termine della funzione religiosa, presso l’arenile antistante il monumento al Marinaio, sarà effettuato un lancio di rose in mare.

Sabato 14 aprile, alle ore 17, presso la Sala Levato del Consiglio Regionale, a Reggio Calabria, si terrà l’incontro “Una vita per il riscatto degli oppressi e degli ultimi”, che ricorderà la figura di Girolamo Tripodi a un mese dalla scomparsa. Filippo Veltri modererà gli interventi di Francesco Forgione, Eduardo Castronuovo, Peppino Lavorato, Agazio Loiero, Francesco Neri e Marcello Villari. Sarà proiettato un video realizzato da Maurizio Marzolla.

Il Teatro della Girandola presenta, sabato 14 aprile alle ore 18:00 e in replica domenica 15 aprile alla stessa ora, nell’ambito della terza stagione della rassegna “Approdi” dedicata al teatro famiglie, lo spettacolo “Storia d’amore di un paio di scarpe” con Amalia Ruocco. Uno spettacolo romantico e originale che racconta attraverso danza e clownerie le vicissitudini di uno stivaletto sinistro che perde durante un viaggio la sua amata metà.



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ANGOLO FOOD

08 APRILE - 21

arte&co

LA RICETTA: PASTA AL BERGAMOTTO

Ingredienti per 4 persone: 350 gr di pasta, 150 gr di pesce spada, 1 cipolla rossa di Tropea, 4 pomodori pachino, 1 bicchiere di vino bianco, un pugno di semi di sesamo, 250 ml di olio evo aromatizzato al bergamotto, buccia di un bergamotto tagliata a listarelle sottili, sale q.b.

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LA VOCE DEI BLACK RUM Nel 2012, a soli 16 anni, le è stato assegnato il premio per la migliore interpretazione al concorso canoro "Premio Mia Martini" per la sezione "Nuovo Proposte per l’Europa". Oggi è la voce dei Black Rum e la sua grinta è il suo biglietto da visita.

INTERVISTA A FRANCESCA COMMISSO

“La Locride si accorge dei propri talenti solo quando li perde” “I Black Rum nascono nell’aprile 2017. Io venivo da un periodo personale molto difficile, volevo assolutamente creare un mio progetto musicale ma non sapevo da dove partire, perché bisognava trovare le persone giuste. Con alcuni di ragazzi avevamo suonato insieme in varie occasioni.”

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Bella, grintosa e tremendamente femminile. Francesca Commiso, 22 anni, è la voce dei Black Rum, gruppo musicale sidernese che un anno fa si è unito in un meraviglioso viaggio che cammina tra le strade del folk e del neo soul targati USA, senza tralasciare il migliore cantautorato italiano. Il loro sound è fresco e attuale, una carica dirompente, travolgente, giovane, un vento di primavera che ripulisce dalle ragnatele i vostri timpani. Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada? La scintilla d’amore nei confronti della musica è scattata già da molto piccola, intorno ai 5 anni. A mia madre devo l’influenza del repertorio americano, a mio padre invece, la conoscenza dei più grandi mostri della musica (Withney Houston, Michael Jackson, Stevie Wonder, Kool & The Gang, Sting e molti altri). Allora, era ancora solo un gioco, ero timidissima, non sapevo che la musica sarebbe stata la mia strada. Il momento in cui l’ho davvero capito è stato quando frequentavo le medie: feci la mia prima performance e interpretai Sandy, la protagonista di “Grease”, esibendomi sul palco con la canzone “All by myself” di Celine Dion. È stato esattamente in quel momento, su quel palco, con quella canzone, che è scattata la magia. Come nascono i Black Rum? I Black Rum nascono nell’aprile 2017. (Rocco Novella alla chitarra, Domenico Catalano al basso e Giuseppe Lombardo alla batteria). Io venivo da un periodo personale molto difficile, volevo assolutamente creare un mio progetto musicale ma non sapevo da dove partire perché bisognava trovare le persone giuste. Con alcuni di loro avevamo suonato insieme in varie occasioni. È stato Giuseppe a propormi di essere la voce del gruppo. Ci siamo detti: “Noi iniziamo, poi come andrà si vedrà”. Il feeling musicale tra di noi si è visto sin dalle primissime prove e ne eravamo entusiasti. Dopo alcuni mesi, siamo usciti allo scoperto e abbiamo avuto un riscontro stupendo: un successo di pubblico che non ci aspettava-

mo assolutamente. Ci sono molti progetti in pentola e siamo determinati nel crescere e allargare sempre di più le nostre esperienze. Perché questo nome? “Black” sta a indicare il genere musicale omonimo che, pur essendo nato dalla povertà, è di classe e per orecchie raffinate. “Rum” aggiunge quel tocco intenso, quel groove trascinante che caratterizza i nostri pezzi. Che tematiche affrontano i testi delle vostre canzoni? Le tematiche affrontate sono diverse, tutte figlie della nostra esperienza quotidiana. Si parla di viaggi interni, alla ricerca di se stessi, dell’importanza che possono avere alcune persone nella nostra vita e, infine, non può mancare l’ironia. Qual è il vostro background, chi artisticamente e musicalmente vi ha ispirato? Motore funky e anima soul sono gli ingredienti che alimentano la nostra musica ogni giorno. Tutti e quattro veniamo da stili diversi e cerchiamo di fonderli per creare qualcosa di unico. Ci ispiriamo tantissimo a Stevie Wonder, Jamiroquai, Michael Jackson e tantissimi altri. Non intendiamo focalizzarci su un solo genere ma puntiamo alla versatilità musicale senza tradire la nostra essenza. Qualcuno disse “L’anima domanda, la musica risponde”. Che risposte dà la vostra musica? La risposta è essere se stessi nel bene e nel male. Oggi tendiamo a mascherare i nostri difetti, le nostre paure e le emozioni in generale. La musica è il mezzo di comunicazione più forte e cerchiamo di suscitare qualcosa nelle persone. Non importa se si tratta di stati d’animo spiacevoli, perché anche la sofferenza è vita. Ciò che conta è lasciarsi trasportare dalle emozioni e smuovere quest’apatia. La musica è disordine o chiarezza? Entrambi. Secondo me bisogna conoscere le regole per poterle disubbidire. Secondo te, quanto i talent hanno condizionato il mondo discografico oggi, in particolare in Italia? Tanto. Si pensa sia l’unico modo per affacciarsi alla musica ma, a mio parere, non è così. Come per qualunque altro mestiere, bisogna studiare tanto, fare esperienza, fare tanti sacrifici, costruire un proprio percorso artistico e avere quel pizzico di fortuna che non guasta mai. Non si diventa un artista dall’oggi al domani e non esiste la scorciatoia. “Successo” vuol dire far succedere. Dipende solo da te. Che spazio viene riservato agli artisti emergenti nella Locride? Sarò schietta e sintetica. Penso che la nostra terra sia ricca di talenti brillanti ma invisibili perché si ricerca il talento sempre al di fuori. Solo nel momento in cui gli artisti emergenti vengono valorizzati altrove, iniziano a ricevere il giusto riconoscimento nella Locride. Per questo motivo, invito vivamente a guardare bene quel che si ha prima di perderlo, come succede ormai da anni. La cultura e l’arte dovrebbero essere i nostri punti di forza. Si può vivere di sola musica? A questa domanda non so ancora rispondere. Io ci sto provando e ci voglio credere. A 22 anni penso di potermi permettere il lusso di rischiare.

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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Franco Parrello, Tonino Carneri, Mario Nirta, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Nino Sigilli, Tonino Carneri, Sonia Cogliandro

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Tagliare a tocchetti il pesce spada, dividerlo in due parti e rotolarne una metà nei semi di sesamo. Saltare questi in padella con dell’olio aromatizzato al bergamotto. Porre l’altra parte di pesce in una padella insieme all’olio aromatizzato, cipolla e pomodori pachino. Aggiustare di sale e soffriggere leggermente, sfumare con il bicchiere di vino bianco e portare a cottura il pesce a fuoco basso. Quando il vino sarà evaporato, spegnere la fiamma. Lessare la pasta, scolarla al dente e mantecarla in padella con l’intingolo di pesce spada. Servire dopo aver adagiato sulla pasta il pesce ripassato in padella con il sesamo e le listarelle di buccia di bergamotto.

IL COCKTAIL: IRISH COFFEE 3/10 Whiskey Iralndese 5/10 Caffè caldo 2/10 Crema di Latte 1 cucchiaino di Zuccero di Canna Nel bicchiere da Irish Coffee versate lo zucchero di Canna, il caffè caldo e il whiskey Irlandese. Portate a ebollizione la parte liquida. Controllate che lo zucchero sia sciolto e infine versate la crema di latte, precedentemente emulsionata nello shaker, facendola scorrere lungo il dorso di un cucchiaio. Abbiate cura che rimanga in sospensione, perfettamente separata dal caffè.

IL DOLCE:

CHEESECAKE ALLA NUTELLA Ingredienti: (Per la base) 230 gr di biscotti, 1 cucchiaio di granella di nocciole, 80 gr di burro, 1 cucchiaio di nutella. (Per la crema) 400 gr di philadelphia, 400 gr di nutella, 250 ml di panna da montare, granella di nocciole. Tritate i biscotti nel mixer insieme a un cucchiaio di granella di nocciole. Aggiungete il burro fuso e un cucchiaio di nutella. Mescolate il composto, quindi versatelo in uno stampo a cerniera stendendolo in maniera uniforme su tutta la base. Ponete in frigo per una ventina di minuti. Nel frattempo mettete in una ciotola il formaggio philadelphia e la nutella. Mescolate fino a ottenere una crema liscia. Montate la panna e aggiungetela al composto. Versate la crema alla nutella sulla base di biscotto e livellate la superficie. Ponete in frigo per almeno 3 ore. Togliete la torta dallo stampo e guarnitelo con la granella di nocciole.


08 APRILE - 22

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dare in “Maramandra” Possiamo prima persona il candidato a un nostro sostegno a Lele Nucera e alla premio RAI BirdLand Production inquadrando il codice QR con il nostro smartphone e vedendo il cortometraggio!

Le fatiche di Lele Nucera e della scuola di cinematografia della Locride BirdLand Production potrebbero presto essere premiate con un riconoscimento di primo piano. Il cortometraggio “Maramandra”, infatti, girato a Siderno nell’inverno del 2016, è stato selezionato tra più di 130 opere cinematografiche al Festival Internazionale Film Corto “Tulipani di Seta Nera”. Par garantire alla produzione locridea di avere successo nella competizione e conquistare il Premio Sorriso Diverso messo in palio da Rai Cinema, non dovete far altro che inquadrare il codice QR con il vostro smartphone per vedere il cortometraggio. Si aggiudicherà il premio, infatti, a pellicola che all’esito del contest avrà totalizzato il maggior numero di visualizzazioni.

Buone pratiche locridee Gioacchino Criaco e Mimmo Lucano si uniscono in questo abbraccio fraterno, un unico scatto mette insieme due storie diverse, due storie di sofferenza e amore per il nostro territorio, due volti che tanto ci piacciono della nostra Locride.

Una vita al Festival Gigi Sarroino ci ha inviato questa foto scattata durante il Festival di Sanremo in cui posa con il gruppo rivelazione di questa edizione, “Lo stato sociale”, che hanno concorso con una canzone dal tema che ben si adatta allo stile di vita di Gigi!

L’albero di Giorgini In occasione della Pasqua la Macelleria Giorgini di Siderno ha voluto abbellire il marciapiede antistante alla propria attività con l’istallazione di questo meraviglioso albero di ulivo, un esempio di arredo urbano che migliora la città.

Le ragazze immagine Ecco a voi Giorgia e Caterina, i due splendidi volti che vi accoglieranno all’ingresso dello Yogorino, sul corso di Siderno.

I like this pranzo Franco da Cassano delle Murge approda alla Vecchia Hosteria venendo immortalato con il conosciutissimo Michele al termine di un pasto così lauto da convincerlo a fare una foto attraverso la quale dimostra di essere sopravvissuto.


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P O C S O L’OR

Vi ritroverete a fare i conti con la intensa quadratura di Marte che, dall’esaltazione, vi domanderà coraggio, senso di responsabilità e tanto impegno. Continuate a raccogliere le idee e soluzioni che poi metterete in pratica nella seconda parte del mese.

Una Svelata da spettatore Pino Longo, che per moltissimi anni ha ricoperto il ruolo di colui che toglieva il velo alla Madonna durante la manifestazione della Svelata, a Siderno, posa in questa foto con Tommaso Marvasi durante la prima manifestazione che ha vissuto da spettatore.

Generazioni a confronto Nonno Cicco, classe 1930, il figlio Eugenio, classe del 1964 e il nipote Francesco, classe 1998 non sono solo una splendida famiglia, ma rappresentano un singolare caso di simmetria generazionale, considerato che ognuno di loro passa esattamente 34 anni al figlio!

Sembrate vivere una situazione piuttosto fortunata, un momento fatto di Venere, ma anche del calore e dell’energia di un Marte che vi ama. Per questo non sembra esserci alcun bisogno di vivere protesi in avanti, per questo concentratevi sull’adesso.

Farete spesso a pugni con le regole, con tutte quelle energie che servono a ribellarsi a un presente che proprio non vi convincerà, eppure sarebbe meglio non fare nulla. O almeno, non prima che Mercurio ricominci a funzionare, dalla metà della settimana. Non fatevi spaventare dalle difficoltà che avrete nel dialogare in modo rilassato e costruttivo con le persone vicine, con chi amate, con chi condivide con voi un progetto speciale. Decidete di usare sempre e comunque la dolcezza, la sacrosanta diplomazia.

Pasquetta a suon di musica L’attore Antonio Tallura e Peppe De Luca, degli “Invece”, posano assieme ai “Marvanza” a margine del concerto che ha concluso la “Fiesta” sidenrese la sera di Pasquetta.

Quando l’unione fa la forza Maria Bizzantini e il gruppo dell’Arcipesca di Siderno fa fronte comune con Antonella Ierace e l’associazione gemella di Caulonia per garantire la sicurezza dei sidernesi durante le festività pasquali.

Aundi ennu ennu, i cosi… Una menzione particolare per la sguta di Siderno la meritano certamente i pasticcieri Mimmo Guttà, Graziano Ridenti ed Enrico Cusenza, elementi indispensabili a battere il record di quest’anno!

Un Panetto di sguta Un noto rappresentante di Forza Italia che ci ha chiesto di rimanere anonimo ci ha inviato questa foto di Mimmo Panetta che si inginocchia con fare furtivo accanto alla sguta sfidandoci a pubblicarla. Pietro, sei stato accontentato!

Organizzatrici ben accolte Mariella e Rossana, della MC Music Comunication, sono le menti dietro l’organizzazione dei concerti che hanno chiuso la “Fiesta” e sono rimaste piacevolmente colpite dalla grande ospitalità dei sidernesi.

È iniziato un mese piuttosto generoso con voi grazie ai tanti pianeti che vi consentiranno di sentirvi più forti, più sicuri di ciò che siete e che fate. Abbiate però la pazienza di attendere che qualcuno risolva da solo dubbi e incertezze. Affronterete gli eventi con troppa energia o velocità, finendo per scontrarvi con limiti e forze che vi ostacolano, di cui dovrete tenere conto. Per fortuna Venere vi aiuterà ad adattare ogni cosa al presente, accorciando e allungando il vostro modo di essere. Farete i conti con le retrogradazioni di Saturno e di Plutone, che determinano piccoli maremoti emotivi che dovrete provare a tenere sotto controllo per non sbagliare. Per contrastare questo caos aggrappatevi alle cose importanti e alle persone che contano. Avrete spesso voglia di capire, di dimostrare a voi stessi stabilità e precisione, qualcosa che gli altri sapranno apprezzare molto bene, ma che, per cause coincidenti, non potranno dimostrandovelo se non dalla fine della settimana. Continuate così e pazientate. Vivrete ancora qualche giorno di quella tensione con cui è iniziato il mese, con persone non sempre adatte al loro ruolo, non sempre capaci di vivere e di accettare gli eventi con leggerezza. Perseverate, perché il resto di aprile promette di regalarvi molti piaceri. La vostra sfida sarà proprio quella di saper tenere a bada le grandi forze che tifano per un’azione incondizionata evitando così di commettere errori e sbagli che i pianeti incerti rendono probabili, quasi sicuri. Date libero sfogo all’intraprendenza. L’Acquario farà i conti con l’adattarsi a vecchi e nuovi moti retrogradi che imporranno scelte, nuovi stili. Se Giove vi avrà convinti a non pretendere troppo dal momento, Marte si nasconderà archiviando passioni e forze. Ma solo per il momento.

Alimentati dalla passione Franco Carnevale, Mimmo Guido ed Ernesto Riggio, due estremità bivongesi alle quali si inframmezza un esponente di Guardavalle, si occupano allo stesso modo di alimentari, diffondendo il verbo dei prodotti calabresi il più lontano possibile.

Continuerete ad affrontare le giornate pigramente, sonnecchiando alla luce della primavera, ignorando tensioni e premure non condivise da parte di qualcuno. Per poi accendervi di passione e di coraggio proprio quando qualcosa, accanto a voi, riprenderà a funzionare.



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