Riviera n°15 del 12/04/2015

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UNA STORIA BELLA

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DOMENICA 12 APRILE

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La mia sinistrain nome diVirgilio, Rocco, Nicola, Pasquino

C’

è più di un motivo che mi spinge a lasciare la redazione di questo “mio” meraviglioso settimanale e candidarmi a umile consigliere comunale della mia città. Siderno, che mi ha tramandato il rosso vivo e la coerenza di Virgilio Condarcuri, l'antifascismo totale di Rocco Ritorto, la verità cristallina e cruda di Nicola Zitara, la piazza del popolo di Pasquino Crupi - che pur non essendo di Siderno, riteneva Siderno il lume laico dell'intera Calabria - Siderno, dicevo, oggi mi chiede un conto salato con l'iva al 22% e la mancia. I muratori, i piastrellisti, gli imbianchini, gli elettricisti, i carpentieri, gli artigiani indipendenti, gli outsider, i moltissimi disoccupati eccellenti, gli ultimi hanno bisogno della mia sinistra, che la mia sinistra si metta dalla loro parte affinché le umiliazioni subite possano trasformarsi in qualcosa di positivo, in stimoli. Siderno può e deve diventare una fucina di progetti, solo così potrà trapassare una congiuntura orripilante che l'ha vista protagonista in negativo. Sono convinto che la Fabbrica di Idee di Pietro Fuda e della colazione di centrosinistra darà delle risposte sia in ambiti progettuali che culturali, che la fase di decadenza si trasformerà in un cantiere ideale che

permetterà a Siderno di ritornare a essere la punta avanzata della Locride, e fors'anche di più. C'è un passaggio in “Chiedi alla Polvere”, capolavoro di John Fante e dell'intera letteratura americana - quando l'umile protagonista del romanzo leva lo sguardo sul deserto californiano - che confeziona in modo eloquente ciò che oggi mi spinge a dare una mano alla città più dinamica della Locride: «Davanti a me c'era la muta tranquillità della natura, indifferente alla grande città; oltre queste strade, attorno a queste strade, c'era il deserto che attendeva che la città morisse per ricoprirla di nuovo con la sua sabbia senza tempo. Fui sopraffatto dalla consapevolezza del patetico destino dell'uomo, del terribile significato della sua presenza. Il deserto era lì come un bianco animale paziente, in attesa che gli uomini morissero e le civiltà vacillassero come fiammelle, prima di spegnersi del tutto. Intuii allora il coraggio dell'umanità e fui contento di farne parte». Ho parlato di questo mio patetico destino, della volontà di fare qualcosa per tenere lontano il deserto da Siderno, dei lavoratori e dei disoccupati con la redazione di Riviera, Mimmo Panetta e Pietro Fuda. Loro hanno annuito e sorriso. A me sono sembrati sinceri. Ercole Macrì


RIVIERA

ATTUALITÀ

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GIUDIZIARIA

Puerto Liberado a cocaina giungeva stipata all'interno di carichi “puliti”. Stava a dei presunti dipendenti infedeli che lavoravano nel porto di Gioia Tauro provvedere al recupero della droga e farla uscire indenne dai controlli presenti nello scalo tirrenico. La Procura di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione "Puerto liberado", per la quale a breve avrà inizio l'udienza preliminare, ha ritenuto di aver individuato un meccanismo dove soggetti di interesse operativo si muovevano agevolmente all'interno del porto, avevano la possibilità di interfacciarsi direttamente con i lavoratori, scegliere chi e in che veste reclutare per la formazione delle squadre. L'inchiesta avrebbe svelato, sempre a dire degli inquirenti, i presunti meccanismi e gli uomini che avrebbero permesso logisticamente l'importazione della cocaina proveniente dal Sud America. In un caso gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria e del Goa della Guardia di finanza, coadiuvati dal personale del Comando provinciale Reggio Calabria, hanno intercettato un soggetto mentre tentava di allontanarsi trasportando a bordo di un furgone sedici borsoni contenenti 560 kg circa di cocaina purissima. Alla scoperta del vorticoso intreccio tra presunti dipendenti infedeli gli inquirenti sono giunti decodificando dei messaggi criptati. Messaggi che arrivavano blindati da un sistema di cifratura complesso e articolato, reso incomprensibile ai più da un codice alfanumerico che però i portuali “infedeli”, e soprattutto chi con loro su Gioia si interfacciava, conosceva alla perfezione. Ma la chiave di quel codice, come detto, sono riusciti a trovarla anche i finanziari, che sono riusciti alle utenze di personaggi inesistenti in uso a degli indagati e a sequestrare dei carichi di sostanza stupefacente. Un dato importante, venuto fuori nel corso della lunga indagine antidroga, riguarderebbe l'ideazione di nuove metodologie e rotte per le spedizioni messe in pratica da soggetti monitorati, che avrebbero prima testato con “carichi pilota” di scarsa quantità e qualità, per controllare se la droga riusciva a passare i controlli, e poi, una volta assicurati della positiva riuscita di scarico, si programmava un'importazione più sostanziosa. La certosina attività d'indagine, espletatasi con ritmi serrati, ha consentito di rilevare come i nuclei familiari degli odierni indagati presentassero una globale situazione reddituale del tutto iniqua rispetto al patrimonio posseduto, chiara attestazione della sussistenza di un'evidente sperequazione tra reddito dichiarato e tenore di vita degli indagati. Nell'ambito dell'inchiesta il Tribunale reggino, su richiesta della Dda, ha disposto il sequestro preventivo di numerosi beni, tra cui: 14 autovetture, di cui una blindata; 25 fabbricati, di cui tre ville con rifiniture di pregio; 33 terreni; 10 imprese, operanti nel settore dei trasporti, materiale edili, prodotti medicali, sale giochi, agricoltura e allevamento. Rapporti bancari, postali e assicurativi. Il valore del patrimonio sequestrato ammonterebbe a circa 10 milioni di euro, al netto delle eventuali disponibilità finanziarie che saranno rinvenute sui conti correnti e\o depositi dei proposti.

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Scuola“Pedullà”, un cantiere perennemente aperto

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LIDIA ZITARA

A vederla sembra il set di qualche film ambientato nel più classico cliché di un profondo sud abbandonato a se stesso, povero, morto di fame, cadente, vecchio, morente.

assurdo regna ormai sovrano a Siderno: buche profonde che solcano le strade come cicatrici, semafori impazziti finiti in terapia psichiatrica, alberi capitozzati e “lavori in corso” più o meno ovunque. In pieno centro, sul corso Garibaldi, a venti metri di distanza in linea d'aria, troviamo due situazioni opposte: la scuola media “Gesumino Pedullà”, lasciata abbandonata dopo qualche lavoro, e i tigli drasticamente potati in un eccesso di “pulizia” che, se non è colpevole, è quantomeno sospetto. La scuola media è da tempo un cantiere, eppure gli alunni vi si recano egualmente per le ore di Educazione Fisica, percorrendo un lastricato ormai sconnesso e in preda all'aggressivo dilagare di rovi e altri cespugli invasivi . Sono la prima ad amare gli incolti e i délaisseé, quando questi rappresentano un valore estetico o produttivo per la comunità, ma non c'è niente di bello attorno alla scuola media, nulla di romantico o dal sapore di selvatico, solo erbacce aggressive e cemento sgretolato. A vederla sembra il set di qualche film ambientato nel più classico cliché di un profondo sud abbandonato a se stesso, povero, morto di fame, cadente, vecchio, morente. Non sono problemi che possano essere risolti con un paio di passaggi di gliphosate o di decespugliatore: la scuola è in manutenzione da anni e lo sarà per molto tempo a venire. I dubbi su una corretta gestione degli edifici scolastici ci sorgono pensando a quanto sia diminuito il numero degli studenti in questo decennio (il rapporto Svimez 2014 parla di un record negativo -anno 2013- di appena 180 mila nascite) e a quante strutture sottoutilizzate o addirittura vacanti esistano. Non è ben chiara la ragione per cui alcuni istituti siano strapieni e altri semidesertici, e perché anche per le classi ci sia questa discrepanza. Al momento Siderno sta implorando l'assegnazione di edifici pubblici, di proprietà comunale o provinciale, come punti di aggregazione sociale e culturale. Nulla si è riusciti a ottenere se non vaghe promesse. Si attendeva l'ultimazione dei lavori alla scuola media “Pedullà” in modo da poter liberare altri edifici al momento utilizzati come sedi

Abbandonata e in preda alle erbacce, i lavori completati sono già cadenti

vicarie, ma se i lavori procederanno a questo ritmo la scuola non sarà finita neanche tra dieci anni. Ma spostandosi con un salto dello sguardo da un estremo all'altro del campo visivo, e osservando il marciapiedi, i tigli capitozzati fanno capire quanto i problemi di intervento alla scuola non siano tanto un problema di tempo, disponibilità economica del dissestato comune, o di organico disposto. Tutt'altro! I tigli campeggiano ora di fronte a voi, completamente maciullati da tagli incompetenti e criminali. Ci chiediamo il perché, visto che poco distante c'è una situazione di perenne emergenza. Non conto più le volte in cui - da questa e

altre testate - è stato richiesto di avere una rendicontazione sulle disposizioni del comune in merito alla gestione del verde pubblico, i nominativi degli incaricati della manutenzione, e le ragioni di così frequenti capitozzature durante il periodo in cui la legna da fuoco inizia a scarseggiare. Richiediamo ai commissari, di voler intervenire celermente per porre fine a tale scempio che puntualmente si ripete sotto gli occhi di tutti e di cui possiamo dare contezza qualora richiesto, di individuare le ragioni di tale aberrante costume da parte di operai del comune, e di accertare eventuali responsabilità . Ma siamo sicuri di rimanere inascoltati e porgiamo la palla ai candidati a sindaco per le future elezioni.

I tigli campeggiano completamente maciullati da tagli incompetenti e criminali.

Il commento di Cosimo Pellegrino, presidente dell'ALB: “Questo stato di cose è determinato dall'assenza di volontà politica: se c'è la volontà politica tutti i tempi si accorciano, anche quelli tecnici. La scuola media non è una grande opera: è evidente che qualcuno ci sta speculando sopra. Noi non siamo rappresentati”.



RIVIERA

LA COPERTINA

INTERVISTA IMMAGINARIA

Un ragazzo reclutato dalla CIA - Egregio collega, posso darti del tu? - No. - Grazie. - Prego. Sbrighiamoci, il tempo gira come una betoniera! - Egregio collega, abbiamo un’esclusiva su di lei. Ci hanno detto che da ragazzo è stato reclutato dai servizi di intelligence americani… - Sì, volevano farmi diventare una spia, ma poi mi hanno buttato fuori. - Perché? - Alla domanda su quali posti volessi visitare, io ho risposto: le riserve indiane. - Dopo una risposta simile nessun servizio di intelligence l’avrebbe voluta, al massimo un servizio di cretinity. - Ma tanto dopo li ho buggerati! - E come? - Ho detto che Obama è gay ai microfoni di Radio Padania. - Ahhhh, ecco! Obama ci sarà rimasto male! - Mah, non mi ha neanche telefonato in diretta

per smentire! Non so perché, con la Isabella ci stiamo ancora ragionando. Forse perché da loro c’è un orario diverso. Che poi, io questa cosa che in un posto può essere giorno e in un altro notte, non l’ho mai capita del tutto. Deve essere una cosa legata agli alfabeti, sai che certi popoli scrivono i numeri in modo diverso? Ad esempio quei puzzoni degli Arabi scrivono al contrario, invece di scrivere 12, scrivono 21. Pure in America mettono il mese prima del giorno… sono cose che sballano tutti gli orari! - …ehm, ma magari dipende da altro, tipo dalla rotazione della terra? - Hai ragione! Deve avere a che fare con i segni zodiacali! Devo chiedere a quel terrone di Fox! - O magari dall’inquinamento… - Sai cos’è, secondo me? - No, cosa? - Il buco dell’azoto. L. Z.

LABELVAU

LIDIA ZITARA

C

ome amante della conoscenza, donatrice di organi e midollo, mi auguro che Salvini compia un atto di generosità verso la Razza Umana, donando il suo corpo alla Scienza. Possibilmente da vivo. Di certo la sua testa non sarebbe portata al museo Lombroso, accanto a quella del brigante Villella, ma probabilmente sarebbe conservata in una teca sottovuoto, in attesa che una razza aliena arrivi sulla Terra dopo l'estinzione della vita, e la studi con i metodi che oggi non possediamo. Non saremmo stupiti se la teca si animasse e finisse in una puntata di “Futurama”, oppure se qualche scienziato alieno volesse utilizzarla per costruire un Frankenstein intergalattico. Un piede palmato, la pelle blu e la testa di Salvini. Direi che ce ne sarebbe abbastanza per Stephen King e Bram Stoker. Potrebbe essere resa nota al mondo una grande verità, che la testa di Salvini è totalmente vuota e che il resto è un ibrido geneticamente modificato tra Fracchia e Pacciani. Occorrerebbe la penna di William Golding o quella di George Orwell per descrivere l'orrore che si cela dentro un personaggio come Matteo Salvini, un orrore che è tutto sociale, un mostro generato dal sonno della ragione. Della sua biografia la cosa che colpisce immediatamente è la sua passione per i quiz televisivi. In “Criminal Minds” sarebbe sicuramente stata oggetto di studio da parte dei criminologi. Non è un caso che ami il mondo della tv e l'establishment televisivo, perché tutto il suo modo di far politica è un trash-show, uno scontro di prua tra “Forum” e “Uomini e Donne”. Volete sapere come finirà? Che a Bergamo l'assicurazione auto continuerà a costare un terzo rispetto a Reggio Calabria, la Lega non farà nessuna secessione (perché non ha mai voluto farla, sin dai tempi di Miglio) e Salvini si ritirerà dalla politica per condurre l'Eredità o “I fatti vostri”

(sempre che non venga rapito dagli alieni). Il sogno dei politici post-Berlusconi non è fare il calciatore, ma il conduttore televisivo: si guadagnano meno soldi, ma è meno faticoso, e poi dura una vita intera. Nel frattempo si diventa famosi dandosi alla politica, facendo emergere il temperamento che piace all'elettorato, che è anche pubblico televisivo. Ciò che conta è riempire il momento, tra una pubblicità e l'altra, con quello che capita. Una scoreggia, un rutto, una grattata agli zebedei. Quanto più triviale è linguaggio, tanto più gratificante sarà da un punto di vista mediatico e di presa sul pubblico. Perché il pubblico ama che le persone di potere siano triviali: è un modo come un altro per non sentirsi tagliati fuori da ogni speranza di successo nella vita. È così che “ottiene il consenso” : allisciando gli elettori, blandendoli, per poi insaponarli e metterglielo in quel posto. Mentre stava conducendo la sua “battaglia” per spianare i campi rom e sinti a Milano, a Salvini è capitata una gran botta di culo: qualcuno a Focà di Caulonia ha saldato i cancelli per non far entrare i profughi, che essendo “negri” hanno come minimo l'Ebola, l'Aids, l'H1N1, la Sars e probabilmente una negritudine contagiosa. Ingegnosi i genitori di Focà, però! L'artigianato non è morto! A Salvini non sarà sembrato vero di poter unire l'utile col dilettevole: cioè poter dire “bravi!” e far passare per razzista l'intera -odiata- Calabria (i genitori di Focà hanno ampiamente dimostrato di esserlo). Perché attenzione, Salvini sa che un gesto così sarebbe stato cassato dall'opinione generale di tutti. Dicendo “bravi” ai genitori di Focà, non voleva certo complimentarsi con loro, ma fargli fare una magra davanti a tutta l'Italia. E c'è riuscito. Gli sfavorevoli all'immigrazione sono logicamente razzisti, e quindi lo sono anche contro i calabresi. I favorevoli avrebbero in ogni caso biasimato il gesto. Prima il dovere (spiaccicare rom e sinti di Milano sotto le ruspe), poi il piacere (insultare i calabresi). Grazie, genitori di Focà.


SETTIMANALE

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Preghiera di un uomo che non crede ILARIO AMMENDOLIA

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UMANA

ier Paolo Pasolini aveva capito, molto prima degli altri, che il capitalismo avrebbe ucciso la nostra anima autentica, anzi la parte migliore di noi. Comprese che la “televisione” e il pensiero unico dominante avrebbero annientato quella parte di umanità che continuava a vivere negli “ultimi” e, contemporaneamente, avrebbe spento la fantasia colorata dei bambini. Ho trascorso l’intero giorno di Pasqua con 209 migranti appena sbarcati sulle nostre coste da zone di fame e di guerra come l’Eritrea, il Sudan , lo Yemen. Ci sono famiglie che hanno chiesto e ottenuto di ospitarli. Tra queste una giovane signora di Focà, Rosalbina. Una lavoratrice modesta quanto umile, che con infinita dolcezza chiedeva di prendersi cura di alcuni bambini portandoli a casa sua. Lei era la “Resurrezione” di Pasqua perché “Cristo” non è una statua. Non c’è peggiore offesa che ridurlo a un idolo di creta. “Cristo” o è vivente o non è! Non esiste se non vive e non si fa Uomo nell’ammalato, nel carcerato, nel clandestino, nel morto ammazzato, nel disoccupato, nell’emarginato, nell’essere umano spogliato della propria dignità Personalmente ho ricevuto dagli “ultimi” molto di più di quello che avrei saputo e potuto dare. Se fossi stato un cattolico, avrei detto di aver visto nitidamente, il giorno di Pasqua, il volto della “Madonna” impresso sulla pelle nera di una madre che non riusciva più a stare in piedi. Sostenuta porgeva la sua mammella avvizzita come una foglia secca incartocciata e riarsa alla sua creatura di pochi mesi. Poi, ho sentito suonare a festa le campane: Cristo è risorto! Ma intorno non si vede ancora la Sua “Resurrezione”! Vittime sono gli immigrati che su una barca hanno sfidato il mare, vittime sono coloro che hanno chiuso il cancello di una scuola per tenerli lontani.. Due facce di una identica medaglia! I primi scappano da terre che il “civilissimo Occidente” ha massacrato da oltre due secoli, i secondi sono schiacciati da un sistema economico che li marginalizza in quanto lavoratori e in quanto disoccupati e precari e che, contemporaneamente, li rende subalterni ai valori dominanti perché non hanno risorse culturali alternative per opporsi all’attuale stato di cose. Finiscono con l’essere tutori di un ordine che li schiaccia e di essere soldati in una guerra che li renderà schiavi. Una storia antica che, malgrado tutto, continua, tritando nei suoi ingranaggi carne umana. Sono orgogliosamente calabrese perché non credo ad alcuna razza che non sia quella umana. Amo il mio paese e, in questa circostanza, più che mai. Personalmente ho cercato, per come ho saputo di portare ovunque l’immagine di una Calabria umana e solidale da contrapporre allo stereotipo della Calabria criminale. Ho avuto modo di parlare della Calabria solidale e accogliente in tanti posti d’Italia. Ho provato fierezza quando giornali come il Corriere, la Stampa, il Manifesto, Famiglia Cristiana, l’Avvenire, El Pais, Le Figarò , canali televisivi come Artè hanno parlato con accenni commossi della nostra esperienza di accoglienza. Hanno apprezzato un “progetto” di ri-scatto umano, politico, economico e culturale d’una terra oppressa da lunghi anni. Sono stato orgoglioso quando il ministero dell’Interno ha scelto Caulonia nell’incontro tra gli Stati dell’UE, al Castello dell’Ovo di Napoli, per rappresentare il modello italiano. La lotta dei popoli è la nostra lotta! Oggi, mi mortifica che Salvini abbia nominato il mio paese in una logica razzista. Non accuso nessuno ma avverto le sue parole come una ferita e un’onta e, in qualche modo, mi sento responsabile. L’antitesi non è tra buoni e cattivi bensì tra una Calabria accogliente e solidale, unita su un progetto civile e umano, e una Calabria perfidamente criminale, egoista, insensibile e senza anima. Si comprenda che su questo terreno si giocherà una partita fondamentale. La Calabria ha bisogno di bloccare l’esodo dei propri figli, ma contemporaneamente, dopo un salasso di oltre due milioni di persone, ha urgente necessità di nuove intelligenze, di tanta passione, di infinita fantasia, di nuovi lavoratori. I migranti non sono né santi, né demoni. Sono uomini come lo erano (e lo sono) milioni di nostri corregionali che son partiti (anche clandestinamente) dalla Calabria. L’attuale legge sull’accoglienza è sbagliata perché scinde l’ospitalità dal lavoro. Occorre cambiarla e con urgenza. Ma l’accoglienza e la solidarietà tra gli uomini sono acqua benedetta per innaffiare una pianta provata da una lunga e drammatica siccità! Diceva qualcuno: se i nostri monti saranno verdi, il nostro mare ritornerà azzurro. Un mare che non altrimenti non riescirà più a contenere i morti annegati!


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STORIA

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La vita del Duce nelle mani di un bersagliere calabrese I numerosi dubbi riguardanti il ferimento di Benito Mussolini durante la prima guerra mondiale hanno trovato, di recente, conferma in una testimonianza diretta. La fonte è stata dimostrata dal professor Giuseppe Masi, docente dell'Università della Calabria e riportata dal mensile del Consiglio regionale “Calabria”. Fu proprio Francescoantonio Commisso che allo scoppio di un lanciabombe, soccorse Benito Mussolini privo di sensi tra gli altri commilitoni uccisi e a trasportarlo in barella in un ospedale da campo: “…incontro Benito Mussolini che insieme ad altri avevano aperto il fuoco… forse è stata la penultima granata che, scoppiando nel tubo di lancio, provocò una vera carneficina… e tra questi il povero caporale Benito Mussolini che rimase ferito all'addome e agli arti superiori delle gambe”. L'ex bersagliere calabrese, nato il 15 gennaio 1892 a Gioiosa Jonica, era infatti in forza nel 1927 nell'XI reggimento, nel quale era arruolato Mussolini, allora appena promosso caporal maggiore. Nel suo articolo il professor Masi riporta la scoperta del diario da guerra del bersagliere Commisso, trovato tra le carte di famiglia e nel quale sono raccontati i fatti vissuti, personalmente, il 23 febbraio sulle Alpi Carniche a quota 144 tra il lago di Dorbedò e località Pietra Bassa. In questo diario la storia viene descritta a caldo, con un linguaggio semplice

“Forse è stata la penultima granata che, scoppiando nel tubo di lancio, provocò una vera carneficina. Tra questi il povero Benito Mussoli che rimase ferito all’addome e agli arti superiori delle gambe”

e lineare da colui che ha vissuto a pieno gli orrori della Grande Guerra. Egli faceva parte di quei “poveri cristi” che, costretti a subire le “scelte degli altri”, erano messi sullo stesso piano di “carne da cannone”. Scrive: “È Natale. Secondo Natale di guerra. La data non ha importanza di rilievo. Ricevo qualche cartolina illustrata, ma purtroppo il cuore resta sempre inaridito come queste brulle e tristi pietre che ci circondano.” Nel suo diario il bersagliere racconta inoltre di una barella grondante di sangue che durante il trasporto fu colpita a scheggiate da una pallottola nemica: “Privo di sensi lo adagiamo sulla barella già intrisa di sangue.” Il ferimento del futuro Duce non aveva infatti, fino ad ora, trovato delle testimonianze concrete che potessero affermare le dinamiche della sua salvezza. Ma è lo stesso Duce a confermare i soccorsi. Nel suo diario infatti si legge: “Fui investito da una raffica di schegge e proiettato parecchi metri lontano. Non posso dire di più. So che venni raccolto quasi subito da altri bersaglieri accorsi, adagiato in una barella, trasportato a Dorbedò…” Un più ampio studio sulla testimonianza è anche comparso in un volume sulla guerra promosso dall'Istituto Calabrese per la storia dell'Antifascismo e dell'Italia Contemporanea di cui il professore Giuseppe Masi è direttore. M. Cristina Caminiti

“Fui investito da una raffica di schegge e proiettato parecchi metri lontano. Non posso dire di più. So che venni raccolto quasi subito da altri bersaglieri accorsi, adagiato in una barella, trasportato a Dorbedò”



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LA SETTIMANA

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Luci, strade e gallerie Signori, alziamo le mani e ammettiamo la nostra sconfitta davanti alle “opere stradali” settentrionali. Un senso di sconforto giunge al cuore dei viaggiatori mentre percorrono le strade e le gallerie che caratterizzano la nostra regione, ma la tristezza raggiunge l'apice soprattutto quando ci si trova davanti alla bellissima e “illuminatissima” galleria della Limina. E il confronto con il Passo di San Boldo in provincia di Treviso diventa inevitabile. Nessun commento, nessuna considerazione, ma solo sgomento e tanta tanta amarezza.

Una mattinata alle Poste… volenti o nolenti Brutta disavventura in settimana per i clienti della succursale delle Poste in Corso Matteotti a Siderno. Clienti e personale, infatti, sono rimasti bloccati all'interno dell'ufficio a causa di un malfunzionamento della porta d'ingresso che gli ha impedito di uscire. Un fabbro, immediatamente accorso sul posto, starebbe ancora cercando di forzare la serratura e liberare clientela e personale, permettendo al contempo a chi è rimasto invece chiuso fuori di entrare per poter usufruire del servizio.

Locri: la protesta degli studenti del Liceo Classico

Niente lezione giovedì mattina per gli studenti del Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri. Stanchi del cattivo stato in cui versa il palazzo, gli studenti, che da mesi si sentono dire dagli organi preposti che i lavori di messa in sicurezza della struttura termineranno quanto prima, hanno deciso di non entrare in aula inviandoci le foto delle reti e delle impalcature prive di qualsivoglia norma di sicurezza. Le attrezzature edili non solo non sono sorvegliate dagli operai, ma sono state persino divelte dal vento degli ultimi giorni, che ha messo ulteriormente in pericolo l'incolumità dei ragazzi. Eravamo stati la scorsa settimana all'Ivo Oliveti, in occasione delle giornate dello studente e avevamo sorriso dinanzi alla buona volontà di questi giovani che portavano vernice e pennelli pronti a darsi da sé un ambiente più decoroso. Vista la buona volontà di allora, possiamo solo immaginare a quale livello di esasperazione siano arrivati gli studenti per aver preso una decisione così drastica.

È il Museo di Reggio Calabria il più visitato del sud Italia Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria è il più visitato del sud Italia. Tra i poli museali a sud di Roma, infatti, si attesta come il più frequentato con i suoi 195.998 visitatori dell'ultimo anno, cifra che gli vale la 39esima posizione tra i 100 musei più visitati del Paese. È quanto emerge dalla classifica annuale stilata dal giornale d'arte The Art Newspaper. Firenze si conferma la città con i musei più visitati grazie agli Uffizi, seguita dalla Capitale, Napoli e Venezia.

Locri: sprofonda viaTevere Nella mattinata di mercoledì una maxi voragine lunga oltre 10 metri si è spalancata in via Tevere a Locri, nei pressi del campo sportivo. Un camion, che procedeva lungo la traversa di via Cusmano, è sprofondato nel terreno, rimanendo incastrato nella

maxi buca, mentre una Fiat Panda è riuscita a fermarsi in extremis sull'orlo del precipizio. Immediatamente soccorsi, i conducenti dei due mezzi non hanno riportato ferite serie, ma l'autista del camion è rimasto ricoverato mezza giornata in ospedale.

Francesco Modafferi: un grande uomo, un grande politico In occasione della ricorrenza del VI anniversario della morte del professore Francesco Modafferi si è svolta a Gioiosa Ionica, nella splendida “sala degli specchi” di Palazzo Amaduri, una celebrazione in suo onore rivolta, a ricordo del suo egregio lavoro in qualità di sindaco del paese e alla donazione dei libri da lui scritti e gelosamente custoditi. Da martedì 7 aprile, infatti, saranno disponibili presso la biblioteca comunale del suddetto Palazzo. Ma partiamo dall'inizio: Chi era Francesco Modafferi detto simpaticamente “Ciccio” e cosa ha fatto per Gioiosa? Egli era un padre di famiglia, come tanti, insegnante di professione assegnato alla scuola elementare di Bombaconi, frazione di Grotteria; fervido comunista e con principi ben solidi, nel 1975 si candida per la carica di sindaco di Gioiosa Ionica vincendo le elezioni comunali. L' onestà, i valori, la caparbietà annessa alla civiltà sono state le caratteristiche peculiari che lo hanno contraddistinto, come uomo, come padre, come politico. La situazione del paese in cui esercitava le sue funzioni politiche non era certamente idilliaca a quel tempo, ma lui non ebbe alcun timore né la minima esitazione a schierarsi dalla parte dei deboli, dalla parte della giustizia. Sandro, il terzo genito, lo ricorda così: «l suoi libri li dedicava sempre agli oppressi». Quasi, io credo, come volesse dire “io ci sono, non siete da soli”. La vicenda del mugnaio di Gioiosa Ionica, ucciso per il “no alla mazzetta e le denunce contro il clan degli Ursini”. Una storia che incrocia le grandi battaglie contro la 'ndrangheta degli anni '70. Era il 27 dicembre 1975, quando sotto la sua guida, Gioiosa scende in piazza senza veli per protestare contro la criminalità organizzata, con lo sciopero cittadino, il primo

in Italia. O ancora, quando con voto unanime, il 24 gennaio del 1978 deliberò di costituirsi parte civile nel processo contro i presunti esecutori del delitto Gatto, divenendo il primo Comune nella storia a ribellarsi contro le cosche. Francesco Modafferi fu il protagonista di questa protesta, insieme al Capitano dei Carabinieri Gennaro Niglio e il prete del dissenso, Natale Bianchi. Una vera e propria lotta contro la mafia, in tanti al suo posto forse si sarebbero dimessi, ma lui ha continuato a lottare sino a che ha potuto, sino alla fine, mettendo a repentaglio la sua stessa vita e quella dei suoi cari. La moglie e madre esemplare, colonna portante della sua famiglia, sempre al suo fianco, dedita al suo lavoro, anche lei insegnante ma soprattutto sempre pronta ad affiancare il marito e sostenerlo, con coraggio e determinazione nelle situazioni più dure che gli si sono poste innanzi, dandogli così conferma che ciò in cui credeva e per il quale era disposto a rischiare era vero. Una donna, raffinata e distinta, questo è il mio ricordo di lei: sempre gentile e affettuosa, il cui ruolo è stato fondamentale nella vita di Modafferi. Ciò che rimane a noi oggi non sono soltanto i suoi libri, importanti e interessanti per la tutta la comunità gioiosana perché contengono un pezzo di storia del nostro paese, ma, cosa che conta veramente, l'esempio tangibile che lui ha voluto darci, i valori e principi che ci ha trasmesso, il coraggio che ogni giorno ci spinge a urlare sempre più forte le parole libertà e rispetto. Grazie professore per la sua cura e l'affetto verso Gioiosa Ionica; grazie perché ci ha insegnato che in ogni cosa, nella vita, bisogna prima crederci e poi combattere, costantemente, fino alla fine. Katia Candido



ATTUALITÀ

Ricostruire l’immag Gli ordinativi alle aziende manifatturiere e altri indicatori fanno presumere che l'Italia si stia avviando verso un ciclo di ripresa economica. Nelle prossime settimane e mesi sapremo se è vero. Ma la Calabria e il Mezzogiorno non possono aspettare. Siamo ad un bivio: o agganciano la ripresa in modo forte e deciso o saremo condannati a una povertà strutturale e a una sempre più feroce marginalità. È vero, in passato Calabria e Sud, pur non agganciando la ripresa, riuscirono a sopravvivere. Ma è anche vero che l'handicap fu (ri)cucito dall'intervento finanziario pubblico che ci consentì di restare aggrappati al resto del Paese sia pure con un livello di vita di qualità inferiore alle possibilità medie. Oggi questo tipo di supporto non è più possibile, perché è cambiato radicalmente il contesto in cui vive e si muove la finanza statale. Un solo esempio: una volta legge finanziaria e leggi speciali ridistribuivano soldi verso il Sud; oggi le leggi di stabilità e gli altri strumenti di intervento drenano risorse dal Sud spostandole verso altri territori, definanziando le misure già decise ma non realizzate. Gli

interventi e quindi i soldi, dalle nostre parti, restano quasi sempre nei documenti di programmazione. Soldi e risorse che non nascono sul nostro territorio o scontano il ritardo abissale tra l'idea e la sua realizzazione diventando obsoleti e inutili per la comunità. Questo scenario impone una scelta alle classi dirigenti del meridione e, soprattutto, della Calabria, la terra più povera e meno attrezzata del Sud rispetto a quel che serve. O riusciamo a rilanciare un meridionalismo positivo e consapevole e quindi idee, efficienza, coscienza dei limiti e delle responsabilità gravi che abbiamo accumulato in passato, promuovendo una sfida alta al resto del paese o mancheremo un altro appuntamento storico che ridimensionerà e allontanerà ancor di più la Calabria dalla vita degli altri italiani. Ci resterebbe come unica alternativa una sfilza di richieste populiste che verrebbero bocciate con l'accusa che siamo terra di sprechi e parassitismo. Lo abbiamo già detto in mille salse. Sud e Calabria non ce la possono fare senza il supporto del resto del Paese. Abbiamo diritto a quel supporto. Ma possiamo chiederlo solo se mettiamo

La ripartenza del governo dai luoghi di crisi: le regioni del sud

L’accordo di partenariato tra Italia e Commissione europea in materia di fondi è stato sottoscritto, ma è un accordo di cartapesta, perché i programmi operativi delle Regioni della convergenza sono rimasti fuori, in quanto ancora non sono arrivati a Bruxelles.

Il governo è in fibrillazione: c'è il sud in crisi per la mancanza dei fondi strutturali utili a per decollare sulla strada della crescita e dell'occupazione, c'è un personaggio per il quale occorre trovare in fretta un'adeguata collocazione, la senatrice Anna Finocchiaro, sacrificata al Quirinale in favore di Sergio Mattarella, per la quale si pensa di creare il “Ministero del Sud” rottamando il Ministero agli Affari Regionali, ora che Maria Carmela Lanzetta si è dimessa. Quest'ultimo sarebbe però un ministero senza peso se non fossero disponibili i fondi dell'Unione europea e quelli del cofinanziamento nazionale, che per il sud è pari al 50% dei fondi strutturali, sempre che il governo disponga di questo importo, altrimenti, come si suol dire: “non si possono fare le nozze con i fichi secchi”. Il dramma è proprio il Sud, che non decolla senza le risorse comu-

nitarie e quelle del cofinanziamento nazionale. Un bel pasticcio, perché l'accordo di partenariato tra Italia e Commissione europea in materia di fondi è stato sottoscritto, ma è un accordo di cartapesta, perché i programmi operativi delle Regioni della convergenza sono rimasti fuori, in quanto ancora non sono arrivati a Bruxelles. Nel mese di dicembre 2014 era arrivato il programma della Regione Calabria, ma la Commissione l'ha rispedito al mittente perché infarcito di errori. In una situazione senza vie di uscita il premier Matteo Renzi pensa a un tour per spingere la ripresa dalle zone dove la crisi si fa sentire di più, come nelle regioni del Sud. Al Sud c'è però una ricchezza che non viene sfruttata: i 5,5 miliardi di euro non spesi del ciclo 2007/2013. Per l'impiego di questa ricchezza i

tempi di attesa stanno scadendo, perché la loro utilizzazione dovrà improrogabilmente avvenire entro il 31 dicembre 2015, dopo questo ultimo termine “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”, perché quanto non è stato speso dovrà essere restituito di corsa a Bruxelles. Lo stesso tour del premier Renzi nel mezzogiorno d'Italia per spingere la ripresa lascia il tempo che trova se non arrivano i fondi europei e quelli del cofinanziamento nazionale, a meno che il governo non decida di fare adeguate pressioni su Campania, Calabria e Sicilia perché accelerino l'invio dei loro programmi operativi alla Commissione europea. Lo snodo è proprio questo. Con un tour al Sud in queste condizioni il premier Matteo Renzi rischia di essere nuovamente e sonoramente fischiato. Fiorenzo Grollino


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gine della Calabria a posto le nostre cose, se il Paese ha la certezza che abbiamo distrutto le criticità e i meccanismi che continuano ancora oggi a provocare spreco, inefficienza, incompiute, ruberie, mercati illegali, spazi per la criminalità organizzata. Ma proprio perché siamo il punto più critico del Sud e del Paese dobbiamo immaginare un progetto politico che parta dalla nostra terra. La Calabria deve fare tre operazioni e tutte e tre, in qualche modo, oltre che l'insieme della politica e delle forze sociali della Calabria - sindacati, cultura, università, Chiesa e volontariato - coinvolgono più o meno direttamente il Presidente Oliverio. Intanto, la Calabria deve avviare un'iniziativa strategica definendo una proposta capace di coinvolgere tutto il Mezzogiorno. Ma non basta. Serve credibilità. Il presidente Oliverio e il PD, centro del Governo di Roma e di una parte rilevante dei poteri istituzionali, devono avere il coraggio di una svolta che vada oltre, molto oltre, nell'attrezzare la Calabria, per quanto di sua competenza, a una vera e propria rivoluzione che faccia saltare

tutti i grumi che stanno per tracimare in una tragedia inimmaginabile. Senza questa urgente scelta faremmo solo retorica. Per riuscirci vanno abolite (anche dentro il PD, e aiutando dal PD un rinnovamento dell'intero sistema politico calabrese) le logiche negative che ci accompagnano e che fanno prosperare un sottobosco incapace e poco trasparente. Un insieme che usa nella quotidianità della gestione la Regione e il PD - anzi, tutti i partiti come luoghi di pratiche furbe e prevaricatrici per un esercizio di sfrenato potere. Un blocco di negatività che paralizza la discussione e il confronto democratici su problemi e strategie in cambio di uno scontro tra diffidenze, tatticismi e posizionamenti per obiettivi di potere. La terza mossa è la costruzione di un rapporto positivo col resto del Paese, dove abbiamo poco credito e pessima immagine, e col Governo al quale, con gesti e scelte reali, dobbiamo fare intendere che lo sviluppo del Mezzogiorno e della Calabria non sono una concessione a quelli di laggiù, ma la condizione fondamentale per una crescita stabile e robusta dell'Italia e del suo ruolo in Europa. DEMETRIO BATTAGLIA

Osservatorio Ambientale: “Il Nostro Mare sarà più pulito” L'Osservatorio Ambientale Diritto per la Vita, volendosi occupare a 360° di tutte le problematiche concernenti la qualità delle acque, ha avviato ufficialmente, in vista della stagione balneare, la campagna di monitoraggio “Acque reflue: chiarezza dai depuratori”. La prima fase, si è concretizzata con la presentazione della richiesta d'accesso alle informazioni ambientali sui sistemi di depurazione inoltrata ai comuni dove operano le tante realtà associative afferenti all'Osservatorio Ambientale: Agnana, Ardore, Bagnara, Bianco, Gioiosa Ionica, Mammola, Marina di Gioiosa I., Melito di P.S., Molochio, Portigliola, Riace, Roccella J., S. Ilario sullo Jonio, Siderno. È stato richiesto, alle amministrazioni comunali, di estrarre copia degli atti di elementi fortemente indicatori dell'efficienza dei sistemi di depurazione delle acque reflue urbane: l'autorizzazione allo scarico, la percentuale di allacciamento alla rete fognaria degli abitanti serviti, le analisi di autocontrollo relativi il periodo

compreso tra Gennaio 2014 e Marzo 2015, la planimetria dei sollevamenti e degli scarichi del troppo pieno. È stata interpellata l'ArpaCal, quale ente di controllo, sulle analisi effettuate per i parametri fisici, chimici e biologici dei reflui. Il secondo step, consisterà in un sopralluogo presso gli impianti, dove, i tecnici del comitato scientifico dell'Osservatorio Ambientale, prenderanno in esame lo stato di consistenza generale, visionando anche i quaderni di registrazione e manutenzione, il formulario per lo smaltimento della sabbia, vaglio e fanghi. A conclusione della campagna di monitoraggio “Acque reflue: chiarezza dai depuratori”, l'Osservatorio Ambientale presenterà al pubblico un dettagliato dossier. L' Associazione Diritto per la Vita provvederà a segnalare alle autorità preposte al controllo ambientale i comuni inadempienti alle richieste presentate ai sensi del D.Lgs. 195/2005 e/o quelli dove siano riscontrate gravi anomalie.


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Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14

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Ciao Peppe uomo e bambino Si è fatta buia la Pasquetta di Siderno dopo la notizia della scomparsa dell’architetto Peppe Fragomeni, a soli 59 anni. Un uomo che amava la vita e i suoi piaceri, la buona tavola e il buon vino, ma sopra ogni cosa la sua adorata moglie, Rita Romeo. E adesso il paradiso risuonerà possente il rombo della moto di quell’uomo-bambino.

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LA SCOMPARSA

È morto Cosimo Micelotta, la Bibbia di Monasterace Monasterace piange Cosimo Micelotta, personaggio ben voluto in tutto il paese e conosciuto dai più. Protagonista di una vita non clemente, Cosimo, nelle sue peregrinazioni da Testimone di Geova, aveva inaugurato la pratica di lasciare un passo della Bibbia per ogni cassetta delle lettere dinanzi alla quale passava. La sua bontà e innata simpatia mancheranno a tutti. Monasterace sta imparando a svegliarsi meno buona e con le cassette delle lettere più vuote… Ma Cosimo non sarà mai dimenticato.

IL RICORDO

A Michele Muià

Senatore negli anni 60-70, quando la Goliardia esprimeva solo la gioia di vivere, l'entusiasmo della giovinezza, la solidarietà, il sostegno agli studenti più deboli. Quanti, arrivando dai paesi dell'entroterra, privi di soldi e di esperienza, sono stati da te accolti e ospitati presso la casa dello studente di Messina, dove insieme all'amico "Pirata", riuscivi sempre a trovare un letto di fortuna e un pasto caldo per i compagni! Allegro compagnone, amante della musica e del bello, uomo dai mille interessi l'arte, il teatro, la musica, la caccia, i cavalli, la pesca, il biliardo, le corse… tutte espressioni di amore incondizionato per la vita. Tanto possente di fisico quanto buono, umile, generoso e altruista. In sordina, in un modo o nell'altro, riuscivi sempre a far del bene agli altri, a suscitare un sorriso, a rallegrare una serata tra amici con le tue battute e con la tua chitarra. Per questo tuo modo di essere adesso ti sei arreso alla malattia, non sopportando di vivere una vita-non vita Allora ti salutiamo, Michele, certi che lassù continuerai a rallegrare e ad aiutare gli altri e che ci aspetterai - come all'Università - per accoglierci e guidarci. Adesso riposa in pace. Prega soprattutto per la tua adorata figlia, oggi inconsolabile, affinché possa continuare a vivere con leggerezza e allegria nel tuo esempio. F.I.

AL REPARTO DI RIANIMAZIONE DELL'OSPEDALE DI LOCRI

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ICHELE MUIÀ, LA BONTÀ DI UN UOMO Muore anche chi occupa più spazio nel mondo e tra la gente. Michele Muià, una stazza fuori dal comune e la realizzazione dell'uomo non in se stesso, ma negli altri. E in Mariangela, a cui, nel passaggio inevitabile, ha consegnato lo sguardo e la bontà. Michele, una persona buona che scandiva un'andatura lenta e discreta, che guardava e vedeva la famiglia, gli amici, i compaesani; un osservatore, mai invadente, che stava di lato gustando i piccoli gesti del mondo circostante e il Country, quel battito del folk mediterraneo mischiato al jazz del Titanic che lo hanno accompagnato dagli anni della giovinezza, della sua spensierata giovinezza nell'ateneo Messina, a quelli della maturità lungo e attorno ai luoghi e ai ritrovi “fra amici miei”del più importante paese dell'ultima provincia. Mi ha parlato di lui sua moglie. Aveva il viso dignitoso della sofferenza. Davanti a un caffé e a una lacrima rubata, Michele c'era, da qualche parte, verso il valore infinito che lui ha donato alla vita e a lei. Una chitarra piangeva in silenzio; il caffé ha smesso di fumare. (em)

Grazie dott. Adamo, grazie a tutti i medici e al personale del reparto per le cure prestate, per l'amore profuso, per l'umanità che vi contraddistingue; grazie perchè riuscite a dare sollievo e conforto non solo al paziente, che non è mai un numero ma una "persona", ma anche ai familiari, che non si sentono mai soli. Grazie per non avere mai fretta quando vi si chiede un aiuto o un chiarimento. Grazie perchè vi commuovete con noi al momento del commiato e allora comprendiamo che li avete veramente amati. Grazie ... Ang Franca Ieraci e Mariangela Muià.



RIVIERA

PRIMO PIANO

Bergamotto La lavorazione nel territorio

L’abbiamo chiamato il frutto di Dio e, viste le sue caratteristiche, che potrebbero rivelarsi salvifiche per il nostro territorio, mai un appellativo si potrebbe rivelare così calzante. Nel territorio è già sfruttato, ma per la preparazione di prodotti destinati più per il mercato estero. La Regione non pare rendersi conto del suo potenziale, ma c’è chi la pensa diversamente, e lo dice per esperienza…

Il frutto che vale di JACOPO GIUCA

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i abbiamo già parlato del bergamotto e delle sue eccezionali qualità poco sfruttate proprio sul territorio che gli dà i natali, il nostro. Oggi però vorremmo parlarvi di tre aziende di zona che questo agrume lo conoscono molto bene, e sono state in grado di declinarlo in prodotti straordinari, ognuno dei quali sarebbe in grado, da solo, rilanciare l’economia dell’intera regione. Una di queste belle realtà è l’Azienda Agricola La Spina Santa, per la quale abbiamo contattato Antonino Autelitano, uno dei responsabili della nascita della nota bevanda “Bergotto”. La peculiarità di questa bibita, che sta avendo un discreto successo mediatico e commerciale, sta nel fatto che viene ricavata da una lavorazione che riguarda tutto il frutto e non soltanto la famigerata essenza, tanto che «La Spina Santa - afferma Autelitano - è stata in qualche modo l’azienda pioniera nella

lavorazione del frutto in tutte le sue parti. Oggi, anche grazie a questo prodotto così peculiare, siamo riusciti a espandere in modo omogeneo la distribuzione dei nostri prodotti su tutto il territorio regionale e nazionale, avendo un buon numero di richieste anche dall’estero». Purtroppo, la diffusione dei prodotti a base di bergamotto, benché ampia e apprezzata ovunque, non rispecchia sicuramente la domanda, spesso carente semplicemente perché non si conoscono fino in fondo i mille usi che si possono fare del frutto di Dio che benedice la nostra terra. «Le motivazioni per cui il bergamotto resta un prodotto di nicchia sono da ritrovarsi principalmente nella campagna pubblicitaria. In quanto piccola azienda, La Spina Santa, come molte altre attività sparse sul territorio, ha le risorse appena sufficienti a pubblicizzare i propri prodotti sui giornali, le televisioni e le radio locali, senza poter aspirare a nulla di più grande. In quest’ottica, la stessa Expo avrà un ritorno per i nostri prodotti solo nel caso in cui si

La Spina Santa e ColBer non hanno potuto fare affidamento sull’aiuto delle istituzioni, che non vogliono creare una campagna pubblicitaria attorno al bergamotto. Di altro avviso è, invece, La Cascina.

sappia come presentarli al grande pubblico, ma le istituzioni hanno pochissimo interesse a diffondere questo tipo di economia. Quando la Regione capirà che i piccoli produttori hanno bisogno di quel supporto necessario a fare una campagna pubblicitaria sulla Rai o su Mediaset finalmente decollerà davvero questo tipo di attività e si avrà il ritorno che tutti sperano sull’economia territoriale. Ma temo che quel giorno sia ancora assai lontano». Amedeo Squillace, invece, ci parla del ColBer, un integratore della Esserre Pharma il cui ingrediente principale è proprio il bergamotto. «Grazie alla particolare lavorazione che la nostra azienda dedica al frutto ne abbiamo ricavato un integratore perfetto per combattere colesterolo e trigliceridi alti. L’ottenimento di questo prodotto è il derivato di studi clinici che ci hanno permesso di comprendere come utilizzare e lavorare l’estratto di bergamotto per fare sì che possa prevenire le malattie cardiovascolari. La natura del nostro prodotto - continua Squillace - gli permette di diffondersi più facilmente

nelle aree di maggiore benessere, motivo per il quale il massimo riscontro di vendite lo abbiamo soprattutto all’estero, dove l’interesse per il Made in Italy è davvero elevatissimo. Questo comporta, parallelamente, che vi sia anche maggiore consapevolezza di quanto siano importanti le proprietà del frutto proprio al di fuori della nostra regione che, pure, potrebbe avere dei benefici economici impressionanti da un corretto sistema di vendite del prodotto». Anche Squillace, dunque, afferma con rammarico che la Regione non rivela di avere interesse nella distribuzione intensiva dei prodotti derivati dall’agrume simbolo della nostra terra «e - continua - c’è di più. In qualità di start up, Esserre Pharma ha presentato un progetto legato al nostro prodotto che, a partire da una partecipazione pensata all’Expo, prevedesse una serie di ricadute economiche sui servizi terziari e legati alla produzione del nostro integratore. A questo proposito, il 5 marzo abbiamo presentato i nostri studi presso i tavoli tematici in vista dell’Expo ma, benché la nostra iniziativa abbia ricevu-


SETTIMANALE

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Abbiamo contattato tre titolari d’azienda, tre persone che hanno creduto e ancora credono nei prodotti della nostra terra e sono state in grado, con percorsi differenti, di farne un business redditizio.Sono accomunati dalla fede che hanno nel bergamotto calabrese, nelle sue qualità benefiche e nel suo utilizzo multiforme, che gli ha permesso di creare prodotti unici nell’alimentare e nella medicina.

i più fuori dall’Italia to il plauso del professor Grattini, dell’istituto Negri di Milano, con la scusa di innumerevoli cavilli burocratici, ci siamo visti sbattere la porta in faccia dalla Regione e la nostra unica consolazione è pensare che il nostro spazio verrà dato a qualcuno più meritevole di rappresentare il territorio rispetto a noi. Però, mi domando, se un progetto innovativo e ideato da persone giovani non trova adeguato spazio presso i vertici regionali, chi potrà mai farlo?» L’impressione, purtroppo, è che la totale disorganizzazione della Regione nell’affrontare la questione Expo non sia semplicemente un cattivo pensiero, ma qualcosa che potrebbe concretizzarsi molto facilmente e, una volta perso questo treno, ripartire dalle fiere di settore sarà possibile, ma non si pretenda certo che dia al bergamotto la medesima visibilità. «La cosa che fa più rabbia - conclude è che questo sarebbe un investimento praticamente a costo zero per le istituzioni. Il prodotto già c’è e solo portarne qualche esemplare negli spazi dedicati incuriosirebbe moltissimi potenziali

acquirenti. Invece la Calabria si sta preparando ad andare all’Expo portando solo i suoi rappresentanti». Di tipo differente, invece, è l’esperienza di Salvatore Agostino, amministratore de La Cascina, un azienda agricola e ristorante che si è specializzata nell’estrazione dell’essenza dal bergamotto per ricavarne ingredienti fondamentali nell’aromatizzazione e nella preparazione di prodotti dolciari e si sta preparando ad aprire un piccolo museo che racconti la storia della lavorazione dell’agrume. «La nostra azienda ha una tradizione dalla quale non vogliamo discostarci afferma Agostino - motivo per il quale ci sentiamo molto legati al territorio e ai suoi frutti, che cerchiamo quotidianamente di sfruttare per realizzare prodotti di qualità che riscuotono moltissimo successo all’estero. La Cascina, infatti, esporta moltissimo, soprattutto all’estero, puntando sull’internazionalizzazione del prodotto grazie alla cura che abbiamo del settore informatico, a cui Vittorio Micelotta tiene moltissimo. Siamo riusciti a ottenere le certificazio-

Quelle che riportiamo sono tre esperienze simili eppure radicalmente diverse. Incitiamo le istituzioni a recuperare il rapporto con le aziende dove mancano e a continuare ad aiutarle dove invece già ci sono.

ni ISO 9001, 14000 e 18000 per il grande rispetto che abbiamo nei confronti della qualità, della sicurezza e dell’ambiente, premurandoci al contempo di formare professionisti giovani e all’altezza delle nostre pretese. Questi ragazzi stanno riuscendo a farci avere un successo enorme, all’estero, motivo per il quale è da diverso tempo che partecipiamo a serate di degustazione e fiere di settore nazionali e internazionali, portando avanti il nostro progetto di consumo di prodotti a km zero. È doveroso sottolineare che tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto delle istituzioni - afferma Agostino lasciandoci davvero a bocca aperta, considerato invece quanto ci è appena stato raccontato dagli altri titolari da noi contattati Regione e Provincia, infatti, hanno svolto un ottimo lavoro accanto agli imprenditori, dando tutte le indicazioni necessarie a partecipare attivamente agli eventi di settore. È sottinteso, poi, che sta alle aziende rimboccarsi le maniche e capire quale sia il modo migliore di presentarsi a queste fiere, lavoro che noi siamo sempre riusciti a

svolgere grazie al talento di Joseph, che sa veramente come far interessare i clienti ai nostri prodotti». Tre esperienze, quelle che vi abbiamo appena raccontato, incredibilmente simili eppure radicalmente differenti. Tre modi di leggere una medesima situazione che ci spingono a scuotere le istituzioni laddove sono sembrate mancanti e a plaudirle nell’aiuto che è invece stato dato ad aziende come La Cascina che, a questo punto, speriamo siano molte più di quante non ne conosciamo. Durante l’imminente Expo, dunque, la Regione ci sarà eccome. Forse non adeguatamente preparata su questo prodotto e sui progetti ad esso legati, forse solo per farsi vedere nella speranza che le cose possano poi definitivamente decollare con le prossime iniziative di settore. Ma sapere che una base c’è e che la conoscenza di queste realtà all’estero è molto più radicata di quanto non lo sia nel nostro stesso territorio, lascia sperare che le cose stiano davvero per cambiare. Non ci resta che vedere come.


RIVIERA

CULTURA E SOCIETA’

Ballo: non siamo secondi a nessuno!

La bellezza salverà la Locride Dovremmo dirlo agli “Idioti” della Locride che la bellezza può salvarli. Che l'arte non è un goffo tentativo di sopravvivenza. Che l'arte non va non guardata come non si guarda il lavavetri al semaforo nell'isterica attesa che scatti il verde; non va guardata con quell'inespressione da pietra pomice. Vinta da un'ubriacatura d'arte: così mi sono sentita alla vista delle opere dell'artista sidernese Joey Gulloni. E avverto tuttora i postumi della sbornia. Joey è nato in Canada 36 anni fa. "Mi hanno portato a Siderno a 5 anni, nell'età dell'innocenza! Ma sono felice così. Sono innamorato di questo paese pazzo”. Pazzo ma esitante, e l'esitazione non è dei pazzi. Un paese codardo nella sua ripugnante pigrizia cerebrale. Siderno e la Locride tutta hanno paura della meraviglia. Hanno paura di quella bellezza che redime dall'alto, che mette d'accordo alcune parti, che smista, cerne, valuta e scarta. La bellezza e l'arte che sa generarla nella Locride vacillano e non convincono gli Idioti. Joey è stato di recente in Spagna alla “Fiarte” con la bovalinese Sara Parlongo, il gioiosano Stefano Politaki e il reggino Salvatore Platania. Fanno tutti parte di un gruppo di artisti italiani denominato “Giav”

(Gruppo italiano arti visive). Fiarte riunisce opere di 260 artisti provenienti da 52 Paesi diversi, dalla Cina al Messico. E in quel trionfo di arte le opere di Joey non sono certo passate inosservate. Le sue creazioni sono un concerto di forme aggraziate e senso della natura e dell'umanità. Forme gentili e sinuose che sembrano vibrare al contatto con l'aria. Figure ora aggrovigliate ora spalancate ma in cui racchiudere il mondo. La sua è un'arte che girovaga alla vaga ricerca di un qualcosa che non si propone ma che lascia che il desiderio scelga ed esprima con improvvisi impulsi. L'arte di Joey è un salto in dentro, una vertigine, un dolce delirio che ti scompone la colonna vertebrale. Ma lui ha l'aria di non saperlo. Joey non lo sa che la sua arte sconquassa. Come non lo sanno I tanti giovani talenti della Locride, che siano pittori o scultori o musicisti o scrittori o liberi professionisti. Perchè nessuno glielo dice, perchè nessuno intende salvare la bellezza. Crani adatti solo ad appenderci cappelli. Secchi cigolanti che da soli si gettano in pozzi di tenebre rifiutandosi di risalire e godere della luna piena. E così mentre l'arte attende di erompere in un inno, come un liberarsi di colombe, la Locride domani si sveglierà masticando avanzi di uova sode e sgute bagnate nel latte. Maria Giovanna Cogliandro

Il carismatico, il professore, il marzapane, il motore funky e la rugiada: le cinque anime della giovanissima band sidernese Ci hanno abituato veramente troppo bene Melissa Ieraci e Felicia Barillaro, alunne della scuola di danza Tersicore e vincitrici del Concorso internazionale per scuole e gruppi di danza Barcelona, tenutosi durante il ponte del periodo pasquale e avente lo scopo di premiare i giovani talenti nelle diverse categorie della danza. Non è infatti la prima volta che conquistano il 1° premio nella categoria balletto, in questa occasione con una performance dal titolo “L'essenziale è invisibile agli occhi”, che evoca le magiche atmosfere del meraviglioso romanzo per bambini “Il piccolo principe”, di Antoine de Saint-Exupéry. Ma una grandissima prestazione è stata anche quella di altri nostri conterranei che, nell'ambito della stessa manifestazione, sono risultati vincitori del 3° posto questa volta nella categoria Danza Moderna con “Step in Style” grazie alla bravura dei componenti Flavia Gemelli, Giorgia Campisi, Ilaria Alfarano, Francesca Lizzi, Micaela Mazzaferro, Ludovica e Matteo Zannino.

“Borgo dei borghi”: Gerace al 7° posto

Domenica di Pasqua, 5 aprile 2015, è stato proclamato il vincitore del concorso televisivo di Rai 3 Il Borgo dei Borghi. L'edizione di quest'anno è stata aggiudicata a Montalbano Elicona della provincia di Messina. Il borgo calabrese di Gerace si è classificato al 7° Posto. Le località partecipanti sono state 40, poi rimaste in 20 per la fase finale. L'altro borgo calabrese partecipante è stato Santa Severina (KR).

L’onda rock degli EVA LIDIA ZITARA

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n acronimo facile da mandare a memoria che nasconde un nome lungo e un po' inquietante: Evil victims arise. Giovanissima band “rocchettara” composta da diverse anime, quale più filosofica, quale più pratica, quale più estroversa. Ognuna con un suo particolare spirito musicale e con differenti gusti e attitudini. Si fondono perfettamente i cinque ragazzi che hanno messo al mondo “Eva”. Giovani, postmoderni, provenienti dal mondo degli anni Novanta, che per i quarantenni sono stati “la fine della civiltà”. Ecco gli EVA: Antonio Strangio (voce e testi), Giancarlo Figliomeni (chitarra), Domenico Catalano (basso), Marco Arpaia (chitarra e voce), Alex Carè (percussioni). Il più giovane è Domenico, appena 19 anni, Antonio ne ha 26 ed è il più grande e più pronto a fare da frontman. In queste settimane hanno lanciato un EP (Extended play, più corto di un normale LP) dal titolo “Fly back home” totalmente autoprodotto e dato in omaggio a parenti, amici e appassionati. Cinque brani registrati a Natale che sono stati poi caricati su You Tube, Sound Cloud e altri social, in modo totalmente gratuito. “Fly back home” è un disco apripista per un altro CD che verrà rilasciato in estate e in cui probabilmente rientreranno anche queste cinque tracce. La più popolare è “Second chance”, una ballata molto semplice, apprezzata anche da chi non conosce l'easycore, un genere moderno, frutto di numerose mescolanze, con inclinazione al metallo. Ma è “Miles and counting” il loro marchio di fabbrica e il brano che i cinque sentono più rappresentativo. Maturi nonostante la giovane età, capaci di impegno quotidiano, in grado di gettare sul tavolo temi centrali del dibattito sull'estetica contemporanea, dentro i loro cuori brucia il sacro fuoco della passione. Proprio quello. Si sentono una famiglia, scherzano come solo i giovani riescono a fare, ma ad un tratto diventano cogitabondi e riflessivi. Parlano senza altezzosità, con la consapevolezza che c'è sempre “quello più bravo di te”, e con l'onestà che viene da lunghe ore di lavoro in sala prove. Si prendono un po' sul serio, un po' con

umorismo, allargando il cuore di tenerezza. Antonio è carismatico, autore di testi e musica, amante di Palahniuk e Nick Hornby (“non riuscirei a scrivere un testo da belcanto”); Marco l'abbiamo etichettato come “il Professore”, un po' esteta, un po' filosofo; Alex è fatto con il marzapane; Domenico è il motore funky, amante dei Red Hot Chili Peppers, mentre Giancarlo è riservato, capace di cogliere “la rugiada illuminata dai raggi del tramonto”. Molte anime ma un solo desiderio: quello di far rivivere la musica rock nella nostra zona. “Negli anni Novanta la Locride era molto attiva musicalmente, ora si è spenta. Dopo sette anni di studio e lavoro a Milano, venendo qui ci rendiamo conto che non ci sono possibilità di suonare per i molti piccoli gruppi che cercano di riportare in auge l'onda rock -dicono. “Si può fare, non si può vivere solo di tarantella e musica folk. Ma non ci sono gli spazi adeguati. Il pubblico non è abituato a diverse sonorità e i locali non si riempiono. Perché non permettere ai tanti ragazzini di tredici-quattordici anni di ascoltare musica rock dal vivo? Non facciamo passare come buona l'idea che si debba andare a studiare fuori per avere la possibilità di andare a concerti “fighi”. Qui bisogna sperare che la Pro Loco faccia una notte

bianca o la scuola media una mostra d'arte. I locali vanno sul sicuro con le cover-band, ma non basta certo la musica mutuata dai talent, che a tavolino costruiscono personaggi musicali (non musicisti) solo per vendere dischi”. Gli EVA hanno riscosso il loro primo importante successo con una serata al Blue Dahlia che ha registrato un afflusso di centinaia di persone. “Suonare al Blue Dahlia significa essere riconosciuti come musicisti di valore e capacità. Ci hanno molto aiutato anche Guido Tassone e Giuseppe Novella ”. La musica è uno strumento espressivo, di crescita e di confronto. Esprimersi significa comprendere se stessi. Nei giovani è un meccanismo che va attivato con l'educazione all'ascolto. In un mondo in cui la musica è quella delle suonerie dei cellulari, gli EVA appaiono decisamente controcorrente. “Bisogna avere qualcosa da dire e dirlo con qualità, perché alla fine ripaga”. am I dreaming? I see you smiling while you kiss me Tired of leaving everything I want walked out eyes are closing I never want to wake up again Miles and counting far enough so you can miss me


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E Gerace non fu più la casa del Vescovo L’appassionante storia della Diocesi di Gerace dalla soppressione del rito greco al trasferimento della sede a Locri MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

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on “La Cattedra sulla Rupe”, Enzo D’Agostino completa la trilogia attraverso la quale racconta due millenni di storia della Locride. Infatti, nel volume, così come nei due prrecedenti - I Vescovi di Gerace-Locri e Da Locri a Gerace - si compenetrano due piani di lettura: da un lato la storia della Diocesi di Gerace, dall’altro la storia della nostra terra. Con ammirevole cura il racconto storico incolonna i fatti, sottraendoli all’oblio; ma è una storia verniciata di cronaca che fa sì che una vena meditativa si insinui nell’essenza dei fatti, rendendo possibile uno slancio più ardito che va oltre - ma tenendo sempre ben salda la testimonianza fedele - così da promuovere un appassionante viaggio che congela il tempo, anche per più di un istante. Nel 1847, a Gerace, con un anno di anticipo rispetto al resto d’Italia, Michele Bello, Pietro Mazzoni, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori, Rocco Verduci, al grido “Viva l’Italia, Viva la Costituzione, Viva Pio IX” iniziarono la loro rivoluzione. Furono tutti fucilati. L’allora vescovo Perrone non fece nulla per impedirlo... Sui Cinque martiri di Gerace si è cercato nell’immediato di trovare il responsabile; lo si è individuato in particolare nel vescovo dell’epoca per un motivo molto semplice: ancora oggi siamo convinti che i potenti possano tutto. Allora si credette che se il vescovo avesse voluto, avrebbe dato ordine di non fucilarli. I vescovi all’epoca erano una sorta di funzionari dello stato, non erano nominati da Roma ma designati dall’autorità regia. Il papa si limitava a ratificare. Erano tutti vescovi appartenenti al regno di Napoli e dai quali il re pretendeva il giuramento di fedeltà. Il vescovo cosa poteva di fronte al giudizio di un tribunale militare? Parlando della vicenda dei Cinque martiri lo si è definito un moto rivoluzionario, un moto rivoluzionario che è consistito in una passeggiata da Bianco a Roccella in cui non è stato sparato un colpo di fucile, non è stato torto un capello a nessuno. È stato trascurato, poi, che durante questa passeggiata la gente gridava “viva Ferdinando II”. Nei proclami veniva scritto “in nome di Ferdinando II” e “in nome di Pio IX”. Fu un moto con cui si volle fare pressione su Ferdinando II affinché concedesse la costituzione. Quando il giudice prima del processo chiese a Michele Bello di dirgli i nomi di coloro che erano alle sue spalle lui si rifiutò dicendo: “Non mi domandate nomi di persone che mi hanno illuso perchè se mi tradirono io non debbo tradirli”. Quali vescovi hanno segnato maggiormente la storia della diocesi? Tra i vescovi più importanti vi sono stati i primi cinque dopo il Concilio di Trento che seguì a un periodo di buio totale, in cui i vescovi erano dei semplici amministratori, tanto che alcuni di loro addirittura non vennero mai a Gerace. Anche nel ‘700 ci sono stati dei vescovi che hanno dato voce e vigore alla diocesi. Il 1783 è l’anno del terremoto, il “grande flagello”, cosa ha significato per la diocesi? Ci sono stati danni ingenti, diversi morti, ma dopo il terremoto c’è stato il ritorno alla marina che fino ad allora non era abitata ma non a causa delle incursioni degli arabi, come si è soliti credere, ma per questioni igienico sanitarie. Nel XIX secolo ci si è trasferiti nelle zone di mare, un po’ per la fine di queste incursioni ma soprattutto perché è stata costruita la strada ferrata e la strada statale - siamo intorno al 1870. Questa è stata un’epoca assai fiorente per lo sviluppo di nuove attività lavorative soprattutto commerciali. È stato un aprirsi a nuova vita e a

Con la cura e lo zelo dello storico, l’obiettività e lo scrupolo del cronista e con il sentimento e la passione dello scrittore, Enzo D’Agostino racconta quasi 500 anni di storia della Locride

nuove prospettive. Con l’inaugurazione della ferrovia e della strada statale noi “siamo entrati in Europa”, come si legge in un atto notarile. Prima la Locride viveva una condizione di marginalità rispetto alla stessa Calabria, se non addirittura di emarginazione, una condizione, a mio avviso, che stiamo rivivendo oggi. I primi a muoversi sono stati i sidernesi con Siderno Marina che è diventata, secondo gli amalfitani di allora, l’emporio di tutta la provincia, il luogo nel quale tutti avrebbero dovuto recarsi per rifornirsi (vedi Sidernografia di Michelangelo Macrì, 1824). Prima degli amalfitani ci sono stati i siciliani che arrivavano con navi intitolate a Santa Maria di Porto Salvo. Il terremoto del 1908, invece, che conseguenze ha avuto per la diocesi? Non ha creato enormi problemi; infatti, dalla documentazione si deduce che la nostra gente si recò a fornire aiuto a Reggio Calabria; e partirono in tanti, senza badare al colore politico. Il papa di allora, Pio X, inviò delle tavole per la ricostruzione delle chiese lì dove c’erano stati maggiori danni. Una figura di grande rilievo fu il vescovo Perantoni... Perantoni fu nominato vescovo nel 1952 in un momento drammatico che il territorio visse a cavallo tra due alluvioni: quella del 1951 e del 1953. L’alluvione del ‘51 fu catastrofica, quella

del ‘53 diede il colpo di grazia. Perantoni sguinzaglia i frati francescani in giro per la diocesi; a Gioiosa e Bovalino crea delle stazioni missionarie. Si preoccupa delle condizioni della gente che viveva in uno stato di assoluta povertà. Si reca nelle case dopo l’alluvione, in particolare a Caulonia che fu tra le più colpite, e qui incontra, in un mare di fango, una vedova riuscita a scampare all’annegamento per miracolo. Alla vista di Perantoni, la donna mette le mani nel fango, tira una manciata di fichi secchi ed esclama: “Questa era tutta la nostra sostanza”. Sono anni assai difficili. Il sindaco muove mari e monti, si serve delle sue numerose amicizie anche perché all’epoca quando un vescovo chiamava il sindaco si muoveva! - crea case canoniche, asili, fonda colonie sia marine che montane, intervenendo a tappeto. Trovandosi a operare, si imbatte nel problema della sede della diocesi e quindi della residenza del vescovo, un problema che era stato già sollevato dopo il terremoto del 1908 e ancora prima, intorno al 1870, in seguito al trasferimento nella marina. Nei primi del ‘900 il trasferimento fu tentato dal vescovo Delrio ma poi sopraggiunse la guerra e quindi tutto si bloccò. Il problema si ripresentò più tardi perchè raggiungere Gerace non era semplice: in una lettera del 1936, un parroco di Roccella fa presente a un amico che andare a Gerace gli avrebbe comportato un impegno di tre giorni. Potremmo dire che Perantoni anticipi la spinta missionaria che la chiesa riceverà con Giovanni XXIII? Perantoni fu senz’altro un seguace di Giovanni XXIII ma non un anticipatore. Si cominciò comunque a respirare aria nuova? Certo, non ci sono dubbi che la diocesi da sonnacchiosa che era si risvegliò, però forse a Perantoni sarebbe servito un po’ più di coraggio. Sicuramente a lui dobbiamo il trasferimento della sede, cosa che i geracesi non gli perdonarono mai. Perantoni fu addirittura accusato di spergiuro. Il 25 maggio 1954, giorno in cui fu resa nota la bolla che sanciva il trasferimento della diocesi da Gerace a Locri, una folla di geracesi lo attendeva in piazza Tribuna, nelle vicinanza della cattedrale. Dalle cronache dell’epoca si legge che furono affissi striscioni sui palazzi con la scritta “Lutto cittadino” e che mons. Perantoni fu portato di fronte alla statua della Madonna imponendogli di giurare che la sede non sarebbe mai stata trasferita. È evidente che, se anche giurò, il giuramento era nullo perché fatto sotto minaccia. Il 19 giugno 1954 mons. Perantoni si insediò nella nuova sede di Locri.

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RIVIERA

UN SGUARDO AL PASSATO

Scrivere a mano. Lo facciamo ancora? Osservare come la gente scrive, è un dono. Sbirciare la calligrafia di qualcuno è come entrare in un posto intimo che gli appartiene e che non conosciamo. Come visitare casa sua.

Poche sere fa stavo litigando con mia sorella perché avevo bisogno del computer per scrivere un articolo per Riviera. Ma lei stava svolgendo un lavoro importante, e allora sono stata costretta ad aspettare. Alquanto seccata, seduta sul letto ad attendere il mio turno, mi è venuta l'idea di parlare proprio di questo: scrivere dello scrivere. La fissità mentale ci porta spesso a non trovare soluzioni alternative. Avrei potuto prendere semplicemente una penna e un foglio di carta, e scrivere l'articolo! Ho preso immediatamente coscienza di quanto l'era della supertecnologia ci induca a mettere da parte i gesti più naturali, come quello dello scrivere a mano. Gli amanuensi lo facevano di mestiere. Quelli più conosciuti erano i monaci, chiusi nel loro scriptorium, dediti alla copiatura di antichi codici. Era un compito così importante che se ne stavano rinchiusi per ore ed ore a scrivere, ed erano perfino esonerati dal partecipare ad alcune ore di preghiera. E con noi, quanto sangue ci hanno buttato maestre e genitori ad insegnarci a tenere quella penna in mano? Le paginette delle “a”, scritte in corsivo e stampatello, ricopiate all'infinito, affinchè quella imponente vocale perdesse le sembianze di un uovo e somigliasse, finalmente, alla regina dell'alfabeto. Perché se è vero che computer e smartphone accorciano i tempi e incrementano velocità ed efficienza, è pur vero che il terrore che tutto vada perso, ogni tanto bussa alla nostra coscienza. Auguri di compleanno, resoconti di viaggio, comunicazioni ufficiali o meno. Ma, scendendo più vicino al cuore, mes-

saggi d'affetto e tentativi di dichiarazioni tramite smile ai quali ognuno dà un significato diverso. Forse le cose più belle che abbiamo detto a qualcuno, le abbiamo scritte. Ma dove? Se su un pezzo di carta, difficilmente lo perderai. Lo avrai sicuramente custodito. So con certezza che molti possiedono “la scatola dei ricordi”. Ma se lo hai scritto su whatsapp e hai voglia di rileggerlo, e il messaggio risale già a qualche mese fa, ti conviene commissionare qualcuno e pagarlo affinchè trascorra un'ora a strisciare il dito sullo schermo per poi final-

mente urlare “l'ho trovato!”. Ovviamente il tale userà il ricavato per la ricostruzione del suo polpastrello. Un altro ricordo che ho di quando ero piccola è che mia mamma aveva sempre una penna in borsa; poi la penna svommicava e la borsa era da buttare. Mio padre, da buon falegname, aveva invece una matita rossa, di quelle quadrate: la sua non sfericità mi dava difficoltà a tenerla in mano, e spesso ci giocavo, facendola scattare una volta a destra, una volta a sinistra. Ho assistito a una scena dolce una settimana fa in metro, a

Londra. Una ragazza doveva spiegare un percorso in metro all'amico, e piuttosto che mettersi a elencare i relativi cambi di linea, ha tirato fuori dalla borsa un'agendina: ha scritto tutti gli step da seguire e, infine, col rossetto rosso che aveva sulle labbra, ha dato un bacio al foglietto, consegnandolo all'amico. Ora, immaginate la valenza di quel pezzo di carta, che avrebbe potuto rischiare di essere un qualunque messaggio sul cellulare. Scrivere a penna per qualcuno, è un dono. Osservare come la gente scrive, è un dono. Sbirciare la calligrafia di qualcuno è come entrare in un posto intimo che gli appartiene e che non conosciamo. Come visitare casa sua. I diari segreti degli adolescenti (i quali ora credo non esistano più) o quelli della scuola in cui nelle ore di storia il compagno ti scriveva la famosa dedica, sono un pezzo storico nel museo della nostra vita. O il dolore alla mano quando ti ritrovi a scrivere a un esame importante, con l'ansia di fare presto, pur mantenendo una bella calligrafia, con la penna che ti scivola via dal sudore. Forse ci sono delle persone che non scrivono più a mano. O che lo fanno una volta ogni tanto. Mia nonna scriveva sul risvolto della confezione di cartone delle bustine Cuki Gelopiù, la lista della spesa. Scriveva grande e largo e talvolta non le bastava un “foglio” solo. Avere qualcosa di scritto delle persone che non ci sono più è una grande cosa. È una parte di loro, più di una foto o di una maglietta. La scrittura di una persona è LA persona. Infondo, lo dicevano anche i latini. Verba volant, scripta manent. Sara Jacopetta

RICORDI DI VECCHI COMUNISTI

La mamma di Pepè Pancallo

IL

professore Pepè Pancallo ha 97 anni. Limpido e attento intellettualmente conserva una memoria formidabile che gli consente di riproporre vicende del lontano passato in modo completo, chiaro e dettagliato; conserva inoltre una capacità espressiva ricca vivida ed attraente, come negli anni combattivi della sua “balda gioventù”. Come allora quando soffiava forte il “vento del nord”, ed anche dai contadini, i braccianti poveri della Locride, si aprivano orizzonti di speranza. È Pepè Pancallo era con loro, con i dannati della terra in lotta per il riscatto sociale e politico, dopo secoli di servitù padronale. Abbiamo conversato a lungo con Pepè Pancallo sul nostro Partito, sul P.C.I., sui tanti compagni molti dei quali ora non ci sono più. Abbiamo ricordato le grandi lotte del passato, le infuocate campagne elettorali dei primi anni del dopoguerra, quando i preti lanciavano fuoco fiamme contro i comunisti, i “senza Dio”; e le madonne correvano peregrine per i paesi della Locride lagrimando e seminando miracoli a catena per destare i tiepidi e gli indecisi, contro la barbarie che veniva dall'oriente, come al tempo dei Turchi delle praterie. In questo scenario apocalittico; in quei giorni, veniva a trovarsi Pepè Pancallo che come ogni altro comunista, subiva il maggior peso dell'ondata oscurantista e reazionaria che

si abbatteva sul nostro Paese. Pepè Pancallo, però, rispetto ai suoi compagni di partito, aveva un motivo di afflizione particolare che lo tormentava: la sua povera mamma faceva parte di una congrega di anime pie: donne timorate, tutte “casa e chiesa” che ruotavano santamente attorno al vescovo di Gerace. Era ovvio, quindi, che in questa situazione, la povera mamma di Pepè Pancallo, venisse amorevolmente consigliata dalle pie amiche a sciogliere il grave dilemma che ora la poneva in una condizione così grave: per un verso così cara al vescovo e vicina a Dio; e per altro verso legata ad un solo figliolo destinato all'inferno. Ma la povera mamma di Pepè

Pepè Pancallo aveva un motivo di afflizione particolare che lo tormentava: la sua povera mamma faceva parte di una congrega di anime pie.

Pancallo, malgrado i discorsi ripetuti e santamente illuminati delle sue amiche, non riusciva a convincersi, a staccarsi dal suo figliolo. “Iddio che è infinitamente buono e misericordioso - ripeteva afflitta alle sue amiche - non può volere che io abbandoni il mio figliolo”. Intanto la tensione cresceva nel Paese e lo scontro politico e sociale si faceva sempre più duro anche nella Locride. E così anche le pressioni delle amiche sulla povera mamma di Pepè Pancallo si facevano sempre più pressanti e ultimative. Finché la scomunica che ora pioveva inesorabile sul capo dei comunisti, non troncava definitivamente ogni ulteriore possibilità di dialogo.

Per la povera mamma di Pepè Pancallo che aveva tentato fino allo spasimo di tenere uniti i due mondi così impossibili a comunicare tra loro, ora ogni debole filo di speranza si dissolveva come nebbia al sole, “come una ragnatele esposta al vento”. Quanta sofferenza, quanto strazio in quei momenti, per la povera mamma di Pepè Pancallo! Come desiderava restare stretta accanto a loro, alle sue care amiche di sempre, come aveva fatto per tutta una vita. Come avrebbe voluto ancora, a correre assieme a loro appresso al vescovo sulla via del Signore: pregare, gioire e cantare: “Con il Papa fino alla morte, Che bella sorte, che bella sorte”. Ma il figlio? L'amore per il figlio la tormentava e prevaleva su tutto. Era più forte delle pene dell'inferno. Ed allora, quando la povera mamma di Pepè Pancallo sente che nulla può fare più per sfuggire di fronte all'assurdo, incomprensibile dilemma, si arresta. Arretra come scossa da un fremito profondo, ritrova il sé una forza che non aveva mai avuto. Ed eccola che ora - sospinta dai sentimenti più profondi del suo cuore di mamma - si erge fiera come Farinata tra le fiamme dell'inferno dantesco - e rivolta verso le sue amiche di sempre pronuncia la sua decisione solenne e definitiva: “Se così è, meglio nell'inferno con mio figlio che nel paradiso assieme a voi”. Antonio Capogreco


BENESSERE E SALUTE

Il parere dell’angiologo

l Consigli del dott.ssa Perri del dott. Valeriano

Tiroidite Post-Partum

A cura di:

Drssa Anna Perri Dr Rocco Valeriano studioperrivaleriano@libero.it Specialisti in Endocrinologia Università degli Studi di Pisa Ricevono presso lo Studio Medico Polispecialistico Raymat Tel. 0964 416856

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L’esperto dott. Antonio Cassone

Focus sulla placca carotidea La carotide decorre nel collo e si divide in carotide esterna, che vascolarizza la faccia, ed in carotide interna che porta sangue al cervello. La biforcazione è la sede più frequente di patologia, in particolare si accumulano materiali patologici come grasso (lipidi, colesterolo), calcio, cellule morte, che portano alla formazione delle placche con il conseguente progressivo restringimento dell'arteria (stenosi). Una stenosi a livello delle carotidi causa un apporto deficitario di sangue al cervello. Le placche carotidee comportano dei rischi; il rischio più importante è l'erosione della superficie della placca con frammentazione di particelle che vanno ad occludere arterie terminali del cervello; causando ischemie cerebrali e l'ictus. L'ictus può essere massivo e quindi letale; oppure marginale. Tutto dipende dall'entità delle aree cerebrali colpite. L'ictus reversibile è chiamato TIA, regredisce entro qualche ora. Questi eventi sono solitamente un campanello di allarme; se non correttamente interpretati e trattati possono portare ad un ictus permanente. I sintomi che si verificano più frequentemente sono: paralisi di un braccio o di una gamba, perdita improvvisa della vista, incapacità di parlare adeguatamente per qualche minuto.

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Il Fumo, il Diabete, l'ipertensione, l'Obesità, l'Ipercolesterolemia sono i fattori di rischio che contribuiscono alla la formazione di placche. È stato dimostrato che una percentuale che va dal 20-50% dei TIA è dovuto alla patologia carotidea. Mediante l'esecuzione di un ecocolor doppler delle carotidi, esame veloce e non invasivo, è possibile diagnosticare perfettamente la presenza di una placca carotidea, la sua morfologia e la percentuale di stenosi. Se una persona fa parte quindi di una categoria a rischio, eseguire un ecocolor doppler ogni 12 mesi le può salvare la vita. Il trattamento può essere chirurgico (endoarterectomia) o medico Il trattamento medico si avvale oltre della terapia antiaggregante (aspirina , ticlopidina etc) anche dell'utilizzo di farmaci in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDl quando sono al di sopra dei livelli consigliati dalle linee guida. Studi multicentrici randomizzati hanno evidenziato che nei pazienti asintomatici il trattamento chirurgico è indicato quando la stenosi raggiunge il 70%, mentre nei pazienti che hanno avuto dei sintomi quando la stenosi supera il 50%.

Dr Vincenzo Carabetta , Resp- Struttura di Angiologia Medica del Presidio Ospedaliero di Locri Tel 0964 /399324 -389-4636108

Le disfunzioni tiroidee nel postpartum sono dovute principalmente alla tiroidite post partum (con prevalenza del 5%) e solo in una minoranza di casi a tiroidite subacuta, morbo di Basedow-Graves , ipertiroidismo iatrogeno da mancata riduzione della dose di LTiroxina subito dopo il parto. La tiroidite PP è un infiammazione silente della ghiandola tiroidea a patogenesi autoimmune, che compare entro il primo anno post-partum in donne senza alterazioni funzionali della tiroide sia prima che durante la gravidanza. L'indicatore sierico di rischio di sviluppare la tiroidite PP entro un anno è la positività degli anticorpi anti-tireoperossidasi (AbTPO). L'esordio della malattia può essere caratterizzato da ipertiroidismo, ipotiroidismo o da un alternanza ipertiroidismo/ipotiroidismo. L' ipertiroidismo va sempre incontro a risoluzione spontanea, mentre l'ipotiroidismo può essere transitorio o permanente. In presenza di positività degli anticorpi si dovrebbe dosare il TSH ogni 5 settimane durante la gravidanza e al 6° mese PP. Una tiroidite PP asintomatica e con valori di TSH≤ 10µU/L in una donna che non programma una successiva gravidanza può non essere trattata. Tuttavia, il valore del TSH deve essere monitorato ogni 4/8 settimane al fine di stabilire se iniziare la terapia con L-tiroxina qualora il valore del TSH dovesse rimanere stabilmente elevato.

Patologie tumorali delle ghiandole salivari Le ghiandole salivari svolgono la funzione di produrre la saliva, indispensabile nei processi di masticazione, deglutizione e digestione dei cibi. Si distinguono in minori (in numero di 700-1000), disseminate nella mucosa delle alte vie aeree, e maggiori; queste ultime sono la parotide, che è la più grande e si trova davanti all'orecchio, la ghiandola sottomandibolare, che si trova sotto la mandibola, davanti alla parotide, e la ghiandola sottolinguale, che si trova sotto la mucosa del pavimento orale. Esse possono essere interessate da patologie infiammatorie, litiasiche, cistiche o tumorali. La parotide è la ghiandola che più spesso viene interessata da patologie tumorali. I tumori possono essere di origine epiteliale e si distinguono in benigni (l'adenoma pleomorfo, che è il più frequente, costituito da tessuti diversi, con crescita continua ma mai infiltrativa, non determinando pertanto deficit del nervo faciale, il tumore di Warthin o cistoadenolinfoma, di origine disem-

briogenetica o infiammatoria, e il raro adenoma a cellule oxifile), a malignità intermedia (che sono a comportamento incerto: il raro tumore a cellule acinose è caratterizzato dalla presenza nel suo contesto di cavità acinose multiple, può recidivare e dare metastasi linfoghiandolari e a distanza; il muco-epidermoide è relativamente frequente, può interessare la parotide ma origina più spesso dalle ghiandole salivari minori, nel 30% dei casi da metastasi linfatiche e a distanza) ed, in ultimo, quelli maligni tra cui il frequente carcinoma adenoidocistico o cilindroma, che colpisce preferibilmente le ghiandole sottomandibolari e accessorie e da spesso metastasi a distanza (ossa, polmone e sistema nervoso centrale) e i carcinomi che possono derivare da un'evoluzione maligna di un tumore benigno, che interessano più spesso la parotide e sono molto aggressivi, dando presto metastasi linfoghiandolari e infiltrazione del nervo faciale con conseguenti paralisi della muscolatura di metà volto. Più rari sono i tumori d'origine mesenchimale, che possono essere benigni (angiomi, lipomi, neurinomi) o maligni. La terapia dei tumori delle ghiandole salivari è chirurgica. La diagnosi deve essere il più possibile precoce e la ghiandola interessata deve essere asportata radicalmente. Solo i tumori benigni della parotide consentono l'asportazione della porzione superficiale della ghiandola, con preservazione del nervo faciale. Per i tumori più aggressivi e diagnosticati tardivamente si rendono necessarie altresì le cure radioterapiche.

Dott. Antonio Cassone Specialista in Otorinolaringoiatria Responsabile dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Cappellani-Giomi”. Messina Responsabile del DS di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Carmona”. Messina Riceve: Studio Raymat, Via Calvario 15 A Marina di Gioiosa Jonica Tel 0964 /416856; Via Riviera 13 Villa San Giovanni tel 0965/794842 339/1459340 Via Torrione 6 Reggio Calabria tel 0965/794842 – 339/1459340

Cheratocono: occhiali e laser per evitare il trapianto di cornea Il cheratocono è una patologia oculare relativamente rara, ma è la più frequente causa di trapianto di cornea, e colpisce i giovani. Abbiamo intervistato il dott. Rocco Pietropaolo Assegnista di Ricerca presso la Clinica Oculistica dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro diretta dal Prof. Vincenzo Scorcia. Cos’è il cheratocono? Il cheratocono è una patologia corneale ectasizzante non infiammatoria provocata dal progressivo sfiancamento delle lamelle corneali. Si tratta di una condizione relativamente rara, ma è la più frequente causa di trapianto di cornea nei paesi occidentali (tra i 10 e i 600 casi su 100.000 persone). Il cheratocono coinvolge entrambi gli occhi con interessamento asimmetrico e si sviluppa inizialmente in un occhio, mentre il secondo viene coinvolto generalmente tra i 2 e i 5 anni successivi. Come si manifesta la malattia? Lo sfiancamento progressivo della cornea provoca l’insorgenza di miopia e di astigmatismo irregolare miopico difficilmente correggibili con lenti a tempiale (occhiali) e solo correggibile per un tempo variabile con lenti corneali (lenti a contatto). Quali sono le cause? E i sintomi? L’eziologia del cheratocono è multifattoriale con componente genetica autosomico dominante a penetranza incompleta. Il sintomo principale è costituito dalla progressiva riduzione visiva legata all’insorgenza del difetto rifrattivo che costringe a cambiare frequentemente la correzione ottica anche nello stesso anno. Quant’è diffuso e qual è l’età di insorgenza? In letteratura viene riportata un’incidenza variabile tra i 50 e 230 casi su 100.000 persone, approssimativamente 1 su 2000 casi. L’età di insorgenza è caratteristicamente quella puberale, tra 12 e i 14 anni, anche se esistono casi sporadici a insorgenza tardiva. Caratteristicamente l’ectasia si stabilizza dopo i 35-40 anni per effetto del “cross-linking” naturale, cioè l’invecchiamento con conseguente irrigidimento dei tessuti. Come si diagnostica? La diagnosi può essere sospettata alla visi-

ta oculistica di base quando viene evidenziato una miopia e un astigmatismo insorto improvvisamente. La diagnosi di certezza viene effettuata attraverso l’esecuzione della topografia corneale computerizzata che permette di valutare il potere diottrico dell’intera superficie corneale mostrato con mappe topografiche colorimetriche, consentendo di evidenziare l’apice dell’ectasia corneale. La topografia, inoltre, permette di controllare l’evoluzione della patologia nel tempo e costituisce un importante ausilio per la correzione del difetto visivo astigmatico. A completamento diagnostico e per valutare l’evolutività del cheratocono è necessario eseguire anche la misurazione dello spessore corneale con la pachimetria. Quanti i casi trattati al Policlinico di

DOTT. ROCCO PIETROPAOLO Riceve: Studio Raymat, Via Calvario 15 A Marina di Gioiosa Jonica Tel 0964 /416856;

Catanzaro? La Clinica Oculistica diretta dal Prof. Vincenzo Scorcia è la terza in Italia per numero di trapianti effettuati; eseguiamo oltre 150 interventi di trapianto di cornea l’anno, dei quali circa 90 per cheratocono. Quali sono le terapie e quando è necessario ricorrere al trapianto corneale? La terapia del cheratocono dipende dalla stadio evolutivo della patologia. Nel periodo rifrattivo la sola correzione del difetto visivo con occhiali o lenti a contatto consente al paziente una vita relazionale e lavorativa soddisfacente. Al progredire dell'ectasia il difetto visivo risulta non più correggibile otticamente e la soluzione chirurgica si rende necessaria. In un primo tempo, in caso di cheratocono non progressivo in pazienti divenuti intolleranti alle lenti a contatto, è possibile intervenire con l'impianto di speciali anelli (INTACS) all'interno dello spessore corneale che aiutano a ridurre e regolarizzare l'astigmatismo, permettendo di riprendere l'uso delle lenti a contatto. In presenza di cheratocono evolutivo è possibile nelle prime fasi ricorrere a una terapia non chirurgica (una sorta di terapia laser) con il cosiddetto “cross-linking” del collagene corneale, un trattamento parachirurgico che permette di “irrobustire” le lamelle corneali ritardando o bloccando il progressivo sfiancamento corneale del cheratocono, mediante l'irradiazione dello stroma corneale con raggi ultravioletti catalizzati dalla riboflavina (UVA + Vit B12). In stadi più avanzati, specialmente in caso di perdita della trasparenza della cornea, è necessario eseguire un trapianto di cornea che sostituisca la sola porzione alterata (cheratoplastica lamellare) o la cornea in toto (cheratoplastica perforante). Il trapianto di cornea si rende dunque necessario quando la correzione con occhiali o lenti a contatto non permette di raggiungere un visus utile all'attività lavorativa o relazionale del paziente e sono state esplorate senza successo tutte le altre possibilità terapeutiche.


RIVIERA

Un buco nel cielo. Le nuvole ci sovrastano , cercando di saldarsi ai lati per nasconderci il cielo,

per rendere cupo e solitario persino il mezzogiorno, ma poi, come la magia di una favola infantile, come una lama affilata che trapassa gli enigmi della vita, come un salasso di luce improvviso che scorga dall’arteria della speranza, il sole con forza si fa largo, sbuca l’ovatta grigia e il suo raggio affilato perfora la realtà e diffonde una carezza di calore. Solo un lama di luce, per ricordarci che c’è.

Wanda Ferro acrobata Il presidente della provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, si destreggia funanbolicamente tra i mille perigli della sua città, constatando al contempo problematiche e attrattive di questa terra.

Tamburi a festa I famosi tamburinari di Martone arrivano in visita sul corso di Siderno allietando le orecchie di passanti e clienti dei bar con ilritmico sound dei loro meravigliosi tamburi. Solo una domanda: se la sono fatta a piedi da Martone suonando indefessamente?

ore fur lfredo eno ’asn co A mm r d ro irto eo edno ne el touo Piet M d l o Da o Romperd enti indac irto, i tam a s a M ù m s Mima nonppun idatoavano era pi c a and rov ito i! ran gli t t Bar o de del c ui si dibat he ma un colto a. Q e il vo c Fud dov vi

Saccà & Giovinco Il nostro Fabio Saccà tut to poteva immaginare fuo riuscire a incontrare Seb rché di astian Giovinco proprio in torante di Toronto, do un noto ristore della nazionale giove il giocaca la squadra di casa. per

I coraggiosi di Longobardi Il giorno di pasquetta, Vincenzo Bruzzesse guida questo splendido gruppo di turisti lungo le strade di Longobardi e, (nella foto di Adolfo Raschellà) siccome “fortuna audaces iuvat”, la giornata non poteva che essere baciata da uno splendido sole!

Il cugino Africano Mimmo Barranca qui ritratto in compagnia dello scipionico cugino, da molti anni trasferitosi all’estero e peregrinante tra il Sud Africa e Miami. Ovunque sia, comunque, una cosa è certo, il mare non se lo fa mancare proprio mai!

Politica, che passione Michele “il vecchio” intrattiene meravigliosi rapporti elettorali con l’amico Luciano, discutendo animatamente delle imminenti comunali mentre il poster alle sue spalle lo proietta già verso le meraviglie dei panorami USA!

Una grande Attrice Maria Pia Battaglia, colta dal nostro fotografo durante una conferenza, è da considerarsi sicuramente una delle migliori attrici non le , obyebrate Roby ti in solo del nostro territorio, ma della R e el o e l i Calabria intera! Qui recita la parte ella te c ella e n i de gur tonco sta Antonazione rietar ri. Au della persona rilassata… n A po di ed rop oc he da ento ella r ché p se di L mo c nni o d Son d’arg mici a per d Hou possiaanti a e tt ze i a on n noz rissim ta la z icola R zi! No i altrecità! v i z t a l r d a u c t ar/e rag ura di fe b aug


SETTIMANALE

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Il nuovo che avanza Il noto romanziere Santo Gioffrè oggi sorride non soltanto per le gioie che gli sta donando la nobile arte della scrittura, ma anche per la nomina a nuovo commissario della sanità, di cui gioisce con l’amico Franco Carnovale.

Auguri, Ida! È stata una festa bellissima quella che parenti e amici hanno dedicato a Ida Tropeano, simpatica sidernese che ha raggiunto il traguardo di 100 primavere! Auguri, Ida, che la vita ti sorrida sempre!

Er Inco pap cole sp ntri seg d i r araz e e gi in tt zat rava d reti… c ore prire odice n della Ri o in comi non es pag sere perc on ci viera, n cost hé voleshanno i eppure ia del e i alla se a mpe i me x ssa festa ndare dito dei b a tu di sco gamb tti i ini!

o una ord e su! s a b o dei lo e s , a e l o l b s c el io ri m ale as fuouoricl zo Ma a il ro Maran lla qu conn U f o En ogn a di e ne più s ! l mic ina, ross dia pre rrari a o r a berl i una a mon n sem rza Fe t s o i Il n di un otori d vittor mo co ne! Fo m una edia inzio v cr

o ua ent asqizioni ariam er lo a, la lità p La trad miss lari p ertin rma te en m no le om po e d l del c ni po do Ma a alla uovam he la c i o n o i r i n p p to o nn diz ion o l’a e tra di O rese trand cess o. Dop dell andalo calab , mos e pro erizzan sc squa nque lissim aratt c Pa ovu bel le

DOMENICA 12 APRILE

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Altri tempi, direttore! Ecco una rimpatriata dei tempi che furono, di quelle dal sapore estivo di mare e amarone, in cui possiamo vedere i volti freschi e divertiti, da sinistra verso destra, di Enzo Pulitanò, Pino Serra, Francesca Scordino, Pasquale Pilitanò, Vincenzo Brizzi, Milly Salvadori, Totò Commisso, Mimmo Pulitanò e Michele Morabito.

me Una be U infa una gi glio ass lla foto Pelè tago tti, la orna ortit r nist gioi ta di a de itrae la i de a irr ride l mo cop ll p e n n mer o scatt frenab te fest do du ia avig o pr ile c a. È rant ov e pa he lio fam sa occ ano in i due plese, iglia asio que r o sta ne re.

Al Ricrjoione qui diz appa della tra dibile. T Il piatti ust imprescin ngiare e bere re m ma sono unper chi voglia cale invita a fa lo ra t a il s t , a o obblig della qualità rindare alla n b na all’insege i nostri amici,e sul prossimo com magari, finir l Blob! de e, numero

Scendiamo nel dettaglio come si è svolta laper vedere nostra Locride: do Pasqua nella po Mirto, possiamo dala Via Crucis del re Svelata e alla Via un’occhiata alla Cr Marina, per concluucis di Siderno dere con di Siderno Superiola Svelata re.

aky to e di P ’assal ky. Ch o o e d d a n r an ista in P gio aga, d dom nal no io, Le el gior o pie erigg aga, in endo interd temp pom ind , pon nza fasa se in le ga im a o L’an erge attina asqua inda modepossa em ia m tte, P aga e e sco i chi e. s no ind nd i d dir a ti rs dom essa


Uno degli obiettivi prioritari dell’amministrazione Fuda riguarda lo sviluppo socioeconomico del rione dei pescatori di Siderno. Si vuole programmare il domani di questo luogo di “contorno” attraverso interventi materiali e immateriali. Per raggiungere il risultato di rivitalizzazione economica e sociale di questo luogo è fondamentale la partecipazione delle comunità di riferimento, degli operatori economici senza, naturalmente, prescindere dalle Istituzioni pubbliche, provincia e regione in primis. Il primo passo sarà perciò quello della sensibilizzazione, dell’illustrazione se necessario anche casa per casa di ciò che si pensa di avviare, del coinvolgimento dei sidernesi che abitano nel rione. Beneficiando delle agevolazione previste dalle leggi europee, si procederà al “Piano per il Colore” – uno strumento fondamentale nell’ottica della riqualificazione urbanistica- per dare freschezza alle facciate e dimostrare all’opinione pubblica quanto sia importante ai fine dello sviluppo che un luogo abbia una decisa e prorompente personalità in un contesto di piattezza coloristica. Oggi a Piazza Tabarano, a partire dalle ore 10,30, si parlerà di questo e delle problematiche che i cittadini di “Sbarre” registrano nella quotidianità.


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