Riviera nº 30 del 22/07/2018

Page 1



22 LUGLIO - 03

R

IN BREVE

la vetrina

www.larivieraonline.com

Gigi

Nella notte tra il 10 e l’11 settembre di trent'anni fa, nell’ospedale di Locri, dove era stato ricoverato in condizioni disperate, dopo essere stato colto da malore nella sua casa di Siderno, moriva Luigi Malafarina: non aveva ancora 50 anni, ed era uno dei più noti cronisti italiani.

Malafarina, Un sidernese libero vent’anni avanti rispetto agli altri

La sua testa era un archivio prodigioso, non aveva bisogno di prendere appunti, ricordava fatti, persone, date. Dovunque fosse, appena succedeva qualcosa era sul posto e un momento dopo a scrivere per raccontare le sue cronache perfette.

Q

Quando ci si trova davanti a un bivio, indecisi sulla strada da prendere, la scelta più sensata è quella di fidarsi al proprio istinto. Pertanto Luigi, chiamato Gigi, tra la strada verso Bova, che lo avrebbe reso un giornalista e quella per Siderno, che lo avrebbe consegnato ad un’altra vita, guidando la sua 500 rossa e assaporando un panino con la mortadella, proseguì per Bova e si presentò alla Gazzetta del Sud. Scelse il mestiere di giornalista, nonostante la madre, appartenente ai Ruffo di Calabria, avesse per lui altri progetti - ingegnere o medico - e, per tanti anni, si rifiutò di leggere i suoi articoli, come segno di protesta. Fin da ragazzino è stato attratto dall’informazione, era il suo divertimento. Scriveva sui giornaletti scolastici e le sue opinioni venivano tenute in considerazione, sia per i contenuti che per lo stile. Inoltre, possedeva un diario, sul quale annotava i fatti salienti che riguardavano Siderno. Amava molto la sua terra, per questo decise di non lasciarla, lavorando alla Gazzetta del Sud, ma collaborando anche con “il Giorno” e “Il Messaggero”. Gigi viveva la notizia e sapeva trasferirla senza emozioni, con assoluto rispetto per chi avrebbe letto le sue cronache. La sua attenzione era particolarmente rivolta al fenomeno mafioso: risale al 1975 “Cronache mafiose”, un libro in cui descrisse l’organizzazione mafiosa, le sue alleanze e le sue regole, dimostrando di essere avanti, rispetto agli altri, di circa venti anni. La sua tenacia lo portava a voler sapere, scavando sempre di più in profondità, ciò gli causò minacce, lettere minatorie e, per la sua sicurezza, si procurò il porto d’armi. Una sera, mentre con amici e familiari, festeggiava il suo compleanno, una bomba

esplose vicino casa. Ma Gigi non si scoraggiò, continuò a cercare notizie e con la sua intelligenza e il carattere bonario riusciva ad arrivare dove gli altri vedevano solo limiti. Riteneva che l’unica arma per sconfiggere la mafia fosse la cultura e coniò un nuovo termine: “mafia dalle scarpe lucide” per sottolineare il passaggio dalla vecchia alla nuova mafia (ovvero quella imprenditoriale). La sua testa era un archivio prodigioso, non aveva bisogno di prendere appunti, ricordava fatti, persone, date. Dovunque fosse, appena succedeva qualcosa era sul posto e un momento dopo a scrivere per raccontare le sue cronache perfette. Amava molto il suo lavoro e soprattutto i suoi lettori. Sembrava li conoscesse intimamente e per loro scriveva cronache puntuali, precise, accurate. Ma non scriveva solo di mafia: quando ci fu la rivolta a Reggio fu il primo in piazza ad ascoltare, a cercare di capire per raccontare. Tutte le sere telefonava al commissario di polizia: "Pronto! Sono Malafarina, ci sono novità?". In caso di risposta positiva, correva sul posto, chiamando il fotografo Lello Spinelli, suo carissimo amico. Viveva in un mondo tutto suo, perchè era un sognatore, uno spirito libero che aveva una grande sete di conoscenza, voleva raggiungere confini sempre più lontani. Altre sue passioni erano l’arte e la letteratura: era un critico d’arte; inoltre, ogni anno partecipava, in qualità di Presidente di Giuria al Premio letterario Casentino a Poppi, in provincia di Arezzo. Tanti giornalisti, che oggi hanno incarichi importanti, sono stati aiutati da Gigi, ma come succede spesso, molti di loro hanno avuto memoria corta sul bene ricevuto. All’improvviso nella notte tra il 10 e l’11 settembre 1988, è morto trascinando tutti, in primis la moglie e i figli in un profondo dolore che il tempo non è riuscito a lenire. Essendo stato figlio unico, ci teneva a creare intorno a sé una grande famiglia, così con l’adorata moglie Annamaria, hanno avuto tre figli: Rosamaria, Antonio e Walter. La sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto e il rammarico di aver potuto godere per poco tempo di questo papà e uomo straordinario. Ma i suoi insegnamenti, il suo coraggio e il profondo affetto nei loro confronti, non troveranno mai una fine. A trent’anni dalla morte di Gigi, tante cose sono cambiate e probabilmente a lui non sarebbe piaciuta la frequente superficialità che oggi è facile ritrovare su stampa e televisione. Ci rimane il suo modo diretto e immediato di dare la notizia, quando ancora i social network non esistevano, la sua profonda integrità morale e il suo amore per questa terra. Grazie Gigi, il tuo tempo in questo mondo è stato breve, ma incredibilmente intenso. Rosalba Topini


22 LUGLIO - 04

R

attualità www.larivieraonline.com

VALLE DEL TORBIDO

Giorgio Imperitura nuovo Presidente dell'Unione dei comuni Lunedì mattina i sindaci di Gioiosa Ionica (Salvatore Fuda), Grotteria (Vinenzo Loiero), Mammola (Stefano Raschellà), Martone (Giorgio Imperitura) e San Giovanni di Gerace (Pino Vumbaca) si sono riuniti per il rinnovo delle cariche di rappresentanza dell’Unione dei Comuni della Valle del Torbido. All’esito della votazione, è stato espresso all’unanimità che l’Unione venga presieduta da Giorgio Imperitura, che prenderà così il posto, per il prossimo anno, dell’uscente Salvatore Fuda. A ricoprire l’incarico di vicepresidente ci penserà Stefano Raschellà. In seguito alla votazione, Imperitura ha voluto ringraziare i colleghi per la fiducia accordatagli, esprimendo al contempo la volontà di dare nuovo impulso all’ente aggregativo dei Comuni della Valle del Torbido. Il primo impegno, ha garantito Imperitura, sarà quello di avviare presso la Regione Calabria tutte le pratiche burocratiche necessarie ad avviare la raccolta differenziata anche nei comuni inferiori a 5mila abitanti.

ROCCELLA JONICA

LOCRI

Scatta l'operazione “Spiagge pulite” Il sindaco Giovanni Calabrese, il suo vice Raffaele Sainato e le assessore Anna Sofia e Anna Baldessarro hanno presentato lunedì mattina, presso la sala consigliare del comune, il piano di tutela ambientale della Città di Locri. Il progetto, proposto dall’Associazione Salvamento Locride presieduta da Giuseppe Pelle, prevede di garantire la pulizia delle spiagge e un controllo diurno e notturno del territorio al fine di tutelarne l’ordine, la sicurezza e la pulizia. Guardie giurate di Zoofilia Ambientale, in collaborazione con la Polizia

Fiamme al castello, ma Zito esclama: “Nemmeno questa volta è stato espugnato!”

Municipale, si occuperanno non solo di constatare e comunicare all’Amministrazione lo stato in cui versano le spiagge e le zone più degradate del paese, ma anche di pulire in prima persona le zone in questione, consegnando a cittadini e turisti l’immagine di una Locri più pulita e ordinata. Tale servizio di pulizia e controllo permetterà di individuare i cittadini che commettono infrazioni, segnalarli e, in caso di recidiva, multarli secondo i criteri suggeriti dalla legge. Un’attività che, nell’auspicio di Pelle, dovrebbe assicurare una maggiore cura delle fiumare, che potrebbero essere trasformate presto in parchi idrici presso i quali far sorgere aree educative e di svago.

Martedì mattina l’area collinare adiacente il Castello dei Carafa di Roccella Jonica è stata interessata da un vasto incendio, che ha lambito l’area perimetrale dell’edificio monumentale. I Vigili del Fuoco del distaccamento di Siderno, allertati dai cittadini preoccupati, ci hanno messo diverse ore a domare le fiamme, alimentata dalla presenza di forte vento e di molte sterpaglie rese secche dal caldo di questi giorni. Da segnalare, nel momento più drammatico della mattinata, l’intervento eroico del comandante dei vigili urbani Alfredo Fragomeli che, in attesa dell'arrivo dei pompieri, ha cercato di tenere a bada il fuoco irrigando il marciapiede e la ringhiera della strada che conduce fino al castello con una piccola pompa da giardino, evitando che le fiamme scavalcassero il parapetto arrivando di fatto alle abitazioni. A conferma della natura dolosa dell'incendio, poi, sono arrivate le dure parole di con-

danna del vicesindaco Vittorio Zito, che ha commentato così sui social la vicenda: “L'incendio è doloso. Hai aspettato che il vento potesse aiutarti a bruciare il simbolo di Roccella. Ma non hai fatto i conti con i vigili del fuoco, i vigili urbani ed il loro comandante, tutta la Jonica Sistemi Idrici, dall'amministratore agli operai. Non hai tenuto conto dell'impegno del Sindaco, degli amministratori dei dipendenti comunali e di tantissimi cittadini. Hai distrutto la vegetazione e annerito le pendici del Castello, ma hai fallito. Hai solo consentito ai soliti quattro dementi di tentare di prendersela con chi amministra e di fare battute da osteria. Non ricordavi che il Castello non è stato mai espugnato e che Roccella lo difenderà sempre. Ora spero che ti trovino. Così ci dirai perché o per chi lo hai fatto. #ilcastellovivevivailcastello”



R 22 LUGLIO - 06

attualità

www.larivieraonline.com

Quello di Giuseppe Gulotta è il più clamoroso errore giudiziario della storia repubblicana: dopo un incubo durato 36 anni, è stato assolto con formula piena dalla corte d’Appello di Reggio Calabria e gli è stato riconosciuto l'indennizzo di 6,5 milioni di euro a titolo di riparazione dell'errore giudiziario. Abbiamo intervistato il suo avvocato Baldassare Lauria.

Orrori giudiziari

Considerato un mostro per 36 anni, è stato dichiarato innocente

“G

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

"In Italia c'è una specie di lobby dei periti, i processi più importanti vengono affidati a professionisti che hanno instaurato un particolare rapporto col magistrato, forse sarebbe meglio che la competenza nell'assegnazione degli incarichi fosse affidata a un organismo centralizzato della stessa magistratura: ciò potrebbe assicurare maggiore trasparenza".

iuseppe Gulotta aveva diciotto anni quando uomini in divisa lo portarono in caserma, dove fu legato mani e piedi a una sedia, e costretto con pestaggi, minacce, scariche elettriche ai testicoli, a confessare di essere il responsabile di una strage di carabinieri avvenuta nella caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Era il 13 febbraio 1976 quando “sporco di sangue, lacrime, bava, pipì” si rassegnò a confessare quello che gli urlavano i carabinieri, pur di porre fine a quell’incubo. Gulotta fu condannato all’ergastolo, e sarebbe rimasto un “mostro” assassino se nel 2007 un ex carabiniere non avesse deciso di raccontare le torture che l’uomo subì al momento del fermo. Fu così che Giuseppe Gulotta, assistito dagli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini, intraprese l’impervio percorso della revisione del processo. Dopo 36 anni esatti dal suo arresto, il 13 febbraio 2012, è stato assolto con formula piena dalla corte d’Appello di Reggio Calabria. Quattro anni più tardi, il 12 aprile 2016, gli è stato definitivamente riconosciuto l’indennizzo di 6 milioni e mezzo a titolo di riparazione dell’errore giudiziario. Buona parte del risarcimento è stata impiegata per dare vita alla Fondazione “Giuseppe Gulotta”, con cui intende “dare voce agli ultimi”, contribuire a rivelare errori giudiziari, “creare un contraltare allo strapotere della magistratura giudicante”. Abbiamo intervistato il suo avvocato Baldassare Lauria. La strage di Alcamo resta tuttora un mistero ma fortunatamente Giuseppe Gulotta ha smesso di vivere un incubo... La vicenda Gulotta è una storia a lieto fine ma il percorso di revisione è stato molto articolato con sacrifico economico non indifferente che non tutti possono permettersi. Solo grazie all’associazione Progetto Innocenti, una ong che si batte contro gli errori giudiziari, è stato possibile giungere a ciò. Nel caso Gulotta, i carabinieri hanno inventato prove, ne hanno nascoste altre, e i giudici ci sono cascati. Lei si è fatto un’idea di cosa dovevano proteggere? La storia di Gulotta è stata una falsificazione processuale, con prove false che hanno condotto i giudici all’errore più grave della storia d’Italia dal secondo dopoguerra. Ancora oggi, e credo sarà per sempre così, la strage di Alkamar rimane un mistero, sono passati troppi anni, molti sono morti sicchè diventa davvero difficile, e probabilmente il tempo ha fatto il gioco dei responsabili. Gulotta è stato risarcito con 6,5 milioni di euro nell’aprile

Giuseppe Gulotta tra gli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini durante la lettura della sentenza di assoluzione a Reggio Calabria

2016. Ma insieme all’avvocato Pardo Cellini avete fatto ricorso e avete chiesto 56 milioni di euro. Come siete arrivati a questa cifra? Oltre al risarcimento di 6,5 milioni, stiamo citando in giudizio l’arma dei carabinieri per le torture inflitte allo stesso e quindi per l’illecito da essi commesso, che ovviamente non è incluso nella riparazione per l’errore giudiziario, trattandosi di responsabilità diverse. Ogni anno in Italia 1000 persone vengono risarcite dallo Stato per essere stati in carcere da innocenti. Com’è possibile incorrere in così tanti errori giudiziari? Purtroppo i dati sono più importanti, non c’è una statistica precisa se non quella approssimativa del Ministero. Gli errori sono tali quando emergono, sicchè nessun dato statistico può dare un quadro chiaro sulla dimensione del fenomeno. Qualcuno ha parlato di elemento fisiologico del processo, ma così tanti casi fanno pensare piuttosto a un elemento patologico... Cosa propone per evitare che un innocente possa finire in carcere? Ogni sistema giudiziario ha in sè una certa attitudine a produrre errori, le cause sono molteplici. Le posso dire che la maggior parte di esse matura nella fase delle indagini, spesso condotte da personale di polizia inadeguato - si pensi alla raccolta dei dati sulla scena del delitto contaminata dallo stesso personale, o addirittura letta in maniera distorta, seguendo i primi istinti, con conseguenze irrimediabili. Le faccio un esempio: in un caso di presunto omicidio del figlio da parte della madre, i poliziotti toccarono senza precauzioni il flaconcino del farmaco, che poi si ritenne essere somministrato al bambino, impedendo così alla difesa di verificare se il bambino avesse o meno toccato l’oggetto, non essendo più possibile il rilevamento delle impronte. Un errore investigativo diventa, in questo modo, un virus che inficia l’intero procedimento penale giungendo a una sentenza ingiusta. Un rimedio assoluto non esiste ovviamente, la giustizia è amministrata da uomini normali, per fortuna dico io. Il giudizio di essi è tuttavia troppo sbilanciato verso quella discrezionalita, c.d. libero convincimento del giudice, che spesso si traduce in arbitrio. Ecco proprio quel libero convincimento del giudice potrebbe essere oggetto di una migliore disciplina normativa, con maggiori limiti. Ciò che però contraddistingue un vero stato di diritto è il dispositivo riparatorio che l’ordinamento processuale prevede per la correzione degli errori giudiziari, e su questo aspetto le proposte potrebbero essere tante. Personalmente ritengo che l’attuale sistema della revisione

penale sia inadeguato perché lega il diritto alla riapertura del processo non tanto all’innocenza del condannato, piuttosto all’emersione di una prova nuova. Sicchè, in ipotesi, il disvelamento dell’errore nella valutazione di una data prova, da cui emerge l’innocenza del condannato, da solo non può legittimare la revisione perché non si tratta di una prova nuova. Questo è un limite odioso del sistema, che sulla forma del processo sacrifica la verità. Quando un P.M. costruisce un impianto accusatorio che alla fine si rivela un castello di sabbia è anche colpa di consulenti disonesti che sperano magari di ricevere nuovi incarichi? La disonestà intellettuale esiste ma lì siamo in un altro campo, che non è certamente quello degli errori giudiziari. L’errore presuppone un’imperizia, una negligenza, una distrazione... se c’è dolo diventa un reato, e non è più un errore giudiziario. Cosa si può fare contro questi consulenti millantatori le cui menzogne hanno costi enormi in termini umani ed economici per il Paese? La scelta dei periti e dei consulenti è un compito dei giudici e dei magistrati delle procure, che va esercitato con prudenza e scrupolo. In Italia c’è una specie di lobby dei periti, i processi più importanti vengono affidati a professionisti che hanno instaurato un particolare rapporto col magistrato, forse sarebbe meglio che la competenza nell’assegnazione degli incarichi non fosse affidata ai giudicanti, o ai titolari delle indagini, ma a un organismo centralizzato della stessa magistratura: ciò potrebbe assicurare maggiore trasparenza. Perchè non è prevista alcuna azione disciplinare, alcun procedimento penale per chi ha fatto finire dietro le sbarre un innocente? Quasi mai alla conclamata innocenza dell’imputato segue un’azione disciplinare nei confronti del magistrato, trattandosi di persone impunibili per le loro valutazione. Ma non solo! Il sistema processuale non prevede alcun diritto al risarcimento per l’imputato assolto ma soltanto un indennizzo per l’indebita detenzione, con un massimale del tutto inadeguato al potenziale danno che una custodia cautelare può arrecare al cittadino. Ma il danno spesso non è legato alla sola custodia cautelare, il solo processo produce già una condanna sociale, e per questo non è previsto alcun indennizzo. L’Italia paga la mancanza di una normativa seria sulla responsabilità civile dei magistrati. La legge vigente è ancora troppo garantista delle valutazioni del giudice, eppure gli errori giudiziari sono in forte crescita, i danni di essi sono quasi sempre irrimediabili. Ci vuole una nuova presa di coscienza da parte non solo della società ma anche della classe politica, e io sono pessimista. I populismi che attanagliano il nostro paese lanciano promesse in senso forcaiolo-giustizialista, in spregio a diritti costituzionali e a convenzioni internazionali. Penso alla proposta della Meloni di abolire il reato di tortura, recentemente introdotto dopo le numerose pressioni internazionali. Prima che della giustizia, si diventa prigionieri della stampa, oggi un grado supremo di giudizio. Cosa pensa di quelle procure che, consapevoli di aver costruito un impianto accusatorio fragile, foraggiano i media cercando il sostegno dell’opinione pubblica? Purtroppo viviamo una società colpevolista, piena di pregiudizio e refrattaria all’idea che un condanna deve seguire a un giusto processo. La presunzione di innocenza sta lasciando spazio culturale alla presunzione di colpevolezza, molti provvedimenti normativi (misure di prevenzione antimafia) hanno legittimato sacrifici alle libertà individuali senza prova, basandosi solo sul sospetto. C’è una deriva culturale del nostro sistema giuridico. Molte inchieste giudiaziarie cavalcano queste criticità, sostituendo così all’accertamento giudiziario la condanna sociale, quest’ultima senza appello.


an Luca, “SFerragosto,

Salvini e le mutande della 'ndrangheta ANTONIO STRANGIO

A San Luca Salvini miete quanto seminato da Saviano L’autorevole “firma” di Saviano ha rafforzato la falsa narrazione di San Luca e dell'Aspromonte, cosicché Salvini si trova oggi un terreno arato, seminato e concimato. Deve solo raccogliere!

ILARIO AMMENDOLIA i è conclusa ieri, ad Africo Vecchio, la “tre giorni”- voluta dalla Regione - in cui intellettuali e giornalisti, operatori del cinema si sono confrontati su come viene narrata la Calabria e in particolare l’Aspromonte. Un monte meraviglioso e magico molto spesso percepito come uno dei luoghi più cupi e inquietanti d’Italia. Perché? Perché la Calabria è una regione massacrata dalla falsa narrazione. A San Luca sono in corso i preparativi per girare il film “ZeroZeroZero” tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano e nello stesso paese a ferragosto arriverà Matteo Salvini. Narrazione e politica si incontreranno in Aspromonte da un lato Roberto Saviano, autorevole scrittore che vive sotto scorta, dall’altro il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Troveranno San Luca senza sindaco, l’ultimo è stato arrestato sei anni fa per concorso in associazione mafiosa. Accusa falsa e infatti è stato assolto! Arrestato anche un assessore e anche Lui scagionato da ogni accusa ma la vicenda dimostra che nei paesi dell’Aspromonte gli arresti di innocenti non sono una rarità . Non si salvano neanche i parroci: quello di San Luca rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione “massonico-mafiosa”; quello di Platì, un missionario bergamasco, ha contestato alla questura il potere di proibire i funerali. Nessuna sorpresa che in occasione della cerimonia di inaugurazione del campo sportivo di San Luca abbiano preso la parola il prefetto, ministri, e magistrati. Nessun cittadino del paese è stato invitato a parlare! Tutti confinati e a debita distanza dal palco delle “autorità” quasi a dimostrare l’estraneità dello Stato rispetto ai cittadini dell’Aspromonte. L’antimafia di facciata più che colpire i reati obbliga cittadini calabresi a sottomettersi alle norme di un inutile quanto ipocrita “Galateo” poliziesco che prescrive ai cittadini a quali matrimoni cresime e battesemi si debba partecipare, quali funerali possono essere celebrati, con chi prendere il caffè, chi puoi considerare tuo amico e perfino quali parenti sono da frequentare. Uno Stato che esonda paurosamente dagli argini costituzionali, travolgendo la sfera privata, la dignità e l a libertà dei cittadini e con esse l e garanzie costituzionali. Ironia della sorte, la 'ndrangheta che in questo periodo conosce una stagione felice perchè da questo clima trae forza e legittimazione e dopo ogni “brillante operazione” si presenta più forte e

S

aggressiva di prima. Salvini e Saviano sono due uomini diversi per provenienza, storia, carisma e cultura. Eppure Salvini miete quanto è stato seminato da tante false narrazioni compresa quella di Saviano che s’è molto soffermato sull’ Aspromonte nel suo libro “ZeroZeroZero”. Ha parlato degli alberi cavi, degli anfratti e delle grotte utilizzati dagli uomini della ndrangheta per le loro latitanze o per i sequestri di persona ma ha cercato di capire la gente di Aspromonte in alcune procure, caserme e commissariati di polizia. Oppure nelle cosiddette associazioni antimafia. Un errore fatale! Infatti gli hanno spacciato per oro colato l’impostura dei calabresi ndranghetisti al 27%, calcolando nella percentuale, anche donne, vecchi decrepiti e bambini. Una percentuale che, secondo l’impostura, sale vertiginosamente man mano che ti inoltri nei paesi dell’Aspromonte dove si raggiunge una quasi unanimità di ndranghetisti. Un racconto bugiardo diffuso ad arte da presunti eroi in cerca di gloria e da un atteggiamento codino e servile di una parte consistente di giornalisti e da mediocri “scrittori” quasi sempre interessati, grigi e conformisti. L’autorevole “firma” di Saviano ha rafforzato la loro falsa narrazione, cosicché Salvini si trova un terreno arato, seminato e concimato. Deve solo raccogliere! Basta indicare i “perfidi nemici”. E in questo Salvini è un maestro e non va per il sottile! Pochi giorni fa, a Palmi, gli è bastata un’ergastolana morente (verso i cui crimini non possiamo nè vogliamo essere solidali) per scolpire il viso del feroce “nemico” da mettere accanto al popolo dei barconi in fuga dalla guerre e dalla fame. È inutile che io dica che Salvini non sconfiggerà la 'ndrangheta. Non vuole e non può sconfiggerla. Non può perché le radici che stanno alla base della fioritura ndranghetista affondano nell’individualismo esasperato, nel liberismo selvaggio, nell’egoismo sociale e nelle ingiustizie territoriali che stanno alla base della “filosofia di governo” della Lega vecchia e nuova. Non può, perché la ndrangheta, al pari dei migranti, gli serve per distrarre i cittadini dai problemi veri del Paese. Così e solo per esempio, il ministro dell’Interno sembra aver dimenticato il mantra che ha ripetuto per anni a proposito della legge Fornero per blandire come una clava il dramma dei migranti e la lotta alla mafia. Il 15 agosto il Ministro dell’Interno trasformerà San Luca in un suo personale palcoscenico e inchioderà i calabresi nella parte dei cattivi perché lui possa apparire come l’eroe della legalità che marcia sull’Aspromonte selvaggio e ribelle. Dubito che ne abbia i titoli. I sequestri di persona rappresentano un terribile delitto di cui la ndrangheta si è indelebilmente macchiata, e sono crimini odiosi ed esecrabili come oggi lo sono i sequestri di innocenti e la presa in ostaggio dei disperati in cerca di salvezza. Ancora più gravi quando le vittime “muoiono”. Sono sicuro che un giorno la Storia saprà giudicare. Rifletta Saviano! Oggi Salvini non sarebbe accolto ovunque come un eroe se non ci fosse stata una rappresentazione deformata della realtà. Se non ci fossero stati i bugiardi tessitori di una falsa trama e un menzognero ordito. Saviano è un autorevole scrittore. Solitamente la sua penna è elegante, la sua narrazione coinvolgente ma nel suo libro - da cui verrà tratto il film l’Aspromonte è stata tratteggiato con pennellate superficiali, confuse, macchiando la tela con colori mendaci. Probabilmente lo scrittore campano pensava di utilizzare la sua penna come una spada per sconfiggere la ndrangheta ma con le bugie al pari delle false narrazioni non si sconfiggono i criminali ma si creano soltanto i Salvini e, per tanti versi, la cosa è ben più drammatica.

L’annuncio del Ministro degli Interni, Matteo Salvini ”trascorrerò il Ferragosto nel paese di San Luca” non ha entusiasmato più di tanto la gente del mio Paese, perché la scelta arriva nel momento in cui San Luca, per aver scelto di non presentare liste per l’elezione diretta del sindaco è diventata un caso nazionale oggetto di studio da parte di pseudo esperti e pseudo salvatori della Patria. E perché Salvini ha dichiarato che verrà a San Luca, non per tastare con le proprie mani lo stato di salute di un Paese e di un territorio abbandonato da tutti e soprattutto dallo Stato, ma perché essendo San Luca considerato “la mamma della ndrangheta” (sarebbe bello a questo punto conoscere anche il papà), lui farà di tutto per lasciare in mutande tutti gli ndranghetisti del Paese. A Salvini che arriva da una Regione che a noi del Sud ha già fatto e causato danni a palate, vorrei ricordare che noi popolo di San Luca - che non apparteniamo alla ndrangheta ma siamo costretti a vivere tra l’incudine di una mala pianta che rischia di soffocare tutti e tutto, e il martello di uno Stato che generalizza e accusa di ndranghetismo anche i bambini che ancora ciucciano nella culla - siamo già in mutande. E a levarcele, senza nessun ritegno non è stata la Malapianta che pure fa male e offende - ma sia chiaro una volta per tutte, non appartiene soltanto al nostro paese - ma è stato (scusatemi il bisticcio verbale) lo Stato, esattore senza scrupoli e padre padrone che ha diviso il suo popolo in figli e figliastri. E noi che pare non abbiamo santi in paradiso, ma diavoli nell’inferno, purtroppo apparteniamo a questa seconda e sfortunata categoria. Una categoria i cui figli sono costretti a cercare fortuna altrove e per la quale, la visita di un rappresentante della nostra Repubblica assume il sapore del danno e della beffa. Perché, al danno di una visita che vuole sigillare la nostra appartenenza a un male che non ci appartiene, si aggiunge la beffa perché saremo costretti a sorbirci la visita di Salvini nel giorno in cui eravamo e siamo soliti recarci in montagna per onorare la festa di Ferragosto. Morale: cornuti e mazziati come dicono a Napoli, patria di uno scrittore che non ci ha pensato due volte a offendere i bambini di San Luca considerandoli complici di un segno, il tatuaggio dello scorpione su una parte del loro corpo che di punta in bianco ha messo al centro dell’universo il paese e la sua comunità. Un danno e una macchia incalcolabili commentato da pochi, e ancora di più, ignorato da tutti i cosiddetti professionisti della parola che per paura di subire le ire dello scrittore di ZeroZeroZero, se ne sono stati zitti e muti come i pesci quando finiscono nella rete. Cornuti e mazziati perché se diserteremo l’incontro ci diranno che è stata la ndrangheta a imporci di stare lontani dal Ministro e il suo colorito codazzo; se invece vi parteciperemo saremo costretti a rimandare ad altra data l’appuntamento con la carne di capra e il pane fatto in casa che abbiamo aspettato con ansia come i bambini di una volta aspettavano le feste ricordate, e sorbirci la visita di un rappresentante della nostra Repubblica in uno dei giorni più sacri e ricordati del nostro Paese. A tutto questo, prendendo a prestito un autorevole e famosa affermazione, “Io non ci sto”! Perché a un Ministro del nostro pur sempre amato Paese che viene per confermare che noi siamo il “centro degli irredimibili”, avrei preferito un altro che in punta di piedi venisse omaggiare quello che è stato il Paese natale di uno dei più grandi scrittori del Novecento al quale è stata dedicata una Fondazione che il sistema sta cercando di far chiudere. Il Paese di padre Stefano De Fiores, il più grande esperto di mariologia del Secolo appena passato. Il Paese dei genitori del famoso gruppo americano dei Toto, la cui canzone Africa è stata considerata una delle più belle e ascoltate di sempre. Il Paese dove non si vota più, non perché si ha paura della ndrangheta, ma perché tutti siamo stati considerati ndranghetisti a prescindere. Il Paese sul quale uno scrittore che tale non è, si è arrogato il potere di affermare che i suoi figli hanno tutti tatuato il segno dello scorpione sul polso e sulla caviglia, e nessuno ha avuto il coraggio di alzarsi in piedi e rispondere per le rime a una menzogna storica di proporzioni gigantesche. Il Paese dove i giovani non ci sono più perché sono stati costretti a cercare fortuna altrove, lasciandolo in balia dei vecchi e una serie di leggende metropolitane che non conoscono limiti. Il Paese che ancora aspetta di capire come saranno contabilizzati i danni causati dall’alluvione del mese di “dicembre 72 – gennaio 73”, un'alluvione amara che ha costretto i sanluchesi ad abbandonare in fretta e furia le proprie case e in fretta e furia fare di necessità virtù per ricostruire quelle case che lo Stato si è dimenticato di riedificare. Il Paese il cui territorio è stato messo sotto vetro da una struttura, il Parco Nazionale dell’Aspromonte che invece di creare opportunità di lavoro è stato invece trasformato in una scatola… vuota. Il Paese dove, come scriveva molto acutamente lo stesso Alvaro, molti anni fa, “la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile”. Insomma, il mio Paese che, lo dico forte e chiaro, non è nemmeno lontano parente di quello al quale il Ministro Matteo Salvini vuole invece togliere le mutande! Post scriptum. Da qualche anno a questa parte, per i Ministri dell’Interno visitare San Luca e il suo territorio è diventato quasi un passaggio obbligato, un atto di coraggio da tramandare ai posteri, che mi ricorda la sfida di un ragazzo di un paese della Calabria che riuscì a scommettere con i suoi amici che lui era disposto a visitare San Luca di sera e da solo. E per dimostrare che non aveva barato avrebbe preso un caffè al più vicino bar del paese come prova del suo eroico e straordinario atto di coraggio. Più o meno quello che ha fatto l’estate scorsa il Ministro degli Interni Marco Minniti, salito a Polsi per annunciare, in una chiesa piena di generali e colonnelli, che Polsi quanto prima avrebbe avuto una strada degna di questa nome. È passato un anno, Minniti non c’è più e noi siamo ancora in attesa della strada, o di quello, visto il luogo e la storia del luogo stesso che a questo punto possiamo inquadrare sotto la voce miracolo. Che, per molteplici e ovvie ragioni, non possiamo richiedere a Salvini che ha detto chiaro e tondo che lui a San Luca verrà per altra e più alta questione. Mettere il bollino che certifichi una volta per tutte che San Luca è un paese irredimibile. Soltanto irredimibile!


R 22 LUGLIO -08

la copertina www.larivieraonline.com

Alla Calabria, per il 2014-2020, sono stati assegnati dall'Unione Europea 2.379 milioni di euro da destinare allo sviluppo regionale. Per il 2018 sono stati attivati progetti per 80 mln di euro contro i 443 disponibili. Di alcune opere viene dichiarato siano in stato di attuazione ma sono praticamente ferme. Alcune poggiano su progetti sbagliati e non ancorati alla reale domanda. Altre ancora servono da contentino a cittadini addormentati.

Oliverio, hai 5 mesi di tempo per spendere 363 milioni di euro

All’appello delle misure attivate manca il progetto del sistema di trasporto pubblico di Reggio Calabria a dimostrazione che l’attuale amministrazio ne Falcomatà, compresa quella della Città Metropolitana, appare sempre marginale rispetto alle politiche di governo regionale.

DOMENICO GATTUSO* Il 10 luglio scorso Oliverio e i suoi tecnici di fiducia hanno presentato a Cosenza, in occasione dell’ultima seduta del Comitato di sorveglianza POR Calabria FESR FSE 2014/2020, lo stato di avanzamento del Programma relativo ai fondi UE. I toni trionfalistici del Governatore della Regione appaiono purtroppo fuori luogo. Non si capisce, purtroppo, se sia consapevole della gravità della situazione o meno. D’altra parte i rappresentanti della Commissione europea hanno espresso giudizi cauti e di attesa. Si propone un quadro sintetico dello stato reale delle cose: - La dotazione calabrese è di 2.379 Milioni di euro; - Le procedure attivate, secondo Paola Rizzo, responsabile dell’Autorità di Gestione regionale, ammontano all’83 % (1,9 Miliardi di euro) della dotazione complessiva, mentre la previsione di spesa del POR entro il 31 dicembre 2018 equivale a 443 milioni di euro; - Sul sito ufficiale della Regione (CalabriaEuropa) si rileva in realtà un valore più basso (65%; 1,5 Miliardi); - Lo stato di attuazione ad oggi ammonta a soli 80 Milioni di euro; per cui appare alquanto difficile ipotizzare il raggiungimento degli obiettivi a fine anno (mancano all’appello ben 363 Milioni e siamo ad appena 5 mesi dalla scadenza); - Il rischio di disimpegno di somme rilevanti appare dunque molto alto. Si propone qui qualche riflessione relativa alla programmazione dei fondi UE nel campo dei trasporti, per evidenziare come la situazione sia tutt’altro che rosea. Gli impegni di spesa FESR della Regione sono articolati su due assi: Asse 4. Efficienza energetica e mobilità sostenibile (dotazione di 469 Milioni); Asse 7. Sviluppo mobilità sostenibile (dotazione di 178 Milioni). Con riferimento al primo asse, sarebbero state attivate misure per 399 Milioni di euro; escludendo 100 Milioni per obiettivi “energetici”, emerge che l’impegno nel campo dei trasporti ammonta a 299 Milioni; essi corrispondono ai costi di due grandi progetti: la tranvia di Cosenza (157 Milioni) e il Pendolo ferroviario a scartamento ridotto di Catanzaro (142 Milioni). Da notare come in questo contesto manchi all’appello il progetto del sistema di trasporto pubblico di Reggio Calabria (l’attuale amministrazione Falcomatà, compresa quella della Città Metropolitana, appare sempre marginale rispetto alle politiche di governo regionale). Ma ciò che merita di essere rilevato è che le opere, anche se viene dichiarato siano in stato di attuazione, sono praticamente ferme. E difficilmente saranno realizzate nei tempi previsti, in rapporto ad esperienze consolidate. A mio avviso si tratta peraltro di progetti sostanzialmente sbagliati (in termini tecnico-finanziari) e non ancorati alla reale domanda di mobilità; progetti che porteranno sofferenza alle due aree urbane nei prossimi anni sia in fase realizzativa che sulla dimensione della gestione economica. Purtroppo il Governatore non ha voluto neppure considerare l’eventualità di soluzioni tecniche alternative prospettate da tecnici qualificati. Forte del sostegno politico di “avversari amici” come i sindaci di Cosenza, Rende e Catanzaro, dell’interesse probabile di alcune lobby, e dell’incipit tecnico di funzionari impreparati in materia di trasporti pubblici, mantiene cocciutamente la barra diritta verso il baratro. Sull’asse 7 si contano tra le opere finanziate: interventi sui porti per 21 Milioni, la elettrificazione della linea FC Rogliano-Cosenza per 11 milioni (fondi che potevano essere destinati a ben altra tipologia di intervento di cui le Ferrovie Calabre hanno bisogno), 81 milioni per l’acquisto di treni e tram (a tutt’oggi non vi però è traccia alcuna di bandi di acquisto treni richiesto con forza da tante associazioni negli anni scorsi, in particolare per la linea ionica). E, poi, ancora la strada Gallico-Gambarie, per 65 Milioni, che non può essere certo annoverata tra misure di mobilità sostenibile; ma tant’è; forse la logica era quella di dare un contentino ai reggini addormentati. Nell’insieme robetta di poco conto in rapporto ad altri importanti contesti. Basti pensare, a titolo indicativo, che: - la A3 Salerno-Reggio è lungi dall’essere completata (mancano 70 km all’appello e ci sono continui lavori di manutenzione che non dovrebbero essere in una strada nuova);

- il sistema aeroportuale regionale rischia di ridursi al solo nodo di Lamezia (per gli aeroporti di Crotone e dello Stretto il Governatore gioca una partita a perdere, con un management servile e di basso profilo, e nel silenzio perdurante della politica nazionale, regionale e metropolitana reggina); - il porto di Gioia Tauro rimane senza guida (la mancata nomina del Presidente dell’autorità portuale non pare preoccupare il nostro Governatore); - nell’Alto Jonio cosentino sta facendo di tutto per realizzare un tratto di 40 km di strada a scorrimento veloce, una terza SS 106 parallela alle due esistenti, al costo stratosferico di 33 Milioni di euro a km (totale 1,2 Miliardi), il doppio del costo unitario di 1 km dell’autostrada A3, fingendo di non capire che le tratte più pericolose e quindi necessariamente prioritarie della SS 106 sono altre; - 3 anni orsono è stato commissionato uno studio di fattibilità (ben 430 mila euro) per velocizzare la linea FC Catanzaro-Cosenza; doveva essere un percorso progettuale di 6 mesi. Il progetto e l’esito non sono mai stati presentati. I sindaci del Savuto e del Reventino dormono, quelli di Cosenza e Catanzaro cono complici. Ho l’impressione che il Governatore sia un po’ strabico e abbia a cuore solo alcune aree del territorio calabrese; basterebbe calcolare l’ammontare degli investimenti per provincia per rendersene conto. Ma vorrei chiudere con la vicenda del People Mover di Lamezia Terme. Il progetto presentato a Cosenza dal solito ingegnere di servizio oliveriano, è tutt’altro che un People Mover. Si è giunti a chiamare metropolitana una tranvia o una ferrovia a scartamento ridotto nel silenzio generale, ora siamo all’innovazione del secolo: il People Mover con autobus elettrici per connettere la stazione di Lamezia con l’aeroporto. Un People Mover dovrebbe essere un sistema di trasporto di elevate prestazioni, in sede protetta, a guida automatica, comodo e veloce, di medio-alta capacità di trasporto. Ma a Lamezia hanno stimato una domanda di appena 116 utenti al giorno e quindi serviva un People Mover su misura, appunto una linea di autobus. Ma che bisogno c’era di chiamarlo People Mover? Quel che preoccupa è la cifra preventivata: ben 25 Milioni di Euro. Come dire: facciamo una villa holliwoodiana, ma poi costruiamo una baracca di lamiera al prezzo della villa. I conti non tornano proprio, perlomeno per la comunità calabrese. Oliverio potrebbe entrare nella storia internazionale, facendo sorridere il mondo, per l’originale e costosissimo “People Bus Mover”. *Ordinario di Ingegneria dei Trasporti, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Coordinatore di Altra Calabria

bREVI

Il centrodestra gioca d’anticipo e ricandida fin da ora per le prossime regionali Wanda Ferro. Una ricandidatura che ripropone la sfida del 2014 con Oliverio (salvo ripensamenti PD) non per mancanza di alternative ma figlia di un progetto tenace e forte delle sue idee. Parola del senatore Franco Crinò!

La purtroppo usuale carenza di acqua potabile nel periodo estivo ha convinto l’Amministrazione di Caulonia a emanare un’ordinanza che vieta l’utilizzo della stessa per usi di carattere non strettamente igienico e domestico. Innaffiare orti e giardini, da oggi potrebbe comportare multe a da 50 a 500 euro.

L’oculista ardorese Roberto Polito, impegnato in attività di volontariato, ha ricevuto un premio di 5mila € da parte della Società Oftalmologica, che il dottore ha già annunciato di voler devolvere a beneficio dei bambini denutriti del Madagascar, presso il quale è impegnato in una missione umanitaria.

Dopo quattro anni e mezzo il lungomare di Siderno viene restituito alla comunità. Venerdì sono terminati i lavori di bitumazione attorno alla statua di San Francesco e adesso, alla ditta Franco di Roccella non resta che occuparsi della pavimentazione dei marciapiedi per completare del tutto il lato sud.


Redazionale

www.larivieraonline.com

A La bottega di Canolo le gloriose radici della tradizione Metti tre sorelle con la passione per il buon cibo, genuino, a km zero ed esclusivamente biologico; aggiungici il buon cibo, genuino, a km zero ed esclusivamente biologico: ti ritroverai magicamente all'interno de La Bottega di Canolo. Qui avrai a disposizione un vasto assortimento del meglio che il nostro territorio possa offrire: i migliori prodotti di Canolo in prima linea, ma anche tante bontà del nostro Aspromonte. Ogni giorno potrai gustare un pane delizioso e profumato, croccante al punto giusto fuori e soffice dentro, realizzato con grani antichi, tutti macinati a pietra, e lievito naturale. La pasta madre viene conservata di giorno in giorno così come facevano le nostre nonne, mantenendola in vita con i dovuti rinfreschi. Quarantotto ore di accurata preparazione e una cottura a puntino per un pane sopraffino... ma sei avvertito: non potrai più farne a meno! A La Bottega di Canolo trovi tanti altri prodotti da forno che richiamano le gloriose radici della nostra cultura contadina: una ricca varietà di dolci appena sfornati senza alcun additivo artificiale, perchè l'intento delle sorelle Caruso è quello di riportare sulle vostre tavole i sapori e i profumi di un tempo, il gusto ineguagliabile della semplicità del passato. La Bottega di Canolo, inoltre, saprà deliziarti con tantissime tipicità eccellenti: incantevoli marmellate con frutta di stagione, squisiti formaggi freschi e stagionati, irresistibili sottoli e sottaceti con ortaggi di stagione. In tutti i prodotti de La Bottega di Canolo c'è un ingrediente indispensabile che li rende così unici: l'amore per la tradizione. La particolare attenzione prestata alla scelta delle materie prime unita alla ricerca di sapori oramai dimenticati, fa sì che le sorelle Caruso riescano ad accontentare i palati più raffinati.


22 LUGLIO - 10

R

Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà

scrivici www.larivieraonline.com

larivieraonline@gmail.com

Le mani di mia zia Titina Mi manca non aver salutato mia zia. Vorrei andare sulla sua tomba e dirle qualcosa, o forse stare zitta e piangere. Non lo si fa per i morti, lo si fa per i vivi, lo si fa per sé stessi, per quel “pensiero magico” di cui tutti abbiamo bisogno.

Di mia zia Titina non ricordo molte cose perché l’ho vista poco. Lei viveva a Calopezzati e noi a Siderno. Ci riunivamo per le feste o qualche volta in estate. Forse da adulta, oggi, avrei potuto recuperare, ma mia zia è morta giovane. Se un ipnotista mi chiedesse qual è la prima cosa che mi viene in mente pensando a mia zia, direi le spesse lenti da vista che ha dovuto sempre portare e che la caratterizzavano nella memoria di tutti. I suoi occhi diventavano più grandi e più dolci attraverso quelle lenti, visti da fuori, con lo sguardo di una ragazzina per la quale tutte le persone più grandi di quindici anni sono “vecchi”. Ricordo le mani ruvide, come carta vetrata, che mi strapazzavano il viso quando me lo prendeva in mano e mi stringeva. Di una cosa sono certa, ma veramente certa: che mia zia Titina mi volesse bene. Ed è una certezza che avevo allora, da ragazzina, e che ho ancora oggi, da donna matura. Quando vedeva noi, i nipotini lontani, ci faceva sentire dei doni: noi eravamo un dono per lei. Era una donna che amava, e questo non è da tutti. Molte madri circoscrivono il loro affetto ai propri figli, così come alcuni figli celebrano l’affetto per le proprie madri dimenticando che ogni persona sulla terra è nato da donna. Di mia zia ricordo le labbra, sottili e con una linea strana. Non voglio prendere fotografie per descriverla perfettamente, non sarebbe onesto. Attingo solo ai miei ricordi. Una voce limpida, a volte carica di emozione, a volte di goliardia, con quell’accento bello e ondulato del cosentino. Ti guardava e ti faceva sentire la persona più importante del

vento irreale in convulsioni e pianto senza tregua, senza più pace, senza consolazione, senza liberazione. Ero terrorizzata. Mi spiacque – non so perché, non lo chiesi mai - non rimanere il giorno dopo per la sepoltura. Non sono credente, i corpi sono gusci di ciò che siamo e diamo agli altri, ma proprio per questo vanno salutati un’ultima volta. Una mia cugina mi diede un leggero bacio sulla guancia, mi sorrise. Lei incoraggiava me: non l’avevo mai vista tanto bella e dolce, i capelli scuri, lisci, le ricadevano su una spalla. Mi manca non aver salutato mia zia. Vorrei andare sulla sua tomba e dirle qualcosa, o forse stare zitta e piangere. Non lo si fa per i morti, lo si fa per i vivi, lo si fa per sé stessi, per quel “pensiero magico” di cui tutti abbiamo bisogno. Pensieri consolatori, confortevoli, dove poter trovare attimi di ristoro. Non serve la fede o una speranza in una vita ultraterrena, una ricompensa celeste, ma solo il rispetto, e fatemi essere banale, l’amore.

mondo. Ti guardava come un bambino vede un giocattolo per la prima volta, eri tu il suo giocattolo, e ti sentivi felice. Quando morì non capivo niente. Ricordo solo il vuoto, il gelo caduto su una casa, su una famiglia. Il grigio era palpabile, come una polvere di angoscia depositata su muri, pavimenti, sedie, persone. Non dimentico i capelli di una delle mie cugine più giovani, belli, biondi, con i boccoli, agitarsi come in una tempesta di

Lidia Zitara - Illustrazione tratta da “Giardiniere per diletto”, in cui è raffigurato un ripiano dove una mia zia teneva come una reliquia la foto della sorella scomparsa. Quando le portavo dei fiori, i primi erano per il vasetto accanto alla sua foto. Una foto in cui, come nella canzone di De Gregori, sorrideva e non parlava.

A FERRAGOSTO ZERO ZERO ZERO Salvini ha annunciato che a ferragosto non andrà al mare. Verrà a San Luca. Del resto, anche Minniti lo scorso anno era venuto a Polsi per combattere la 'ndrangheta. E dopo quella, questa sarà la botta decisiva. Fidatevi! A meno che, il nuovo ministro duro e puro (come l'altro) non abbia deciso di fare il Montalbano milanese e sfidare i mammasantissima della nuova serie di Saviano. Plausibile, perché no. Uno 0 (ZERO), d'altra parte, ce l'ha già mollato forte - forte . Gliene mancherebbero

due. E che sarà mai?! Di questi tempi si fa veloce... Quando studiai Parini, appresi che, dopo la sua morte, Bosisio - il suo paese - cambiò il nome in Bosisio Parini. Difficile che la stessa cosa possa accadere a San Luca. San Luca Alvaro, figuriamoci. Mica siamo in Brianza. E poi che c'entra Alvaro con la 'ndrangheta e, men che meno, coi migranti... i luoghi dell'anima, qui da noi, non sono degni di riconoscimento. Punto. Rosario Rocca

Sopravvivere Or che del tempo, l’iniqua dipendenza m’opprime sempre più, forse che cambiando il movimento all’onda, potrei tornare ai mei giorni felici? Ora più d’all’ora, e non mi accorgo, posso ire nel giusto! Da solo, ma non in solitudine, affrontare degg’io l’arcano futuro! Cosa sarà dietro l’oggi? Potrò, del rimembrare il passato, tranquillamente affrontare l’incerto die futuro? Mi pentirò forse, per le dolcezze non vissute, ma l’ardire delle nuove speranze, mi spingerà a vivere e sopravvivere ! l’albatros


Il ricordo di Carmelo Naim

Don Melo, il padre buono di tutti i Casignanesi

Da pochi giorni ci ha lasciato Carmelo Naim, per tutti “Don Melo” o “il Cavaliere Naim”, uno dei personaggi storici di Casignana, e non solo. Il Sindaco di Casignana, Vito Antonio Crinò, vuole ricordarlo così attraverso le pagine del nostro giornale, attingendo un po’ alla sua memoria un po’ alle note apparse su facebook non appena si è diffusa la notizia della morte del “Segretario” Naim, molto noto e benvoluto da tutti.

domani, tutti conosciamo Don Melo Naim. Voglio dirti a te, Giuseppe Naim, ci siamo contattati poco tempo fa grazie a facebook. Piango con te sulla tomba. Riposa in pace Don Melo. (Vincenzo Pedulla - Amministratore del Gruppo Amici a cui piace Caraffa del Bianco )

Don Melo per noi amministratori della Jonica era “IL” Segretario” (comunale) per eccellenza, avendo prestato servizio a Caraffa del Bianco, Casignana, Sant’Agata, Samo, San Luca, Africo, e poi Gioia Tauro, prima di passare al Co.Re.Co (Comitato Regionale di Controllo sugli enti locali) come dirigente nei primi anni 70 e rimanervi fino alla pensione, nel 1988. Si è spento a 94 anni nella sua casa di Reggio Calabria dove abitava, assistito fino all’ultimo dai figli Giuseppe e Antonella, che lascia assieme ai nipoti Otello Barbucci, Carmelo Naim jr ed Erica Naim, all’unica sorella rimasta, Ghita e tantissimi altri nipoti e cugini, ma non aveva mai reciso il suo legame con la Jonica, con Casignana, dove era nato e dove appena poteva ritornava, a fare un giro in piazza, ritrovare le sorelle e i cognati, i vecchi e nuovi amici, a fare una partitella a carte, a parlare di politica, una passione di tutta una vita, da consumato “vecchio” DC della corrente di Base. Ha raggiunto dopo nemmeno quattro anni la sua amata moglie, Enza Naim Martelli, un’altra figura di rilievo nella comunità di Casignana prima, e di Reggio poi, una donna di grande bellezza e capacità personali, che ha contribuito non poco al raggiungimento degli obiettivi familiari e professionali del marito, dedita interamente alla sua missione di maestra elementare nonché di mamma e di “organizzatrice” familiare, anche lei tuttora ricordata e amata da generazioni di suoi ex alunni. Voglio ricordare il Cavaliere Naim, senza scadere in agiografie da lui sempre ripudiate, anche perché è sempre stata una persona abbastanza particolare, eccentrica, ironica, dalla battuta pronta (innumerevoli gli episodi “curiosi” che lo vedevano protagonista), particolarmente ferrato nei meandri del diritto amministrativo e degli enti locali e molto autorevole con le burocrazie prefettizie e regionali, ma è sempre stato uno di noi, un padre o un fratello buono e simpatico, per tutti i Casignanesi. Grazie alla lunga militanza sul campo e a una preparazione notevole aveva sempre una soluzione per tutte le innumerevoli questioni che gli venivano prospettate e aveva sempre tempo per chiunque lo interpellasse, soprattutto se “compaesano”, vogliamo riprendere solo due note che ci hanno particolarmente colpito tra le centinaia pubblicate su facebook non appena si è sparsa la notizia della sua morte, che crediamo possano rappresentare un po’ quello che tanta, tantissima gente di una Jonica che ormai non c’è più, pensava di lui, a testimonianza di una vita spesa bene, con estrema generosità e amore per la Sua Terra, che alla fine lo ha riaccolto per un ultimo saluto in Piazza Municipio, prima della tumulazione, nella sua, nostra, Casignana.

“Con Don Melo se ne va un pezzo significativo di Casignana, uno dei protagonisti del nostro paese negli ultimi 100 anni, e dell'intera provincia di Reggio Calabria, città che lo ha visto anche segretario della Regione Calabria. Indelebile sarà il suo ricordo a tutti noi, e tutta la sua famiglia! (Mario Leone - Amministratore dei gruppi “Ricordi” e “Casacara” (Casignana, Sant’Agata e Caraffa)”

“Non Potevo non piangere per la scomparsa di un grande personaggio come il segretario Don Melo Naim, mio grande amico e di mio Padre Stefanuzzo Pedullà. Prego il Buon Dio di accoglierlo nelle sue braccia come ringraziamento del bene che ha fatto a tutti i nostri paesani di Caraffa, Sant'Agata e Casignana. Non posso dimenticare durante l'alluvione del 1951 quando son caduti i ponti della ferrovia dello stato e dei fiumi La Verde e Bonamico isolando tutti i paesi dell'entroterra Jonica. È riuscito ad attraversare a piedi i ponti in piena per raggiungere i microfoni della Rai comunicando il terribile disastro, tutti i paesi come Bianco, Casignana, Caraffa del Bianco, Sant'Agata, Samo, e relative frazioni, rimaste senza collegamenti col resto del mondo. Senza elettricità, senza acqua, e senza prodotti alimentari, anche mio padre collaborò con tutti i nostri paesani; a chi avesse avuto bisogno dava dei sacchetti di farina per fare la pasta. In quell'epoca noi avevamo il Mulino. Don Melo parlava in continuazione ai microfoni della Rai dai locali dalla Prefettura di Reggio Calabria da dove è riuscito a raggiungere un po' a piedi e un po' a passaggi; non poteva lasciare la Sua gente in pericolo, era un grande personaggio politico e responsabile. Di questi ricordi potrei parlare fino a

Il ricordo di Vincenzo Parrelli

La tua immortale dolcezza, renderà meno penoso il tempo senza di te Sono passati 30 giorni dalla tua scomparsa, ma tanto delle nostre giornate ci parla di te. Dettagli di momenti sereni che ci hai regalato, espressioni premurose con le quali proteggevi parenti amici, ci aiutano a conservare ogni cosa del tuo essere stato tra noi. In un tempo fatto di protagonismo precario e spettacolare, sei stato testimone autentico e generoso di lealtà, amicizia sincera e profonda solidarietà; nella vita come nel lavoro. Non hai mai mediato per cercare convenienze o interessi, onorando, così, ciò che ti consegnò in eredità tuo padre e nonno Paolo. Ed è ciò che hai lasciato a Fabrizio ed Andrea. La tua immortale dolcezza, aiuterà a rendere meno penoso il tempo che ci separerà dall’incontro definitivo, sarà viatico necessario per continuare il nostro dialogo, sarà linfa positiva per chi su questa terra spera e si dispera… per chi se ne va e per chi ancora qualche tempo, rimane. P.

Il “Vate di Nicotera”, Pino Neri, non è più con noi.

Ci ha lasciato l’incanto della parola, della suggestione spirituale, dell’Arte, del sapere da ricercare attraverso lo studio; la comprensione, l’evoluzione - anche drammatica- di noi individui. Egli diceva che tutte le comunità si evolvono solo quando qualcuno ci dà sicurezza e protezione. Nel mio ricordo Pino Neri è stato il primo a darmi questa sicurezza, attraverso insegnamenti che andavano al di là del nozionismo, e che erano sincera elevazione dello spirito. Pino sosteneva che l’evoluzione delle comunità non può essere raggiunta dai singoli per sé stessi, ma

dall’intero tessuto sociale, per tutti. In questo moto culturale, pacifico e realmente rivoluzionario, ognuno aveva il compito di fare la sua parte. Non sono stata la sola a beneficiare di questo prezioso insegnamento: Pino era un punto focale per la società di Nicotera, soprattutto per i giovani, che come degli assetati di sapere, si abbeveravano delle sue parole. I colleghi ne avevano una stima sconfinata e i suoi alunni, ormai adulti, uomini e donne nel pieno delle loro forze, lo pensano come un Maestro di vita più che di conoscenza. Pino era mio cugino, e io lo ricordo da ragazza. Lui, col sorriso sulle labbra. Il tempo, vicino a lui, passava come un fischio o un turbine, perché ascoltarlo era un incanto, e si aveva l’impressione di essere in un eterno presente. Ricordo che raccoglievamo mirtilli su quella che chiamavamo “la strada della Maga”, e ne mangiavamo tanti da sporcarci mani e bocca di blu, e la zia Lina, detta “la Raimonda” ne faceva marmellate per tutti. Ricordo ancora in piazza Garibaldi, maledetta, la casa delle signorine Marani che a volte ospitavano Pino, le sorelle e tutte le nostre amiche per cene e feste, in cui eravamo giovani, inconsci del futuro e lieti del presente. I ricordi sopravvivono alle persone scomparse, e hanno anch’essi un linguaggio, a volte sublime, che ci stimola, ci rincuora, ci induce a pensare al futuro. Pino era così franco e così vero che anche la stessa Libertà si stupiva. Antonia Capria Zitara

Lo stesso Mario Leone, da tantissimi anni in Australia, lo ricorda ancora così: “Casignana ha perso uno dei suoi professionisti più illustri, nato da Giuseppe Michele Naim, a lungo sindaco di Casignana negli anni 50 e 60, ed Antonietta Nicita, il 1 ottobre del 1923. Carmelo Naim lo ricordiamo con grande nostalgia, ma anche con immenso dolore, per la sua ilarità, la sua brillantezza, il suo modo di interagire sempre garbato, sempre scherzoso, a volte sostenuto, ma sempre rispettoso verso tutti, e delle regole del vivere civile, nonché la sua opera nel sociale, svolta con estrema perizia e abnegazione. Da giovanissimo, da poco diplomato, è stato insegnante elementare, e corrispondente della Gazzetta del Sud. Poi sempre segretario comunale, ma impegnatissimo in politica e nella vita amministrativa in favore del suo Paese, per il quale se necessario sapeva battere i pugni nella lontana Reggio e anche a Roma, dove faceva valere le sue amicizie. Nel 1957 sposa Enza Martelli da Brancaleone una signora dal cuore grande e di grande bellezza ed eleganza, bravissima insegnante elementare a Casignana, mia indimenticata maestra. Grande l’opera svolta da Don Melo e dalla Signora Enza quali responsabili della Croce Rossa negli anni 60, per il bene della comunità tutta”. Ero piccolo, ma ricordo bene quanto combatteva per avere l'ambulanza in paese, che in quegli anni, e per oltre 30 anni è stata davvero di aiuto verso tutti gli ammalati della zona. E poi i pacchi regali che ogni anno sotto il Natale riusciva a farsi dare per i casignanesi, li distribuivano all'intero paese e a quasi tutte le famiglie per la gioia di piccoli e grandi. Bisognerebbe chiedere nei nostri gruppi su Facebook, quanti di noi ricordano, il pallone, le magliette le scarpe, il panettone. Il Natale lo aspettavamo apposta. E poi era nota la sua generosità spontanea e con tutti, ricordo che non negava mai “un passaggio”, quando rientrava con la macchina da San Luca o altrove dove prestava servizio quale segretario… e sono le piccole cose per le quali gli volevamo tutti bene, al di là di tutte le appartenenze politiche. Ciao Don Melo… con te se ne va un altro pezzo di Storia dei nostri Paesini. Vito Antonio Crinò, Sindaco di Casignana


22 LUGLIO - 12

R

intervista

CARMEN INGRATI:

"Solo una cosa non avevamo messo in conto: il successo!"

Il Progetto META ha avuto un’eco nazionale: è stato scelto da Italive per concorrere al premio patrocinato dal MIBACT come migliore evento estivo d’Italia.

SIDERNO

Si è conclusa la prima edizione del progetto META che dal 23 giugno al 15 luglio ha animato Roccella con una serie di originali iniziative.

www.larivieraonline.com

na manifestazione insolita in posti suggestivi che ha inaugurato come si deve l’estate della Locride, regalando a grandi e bambini sano divertimento e straordinarie emozioni. Il progetto META ha animato il maestoso Porto delle Grazie e le strade e le piazze di Roccella con una serie di iniziative in cui si è cercato, riuscendoci magistralmente, di coniugare musica, enogastronomia, tradizioni e arte. Il merito del successo è dell’amministrazione comunale di Roccella ma anche dei diversi partners con cui si è lavorato in stretta e proficua sinergia, tra questi la Pigreco Comunication srl che ne ha curato la campagna pubblicitaria finanziata dai Main Sponsor. Abbiamo intervistato Carmen Ingrati, consigliere comunale con delega al Turismo. Cosa del progetto META Roccella ha funzionato e cosa non era stato messo in conto dagli organizzatori? Del META Roccella ha funzionato proprio tutto. Dall’idea di sviluppo sociale, territoriale, culturale e turistica, alla scelta dello specifico target di bambini e famiglie; dal periodo di riferimento del META, ai partners della comunicazione che hanno messo in campo tutti gli strumenti per promuovere efficacemente il pacchetto META. Dalla professionalità della squadra META che ha garantito tutte le iniziative messe in campo, alle ottime promozioni turistiche, commerciali e gastronomiche offerte dai nostri operatori turistici e dagli imprenditori locali. META Roccella ha funzionato perché ognuno ha tenuto fede all’impegno preso: commer-

U

I commercianti applicano il nuovo orario estivo in concomitanza con la Festa del Gelato

cianti, ristoratori, operatori turistici, partners, si sono aiutati l’un l’altro, facendo rete e lavorando sodo. In conto non era stato messo il SUCCESSO. Le presenze turistiche sono state al di fuori delle migliori aspettative, con punte straordinarie durante le iniziative “VaInPorto” del 29 e 30 Giugno e del concerto della PFM l’8 luglio. Come il territorio ha accolto un’iniziativa così insolita? Il territorio ha accolto molto bene questo nuovo modello turistico, un prodotto al 100% MADE IN CALABRIA. Il nostro è un territorio che grida al cambiamento. Un territorio che parla di META Riviera dei Gelsomini. Un territorio che vuole essere scoperto e si vuole raccontare soprattutto per le sue bellezze e tradizioni. Gli obiettivi che l’organizzazione si era proposta sono stati raggiunti? Gli obiettivi sono stati raggiunti e superati. Se non si ha il coraggio di osare non si può puntare in alto. Per fortuna l’estate a Roccella è iniziata l’ultima settimana di giugno e quest’anno non si è assolutamente avvertito quel leggero calo di presenze che succedeva dopo la festa della Madonna delle Grazie. In realtà a Roccella è tuttora piena di turisti principalmente stranieri. Si sta già pensando a una seconda edizione? Cosa ci riserverà? In realtà si sta pensando alle future 10 edizioni di META. Ma affinchè si possa continuare a ragionare con lungimiranza e sempre in grande è opportuno ricevere la fiducia. È evidente che la strada da percorrere è quella giusta considerando che ricorrono tutte le condizioni per raggiungere la META tanto sognata, ovvero vivere di turismo almeno 6 mesi l’anno.

Dopo essersi attivata per cercare di dare impulso all’economia della nostra città, l’Associazione Commercianti Sidernesi è finalmente pronta a far applicare alle attività commerciali dei suoi associati il nuovo orario d’apertura estivo, varato in seguito alla diffusione di un sondaggio che ha ottenuto largo consenso tra gli esercenti. A partire da venerdì 27 luglio, dunque, i negozi che affacciano sul corso della Repubblica resteranno aperti dalle ore 18:00 alle ore 24:00 e saranno lanciate numerose iniziative che garantiranno agli amanti dello shopping di poter scegliere il modo migliore di svagarsi. Prima di queste iniziative ci sarà la “Festa del Gelato” che venerdì permetterà ai partecipanti all’iniziativa di poter gustare i gelati delle migliori gelaterie di Siderno al prezzo eccezionale di 1 €!

L’Associazione Commercianti Sidernesi è finalmente pronta a far applicare alle attività dei suoi associati il nuovo orario d’apertura estivo in concomitanza con la Festa del Gelato


Redazionale

www.larivieraonline.com

Al via il Festival del Teatro Classico di Portigliola!

L’Amministrazione Comunale di Portigliola ha scelto Elisabetta Pozzi e la sua straordinaria “Cassandra - o del tempo divorato” per inaugurare, questa sera alle ore 21:15, la nuova stagione del “Festival di Teatro Classico di Locri Epizefiri”. La manifestazione, ideata e curata dal Comune di Portigliola con la collaborazione del Polo Museale della Calabria - Parco archeologico di Locri Epizefiri, avrà anche quest’anno come scenario il suggestivo Teatro Greco Romano di Portigliola e sarà affidata alla direzione artistica di Edoardo Siravo e Marco Silani. “Cassandra” di Elisabetta Pozzi è uno spettacolo che racconta, con le parole della tragedia attica del V secolo a.C. contaminate dai testi di autori contemporanei, la storia dell’inascoltata veggente stuprata nel tempio di Atena e poi assassinata. Lo spettacolo procederà attraverso un collage di testi di autori classici come Eschilo, Euripide, Omero e Seneca, ma anche i moder-

ni Christa Wolf, Wislawa Szymborska, Jean Baudrillard, T.S. Eliott e Ghiannis Ritsos, ricordati e assemblati da una Cassandra in grado di scorgere il futuro fino ai giorni nostri. Il Festival del Teatro Classico continuerà dunque con “L’Iliade” di Alessandro Baricco, una rilettura del capolavoro epico che esclude gli dei dalla narrazione dando alla vicenda un taglio nuovo e per certi versi sorprendente. Blas Roca Rey e Monica Rogledi - con l'accompagnamento musicale di Pino Cangialosi (piano), Fabio Battistelli (clarinetto) e Marzuk Mejri (voce e percussioni) le cui sinfonie avvolgeranno lo spettacolo in un’atmosfera dal sapore mediorientale - conducono lo spettatore in un viaggio che attraversa una storia commovente e avvincente, raccontata in modo inedito. La settimana prossima, lunedì 6 agosto, sarà invece la volta di “Gli Uccelli -

Nubicuculia, la città impossibile”, adattamento dell’omonima commedia antica di Aristofane in cui due ateniesi lasciano la loro città per andare in cerca di un luogo senza seccature per scoprire una città che costituisce un grande sogno utopico, un doppio del mondo reale presso il quale vivranno avventure buffonesche e ridicole che costituiranno uno sgangherato varietà dove ad avere la meglio sarà il più furbo, con il quale il commediografo Aristofane ha voluto denunciare la banalità del male, la fragilità delle società che si lasciano capeggiare dalla bramosia di individui frustrati e prepotenti che un poco di coraggio potrebbe scalzare con facilità. Il programma della kermesse si dipanerà attraverso molte altre straordinarie rappresentazioni pronte ad arricchire il cartellone estivo e a regalarci tantissime emozioni!


22 LUGLIO - 14

R

rubriche www.larivieraonline.com

CALABRESE PER CASO

Se l’estate ci ricorda chi siamo, o cosa dovremmo essere

on sfuggirà a molti la figura di George Robert Gissing che nel suo By The Ionian Sea pubblicato nel 1897 affidava ad una riflessione il sentimento di profonda ammirazione per uno spettacolo che noi dimentichiamo spesso, presi come siamo dai nostri pensieri su come e in che modo sbarcare il lunario, o su come e in che termini assumere la difesa di una identità alla quale abbiamo già rinunciato ma non lo vogliamo ammettere. Divisi tra sudisti e antinordisti, i nuovi movimenti meridionalisti, pur partendo da presupposti condivisibili, giungono poi all’epilogo della facile commiserazione. Troppo occupati nella ricerca senza tempo della altrui colpa quasi a voler annegare nell’alibi del vittimismo ciò che non si vuol vedere – si sorvola sulla causa di tutto: la nostra mancanza di identità. Eppure una identità qualcuno in passato ce l’aveva riconosciuta. Gissing, ad esempio, capì ed interpretò bene lo spazio nel quale era giunto. Nello scrivere “…Allorchè fui sul punto di dare l’ultimo sguardo verso il Mar Ionio, avrei desiderato peregrinare all’infinito nel silenzio del mondo antico, scordandomi del presente e di ogni suo rumore…” egli si elevava dal ricatto del quotidiano per assumere - quasi fosse pervaso da un potere di eternità onirica tipica degli scrittori postromantici anglosassoni - su di sè l’identità di una comunità, di un luogo, di una atmosfera. Ecco allora che scopre una terra, un luogo. Il senso di identità di Gissing non è il frutto della ipocrisia della terra dimenticata, della terra della povertà o della terra derelitta. Essa è il risultato di una volontà di riconoscere una identità abbandonandosi alla diversità dei luoghi e delle

N

persone, all’originalità di un quotidiano cadenzato dalle stagioni e dal clima, dalle tradizioni popolari. Ovvero, un’identità che si abbandona al tempo, nello spazio diviso tra le contraddizioni storiche di una regione sfruttata dalle incapacità borboniche e conquistata dal razionalismo piemontese, ma che a lui sembrava non dominata negli animi e nei sentimenti. Eppure ciò che comprese Gissing non lo abbiamo mai compreso noi. Per anni. Per decenni. Adesso per un secolo. Ciò che non abbiamo mai voluto intimamente capire è che la terra di Calabria nel modificare un senso del vivere riporta l’uomo alle ragioni della propria esistenza e delle proprie capacità. E, questo è, o dovrebbe essere un sentimento comune, una percezione di se stessi dalla quale non si sono affrancati i visitatori di ieri e di oggi, che accomuna il passato e il presente in chi si avventurava nelle terre del Sud. Oggi, Gissing e altri nonostante, tra movimenti meridionalisti legati al luogo comune del sottosviluppo o troppo occupati a dimostrare che la dominazione borbonica nella sua improduttiva amministrazione fosse meglio dell’occupazione piemontese, gli intellettuali passionari dimenticano che artisti e scrittori anglosassoni, nell’Ottocento romantico, si affidavano al Mezzogiorno per guardare, Si!, ad un’Italia imperfetta, ma anche a una esperienza storica capace nella sua imperfezione di offrire un’effervescenza di colori, di passioni e di emozioni che potessero stimolarne l’estro e far crescere i loro animi in un confronto con una realtà di vita genuinamente forte, priva delle conquiste del progresso magari, ma ispirata a rinnovare ogni animo con la propria forza di volontà affidandosi all’umiltà dell’adattamento. Ci siamo così dimenticati che la Calabria alla fine, al

di là della criminalizzazione utile per ogni copertina, è terra devotamente leale, accettata e odiata forse, ma che si pone a metà strada di una storia millenaria di civiltà perdute. Civiltà ora affiorate dalla sabbia, ora testimoniate dai resti di antichi castelli che languono nell’abbandono irresponsabile o dalla sontuosità di quelle cattedrali della Fede delle origini, come nei riti di un cristianesimo popolare, a cui dovrebbe seguire una fede laica nel saper fare. Pervasa nell’oscurantismo seicentesco di una storia ingenerosa, faticosamente ritrovata nella miopia postunitaria, la Calabria vive, ancora oggi, la propria identità divisa tra il senso di un’italica appartenenza e la consapevolezza di essere un laboratorio storico multietnico per eccellenza. Ed ecco, allora, in risposta a chi ancora una volta gioca la carta del piangere sulle colpe altrui per affermare una colpa di Roma, che forse è utile ricordare che la Calabria, come il resto del Sud, non è altro che espressione di un’identità chiusasi nella sua subordinazione al fascino neofeudale del potere politico. Un fascino dal quale è urgente affrancarsi senza alibi, aprendo un confronto sulla volontà di condividere i destini tra uomini. Aprendo a un umanesimo che non è solo umanitarismo politicamente corretto, ma un umanesimo semplice mai dimenticato nella storia di un’Italia sperata, ritrovata, forse non ancora così generosa con il suo Sud. Una volontà di condividere gioie e dolori senza scuse per non giustificare nella marginalità di una frontiera di un Occidente, oggi sempre più mediterraneo, quell’abbandono di quell’identità vera, onesta di una terra i cui responsabili alla fine saremmo ancora una volta solo e soltanto noi. Giuseppe Romeo

L’opinione

Fuor di retorica Mentre un sindaco della Locride del PD rilascia un’intervista nella quale si dichiara sconfitto (mafia imbattibile, burocrazia ostile, governo, del suo stesso colore, distante), i suoi diretti superiori di partito dicono che hanno cambiato il mondo. Come sempre gli elettori rilasceranno i certificati richiesti. Dobbiamo credere alle verità, fare qualcosa di concreto per il destino degli altri. Le parti politiche si scontrano, ma almeno ne escano risultati per i cittadini. Nella Locride quanto lavoro sommerso o sottopagato c’è? Quali diritti costituzionali si esercitano? A quali modelli culturali ed esperienze amministrative si fa riferimento? La commemorazione di Sisino Zito ha riproposto questa domanda, lo stesso intervento di Claudio Signorile a Cinquefrondi sul Mezzogiorno e le diseguaglianze ci hanno inchiodato sull’argomento. Il PD in questi anni ha “stretto le mani ai fianchi” praticamente di tutti i comuni e gli enti della Locride, e adesso perderà le elezioni regionali dopo aver perso quelle politiche. Non ci viene data una realtà migliore e bisognerà riprovare con quelli dell’altro campo. Ma ci vuole un’offerta completamente nuova, non solo politica, pure dei soggetti e delle rappresentanze. Dibattito e democrazia non vanno evitati, deve prevalere sem-

pre il principio di maggioranza, ma le minoranze vanno tutelate. Certo, contano i provvedimenti, non il pensiero, diciamo meglio che il pensiero prepara i fatti. Salvini e Di Maio se lo sentono dire ogni giorno. Il Presidente del Consiglio si prende battute peggiori “Ronaldo è arrivato, ha fatto le visite e si è messo in ferie. Più o meno come Conte”. La sinistra parla di se stessa (come quel sindaco), Salvini e Di Maio hanno argomenti mediatici e li sfruttano. Se hai una persona che non ragiona come dovrebbe è una -diceva grosso modo Longanesi - , se sono in due a farlo sono due, ma se sono diecimila non puoi non lasciarli fare. La maggioranza di governo, populista o comunque si voglia chiamarla, ha il diritto di governare. Ha potuto farlo perché gli anni di governo del PD sono stati infruttuosi per i cittadini. P.S. Ho chiesto a un dirigente della Locride di Forza Italia perché non sono più attivi come partito. Mi ha risposto che sono stati nominati il coordinatore provinciale, due reggini vice coordinatori regionali (e siamo arrivati a cinque) e un giovane andrà in un Dipartimento nazionale. Capito, per loro questi sono i problemi. Franco Crinò


GIUDIZIARIA

L'interesse della 'ndrangheta per il mondo sanitario

CONVERSANDO

“Scilla IGT”: Il vino nella terra dei mostri marini e delle sirene E mentre Cariddi inghiotte e rigetta tre volte al giorno l'acqua del mare creando dei vortici monumentali, Scilla attenta alla vita dei naviganti con le sue sei teste cercando di ghermirli, caratteristici vigneti a terrazzo dominano gli scogli delle Sirene e dell'antico castello dei Ruffo. Così pittoresca e affascinante, la cittadina dei vini ad IGT “Scilla” rossi e rosati, come un'aquila, discende dal promontorio verso le baie Chianalea e Marina Grande formando declivi intrisi di bellezza e plasmati per dar spazio a questi suggestivi vigneti incastonati tra il mare e le montagne. Anche in questo caso, non é fuori luogo parlare di viticoltura eroica compiuta in un paesaggio sagomato da filari di Prunesta, Malvasia Nera, Nerello, Gaglioppo e Nocera, che si affacciano sullo stretto e dai quali si ricavano vini con una marcata identità territoriale. Servito preferibilmente fresco, il rosso, profondamente rubicondo, si esibisce nel calice in maniera decisa e vigorosa sfoggiando provocanti riflessi violacei. Un attacco determinato, pungente, vinoso e alcolico al naso, con sottofondo di note salmastre. Si apre poi su intensi sentori di confettura di ciliegie con punte speziate e un bouquet fine e intenso di aromi floreali, viola e rosa. Sorso morbido, al limite dell'abboccato, dalla trama gustativa rotonda, tannini sferici e ritorni coerenti con la via diretta. Privo di armonia e complessità, lunghezza e profondità, si fa apprezzare per la particolarità di alcune suggestioni "marine", per la freschezza e la dinamicità della beva e per i fragranti aromi fruttati. Un sapiente prodotto che porta scritto nel suo patrimonio genetico una profonda vocazione vitivinicola. Un vino saporito e unico, dove la potenza del Gaglioppo gareggia con l'eleganza e la frutta del Nerello, conducendoci nell'incanto ammaliante e dolce dei canti delle omeriche sirene. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Piru curtu o pedi curti FACCI RUSSA PIRUS COMMUNIS L. FAM. ROSACEE

I peri nella cultura contadina avevano un ruolo molto importante e i loro frutti scandivano anche alcune attività agricole, con i prodotti freschi o essiccati. Nello stesso tempo essi caratterizzavano anche il comportamento dei ragazzi che erano forgiati nella loro umanità dalle stagioni dell’anno. Il periodo che attirava maggiormente l’attenzione di essi era quello delle prime due decadi di giugno che offriva ai bambini e ai ragazzi, i piccoli frutti di alcune varietà di peri veramente speciali; Maiatichi, Garofalo e Cannella, Moscatelli, che rappresentavano in abbondanza il preludio alla bella stagione. Ed essi si organizzavano per dare la caccia in gruppi talvolta selezionati per rioni e per fasce di età, anche se i più piccoli erano adottati e protetti sempre da quelli più grandi, che li accompagnavano nel percorso di vita talvolta per anni, anche nell’apprendimento di vari tipi di giochi. Naturalmente ogni stagione era adatta ai giochi che non erano mai uguali, ma diversi per i vari periodi dell’anno per cui il periodo tardo autunnale e invernale era caratterizzato dal gioco dei birilli, intervallato anche dalle gare di corsa e lotta con regole precise e mai trasgredite. Ad esempio, nella lotta i corpi dei bambini e dei ragazzi si avvinghiavano, ma le braccia e le mani non potevano mai andare sotto la cintola e un competitore era vinto quando le sue spalle erano completamente aderenti al suolo. D’inverno venivano curati giochi selvaggi e selezionanti in cui si cimentavano i ragazzi più forti, mentre in primavera cominciavano il gioco al Nascondino e quello affascinantissimo della Disfida e delle Guardie e Ladri, che si prolungavano per tutta l’estate. In primavera avanzata si andava a caccia di nidi di gazze, cornacchie, gheppi, gufi, assioli, barbagianni, addirittura corvi, i cui piccoli venivano allevati d’estate con grilli a cui si dava la caccia nelle stoppie con verghe di oleastro ed infilzati in steli di orzo selvatico oppure con lucertole, catturate con cappi di avena o uccise con le fionde. L’addomesticamento riusciva però solo con le gazze, cornacchie e corvi e addirittura le cornacchie e i corvi riuscivano talvolta ad articolare qualche parola facile: le cornacchie la parola cata e i corvi la parola acqua; alle prime veniva dato il nome Ada, ai secondi quello di Rocco, mentre ai gheppi (jizzi) quello di Nino. D’estate poi si andava alla ricerca di stagni o vasche d’irrigazione o fiumare nei paesi collinari, per fare i bagni e i grandicelli vigilavano sui più

I BRIGANTI

Porci e figghioli, comu i ‘mpari i trovi (seconda parte)

piccoli. Alle prime acque si andava alla ricerca di creta per confezionare le bombe di fango, grosse poco meno di un pugno di adulto, vuote all’interno, ma riempite d’acqua e venivano sbattute con violenza sui muri delle case. Verso la metà di ottobre cominciava il gioco delle nocciole che durava fino all’Epifania e veniva articolato in modi diversissimi e divertenti, secondo l’uso dei paesi. I ragazzi facevano molta attenzione ai matrimoni e anche se non erano invitati, aspettavano fuori delle chiese l’uscita degli sposi, perché lungo il tragitto fino a casa ad essi venivano buttati in aria, confetti, dolcetti e talvolta monetine, che ricadendo a terra producevano divertenti parapiglia tra i ragazzi stessi. La sera c’era la conclusione di tali eventi in quanto i ragazzi più screanzati andavano a origliare alle porte e alle finestre degli sposi e ciò stranamente era consentito in alcuni paesi dell’Aspromonte centrale. Ritornando al discorso delle pere, la fine della primavera coincideva con la cessazione della produzione delle pere piccole e preziosissime a cui davano la caccia i bambini e i ragazzi: Maiatiche, Garofano e Cannella, Moscatelle ecc. A partire dal 15 di giugno fino alla fine, essi ricercavano i fioroni (gotti) della varietà Mulingiana o Schiavi, Dottato, Bifari, Buffarichi ecc, che erano deliziosi e riprendevano con le pere quando essi terminavano nei primissimi giorni di luglio, periodo in cui cominciavano a maturare le Pere Maluni o Conte, le Angeliche e le Pere Pedi Curti Facci Janca. Tutte le varietà maturate a giugno erano immuni dall’attacco della mosca della frutta, quasi immuni le varietà Maluni o Conte e le Angeliche che maturavano nella prima quindicina di luglio, mentre completamente immuni risultavano le pere Pedi Curti facci Janca che maturavano pure esse nella prima quindicina di luglio. Nella seconda quindicina di luglio cominciavano a maturare le Pere Pedi Curti Facci Russa, chiamati così in quanto erano pervasi di un leggero colore di rosso nella parte che offrivano al sole. Le pere non venivano attaccate assolutamente dalla mosca della frutta, erano piccole dal diametro di 2x2,5 cm di lunghezza, la loro polpa candida risultava compatta, ma non croccante, mentre la caratteristica che dava il nome al frutto, era costituita dal peduncolo che si aggirava attorno al centimetro di lunghezza, da cui il nome: Pedi Curti o Piru Curtu. Di tale varietà esiste un solo esemplare conosciuto, pericolosamente vicino a sterpaglie. Orlando Sculli

17 luglio 2018. Ore 9:00. Mi trovo sulla spiaggia con figli e nipoti, tutti sotto i 13 anni tranne io (ovviamente). Ci sistemiamo vicino a un gruppetto di giovani che sono senza ombrellone, perchè è una giornata assai ventosa ed ho paura che qualcuno si stacchi e ci colpisca dritto in testa com’è già successo a Siderno. Gli schiamazzi in acqua sono sempre ben accetti, specie quando vedi ragazzi divertirsi tutti insieme. -Bella cosa- penso. Dall’accento si capisce che sono milanesi, nessuno supera i 20 anni. Beata giovinezza!- Fantastico tra me e me. Non sono passati neanche 3 minuti che rimpiango amaramente la scelta fatta. Sento urlare a voce piena parole, anzi parolacce, degne delle peggiori bettole, del calibro di: “caxxo fai? Sei uno strxxxo! Fatti i caxxi tuoi, e Dio cxx, e Dio bxxx, -ma soprattutto- orco Dxx!!”, ripetute e ripetute per tutto il tempo... Tempo speso malissimo quello, con me a cercare di parlare forte per tentare di coprire quelle voci scurrili, lanciando contemporaneamente occhiatacce dirette, che non arrivavano però ai destinata-

Sugli sviluppi investigativi di una più ampia indagine avviata fin dal 2006 relativa al radicamento in Lombardia degli appartenenti all'associazione mafiosa denominata 'ndrangheta - indagine che ha già avuto molteplici conferme giurisdizionali – sono emerse delle articolate e approfondite indagini il cui esito riguarda un aspetto peculiare della attività dell’associazione criminosa ossia la penetrazione di una costola criminale delle famiglie calabresi operante nel nord Italia nel settore della sanità. L'interesse per il mondo sanitario da parte della 'ndrangheta è un fatto ampiamente attestato dalle indagini condotte dalla DDA di Milano: C.C., direttore sanitario della ASL di Pavia, è stato definitivamente condannato per concorso esterno in associazione mafiosa; G.V., di professione medico, è stato definitivamente condannato per associazione di tipo mafioso; P.P. direttore generale della ASL di Milano, è emerso come soggetto in contatto con soggetti condannati per associazione di tipo mafioso. In questo contesto si ricorda che nel settembre 2008, dopo un periodo di latitanza, venne tratto in arresto P.F., personaggio di grande spicco nel panorama 'ndranghetistico, ricercato in quanto coinvolto nella cosiddetta “Faida di San Luca”. Il ricercato venne individuato dai Carabinieri del Ros di Milano mentre si trovava ricoverato, sotto falso nome, presso una Clinica di Pavia (nella documentazione falsa relativa al ricovero, l'infermità di P.F. rimasto paraplegico in esito ad uno scontro a fuoco - era invece ascritta alle lesioni riportate in un incidente stradale); le indagini svolte non misero in luce le coperture di cui il ricercato aveva goduto all'interno della struttura sanitaria pavese, ma G.Q., primario di un Policlinico del reggino, era in stretto contatto con un boss di Reggio Calabria condannato nei due gradi di giudizio per corruzione e associazione di tipo mafioso, il quale ne aveva sollecitato la nomina come perito ad un magistrato definitivamente condannato per corruzione aggravata ex art. 7 d.l. 152/1991. L’interesse della 'ndrangheta per il mondo sanitario è del resto facilmente spiegabile laddove si consideri in primo luogo che la sanità è un punto di snodo importantissimo per distribuire in maniera discrezionale favori che attengono ai bisogni essenziali della persona (visite mediche ed esami gratuiti, posti letto in strutture ospedali ere violando graduatorie sono tutti servizi tenuti ovviamente in alta considerazione da una comunità locale), ma anche, come dimostra la vicenda di F.P., per ottenere coperture e ricoveri anche di soggetti in stato di latitanza, ed in secondo luogo il fatto che le professioni mediche sono un canale di accesso privilegiato al mondo della politica, grazie alla rete relazionale che questa professione riesce a costruire e per gli ingenti interessi economici presenti nella sanità. Nel corso degli anni un’altra indagine sui rapporti di soggetti ritenuti vicini a clan della Locride, in particolare, di San Luca, è ritornata prepotentemente a sviscerare gli interessi nel settore della sanità lombarda di elementi di origine calabrese che avrebbero investito denaro di non chiara provenienza nell’acquisto di strutture lombarde acquistate nel corso del tempo e riconducibili ad un vero e proprio sistema di partecipazione, a volte occulta, in una serie di farmacie e depositi di medicinali. In altra vicenda si è persino giunti ad ipotizzare un giro vorticoso di false ricette o, addirittura, di vendita di medicinali in maniera occulta, destinati persino a soggetti ritenuti riconducibili a frange di estremisti islamici.

ri. -La finiranno prima o poi!- Mi dico. Ma non la finiscono. Poi la goccia che fa traboccare il mio già colmissimo vaso: “passami la siga (che in italiano vuol dire sigaretta, ma i milanesi, si sa, amano risparmiare sillabe...) che me la fumo in acqua”. Coooosa? Ho sentito bene? E allora non ho potuto evitare il mio: “ragazzi non sporcate il mare con le vostre sigarette!” Al che uno di quelli si fa piccolo piccolo e mi dice “no, no, certo che no”. Beh, mi piacerebbe sapere cosa avrebbero fatto se nessuno gli avesse detto niente. I giovani! Ah quante cose potrei aggiungere ancora? I giovani milanesi! Oppure: I giovani milanesi che fanno parte di quel turismo “di ritorno”, ovvero parenti di seconda e terza generazione che vengono qui a scrocco credendo di poter fare i porci comodi loro, perchè loro sono i super milanesi e noi altri i poveri mortali. Ecco, questo è un tipico esempio di turismo che non ci serve affatto! Anzi, è proprio mortificante: e chi li vuole dei parenti così zozzoni? Brigantessa Serena Iannopollo


R 22 LUGLIO - 16

attualità

www.larivieraonline.com

Umberto Bossi, ex leader della Lega Nord, durante la sua non-presenza a Pontida, ha dichiarato che le regioni del Sud non riescono a pagarsi la propria sanità che va a pesare sulle spalle del Nord. A noi non risulta...

Sanità: Se questo è essere mantenuti dal Nord!

La Lega Nord, con la sua “devolution” si è preparata il lettuccio per benino, mettendo in funzione un circolo virtuoso (per loro), vizioso (per noi), per il quale le aziende ospedaliere sono considerate come attività economiche tout court: se non lavori non mangi.

«Guardi, ho visto solo un sacco di gente interessata ad essere mantenuta. Parliamoci chiaro: non c’è una Regione del Sud che riesca a pagarsi la propria sanità. Cosa si vuole, che si continui a caricarla addosso alle regioni settentrionali?». Questo è quanto ha detto Umberto Bossi, ex leader della Lega Nord, durante la sua non-presenza a Pontida, un raduno affollatissimo come non mai, durante il quale la sua assenza ha brillato agli occhi di tutti, accampando la scusa di un mal di schiena dopo essere stato lasciato nelle retrovie l’anno scorso. Il falso mito delle regioni meridionali mantenute in tutto e per tutto da quelle settentrionali è duro a morire, di certo nessuno di noi ne vedrà la fine, e se tutto andrà nel migliore dei modi possibili, l’argomento diverrà trattazione per qual-

che storico chiamato a illustrare per qualche minuto il subcolonialismo italiano in trasmissioni analoghe al Superquark di oggi. Un po’ come ci è stato spiegato che la Rivoluzione Francese non nacque da alti ideali o dallo scandalo della collana, ma dal corso forzoso imposto da Luigi XVI. Di questo, a noi cresciuti alla meglio con Diderot, alla peggio con Lady Oscar, che ce frega? Come non fregherà nulla a quelli che verranno dopo. “Ah, ma le regioni dell’Italia meridionale sono state sfruttate dal 1861 in poi? #esticazzi!”. Bossi mente sapendo di mentire, e ci riesce bene, tanto che ha convinto molti meridionali a votare lui e il suo amico Salvini. Che l’Italia sia un treno in corsa verso l’autodistruzione è

ormai palese, ciò che sorprende è la totale inerzia delle persone, che dovrebbero riunirsi e chiedere con maggiore energia i propri diritti. Oggi vediamo le immagini del Venezuela alla fame senza renderci conto che i prossimi saremo noi. Anatema su tutti i meridionali che hanno coscienza di ciò che si sarebbe dovuto fare negli scorsi quindici anni e non hanno voluto farlo per pigrizia o convenienza personale! Dopo le invasioni orwelliane dei social nelle nostre menti, tocca recuperare un po’ di logica e senso comune. Per rendersi conto nel volgere di venti minuti di quanto infamanti e false siano le parole di Umberto Bossi, basta andare a fare un po’ di fila dal medico. Se state bene meglio per voi, fatevi fare una ricetta per un antibiotico che non vi serve, e ascoltate cosa dice la gente seduta. Ogni persona in fila in uno studio medico vi potrà raccontare di essere stata almeno una volta fuori dalla Calabria, da Roma in su, per curarsi. E intendo tutte. Il cento per cento della gente in fila. Saronno, Firenze, Torino, Milano, Genova, Bologna. “Viaggi della salute” li chiamano. Mettendo le cose una dietro l’altra, dietro la prescrizione viene un ricovero, che sia un day hospital o di mesi, anni, non si sa. Più spesso una permanenza si tratta di una o due settimane ogni tot. Quindi un viaggio, una permanenza di altre persone, albergo, biglietti del tram, panini, caffè, medicine, e qualsiasi cosa serva, dal WC Net per pulire la tazza del water fino a farmaci costosi. Tutta questa spesa è per la maggior parte addossata sulle spalle delle famiglie, mentre le regioni del Sud devono rimborsare il prezzo del ricovero e dei farmaci alla regione “ospitante”. Se questo è “essere mantenuti!”. Ma non è tutto, eh no! Perché la brava signora Lega Nord, con la sua “devolution” si è preparata il lettuccio per benino, mettendo in funzione un circolo virtuoso (per loro), vizioso (per noi), per il quale le aziende ospedaliere sono considerate come attività economiche tout court: se non lavori non mangi. Quelle più povere, cioè le nostre, sono in grado di offrire pochi servizi, magari d’eccellenza, ma pochi. Poco personale, pochi posti per i ricoveri, meno terapie particolari, meno farmaci. È perfettamente normale che chi sa di avere qualcosa di più di un mal di schiena (vero o presunto), scelga di dirigersi altrove. Risultato? Meno incassi per le aziende ospedaliere già penalizzate, meno offerta sanitaria, più “viaggi della salute”, più rimborsi da parte delle regioni meridionali. Bossi, ma veramente pensi siamo tutti stupidi come quelli che ti hanno votato? Lidia Zitara



22 LUGLIO - 18

R

cultura www.larivieraonline.com

QUATTRO CHIACCHIERE CON “L’OBBIETTIVO”

Non cambieremo il futuro della Locride, ma il suo presente!

Li abbiamo visti negli ultimi mesi affaccendarsi nelle conferenze stampa, alle presentazioni dei libri e agli incontri culturali e oggi hanno accettato il nostro invito di parlare con noi del loro progetto e dei loro sogni.

Entrano in redazione in maniera ordinata, con la compostezza e il rispetto che di solito si riserva ai luoghi di culto, e ognuno di loro tende gentilmente la mano chiedendo il permesso di poter entrare. Sono dieci, giovanissimi, tutti studenti del liceo e costituiscono la redazione de “L’obbiettivo”, un giornale di attualità, cultura e società nato lo scorso anno nel nostro comprensorio e intenzionato a cambiare le carte in tavola del giornalismo locrideo. Li abbiamo visti negli ultimi mesi affaccendarsi dalle prime file delle conferenze stampa, delle presentazioni dei libri e degli incontri con politici, scrittori, attori e giornalisti e ci ha incuriosito l’ingenuo coraggio con il quale hanno scritto a Enrico Mentana quando, alcune settimane fa, ha annunciato la volontà di voler aprire un giornale fatto dai giovani. Hanno accettato il nostro invito a parlare del giornale e dei loro sogni di buon grado e, una volta preso posto attorno al nostro tavolo delle riunioni, l’unico abbastanza grande da poterli accogliere tutti, lasciano educatamente la parola a Luca Matteo Rodinò, che ha ideato il progetto e che ne cura quella che in una testata regolarmente registrata sarebbe chiamata “linea editoriale”. Come nasce “L’obbiettivo”? Il 9 aprile 2017 è la data in cui abbiamo pubblicato il nostro primo articolo, relativo alla visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Locri in occasione della Giornata in ricordo delle vit-

Il GAL Terre Locridee conclude il primo ciclo di workshop Con l’appuntamento di lunedì a Portigliola si è concluso il primo ciclo di workshop organizzato dal GAL “Terre Locridee”. Durante l’incontro di ieri si è parlato di Progetti di cooperazione transnazionale del PAL Gelsomini presso suggestivo Parco Archeologico di Locri Epizefiri. Notevole è stata l’affluenza di aziende agricole, professionisti del settore e semplici cittadini, che hanno assistito ai lavori aperti dal Presidente del GAL Francesco Macrì, dettosi soddisfatto da questo ciclo di incontri e complimentatosi con il sindaco Luglio per l’importante programma del Portigliola Teatro, ormai ai nastri di partenza. In seguito ai saluti del sindaco di Rocco Luglio, che ha ringraziato il GAL per la scelta di Portigliola e fatto un plauso all’iniziativa, l’unica ad aver parlato in tempi recenti di economia per la Locride, è stato dato spazio alla relazione del responsabile del PAL Guido Mignolli, cui sono seguite le considerazioni di altri importanti relatori. Dopo 11 appuntamenti giunge dunque al termine questo percorso portato avanti dalla struttura di Locri, un ciclo che legittima ancora di più il Gal “Terre Locridee” come unica agenzia di sviluppo del territorio della Locride grazie all’impegno a 360° dello staff di esperti composto dal direttore Guido Mignolli, Maria Elena Filippone, Rosario Vladimir Condarcuri e Francesco Commisso, sempre pronti ad affrontare studi e ricerche per elaborare al meglio tutti i progetti che possono aiutare il territorio e dare avvio al programma del PAL (Piano di Azione Locale) Gelsomini proprio attraverso questo programma di workshop svoltosi da aprile a luglio. Il programma itinerante ha visto la collaborazione di 9 comuni sede di altrettanti appuntamenti, oltre a 2 che si sono aggiun-

ti strada facendo, degli ordini provinciali di Architetti, Ingegneri, Commercialisti, Periti agrari e Agronomi e Geometri, oltre che la collaborazione dell’Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, presente con molti professori, e della Regione Calabria. Ricordiamo che il programma è iniziato a Gerace il 23 aprile, passando per Locri, Bianco, Monasterace, Gioiosa Ionica, Stilo, San Luca, Sant’Ilario dello Jonio, Siderno, Roccella Jonica e Portigliola. I temi trattati nei workshop sono stati: “Percorsi di ricerca e innovazione in agricoltura. I progetti presentati dal GAL Terre Locridee a valere sulla misura 16 del PSR Calabria 2014-2020”, “Il Rural Center della Locride. Laboratorio di partecipazione per l’innovazione e lo sviluppo locale”, “I Contratti di Fiume nel territorio della Locride”, “Percorsi di formazione professionale in agricoltura. Previsioni del PAL Gelsomini e programma delle attività”, “Verso il Piano di marketing del GAL Terre Locridee”, “Una strada per la Locride: Transumanze e sentieri. Rete di percorsi per la fruizione e il contrasto all'abbandono del territorio”, “Fattorie sociali, accoglienza rurale e servizi di agricoltura sociale”, “I progetti di cooperazione transnazionale del PAL Gelsomini. Il tesoro raccolto dal GAL con queste iniziative è rappresentato dai momenti di partecipazione, gli interventi delle aziende agricole che hanno portato a conoscenza dei problemi che incontrano giornalmente, gli interventi dei professionisti che hanno parlato di possibili idee di sviluppo del territorio, la collaborazione dell’Università e della Regione Calabria che hanno molto apprezzato questo sistema partecipativo avviato dal GAL “Terre Locridee”.

time di mafia. L’idea del giornale, tuttavia, è stata di un ragazzo con il quale ho lavorato a un giornalino scolastico e che, sapendo della mia passione per la scrittura, mi ha suggerito di realizzare un giornale della Locride. Da quel momento ci siamo informati su cosa servisse per poter aprire una testata e, scoperto che non potevamo depositarla in tribunale perché l’operazione deve essere effettuata da un pubblicista, e nessuno di noi lo è, abbiamo ripiegato su un blog che, inizialmente, ho scritto di mio pugno in linguaggio html, per poi ripiegare sulla piattaforma WordPress. Oggi la nostra “redazione” conta una quindicina di studenti che frequentano dalla terza media al primo anno di università, ma i primi a riunirsi per stabilire quale dovessero essere i contenuti del giornale, oltre al sottoscritto, sono stati Domenico Futia, Antonio Panetta, Francesco Pelle e Nicola Varacalli. Come mai la scelta singolare di chiamarlo “L’obbiettivo”, con due “b”? Sappiamo bene che la forma più corretta del termine è quella derivante dal latino, con una sola “b”, e ci piacerebbe dire che la scelta è stata fatta per distinguerci dalle altre testate online, ma la verità è che il nome “L’obiettivo” era già stato preso! (ridono) Quali sono gli obiettivi che vi prefiggete di raggiungere attraverso il giornale? Innanzitutto cercare di rendere accattivante l’informazione per i

nostri coetanei, mai così distanti dalla lettura come in questo periodo storico. Mi sono convinto a fondare la testata dopo essere rimasto scioccato dalle parole di una mia compagna di classe che, letta da qualche parte la notizia di uno sciopero, non mi ha saputo dire chi l’avesse pubblicata e per quando fosse stato indetto. Siamo poi spinti dall’idea che osservare e basta non sia abbastanza e che dobbiamo parlare e scrivere perché abbiamo qualcosa da dire. Che cosa, ad esempio? Che siamo stanchi di sentirci dire che “siamo il futuro” da persone che oggi siedono comodamente in poltrona e si aspettano che noi sistemiamo le cose senza considerare quale passato ci stanno lasciando in eredità. Viste le condizioni date, infatti, crediamo che per la nostra generazione sia estremamente difficile agire sul futuro, tanto più che, pensando solo ad esso, continueremo a procrastinare senza risolvere nulla. Ciò che dobbiamo fare, piuttosto, è agire sul presente, innanzitutto trovando un modo di coinvolgere i nostri coetanei, che devono essere primi a tenderci la mano per migliorare la nostra società. Siamo convinti che, se gli adolescenti non si interessano di cultura, informazione, politica e società è perché non viene utilizzato il metodo più efficace di comunicazione nei loro confronti. Non si può pretendere che i ragazzi assimilino prediche calate dall’alto imputando a una loro generale passività

La “Festa dell’emigrante”, divenuta ormai appuntamento fisso dell’estate sidernese, si è trasformata ormai in un momento d’incontro tra le vecchie e nuove generazioni di calabresi sparsi per il globo.

Donisi accoglie i suoi figli nel mondo Benché sia passato oltre un secolo da quando i nostri avi hanno lasciato per la prima volta la propria terra in cerca di maggiore fortuna in altri Paesi, il fenomeno dell’emigrazione di massa, a distanza di anni, non è affatto diminuito e, anzi, sembra essere in costante aumento. Per colmare il distacco che intercorre tra gli emigrati e la propria terra d’origine, alcune amministrazioni locali, comitati e associazioni, organizzano ogni anno delle manifestazioni che accolgono e celebrano l’emigrante calabrese. Nato nel 2015, il Comitato piazza dell’Emigrante Siderno si occupa di ospitare e premiare gli emigrati sidernesi che si sono distinti in altri Paesi. Questa settimana abbiamo intervistato Rocco Ierinò (Presidente del Comitato) e Domenico Panetta (Segretario), per scoprire come opera la loro associazione. Come si è evoluta la festa in questi anni e cosa prevede il programma di questa estate?

La manifestazione si è avvalsa sin da subito del supporto dell’amministrazione comunale, aiuto che, tra l’altro, ci ha permesso di annoverare un numero sempre crescente di sponsor nel corso degli anni. Per quanto riguarda gli appuntamenti del 2018 il calendario è composto da tre serate: il 9 agosto, per mantenere fede alla tradizione, si svolgerà un torneo di tresette nella piazza dell’Emigrante; il 10 agosto si terrà un’esposizione, organizzata grazie alla collaborazione con l’azienda Ipoh (impresa tedesca che lavora nel campo dei materassi) durante la quale i loro esperti parleranno di salute e benessere; il 13 agosto, infine, la festa culminerà con l’esibizione del cantante Daniele de Martino e del suo gruppo composto da Stefano Priolo, Anastasia Bruni e Anna Laura Spensierato. Oltre agli eventi in programma, la manifestazione prevede anche la degustazione di prodotti tipici? Sì. Nella piazza saranno presenti diversi stand enogastronomici

ricchi di prodotti tipici e a chilometro zero. Inoltre esortiamo chiunque volesse esporre i propri a farlo. Per noi è il benvenuto. Ci sono molte comunità sidernesi presenti in Canada, Australia e altri paesi. Qual è il vostro approccio nei loro confronti? Ogni anno premiamo un gruppo di emigranti dando loro un riconoscimento per l’impegno profuso, in vari ambiti professionali, al di fuori del nostro territorio. Inoltre viene premiato anche il loro attaccamento alle radici e alle tradizioni della nostra terra. Quest’anno premieremo due imprenditori sidernesi, uno residente a Toronto, l’altro a Thunder Bay. Qual è il messaggio che volete trasmettere ai nostri emigranti? Di considerare la festa dell’emigrante non soltanto un’occasione di svago, ma un momento d’incontro tra le vecchie e nuove generazioni sparse per il mondo. Il motivo migliore per rivedersi e scambiarsi esperienze e buone pratiche. Gaetano Marando


Abbiamo incontrato i ragazzi de “L’obbiettivo” blog di informazione composta da una nutrita redazione di adolescenti che hanno dimostrato tantissima voglia di fare e di cambiare. Il loro sogno? Avvicinare l’austero mondo dell’informazione giornalistica ai loro coetanei e riuscire a togliere dall’elenco delle professioni “in via di estinzione” quella del giornalista. la poca ricettività di una intera generazione. Così come credo che un giovane possa essere iniziato alla lettura suggerendogli il libro giusto, magari di un grande classico che lanci un messaggio nel quale si possa identificare, noi ci rifacciamo a chi è più esperto di noi in comunicazione, ma cerchiamo al contempo di rivolgerci ai nostri coetanei affinché si sentano coinvolti in qualcosa di più grande. «Ecco perché il sottotitolo della nostra testata è “Il lato giovane dell’informazione” - interviene Antonio Panetta. - Ciò che stiamo cercando di fare è presentare un punto di vista diverso, svecchiare la vecchia narrazione della realtà e combattere le cause che spingono i giovani a informarsi meno, rendendosi, di fatto, più esposti al rischio di farsi strumentalizzare dai social network». Dopo questa infarinatura passiamo ad una carrellata di pareri da parte delle molte voci accorse in redazione per parlarci del progetto. Alla domanda relativa ai modelli ai quali i ragazzi si ispirano le risposte sono delle più variegate. Nadia Barillaro cerca di ispirarsi a modelli diversi, professionisti che, con il loro stile, la aiutano a trovare le parole utili a esprimere le proprie idee. Domenico Futia effettua ciclicamente un lavoro di confronto tra le diverse testate giornalistiche per comprendere perché la medesima notizia venga trattata in modi diversi prima di rielaborarla e proporla ai propri lettori. Giuseppe Galluzzo prova ad affrontare un tema poco caro ai giovani, quello della politica, attraverso la satira, tentando di utilizzare un linguaggio di immediata comprensione per gli adolescenti anche per spiegare così le cose più complesse. Jole Lorenti dichiara di non rifarsi a un modello preciso, una scelta dettata forse dal periodo relativamente breve di militanza in quella che non esita a definire la sua “seconda famiglia”: «Come Nadia faccio parte della redazione da appena due mesi - racconta - e solo perché mi sono lasciata convincere dalle insistenze di Elisabetta Spanò, altrimenti non mi sarei mai avvicinata al progetto, perché non è semplice mettersi in gioco quando sei così giovane, soprattutto in un comprensorio come il nostro, nel quale tirare fuori la propria voce può risultare più complicato che altrove». Vincenzo Trimarchi ha trovato motivazioni non tanto nella volontà di fare attività giornalistica in senso stretto, quanto nel piacere che prova nel racconta-

re storie. Antonio Panetta afferma che l’attenzione alle testate locali, dalle quali i ragazzi possono imparare molto in quanto realtà a loro molto vicine, è sempre massima, ma che la sua ispirazione rimane il modo pungente e sottile di fare opinione di Marco Travaglio. Francesco Pelle, che si occupa di nuove tecnologie, dichiara di non rifarsi a un giornalista specifico ma alla rivista “Focus” e al modo in cui fa divulgazione scientifica, una pratica di cui oggi si sente molto l’assenza, soprattutto in un Paese non sempre ferrato in materia di nuovi ritrovati tecnologici. Elisabetta Spanò confessa di avere cominciato come “groupie” del progetto e di averlo sposato solo dopo qualche tempo, anche lei convinta di quanto sostenuto in precedenza da Luca: «Basta con questa storia che siamo il futuro! - Esclama. - Noi siamo il presente e non possiamo permetterci di arrivare a 40 anni senza prospettive. Che dovremmo fare? Aspettare passivamente di poter dire anche noi ai nostri figli “sistemate il futuro”? Ho aderito al progetto perché sono convinta che dobbiamo cogliere la palla al balzo e far capire che non siamo quel tipo di giovani che stanno attaccati al telefono tutto il giorno o, se lo facciamo, è perché sappiamo come utilizzarlo in maniera costruttiva. Il mio modello? Anche se mi ha sconsigliato di intraprendere questa strada è Ritanna Armeni. Dopo averla intervistata ho capito che avevo fatto la scelta giusta». Nicola Varacalli, più che a un giornale, si ispira ai programmi americani di divulgazione scientifica per cercare di rendere più accattivante una materia troppo spesso bistrattata dagli adolescenti e trattata con puntualità solo dalla trasmissione “Superquark”, che si rivolge per ovvie ragioni a una platea di spettatori ben diversa da quella dei giovanissimi. Indipendentemente dalla buona volontà è ovvio che le difficoltà oggettive della Locride e la possibilità concreta di dover andare fuori per studiare o trovare lavoro rischia di far sciogliere questo bellissimo gruppo, che potrebbe non sopravvivere al prossimo anno scolastico che, per la maggior parte dei ragazzi, sarà quello che culminerà nell’esame di maturità. «Il nostro buon proposito per l’anno che verrà è proprio “L’obbiettivo non deve morire”» chiosa Luca, che sa già che molti suoi compagni hanno già deciso di uscire dal comprensorio. «Io penso di andare via per conoscere meglio come fun-

zionano altre realtà sociali - interviene Domenico - ma non ho intenzione di dire addio alla mia terra. Sogno infatti di imparare altrove buone pratiche per poi tornare ad applicarle per il bene del comprensorio in cui sono nato e cresciuto». «Io invece sono cresciuta a Bologna e sento di doverci tornare - prende la parola Jole. - So che cosa offre una grande città ai giovani e andare lì per prendermi ciò che mi spetta, a costo di peccare di presunzione, lo ritengo qualcosa che mi è dovuto. Certo, non escludo di poter tornare, ma gli anni della giovinezza sento di doverli spendere altrove.» «Io invece rimarrei volentieri - ci dice Nicola - ma sogno di lavorare in un centro di ricerca e so che, purtroppo, la Locride non mi permetterà di realizzare questo mio desiderio. Per questo sarò costretto, a malincuore, a fare la valigia…» Luca, dal canto suo, promette di fare di tutto per non abbandonare la Calabria: «Potrò anche andare via per studiare o specializzarmi, ma la mia indole di terrone testardo e ambizioso mi riporterà a occupare il posto che mi spetta in questo territorio e a essere in prima linea per sfatare una volta per tutte il mito ripugnante della Milano produttiva». «L’idea stessa che al di fuori del buco nero chiamato Locride ci sia il benessere è da sfatare!» Chiosa con determinazione Antonio. «E, in definitiva, - interviene Elisabetta - dobbiamo rendere estranea l’idea che si debba andare altrove perché nel luogo di nascita non ci sono le condizioni per poter vivere dignitosamente. La gente dovrebbe andar via da qui solo per conoscere realtà diverse, non per obbligo! Ma, siamo onesti, il nostro territorio ha fagocitato più volte belle realtà sociali e imprenditoriali per l’ostruzionismo delle istituzioni o per la semplice invidia dei concorrenti e dei cittadini. E questo mi spinge a domandarmi cosa io possa fare per cambiare concretamente le cose…» Una dubbio che gente più grande di Elisabetta sta ancora cercando di risolvere, ma che potrebbe essere sciolto dalla determinazione e dalla volontà che questi ragazzi hanno saputo dimostrare. Jacopo Giuca

FAI Giovani della Locride e della Piana

A Siderno una caccia al tesoro per scoprire la storia e i segreti della città Un pomeriggio all'insegna dell'arte, della storia e del divertimento quello organizzato dal Gruppo FAI Giovani della Locride e della Piana in collaborazione con l'YMCA di Siderno. Sabato 28 luglio tra Siderno Superiore e Siderno Marina si svolgerà una caccia al tesoro a tema culturale, dal titolo #TROVALU, aperta a giovani e meno giovani. Un’originale iniziativa che punta a far scoprire, divertendosi, la storia di Siderno, dal 500 ai giorni nostri, offrendo la possibilità di visitare luoghi culturali di grande valore, troppo poco vissuti anche dagli stessi sidernesi, angoli che testimoniano storie nascoste e segreti della città. L’appuntamento è alle 16.00 all'anfiteatro di Siderno Superiore. Qui le squadre, composte da massimo 5 concorrenti, riceveranno il primo indizio. Risolvendolo, si scoprirà la prima tappa segreta da raggiungere. Ad attendere i giocatori in ciascuna tappa ci saranno i volontari del FAI Giovani che condurranno una breve visita al luogo e ne illustreranno la storia e il valore, per poi consegnare l’indizio successivo. "E così via per tutto il percorso - anticipa Luca Siciliano capogruppo del gruppo FAI Giovani della Locride e della Piana. - Un itinerario storico-culturale tutto da scoprire realizzato con la collaborazione di Mimmo Romeo. L'intento del nostro gruppo è proprio quello di valorizzare il patrimonio storico, monumentale e paesaggistico del nostro territorio e abbiamo scelto di farlo puntando a una formula diversa dalle solite visite guidate". Nel borgo di Siderno Superiore numerosi personaggi della storia sidernese si imbatteranno sulla strada dei giocatori: i volontari FAI indosseranno abiti d'epoca e, sfarzosamente vestiti e camuffati, proporranno quesiti e indovinelli. E se volessero partecipare alla caccia al tesoro turisti che non conoscono la storia di Siderno? "Sono state previste delle prove - evidenzia Siciliano - che non favoriranno i cittadini di Siderno. L’iniziativa è pensata sia per i sidernesi che per chi viene da fuori città e vuole scoprire Siderno in un modo insolito e coinvolgente. Non è necessario conoscere bene la città per divertirsi". Terminata la caccia al tesoro a Siderno Superiore, la seconda parte si svolgerà a

Siderno Marina. “A Siderno Marina è prevista la seconda fase cosiddetta telematica - spiega Francesco Falletti, volontario FAI Giovani e consigliere YMCA -. Ci saranno delle prove che riguarderanno la storia attuale di Siderno e la foto-soluzione di ciascun enigma dovrà essere postata su Instagram. La squadra che si aggiudicherà la caccia al tesoro, vincerà un pernottamento in una località da scegliere tra Calabria, Sicilia e Puglia (la scelta dipenderà dalla disponibilità al momento dell'agenzia Diano Viaggi). Secondo premio, una cena per cinque persone all’YMCA Beach; terzo premio, un aperitivo al Madà". Per partecipare è richiesto un piccolo contributo di 25 euro a squadra. "I fondi raccolti - spiega Carmelo Scarfò, volontario FAI Giovani - verranno devoluti al FAI per la tutela e il recupero dei nostri beni artistici, storici e ambientali. Durante l’evento, inoltre, ci sarà la possibilità, per chi ha un'età compresa tra i 18 e i 35 anni, di iscriversi al FAI Giovani versando una quota di 15 euro".

EVENTI

Elisabetta Pozzi e la sua “Cassandra - o del tempo divorato” inaugurerà questa sera, domenica 22 luglio, alle ore 21:15, la nuova stagione del “Festival di Teatro Classico di Locri Epizefiri”. La manifestazione, ideata e curata dal Comune di Portigliola in collaborazione con il Polo Museale della Calabria, avrà anche quest’anno come scenario il Teatro Greco Romano di Portigliola e godrà della direzione artistica di Edoardo Siravo e Marco Silani.

Continua il ricco programma della “Scuola Estiva di Altra Formazione in Filosofia” che si sta svolgendo presso la sede dell’Associazione culturale Scholé, a Roccella Jonica. Domani, 23 luglio, presso il convegno dei Minimi, alle ore 9:00, si terrà il convegno di Fortunato Maria Cacciatore, cui seguiranno i laboratori che si terranno dalle ore 16:00 alle ore 18:00 e un incontro su Lavoro ed emancipazione che si terrà alle ore 22 a largo Colonne.

Martedì 24 luglio, alle ore 18:00, presso la sede Villa Helios di Bianco, si terrà il Workshop “Economia Verde Valorizzazione Paesaggio Culturale e Innovazione Sociale della Vallata La Verde”. Saranno messe a confronto idee e progetti per la riqualificazione sociale, economica, culturale e ambientale con la partecipazione degli esperti Giovanni Bonfà, Antonietta Scriva, Antonino Fotia, Simona Spagna, Emilia Manfredi e Francesco Rossi. Seguirà buffet.

Torre Galea sarà tra i Luoghi del Cuore FAI? La Delegazione FAI della Locride e della Piana ha organizzato, con la collaborazione della Pro Loco “Per Gioiosa Marina” e dell’Associazione OrganizzaMUNDI, una conferenza sul tema “Torre Galea e Castello di San Fili: intersezioni”, tenuta sabato 14 luglio alle 18:30 nella piazza antistante la residenza fortificata di Contrada Galea in Marina di Gioiosa. Dopo i saluti della Capo Delegazione del FAI, Roberta Immacolata Curinga, e della presidente della Pro Loco, Adele Sidoti, la moderatrice, Erika Fammartino, presidente di OrganizzaMUNDI, ha dato la parola ai due relatori. Il professore Vincenzo Naymo, storico, ha tracciato la storia a partire dal Medioevo del feudo su cui sorse Torre Galea, evidenziando come documenti storici attestino che una torre, con funzione di casa patronale fortificata, sia stata edificata già sul finire del secolo quindicesimo da Cola Jacopo Romano. Tuttavia ha sottolineato come le fonti storiche non permettano di identificare la Torre oggi visibile e visitabile con quell’antico edificio.

Il professore Mario Panarello, storico dell’arte e dell’architettura, riallacciandosi alle considerazioni del relatore precedente ha confermato che in attesa di ulteriori studi è assolutamente plausibile ritenere che l’attuale Torre Galea sia sorta a seguito di profondo rimaneggiamento o di completo rifacimento dell’edificio precedente nel corso del XVI secolo, essendo comunque più antica del Castello di San Fili, da lui a lungo studiato. Ulteriori differenze tra i due edifici sono legate alla differenza dell’impianto, della distribuzione degli ambienti interni e della collocazione rispetto al mare. Se il Castello di San Fili può essere tranquillamente definito “casino di delizie” a dispetto della fortificazione, nella Torre, pur collocata in un luogo ameno, sembra prevalere il carattere di centro di un complesso produttivo di tipo feudale. La serata si è conclusa con un breve intervento di Vincenzo Tavernese per il comitato “Torre Galea Luogo del Cuore” con l’esortazione al pubblico a votare per questo monumento nel censimento FAI dei Luoghi del Cuore 2018 (luoghidelcuore.it).

Da giovedì 26 a sabato 28 luglio torna a Gerace il Borgo Incantato con la sua XVIII edizione. La rassegna internazionale di arte di strada sarà costellata da artisti provenienti da tutto il mondo tra i quali funamboli, band itineranti, maghi e prestigiatori che intratterranno il grande pubblico utilizzando come da tradizione l’arte di strada come mezzo per promuovere il patrimonio culturale del centro storico che si presta ad offrire uno scenario magico.



22 LUGLIO - 21

R

Arte&co

www.larivieraonline.com

Quello di Armando Quattrone è un percorso denso di successi, con radici musicali che affondano nella tarantella calabrese, ma anche nel reggae giamaicano “old school”.

“Calabria”, il nuovo album di Armando Quattrone Appena uscito è già nella Top 100 in Germania L’attesissimo lavoro del musicista di Marina di Gioiosa Ionica, famoso all'estero per aver portato la tradizione musicale italiana mescolata al suono contemporaneo e latino, è disponibile su tutti i digital store

alla Calabria ad Amburgo e ritorno, passando per un tour europeo e un esplosivo successo all’estero, Armando Quattrone, artista frizzante e travolgente, esce con il nuovissimo album, “Calabria”, ed entra subito nella Top 100 delle classifiche di vendita in Germania, vicinissimo a varcare la soglia della Top 50 (impresa riuscita sin qui solo a Eros Ramazzotti e Zucchero). L’attesissimo lavoro del musicista calabrese, di Marina di Gioiosa Ionica, famoso all'estero per aver portato la tradizione musicale italiana mescolata al suono contemporaneo e latino, è disponibile su tutti i digital store. Dalla Calabria, dove è nato, ad Amburgo, dove vive, quello di Armando Quattrone è un percorso denso di successi, con radici

D

musicali che affondano nella tarantella calabrese, ma anche nel reggae giamaicano “old school”. “Calabria”, pubblicato da Universal Music e realizzato con il celebre Team di produttori amburghesi Madizin Music Lab che hanno lavorato tra l’altro anche alle hit di Glasperlenspiel, Alvaro Soler, Lena e Frida Gold – composto da 15 tracce, è stato presentato venerdì scorso a Gioia Tauro (RC), nell’ambito del tour estivo di Studio54 Network che vedrà Armando Quattrone tra i protagonisti, fino al momento culminante: il live del 19 agosto nella sua Marina di Gioiosa Ionica. Sono un inno alla bellezza i brani dedicati alla terra d’origine: “In Calabria”, “Fiero di te” (Premio Manente come miglior videoclip), “Muttetta calabrese” (registrato in presa diretta audio e video in Piazza Mese, a Caulonia). “Positivo summer mix” (prima hit di successo in radio e tv in Germania nel 2015), “Maria” (il brano dell’album sin qui più ascoltato) e “Quando Si” (200.000 ascolti su Spotify a due mesi dall’uscita) sono i singoli che hanno preceduto la pubblicazione del disco. Il tour di Armando Quattrone, partito lo scorso aprile da Tenerife (Isole Canarie), dopo aver coinvolto la Germania, è arrivato in questi giorni anche in Olanda (Amsterdam), nella Repubblica Ceca (Praga) e a settembre procederà con una serie di concerti a Mallorca. Durante tutta l’estate non mancheranno anche i live in Italia, tra Centro e Sud. Il videoclip di “Quando Si” prodotto da Marvin Ströter e Viktor Heinz è stato realizzato sull’Isola di Dino all’interno di una villa con terrazza vista mare, una vera festa tra amici e appassionati amori estivi al ritmo del latin pop di Armando Quattrone, dove i giovani e bellissimi protagonisti durante le riprese hanno ballato e celebrato il cielo rosa tramonto per tre giorni baciati dal sole, tra le telecamere e le note di questo travolgente singolo!

Direttore responsabile: MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 - 89048 Siderno

COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Sara Leone, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Sonia Cogliandro, Serena Iannopollo, Gaetano Marando, Rosalba Topini, Arturo Rocca, Franco Crinò, Giuseppe Gangemi. STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

INFO-MAIL REDAZIONE:

0964342198 larivieraonline@gmail.com www.larivieraonline.com

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.


22 LUGLIO - 22

R

O P O C S L’ORO

the blob

www.larivieraonline.com

Errori di gioventù Mirco Pio Congilio incontra Francesco Renga e, dopo aver discusso a lungo del panorama musicale italiano, pare che abbia azzerato le sue possibilità di duettare con il cantante di Udine avanzando l’imGiunonica provvida richiesta di dargli il numero di Ambra… Michele Macrì posa per un selfie in compagnia di cuochi e valletti durante un’inaugurazione alla quale ha partecipato anche la suprema Valeria Marini, autrice di un’inaspettata improvvisata nella Locride che ci ha permesso di ammirarne le (s)fattezze. Occhio al futuro Roccella Jonica inizia a pianificare il proprio futuro con la presentazione del programma del nuovo gruppo politico “Roccella Futura”, guidato da Gabriele Alvaro con la collaborazione di Vanessa Reitano (alla sua sinistra) e Paola Marino (a sinistra).

L’autocannibale Un bar di Siderno ha cominciato a commercializzare questa settimana un nuovo gusto di gelato dall’evocativo nome “Carbonella”. Per il primo assaggio i titolari non potevano fare a meno di chiamare l’onorevole in persona, contento di fare da testimonial. Giovinezza eterna Ninetto Speziale, Michele Circosta, il Barone Macrì e Enzo De Angelis si abbracPesce à la sidernese ciano a margine di una La vicesindaca e assessora all’ambiente Anna della tante manifestazioni Romeo e l’assessore alla cultura Ercole Macrì del nostro comprensorio premiano i vincitori della tradizionale gara di dimostrando di non senti- pesca svoltasi la scorsa settimana sul lungore l’età che avanza. mare di Siderno, che ha attirato come semQualcuno deve avere un pre tanti appassionati! ritratto in soffitta… Il sole nel pineto Bruno D’Agostino, Amedeo Macrì e il rivoluzionario Cavallaro, che costituiscono la frangia più a sinistra degli “Amici della Pineta”, cercano un po’ frescura all’ombra dei pini sidernesi da cui l’associazione di cui sono membri trae il proprio nome.

Una boccata di sinistra Al termine di una faticosa riunione dell’assemblea dei sindaci della Locride svoltasi a porte chiuse in quel di Siderno Superiore, l’area PD, costituita dai primi cittadini Rosario Rocca, Caterina Belcastro e Aldo Canturi di Bianco, prende una boccata d’aria.

I vecchi leoni Si incontrano a Siderno, dopo 47 anni, due “vecchi leoni” del Battaglione San Marco, contingente 3º/50, anni ’70-’72, Antonio Lupos, di Siderno, e Gigino Ruggiero, di San Vito dei Nromanni, in occasione dei festeggiamenti dei 45 anni di matrimonio del primo.

Ariete Inizierete la settimana all’insegna dell’ottimismo, grazie agli influssi del Sole in Leone; un po’ di noie lavorative da mercoledì, a causa della Luna in Capricorno; splendido il weekend in compagnia di una persona che sa come stimolare il vostro intelletto.

Toro Settimana lavorativamente impegnativa a causa degli influssi di Mercurio in Leone; nel weekend potreste sentire alcune tensioni familiari, in particolare con le donne, a causa della congiunzione della Luna e di Marte in Acquario, in quadratura con il vostro. Gemelli La settimana inizia nel nervosismo più totale, a causa della Luna in Sagittario; la situazione migliora da mercoledì, dove sarete “solo” impegnati sul lavoro; ottimo il weekend in cui la Luna in Acquario esalterà la vostra naturale socievolezza e curiosità. Cancro Settimana complessa, cari amici del Cancro, specialmente da mercoledì, quando la Luna in Capricorno vi renderà irascibili e permalosi più che mai; il weekend sarà impegnativo ma piacevole e divertente, grazie all’armonico transito di Venere in Vergine. Leone Settimana niente male: grazie alla Luna in Sagittario sarete pieni di energia e di ottimismo; un po’ di tensione nelle coppie potrebbe arrivare nel weekend, a causa dell’opposizione della Luna e di Marte in Acquario con Mercurio nel vostro segno. Vergine L’inizio della settimana sarà drammatico a causa delle tensioni provocate dalla Luna in Sagittario; tutt’altra musica da mercoledì, quando la Luna entrerà in Capricorno e vi aiuterà a concentrarvi sul lavoro; discreto weekend grazie agli influssi di Venere. Bilancia La settimana inizierà alla grande e vi renderà ottimisti e più energici del solito; difficili i giorni da mercoledì a venerdì, quando la Luna vi darà rogne sul lavoro a non finire; buono il weekend grazie alla Luna in Acquario che incoraggerà la socievolezza. Scorpione Settimana tranquilla fino a venerdì, salvo il rischio di contrasti sul lavoro data la scarsa diplomazia fornitavi da Mercurio; weekend all’insegna delle sterili polemiche in famiglia a causa dell’opposizione della Luna in Acquario con il Sole in Leone. Sagittario Inizio della settimana all’insegna delle riflessioni profonde, stimolate dalla Luna nel vostro segno fino a martedì; buoni i giorni centrali, sebbene impegnativi dal punto di vista professionale; frizzante il weekend grazie al sestile della Luna in Acquario. Capricorno Settimana non male per voi, specialmente dal punto di vista lavorativo grazie a una Luna nel vostro segno che da mercoledì vi aiuterà a concentrarvi non sentendo quasi la fatica; weekend intellettuale e tranquillo sotto gli influssi della Luna in Acquario.

Acquario Buon inizio della settimana, grazie agli influssi della Luna in Sagittario che vi infondono ottimismo ed allegria; impegnative le giornate centrali, a causa degli influssi di Mercurio in Leone, opposto al vostro segno; weekend all’insegna della riflessione. Pesci Vi sembrerà di essere stanchissimi già all’inizio della settimana; meglio da mercoledì, quando la Luna in Capricorno vi aiuterà a gestire tutto con calma e lucidità; interessante il weekend all’insegna di una passione che infiammerà presto i vostri lati piccanti.




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.