Riviera n° 21 del 21/05/2017

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REDAZIONALE

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“NDUJAUP” PRESENTE AL TuttoFood di Milano

La ‘nduja calabrese veste America grazie a due imprenditori della Locride Pare abbia proprietà afrodisiache e antistress. Di sicuro produce endorfine, sostanze in grado di esercitare una potente attività eccitante. E poi è gustosissima. È la bandiera dei salumi calabresi, e, senza dubbio, uno dei prodotti tipici più originali, più sanguigni, più focosi e irresistibili. Forte e decisa, ha stregato tutti i grandi chef del mondo, tanto che lo scorso dicembre l’agenzia di stampa americana Bloomberg ha deciso di incoronare sua Maestà la ‘nduja calabrese pietanza dell’anno. Oggi, affinchè il suo sapore diventi ancora più universale e faccia bottino di palati, “la ‘nduja calabrese veste America”. È questo lo slogan del nuovo prodotto ideato dagli impreditori Vittorio Micelotta, originario di Monasterace, e Salvatore D’Agostino, originario di Roccella, e presentato nei giorni scorsi al TuttoFood di Milano, il salone internazionale dedicato all’agroalimentare e palcoscenico ideale per presentare i propri prodotti al mondo. La nuova creatura di Vittorio e Salvatore si chiama “Nduja Up” ed è una salsa a base di ‘nduja, realizzata in due versioni: con ketchup e con salsa barbecue. “Nduja Up - ci raccontano i due imprenditori locridei - è frutto di un lavoro di studi durato cinque anni e servito a stabilizzare la salsa e a trovare l’equilibrio ideale”. È la sua versatilità in cucina a fare la differenza: sta bene con tutto, e da oggi, grazie a ‘Nduja Up, condire i piatti e sentire il peperoncino sprigionare tutto il suo aroma sarà un gioco da ragazzi. Amazing! direbbero i nostri amici americani. “A partire da giugno - annuncia Vittorio Micelotta - ‘Nduja Up sarà lanciata sul mercato e sarà venduta anche al di fuori dei confini nazionali”. Ladies and gentlemen, ‘Nduja Up is coming... per lasciarvi senza fiato!

“NDUJAUP” UNA SALSA A BASE DI ‘NDUJA, REALIZZATA IN DUE VERSIONI: CON KETCHUP E CON SALSA BARBECUE.

‘ndujaup Il piccante calabrese a

b r e v e

s u l

m e r c a t o


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Da lupara e coppola a Francis Ford Coppola

LIDIA ZITARA icola Gratteri è un po’ il Giacobbo della mafia. Come se la ‘ndrangheta fosse una mummia maledetta o lo Yeti, una piramide dove il latte diventa yogurt o il mistero della sacra Sindone, se c’è da parlare di mafia in Calabria si chiama Gratteri. C’è una ragione precisa: essendo calabrese è esente dalle stigmatizzazioni dei calabresi stessi, notoriamente permalosi. C’è da parlarne bene? Aumentano gli ascolti. C’è da parlarne male? La colpa è sua, che è calabrese. Il problema vero di questa forma aberrata di comunicazione è il mix di verità e menzogne, omissioni e allusioni, prese di posizione che passano per essere neutralità. Ciò è comune a tutti i politici, storici e ai mafiologi organici al sistema: dire una panzana in mezzo a una verità garantisce che sia preso l’insieme per verità. I più sofisticati fanno l’opposto: è un’arte difficile. Non diversamente da un attore, Gratteri ha un suo repertorio che porta avanti da anni. La ‘ndrangheta che per accumulare capitale, così, motu proprio, va dalla Calabria alla Bolivia, Perù e Colombia per comprare la cocaina, con i soldi accumulati grazie ai sequestri durante gli anni ’70 e ’80, i rapporti con la classe dirigente, l’emancipazione di certe figure maschili che devono rimanere incensurate per essere disponibili quali rappresentanti di liste elettorali. Gradi, formule, ibridazioni con la massoneria deviata. Preti accusati di associazione a delinquere: non rimane nessuno. Tutto molto interessante ma forse un po’ vecchio e di certo non sconosciuto a chi in mezzo a queste persone ci vive. Cosa chiede per cambiare la situazione? Un

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“Il film Il Padrino è stata una disgrazia, la prima disgrazia che ha riguardato il mondo occidentale e in particolare l’Italia. Dal Padrino è nato il mito, il sogno, della ‘ndrangheta” – durante la puntata del 16 maggio scorso in “Dimartedì”, su “La7” Nicola Gratteri, il Giacobbo della mafia, ne ha aggiunta un’altra al suo repertorio.

CONTROCOPERTINA

La Calabria deve rimanere povera e ‘ndranghetista. Altrimenti allo stato centrale mancherebbe la manovalanza criminale. “Non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra”, si suol dire, ma la verità è che entrambe le mani si muovono di concerto e impastano la stessa pasta.

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sistema giudiziario veloce ed efficace e un’istruzione vera, in grado di rendere le giovani generazioni autonome nel pensiero e nella capacità lavorativa. Pensieri forse banali, ma di certo condivisibili (le mezze verità). L’aggiunta più recente al suo repertorio è stata l’accusa alla saga del “Padrino”, avvenuta nel corso della puntata del 16 maggio scorso in “Dimartedì”, su “La7”. Che il “Padrino” sia un mito non ci voleva Gratteri a dircelo, essendo uno dei cicli cine-

Coppola, e forse solo un pivello attaccabrighe, oggi, crederebbe davvero che la mafia sia quella di Michael Corleone. Mio padre, il defunto economista meridionalista Nicola Zitara, sosteneva che lo stato capitalista non può esistere se non affianca alle operazioni economiche lecite quelle illecite, che deve controllare a livello globale. Di solito le sedi dove si posizionano i gruppi sono le colonie interne, i territori più marginali e poveri: la Calabria in Italia, l’Irlanda nel Regno Unito (a proposito di film, si veda

Roberto Giacobbo è un giornalista, conduttore e autore televisivo, e scrittore

nicola zitara economista e meridionalista calabrese

Stato arriverà con sirene e mandati, perché un’altra cosa che nessuno dice e tutti sanno, è che se volessero potrebbero arrestarli tutti in una sola notte, perché lo Stato sa perfettamente chi sono, dove abitano e cosa fanno. Se crediamo per un momento che la ‘ndrangheta lavori per sé saremmo dei folli: la ‘ndrangheta fa il lavoro sporco a vantaggio degli stati nazionali che non vogliono insozzarsi le dita. Se il contrario fosse, la Calabria sarebbe ricca come gli Emirati Arabi. La ‘ndrangheta è vile e infame: prende ai pove-

Se crediamo per un momento che la ‘ndrangheta lavori per sé saremmo dei folli: la ‘ndrangheta fa il lavoro sporco a vantaggio degli stati nazionali che non vogliono insozzarsi le dita. Se il contrario fosse, la Calabria sarebbe ricca come gli Emirati Arabi. matografici più amati del mondo. Che sia mitizzato è altrettanto vero, ma non solo dai mafiosi, anche dai critici cinematografici. Che sia stato trasformato in una icona da parte dei mafiosi, o da chi ha un atteggiamento paramafioso invece è completamente vero. Su questo Gratteri non ha sbagliato. Ricordo mio padre dirne la stessa cosa in tempi piuttosto remoti. Ora bisogna avventurarsi in terreni paludosi, che richiedono attenzione. Che i film, in quanto opere d’arte o ingegno, influenzino la società, è evidente. Ma la mafia non origina certo dal libro di Mario Puzo o dal film di

“Black Mass, l’ultimo gangster”, molto illuminante). Questo perché i poveri sono più facili da controllare, sia economicamente che elettoralmente. Ecco perché la Calabria deve rimanere povera, povera e ‘ndranghetista. Altrimenti allo stato centrale mancherebbe la manovalanza criminale. “Non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra”, si suol dire, ma la verità è che entrambe le mani si muovono di concerto e impastano la stessa pasta. Non è lo Stato a essere ricattato, come i più ciechi sostengono, ma è la ‘ndrangheta a servirlo. E se mai la ‘ndrangheta facesse un passo oltre la linea gialla, lo

ri per dare ai ricchi. E questo lo fa a tutti i livelli: da quello locale, localissimo, dove a essere favorite sono le famiglie che portano voti o i professionisti, a discapito di chi ha davvero bisogno di lavorare, fino a quello transnazionale. Ogni stato capitalista ha la “sua” mafia, e dovremmo interrogarci sul perché. Questo Mario Puzo non l’ha scritto per non rovinare un bel romanzo che parlava di fantamafia. La mafia vera è un’altra cosa, ma Gratteri, come d’abitudine, ci ha indicato la cornice e non il quadro.


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ATTUALITÀ

FERROVIA JONICA

Oliverio e Delrio annunciano il più grande investimento dai tempi dell’Unità d’Italia 450 milioni di Euro: È questa la medicina che Stato e Regione vogliono somministrare alla Ferrovia Jonica per migliorare la mobilità nella nostra regione. I lavori partiranno a giugno e termineranno nel 2020. Sarà il più grande investimento dall’Unità d’Italia.

Si è tenuto mercoledì mattina, presso la Cittadella di Catanzaro, l’incontro tra il Ministro dei Trasporti Graziano Delrio, il presidente della Regione Mario Oliverio e l’Amministratore delegato di RFI Maurizio Gentile, propedeutico alla sottoscrizione di un accordo utile a potenziare la Ferrovia Jonica. Il progetto, che prevede l’investimento di oltre 450 milioni per rinnovare 280 km di linea e una serie di interventi mirati a rinnovare i binari, riqualificare le stazioni, mettere in esercizio nuovi convogli e velocizzare i tempi di percorrenza, è stato annunciato come il più grande investimento sulla linea dall’Unità d’Italia a oggi e descritto da Delrio come “una scelta fondamentale per migliorare la mobilità dei cittadini e agevolare lo sviluppo del territorio”. Chi pensa che, come spesso è accaduto, il pro-

getto resterà solamente una dichiarazione d’intenti, secondo Delrio, rimarrà deluso. L’avvio dei lavori, infatti, è previsto tra poche settimane e dovrà rispettare un cronoprogramma che, assicura il ministro, garantirà alla Calabria di veder chiudersi i cantieri non oltre la fine del 2020. «Si tratta di un investimento che la regione aspettava da decenni - ha dichiarato Delrio ai microfoni della RAI - Da tantissimi anni non si faceva un investimento sulla Ferrovia Jonica e oggi, assieme alla regione, abbiamo stilato un programma molto ambizioso che ci permettere di mettere in campo tantissime risorse in grado di dare maggiore dignità alla linea regionale e di garantire che, attraverso il miglioramento della strada ferrata, si sviluppino l’economia e il turismo». Jacopo Giuca

LOCRI

Arriva il decreto del Prefetto: conto alla rovescia per la dichiarazione di dissesto La settimana non è certo iniziata nel migliore di modi, per l’Amministrazione Comunale di Locri, che, lunedì mattina, all’apertura degli uffici, si è vista notificare dalla Prefettura di Reggio Calabria la diffida a deliberare il dissesto finanziario. Dopo la bocciatura del ricorso di qualche settimana fa, che aveva convinto l’assessore di opposizione Antonio Cavo che l’esito di questa vicenda non sarebbe potuto essere differente da quello oggi sotto gli occhi di tutti, la Giunta guidata da Giovanni Calabrese, già provata dai recenti fatti cronaca, subisce una stoccata in grado di vanificare definitivamente gli sforzi da essa prodigati fin dall’insediamento nel 2013. La Corte dei Conti non si è lasciata convincere dal Piano di Riequilibrio Finanziario presentato dall’assessore al bilancio Raffaele Sainato né sono servite le proteste relative al fatto che l’ammanco non sarebbe amministrativo bensì tecnico. Adesso a Calabrese e ai suoi non resta che prendere atto del documento notificato lunedì mattina e organizzarsi affinché il dissesto finanziario venga dichiarato al più tardo entro il prossimo 4 giugno, pena l’inappellabile scioglimento della giunta comunale a un anno esatto dalla naturale conclusione del proprio mandato. JG

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I dato rea e

di Franco Crinò

Due ore di spiegazioni (dovevano bastare due minuti) per dire a un candidato, un bravo portalettere, che se realizza alle elezioni 150 preferenze nella lista vincente non può contendere il ruolo di assessore comunale con delega alla sanità al dirigente medico ospedaliero, eletto anche lui, che si ferma a 100. Fatica spesso sprecata quella di far comprendere i discorsi sulle competenze, sul senso di responsabilità nei confronti della comunità. Come è incomprensibile, sul piano della partecipazione, una manifestazione incredibilmente disertata dalla gente sul problema della depurazione che rischia di far saltare la stagione balneare. La situazione è difficilissima nei comuni e la cosa migliore non e' certo disinteressarsi, non esserne consapevoli. Anche quella del sindaco è una figura coinvolta nel declino delle istituzioni e nel degrado della rappresentanza. Un motivo in più per averne di credibili. Bisogna lavorare per rinforzare l'organizzazione sociale, per trovare più spazi di confronto, per far sentire i cittadini compartecipi delle scelte. Il voto deve tornare a essere un segno di appartenenza - oggi i partiti non hanno quasi più le sezioni, i giornali, forse neppure le idee - anche per avere un filtro tra cittadini e istituzioni. Compito improbo per chi si appresta a guidare i Comuni, ma se vi rinunci, Platone ammonisce "Una delle punizioni che ti spettano per non aver partecipato alla politica è di essere governato da esseri inferiori". Compito che non deve declinare verso la vanità personale "Non esistono governi popolari, governare significa scontentare” (Anatole France). Compito da non affidare ai parolai "Non si fa politica con la morale, ma neppure senza” (Malraux). Cosa può essere disastroso in quest'altro passaggio elettorale? Affermare il possesso dei voti non sostenuti dalla preparazione o un risultato che era stato affidato alle illusioni, avere una burocrazia che lavora per sé, usare solo l'insulto. E pensare che persino uno dal carattere "anglosassone" come l'economista Luigi Spaventa, quando era ministro, ci cascò: in aula, rivolto a un parlamentare che lo interrompeva di continuo, lo apostrofò “Porcospino". Quello "Ritiri l’insulto". E lui "Ritiro solo lo spino".

in corsa per il municipio

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GIUDIZIARIA

Articolo 416 bis cp: Parola alla difesa Quando si legge di fermi e/o misure cautelari dove gli indagati sono colpiti dall’ipotesi di 416 bis c.p., quello che, per intenderci, è l’articolo relativo alla contestazione di associazione per delinquere di stampo mafioso, si attende gli esiti del riesame. In questo caso la parola passa alla difesa dell’indagato, che chiede la revoca della misura coercitiva di libertà personale. Di seguito un esempio di richiesta: Nello specifico il difensore rileva che affinché si possa ritenere integrata la partecipazione all'associazione per delinquere «non è sufficiente il concorso in taluno dei reati fine riconducibili all'associazione medesima, ma occorre l'assunzione di un ruolo funzionale all'associazione e alle sue dinamiche operative, che sia espressione non occasionale dell'adesione al sodalizio e alla sua sorte, con l'immanente coscienza e volontà di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo». «Secondo una pacifica linea interpretativa tracciata dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione con riguardo all’identificazione del vincolo associativo, la condotta partecipativa si perfeziona con la conclusione di un accordo tra il singolo e il gruppo, in forza del quale il primo si pone a disposizione del secondo, per una serie non predeterminata (nel numero) di contributi all’attività dell’associazione criminale, e il secondo, attraverso la volontà e l’atteggiamento dei componenti o del ceto dirigente, riconosce il primo come risorsa strutturalmente acquisita (da ultimo, v. Sez. 6, 16 aprile 2014, n. 37646)». «Pertanto, la fisionomia del reato non richiede che sia indeterminato l’oggetto delle prestazioni promesse, né che sia indeterminata la durata del rapporto, bastando che il contributo concordato non consista in una serie specifica e predefinita di singole condotte». E ancora oltre: «La reiterazione, anche serrata, di condotte illecite, che non dipenda da una pattuizione preliminare, e richieda dunque di volta in volta una deliberazione concorsuale tra l’agente e i componenti del gruppo, resta priva di rilievo sul piano associativo (Sez. 6, n. 7387/14 del 03/12/2013, Rv. 258796)». Nel caso in esame il requisito della gravità indiziaria in ordine alla configurabilità dell’ipotizzata partecipazione al sodalizio criminale da parte dell’indagato è stato apoditticamente desunto dal contenuto di una conversazione da cui si desume che alcuni soggetti siano creditori, a seguito di una presunta transazione illecita di sostanze stupefacenti senza, però, specificare se e come l’instaurazione di tale rapporto «possa inscriversi nel quadro delle su indicate circostanze indicative, sul piano sintomatico, dell’esistenza di una vera e propria, consapevole, relazione di tipo associativo». Nel caso specifico per come evidenziato dal difensore «il contenuto di tutto il materiale intercettativo rivela l’esistenza di elementi di fatto significativamente confliggenti e contrapposti che, anche se complessivamente valutate, portano a escludere l’organico inserimento dell’indagato nella struttura criminosa delineata dall’accusa e a cui si pretende assumere che quest’ultimo faccia parte».


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REDAZIONALE /STUDIO MEDICO

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Polimedicauncentrodieccellenza

per essere al top della forma

Lo studio medico “Polimedica”del dottor Giuseppe Fortugno è l’unica struttura in Calabria

altamente specializzata nella cura dell’obesità

e nella prevenzione delle malattie metaboliche.

o studio medico “Polimedica” del dottor Giuseppe Fortugno è l’unica struttura in Calabria altamente specializzata nella cura dell’obesità e nella prevenzione delle malattie metaboliche. Mette a disposizione un’ampia gamma di prestazioni di qualità grazie al suo team di specialisti, alla sua struttura interamente dedicata e all’applicazione di tecnologie all’avanguardia. “Polimedica” offre un inquadramento diagnostico e terapeutico a persone affette da sovrappeso, obesità e altre patologie associate alla malnutrizione, inclusi i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, binge eating disorder), rappresentando un unico presidio con al suo interno più tipologie di attività medico/sanitarie fra loro funzionalmente collegate e garantendo ai pazienti un servizio completo, tempestivo ed efficace. “Polimedica” offre la consulenza di personale medico di comprovata esperienza e altissima professionalità. I servizi offerti sono nutrizione e dietologia (con medico specialista), endocrinologia, diabetologia, ecografia, psichiatria e chirurgia bariatrica (chirurgia dell’obesità). “Polimedica” è in grado di sviluppare programmi di terapia dietetica individuali rivolti sia a soggetti sani che a persone affette da varie patologie (obesità, sovrappeso, diabete, ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, celiachia, patologie epatiche, gastroenteriche, renali, tumori, gotta, ecc), con l’obiettivo di ridurre la massa grassa, riportare nei limiti e monitorare i valori ematochimici alterati, recuperare le limitazioni funzionali, rieducare il comportamento alimentare e l’attività fisica, senza tralasciare gli aspetti psicologici, emotivi e cognitivo-comportamentali.

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“Polimedica” offre, inoltre, dietoterapie in gravidanza, durante l’allattamento e per una corretta alimentazione del bambino. Lo studio medico fornisce una valutazione specialistica chirurgica per i pazienti idonei che vorranno sottoporsi alla chirurgia bariatrica (chirurgia dei grandi obesi) e di follow-up per tutti i soggetti già operati. Inoltre, “Polimedica” offre la consulenza di un medico chirurgo specializzato in psichiatria che si occuperà della diagnosi e cura di pazienti affetti da malattie psichiatriche e da disturbi del comportamento alimentare. Presso “Polimedica” è possibile effettuare il “breath test”, una tipologia di esame non invasivo che costituisce un prezioso ausilio nella diagnosi della celiachia, intolleranza al lattosio e helicobacter pylori . Lo studio medico, inoltre, offre un percorso di assistenza specializzata nella prevenzione, diagnosi e cura del diabete e di tutte le malattie endocrinologiche fornendo la migliore assistenza in termini di efficacia clinica e qualità della vita. Presso “Polimedica” tutte le prestazioni sanitarie vengono erogate con l’ausilio delle più moderne tecnologie sanitarie e solo da endocrinologi e diabetologi altamente specializzati. Lo studio medico dispone anche di una strumentazione di ultima generazione per effettuare tutte le tipologie di indagini ecografiche. Gli esami vengono effettuati da personale medico-radiologo specializzato nella diagnostica per immagini. “Polimedica” sviluppa pacchetti personalizzati con l’obiettivo primario di garantire il benessere della persona che sarà accolta in un ambiente sereno, caratterizzato dalla gentilezza e competenza del suo personale, che accompagnerà il paziente in un percorso di guarigione equilibrato e privo di stress.


ATTUALITÀ

COPERTINA

Miracolo a locri

Il Presidente della Sezione Penale di Locri Fulvio Accurso ha avviato un progetto che ha spento il grigio del tribunale coinvolgendoi detenuti e facendoli sentire utili lì dove un martelletto stringibudella li ha giudicati colpevoli MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Abbiamo chiesto a Fulvio accurso di concederci un’intervista ma lui È stato categorico: “Un magistrato non deve rilasciare interviste, per lui parlano i fatti”

Fa uno strano effetto veder uscire i propri pensieri dalla bocca altrui. Pensieri che magari erano stati espressi in una solitudine resa non assoluta dalla presenza timida di qualche testa non coronata. Pensieri che oggi vedi sbucare da cunicoli che non avresti mai immaginato perchè li credevi vicoli ciechi. Questa settimana abbiamo incontrato il Presidente della Sezione Penale di Locri, Fulvio Accurso. Lo abbiamo incontrato nel suo studio, completamente rimesso a nuovo, le pareti ritinteggiate con in bella mostra quadri che denotano un certo gusto. E il presidente Fulvio Accurso ci piace. Per almeno tre motivi. Innanzitutto perchè non ha accettato di rilasciarci l’intervista per cui eravamo andati a trovarlo. Non l’ha fatto nonostante le nostre benevole pressioni. È stato categorico: “Un magistrato non deve rilasciare interviste, per lui parlano i fatti”. Vi immaginate quanto bene farebbero alla Calabria se tutti i magistrati la pensassero come Fulvio Accurso? Non li vedremmo infilarsi in ogni programma televisivo, anche in quelli che contano due, tre telespettatori al massimo. Non si stiracchierebbero trionfanti sulle prime pagine di qualunque giornale. Non li sentiremmo gracchiare alla radio per rivelarci ancora una volta il loro cul-de-sac. Il secondo motivo per cui ci piace Fulvio Accurso è un’altra sua convinzione, dichiarata nel corso del convegno “La giustizia riparativa - La comunità un interlocutore eccellente” tenutosi lo scorso 11 maggio presso la Sala del Consiglio Comunale di Locri. “Non ha senso fare il magistrato per punire le persone. - ha detto - Una società che pensa di risolvere i problemi sbattendo la gente in galera è una società che ha già fallito”. Eravamo andati da lui anche per farcelo ripetere, magari intonarlo insieme improvvisando un flash mob al tribunale di Locri. Ma per fortuna o purtroppo, come avrebbe detto Gaber, non l’ha fatto. Il terzo motivo, infine, sta in quello studio

rimesso a nuovo. Pulito, luminoso. Così come pulito e luminoso è tornato a essere l’intero tribunale penale di Locri. Un vero miracolo. Questo perchè Fulvio Accurso ha pensato di avviare un progetto che coinvolgesse i detenuti e li facesse sentire utili lì dove un martelletto stringibudella li ha giudicati colpevoli. Hanno ritinteggiato tutto pareti, ringhiere, gabbiotti - spegnendo il grigio. “Pennellata dopo pennellata ripulivano la loro coscienza, il loro modo di essere uomini” - ha affermato Accurso durante il convegno. Secondo il Presidente della Sezione Penale di Locri il ruolo del magistrato è recuperare chi ha sbagliato. “Ci sono criminali dentro che saranno detenuti a vita ma ci sono anche persone che vogliono cambiare, che hanno sete di manifestarsi come uomini nuovi, che hanno bisogno di svelare la loro bellezza”. Come sosteniamo da tempo anche noi, lì dove regna il bello, il crimine non attecchisce. Fulvio Accurso ha dato la possibilità a quelli che oggi chiama i suoi ragazzi di recuperare la loro dignità per non farli sentire dei reati che camminano. Non tutti riescono a comprendere che le giornate dei detenuti si risolvano ad attendere nervosi quell’ascensore che un giorno li riporterà al piano, senza sapere se, dopo aver reso per mesi o per anni il pacco-reato in mano, ci sarà qualcuno ad accoglierli una volta fuori. E non il muro ottuso di una società sopraffatta dalla mania di voler “non sembrare più” anzichè “non essere più”. Perchè non ha senso andare in giro per un mondo dove il passaggio della propria immagine in ogni ricordo altrui ti spoglia e ti rende vulnerabile, facendoti sprofondare nella colpa con una spudoratezza che nessuno specchio anche il più spietato può fare. Fulvio Accurso è riuscito a denudare i suoi ragazzi del loro reato e a guardarli negli occhi senza, però, far temere loro la violazione profonda del proprio essere, l’irruzione nell’ostinato ordine del proto-abbecedario con cui la società li giudica.


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Intervista a Elena Gratteri Presidente di“Politeia-Dentro la Città”

La bellezza del teatro mette a tacere il dolore in carcere A partire dagli anni ’80 il teatro in carcere iniziò ad assumere una specificità pedagogica propria: si comprese che l’arte drammatica potesse essere utilizzata per intervenire sugli aspetti relazionali e sull’indagine intorno al Sé del detenuto. Questo perchè la pratica del teatro va a incidere sull’immaginario, sulle relazioni psicologiche e sulle interazioni sociali e familiari; è disvelatrice delle memorie dimenticate, una lente tra giusto e ingiusto, tra bene e male. E così sul palcoscenico penitenziario si fa forte l’idea di catarsi che consente di mettere a tacere il dolore attraverso la bellezza dell’oggetto artistico che lo rappresenta. Questo l’associazione “Politeia - Dentro la Città” presieduta da Elena Gratteri lo sa bene e ne sta dando prova attraverso il progetto “Il Planetario”, che si avvale della professionalità di Bernardo Migliaccio Spina, che segue i detenuti dal punto di vista tecnico, supportandoli nella stesura della sceneggiatura di uno spettacolo teatrale, di Nicola Procopio, che insegna dizione e lettura espressiva, e di Carmela Salvatore, che coordina i detenuti nell’allestimento della scenografia. Si tratta di due laboratori, che ospitano circa 25 detenuti, impegnati a confezionare un prodotto di qualità, ma con un’attenzione particolare al ruolo pedagogico del teatro. Il progetto è stato accolto con grande favore da Patrizia Delfino, direttrice della Casa circondariale di Locri. “A incoraggiarci verso questa strada che ha portato innanzitutto alla costituzione della nostra associazione è stato il successo registrato con il progetto “Un palcoscenico oltre le sbarre”, grazie al quale la compagnia “Stabile Assai” della Casa di reclusione di Rebibbia, l’estate scorsa, si è esibita presso la Corte del Palazzo Comunale di Locri e presso il Teatro romano di Marina di Gioiosa Ionica. L’idea di realizzare queste manifestazioni teatrali è nata dopo l’incontro con Antonio Turco, Presidente Nazionale AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport), associazione a cui Politeia è affiliata - dichiara Elena Gratteri. - Ho conosciuto Antonio Turco nell’ambito del master in Pedagogia

Giuridica dell’INPEF, di cui è docente. In quell’occasione ci ha illustrato i progetti che da anni porta avanti presso la Casa circondariale di Rebibbia. E così, insieme alla mia collega, Maria Teresa Badolisani, vice Presidente di Politeia, è nata l’idea di mettere in scena nella Locride queste opere teatrali nate dietro le sbarre”. Il teatro in carcere è un forte strumento di cambiamento per gli attori-detenuti ma va inserito anche all’interno di quel mutamento del mondo carcerario a sostegno della legislazione più avanzata, che persegue l’obiettivo del reinserimento in società di chi vive l’esperienza del carcere. Il teatro costringe l’attore a guardarsi attorno e dentro e a condividere con lo spettatore una tragedia simile a quella reale, ma riscattata dalla poesia. Così, ciò che nella vita è dolore, dalla scena arriva come emozione, e soprattutto è avvertita come purificazione. Ma l’Associazione “Politeia – Dentro la città” non è solo teatro. Lo scorso 11 maggio ha organizzato con il patrocinio del Comune di Locri e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Locri il Convegno “La Giustizia Riparativa – La comunità un interlocutore eccellente”, tenutosi presso la Sala del Consiglio Comunale di Locri. All’incontro sono intervenuti Rodolfo Palermo, Presidente del Tribunale di Locri; Fulvio Accurso, Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Locri; Patrizia Delfino, Direttore della Casa Circondariale di Locri; don Nicola Commisso Meleca, Rettore del Seminario vescovile “San Luigi”, Diocesi di Locri Gerace; Deborah Cartisano Coordinatrice di Libera Locride; Angela Tibullo, criminologa e mediatrice penale. “L’obiettivo della nostra associzione - conclude Elena Gratteri - è prevenire e combattere gli attentati alla legalità e su questa strada continueremo a impegnarci tenendo sempre a mente la frase di Don Oreste Benzi: l’uomo che ha commesso il reato non è lo stesso uomo che ha scontato la pena”. Maria Giovanna Cogliandro


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Commerciante di Stignano Roccella: inaugurata la giostra per disabili genera il caos aTorino Nel primo pomeriggio di giovedì Ferdinando Urzini, commerciante 52enne di Stignano, da anni residente a Torino, si è barricato nella propria abitazione e, pezzo dopo pezzo, ne ha scaraventato la mobilia al piano di sotto trasmettendo tutto dal suo profilo Facebook. L’uomo aveva con sé anche una pistola con la quale ha minacciato più volte le forze dell’ordine intervenute. Benché non fossero chiare le motivazioni del suo folle gesto, nelle 22 ore di follia il calabrese ha più volte accennato a un non meglio giustificato timore di essere controllato H24 e di essere pedinato da qualcuno che aveva intenzione di ucciderlo facendo passare il suo gesto per un suicidio. “Vogliono impiccarmi” avrebbe dichiarato l’uomo già nella serata di giovedì, mentre i vicini di casa, che hanno descritto ai giornalisti una persona mite e cordiale, hanno concordato nell’affermare che le cause del gesto sarebbero da ricercarsi in un viaggio della scorsa estate nella Locride, in seguito al quale Urzini era tornato in Piemonte profondamente cambiato. La vicenda, che si temeva potesse concludersi nel peggiore dei modi, ha invece registrato un lieto fine attorno alle ore 11 di venerdì, quando lo stignanese ha finalmente aperto la porta ai Carabinieri e ha cominciato a collaborare con gli inquirenti.

Questa settimana è stata inaugurata a Roccella Jonica, la giostra per disabili donata dall’ASD Calabria Fitwalkin. Immensa, naturalmente, la soddisfazione di Fasto Certomà, che ha commentato l’evento così: “Ce l'abbiamo fatta anche questa volta ,la stanchezza nei nostri occhi di quella sera oggi si è trasformata in gioia per noi e per tutta la comunità… Il sole oggi a Roccella non si è nascosto dietro le nuvole, e ha vissuto la nostra emozione…”

CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo

Fronte del“Porto” La Calabria si pone da anni come una regione che vorrebbe essere “in movimento”. Cioè, pronta a inseguire le sfide del nuovo e a conquistare spazi di credibilità economica nel resto del Paese. Ma non solo. Vi è una sorta di attenzione verso una politica dei trasporti che non manca di emergere da discorsi o happening politici quasi come se tutto questo fosse veramente frutto di un convincimento, di una consapevolezza di un’idea coerente e concreta sul come garantire mobilità alle persone e alle merci. Eppure, nonostante le intenzioni non si vedono all’orizzonte novità pari alle aspettative. Anzi. Nel susseguirsi di commissariamenti amministrativi e non solo, anche la mobilità è di fatto commissariata. Con essa è commissariata la possibilità di crescere, di guardare al futuro da protagonisti. Il caso del porto di Gioia Tauro diventa ormai un caso di scuola. Di come un’idea interessante legata al riconoscere un ruolo mediterraneo alla Calabria in un contesto allargato di mercato delle merci e di opportunità di lavoro langue nelle nebbie dell’incertezza, del non definire ruoli, possibilità e potenzialità. Tante voci si sono sovrapposte su come restituire dignità ad una infrastruttura fondamentale far si che la Calabria si senta parte di un disegno più ampio di relazioni economiche, attribuendole il ruolo di ponte tra il Mediterraneo e il Nord Europa. Ma nessuna di queste voci si è poi tradotta in azione. Anzi, vi è chi dopo aver auspicato un rilancio del porto di Gioia Tauro in tempi non sospetti, in visita in Cina non ha mancato di affermare la strategicità dello scalo di Vado Ligure affidando alle nebbie dell’oblio non solo Gioia Tauro, ma con essa ogni speranza che

tra governo e regione, tra necessità di distribuire le opportunità e il dimenticarsi che la Calabria è parte dell’Italia. Tuttavia non è solo questo. La miopia governativa si accompagna ad una distratta concezione del valore e del ruolo che le opere dovrebbero assumere nella regione. La coerenza delle scelte e la capacità di dimostrare la competitività di uno scalo e con questo la necessità di mantenerlo, infatti, corre non solo suoi costi, ma sulla disponibilità di altre infrastrutture che sono al servizio delle operazioni portuali. Ciò significa trasporto ferroviario, aeroporti con capacità cargo, rete stradali di cornice che in disegno di conurbazione progressiva della realtà metropolitana dovrebbe essere regola e non eccezione. Tutto questo sembra non far parte della vicenda “Porto” relegata ad essere solo una questione di mantenimento e non, invece, di sano rilancio. Guardare alle gru ferme del porto di Gioia Tauro significa guardare ad una regione ferma, che tenta di vivere di se stessa senza conoscersi e senza voler conoscere. La mobilità delle persone delle merci e dei capitali rappresentano gli strumenti per ogni politica di successo per comunità che intendono essere attrici del loro destino senza dover dipendere da elemosine altrui. Credere che la soluzione sia il mantenimento di infrastrutture improduttive significa non solo drenare risorse, vuol dire privare la stessa opera della sua identità, della sua ragione di esistenza e vanifica non solo il lavoro posto in essere per realizzarla, ma ne offende le motivazioni poste a premessa della sua esistenza. Per questo, la vicenda del Porto di Gioia Tauro non si chiude in un limite fisico, ma accompagna con se e con il suo futuro, il destino di una terra che su di esso gioca ancora una volta la sua credibilità e reputazione.

Moby Prince: la cerimonia in ricordo delle nostre vittime si conclude con un lancio di rose In occasione del 26° anniversario della tragedia del Moby Prince, in cui persero la vita, tra gli altri, i cittadini di Siderno Luciano Barbaro, Francesco Crupi e Antonio Rodi, lo scorso 11 aprile l’Amministrazione Comunale ha organizzato una messa in loro ricordo alla quale hanno partecipato i parenti delle vittime. Al termine della cerimonia, tenutasi alle ore 17:00 presso la Chiesa di S. Maria di Portosalvo, i familiari rimasti hanno voluto continuare in forma privata la commemorazione dei propri cari recandosi sul lungomare di Siderno, dove ai nostri concittadini scomparsi è stato dato un ulteriore saluto con un toccante lancio di rose in mare

Primo Maggio dolce ricordo L’ANGOLO DI PARRELLO

Com’era bello il Primo Maggio negli anni ’50. Tutti in piazza a reclamare “pane e lavoro”. Ricordo un giorno in cui eravamo in migliaia a manifestare e un ragazzo si era appassionato più di tutti. Casualmente, quel giorno passò dal luogo dove eravamo riuniti un importante industriale del Nord Italia. Capendo la situazione fermò la sua auto e si diresse verso di noi manifestanti per aiutare qualcuno. Si rivolse proprio a quel ragazzo dicendogli: “ Ho necessità di ricoprire un ruolo, vieni che ti assumo nella mia azienda”. Ma il ragazzo, sorpreso, rispose: “ Ma scusi, tra tutte le persone qui presenti sceglie proprio me per lavorare? Ne prenda un altro…”. L’industriale rimase sconcertato, mentre quel ragazzo riprese a manifestare urlando “pane e lavoro…pane e lavoro…” Franco Parrello



ATTUALITÀ

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DOMENICA 21 MAGGIO 10

Nei giorni scorsi l'Anas ha comunicato che nel mese di maggio la Galleria della Limina rimane chiusa dalle 22:00 alle 6:00, anche durante il weekend, così da consentire la prosecuzione dei lavori di ammodernamento, iniziati due anni e mezzo fa. per il territorio della Locride Questa decisione costituisce un'ulteriore mazzata alla già precaria economia.

“Sono rassegnato. Nel solo mese di maggio ho perso 200 clienti”. – a dichiararlo è Francesco Sculli, titolare insieme al fratello Riccardo del Gambero Rosso, il ristorante stellato di Marina di Gioiosa più volte inserito nella Guida Michelin. “Il nostro locale conta soprattutto su clienti che vengono da fuori ma purtroppo continua a essere penalizzato, così come tutte le altre realtà imprenditoriali del nostro territorio, da numerose precarietà infrastrutturali, Galleria della Limina in primis”. Quest’ultima, infatti, rimane chiusa dalle 22:00 alle 6:00, anche durante il weekend, per consentire la prosecuzione dei lavori di ammodernamento, iniziati due anni e mezzo fa. “In Cina in 43 ore hanno costruito un ponte! – incalza Francesco – Il territorio sta subendo diversi disagi e notevoli sono i danni sulla già precaria economia. La parte sana della Locride che è una buona fetta - sebbene ci inseriscano tutti nello stesso calderone, fumante ‘ndrangheta – sta impiegando notevoli risorse per cercare di valorizzare l’immagine della nostra terra, richiamare il più possibile flussi di turisti e tradurre queste presenze in valore aggiunto e occupazione. I clienti che mi telefonano per disdire non rinunciano solo a una cena al Gambero Rosso, rinunciano a venire nella Locride. Questo territorio continua a essere martoriato con tutte le armi possibili. Che ci dicano se dobbiamo rinunciare a investirvi e trasferire la nostra professionalità altrove. Che ce lo dicano perché noi iniziamo a sentirci presi in giro”. La viabilità, i trasporti, i collegamenti costituiscono i fattori principali che inducono i potenziali turisti a scegliere una località piuttosto che un’altra; come se non bastasse, la percorribilità della Galleria della Limina non interessa solo i flussi provenienti da fuori Regione ma condiziona anche il traffico proveniente dai territori vicini per i quali la Galleria è il collegamento principale per raggiungere la Riviera dei Gelsomini. “Non me la sento – prosegue Francesco – di proporre ai miei clienti arrivati da me per gustare una cena di rientrare a casa percorrendo strade di montagna che non costituiscono un’alternativa. Le istituzioni non si muovono, nessuno si ribella. Lo Stato si fa vivo solo per riscuotere senza dare nulla in cambio, solo per trovare il proverbiale “pelo nell’uovo” e massacrare attività imprenditoriali sane, altrimenti tutto tace. I politici devono imparare a rischiare la poltrona. Magari ci sarà pure una parte della politica che prova a fare qualcosa ma c’è da indagare sul perché non ottiene nulla”. E pensare che a inizio anno il New York Times aveva messo nero su bianco la sua verità: la migliore cucina d’Italia la trovi in Calabria. Una notizia rimbalzata da una bocca all’altra, annunciata pomposamente dalla politica. Ma rimasta una flebile notizia, sfiorita appena una settimana dopo. “C’è gente che ha prenotato la propria vacanza in Calabria perché lo ha detto il NYT che da noi si mangia bene. Ma ci immaginiamo tutta questa gente giungere in Calabria e trovare questi disastri? Il menefreghismo della politica fa sì che chi ha scritto bene della Calabria, venga sbugiardato: è come se si volesse che una volta approdati in Calabria, i turisti vengano rispediti a casa propria, non dobbiamo farli sostare. Non lo so, ma sottotraccia avverto come la volontà di vanificare tutti i nostri sforzi”. E poi l’affondo finale: “Mi viene da pensare che questa terra venga lasciata di proposito nelle mani della parte marcia”. Maria Giovanna Cogliandro

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Galleria della limina

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COOP.AGRI-OPSOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA A RL Sede legale: Gioia Tauro ( RC ) S.S. 111 n. 380 C.F e Partita Iva 02782050807 - REA : RC 190035 Albo Società Cooperative n. A229188

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA ORDINARIA E ASSEMBLEE PARZIALI DEI SOCI Ai Sigg. Soci Ai Consiglieri di Amministrazione Ai Sindaci Loro Sedi E’ convocata l’Assemblea Ordinaria dei Soci della Coop.Agri-Op con all’Odg: 1) adempimenti formali di costituzione dell’assemblea dei delegati dei soci; 2) relazione consuntiva e programmatica sull’attività della cooperativa; 3) approvazione bilancio consuntivo anno 2016 e relativi documenti allegati; 4) situazione previsionale economico-finanziaria e contribuzione associativa anno 2017; 5) Rinnovo organi amministrativi e di controllo; 6) iniziative e programmi di investimenti per assistenza tecnica, qualità e valorizzazione delle produzioni; 7) PSR Calabria 2014/2020; 8) Varie . L’Assemblea si terrà in 1° convocazione lunedì 26 giugno 2017 alle ore 16,00 ed occorrendo, in 2° convocazione, venerdì 30 giugno 2017 alle ore 16,00, entrambe presso la sede sociale di Gioia Tauro ( RC ) . Sono altresì convocate le Assemblee zonali parziali dei Soci della Coop.Agri-Op , ai sensi dell’art. 21 dello Statuto, per l’elezione dei delegati alla Assemblea Ordinaria dei Soci con all’Odg: 1) adempimenti formali di costituzione dell’assemblea parziale dei soci; 2) relazione consuntiva e programmatica sull’attività della cooperativa; 3) approvazione bilancio consuntivo anno 2016 e relativi documenti allegati; 4) situazione previsionale economico-finanziaria e contribuzione

associativa anno 2017; 5) Rinnovo organi amministrativi e di controllo; 6) iniziative e programmi di investimenti per assistenza tecnica, qualità e valorizzazione delle produzioni; 7) PSR Calabria 2014/2020 ; 8) elezione dei delegati all’Assemblea generale; 9) Varie . Alle assemblee hanno diritto di elettorato attivo e passivo solo i soci in regola con gli obblighi statutari. La elezione dei delegati all’Assemblea generale avverrà con l’elezione di 1 ( uno ) delegato ogni 250 soci o frazione superiore a 125. Il calendario delle assemblee parziali – avendo ciascun socio facoltà, ove occorresse, di partecipare a una qualsiasi delle assemblee parziali – è il seguente: Comprensorio Area Jonica Reggina, che comprende i Comuni da Reggio Calabria a Monasterace, compresi i Comuni dell’entroterra, che si terrà presso la sede operativa di Locri della cooperativa sita in Via Firenze n. 28, in prima convocazione in data lunedì 12 giugno 2017 alle ore 15,00 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data martedì 13 giugno 2017 alle ore 16,30; Comprensorio Area Tirrenica Reggina , che comprende i Comuni da Villa San Giovanni a San Pietro di Caridà compresi i Comuni dell’entroterra, che si terrà presso la sede operativa di Via Solferino n. 17, in prima convocazione in data giovedì 15 giugno 2017 alle ore 15,00 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data venerdì 16 giugno 2017 alle ore 16,30; Il socio, ai sensi dell’art. 25 dello statuto, può farsi rappresentare nelle assemblee di cui sopra , mediante delega scritta, da altro socio avente diritto al voto. Cordiali saluti.

Cordiali saluti. Il Presidente Luigi IEMMA



MARINA DI GIOIOSA JONICAVIA GENOVATEL E FAX 0964 415833WWW.SANTOMACRI.IT - ARREDAMENTI@SANTOMACRI.IT

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DOMENICA 21 MAGGIO 13

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SOCIETÀ

Un ragazzo di Locri vince le olimpiadi di matematica alla Bocconi di Milano Si è tenuta alla Bocconi a Milano lo scorso 13 maggio la finale nazionale dei giochi matematici junior. Il vincitore è stato un bambino di Locri di 9 anni, Vincenzo Grasso, che ha battuto circa 100 bambini provenienti da tutta Italia.

La risposta del direttore editoriale a Vito Pirruccio Vito Perruccio non è soltanto un dirigente scolastico, ma è un uomo che ha combattuto e combatte giornalmente e concretamente la sua battaglia meridionalista. Oggi lo fa nel mondo della scuola con la stessa determinazione, intelligenza e coraggio con cui ha condotto le sue battaglie politiche e culturali. Siamo compagni di strada impegnati in un difficile viaggio, consapevoli che in questo drammatico momento della sua storia, la Calabria ha bisogno dei suoi figli migliori. Proprio ieri, un caro amico impegnato per anni sullo stesso fronte, mi ha comunicato che, nonostante non sia più giovane, ha deciso di lasciare la Calabria. I momenti di sconforto sono tanti. Noi non molleremo ma avremo bisogno di tante persone come Vito Perruccio per andare avanti! Ilario Ammendolia

LA POESIA / 1

Canuscianupoeta Canuscia nu poeta: Rocco Nassi M’chjeri poesii Eu n’ci ricu: ca paci mi rassi. A Roccu lu canuscia pi li riuni di Bagnara cu so mughieri e so fija chi lo cafè sa pigghiava. Quandu lu vitti m’presentai e supra na seggia m’settai e da lu jornu m’inguaiai. Ca ma fari avimu a suffriri non putimu vitari u poeta aimu fari.

LA POESIA / 2

L’amicodisempre Oh papà mio, parola amabile per tutti i figli, ramo al quale m’aggrappavo con la mano tremante, in quel tempo felice, e la mia lacrimuccia si asciugava solo con il tuo guardo, l’allegria si diffondeva nel mio cuore. No, la paura allora sconosciuta, ora compare dietro tutti gli angoli. Mi rifugio abbassando le palpebre, ma non c’è il buio, rivedo, per un attimo, il tuo volto che sorridente m’infonde coraggio per proseguire. B.G

Assolto in Cassazione dall’incubo di Calciopoli, l’ex arbitro Antonio Dattilo scrive all’AIA sezione di Locri Nel Marzo del 2015 Antonio Dattilo, con sentenza definitiva emessa dalla Corte di Cassazione di Roma, venne assolto dall'accusa di Associazione a delinquere ai fini della frode sportiva, nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria denominata "Calciopoli", partita dalla Procura della Repubblica di Napoli nel luglio del 2009. Dopo 9 lunghi anni la verità venne a "galla" e Antonio Dattilo fu dichiarato innocente con una sentenza di piena assoluzione per non aver commesso il fatto e senza rinvio a giudizio. Oggi in occasione del 40° Anniversario dell’Associazione Italiana Arbitri, sezione di Locri, celebratosi lo scorso 12 maggio, scrive al Presidente, ai componenti del C.D.S. e a tutti gli associati. Carissimo Presidente, Componenti CDS e Associati tutti, Quest’anno Voi raggiungete il significativo traguardo dei 40 anni di attività. Sicuramente molti saranno gli auguri e i saluti che Vi giungeranno in tale occasione: allora ben volentieri aggiungo anche il mio ricordo, d una Sezione Arbitrale cui mi legano rapporti di amicizia e il mio lungo percorso di Attività Arbitrale, costellato di sacrifici e sana abnegazione, con il pieno raggiungimento di buoni risultati anche in campo Nazionale. Quando si taglia un traguardo come il Vostro, è consuetudine fare i complimenti per l’attività svolta, ricordare i risultati raggiunti, ringraziare tutti coloro che negli anni hanno collaborato affinché la gloriosa Sezione di Locri potesse giungere al compleanno dei suoi primi quarant’anni. Sono sentimenti e considerazioni ai quali mi associo anch’io con tutta la mia ammirazione. Quarant’anni sono tanti, ma sono convinto che non siano altro che la base per raggiungere risultati ancora più importanti e all’altezza di tutto quello che negli anni avete realizzato e di quanto Voi rappre-

sentate nel panorama dell’Attività Arbitrale. Sono certo che la solidità e l’esempio che vi viene da questi primi quarant’anni di attività saranno sicuramente una spinta forte per superare anche i nuovi impegni con lo stesso entusiasmo con il quale avete vissuto sino ad oggi la vostra storia. Siete rappresentati da un Presidente, al quale mi lega un’amicizia ultra ventennale, che delle motivazioni fa il suo punto di forza. Avete un Consiglio Direttivo Sezionale composto da uomini seri e professionalmente straordinari. Purtroppo e con molto rammarico, la mia avventura con l’Associazione è terminata

nel Novembre del 2009, non per mie scelte, ma bensì per mia dignità morale e per poter dimostrare nelle sedi opportune e competenti la mia totale estraneità a quanto mi è stato accusato dalla giustizia sportiva e ordinaria. Tanti i colleghi arbitri di allora che mi sono stati solidali fin dall’inizio e creduto nella mia totale estraneità ai fatti, ma anche tanti quelli che mi hanno additato e considerato un “delinquente di provincia” associato a terze persone ai fini della frode sportiva. La realtà odierna mi porta a ringraziare i primi e a biasimare i secondi, ricordandoli come uomini che della loro vita e cultura sociale ho poco da invidiare.

A distanza di nove lunghi anni dalle mie dimissioni, periodo temporale costernato da sacrifici personali, familiari ed economici, nel Marzo del 2015 si è giunti alla parola fine, come avevo sempre sostenuto, ottenendo, in nome del Popolo Italiano piena assoluzione, per non aver commesso alcun reato relativo a quanto mi è stato da sempre imputato e senza rinvio a giudizio. Vi assicuro che attendere tremiladuecentottantacinque giorni per aver riconosciuta la propria estraneità ai fatti ascrittomi non è semplice e facile. È un lunghissimo lasso di tempo che non trascorre mai. Ma la pazienza non mi è mai mancata e la parte sana della mia splendida famiglia mi ha dato la forza di continuare a combattere, respingendo al mittente la prescrizione dei reati datata marzo 2014. Ma tutto ciò oramai appartiene al passato ed è giusto guardare con serenità al futuro. Questa mia precisazione era per ricordare a tutti che ho sempre rappresentato la Sezione di Locri e il Logo dell’Associazione Italiana Arbitri, con la massima professionalità, dignità e correttezza. Aggiungo che, se avessi ricevuto da chi di competenza l’invito ufficiale a presenziare alla Vostra ricorrenza come ex Arbitro della Sezione di Locri e tesserato per circa 23 anni, purtroppo non sarei stato presente in quanto, qualche mese fa la mia famiglia ha subito una tragica, assurda e inaspettata disgrazia. Concludo augurandoVi un roseo futuro ricco di soddisfazioni e celebrità con l’auspicio di vero cuore, che tanti di Voi, in un prossimo futuro, possano raggiungere i traguardi che il Sottoscritto ha onorato per tantissimi anni. Con immutata stima Antonio DATTILO (Ex Arbitro CAN A-B)


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DOMENICA 21 MAGGIO 15

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Dissequestrata la Isca Dream Domenico Aquino e soci non sono i prestanomi di nessuno!

Il sottoscritto AQUINO DOMENICO C.F. QNA DNC 73T 04E 956D nato a Marina di Gioiosa Ionica R.C. , il 04/12/1973, e residente in Firenze (FI) , viale E. de Amicis, imputato del processo di prevenzione denominato Operazione Mariage, secondo i principi della libertà di parola e di espressione ed anche allo scopo di far conoscere la verità a chiunque legge i quotidiani , espone quanto segue: ieri mi è stato notificato il dissequestro delle mie quote societarie ed anche ai miei soci relative alla società Isca Dream srl colpita da sequestro preventivo il 20/02/2014 in riferimento al processo di prevenzione denominato Mariage proc n. 7/14 n. RGMP 1714, ed ancor prima da un'altro sequestro in relazione all'operazione Metropolis poi successivamente conclusosi con una sentenza di non luogo a procedere a mio favore e relativo dissequestro. In merito a ciò vorrei che per come sia stata fatta tanta pubblicità negativa nei miei confronti e della società di cui io faccio parte penso che sarebbe opportuno e corretto per come io penso lei ed il quotidiano di cui lei fa parte lo siate , che venga dato lo stesso rilievo alla notizia di dissequestro e cioè che la suddetta società Isca Dream srl non sia proprietà di nessun altro senonché dei suoi soci e che le quote societarie di Domenico Aquino siano solo ed esclusivamente sua proprietà ed ancorché Domenico Aquino ed i suoi soci non siano i prestanome di nessuno!!!! Pertanto uno dei processi più pubblicizzati cioè sequestro di "450 milioni di euro " per come tutti i quotidiani hanno pubblicato e fatto apparire come beni della ndrangheta si è rivelato sempre secondo la mia idea un processo "BUFALA" a danno di onesti imprenditori , cittadini operai imprese e della Calabria intera , le lascio immaginare i danni che sono stati fatti ad un azienda sotto sequestro

per quattro anni , altri cinque di indagini per un totale di nove anni ,, chi li paga questi danni? l'altra cosa che m'infastidisce e che sia stata data luce solo alle confische fatte cioè alludendo ad una maxxi confisca di 84 milioni di euro che francamente non mi tocca, ma, mi sorge spontanea una domanda e cioè: se il maxi sequestro fosse davvero di 450.000.000 di euro e ne sono stati confiscati 84.000.000 i relativi 366.000.000 di euro allora sono stati restituiti ? E perchè non sono stati menzionati e si dà rilievo solo alla confisca??? QUESTO SAREBBE UN SUCCESSO? Francamente a mio modesto avviso queste notizie vere a metà non danno una buona immagine alla

nostra terra , penso sia giusto comunicare tutto quello che succede ma penso sia anche giusto fare informazione vera e più chiara in modo che i lettori possano conoscere le verità vere e non a metà! Mi scuso per quest'ultime mie opinioni ma il mio pensiero è questo e mi sembrava doveroso esprimerlo. Pertanto chiedo alla S/V i.llma ed alla redazione di voler comunicare e dare lo stesso rilievo a questa notizia per come lo fu fatto in passato. Certo di un V/S positivo riscontro e rimanendo a V/S completa disposizione per qualsiasi delucidazione in merito porgo i miei più cordiali saluti. Domenico Aquino

LA RISPOSTA DI ILARIO AMMENDOLIA Quando, tra uno squillar di trombe e il consueto rullar di tamburi, è scoppiata la bomba “Metropolis”- e altre filoni di indagini ad essa collegate tra cui “Mariage” - siamo stati gli unici ad avanzare le nostre riserve sulla tenuta dell’ inchiesta. Non c’è da meravigliarsi! Negli ultimi decenni gran parte della stampa è diventata strumento del regime e quindi del pensiero unico dominante. Come era facile prevedere i fatti ci hanno dato ragione! L’inchiesta è crollata! Lo Stato pagherà milioni di euro di danni. Soldi sottratti agli emarginati, agli ospedali, alle scuole, e impiegati per lubrificare una mostruosa macchina burocratica-repressiva che non produce Giustizia, non può e non vuole debellare la mafia, stritola la Calabria. Intanto una concreta possibilità di sviluppo

economico e turistico è sfumata. Un giorno la Storia ci dirà quanto male la mafia hanno fatto male alla nostra Regione. È sicuramente tanto sotto ogni profilo! Qual giorno sapremo anche i danni che ha prodotto una certa antimafia che insegue e cerca solo e soltanto la pubblicità facile e dozzinale. Sapremo anche che sono state centinaia le imprese messe in fuga dai mafiosi. Forse, ancora di più quelle soffocate da un clima di oppressione burocratica, di cultura del sospetto, di giustizia sommaria e arbitrio messe in campo dai professionisti dell’antimafia. Lo diremo sino alla noia: mafia e antimafia rappresentano la morsa che stritola il popolo calabrese non lasciando vie di scampo. La nota che doverosamente pubblichiamo dimostra quanto abbiamo detto!

Giornata della memoria per le vittime meridionali del risorgimento “Oggi non si mette in discussione l’unità del Paese, né si cercano occasioni per recriminare sul passato; piuttosto, si assiste sgomenti a un divario Nord-Sud che non è mai stato colmato e che, anzi, diventa sempre più ampio.” Non posso che plaudire all’iniziativa odierna, in qualità di Presidente dell’Associazione Due Sicilie, ma prima ancora in qualità di storico e di cittadino: chi mi conosce sa bene che da molti anni mi colloco nella scia di quanti operano una rivisitazione critica della storiografia risorgimentale, che non è stata tenera con i meridionali. Dopo anni di battaglie e di studi condivisi con molti altri studiosi, credo che oggi nessuno possa più contestare – se non per motivi puramente ideologici – le modalità con le quali fu attuata la cd. unificazione italiana: una vera e propria annessione da parte del Regno di Sardegna, per la quale non si esitò ad occupare, invadere e devastare territori, sottomettendone le popolazioni, considerate da allora, come “razza inferiore” (valga un nome per tutti: Cesare Lombroso) e decimando paesi interi, che non si volevano piegare al nuovo Re (certo fu singolare che il primo Re d’Italia abbia conservato l’ordinale dinastico che aveva come Re di Sardegna, Vittorio Emanuele II, così come la circostanza che sia stato proclamato Re d’Italia prima ancora che fosse proclamata l’esistenza del Regno). La resistenza delle popolazioni all’annessione fu massiccia (tutti sono ormai concordi sul fatto che i plebisciti furono una farsa; aggiungo che non furono neanche indetti legittimamente), ma la repressione lo fu ancora di più e non guardò né a sesso né ad età innocente: la legge Pica decretò lo stato d’assedio, di fronte al quale inorridirono Gramsci, Ferrari ed altri parlamentari. Pagine di storia che oggi sono note, atti parlamentari che ci restituiscono verità per troppo tempo occultate. Oggi non si mette in discussione l’unità del Paese, né si cercano occasioni per recriminare sul passato; piuttosto, si assiste sgomenti ad un divario Nord-Sud che non è mai

stato colmato e che, anzi, diventa sempre ampio, condannando il nostro Sud all’arretramento ed alla marginalità (nei trasporti e nella viabilità, nella sanità, nella finanza e nell’impresa, ecc.: i dati sono noti a tutti, sarebbe inutile ripetersi). Interrogarsi, però, sulle cause di tutto questo, per trovare soluzioni che consentano di superare il divario- che spesso nasce o si accompagna al pregiudizio - e realizzare davvero quell’unità nazionale soltanto proclamata, ma che di fatto resta un “mito” per alcuni, una “condanna” per altri, significa mettere in discussione le “favole” risorgimentali e guardare con onestà intellettuale a quanto accadde allora. Significa fare giustizia di un passato che è stato troppo in fretta cancellato, sovrapponendo alla nostra storia antica immagini ed utopie di un futuro che era tutto da costruire. Significa comprendere la storia per rimediare agli errori e rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono il superamento dello squilibrio attuale. Significa, perciò, innanzitutto, chiedersi perché, a partire dal 1860 si è innescato un processo di progressivo depauperamento della nostre risorse. Se l’unificazione italiana doveva portare benefici al Mezzogiorno, come mai le condizioni di vita delle popolazioni stentano ancora a raggiungere o, almeno, ad avvicinarsi agli standard di quella parte della popolazione che vive al Nord? Cosa è stato fatto, in questi 156 anni, per far crescere l’economia meridionale? In verità, l’unificazione si è realizzata “omologando” i nomi delle piazze e delle strade, perché ne fosse cancellata la memoria passata; depauperando le nostre risorse col trasferire mezzi e capitali (ma non uomini) verso il Nord del paese, e così costringendo chi si è trovato improvvisamente privo di lavoro a cercare fortuna in America o a darsi alla macchia per resistere all’invasione straniera, che fu repressa nel sangue ed infamata come brigantaggio. Cosa c’entrano, allora, nella toponomastica delle nostre città, che pure avevano avuto una storia di tutto rispetto, lungo il corso di tanti secoli, i nomi di coloro che nessun vantaggio hanno portato al Sud, anzi ne sono stati i “massacratori”? Se la scelta di un tempo aveva avuto le sue ragioni nell’inganno, oggi conosciamo bene le modalità con cui si volle raggiungere l’ obiettivo di “fare gli italiani”. Esse non rendono onore all’Italia di oggi, oltre che a quella del passato. Negli ultimi trent’anni si è lavorato molto sul piano della ricerca storiografica, rispolverando dall’oblìo documenti

che hanno consentito e consentono, ogni giorno di più, di portare a galla la verità negata per troppo tempo, molto diversa da quella con cui la retorica risorgimentale dei libri di testo ci ha insegnato, fin dai banchi delle scuole elementari, ad inneggiare a Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele come Padri della Patria ed artefici dell’unità nazionale “cosa buona e giusta”. L’idealismo di facciata non giova a nulla: è tempo di concretezza. È tempo di sapere chi siamo stati e chi siamo ora, di riappropriarci di un passato che non è stato buio e decadente, ma ha espresso, nel succedersi delle dinastie lungo il corso di otto secoli, unità di popolo e ricchezze culturali ineguagliabili, “primati” che ne facevano tutt’altro che il Mezzogiorno decadente e marginale nel quale oggi viviamo o, forse, sopravviviamo. Se la scelta di mutare il nome ad una strada può servire, richiamando il passato, a far scattare la molla dell’orgoglio di essere figli di questo Sud (anziché vergognarsene, come ci è stato “insegnato” a fare), ancora più importante e doveroso è rendere omaggio a coloro che hanno cercato di difendere queste terre, dando la vita. Non si è dalla parte sbagliata solo perché perdenti, quando non si è combattuto ad armi pari ed i vincitori non hanno inteso concedere l’onore delle armi. Si è dalla parte sbagliata quando si tace e si occulta la verità, per rendere più clamorosa la vittoria (“guai ai vinti!”). Quanti hanno combattuto per difendere il suolo che oggi calpestiamo non erano stranieri venuti da altre latitudini: erano i nostri avi. Difesero le loro case, le loro famiglie, il futuro dei loro figli e nipoti, che non erano e non sono entità lontane: siamo noi stessi. Alcuni emigrarono e riuscirono a sostenere le famiglie rimaste qui, con il duro lavoro in terre lontane. Altri combatterono e morirono per liberarci dai “liberatori”. Altri furono semplicemente uccisi in applicazione di una legge (Pica) che decretò lo stato d’assedio in tutto il Mezzogiorno, colpendo indiscriminatamente (paesi interi furono rasi al suolo e incendiati, invocando il cd. diritto di rappresaglia) . Gli uni e gli altri meritano di essere ricordati. Istituire una GIORNATA DELLA MEMORIA in onore delle vittime meridionali del Risorgimento mi sembra non solo meritorio per chi l’ha proposto, ma ancora di più per chi, dopo pacata riflessione, ne accoglierà l’istanza. Non è soltanto questione di VERITÀ, ma di GIUSTIZIA e di CIVILTA’. Mariolina Spadaro

Il letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo – 15 In Europa, l’Italia si piazza al secondo posto, in un ordine decrescente, in media 30 centesimi in più a litro, preceduta solo dall’Olanda per la benzina e dall’Inghilterra per il gasolio. La così detta “armonizzazione comunitaria” è, dunque, una autentica favola. Una conclusione che vale per l’Iva (tanto per cambiare, superiore alla media europea) e, soprattutto, per le accise. Pensate, che la prima accisa fu introdotta da Mussolini nel lontano 1935, per finanziare la guerra di conquista dell’Abissinia. Quotidianamente paghiamo al distributore: finanziamento della guerra dell’Abissinia (che non esiste più, chiamandosi ora Etiopia) del 1935-1936; crisi di Suez del 1956, ricostruzione post disastro del Vajont del 1963; ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966; ricostruzione post terremoto del Belice del 1968 (sono stati stanziati 10 milioni dopo 44 anni); ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976; ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980; finanziamento della guerra del Libano del 1983; finanziamento della missione in Bosnia del 1996; rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; acquisto di autobus ecologici nel 2005; terremoto dell’Aquila del 2009; finanziamento alla cultura nel 2011; arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011; alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011; decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011; terremoti dell’Emilia del 2012 (non sono in possesso dei dati per il recente terremoto in centro Italia). Capisco la necessità per lo stato di fronteggiare le emergenze, soluzione contingente e, quindi, non perenne, ma direbbe qualcuno, che c’azzecca, fra le accise, la guerra in Etiopia ( la Costituzione recita all’art.11 dei Principi Fondamentali, che l’ Italia ripudia la guerra) ed il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri? In poche parole, sono 0.5 euro IVA inclusa) di accise, sì perché anche l’IVA del 22% si paga (Germania 19 e Francia 20%). Inoltre dal 1999, le regioni possono imporre un’ulteriore accisa sulla benzina (come al solito, nelle negatività la Calabria ha il primato). Quindi le nostre auto sono dei gioielli, basti pensare che tra manutenzione, assicurazione, parcheggi, pedaggi e carburante, un’auto di media cilindrata “consuma” ogni anno oltre 4.500 euro. In pratica per le quattro ruote private se ne va circa il 13% del reddito complessivo delle famiglie italiane: soltanto per avere un tetto e per alimentarci spendiamo di più. Se si aggiungono circa 750 euro l’anno di costi sociali indiretti, ossia quelli derivanti dagli incidenti stradali o dall’inquinamento, il peso dell’auto sui bilanci diviene paradossale: per ogni tre euro spesi per alimentarci, ne spendiamo altri due per l’auto. E’ giusto? Da ora in poi, sono sicuro che vedrete diversamente il modo di fare il pieno. continua Tonino Carneri


ATTUALITÀ

STATO TIRANNO

JACOPO GIUCA Leopoldo Franchetti, storico che per primo, sul finire del XIX secolo, aveva cercato di dimostrare le collusioni tra classi dirigenti nazionali e mafia, ha raccontato una volta che il primo annullamento di un’elezione democratica per infiltrazioni mafiose sarebbe quello verificatosi a Reggio Calabria nel 1869, ad appena 8 anni dall’Unità d’Italia. Nei successivi 148 anni dell’Unità molte cose sono cambiate e un elenco infinito di leggi, soprattutto di contrasto alla criminalità organizzata, sono state proposte, discusse, approvate e promulgate. Un elemento, tuttavia, rimane immutato, l’attenzione che lo Stato dedica quotidianamente al nostro territorio, la sadica rigidità con la quale ha fatto incetta di amministratori indipendentemente dal loro grado di colpevolezza. Oggi, questo atteggiamento influenza le storie di tre paesi distanti tra loro in cui, tuttavia, lo Stato ha condizionato in modi diversi eppure ugualmente crudeli, l’esercizio della democrazia. “Queste elezioni non s’hanno da fare” è stato il primo pensiero che, parafrasando Alessandro Manzoni, mi è balzato alla mente quando ho sentito che, per il secondo anno consecutivo, nessuno avrebbe avanzato la propria candidatura a sindaco di San Luca. Che sia stato per timore che la fatica e la spesa di una campagna elettorale si potessero risolvere con un buco nell’acqua o per la paura che la nuova amministrazione sarebbe stata ben presto la nuova vittima sacrificale della magistratura sull’altare dell’antimafia, l’esercizio della democrazia, nel paese amministrato dal commissario Salvatore Gullì è stato accantonato ancora una volta venendo frettolosamente indicato, da chi San Luca l’ha sentita nominare solo per gli spiacevoli fatti di cronaca, come l’ennesima prova che la popolazione sarebbe troppo arretrata o (forse peggio) spaventata, per comprendere che si starebbe privando di un diritto sancito dalla Costituzione italiana. Di tutti i problemi patiti dal paese di Corrado Alvaro, tuttavia, non temo di essere smentito affermando che il fervore politico e la riflessione sociale non sono da annoverarsi da essi. Del primo avevo già avuto prova quando, durante la campagna elettorale del 2015, ebbi modo di confrontarmi con Giuseppe Trimboli, ultimo candidato a ruolo di primo cittadino che, pur conoscendo le difficoltà del compito che si sarebbe accollato qualora la sua lista avesse raggiunto il quorum quel fatidico 31 maggio, lottò fino alla fine per donare una parvenza di normalità a un paese che, all’esito dello spoglio elettorale, produsse più o meno consapevolmente un altro periodo di commissariamento. Il secondo, invece, l’ho toccato con mano più di recente e, per l’esattezza, quando ho avuto modo di leggere l’infervorata lettera che un gruppo di cittadini ha inviato al Ministro dell’Interno Marco Minniti pregandolo di rinnovare il periodo di gestione da parte del commissario illuminato Gullì, del quale vengono elencati anche una serie di successi amministrativi in grado di far impallidire il più efficace dei sindaci democraticamente eletti. Insomma, San Luca ha dimostrato di ritenere davvero meglio un uovo oggi che una gallina domani e, convinta che non le sia possibile sistemare le cose venendo amministrata in maniera tradizionale, invoca la permanenza di un commissario che la differenza ha dimostrato di saperla fare. La pensa così anche Saverio Zavettieri, tra i protagonisti dell’istituzione di un comitato contro l’immobilismo nato questa settimana a Bova Marina che, in seguito all’indagine che ha visto coinvolto il suo ex sindaco Vincenzo Crupi vive una situazione per certi versi simile a quella di San Luca con timori, tuttavia, assai differenti. Mentre in Aspromonte, infatti, il commissariamento è ormai da considerarsi una realtà con la

Lo zoccolo duro dello Stato, che in Calabria non ha mai esitato a dare contro ai suoi sindaci pur di sconfiggere il fenomeno ‘ndrangheta, ha prodotto sfiducia, ansia e rabbia in grado di trasformarsi in terreno fertile proprio per la criminalità che cerca di combattere. Tale atteggiamento ha prodotto nel nostro territorio tre casi unici:il rifiuto dei sanluchesi a tornare al voto, la paura di essere affossati dal commissariamento a Bova Marina e l’ansia da commissione d’accesso a Gioiosa

SCIOGLIMENTO CO

le tre facce d

La ‘ndrangheta a partecipazione Ho ascoltato Gioacchino Criaco sulla vicenda San Luca a "Radio Popolare". Condivido la sua analisi… la Locride, la Calabria e il suo popolo stanno vivendo un’inaccettabile condizione di resa. Ovviamente la pubblica opinione dominante ritiene che la resa calabrese sia dovuta alla presenza (vera) della 'ndrangheta ma nessuna analisi seria viene fatta sul perché esista solo la ‘ndrangheta. Gioacchino lo abbozza… la ‘ndrangheta avanza laddove la partecipazione popolare alla vita della comunità arretra, schematizzo io. Senza uno stimolo alle comunità con le sole forze di sicurezza e con la sola repressione non risolveremo i nostri problemi. Anzi manterremo un popolo suddito, compresso e soggiogato da un lato da gruppi criminali, dall'altro da occupanti delle istituzioni, a tutti i livelli, che guardano, a volte sollecitano o esercitano, poteri e interventi autoritari e illiberali. Come ricorda anche in questa intervista, Platì, San Luca, Africo e comuni vicini erano negli anni ’70/’80 zone avanzate di


SAN LUCAPENSASIAMEGLIOUN UOVOOGGICHEUNAGALLINA DOMANIE, CONVINTACHEUN AMMINISTRAZIONETRADIZIONALENON AVRÀSPAZIODIMANOVRA, INVOCALA PERMANENZADIUNCOMMISSARIO CHESAFARELADIFFERENZA.

OMUNI:

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A BOVA MARINAUNGRUPPODI CITTADINIVUOLECONFRONTARSI CONICOMMISSARIERICORDARE LORODIESSEREALSERVIZIOAL SERVIZIODIPERSONECHEHANNOSÌ DEIDOVERI, MAANCHEDEIDIRITTIE DELLENECESSITÀ.

lotte popolari e di desiderio di riscatto e invece di essere sostenute dalle istituzioni sono state, anche oggettivamente, abbandonate e spinte ad ammainare la bandiera bianca lasciando il campo a squali e banditi. Bene, Giacchino Criaco. Da quando, però, da ragazzino, mi sono imbattuto in Fontamara di Ignazio Silone, una domanda rimbomba nella mia mente e nel mio cuore. Che Fare? Come il giornale fondato dai fontamaresi per reagire. Riusciremo mai a dare o abbozzare un tentativo di risposta? Che fare dinanzi a una politica che ha abdicato al proprio ruolo? Che fare dinanzi a coloro che occupano le istituzioni (altro che infiltrazioni) gestendo potere e clientela e rafforzando nei fatti il potere anche criminale nei nostri comuni? La rinunzia alla lotta porterà sempre più a una parvenza democratica in cui consensi organizzati e soggiogati metteranno al governo dei nostri palazzi signori feduali del terzo millennio. Occorre una risposta! Gianpaolo Catanzariti

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MARINADI GIOIOSALAGIUNTANON DEVESOPRAVVIVERE: ILRINNOVO SENZASPIEGAZIONIDELLA COMMISSIONED’ACCESSOÈUN MEMORANDUMRELATIVOACHIÈIL VEROSIGNOREEPADRONEDELLESORTI DELLADEMOCRAZIACALABRESE.

LOSTORICODEL XIX SECOLO LEOPOLDO FRANCHETTIRACCONTACHEILPRIMOANNULLAMENTODI ELEZIONIDEMOCRATICHESIREGISTRAPROPRIOA REGGIO CALABRIAGIÀNEL 1869. IN 148 ANNINON ÈCAMBIATONULLA, EPPURELALEGGESULLOSCIOGLIMENTO, UFFICIALIZZATANEL 1991, NONÈ STATAMODIFICATADIUNAVIRGOLAANCHESEÈORMAIPALESEATUTTILASUAINEFFICACIA.

del despota

avanza dove la popolare arretra

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quale si riesce a convivere piuttosto bene, il neonato comitato del centro grecanico sta cercando, ancora una volta, di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al problema dello scioglimento dei comuni e al vero contrasto alla ‘ndrangheta. «Lo strumento dello scioglimento è ormai obsoleto - ci spiega Zavettieri - Quando, nel 1991 si sciolse il primo comune per mafia si era pensato al provvedimento come a una soluzione tampone al problema del condizionamento mafioso delle amministrazioni, all’epoca di pressante attualità. In questi ventisei anni tuttavia, la soluzione d’emergenza è diventata permanente e si contano al soldo almeno una dozzina di paesi che hanno subito l’onta dello scioglimento innumerevoli volte. Questi scioglimenti consecutivi, da soli, dovrebbero essere sufficienti a dimostrare che lo strumento è inefficace e che necessita di essere revisionato, a maggior ragione perché si rivela essere solamente un danno per i cittadini. La nostra proposta, pertanto, è di riformare la legge sullo scioglimento prendendo in considerazione la possibilità di far decadere solamente il funzionario, il consigliere, l’assessore o il sindaco coinvolti in una vicenda giudiziaria, garantendo il prosieguo dell’esercizio delle funzioni al resto dell’Amministrazione democraticamente eletta e limitando così i disagi per la cittadinanza incolpevole. Questo non solo eviterebbe di generare nei residenti un senso di sfiducia nei confronti dello Stato in grado di trasformarsi, con il tempo, in terreno fertile per la criminalità, ma garantirebbe anche alle Prefetture di esercitare al meglio le loro funzioni al fianco dei comuni, evitando di prenderne il posto e, in definitiva, di rallentare ulteriormente una macchina burocratica di già complicata gestione». Obiettivo ultimo del comitato nato a Bova Marina, prosegue Zavettieri, è dunque quello riunire un gruppo di cittadini senza vessillo politico che possano confrontarsi con la terna commissariale che gestisce la propria città assicurandosi che essa non si preoccupi solo delle questioni amministrative, ma ricordi di essere, al contempo, al servizio di persone che hanno sì dei doveri, ma anche dei diritti e delle necessità. «In ultima analisi - conclude Zavettieri - sarà necessario far comprendere al Ministro dell’interno che, stando così le cose, la legge sullo scioglimento dei comuni finisce con il rivelarsi un favore alla criminalità organizzata e che l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno, contrariamente a quanto affermato da qualche magistrato, sono gestioni commissariali dai poteri speciali e della durata di cinque anni». E proprio per sconforto, ansia, e rabbia nei confronti dello Stato è nato, sempre questa settimana, il Comitato a Sostegno del Buon Governo a Marina di Gioiosa Jonica, terzo centro in una relazione complicata con lo Stato, da ormai tre mesi costretto a convivere con una Commissione d’Accesso che sta facendo perdere il sonno al primo cittadino Domenico Vestito. Se l’arrivo della Commissione era stato un fulmine a ciel sereno per tutto il comprensorio, la puzza del rinnovo per ulteriori tre mesi di controlli avanzati dalla Prefettura di Reggio Calabria era nell’aria da tempo, come a sottolineare che, a Marina di Gioiosa, è l’amministrazione democratica che “non s’ha da fare”. Il rinnovo delle indagini della Commissione, avvenuto senza che sia stata data una qualsivoglia spiegazione all’Amministrazione o ai cittadini, sta diventando una sorta memorandum relativo a chi è il vero signore e padrone delle sorti della democrazia calabrese, l’affermazione sprezzante che, fino a quando lo Stato non si sarà assicurato che anche sull’ultima mutanda dell’ultimo dei funzionari comunali non ci sarà alcuna macchia (o, se proprio ci sarà, la colpa sarà da attribuirsi a un peto fuori controllo e non a una colpevole volontà di non lavarsi) la città sarà da considerarsi in amministrazione controllata. L’esercizio della legalità diventa affermazione superba di tirannide, consegnandoci uno Stato che, “invece di spingere verso la partecipazione afferma il Comitato - la impedisce e ci convince che le nostre amministrazioni siano sguarnite democraticamente”.


CULTURA

È prevista per i primi di giugno l’uscita del nuovo album di Mimmo Cavallaro. Per la prima volta viene proposto un brano in italiano che abbraccia in un’unica danza i popoli d’Europa.

MIMMO CAV

n anticipo del suo nuovo lavoro discografico lo ha mostrato all’Italia intera al concertone del primo maggio in piazza San Giovanni a Roma. Per la prima volta Mimmo Cavallaro, insieme alla sua band, si è esibito con una canzone in italiano, dal titolo “Europa che balla”. “Si tratta di un’apertura – dichiara Mimmo. L’intento è di sperimentare nuovi spazi in cui far arrivare i ritmi più ancestrali e sanguigni della nostra terra”. Secondo il grande chimico della tarantella, come noi di Riviera lo definimmo circa un anno fa, la musica del Sud potrebbe diventare la colonna sonora dei popoli d’Europa. “Ci sono altri Paesi europei che hanno dei ritmi importanti penso alla Spagna, al Portogallo - ma credo che la nostra musica possa acquisire un ruolo di primo piano se accompagnata da politiche che si impegnino nella valorizzazione delle culture periferiche, così che possano fare da il traino allo sviluppo economico dei territori. La musica popolare può contare su ritmi che provengono dal centro della terra, dall’universo: è davvero la musica più genuina e più vera”. L’uscita del nuovo album di Mimmo Cavallaro è prevista per i primi di giugno: comprende nove brani, otto in dialetto e uno in italiano. Sarà un disco in cui tornerà con forza il tema dell’amore e in cui si assisterà a una presa diretta del fenomeno dell’emigrazione e della ricerca del lavoro da parte dei nostri giovani. Per Mimmo Cavallaro la tarantella è oggetto di continuo studio per scoprire nuovi sounds ed è per questo che non smette mai di girova-

U

“La tarantella può colonna sonora d

STORIE DELL’ EMIGRAZIONE CALABRESE…

Due fratelli calabresi entrati, in modo diverso, nella storia del Massachusetts Giuseppe Maria Princi era nato a Staiti il 2 ottobre del 1881. Suo padre Marcantonio era di Delianuova. Giuseppe Maria sposò Teresa Strati anche lei di Staiti. I due emigrarono per gli Stati Uniti stabilendosi a Boston nel Massachusetts. Qui Giuseppe Maria aprì una “bottega di sartoria”, in Newbury Street, nella quale lavorò anche la moglie. Arrivarono quattro figli: Mark A., Frank, Peter W. E Carl Victor. Gli ottimi affari della sartoria consentirono a Giuseppe e Teresa di far studiare tutti i loro figli. Mark A., ingegnere, lavorò con la “General Electric Company” e Peter si laureò in medicina. Degli altri due raccontiamo, in maniera più compiuta, le loro importanti storie.

eter W. Princi nacque a Boston (Massachusetts) il 7 novembre del 1915. Nel 1938 si laureò in legge alla “Northeastern University”. Nel 1940 aprì il suo primo studio da avvocato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, con il grado di tenente della “Army Intelligence Corps”, partecipò allo “Sbarco di Sicilia”. Per tutti gli anni ’50 fu nel consiglio di amministrazione della prestigiosa “Lincoln Settlement House”. Attivista del Partito Democratico ne fu più volte delegato congressuale. Amico personale di John F. Kennedy. Fu presidente del “City Solicitors” e della “Town Counsel”. Il suo studio “Princi-Lecomte” per molti anni rappresentò un autentico riferimento legale. Fu avvocato distrettuale per la Contea di Suffolk Country. Ebbe un ruolo primario per le Dogane di Boston. Agì come procuratore e magistrato del Massachusetts. Curò, tra gli altri, il caso “Daniel Ellsberg” che ebbe un risalto nazionale. Grazie al suo impegno il “Logan International Airport” assunse un ruolo internazionale. Il 2 luglio del 1962” arrivò per lui l’importante riconoscimento: “Man of the Year” a consegnarglielo il Governatore John A. Volpe. Peter W. Princi sposò l’italoamericana Dorothy Vitagliano dalla quale ebbe cinque figli. Morì il 10 agosto del 1984. Carl Victor Princi nacque a Boston (Massachusetts) il 27 settembre

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FOTO 1: PETER W. PRINCI, IL PIÙ ALTO NELLA FOTO, RICEVE IL RICONOSCIMENTO ““MAN OF THE YEAR” DAL GOVERNATORE JOHN A. VOLPE; FOTO 2: CARL VICTOR PRINCI IN UNA SACENA DI UN FILM. del 1920. Si da piccolo mostrò una straordinaria capacità dialettica. Si iscrisse giovanissimo ad una scuola di recitazione di Boston. A 14 anni l’esordio teatrale. Si perfezionò presso l’università di Boston in un corso di preparazione per radiodiffusione. Come attore partecipò ad una serie innumerevole di film per la televisione. Fu attore nel film “How to Succed in Business Without Really Trying” e partecipò agli episodi di: “Highway Patrol”, “I Led Three Lives” e

“Bewitched”. Ma fu la radio a renderlo famoso. Alcune sue trasmissioni rimangono nella storia radiofonica americana. Indimenticabile “Sunday Evening at the Opera”. Rimaste famose anche “Opera House” e “World of Opera”. Curò sempre, quasi fosse una missione, la diffusione della musica classica. Fu autore di centinaia di interviste a importanti personaggi. Narratore senza pari interveniva, coinvolgendo emotivamente i presenti, nelle

varie cerimonie per raccolta fondi. Di lui si ricoradno “The Art of Burlesque” (1950); “Come far carriera senza klavorare” (1967); “Frank Nitti: The Enforcer” (1988). Il critico musicale Martin Bernheimer così lo definì: “E’ stato “la voce” della musica classica di Los Angeles”. Sposò Althea Giordano. Una figlia Elaine è attrice. Carl Princi morì il 1 maggio del 1992 in california. Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”


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VALLARO

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CREATIVE CITIES “Rigenerazione urbana e valorizzazione dei talenti

ò diventare la dei popoli d’Europa” gare per i paesini calabresi alla ricerca di qualche anziano detentore di melodie passate. “Ieri ho scoperto per caso che mia zia, sorella di mio padre, conosce delle canzoni antiche che non ho mai ascoltato prima: le ho registrate perché hanno ancora molto da dirci”. Grazie a Mimmo Cavallaro, nella Locride e nella Calabria intera si è passati dalla vergogna all’orgoglio per la tarantella. “Crescono i gruppi di musica popolare, e riempiono le piazze. C’è un fermento importante di cui non possiamo che andare fieri. Noto anche con piacere un rinnovato interesse nei confronti della lira calabrese: non c’è gruppo che non ce l’abbia, così come la chitarra battente. Nel far riscoprire questo antico strumento, un ruolo fondamentale va riconosciuto a Ettore Castagna, tra i promotori della ricerca sulla lira calabrese. È uno strumento raffinato in cui mi sono imbattuto sul finire degli anni ’80 quando diverse ricerche sul campo furono portate avanti, ad esempio, dal gruppo Re Niliu di cui lo stesso Ettore Castagna faceva parte. Fu allora che mi misi alla ricerca di un disco sulla lira calabrese. Venni in un negozio di musica qui a Siderno e il titolare mi consigliò un disco che però aveva terminato: l’ultimo l’aveva venduto a Radio Star Duemila. Mi recai alla radio e mi feci una copia del disco. Dopodichè mi feci costruire una lira da Bruno Marzano di Bovalino, sapiente costruttore non solo della lira calabrese ma anche della chitarra battente, e ascoltando quelle registrazioni iniziai a capirne il funzionamento”. Prima di lasciarci chiedo a Mimmo se è in programma un suo tour estivo. “Vi comunicherò ogni dettaglio non appena il calendario sarà pronto”. E noi non vediamo l’ora per scatenarci ancora sui suoi ritmi sciogligambe e scacciapensieri. Maria Giovanna Cogliandro

Siderno: Gli Amici del Libro presentano il libro sulle bande musicali calabresi di Giovanni Russo

L’Associazione Amici del Libro e della Biblioteca presenta il libro Bande musicali Calabresi, un volume di Giovanni Russo che ripercorre la storia, le cronache, le uniformi e le immagini di 300 antiche formazioni musicali. Il convegno si terrà questo pomeriggio, domenica 21 maggio 2017, alle ore 17:30, presso il cortile della Biblioteca Comunale di Siderno (corso Garibaldi, angolo via Reggio). Parleranno con l’autore il Presidente dell’Associazione Amici del Libro e della Biblioteca Cosimo Pellegrino, il professore dell’Università di Messina Vincenzo Cataldo e il membro della Deputazione di Storia Patria per la Calabria Domenico Romeo.

Salone del Libro diTorino: Antonio Calabrò presenta il suo libro“Chiudi e vai!” Venerdì, presso lo stand istituzionale della Regione Calabria del XXX° Salone Internazionale del Libro di Torino, Antonio Calabrò ha presentato il libro “Chiudi e Vai! Viaggi calabresi di un capotreno esistenziale” Il libro, presentato da Daniela Mazzeo e Mimmo Gangemi, è un tracciato di riflessione scandito da ventiquattro racconti, ripartiti in dodici mesi, nei quali l'autore intende il viaggio in treno come una metafora dell'esistenza ma anche come il luogo più adatto per conoscere da vicino la

Calabria, i calabresi e i reali problemi che tormentano questa terra. Raccontando in forma di diario, fermata dopo fermata, storie di dolore e di amore, incontri folli e disperati, avvenimenti in bilico tra la ragione e la follia, nella cornice degli scenari più suggestivi che è possibile ammirare sulle coste jonica e tirrenica, il capotreno esistenziale Antonio Calabrò cerca un senso all'esistenza laddove pare sia possibile soltanto fare esperienza, bella e atroce a un tempo, del viaggio e degli altri.

Roccella: il consiglio notarile di Reggio presenta la guida sulla legge“Dopo di noi” Il 27 maggio 2017 a Roccella Ionica si svolgerà l’Open day per la tutela delle fragilità sociali, evento che si terrà contestualmente in 61 città italiane. Dalle 9,30 alle ore 13,30, presso il Convento dei Minimi verrà presentata la 14ª Guida per il Cittadino dedicata a “Dopo di noi, amministratore

di sostegno, gli strumenti per sostenere le fragilità sociali”, che spiega gli strumenti giuridici utili a garantire assistenza alle persone con disabilità, a partire dalla legge sul “Dopo di noi” volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità grave.

Il patrimonio immobiliare dell’”abbandono”: ex-uffici, ex-scuole, ex- stazioni, ex-abitazioni, “ex qualcosa” che hanno perso da tempo la propria funzione per diventare esempi di nonluoghi. Un fenomeno che non distingue i piccoli dai grandi centri urbani, tanto al Nord quanto al Sud Italia. Possono ancora avere un ruolo? Questi sono stati i temi affrontati giorno 10 maggio presso il Convento dei Minimi di Roccella Jonica durante l’incontro, promosso dal Centro Servizi Turistici della Locride (associazione di promozione culturale che gestisce il portale turismolocride.it) e dal Rotaract Club di Locri (impegnata nella valorizzazione del patrimonio culturale del territorio), e rivolto in particolare ai giovani. Appuntamento dedicato al pensiero ispirato e creativo, alla ricerca di strategie efficaci contro l’abbandono dei luoghi senza più funzione, della propria terra, della speranza. La rigenerazione urbana creativa ha il compito di dare un altro senso ai vuoti strutturali. Dalle periferie delle città e dalle “città- periferia” possono nascere nuove centralità; così come per i borghi semi-deserti si può pensare ad un altro futuro. Tutto ciò attraverso lo sfruttamento della creatività e partendo dai bisogni delle comunità, gli spazi abbandonati si candidano così, a diventare luoghi di lavoro e di azione sociale per dare dimensione e opportunità ai giovani. Proprio con il racconto dell’esperienza di due giovani catanzaresi, Vincenzo Costantino e Eddie Suraci, founders di Altrove, è cominciato l’incontro. Due ragazzi calabresi che come tanti altri sono stati costretti ad emigrare Altrove per studiare e cercare una strada per il loro futuro. Strada che li ha portati a trovare il loro Altrove in Calabria. Altrove è un progetto nato a Catanzaro nel 2014 con l’obiettivo di rieducare al concetto di bellezza in contesti urbani trascurati e abbandonati al degrado sia estetico che sociale. “Ripartiamo da Catanzaro, che è diventato il nostro Altrove; la nostra missione è quella di vedere le persone camminare per strada alzando lo sguardo e accorgersi del bello e del brutto che le circonda.” Dicono i due ragazzi. Vincenzo ed Eddie successivamente hanno affidato ad un breve video il compito di raccontare la loro esperienza a Catanzaro. La formula pensata per questo appuntamento è stata volutamente destrutturata ed ha permesso agli ispiratori, creativi e “rigeneratori”, che a vario titolo possono essere considerati dei talenti nel proprio settore, di raccontare le loro esperienze permettendo anche il confronto tra la realtà calabrese e alcune best practices dal mondo. Dopo il racconto dell’esperienza dei ragazzi di Altrove, la parola è passata a Don Ampelio Cavinato, missionario e parroco di San Nicola di Caulonia. Don Ampelio è stato un missionario che ha operato in Africa per tantissimo tempo e dopo una vita in giro per il mondo ora la sua missione è nella Locride, contro l'abbandono di questa frazione. Un’altra storia di strategia innovativa ed interessante contro l’abbandono delle tradizioni, della cultura è quella che racconta Maria Olimpia Squillaci. Olimpia è una linguista all’Università di Cambridge, ma soprattutto è una delle poche persone nativa parlante Greco Calabrese, che a Bova e in tutta l’area Grecanica sta scomparendo. Olimpia sta lavorando proprio per contrastare questo fenomeno: ha fatto richiesta a Cambridge per un dottorato sul contatto linguistico tra greco di Calabria e dialetto calabrese e la richiesta è stata subito accolta.

“L'università del Regno Unito è molto attenta alle varietà dialettali italiane e subito hanno accettato la mia proposta. Sto vivendo un'esperienza bellissima e anche i miei colleghi sono entusiasti di questo mio progetto, grazie al quale sono arrivata a comprendere a fondo il nostro dialetto e la sua matrice greca.” Questo dice la linguista di Bova che, con un’energia incredibile, continua: “In estate organizzo corsi di greco calabrese a Bova e arriva gente da tutto il mondo per seguirli. Ma io invece penso ai giovani dell’area grecanica, che abbandonando la lingua. Con essa perdono anche la propria identità.” Olimpia conclude affermando “La mia è una missione. E sono ottimista: possiamo recuperare la lingua perduta". Dopo il racconto delle esperienze calabresi, ha preso la parola Evert Verhagen. Evert Verhagen è project manager e consulente di numerosi progetti internazionali dedicati alla rigenerazione urbana. Un 'creativo' per natura, uno studioso di dinamiche economiche ma soprattutto un ispiratore. Gira il mondo per lavoro e questa volta si è fermato nella Locride, nuova tappa del suo lungo viaggio di ricerca iniziato in Olanda. Durante il suo intervento Verhagen ha spiegato inizialmente quali sono i vari processi che portano i luoghi ad essere abbandonati e a perdere la loro funzione. Ma successivamente ha fatto capire come, con la giusta intuizione e creatività, quei luoghi da anni abbandonanti posso prendere nuova vita attraverso processi di rigenerazione ed essere centrali per la vita quotidiana dei cittadini. Molti sono stati gli esempi portati da Evert Verhagen, di opere di tutto il mondo, come il Cultuurpark Westergasfabriek di Amsterdam, che da area industriale dismessa è stata trasformata in preziosa riserva naturale e culturale all’interno del perimetro cittadino. Un modello di successo di rigenerazione del territorio. All’interno dell’atrio del convento, ha avuto spazio anche l’installazione fotografica di Reggio Zenitale a cura di Lidia Errante e Luca Pitasi. E’ proprio Luca Pitasi a spiegare come Reggio Zenitale sia un progetto con l'obiettivo di far acquistare all’osservatore un altro punto di vista sulle cose, più distaccato e di più ampia visione. Per abituarci a guardare non solo "al piccolo e al vicino" ma anche oltre, verso nuovi orizzonti. L’incontro è stato moderato da Annamaria Crupi, Presidente del Centro Servizi Turistici Locride e da Maria Lorenza Crupi, Presidente del Rotaract Club Locri. Dal tavolo sono partite anche due proposte per il territorio. La prima riguarda l’invito alla ripiantumazione dei gelsomini lungo le coste della Locride. A questo proposito si sta già lavorando per avviare una campagna di comunicazione per la piantumazione di questo fiore che rappresenta il territorio della Riviera e che testimonia un pezzo di storia che ci appartiene. La seconda riguarda l’arte di strada, ovvero l’intenzione di portare l’Altrove anche nella Locride. All’appuntamento è seguito un aperitivo durante il quale i partecipanti hanno potuto degustare un nuovo drink(Bergamotto , altri frutti di stagione e spezie locali), esempio di creatività e di km zero anche in ambito food. Infatti il Tiche Bar di Roccella Jonica ha presentato il “Greetings from Locride", un nuovo drink pensato apposta per l'occasione. Gli ospiti hanno così deliziato gli occhi grazie all’esposizione di Reggio Zenitale e il palato col nuovo cocktail. Ci attendiamo il prossimo appuntamento “ispirato”! Domenico Pelle



CULTURA E SOCIETÀ

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DOMENICA 21 MAGGIO 21

I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

Prunus domestica L.

Prunu Agustaricu oVirdella Nel mondo contadino che all’improvviso, agli inizi degli anni 50 del 900, venne meno traumaticamente, le tante varietà di susino che dotavano gli orti, le vigne e i giardini mediterranei, avevano una funzione molto importante nell’alimentazione delle famiglie contadine, che non potevano tralasciare nessuna risorsa per poter tirare avanti nella difficile vita di tutti i giorni. Infatti appena ci fu l’opportunità di emigrare, tutte le comunità calabresi, specialmente quelle collinari si svuotarono, quasi a un segnale preciso e raggiunsero posti lontani, sia in Europa che negli altri continenti, rubati al loro mondo antico specialmente dalle navi, che solcavano gli oceani per posti lontani; divennero famosi i transatlantici, il Conte Biancamano, il Roma, il Surriento e l’Andrea Doria. Naturalmente la scelta era stata obbligata perché i territori della Calabria non ebbero più la capacità di nutrire gli abitanti in modo dignitoso e sicuramente c’era un esubero di popolazione dovuta alla politica del fascismo che aveva dato impulso all’incremento demografico mirato a ripopolare con italiani le colonie d’Africa: Libia, Eritrea, Abissinia e Somalia. Le prugne, da sempre erano consumate fresche, però in piena estate, quando erano usate assieme a tanta altra frutta ed erano in forte esubero, potevano essere essiccate per essere consumate d’inverno. Addirittura nella Bovesia una varietà veniva messa a dimora per tale finalità e le prugne essiccate venivano offerte a eventuali amici o parenti, arrivati per visite di cortesia. Sporadicamente e da parte di pochi individui, le prugne venivano sistemati in recipienti metallici a macerare e poi venivano distillate in alam-

bicchi rudimentali; veniva prodotta una grappa buonissima, secondo i gusti degli estimatori. Probabilmente quest’uso era stato introdotto in tempi relativamente recenti, dall’Alta Italia. I prugni rappresentavano una specie molto generosa che cominciava a offrire i suoi frutti a partire dalla fine di maggio con una varietà che dava prugne di pezzatura media, violacee dalla polpa rossiccia che profumava di fragola, mentre successivamente a giugno maturavano altre

dal colore giallino, medio-piccole, assieme alle varietà da “sipala", prodotte da piante usate come recinzione, se venivano messe a dimora vicinissime tra loro, di colore bluastro o rosa. A luglio e agosto alcune varietà producevano a profusione e i loro frutti alimentavano le persone, mentre gli scarti venivano offerti ai maiali, la speranza dei poveri che per tantissimi mesi dell’anno ricavavano da essi tanti prodotti con cui potevano sopravvivere, tanto che a riguardo

era comunissimo il proverbio poco romantico che recitava prosaicamente: “cu si marita è cuntentu nu jornu, cu mmazza u porcu è cuntentu n’annu”. Tra la fine di agosto e i primi di settembre maturavano le susine della varietà Agustarica o Virdacchia, forse la più diffusa di tutta la Calabria, probabilmente per il fatto che sarà stata la più antica. Infatti di essa si trova traccia nelle contrade che vanno dalle parti più occidentali della provincia di Reggio, a quelle più orientali della provincia di Cosenza. La denominazione Agustarica, diffusa nelle contrade della Calabria meridionale, sta ad indicare che essa cominciava a maturare i suoi frutti a partire dagli ultimi giorni di agosto, per poi proseguire per almeno la prima decina di settembre, mentre la denominazione Virdacchia, con varianti consimili, è specialmente presente nella provincia di Catanzaro, specie nell’area che va dal golfo di Squillace a quella del Lametino e indica il colore dominante del frutto. Esso è infatti grigioverde, talvolta soffuso di un tenuissimo e impercettibile rosato, mentre l’aspetto appare allungato a forma quasi di mandorla, non schiacciata però. Il seme del frutto è spiccagnolo ossia si estrae asciutto con facilità, mentre in tante altre varietà di prugne o susine, resta avvolto tenacemente dalla polpa. La foto a corredo dell'articolo è stata scattata dal noto fotografo Antonio Renda di Tiriolo in provincia di Catanzaro, nell’orto della sua casa nella frazione Pratora del comune di Tiriolo appunto.

Lo “Scavalcatore” dell’architetto A volte capita proprio quando l’architetto è all’apice della sua gloria e si sente invincibile come Jeeg Robot: è un attimo e improvvisamente quello che pensa e dice l’architetto non conta più nulla, conta solo quello che dice lo “Scavalcatore”.

PASQUALE GIURLEO PROBABILMENTE ARCHITETTO Una delle qualità che, senza dubbio, deve possedere un architetto per esercitare il proprio lavoro è il self-control. Ipotizzando infatti la direzione dei lavori anche solo di tre cantieri, egli teoricamente si troverà a dirigere, comprendendo anche varie figure satelliti, il lavoro di una truppa di persone variabile tra le 15 e le 40 unità. Questa leadership può facilmente ingenerare nell’architetto fenomeni di eccessiva autostima fino al delirio di onnipotenza. Tuttavia questi momenti di autoesaltazione vengono spesso, e a volte per fortuna, cancellati dal triste fenomeno dello “Scavalcamento dell’architetto”. A volte capita proprio quando l’architetto è all’apice della sua gloria e si sente invincibile come Jeeg Robot: è un attimo e improvvisamente quello che pensa e dice l’architetto non conta più nulla, conta solo quello che dice lo “Scavalcatore”. Ecco la classifica dei cinque tipici “Scavalcatori” di architetto, in ordine di pericolosità. Al quinto posto: L’ingegnere. È una scena frequente in ogni cantiere edilizio e capita sempre all’apertura o alla scoperta di una lesione strutturale. A quel punto basta che il committente o il capoditta scorga nell’architetto un minimo cenno di perplessità ed ecco che, tempo mezz’ora, arriva sul cantiere l’ingegnere scavalcatore che interviene con la solennità di un chirurgo cardiovascolare in sala operatoria per un codice rosso. In genere questo ingegnere urgente è sempre un disfattista: nella migliore delle ipotesi ordina delle indagini invasive che bloccano il cantiere per settimane. Quindi si avventura in una verifica sismica che può durare anche mesi. Nel peggiore dei casi pretende di attendere l’evento sismico per controllare le sue tesi. Intanto tutto ciò che fino al giorno prima del suo intervento doveva essere realizzato rapidamente, può attendere pacificamente il corso dei tempi. E l’architetto muto. Al quarto posto: Un altro architetto. In particolari casi di latitanza sul cantiere, mancanza di stima, fiducia, richieste di acconti, rifiuto di compiere operazioni al limite o oltre il lecito, l’architetto viene scavalcato da un altro architetto. Spesso quest’ultimo è un architetto parente del committente, nel 20% dei casi è un professionista che neanche esercita e che ha esperienza nulla, a volte è mancante di abilitazione o specializzato in storia della città del medioevo. Tuttavia, improvvisamente, per i motivi di cui sopra, l’architetto ufficiale, da un giorno all’altro recandosi al cantiere, trova in corso una serie varianti essenziali ordinate dall’architetto “scavalcatore” tramite una serie di grafici

pieni zeppi di retini recuperati da Autocad 14. L’architetto ufficiale, confuso, prima si innervosisce, poi dice frasi sconnesse infine si deprime. Al terzo posto: Il committente informato. Tutti i committenti provano continuamente a scavalcare l’architetto, ma questi lo sa e si difende utilizzando gli strumenti più efficaci a sua disposizione e cioè le parole difficili: cardamone, fuori piombo e fuori squadro, putrella, resistenza a taglio, momento flettente, impregnante, arricciatura, frattazzo ecc.. Questa tecnica però non da nessun risultato contro il famigerato committente informato, facilitato dall’uso di internet che utilizza come un’arma di difesa potentissima, consultando compulsivamente forum di geometri furbissimi, prezzari e siti di trucchi, bricolage e fai da te. Quando il committente informato si accorge di sapere cose che l’architetto non sa, il passo è compiuto. E lo scavalca. L’architetto protesta, ma non serve. Al secondo posto: Il capo mastro. È un classico caso di scavalcamento in corso d’opera. Non avviene mai improvvisamente ma sempre in maniera lenta e graduale. In generale tutti i capimastri vogliono scavalcare l’architetto, si tratta di una loro vocazione naturale, molti sostengono che l’architettura sia solo una curiosa moda passeggera della quale si può fare serenamente a meno come dei programmi di Rete 4. Fondamentale, invece, è sapere abbozzare una parete con la cucchiara metallica trapezoidale, ad esempio. L’unico modo per l’architetto di evitare lo scaval-

camento del capo mastro è dimostrare di saper fare delle cose praticamente, tipo saper tracciare un punto di livello in una stanza di forma irregolare, con il solo uso di un livello e di una lunga tavola sottile. In caso contrario, l’architetto può pure sparire. Al primo posto: L’artigiano tuttofare. Esistono artigiani molto educati e attenti, altri meno diligenti ed anarchici, ma quello che prova sempre lo scavalcamento è senza dubbio il tuttofare. Far entrare in cantiere un artigiano tuttofare è un delitto che meriterebbe alcuni anni di detenzione in cella d’isolamento. In genere il tuttofare si introduce sul cantiere con l’inganno, se serve un marmista lui è un marmista. Se occorre un falegname lui è un formidabile falegname. È fabbro, imbianchino, restauratore di mobili antichi eccetera. Ma il livello di pericolosità si manifesta quando il tuttofare si eleva sul livello intellettuale, quali ad esempio l’architetto, con teorie piuttosto originali circa la fisica, la chimica organica, la composizione architettonica, la statica, l’idraulica e l’urbanistica fino a spingersi lungo le intricate strade del contenzioso edilizio. Il tutto con una sicurezza e una protervia tale, che, in caso di dibattito, opererà automaticamente lo scavalcamento. E l’architetto? A quel punto, in genere, apre una gelateria. P.S.: Lo scavalcamento dell’architetto diventerà disciplina olimpica dal 2028. Tratto da “L’architemario” di Christian De Iullis


RIVIERA

Pescato d’altri tempi In questa foto d’epoca la buonanima di Vincenzo Riccio, soprannominato “Vici U Cironti”, storico vecchio pescatore di Siderno, mostra il frutto di una produttiva mattinata di mare.

Voce al divertimento Dopo l’exploit della scorsa settimana, proponiamo un altro scatto di Anthony Voice vestito da pagliaccio che, in questa occasione, posa con una delle ragazze immagine del Giro d’Italia.

Rosso di sera… Lo storico compagno comunista Gatto, fratello del mugnaio Rocco barbaramente ucciso a Gioiosa Ionica tanti anni fa dalla ‘ndrangheta, dimostra di indossare ancora con orgoglio il rosso come colore predominante. Foto fatte con trasporto A margine dell’incontro per la ferrovia Jonica con il Ministro dei trasporti, Mario Oliverio e la candidata a Sindaco di Caulonia Katy Belcastro posano con il Ministro Delrio. Invitiamo Cagliuso a inviarci una sua foto per la par condicio. L’infinito amore Anna e Giuseppe festeggiano il compleanno del secondo brindando con un buon bicchiere di limoncello e dimostrando al mondo che gli anni passeranno pure, ma il vero amore resta per sempre!

Alla salute Luigi mostra con massima soddisfazione di aver appena ricevuto in regalo una Grappa Nardini di oltre 50 anni. Non un dono per tutti, eh!

Emozioni indescrivibili Questa settimana, a Locri, la casa della cultura ha ospitato uno spettacolo con Serena Grandi, indimenticata attrice di commedie anni ’70 che non ha potuto non posare con Maurizio Nardi di Telemia per arricchire la sua personalissima collezione di foto con celebrità.

Discussioni elettorali Mimmo Lizzi, Nicola Polifroni e altri amici parlano della candidatura dello stesso Polifroni a sindaco di Ciminà. Anche in questo caso invitiamo Condelli a mandarci una sua foto per la par condicio.

Cambi di rotta Ricompare nella nostra galleria d’immagini Aldo Caccamo, questa volta in un’inedita versione rosso comunista. Che si sia stancato della destra festaiola? SidernoEvo Peppe Figliomeni ha fatto fare un bel tour di Siderno al suo zio d’America, che si è detto davvero contento di vedere la sua città d’origine più pulita, ordinata e… sempre più bella!

Protettore fiero Andrea, noto anche come “il fratello di Plis”, posa fiero nella sua nuovissima divisa da volontario della Protezione Civile.


SETTIMANALE

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DOMENICA 21 MAGGIO

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Pantaleone Sergi a Montevideo presenta il suo libro al presidente Mattarella A Montevideo per presentare il suo romanzo “Liberandisdòmini” nella sede del quotidiano italiano “La Gente d’Italia”, Pantaleone Sergi ha avuto modo di fare una passeggiata con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita di Stato. Lungo la via 25 de Mayo, all’uscita della Casa di Garibaldi, Sergi ha avuto un breve colloquio con il Presidente accompagnandolo verso il Mercato del Porto nella Ciudad Vieja, consegnando poi alla figlia Laura il suo romanzo nella Casa degli Italiani dove Mattarella è stato accolto dalla collettività italiana.

A MEMORIA PERDUTA BRIGANTESSA SERENA IANNOPOLLO

Non mi ricordu nenti. Perdìa a memoria. Mi dissiru ca finu o' 1860 esistìa nu regnu chiamatu "Delle due Sicilie" ed era 'na terra chi caminava chi' gambi soi, ca era indipendenti, cu svariati primati rispettu a tutta 'a penisola italica: prima ferrovia NapoliPortici, primu ponti sospesu i ferru supa u fiumi Garigliano, prima illuminazioni a gas, primu telegrafu elettricu, primi assegni bancari, prima cattedra universitaria in economia, primi 'nta creazioni du sistema pensionisticu, prima flotta mercantili... Ma non mi ricordu nenti. Arrivau Garibaldi 'nto 1860 e cangiau a sonata: dapprima era viva o 'rre Borbone, e poi fu viva Savoia. Cangiaru i libri i storia: l'isegnanti mo dicìanu ca chista fu sempi terra i briganti. E Archimede, fisico sicilianu, e Pitagora, matematicu calabrisi, chi pensanu? Si rivotanu 'nta tomba. Chi pensanu tutti i morti ammazzati pe' mani dì bersaglieri piemontisi? Arrivaru l'itaGliani e spariru 2 milioni i perzuni 'nta 10 anni. A Torino 'ndavi nu centinaiu i crani esposti 'nto museu da vergogna Lombroso, testi i calabrisi, pugliesi, napoletani. Ma non mi ricordu. Nugliu si ricorda pecchì 'nte libri i scola non dinnu ca ci fu nu genocidiu du' popolo du' sud, ca non rispettaru i leggi, le lingue, i lavuri. Vinniru cca', si sostituìru all'atti, 'ndi cancellaru 'a memoria, 'ndi ficiru cridìri ca simu brutti, ladri e briganti. Fumma studiati comu fenòmeni concepìti malamenti da' natura, e fumma decimati. E cui nascìu dopu non poti sapìri, pecchì non esisti nu libru i storia aundi si ponnu studiari sti fatti. Ma cu voli si informa, e prestu o tardi tutta a llordìa 'nchiàna pe' supa.

ConVersando...

Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro

Dal presidio di rose sentinelle il Val di Neto IGT Qualche papavero sparso si innalza in cima al suo cordame dando la sferza al vento con la sua fiamma rossa al di sopra del suo pistillo grasso e nero. Cespugli di rose in testa ai filari dei vigneti, omaggio alla tradizione che li utilizza come campanello di allarme per segnalare l’arrivo del temutissimo mal bianco. Siamo nell'areale a vocazione viticola ed enologica della parte centro e sud-orientale della provincia di Crotone, tra rilievi collinari appena abbozzati dai quali si scorge la linea blu delle acque del Mar Ionio. Nei comuni di Andali, Belcastro, Belvedere, Spinello, Botricello, Caccuri, Carfizzi, Casabona, Cerenzia, Crotone, Cutro, Mesoraca, Pallagorio, Petilia Policastro, Roccabernarda, Rocca di Neto, San Mauro Marchesato, San Nicola dell’Alto, Santa S e v e r i n a , Scandale, Umbriatico e Strongoli, in un’atmosfera che ricorda il passato acheo, bizantino e normanno, vengono alla luce i vini ad indicazione geografica tipica "Val di Neto" bianchi, rossi e rosati. La versione in bianco, assagiata con grande appagamento e nata dalla vinificazione in purezza del vitigno autoctono calabrese Mantonico, è di colore paglierino di sgargiante lucentezza e dagli esuberanti riflessi dorati. Offre al naso sentori fruttati, che ricordano la pesca bianca in particolare,

destando l'arrivo inopinato di note di marzapane, ortica, sambuco, muschio, mandorla, seguiti da sfumature sapide e minerali. Sorso morbido e corposo, dalla vivace componente acida, piacevolmente sapido nel suo corso sinuoso. Finale ammandorlato e persistente. Un bianco incomparabile nel panorama vinicolo enologico italiano, un vino da cena a lume di candela che si sposa alla perfezione con i piatti di pesce più impegnativi.



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