Riviera n° 27 del 02/07/2017

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CONTROCOPERTINA

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Durante l’inaugurazione dell’Hotel Fontanella, a Moschetta, ha preso la parola il vicepresidente della Regione Calabria Antonio Viscomi, come sempre molto incisivo nei propri interventi. Il suo discorso, infatti, non si è semplicemente concentrato sul successo della famiglia Simone, che ha aperto la bellissima struttura, ma sul senso di comunità che ha spinto tanta gente a partecipare alla giornata di festa, e che potrà e anzi dovrà essere alla base della rinascita della nostra Regione.

società

Viscomi

«Il senso di Comunità salverà la Locride» Viscomi ha affermato di partecipare con felicità all’inaugurazione per tre motivi: perché l’Hotel Fontanella crea occupazione, è la concretizzazione di fondi pubblici e il primo passo verso la riscoperta della nostra identità.

JACOPO GIUCA Nel tardo pomeriggio di sabato 24 giugno è stato inaugurato, a Moschetta, il Fontanella Hotel, una struttura ricettiva che, adiacente al Museo Archeologico Nazionale e al Parco Archeologico di Locri, si presenta come un nuovo punto di riferimento per coloro che desiderano trascorrere le vacanze nel nostro bellissimo comprensorio. All’evento erano presenti non solo molte autorità, tra cui il sindaco di Locri Giovanni Calabrese, il capogruppo PD in consiglio regionale Sebi Romeo e il vicepresidente della Regione Calabria Antonio Viscomi, ma anche una nutrita folla di cittadini. Proprio prendendo spunto dalla folla radunata dinanzi all’ingresso dell’albergo, Viscomi ha preso la parola dicendosi felice di essere padrino dell’evento. «Sono felice non solo l’inaugurazione della struttura - ha affermato il vicepresidente della Regione - ma perché vedo nella folla accorsa questa sera un grande senso di una comunità». Come già affermato in altri discorsi istituzioni, Viscomi ha ribadito anche in questa occasione che il problema della nostra regione e l’assenza di senso di comunità, motivo per il quale la buona riuscita dell’inaugurazione,

ha affermato, l’ha reso felice per tre motivi. «Anzittutto - ha affermato Viscomi perché, in qualità di figlio di un falegname capisco cosa implichi realizzare qualcosa per libera iniziativa privata. Nella nostra Regione, infatti, non sono le istituzioni, le leggi o i sussidi a creare occupazione, ma l’impresa. Per questa ragione la capacità di fare impresa non significa imparare a fare una cosa qualunque, ma essere presenti sul territorio e niente può farlo meglio di questo albergo. La struttura ricettiva, infatti, è in grado di unire natura e cultura, le due cose che ci hanno diviso tra noi e con il resto del mondo per decenni e che dobbiamo recuperare per poter ritrovare questa unità perduta. «Il secondo motivo che mi rende felice è vedere concretizzati in mattone soldi pubblici, cosa che nella nostra Regione spesso non capita facendomi alzare dal letto quasi tutte le mattine con l’impressione che ogni sforzo per cambiare le cose sia vano. «Terzo motivo di felicità, il più importante, è la consapevolezza che la nutrita presenza di oggi è il primo passo verso il raggiungimento di un obiettivo importante: riscoprire la nostra identità. Moschetta è una frazione di circa 1.000 abitanti, perfetto esempio che di

come il nostro territorio non sia composto da città con un centro storico e una periferia, ma un sistema policentrico nel quale è necessario riscoprire quali elementi della nostra identità e della nostra cultura possiamo offrire al mondo come elementi innovativi, belli e significativi. In Regione si fanno spesso riunioni che elencano le nostre bellezze, ma raramente riusciamo a far emergere come catturare le persone. In qualunque libro di economia c’è scritto che la sana competizione non avviene mai tra due imprese, ma tra i territori, affermazione che implica la necessità di cambiare logica nel nostro agire. «Ahimè ognuno di noi pensa di avere ragione su ogni cosa, di essere al centro del mondo, di essere indispensabile all’esistenza, ma non è così. Dobbiamo cominciare a fare gioco di squadra, lavorare insieme sulle cose. La Locride è un territorio magnifico, ma da un punto di vista urbanistico non saprei distinguere dove si trovi il confine tra Locri e Siderno, Gerace e Antonimina. Come si può allora continuare a lavorare facendo questo genere di distinzioni burocratiche e amministrative? Quello su cui dobbiamo iniziare a ragionare è come ristrutturare il sistema amministrativo per promuovere il territorio e la sua cre-

scita. In Calabria ci sono 409 comuni, anzi 405, perché alcuni centri della Presila hanno deciso di unirsi, Rossano e Corigliano voteranno a fine anno per conseguire lo stesso obiettivo e tanti altri stanno pensando a come sistemare l’assetto amministrativo per competere in un contesto di globalità complessa. Dobbiamo ragionare su come realizzare la struttura amministrativa in grado di farci competere veramente sul mercato, nella consapevolezza che essa è l’unione, che la forma di imprenditorialità in grado di farci risollevare la testa e la rete e quella culturale è che siamo comunità. «La vostra dimostrazione di essere comunità questa sera è un punto di partenza - ha affermato in conclusione il vicepresidente della Regione - Uso il termine “comunità”, ma se fossi un economista direi “capitale sociale”, l’unico in grado di far funzionare le cose. Essere una comunità significa percepire il successo di questo albergo non come il successo di una famiglia ma di tutti, così come la sconfitta non deve essere percepita come quella del singolo ma come quella di tutta la comunità. «Riuscendo a essere comunità faremo un primo passo per cambiare davvero le sorti di questa Regione».


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ATTUALITÀ

Estate nella Locride

dare seguito alla campagna pubblicitaria che il Paese ha fatto all’estero per incrementare gli introiti turistici presentando strutture ricettive consone agli standard europei, mentre il Presidente dell’Assocomuni Rosario Rocca ha sottolineato l’importanza della coesione tra amministrazioni e operatori turistici per affrontare le principali problematiche che affliggono oggi il settore nel nostro comprensorio. Per raggiungere questo obiettivo con maggiore semplicità, Rocca ha invitato i colleghi a utilizzare al meglio il Tavolo permanente di confronto già attivo a Locri, mentre l’Amministratore Unico del Porto delle Grazie Giorgio Sotira si è detto disponibile ad aderire a qualunque proposta possa migliorare l’offerta turistica comprensoriale.

Non tutta Reggio è da copertina Al di là dei confini del centro bello e gentile, c’è una periferia brutta e cattiva, una periferia fatta di discariche a cielo aperto, strade dissestate, degrado generale e, soprattutto, una reiterata inciviltà di una pigra cittadinanza.

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GIUDIZIARIA

Il CST a confronto con i sindaci per il Calendario Unico degli eventi Mercoledì pomeriggio, al Porto delle Grazie, il Centro Servizi Turistici, presieduto da Annamaria Crupi, ha incontrato il Comitato dei Sindaci della Locride per sensibilizzare i primi cittadini sulla necessità di presentare ai turisti un territorio pulito e ordinato e organizzare il sempre più necessario Calendario Unico delle Manifestazioni dell’estate locridea. Durante l’incontro gli assessori al turismo, i presidenti delle Pro Loco e i rappresentanti delle organizzazioni turistico-culturali sono stati invitati dal Presidente del consorzio Pro Loco Agostino Santacroce a comunicare le date dei principali eventi di ogni paese per evitare il loro accavallamento. Il Presidente di Jonica Holiday Maurizio Baggetta ha sottolineato la necessità di

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Chi ha avuto modo di passeggiare sulle vie del centro storico di Reggio Calabria ha potuto, sin da subito, notare un armonioso ordine e una pulizia, tutto sommato, al di sopra degli standard degli ultimi anni. Le quadrate viuzze del centro storico reggino compongono un quadretto da vera città turistica, con il giusto mix tra verde, spazi aperti e viabilità. La mano dell’ultima amministrazione, in tal senso, è tangibile e negare l’evidenza sarebbe sintomo di un’ingiustificata quanto insondabile presunzione. Ma Reggio non è solo il centro storico, Reggio non è solo il suo splendido lungomare, Reggio non è solo le millenarie chiese incastonate nel liberty anni ’10. Reggio è anche – e soprattutto – la più grande città della Calabria, con una conurbazione che nulla ha da invidiare, in quanto a grandezza, alle grandi metropoli italiane. La “Grande Reggio”, nella visione urbanistica dei primi anni ’20, si estende da Catona, quartiere limitrofo al comune di Villa San Giovanni, fino a Bocale, coprendo un’immensa area, compresi i borghi aspromontani, di 239 km quadrati. Al di là dei confini del

centro bello e gentile, c’è una periferia brutta e cattiva, una periferia fatta di discariche a cielo aperto, strade dissestate, degrado generale e, soprattutto, una reiterata inciviltà di una pigra cittadinanza. Dai pressi di Santa Caterina, percorrendo il viale Europa, l’area circostante l’Ospedale Morelli, la zona del viale Aldo Moro, della zona industriale di Via Padova, fino alle adiacenze dell’Aeroporto Tito Minniti, il quadro che emerge è un quadro di degrado esagerato, un disordine che rende la periferia reggina come la seconda faccia di una città che, nei suoi centrali confini, appare lussureggiante. Ancora una volta, pare trionfi la politica efficiente solo laddove serva, oppure solo laddove altri possano vedere, perché il turismo, per dire, non arriva certamente nel quartiere Gebbione. Tra una buca nell’asfalto e una pubblica illuminazione spenta, è possibile imbattersi in piccole discariche – come quella che si vede in foto –, le quali aumentano giorno dopo giorno sebbene le nuove politiche comunali di smaltimento rifiuti, all’avanguardia sì, ma con qualche limite, evidentemente. La Reggio periferica si pre-

senta come una creatura anarchica, diversa dalla Reggio che vediamo a pochi passi dal Museo Archeologico Nazionale. La Reggio della periferia è stata sedotta, riempita di doni in campagna elettorale, per poi essere abbandonata al suo mesto destino. La politica degli ultimi tre anni ha indubbiamente, seppur con qualche limite, smosso uno stallo che andava avanti da anni, tuttavia pecca ancora nella cura del fondamentale, nella cura della qualità della vita dei suoi cittadini. Vedere nutriti quartieri periferici della città affogare nella spazzatura, nel degrado urbanistico, è segno che qualcosa di più può essere fatta, perché se è vero che un libro si giudica dalla copertina, è anche vero che, leggendolo, ci si accorga facilmente quanto questo possa essere sgradevole. Basta metter il naso al di là delle due fiumare cittadine, per capirlo. Non tutti, a Reggio Calabria, sono tipi da copertina. L’apparenza è bella se è l’anticamera di un progetto serio e completo. L’apparenza fine a se stessa è solo l’anticamera del fallimento. Antonio Cormaci

L’evoluzione della ’ndrangheta da “alveare” a “piramidale” A partire dai riferimenti all’unitarietà della ‘ndrangheta individuati nelle sentenze che ormai fanno parte del notorio giudiziario, da quella del 1970 sul summit di Montalto alle sentenze delle operazioni denominate “Bellu Lavuru” ed “Armonia” sino alle sentenze “Olimpia”, ai più recenti approdi raggiunti con il maxiprocesso “Il Crimine”, si sottolinea come, nonostante la stabilità della suddivisione orizzontale delle famiglie di ‘ndrangheta, i vertici di tale struttura cellulare hanno progressivamente riconosciuto l’esigenza di regolamentazione dei rapporti reciproci e di coordinamento dei rispettivi interessi, facendo ricorso, dapprima, a strutture temporanee quali la convocazione di tribunali di mafia, “summit”, convocazioni rituali dei vertici delle cellule ‘ndranghetiste, e via via preso atto della indispensabilità della creazione di organismi stabili costituiti da cerchie ristrette di coordinamento e di indirizzo per superiori esigenze di coordinamento e regolamentazione. Le indagini che hanno portato ai procedimenti “Olimpia” hanno individuato una ’ndrangheta quale struttura organizzata in maniera frazionata ed autonoma, con una configurazione c.d. “ad alveare”, in cui ciascuna cosca o locale era sovrana sul suo territorio e stringeva con le altre, alleanze che non indebolivano, ma anzi consacravano l’indipendenza di ciascun organismo criminale, in assenza di una struttura sovraordinata chiamata a gestire unitariamente gli interessi dell’associazione complessivamente intesa. Ma gli esiti dei più recenti, principali procedimenti avviati dai magistrati inquirenti reggini, hanno portato ad una “decisa rivisitazione” di quelle conclusioni e, quindi, dei criteri e parametri probatori con cui confrontarsi. hanno consentito di approfondire in maniera esaustiva “la questione fondamentale dell’unitarietà dell’organizzazione” (cfr. relazione n. 2/10, redatta il 23.2.2010 dalla Suprema Corte di Cassazione a commento del d.l. n. 4/2010) e di affermare con certezza quello che si era solo intuito nelle sentenze pronunciate negli anni passati: la ndrangheta è un’organizzazione unitaria, divisa in tre distinti mandamenti (tirrenico, di Reggio Centro e jonico), facenti capo ad un organismo di vertice, denominato la “Provincia”, che ha il compito di coordinare l’attività dei vari locali e di dirimerne le controversie. Le “cariche della Provincia” (Capo-Crimine, CapoSocietà, Contabile, Mastro Generale, Mastro di Giornata) hanno durata temporanea e vengono conferite a vari esponenti appartenenti ai tre mandamenti nel mese di Settembre, in occasione della festa per la Madonna di Polsi. L’organo collegiale di vertice dell’associazione denominata ‘ndrangheta (“la Provincia”) coordina non solo l’attività dei locali operanti in Calabria, ma anche quella delle articolazioni territoriali che hanno sede in altre regioni italiane o addirittura all’estero. Dal territorio calabrese, la ‘ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del centro-Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. L’infiltrazione e la penetrazione in questi mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di strutture ‘ndranghetiste in continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la casa madre reggina. L’efficacia della ricostruzione operata nell’ambito delle operazioni Crimine e Infinito al fine di descrivere la ndrangheta quale organizzazione unitaria e gerarchica, e dunque caratterizzata da un processo evolutivo di tipo piramidale, è stata riconosciuta da numerosi provvedimenti cautelari e sentenze, alcune delle quali già definitive.



EMERGENZA AMBIENTALE

Tabella A. i il b a m m ia f In e Sostanz

Ex Bp

Vietat MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

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e ho sentite e lette tante questa settimana. E buona parte avrei voluto non sentirle, nè leggerle, nè pensare che siano state anche solo lontanamente pensate. Dobbiamo creare le condizioni ideali affinchè partecipare a una manifestazione per la difesa della salute, dell’ambiente e del futuro: a) non ci provochi bruschi abbassamenti di pressione per via dell’ora calda in cui è stata programmata; b) sia abbastanza “allettante” da rinunciare a infradito, mare e sole per due ore al massimo; c) non significhi dimenticare che dietro vi siano delle verità non dette che nascondano responsabili intoccabili che in tempi sospetti vennero protetti da qualcuno; d) non sia una mossa strategica della politica per mettere in ombra problemi ben più gravi. Scendere in piazza semplicemente per salvarsi non basta. Non è sufficientemente valido. Bisogna fare opera di persuasione perchè c’è chi non è sensibile a queste tematiche. E poi, altra incombenza imprescindibile, bisogna capire su chi puntare il dito. Stanare i colpevoli. Così facendo si dà solo l’opportunità a questioni cosmetiche di gettare fumo su quelle cosmiche. È così che agisce il fanatismo anticonformista cieco e ad oltranza. Che va isolato, tenuto alla larga. Anche perchè arriva tardi: lo sapevamo già che ci sono responsabili rimasti nell’ombra e senza aver bisogno di dircelo. Le briciole di chi ha mangiato a discapito della salute dei cittadini sono lì palesemente colpevoli. Ci è sembrato ridicolo gridare la crociata addosso a qualcuno, rimettendo per l’ennesima volta sottosopra le carte per qualcosa che si è già consumato, che è una ripetizione all’infinito e senza soluzione. Effimera, identica, monotona e per cui è già stato perso troppo tempo e con cui non si è riuscito a fare troppo rumore: l’acqua della doccia ha spruzzato lo specchio, la saponetta ha colpito il bordo del lavabo ma alla fine ha concluso il suo atterraggio su un tappeto di gomma. Se la politica locale sta mettendo in atto una strate-

gia per distrarre da altro, poco importa adesso. Intanto sfruttiamo l’occasione, ora che ce l’abbiamo dalla nostra parte; dopo provvederemo a smascherarla, se ci sarà da smascherare, e a risolvere gli altri problemi, se ci sarà da risolverli. Rivangando il passato non si vince nè battaglia, nè guerra. Quello su cui bisogna concentrarsi adesso è che - come riportato nella relazione dell’ASP di Reggio Calabria (non da giornalisti allarmisti e in cerca di visibilità) in seguito al sopralluogo ispettivo igienico sanitario - ci sono delle sostanze pericolose contenute in dei fusti completamente deteriorati che, se malauguratamente finissero intrappolate tra le fiamme che potrebbe divampare all’improvviso, vista la presenza di sterpaglie nell’area e le alte temperature estive, provocherebbero ingenti danni per salute e ambiente. Dalle analisi chimiche è emerso che le sostanze contenute nei fusti appartengono alla categoria degli intermedi organici per l’industria farmaceutica: sono altamente tossiche e presentano caratteristiche di forte emanazione di gas nocivi (nella tabella A vengono riportate le sostanze infiammabili riscontrate, mentre nella tabella B le sostanze cancerogene). A questo bisogna aggiungere che il capannone e la tettoia dove sono stoccati i fusti hanno una copertura in eternit in completo stato di abbandono, e nel piazzale esterno c’è una lasagna multistrato di cemento-amianto. La bonifica dell’intera area necessita l’utilizzo di metodiche particolari e mezzi tecnici adeguati, primo tra tutti uno scrubber con camera depressurizzata in grado di aspirare, durante le fasi della movimentazione dei contenitori, tutti i gas che eventualmente dovessero fuoriuscire. Il costo stimato per la bonifica si aggira intorno a un milione di euro. Se il 18 luglio rinunceremo a infradito e polemiche e scenderemo in piazza semplicemente per salvarci, dai piani alti potrebbero avvertire lo “scruscio” e autorizzare in tempi rapidi la bonifica. Serve una scarica adrenalinica di indignazione contro l’assalto al paesaggio e alla salute. La politica, parte della cittadinanza e il giornalismo che quando avrebbero dovuto non denunciarono hanno fallito, questo lo sappiamo e lo risappiamo. Adesso dovremmo fare in modo di non fallire anche noi.


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Siderno: L’8 luglio tutti in piazza per disinnescare una “bomba ecologica” Il conto alla rovescia è iniziato. L’8 luglio Siderno scenderà in piazza per salvarsi. Istituzioni, associazioni, comitati, movimenti, partiti e stampa non mancheranno alla manifestazione indetta dal sindaco di Siderno Pietro Fuda. Ma è di estrema importanza che l’intera comunità della Locride manifesti al loro fianco in difesa della propria salute e del proprio futuro. L’area della ex BP di Siderno nasconde una “bomba ecologica” che va disinnescata al più presto: 900 tonnellate di prodotti chimici si stanno rapidamente disperdendo con enorme danno per l’ambiente e per la salute dei cittadini. Tutti abbiamo diritto a un ambiente salubre e alla tutela della salute. La grande preoccupazione tra le famiglie per la presenza di patologie tumorali che si registra nel nostro territorio non può lasciarci indifferen-

ti. Tutti dobbiamo essere attori consapevoli della vita e del futuro dei nostri parenti e concittadini. È necessario che questo inferno venga rimosso al più presto! Vogliamo che la Regione Calabria, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero della Salute intervengano e assumano i dovuti provvedimenti per la bonifica immediata dei siti inquinati. Ma affinché le nostre richieste vengano ascoltate e accolte serve la voce di tutti. Il corteo “Siderno salvati!” partirà alle ore 11:00 da Piazza Municipio e si dirigerà verso Piazza Portosalvo dove seguiranno interventi che illustreranno in breve i pericoli che i cittadini di Siderno e della Locride devono assolutamente scongiurare.

ato fallire Tabella b. e n e g o r e c n a c e z n Sosta


ATTUALITÀ

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A Marina di Gioiosa vogliono abbattere un pezzo di storia Ha visto baci di giovani innamorati, ha assistito ai loro litigi, alle loro promesse. La pensilina dell'Hotel Miramare è il simbolo della movida di Marina di Gioiosa e non solo. Lunedì scorso il responsabile del settore Tutela dell'Ambiente e del Territorio del Comune di Marina di Gioiosa ha ordinato la sua demolizione, entro 90 giorni. L'immobile, infatti, occuperebbe abusivamente un'area demaniale marittima di 439 mq. In particolare, si fa riferimento all'area di 70 mq, oggi destinata a deposito, a due elevazioni, un tempo ricevitoria e gioco del lotto; all'area di 121 mq a due elevazioni attualmente destinata a bar; all'area di 240 mq di un fabbricato sopraelevato alla sottostante strada del lungomare destinato a pista da ballo e sala ristorante; all'area di 8 mq consistente in un'appendi-

ce alla suddetta struttura sopraelevata. L'ordinanza arriva dopo alcuni accertamenti della Guardia Costiera di Siderno, che ha stabilito l'assenza di concessioni demaniali per l'occupazione delle aree suddette. Una vertigine. Una brusca realtà per i gioiosani. In quella terrazza sul mare, una balera sotto le stelle almeno fino ai primi anni '80, hanno fatto tappa artisti del calibro di Mina, Rita Pavone, Caterina Caselli, Little Tony, Mino Reitano e tantissime coppie hanno brindato al giorno più bello della loro vita. Era il locale "in" di quella che è stata la Bella Epoque di Marina di Gioiosa: nei mitici anni Settanta ha visto i giovani della Locride scatenarsi al ritmo degli indimenticabili twist e rock and roll. Erano quelli gli anni del boom della musica leggera, nazionale o di impor-

tazione, con brani che segnavano lo scorrere delle stagioni con la classica canzone invernale legata al Festival di Sanremo e con i successi estivi che uscivano dal "Cantagiro" o da "Un disco per l'estate". Il Miramare di Marina di Gioiosa non mancò a quel fiorire di balli che iniziarono a tenere banco nelle classiche feste in alternativa al ballo del mattone. Il Miramare era la tappa obbligata del divertimento da Catanzaro a Reggio Calabria. Negli anni '80 perse parte della sua magia quando si decise di coprire la suggestiva terrazza sul mare così da rendere possibili le feste anche nelle serate di pioggia. Ma nonostante quell'antiestetico intervento il Miramare ha continuato ad essere parte integrante dello skyline di Marina di Gioiosa e a segnarne la storia.

Inchiesta Consip: è di Locri l’avvocato difensore di Woodcock Riparte la sfida Maracujia - Le Club e l’estate si fa subito bollente Esplode l’estate e, come di consueto, si rinnova lo scontro tra Maracuja e Le Club. Questa volta la contesa è partita sui social network e ha visto protagonisti Mario Spataro Francesco Barbaro. Alla gioia del primo per il raggiungimento dei 2.000 “Mi piace” sulla pagina Facebook del Maracujia, infatti, Barbaro ha risposto giovedì con una diretta Instagram (che scompare dopo 24 ore) nella quale faceva i complimenti allo staff del locale di Caulonia ma, sottolineando di essere stato parte di quello staff fino a pochi mesi fa, ricorda che parte del merito di questo successo è da ascrivere anche a lui. A suo volta Spataro ha risposto con due brevi dirette Instagram, nelle quali, lanciando gli hashtag #lafamiglianonsiinfama e #cicciobtornaconnoi, ha ribadito scherzosamente di non sputare nel piatto in cui ha mangiato fino a poco fa e, sottolineando che manca a tutti i suoi ex colleghi, lo ha invitato a tornare con loro.

Henry John Woodcock, il magistrato napoletano indagato per violazione di segreto d’ufficio dopo che aveva smascherato il Giglio magico dell’ex premier Matteo Renzi durante l’inchiesta Consip dal penalista Bruno Larosa, tra i più importanti del foro napoletano. Larosa, nato a Locri da una famiglia originaria di Antonimina, è figlio di uno stimato veterinario oggi purtroppo scomparso, mentre la mamma vive ancora nella Locride. Quello di Larosa non è un nome qualunque nell'ambiente: è stato allievo di Franco Coppi, già avvocato dell'ex premier Silvio Berlusconi e ora difensore di Luca Lotti, ministro per lo Sport, in un altro filone dell'inchiesta Consip, quello sulla fuga di notizie e, insieme al suo maestro ha difeso anche Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti, nel processo del Mose di Venezia.

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Da Casignana : a Sarabanda

Zizì

vince il programma di Enrico Papi Fabrizio Micò, speaker radiofonico originario di Casignana, vince Sarabanda 2017, a Zizi la coppa dello show di Enrico Papi. L'operazione nostalgia di Sarabanda 2017 si è conclusa dopo tre puntate, in un'accesa finale che ha visto la vittoria di Fabrizio Micò, detto Zizi. I finalisti delle due precedenti serate, Luca Diomedi e Micò, si sono scontrati con il vincitore di questa puntata, il mitico Coccinella. A sorpresa, quest'ultimo è stato eliminato e il 7X30 finale ha visto scontrarsi i due sfidanti della nuova edizione. Nel 7X30 finale, abbiamo visto Luca/Shazam e Fabrizio/Zizi, che già avevano dimostrato le loro doti vincendo le prime due puntate. Lo scontro è stato al cardiopalma, con tutte e sette le risposte indovinate dai due campioni. La coppia si è infine sfidata allo spareggione, con cinque brani a testa. Alla fine, a ricevere la coppa è stato Zizi: "Questa è una rivincita, voglio dire ai ragazzi a casa: non arrendetevi mai". A lui l’abbraccio di tutta la comunità locridea e i complimento del sindaco di Casignana Vito Antonio Crinò.



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Annunciato come risolutivo, l’incontro tra sindaci della Locride e Giacomino Brancati, organizzato con entusiasmo da Rosario Rocca, si è rivelato una catastrofe. L’indolenza e gli insulti velati riservati dal Direttore Generale dell’ASP alla platea della Locride hanno fatto andare su tutte le furie più di un astante, dimostrando che le sorti dell’Ospedale di Locri stanno a cuore solo a chi è costretto a ricoverarvisi.

sanità

JACOPO GIUCA vertici dell’Assocomuni lo avevano annunciato non nascondendo la speranza che potesse rivelarsi risolutivo, invece l’incontro tra sindaci della Locride e il Direttore Generale dell’ASP di Reggio Calabria Giacomino Brancati si è rivelato un conflitto in grado di far saltare più di una coronaria. Oggetto del contendere, anzitutto, l’atteggiamento tenuto da Brancati, che si è presentato con un’ora di ritardo a un appuntamento che era stato programmato con largo anticipo per le 17, quindi le sue dichiarazioni così generiche da risultare quasi inappropriate. Dribblando del tutto l’argomento del giorno (le criticità dell’Ospedale di Locri) il DG si è soffermato solo sul suo difficile compito di riportare alla normalità un’ASP che, stando alle dichiarazioni rilascia-

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te, negli anni ha costituito un vero e proprio “buco nero” per la sanità calabrese, e si sarebbe addirittura offeso quando il segretario provinciale della UIL, Nuccio Azzarà, gli ha fatto notare di non aver compreso quali interventi ha deciso di approntare per salvaguardare la salute dei locridei. Ultimo ad arrivare, Brancati avrebbe voluto essere il primo ad andarsene tra lo strepito e i fischi di una folla accorsa nella Sala Consiglio del Comune di Locri per ascoltare parole di speranza ma, in ultima analisi, insultata dal manager (“Se non mi avete capito si vede che il livello è questo”). Solo l’insorgere del sindaco padrone di casa Giovanni Calabrese, poi tacciato di essere il “cialtrone che ha organizzato questa imboscata”, ha impedito al commissario di levare le tende dando a Seby Romeo e a un piccolo gruppo di sindaci l’assist per convincerlo a rimanere. A partire da quel momento, a ren-

solo Giacomino si è permesso di non dare risposta a esigenze che dovrebbero essere garantite dall’articolo 32 della Costituzione Italiana, ma si è addirittura prodigato a sottolineare come non ritenesse la platea degna di essere presa in considerazione, prendendo per i fondelli, di fatto, non soltanto i sindaci impegnatisi a organizzare l’incontro, ma tutti i residenti del comprensorio. Novello Pilato, Brancati si è lavato le mani dei nostri problemi lasciando trapelare un insofferente “arrangiatevi” che ha lasciato così shoccato il presidente del Comitato dei sindaci Rosario Rocca da impedirgli di avere una reazione immediata dinanzi allo scontro che stava avendo luogo dinanzi ai suoi occhi. Inutile affermare, a questo punto, che facciamo nostri gli appelli che Giovanni Calabrese, 24 ore dopo lo scontro, ha rivolto a mente fredda al Ministro della salute Lorenzin e al governatore della Calabria Mario Oliverio, ai quali è

essenziale e per il quale la cittadinanza onesta continua a pagare le tasse, viene ciclicamente affidato a persone che danno l’impressione che il settore sia solo una gallina dalle uova d’oro per la quale vale la pena lucrare sulla vita di gente “il cui livello è questo”. Per tali ragioni ci troviamo in accordo con la nota stampa diffusa giovedì dal Segretario Territoriale di FSI Emanuela Barbuto solo in minima parte: se è infatti vero che la politica (quella regionale e nazionale) si sarebbe dovuta muovere più tempestivamente per salvaguardare il diritto alla salute, non ci troviamo d’accordo nel definire l’attacco a Brancati strumentale, considerata l’oggettiva indolenza con la quale ha programmato gli interventi a tutela di una sanità che, a quest’ora, doveva essere bella che sanata, a maggior ragione se prendiamo per buone le dichiarazioni rilasciate al “Quotidiano del Sud” dal parlamentare PD Demetrio Battaglia, che sostiene che all’Azienda

Ci vogliono

Casus belli l’intervento di Azzarà, che ha affermato di non aver capito quali interventi Brancati avrebbe approntato per l’Ospedale. Secco il DG: “Se non avete capito si vede che il livello è questo”.

morti! dere pan per focaccia al DG ci ha pensato il vescovo Francesco Oliva che, dopo aver esplicitato come le dichiarazioni di Brancati non fossero state in alcun modo esaustive, gli ha fatto capire di considerarlo niente più di un tramite per consegnare la richiesta d’aiuto dei cittadini a chi di dovere, pregandolo al contempo di mettere da parte le diatribe istituzionali nell’interesse del popolo, giustamente deluso dal trattamento che gli viene riservato. All’esito del match, i primi cittadini hanno stabilito in piena autonomia di recarsi in Prefettura a Reggio Calabria il prossimo 4 luglio per invocare a gran voce la riattivazione del Tavolo Tecnico Sanità Locride, rimarcando anch’essi l’inutilità della presenza in aula di Brancati. Resta il fatto che, dal confronto, ne siamo usciti “cornuti e bastonati”, considerato che non

stato chiesto rispettivamente il commissariamento dell’ospedale (richiesta che condividiamo non per favore nei confronti del commissariamento in sé, che consideriamo sempre dannoso, ma perché le competenze nella sua gestione sono sempre state nebulose) e la rimozione dell’immobile Brancati dal proprio incarico. Il succedersi di commissari straordinari senza obiettivi di medio periodo cui Brancati ha imputato le difficoltà dell’ASP Reggina, infatti, si conferma anche con la sua presenza, rendendo l’immobilismo sanitario del nostro comprensorio una questione più politica che sociale. Nonostante anni di battaglie, manifestazioni, tavoli tecnici e interventi urgenti per riportare la situazione alla normalità, siamo ancora al punto di partenza e il funzionamento di un servizio che dovrebbe essere considerato

Sanitaria, negli ultimi anni, sarebbero arrivati 252 milioni per sanare il debito che l’affligge, ma ne sarebbero stati usati all’incirca 35. Come ha giustamente affermato Rocca in apertura dell’incontro di lunedì pomeriggio «Siamo stanchi di ascoltare promesse. Pretendiamo risposte concrete e certe anche nella tempistica degli interventi». Ecco, dare la possibilità ai nostri sindaci di aiutarci a uscire dal pantano e accogliere le istanze di Giovanni Calabrese sarebbe un buon punto di partenza. Altrimenti (se anche ci riservavamo il lusso di sperare ancora) sarà definitivamente palese che le istituzioni vogliono la Locride morta. Letteralmente. Almeno ci venisse spiegato il perché di tanto odio…



LA COPERTINA

MARIA Nonostante la nostra terra possa vantare eccellenze invidiate in tutto il mondo la calabria non decolla. E dare la responsabilità solo alla ‘ndrangheta sarebbe riduttivo

C’è un n ai cala Si chiam potrebb incredib

LIBERA

eleonora aragona

vere la materia prima e le condizioni non basta, nella vita ci vuole mestiere. La Calabria ha dimostrato questo principio in così tante situazioni che lo ha reso una verità. Il chilometro più bello d’Italia con vista sullo Stretto che non decolla. Un porto da far invidia a Genova e Trieste con delle caratteristiche naturali che teoricamente lo metterebbero in competizione con i più grandi del mondo. Ma pratica e teoria differiscono molto spesso in questo profondo Sud. E infatti il porto ristagna come una grande pozzanghera. I giovani che sono costretti a emigrare perché sul territorio mancano opportunità. E così si perdono la passione e la forza. Non si tratta solo dei famigerati cervelli in fuga. Andare all’estero, conoscere altri pezzi di mondo, fare esperienze è quanto ciascuno di noi dovrebbe fare. Deve essere una scelta, però, e non l’unico modo per crearsi un’opportunità di vivere e lavorare con dignità. Perché fare un elenco dei fallimenti della Calabria? Perché troppo spesso è una Regione che si crea grandi aspettative, che si autoelogia per delle caratteristiche uniche al mondo. “Abbiamo il mare e la montagna”. “La soppressata calabrese è unica e invidiata nel mondo”. E la lista è lunga: il caciocavallo di Ciminà, il bergamotto, il suino nero, le spiagge. Ma se ci sono tutte queste eccellenze perché non si decolla. Dare la responsabilità solo alla ‘ndrangheta sarebbe sminuire il problema. È anche una mancanza di mestiere. Tra i più bravi a vittimizzarsi e a lagnarsi, ma poco propensi a mettersi giù e sgomitare per ottenere ciò in cui potrebbero emergere. Non sempre e non tutti. Le generalizzazioni sono semplificazioni che raramente rispecchiano le realtà. I casi citati sopra sono la dimostrazioni che idee e mestiere hanno anche bisogno di supporto e di qualcuno che creda nei progetti. Credere in qualcosa però non è solo pontificare, è lavoro duro, ricerca, finanziamenti e politica. In Calabria manca anche questo. Anche questa può sembrare una lunga pontificazione sul sesso degli angeli. In realtà non lo è. Forse è più un monito. C’è un nuovo progetto che fa gola ai calabresi e alla politica locale. Si chiama marijuana legale e potrebbe essere una risorsa incredibile per una terra depressa. Lo dimostrano i dati. Lo dimostrano esperienze come quella americana e olandese. In Calabria c’è il microclima ideale? Sì, ma l’Olanda produce in serra e lo scorso anno solo in tasse ha prodotto ricavi per 400 milioni di euro solo dai coffee shop sparsi per la nazione. Il mercato della marijuana in Olanda si stima valga 3.2 miliardi di dollari. Le entrate dello Stato del Colorado, secondo territorio americano ad aver legalizzato la marijuana per scopi ricreativi, ha dichiarato di aver incassato in tasse quasi 41 milioni di dollari (dati Ndarc). Il dipartimento dell’economia dello Contea ha registrato una crescita molto rapida dell’economia statale e la disoccupazione è calata. In California, la vera patria americana dell’economia dell’erba, nel 2015 l’industria della cannabis ha prodotto 2 miliardi e 100 milioni di dollari. Nel 2020 si stima che questa cifra arrivi a 6 miliardi e mezzo. Il business delle coltivazioni ha prodotto ricavi per 2,3 miliardi di dollari. Gli impiegati direttamente nella produzione e raccolta delle piante sono stati nel 2015 12.591. Se si considerano, invece, tutti i posti di lavoro a tempo

A

pieno creati dall’economia della legalizzazione sono stati 18.005. Non bisogna immaginare la marijuana solo come la pianta dello sballo. Si commetterebbe un grosso errore. E la Calabria non può permettersi di perdere altre occasioni. Le potenzialità delle coltivazioni di cannabis e delle possibili applicazioni vanno oltre a quelli ricreativi. Sono nati progetti per lo sviluppo del biodisel dalla canapa, come ha fatta la società Extreme biodisel. Con la canapa si può creare carta o si possono produrre vestiti e cosmetici. In Italia la discussione sulla legalizzazione ha ritrovato slancio dopo il caso Easyjoint. Non si tratta della classica erba che viene spacciata, bensì di un prodotto legale e prodotto in laboratorio. Il contenuto di Thc è molto più Delle tre varietà di Cannabis, è quella che raggiunge le dimensioni più imponenti, basso, circa lo 0,6%. È entrata in commercio da poco e alla sua presentazione alla Fiera di Bologna ha fatto oltre ad essere, probabilmente, la più il botto. Ordini esplosi e il sistema paypal della piccopopolare. Sono piante originarie delle la startup produttrici in tilt. Come sempre si alzano le zone più interne dell'Equatore, nei Paesi barricate, sia tra gli “hippies” radicali sia tra i consercompresi tra i 30 gradi nord e 30 gradi vatori. I luoghi comuni e i qualunquismi si sprecano. sud della linea equatoriale. Le foglie delle Leggendo le dichiarazioni la marijuana è il diavolo e piante di Cannabis sativa sono più allun- nello stesso tempo è l’acqua santa. Tra i miti che si gate e filiformi, spesso paragonate a dita. usano per demonizzare o santificare la legalizzazione della marijuana e degli oppiacei leggeri si usano molti argomenti. C’è chi sostiene che aumenteranno i tossici per le strade, chi che ci sarà un’impennata degli incidenti. La legalizzazione delle droghe leggere è veramente il male o con una regolamentazione attenta può diventare una spinta per dei territori? Cosa c’è di meglio dei numeri per cercare di capirlo. Nel 2014 il Colorado è stato il secondo stato in America ad aver legalizzato non solo le droghe per uso medicale, ma anche quelle per scopo ricreativo. Il Dipartimento di Salute pubblica dello Stato ha diffuso nel 2016 uno studio sui cambiamenti avvenuti nella società da quando la marijuana è diventata fruibile senza paura di Normalmente si distingue per le dimensioni conseguenze. In particolare sono state verificate i potenziali danni per la salute. Tra i dati incoraggianti, più contenute e le forme più cespugliose. per la Commissione americana, c’è la tendenziale staQuesta varietà di Cannabis è originaria bilita nel numero di persone che hanno fatto uso di delle zone subtropicali più impervie, in marijuana. La percentuale di adolescenti che ha paesi come Pakistan e Afghanistan. Di dichiarato di far uso di questo tipo di stupefacenti è tutte le varietà di Cannabis esistenti, le risultato in linea con la media nazionale. L’istituto foglie delle piante di Indica si contraddis- nazionale per ù controllo delle droghe sostiene che circa il 9,5% degli americani abbia fumato marijuana tinguono sicuramente per la loro forma, e circa uno su 3 mostra sintomi di dipendenza. Un molto più tozze rispetto alle altre. altro report del British Medical Journal ha evidenziato come almeno il 13,3% degli statunitensi abbia fumato almeno una volta. In Colorado le persone di 18 anni e più che facevano uso mensilmente, giornalmente o con molta frequenza di marijuana sono state meno del 6% prima dell’introduzione della nuova legge. Nel 2015, quindi dopo l’entrata in vigore del nuovo emendamento, la percentuale è salita appena dello 0,3%. Possono sembrare dei dati elevati, stiamo parlando di milioni di persone. Eppure sono molti meno di coloro che hanno bevuto alcolici nello stesso periodo. I bevitori sono stati il 21,8% della popolazione del Colorado e i fumatori il 15%. Sono tre sostanze che possono provocare danni alla salute, perché È entrata in scena solo pochi anni fa, questo è fuori discussione. Anche lo studio del innovando la coltivazione della Cannabis. Dipartimento federale ha mostrato la tendenza a un Cresce in natura nelle regioni climatiche incremento dei casi di ictus e di difficoltà di concentrapiù rigide al mondo, nei paesi situati non zione tra chi ha dipendenza da cannabis. Si tratta di oltre i 50 gradi nord dell'Equatore (tra dati ancora da verificare e da implementare. Bisogna cui Russia e Cina).La caratteristica prin- però tener bene a mente che queste conseguenze cipale della varietà Ruderalis è la propri- dipendono da un abuso prolungato e incontrollato della sostanza. età di fiorire senza essere stimolata

dalla variazione del fotoperiodo.


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nuovo progetto che fa gola bresi e alla politica locale. ma marijuana legale e be essere una risorsa bile per una terra depressa.

ATUTTI

22,1

milioni gli europei che nell’ultimo anno hanno fatto uso di cannabis tra questi

16,6 milioni hanno

15/34 anni In Italia ha fatto uso di cannabis almeno una volta

31,9% 38,6% uomini 25,4% donne Ne ha fatto uso nell’ultimo anno

9,2% 11,9% uomini 6,6% donne Fonte: Relazione europea sulla droga 2016 dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze


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SOCIETÀ

Ciao, gisella

L'ultimo dono di Gisella Costa

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La comunità di Siderno è rimasta sgomenta di fronte all'assurda e prematura scomparsa di Gisella Costa. La donna, ex consigliere comunale, si è spenta domenica scorsa presso gli ospedali Riuniti di Reggio, in cui era stata ricoverata, dopo essere caduta da cavallo. Siderno ha perso una donna in gamba, affabile, di grande e sincera umanità, una mamma stupenda, sempre impegnata nel sociale: Gisella Costa era, infatti, volontaria AIL, l'associazione italiana che promuove e sostiene la ricerca scientifica per la cura delle leucemie, dei linfomi e del mieloma. Chi l'ha conosciuta non può non essere stato contagiato dal suo perenne sorriso e dal suo animo buono, sempre rivolto verso il bene. Gisella Costa ha continuato a compiere gesti di straordinaria umanità anche dopo la sua scomparsa. La donna, infatti, aveva espresso in passato la volontà di donare gli organi e grazie a questa sua lodevole decisione sarà possibile salvare altre vite.

Il letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo – 21 Il 20 giugno è accaduto un evento che i telegiornali non hanno, secondo me, sviluppato adeguatamente. Con molta probabilità si pensa che gli italiani siano più interessati alle vicende di Corona e di Belen. Orbene, il Papa è andato a Barbiana, ad onorare Don Lorenzo Milani. I servizi televisivi e giornalistici non hanno evidenziato ciò che Papa Francesco ha detto. I gesti simbolici, quando compiuti con sincera vicinanza, senza ipocrisie, hanno grande valore e rilevanza. Migliorano e indirizzano il sentire comune. Papa Francesco (com'è sublime chiamare per nome un Papa) è un uomo leale con cui cercare soluzioni sociali. E' un "combattente" a tutto campo, che non si risparmia e non manca di prendere posizioni nette, coerentemente con il suo trascorso di uomo e religioso. Le religioni sono una necessità per molti dei viventi umani terreni, e io rispetto la loro volontà, cercando l'equidistanza. Parto sempre dal presupposto che dentro le svariate categorie sociali, trovo persone piacevoli con cui condividere pensieri, parole e situazioni, al di là delle credenze politiche o di religione. Ho vissuto e vivo amicizie che superano gli steccati dell'appartenenza, della razza e il pensiero contrapposto. Rifiuto la limitata omologazione imposta dalle ideologie e mi approccio al convivere in modo obiettivo e senza farmi teleguidare da questo o quello. Aspiriamo tutti quanti alla innovazione politica e sociale ? Allora andiamo oltre e comportiamoci di conseguenza. Ricordo quando il Preside, allora Professore, Filocamo, un altro “rivoluzionario” come Don Milani, mi aiutò nella stesura della tesina per gli esami di maturità: i libri della scuola di Barbiana. Mi è

rimasta vivida nella mente l'espressione scandalizzata dei commissari. Da allora ho sempre amato questo “piccolo” Grande prete e mi sono emozionato leggendo le parole che Papa Francesco ha detto. Finalmente anche tutta la Chiesa, grazie a Papa Francesco, ha detto SCUSACI. La Chiesa del tempo lo manda in una sorta di “confino” a Barbiana, una piccola località sui monti del Mugello, mascherando la punizione con una promozione (promoveatur ut amoveatur): diventa parroco di una cappella sperduta tra i boschi; 124 abitanti in tutto, un angolo sperduto molto lontano dall’Italia del boom economico. A Barbiana non c'è la strada, non c'è la luce, non c'è l'acqua; vicino alla parrocchia vivono solo una manciata di famiglie sparse tra i monti. Appena arrivato, Don Milani fa un gesto simbolico: acquista un posto nel piccolo cimitero di montagna. Ed è proprio a Barbiana che Don Milani fa la sua esperienza più forte; costruisce dal nulla e nel nulla la sua scuola. Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli il parroco utilizza ogni mezzo, persino lo sciopero della fame. Quella di Barbiana è una scuola diversa, all'avanguardia; si studiano le lingue straniere, l’inglese, il francese, il tedesco e persino l’arabo. Si organizzano viaggi di studi e lavoro all’estero. Egli stesso tiene lezioni di recitazione per far superare le timidezze dei più introversi e costruisce una piccola piscina per aiutare i montanari ad affrontare la paura dell’acqua. continua Tonino Carneri

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Calcio a 5: il presidente dell’asd sensation lascia la presidenza

Con la presente, io sottoscritto ANGIO’ Matteo, nato a Messina il 17/09/1962 e residente a Gioiosa Jonica, in Viale Stazione n°14, C.F. NGAMTT62P17F158J, Presidente della ASD SENSATION C/5, per i motivi esposti in seguito, rassegno le proprie dimissioni con effetto immediato. Avendo sempre creduto nei valori umani e sportivi e rispettando sempre le regole ed i convenevoli con la F.I.G.C., le altre società i calciatori propri e quelli avversari, deluso da alcuni comportamenti che non mi vedono consenziente, ho maturato tale decisione. 1. Mi vedo nell’ultimo Comunicato Ufficiale del G.S. n° 1016, in merito alle fasi finali del Campionato Juniores, comminare una multa come Società, (in primis segnalata per la squadra avversaria con C.U. n°1015, il Palermo e poi con errata corrige a noi), per delle proteste dei tifosi nella gara a Palermo, dove i nostri tifosi erano in 5/6 e oltre 200 gli altri, ma la cosa più grave e che dai filmati che abbiamo acquisito, non risulta in alcun modo durante le gara, alcuna protesta plateale nei confronti della terna arbitrale, mentre si può ben vedere che sono i palermitani a contestare gli arbitri, (noi eravamo in vantaggio ed abbiamo anche vinto). Visto che la mia Società si è sempre contraddistinta per la sportività e la lealtà, non sempre riconosciuta dal G.S., (anche un semplice fumogeno ci è stato fatto pagare caro ed amaro), stanco di questi continui errori, non voglio pensare diversamente, mi vedo costretto a formalizzare ufficialmente le dimissioni, con la speranza che chi di dovere, controlli con più oculatezza i vari eventi. 2. Parlando sempre di lealtà e correttezza, mi sento di dover “denunciare” alcuni comportamenti non del tutto lineari e signorili da parte sia della Società Futsal Polistena, che di un nostro tesserato, che ha manifestato l’intenzione di potersi trasferire proprio a Polistena. Nessun problema, i nostri responsabili tecnici hanno intavolato con entrambi una trattativa che potesse risolvere e agevolare il passaggio del ragazzo, ma sia lo stesso, che la società citata, non hanno voluto sentire di trovare un accordo, (nessuno chiedeva la luna, ma una società che ha dato al tesserato la visibilità e la conoscenza, si aspettava un riconoscimento, non per forza economico o se tale, libero di condizionamenti). Presunzione dall’una e dall’altra parte…. ( chi si sente proprietario del cartellino e chi dice che tratta solo ed esclusivamente con il titolato). Purtroppo io non mi trovo con queste realtà, inoltre avrei gradito da parte sia della società Futsal Polistena, che del nostro tesserato, almeno una segnalazione allo scrivente, in qualità di Presidente, cosa mai avvenuta. Visto che in questa società civile, (non sportiva in questo caso), si continua con varie presunzioni e senza il rispetto dei ruoli o delle regole, non trovandomi assolutamente in accordo con quanto citato, ribadisco la volontà di mettermi da parte e magari costituire un punto fermo e di partenza per le eventuali prossime situazioni, che mi auguro possano svolgersi con la correttezza e la lealtà che spesso tanti di noi, con tale frasi si riempiono la bocca. Con la speranza che l'associazione SENSATION C/5, possa raggiungere traguardi migliori di quelli avuti sino ad oggi, vi porgo i miei saluti.



POLITICA

La “Sinistra”

Sventola bandiera bianca

Dopo le lezioni amministrative gran parte d’Italia s’è consegnata alla “destra”. Probabilmente, agli occhi degli elettori, la “Sinistra”, quantomeno l’attuale sinistra, è diventata insopportabile.

ILARIO AMMENDOLIA Nel 1960, Genova città medaglia d’oro della Resistenza insorse impedendo che si tenesse il congresso del MSI, una formazione neo fascista, e determinando così la caduta del governo Tambroni. Oggi Genova non è stata espugnata, non s’è svolta nessuna epica battaglia intorno alla città ligure. Genova s’è consegnata alla “destra”. Probabilmente, agli occhi dei genovesi, la “Sinistra”, quantomeno l’attuale sinistra, era diventata insopportabile. Mi sono sempre domandato cosa ha spinto i manifestanti di Genova e di altre città a offrire la loro vita in nome della democrazia e della Costituzione? Non ho risposte da dare ma solo un episodio da raccontare, apparentemente di poco conto e che invece contiene una storia di straordinaria dignità. Sul finire degli anni Sessanta ero giovanissimo segretario della Camera del Lavoro. Ricordo tanti operai che, in quegli anni, hanno costituito lo zoccolo duro di aspre lotte, e li ricordo così bene che potrei citarli a uno a uno con il loro nome. Saprei quasi dipingere i loro ritratti. Uno di loro, ogni mattina si alzava alle quattro, tanto di estate che d’inverno, per andare sul cantiere e preparare la “fornace” per sciogliere il bitume.

Non sgarrava mai di un minuto. Arrivarono le elezioni politiche e l’impresario della ditta in cui lavorava, affisse all’entrata del cantiere un cartello “Divieto di parlare di politica sul cantiere. È severamente proibito entrare portando sulla macchina simboli di partito”. Faceva una sola eccezione: per se stesso. Lui aveva collocato un simbolo gigantesco del suo partito sul retro della sua automobile. L’operaio volle che gli attaccassimo il simbolo con la falce e il martello sulla sua vecchia 127 rossa. Il confronto fu teso, la sfida ardua ma, alla fine, l’impresario comprese che non gli conveniva forzare la mano e fece togliere il simbolo della Dc dalla sua macchina. Era una questione di principio e di dignità. Ma cosa ha spinto un padre di quattro figli, tutti in tenera età, a rischiare il posto di lavoro per una questione di principio? Non fu il solo a scrivere pagine di straordinaria dignità e di grande coraggio. E io ancora mi domando: cosa spingeva quegli operai a rischiare tutto ciò che avevano? Solo un piccolo passo e da operai sarebbero diventati o disoccupati o emigranti. Non avevano letto Marx, Gramsci o Marcuse. Nulla sapevano dei principi del socialismo storico.

Ritengo che il segreto si trovi tutto in un piccolo particolare: erano - o comunque si sentivano - i PROTAGONISTI. Non combattevano per un “capo” né per un partito Erano convinti, e probabilmente si illudevano, di essere i costruttori di un nuovo mondo. Oggi probabilmente - e lo dico con amarezza - non sarebbero andati a votare oppure avrebbero votato per il datore di lavoro, per il medico di famiglia, per un “amico”. Oggi la “politica” ti chiede il voto e solo quello! Eppure ci sono persone di ogni età che vorrebbero dare molto di più perché sono e si sentono intelligenza, passione, creatività, dubbi, speranze. Dopo le lezioni amministrative, gli stati maggiori dei partiti, continuano a parlare di formule: “PD+Forza Italia”, “PD+MDP+Pisapia+Sinistra”, “Prodi+ Pisapia+D’Alema”. Immaginate gli ammalati mangiati vivi dalle zanzare negli ospedali calabresi quanto si possono entusiasmare per una di queste formule. Loro mangiati vivi e gli interessi per gli sprechi alla sola ASL di Reggio che aumentano senza più controllo. Non cambierà nulla, né con le formule né con gli slogan.

È vero non siamo tutti uguali! C’è a chi piace portare la sella e chi muore non potendola sopportare. Credo però che gli eredi – in linea storica – dei fatti di Genova o degli operai di cui ho parlato, e che furono protagonisti del loro tempo, chiedano ancora e più di prima di essere artefici del loro destino. Se avessi la possibilità di parlare con qualcuno che abita nell’Olimpo della “politica” calabrese e italiana direi: so bene che nessuno ha la bacchetta magica e non tutti i problemi si possono risolvere. Ma, proprio per questo motivo, non limitatevi a chiedere il voto. Ogni uomo dignitoso aspira a essere protagonista del proprio futuro. Non è lecito che qualcuno si arroghi il diritto di decidere (e male) per tutti altrimenti si umilia la democrazia e si ferisce la Costituzione. Si usurpa la “sovranità popolare”, si costringono le persone a sentirsi estranei alla politica. Occorre che venga ripristinata la linfa costante dal “basso” verso “l’alto” e dall’alto verso il basso. Attenti: non è “caduta” solo Genova ma ovunque sventola bandiera bianca. Probabilmente anche all’interno di ognuno di noi. Se quel che resta della Sinistra, non ritornerà a essere Popolo andrà incontro all’estinzione e non sarà un gran male.


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Saldi.. saldi... saldi

Quella tua maglietta fina... …che acquistata sotto il 50 per cento di sconto non è in saldo, al massimo una promozione per la clientela affezionata. L’acquistare in saldo è per professionisti, se siete semplicemente alimentati dal desiderio di comprare una borsa a metà prezzo, lasciate stare, accontentatevi di raccogliere i rimasugli o gettatevi sui nuovi arrivi, perché per comprare in saldo ci vuole esperienza, pazienza, determinazione, una connessione rapida, caffè, e soprattutto, un complice. Prima di ogni cosa bisogna fare un giro dei negozi, in avanscoperta, per capire quali sono i prezzi non scontati. Puntare due, tre oggetti per negozio, confrontarli con i prezzi su internet (questo lo potete fare anche mentre siete in missione, ma la vostra connessione deve essere veloce), per poi fare un secondo giro appena quel negozio parte con i saldi. Se il prezzo è più vantaggioso delle varie svendite Privalia o Amazon, allora acchiappare quella borsa, quella maglietta, quel pc, il tablet o il frigo, sarà la vostra missione. Fallire significherà dover tentare l’anno a venire, e che sarete perseguitati dal senso di sconfitta. È in questo momento che il complice si rivela in tutta la sua importanza: che sia vostro cognato che ha già messo il frigo sul carrello per caricarlo in auto, o l’amica che vi porta le taglie mentre siete nello spogliatoio, o il marito con il metro a nastro che misura la larghezza della scarpiera, il complice deve essere veloce e soprattutto, non deve essere interessato al vostro stesso acquisto, altrimenti si distrarrà, o peggio, potrebbe nascere un litigio se il pezzo che state cercando è l’ultimo in assortimento. Il vero professionista dei saldi sa bene che il momento migliore per acquistare on-line è di notte. È finalmente ritornato disponibile l’accappatoio taglia XXXXL da Bon

Prix? Non fatevelo fregare, buttatelo subito nel carrello e siate ben certi di aver messo la spunta a “ricordami” per non dovervi autenticare: nel frattempo qualcun altro potrebbe rubarvi l’accappatoio da sotto al naso. Naturalmente la vostra postepay deve essere ben fornita, per chi la ricarica solo quando è certo di poter fare un acquisto, i saldi sono fuori portata. Oppure quei venti euro che ci sono rimasti saranno l’unica possibilità di comprare una maglietta firmata. Per tanti sono l’unico momento in cui si può comprare qualcosa a un prezzo accettabile, che non sia un fantastilione di verdoni per una pochette. I saldi insomma sono per cuori forti, gambe toniche e mani prensili. Chi si stanca subito sotto al sole o non riesce a camminare a lungo, è escluso tout court. In saldo non troverete né taglie extralarge né extrasmall, perché chi non ha il corpo conformato alle taglie in saldo, è un* reiett* nella società del benessere, e non ha diritto di beneficiare dei saldi. A tutti i maschi che hanno un 36 di piede e alle donne che indossano la 54, rivolgiamo un caldo invito: astenersi dal saldo per non cadere in uno stato depressivo. Sappiate che tutto per voi costerà sempre di più e sarà sempre più difficile da trovare. In saldo, per voi(noi) al massimo c’è la tavoletta grafica. Capitalismo dixit.


CULTURA

Peppe Voltarelli fa scatenare i Calabresi in Veneto Tantissimi calabresi si sono ritrovati ieri all'Arena Romana di Padova per il concerto di Peppe Voltarelli. In occasione del concerto è stato presentato "Stornelli calabresi", il nuovo singolo tratto da "Voltarelli canta Profazio" (Squilibri Editore), ultimo album del cantante calabrese, vincitore della Targa Tenco 2016 nella categoria "Interpreti di canzoni non proprie" (già vincitore nel 2010 con "Ultima notte a Malà Strana" come miglior album in dialetto) che il critico Federico Guglielmi definì "operazione discografica necessaria". Lo scorso gennaio Peppe Voltarelli ha concluso la sua tournée tra Stati Uniti, Canada e Argentina, e in Uruguay ha girato un videoclip prima del suo rientro: "Abbiamo deciso, insieme ad Anna Corcione autrice dell'artwork dell'album, di concludere il nostro viaggio in Uruguay alla scoperta di una città bellissima come Colonia del Sacramento che conserva un centro storico oggi patrimonio Unesco. Clima estivo feste sulla riva del Rio de la Plata lunghe camminate per il centro alla scoperta delle radici italiane che da più di un secolo popolano il paese uruguaiano. I nostri amici argentini Marina Belinco, ufficio stampa musicale, e Nicolas Tolcachier, autore televisivo e sceneggiatore, sono state le nostre guide ci hanno mostrato gli angoli più preziosi della città uruguayana, concludendo spesso le nostre giornate bevendo mate sulle note di Alfredo Zitarrosa".

Glossario degli inglesismi adottati nelle discussioni politiche e in economia (2° parte) SILVANA NIUTTA La Spending review, consiste nella revisione della spesa pubblica, per riallocare le risorse secondo una graduatoria delle priorità degli obiettivi dell’azione pubblica. L’intento dichiarato è un’analisi dei capitoli di spesa per migliorare la gestione e il controllo della Pubblica Amministrazione (leggi in seguito PA). Di fatto, si è praticato un taglio alla spesa pubblica, considerato dai profani dell’economia un fattore positivo, però nient’altro è stato che il taglio lineare della spesa destinata ai servizi pubblici: sanità, istruzione, trasporti pubblici e tutte le prerogative di mantenimento del Welfare State (politiche rivolte al benessere dei cittadini). Dal 2006, ogni giorno i titoli dei quotidiani e i TG hanno fatto una campagna denigratoria sui vari settori della PA, dove a loro dire si annidavano i peggiori scansafatiche e lavativi, spesso anche assunti con concorsi dettati dal clientelismo. In effetti, grossi tagli lineari sono stati fatti nella sanità pubblica, nella scuola pubblica, nella ricerca scientifica, nelle pensioni, nei trasporti pubblici, ai dipendenti pubblici e ai loro contratti e quant’altro al servizio del cittadino, per favorire un riversamento della spesa a vantaggio di gestioni private o peggio ancora con l’obbligo di bandire gare di appalti a livello europeo per consistenti acquisti o affidamento di lavori e servizi pubblici a grosse corporations, multinazionali. Il Ministero dei lavori pubblici è stato smantellato (oggi, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per la gestione di investimenti pubblici, tagliati ai servizi di cui sopra e indirizzati alla realizzazione di grandi opere spesso inutili, decreto Sblocca Italia: TAV, TAP, Ponte sullo Stretto e così via), così come le Province che assicuravano opere di manutenzione e servizi sul territorio. Il primo tentativo di razionalizzazione di spesa si verificò nel passaggio delle pensioni dal sistema retributivo a quello contributivo, dopo che il Tesoro ha abbandonato la funzione di emettere moneta dello Stato attraverso la Banca d’Italia, acquistandola a debito dalla BCE. Lo scopo nascosto di questa conversione pensionistica, ingrassare le grosse Assicurazioni, tramite un sistema sulle pensioni, prima integrativo e poi

totale. Il “progetto” è stato sposato anche dal sindacato e dal partitone della c.d. sinistra centrista, con il ritornello “non ci sono più soldi per le pensioni e per gli stipendi dei dipendenti pubblici”, contemporaneamente la crisi del 2008, con il fallimento della banca Lehman Brother (Too big to fail, troppo grande per fallire), i cui derivati speculativi furono spalmati sulle banche europee e perfino negli enti pubblici, imbottiti poi di titoli tossici. Si parlò di out sourcing, esternalizzazione di lavori e servizi prima svolti da impiegati della PA e poi affidati a cooperative o agenzie private, financo straniere. Le prime esternalizzazioni sono stati i bidelli,

servizi di pulizie affidati a imprese private che hanno assunto lavoratori con contratti precari e a poche ore sottopagate, sono seguiti i fabbri, i giardinieri, gli elettricisti, gli idraulici, per le manutenzioni degli stabili pubblici, prima svolti da personale assunto con contratto pubblico. Poi fotocopie, cancellerie, arredi, acquisti editoriali per biblioteche e uffici pubblici, attraverso l’istituzione della CONSIP (centrale di acquisti per la PA), con il bando di gare a grosse imprese “amiche”, e del MePA (mercato elettronico della PA). Gli affidamenti di beni e servizi per gare di appalto hanno ucciso numerose piccole e medie imprese (PMI).

Il taglio della spesa pubblica ha bloccato anche il turn over, la sostituzione, mediante nuove assunzioni, del personale che ha cessato il rapporto di lavoro. Di fatto, con la revisione della spesa si è realizzato un taglio dei dipendenti pubblici nella PA, quindi, riduzione drastica del personale della PA e conseguentemente riduzione dei servizi pubblici ai cittadini. Anche il blocco delle assunzioni visto di buon occhio dall’opinione pubblica secondo il mantra del Pensiero unico. Queste scelte effettuate dai governi degli ultimi anni non hanno realizzato alcun risparmio per le casse dello Stato, ma rispondono ai dettami della Troika

(Commissione Europea, BCE e FMI). Questi tagli non stanno a significare che la razionalizzazione della spesa vada nella direzione giusta, cioè per rendere più efficiente la PA, ma sono scelte politiche che incidono su servizi essenziali al cittadino e non sui privilegi di una becera classe politica che destina risorse a grandi opere, spesso inutili, o a banche fallite a causa di prestiti concessi agli “amici” e non garantiti, o peggio, a speculazioni e sperpero dei risparmi dei cittadini. Abbiamo sentito parlare spesso della Troika a partire dal governo Monti, che ha introdotto con un decreto l’art. 81 (incostituzionale) sul pareggio di bilancio in costituzione -da cui la revisione della spesa non può prescindere e potrebbe essere meglio indirizzata- e che ha sostituito con un colpo di mano il governo Berlusconi, questo sia pure maldestro, ma pur sempre democraticamente eletto. Un governo che, secondo le notizie circolanti in quel periodo, stava degenerando nel malcostume e poco si interessava del rilancio della politica economica e industriale del Paese. Il che è vero, avendo emanato una miriade di leggi ad personam e grazie al potere mediatico “libertino”, Berlusconi, ha la responsabilità di aver cancellato il senso critico di due generazioni, con un palinsesto di modelli e di programmi spazzatura che hanno svuotato molte delle menti potenzialmente intellettuali del nostro Paese e che, invece, avrebbero potuto contribuire al suo ammodernamento. Oggi, questo governo non trova una manciata di miliardi da investire nella creazione di posti di lavoro, mentre per salvare le banche spregiudicate trova invece 17 miliardi, di cui 5 e mezzo regalati a Banca Intesa, cui sono state vendute ad 1 solo euro le banche venete. Lo Stato si è accollato, invece, i crediti deteriorati che farà sanare dai contribuenti, mediante l’imposizione di altri balzelli. Per non dimenticare gli altri 20 miliardi tra bonus di 80 euro e bonus ai 18enni, che sommati fanno la “modica” cifra di 37 miliardi, una piccola finanziaria di un governo che avrebbe potuto certamente investire e rilanciare l’occupazione nel nostro Paese, dove la disoccupazione giovanile, in special modo al sud, tocca il 50%.


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DOMENICA 02 LUGLIO

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La grande solidarietà del Kiwanis club riempie di gioia la Locride Un giugno davvero intenso per il club Kiwanis “Magna Grecia “Luigi Giugno”. Infatti in meno di 20 giorni sono state portate a compimento 2 importantissime iniziative che hanno raggiunto grandi obiettivi all’insegna della solidarietà e dell’amicizia, valori a cuore dei Kiwaniani, non per niente quest’anno il motto del Governatore del Distretto Italia San Marino, è “col cuore e con l’anima” Il Kiwanis organizzazione mondiale di volontari, impegnati a cambiare il mondo, un bambino ed una comunità alla volta. Questa è la mission, che si esprime attraverso il motto: "Serving the Children of the world". Dedicare parte del proprio tempo e delle proprie energie al servizio dei bambini, sapendo che anche un piccolo gesto può cambiare la vita, può cambiare il mondo!, fa sentire utile il Kiwaniano. La grande famiglia kiwaniana, ogni anno nel mondo, dona più di 18 milioni di ore di volontariato e investe più di 107 milioni di dollari in beneficenza sponsorizzando più di 150.000 progetti (service) per l’infanzia. Il service è, dunque, il cuore di ogni club del Kiwanis International, in qualsiasi parte del mondo si trovi. In questa ottica e con questo spirito il Kiwanis club Magna Grecia “Luigi Giugno” in collaborazione con l' "Antica Gelateria Caffè Strati" di Siderno del socio Enrico Cusenza, ha proposto la manifestazione “Gelato a primavera”. Grande successo della manifestazione che si è svolta l’1 giugno u.s., dove gli alunni accompagnati dai docenti e da alcuni volontari si sono recati presso la gelateria, anche questa volta i Kiwaniani hanno donato momenti di gioia ai bambini che hanno partecipato. Con l’occasione è stata organizzata una raccolta di beneficienza presso le scuole finalizzata all'acquisto di una giostrina per bambini disabili da donare all’Amministrazione Comunale di Siderno. Tutti bambini sono stati omaggiati di un buono gelato da consumare

presso la “Antica gelateria Strati”. Doveroso ringraziare per la disponibilità e sensibilità verso la manifestazione, il Dirigente dell’Istituto comprensivo Michele Bello-Gesumino Pedullà-Agnana il dott. Vito Pirruccio e la Vicaria dott.ssa Vittoria Romeo unitamente ai volontari dei Rangers Internetional delegazione di Siderno di cui il Presidente Riccardo Marzano. Domenica 18 giugno u.s. invece si è svolta un'altra importante manifestazione organizzata dal Club Kiwanis Magna Grecia “Luigi Giugno” “Diamo un calcio al tetano materno e neonatale”, giunta ormai alla terza

L’ex V C della Michele Bello: una classe che lascia ben sperare per il futuro Ogni tanto una buona notizia sul fronte educazione, in grado di riunire assieme i valori della scuola e della famiglia, che si intrecciano magnificamente e lasciano ben sperare in un futuro di educazione e soddisfazioni per i giovani che crescono e formeranno la nostra società. Una bella esperienza di vita, in cui i valori appresi a scuola e quelli impartiti dalla famiglia

convergono. È il risultato, visibile nell'educazione e nel rispetto delle regole, di un gruppo di undicenni. Cinque anni insieme. Accomunati dalla voglia di imparare, di conoscersi e di volersi bene. Una classe in cui non si conosce prepotenza e prevaricazione (alla faccia del bullismo); la classe che ogni genitore desidera per il proprio figlio, una classe formata da bambini felici di godersi l'età più bella insieme!

Bambini che non solo nella propria classe, ma anche in gita d'istruzione si sono distinti con il loro comportamento esemplare: cose, queste, che gratificano e al contempo emozionano. Tra i tanti, il momento più emozionante, l’ultimo giorno di scuola elementare, quando sono state le maestre a fare i complimenti agli alunni per il loro impegno, la loro dedizione, la loro educazione e quindi per gli ottimi risultati raggiunti, ringraziando e complimentandosi anche con le famiglie per le regole di vita impartitegli e per l'educazione riscontrata. Grazie alla maestra Teresa, alla maestra Silvia e alla maestra Mariangela, ai genitori sempre attenti e soprattutto "presenti“ne, ovviamente, ai bambini, veri protagonisti nel regalarci continue emozioni. Si potrebbero quasi definire degli eroi, per tutto quello che si sente dalle cronache di oggi giorno, ma sono solo dei comuni e bravi ragazzi…. I ragazzi della V C, della scuola elementare Michele Bello. I 5 anni si sono conclusi con un magnifica serata dove, maestre, alunni e genitori, hanno festeggiato tutti assieme. Calautti Renato, Chianese Erica, Ciminiello Rose, Circosta Giorgia, Commisso Alessandra, Commisso Francesco, Ferraro Antonio, Fiorenza Giulio, Fragomeni Adriana, Gimondo Elena, Lizzi Veronica, Longo Silvana, Maremmano Chiara, Panetta Antonio,Pezzano Irene, Politaki Niccolò, Pucci Giada, Riccio Sara, Sansalone Sara, Stalteri Mattia, Terranova Manuel, Tropiano Federica e Vumbaca Giandomenico A voi tutti… BUONA VITA!

edizione. L’adesione è stata grande e la solidarietà ha animato i protagonisti del triangolare di calcio che ha visto di fronte le squadre degli ordini dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Locri e quelle dell’associazione degli Architetti 2001 e del Calcio Forense, degli Avvocati del Foro di Locri. Lo scopo dell’iniziativa è stata la raccolta fondi per sostenere il progetto “Eliminate” che vede il Kiwanis International impegnato insieme all'UNICEF nel debellare il tetano materno e neonatale, una malattia mortale che ogni anno toglie la vita a quasi 49 mila bambini innocenti e a moltissime mamme. La manifestazione calcistica si è svolta presso lo stadio comunale “Filippo Raciti” di Siderno, promossa dal club Magna Grecia “Luigi Giugno” presieduto dal dott. Giuseppe Belcastro e dal Chairman dell’evento arch. Alessandro Ciprioti. Presente alla manifestazione anche il Luogotenente della Divisione 13 Calabria arch. Giuseppe Luciano, che ha espresso grande compiacimento al club (di cui fa parte) per la lodevole iniziativa. L’evento che ha avuto il sostegno del Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Nicola Irto, è stato sponsorizzato dal socio e titolare dell’agenzia Unipol-Sai Assicurazioni di Marina di Gioiosa Jonica Francesco Pugliese e patrocinato dal Comune di Siderno. Un pomeriggio all’insegna del divertimento facendo “service” i rappresentanti degli ordini professionali sono scesi in campo mettendo in mostra più che le loro qualità tecniche, quelle morali che sono state l’elemento caratterizzante del triangolare per il progetto Eliminate. A vincere è stata la solidarietà. A conclusione della serata i partecipanti insieme ai soci del club hanno degustato un Apericena offerta dal socio e sposor della serata Dott. Francesco Pugliese titolare dell’Agenzia Unipol-Sai nei locali dell’Hotel ristorante “Sabbia d’oro” di Marina di Gioiosa Jonica.



CULTURA E SOCIETÀ

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DOMENICA 02 LUGLIO 21

I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

Citrus Limon ( L.) Osbeck / Famiglia Rutacee

Limone gigante di? Il limone è originario della Cina, dove era conosciuto già nel 1000 circa a.C. oppure dell’India, da cui gli arabi lo mediarono e lo diffusero nei paesi del Mediterraneo da loro conquistati ed è arrivato in Europa, secondo quello che si tramanda , in seguito alla conquista araba della Sicilia, attorno al X secolo d.C. ; dalla Sicilia si sarebbe diffuso nelle zone temperate d’Italia e poi altrove. Stranamente però, possiamo ammirare in un affresco di Pompei l’immagine chiara ed inequivocabile di un limone e dato che la città fu distrutta da un terribile eruzione del Vesuvio nel 79 d.C . sicuramente i romani avevano conosciuto tale pianta e forse l’avranno pure coltivata, ma raramente, in quanto non è citata nelle opere letterarie. Nell’Italia meridionale, l’area più vocata per la sua coltivazione, ci sono varietà di agrumi simili al limone, tra cui la limetta dolce (citrus limetta) ; addirittura ci sono incroci tra limetta aspra e quella dolce dove gli spicchi dolci s’intervallano a quelli aspri. Per quanto riguarda il limone rappresentato in foto esso è inusuale e molto grosso, in quanto può superare il kg di peso e non è cedro in quanto il suo albedo ( la parte spugnosa presente sotto la buccia),ossia la parte compresa tra buccia e polpa non supera il cm di spessore, che è più spesso degli altri tipi di limoni che però sono molto più piccoli. In riferimento al presente non sappiamo con precisione da quale area esso provenga, dove sarà presente in modo rilevante o meno, possiamo solo ricordare che più di trent’anni addietro un maresciallo dei carabinieri fu in sevizio presso la stazione di Bianco, forse era d’origine calabrese, ed ad un certo punto entrò in amicizia, per via del suo interesse, al mondo della natura ed in particolarità per quello delle piante in via d’estinzione, con il defunto Francesco Mezzatesta, che amava concentrare nei suoi campi le piante rare della tradizione calabrese. Egli era stato per tanto tempo in servizio in un paese del Cilento, la parte occidentale della Lucania che fu aggregata in tempi non molto lontani alla provincia di Salerno , quindi ora parte sudorientale della provincia di

Salerno stessa; ancora gli abitanti delle comunità attorno al Vallo di Diano , al Vallo della Lucania e al Golfo di Policastro si sentono più vicini ai lucani e parlano un dialetto affine a quello delle comunità della provincia di Potenza. Egli successivamente aveva prestato servizio nelle comunità dell’Alto Tirreno cosentino nelle aree della riviera dei Cedri, che va da Tortora fino A Belvedere dove vengono coltivati i cedri i cui frutti, ogni anno, i rabbini di molte comunità d’Italia e non, vengono a scegliere con molta cure per celebrare la Festa delle Capanne o Sukkot; essi devono essere perfetti , non avere il minimo difetto ed inoltre devono corrispondere ad una certa calibratura. Un giorno il maresciallo portò a Francesco un frutto del limone particolare, sicuramente uno scelto con molta cura in quanto doveva assolvere la funzione di sbalordire; esso era particolarmente grosso e pesava un chilo ed ottocento grammi. Ed in effetti il buonanima di Francesco restò senza parole, letteralmente scioccato e chiese se per caso non fosse un frutto di cedro, ma ebbe l’assicurazione che si trattava di un limone. Chiese allora che gli procurasse qualche innesto e gentilmente il maresciallo dei carabinieri lo esaudì in questo suo ardente desiderio e fece in modo di andare o andò di proposito nel paese dove cresce il tipo di limone che produce questi frutti portentosi. E così il limone dal frutto enorme fu impiantato nel campo dei fratelli Francesco e Bruno Mezzatesta in contrada Lacco del Muro nel comune di Bianco, dove è presente con qualche esemplare e quando poi Francesco si trasferì a Portigliola, dopo il suo matrimonio, propagò anche in quella comunità il limone dal frutto sbalorditivo. Il frutto nonostante le grandi dimensioni, è molto delicato, ha una polpa succosa, tendente al bianco, anziché al giallo ed è meno intensamente aspro rispetto agli limoni.

L’attività di assistenza del Santuario della Madonna di Polsi ai soldati sbandati della seconda guerra mondiale Il periodo storico compreso tra il mese giugno e l’8 settembre 1943, data dell’armistizio con gli Alleati, fu particolarmente drammatico per l’Italia e per il Meridione. Il 10 luglio del 1943 gli angloamericani sbarcarono in Sicilia e pian piano avanzarono in tutta l’isola, occupandola. Nel frattempo, la crisi del regime fascista si fece sempre più acuta, tanto che il Gran Consiglio del Fascismo, il 24 luglio 1943, esautorò Mussolini che il giorno successivo venne arrestato per ordine di re Vittorio Emanuele III. Fu nominato primo ministro Pietro Badoglio. Anche per i paesi della Calabria jonica, l’Estate del 1943 fu terribile a causa dei quotidiani bombardamenti effettuati dagli Alleati, che avevano costretto la popolazione dei paesi di marina a ritirarsi verso l’interno. Tra luglio e settembre la costa jonica calabrese subì vari bombardamenti; in provincia di Reggio Calabria particolarmente colpiti furono i centri di Bianco, Bova Marina, Bovalino, Melito Porto Salvo, Locri, Pellaro, Gioiosa Jonica, Roccella Jonica, Siderno. Fino al 2 settembre 1943 i bombardieri inglesi sganciarono bombe lungo la linea ferrata, su fabbriche, strade, ponti, colpendo anche case di civile abitazione e causando morti tra la popolazione civile. Il 3 settembre 1943, a Cassibile, il generale Castellano firmò la resa dell’Italia presso il quartier generale degli Alleati. Lo stesso giorno truppe angloamericane e canadesi sbarcarono in Calabria a Villa San Giovanni, Archi e Reggio, mentre contemporaneamente i Tedeschi iniziarono la ritirata verso Castrovillari. Sui piani d’Aspromonte l’avanzata degli Alleati venne osteggiata con coraggio dalla divisione Nembo del Regio esercito italiano. Il 5 settembre, i comandi militari alleati - britannici in particolare - constatata l’impossibilità di avanzare facilmente lungo il Tirreno, dove i Tedeschi avevano distrutto, ritirandosi, ponti e strade, e data la difficoltà di valicare l’Aspromonte, inviarono le avanguardie lungo la statale jonica 106. Queste si fermarono presso Bova, Capo Spartivento e Brancaleone, dove nello stesso giorno 5 settembre 1943 vennero raggiunte dalle truppe canadesi. Il generale inglese Montgomery ordinò allora di raggiungere Catanzaro. La sera del 7 settembre 1943, le truppe del XIII Corpo d’armata britannico occuparono Nicotera sul Tirreno, Taurianova nell’interno e Siderno Marina sul Jonio; in quest’ultimo paese, durante l’occupazione tedesca era schierata la 29^ divisione Panzergrenadier. L’8 settembre 1943, alle ore 19.45, Pietro Badoglio annunciò per radio alla Nazione la firma della resa incondizionata dell’Italia. Era la fine della guerra accanto alla Germania nazista e l’inizio della Resistenza. Contemporaneamente i Tedeschi iniziarono l’operazione definita “Alarico”, che prevedeva il disarmo dell’eser-

cito italiano e l’occupazione militare dell’Italia. Tra l’8 e il 9 settembre l’Esercito italiano, senza direttive, si sciolse in poche ore e tragica fu la situazione di molti militari, sia soldati che ufficiali, che si ritrovarono a dover combattere con i Tedeschi che fino al giorno prima avevano al fianco in qualità di alleati. Buona parte dei soldati italiani si sbandarono anche per non finire prigionieri dei Tedeschi e numerosi sbandati del Regio Esercito invasero le strade d’Italia e del Mezzogiorno ed a piedi cercarono di far ritorno a casa; buona parte di loro per sfuggire ai rastrellamenti dei Tedeschi si nascosero presso conventi, monasteri, santuari e ricoveri di fortuna. Anche il Santuario di Maria Santissima della Montagna di Polsi, che già dava assistenza a persone anziane e ai ragazzi poveri che ivi studiavano, dopo l’8 settembre del 1943 accolse numerosi ufficiali e soldati del Regio Esercito ormai “sciolto” che erano sbandati, dando loro assistenza, vitto e alloggio. Per cui ben presto le provviste già scarse vennero meno e il Superiore del Santuario mariano, l’arciprete don Antonino Pelle, si premurò di scrivere nel dicembre del 1943 una lettera al Prefetto di Reggio Calabria, affinché lo stesso provvedesse di rifornire il Santuario di Polsi di vettovaglie e quant’altro serviva per dare assistenza a coloro che ivi venivano assistiti, compresi i soldati. Nella lettera - che di seguito si riporta - si legge: Abbazia del Santuario di Polsi All’Eccellentissimo Signor Prefetto di Reggio Calabria Eccellenza, in qualità di Superiore dell’Abbazia del Santuario di Polsi,

Comune di S. Luca, espongo quanto segue. Il Santuario di Polsi, sito ai piedi di Montalto, dista dalla ferrovia quaranta chilometri; da otto secoli esercita in quelle montagne non solo attività religiosa per cui da luglio a settembre vi è un afflusso di parecchie decine di migliaia di pellegrini dalle tre provincie di Calabria e dalla Sicilia, ma una grande attività assistenziale durante l’inverno. È stato sempre considerato come il piccolo S. Bernardo della Calabria; vive di questua sempre autorizzata dalla Regia Questura. Quest’anno la questua che si effettuava da luglio a settembre non ebbe luogo per gli avvenimenti bellici e versa in strettissime condizioni economiche. Vi era una discreta provvista di patate e poco grano, prodotti del luogo; ma per il troppo afflusso di soldati ed ufficiali del R. Esercito sbandati furono consumanti sei quintali di pane, dieci quintali di patate e circa un quintale di olio oltre gli ortaggi e carne delle mandrie dell’Abbazia. Tutto fu dato gratuitamente. Così le nostre modeste riserve furono consumate. Dato lo scopo assistenziale del Santuario, prego l’Eccellenza Vostra venga in aiuto con generi alimentari per i pochi vecchi ricoverati, per i figlioli poveri che ivi studiano. La convivenza è di oltre cinquanta persone se si considera che ivi ogni giorno vengono assistiti i passeggeri, i Carabinieri Reali e guardie campestri che ivi trovano ospitalità quando per ragioni di servizio perlustrano quelle località, non potendo ritornare alle proprie sedi. Voglia l’Eccellenza Vostra accogliere quanto sopra esposto e gradisca i ringraziamenti più sentiti, assicurando che faremo preghiere alla Madonna della Montagna per la vostra salute e prosperità della vostra famiglia.

Polsi 31 Dicembre 1943 Devotissimo Arciprete Antonino Pelle Superiore dell’Abbazia del Santuario di Polsi (Fonte: Archivio di stato di Reggio Calabria, fondo Prefettura u.v., busta 68 San Luca) La richiesta dell’Arciprete di Polsi venne sostenuta pure dal sindaco di San Luca che il 18 febbraio 1944 inviò una missiva al Prefetto di Reggio Calabria in modo che provvedesse ad aiutare il santuario nella sua opera di sostegno ai pellegrini e ai soldati sbandati viste le disagiate condizioni economiche. Nella missiva del sindaco di San Luca si legge: Eccellenza Prefetto Reggio Calabria - Con riferimento alla nota sopra indicata riferisco a V.E. Quanto appresso. Il Santuario di Polsi, piccola frazione di questo Comune, com’è a conoscenza di V.S. è situato alla falde del Montalto e dista da questo centro Km. 20 di ia mulattiera. Esso che viveva esclusivamente di elemosina mediante questua che ogni anno veniva effettuata dagli eremiti, è venuto ora a trovarsi in una disagiata condizione economica causata dagli eventi bellici che per poco non portò alla chiusura del convento. Solo una volontà superiore a quella dell’uomo ha potuto ancora far tenere aperte le porte del convento e dare il solito asilo ai tanti viandanti che costretti da necessità attraversano quel remoto luogo. Invi ogni pellegrino ed ogni agente di P.S. veniva accolto e rifocillato e nessuno poteva abbandonare il Santuario senza prima ricevere il ristoro di una calda pietanza. L’Abbazia che viveva di elemosine non lesinava di dare assistenza assistenza a quanti ne avevano bisogno. Ma il terrore della guerra mise anche un fermo a quella che era l’abbondanza del convento. Quel poco di economia che ancora vi esisteva è stata messa religiosamente a disposizione dei nostri soldati sbandati durante le giornate che ebbero inizio dal 3 settembre 1943 e che quotidianamente attraversavano quella località per raggiungere il posto cui erano stati comandati. Cosicché ora, il santuario, è venuto a mancare di tutto, Vive esclusivamente con la razione di pane che preleva da questi esercenti e lascio perciò considerare all’E.V. il sacrificio cui vanno giornalmente incontro i religiosi che lo abitano. Quindi la richiesta avanzata dal Superiore del Santuario è fondata sotto ogni riguardo e merita la considerazione del caso anche per un omaggio alla SS. Vergine di Polsi che Regina di quella montagna invita al più grande rispetto e devozione. All’E.V. che come ogni buon calabrese è di animo generoso e di una religione che nessun evento riuscirà a spezzare, non rimarrà indifferente alla parola di aiuto che il Priore del Santuario vi rivolge. Ciò costituirebbe una grande atto magnanimo e di giustizia da parte dell’E.V. in quanto una eventuale assegnazione di generi alimentari a questa Abbazia solleverebbe dalla terribile crisi economica il personale religioso del convento. Restituisco l’esposto. Il Sindaco. Domenico Romeo


Un fisico invidiabile Tra le strade di Roghudi il sindaco Pierpaolo Zavettieri impenna con la bicicletta dimostrando il grande atletismo che lo contraddistingue.

Gioioso sindaco Sara Femia accompagna fuori dall’altare il suo neomarito Salvatore Fuda, sindaco di Gioiosa Ionica, Un calore che unisce questa settimaIl nuovo primo cittadina finalmente no di Bovalino, convolato a Vincenzo Maesano, nozze! Auguri! viene “battezzato” da un affettuoso abbraccio ad opera del collega di Bianco Aldo Canturi.

Cambio di bandiera? Giovanni Calabrese fa capolino tra Seby Romeo e Barbara Panetta. Si starà avvicinando per parlare di sanità… o discutere di una migrazione tra le frange PD? Vade retro Il prete dell’Ospedale di Locri si sobbarca il difficile incarico di salvare l’anima del grande professionista Rinaldo Nicita. L’opera non sarà semplice, ma il Signore sarà sempre al suo fianco!

Signore di cultura Tre donne indispensabili per lo sviluppo di arte e cultura nel nostro territorio: Rossella Agostino, Anna Lia Paravati e Margherita Milanesio.

Così lontani, così vicini Mario Diano abbraccia un caro amico da molti anni lontano dalla sua Locride d’origine ma che, in 42 anni, non ha mai rinunciato a un’estate nel nostro comprensorio! Nel nome del padre Il sindaco di Roccella Jonica Giuseppe Certomà siede alla destra… del vescovo della diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva.

Gli amici della Pineta colpiscono ancora Bruno d’Agostino torna alla ribalta per le strade di Siderno, riunendo attorno a sé Gli amici della Pineta con l’avvocato Romeo, Cosimo d’Agostino e tanti altri.

Iniziative salutistiche Fausto Certomà e il nutrito gruppo del Fitwalking promuove la buona salute sul Corso di Siderno con tanto di riconoscibilissime magliette rosse.

Bellezza sovietica Carina Albanese, lo scorso 21 giugno, ha vinto il concorso “Star World”, una gara di bellezza svoltasi a Mosca, in Russia. Vorremmo darvi maggiori dettagli ma il cirillico non sappiamo leggerlo.


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Birdman

o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza

Nella stagione cinematografica a cavallo tra 2014 e 2015, l’attenzione cine-mediatica del web è stata catalizzata da un bizzarro progetto di Hollywood che affidava la regia di un film sul proprio mondo ad un regista messicano. Si trattava di Alejandro G. Inarritu che, abbastanza estroso, fantasticava di svilupparlo tutto in un mastodontico pianosequenza di due ore. Nacque così Birdman, che scritto dallo stesso regista, vinse le quattro statuette più importanti agli Oscar del 2015. La storia, ambientata nelle quinte del St. James Theatre di Broadway, parla di una ex star di Hollywood decaduta dopo il successo riscosso con la trilogia “Birdman” di cui lui, ovvero Riggan Thompson, - ovvero Micheal Keaton- era il protagonista. Riggan, per rilanciarsi e scrollarsi di dosso l’etichetta di “non più divo”. decide di produrre uno spettacolo teatrale tratto da un romanzo di Raymond Carver “Whatwe talk aboutwhenwe talk about love” di cui lui sarebbe stato anche regista, sceneggiatore e protagonista. Nei tre giorni di anteprime,Riggan deve fare i conti con un nuovo arrivato, Mike Shiner, -ovvero Edward Norton- che incarna l’attore ideale. Shiner recita nella vita e vive nella scena e la sua stravaganza destabilizza la troupe. Altri nodi al pettine di Riggan sono i problemi mentali (egli crede di essere dotato di superpoteri), economici e familiari. Un critico del New York Times pronto a stroncare lo spettacolo e soprattutto il proprio ego –incarnato dal suo vecchio personaggio, Birdman- che gli compare durante delle allucinazioni, oltre ad umiliarlo, cerca di persuaderlo a tornare un prodotto dello star system. Dopo una serie di figuracce, per Riggan arriva il giorno della prima, nella quale con una performance sublime, convince anche la critica. Specie quando nell’ultima scena, che prevede il suicidio del protagonista, Riggan sostituisce la pistola giocattolo con una vera e si fa saltare il naso. Appresa

la notizia, la figlia, che va a trovarlo nella sua stanza d’ospedale e trova il letto vuoto vicino alla finestra aperta, temendo il peggio si sporge e guarda verso il basso. Poi, sentendo il richiamo di un rapace guarda al cielo e sorride. Birdman è un film che parla dell’ego nel mondo e di come può cambiare la nostra vita. Non a caso il protagonista fa l’attore, che è il mestiere dell’ego per eccellenza, e vive ad Hollywood, o più precisamente a Broadway, l’ambiente più egocentrico di quest’industria. E non a caso tecnicamente il film rappresenta un esercizio di stile, pieno di virtuosismi autocelebrativi come autocelebrativa è la sua stessa struttura: la regia in Birdman è più che mai la manifestazione dell’ego di Inarritu. Non sono casuali le immagini, inserite quasi come intruse nella narrazione, delle comete in fiamme nei momenti di esaltazione di Riggan e quelle delle meduse marce spiaggiate nei momenti di massimo terrore dello stesso. Non è un caso che Micheal Keaton in persona abbia avuto la stessa carriera di Riggan Thompson, essendo stato iniziato al mondo di Hollywood grazie a Batman. E fortemente volute sono l’immagine e la fotografia del film, curate dal leggendario Emmanuel Lubezki, l’unico in grado di imprimere indelebilmente il proprio Io nel film attraverso le luci. In particolare se ne ricordano quelle delle scene nei sobborghi di TimesSquare e l’illuminazione nei corridoi del teatro. Non è un caso che le scene salienti siano accompagnate da una sequela di virtuosismi alla batteria, così da rappresentare l’ego anche nell’esecuzione musicale. Ed infine non è un caso che il secondo titolo del film sia “le inaspettate virtù dell’ignoranza”. Infatti,soltanto in una storia in cui l’ego degli uomini è visto come la loro croce e delizia,proprio l’ignoranza – intesa come antagonista dell’ego- può assicurare all’individuo la serenità consentendogli così di manifestare le sue inaspettate virtù. Domenico Giorgi

ConVersando...

Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro

I Vini figli del fuoco e della terra Oltre che di santi, poeti e navigatori l’Italia può essere definita una terra di vulcani. L’attrattività sacrale e mitica di questi luoghi sembra cedere il passo a interessi più terreni, a una maggiore consapevolezza delle opportunità che queste aree, a fortissima vocazione vitivinicola, rappresentano. C’è un filo che collega la pianta di Dionisio da nord a sud della penisola e che unisce territori diversi tra loro per latitudine e microclimi, ma capaci di esprimere vini di grande carattere e dalla marcata mineralità: quelli prodotti con uve cresciute su terreni vulcanici. Ingrediente segreto e comune denominatore è la composizione dei suoli che, figli delle differenti attività dei vulcani, sono ricchi di minerali come potassio, fosforo, zolfo, calcio, sodio, magnesio e microelementi. Foriere di nettari di assoluto riferimento in fatto di qualità e di peculiarità, partendo da nord, le aree conosciute per la loro produzione sono: T e r l a n o (Bolzano), Soave (Verona),l’areale della denominazione Lessini Durello (a cavallo tra Verona e Vicenza), quella del Gambellara (al confine tra le due province), Colli Euganei (Padova), Pitigliano (Grosseto), Orvieto (Terni), Montefiascone (Viterbo), Castelli Romani (Roma), Roccamonfina e Galluccio (Caserta), Campi Flegrei e Vesuvio (Napoli), Vulture (Potenza). Lasciando la Penisola scopriamo i suoli vulcanici dell’arcipelago delle Eolie (Messina), dell’Etna (Catania), di Pantelleria

(Trapani) e di Mogoro (Oristano). I l carattere “vulcanico”, si fa sentire già nella fase olfattiva: grande finezza e importanti ed eleganti persistenze ma poca intensità. Il frutto gioca nelle retrovie, perché è più evanescente e così le note speziate. La seduzione di un vino che nasce dalla lava continua anche al palato: prima acidi, poi salini, meravigliosamente freschi e piacevoli, velati eppure equilibrati, profilo che fa prevedere ottime capacità di tenuta nel tempo. Uno stile enologico inimitabile, panorami mozzafiato, geologia, storia e mito: un habitat dall’inesauribile forza creativa per il cuore e per il gusto.

DOMENICA 02 LUGLIO

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Dei cani e dei pesci BRIGANTESSA SERENA IANNOPOLLO Una bimba scende a mare col suo cagnolino. Giocano un pochino sulla spiaggia e poi lei decide di provare un gioco nuovo: lo trascina in mare e lo mette sotto l’acqua, così, per vedere cosa succede. Il cane cerca di uscire fuori ma lei lo tiene giù. Lo guarda curiosa. Il cane muore dopo lunghissimi minuti, e lei continua a giocare. Un bambino va a mare coi genitori e si annoia un po’, non sa che fare. Decide allora che il suo gioco sarà quello di pescare dei pesci. Prende il secchiello e la maschera e si avventura in mare. Prende una decina di pesci e li lascia dentro al secchiello, nell’acqua del mare. Poi arrivano gli amici e si scorda dei pesci. I genitori intanto sono rilassati sotto l’ombrellone. L’acqua si scalda e a poco a poco si fa insopportabile. I pesci muoiono uno dopo l’altro, senza rumore alcuno. Una storia è vera, l’altra è inventata. Decidete voi. La differenza tra le due è che un cane può almeno provare a difendersi, i pesci invece moriranno in silenzio perché non sono molto “di compagnia”. La morale della favola è che gli animali non sono giochi: né cani, né pesci, né uccelli e così via. Nessuno ha il diritto di torturarli. Esistono tanti giochi da fare a mare, non è un lodevole insegnamento quello di restare indifferenti alla morte di altri esseri viventi. Ricordiamoci che un domani i bimbi saranno grandi, cerchiamo di dare loro un esempio amorevole, che porteranno con loro e tramanderanno ai loro figli. E chissà forse, un domani potremo essere fieri di noi.



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