CONTROCOPERTINA
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SABATO 08 LUGLIO
squilibrati o papponi?
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bisogna intervenire Alcune giovanissime sono state fermate, a Siderno, in pieno giorno, da una donna sulla sessantina e un uomo sui quarant’anni. La donna chiedeva con insistenza “una sposa” per il figlio fino a spingersi ad avanzare richieste di prestazioni sessuali.
LIDIA ZITARA Capita a Siderno e in moltissimi paesi d’Italia. In città il fenomeno è molto più amplificato e incontrollabile: l’adescamento di giovani ragazze, magari in attesa alla fermata del bus o a passeggio in strada. È successo ad alcune giovanissime che sono state fermate, a Siderno, in pieno giorno, da una donna sulla sessantina e un uomo sui quarant’anni. La donna chiedeva con insistenza “una sposa” per il figlio, ma non è certo che si tratti della madre dell’uomo. I due si sono spinti a chiedere un rapporto sessuale, utilizzando sempre il dialetto. In caso si trattasse di una coppia di psicotici (non necessariamente madre e figlio), riteniamo che la cosa debba essere vagliata dai Servizi Sociali, e laddove si potesse configurare un reato, dalle Forze dell’Ordine. Francamente la possibilità che i due siano solo un po’ squilibrati non è affatto remota, ma nel caso in cui i due siano una coppia di “papponi” in cerca di giovani ragazze da introdurre alla prostituzione, non certo di una giovane sposa per un quarantenne, la questione sarebbe più preoccupante. Non è raro che ad adescare le giovani sia proprio una figura femminile, poiché la società tende (erroneamente) a considerare le donne come soggetti non pericolosi e non violenti. La giovane età delle ragazze importunate potrebbe indurre a pensare a una esplorazione in
cerca di volti giovani da far correre sul mercato della pornografia adolescenziale e sui numerosi gruppi WhatsApp e Facebook dai contenuti pornografici e violenti. È di qualche mese fa la rivelazione (che a pensarci su era del tutto prevedibile) che su Facebook girano foto di ragazze a cui seguono commenti di inaudita violenza. Si tratta di scatti “rubati” sui profili, non necessariamente osé, magari semplici selfie o foto di qualunque genere. E se pensate “a me non può succedere” vi sbagliate, perché può succedere a chiunque posti una sua foto. Zuckerberg dal canto suo ha dichiarato pochi giorni fa che i gruppi chiusi avranno più protezione e saranno blindati, ciò garantirà una più ampia libertà non solo ai vari imbecilli, hater e webeti diffusi sul globo, ma soprattutto ai pedofili e agli sfruttatori della prostituzione. Immaginiamo che le lobby dei pedofili e dei pedopornografi abbiano sborsato un bel po’ di milioni per ottenere questa super protezione. Questo è un evidente segnale di quanto la sicurezza delle donne sia in forte calo dagli anni Novanta a oggi. Approcci espliciti in strada sarebbero stati un tempo fermati dai passanti, oggi divenuti sempre più indifferenti alle ingiustizie, specie se compiute a danni di animali e donne. Un tempo qualcuno avrebbe chiamato i Carabinieri, oggi la difesa pubblica da parte di testimoni e astanti è pari a zero.
ATTUALITÀ
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Tutti pazzi per
Il Musaba Nei giorni scorsi Nik e Hiske hanno ricevuto la visita dell'attore Beppe Fiorello e del suo produttore, entrambi rimasti affascinati dalla bellezza del Musaba e dalla storia dei due artisti. Beppe Fiorello è impegnato in questi giorni a Riace sul set di "Tutto il mondo è paese", ispirato alla vera storia del sindaco Domenico Lucano. Si sarà trattato solo di una visita a un meraviglioso parco che profuma d'arte o l'attore e la sua produzione hanno in mente di girare una fiction anche su Nik e Hiske? Per adesso la coppia mantiene il massimo riserbo, così come sull'esito dell'incontro con il sindaco metropolitano Giuseppe Falcomatà di qualche settimana fa. Chi continua a declinare l'invito è, invece, il governatore Oliverio. Ma Nik e Hiske non perdono le speranze. C'è da salvare "Il Sogno di Giacobbe", la Cappella Sistina della Calabria. I primi interventi effettuati per salvaguardarla non si sono rivelati sufficienti ad arginare il deterioramento dell’opera tridimensionale, che si estende su tutta la volta e l'abside dell’ex Chiesetta dell’anno mille. Il famoso capolavoro, realizzato dall’artista Nik Spatari negli anni ’90, andrà distrutto se non si agisce in fretta! È necessario effettuare dei lavori di riqualificazione del tetto, per evitare le infiltrazioni d'acqua, che causano la caduta di frammenti colorati dalla volta.
CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo
Quando a essere ultimi diventa una (triste) abitudine. Le giornate estive molto frenetiche nella nostra vita di ogni giorno. Lo sono perché i ritmi biologici aumentano nella loro frequenza grazie al clima che ci offre più luce e maggiore libertà di movimento. Ma richiedono, viste le alte temperature, anche delle pause che dovrebbero indurci a riflettere superando quelle tipiche del torpore invernale, nel quale ci lasciamo sedurre dal soporifero abbraccio del calore che contrasta con il gelo della realtà. In questo gioco delle stagioni, credo si possa ricondurre anche il nostro modo di affrontare il quotidiano nelle sue diverse sfaccettature. Ovvero, se d’inverno ci adagiamo per inerzia, quantomeno d’estate dovremmo sentirci maggiormente dinamici e porre le premesse per affrontare le stagioni fredde riflettendo sul da farsi. Purtroppo sembra che non sia così. Cioè, pare che il nostro adagiarci su luoghi comuni, ogni tanto sfatati da qualche eccellenza estemporanea fatta uscire dal cilindro della politica o dal politico di turno, sia in fondo una virtù dal momento che la perdurante rassegnazione verso i nostri limiti alla fine sembra apparire quasi come un valore. Stranezze calabre, si potrebbe dire, ma che in fondo ci contraddistinguono e ci collocano ancora oggi come gli ultimi sopravvissuti di una novella verghiana dove il cambiamento di fatto è solo il vestito di circostanza che nasconde un corpo privo di fisica (e politica ed economica) sostanza. Ecco perché parlare, come accadrà, anche questa estate nelle piazze tra un premio ed un altro, celebrando eccellenze o rendendo dichiarazioni su crescita, occupazione o legalità sarà come celebrare dei non luoghi verso i quali sembra riaprirsi, visto che si parlerà del nulla, una corsa ad appropriarsene per le più disparate ragioni. Vi saranno coloro che disegneranno scenari iperbolici di rilancio; quelli che faranno, come fatto, della legalità un modo per disegnare mappe di nomi e luoghi noti da decenni per affermare le proprie convinzioni per poi ricordarci che non esiste uno Stato dimenticandosi che è anche loro sono lo Stato; coloro che ci diranno cosa si potrebbe fare pur vivendo, loro, nella comoda consapevolezza che governare dove c’è bisogno sia sempre la cosa più facile: una filo-
sofia di governance locale che dura da cinquant’anni nelle sue caratteristiche di un neofeudalesimo partitico e personale. Vi sarà chi, nell’associazionismo, troverà un buon motivo per inseguire una idea di riscatto, ma che piuttosto che essere un’idea condivisa lo sarà tale e solo sino al raggiungimento di un proprio scopo. Di fronte ad un simile scenario di estremo valore sociologico - che sarebbe sufficiente per far si che la Calabria e la locride possano rappresentare un case – study molto raro per una analisi che vede interfacciarsi diverse sfaccettature del potere e della vita civile – la domanda estiva alla fine, e che vorrei fosse proposta a chi parteciperà ad un qualche convegno estivo, ad una serata di discussione piuttosto che ad uno degli immancabili premie dove tutti parleranno di tutto, potrebbe essere la seguente: è questo ciò che vogliamo o che dobbiamo essere? Una terra criminale, da copertina e mappe anagrafiche? Considerarci ancora una terra senza futuro e senza riferimenti? Costretti ad ascoltare sempre lo stesso nastro che si riavvolge sui luoghi comuni di crescita, sviluppo e legalità narrati nel senso che fa più comodo a chi lo racconta o che piace di più ai media? Vogliamo evitare un esame critico su noi stessi e sulla nostra incapacità di riuscire ad andare oltre il quotidiano, oltre la paura della criminalità o di una legalità che reprime e che non da risposte alle domande dei giovani di avere tutele sociali e opportunità vere e concrete di crescita? Estate a parte, non credo che ci rimangano molte possibilità per rispondere a tutti questi interrogativi oltre ad un ultimo e solo argomento: riconoscere i nostri difetti, mettere da parte quel nostro orgoglio gratuito che ha trasformato per anni in eccellenze quel poco di normale che avevamo per dimenticare, in fondo, che inverno ed estate sono stagioni della vita. Una vita che abbiamo vissuto e che viviamo senza essere protagonisti se non per copertine criminali che criminalizzano tutti e tutto e dove la dignità di una regione viene privata ancora una volta della sua storia, del suo diritto ad un futuro diverso, stretta tra il giogo del crimine che si sostituisce allo Stato, una legalità che se giustamente reprime meno giustamente non propone, uno Stato che dimentica gli altri suoi doveri e una politica sempre più autoreferenziale e inconcludente.
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GIUDIZIARIA
L’autonoma valutazione del giudice E’ ormai pacifico che a seguito di una richiesta da parte del Pubblico Minister di applicazione di una misura cautelare si debba ricordare che l'art. 292 co. 2 lett. c) e c bis c.p.p., come modificato dall'art. 8 della L. 47/2015, impone, a pena di nullità, al giudice di compiere e darne atto nella motivazione del provvedimento cautelare personale un' autonoma valutazione del materiale indiziario e delle esigenze cautelari. Sebbene il senso della norma sia ovviamente quello di evitare che il GIP - cedendo alla tentazione di utilizzare la motivazione preconfezionata dal PM e riproponibile senza difficoltà grazie ai sistemi di videoscrittura - ometta di esercitare il proprio vaglio di fondatezza della richiesta cautelare creando motivazioni apparenti perche consistenti di una mera riproposizione dell' apparato argomentativo posto dal P.m. a fondamento della propria richiesta , ciò non può ovviamente risolversi nel divieto "tout court" di utilizzare quelle parti di motivazione, della suddetta richiesta, che il Giudice ritenga esprimere valutazioni giuridicamente ed in fatto corrette ed assolutamente condivisibili perché corrispondenti a quanto emergente dagli atti. Invero, ciò significherebbe frustrare le ragioni di tutela delle esigenze cautelari - che spesso si connotano per caratteristiche di urgenza incompatibili con un lavoro redazionale complesso ed accurato ex novo senza alcuna oggettiva necessita, atteso che ciò che la norma intende garantire e che il Giudice eserciti un effettivo vaglio del materiale indiziario, e non che manifesti dati di reinvenzione letteraria. Non a caso, e bene sottolineare, l'art. 8 L. 47/2015, nel novellare l'art. 291 c.p.p., ha richiesto che il requisito dell’autonomia caratterizzasse la valutazione, e non già l’esposizione del materiale indiziario, sebbene anche 1’esposizione di tale materiale appartenga ai requisiti necessari dell'ordinanza cautelare. Non può che trarsene l'interpretazione - altra non apparendo possibile di fronte al diverso trattamento dal Legislatore riservato all'attività di esposizione rispetto a quella di valutazione che il GIP ben possa riutilizzare l'esposizione argomentativa del P.M. nella parte in cui essa si limiti ad indicare ed esporre il materiale probatorio acquisito, essendo invece necessaria che il GIP assicuri di aver operata una propria autonoma valutazione del suddetto materiale, e cioè del valore e del significato probatorio, in termini di gravita indiziaria, del materiale raccolto durante le indagini. Anche per quel che attiene la "autonoma valutazione" del materiale indiziario, ciò che la norma peraltro intende, e che e quindi necessaria assicurare, e che, conformemente alla previgente giurisprudenza - di cui la norma appare voler essere una codificazione resa necessaria da esigenze di chiarezza e completezza di sistema per la previsione della contemporanea previsione della impossibilita, per il Tribunale del riesame, di sanare la relativa nullità e che il Giudice dimostri, attraverso la propria motivazione, di non essersi limitato ad uno sterile "copia e incolla", ma di aver valutato le risultanze degli atti ed il loro significato indiziario.
Emergenza ambientale Botta l’ex proprietario della Bp, pino scarfò, scrive a Riviera
IlR
LA LETTERA
“LOcride svegliati” RISPOSTA ALL'ALLARME ”LOCRIDE SALVATI". Stanno giocando a chi La spara più grossa e/o non sanno di cosa stanno parlando?
L
a notizia in prima pagina, a caratteri cubitali, sul settimanale della Riviera n° 26 di domenica 25.06.2017, dal titolo “LOCRIDE SALVATI”, descrive una situazione a dir poco disastrosa, non solo per Siderno ma per l’intera Locride e raccomanda la partecipazione massiva alla manifestazione ”ecologica” per i gravi pericoli che, all’improvviso, si correrebbero in tutto il comprensorio, per rischio tumori da inquinamento. Detta notizia fa seguito ad un video con intervista al Sindaco di Siderno, ambientato presso il sito della ex Industria di Chimica Farmaceutica “LABORATORIO BP”, posto sotto sequestro dall’Autorità Giudiziaria sin dal 1994, nel quale il Primo Cittadino Sidernese, accompagnato dal Vescovo e con fare convinto e deciso, ha anticipato l’ecIatante “novità” della presenza di oltre 900 tonnellate di rifiuti chimici altamente pericolosi che determinerebbero oltre a grandi disagi, l’innalzamento dell’incidenza di gravi patologie tumorali a carico della zona Locridea. La cosa, se supportata da elementi scientifici, sarebbe veramente preoccupante e per tale motivo sarebbe opportuno che tramite chi di dovere, cioè le lstituzioni preposte, si informasse Ia gente, nel modo corretto, sull’incidenza delle patologie tumorali sul territorio sidernese . Risulta invece che per questa ex realtà industriale, affidata dal 1994 ad un custode giudiziario ed ad un amministratore, sia stata svolta, per ordine della Procura della Repubblica di Locri, sin dal 1994, ogni verifica e nel modo più puntuale possibile, a cura di tutte le massime istituzioni tecniche e scientifiche individuate dalla stessa Procura della Repubblica. Pare veramente singolare che alla Procura della Repubblica di Locri sia potuta sfuggire qualcosa di tanto importante che, invece, non solo è apparsa chiara ma ha fortemente preoccupato I’attuale Sindaco di Siderno. Dalla verifica effettuata dal Tribunale di Locri e dalla documentazione relativa alla ennesima verifica avvenuta diversi anni fa su iniziativa del Tribunale, è risultato che, presso l’area industriale in questione, erano esistenti 200 fusti di materie prime e prodotti intermedi di natura organica. Si trattava di materie prime dell’Industria sequestrata che, se maneggiate nel modo corretto, non costituivano alcun pericolo né lo hanno costituito durante i trent’anni trascorsi in stato di abbandono. Le 900 tonnellate di rifiuti riferite dal Sindaco Fuda forse sono verosimilmente frutto di una svista: il Sindaco, non essendo pratico di tali impianti, ha probabilmente confuso gli apparecchi di acciaio inox e l’acciaio delle strutture con i rifiuti chimici. Amareggia il dover constatare che persone in buona fede soffrano, suggestionate da notizie allarmanti anche se prive di ogni fondamento. C’é da dire che il vero pericolo, e questo sì che è scientificamente provato, potrebbe derivare dall’effetto nocebo per il procurato allarme prodotto dalle notizie diffuse dalla Riviera e dal Sindaco. Non ci rendiamo conto di come tanta partecipazione di politici, associazioni, giornalisti e quant’altro, tutte persone ligie alle Leggi, desiderose di Iegalità, pronte ad intervenire per risolvere i problemi del mondo e che attribuiscono agli altri Ia responsabilità della carenza di Iavoro nel nostro territorio, si permetta, senza sapere, di disprezzare e condannare il Lavoro Onesto e Pulito degli altri, che
con tanta Dignità hanno portato occupazione e sviluppo in questo paese e come, invece, non abbiano mai individuato nelle civili abitazioni, abusive in zona industriale, il vero motivo del disagio oggi lamentato. Un vivo affettuoso pensiero va ai Lavoratori della fabbrica e a quanti hanno collaborarono sin dal 1979 alla realizzazione ed alla conduzione a Siderno di una delle attività più importanti, difficili e di alto profilo tecnico scientifico come la chimica fine. Per Loro, che erano ben 35 unità, comprensive di laureati in Chimica, in Ingegneria, periti industriali, nessuno si é preoccupato: neanche per esprimere un cenno di solidarietà. Ma Loro, che conoscono come sono andate le cose e conoscono la storia della “Laboratorio BP”, sono orgogliosi di aver prodotto a Siderno tante tonnellate di una sostanza , la seconda produzione al mondo, del principio attivo che per primo ha permesso la guarigione dell’ulcera gastrica senza ricorrere all’intervento chirurgico: la “CIMETlDINA”. Per quanto riguarda la trovata ”folcloristica”, che si sarebbe trattato di fabbrica non voluta altrove e venuta a Siderno perché rifiutata altrove, è semplice e si dimostra da solo come tale assunto sia falso, e che è piuttosto il nostro contesto paesano ad ”intossicare” tutto: la zona industriale di Siderno, infatti, è sorta prima del 1979, anno di nascita del Laboratorio BP, precisamente nel 1974 quando fu approvato il Programma di Fabbricazione del comune di Siderno, e l’ubicazione dell’industria in tale zona, é stata condizione per l’approvazione del progetto della stessa. Sarebbe bastata una corretta gestione del territorio a non determinare disagi ad alcuno: il Programma di Fabbricazione prevedeva una zona filtro, da non edificarsi, compresa tra il torrente Lordo ed il torrente Arena e chi conosce il territorio di Siderno sa che un filtro largo 500 metri era più che sufficiente per evitare qualunque commistione tra insediamenti abitativi ed insediamenti industriali. Se colpa della “politica” ci fu, non fu certo del Sindaco dell’epoca, il Preside Peppino Brugnano, specchiato Galantuomo che altro non fece che rispettare la normativa urbanistica vigente all’epoca senza cedere alla facile retorica od alla facile ricerca di consenso elettorale. La colpa, invece, fu di chi non arginò la speculazione fondiaria e l’abusivismo edilizio nella Zona Industriale, che in quegli anni furono tollerati dalla “politica” ed anche, purtroppo, sostenuti da lobby tecniche che prima si prestarono alle progettazioni e poi gestirono le sanatorie ed i condoni edilizi. Si potrebbe, ancora, scrivere, forse si dovrebbe scrivere ancora tanto ma si rischierebbe di tediare, e poi, come insegnato dal Professore Onorevole Antonio Martino, un discorso é come la minigonna: deve essere abbastanza corto per non annoiare ma anche abbastanza lungo per coprire I‘argomento. Sia, però concessa una riflessione: la vicenda della “LABORARORIO BP” ed il dibattito che si è andato sviluppando su di essa, con l’invito alla mobilitazione dei cittadini sidernesi per il prossimo 8 luglio, non diventi un alibi per negare a Siderno un suo futuro sviluppo produttivo del quale Siderno fu, in altri tempi, un invidiato modello e dal quale, va detto con orgoglio, per lunghi anni il Paese trasse lavoro ed occupazione per i suoi cittadini. Pino Scarfò
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h c a Non ci È mai interessato conoscere il colpevole ma l'entità del danno da questi provocato. Con la sua lettera Pino scarfò si è puntato addosso la lampada di un interrogatorio che nessuno aveva intenzione di fargli. Anche perchè la verità era già venuta fuori a suo tempo.
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO La questione "Bp" non è per il nostro giornale un'eclatante novità. E, a quanto ne sappia, non lo è neppure per il sindaco di Siderno, Pietro Fuda, che lo scorso 13 settembre, considerando la situazione non più rimandabile, ha sollecitato il Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria a procedere ultimando i lavori di bonifica e messa in sicurezza dell'area, iniziati nel 2003. A quel punto scopre, però, che il suo non è affatto un sollecito: negli ultimi tredici anni negli archivi del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria non esiste alcuna domanda formale di inserimento nei piani di bonifica dell’area della ex Bp. Perciò, la invito a chiedere a chi ha amministrato prima dell'attuale sindaco le ragioni per cui non si è fatto abbastanza per ottenere la bonifica, tanto che ancora oggi la stampa è costretta a riproporre notizie non più eclatanti ma comunque drammatiche. Vede, qui l'eclatanza è nel non riconoscerne la drammaticità. O forse no, non è eclatante nemmeno quello ormai. Non in nome dell'eclatanza, pertanto, ci siamo mossi. E neppure dell'esasperazione derivata dall'assistere a quel modo di non fare le cose come andrebbero fatte. Il nostro giornale ha scelto di concentrarsi sul fatto che, se il passato è stata un'impresa malriuscita, fallita, persa, il futuro è progetto e il presente cantiere. Non ci interessava conoscere il colpevole ma l'entità del danno da questi provocato. Con la sua lettera si è puntato addosso la lampada di un interrogatorio che nessuno aveva intenzione di farle. Anche perchè la verità era già venuta fuori a suo tempo. Mi riferisco all'inchiesta della Procura della
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manifestazione cittadina siderno salvati oggi ore 11 Piazza municipio
a e risposta
o l o c i r e p l VIERA
Icamente provato” R tifi
? a r u a p a f hi Repubblica di Locri avviata all'indomani dello scoppio, avvenuto nel novembre del 1994, di un reattore per la produzione di metanitrotioanisolo che provocò l'incendio della fabbrica, crollo parziale della stessa, danni alle abitazioni circostanti nel raggio di un centinaio di metri e lesioni a due dipendenti. È la medesima inchiesta che lei ha ricordato sottolineandone la puntualità certosina, un'inchiesta che all'epoca non le riconobbe, però, la stessa accuratezza e diligenza. Dalla relazione di consulenza tecnica redatta dal professor Giovanni Sindona e depositata alla Procura della Repubblica di Locri il 15 luglio del 1995 emerge, infatti, che una volta reperite le schede di lavorazione inerenti ai cicli produttivi della Bp impresa non facile per "inadempienza dei responsabili dell'azienda i quali non sono stati in grado sin dal primo sopralluogo di mettere a disposizione dei CTU tutta la documentazione richiesta" - non si potè che constatare "una descrizione sommaria del ciclo di produzione" e un'indicazione generica dei rischi per l'operatore. Anche la descrizione dei metodi di smaltimento dei reflui e delle emissioni gassose risultò lacunosa e furono "quasi mai disponibili i certificati d'analisi dei prodotti finiti". È alquanto singolare che chi si limitò a indicare genericamente i rischi per l'operatore e che amministrava un'azienda in cui - si legge nella relazione di Sindona - "non esistevano sistemi di sicurezza interna ed esterna per quanto attiene all'attivazione dei cicli produttivi" adesso, tutt'a un tratto, punti il dito sulla mancata sensibilità di politici, associazioni e giornalisti che non hanno speso una parola per i 35 lavoratori della ex Bp. Saranno anche orgogliosi gli ex lavoratori
di aver prodotto il principio attivo per la guarigione dell'ulcera gastrica, la cimetidina, l'unica produzione - si badi bene - ad aver ricevuto le previste autorizzazioni, ma operarono in condizioni di insicurezza. Nella fabbrica si procedeva, ad esempio, anche alla sintesi dell'intermedio NIF/2 un processo in cui si sviluppava anidride solforosa, altamente inquinante e per cui non era nota la metodologia del suo abbattimento. L'anidride solforosa è fortemente irritante per gli occhi e il tratto respiratorio, può causare edema polmonare e una prolungata esposizione può portare alla morte. Non mi soffermo su tutti i processi non autorizzati ma questo è quanto riportò in conclusione Sindona: "I cicli produttivi anche se avessero ricevuto le necessarie autorizzazioni e fossero stati condotti secondo le norme di sicurezza vigenti, non sono compatibili con insediamenti abitativi nelle vicinanze". Nel 1982, anno in cui la fabbrica venne trasferita nella zona di Pantanizzi, nelle immediate vicinanze esistevano numerose abitazioni private, alcune delle quali risalenti ai primi del '900. Anche se fu la politica ad adibire quell'area alle industrie, non l'autorizzava di certo a inquinare. Senza contare che le emissioni inquinanti non si sarebbero contenute all'interno di un perimetro stabilito convenzionalmente sulla carta. Ma torniamo all'inchiesta della Procura. Da una seconda relazione a firma dell'architetto Francesco Suraci si legge: "Dall'esame della complessa pratica progettuale, appunto perchè sviluppata in un arco temporale di circa 15 anni, è emersa l'incompletezza degli atti e dell'iter autorizzato". In esito al giudizio di primo grado, nel 2003, il Tribunale di Locri la ritenne colpevole del
reato di violazione aggravata dell'art. 437 c.p. per avere dolosamente omesso di predisporre le misure di sicurezza idonee a impedire lo scoppio, e la condannò a 3 anni di reclusione. Lo stesso tribunale dichiarò, invece, non doversi procedere in ordine al reato di cui all'art. 449 c.p. (disastro colposo) perchè estinto per prescrizione. La decisione di condanna fu confermata dalla Corte di appello di Reggio Calabria. Il suo avvocato presentò ricorso in Cassazione, ma venne respinto. Queste le motivazioni che riporto per chi non le conoscesse e per chi avesse voluto sorvolarle: "L'esistenza degli estremi del reato di cui all'art. 437 c.p. è stata invero dalla Corte territoriale ineccepibilmente dimostrata attraverso un'ampia analisi di tutto il materiale raccolto, senza trascurare gli elementi addotti dalla difesa, in esito al quale è stato evidenziato, con adeguato apparato argomentativo del tutto immune da vizi sindacabili in questa sede, che gli ampliamenti dello stabilimento erano stati realizzati senza provvedere alle relative denunce agli uffici competenti (per cui il reattore esploso non era ancora stato sottoposto a collaudo), che la struttura metallica del capannone ove si è verificato l'incidente non è risultata idonea a contenere le apparecchiature e l'impianto elettrico non è risultato conforme alla normativa antinfortunistica, che mancava un piano per la manutenzione dell'intera azienda e in particolare dei reattori e che al momento del sinistro non era ancora stato rinnovato il certificato di prevenzione incendi, come era invece necessario trattandosi di lavorazione con l'impiego di solventi e altri prodotti infiammabili, possibile formazione di gas e alto rischio di esplosione (per cui si sarebbe dovuto allocare il reattore a tale
lavorazione adibito in zona sicura, lontano dagli altri reattori e da insediamenti abitativi e industriali). È stato inoltre evidenziato come a fronte di tutte queste inadempienze non solo manutentive e della situazione di pericolo che ne era derivata, chiaramente percepibile da chiunque in qualsiasi posizione in quell'ambiente operasse, fosse del tutto improponibile la tesi difensiva del caso fortuito, ancora avanzata nei motivi di ricorso peraltro senza alcun concreto supporto". Il ricordo che lei oggi conserva della Bp come fabbrica in grado di offrire "Lavoro Onesto e Pulito" viene, pertanto, smentito da questa sentenza. Mentre risulta misero il suo tentativo di consegnarci un affettuoso pensiero nei confronti dei suoi lavoratori, sui quali non esitò a scaricare le sue colpe: "Il tentativo dell'imputato - prosegue la sentenza della Cassazione - di trasferire l'intera responsabilità dell'accaduto sul personale cui a suo dire aveva affidato la gestione dei reattori (il dr. G. e l'ing. A.K., le dichiarazioni del quale ultimo, peraltro risultato privo di competenza in materia di processi chimici, sulla attività di manutenzione personalmente svolta sono state ritenute poco attendibili dai giudici del merito) appariva vano". Queste, quindi, le conclusioni: "Il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sè solo funzioni amministrative." Sfuma così anche il suo ricordo di un'attività di alto profilo tecnico-scientifico. Mi sembra di capire che il suo timore, ades-
so, sia che la manifestazione di oggi possa negare a Siderno un suo futuro sviluppo produttivo. Ho rispolverato l'estratto del processo verbale della giunta regionale riunitasi il 23 novembre 1992. L'oggetto in questione era la costruzione di un nuovo impianto di smaltimento di rifiuti speciali tossici e nocivi che andasse a sostituire quello allora esistente all'interno del laboratorio Bp. Tra le emissioni inquinanti di cui si stabiliva il valore limite compare una sostanza sulla quale credo sia superfluo soffermarsi: il cianuro. Mi auguro che oggi Siderno scelga tutt'altra via di sviluppo. E che le istituzioni, che per anni si sono avvicinati alla questione "Bp" per poi allontanarsene quando non tornava loro più utile, stringendosi nelle spalle, ascoltino una buona volta i cittadini. L'aver interpetrato la nostra adesione alla manifestazione di oggi come un attacco alla sua persona è stato un errore. Siderno non deve salvarsi da Pino Scarfò ma da una bomba ecologica nascosta per troppi anni grazie a una viscosa e prolungata manipolazione di echi e a coscienze coperte di patina. P.S. Un ringraziamento ai gentili colleghi giornalisti che si sono arrogati il diritto di pubblicare una replica (che poi replica non è visto che è a firma di chi non è mai stato chiamato in causa) indirizzata al nostro giornale sulle loro testate, contravvenendo in tal modo a qualsiasi etica deontologica. Non volendo avete fatto pubblicità al nostro settimanale.
ATTUALITÀ
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Incarico istituzionale
in vista per Francesco Rispoli?
Coldiretti a Roma contro un accordo a danno degli agricoltori calabresi La delegazione della Coldiretti Calabria si è riunita a Roma per manifestare contro il trattato di libero scambio con il Canada, che per la prima volta nella storia dell’Unione Europea accorda a livello internazionale il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti tipici spalancando le porte all’invasione di grano duro e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero. Nell’occasione Molinaro ha chiesto ai parlamentari calabresi di non ratificare l’accordo.
Il consigliere provinciale di centrodestra Francesco Rispoli si è lasciato ritrarre, durante un recente incontro istituzionale, con i massimi vertici del centrodestra nazionale. Nella foto in allegato riconosciamo il senatore Tonino Gentile, il consigliere regionale Giovanni Arruzzolo, Angelino Alfano e due altri consiglieri provinciali del NCD. È tempo di “promozione”, per il nostro?
Caulonia: una giunta tutta rosa vorrà pur dire qualcosa! È una bellissima giunta rosa quella insediatasi a Caulonia la scorsa settimana. Dopo l’elezione al fulmicotone di Caterina Belcastro in qualità di nuova prima cittadina della città della Locride, sono ben cinque le donne elette nel consiglio comunale. Un grosso segnale di discontinuità rispetto al passato!
avviso L.A.Do.S. rinnova l’appello a donare il sangue nella piazze del reggino
Continua l’emergenza sangue, nel nostro territorio. Per questo motivo, dopo la raccolta ematica straordinaria della scorsa settimana, la L.A.Do.S (Locride Associazione Donatori Donatori Sangue) rinnova l’appello alla cittadinanza e agli organi di stampa affinché non ci si dimentichi che i malati non vanno in vacanza, che la solidarietà sociale è indispensabile per sostenere le fasce di popolazione in difficoltà e che ogni contributo, nel rispetto delle normative garanti della salute del dona-
tore e del ricevente, è indispensabile al fine di soddisfare il fabbisogno di sangue necessario a sostenere il nostro stesso territorio. •I prossimi appuntamenti per la raccolta ematica dell’associazione sono •Oggi, domenica 9 luglio, a Galatro, piazzale Torre Gemelli •Giovedì 13 luglio a Marina di Gioiosa jonica c/o sede associazione •Sabato 15 luglio a Bova Marina, via Fiume ex Mercato Coperto •Domenica 16 luglio a Bivongi c/o struttura ASP
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Siderno: I ragazzi dell’Artistico ridanno vita alla S.Barbara dei Vigili del Fuoco
Qualche settimana fà è stata riconsegnata la statua di Santa Barbara ai Vigili del Fuoco di Siderno dopo una certosina opera di restauro. Il ripristino pittorico dell’effigie è stato realizzato da Paolo Tedesco e Mattia Melia della classe 1ªB del Liceo Artistico, coordinati nel proprio lavoro dalla professoressa Daniele. La ricostruzione delle parti mancanti, invece, è stata ad opera del professore Papandrea, che ha coordinato il lavoro condotto dalla classe 1ªA del medesimo istituto artistico.
Varacalli non dimentica l’amore per la sua Gerace L’ex sindaco di Gerace, Pino Varacalli, continua la promozione della propria città anche oggi che non ricopre più un ruolo istituzionale comunale. Recentemente, infatti, ha voluto partecipare attivamente alla Prima alla conferenza programmatica delle Città del Mezzogiorno svoltosi a Messina, durante il quale ha avuto modo di confrontarsi anche con il Ministro Marianna Madia. Ma non finisce qui: Varacalli sta facendo promozione anche sui social, come testimonia un suo recente intervento sotto un post in cui venivano tessute le lodi di Taormina, al quale ha risposto di visitare la sua Gerace prima di confermare quella prima bellissima impressione.
ATTUALITÀ
La riflessione di Domenica Bumbaca, impiegata del Call&Call, dimostra come, dietro la “razionalizzazione” che rischia di far chiudere la sede locrese, si nasconda il dramma di 130 impiegati e delle loro famiglie che oggi, a dispetto delle belle parole istituzionali su sviluppo socio economico, legalità e occupazione, hanno solo disoccupazione, lavoro nero, emigrazione e criminalità come alternative per il futuro.
Locri
Call&Call Lokroi:
130
dipendenti
senza
futuro?
La voce si abbassa e le tue forze ancor di più. Il cuore batte forte e ogni pensiero si confonde con la paura, il terrore di non poter garantirti una vita tranquilla e dignitosa, di non poter garantire ai tuoi figli e ai tuoi cari il necessario per vivere e non sopravvivere. Manca il fiato alla notizia di un possibile licenziamento collettivo di 130 persone. 130 è un numero che dietro nasconde 130 vite moltiplicate per un numero indefinito. Perché quando spezzi la vita lavorativa di un padre di famiglia stai spezzando la serenità dei suoi figli, della propria moglie, dei parenti e degli amici, nonché dei colleghi. Quando dici a una mamma che il suo lavoro sta per terminare, si spegne la luce di quegli occhi che guardano il proprio figlio sorridere; se blocchi l’entusiasmo di un giovane venticinquenne che vive nella Locride, dove, oltre l’emigrazione per il lavoro e per gli studi, ha solo l’alternativa della disoccupazione, e se ti imbatti purtroppo in vie pericolose, anche della malavita, perché per fare l’imprenditore di se stesso non ne ha avuto le possibilità, blocchi l’opportunità di ringiovanire un luogo; immagina la vita di una dializzata che trova riparo nel suo lavoro, aiutandola anche a curarsi (ahimè deve elemosinare non solo il diritto alla salute ma anche al lavoro, in questa nostra terra di precarietà e disservizi); se dici ad una donna divorziata con alle spalle un drastico matrimonio che non potrà rientrare nei piani aziendali, la stai separando nuovamente dalla possibilità di rifarsi una vita; se vedi una giovane coppia mano per la mano scendere le scale di quell’immobile e chiudere la porta, hai chiuso ogni accesso per costruirsi un futuro, come il destino di marito e moglie che perderebbero entrambi il lavoro. Perché per ogni numero che una azienda conserva nel libro dei lavoratori, per ogni matricola, c’è dietro una vita, fatta di sentimenti, speranze, progetti, sacrifici. Lavori nella tua città e hai costruito la tua vita familiare, i tuoi sogni, coltivi le tue passioni dove sei nato, fai della tua attività lavorativa una ragione di vita di cui andare orgoglioso, vedi la tua città viva grazie al tuo contributo da dipendente di un’azienda costruita e cresciuta con dedizione e rispetto del lavoro e dei lavoratori, ma all’improvviso, per un ragionamento che si distacca dalle emozioni, dalle vite di ognuno, dai sentimenti, ma che segue la linea del profitto e degli interessi, tutto diventa surreale. Call e Call Lokroi, è nominata per essere un’ azienda di cui andare fieri, perché il lavoro è retribuzione, il lavoro è diritto, il lavoro è forza ed unione, il lavoro è colleghi ed amici, il lavoro è opportunità di crescita, il lavoro è coscienza. Imprenditori del nord che investono al Sud con altri uomini del sud e proseguono un progetto tutto made in Locri con uomini del posto che fiutano l’opportunità di crescere. Imprenditori che credono in questa terra e vengono supportati da finanziamenti pubblici, vengono spinti dall’entusiasmo di imprenditori, sostenuti dal lavoro di uomini e donne. Ma spesso ti accorgi che non basta e qualcosa che sa di paradosso spezza l’armonia. Per quanto tu possa fare, spesso gli obiettivi non sono uguali per tutti così, pur avendo le carte in regola, pur vincendo una gara tra i migliori competitor dei call center, il tuo committente (questa la comunicazione ufficiale dei sindacati) non ha i tuoi stessi piani, o meglio, detta legge e, dunque, propone altre mete. Locri diventa un luogo da penalizzare, da scartare, perché, come riferito alle sigle sindacali dalla stessa Azienda, per una migliore organizzazione e logistica, la sede di Casarano, una delle sedi della Call e Call holding, su territorio pugliese, più si addice alle esigenze del committente. È il mercato degli affari, l’azienda deve accettare (?), nulla può (?), e quell’orgoglio di appartenere a Call e Call Lokroi si trasforma in rabbia. Maledetti noi che restiamo in questa terra, dove il lavoro lo devi elemosinare e lo perdi per un semplice motivo: questa terrà non è fertile. Ma chi lo spiega ai nostri figli? Chi lo dice a loro che il coraggio di restare e vivere in questa terra non è un esempio da seguire ma da condannare? 130 licenziamenti. Alternative? Disoccupazione, lavoro nero, emigrazione, criminalità. La dura legge di chi resterà in questa terra, perché i diritti sono calpestati. Ho iniziato a lavorare subito dopo la laurea, facendo delle mie passioni un lavoro, per poi incontrare Call e Call e innamorarmene. Alti e bassi, dolori e gioie, schiaffi presi e accettati, ingiustizie subite, crollo morale e fisico. Ma sempre con la schiena dritta e a testa alta con orgoglio ho indossato questo mestiere (che mi sta stretto ma che rispetto) perché di fronte a me ho l’onestà intellettuale, una retribuzione vera e non elemosinata e un’occupazione nella mia città che mi ha permesso di costruire una famiglia, mi ha dato le basi per costruire altri progetti e crescere insieme ad altri uomini e donne. Io sono qui. Non lo so cosa mi spinge ancora a credere in questa terra, dopo essere stata bistratta sul mio posto di lavoro, dopo aver ricevuto delusione dalla mia passione giornalistica, il mio primo impegno (guai però a chiamarlo lavoro, perché ad avere una busta paga lì era un sogno), dopo aver visto andare in frantumi il progetto sportivo costruito con mio marito e altri giovani imprenditori, dopo essere stata svegliata più volte nel cuore della notte dagli spari e dalle barbarie di alcuni bastardi che hanno minacciato la mia famiglia. Non lo so perché la Calabria non mi fa andare via. Eppure ai miei figli sto insegnando ad amare la propria terra. Ad apprezzare ogni singolo angolo di questo luogo bello ma difficile. Sono sicura che cresceranno più forti e coraggiosi. In questi 10 anni lavorativi anche io sono cresciuta e diventata più forte. Ricordo i primi momenti vissuti in Call e Call, quando ancora eravamo persone, anime con una storia tutta da raccontare e c’era pure qualcuno che ci ascoltava: il nostro capitano. Colui che ci abbracciava e ci aiutava a rialzarci ogni qualvolta si cadeva. Si cresce ed, erroneamente a mio avviso, si pensa che di quella figura puoi farne a meno. Invece no! Tu di un padre non puoi mai farne a meno. Ma devi andare avanti e lo fai anche con altri uomini, sapendo che il tuo capitano è sempre lì, sta in disparte però. Oggi ci ritroviamo senza un servizio e una parte di call center rischia il licenziamento collettivo. Locri sarà depotenziata. Eppure parlano tutti di sviluppo socio economico, di legalità, occupazione. Saranno numeri ad andar via ma io so che quei numeri sono storie da vivere, da raccontare, sono persone con cui ho lavorato e spero di farlo ancora; sono cuori che battono per questo territorio, sono sorrisi che regalano soddisfazioni, sono voci di uomini e donne che, onestamente, fanno il loro lavoro e, nonostante qualcuno li critichi, sono invidiati. Vedo i loro occhi e ascolto le loro voci, si sforzano al telefono con il cliente, si sente la rabbia e la malinconia, si respira un’aria diversa a Call e Call e, per quanto assurda possa essere la realtà, è questa. Non parliamo di chiusura ma di possibili 130 licenziamenti. Domenica Bumbaca
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SABATO 08 LUGLIO 11
Definirsi amanti della natura e del biologico non basta, bisogna dimostrarlo. La macelleria Giorgini di Siderno, l'unica nella Locride a vantare il marchio I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) sinonimo di prodotti enogastronomici tipici di alta qualità, ha scelto di condividere con i propri clienti il valore della trasparenza, del gusto e del benessere puntando al Bio e al naturale. Per la macelleria Giorgini bio e natura non sono semplicemente una tendenza, ma una vera e propria vocazione: solo così è possibile offrire prodotti che rispettano l’integrità del territorio per recuperare l’autenticità e la genuinità dei sapori. Scegliere le carni biologiche della macelleria Giorgini ma anche i formaggi, i salumi, le marmellate, la pasta significa portare in tavola il vero piacere della qualità. Da Giorgini trovi il Grana Padano D.O.P al Naturale ovvero prodotto senza l'uso di conservanti. Altra eccellenza che potrai gustare da Giorgini e la carne di Suino Nero di Calabria, allevato secondo natura. L’alimentazione rustica dei suini neri garantisce alla carne un gusto dolce e deciso, con striature di grasso rosate che danno delicatezza al palato. Il segreto dei prodotti Giorgini è la terra, che viene rispettata, aspettando pazientemente la rotazione del terreno, usando solo concimi naturali; il resto del lavoro lo fa la passione che da anni li contraddistingue.
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SABATO 08 LUGLIO
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SOCIETÀ
SABATO 08 LUGLIO 14
LA SCUOLA CALABRESE TRA I RITI DEI PROGETTI LEGALITA’ E IL RECORD DEI FURBETTI DELLA LEGGE 104 VITO PIRRUCCIO Ogni anno, in questo periodo, la rivista TUTTOSCUOLA fondata nel 1975 da Alfredo Vinciguerra, oggi diretta da Giovanni Vinciguerra e coordinata dal dinamico ispettore Alfonso Rubinacci, ci mette davanti agli occhi un dato inquietante: i furbetti della Legge 104 continuano imperterriti a farla da padrone, ma solo al Sud e, in particolare, in terra di Calabria la cui scuola, da un lato, celebra i riti della legalità e, dall’altro, si misura quotidianamente con la “carica dei 104” (docenti e personale ATA che, in spregio a una legge di civiltà, surclassano i colleghi nei trasferimenti, nelle precedenze di assegnazione plessi, nelle graduatorie dei perdenti posto in caso di esubero, nelle assenze autorizzate; beneficiano delle deroghe nei casi previsti dalla Legge Fornero, ecc.). Siamo alle solite: ci si indigna a cadenza annuale, salvo ritornare come prima dopo gli strali. I dati TUTTOSCUOLA, ripresi e commentati magistralmente da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 2 luglio scorso, fotografano una mappa implacabile della furbizia, elevata a sistema, e colpevolmente assecondata dall’inerzia di uno Stato che, anche quando tale pratica illegittima viene documentata, non riesce a restituire giustizia né agli interessati né alla collettività che, a questo punto, ha buoni motivi per alzare bandiera bianca in segno di resa. Gian Antonio Stella nel suo articolo “La beffa dei disabili a carico, record dei maestri furbetti trasferiti nelle scuole del Sud”, richiama alla nostra attenzione la famosa dichiarazione del provveditore di Agrigento Raffaele Zarbo, apparsa su “La Sicilia”: “Non c’è alcuna norma che costringa a revocare il trasferimento ottenuto grazie alla precedenza suddetta, nel caso in cui la stessa venga revocata dopo il medesimo trasferimento.” E, ancora, rincara la dose sottolineando il giudizio di Ignazio Fonzo, magistrato impegnato a smascherare gli imbroglioni, il quale conferma: “Già il rimpatrio là dove chi ha fatto il furbo stava, per me, è poco. Che razza di esempio dà un professore che imbroglia? Lo rimettiamo in cattedra ad insegnare? Cosa insegna agli studenti: “Furbizia applicata”? Ma queste sono le regole. Se non le cambiamo noi giudici possiamo soltanto fare ciò che dice la legge. Fine. A volte “ammuttamu u fumu co a stang”, spostiamo il fumo col bastone …”. Scrive TUTTOSCUOLA: “In Calabria solo un quinto dei posti disponibili per trasferimenti va a chi non si avvale della Legge 104”: 101 su 127, cioè quattro docenti su cinque hanno fruito della Legge 104. Nel contempo nessuno si è avvalso della Legge 104 in Friuli; solo lo 0,7% tra i 143 trasferiti in Veneto; non si è andati oltre lo 0,9% in Piemonte e Marche; in Toscana si è arrivati all’1%; in Lombardia all’1,2% (4 maestre su 339 trasferite); in Emilia Romagna l’1,5%. C’è la forza di commentare tali dati o dobbiamo mettere il cartello “RESA!” all’entrata delle scuole? Chi scrive, nel lontano 2012, si scontrò con l’allora segretario regionale della CGILSCUOLA Calabria che, insieme alle altre sigle sindacali, firmò a livello regionale un contratto integrativo sulla mobilità dei Dirigenti Scolastici che escludeva l’applica-
Giovanni Enzo guarnieri Barbuto, Papà ti voglio ricordare così
ma più niente sarà come prima, ciao papà.
sorridente... per me sei stato e lo sarai in eterno un padre esemplare. ti voglio un mondo di bene. adesso che hai finito di soffrire RIP... un bacio dal tuo Giacca i Ferru Abbiamo riportato il post di facebook del figlio minore, raffaele guarnieri, ex giocatore del siderno calcio.
La Rubrica
Il letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo – 22 ralasciamo per il momento di interessarci del pensiero e dell'opera di Don Milani,perché si sono verificate due situazione che, per dirla alla Camilleri, mi hanno fatto girare i Cabbasisi. Ho letto che i pensionati che hanno l'accredito alla posta riceveranno la pensione il primo del mese, anche se di sabato, mentre coloro che hanno la pensione accreditata in banca, il primo giorno bancabile. Da cosa discende questa differenziazione? Semplice: il sabato la posta lavora mentre le banche no. Non entro nel merito del contratto bancario ma mi chiedo: è giusto che un contratto di lavoro settoriale possa avere ripercussioni su tutti quanti i cittadini? IL Decreto legge n. 65/2015, come modificato dal Decreto Milleproroghe, contiene una normativa che ha già stabilito degli spostamenti delle date di pagamento delle pensioni ogni mese . Ebbene, nell'art. 6 del Decreto viene stabilito che a decorrere dall'anno 2018,
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zione della legge 104 per i dirigenti perdenti posto a seguito di dimensionamento delle rete scolastica: nella Calabria dei furbetti della Legge 104 l’Amministrazione e il contorno sindacale trovarono, allora, il coraggio (sic!) di porre un argine “all’abuso sull’applicazione della legge 104” per i dirigenti, elevati a capri espiatori, nel mentre il resto del personale produceva vantaggi a go go… A quel tempo ero alle prese con l’assistenza di mia madre vissuta nella mia casa per 11 anni, fino all’età di 91 anni, e amorevolmente assistita alla faccia della Legge 104 e di quello Stato che avrebbe voluto segnare la sua presenza di legalità circoscrivendo la “non applicazione” a uno sparuto gruppo di dipendenti che non avrebbe fatto “scrusciu”. L’anno dopo il rigurgito di legalità conquista-
detti pagamenti sono effettuati il secondo giorno bancabile di ciascun mese. Mi chiedo due cose. E' legale la differenziazione fra correntisti postali e bancari, essendo l'accreditamento obbligatorio? Se un correntista bancario ha scadenze giorno 1 e la pensione gli viene accreditata giorno 4 nel caso la banca, per mancanza di fondi, non effettuasse il pagamento, verrebbe segnalato al Crif come soggetto cattivo pagatore? Nel caso la banca utilizzasse il fido, il pensionato dovrebbe pagare gli interessi su somme che, invece, in realtà avrebbe dovuto incassare giorno 1? Mi sono trovato a far parte del pubblico accorso nella sala consiliare di Locri per ascoltare il Direttore Generale dell'ASP di Reggio Calabria, Giacomino Brancati. Ero anch'io speranzoso di ascoltare quali interventi per salvare l'ospedale avrebbe illustrato. D'altronde anche lamise verde, uguale ai chirurghi, era un simbolo di preparazione all'intervento risolutivo. Purtroppo il messaggio
to dall’Amministrazione Scolastica calabrese sostenuta dal codazzo sindacale, il MIUR, constatando l’assurda trovata, con la nota prot. 6435 del 25/06/2013, ha diramato una direttiva che ha ripristinato il diritto per tutti. Io, però, non degnai d’attenzione questo Stato fattosi forte coi famosi “due e pesi e due misure” e non presentai alcuna richiesta né reclamai il posto nella città dove risiedeva mia madre né utilizzai mai i tre giorni mensili di permesso che nelle scuole imperversano senza sosta da quando la legge è stata concepita e senza consentire possibilità alcuna di accertare la reale applicazione. Tanto per essere concreti, la sfilza dei beneficiari, con il garantismo attuale, può andare a fare shopping, recarsi al parrucchiere, fare sedute di fitness e con una semplice
SUBLIME del Direttore non l'ho capito e la colpa è stata, sicuramente, mia, PLEBEO non avvezzo a comprendere il profondo significato dell'intervento. Jacopo Giuca, però, nel magistrale articolo scritto su Riviera del 2 luglio, ha evidenziato l'indolenza e gli insulti riservati dal Direttore generale alla platea. Eravamo tutti quanti rin .. cretiniti? Mi viene in mente un siciliano Vitaliano Brancati. Quello davanti al quale si pone è un mondo dal quale egli giudica e contempla gli uomini che lo circondano, facendo, così, nascere la sua satira politica e quella della vita provinciale. Il mondo appare così dominato da personaggi dalla testa vuota, vanagloriosi che appartengono alla schiera dei vanitosi. Mi viene in mente un altro siciliano, Luigi Pirandello. Con la dovuta fermezza, Toti ha fatto capire a Giacomino che deve prendersi le sue responsabilità. Se innaffi una pietra non aspettarti fiori. Pensaci Giacomino. Tonino Carneri
comunicazione, adducendo il richiamo alla legge 104, assentarsi dal lavoro con sicurezza della retribuzione e senza possibilità alcuna di discussione. Al preside-sceriffo con le pistole scariche, messo alla gogna dalla carica dei buonisti-garantisti “senza se e senza ma”, non gli resta che presidiare come può il suo fortino scolastico e con l’ausilio dei docenti stakanovisti provvedere a tappare i buchi di assenza creati dal personale alle prese con l’assistenza ai diversamente abili di turno. Come dice la mia segretaria: “I furbetti si danno allo scialacquamento e i fessi lavorano al loro posto”. Alla faccia della legalità e di quella sfilza di progetti che imbellettano la scuola calabrese, mentre la stessa sprofonda sotto la clava dei furbetti della legge 104! Prosit!
ATTUALITÀ
Siamo stufi di es La maxioperazione “Mandamento Ionico” ha catalizzato l’attenzione di tutto il Paese venendo descritta come una grande vittoria dello Stato. Eppure, a ben guardare, ha colpito come al solito i Fracchia della situazione (poveri sventurati scambiati per grandi boss proprio come nel film di Paolo Villaggio) dimostrando piuttosto, quanto la guerra alla ‘ndrangheta sia in realtà fallita.
Fracch ILARIO AMMENDOLIA
“Com'è buono Lei….”, “Com'è umano Lei”….esclamava Fracchia dinanzi ai suoi storici tormentatori. Fracchia vive in ognuno di noi! La fortuna del personaggio di Paolo Villaggio è stata proprio questa. I suoi film parlano della nostra “timidezza” che in molti casi si trasforma in viltà dinanzi alle “autorità”. Un atteggiamento che ci rende personaggi goffi, perennemente costretti a subire, a guardare sempre lo stesso film e a sottoporci a esercizi “fisici” umilianti e stressanti. Tradotto, e pur senza generalizzare, è evidente che siamo sempre pronti ad applaudire le autorità regionali, i ministri, i prefetti, i questori, i vescovi, i magistrati, i presidenti, i finanche i capi mafia e, in mancanza di questi, i loro gregari invece che metterli dinanzi alle loro responsabilità.Loro passano, si “alternano” ma noi restiamo sempre prigionieri della nostra pavidità, sballottati tra Scilla e Caridi. Non ci siamo stancati di interpretare Fracchia? La notte di lunedì scorso la Locride è stata investita da un'operazione di polizia che ha impegnato mille (1000) carabinieri e ha portato in carcere 116 persone, circa trecento gli indagati. Secondo gli inquirenti la 'ndrangheta controllerebbe tutto: “gli appalti, l’edilizia pubblica, quella privata, le elezioni, guadagna sugli stessi beni che le sono stati confiscati, regola con i propri tribunali i rapporti fra gli associati e fra i clan, istruisce processi, commina sanzioni, arriva perfino
La Madonna di P
Lettera del vescovo a minniti
ingrazio S.E il Prefetto per aver voluto quest’incontro. E’ una gioia ed un onore poter accogliere in questo luogo sacro tante Autorità civili, militari e religiose. E’ un segno di attenzione a questo Santuario e a tutti i suoi devoti. Un’attenzione al nostro territorio, alla sua gente, onesta e laboriosa, che non si lascia scoraggiare di fronte a nessun ostacolo. Questo luogo sacro, cuore dell’Aspromonte, nell’antichità centro di spiritualità monastica, ha sempre svolto un ruolo catalizzatore della pietà popolare della gente del Sud. Il nostro incontro è un’occasione per lanciare un segnale di speranza alle nostre popolazioni, troppo spesso umiliate e dimenticate. La presenza del signor Ministro ci rinfranca e
R
c’incoraggia. Lei, signor Ministro, proviene da questa terra, vi abita, è calabrese come noi. La nostra gente la stima e ripone in lei tanta fiducia. Ne conosce i problemi, le attese. conosce anche le difficoltà in cui versano tanti nostri comuni, che stentano ad andare avanti e a svolgere i loro essenziali compiti istituzionali. Molti di essi chiedono di essere supportati ed accompagnati. Mi spiace per i disagi incontrati per raggiungere questo luogo. Purtroppo il sistema viario che porta al Santuario va reinventato ogni anno dopo la stagione delle piogge: è precario, insicuro e a lungo impraticabile. Un intervento strutturale completo, oltre a favorire un accesso più agevole e sicuro, consentirebbe una presenza ed un’attività religiosa più continua a tutto vantaggio delle nostre popolazioni. Permettetemi di condividere alcune riflessioni su un tema che tocca la vita, la storia e la spiritualità del nostro Santuario. Ci provo, consapevole della sua delicatezza. Devo anzitutto confessare, come vescovo di questa diocesi, che ho sempre provato grande disagio di fronte alla ricorrente qualificazione di Polsi come “Santuario della ‘ndrangheta”, tanto da pensare alla rinuncia al titolo di “Abate di Polsi”, se questo non avesse avuto significato di resa. Non solo non vogliamo arrenderci, ma desideriamo offrire ai devoti un luogo di preghiera libero da contaminazioni esterne. In questi tre anni di ministero ho avuto modo di conoscere ed interfacciarmi con storie di fede e manifestazioni di religiosità popolare, ma anche con fatti e misfatti che hanno deturpato l’immagine del Santuario. La storia recente, attraverso indagini investigative, accurate e specializzate, ha messo in luce l’organizzazione di summit di ‘ndrangheta nei pressi di questo luogo, che non fanno onore a Maria, madre del divin Pastore, e neanche anche fede semplice e spontanea di tanti suoi devoti. Anzi ne sono una offesa gravissima che nessuno potrà mai cancellare. Mi sono posto davanti a questi fatti con l’animo del pastore: di fronte alle sconfitte, alle difficoltà, ai fallimenti, agli errori ed alle ferite subite, ho pensato che bisogna mettere al primo posto il bene dei fedeli e ripartire con rinnovato ardore, senza trincerarsi in atteggiamenti di distacco o di difesa,
come se niente fosse successo. Mi sono reso conto dell’urgenza di un riscatto morale per rispetto verso la gente di Calabria che qui viene unicamente a pregare e a riconciliarsi con Dio e con la vita. D’altra parte sarebbe stato irrispettoso della tradizione di fede e di culto che in questo luogo da secoli è stata vissuta arrendersi di fronte all’arroganza di pochi e non adoperarsi in tutti i modi per preservare questo luogo da quanto non si addice alla sua sacralità. Se è vero che la mafia è un fenomeno umano e come tale ha un inizio ed una fine, qui non può avere vita né protezione. E’ un bubbone pericoloso, perché capace di strumentalizzare la fede di chi viene esclusivamente a pregare e a porre sotto la protezione di Maria la propria vita, con i suoi problemi e le sue sofferenze. A questo popolo che già soffre tante umiliazioni non si può né si deve togliere la speranza. E si toglie la speranza, quando si lasciano prevalere minoranze agguerrite e arroganti che lo tengono sotto scacco. Per fortuna il lavoro svolto in questi anni dalle forze dell’ordine e dalla magistratura è riuscito a tenere sotto controllo un territorio troppo esposto alle derive dell’illegalità e della violenza. Un impegno molto arduo al quale le sole forze dell’ordine e della magistratura non possono far fronte, se non si progetta un'incisiva azione culturale che aiuti a sviluppare una maggiore consapevolezza della pericolosità della mentalità mafiosa. Senza questa azione di formazione diventa difficile la lotta contro la mafia. In questa prospettiva mi è parso importante avviare una serie di iniziative pastorali sino ad indire una Giornata diocesana di preghiera per la conversione dei mafiosi e la custodia della casa comune per il primo sabato del mese di ottobre. L’obiettivo è sollecitare il coinvolgimento della comunità cristiana nelle problematiche del territorio, in modo da essere sensibilizzata e messa di fronte alla gravità di fenomeni legati alla criminalità e all’illegalità. Pesa ancora oggi il lungo ritardo della chiesa nel denunciare e prendere le distanze di fronte alla gravità del fenomeno mafioso. Troppo a lungo, mafia e Chiesa sono andati a braccetto nello stesso territorio. La mafia non era contro la Chiesa e la Chiesa non mostrava interesse a mettersi contro di essa. Questo silenzio ha agevolato il formarsi di una mentalità mafiosa, che rappre-
senta l’humus malefico che rende sempre più difficile la lotta alla mafia. Ma - come affermava uno storico marxista Francesco Renda – la sottovalutazione del fenomeno mafioso è stata della Chiesa, ma non solo. Tutta la comunità civile nazionale l’ha sottovaluta per un lungo periodo. Il cambio di passo è maturato progressivamente. Dopo la strage di Capaci e di via D’Amelio, dopo l’invettiva di san Giovanni Paolo II nella Valle dei templi ad Agrigento e dopo gli omicidi di don Pino Puglisi e di don Giuseppe Diana, è emersa la necessità di una lotta più determinata e sinergica. Dalla tolleranza e acquiescenza, dalla coabitazione senza conflitti si è passati alla denuncia aperta. La Chiesa ha definitivamente voltato pagina. L'ha fatto in modo autorevole con l’intervento di papa Francesco nell’omelia tenuta nella piana di Sibari il 21 giugno 2014. Ero presente, quando il Santo Padre pronunciò parole pesanti contro i mafiosi: “La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! … Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati! ”. Si può discutere sulle modalità di applicazione di una pena del
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SABATO 08 LUGLIO
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Polsi genere. Esse sono già allo studio. Alle parole del santo Padre seguì la presa di posizione dell’episcopato calabro. Con il documento “Testimoniare la verità del vangelo. Nota pastorale sulla ‘ndrangheta” (25 dicembre 2014) si disse chiaramente che “la ‘ndrangheta è negazione del vangelo”, che “non ha nulla di cristiano”, “è altro dal cristianesimo, dalla Chiesa”, “è una struttura di peccato che stritola il debole e l’indifeso, calpesta la dignità della persona, intossica il corpo sociale”, allontana gli uomini da Dio e dal vivere sociale, crea un sistema alternativo di illegalità che uccide l’uomo. Questa presa di posizione portava a smascherare i riti ed i simbolismi pseudoreligiosi usati dalla mafia a fini strumentali. Proprio perché – come affermava Giovanni Falcone - “entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi ad una religione”, attraverso l’adulterazione dei simboli religiosi i mafiosi si sono costruiti una religione a proprio uso e consumo e spesso sono riusciti ad imporla ad altri. Sono stati capaci di far passare inosservata la contraddizione esistente tra il dichiararsi religiosi e l'essere associati ad una cosca, tra il portare sul corpo simboli cattolici (catenine, croci, immagini sacre, santini) e l’essere spietati assassini. Come Vescovi calabresi, abbiamo denunciato questo fenomeno, affermando che “l’as-
a “regolare” le relazioni sentimentali di giovanissime figlie di boss, punendo ex fidanzati stufi o fedifraghi.” «I metodi che abbiamo individuato sono diversi – spiega il comandante della seconda sezione investigativa del Ros, Roberto Sabatino. – C’è l’infiltrazione nelle amministrazioni comunali, che lascia come innumerevoli turbative d’asta attraverso il metodo dei “lavori di somma urgenza”, il controllo di forniture, l’imposizione di manodopera e materiali a ditte compiacenti, o ancora la fittizia intestazione di società usate per accaparrarsi l’appalto, magari grazie ad un accordo premio con avversari o concorrenti». Le cosche sarebbero state impegnate finanche nella costruzione del nuovo tribunale di Locri. Che volete di più? I giornali calabresi dedicano all’operazione brillante e splendente le prime pagine. I quotidiani nazionali non sono di meno. I canali Rai trasmettono l’operazione “mandamento Jonico” come seconda notizia, dopo gli eterni “migranti” e prima dell’ennesimo test del Nord Corea che potrebbe scatenare una guerra atomica. Viene spontanea una domanda: ma… non sono passati più di trent'anni da quando lo Stato avrebbe dichiarato guerra alla 'ndrangheta? La "guerra dei trent’anni" viene ricordata come una delle più lunghe della storia. In Calabria, dopo lo stesso tempo, siamo ancora all’inizio. Sfogliate i quotidiani di trenta anni fa, (io l’ho fatto) individuate personaggi, “famiglie”, circostanze, metodi, contesti, finanche le parole, e constaterete con i vostri occhi che tutto è - sostanzialmente - come allora. Sono cambiati molti “soldati”, è stato sostituto qualche “ufficiale”, le faide hanno messo fuori combattimento molti “protagonisti”, ma il film è sempre uguale. Continuano a proiettarci “La corazzata Kotiomkin” è noi continuiamo a far finta di commuoverci! Scorrete i nomi degli arrestati nell’operazione “mandamento Jonico” e, in molti casi, ritroverete “personaggi” e “interpreti” di vicende antiche. Accanto a loro molte timide “comparse” di alcun rilievo, molto spesso giovanissimi indagati per qualche giornata di lavoro agricolo. Un vecchio di 92 anni è stato “fermato” perché sarebbe il capo mafia. Sia detto sommessamente e con il dovuto rispetto ma a 92 anni che bisogno ci sarebbe stato di ricorre al “fermo”? Un ragazzino di appena 15 anni affascinato dalle gesta di un capo cosca. Un giovane rampollo di ndrangheta, novello Luigi XIV, esclama “qua lo stato sono io”! Mettete insieme le cose che abbiamo finora detto e domandatevi: cosa significa tutto ciò? Una sola cosa: la lotta alla ndrangheta - questo tipo di “lotta”- è misera-
mente fallita. Ha fatto la fortuna di pochi, anzi di pochissimi, ma è fallita . Non poteva che andare così e le classi dirigenti ne hanno avuto sempre la piena consapevolezza. La ndrangheta non nasce sotto il cavolo ma è figlia di un modello di società, del degrado, figlia della rimozione della sempre più drammatica “questione sociale”. Simbolo dell’abbandono della Calabria. Se non si interviene, e seriamente, su questi punti tutto il resto è fuffa. Lo sanno loro! Lo sappiamo noi! Non si combatte la 'ndrangheta con gli istituti di pena che formano i quadri mafiosi; non la si combatte spendendo in repressione più che nella sanità, nel lavoro, nella scuola, nella cultura. Quando, nel mese di luglio del 2017. Si dice che nella Locride la 'ndrangheta controlla anche il respiro, si ammette che 30 anni di maxi retate, di giustizia sommaria, di scioglimenti a catena dei consigli comunali sono stati inutili. Che operazioni accompagnate da squilli di tromba così forti da rimbombare in tutta Italia (e anche oltre) sono state polvere negli occhi per oscurare una “politica” che, al di là degli schieramenti, nel Mezzogiorno è stata ed è fallimentare. Non ho alcun titolo per giudicare le singole operazioni disposte dalla magistratura, ma mi indigna il fatto che dopo ogni “maxi retata” i giornali, i politici, gli intellettuali, gli uomini di Chiesa, continuano ad esclamare commossi “quanto siete bravi voi” per poi sostanzialmente voler dire “quanto siamo bravi noi”! Senza un minimo di riflessione. Senza alcuna voglia di analizzare i risultati. Non mi atteggio a “grillo parlante” ma, quale è il ruolo del pensiero libero, quale sarebbe il ruolo dei giornali se non evidenziare le contraddizioni drammatiche tra la realtà e la rappresentazione che di questa viene data ai cittadini? Il giornalismo non dovrebbe essere un servizio dato alla gente comune, soprattutto ai più sprovveduti? C’è una bella frase evangelica che recita “sia pur tutti, io no”! Invito ognuno di voi a farla sua. Da parte mia, non pretendo di conoscere la verità ma non mi va proprio di continuare a balbettare tremante verso tutte le “autorità” le sillabe di Fracchia: “Com'è bravo Lei!” Ognuno di noi è libero di dire forte e chiaro: no, io no! Io non sono Fracchia!
La simbologia del santuario tra sacro e legalità similazione tra certe forme di manifestazione della pietà popolare e della devozione e certi riti pagani e mafiosi di affiliazione ai clan è scandalosa”. Oggi appare più evidente che il modo di vivere la religiosità da parte dei mafiosi non ha niente a che vedere con la fede cristiana. Abbiamo chiarito che “attraverso un uso distorto e strumentale di riti religiosi e di formule, che scimmiottano il sacro – si pone come una vera e propria forma di religiosità capovolta, di sacralità atea, di negazione dell’unico vero Dio”. Una “religiosità deviata”, attraverso la quale, usando “un linguaggio di atti sacramentali (si pensi alla figura dei padrini), “i boss cercavano di garantirsi obbedienza, copertura e fedeltà”. Quando si nega la dignità umana con le azioni criminali e con il malaffare eretto a sistema non solo non s’incontra Dio, e quindi non si compie alcun atto religioso, ma ci si allontana da quella umanità che Gesù ha indicato come vera religione. Per non appesantire ulteriormente il mio intervento, mi pongo solo una domanda: cosa resta da fare? Sappiamo che sono state dette e scritte tantissime cose, sono state fatte tante denunce. Basta tutto questo? La risposta è scontata, quanto scontata è la richiesta generale di attenzione a questo territorio da tutti i punti di vista. Non è mio compito dire cosa possano o debbano fare lo Stato e le Istituzioni, a diversi livelli in cui operano. Ma sono evidenti le difficoltà in un territorio ove è più marcata la concezione dell’antistato e lo scetticismo nei confronti delle istituzioni. Come Chiese di Calabria abbiamo avviato un percorso di purificazione di quelle forme di distorta sacralità annidata nelle pieghe della religiosità popolare. E Sulla religiosità popolare sappiamo di dover lavorare molto. C'è molto da fare a livello formativo e culturale in vista del superamento di una mentalità mafiosa così radicata, da condizionare persino le manifestazioni religiose. E’ questa una grande sfida non solo per la chiesa, ma anche per le istituzioni civili. Personalmente penso che alla cultura mafiosa ed alla religiosità devozionale deviata deve fare da contrappeso una fede, che inietti lievito evangelico nell’intimo delle coscienze e della vita. La fede ridotta ad una superficiale verniciatura, non incide minimamente nella vita della gente e della società. Quello che vogliamo fare senza
invadere il campo delle istituzioni civili è innescare processi di rinnovamento cristiano che traggano ispirazione dal Vangelo. Noi vescovi calabresi sappiamo qual è il ruolo della Chiesa, che “è madre; e come tale “accompagna” sempre l’uomo, per aiutarlo sia a riconoscere i propri errori nell’alveo della giustizia e a convertirsi; sia ad impedire che si smarrisca… è necessario che la Chiesa sia se stessa, anche quando difende la verità del vangelo di fronte al terribile fenomeno mafioso” (Testimoniare la verità del vangelo, 15). Siamo pronti ad operare per una pastorale che abbia un’attenzione sempre maggiore al territorio e alle sue problematiche, all’impegno socio-politico ed alla cura del creato. Ma sappiamo che occorre lavorare molto sulla frattura tra la professione esterna della fede e l’impegno nel quotidiano. E’ la stessa frattura che vive il mafioso che concilia la sua condotta con gesti di apparente religiosità. Il nostro impegno come Chiesa è soprattutto a livello formativo. Oggi più che mai siamo investiti di questa missione: formare ad uno stile più evangelico, che accolga i valori della povertà, della non violenza, del perdono e della misericordia, senza lasciarsi ammaliare dal potere del denaro, soprattutto se viene dal mafioso ‘benefattore’. Come vescovi ripetiamo spesso che “al potere mafioso, che seduce ancora singoli ed istituzioni, dobbiamo opporre quel tanto auspicato e nuovo senso critico, per discernere i valori evangelici e ‘l’impegno dei cristiani nella polis – come espressione della carità e dell’amore che il credente vive in Cristo”, senza disertare la politica, anche se casi di corruzione spingerebbero a cedere alla tentazione di farsi da parte” (Testimoniare la verità del Vangelo, n. 11). A questa conclusione desideriamo restare fedeli. Senza farci illusioni. Ma sappiamo che, quando il livello morale cala, la mafia la fa da padrona e la società civile resta invischiata senza scampo nelle maglie della burocrazia e della corruzione. Allora tutto si fa più difficile. Grazie, signor ministro, grazie signor Prefetto, grazie gentili Autorità che siete intervenute così compatte. Questa
nostra terra sa essere leale verso le istituzioni e le rispetta, specie quando esse si fanno vicine e ne interpretano i bisogni fondamentali, tra i quali in primo luogo il lavoro e lo sviluppo. Ma pesa molto la distanza economica dal resto del Paese. A nessuno va bene un’Italia a due velocità troppe differenti tra loro. Questa terra si sente parte dell’Italia e ancora piange i suoi giovani morti in guerra per la patria. Sono certo che lo sguardo di Maria, madre del Divin Pastore, Madonna della Montagna di Polsi, ritornerà a sorridere su quanti vengono qui, per incontrare la gioia del perdono e riprendere la via di una vita nuova. Grazie.
CULTURA (Nella foto le bustine personalizzate con semi di pisello offerte da Rocco Parrelli alla Commissione d’Esame)
Tra Sant’Ilario il Festival delle cominciato il 5 luglio e finirà il 28 luglio il Festival delle Arti promosso dall’associazione culturale Condokore, che ha scelto come location il borgo antico di Condojanni, a Sant’Ilario dello Ionio, grazie al patrocinio del Comune. Due degli appuntamenti sono previsti a Roccella Jonica (RC) in collaborazione con la Pro Loco del luogo. Il Mediterranean Musical Encounter, organizzato dalla SIV (Società Italiana del Violoncello), dopo il debutto di ieri sera in Piazza Vecchia di Condojanni; continuerà a intrattenere il pubblico oggi, domenica 9 luglio, presso Convento dei Minimi di Roccella Jonica. Il programma proseguirà con i concerti di domani 10 luglio, alla Piazza Vecchia di Condojanni, 11 luglio, Chiesa del Castello, Roccella Jonica e 14 luglio, Piazza Vecchia di Condojanni. Si esibiranno tra gli altri Enrico Melozzi, Leila Shirvani, Chu Tai-Li, Mike Shirvani, Roberta Alessandrini, Agne Keblyte, Mauro Baiocco, Luca Franzetti. Il 28 luglio, sempre alle 21:30, gran finale con Giovanni Sollima in Piazza Uria di Condojanni.
È LEZIONE DI VITA DI UN RAGAZZO DISABILE DURANTE L’ESAME DI STATO PRESSO LA SCUOLA MEDIA G. PEDULLA’ DI SIDERNO VITO PIRRUCCIO* VINCENZO ASPREA** La scuola è un luogo unico pur con tutti i suoi difetti e le sue incurie statuali: sa trasmettere emozioni esistenziali più di ogni altro ambito istituzionale della vita civile e sociale. Il tema di questo articolo non riguarda finalmente quella scuola che, specie in vista dei risultati finali, balza in “cattedra” con le incresciose diatribe docenti - genitori-sindacalisti dei loro figli alle prese con la contestazione dei voti e insegnanti in trincea barricati a difendersi dagli strali rivendicativi delle mamme (qualche volta, anche, dei papà) inferocite per aver creato traumi (sic!) ai/alle loro bambini/bambine, così etichettati/e anche se un po’ grandicelli/e. Oggi non ci occupiamo fortunatamente di questi stucchevoli risvolti che relegano la scuola a pubblici sfogatoi di genitori alle prese con un mestiere, quello di madre e padre, troppo spesso delegato, salvo pensare di riconquistare il campo con un sindacalismo vecchia maniera, rivendicativo e irresponsabile. Lasciamoci alle spalle queste diatribe ed entriamo nel merito di un argomento ben più serio. “Non importa se siamo malati o sani. L’importante è ciò che ognuno può dare agli altri”. Con questo messaggio Rocco Parrelli, il nostro ragazzo diversamente abile diplomatosi presso la Scuola Media Gesumino Pedullà di Siderno, ha chiuso la sua brillante prova d’esame davanti ad una commissione attenta e commossa la quale gli ha tributato un meritato 10 e uno scrosciante applauso. Rocco Parrelli è affetto da una grave malattia genetica che lo ha debilitato nel corpo, ma non nella mente. A una strabiliante vivacità culturale associa maturità, senso del dovere, riflessione e voglia di vivere capace di contagiare positivamente chi gli sta attorno: ne sono testimoni i compagni di classe che lo hanno naturaliter fatto sentire a suo agio, fin dal primo momento, con un fare protettivo e inclusivo che ha sempre destato la curiosità e l’interesse dei docenti e dei collaboratori assegnati alla classe. Rocco, però, non ha atteso accoglienza o rivendicato protezione, si è fatto subito amare e rispettare e la sua malattia è, oseremmo dire, quasi un “valore aggiunto” se il gene impazzito non lo avesse, purtroppo, intaccato e fiaccato nel fisico e nella crescita. Ma Rocco è uno di quei ragazzi brillanti che il “difetto” lo orna e sentirlo parlare di genetica, lui che è vittima incolpevole di tale complesso e bizzarro meccanismo ereditario, è qualcosa che ci esalta come uomini e donne di scuola, una volta tanto, privilegiati e orgogliosi di condividere emozioni indescrivibili. Rocco ci ha fatto questo regalo quando si è seduto al centro della commissione d’esame schierata a zampa di cavallo, attenta e attonita nel seguirlo parlare con disinvoltura e in maniera approfondita di gene-
Domenica 3 luglio si è svolto presso la propria sede il passaggio di consegne nel Rotary Club di Locri fra il presidente uscente Dr. Giovanni Condemi ed il presidente dell’anno rotariano 2017-18 Dr. Francesco Asprea. Il presidente uscente nel suo discorso ha sottolineato l’importanza di portare avanti le risorse culturali del territorio per incentivarne lo sviluppo; tale obiettivo è stato perseguito per l’anno rotariano appena terminato tramite il progetto “cultura, turismo, sviluppo” che proseguirà nell’anno rotariano appena iniziato. Il presidente entrante Dr. Francesco Asprea ha ricordato gli elevati principi etici a cui si ispira il sodalizio rotariano facendo presente che in una società come la nostra di impronta cristiana, questi principi etici corrispondono ai principi fondamentali del cristianesimo; ha inoltre posto
“Non importa se siamo malati o sani. L’importante è ciò che ognuno può dare agli altri”. Con questo messaggio Rocco Parrelli ha chiuso la sua brillante prova d’esame davanti alla commissione insediata alla Gesumino Pedullà di Siderno. tica mediante riferimenti e intrecci interdisciplinari. Lui, che da grande aspira a diventare un ricercatore di malattie rare (glielo auguriamo di cuore), alla fine del suo interessante excursus ha offerto ai componenti la Commissione d’Esame delle originali bustine con semi di pisello sull’esempio delle ricerche svolte da Mendel, il noto monaco boemo padre degli studi sulla genetica che per le sue ricerche scelse proprio il Pisum sativum (nome scientifico del pisello) date le caratteristiche morfologiche “facilmente distinguibili ed antagoniste” di questa pianta erbacea. Ma sta nel messaggio finale che Rocco Parrelli ha voluto lanciare su una slide, il condensato di un percorso di apprendimento del quale devono andare fieri l’alunno, i genitori e, soprattutto, i docenti e il personale ATA e quanti lo hanno seguito in tutti questi anni con amore e professionalità: “Non importa se siamo malati o sani. L’importante è ciò che ognuno può dare agli altri”. Questo messaggio di speranza sovrasta lo stesso voto che la Commissione ha ritenuto di assegnare a Rocco: siamo orgogliosi come donne e uomini di scuola di constatare che l’alunno ha superato il maestro. Direbbe Don Lorenzo Milani, il nostro amato maestro della Scuola di Barbiana, inebriato davanti ai progressi dei suoi allievi: “E’ bello prendere qualche legnata (in senso buono), qualche lezione di vita, da voi ragazzi: vuol dire che state diventando uomini”. Grazie per la tua lezione di vita, Rocco! Ad maiora! *Dirigente Scolastico dell’IC “M. Bello-G. Pedullà-Agnana” di Siderno **Docente di Sostegno che ha seguito l’alunno Rocco Parrelli in tutto il percorso di studi nella Scuola Media “G. Pedullà” di Siderno
l’accento sull’enorme bagaglio culturale che la Calabria può vantare storicamente, rimarcando l’orgoglio di appartenenza ad una regione che ha dato i natali a tanti illustri personaggi ed auspicando una rinascita del territorio partendo dalla gloriosa memoria storica dello stesso e basandosi sul rispetto delle regole morali e sociali e sugli elevati standard etici preconizzati dal sodalizio rotariano. Lo stesso, ha nominato ben 11 commissioni operative che si occuperanno, affiancandolo insieme al direttivo, oltre che delle funzioni interne anche dei vari settori del sociale che il Rotary segue e promuove sia nel proprio comprensorio che nelle iniziative di interesse internazionale, una per tutte il grande successo del contributo nella lotta alla poliomelite.
Il Rotaract Club Milano Settimo si tinge di Locride
Il 21 giugno non ha segnato solamente l’inizio dell’estate, ma anche l’inizio del nuovo anno sociale per il Rotaract Club Milano Settimo. Il passaggio di consegne di consegne tra Edoardo Simonetti e Cristina Luciano, locrese di nascita, presidente per l’anno sociale 2017/18 si è svolto nel giardino dell’Hotel Manin, nel cuore di Milano, durante una serata di beneficienza. Cristina, dopo aver ringraziato le cariche e gli amici del Rotaract e non, ha brevemente delineato quali saranno le caratteristiche delle “future directions” del club Milano Settimo, Spirito di servizio, concretezza nelle azioni e collaborazione tra i vari club e associazioni di volontariato, una dichiarazione di intenti che si è palesato fin da subito, quando il neopresidente ha deciso di avere, durante il suo
discorso di insediamento, il suo direttivo accanto: Vice Presidente Rocco Nicita anch’egli locrese nonché Presidente dell’Azione Interna del distretto 2041 per l’a.s. 2017/18, Elena Mastrantonio Prefetto, Giovanni Finarelli Segretario, mentre ha potuto solamente ringraziare per il supporto il tesoriere Carolina D. Zannini assente per motivi di lavoro. La collaborazione è stata dichiarata direttrice principale dell’azione del nuovo corso non solo sul fronte interno, con l’obiettivo di creare coesione e identità di club per poter vivere appieno i valori rotaraction ma anche sul fronte esterno con il Rotary padrino prima di tutto per condividere concrete opportunità di service e poi con gli altri club del distretto 2041.
Passaggio di consegne al rotary club di Locri: Asprea nuovo presidente
Gr co
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SABATO 08 LUGLIO
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o e Roccella e Arti 2017
ran finale il 28 luglio on Giovanni Sollima Roccella: Scholé inaugura la biblioteca in collaborazione con il Liceo Mazzone
Carmelitano d’Oro: tutto pronto per le serate finali
Domani, a Roccella Jonica, presso la sede dell’Associazione culturale Scholé, in via Umberto I, 106, verrà inaugurata una biblioteca contente 1000 volumi e tanto cultura da condividere. L’iniziativa è realizzata nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro “Spazio biblioteca, saperi e incontri”, promosso dal Liceo Scientifico “P. Mazzone” di Roccella. Alcuni studenti delle classi 3A e 3B si sono impegnati nell’allestimento della biblioteca e nell’organizzazione dell’evento di inaugurazione e di apertura al pubblico, riflettendo sulla novità che la biblioteca rappresenta per Roccella e sul beneficio che la lettura e lo studio producono per la città e non solo. I volumi, del fondo “Pino Certomà”, sono stati ordinanti in base al genere (filosofia, politica, letteratura e saggistica contemporanea) e distribuiti nei vari scaffali in ordine alfabetico per autore. La serata avrà inizio a partire dalle ore 18,30 e si articolerà in tre momenti principali. Si comincia con la presentazione generale dell’attività svolta, a cura del gruppo “Cognitivi”; seguiranno due inviti alla lettura: il primo si concentrerà sulla “Poetica” di Aristotele e sarà curato dal gruppo “Insipienti”, il secondo, invece, affronterà il “Simposio” di Platone e sarà curato dal gruppo “Epicurei”. Per concludere al meglio la serata gli ospiti sono invitati a condividere insieme a tutta l’organizzazione l’apericena sociale.
La Città di Gerace patrocina per il 15 luglio un importante convegno dal titolo
#VaccinarSì Tra i tanti ospiti d’onore Lisa, Shark & Groove e Manuela Cricelli Tutto pronto per la seconda serata del Carmelitano d’Oro 2017. Dopo la serata inaugurale di ieri, svoltasi nel piazzale antistante la Cattedrale di Locri, già addobbata per i festeggiamenti in onore della Madonna del Carmelo, in cui i primi concorrenti della categoria “Ragazzi” si sono contesi i sei posti disponibili per la serata di domani, questa sera sarà la volta dei contendenti “Junior”, che inizieranno la competizione alle 22. Domenico Cagliuso, Sephora Catalano, Giulia Codispoti, Beatrice Di Costa, Rosa Anna Froio, Paola Maria La Rosa, Alessandra Magrone, Davide Nati, Anna Maria Nucera, Martina Ollio, Noemi e Silvia Sgambelluri, Caterina Zito si contenderanno anche loro i primi sei posti per accedere alla finale di domani. Ospiti d’onore della serata: Andrea Leo, già vincitore del “Carmelitano d’Oro” 1987, la Scuola di danza di Renata Galea, The Flyers, vincitori del “Campus Band Musica e Matematica” 2016, e Tania Borgese finalista a “The Voice of Italy”. Finale col botto, domenica 9, sempre alle ore 22.00, quando i dodici finalisti lotteranno non solo per aggiudicarsi il “Carmelitano d’oro 2017” ma anche per meritarsi il premio della “Stampa”. Notissimi gli ospiti della serata: Manuela Cricelli, vincitrice del premio della stampa al concorso “Mia Martini” 2015, Marco Pio Coniglio da “Io Canto”, coreografato da Eric
Locatelli di “Amici”, Chiara e Martina da “Ti lascio una canzone” (Rai 1) e finaliste allo Jesc 2015; Greta Cacciolo, vincitrice dello “Zecchino d’Oro” 2015. Conclusione col superbotto e con la grande voce di Lisa, già da ragazzina - ma promettente cantante - ospite del Carmelitano del 1992. Lisa ha partecipato più volte al Festival della canzone italiana, a Sanremo ottenendo lusinghieri successi e conquistando le primissime posizioni. Oggi è legittimamente considerata una professionista di grande talento la cui notorietà ha varcato i confini europei. Non ci ha pensato due volte ad accogliere l’invito a ritornare nella sua terra natia per esibirsi nel 25° anniversario della sua prima performance al “Carmelitano d’oro” di Locri. Durante la serata conclusiva sarà pure ricordato il compianto Don Santo Gullace, già Parroco della Chiesa Cattedrale, sotto la cui guida nacque il “Carmelitano d’Oro”. Nel suo ricordo, in suo onore sarà consegnata una Medaglia d’oro a chi si aggiudicherà la categoria “Junior”. Le commissioni giudicatrici sono composte da esperti sempre diversi nelle tre serate; i loro nomi non vengono resi noti per comprensibili motivi. Le tre serate saranno presentate da Stefania Gratteri, Leonardo Mollica, Ernesta Castanò, Renato Gargiulo; direttore artistico Don Cosimo Castanò; tecnici audio-video Maurizio Macrì e Cosimo Marafioti.
‘Amministrazione comunale di Gerace, di concerto con il Ministero della Salute, ha organizzato per il prossimo 15 Luglio alle ore 17:00 presso la Chiesa Monumentale di San Francesco il convegno divulgativo dal titolo #VaccinarSì , un’iniziativa promossa dall’ Associazione Nazionale di Azione Sociale che vede coinvolti riconosciuti esperti della materia e si pone l’obiettivo di poter offrire, alla popolazione e agli operatori sanitari, gli elementi utili, validi e soprattutto corredati da riscontri scientifici, per poter scegliere, in scienza e coscienza, di tutelare la salute, principalmente dei più piccoli, con tutte le vaccinazioni raccomandate. La manifestazione prevede prevede la partecipazione, oltre che dell’amministrazione presieduta Anselmo di Pezzimenti, Giuseppe da Scaramuzzino, Gianfranco Sorbara, Antonio Lufrano, Sebi Romeo, Guido Ferlazzo, Sandro Giuffrida, Giuseppe Foti, e del Sottosegretario al Ministero della Salute On. Davide Faraone. Il convegno sarà moderato dalla dott.ssa Anna La Rosa, già direttrice di Telecamere Salute e giornalista RAI.
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CULTURA E SOCIETÀ
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SABATO 08 LUGLIO 21
I FRUTTI DIMENTICATI
A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI
Citrus Sinensis (L.) Osbeck / Fam. Rutacee
L’arancio del mistero; dai frutti color senape arancia qui rappresentata in foto, con la sua storia semplicissima, a un certo punto si tinge di banale e di sciocco, per il desiderio del salvatore di questa pianta unica, di non essere menzionato nella presente scheda perché rappresenterebbe una delazione il fatto di riportare con nome cognome colui che si era distinto positivamente per la preservazione di una pianta rara. E dato che tutto deve restare nell’anonimato e circonfuso di un alone di omertà, anche per una banalità simile, viene qui di seguito raccontato quanto avvenne una cinquantina di anni addietro, quando un giovane (allora) di Siderno si trovò in un “giardino mediterraneo" ossia un agrumeto, coltivato dal suocero per un proprietario terriero di Locri o di Siderno, nel comune di Locri. Nella primavera avanzata del 1968, dato che le arance stavano per terminare ed erano mature al punto giusto e straordinarie nel gusto, egli prima di accingersi ad aiutare il congiunto nella potatura delle piante, si ricorda che gli aranci nella Locride centro-settentrionale si potano a partire da aprile, cominciò ad assaggiarle, cogliendo frutti da piante diverse e verificando il gusto differenziato di essi. C’era una campionatura vastissima di varietà antiche, mentre recentemente erano state immesse nel campo le varietà nuove di aranci e di mandarini: il tarocco, il tarocco nocellare, il moro, per gli aranci, mentre per i mandarini era stato introdotto un certo quantitativo del tardivo di Ciaculli e i mandaranci. Trovò straordinarie le sanguinelle del territorio, mentre non gli piacquero per niente, in quanto ancora non erano maturi i frutti degli ovali calabresi, anche perché avevano le bucce degli spicchi addirittura coriacee, mentre ancora i frutti del Giallo di Caulonia sarebbero maturati alla fine di giugno. Trovò divine le arance di Spina, però esse possedevano l’albedo (la parte
L’
bianca e spugnosa sotto la buccia), molto spesso, superiore al cm e di conseguenza si trovò imbarazzato nel dover scegliere le marze per degli innesti da effettuare su due aranci amari che possedeva nel suo campo a Siderno. Era indeciso tra le sanguinelle e gli aranci di Spina che, da lì a poco, furono espiantati per fare posto a nuove varietà; da questo atto sarebbe deri-
vata l’estinzione di una varietà, appunto l’arancio di Spina ora introvabile. Mentre era ancora titubante nella scelta delle marze con cui avrebbe innestato due piante nel suo campo a Siderno, si trovò davanti a una pianta di arancio dai frutti insoliti; essi infatti avevano la buccia non colore arancio, ma color senape con riflessi che viravano al nero. Restò sbalordito e volle spaccare un’arancia a metà, notando che il suo albedo era sottile e la sua polpa era di un giallo intenso e per giunta con pochi semi; assaggiò il frutto e constatò che era delizioso. Chiese al proprio congiunto notizie a riguardo e seppe che quando egli era giovane, più di quarant’anni prima, verso il 1930 circa, si era imbattuto in una pianta insolita d’arancio sempre nel territorio di Locri e quindi aveva praticato un innesto, da cui si sarebbe sviluppata la pianta in questione. Non ebbe la possibilità di avere altre notizie, anche perché non gli interessavano più di tanto in quanto gli sembrava ovvio che una pianta fosse diversa da un’altra e semmai egli poteva avere solo delle preferenze in riferimento al gusto e semmai ai tempi di maturazione delle arance prodotte dalla pianta inusuale. Da questo punto di vista egli aveva dedotto che la pianta unica, produceva in maniera abbondante dei frutti e che, cosa che più l’interessava, maturava le sue arance alla fine di maggio quando le altre varietà dell’epoca avevano già effettuato il loro percorso, tranne l’ovale calabrese, i cui frutti a lui non piacevano molto e che avrebbero raggiunto la maturazione a giugno e il giallo di Caulonia, molto interessante, i cui frutti sarebbero maturati nello stesso periodo. Si decise e scese gli innesti dalla pianta che produce frutti dalla buccia color senape; innestò due aranci amari nel suo campo di contrada Passioti di Siderno, ma gli innesti attecchirono solo in una pianta mentre non si ha notizia più della pianta madre di Locri.
Photobucket brucia la Biblioteca di Alessandria
Imponendo il pagamento per mantenere la visibilità delle foto sui forum, photobucket ha cancellato la libertà con un click Il noto hosting internet di foto sharing, Photobucket, ha “rotto” tutti i suoi link a terze parti dal 26 giugno scorso. In parole molto povere, tutte le foto “appoggiate” su Photobucket e collegate su blog, forum, siti personali, non sono più visibili. Sono ancora lì, chiunque abbia un account Photobucket lo sa: non sono state rimosse le foto, ma vietato l’accesso da “terze parti”. Con questo termine si indicano tutti i siti che non siano Photobucket stesso. Considerando che Photobucket inizia la sua attività nel 2003 e che conta miliardi di foto caricate, si può ragionevolmente dire che sono stati “rotti” milioni di collegamenti (link) a forum e siti. Naturalmente pagando si riottiene magicamente la visibilità sulle terze parti. La tariffa annuale richiesta per spazio illimitato e link a terze parti è di quattrocento dollari. In USA la cosa ha sollevato una vivace ondata di polemiche, specie su Twitter, dove Photobucket ha ricevuto numerosi insulti, tra cui “gangster, mafiosi, vandali, ricattatori e strozzini”. Il danno è gravissimo: in Italia, come nel resto del mondo, i primi anni del Duemila sono stati un vero fiorire di siti e forum dai contenuti molto buoni e specialistici, anche sperimentali. In particolare i siti di elettronica hanno conquistato una consistente fetta dell’interesse generale. All’epoca forum e siti trovavano facile e conveniente non avere uno spazio proprio per le foto, e in milioni si sono appoggiati a Photobucket, raccontando storie, esperimenti, crescite professionali, insegnando gratuitamente agli altri ciò che conoscevano. È stato
il momento di gloria del web, una golden age destinata a chiudersi nell’oscurantismo dei social. Photobucket ha cancellato una buona parte di quella libertà e quella gloria in un clic. Una bella fetta di ciò che di buono ha rappresentato il web, è stata annientata. Una cosa ben più elementare che gettare occasionalmente fuoco alla Biblioteca di Alessandria, che ha subito in verità molti roghi, data la facilità di occultare o distruggere un file digitale. I quattrocento dollari chiesti da Photobucket a ogni singolo utente non sono solo una sporca tangente, ma l’esca per clienti grossi, come le piattaforme internazionali che gestiscono forum e comunità, e probabilmente le aziende licenziatarie di vari linguaggi di programmazione. Ci dovrebbe far pensare a quanto debole sia la nostra posizione come utenti finali e a come il web si ridurrà, entro pochissimi anni, a enormi contenitori a pagamento in cui rovistare alla ricerca di notizie. Nel 2003 il web era un insieme inconcreto di siti e siterelli sparpagliati nel mondo, non aveva molto di gradevole dal punto di vista grafico, ma l’ultilità e la veridicità delle informazioni che vi si trovavano erano di gran lunga superiori. Non può stupire, alla luce della mossa di Photobucket, una futura chiusura dei forum e un conseguente spostamento su Facebook o altri grossi contenitori di cui ancora non conosciamo il nome. Lì saremo tutti inscatolati e allineati, se piedi e testa sporgeranno dalla lattina, faranno come per le verdure: taglieranno. Lidi Zitara
ConVersando... Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro
Il rosso d'Estate non è un'eresia!
L’estate divampa e i pasti dei baccanali romani hanno lasciato spazio alla caprese e allo sposalizio tra prosciutto e melone che non invogliano certo il popolo degli ombrelloni al consumo estivo di un buon bicchiere di rosso. Vini con un’alta gradazione alcolica e un corpo robusto non trovano una portata estiva che tolleri il loro impatto sulle nostre papille gustative. Già, ma, alcol e struttura a parte, che cosa distingue veramente i vini rossi estivi da quelli adatti alle altre stagioni? I tannini! I composti polifenolici presenti nel raspo, nei vinaccioli e nella buccia dell’uva rilasciati durante la macerazione nel mosto che causano l'astringenza, la tipica sensazione di secchezza delle fauci che percepiamo quando beviamo un Sagrantino di Montefalco, un Barolo, un Chianti Classico giovane, un Palizzi o un Cirò, che a temperature basse si accentua parecchio. Per evitare questo lo si dovrebbe bere a condizioni termiche più alte rafforzando la sensazione alcolica e perdendo la freschezza che cerchiamo in un vino estivo. L’unico modo per sottrarsi a questo dilemma è cercare dei rossi poco tannici, meno strutturati e più beverini, serviti freschi, di un’annata recente (quelli giovani offrono note primarie di frutto integro e se il vino è fresco questa inclinazione risalta), possibilmente con una gradazione alcolica bassa e non affinati in legno. Qualche esempio di nettari italiani? Un incantevole Pinot Nero dell'Alto Adige servito fresco (fra i 15C e i 16C), qualche Barbera piemontese delicato e giovane (non barricato), o un Grignolino, o una stuzzicante Bonarda dell'Oltrepò Pavese. Scendendo per la penisola, i Sangiovesi di Romagna, un'avvolgente Vernaccia di Serrapetrona marchigiana o un intenso Piedirosso campano. Sempre in Campania, un buon Lettere o un Gragnano della penisola Sorrentina. Facciamoci sedurre e concediamoci, quindi, a un eretico calice di rosso in piena estate giacchè ritenerlo del tutto inadatto alla canicola di stagione diventerebbe pregiudizio.
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Visite filmoculinarie Vittorio Micelotta abbraccia Beppe Fiorello, famoso attore e fratello del più noto Rosario, nel ristorante “La Cascina” di Salvatore Agostino.
A volte ritornano Jennifer, olandese originaria di Siderno, e Daan, olandese vero, hanno scelto di sposarsi nella splendida cornice di Siderno Superiore, che riempiranno per due giorni con i loro invitati dall’Olanda. Special guest: l’assessore Ercole Macrì.
SABATO 08 LUGLIO
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Maria libera tutti Peppe Flash, il suo amico Daniele e un fotomontaggio di Argentino fanno colazione con l’ultimo numero del nostro giornale in mano.
Gerace Antica Anselmo Scaramuzzino e Totò Marzano, geracesi DOC, posano davanti alla targa “Chiesa di S. Francesco” del XIII secolo.
Due bivongesi a Gerace Ernesto Riggio e Franco Carnovale posano davanti alla Chiesa di S. Francesco. Nonostante la recente sconfitta elettorale, il sorriso non manca mai!
Bellezze a Roccella Marianna, Ninetto, Annamaria, Anita e Oriana posano nei pressi del convento dei Minimi di Roccella Jonica, godendosi la frescura di un bel pomeriggio d’estate.
Il futuro è nell’acqua Luciano Pelle, nuovo sindaco di Antonimina, posa con Giuseppe Bombino, presidente dell’Ente Parco Nazionale Aspromonte e Francesco Macrì, manager delle Terme, discutendo a Gerace di chiare, fresce e dolci acque.
Comuni che lavorano La segreteria del sindaco di Locri, composta da Francesco Carbone, Gabriele Polito e Mariangela risponde sempre presente alle numerose e spesso estemporanee richieste del primo cittadino Giovanni!
Inaugurazione del Consorzio di Bonifca Abbiamo trovato nel nostro archivio questa foto di una Locride che non c’è più. In prima fila riconosciamo, da sinistra, il senatore Fimognari, l’onorevole Mario Laganà, Sisinio Zito, Nicolò, un comandante dei Carabinieri del periodo, Pasquale Barbaro e un giovane Guido Laganà.
Una schiera di attenti convegnisti Salvatore Gemito, Domenico e Gianluca Leonardo, Ettore Muscolo Sandro Origlia e Nicola Gallo seguono attentamente un recente incontro svoltosi all’Hotel President di Siderno.
Un toccasana color dell’uva Dopo le 15:45, alla vecchia Hosteria, scatta il self service! Siete tutti invitati a fare da voi, ma ricordate sempre di bere responsabilmente!