Riviera nº 28 del 08/07/2018

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la vetrina

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IN BREVE Sabato scorso, durante la manifestazione "Meta", organizzata al porto di Roccella, è successo qualcosa di magico: ad un tratto ho immaginato questo tratto di mare come era prima della costruzione del porto; ho guardato la sabbia, le agavi, la pineta che ancora resiste nei dintorni, e ho pensato al mio amico Sisinio Zito...

A 2 ANNI DALLA MORTE DI SISINIO ZITO

Metti una sera al porto di Roccella a pensare a chi ha visto tutto quando ancora non c’era niente Oggi chi fa politica non capisce quale vitale missione stia compiendo: chi decide oggi deve riuscire a vedere cosa succederà tra 50 anni, cosa riuscirà a lasciare alle future generazioni, come potrà far vivere meglio i propri figli.

ROSARIO VLADIMIR CONDARCURI Lo scorso fine settimana sono stato a Roccella, colpa di questi giovanotti irriverenti che hanno organizzato la manifestazione “Meta”. Sì, perché dal primo giorno ho visto questo bell’evento e ho intuito che avrebbero fatto cose serie. Così sabato verso le undici di sera mi trovo al porto di Roccella, passeggio tra le bancarelle, guardo qualche spettacolo di artisti di strada e osservo la gente che riempie questo pezzo di paradiso della nostra bella Locride. Dopo un po’ andiamo a vedere questa nuova barca che ha attraccato al porto, mi dicono sia della famiglia del Primo ministro di Malta, si chiama “Zarina”, in effetti non è una barca ma una villa che galleggia, sono tre piani di lusso e bellezza concentrati in una ventina di metri. Non mi attirano molto le imbarcazioni, sono più un tipo da spiaggia che da yacht, però ho voluto soddisfare questa mia curiosità. Così in modo distratto mi ritrovo alla fine della banchina e nel voltarmi vedo tutto il porto pieno di gente, di spettacoli e di divertimenti. Allungo lo sguardo e vedo la parte alta del porto: succede qualcosa di magico in questo momento perché ad un tratto immagino questo tratto di mare come era prima della costruzione del porto; vedo la sabbia, le agavi, la pineta che ancora resiste nei dintorni, e penso al mio amico Sisinio Zito. Penso cosa abbia potuto pensare in quei tempi, quando insieme ad altri hanno sognato di arrichire questa piccola cittadina di un porto. Immagino che abbiano discusso su cosa poteva essere quest’opera per i loro figli. E allora qualcuno avrà detto: "Lì ci vanno le banchine, lì invece la zona ristorante, lì la capitaneria". "Poi un giorno arriveranno dei catamarani" - avrà detto un altro, mentre interveniva un terzo: "Nel periodo della Madonna della Grazia, qui faremo una festa per far vivere il porto a grandi e bambini. Sì, dai andiamo a fare il progetto". Hanno visto ieri quello che oggi è una realtà. Rifletto su questa visione, penso alla lungimiranza di chi ha pensato al futuro del proprio paese, e penso alla bravura di questi ragazzi che forse per la prima volta hanno proiettato il sogno dei loro avi. Penso, anche, che spesso chi fa politica non capisce quale vitale missione sia la politica: chi decide oggi deve riuscire a vedere cosa succederà tra 50 anni, cosa riuscirà a lasciare alle future generazioni, come potrà far vivere meglio i propri figli. Oggi, dopo qualche giorno, mi ricordo ancora di Sisinio Zito. Venerdì sono passati due anni dalla sua scomparsa; è vero che avevo già parlato di lui pochi numeri fa, però mi piace ricordarlo in questo modo, senza parlare di quello che è stato, ma riflettere sulle sue “visioni”. Mi porta a capire meglio dove deve andare questo territorio, come si sono fatte determinate scelte, cosa ha fatto sì che nel tempo siano state giuste per tutti. Mi serve per comunicare a quelli che oggi fanno politica che spesso bisogna guardare dove gli altri non vedono. Come faceva Sisinio Zito.


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SIDERNO

Il GAL “Terre Locridee” illustra i nuovi bandi alla villa Comunale Domani, lunedì 9 luglio, alle ore 18, si terrà presso la Villa Comunale di Siderno il 9º workshop del GAL “Terre Locridee”, nell’ambito del quale si parlerà di “Fattorie sociali, accoglienza rurale e servizi di agricoltura sociale. Iniziative nell’ambito del Piano di Azione Locale del GAL Terre Locridee”. Come sempre, i lavori saranno coordinati dal presidente Francesco Macrì che, dopo i saluti del sindaco Pietro Fuda, lascerà la parola al responsabile del PAL Gelsomini Guido Mignolli. Dopo la fase di partecipazione aperta al pubblico seguiranno le relazioni del portavoce del Forum del Terzo settore Francesco Mollace, del professore dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria Marco Poiana, del presidente di Assogal Calabria Francesco Esposito, del Presidente di Coldiretti Calabria Pietro Molinaro e dell’Assessore al Bilancio ed alle politiche del personale della Regione Calabria Mariateresa Fragomeni. Come sempre, l’incontro sarà occasione utile a informare le aziende del territorio sulle novità dei finanziamenti che riguardano in l’agricoltura sociale e le filiere animali e vegetali. L’appuntamento successivo si svolgerà a Portigliola il 16 luglio.

LOCRI

La condizione indecente del mare mobilita l’Amministrazione Mercoledì ha generato grande polemica e sdegno la condizione del mare a Locri. Il susseguirsi di segnalazioni al comune ha immediatamente allertato il sindaco Giovanni Calabrese e l’assessore all’ambiente Vincenzo Sainato, che, controllate le condizioni del depuratore consortile di Locri, hanno anche appurato il corretto funzionamento dello

stesso, allertando di conseguenza la Capitaneria di Porto per capire da quale impianto provenissero i liquami. La situazione, che deve rientrare immediatamente per garantire la balneabilità del mare, sospesa per diverse ore nei giorni scorsi, viene adesso costantemente monitorata da chi di competenza, ma un nuovo esposto alla Procura da parte del primo cittadino locrese dimostra quanto sia urgente trovare una soluzione e quanto anche l’Amministrazione denoti stanchezza per una condizione che si protrae da troppo tempo.

La Lega delle leghe dei sotizzi e la dignità della ‘nduja Egregia dottoressa ‘nduja, grazie per il tempo che concede alla nostra testata per raccontarci del suo viaggio a Pontida. - Grazie, ma non fare troppi sciassi, lo sai benissimo che ho solo la terza elementare. - Scusi, non l’ho detto per piaggeria! - Ma quale Piaggio e Piaggio! Imma cu l’aereu, mica cu l’Ape! Ti pare ca simo ancora ai tempi du carbuni? - No, scusi, ha ragione. Allora, questo tour a Pontida com’è stato? - Fu ‘na festa. C’era una folla i genti vestuta tutti i virdi. Nu culuri ca mi stavia annorbandu l’occhi. Non sacciu avundi si comprano sti rrobbi, ma ti giuru ca manco gliocu ‘nde cinesi vitti rroba tanta brutta! Ballavano, saltavano, compravano cose, parlavano ‘nto megafono, ridevano, bevevano l’acqua zozza di quel fiume che c’ha quel nome strano, di un avverbio… - Il Po, dottoressa? Ma si scrive senza apostrofo, eh! - E tu dissi ca ‘ndaiu a terza alimentari! - E poi che è successo? - Mi ligaru a festoni su una bancherella lunga lunga. Ero legata di qua, legata di là. Forse per questo è che si chiama “Lega”. - Veramente… - Non mi interrompere! - Per carità, dottoressa, prosegua! - Se mi fai perdere il filo non mi posso legare, e che Lega è? - Non sia mai! - Stavo dicendo, c’era tutta questa gente vestita brutta chi parrava ‘na lingua strana, tutti vecchi, età media 60 anni, mi stavo sentendo ammuffire: le mie nobili proteine si stavano disintegrando, e i sali minerali venendo meno, per poco non mi dovevano portare un Polase. Quando passavano davanti a dove stavo io tutti mi chiamavano di nome. E ieu penzava “Ma cu t’a dezzi ‘sta cumpidenza?”, però non mi sono lamentata. Solamente quando uno è passato dicendo che ero l’unica cosa buona della Calabria, gli ho sputazzato una botta di peperoncino nell’occhio. Chi malumparatu! - Ha fatto bene, dottoressa! - Poi è comparsa una signorina bella bella, aaaalta, con i tacchi. Ha detto che sapeva tutto di me e che mi sapeva cucinare, e che aveva fatto una trasmissione di cucina sulla rete nazionale. Insomma, bella era bella, ma si vantava un pocherello, mu sugnu sincera, eh! Chigliu ca varvetta, chi cumandava a tutti l’atti, dissi ca era a so’ fidanzata e a chiamava Sabella. - Aaaah, ma era Isabella Isoardi, la fidanzata di Salvini! - Iglia, iglia! Dissi ca u fidanzato soi nesci pacciu pi mia. Ieu dissi ‘nta mia: ma quandu mai ‘ndi vidimma ieu e tia? - E poi? - E poi è accaduta una cosa tragica… - Cosa, dottoressa? - ‘a Sabella, quella che aveva detto di sapermi cucinare, mi ha messa sopra una fetta di una cosa strana…non sacciu chi era… ‘na sorta di colla gialla ‘nduruta! - Polenta? - Ecco! Polenta! - Quindi l’hanno messa sulla polenta, dottoressa? - Sì.

- E come si è sentita in quel momento? - E come mi dovevo sentire? Ho pregato, e ho sperato ‘ca non morivo. Vogghiu ca ‘sta storia mu si sapi ‘nta tuttu ‘u mundu, perché un fatto del genere non può passare sotto silenzio come tante ingiustizie. ‘ndaiu ‘a dignità di ‘nduja, ‘ndaiu i proteini nobbili, vogghiu ‘u dirittu meu rispettatu! Pregavi tanto tanto il Signore, in quel brutto momento. - Mi scusi, e nessuno ha tentato di soccorrerla, ha chiamato il 118, un’autoambulanza, un paramedico, la sorveglianza? - Nugliu. Solo la cipolla di Tropea, che era vicina a me, poverella, ciangia, ciangia, e quanto ciangia! Alla fine mi aveva anche un po’ rotto le… Alla fine io dovevo consolare lei, vidi tu! - Dottoressa, ci sta parlando di un reale abuso a lei e alla cipolla. Cosa chiede? - Giustizia. Ho fiducia nella legge e sono serena, anche se sono scossa, perché poteva andarmi peggio. - Peggio della polenta? - Ca comu no! Pi trenta e trentunu non mi sarvavi da ‘na cosa chi era come ‘na sorta di insalata cruda cunduta. Una cosa come il tartaro dei denti ma non uguale… non mi ricordo! - La tartare? L’insalata di carne cruda? - Ecco, quella! Si vidi ca facisti ‘i scoli arti! Quando mi levaru ‘nto piattu con burro e salvia, ieu su dissi ca non sugnu carni cruda! - E non le hanno creduto? - No! - E come si è salvata? - Arrivaru du’ figghioli ca dissaru ca erano di Vega. - Due vegani? - Ecco, due vegani! Mi sbrogghiaru ‘i sta catina ‘i spagu ligatu, e mi levaru ‘nta campagna. Poi mi iettaru ‘nto fiumi. Unu mi sputau, chi malumparatu! - E dal fiume lei è riuscita a salvarsi? - A ca ti pare ca non sacciu ‘u natu? Natavi fino ‘a sponda e mi misi a urlare, a urlare. - E cosa urlava, dottoressa? - Che volevo tornare a casetta mia, qui, nella mia bella Calabria, dove la gente sa come mi deve mangiare. - E basta? - No, ho detto pure che gliocassupa, non vogghiu ‘u tornu mancu morta! Mancu si mi fanno a tartàr! (fazzoletto) Lidia Zitara



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IN BREVE

attualità

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Davanti a don Guido

“Locri ospedale spoke? L’ultima invenzione esterofila. Ormai i tecnici che consigliano i politici non hanno più remore o vergogna e i politici che non hanno levatura oltre il metro abboccano”

I cipressi che a … Ma quali cipressi, buon uomo? Vi erano due splendidi aceri americani e uno lo hanno tagliato mentre l’altro lo hanno mutilato e ci hanno messo sopra il contrassegno dei portatori di handicap! Buongiorno Commendatore! Mi scusi ero sopra pensiero e non l’avevo vista... Buongiorno a lei, buon uomo, ma preferisco che mi si rivolga col Don Guido; è più … casereccio! Ricordo che il giorno della sua… dipartita l’On. Pietro Buffone al termine dell’epicedio lo salutò col: Buongiorno Guido, perché tu vai verso la luce! Ma quale luce, buon uomo, mi vedi come sono ridotto all’ombra di un moncone di palma divorata dal punteruolo. Il mio naso, rivolto a ovest, è ormai scolorito dalle deiezioni dei piccioni, appollaiati sul mio capo e stanno rivolti a est per godersi il sole mattutino. Tutti mi passano accanto senza degnarmi di uno sguardo, appunto. L’orientamento è stato profetico, rivolto al tramonto. Altro che “Guido Candida nel ricordo dei Calabresi” come ebbe a titolare il direttore della Coldiretti, il fu Comm. Giuseppe Primavera, nel libretto a me dedicato. Comunque Don Guido io vorrei parlare con Lei delle condizioni del “Suo” ospedale, perché nessuno può negare che questa è stata opera Sua. Ma mi faccia il piacere! Quale mio ospedale! Se fossi vivo mi prenderei questo busto e me lo porterei nell’avito casale. Mi consenta almeno di scambiare quattro chiac-

chiere sul funzionamento di questo presidio che Lei non considera più “Suo”. Presidio di che? Ma lei, buon uomo, ha occhi per vedere e naso per odorare, tatto per toccare, udito per ascoltare? In quanto al quinto senso, il gusto, meglio lasciar perdere. Disgusto è il termine più adatto. Mi dica lei, buon uomo, come si può curare adeguatamente una ferita in un ambiente non sterile. Cominciamo dall’ingresso: quell’indecente pensilina piena di rifiuti e con i vetri scheggiati dovrebbe accogliere coloro che scendono da un improbabile mezzo di trasporto urbano. Gli ipotetici utenti vanno subito a sbattere il viso su una sudicia bacheca su cui si sono accumulati centinaia di strati di manifesti mortuari... bel modo di accogliere pazienti e familiari! In compenso c’è un sistema di videosorveglianza che non videa niente perché in stato di abbandono in quanto desueto dal giorno dopo il collaudo, come i cancelli scorrevoli. A piedi si percorre per una sessantina di metri un tunnel in metallo e plexiglass a misura di giganti che protegge dalla pioggia solo quando non c’è vento, e qui il vento non manca mai. In auto si parcheggerebbe sul piazzale asfaltato da poco, grazie alla venuta del Presidente Mattarella che vi avrebbe dovuto atterrare col l’elicottero. Ma qui parcheggiano solo i fessi perché i ‘ddritti, e per questo lo siamo tutti, vanno avanti superando il gabbiotto dell’ormai ex posto di guardia e la sbarra che è un ricordo di funzione e si posizionano financo davanti al pronto soccorso. Pronto, chi parla? Il soccorso? “Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore… lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”. Mi lasci dire che questo mi fa venire in mente gli ignavi del canto III dell’inferno dantesco. Alle anime degli Ignavi, pur non trattandosi propriamente di dannati, Dante infligge una dura pena: quella di correre incessantemente, nudi, dietro un’insegna priva di significato, tormentati dalle punture di vespe e mosconi fino a sanguinare; il loro sangue è, infine, raccolto da vermi raccapriccianti che si muovono ai loro piedi. Naturalmente nulla a che fare col personale del pronto soccorso che invece Dante colloca nel I Cerchio dell’Inferno dove sono relegate le anime di coloro che vissero virtuosamente, ma non furono battezzati. Questi spiriti non sono dannati, la loro unica pena consiste in un desiderio eternamente inappagato di vedere la Sanità. Ma torniamo all’ingresso principale - si fa per dire per come è stato ridotto. - Porte scorrevoli e una fila di scatole vuote, la memoria di uno sportello bancario, avvisi vecchi e nuovi tra pareti scrostate e macchinette dispensatrici di momenti di relax per pazienti e visitatori, indicazioni per i reparti e la direzione sanitaria, ormai vuota dell’una e dell’altra. “Or discendiam qua giù nel cieco mondo, cominciò il poeta tutto smorto. /Io sarò primo e tu sarai secondo (...) e l’occhio riposato intorno mossi, (…) per conoscer lo loco dov’io fossi. (…) de la valle d’abisso dolorosa che ’ntrono accoglie d’infiniti guai”.

Il più grande e prestigioso impegno di Don Guido Candida fu l’Ospedale di Locri, di cui fu fondatore e Presidente. Considerando la situazione in cui versa oggi il nostro Ospedale, diventato negli anni un porto di mare tra soprusi e appetiti politici, abbiamo immaginato di intervistare don Guido, un uomo che di certo sarebbe di sprono all’impegno civico, politico e sindacale finalizzato a garantire il diritto alla salute ai cittadini della Locride.

Come vede, buon uomo, il padre Dante aveva già previsto tutto! Però Don Guido deve riconoscere che in questo luogo non vi sono solo guai che Lei richiama con Dante dagli inferi, ci sono tanti lavoratori che con sacrificio fanno di questo ospedale un presidio, l’ultimo rimasto su un territorio popolato da circa 135.000 persone. Buon uomo, vedo che lei (mi rivolgo con il lei perché sono un illuminato) confonde la forma con la sostanza, gli umili spesso lo fanno. Una cosa è essere persone per bene e oneste altro è fare cose buone e utili per il prossimo. Le ripeto può curare adeguatamente una ferita in un ambiente infetto? È chiaro che ci sono gli eroi, ma guai a una società che ne ha bisogno, gli eroi passano ma i problemi restano. Ma torniamo a noi, si fa per dire. Locri ospedale spoke. L’ultima invenzione esterofila. Ormai i tecnici che consigliano i politici non hanno più remore o vergogna e i politici che non hanno levatura oltre il metro abboccano. Lo sa cosa significa Spoke? Sono i raggi che convogliano tutto al mozzo Hub. Locri è uno spoke con 27 raggi: Allergologia, Angiologia, Anestesia e rianimazione, Cardiologia-Utic, Centro Trasfusionale, Chirurgia, Citopatologia, Dermatologia, Farmacia, Laboratorio Analisi e TAO, Medicina a indirizzo geriatrico, Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, Nefrologia e dialisi, Neurologia, Oculistica, Odontostomatologia, Oncologia, Ortopedia e traumatologia, Ostetricia e ginecologia, Otorinolaringoiatria, Pediatria Centro Diabetologia pediatrica, Pneumologia, Pronto soccorso, Psichiatria, Radiologia, Recupero e rieducazione funzionale, Urologia. Saranno 27 raggi di sole? Ma l’Ospedale si che ha funzionato! Vi hanno trovato sistemazione centinaia di artigiani e decine di figli della borghesia e pseudo nobiltà locale che così non hanno avuto la necessità di emigrare. Ecco diciamo che l’ospedale è stato un centro di accoglienza per i locali! Ma la sua funzione l’ha svolta egregiamente; ha dato lavoro anche a tanti sindacalisti molti dei quali, mai al tramonto, svolgono ancora il loro prezioso compito di difesa del piatto di lenticchie. Ma ormai… È passato di mano in mano dai consigli di amministrazione alle USL e poi ASL e adesso ASP, cosa ne pensa Don Guido? Buon uomo, se la ricorda la classificazione di Sciascia nel Giorno della Civetta? “Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà” E quindi? Mi lasci dire che vago ogni giorno con grandi sensi di colpa e cerco di non incrociare il cav. Teotino e la baronessa Del Balzo- Squillacioti per la vergogna di avere fatto abbattere il loro bel castello che già funzionava egregiamente come ospedale che proprio io, in qualità di vicesindaco, avevo aperto il 1° settembre del 1949 con una sottoscrizione aperta proprio per poter adeguare il castello Verga a ospedale, offerte in olio, biancheria, sapone di casa e il versamento di mille lire a testa da ogni impiegato. Un successo che ha visto tutti per Locri. Attento don Guido che è stato un precedente… Si buon uomo, capisco la sua preoccupazione ma, di fronte a una scelta, io scelgo Locri. Si, ma torniamo all’ospedale... Col senno di poi non avrei dovuto consentire che passasse il progetto degli architetti Dall’OlioGasbarri che hanno proposto un edificio a croce di S. Andrea! E allora? La croce di S. Andrea è un segnale di pericolo che viene posto nei pressi di un passaggio ferroviario non protetto, ma qui è passato il treno dell’indifferenza e ha travolto tutto. Buon uomo: non ti crucciare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare! Arturo Rocca



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R Rosario Rocca: attualità

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Il presidente del Comitato dei Sindaci della Locride, a quindici mesi dalla sua elezione, fa una sincera autocritica e non esita a indicare alcuni traditori del territorio: Delrio, Renzi e Minniti.

“Je m’accuse!” Marzo 2017- luglio 2018, quindici mesi alla guida del comitato dei sindaci. Un bilancio? Quando sono stato eletto eravamo in una fase diversa rispetto a quella odierna. Si intravedevano quelle che sarebbero state le risultanze dell’azione del governo dell’epoca. Oggi, invece, dobbiamo constatare i risultati deludenti della nostra azione, in particolare su due questioni, sanità e infrastrutture, che abbiamo cercato di affrontare privilegiando la via istituzionale e attraverso interlocuzioni autorevoli. Interlocuzioni che non hanno dato buon frutto… Per quanto riguarda la sanità, abbiamo cercato di sostenere una battaglia per l’ospedale di Locri ma anche per la sanità calabrese. Trentacinque sindaci sono andati a Roma per difendere il sacrosanto diritto alla salute. Prima del marzo 2017, migliaia di cittadini della Locride sono scesi in piazza per difendere questo diritto. In una logica di raccordo istituzionale, il sindaco di Ardore oggi presiede l’organismo più importante, ovvero il Comitato di rappresentanza dei sindaci dell’Asp di Reggio Calabria. Abbiamo fatto tutti i passaggi istituzionali possibili e immaginabili, ma ad oggi la situazione non è cambiata. Purtroppo la nostra azione è stata poco incisiva, impallata in un’assurda contesa tra governo nazionale e Regione Calabria. Sappiamo che la sanità calabrese da anni è commissariata. I risultati che ha prodotto questa gestione commissariale sono sotto gli occhi di tutti: il debito aumenta e i livelli minimi di assistenza non vengono garantiti ai nostri cittadini. Adesso dovrete interfacciarvi con i nuovi attori istituzionali: è cambiato il governo, c’è un nuovo Ministro della Salute… Lo faremo, certo, al fianco del Comitato di rappresentanza, perché non possiamo giocarci queste partite in ordine sparso; mostreremo più insistenza ed eleveremo il livello di denuncia. È un dovere morale prima che istituzionale. Oggi la sanità calabrese deve fare i conti con un organico sottodimensionato (la normativa che regolamenta le dotazioni organiche degli ospedali spoke è assolutamente disattesa). È vero che c’è un regime commissariale ma è vero anche che l’azione di Brancati è stata insufficiente: non è riuscito ad assumere neanche il personale autorizzato, per via di mille pastoie burocratiche. Altro neo della nostra sanità, per usare un termine del sindaco Salvatore Fuda, è la sciatteria del personale, non medico certamente - i casi di malasanità rientrano negli standard di altri territori. Mi riferisco al personale paramedico ausiliario che è assolutamente insufficiente; è, poi, contradditorio il rapporto che c’è tra personale amministrativo e dotazione organica che lavora concretamente sul campo. Deve essere rivisto, inoltre, il ruolo dei sindacati. Non è possibile che alcuni sindacati, anziché fare lotte di civiltà per il diritto alla salute, difendano l’indifendibile. Chi oggi ci critica,

“Abbiamo cercato di sostenere una battaglia per l’ospedale di Locri. Purtroppo la nostra azione è stata poco incisiva, impallata in un’assurda contesa tra governo nazionale e Regione Calabria”

in passato ha fatto il bello e il cattivo tempo nei comitati di rappresentanza dell’Asl. La situazione attuale deriva da un quarantennio dominato dalla partitocrazia locale e dalla ‘ndrangheta che hanno lottizzato il settore della sanità nella Locride. Come giudica la posizione di Renzi nell’affrontare la questione sanità in Calabria? Nel settore della sanità Renzi non è riuscito a fare nemmeno il leader politico: ha fatto il bambino dispettoso che per non assecondare il governatore Oliverio, che non era in perfetta linea con lui, ha lasciato Scura in Calabria come “chiodo”. Ero presente quando Oliverio, rivolgendosi a Renzi ha detto: “Via Scura o mi incateno”. Che risposte, invece, sono state date dal precedente governo in materia di infrastrutture? Il termine che mi viene qui su due piedi è “tradimento”. L’ ex ministro Delrio, prima del marzo 2017, aveva promesso ad alcuni sindaci riuniti in delegazione che avrebbe disposto subito il completamento del tratto della variante della 106 da Locri ad Ardore e puntualmente il suo ministero e Anas hanno disatteso quell’aspettativa. Tanto è vero che le diverse interlocuzioni che hanno seguito quell’incontro (nel 2015), non hanno portato alcun risultato. Con Delrio ci siamo rivisti a Catanzaro, quando è venuto a presentare il progetto della nuova ferrovia ionica, e anche in quell’occasione è stato ribadito che le risorse c’erano e si poteva completare il tratto, a due corsie, fino addirittura a Bovalino; ad oggi però non abbiamo visto nulla. Nell’accordo quadro di Anas il tratto non c’è. Durante un incontro a Catanzaro, Anas ci ha chiesto di individuare un tracciato che non sia obsoleto rispetto al precedente, un pretesto per prendere ulteriore tempo. Bovalino-Bagnara, si fa o no? In questa fase c’è una novità storica: per la prima volta i sindaci del versante centromeridionale della Locride e del versante tirrenico hanno deciso di avviare un’iniziativa congiunta. Avremmo dovuto fare una manifestazione a fine giugno, si è preferito posticiparla per organizzarla meglio. Ad oggi dobbiamo dire che serve un’azione più incisiva da parte del l’ente competente che è la Città Metropolitana di Reggio Calabria: stiamo cercando di dialogare con Falcomatà che aveva votato a favore dell’inserimento

della Bovalino-Bagnara tra le infrastrutture strategiche contemplate dallo statuto. La Città Metropolitana non decolla perché non è altro che la sommatoria di territori isolati. La Bovalino-Bagnara non risolverebbe solo i problemi delle due vallate del Careri e del Bonamico: potrebbe finalmente costruire e collegare concretamente la Città Metropolitana. Senza la Bovalino-Bagnara la Locride beneficerà poco o nulla dei vantaggi derivanti dalla Zes di Gioia Tauro, e l’aeroporto dello Stretto non vedrà i cittadini di questo territorio come potenziali utenti. Falcomatà dovrebbe cambiare approccio rispetto a questa problematica: la Bovalino Bagnara non è solo l’infrastruttura strategica della Città Metropolitana ma è fonda-

“Nel settore sanità Renzi ha fatto il bambino dispettoso che per non assecondare il governatore Oliverio, che non era in perfetta linea con lui, ha lasciato Scura in Calabria come chiodo. Nel settore infrastrutture, invece, ci ha traditi Delrio: aveva promesso che avrebbe disposto subito il completamento del tratto della variante della 106 da Locri ad Ardore e puntualmente il suo ministero e Anas hanno disatteso quell’aspettativa”

mentale per la vita stessa dell’Ente, che attualmente esiste solo sulla carta. Ponte Allaro, da tre anni simbolo di inefficienza e incompetenza… Caterina Belcastro, sindaco di Caulonia, sostenuta dall’associazione dei sindaci, ha avviato tutte le interlocuzioni istituzionali possibili. Siamo stati a Roma con l’allora sottosegretario alle Infrastrutture Del Basso De Caro, abbiamo partecipato a riunioni a Catanzaro con Anas Calabria e abbiamo anche organizzato un’iniziativa simbolica sotto il Ponte Allaro. Ad oggi Anas ribadisce che la situazione è sotto controllo, c’è un monitoraggio h24 e noi ci auguriamo che vada tutto per il meglio, perché qualora dovesse verificarsi un cedimento o la necessità di chiudere il ponte, per Caulonia non esisterebbe un piano B. A settembre verrà riavviato il cantiere. Ad Anas abbiamo contestato innanzitutto il modo in cui in questi anni ha agito e comunicato con le istituzioni del territorio. Se avesse interloquito di più con il comune di Caulonia ma anche con l’Associazione dei Comuni, probabilmente avremmo potuto ragionare in maniera più sinergica e incisiva. Il problema non è l’anno e mezzo preventivato per la conclusione dei lavori ma i tre anni precedenti, caratterizzati da un ribalzo di responsabilità, da errori di valutazione. Chi risponderà di questi 3 anni in cui un intero comprensorio è stato fortemente penalizzato da questa situazione? La legge sullo scioglimento dei consigli comunali ha gettato un’ombra su intere comunità. La Locride ha provato ad alzare la testa, così come la Calabria intera, ma non ha trovato ascolto… Avremmo voluto che a caratterizzare positivamente la nuova stagione dell’associazione che presiedo ci fosse il protagonismo dei sindaci. Peccato che l’interlocutore che ritenevo potesse dare una grande mano a questa terra, che è la sua terra, abbia deciso di non ascoltare i sindaci. Parlo del ministro Minniti. Al di là delle politiche legate al suo ministero, non si è voltato verso i sindaci, i primi avamposti dello Stato sul territorio, non so se per diffidenza o per qualcos’altro. Il suo atteggiamento non l’ho capito e continuo a non comprenderlo. Sui Pon sicurezza, progetti in cantiere da anni con la Prefettura di Reggio Calabria, la situazione si è sbloccata solo dopo un mio intervento con i livelli burocratici del Ministero degli Interni ma

senza il minimo conforto del ministro titolare. Minniti si è dimenticato di appartenere a questa terra, si è dimenticato dei suoi compagni, vecchi e nuovi, che alla fine, in qualche modo, hanno contribuito al suo successo politico. Se parlando di Delrio dico che c’è stato un tradimento, per Minniti non riesco a trovare un termine per definire il suo comportamento. E ora che non ci sono ministri e sottosegretari calabresi e che abbiamo come ministro degli Interni Salvini? Il fatto che la Calabria sia in qualche modo stata tagliata fuori mi preoccupa perché non abbiamo rappresentanze istituzionali. Mi preoccupa di meno se penso ai risultati che hanno prodotto i rappresentanti dei governi precedenti. Pertanto credo che, forse, non cambierà nulla. Da presidente dei sindaci ho scritto al premier Conte invitandolo nella nostra meravigliosa terra e chiedendogli di avviare un’interlocuzione con la Presidenza del Consiglio per sottoporre questioni ataviche. Ci aspettiamo che questo governo, anche in virtù del forte consenso registrato al sud, guardi a quello che dovrebbe essere il suo principale alleato con maggiore attenzione o comunque con un’attenzione diversa rispetto al passato. Ci confronteremo con questa nuova compagine governativa senza pregiudizi, svestendoci delle nostre casacche. A Salvini dico: la Locride ti aspetta a braccia aperte ma Riace rimane una puta di eccellenza della Calabria. Ai 5 Stelle, invece: venite in Calabria e ascoltate i sindaci calabresi ma, sulla Bovalino-Bagnara, l’atteggiamento assunto rispetto alla Tav non aiuta il territorio che è fortemente indietro. Dove va l’associazione dei sindaci 20182019? Quali sono gli obiettivi? Prima di parlare di obiettivi serve un cambio di passo. Io mi aspetto qualche consiglio in più e qualche lezione in meno dalla politica che mi ha preceduto. Con il presidente Candia abbiamo già concordato la convocazione di un’assemblea per rilanciare una conferenza programmatica sulle questioni più incisive. Per ogni ambito meritevole di un’attenzione particolare - penso alla sanità, alle infrastrutture, al turismo culturale, vero volano di questo territorio - saranno previste delle deleghe, in particolare ai sindaci più giovani, perché da solo il presidente dei sindaci non può nulla ed è destinato al fallimento come tutti i tuttologi di questo mondo. Quanto agli obiettivi, ribadisco la necessità di portare una sede universitaria nella Locride, perché non possiamo creare alcuna prospettiva di turismo culturale o turismo in senso lato se i nostri giovani non studiano qui la valorizzazione dei beni culturali e l’economia del turismo. Oggi gli atenei sono più restii rispetto al passato a dislocare sedi universitarie. Ma la Locride è la culla della Magna Grecia, quindi se le università pubbliche non dimostreranno disponibilità, vuol dire che si valuterà qualche interlocuzione con università private per garantire una sede sul territorio.

“Minniti si è dimenticato di appartenere a questa terra, si è dimenticato dei suoi compagni, vecchi e nuovi. Non riesco a trovare un termine per definire il suo comportamento”



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Locri sia trasparEnte anche sulla TARI Il 29 giugno scorso il segretario comunale di Locri, dott. Domenico Libero Scuglia, ha ritirato il premio Asmenet assegnato col sistema della Bussola della Trasparenza. Il sindaco Calabrese ha dichiarato che “la trasparenza è un nostro vanto, … siamo fieri di portare alta la bandiera della trasparenza e della legalità, senza se e senza ma…”. Riteniamo quindi che non ci sarà nessuna difficoltà a mettere all’albo pretorio il ruolo della Tari 2018. In questi giorni stanno arrivando per posta gli avvisi per il pagamento della TARI deliberati dal Consiglio Comunale del 20/03/2018. Premetto che la mia abitazione è distante dal centro abitato di circa due chilometri e che il primo cassonetto per il conferimento dei rifiuti è posto a circa 1,5 km. Premetto inoltre che, avendo un’ampia corte, utilizzo due compostiere aerobiche per l’umido. Purtroppo alle galline che smaltivano l’umido ci hanno pensato volpi e faine. Quanto agli sfalci di potatura e all’erba falciata, vengono ammassati per la decomposizione in loco. In casa viviamo in tre persone adulte e abbiamo eliminato la plastica monouso. Ricicliamo tutte le bottiglie di vetro utilizzandole per l’imbottigliamento dell’acqua di sorgente e quelle provenienti dal consumo di vino sono destinate allo stesso uso. I giornali quotidiani vengono raccolti e regalati a un amico carrozziere che li utilizza per la verniciatura. I giornali illustrati vengono raccolti e depositati nell’apposito cassonetto distante sempre circa 1,5 km. I rifiuti che produciamo e che finiscono nel sacchetto della pattumiera consistono mediamente in una busta di 1 kg scarso alla settimana, regolarmente conferita nel cassonetto dell’indifferenziata, sempre a 1,5 km dall’abitazione. L’avviso per il pagamento della TARI nel dettare le modalità di estinzione mi indica che entro il 31 agosto posso versare l’intero importo di € 381,00 in unica soluzione oppure in tre rate di € 95,00 e una quarta di € 96,00. Calcolando che con i comportamenti descritti in premessa produciamo circa 50 kg di rifiuti l’anno (non calcolando che siamo assenti da casa anche per lunghi periodi) per conferirli al cassonetto, sempre distante km 1,5, spendiamo € 7,62 al kg. È poco? È tanto? Da qui l’idea che vorremmo avere la possibilità di calcolare quanto spendono i nostri concittadini iscritti a ruolo e quanti, residenti o domiciliati, ne sono iscritti. Chiediamo troppo a un comune che ha ricevuto il premio Asmenet conferito con la Bussola della Trasparenza? Arturo Rocca

A Camini la Festa della Mietitura Si è svolta a Camini la Festa della Mietitura del grano: cittadini di Camini e immigrati, turisti e volontari si sono alzati all'alba come ai vecchi tempi. Il sole li ha visti nei campi quando le falci erano già all'opera e la trebbia divideva il grano della paglia. Colazione sotto l'ombra di un grande albero e, come per incanto, a sera il grano era diventato pane, impastato e infornato da donne provenienti dal Medio Oriente.

Il sidernese Renato Audino conquista due nuove medaglie “Mens sana in corpore sano”. Solcare il fiume, cercare correnti favorevoli e sfruttarle pagaiando, mettendo in mostra i muscoli e utilizzando la tecnica e la rapidità. Il Sidernese Renato Audino chiude in positivo parte della stagione agonistica 2018, conquistando nelle gare interregionali di velocità di domenica 27 maggio, nelle acque del lago di Mergozzo (Verbania), due primi posti, nei 200 m e 1000 m, categoria K1 Master H. Incrementa così il medagliere personale. “Per vincere non è necessario lo stile dei grandi campioni – dichiara Renato Audino – le vittorie si conquistano usando la testa e mettendo in evidenza il piacere di partecipare divertendosi. L’appuntamento adesso è a Siderno per riprendere gli allenamenti estivi nel mare più bello e più azzurro del pianeta, quello del mio Paese, con gli amici che mi allenano, Cosimo, Enzo e Attilio”.

Preparato da ragazze inglesi e dagli abitanti della piccola cittadina della Locride. La sera è festa in piazza: in tutta la Camini che produce, che accoglie, che progredisce. Insieme si consuma il pane appena sfornato con l'olio aromatico prodotto con il contributo degli immigrati e dei volontari. È questa la Calabria autentica che ci piace e vorremmo sempre vedere.

Siderno: Una cittadina chiede al sindaco di prendere provvedimenti in merito alla questione rifiuti Al Comune di Siderno All’attenzione del Sig. Sindaco Pietro Fuda La Sottoscritta, Lupis Caterina, residente a Siderno CHIEDE Alla S.V. di prendere atto e provvedimento immediato in merito ad una situazione incresciosa che si verifica quotidianamente nella gestione dei rifiuti da parte di alcuni cittadini. La parola equità deve coinvolgere tutti i cittadini e dimostrare loro, con i fatti, cosa sta a significare, per poter porre fine a questo schifo. Si invita ad effettuare controlli e sopralluoghi per vedere, con i vostri occhi, il problema, facilmente risolvibile, di abbandono dei rifiuti lungo la strada che porta al mercato, in mezzo ai canneti, dove alcuni nostri concittadini, partendo dai propri condomini

con dei sacchi neri e caricandoli in macchina, commettono il gesto insano di abbandonarli. Inoltre, come se fosse la normalità, sui marciapiedi, chi possiede attività commerciali, lascia imballaggi, cartoni e cassette delle frutta alla mercé del vento o dei cani randagi. Per non parlare poi dei ciclisti o dei bancarellisti che occupano spazio del marciapiede ostacolando il passaggio dei pedoni. Crede sia il caso di prendere seri provvedimenti a riguardo nel rispetto di tutti i cittadini onesti che attuano la raccolta differenziata. Ringraziando in anticipo per l’attenzione, coglie l’occasione per porgere i saluti, augurando che vengano presi seri ed effettivi provvedimento per il bene comune. Caterina Lupis

Treni, navi, aerei Un continuo andare, e veder gente nuova, luoghi e paesaggi, con il sole, con il buono, o il cattivo tempo. L’erba verde, ancora più verde quando umida, è pregna di pioggia. Il cielo che va a rasserenarsi e spunta di nuovo il sole! Anche se il pensiero, un istante non ti abbandona, non val la pena tentar di obliare, del passato quella cara e dolce memoria, chè appena ritorni, ai luoghi noti, le tenaci abitudini, ti portano, con un fiore in mano, a baciar la pietra che ripara i tuoi cari. B.G.


Redazionale

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n foliage esotico, con palme rigogliose simbolo di vitalità e spensieratezza. E poi arredi in stile havana beach, pappagalli e ananas. Si veste di "tropical" il nuovo Gin Bar dell'Y.M.C.A. dedicato allo scrittore statunitense Ernest Hemingway. Una scelta non casuale: il vecchio Hemingway ci ha lasciato in eredità non solo grandi capolavori letterari, ma anche vere e proprie perle alcoliche. Sembrerà di vederlo lì al bancone col suo "daiquiri", mocassini neri, pantaloni bianchi, lunga camicia celeste a coprire l’addome generoso, e sigaro sempre acceso. Genio di penna, incline alla caccia, alla pesca, alle belle donne, al rum. Tante le ricette di cocktail lasciate in eredità da Hemingway, tutte descritte accuratamente nel menu dell'Y.M.C.A., insieme alla loro storia e alle frasi celebri dello scrittore. La più notevole di tutte è l’Hemingway Martini, una gloriosa variante del Martini Cocktail, molto più secca, chiamata anche Montgomery in onore del famoso generale inglese, visto che le proporzioni di gin e vermut sono di 15:1, lo stesso rapporto tra truppe amiche contro truppe nemiche che il generale consigliava prima di assalire l'avversario. Sono oltre settanta i gin presenti nella carta da affiancare a un'altra interamente dedicata alle toniche, con i consigli per un perfetto abbinamento. Nel menu anche un'imperdibile selezione dei signature cocktail con cui il pluripremiato barman Nicolò Bolognino si è distinto in competizioni nazionali e internazionali. Per ogni cocktail, inoltre, è stato pensato il giusto bicchiere con la giusta decorazione. Ma l'Y.M.C.A. dell'estate 2018 non sarà solo Gin Bar, il primo in assoluto della Locride, ma è anche pizzeria e ristorante con piatti freschi e sfiziosissimi e soprattutto serate a tema. Ogni venerdì è in programma un appuntamento imperdibile con "Belli Freschi", mentre da metà luglio parte il format "Osteria Italiana" con cena-concerto e spettacolo di cabaret. A fine luglio un nuovo format a sorpresa colorerà i sabato sera, mentre un progetto musicale house farà ballare la Locride nei giovedì di agosto. Inoltre, tutti i pomeriggi di agosto, a partire dalle 17:00 fino alle 20:00, all'Y.M.C.A. sbarca Radio Hemingway, per trascorrere momenti di assoluto relax all'interno del nuovo Gin Bar. Un'estate vulcanica quella pensata all'Y.M.C.A. da Davide e Nicolò, il duo instancabile che a Siderno promette tempeste di idee pirotecniche anche in riva al mare.

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Estate tropicale? Vieni all'Y.M.C.A

Si veste di "tropical" il primo Gin Bar della Locride dedicato allo scrittore statunitense Ernest Hemingway. Ogni sera a partire dalle 18:00 ti aspetta per deliziare+ il tuo relax

SIDERNO LUNGOMARE DELLE PALME


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speciale

NELLA

REALIZZAZIONE DI AQUA-R-IUS, IL GIOVANE STREET ARTIST HA IMPIEGATO UNA PRECISA COMBINAZIONE DI COLORI. IL BIANCO, CHE IN MEDIO ORIENTE SIMBOLEGGIA LA MORTE, E IL ROSA, UTILIZZATO PER SDRAMMATIZZAR E L’OPERA.

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LocrARTide

Mentre l'Antartide, il cappuccio ghiacciato del Polo Sud, ha registrato nei giorni scorsi il record di temperatura più bassa (-98°), nella Locride la colonnina di mercurio sale. A innalzarla l'arte in tutte le sue forme, che scuote l'anima liberandola dalla noia. Un incontro inatteso di nuove dimensioni, un ricettacolo di emozioni che sbucano fuori da voci, suoni, tele, strade.

Il rosa di Rebor lascia il segno anche a Roccella GAETANO MARANDO

Ci siamo spesso occupati d’intervistare giovani ragazzi/e che sono riusciti nell’intento di trasformare la loro passione artistica in lavoro. Questa settimana abbiamo incontrato l’artista Marco Abrate, in arte Rebor, invitato dal comune di Roccella Ionica, in occasione del Meta, a realizzare un’opera sul lungomare. Che cosa rappresenta l’installazione di Roccella e che cosa volevi comunicare? L’opera s’intitola AQUA-r-IUS e rappresenta la nave lasciata fuori da porti italiani lo scorso mese. Ho volutamente spezzato ed evidenziato in maiuscolo le parole AQUA e IUS, indicando la legge del mare che impone, a qualunque imbarcazione, di aiutare e salvare chi si trova in pericolo. Che cos’è l’arte per Rebor e come nasce questa tua passione? La mia famiglia si è sempre occupata di arte, quindi posso dire che ci sono nato con questa passione. Ho sempre avuto a disposizione la libertà e gli strumenti per esprimermi e questo mi ha facilitato anche nella comunicazione con il mondo, eliminando la difficoltà che mi creava la dislessia. L’arte, quindi, è per me una fondamentale forma di espressione, a cui chiunque dovrebbe potere accedere. Sei solito trattare diverse tematiche sociali all’interno delle tue opere. Su che cosa ti sta concentrando ultimamente? Un’opera d’arte esprime sempre qualcosa, anche quando vuole volutamente negarne il significato. L’arte per me ha anche una valenza sociale e gli artisti devono essere capaci di scuotere le persone. Il tema a cui sto lavorando da tempo è quello relativo alla “società frammentata” che prevede da un lato l’utilizzo della metodica, ovvero lavorare con i resti, con le incrostazioni e le forme che ne derivano, dall’altro la sintesi degli egoismi e l’incomunicabilità che oggi tutti noi viviamo. Il rosa è il colore predominante di alcune tue opere. Che cosa vuoi trasmettere attraverso il suo utilizzo? Siccome ho un passato da writer, ho osservato che sia nei graffiti che nella pubblicità l’utilizzo del rosa cattura l’attenzione, per questo ho iniziato a utilizzarlo su una serie di opere. Il ciclo “Cabinets contemporains”, ad esempio, ha previsto una serie di piccole incursioni nei bagni dei più grandi musei, all’interno dei quali ho lasciato una versione “riveduta e corretta” di alcune mie opere, aggiungendo sempre un elemento rosa. Il tuo percorso artistico ti avrà permesso di entrare in contatto con diversi artisti e confrontarti con essi. Chi di loro ha saputo trasmetterti quel qualcosa che mancava al tuo repertorio? Ci sono varie personalità alle quali mi sono ispirato in maniera più o meno indiretta: fin da piccolo mi hanno affascinato i film di Tim Burton, mi sono rifatto a Basquiat, Haring e Warhol quando facevo graffiti, a Damien Hirst, Cattelan e Banksy per le mie ultime opere. Ma in generale da tutta la storia dell’arte ricavo idee e suggestioni. Il comune di Roccella Ionica ti ha invitato a installare una tua opera in occasione del Meta. Che cosa ti ha sorpreso del nostro comprensorio e come valuti il panorama artistico calabrese sulla base di questa tua esprienza? Ringrazio il comune di Roccella Ionica per l’invito e l’opportunità che mi ha offerto. Ho gradito soprattutto l’ospitalità e l’accoglienza che la gente e i luoghi mi hanno riservato. Riguardo il panorama artistico calabrese mi auguro di poterne approfondire la conoscenza in altre occasioni per poter farmi un’idea più approfondita. Al momento rischierei di dare un giudizio troppo superficiale.

ORIGINARIO DI SIDERNO SUPERIORE, 25 ANNI AD AGOSTO, COSIMO CARLINO

È UNA GIOVANE PROMESSA DEL ROCK MADE IN LOCRIDE CHE, INTENZIONATO A FARE DELLA MUSICA LA SUA OCCUPAZIONE PRINCIPALE, SOGNA DI DARE IL SUO CONTRIBUTO FATTIVO AD ALLARGARE IL PANORAMA MUSICALE DEL NOSTRO COMPRENSORIO.

Cosimo Carlino: “Voglio una musica diversa per la Locride” JACOPO GIUCA Come nasce la tua passione per la batteria? Probabilmente dall’accondiscendenza con la quale i miei genitori mi hanno comprato il primo tamburo di plastica durante una festa di paese. A partire da quel giorno non c’è stato arrivo dei “giganti” a Siderno Superiore che non sia stato accompagnato dal mio tamburello e da lì all’iscrizione alla “Banda Musicale Città di Siderno” il passo è stato davvero breve. In quel periodo ho cominciato a frequentare le prime lezioni di batteria, affiancandovi al contempo lezioni da autodidatta e la frequentazione di un’accademia a Vibo Valentia. Ciò mi ha permesso di scrivere un paio di libri di esercizi che devo trovare il coraggio di pubblicare e di caricare sulle mie pagine social esercitazioni accompagnati da video che dimostrano come gli spartiti vadano suonati che stanno riscuotendo un discreto successo. Attualmente fai parte di qualche gruppo? Sì. Da novembre sono il batterista dei “Two Legs Bad”, una rock band composta da Bruno Ferrò alla chitarra e alla voce, Gabriele Cortale al basso e Mirko Nigro alla seconda chitarra. Immagino non sia la tua prima esperienza del genere… No, anzi. L’ingresso nel gruppo è avvenuto proprio in seguito alla scioglimento dell’ultima band di cui ho fatto parte. Grazie all’amicizia con Mirko sono potuto entrare in contatto con i ragazzi e continuare un percorso la cui brusca fine mi stava demotivando molto. E dire che venivo da un’esperienza davvero unica con i “Sovraccarico”, con i quali avevo partecipato a Sanremo Rock e al Radio Roccella Rock Contest dello scorso anno con risultati lusinghieri… Non è la prima volta che sento di promettenti gruppi musicali del comprensorio che si sciolgono all’improvviso. Come mai, secondo te, la Locride è un terreno così poco fertile per la musica? Perché in un mondo in cui vivere di musica è già di per sé complicato, farlo in un comprensorio dove la maggior parte delle famiglie vivono in difficoltà economica rende l’impresa praticamente impossibile. Per questa ragione la musica viene vista come un passatempo e quasi mai si riesce a trovare la costanza per continuare a praticarla a determinati livelli. Eppure il pubblico non manca… Assolutamente no! Anche se devo ancora partecipare al primo concerto con i “Two Legs Bad” so che hanno un ottimo seguito e che le serate di tanti gruppi del comprensorio hanno sempre riscontri più che positivi, soprattutto durante la bella stagione. A proposito di estate: quale bilancio speri di poterne fare dopo qualche concerto con la tua band? Stiamo ancora lavorando al calendario dei concerti ma, oltre che divertirci, contiamo di farci conoscere. Io in particolare spero di poter mostrare le mie qualità e, perché no, trovare degli allievi di batteria, considerato che ho conseguito l’abilitazione per l’insegnamento e ho uno studio dove poter provare. Come hai conseguito l’abilitazione? Frequentando l’accademia WizDom a Vibo Valentia cui facevo riferimento in precedenza. Si tratta di una scuola aperta da Massimo Russo, unico distaccamento italiano dell’accademia internazionale del batterista americano Dom Famularo. Russo l’ha aperta dopo aver preso lezioni da Famularo che, successivamente, ha accolto di buon grado l’idea di esportare il proprio metodo di insegnamento anche nel nostro Paese. Chi vi si iscrive segue un percorso di apprendimento personalizzato sulla base delle proprie esigenze e può frequentare seminari e masterclass con i più importanti Drummer internazionali. Io sto frequentato i corsi da tre anni con ottimi risultati e ho avuto la possibilità di incontrare musicisti del calibro del batterista Damien Schmitt o del percussionista Pete Lockett, dai quali ho appreso davvero tanto. Non pensi che effettuare nella Locride un’operazione simile a quella di Russo potrebbe rendere più fertile il panorama musicale comprensoriale? Assolutamente sì e, anzi, aprire una scuola di batteria, una piccola accademia, ma anche solo un semplice punto di ritrovo per musicisti, in cui riunirci, confrontarci, ospitare concerti e seminari è uno dei miei sogni nel cassetto. Permetterebbe al comprensorio di avere un punto di riferimento musicale senza dover viaggiare almeno fino a Reggio o Messina. Certo, sarebbe un investimento rischioso, ma pur di rimanere sul territorio, una volta affermatomi, il gioco varrebbe la candela.


Il ritorno trionfante di Lisa LISA,

PSEUDONIMO DI ANNALISA PANETTA, CANTANTE CALABRESE, DI GIOIOSA IONICA, RITORNA SULLA SCENA MUSICALE DOPO SEI ANNI DI ASSENZA, VINCENDO NEL PROGRAMMA “ORA O MAI PIÙ” CONDOTTO DA AMADEUS SU RAIUNO. SI È ESIBITA CANTANDO I SUOI VECCHI SUCCESSI INSIEME AGLI INEDITI E OFFRENDO AL PUBBLICO, CHE L’HA ACCOLTA CON UN CALOROSO APPLAUSO, UN’IMPORTANTE LEZIONE DI VITA, DIMOSTRANDO DI ESSERE UNA DONNA FORTE E DETERMINATA, CAPACE DI NON ABBATTERSI DI FRONTE AGLI INTOPPI DELLA VITA.

DALLA DONNA

ROSALBA TOPINI Quando hai capito che la musica avrebbe fatto parte della tua vita? L’ho capito all’età di tre anni. Anche se molto piccola, cantare mi rendeva molto felice e così ho deciso di seguire questo percorso, iniziando a esibirmi prima in chiesa, poi nei pianobar e in seguito ho partecipato a vari concorsi canori. Nel 1998 ti qualifichi terza a Sanremo, col brano “Sempre”. Hai qualche ricordo particolare di quell’esperienza? Si, tantissime emozioni vissute durante l’esperienza sanremese. In particolare ricordo l’abbraccio di Celin Dion e di quando Brian Adams mi chiese l’autografo, definendomi “voce di violino”. Quando tutto sembra in discesa la vita ti mette alla prova. L’esperienza della malattia ti ha reso una donna più forte? Questa esperienza ha tirato fuori il mio vero io: ovvero un miscuglio di mare e vulcano, essendo nata da padre calabrese e madre napoletana. Mi sono aggrappata alla vita come una leonessa, affidandomi alla fede, anche se all’inizio mi sono sentita abbandonata da Dio. Vuoi lanciare un messaggio a chi sta ancora combattendo questa difficile battaglia? Il mio messaggio è quello di non mollare mai e non ignorare i messaggi che ci lancia il nostro corpo. Inoltre, ricordare che la sofferenza dell’anima incide profondamente sulla nostra salute. È fondamentale sempre controllarsi, mai rimandare, visto che le cose possono solo peggiorare. Grande soddisfazione al programma “Ora o mai più”. Che effetto ti ha fatto rivivere, di nuovo, il contatto col pubblico? Il programma l’ho considerato il mio carpe diem, ho deciso subito di partecipare. La gente non mi ha mai abbandonato, neanche nel periodo più buio, ma il loro applauso ha suscitato in me una grande commozione, tanto che non sono riuscita a trattenere le lacrime. Ti va di commentare la polemica messa in scena da Loredana Bertè? La Bertè è una persona che stimo, tuttavia ritengo che sia stata una polemica inutile, priva di fondamento. Qualche anticipazione sul tuo nuovo singolo? Il mio nuovo singolo, dal titolo “C’era una volta” racchiude un messaggio ben preciso ed è quello di mettersi sempre in gioco e di ricordare che gli occhi vedono davvero solo quando siamo pronti per scorgere la realtà. Per una cantante è importante che chi l’ascolta si immedesimi nei suoi testi, spero che i miei messaggi arrivino dritti al cuore della gente. I tuoi prossimi progetti? Il 10 luglio uscirà il nuovo album, seguirà la promozione del singolo che ricordo si trova su iTunes e nel frattempo parteciperò a importanti programmi televisivi.

MUSULMANA AL DRAMMA DEI MIGRANTI: CON I SUOI INTERVENTI URBANI SPEZZA IL GRIGIO DELLA CITTÀ PONENDO DEGLI INTERROGATIVI AL MONDO GLOBALIZZATO, SEMPRE PRONTO A PORRE BARRIERE AGLI ULTIMI.

Da Locri a Torino lo street artist che scuote il mondo dall'indifferenza

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

BR1, è la sigla dietro la quale si nasconde un affermato street artist, nato a Locri nel 1984, che ha scelto di mantenere l’anonimato. A 7 anni emigra con la famiglia a Biella. Al primo anno di liceo inizia a conoscere il mondo dei graffiti e dell’hip hop, un universo che non sospettava esistesse. Qualche tempo dopo si trasferisce a Torino; qui scopre nuovi metodi di intervento urbano: i poster d’arte, gli adesivi, gli stencil. Oggi BR1 è tra i protagonisti della Street Art torinese e con le sue opere gigantesche denuncia le contraddizioni della società. Tra i protagonisti della tua arte la donna musulmana con indosso il velo. Donne velate ma che fumano, giocano a golf, guidano proteste con il megafono. Perchè questa scelta? Dietro il velo si nasconde una cultura complessa. Noi europei siamo spesso superficiali e non vogliamo andare oltre l’apparenza. Con la mia arte, negli anni, ho provato a creare cultura per rompere questa superficialità. Come tutte le donne, quella musulmana affronta la maternità o avrà bisogno di istruirsi. Avrà necessità di truccarsi o si vorrà interessare di politica ed economia. Per me il velo è un simbolo spartiacque tra ciò che vediamo e ciò che non vogliamo vedere o che ci viene nascosto. Mi piace pensare alle nostre donne calabresi che uscivano di casa indossando il fazzoletto, simbolo di modestia e purezza, oppure al velo che ancora oggi molte donne indossano quando si recano in chiesa o nei momenti di lutto. Altro tema da te affrontato è l’immigrazione. In un tuo poster intitolato “Indifferenza Generale” hai rappresentato il dramma dei migranti. Cosa pensi della persona che ha messo in rete il fotomontaggio di un bambolotto in braccio a dei soccorritori per dimostrare che non si trattava di un bambino annegato ma di un falso orchestrato dalla propaganda “buonista”? Nell’ultimo periodo l’immigrazione è diventato il tema grazie al quale è rinato il dibattito politico. L’immigrazione è il tema spartiacque dove destra e sinistra, europeisti e nazionalisti, possono nuovamente confrontarsi. Tutto ciò dopo un lungo periodo in cui la politica ha creato un grande malcontento tra i cittadini, disinteresse e scarsa partecipazione. Oggi è evidente che c’è una parte della classe politica che vuole imporre soluzioni estreme che negano i diritti ai migranti (diritti sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali), rievocando periodi storici non così lontani, in cui le minoranze sono state perseguitate. Non mi stupisco che oggi i social vengano utilizzati disseminando informazioni false per consolidare la propria propoganda. Credi che la Street Art oggi eserciti pienamente il suo potere anticommerciale e anti-giuridico? La street art è un movimento ampio e internazionale, che comprende al suo interno molte discipline. Alcune di queste ancora oggi sono caratterizzate da una forte carica anti-commerciale e politica. Mi riferisco all’adbusting, movimento che cerca di sovvertire la pubblicità commerciale nello spazio pubblico, oppure all’urban intervention, movimento che cerca di modificare lo stato di fatto dello spazio pubblico, che in realtà è organizzato in base a dinamiche di potere. Si pensi, ad esempio, alle porzioni di spazio pubblico intorno ai palazzi del potere, che non sono più pubbliche, o a tante altre porzioni di spazio che in nome della sicurezza vengono limitate e sorvegliate. L’urban intervention agisce anche in queste zone per lanciare spunti di riflessione e accendere un dibattito. Tendenzialmente la street art che affronta queste tematiche si organizza in maniera indipendente e agisce in modo spontaneo e non autorizzato. Queste caratteristiche riguardano anche il graffitismo, movimento artistico presente sin dagli anni ‘80, attraverso il quale i graffittari usano un determinato linguaggio per affermare la loro libertà nei confronti di un sistema politico che ci vuole tutti omologati. Molti street artist che portano avanti un’arte libera e anti-commerciale spesso sono o erano graffitari, e condividono gli stessi ideali. Quanto la Street Art oggi è politically correct e controllata dal potere economico? La street art ha avuto così tanto successo che oggi il potere politico, per mezzo delle amministrazioni comunali, e il potere economico, con le campagne pubblicitarie delle grandi aziende, usano la street art. Per renderci conto di questa situazione, basta guardare le opere di muralismo, dipinti grandi quanto un palazzo, che oggi proliferano in ogni città e spesso vengono utilizzati per rigenerare quartieri periferici con evidenti problemi sociali e di abbandono. Il risultato, purtroppo, è che questa street art è diventata molto decorativa, svuotata di reali messaggi o contenuti. Non si tratta più di interventi liberi, in quanto i bozzetti vengono prima valutati, e gli argomenti scomodi vietati. Le tue opere sono destinate a durare poco dal momento che scegli come spazi di affissione quelli dedicati ai manifesti pubblicitari; e così all’arrivo di una nuova campagna pubblicitaria la tua installazione artistica viene ricoperta. Non ti dispiace che il messaggio che lanci venga in qualche modo soffocato? No, non mi dispiace. Anzi sono incentivato a farne di nuovi. Oltre ad essere artista, sei un avvocato. Un’opera che affiggeresti in un’aula di tribunale? Non penso che realizzerei un intervento in un Tribunale, ma aver studiato giurisprudenza mi ha dato grande consapevolezza su come gestire la mia arte. Spesso conviene conoscere i limiti della propria attività per capire come spingerli più avanti, senza però creare danni. In generale sono molto interessato al tema della giustizia sociale e dell’equità. Che opera affiggeresti, invece, nella tua Locri? Sono molto interessato alla Locride e in particolare alle usanze più tradizionali, ancora vive nei paesi interni. Ho condotto numerosi studi dai quali emerge che molte usanze, tradizioni, comportamenti sociali che noi crediamo essere tipici della nostra zona, in realtà sono diffusi in tutto il Mediterraneo. Mi piacerebbe mettere in evidenza questi argomenti con l’arte, perchè credo che zone come la Locride debbano essere le prime a riprendere un dialogo e una condivisione culturale con gli altri paesi del Mediterraneo, per riscoprire un’identità storica comune.


08 LUGLIO - 14

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CALABRESE PER CASO

Amministrare. Quando l’umiltà è rara avis! i sono molte ragioni per le quali quando si scrive, si discute o ci si confronta sui temi della governance in generale, i termini che ricorrono aggettivando il verbo amministrare sono “responsabilità” o “servizio”. Ovvero, quelle intime convinzioni che chi si approssima per sua scelta, si spera sempre, a voler guidare una comunità dovrebbe manifestare senza riserve ma, soprattutto, senza servire né fini personali, né fini altrui e meno che mai fini di colore politico una volta assunto un ruolo di guida di una comunità. Certo l’umanità, nella sua diversità di pensieri e di anime, ha le sue debolezze. Ma per quanto siano o possano essere delle fragilità, a volte esse sembrano lasciare il campo a una sorta di deriva personale. Una deriva nella quale l’ego supera la perfetta valutazione del reale e si lascia andare a una sorta di onnipotenza spicciola a causa della quale parole come responsabilità e servizio, dopo essere state sacrificate sull’altare della promozione di se stessi, escono immediatamente di scena alla prima indagine estiva. Per carità, nessuno, e meno che mai chi scrive per esperienza oltre che per consapevole garantismo, tende a giudicare fatti o persone coinvolte in episodi recenti. Tuttavia, qualunque possa essere l’esito del giudizio processuale, di sicuro le ultime indagini a carico di amministratori pubbli-

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ci meritano un altrettanto pubblico approfondimento. La verità la si legge spesso tra le righe delle interviste degli amministratori in carica nei periodi più fortunati, quanto negli atteggiamenti assunti in trasmissioni televisive; trasmissioni nelle quali si autopromuovono giunte o risultati di cui spesso il territorio impietosamente ne rileva, poi, la vera e concreta consistenza. Una lettura di modi, parole e gesti che, se fatta attentamente, ci dovrebbe portare a riflettere su altri piani. Piani che non sono solo quelli giudiziari, ma culturali e di percezione di se stessi nei confronti dell’altro. Senza lasciarmi andare a spiegazioni storico-politiche, molto di moda e buoni alibi per ogni stagione, o pseudo-psicologiche indirizzate a trovare le cause di tale nostro voler primeggiare quando assumiamo una carica pubblica, credo che alla fine ciò che manca sia una piena e giusta interpretazione del valore dell’umiltà. Sì! L’assenza di umiltà vera e convinta posta a premessa dell’assunzione di un ruolo o di funzioni importanti nella vita di ogni giorno. L’assenza di umiltà quando si vuol pretendere - e giustamente perché derivato da un mandato popolare - di voler amministrare nell’interesse di tutti un comune quanto una regione o una nazione. Ecco perché, in assenza di umiltà, responsabilità o servizio non sono sufficienti per raggiungere una onesta valutazione della governance espressa. Sono termini svenduti spesso nelle piazze e nei discor-

si, collocati poi ad arte al servizio dell’ipocrisia spicciola. Mentre l’umiltà è l’unica chiusura del cerchio quale valore che restituisce significato e vigore a responsabilità e servizio. Ecco perché, al di là delle notizie che leggeremo nei prossimi giorni sulle vicende giudiziarie di un comune e di alcuni suoi amministratori, dovremmo avere il coraggio di guardarci soprattutto allo specchio e andare allora molto in profondità. Perché lo sappiamo molto bene quanto e in che misura raggiungere il potere possa affascinare e farci sentire lusingati di primeggiare suscitando un sentimento di rivincita che va ben oltre la semplice possibilità di ricavarsi spazi di utilità personale. Ed è questo fascino, sono le lusinghe della conquista o dell’esercizio di un potere sugli altri – avversari compresi - che alla fine riduce quel limite che ognuno di noi conosce, o dovrebbe conoscere se intende amministrare, tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Tra ciò che è politicamente, onestamente corretto, e ciò che non lo è, o lo è solo in termini di facciata ma non frutto di un sano e sincero pensiero. Perché alla fine, senza scomodare citazioni politiche di colore, forse dovremmo ritornare a una visione più genuina e semplice, più “umile” della nostra vita politica e amministrativa per la quale, parafrasando Thomas More autore di Utopia, “…l’umiltà (è) quella bassa, dolce radice, dalla quale tutte le virtù celestiali hanno origine…”.

San Luca. Dopo il morso dello scorpione, non poteva mancare quello della zanzara Prima lo scorpione e poi la zanzara. È il caso di dire che questi due insetti appartenenti l’uno all’ordine degli antropodi velenosi e l’altro dei ditteri, con la comunità di San Luca non hanno un buon rapporto. Nel primo caso, la colpa e dello scrittore napoletano Roberto Saviano che si è arrogato la responsabilità di affermare nel corso di un programma, che i ragazzi di San Luca hanno tutti tatuato il simbolo dello scorpione sul braccio o sulla caviglia, o appeso al collo a forma di medaglietta, perché, come gli ha riferito un carabiniere, questa è la forma del paese visto dall’alto. Un’affermazione arbitraria e fuori luogo che ha alzato un polverone di proporzioni gigantesche, anche perché il famoso scrittore che vive sotto scorta nella lontana America, in un attico pagato dal nostro Paese, è stato difeso a spada tratta dal massmediologo Klaus Davi il quale come tutti sappiamo, ha deciso di candidarsi a sindaco di San Luca. Un’iniziativa arrivata fuori tempo massimo, diventata un caso nazionale sulla quale, dopo l’attenzione di tutti i salotti televisivi nazionali, non è mancata l’attenzione del famoso e tanto chiacchierato salotto radiofonico condotto da Giuseppe Cruciani e David Parenzo, l’ascoltatissima trasmissione La zanzara in onda su Radio 24. Nel corso di una delle tante trasmissioni, anticipata dal famoso e inconfondibile squillo telefonico e una gigantografia del paese di San Luca con al centro Davi con la coppola in testa, e sulla destra il cartello “Benvenuti a San Luca”, i due conduttori lo hanno attaccato: “Ma chi te la fa fare. Quello è un paese tra i più mafiosi del mondo. È vero che oggi la ndrangheta è un’altra cosa… gli affari ecc. Ti vuoi candidare tu – incalza Cruciani - proprio tu, la battaglia, gli omosessuali. Quelli gli omosessuali li squartano, gli stanno sui cog…ni gli omosessuali”. Davi cerca di ribattere: “Gli ndranghetisti sono sì e no il 5%, il 95% li subiscono e c’è paura di candidarsi proprio per quello, perché c’è paura di esporsi contro i capiclan”. Cruciani che non è mai stato a San Luca, boccia anche le percentuali relative alle persone oneste di San Luca. “Questo lo dici tu che il 95% sono onesti”. Poi la stoccata finale: “Ma ti pare possibile che a San Luca eleggono te omosessuale. Ma non possono eleggere un omosessuale a sindaco…”. Questa in sintesi la telefonata intercorsa tra i due noti conduttori e il massmediologo che ha mandato

su tutte le furie la gente di San Luca. Non è stato ancora confermato ma sembra che alcune associazioni che operano sul territorio abbiano intenzione di costituire un comitato e chiedere i danni a Saviano per le uscite infelici sulla storia dello scorpione e le riprese del film tratto dal suo famoso libro ZeroZeroZero che molto probabilmente - complici tutti coloro che per una manciata di peperoni hanno accettato di collaborare con la troupe che da giorni si trova in Aspromonte - danneggerà più di quanto non è stato già fatto l’immagine del paese di San Luca. Ma i danni saranno chiesti anche al popolare programma in onda su radio24 che con la scusa che è un programma improntato sulla satira, una zona franca per gli ascoltatori, uno spazio nemico della banalità e del politicamente corretto, l'arena dove il primo comandamento è parlare chiaro, non si può permettere il lusso di sparare su tutti e su tutto con una facilità che a questo punto non può essere più tollerata, ma va invece bloccata attraverso un’azione legale degna di questo nome. Qualche giorno prima, sempre nel corso di una puntata de La zanzara, Davi aveva dichiarato: “Mi candido a Sindaco. Sono determinato e posso garantire che ci divertiremo”. Alla domanda di Cruciani e Parenzo: "Rischi la vita, lascia perdere", Klaus Davi ha risposto: “Non ci penso per nulla. Sono determinato”. “Quando si voterà?”, domandano ancora. “Il prefetto Michele di Bari, norme alla mano, ha detto tra un anno. Penso che però se si dovesse andare a votare per le politiche, il ministero dell’Interno potrebbe emanare un decreto e accorpare le due elezioni. Basta la volontà politica… In fondo le istituzioni ci guadagnano ad agevolare la democrazia o sbaglio?”. Nel frattempo, e in attesa che Davi riesca davvero a compilare una lista e candidarsi a sindaco di un paese dichiarato “irredimibile”, tutto è pronto in Aspromonte per girare le riprese del film che infangherà ancora di più l’immagine dei sanluchesi e di tutto l’Aspromonte, sotto lo sguardo vigile del falso mito Saviano, difeso a spada tratta dai suoi fans, anzi, che dico, seguaci, che pur di difendere il loro idolo si aggrappano a dichiarazioni e riflessioni che servono solo a qualificare e misurare il loro grado d’inciviltà e onestà intellettuale. Ma questa è un’altra storia. Antonio Strangio


GIUDIZIARIA

La scissione della ‘ndrangheta sidernese

CONVERSANDO

I Vini figli del fuoco Oltre che di santi, poeti e navigatori l'Italia può essere definita una terra di vulcani. L'attrattività sacrale e mitica di questi luoghi sembra cedere il passo a interessi più terreni, a una maggiore consapevolezza delle opportunità che queste aree, a fortissima vocazione vitivinicola, rappresentano. C’è un filo che collega la pianta di Dionisio da nord a sud della penisola e che unisce territori diversi tra loro per latitudine e microclimi, ma capaci di esprimere vini di grande carattere e dalla marcata mineralità: quelli prodotti con uve cresciute su terreni vulcanici. Ingrediente segreto e comune denominatore è la composizione dei suoli che, figli delle differenti attività dei vulcani, sono ricchi di minerali come potassio, fosforo, zolfo, calcio, sodio, magnesio e microelementi. Foriere di nettari di assoluto riferimento in fatto di qualità e di peculiarità, partendo da nord, le aree conosciute per la loro produzione sono: Terlano (Bolzano), Soave (Verona),l'areale della denominazione Lessini Durello (a cavallo tra Verona e Vicenza), quella del Gambellara (al confine tra le due province), Colli Euganei (Padova), Pitigliano (Grosseto), Orvieto (Terni), Montefiascone (Viterbo), Castelli Romani (Roma), Roccamonfina e Galluccio (Caserta), Campi Flegrei e Vesuvio (Napoli), Vulture (Potenza). Lasciando la Penisola scopriamo i suoli vulcanici dell'arcipelago delle Eolie (Messina), dell'Etna (Catania), di Pantelleria (Trapani) e di Mogoro (Oristano). I l carattere “vulcanico”, si fa sentire già nella fase olfattiva: grande finezza e importanti ed eleganti persistenze ma poca intensità . Il frutto gioca nelle retrovie, perché è più evanescente e così le note speziate. La seduzione di un vino che nasce dalla lava continua anche al palato: prima acidi, poi salini, meravigliosamente freschi e piacevoli, velati eppure equilibrati, profilo che fa prevedere ottime capacità di tenuta nel tempo. Uno stile enologico inimitabile, panorami mozzafiato, geologia, storia e mito: un habitat dall'inesauribile forza creativa per il cuore e per il gusto . Sonia Cogliandro

I BRIGANTI

FRUTTI DIMENTICATI

Pero garofano e cannella di Motticella PIRUS COMMUNIS L.

Il mese di giugno esordisce elargendo a piene mani tanti varietà di frutti, fra cui le pere che caratterizzano la fine della primavera, considerate nel passato un dono prelibato della natura: i frutti del pero Garofano e Cannella. Solo che ogni territorio propone piccolissime pere, consimili, con nomi diversi che si contraddicono e di conseguenza si resta confusi e per niente convinti di quello che si sente raccontare. Nei primissimi giorni del giugno 2018 ricevetti una foto scattata da Silvana Pizzata di Motticella di Bruzzano, inviatami però da Massimo Vigilante suo compaesano che rappresentava delle pere “maiatiche”. Mi recai immediatamente a Motticella e, accompagnato da Orsolina Dieni, madre di Massimo, cercai di identificare le piante delle pere precoci e dopo aver visionato delle piante dentro il paese andammo a trovare Paolo Tedesco, zio di Silvana, che dopo una lunga permanenza a Torino volle ritornare nel suo paese d’origine per due motivi: badare alla madre e curare un podere ereditato dal padre. Lo sorprendemmo mentre irrigava i fagioli “pasta“ che i “santopetroti” di Casalnuovo d’Africo coltivavano usualmente fino a qualche decennio addietro. Casalnuovo, casale di Bruzzano, fino alle leggi eversive della feudalità, varate da Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, nell’agosto del 1806, accolse nel 1468 dei profughi albanesi, dopo la morte di Skanderbeg che morì durante l’assedio di Kruja occupata dai turchi e al tempo di Ferdinando I d’Aragona; essa fu l’unica colonia albanese in provincia di Reggio. Tracce dell’arrivo di albanesi in provincia di Reggio vi sono a Gioiosa Marina nel cognome Musacchio e a San Giovanni di Sambatello nel cognome Araniti; infatti, sia i Musacchio che gli Araniti erano principi dell’Arbanon, regione dell’Albania prima della conquista turca; addirittura un Musacchio fu sempre accanto a Skanderbeg nella sua lotta contro i turchi. Paolo mi fece vedere i suoi gioielli costituiti da peri, fichi, ulivi e specialmente viti, tra cui la Bianca del Pozzo, che suo padre aveva recuperato in una vecchia vigna vicino al sito dove fino alla fine degli anni '20 del 900 sorgeva una chiesetta bizantina con abside affrescata, dedicata a S.Nicola del Prato che fu demolita dalle autorità fasciste per recuperare le pietre utili per costruire un casello della forestale. Le uve di tale vite erano usate frammiste a quelle dei nerelli e delle inzolie perché in miscela con esse davano stabilità al vino che sarebbe stato prodotto.

“Chimmu vai pe’ porti !” Diceva. “Ma sono chiusi !” Rispondeva.

Poi mi fece notare una vite d’inzolia dalle foglie molto grandi e pubescenti, naturalmente una serie di Nerelli e poi di Bagnarote dal classico peduncolo a seggiola. Passò poi a farmi vedere i fichi, dai Dottati ai Fichi Melenzana o Schiavi, per passare in rassegna infine le varietà di peri, alcuni privi di frutti perché ormai terminati, già nella prima decade di Giugno, tra cui le "Maiatiche", poi mi mostrò il Pero Pumu, il Moscatello di Motticella diverso da tutti gli altri, perché esso matura a giugno i suoi frutti eleganti e saporiti, caratterizzati da un giallo smagliante, mentre altrove maturano a luglio o ad agosto. Ad un certo punto arrivammo di fronte a un albero quasi privo di frutti perché erano stati colti il giorno prima però nelle cime più alte furono recuperate alcune pere che Paolo definì Garofano e Cannella, le mitiche, denominate in tali termini perché a maturazione emanano un aroma che si accentua in bocca, che sa effettivamente di cannella, mentre effondono un profumo delizioso che si diffondeva negli ambienti in cui venivano riposte, specie nei bassi (catoi) freschi, che comunicavano con l’esterno solo con minuscole finestre, generalmente socchiuse, protette all’esterno da una grata che in basso e al centro era dotata di una gattaiola ossia un’apertura ricurva a forma semiellittica, attraverso cui entravano i gatti che davano la caccia ai topi che erano attratti dalle provviste custodite dentro. Scegliemmo una manciata di piccole pere e prima di fotografarle, riposte su una piccola roccia di arenaria, volli misurarle con un metro che mi ero portato dietro. Lo spessore di ognuna era di 1,6 centimetri, la lunghezza due e il peduncolo apparve spropositato rispetto al piccolo frutto stesso; risultò lungo quattro centimetri. Una parte delle piccole pere erano rosseggianti nella parte orientata verso il sole per buona parte della giornata e notammo, mangiandone alcune, che nemmeno una era stata punta dalla mosca della frutta. Essa è presente nelle aree circonvicine come Bruzzano, Staiti, Brancaleone e Ferruzzano, dove sono denominate in modo analogo, mentre in qualche altra area sono chiamate Moscarelle. Prima di salutarci Paolo mi fece dono di alcuni semi del fagiolo Pasta di Casalnuovo e io lo ricambiai con altri, tra cui alcuni semi di Lab-Lab Albiflorus, o Zoiaro, che mi erano stati donati alcuni giorni prima da Valentino Santagati di San Lorenzo; le varietà Lab-Lab erano conosciute dagli egiziani già nel terzo millennio a.C. Sculli Orlando

C’erano una volta i porti. Venivano usati per partire, per tornare, per pescare, per commerciare. Per vivere! Come si può vivere usualmente in una nazione normale. Ah, dimenticavo che questa non è una nazione normale, anzi non è nemmeno una nazione. Recita il dizionario: “nazione: gruppo di individui cosciente di una propria peculiarità e autonomia culturale e storica, spec. in quanto premessa di unità e sovranità politica”. E si sa che, fatta l’itaGlia si sono scordati di fare gli itaGliani. Ed infatti siamo attaccati con la “sputazza”. Non c’è una regione che abbia usi e costumi simili, se non quella del meridione. Non c’è una coscienza comune ma più coscienze distinte che convivono, a volte a fatica. Non c’è un vero popolo ma una accozzaglia di popoli letteralmente costretti a definirsi ciò che non sono, perchè qualcuno stabilì, per tornaconti personali, che doveva essere così. E ci sono i porti del nord e i porti del sud, poichè da qualche millennio a questa parte questa penisola si trova al centro del Mediterraneo. Fino a 157 anni fa i porti erano usati per il commercio: si sa infatti che il Regno delle due Sicilie era commercialmente molto forte, la terza potenza dopo Inghilterra e Francia. Nel meridione erano scarse le vie di terra poichè i commerci avvenivano maggiormente via mare.

Negli anni la cronaca nera e quella giudiziaria hanno affrontato, in diverse occasioni, le dinamiche associative della ‘ndrangheta sidernese. La “faida di Siderno”, culminata con il maxiprocesso denominato “Siderno Group”, ha registrato una serie di approfondimenti sulle colonne dei giornali e sulle riviste specializzate. Quanto sia avvenuto successivamente alla fine di quel processo è ancora al vaglio degli inquirenti e non ha trovato un’adeguata analisi critica degli addetti ai lavori. Ai primi anni del duemila Siderno si è ritrovata, per un breve periodo, al centro di vicende di cronaca nera, con delitti ancora rimasti insoluti, e attentati di vario genere che si inquadrerebbero in un tentativo di scissione della ‘ndrangheta sidernese. Si tratterebbe di dinamiche interne che, allo stato, sono state ipotizzate dagli investigatori, ma che non hanno trovato ancora un fondamento processuale definitivo. Tornando al processo “Siderno Group”, a seguito dei provvedimenti giudiziari i capi storici delle famiglie sidernesi rivali fino a quel momento, rimanevano in carcere a scontare pesanti pene detentive mentre altri, non appena scarcerati iniziavano a guardare il fertile territorio sidernese, che, nel frattempo, in piena “pax mafiosa”, aveva accresciuto il numero di attività economiche in espansione , diventando il primo centro della Locride sia per attività imprenditoriali che dal punto di vista immobiliare. Ed erano proprio loro, i reduci della guerra mafiosa di Siderno, quelli che avevano pagato con duri anni di galera la loro fedeltà ai “clan egemoni”, senza nulla avere in cambio e restando fuori dai fiorenti business aperti dai “loro padrini”, che avrebbero cercato di assumere potere e importanza approfittando dell’assenza dei capi. «Iniziava in tal modo – secondo gli inquirenti - l’escalation criminale di S. S. nell’ambito della famiglia dei “COMMISSO”, all’interno della quale doveva recuperare posizioni e privilegi. Era ovvio che le mire convergenti tra vecchi padrini decaduti e nuovi padrini in ascesa avrebbero fatto stipulare nuove e vantaggiose alleanze tra di loro (i COSTA con i SALERNO). I loro appetiti, aumentati dagli anni di privazione e sofferenze, si rivolgeranno verso le attività più lucrose cercando di piegare la resistenza di coloro che si opponevano con intimidazioni e danneggiamenti, utilizzando micidiali armi quali Kalashikov, pistole cal.9x21 e fucili a canne mozze». «Chi si opponeva o dopo aver dato la loro adesione si dissociava era punito con ferocia e determinazione, la fame di questi nuovi barbari era insaziabile, tutti dovevano assoggettarsi a loro,. a partire dall’umile giostraio a finire al ricco commerciante di mobili o di abbigliamento». In quel periodo gli appartenenti alle famiglie mafiose in auge assistono «attoniti e preoccupati all’escalation criminale delle nuove ed agguerrite bande, senza riuscire ad adottare provvedimenti, sino a quando colmata la misura reagiranno con inaudita ferocia con l’eliminazione dei fratelli…, che avevano dato inizio alla scissione della ‘ndrangheta sidernese». «L’arroganza e la violenza del nuovo gruppo determinava una feroce reazione del gruppo “COMMISSO”», che culminava nell’ottobre 2006, quando due sicari affrontavano il boss emergente S.S. che veniva ucciso a colpi di fucile caricato a pallettoni. «La sua morte creava un clima di grave incertezza nella città di Siderno, e ne derivavano diversi episodi criminali che avrebbero fatto chiaramente capire come stesse per avere inizio una guerra di mafia tra cosche contrapposte». La lunga scia di sangue e di fuoco, che per oltre un anno aveva segnato la cittadina ionica facendola diventare “terra di nessuno”, si interrompeva come per incanto, e una città intera si trova fuori dalla cappa angosciosa in cui si era trovata a vivere, ritornando alla sua tranquilla ed operosa occupazione, determinata dall’incisiva azione della Polizia di Stato che con la cattura di alcuni giovani leve e poi di T. C., capo di una delle storiche ‘ndrine e latitante dal 2005, e la successiva operazione “Lettera Morta” che portava all’arresto per associazione mafiosa dei componenti del “Clan Costa” rimasti sul territorio, sanciva una ripresa della vita nella cittadina sidernese.

Ma poi arrivò l’itaGlia, e di questi porti abbiamo solo il ricordo orale, poichè per iscritto, i nuovi padroni non misero nulla. Dal 1861 esistono solo i porti di Genova e Venezia. Così ci ricordò Renzi quando stipulò il tristemente noto contratto “nuove vie della seta” che escludeva i porti del sud da questo progetto. Ma con Salvini tutto cambia! Ora i porti del sud sono riconosciuti e tutelati! Ora i porti vanno chiusi, perchè adesso sì, per loro tornaconto personale, hanno degna esistenza. Ah, che infame questo paese che ci esclude in ogni modo possibile, che ci usa pericolosamente e apertamente, senza che i meridionali se ne accorgano. Addirittura i calabresi qualche giorno fa hanno messo un chioschetto a Pontida, covo di leghisti razzisti. Bossi ci riconduce alla normalità delle cose con la sua affermazione: “ho visto un sacco di gente interessata ad essere mantenuta!”. Questo è il vero pensiero leghista. Salvini ha tolto l’espressione “prima il nord” dal suo slogan, e secondo il pensiero Orwelliano vuol dire che ciò che è stato cancellato non è mai esistito, purtroppo! Che il passato è manipolabile. Che il gregge deve sempre avere un padrone. Ce ne renderemo mai conto? Quando cominceremo a imparare dal passato? Brigantessa Serena Iannopollo


R 01 LUGLIO - 16

attualità

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In un passato non troppo lontano dalle viuzze dei nostri paesini si lazava il canto di donne e uomini. Cantavano i mulattieri mentre si inoltravano in continenti semisconosciuti, cantavano le sartine e i falegnami, le lavandaie e i falciatori, i vagabondi e i contadini e il canto corale diventava tutt’uno con quello dei mille uccelli che volteggiavano nel cielo.

Perché non si canta più?

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ILARIO AMMENDOLIA

Il problema del “canto” è culturale e politico: non si può cantare quando non si è felici, non si guarda al futuro con speranza, non si ha fiducia in noi stessi e negli altri. Eppure non è diventato peggiore il mondo, i problemi ci sono sempre stati e ci saranno, ma è la narrazione a essere diversa.

n tempo non lontano, nei nostri paesi assolati, un canto di uomini e donne si alzava dalle botteghe artigianali e dalle case e si diffondeva soavemente nelle viuzze e nelle strade, fondendosi a quello della gente dei campi e degli operai dei cantieri. Cantavano i mulattieri mentre si inoltravano in continenti semisconosciuti “mi scura i chidi parti di Bagnara, adduvi non nesci né suli e ne luna…” e cantava il viandante che, e per sua sfortuna, aveva trovato sul suo cammino “na ficareda ammarangiata” ma, dopo averla scalata, “… allu scindiri si schjancau na rama...” Canzoni di un amore più forte della stessa morte: “Tri medici ndavia allu jancu e unu mi dicia ‘ma dassa stari’ e l’attu rispundia ‘non la pensari tantu’. Vogghiu mu l’amu a quantu campu, campu!”. Stornelli e canti di gelosia, di amori perduti, di galera e di morte, di speranze e di illusioni. Cantavano le sartine e i falegnami, le lavandaie e i falciatori, i vagabondi e i contadini e il canto corale diventava tutt’uno con quello dei mille uccelli che volteggiavano nel cielo. Ci eravamo appena lasciati alle spalle la guerra mondiale, ad Hiroschima era stata sganciata la prima bomba atomica; la miseria era ancora tanta e l’emigrazione spopolava i nostri paesi. Eppure si cantava! Come se da un’energia lungamente compressa fosse esplosa la “Vita” disegnando nell’aria i colori della felicità e della spensieratezza, della libertà e della pace. Gli “altri” non venivano più percepiti come nemici e, non a caso, in quegli anni il poeta greco Theodorakis scriveva “... il mondo di domani confini non avrà, a una mano bianca la nera stringerà…”. Si era convinti che avremmo tessuto insieme la trama della nostra vita e il canto nasceva da questo stato d’animo che oggi non c’è più! Ed ecco che il problema del “canto” diventa culturale e politico: non si può cantare quando non s’è felici; non si guarda al futuro con speranza; non si ha fiducia in noi stessi e negli altri. Ovviamente i problemi ci sono sempre stati e ci saranno; la vita era, è e resterà sempre “un dono vano e casuale” ma oggi si alzano contro di noi, onde giganti di paura e angoscia . Non è diventato peggiore il mondo ma è la narrazione a essere diversa! Per esempio in Italia rispetto al passato (remoto e recente) i reati sono caduti verticalmente e oggi siamo uno dei paesi più sicuri al mondo anche rispetto agli Stati Uniti o alla Gran Bretagna. Eppure centinaia di migliaia di persone chiedono il porto d’armi nella stolta illusione di mettersi al sicuro, dormendo con una pistola sotto il cuscino.

Gli impresari della paura costruiscono sui nostri incubi notturni le loro fortune e il nemico ritorna a essere “al di là della strada”. La televisione fa da diffusore dei nostri terrori. La rete li moltiplica per mille. Per esempio, il 99% dei film - soprattutto americani - sono pieni di atroci delitti, di squartamenti, di raffiche di mitra, di inseguimenti, come se gli uomini non facessero altro che uccidersi a vicenda. E così stiamo entrando a passi lesti in un nuovo Medioevo senza la spiritualità di quel tempo lontano. Nella tetra notte medioevale si aveva paura dei “perfidi giudei”; degli zingari che diffondevano sventure, dei maghi, dei turchi, dei saraceni, delle streghe e dei folletti. Oggi abbiamo paura dell’Uomo nero che viene dall’Africa anche quando raccoglie i pomodori che noi mangiamo, quando munge le vacche, lavora 12 ore al giorno, quando ci paga le nostre pensioni. Sono dati oggettivi ma se lo dici non ti credono! C’è chi pensa (ma io non sono affatto convinto) che i social abbiano contribuito a sostituire “l’intellettuale collettivo” col “cretino collegiale”. Non è così. Abbiamo perso una battaglia culturale e politica e la colpa è anche, se non soprattutto, nostra. Da qui bisogna ripartire nella consapevolezza che non si può vivere diffidando di tutti: dallo “straniero” al nostro vicino di casa! Le dittature di qualsiasi colore vestite o travestite hanno bisogno della paura e del sospetto più che dell’aria, così come la libertà ha bisogno dell’armonia, di una composta allegria, della bellezza, dell’arte, della musica e del canto. E noi siamo per la libertà, per L’Europa Unita, per un Mediterraneo di libero scambio e di pace. Siamo per una diversa concezione del mondo rispetto a quella attualmente dominante senza però sentirci “diversi” e “migliori”. È una battaglia culturale e politica da cui si deve uscire con una ritrovata fiducia in se stessi e negli altri, nell’assoluta consapevolezza che solo ciò potrà ridarci la voglia di “contare” e “cantare”. Quel giorno - se verrà - vi chiedo di cantare una nota anche per me!

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TITolo lIbRo: alEPh Il luPo. auToRI dEl lIbRo: vanEssa CosTanTIno CaTEgoRIa: naRRaTIva Casa EdITRICE CITTà dEl solE EdIzIonI

PREzzo € 12,00 In una tana scavata nel terreno, la lupa lhili metteva al mondo il suo piccolo lupacchiotto, aleph. lupo attento e curioso, aleph, per desiderio di scoperta, si ritroverà ben presto a ripercorrere, insieme all’amico Joseph, le orme di miky, il grande lupo maestro, misteriosamente scomparso in una notte di luna piena. durante il loro cammino, si uniranno ad un altro branco di lupi, sottomesso ad Igor, un maestoso lupo nero. Ed è proprio l’incontro con quest’ultimo che porterà aleph a conoscere il dolore, la rabbia e la fame, mutando così il suo cuore e il suo animo. TITolo lIbRo: Il CIElo ComInCIa dal basso

auToRE dEl lIbRo: sonIa sERazzI CaTEgoRIa: naRRaTIva Casa EdITRICE: RubbETTIno EdIToRE

PREzzo €10,20 Rosa sirace è una che impara a fiorire nel posto che ha, e fiorendo scrive la sua vita di cose piccole su un'agenda: fogli con sopra il numero del giorno, e la carta che tiene il conto ripete quotidianamente che una storia non ha tutto lo spazio e il tempo che vuole. Così Rosa sirace disciplina fatti, incontri e volti costringendoli sulle righe, e sceglie di essere sincera su quello che c'è intorno: la verità resiste a ogni poco. imbrogli. Il cielo comincia dal basso è un libro che mastica duro cercando il bene, e lo trova.

TITolo lIbRo: la gRandE avvEnTuRa

auToRE dEl lIbRo: CaRmElIsa nIColò

CaTEgoRIa: PoEsIa Casa EdITRICE: lEonIda EdIzIonI PREzzo €12,00 l'uomo è un viaggiatore errante che, pur smarrito sulla terra, labirinto dell'imperfezione, non rinuncia a ricercare il significato della vita. Confuso nella rabbia dell'inferno e nella nostalgia del paradiso, è in cerca di una terra o di un tramonto a cui approdare per rasserenare, per decifrare il senso del suo io. Con la sua poesia la scrittrice accende simbolicamente una luce per illuminare questo tortuoso cammino: è solo andando che si trova il senso, la fiaccola che vince la paura.



08 LUGLIO - 18

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Il tessuto utilizzato è composto da una particolare lega metallica studiata per schermare le onde elettromagnetiche a radio frequenza, come quelle generate da ponti radio per cellulari e wi-fi

L'I.P.S.I.A. brevetta un abito premaman per proteggere il feto dalle radiazioni Un abito non è soltanto un pezzo di stoffa con il quale coprirsi o apparire più belli e fashion. Un abito può anche salvare la vita e preservare la nostra salute. Nei giorni scorsi si è concluso un importante progetto di ricerca&sviluppo nel campo della produzione tessile, frutto della collaborazione fra la start up a vocazione sociale “Skyworker” e l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato (IPSIA) di Siderno – indirizzo di Studi “Produzioni Tessili e Sartoriali”. Attraverso un percorso innovativo di alternanza scuola lavoro, che ha visto impegnate 24 alunne di due classi (una III ed una IV) in lezioni teorico pratiche sulle procedure per l’avvio di attività imprenditoriali e sessioni di lavoro in gruppo sulla creazione, produzione e commercializzazione di una linea di abbigliamento, è stato realizzato un vestito “premaman” in tessuto protettivo brevettato in grado di schermare le onde elettromagnetiche presenti nell’ambiente. Il bambino sarà perciò protetto dal rischio di radiazioni prodotte da tablets, computer,

telefoni cellulari, smartphones, lettori MP3, antenne, forni a microonde, monitor, console da gioco. Il capo realizzato, unico in Italia, rappresenta il prototipo di una linea che sarà prodotta nella Locride, con il marchio “Sanithertz”, da “Skyworker”, attraverso una collaborazione con lo stesso IPSIA e l’associazione “Distretto Solidale”, che riunisce imprese sociali, laboratori tessili e ONLUS del comprensorio. Il percorso nasce da un progetto di ricerca in campo tessile che ha studiato i fattori di rischio in gravidanza ed è stato realizzato dallo “Skyworker Social LAB”, l’Incubatore Sociale di Skyworker che ha lo scopo di portare avanti la propria “mission” di innovazione sociale e sviluppo locale. Il tessuto utilizzato è composto da una particolare lega metallica studiata per proteggere dalle onde elettromagnetiche a radio frequenza, come quelle generate da ponti radio per cellulari e wi-fi. La linea di abbigliamento Sanithertz, che sfrutta le proprietà di questo partico-

Ottima riuscita dell’evento “CHI SONO IO PER GIUDICARE …”

Sono stati circa un centinaio i cittadini coinvolti dall’evento l’evento “Chi sono io per giudicare…”, organizzato dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Siderno e dedicato alla lotta all’omofobia ed ai diritti delle comunità LGBT+ in collaborazione con AALB, Associazione Amici del Libro e della Biblioteca con il patrocinio del Comune di Siderno. Un evento voluto dalle 24 commissarie del nuovo organismo consigliare sidernese proprio in corrispondenza con la giornata dedicata dalle comunità LGBT+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, pansessuali, orientamenti non binari, Asessuali, Queer, Questioning e Alleati) al Pride “l’Orgoglio”. Un momento per intavolare un’ acuta discussione con esperti ed esponenti della società civile aperta al rispetto di genere. Ad animare la serata, tenutasi nell’amena sede del giardino della Biblioteca Comunale “Armando La Torre”, la giornalista e vicepresidente della Commissione Pari Opportunità, Alessandra Tuzza, che ha coordinato gli interventi delle istituzioni comunali. Presenti gli assessori Bianca Gerace alle Politiche Sociali e alle Pari Opportunità ed Ercole Macrì alla Cultura; seguiti da un caloroso intervento di Cosimo Pellegrino, presidente dell’Associazione partner ed ospite dell’evento AALB (Associazione Amici del Libro e della Biblioteca). Non sono mancati gli ospiti istituzionali esterni come il sindaco Salvatore Fuda della città di Gioiosa Jonica e la vicepresidente della Commissione Pari Opportunità della città Metropolitana Giusy Massara. La relazione introduttiva, chiara e appassionata, è spettata alla presidente della Commissione di Parità, l’avvocatessa Alessia Ferraro, che ha presentato il lavoro svolto dal consesso cittadino e dalle componenti l’organismo di parità per organizzare un evento che ha voluto affrontare per la prima volta il tema dell’omofobia, andando oltre le consuete tematiche ritenute proprie delle commissioni di parità, che per

altro saranno sviluppate parimenti in successivi appuntamenti. Per scendere nelle diverse sfaccettature della tematica è stato utilizzato il linguaggio moderno dei video clip, scelti dalle commissarie di parità con l’ausilio di AALB. I video, inerenti il linguaggio di genere e l’omofobia ma anche la difficoltà propria a porsi di fronte al mondo cosiddetto normale (riferito alla norma statistica) da parte dei giovani gay come pure degli anziani, hanno intercalato le testimonianze dei relatori. Si è aperto il confronto con il presidente dell’Associazione Arci Gay “I Due Mari” di Reggio Calabria, avvocato Lucio Dattola, seguito dalla relazione di Teresa Licopoli, psicologa e dalla vicepresidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Calabria, Maria Grazia Muri. Semplice e diretto il linguaggio scelto dagli intervenuti per parlare stimolando le corde della sensibilità dei cittadini; le storie personali e quelle del proprio vissuto professionale hanno presentato una realtà calabrese certo ancora non troppo aperta al rispetto ed alla libertà di orientamento sessuale. La storia di un giovane picchiato dalla famiglia perché rinnegasse il suo essere trans, narrata dall’avvocato Dattola, o quella della giovane lesbica ridotta male dal compagno di vita e dal padre, che non ha potuto sporgere denunzia contro le violenze subite, narrata dalla sociologa Muri hanno fatto molto riflettere l’auditorio, che non ha mancato di porre quesiti e dubbi rispetto al tema con cui gli esperti si sono volentieri misurati. Molte le realtà che hanno patrocinato e preso parte all’evento, dal mondo associativo rappresentato da Ados, Associazione delle Donne Organizzate Socialmente, a ArciGay “Due Mari”, all’Associazione Sinapsi e Cambiamenti; fino allo sportello Europe Direct della Commissione Europea Calabria&Europa e l’Associazione Eurokom; la TV di genere “Fimmina TV” e per finire l’Ordine degli Assistenti Sociali della Regione Calabria.

lare tessuto, è l’ideale per la protezione dall’elettrosmog di persone elettrosensibili (neonati, bambini e donne in gravidanza). Un mercato, quello dei tessuti protettivi, stimato nel 2017 in 32mld di euro ed in forte crescita. Il prototipo, realizzato presso i laboratori dell’IPSIA di Siderno, cerca di coniugare vestibilità e salute, proteggendo il nascituro da qualsiasi fonte di radiazione elettromagnetica attraverso una fodera in tessuto schermante cucita all’interno, proprio all’altezza del “pancione” delle donne in gravidanza. Il percorso di alternanza scuola-lavoro, coordinato dalle prof.sse dell’IPSIA Maria Carmela Megali e Cristina Crea, rientra in un più ampio progetto presentato da Skyworker alla Regione Calabria, all’interno del bando “Ideazione” e che è stato approvato lo scorso marzo. Nei prossimi mesi, come previsto dal bando, sarà avviato uno studio di fattibilità per la produzione su larga scala, anche attraverso il supporto di “CALABRIAINNOVA”, ente in house della Regione.

Il Dirigente Scolastico dell’IPSIA di Siderno – Gaetano Pedullà e il Dott. Gianluca Palmara, Amministratore Delegato dell’Azienda partner “Skyworker”, avevano già stipulato, nel precedente anno scolastico, un apposito protocollo d’intesa, nell’ambito del Progetto “OPUSIGNUM – Tessile Solidale”, finanziato dalla Caritas Italiana e coordinato dalla Diocesi di Locri-Gerace, per la valorizzazione delle attività di lavorazione della ginestra ed il recupero del telaio antico in legno della tradizione calabrese, con il fine di promuovere, tra l’altro, l’inclusione sociale di donne in condizioni di svantaggio e la trasmissione di competenze alle giovani generazioni. “Ancora una volta l’IPSIA di Siderno – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Skyworker – si è dimostrato un partner serio e credibile, per poter realizzare progetti originali ed innovativi ideati nel nostro territorio e per promuovere una sinergia efficace tra istruzione professionale e imprenditoria giovanile” .

Roccella: La cicala e la formica alle falde di monte S. Andrea Gianni Rodari in una famosa filastrocca si rivolge così alla formica: Chiedo scusa alla favola antica, se non mi piace l’avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala. Ma Rodari non ha avuto modo di conoscere le formiche del centro Emmaus di Roccella Jonica, che lungi dall’essere avare oltre al canto e alla musica del bonario Giuseppe regalano anche il loro tempo e le loro sostanze per strappare un sorriso anche a chi è stato meno fortunato e si dibatte in mille problemi di natura economica e sociale. Il centro è nato all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso grazie all’impegno ed all’ingegno di una famiglia di cittadini svizzeri, Ernesto e Rose Marie Bretscher, che erano giunti in Calabria per un’opera di evangelizzazione. Il primo nucleo sorto in un alloggio preso in fitto a Siderno poi si era spostato a Roccella con l’utilizzo di un albergo in disuso. All’inizio degli anni ’70 la proprietà dell’albergo non ha rinnovato il contratto perché la domanda turistica si stava incrementando. Ernesto e Rose Marie pensarono una soluzione che ha comportato un atto di vero e proprio coraggio, fidando nella provvidenza, acquistando un terreno in contrada Ferraro di Roccella Jonica e nel 1976 è stato inaugurato il centro. Oggi è una realtà composta da 12 ettari di terreno tre edifici, stalle, capannone per gli attrezzi ed una fattoria didattica. Ma quel che è più interessante è la gran mole di iniziative che i direttori Geri e Annalisa Bantel riescono a gestire con l’aiuto di volontari, dipendenti e consulenti esterni. Il centro dispensa circa 30.000 pasti l’anno cucinati in strutture attrezzate e linde da personale contento della propria opera e spronato dalla fede. Quel che meraviglia è l’ordine che regna nel centro uomini e cose appaiono sempre al loro posto; asini, oche, tartarughe, galline, mucche e maiali partecipano a quest’ordine col proprio istinto certi di trovarsi in un posto speciale. Gli orti curati e gli ortaggi allineati e ben distribuiti, la bian-

cheria stesa vivacizza il panorama svolazzando per asciugare. Geri, il direttore, impartisce direttive mentre scarica il sacco del pane o risponde al telefono che squilla insistentemente. Dispensa consigli sul modo più conveniente per raggiungere il Centro provenendo da Roma o dal nord. È un momento di particolare fermento perché si preparano i campi estivi. Rose Maria dirige cucina, lavanderia e ogni altra attività si presenti in agenda. Giuseppe, intanto, suona la sua musica per intrattenere i ragazzi in attesa di andare al mare. Ecco l’idea di armonia tra le formiche e la cicala che insieme svolgono un’opera a favore di tanti giovani che qui ci sono perché affidati o per scelta delle famiglie. Molti e curati gli spazi comuni ed il sorriso è un costume che non si dismette mai. Arturo Rocca

Domenica prossima a Monasterace la commemorazione della Battaglia di Punta Stilo

Domenica 15 luglio, a partire dalle ore 17:30, a Monasterace, si terrà l’annuale commemorazione della Battaglia di Punta Stilo, un evento organizzato dall'Amministrazione Comunale, dall'AVIS comunale e dall'AVIS Provinciale di Reggio Calabria. La manifestazione inizierà con la messa in onore dei caduti a mare, presieduta da Monsignor Francesco Oliva. Successivamente, ci sarà il corteo che, dalla chiesa San Giuseppe Lavoratore al Monumento dei Caduti, in cui ci sarà la deposizione della corona d'alloro e gli onori militari a cura della Capitaneria di Porto, arriverà fino al Monumento dei caduti, presso il quale verrà acceso un braciere con la fiaccola della Vita. Seguirà la deposizione della corona di fiori a mare a cura della Guardia Costiera, cui seguirà un convegno organizzato dall'AVIS comunale di Monasterace e dalla Provinciale dal titolo: “Giusto è donare il sangue per la patria, ma bello è donarlo per la vita. La battaglia di Punta Stilo”. La relazione storica sarà a cura del Vice presidente AVIS provinciale RC Diego Geria




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ANGOLO FOOD

Arte&co

LA RICETTA: INSALATA CON AVOCADO INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 1 avocado, 100 gr di quinoa, ½ cipolla rossa di tropea, 1 lime, 80 gr di rucola, sale, olio extravergine di oliva.

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Pulite l'avocado privandolo della buccia. Tagliate una parte del frutto a spicchi e l’altra in tocchetti. Cuocete la quinoa per 15 minuti in un pentolino e aggiungete dell’acqua in quantità doppia rispetto al suo volume. Trasferitela in una ciotola e aggiungete la cipolla affettata, i tocchetti di avocado e la rucola. Condite con olio e sale e rigirate l'insalata. Guarnite il piatto con delle fettine di frutta e una spruzzata di lime.

Prima ancora che Palmiro Togliatti regalasse alle stampe “Emancipazione femminile”, un libro all’avanguardia che rendeva onore alla donna, Antonio Trifoglio realizzò dei quadri in cui la donna mette in mostra tutta la sua indipendenza, liberandosi dalle convenzioni e dalle etichette.

Trifoglio l'artista di Sant'Ilario che negli anni '70 emancipò la donna calabrese Antonio Trifoglio fu un visionario capace di valorizzare la donna negli anni in cui il suo ruolo era ancora marginale.

egli anni in cui, in Italia, le donne lottavano per conquistare un posto nella società, con il raggiungimento dei loro diritti, alla vigilia della legge sull’aborto e dell’approvazione definitiva sul divorzio, un artista calabrese, attraverso la sua pittura, ha restituito dignità alla figura femminile, rendendola protagonista dei suoi quadri. Si tratta di Antonio Trifoglio. Nato a S. Ilario dello Ionio, un paesino cresciuto di fronte alle mura ovest dell’antica Locri Epizefiri terra di Persefone, Zaleuco, Campanella, Nosside, Alvaro, Strati e tanti altri - studia al Mattia Preti di Reggio Calabria. Si diploma al liceo artistico di Napoli e poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel ’40, studente al liceo artistico di Reggio Calabria, è aiuto del maestro Salvatore Cascone. Inizia la sua partecipazione nel campo dell’arte con un “Autoritratto” e un “Ritratto di signora” all’VIII Biennale calabrese d’arte, a carattere nazionale, nel 1947. Da questo momento in poi la sua carriera decollerà, dipingerà quasi sempre donne, agli uomini ritaglia spazi esigui: i primi autoritratti o ruoli feroci, di soldati cruenti; oppure di pescatori nei lidi ionici che si perdono nel mare. Nel 1974 dipinge una serie di quadri dal titolo “donne al

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bar”, in cui la figura femminile, con uno slanciarsi di gambe e braccia, si libera dalle convenzioni, imposte dalla nascita, si reca al bar, mettendo in mostra la sua indipendenza. Lo spettatore si perde nei suoi occhi, che esprimono malinconia e solitudine, ma al contempo forza e determinazione. Si tratta di donne indipendenti, che respirano aria di grandi città e con coraggio si liberano dalle convenzioni e dalle etichette. Sembra che la lotta contro gli uomini, i costumi, le superstizioni, la fatica, le abbiano come private del peso e della stessa sofferenza, pertanto prendono posto al tavolino, sorseggiano il loro caffè riflettendo sugli ostacoli ancora da superare e delineando, con sguardo deciso, il cammino da intraprendere. L’obiettivo dell’artista è stato quello di offrire, soprattutto, alla donna calabrese il posto di primo piano nella società, così come nella Magna Grecia la figura femminile godeva della libertà e partecipava attivamente alla vita sociale. Trifoglio fissa, con tratti essenziali e con colore sicuro, questa sua creatura che così si augurerebbe di incontrare. Un artista, senza dubbio, molto avanti, capace di valorizzare la donna negli anni in cui il suo ruolo era ancora marginale. Alcuni anni prima, Palmiro Togliatti regalava alle stampe “Emancipazione femminile”, un libro all’avanguardia che rendeva onore alla donna. Ricordiamo che il politico aveva accanto una donna come Nilde Iotti, dall’indiscutibile tenacia e intelligenza, che è stata promotrice, proprio negli anni della realizzazione dei quadri di Trifoglio, della legge sul diritto di famiglia del 1975, della battaglia sul referendum del divorzio nel 1974 e della legge sull’aborto nel 1978. Dunque questi due uomini, con tecniche diverse, sono riusciti a dedicare alla donna quel posto di primo piano tanto sognato. Antonio Trifoglio è stato un artista completo, che ha voluto vivere la sua vita dedicandosi all’arte, anche insegnandola. I suoi disegni hanno raffigurato la realtà; egli disegnava sempre e ovunque andasse e centinaia di opere che ci ha lasciato ne sono una testimonianza. Il figlio Alberto, architetto, con la passione per la pittura, conserva a S. Ilario alcune opere del padre. Inoltre, appassionato di ceramica, attualmente, sta riproducendo con degli allievi immagini della Locri classica - Persefone, Nike, Pegaso e alcune maschere del teatro greco - e restaurando, nel suo paese, una palazzina tutta dedicata all’arte. La Locride è onorata di aver dato i natali a un’artista del calibro di Antonio Trifoglio che, con la sua arte, ha arricchito la nostra Terra; anche il contributo personale del figlio Alberto non fa che valorizzare il territorio fondato dagli antichi Greci. Fin dall’antichità, la Calabria è stata Terra di cultura. Rosalba Topini

Direttore responsabile:

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Franco Parrello, Sara Leone, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Sonia Cogliandro, Serena Iannopollo, Gaetano Marando, Rosalba Topini, Artuto Rocca

STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

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Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl via D.Correale, 5 - 89048 Siderno

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.

IL COCKTAIL: GIN FIZZ INGREDIENTI: 4,5 cl di gin, 3 cl di succo di lime fresco, 1 cl di sciroppo di zucchero, 8 cl di soda. Munitevi di uno shaker. Ricavate del succo da un limone e filtratelo. Versate il succo nello shaker, aggiungi del ghiaccio, il gin e lo sciroppo di zucchero. Agitate per 10 secondi e versatelo in un bicchiere (highball possibilmente) colmo di ghiaccio. Aggiungi la soda e decorate con una fetta di limone o lime.

IL DOLCE:

TORTA FREDDA ALLO YOGURT E FRAGOLE

INGREDIENTI TORTIERA DA 22 CM 250 gr di biscotti, 100 gr di burro, 350 gr di yogurt, 50 gr di zucchero a velo vanigliato, 350 ml di panna per dolci già zuccherata, 250 gr di fragole, 50 gr di zucchero. Tritate i biscotti finemente e metteteli in una ciotola, aggiungete il burro fuso e mescolate fino a ottenere un composto omogeneo e sbriciolato. Foderate uno stampo con la carta da forno, stendete il composto e mettetelo in freezer per 20 minuti circa. Preparate la mousse allo yogurt, montate la panna e unite lo yogurt con lo zucchero a velo vanigliato. Mescolate fino ad avere una crema allo yogurt vellutata. Prendete lo stampo con la base di biscotti, versateci sopra la crema allo yogurt e stendete con una spatola cercando di creare una superficie liscia. Mettete la torta in frigo per almeno 4 ore. Prima di servirla decorate con le fragole.


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O P O C S L’ORO

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Ariete La scoperta di nuovi interessi vi permetterà di uscire da una situazione di apatia e di costruire basi solide per un futuro interesse amoroso. Sul lavoro cogliete tutte le opportunità, ogni successo, anche piccolo, conterà nella seconda parte dell’anno.

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Stelle e stellati Antonella Sotira, presidente dell’Associazione Ius Gustando posa in compagnia dello chef Mi ha stregato la Siderno tua stellato Riccardo Sculli, Abbiamo rispolverato questa belliscelebrando i successi sima foto dei mitici anni ’60 per dell’arte culinaria nella ricordare di quella volta in cui Iva Locride con uno scatto Zanicchi fu gradita ospite della città che mostra quanto steldi Siderno. In questo scatto, mentre lato sia il nostro cielo l’artista si godeva la vista del corso gastronomico. in prossimità del suo concerto.

Istituzioni di vario tipo Tilde Minasi, recentemente candidata alle Elezioni Politiche a sostegno della Lega, posa a Caraffa del Bianco in compagnia del responsabile provinciale di Confagricoltura Angelo Politi e la presidente dell’ordine provinciale degli agronomi Francesca Giuffrè.

L’isola che adesso c’è L’inaugurazione dell’isola ecologica di Siderno, ironicamente ribattezzata “Isola che non c’è”, ha visto la partecipazione di illustri personalità politico sociali, tra cui il sindaco Nino Tarzia, il prete Luigi Errigo e l’africano Joe Oppedisano!

Estate magica Al termine delle riprese di uno delle ultime puntate di “Stessa spiaggia stesso mare” Bluette Cattaneo ha voluto immortalarsi in compagnia di Giuseppina Monteleone, la Maga del Sole di Locri e del poeta Franco Reitano.

Riace televisiva Beppe Fiorello è tornato sulla mancata messa in onda della miniserie sul modello Riace “Tutto il mondo è Paese”, assicurando che la post produzione è terminata e, nonostante gli intoppi burocratici, nella prossima stagione avremo la possibilità di vedere la fiction.

Paese che vai… calabrese che trovi! Peppe Voltarelli, in uno dei suoi numerosi tour oltreoceano, si è scattato questo simpatico selfie che dimostra come, anche se trapiantati in terre straniere, i nostri cugini calabresi non perdano la sana abitudine d’i carti!

Paolo e la palma Il nostro amico Paolo, nel tentativo di trovare refrigerio in queste calde serate estive, si avvicina a tutti gli alberi che incontra sul suo cammino sostenendo che il rumore delle fronde smosse dalla brezza serale generi maggior frescura!

Toro Dovrete rafforzare le relazioni sociali, troppo trascurate ultimamente a causa di motivi familiari E di lavoro. Allontanate la malinconia e non fatevi distrarre da situazioni che sono esterne al vostro rapporto con il partner. Novità lavorative in arrivo. Gemelli Cercate di risalire la china sul lavoro e fate attenzione a ponderare bene le scelte che effettuate in ambito amoroso. Potreste rischiare di allontanare il partner con l’inizio di un periodo di crisi che potrebbe accompagnarvi fino ad agosto. Cancro Dopo esservi lasciati alle spalle i piccoli problemi di inizio mese vi sentite bene e potreste essere anche in grado di sbloccare questioni di lavoro che erano rimaste ferme. Per quanto concerne l’amore potrete fare molto circondandovi di persone positive. Leone Riflettere sulle amicizie e le persone che avete intorno per non perdervi in dispute inutili. In amore, amatevi di pazienza: nonostante un generale recupero non è esclusa qualche discussione. I single avranno delle proposte concrete da valutare. Vergine Continua il turbine di cambiamenti che vi sta travolgendo in questa prima parte del mese. Probabili decisioni in arrivo per la casa. In amore, chi è in bilico tra due storie, deve decidersi, come chi vuole fare una scelta importante con il partner. Bilancia In questo periodo dite sempre quello che pensate, ma questo potrebbe diventare un problema. In ambito lavorativo alcune situazioni potrebbero portare dei grandi vantaggi, è possibile superare una crisi adesso, recuperando in autunno. Scorpione In ambito lavorativo sarete indecisi sul da farsi ma non per colpa vostra. Stringete i denti cercando di superare al meglio questo periodo pieno di cose da fare e attendete con pazienza il recupero che vi attende a partire dalla prossima settimana. Sagittario C’è qualche tensione di troppo a causa delle tante novità arrivate o attese. Non preoccupatevi troppo per il futuro, tuttavia, perché ritroverete preso una forza eccezionale che vi permetterà di accelerare i tempi in ambito lavorativo. Capricorno Dopo aver attraversato alcune settimane burrascose dovreste stare meglio, perché capirete che le priorità nella vita sono altre. Cercate di risolvere tutto con buona volontà, vedrete che gradite novità non tarderanno ad arrivare.

Acquario Continua il malcontento che avete sperimentato negli ultimi giorni sul posto di lavoro, ma sul fronte amoroso vi sentite finalmente meno soli e potreste ritrovare una fiducia che vi permetterà di affrontare le cose con maggior fiducia e determinazione. Pesci Il successo personale potrebbe arrivare, ma dipenderà da quando avrete seminato negli ultimi mesi. Abbiate fiducia nelle persone che vi circondano. In amore, con il giusto partner al vostro fianco, stanno per iniziare giornata da favola!




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