CONTROCOPERTINA
LA PROPOSTA
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DOMENICA 21 GIUGNO
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“Facciamo in modo che i criminali diventino i borghesi così da mettere in atto quella rivoluzione liberale che la nostra classe media stracciona, la nostra burocrazia parassitaria e sanguisuga non ha mai fatto”
Con i soldi condonati alla‘ndrangheta,
cambiamo la Calabria! “Inizialmente saranno rozzi e cafoni ma solo un po’ di tempo e avremo i commendatori di casa De Stefano, i cavalieri Piromalli, e quindi Sua Eccellenza Nirta e Sua Eminenza Morabito!”
ILARIO AMMENDOLIA a ‘ndrangheta ha molti soldi e li investe. Li investe in Germania, in Olanda, in Brianza, in Umbria, a Roma. Soldi che diventano alberghi, castelli, tenute, imprese. Una montagna di denaro che dal fondo del mare aspettano di riscaldarsi e ossigenarsi alla luce del sole. Non so quanto sia il bilancio della ‘ndrangheta ma gli esperti concordano che avrebbe un fatturato annuo di 53 miliardi di euro, più della Deutsche Bank e del McDonald’s messi insieme. Se investiti in Calabria, cambierebbero il volto della nostra Regione. Se poi i capitali accumulati illegalmente in tutti questi anni potessero “emergere” ed essere “sanamente” investiti, la Calabria diventerebbe il nuovo Eldorado. Se fossi nelle condizioni, farei un “condono” dei soldi di “dubbia” provenienza per renderli legali. Un condono subordinato a un piano di investimenti in Calabria. Non chiamate l’esorcista. So bene che quei capitali grondano di sangue e di morte. So bene che consentiremmo a delle canaglie di godersi il frutto dei loro loschi traffici. Ed è proprio questo che propongo! Trasformare i criminali in borghesi. Esattamente come avviene da secoli! Cosimo dei Medici era un crudele usuraio che fece la fortuna di Firenze. La FIAT, Breda, Pirelli si sono ingrassate sul sangue di centinaia di migliaia di ragazzi morti
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nella guerra mondiale. I “petrodollari” dovrebbero avere come effigie le stragi in Iraq e la rovina della Libia. Le cosiddette transazioni finanziarie, lo spread, le raffinate operazioni di borsa condotte da tecnici in giacca e cravatta nascondono la distruzione del Pianeta, la fame di milioni di bambini. Sgombriamo l’orizzonte dall’immensa cascata di ipocrisia. Lo sanno tutti ma non lo possono dire: la ‘ndrangheta è una bottega artigianale di traffici e di morte che imita i grandi “marchi” che governano la terra. È una holding che ha come fine il profitto, come mezzo la violenza, esattamente come le grandi lobby che invocano “legge” e “ordine”. Purtroppo la ‘ndrangheta non può investire nella Regione di origine perché in un mare di miseria i capitali sarebbero facilmente individuati e quindi sequestrati e ridotti in rovine. Così dell’immenso traffico ‘ndranghetista, in Calabria restano solo le macerie dei beni in abbandono e il dramma di tanti giovani uccisi e dei tanti ragazzi in galera. Dobbiamo avere il coraggio di trarre le logiche conseguenze. Machiavelli non negava che il Valentino fosse un assassino esattamente come tutti noi sappiamo che lo sono i mafiosi. Però comprendeva perfettamente che Cesare Borgia, a determinate condizioni, si sarebbe trasformato in un potente fattore di felicità per il suo popolo. Non dava un giudizio morale ma “politico”. Se dovessi dare un giudizio morale non mi
limiterei ai mafiosi. Qualche mese fa, un servizio della Gabanelli mostrava l’immensa Gomorra dorata in cui abitano gli straricchi d’Italia. Fermiamoci alla soglia della Gomorra dei galantuomini. Ma se ‘ndrangheta deve essere, ‘ndrangheta sia! Si arrivi sino in fondo! Facciamo in modo che i figli dei “signori” della ‘ndrangheta diventino i borghesi. Mettiamo loro in condizioni di fare quella “rivoluzione liberale” che la nostra borghesia stracciona, la nostra burocrazia parassitaria e sanguisuga non ha mai fatto. Siano loro la nuova borghesia della Calabria. Inizialmente saranno rozzi e cafoni ma con il tempo diventeranno più raffinati ed eleganti dei re di casa Savoia, dei nobili Ruffo o dei principi di casa Orsini. Solo un po’ di tempo e avremo i “commendatori” di casa De Stefano, i “cavalieri” Piromalli, e quindi “Sua Eccellenza Nirta” e “Sua Eminenza Morabito”! Sono sicuro che non avendo il peso di una cultura della subalternità, tipica della “classe dirigente” calabrese i risultati saranno straordinari. L’unica cosa è fare presto prima che la ‘ndrangheta griffata si estranei del tutto dal territorio e prima che possa essere definitivamente contaminata e corrotta dalla borghesia parassitaria. Il re è nudo ma nessuno lo dice. Ne avrei fatto volentieri a meno anche io, ma amo troppo questa Terra e questo popolo perché oltre alla miseria debba tenermi nello stomaco anche la verità!
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Senza il peso di una cultura della subalternità, tipica della “classe dirigente”calabrese i risultati saranno straordinari.
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ATTUALITÀ GIUDIZIARIA
Calcio malato???
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“Il dato più raccapricciante che emerge dall’intera indagine è quello consistente nell’amara quanto palese constatazione di cosa sia diventato lo sport calcistico gestito dagli indagati del presente procedimento, in cui emergono palesemente le condotte di tali direttori sportivi, presidenti e manager calcistici che ormai concepiscono la gestione delle proprie società calcistiche o di quelle da acquisire di volta in volta, esclusivamente come una ‘fonte di reddito’ derivante dalle scommesse che essi stessi piazzano e fanno piazzare sulle partite che sono stati in grado di truccare; è la patologica conseguenza del tramonto della vecchia innocente Schedina, soppiantata ormai da scommesse sulle singole partite e addirittura sugli eventi all’interno delle singole partite, sicchè diventa molto forte la tentazione per i protagonisti di quel singolo evento, magari scevro da particolari tensioni sportive per mancanza di obiettivi da raggiungere, di lucrare ingenti somme da un risultato sportivo che essi stessi sono in grado di determinare e condizionare; urge evidentemente una riforma radicale della normativa che regolamenta tali tipologie di scommesse che hanno finito per inquinare il mondo sportivo ad esse collegato”. È quanto si legge nel primo fermo relativo all’indagine sullo scandalo del calcio scommesse che ha investito il mondo del pallone nelle ultime settimane. Nel medesimo scritto si sottolinea la presunta esistenza di “un mondo malato, quello del calcio gestito dagli indagati del procedimento che ci occupa, dove la fragilità di giocatori, sedotti dal mito del guadagno rapido e facile, ovvero dalla prospettiva di ingaggi con altre squadre, si intreccia con la spietatezza di scaltri dirigenti sportivi e con la criminalità organizzata, passando attraverso l’indifferenza delle società calcistiche”. Le pesanti considerazioni generali proseguono rilevando come: “Questo mondo del calcio sommerso della LND e della Lega Pro si è allontanato dallo Sport vero e proprio ed è diventato simile alla “Borsa”, in cui le maggiori società calcistiche del campionato professionistico sono quotate. Purtroppo, però, dalla Borsa, il calcio ha anche mutuato, come accennato in precedenza, il fenomeno illecito di chi anticipa e vende notizie riservate sullo stato delle società e/o azioni (meglio conosciuto in ambito societario-commerciale come insider trading), solo che in questo caso si anticipano e si vendono, corrompendo i partecipanti all’evento sportivi ed in primis i giocatori, i risultati delle partite, spesso associati al numero di gol segnati, realizzando in un solo momento immensi guadagni a scapito, come già detto dei tifosi, di chi crede realmente nello sport e, sotto un profilo anche economico, degli scommettitori onesti che quotidianamente, attraverso i diversi canali disponibili, effettuano le scommesse sul quel risultato previsto quale normale conseguenza del corretto e leale svolgimento della competizione sportiva”. L’inchiesta avrebbe individuato dei collegamenti con l’estero, in particolare laddove si legge di: “Un’organizzazione criminale, quella svelata dalle presenti investigazioni, alimentata anche dal denaro che proviene dai “signori” delle scommesse e cioè personaggi, di cui alcuni ancora non identificati, che vivono in Asia (Kazakistan), nell’est d’Europa (Serbia e Slovenia) e in Russia e che, comunque, in Italia hanno la loro longa manus nel gruppo criminale. Attraverso la mediazione di dirigenti sportivi disonesti e avventurieri in cerca di facili profitti, i finanziatori stranieri irrorano le casse delle organizzazioni criminali oggetto d’indagine fornendo denaro ai criminali “nostrani”, che lo usano in primis per “corrompere” i calciatori in modo da avere, sia gli stranieri che i criminali di casa, partite combinate su cui scommettere e realizzare ingenti guadagni, sempre senza l’alea propria della scommessa (fatti salvi, ovviamente, i casi in cui – per una sorta di perfida nemesi del Dio del Calcio – la combine ‘salta’, con tutte le conseguenze del caso, generando poi ulteriore attività criminale – a base violenta stavolta – come emerge dai capi di imputazione dedicati alle estorsioni e al sequestro di persona a scopo di estorsione)”.
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DOMENICA 21 GIUGNO
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Mammoliti scaglia la prima pietra, ma ha l’umiltà di chiedere scusa In settimana, a Locri, ha tenuto banco una disputa tra il consigliere Pino Mammoliti e don Giuseppe De Pace. Un comunicato velenoso accusava il modo ecclesiastico di non riconoscere la vera povertà, eppure il politico è dovuto tornare sui suoi passi.
Ci sono voluti i moniti di molti cittadini, dell’amministrazione comunale e dello stesso vescovo Oliva ma, alla fine, Mammoliti ha voluto incontrare don Giuseppe per chiedere scusa “al prete e all’uomo”
o scorso fine settimana un comunicato al vetriolo di Pino Mammoliti denunciava un fatto increscioso avvenuto all’interno di una chiesa di Locri. La denuncia del consigliere di minoranza riguardava l’allontanamento di un questuante con metodi scortesi da parte di un noto prete della comunità locrese, tanto che Mammoliti si spingeva a definire questa categoria di “Lupin travestiti da prete” dei veri e propri “Kapò”. Il giudizio, estremista quanto giustificato da una versione dei fatti che pareva effettivamente condannare un officiante reo di aver interrotto una messa per tuonare contro con una pecorella smarrita, si è dovuto ridimensionare nei giorni seguenti, quando il prete in questione, lo stimato don Giuseppe De Pace, ha avuto modo di confrontarsi dapprima su Facebook quindi faccia a faccia con lo stesso Mammoliti. Chi conosce don Giuseppe sa bene che il suo carattere, che lo porta ad essere gentile e disponibile al di là della sua carica, difficilmente si sarebbe potuto rendere protagonista di un avvenimento che, così come narrato dal politico, avrebbe in effetti dovuto far storcere il naso a più di un fedele. E, in effetti, la sua comunità
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non ha certo potuto perdere la stima che gli riserva, considerato che testimonianze successive hanno appurato che gli eventi si sarebbero susseguiti in maniera diversa rispetto a quanto riportato a Mammoliti (che, si badi bene, non era presente durante la funzione). Durante la messa delle 8.00 del giorno di Sant’Antonio, dunque, nella chiesa di Santa Caterina non si sarebbe presentato un demone in abito talare, ma il don Giuseppe di sempre che, durante il sermone, notando circolare tra i banchi un mendicante che chiedeva insistentemente l’elemosina disturbando i fedeli, gli avrebbe chiesto di attendere il termine del rito per poterlo fare, cosa che è poi avvenuta appena fuori dall’edificio ecclesiastico. Ci sono voluti i moniti di molti cittadini, dell’amministrazione comunale e dello stesso vescovo Oliva ma, alla fine, Mammoliti ha voluto incontrare don Giuseppe e, resosi conto di aver espresso un giudizio davvero troppo frettoloso, così come aveva diffuso un comunicato in cui si scagliava contro il prete, ha posto altrettanto pubblicamente le sue scuse. Mentre palava con don Giuseppe, scrive Mammoliti “ne coglievo l’amarezza e la sofferenza di chi si è sentito ingiustamente colpito da un giudizio violento e sommario, condito da un lessico altrettanto duro. “Chiedo scusa al Prete e all’uomo.” Il comunicato continua con una riflessione relativa alla povertà nella nostra diocesi: “Abbiamo […] convenuto che i poveri
e la povertà rappresentano il primo problema emergenziale dell’intera diocesi ma più diffusamente di un sistema sociale fortemente frastagliato. “I poveri (quelli veri) quelli cioè non sfruttati da organizzazioni criminali fanno parte dell’arredo della Chiesa senza l’aiuto loro rivolto, la missione di rappresentanti di Cristo sarebbe orfana di uno dei riferimenti più preziosi lasciati in eredità da Dio a tutti gli uomini, nessuno escluso. “Saprà la Chiesa di Locri nella sua interezza migliorare la rete di protezione che già offre agli ultimi e ai più bisognosi di ogni razza e di ogni latitudine. “Compito della politica che su questo terreno è molto indietro, sarà quello di sintonizzarsi con gli esempi di Papa Francesco. “Compito delegato a noi comuni mortali è e sarà quello di aiutare sempre come diceva Don Gallo la maggioranza; ‘La mia maggioranza è quella dell’80% di popolazione mondiale senza volto che viene messa in schiavitù dal ricco capitalismo del restante 20%. Sono con loro, con almeno cinque miliardi di persone’”. La riflessione del consigliere ci permette di comprendere il sincero rammarico di una persona che ha riconosciuto di aver sbagliato e che, nell’esercizio più adeguato della morale cristiana, va stimata per aver chiesto perdono allo stesso modo di come aveva osato scagliare la prima pietra. Tuttavia, sarebbe stato forse più opportuno confrontarsi prima di puntare il dito. Jacopo Giuca
Ad Agnana Calabra due borse di studio intitolate all’imprenditore Domenico Gullaci e al giornalista Nicola Zitara, ex direttore de « la Riviera» La politica che investe e ha coraggio, che mette al primo posto il futuro delle nuove generazioni. La politica che sta a fianco dei giovani, per aiutarli nella loro formazione, nella realizzazione dei progetti di vita. È ciò che ha fatto l’amministrazione di Agnana Calabra lo scorso mercoledì 10 giugno, deliberando due borse di studio per le Scuole Secondarie di Primo e Secondo Grado (ex medie e licei), intitolate a Domenico Gullaci e Nicola Zitara. “Mimmo” Gullaci seppe fare dell’impresa di famiglia un’opportunità di lavoro, portando nei territori di Canolo, Agnana e Siderno un certo benessere, ma soprattutto la fiducia nelle possibilità della nostra terra. Domenico era un uomo semplice e alla mano, disponibile e premuroso. Fu fermato da un’oscura presenza che l’ha ucciso, strappando la speranza alla
famiglia e alla cittadinanza che, grazie al suo coraggio, aveva rialzato la testa e ritrovato la speranza in un futuro di prosperità. Sul piano economico, ma teorico, si è mosso anche il giornalista Nicola Zitara, un uomo colto e saggio che ha denunciato gli errori commessi al momento dell’unificazione dell’Italia, i massacri compiuti dai Mille e da Garibaldi, dai vari generali dell’esercito dei Savoia. Zitara propose soluzioni a volte scomode ed estreme, portando alla luce dei temi che hanno ricondotto a una ritrovata dignità per giovani e adulti. Le borse di studio vengono conferite agli studenti del comprensorio Agnana-Canolo-Salvi, e allo studente agnanese più meritevole, presso qualunque istituto superiore abbia studiato. La prima è di 1500 euro, e la seconda di 500. Una somma interamente
finanziata per i prossimi anni grazie alla rinuncia dell’indennità della Prima Cittadina, Caterina Furfaro, promotrice dell’iniziativa assieme ai consiglieri. Lo spirito con cui vengono istituite queste borse di studio è quello di dare
una solida istruzione, necessaria a chi vuol essere aperto al confronto e al dialogo, ma soprattutto garantire a tutti i giovani studenti la speranza di un avvenire di concretezza che solo l’istruzione può donare: punto di partenza e di arrivo che consente alle nuove generazioni di trovare il coraggio e la dignità per vivere nella società. Ma questo compito spetta alla politica, chiamata al suo dovere oggi più che mai. Durante il civico consesso la famiglia Gullaci sottolinea che in un momento di crisi di valori questo gesto è un positivo segnale da e verso la cittadinanza. Lidia Zitara ringrazia a nome della famiglia e si dice felice della scelta presa dal consiglio comunale di Agnana: un gesto che ci auguriamo possa essere d’esempio per le altre realtà Paolo Piscioneri
RIVIERA
ATTUALITÀ
LA CALABRIA ESULTA
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A incassare lingotti al David di Donatello è stato un film sulle viscere della ’ndrangheta non sulla Calabria, un’opera realistica, cruda, che, per chi ha scelto di non accorgersi dell’inquadratura di sbieco, aggiungerà pregiudizio al pregiudizio.
Anime d’oro “Il film non si avventura nel bello qui presente e altrove fredda cenere. Il bello nessuno intende cambiarlo, ce lo teniamo stretto. Il film mostra il brutto, perché quello bisogna narrare e correggere”.
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MIMMO GANGEMI
Oscar. Ha stravinto. Su tutti Munzi e Gioacchino Criaco. Già, Gioacchino. Senza nulla togliere al Maestro Munzi, è evidente la sua mano, di fatto, me lo si passi, un aiuto regista: uno spaccato così crudo e veritiero è possibile solo a chi si è pasciuto d’Aspromonte, a chi ne ha respirato l’aria e sentito i sospiri, le sferzate dei venti, la rabbia delle fiumare, me lo rivelano tanti particolari, minuzie che sono il sale, il tocco di magia. Ha stravinto con buona pace di chi vorrebbe che non si scrivesse e non si facessero film sulla ‘ndrangheta, quasi che evitarlo sia un modo per sconfiggerla. Non capiscono che bisogna trattarla invece, perché il primo passo per affrontarla, vincerla e ricostruirsi migliori è guardarla in faccia, rovistarle le visceri putride fino a prendere piena coscienza del mostro sanguinario che è. Poi, è un film sulla ’ndrangheta e null’altro, non vi è rappresentata la Calabria, non è l’immagine della Calabria, è piuttosto la denuncia di un fenomeno che la incancrenisce, che ammorba l’aria, che appesantisce la vita – apposta dissento fortemente dalla Spagna che ha invece inteso speculare, intitolando proprio “Calabria” per il suo pubblico. Detto questo, mi piace esporre qui di seguito le sensazioni che la visione del film, e già prima la lettura del romanzo, mi hanno indotto.
“Anime nere” ha trionfato. Facendo incetta dei premi più importanti ai David di Donatello. Alla faccia di chi non ci credeva, o storceva il muso, censurando che opere così – il film di Munzi oggi e il romanzo di Gioacchino Criaco prima – potevano solo fare danno alla Calabria e decidendo che non si dovessero dare appoggi e finanziamenti istituzionali (unica eccezione, il Parco Nazionale dell’Aspromonte, onore al merito) come sarebbe stato normale per un’opera girata in Calabria, con attori calabresi, con tecnici e operatori calabresi, con la gente di Africo e della Locride in prima linea a raccontarsi, a collaborare, a fare il tifo, a mostrare una civiltà che l’Italia schizzinosa fa di tutto per non riconoscerci, preferendo il pregiudizio. Ha trionfato e ora in tanti si mangiano le mani e non sanno come aggrapparsi al carro del vincitore, non salirci sopra, sarebbe troppo, ma almeno camminarci a lato, al passo, con una mano a lisciare il cavallo, se non il cavaliere. Ha stravinto. E sarebbe potuto essere molto di più, se Venezia non avesse consumato un tradimento da sospettare figlio di logiche commerciali e se si fosse tenuto conto che toccava al film più osannato dai critici e dal pubblico essere il candidato italiano agli
Un pastorello sveltisce, con fischi festosi, alla caprara, senza dita in bocca, e con un bastone, un gregge di pecore e di capre che si muove parallelo alla battigia della Riviera dei Gelsomini, nel cuore della Locride, nel cuore del triangolo più infestato di ‘ndrangheta, laddove il mare partorisce il sole e il levante, che è lesto a salire su pettinando le erbe. Così apre la parte calabrese di “Anime nere di Munzi – e di Gioacchino Criaco, l’autore del bellissimo romanzo omonimo. E così chiude: stesso mare, stesso gregge, stessi fischi. E stesso sorriso del giovane. Gioioso prima e gioioso dopo. Eppure, nel mezzo ha commesso l’infamità d’esser complice nell’uccisione dell’amico. Se torno alla mia infanzia, manca l’ombrello che pastori e massari tenevano agganciato per il manico al colletto di dietro della giacca di tarpa. Pure, mi guasta i ricordi vedere camminare sulla spiaggia pecore e capre, che appartengono alle alture. Ma è un attimo. Ché Africo è sì sul mare, a ridosso della mortale SS 106, poco oltre, una linea ferrata da Far West, con i treni a gasolio lenti da invogliare a una spinta, quindi l’ampia spiaggia dalla sabbia granulare e dorata e le acque cristalline dello Ionio, è sì sul mare ma continua ad appartenere alla montagna. Africo è un pezzo d’Aspromonte preso di peso e spo-
Quei figli dei bosc La montagna di Criaco non si è mai piegata all’incursore, ha sempre vantato un’ origine guerriera e una causa di libertà primigenia da difendere. Nessun impero ha mai violato e sottomesso la gente d’Aspromonte
ANTONIO ROSELLI e Memorie del mondo sommerso di Corrado Alvaro sembravano compiersi con l’ultimo romanzo Tutto è accaduto. Ma l’autore ha rinviato il suo ciclo a una durata infinita. Il suo protagonista, Rinaldo Diacono, con la sua “vita ridotta al semplice istinto di conservazione, con l’idea di un grande fallimento” aspettava un “avvenire ancora da creare, ignoto ma senza grandi speranze”. E Corrado Alvaro affidava un’eredità narrativa sempre protesa a cogliere i sintomi di trasformazione nella società meridionale. Se i pellegrinaggi nell’inferno fanno parte delle Memorie del mondo sommerso, allora si collochi in una pagina di essi l’opera di Gioacchino Criaco. Il retaggio di Gente in Aspromonte e del suo autore è un’imposta troppo cara da pagare se si è figli dei boschi . «Se per decenni l’unica persona conosciuta positivamente da quel territorio, è stata Corrado Alvaro, significa o che i suoi abitanti sono geneticamente tarati o che vi è un interesse, perpetuato storicamente, alla riproduzione in serie di criminali », sono parole di Criaco. Anime Nere è una memoria occulta e cruenta della nostra letteratura contemporanea.
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Tre studenti normali- in apparenza - occupano la trama narrativa. Sono aspri, loro. Sono i figli dei boschi. Fanno parte di una gioventù insidiata dal dramma dell’ingiustizia sociale. L’indignazione intossica le loro vite. «Questo in fondo chiedevamo, una vita da esseri umani e non da bestie», gridano. Quelli di Gioacchino Criaco sono antieroi ipocondriaci, dalla scatenata vivacità amorale. Vivono nel buco del culo del mondo e credono di esserne al centro. Sono legati da un rapporto battesimale alla ruga dell’Aurora, il loro mondo agropastorale da decine di anime saldate da un vincolo che trascendeva il legame di sangue. Una tribù sprangata, arcaica ed elementare, quindi; che rigetta la modernità e se ne infischia del flusso continuo della storia, con le sue conquiste e le sue guerre. Un luogo per nulla diverso dalla Basilicata descritta da Carlo Levi, dalla Puglia raccontata da Tommaso Fiore. I tre protagonisti (Luigi, Luciano e la voce narrante) sono immersi nel disegno genetico della malavita. Il loro temperamento, apparentemente bonario, diviene un presagio dell’ Aspromonte. Dice il protagonista : «Questo faceva parte della natura aspromon-
tana, anche la cosa più santa doveva avere un che di profano, il fiore più bello una spina e l’uomo più retto un fucile nascosto da qualche parte del bosco». Sanno chi sono i pungiuti (gli ‘ndranghetisti), che armavano nell’ombra la tragedia; sanno come far fronte a uno stato corrotto. Scrive Criaco: «In queste terre, per secoli, tutti e due i lati della barricata sono stati governati dai briganti». E anche: «Bisognava scegliere tra una vita da servi o la morte se non sapevi difenderti. Noi avevamo scelto di vivere liberi, ma armati, fossero i nemici malandrini o sbirri». Iniziano, così, sotto la guida dell’anima nera di Sante, la loro scalata delittuosa. Superano la soglia della pietà umana e, con rapine, sequestri e omicidi, diventano padroni del destino altrui. Presto, l’Aurora e l’Aspromonte diventeranno spazi troppo angusti per soddisfare la loro cupidigia. Iniziano, pertanto, a tramare commerci illeciti fra l’Italia, la Spagna e la Francia, trafficano eroina con il favore degli arabi. Il romanzo viene narrato in prima persona. A parlare è il protagonista che, nell’inesausto flusso di coscienza, spesso si arena in un descrittivismo pedante, altre volte si abbandona in confessioni di debolezza, in esorcismi. È consapevole che il mostro che lo
SETTIMANALE
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stato giù a forza. È però rimasto Aspromonte fin nelle viscere più profonde. E gli Africoti, trasferiti dopo l’alluvione catastrofica del ’51, non sono gente di mare. Non vogliono esserlo. Non ci hanno fatto abitudine al mare, lo sentono ostile, nonostante più di sessant’anni a farsi carezzare dalla brezza salmastra e a vedersi imbrunire la pelle dal sole cocente. Non a caso, su quel tratto di spiaggia mancano i passi, bagnanti poco e niente, né barche tirate in secca, né pescatori. Né tra le vie assolate del paese nuovo si fanno chiacchiere di mare. Gli Africoti, vecchi e giovani, rivolgono gli occhi e i sospiri verso la montagna vestita di querceti da migliaia di maiali – il valore di un bosco si stima ancora da quanti ne riesce a sfamare con le ghiande. Occorre aver vissuto l’Aspromonte, esserne figli, per comprendere appieno il film, comunque grandioso e appassionante per chiunque, e amaro e inquietante. Io, da aspromontano, riconosco in “Anime nere” un’opera realistica, cruda, che magari aggiungerà pregiudizio al pregiudizio. Ma è dannatamente vera, uno spaccato impietoso ripreso da un’angolazione buia, dalla sponda del male. Un’opera che non si avventura nel bello, nei valori umani, nella natura, nelle tante positività qui presenti e altrove fredda cenere, al più tizzone agli ultimi fumi. Il bello nessuno
intende cambiarlo, ce lo teniamo stretto. Lo racconteranno altri, se vorranno. È il brutto che bisogna narrare e correggere. E film e romanzi come “Anime nere” aiutano in questo: scoperchiandolo, si comportano da denuncia, diventano catartici. Finalmente i calabresi riusciamo a raccontarci. Senza menzogna, senza addolcire, mettendoci a nudo con la crudezza di immagini
e parole che inchiodano le responsabilità di tutti, che inducono a prenderne atto e a forgiare pensieri nuovi, sani. C’è tuttavia da precisare che “Anime nere” descrive una situazione estrema, un mondo arcaico che persiste solo in alcune aree. E che però è innegabile. Vederla sullo schermo nulla toglie alla Calabria, non la mortifica. La soccorre piuttosto.
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Peccato che tanta parte d’Italia non abbia capito. In un programma Radiofonico Rai, “finalmente un film che racconta la vera Calabria”, il commento dei conduttori. E giù fantasie lugubri che non stanno né in cielo né in terra. Hanno scelto di non accorgersi dell’inquadratura di sbieco. Hanno scelto di alimentare gli stereotipi. La chiave di lettura? Ce n’è più d’una, credibili tutte, a volte sovrapponibili. E il regista o lo scrittore ne possono solo prendere atto: appena offerta l’opera al pubblico, l’autore se ne spoglia ed essa diventa di tutti. Le due scene del gregge, uguali, trasmettono l’idea di un’immutabilità su cui nulla può lo scorrere del tempo, qui immobile, molto più lento che altrove. Sono anche l’accusa di un popolo estirpato dalle origini. L’epilogo, feroce e sconcertante, induce anch’esso pessimismo, il pensiero - a cui in verità credo poco, lo ritengo utopia - che la ’ndrangheta possa sconfiggersi solo con un’implosione dall’interno, che solo la ’ndrangheta può uccidere se stessa. Luciano, che gratta dalla statua di San Leo esorcista, raccoglie la polvere e la beve con l’acqua, per togliersi il male da dentro, poi però uccide: è il rifiuto esasperato, anche condito di follia, di un mondo che lo incatena e gli ha frantumato la vita, e per uscirne non conosce altro modo che la violenza a cui ha sempre allattato.
chi, liberi e armati divora è un grumo sanguinolento del male. Ciò che scorre nella vena di sdegno del protagonista, e percorre tutta la narrazione, non è soltanto un feroce ritratto della malavita, con la sua degradazione, la sua amoralità; siamo dinnanzi a un manifesto di protesta sociale. Nell’abietta vita civile e culturale, nelle ferite di una millenaria arretratezza di un paese del Sud; ferve l’anima candida del riscatto, della redenzione. Dice Luciano: «Noi siamo responsabili del male che facciamo, non c’è alibi che tenga, siamo i peggiori nemici di noi stessi. Abbiamo la scelta su come indirizzare le nostre energie, scegliamo la vita che ci porta più in fretta al benessere individuale, ma se questi dittatorelli non avessero stretto così tanto le briglie, per secoli, oggi saremmo stati meno cattivi e disperati». Quando l’autore condanna la feroce situazione sociale, umanamente priva di opportunità di salvezza; richiama alla memoria la dimensione della nostalgia per una civiltà che svanisce, celebrandola poeticamente in una distanza mitica ed epica. Il popolo dell’Aspromonte di Criaco non si è mai piegato all’incursore, ha sempre vantato un’ origine guerriera e una causa di libertà primigenia da difendere. Nessun impero ha mai violato e sottomesso la terra dei
figli dei boschi ! Ritorna ad agitarsi il tema dell’Unità Nazionale. Quella dello Stato indifferente, distante e punitivo è una ferita ancora aperta nel cuore del protagonista, una diluita metafora illusoria. È interessante osservare nelle parole di Bino come la presenza della malavita, dei briganti, fosse un male necessario e benefico: «Quando venne l’alluvione del cinquantuno che devastò metà dei paesi dell’Aspromonte, e ci fece abbandonare la
montagna per la palude putrida in cui viviamo ora, sfamarono più poveracci i briganti che lo Stato, il quale infastidito della loro fama mandò un nutrito esercito per disperderli ». La spaccatura tra la regione e la nazione è resa con evidente clamore nelle pagine milanesi, dove si marca la separazione tra la vita agropastorale del paese e quella alto borghese della città. Tornano così, alla mente, le reminiscenze alvariane. I protagonisti di Anime nere sono quelli che
si inabissano nei lussi più smodati della Milano da bere; che lì smistano la morte e si placano sadicamente nella loro bassezza morale. La città, ciononostante, opera un ruolo fondamentale nei personaggi e nella loro ambizione di riscatto. «Milano ci amava, noi e tutti i figli dei boschi come noi. I calabresi la inondarono Milano, di miliardi, distribuendo bocconi a tutti. Fu, per un lungo periodo, una luna di miele». I figli dei boschi cercano la redenzione, ma sono irredimibili fino alla fine. Gioacchino Criaco ci consegna un’ulteriore amara pillola narrativa, quando ci racconta la vita nel carcere e la disgrazia del pregiudizio che si insinua nella mente dei giudici, dei magistrati e dei poliziotti. «La disgrazia peggiore per un detenuto – afferma il protagonista – era essere meridionale, e di più essere calabrese, e ancora provenire dalla Locride... Eravamo la feccia dell’umanità, bestie immorali e amorali, da annichilire solamente». I figli dei boschi vedranno il loro mondo giungere al tramonto, solo quando sapranno di essere comparse e non protagonisti della loro storia esistenziale. E, senza saperlo, dolorosamente, apparterranno a un’epoca già passata.
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L’inchiesta
Trasporti nella Jonica
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Nel 1873, l’inaugurazione della ferrovia sembrava aver cancellato le difficoltà di collegamento tra Calabria e resto della nazione, ma oggi quella distanza si è allungata così tanto da farci temere che il nostro isolamento sia di interesse per qualcuno.
Ferrovia: un isolamento calcolato “
“La statalizzazione delle ferrovie cambiò il modo di viaggiare degli italiani che, con gli anni, avanzarono pretese sui tempi e le metodologie di collegamento tra le città più importanti della nazione”
JACOPO GIUCA el 1873 l’Unità d’Italia era ancora un ricordo freschissimo e il fervore tecnico e intellettuale del Risorgimento lo stimolo per il conseguimento di obiettivi straordinari. Di questione meridionale ancora non si parlava e, benché il popolo già avvertisse che la differenza tra gli stili di vita condotti tra il nord e il sud del Paese avrebbe avuto conseguenze importanti (come di lì a poco sarebbe stato raccontato da Giovanni Verga), la giovane età di una Nazione che finalmente ragionava in armonia faceva sì che il progresso venisse equamente registrato anche negli angoli più remoti della penisola. Certo, la Calabria subiva una condizione di minorità anche all’epoca: la conformazione unica del territorio, che madre natura aveva reso tanto aspro quanto meraviglioso, unitamente alla minore intensità demografica che si registrava nella regione, aveva impedito la realizzazione di infrastrutture adatte collegare la zona con il resto del Paese. Eppure, in quel 1873, l’inaugurazione della prima strada ferrata sarebbe stata considerata dagli storici un punto di svolta per la Calabria e per i calabresi, che avrebbero potuto, grazie ad essa, uscire per la prima volta dall’isolamento. La successiva statalizzazione delle ferrovie nazionali cambiò moltissimo il modo di viaggiare degli italiani che, con il passare dei decenni, guardando anche ai nuovi modi di spostarsi che con la globalizzazione andavano diffondendosi, avanzarono giustamente pretese sui tempi e le metodologie di collegamento tra i centri urbani più importanti dell’intera nazione. Il costante miglioramento della linea ferroviaria calabrese, tuttavia, contrariamente a quanto poi avvenuto nel resto d’Italia, ha subito una pesante battuta d’arresto già diversi anni fa, dimenticando progressiva-
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mente le esigenze di decine di migliaia di pendolari che avevano il diritto di spostarsi in tempi brevi lungo gli assi più importanti della propria terra. Già nel 1998, quando nel nord Italia si cominciava a sentire parlare di treni che potessero accorciare le distanze tra i grandi centri urbani ed economici del Paese, i calabresi venivano costretti agli orari più assurdi, a viaggiare su treni che sembravano risalire a 125 anni prima e a osservare sconsolati il singolo binario che attraversava la propria città immaginando che, di lì a qualche altro anno, si sarebbe trasformato in una semplice, quanto sterile barriera architettonica. Il pretesto di ammodernamento della linea Catanzaro LidoLamezia, addirittura, avrebbe riguardato la sostituzione della struttura di supporto del binario, fatta oggi di materiali che non possono più supportare il peso del locomotore di un treno ad alta percorrenza, senza che si pensasse piuttosto a introdurre l’elettrificazione, che avrebbe invece decisamente migliorato la situazione. La recente introduzione dell’orario estivo, poi, ha impedito persino ai turisti di spostarsi in orari umani tra una paese e l’altro. Costringendo chi era abituato a usare il treno a ritornare all’usufrutto dell’ormai più rapido trasporto su gomma, l’ente statale del trasporto pubblico su strada ferrata avrebbe avuto via libera nel dichiarare che la mancanza dell’utenza lo “costringeva” a un taglio dei costi e, conseguentemente, dei mezzi che circolavano non solo all’interno della regione, ma che erano diretti anche verso fuori. Il collegamento diretto verso Roma? Sarebbe divenuto realtà solo su una delle due coste della Regione, quella Tirrenica. Il collegamento per Bologna? Effettuabile solo con uno o più cambi, proprio come sarebbe accaduto con Firenze, Milano, Torino, persino Bari e Brindisi, punti di riferimento portuale per chi doveva poi imbarcarsi per i paesi dell’est.
Inutile dire che il “ramo secco” che, secondo l’ente ormai rinominato Trenitalia, era diventato la nostra regione, sarebbe stato ancora più marcio proprio nel suo versante jonico, una zona dal potenziale incredibile per la sua bellezza e le sue potenzialità di sviluppo, eppure completamente abbandonata da una società che, secondo i più, aveva un vero e proprio interesse a sviluppare altrove. Il sogno di un collegamento ferroviario efficiente, di cui tutti i calabresi avrebbero diritto di usufruire, dopo 142 anni rischia di infrangersi definitivamente. Il progetto di una ferrovia elettrificata e in grado di servire tutti i paesi della costa per poter essere integrata da un trasporto gommato a pettine che colleghi con i centri urbani dell’entroterra, viene in queste stesse ore fatto a pezzi dallo smantellamento progressivo che Trenitalia conduce impietosamente nei confronti delle stazioni delle nostre città. Ma la cosa che fa maggiormente male, è che le preghiere, le proteste, la rabbia di una popolazione che sta avviando moltissime iniziative con il solo obiettivo di salvare quella strada ferrata menomata che oggi le rimane, continuano a rimanere inascoltate dalla società di Stato come dai capi i Governo. L’impressione è che, come ha ipotizzato qualcuno, ci sia un interesse generalizzato da parte di chi prende le decisioni nel far morire la ferrovia Jonica, del resto non è un mistero che la stessa Trenitalia, che ha già chiuso i binari “in eccesso” nelle stazioni Roccella e Gioiosa, impedendo l’incrociarsi di treni che procedono in direzioni opposte, si sarebbe dichiarata pronta a sviluppare invece una nuova linea qualora la Regione avesse presentato un progetto valido. Il progetto, invece, non arriva mai né si finge di parlarne e noi ci domandiamo perché stiamo così antipatici a chi ci governa.
2009, VENGONO SOPPRESSI I SEGUENTI TRENI: •Reggio Calabria - Roccella Jonica - Catanzaro Lido - Lamezia Terme - Roma Termini - Bologna Milano •Reggio Calabria - Roccella Jonica - Catanzaro Lido - Lamezia Terme - Roma Tiburtina - Pisa - Genova – Torino 2011, Vengono soppressi i seguenti treni: •Reggio Calabria - Roccella Catanzaro Lido - Roma Termini •Intercity diurno Roccella Jonica Roma Termini •Reggio Calabria - Roccella Jonica - Catanzaro Lido - Crotone - Sibari - Bari * •Reggio Calabria - Roccella Jonica - Taranto - Brindisi (Porto per la Grecia) - Bari * *Già nel 2009, questi due treni ad alta percorrenza erano stati sostituiti da littorine che obbligavano i passeggeri a cambiare a Crotone, Sibari e Taranto con orari così ravvicinati da non rendere infrequente la perdita della coincidenza.
La genuina bontà de La Fontanella e il rubino coinvolgente dell'azienda Capogreco Carthago
Il nono matrimonio celebrato durante il Meeting di Enoicamente, che si è svolto lo scorso 13 aprile presso l'incantevole Palazzo di Moschetta, è stato quello tra il vino Carthago dell’azienda Capogreco e il ristorante La Fontanella della famiglia Simone
u una graziosa e magica collina che sa di arte e di storia, nella piazza principale di Moschetta a Locri, sorge il ristorante La Fontanella della famiglia Simone. Per chi vuole scoprire i sapori della vera gastronomia calabrese, non c'è posto migliore. Quella della signora Anna e della nuora Maria è una cucina attenta e capace di coniugare sapientemente gusto, tradizione e benessere, dove ciò che è buono è anche naturale, autentico e genuino. In occasione del meeting di Enoicamente, il ristorante La Fontanella ha proposto un delizioso e delicato finger food di stoccafisso alla trappitara con olio biologico e olive nostrane con dentro tutto il gusto del mare. Ad accompagnarlo il rosso dell'azienda Capogreco Carthago, un blend di Sangiovese, Nero D'Avola e Magliocco. "È frutto di una vendemmia precoce, effettuata intorno al 10
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agosto. L'uva viene raccolta di notte per evitare shock termici - ci confida Nicola Capogreco - Il vigneto viene illuminato a giorno; si inizia alle 20.30 e si tira fino al mattino, a mezzanotte si fa un break con una grande festa, come vuole la vecchia tradizione contadina". Fino a 8 anni fa quello dell'azienda Capogreco era l'unico vino rosso prodotto nella Locride. È di un rubino carico e intenso con tannini ben bilanciati, morbidi e persistenti. In bocca ha una progressione sorprendente: l'ingresso è potente e nel contempo raffinato. Si susseguono rincorrendosi fragranti profumi di frutta matura, che si fanno apprezzare per l'approccio sussurrato, e sfumature floreali coinvolgenti. Il 50% della produzione Capogreco viene assorbito dall'azienda di proprietà, "Il Palazzo"; il restante 50% viene esportato
all'estero, in particolare in Germania e in Svizzera. Da oggi presso il ristorante La Fontanella sarà possibile lasciarsi conquistare dalla genuina bontà del finger food proposto da Anna e Maria in abbinamento al rosso coinvolgente dell'azienda Capogreco Carthago. È soddisfatto di aver aderito al progetto Enoicamente, Nicola Capogreco e per la prossima edizione suggerisce di coinvolgere un direttore tecnico affinchè giudichi l'abbinabilità di un piatto a un vino. Anche Antonio Simone, proprietario de La Fontanella, ha accolto con favore il progetto: "Nel nostro ristorante serviamo solo vino calabrese al 100%. Enoicamente potrà dare una spinta consistente alla commercializzazione dei vini della nostra terra e noi saremo ben lieti di fare loro spazio nella nostra carta dei vini".
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LA SETTIMANA
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Lucano accolto a braccia aperte da SEL
Uragano Fuda
In settimana Mimmo Lucano, sindaco di Riace, si è recato in visita dal segretario regionale di SEL, dove è stato accolto con enorme piacere da Mario Melfi, che ha dichiarato di essere stato davvero contento di poter ospitare “uno dei migliori rappresentanti istituzionali della Calabria”. Solo grazie alla sua capacità amministrativa e a una grande forza di volontà, infatti, Lucano è riuscito a rendere Riace un comune virtuoso, in grado di integrare perfettamente 400 migranti nella propria comunità.
Il senatore sidernese ha spazzato via quella parte del Pd che non si mette mai in discussione, poiché crede di avere, in eterno, il coltello dalla parte del manico. ria fresca e trasparente di ponente e aria torbida di scirocco, molto umida, proveniente dallo Stretto si sono incontrate, poi si sono combattute per diciannove giorni. Tempesta, tra Piero Fuda e quella parte del Pd di MariaTeresa Fragomeni, la segretaria, il colonnello di ferro di Reggio nella “sottosviluppata” Locride, territorio di litigio pieddino: litigi a Gioiosa Marina, litigi a Locri, musi cagneschi a Roccella, risposte biliose e mugugni velenosi dappertutto. Questo Pd litiga ovunque, quando pone una prima pietra in questi nostri paesi stremati, dove servirebbero degli scatti che cambino di colpo il corso di una storia recente molto triste. Questo Pd non si mette mai in discussione, ripudia gli outsider, gli originali e i disoccupati eccellenti. Si nutre di altro, che non combacia quasi mai con qualcosa di fecondo per le comunità. E comunque, la tempesta annunciata s’è materializzata nella serata di giovedì quando la segretaria e il “mastino” Cecè Carnà hanno messo per l’ennesima volta il veto a Paolo Fragomeni come presidente del Consiglio Comunale. Venerdì mattina la Fragomeni, ha giocato la sua ultima carta, “il suo ultimo tentativo di stupire” il navigato senatore: «Io presidente, Giorgio Ruso vicesindaco», avrebbe riferito. A quel punto, la tempesta è degenerata in uragano. L’uragano
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Scalzo e la Boldrini a confronto sull’immigrazione Il Presidente del Consiglio Regionale Antonio Scalzo, ha incontrato nei giorni scorsi la Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, con la quale ha discusso di immigrazione: “La Calabria - ha dichiarato Scalzo prima di spiegare le idee del direttivo regionale - ha un'ottima legge su rifugiati e richiedenti asilo: dobbiamo applicarla”. Dalla terza carica dello Stato è giunto un “sincero apprezzamento” per il percorso indicato da Scalzo, incoraggiato così a proseguire su questa strada.
Fuda ha spazzato via quella parte del Pd che da troppo gioca sul sicuro a carte coperte e con l’umiliazione degli altri, cittadini in primis. Mentre, al contrario, l’uragano Fuda ha risparmiato l’altra parte del Pd, ovvero Anna Romeo e, soprattutto, quel “brutto anatroccolo” di Paolo Fragomeni, sinistra the original, razza pura che sta al Partito Democratico e alla laicità come l’uomo al bing bang. Di tutt’altro spessore è stato invece il comportamento di Pietro Sgarlato, durante la conferenza stampa per la nomina degli assessori. Con uno smartphone in mano tentava di continuo di fotografare Peppe Venuto, come a voler marcare una differenza di razza, come tutti quelli con il naso all’insù che, nonostante abbiamo preso una batosta epocale, trovano sempre il concime adatto per la rinascita della coda. La #fabbricadipietro, già in movimento, ingranerà la marcia tentando di essere competitiva in ambiti creativi, progettuali, sociali e culturali. Siderno, forse proprio perché attraversata dalla fase di massima decadenza, soprattutto per colpa, grandissima colpa dei Commissari, diventerà un laboratorio in cui si coltiverà una rinascita, un nuovo stile di vita, un nuovo modo di rapportarsi all’ambiente, un altro senso di appartenenza alla propria città. Vladimir
A Soveria Mario Oliverio discute delle nuove strategie delle aree interne Giovedì 18 giugno si è tenuto, nell’ex sede della comunità montana di Soveria, una conferenza dal titolo: “La Calabria nella strategia nazionale delle aree interne”. Oltre al presidente dell’Uncem Calabria Vincenzo Mazzei, al consigliere nazionale dell’Anci Attilio Mazzei, Francesco Aiello del dipartimento economia dell’Unical e Giovanni Soda, sono intervenuti anche i consiglieri regionali di maggioranze e il presidente Mario Oliverio, che ha tracciato le conclusioni dell’incontro con Nino De Gaetano.
Arrestata a Locri l’autrice di decine di furti. È caccia ai complici Qualcuno l’aveva ribattezzata il “Terrore di Locri” e qualcuno giurava che fosse stata in grado di compiere fino a dieci rapine in un giorno. Domenica scorsa, però, la carriera criminale di Raluca Silaghi, 28enne rumena, è stata stroncata da una signora, che si è resa conto per tempo di aver fatto entrare in casa una malintenzionata, e dalle forze dell’ordine, che hanno dovuto addirittura salvarla dal tentato linciaggio di una folla rabbiosa. Gli inquirenti, adesso, sono sulle tracce dei suoi complici.
SOCIETÀ
Festa della Mus
e che l’estate abbia
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
nche quest’anno Siderno sarà pizzicata dal morso della tarantola e saluterà il solstizio d’estate al ritmo della catartica e indomabile musica popolare. Grazie allo sforzo organizzativo della Pi Greco Communication torna l’elettrizzante appuntamento con la Festa della Musica, realizzata in collaborazione con il Comune di Siderno, iWorld, fm eventi e il settimanale free press Riviera. Per l’edizione 2015 dell’evento, la Pigreco Communication è stata affiancata dalla iCompany (www.i-company.it), l’importante network discografico diretto da Massimo Bonelli che, a partire da quest’anno, gestisce anche l’organizzazione generale del
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Concertone del Primo Maggio di Roma. Una ubriacatura solenne di musica è in programma, dunque, per oggi a partire dalle 21, in piazza Portosalvo che, dopo la proiezione del docu-film Kaulonia Tarantella Festival (prodotto proprio da iCompany), sarà animata dalle note dei Sabatum Quartet, da uno showcase di Mimmo Cavallaro e dai Gioia Popolare nell’ambito di una manifestazione che si inserisce nel grande progetto di Calabriasona. Abbiamo intervistato uno dei protagonisti di questa sera, Mimmo Cavallaro, tra i più autorevoli interpreti della tradizione musicale calabrese, fondatore della band TaranProject che con i suoi ritmi ha fatto scatenare nonni e nipoti, ritmi che mettono al bando la noia e scatenano quell’allegria assurda che ti cinge alla vita mentre
i sederi ballano e un piacere sconosciuto solletica e palpita. Qualcuno disse “L’anima domanda, la musica risponde”. Che risposte dà la sua musica? La mia musica richiama le nostre radici popolari, ha a che fare con il passato e in particolare con il mondo contadino ma vengono sperimentate nuove strade così da far scattare scintille creative nella tradizione. Ha rispolverato la lira calabrese. Cos’ha questo strumento da regalare alla musica? La lira calabrese è uno strumento arcaico arrivato dall’Oriente. Stando alla mitologia greca, l’invenzione della lira è da attribuire a Mercurio, che in giovane età, intrattenendosi a colloquio con una tartaruga, la privò
crudelmente della sua casa e tese, all’interno del guscio, sette corde di budello di pecora, costruendo così la prima lira. Donò quindi lo strumento ad Apollo, che a sua volta elargì al figlio Orfeo, il più famoso poeta e musicista che la storia abbia mai avuto. Sono state le Muse a insegnare la lira al giovane Orfeo, che divenne talmente abile al punto da riuscire ad ammansire gli animali feroci e far commuovere persino le divinità degli inferi. La lira stava per scomparire negli anni ‘80 ma è stata riportata alla luce da un gruppo di ragazzi che hanno setacciato i paesini della Locride scoprendo che ancora c’era qualcuno che la suonava. Oggi è uno strumento che fa parte di quasi tutti i gruppi popolari calabresi perchè è in grado di riprodurre la sonorità tipica del nostro territorio. È uno
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Stasera Siderno sarà invasa da quei ritmi che mettono al bando la noia e scatenano un’allegria assurda che ti cinge alla vita mentre i sederi ballano e un piacere sconosciuto solletica e palpita.
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sica...
a inizio! strumento straordinario che vale la pena suonare e far conoscere alle nuove generazioni. Con i TaranProject è riuscito a far straripare le piazze non solo in Italia ma anche all’estero e far ballare nonni e nipoti. Qual è la vostra forza? Il nostro pregio è aver riportato nelle piazze la musica popolare vestita da sonorità moderne. E questo riesce ad accomunare e far divertire generazioni differenti. A un certo punto della sua vita conosce Eugenio Bennato. Cos’ha significato questo incontro per la sua carriera? Eugenio Bennato è da sempre considerato uno dei precursori e maestri della musica popolare del Sud. Lo ha fatto in tempi non sospetti fondando la «Nuova Compagnia di Canto Popolare», una ricerca poi proseguita attraverso i «Musicanova» fino a generare il famoso movimento «Taranta Power», un progetto musicale esportato in tutto il mondo. È stato tra i primi a capire la forza di questo genere musicale. Mi ha incoraggiato a continuare il mio progetto e mi ha dato una grande mano nella realizzazione del mio album d’esordio,”Sona Battenti”. Il brano a cui è più legato? E perchè? In realtà sono legato a diversi brani. Quello che senz’altro ha avuto un grande riscontro e che per me significa tanto è Passa lu mari, che ha come tema il fenomeno dell’immigrazione ed è caratterizzato da suoni che si aprono verso il mare, perchè quella è la vera matrice della nostra musica: il Mediterraneo. Quando è sul palco e abbraccia la sua chitarra è come se la sua musica invitasse ad abbandonarsi a un piacere sensuale senza peccato per il quale richiede il massimo rispetto. È così? Sì, quando ho di fronte il mio pubblico cerco di comunicare al meglio la mia passione per la musica attraverso le corde vocali, le corde della chitarra e non da ultima l’espressività. Spero di riuscire a solleticare nel modo giusto l’appetito e la voglia di divertimento della gente e coinvolgerla in questo fantastico mondo della musica popolare. Si sente un po’ il punto di riferimento per i gruppi emergenti locali? Ascoltando i giovani gruppi di musica popolare mi rendo conto che si lasciano un po’ ispirare da noi e questo mi lusinga. A chi si dice stanco della tarantella cosa replica? Non ascoltatela, non siete obbligati. Peggio per voi!
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A partire dalle 21, piazza Portosalvo dopo la proiezione del docu-film Kaulonia Tarantella Festival sarà animata dalle note dei Sabatum Quartet, da uno showcase di Mimmo Cavallaro e dai Gioia Popolare
Tra i protagonisti Mimmo Cavallaro, uno dei più autorevoli interpreti della tradizione musicale calabrese, fondatore della bandTaranProject che con i suoi ritmi ha fatto scatenare nonni e nipoti.
GERENZA
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Sette anni senza Albalucia e Federica
Lunedì 15 giugno è stato il settimo anniversario da quel terribile giorno, giorno in cui le nostre vite sono state stravolte per sempre… giorno in cui siete volate in cielo... senza una spiegazione logica. Ancora nessuno ha pagato… e ogni anno che passa è sempre più pesante… Siete sempre con noi. Le famiglie Caricari e Petrolo
A Reggio il 3° Memorial Anna Multari
Mercoledì sera, alle ore 19:00, presso lo “Sport village di Catona”, a Reggio Calabria, si è svolto un torneo di calcio a 5 in ricordo della compianta Anna Multari, originaria di Siderno. Il torneo è organizzato dal Cral del Consiglio regionale della Calabria ossia il circolo ricreativo dei dipendenti del consiglio. Anna Multari, infatti, faceva parte del comitato direttivo.
Ci lascia Domenico Chianese
È morto Mimmo Chianese. Persona seria, gentiluomo di altri tempi. Lascia un vuoto tra gli amici che il sabato mattina sorseggiavano insieme a lui il caffè, discutendo dei problemi di Siderno e Locri. Ad attenderlo ci sarà il Paradiso degli uomini dolci e generosi con il sorriso brioso e lo sguardo buono.
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Paolo, da quaggiù ti vedo sorridermi “Hai dato tanto alla nostra comunità, forse troppo, affrontando non poche battaglie e sopportando grandi ingiustizie”
Abidjan 11 Giugno 2015 Quando sei lontana dalla tua terra é come se quella distanza allontanasse temporaneamente da te i volti familiari, sbiadisse i ricordi, confondosse gli odori a cui eri abituata fino a quando fatichi a risentirli nella tua mente…ma quando apprendi una notizia come quella della scomparsa di Paolo Catalano che è un pezzo importante di me stessa, allora tutto ad un tratto i ricordi diventano nitidi, gli odori intensi e i volti si materializzano come per magia nella tua mente. Pur sforzandomi non riesco proprio a ricordare un momento o traguardo della mia vita in cui Paolo e Cornelia non siano stati presenti, partecipandomi il loro affetto con i loro sguardi, con le loro parole, soprattutto quelle scritte di Paolo… Si, ad ogni ricorrenza che lo ha visto testimone mi ha reso omaggio con il mezzo più prezioso: la sua sensibilità, cultura senza limiti (come direbbero i matematici «asintotica a più infinito») e saggezza. Con te Paolo, va via un pezzo della mia magnifica fanciullezza e adolescenza. Negli ultimi anni, a causa delle terribili vicende che hanno toc-
cato la mia famiglia, mi sono allontanata, non per scelta, bensì per necessità, dalla mia Siderno e con lei da tutti i miei affetti più cari, tra cui tu, che occupi un posto di grande rilievo. Inutile dirti che sono oltremodo dispiaciuta per non averti potuto salutare come avresti meritato, ma so che da lassù mi guardi e mi guarderai come hai sempre fatto. Ti vedo in questo momento sorridermi dolcemente come facevi d’abitudine, sprigionando tutta la tua signorilità seppur dietro un po’ di amarezza… Hai dato tanto alla nostra comunità, forse troppo, affrontando non poche battaglie e sopportando grandi ingiustizie a mio avviso… Ma questa è un’altra storia, la stessa purtroppo che accomuna gli uomini straordinari come te… forse perché solo voi conoscete la nobile arte di perdonare e comprendere gli orrori del nostro genere umano senza «emigrare nei vicini lidi della follia umana»… Esprimo le mie condoglianze a te, cara Cornelia e a voi, Giusy, Giampiero e Francesco che siete il più bel risultato di questa splendida e indimenticabile coppia. Con affetto e stima immensa
Il City Camp Basketball arriva a Siderno
I ragazzi dell’YMCA hanno avuto il privilegio di essere allenati dal Coach Rick Walrond, allenatore statunitense
Da lunedì 15 a venerdì 19 giugno, presso i campetti dell’YMCA Siderno, è andato in scena il City Camp Basketball organizzato dalla BGT Sport Company. Il camp ha visto la partecipazione di bambini e ragazzi, di età compresa tra i 7 e 18 anni, appartenenti perlopiù alla “cantera” dell’YMCA Basketball. I ragazzi hanno avuto il privilegio di essere allenati dal Coach Rick Walrond, allenatore statunitense (amico di Mike D’Antoni, vecchia conoscenza del nostro basket) conosciuto per la sua capacità di insegnamento dei fondamentali del gioco della palla a spicchi, e con un passato a South Carolina nella NCAA( basket universitario USA) e nella massima Lega cinese. Oltre agli allenamenti del Coach nordamericano, i ragazzi hanno avuto occasione di apprendere tecniche di gioco dal coach reggino Pasquale Iracà, cofondatore di BGT Sport ed ex allenatore della Viola Reggio Calabria, e di confrontarsi con l’Ala di Roseto (Serie A2 Silver), nonché ex Fortitudo Bologna e fondatore di BGT Sport, Salvatore Genovese. Il City Camp ha rappresentato l’ennesimo successo dell’Associazione YMCA, che fa il paio con l’YMCA Village, progetto istituzionale che tende a valorizzare nello sport, nella musica e nelle arti; i bambini che vi partecipano durante tutto il periodo estivo. Sport e formazione, i due pilastri su cui si regge l’YMCA. Antonello Tinelli
ATTUALITÀ
Dal padre quercia al padre bambù: l'identikit dei nuovi padri calabresi Nuovi esemplari di padre tentano di contrastare l'onnipotenza delle madri: dall'agente procuratore al banchiere, dal cavaliere bianco alla guardia del corpo, dal falco al sindacalista. MARIA GIOVANNA COGLIANDRO adri che spingono passeggini, che saggiano con il gomito l'acqua del bagnetto, che sterilizzano biberon e tettarelle. Padri che sui social network postano orgogliosi foto dei propri pargoli con tanto di dedica strappalacrime. Padri che hanno preso i difetti delle madri, primo tra tutti l'ansia. Per troppo tempo - e giù da noi in particolare - al padre è stato chiesto di essere il presidio, il baluardo del divieto e dell’obbligo, lo strenuo difensore del dovere. E per far questo è stato costretto a costruirsi una maschera di severità, di impenetrabilità; ha dovuto rinunciare alle parole, trattenere i gesti, ricacciare le lacrime. Per troppo tempo al padre è stata riservata una paternità monca, atrofizzata, dove non c’era spazio per l’emotività che sembrava congelata, ibernata. Il padre era quello che contava fino a tre, quello che bastava uno sguardo, quello di cui si aveva paura quando rincasava perché la mamma gli avrebbe raccontato tutte le birbanterie della giornata, quello che È cosi perché lo dico io e giù in picchiata un fragoroso pugno sul tavolo in segno di inappellabile ratificazione. Quell'io che peso probatorio aveva? Perchè sfidare i figli in quel modo? Un atteggiamento che produceva inevitabilmente due effetti: padri da cui scappare, padri assassini di bussole con figli incassati nelle loro bare verticali. A lungo il padre è stato tenuto da parte, ma utile nei momenti difficili, perché quando le madri non riuscivano da sole a sbrogliare la matassa dell'educazione, ecco che scattava il solito: “Parlane con tuo padre!”. Oggi, al grido di “voglio esserci”, i padri cercano di recuperare il terreno perduto e contrastare l’onnipotenza manifestata dalle madri, che per tanto tempo hanno occupato tutto lo spazio della genitorialità. Abbiamo intervistato 60 papà calabresi di età compresa tra i 28 e 55 anni, concentrandoci su quello che è il compito considerato meno mascolino, ovvero cambiare il pannolino. Tra i padri di età compresa tra i 28 e i 35 anni, il 20% ha dichiarato di cambiare abitualmente i pannolini al proprio bebè (e qualcuno aggiunge di conoscere bene le marche delle salviettine che irritano meno), il 40% lo fa solo se la moglie non è in casa, il restante 40% non l'ha mai fatto, nè saprebbe farlo, nè intende cimentarsi. Solo un decennio fa la percentuale dei padri in grado di cambiare un pannolino era molto più bassa. Tra i
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Per troppo tempo il padre era quello che È cosi perché lo dico io. Un atteggiamento che produceva inevitabilmente due effetti: padri da cui scappare, padri assassini di bussole con figli incassati nelle loro bare verticali.
padri di età compresa tra i 35 e i 45 anni solo il 30% dichiara di aver cambiato almeno una volta il pannolino. Per i padri che hanno avuto un bebè più di 20 anni fa (fascia tra i 45 e i 55) la percentuale si abbassa al 10%. In compenso sono padri che ascoltano, consigliano, consolano i loro figli ormai adolescenti. Sono padri che cercano di ritagliarsi nicchie di intimità e dar voce a quelle parti di sé che nel tempo si sono atrofizzate per il mancato utilizzo. Padri che finalmente si commuovono, aiutano i figli a fare i compiti, fanno shopping con loro, ascoltano i loro piccoli problemi di cuore. Gli esperti sostengono che questi nuovi padri, spesso definiti "mammi", abbiano, però, dato luogo a processi di infantilizzazione. Si è passati, ad esempio, dal padre-padrone al padre-coglione, per dirla con Stefano Zecchi; a “un idiota seduto davanti alla televisione”, per citare Luigi Zoja; ai babboccioni che crescono bamboccioni come sostiene, invece, Antonio Polito, il quale parla anche di papà-orsetto che cercano la complicità dei figli-peluche. Si è parlato, poi, di helicopter parents, ovvero di genitori che volano basso e in maniera persistente sulla testa del figlio, accompagnandolo in ogni aspetto della sua esistenza. Tra i padri intervistati di età compresa tra i 35 e i 55 anni è possibile rintracciare le diverse tipologie di padre descritte da De Vanna, D'Elia e Gigante in "Di padre in padre": l'agente procuratore, colui che definisce contratti e lima le difficoltà che il figlio incontra; il banchiere che, sempre presente, risolve tutti i problemi di natura finanziaria; il cavaliere bianco che si materializza all’insorgere del problema per risolverlo e poi sparire nell’ombra; la guardia del corpo che protegge il figlio attraverso specifici interventi difensivi; il falco che si adopera con qualsiasi mezzo – lecito o illecito – per garantire dei vantaggi al proprio figlio. Sommando la tipologia dell’agente procuratore e del falco si ottiene quello che Antonio Polito chiama il padre “sindacalista”, esemplare assai diffuso nella Locride, sempre pronto a spianare la strada al figlio, convinto a suon di diritti che il successo e il benessere non si conquistano, ma sono dovuti. Quello che emerge è, dunque, un padre mansueto e accomodante, spesso un muro di gomma contro il quale non c'è più gusto a sbattere. Ma in compenso è possibile dire addio al padre-quercia di un tempo e benvenuto al padre-bambù che, se in grado di dosare bene la sua flessibilità, può far fronte a terremoti e tsunami.
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I padri di oggi cercano di ritagliarsi nicchie di intimità e dar voce a quelle parti di sé che nel tempo si sono atrofizzate per il mancato utilizzo. Padri che ascoltano, consolano e finalmente si commuovono.
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A tu per tu con i
maturandi Li abbiamo aspettati all'uscita da scuola il giorno della prima e della seconda prova per farci raccontare una tappa importante della loro vita: quella che segna l'ingresso nel mondo dei grandi
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Locride
1) Francesco A. Lucà, Francesco Catanzariti, Daria Commiso, 5B Liceo Classico di Locri 2) Stefano Multari, Saverio Bumbaca ITG Marconi Siderno, 3) Andrea Ratuis, Kevin Costa, Stefano Panetta, Carlo B. Longo, Gianluca Giuffrida, 5E Liceo Scientifico di Locri
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO arlo Bruno, Andrea, Kevin, Gianluca e Stefano la notte prima degli esami l'hanno trascorsa attorno a un falò. Francesco Antonio ascoltando musica. Saverio e Stefano M. hanno festeggiato fino alle 5 del mattino e poi 2 ore di sonno e 6 ore di tema. Veronica non ha chiuso occhio. Daria, Francesco, Monica, Maria Teresa e Mariana hanno dormito beatamente. Comunque l'abbiano trascorsa sarà una notte che ricorderanno per sempre, con tutto il suo impasto di emozioni da tirare e rilasciare come elastici, una notte che sentiranno insinuarsi nelle viscere e che li farà sobbalzare nel sonno anche quando avranno ormai i capelli bianchi. Li ho aspettati per due giorni all'uscita da scuola i maturandi della Locride, insieme a papà intenti a fissare il disegno che due mosche tracciavano sul parabrezza e mamme che si tormentavano i capelli. Ne ho fermati alcuni intromettendomi nella chiamata a casa in cui annunciavano che per quel giorno la tortura era finita. Come sono fieri e baldanzosi i ragazzi di oggi. Non hanno più quelle facce scavate e provate dall'ansia delirante dei maturandi di un tempo che sembravano fuggite da un quadro del Caravaggio, ma hanno i volti luminosi e distesi che dipingeva Stieler. Certo, tra loro c'è ancora chi preme dal basso il tubetto del dentifricio ma c'è soprattutto chi ha dentro un caos che non lo spaventa e che non ostenta come quei bohémien che fingono che il loro disordine sia un ordine superiore dello spirito. Schopenhauer non ha mozzato la loro spensieratezza nè Kierkegaard ha fatto loro dubitare che la vita è bella. Hanno immaginato a lungo quali potessero essere le tracce della maturità 2015 ma tutti i pronostici sono andati fuori bersaglio: niente Expo, niente Charlie Hebdo, niente Isis o immigrazione. Sei opzioni a sorpresa ma abbordabili. La traccia scelta dalla maggioranza dei ragazzi intervistati è stata quella di ambito tecnico scientifico: il mondo connesso è un argomento con cui andare a nozze per i nativi digitali. Al secon-
do posto, la traccia di ambito artistico letterario con la letteratura come esperienza di vita, scelta dai più romantici. Al terzo posto, tema su Yousafzai Malala, la coetanea premio Nobel per la pace che parla ai ragazzi di istruzione e coraggio. A tu per tu con i maturandi della Locride La prima prova è quella che temevano di meno, la terza, il cosiddetto quizzone, "in onda" domani, è per loro la più scottante. Gli argomenti che discuteranno all'orale sono dei più vari: L'utilità dell'inutile, Il senso della vita, L'infinito oltre ogni limite, Il viaggio, La natura, Il teatro dell'assurdo, Il doppio. Quanto ai progetti post esami, relax relax relax. C'è chi ha già scelto l'università: medicina va per la maggiore, secondo gradino Isef, terzo ingegneria. Possibilmente fuori dalla Calabria "perchè qui la sera è un mortorio" - sorride Kevin ed è quasi zuffa con Carlo Bruno che guai a chi gliela tocca la sua terra. C'è poi chi proverà a entrare all'accademia militare come Saverio, chi cercherà un lavoro come Stefano M., chi potrà optare per l'università in Francia grazie alla certificazione ESABAC rilasciata dal Liceo Magistrale G.Mazzini di Locri. Sono pronti a lasciare la Calabria i nostri ragazzi. Loro sì, le mamme un po' meno. Quella valige piene di cinghie e di ombre sono uno scudiscio che staffila abbattendosi sul cordone ombelicale, in modo sottile e insopportabile. Ma dovranno accettarlo prima o poi che i loro figghiolelli sono diventati grandi. Una nuova età si spalanca per loro, un'età in cui le emozioni si descrivono, si analizzano, si definiscono ma si smette di nuotarci dentro. Perchè diventare adulti - ancora non lo sanno - ma è un merito che si paga caro. Qualcuno di loro avrà vite smarrite di vodka e affitto non pagato, qualcuno, peggio ancora, vite rimaste impigliate in fogli di carta carbone. Ci saranno esistenze da pappa reale e altre con nebbie pigramente propizie. Tra loro medici, poeti, saltabarriere e burladogane. Perchè è così che va la vita. Saluto questi straordinari ragazzi, tutti con due puntini luminosi al posto degli occhi, sperando che quella luce non si spenga mai. Nel frattempo una rondine con le sue affilate forbici ritaglia per loro nuovi cieli.
Come sono fieri e baldanzosi i ragazzi di oggi. Schopenhauer non ha mozzato la loro spensieratezza nè Kierkegaard ha fatto loro dubitare che la vita è bella.
Una nuova età si spalanca per loro, un'età in cui le emozioni si descrivono, si analizzano, si definiscono ma si smette di nuotarci dentro.
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RIVIERA
L’associazione “Amicizia è Pace” saluta Fuda Giovedì mattina, presso il Comune di Siderno, l’associazione Amicizia è Pace, presieduta da Bruno Gasparro, ha voluto portare i suoi saluti al sindaco Pietro Fuda. Insieme a loro, una folta delegazione proveniente da tutta la Locride ha augurato buon lavoro all’ingegnere scelto con un’ampia maggioranza dalla cittadinanza per guidare la città fuori dalla crisi che l’ha colpita.
CULTURA E SOCIETA’
Aspettando il Premio Pericle d’Oro 2015
L’intervista immaginaria di Lidia Zitara
Moretti trombato ai La Kermesse David da Anime Nere di luglio sarà dedicata alla Comunicazione “Il Premio Ellade” va, al Dr. Giovanni Battista Macrì Presidente Della Corte D’Appello di Reggio Calabria. “Quella che sto per presentarvi è una delle personalità più illustri in questo trentesimo premio. Del resto da frammenti della sua vita professionale si può già intravedere la statura del personaggio”. Così esordisce il maestro Domenico Savica organizzatore del Premio Prericle d’Oro, che si terrà l’ultima domenica di luglio a Bovalino. Giovanni Battista Macrì è nato ad Acireale, si è laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Catania il 12.11.1963. È coniugato con due figli. Superato il concorso per l'accesso in magistratura, classificatosi al secondo posto in graduatoria, nominato uditore giudiziario il 27.12.1965, ha esercitato le funzioni di Pretore mandamentale fino al febbraio 1974 quando è stato destinato al Tribunale di Catania esercitando le funzioni di giudice, prima presso la terza sezione civile (che tratta di diritti reali e successioni) e la sezione specializzata agraria e, successivamente, presso la sezione fallimentare e commerciale, ricoprendo anche l'incarico di giudice del Registro delle Imprese e di giudice delegato ai provvedimenti in materia di stampa periodica. Destinato alla Corte di Appello di Catania. Trasferito al Tribunale di Catania con funzioni di Presidente di sezione, è stato destinato a presiedere la I sezione della Corte di Assise di Catania, successivamente, la I sezione penale e, in questa ultima veste, contestualmente, dal luglio 1994 al giugno 1996 il Tribunale del riesame. Dal 18 marzo 1997, oltre a presiedere la sezione penale, è stato destinato a presiedere in supplenza la Sezione IV civile e fallimentare. Dal 16 luglio 1997 ha presieduto quest'ultima sezione che si occupa, oltre che di fallimentare, di diritto commerciale (societario, bancario) e che compone la Sezione Specializzata per la tutela della proprietà intellettuale e industriale. Nel contempo è stato delegato a provvedere nelle materie di cui agli artt. 148 c.c., 814 c.p.c. Negli anni 1998, 1999, 2000, 2002 e 2003, mantenendo sempre la responsabilità della quarta sezione civile e fallimentare, ha presieduto in supplenza la prima sezione della Corte di Assise, definendo cinque procedimenti per omicidi e associazione mafiosa; applicazione, la Corte di Assise di Appello. Nel contempo ha anche presieduto la seconda sezione stralcio del Tribunale. È stato responsabile della biblioteca unificata del Tribunale e della Corte di Appello di Catania per cui ha provveduto alla selezione dei libri da acquistare e per cui ha vigilato sul relativo personale. Con riferimento alla sua esperienza nel settore penale ha presieduto la prima sezione della Corte di Assise di Catania occupandosi non solo di ordinari processi di criminalità, ma anche dirigendo il dibattimento di due maxi-processi a organizza-
zioni mafiose, (concernente ben 115 capi di imputazione e 70 imputati). Da presidente della prima sezione penale, si è occupato sia di processi concernenti associazioni di tipo mafioso e associazioni a delinquere dedite al traffico di stupefacenti, per cui ha più volte presieduto il Tribunale in udienze presso le più diverse aule bunker d'Italia onde procedere all'audizione di collaboratori di giustizia, sia di processi concernenti false comunicazioni sociali, di bancarotta e di criminalità e di politica. Ha diretto il dibattimento estendendo la motivazione della relativa sentenza del processo alla tangentopoli catanese (c.d. scandalo di Viale Africa) che ha visto coinvolti venti nove imputati appartenenti alla classe politica locale e nazionale. Di processi concernenti la c.d. criminalità politico-amministrativa e in materia di associazione a delinquere di stampo mafioso si è occupato anche negli anni 1997 e 1998. Ha presieduto il Tribunale del riesame di Catania, per cui si è occupato, tra l'altro, di tutte le maggiori inchieste svolte dalla D.D.A. catanese. Con riferimento al settore civile, è stato presidente della sezione quarta civile e fallimentare del Tribunale di Catania, che si occupa di tutti i rami del diritto commerciale (dal diritto societario a quello della navigazione, dal diritto industriale a quello bancario). Ha presieduto, inoltre, dalla sua istituzione la sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale per i territori ricompresi nei distretti di Corte di Appello di Catania, Messina, Reggio Calabria e Catanzaro. È coautore di un volume, edito da Giuffrè dal titolo "I nuovi patti agrari\ di due volumi "Legislazione agraria. Contratti, credito, prelazione" e "Diritto delle società", editi rispettivamente da Giuffrè e da Ipsoa nonché di vari scritti in materia fallimentare e societaria. Ha rivestito l'incarico di segretario generale del Tribunale per gli adempimenti in materia amministrativa, e di componente dell'U.D.A. Dal 18.12.2007 ha presieduto il Tribunale di Messina. Dal 12.11.2012 presiede la Corte di Appello di Reggio Calabria.
- Egregio dottor Moretti, grazie di averci dedicato un po’ del suo tempo per questa intervista, le va di parlare del fatto di essere stato trombato ai David di Donatello da un film calabrese? - Cioè, a me quello che mi dà sempre fastidio è che in queste occasioni… sai, io ci vedo come una sorta di esorcismo. I film sono fatti di momenti drammatici e momenti comici: non si possono misurare con il bilancino, e così la vita. - Cioè se l’è “stricata” parecchio, dottò? - Tutto dipende dalla sceneggiatura, che te lo dico a fare? La sceneggiatura è il mio modo di esprimermi, di comunicare (si schiarisce la voce). Vedi, nella sceneggiatura del mio film, c’è l’alternarsi di questi due toni, oserei dire di questi due registi linguistici, ma anche una dicotomia tra visioni, sogno, immagini oniriche e realtà. - Ho capito dottò, diciamo che la sceneggiatura della sua vita in questo momento ha avuto un picco minimo. Ma lei se l’aspettava che un film così complesso come “Anime nere” sarebbe stato compreso e così largamente apprezzato dalla giuria dei David? Non temeva il confronto con Munzi, che detta libera, è pure più bono di lei, che ormai va verso la decadenza subatomica? - Ahò, ma che stai a di’? Ah bella, nun vedi che c’ho un appeal sexy che me svengono dietro? Dopo “Caos calmo” me so’ trombato mezza Roma! - Ah, ecco dov’è la sua vera natura! Ha perso freschezza con l’età! E poi, dottò, ma chi le viene dietro? Le milf, mica le giovani! Forse le sessantenni che ancora credono sia esistita la sinistra, tipo le expresidenti di sedi provinciali, quella roba andante che trova anche sui siti porno! - Ma te pare che Munzi sta messo mejo de me come anagrafe, gioia? - Ma se lei è del ’53, dottò! E poi Munzi non è così imbalsamato! Tra un po’ le crescono i funghi sulla schiena! - Me consolo de una sola cosa, me consolo… - Di che dottò? - Quer fijo de ‘na mignotta almeno nun è calabrese come te, ma romano come mme!
“Creativa… mente”arricchisce gli allievi e abbellisce l’Alvaro
Il progetto “Creativa… mente” ha permesso agli allievi della scuola media “Alvaro”, guidati dalla professoressa Rossella Verdiglione, di realizzare tre trompe-l'œil, pitture che inducono l'illusione di guardare oggetti tridimensionali. I dipinti, dedicati a Corrado Alvaro, rappresentano l’Aspromonte le opere più famose dello scrittore. Il professor Francesco Cavallaro ha realizzato per l’occasione il ritratto di Alvaro. Gli allievi vorrebbero ripetere l’esperienza per dare nuovo volto all’Istituto.
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LA ROSA DEIVENTI
Gioconda laVagabonda
LA GIOCONDA. Famosissima opera di Leonardo Da Vinci, uno dei quadri se non IL QUADRO più famoso al mondo, "nasce" in Italia, si trasferisce in Francia nella primavera del 1516, insieme con il suo Autore, e si stabilisce in un bellissimo palazzo messole a disposizione dal re Francesco I, il quale la compra per 12 mila scudi d'oro. Qui, resta fino alla morte di Leonardo, poi si sposta a Fontaimbleu. Vi rimane fino al 1962, quando a bordo di un transatlantico, il France, attraversa l'Atlantico, dentro una cassa impermeabile. Più tardi, ritorna a Parigi e qui si stabilisce per sempre. di Maria Verdiglione
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ALB:L’incontroconPadreGiovanniLadiana si trasforma in un’occasione culturale Padre Giovanni Ladiana ricorda un po’ Papa Francesco quando dice: “Mi hanno definito ‘il prete che prende a ceffoni la ‘ndrangheta’, ma io prendo a ceffoni le persone a cui voglio bene, la ‘ndrangheta la combatto”. Durante l’incontro-dibattito tenutosi a Locri la scorsa settimana, padre Giovanni ha voluto raccontare le sue esperienze di vita, più che presentare il volume edito da Laterza “Anche se tutti… io no”. La manifestazione è stata organizzata dall’ALB (Associazione Amici del Libro e della Biblioteca), che per una casualità si è imbattuta in questo saggio poetico e narrativo, e che ha tenuto a incontrare padre Giovanni a Reggio, dove lavora e promuove le attività di “Reggio non tace”, un vasto movimento anti‘ndrangheta. Cosimo Pellegrino, presidente dell’ALB ci dice: “È difficile restituire a parole la pregnanza di quanto è accaduto a Locri la scorsa settimana, la solidità culturale e l’autodeterminazione di una persona così carismatica, la den-
sità e l’attualità dei temi che sono stati affrontati, la maturità e la saggezza di una visione anticonvenzionale. Sembra che tutto si sia dato appuntamento per una felice riuscita, anche se l’incontro con il libro di Ladiana è stato casuale, anche se è vero che le cose si trovano seguendo una determinata rotta. L’interesse suscitato dal libro in seno all’associazione ci ha fatto pensare ad un incontro un po’ più esteso di quello che avevamo preventivato, trasformandolo in vera e propria occasione culturale. Ci è stata poi gentilmente proposta una sede che avrebbe potuto accogliere un buon numero di persone, la Casa di Santa Marta a Locri, una sede Caritas, a cui vanno i nostri ringraziamenti. L’affluenza e la partecipazione del pubblico ci ha testimoniato che non solo noi siamo rimasti felicemente colpiti dal libro. Tant’è che l’incontro sarebbe dovuto finire alle 20:30, mentre alle 22 c’era ancora gente che sarebbe rimasta volentieri. Ciò che in Ladiana ci ha colpiti è l’atteggiamento antigerarchico, nonostante egli faccia parte dei
Gesuiti, che è anche lo spirito che anima la nostra associazione. Non abbiamo mai preteso di dirci professionisti degli eventi culturali, e –riprendendo una frase di padre Giovanni Ladiana- su dieci passi magari ne facciamo nove indietro, ma quell’unico passo avanti è solido, forte, partecipato. Abbiamo avuto la partecipazione di monsignor Francesco Oliva e di molte associazioni: siamo orgogliosi di dire che per noi quest’evento è stato un passo avanti importante”. La filosofia di Ladiana è complessa, frutto anche delle sue attività nella zona di Reggio, della frequentazione quotidiana con situazioni di illegalità, malavita e criminalità diffuse. Ladiana ha fatto dell’inclusione e della partecipazione una vera e propria filosofia di vita e strategia d’azione. Da tutti descritto come un ascoltatore, impegnato attivamente. Il libro è il racconto del suo percorso filosofico e spirituale, oltre che la narrazione della sua attività a Reggio Calabria con il movimento “Reggio non tace”.
Booksharing a Siderno, una sola regola: se prendi un libro, lasciane un altro! A fronte di articoli di giornali nazionali che ci raccontano di quanto sia diminuito il numero di lettori e di come sia involuta la qualità dei pochi libri letti e acquistati, l’Associazione Amici del Libro e della Biblioteca non demorde. Da settimane, infatti, sono disponibili alcuni libri presso lo storico negozio “Domus Musicae” al centro di Siderno, grazie alla disponibilità del titolare, Tonino D’Agostino, che con grande entusiasmo da lettore forte, ha accettato di fare da “bibliotecario” alla piccola raccolta di libri donata dall’ALB e da privati, per incentivare la lettura. Il meccanismo è dei più semplici: prendere un libro e lasciarne un altro, qualunque sia (purché in buone condizioni). Tra cassette vintage, diffusori acustici hi-tech e dvd, troverete un ripiano dedicato alle letture. Se un libro piace, si può anche tenere, altrimenti si restituisce. I libri sono in ottimo stato, perlopiù romanzi, ma anche saggi, alcuni sono fuori catalogo altri di recente uscita. La casa editrice Rubbettino ha cortesemente offerto una copia di “Anime Nere” e “Zefira” di Gioacchino Criaco (il film tratto da “Anime Nere” si è recentemente aggiudicato nove David di Donatello), mentre un privato ha donato il volume “Il ragazzo con lo zaino arancione” di Francesco Ceniti e Alberto Tufano, uscito in allegato con «La Gazzetta dello Sport». Un racconto sulla strage dell’Heysel durante la partita Juventus-Liverpool, con delle testimonianze di Enzo Romeo, giornalista Rai, e Massimo Cusato, batterista dei Quartaumentata. Tra gli altri titoli: “Istruzioni per distruggere il vento” del poeta roglianese Daniel Cundari (Rubbettino), “Kafka sulla spiaggia” di Murakami Haruki (Einaudi), “Gorky Park”, il celebre giallo di Martin Cruz Smith, “Grottesco” di Patrick McGrath. La libreria sarà aggiornata periodicamente e le speranze dell’ALB sono che in numerosi aderiscano all’iniziativa. Lidia Zitara
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Il cardiologo e medico dello sport Dr Michele Iannopollo
Caffè e fumo un cocktail dannoso per la salute cardiovascolare fumo di tabacco è attualmente la causa maggiore di morte nei paesi sviluppati e il beneficio della cessazione del fumo è stato ampiamente dimostrato. In particolare il rischio cardiovascolare e le malattie polmonari possono essere notevolmente ridotte se i fumatori smettessero di fumare. L’aspettativa di vita aumenta da 4 a 10 anni tra i fumatori che smettono di fumare, a seconda della loro età al momento della cessazione, e si riduce di più di 10 anni fra i fumatori rispetto ai non fumatori. In termini di benefici per la salute non è mai troppo tardi per smettere di fumare. La prevenzione dei danni alla salute derivanti dall’esposizione attiva e passiva al fumo di tabacco costituisce un obiettivo prioritario della politica sanitaria del nostro paese e dell’UE. Nel mondo muoiono per patologie correlate al fumo 4 milioni di persone all’anno (85.00090.000 in Italia) che diventeranno 10.000.000 nel 2020, se si dovesse mantenere l’attuale tendenza. A tale proposito in Italia nel gennaio 2005 è stata introdotta la legge che vieta di fumare in tutti i luoghi pubblici e sono state emanate le linee guida al fine di promuovere la cessazione del fumo. Purtroppo nonostante le evidenze scientifiche dimostrano che il fumo faccia male alla parecchie persone continuano a IA ERCHIETTO salute, fumare, non rispettano i canoni per uno stile IDERNO di vita corretto che prevede l’abolizione del DIETRO fumo, l’incremento dell’attività fisica, la riduzione del peso corporeo, il controllo LOSPEDALE della pressione arteriosa, della glicemia e dei lipidi nel sangue. SCALA alla nicotina contenuta nel fumo di sigaNFO Se retta si aggiunge l’abuso quotidiano di caffeina contenuta nel caffè si costituisce un cocktail dannoso per il sistema cardiovascolare che comporta un aumento della pressione arteriosa, un incremento delle aritmie e un aumento di rischio di infarto e incidenti cerebro vascolare. La cosiddetta pausa lavorativa diventa una pausa fatale per il cuore. È quanto emerso da un studio condotto da un team di ricercatori greci. (“A sentir loro, i fumatori, non ci sarebbe niente di meglio di un caffè e una sigaretta per favorire un attimo di relax in una giornata stressante e ricca d’impegni”). Lo studio greco sopracitato è stato articolato in due fasi: In una prima fase è stato valutato il danno immediato sul sistema cardiovascolare e in una seconda fase è stato valutato il danno a medio e lungo periodo. In entrambi i casi si è proceduto alla misurazione del -VISITA CARDIOLOGICA grado d’irrigidimento dell’aorta e alla misurazione del flusso sangui-ECG A RIPOSO gno al suo interno, due parametri -ECG SOTTO SFORZO fondamentali per la valutazione del -HOLTER ECG rischio cardiovascolare. Lo studio -HOLTER PRESSORIO condotto su volontari, ha messo in evidenza come entrambe le sostan-CARDIOLOGIA dello SPORT -ECOCARDIOGRAMMA COLOR ze , assunte singolarmente siano dannose per l’organismo. Allo DOPPLER stesso tempo è però emerso che nel -ECOCARDIOGRAMMA COLOR brevissimo periodo, i danni causati dall’azione contemporanea delle DOPPLER TRANSESOFAGEO due sostanze sono maggiori di -ECOCARDIOGRAMMA CON quelli causati dalla somma dell’aSTRESS FARMACOLOGICO zione dannosa prodotta singolar-ECOCOLOR DOPPLER TSA mente. Il meccanismo che rende -ECOCOLOR DOPPLER TRAN- possibile questa dannosa sinergia è ancora chiaro ma altri studi SCRANICO PER RICERCA DI PFO non condotti in passato avevano già evidenziato come la combinazione di caffè e sigarette influenzasse negativamente la pressione del sangue, aumentando il rischio d’infarto. I ricercatori hanno confermano che smettere di fumare rappresenta comunque il primo e più importante passo verso la conquista della salute cardiaca, ma chi proprio non riesce ad abbandonare le cosiddette “bionde”, abbia almeno l’accortezza di non associarle al consumo di caffè o bevande con caffeina. Evita così oltre al danno vascolare di cui si è già ampiamente parlato anche un danno estetico alla vita e ai denti che diventano gialli e un fiato puzzolente che disturba sicuramente anche chi sta vicino.
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Stefano Scarfò ci ha lasciati
Nelle sue opere descrive un mondo, oggi scomparso, ma la sua penna ci trasporta in un’atmosfera di sogno GIOVANNI PITTARI
Stefano Scarfò ci ha lasciati per ritornare alla casa del Padre. “Cantore della mammolesità”, maestro nel più alto valore del termine, ha saputo trarre, sin dal suo primo approccio con la scuola, dalle idee pedagogiche più avanzate, la fonte del suo insegnamento, facendo proprie le dottrine che più si adattavano alla mentalità della sua terra, per la quale ha sempre avuto un amore sviscerato. Si sentì maestro e ne ebbe la consapevolezza e come tale venne considerato da chi lo ha conosciuto e ha potuto accostarsi alla sua cultura e godere della sua umanità, pertanto è assurto a “professore” malgrado continuasse a dire di essere un umile maestro. Divenne tale nel quotidiano applicando i valori cristiani professati apertamente e vivendoli intimamente nella più rigorosa ortodossia cattolica. Vorrei soffermarmi sul suo vissuto di mia diretta conoscenza ed evocare con accenni di ammirazione e di affettuosa stima il suo valore professionale, la sua alta umanità e il grande attaccamento alla scuola e alla sua famiglia, i suoi sacrifici per portarla avanti decorosamente, in questo aiutato e sorretto dalla moglie che è sempre stata compagna fedele e intelligente nella conduzione, spesso difficile per le ristrettezze del magro bilancio di un modesto maestro di scuola. È stato un uomo ricco di sentimenti per cui lo si vedeva sostare per le viuzze più inaccessibili del suo “antico borgo” per cogliere rumori e sensazioni dalla viva voce della gente che abitava in vere e proprie spelonche, prima che arrivasse il boom economico che spazzasse via i resti di un passato troppo dileggiato e abbandonato come rottame tra i ferri vecchi della storia. Non per niente fu un grande agitatore politico, sempre primo nelle questioni sociali che portava tra i banchi del consiglio comunale con la sua voga e veemenza che avevano larga incidenza nella gente. Ma è nella scuola che devolve le sue energie morali, spirituali e sociali, specie nei confronti degli alunni appartenenti alle famiglie più disagevoli, operando con disinteresse e altruismo sempre tenendo presenti gli alunni più poveri in osservanza
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delle regole evangeliche. Pur operando nella scuola a tutto campo, organizzando convegni, incontri didattico-culturali di grande spessore, non mise mai da parte la sua vena fluida di scrittore e di storico che alimentò cercando, non solamente nei libri antichi, ma interrogando i vecchi, gli ottuagenari, per sapere dalla loro viva voce i fatti più salienti della Mammola di altri tempi e ne venne fuori il suo primo libro “Calabria - Alla ricerca delle radici”, nel quale le sue novelle, tratte dalla viva realtà popolare e dalla storia del paese, lo fanno diventare il vero cantore della mammolesità. Non che fosse la prima volta a pubblicare i suoi scritti, già l’aveva fatto con successo molti anni prima presentando un volume di carattere storico-agiografico su “Nicodemo del Kellerana - I santi della Calabria” collaborando poi nella pubblicazione di “Mammola - 120 anni di scuola” trovandosi fianco a fianco col sottoscritto, che come Direttore Didattico del Circolo di Mammola si era assunto la paternità dell’edizione, e dopo nel secondo volume edito dallo stesso Circolo didattico, sempre a mia firma, intitolato “Mammola 950 - 1950 Millennio della fondazione” in cui si fa notare come valido scrittore e storico, mentre raggiunge il massimo della notorietà con la pubblicazione del volume “Calabria … ieri - Le botteghe artigiane tra arte e leggenda” in cui si evidenzia come storico e saggista. Scarfò ci descrive un mondo, oggi scomparso, ma la sua penna ci trasporta in un’atmosfera di sogno e ci par di rivedere gli artigiani nelle loro botteghe alle prese con i capola-
vori della loro arte insigne che hanno fatto di Mammola un paese rinomato e affermato creando quello che definisce “l’aristocrazia del lavoro” in contrapposizione con la vecchia nobiltà, vacua, parassitaria e imbelle. Con tutti i mezzi a sua disposizione si batte per far emergere dalle nebbie del passato la storia della cittadina scrivendo su riviste specializzate quali “Il Provinciale”, “La città del sole”, “L’eco del Chiaro”, ma, soprattutto, su “Calabria Letteraria”, della quale divenne collaboratore. Grande interesse hanno riscosso i suoi saggi apparsi su “Scholae Praetoriatis”, organo ufficiale del 32° Distretto Scolastico di Gioiosa Jonica, destando l’ammirata attenzione dei lettori per i dotti e impegnativi argomenti scritti con penna leggera, incisiva, comprensibile a tutti, anche ai meno istruiti. Per questa sua feconda attività di uomo di scuola, fervente operatore della vita sociale e come storico, è stato insignito, su mia proposta, dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’Argento dei “Benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte”. Malgrado gli acciacchi è rimasto sempre sulla breccia e abbiamo continuato a leggerlo su “Calabria Letteraria” e sul mensile “L’Eco del Chiaro” del quale, il fiore all’occhiello, sono stati i suoi articoli di fondo, sempre pronti a risvegliare le menti dei giovani in ricordo di un passato, fatto sì di sacrifici, ma anche di febbrile e splendida attività artistica, di quando l’essere prevaleva sull’avere e la vera amicizia legava gli uomini a fondamento della quale c’erano le virtù basilari della vita civile e sociale.
INOSTRISERVIZI
RIVIERA
di Antonio Calabrò
Alba a Roccella Il chiarore s’irradia dalle dita dipinte di rosa, sosteneva Omero, e poi il Carro del Sole emerge nel cielo. Era stato in vacanza a Roccella, regno delle albe solenni, il mare che lascia sfuggire il sole e i profumi, la nostalgia inquieta della storia, la presenza silente degli Olimpici e d’antichi eroi come una fantasia benedetta e come sicurezza ancestrale, ed il giorno che giunge ottimo por poetare d’Ulisse e i suoi ladroni.
Il vescovo benedice i bambini di San Luca Il vescovo della diocesi di Locri Gerace, sue Eccellenza Monsignor Francesco Oliva, durante una funzione che ha tenuto a San Luca durante la settimana. La sua benedizione ai bambini del centro abitato ricorda quale bene prezioso essi siano per ogni comunità.
mento rese a coli riavvicina Tecniche d oliti e Giovanni Calab i. L’inizio di m cr Lo Pino Mam el del comune di logo, speloquio in qu collaborazione è il dia ogni buona uesta volta dia frutti! riamo che q
l minile dee ropa ta dell’Euvalentemente fem rno is e u id q S n o o c ri a pre t’Il Alla gazione a eurolonia, San Una deleemocratico di Cau s per respirare ari e D ll Partito arte per Bruxe Gioiosa p pea!
“Labor Locride” si rimette al lavoro! Riprendono le attività del campus estivo dell’associazione “Labor Locride”, centro socio ricreativo per disabili di ogni età e bambini normodotati, con sede a Locri in via Gerace. Nella foto un momento dell’inaugurazione alla presenza del presidente Antonella Caccamo, del vice presidente Angelica Iaconis e delle operatrici.
Meeting Edoardo Il noto attore Edoardo Leo, salito alla ribalta grazie a commedie di successo, concede in quel di Roma una fotografia al nostro ex collaboratore di Riviera Giuseppe Colombo.
Da Martone a Locri, a Roma, a Siderno! Giorgio Calvi, da Martone, è finito a Locri a fare il dentista, ma doveva arrivare fino a Roma per incontrare l’imprenditore Ferreri di Siderno!
Frigideur “Never Alone” Quel famoso frigorifero insiste nel suo “standing” sul marciapiede. Almeno, però, non è più “alone”, visto che gli fa compagnia una porta a vetri!
Macagnino senza biglietto Eh, sì, questa volta il Calabrò controllore l’ha beccato in flagranza di reato e non può esimersi dal fargli una bella multa! Fuori il portafoglio!
L’unione fa la forza Il comitato rionale Sbarre e l’associazione “Gli amici della Pichetta“, uniscono i loro sforzi nel tentativo di fare pulizia nell’area del minigolf di Siderno. Quando fatto seriamente, l’associazionismo può funzionare!
SETTIMANALE
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DOMENICA 21 GIUGNO 23
a poetica L’anima nera e l’anim o Criaco viene hin cca Gio re Lo scritto nia di Antonio ag mp co in o immortalat di Riviera e eta po nte Calabrò, aspira e di nostre cin de autore di decine e “Cartoline”…
Campeggiatori d’altri tempi Luigi Errigo, detto “Ragioniere”, Luca Avellis e Giò Oppedisano, oggi professionisti sparsi per il globo, una volta adoravano riunirsi per scampagnate all’aria aperta. Ultimi ritocchi alla ciclabile La pista ciclabile che si snoda lungo la Valle del Torbido è ormai un’opera che può considerarsi compiuta. Anche se mancano gli ultimi ritocchi, il percorso è pienamente fruibile e permette di godere di uno splendido panorama mentre si conduce una bella attività fisica. Aspettiamo solo l’inaugurazione ufficiale!
I ragazzi del muretto di Portigliola È bellissimo vedere che, nei paesi del nostro entroterra, ancora si vedono delegazioni di giovani uomini che si riuniscono nei caldi pomeriggi d’estate!
Due Panetta a lume di candela Il leader di Fattore Comune Mimmo e la portavoce PD Barbara, accomunati da un unico cognome.
le Lumiére Siderno come la VilCorso della Repubblica di Da qualche giorno, ritmo di blues, grazie alla Siderno si anima a ro indianello che, anziché presenza di un pove chiedendo l’elemosina, la limitarsi a disturbareun magnifico sax. Che si ottiene suonando chiami anche lui Bill?
Due neoeletti in rodaggio I due neosindaci di Bianco (Aldo Canturi) e Samo (Giovanbattista Bruzzaniti), si rimboccano le maniche pronti ad affrontare i problemi dei rispettivi paesi. Un breve periodo di rodaggio prima di governare sotto la spada di Damocle più inquietante: il giudizio dei cittadini che li hanno eletti. Bianco ha scelto la politica al commissarioamento, Samo vuole uscire dall’isolamento. Le scelte dei due saranno vincenti? Noi crediamo di sì!
Bonelli e il placet di Mattarella Massimo Bonelli, il direttore artistico del grande evento di questa sera, La Festa della Musica, ha incontrato in settimana il presidente della Repubblica Mattarella. Non c’è modo migliore di darsi la carica!