Quasi nessun giornale calabrese ha dato notizia della scandalosa assenza dei parlamentari nella seduta di venerdì 11 settembre quando la Camera dei deputati avrebbe dovuto discutere del Mezzogiorno. Per essere più precisi, i deputati avrebbero dovuto affrontare la “... perdurante situazione di grave crisi del Mezzogiorno d’Italia”. continua a pagina 6
LA CONTROCOPERTINA
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L’INTERVISTA
Gioacchino Criaco: “La‘ndrangheta è un alibi” “LA CALABRIA HA BISOGNO DI MOLTEVOCI AUTOREVOLI, E IN GIRO NON C’È PROPRIO NULLA DI AUTOREVOLE” LIDIA ZITARA on ha bisogno di presentazioni Gioacchino Criaco, autore del romanzo da cui è stato tratto il capolavoro di Munzi, pluripremiato ai David di Donatello. Ai molti che l’hanno conosciuto dopo il suo successo con “Anime Nere” (Rubbettino Editore), ricordiamo volentieri che Criaco è stato collaboratore di questa testata, che ha visto pubblicati numerosi suoi articoli e racconti in un fertile periodo sotto la direzione di Pasquino Crupi. In vista dell’uscita del suo nuovo romanzo “Il saltozoppo” edito da Feltrinelli, su cui per ora si impone un certo “mistero” editoriale, abbiamo avuto il piacere di sentire qualche sua opinione riguardo alla Calabria. È proprio vero, come dicono in molti, che il problema più grave della Calabria è la ‘ndrangheta? Lo ripeto ormai da otto anni: la ‘ndrangheta è un alibi per celare problemi più vasti e complessi, interessi che si interlacciano tra loro, frutto sì di disegni più ampi, ma anche di noncuranza, di un male molto più esteso. Questo non significa che la ‘ndrangheta non esista o che non sia un problema. Ma significa che è un fenomeno che trova le sue basi in una società disfunzionale, che non offre opportunità di lavoro o di una vita in cui il cittadino si senta davvero custodito e protetto dalle autorità. Una società che potremmo definire “normale”, in cui, evidentemente, l’incidenza di fenomeni malavitosi è necessariamente minore. Fino a che non ci sarà un progetto coeso per la definizione e la risoluzione dei problemi del Sud, e dunque una classe politica competente, positiva e attiva, non ci sarà alcun cambiamento vero, solo “politichese” in mille versioni. Tuttavia sono stati espressi dei progetti riguardo a una rinascita politica del Sud, e mi riferisco al Separatismo. Io vorrei un mondo senza barriere e senza confini, tra l’altro sono un uomo del popolo, e ritengo che il popolo si sia trovato sempre male sotto qualsiasi regnante. È chiaro che i nostri problemi
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locali sono così forti che circoscriverli aiuterebbe quantomeno a comprenderne la natura, ma per farlo occorre una fortissima autonomia, e con autonomia non intendo solo un’autonomia politica, ma economica e soprattutto di pensiero e di capacità analitica. Un governo locale dovrebbe essere molto forte: una separazione non condurrebbe in automatico alla risoluzione dei problemi. Ma per fare questo c’è bisogno di non una, ma di molte voci autorevoli, e in giro non c’è proprio nulla di autorevole. Ci vuole una classe politica calabrese che prima definisca i nostri problemi e poi le linee per risolverli. In realtà noi non abbiamo neanche capito quali sono i nostri veri problemi, e abbiamo un disperato bisogno di qualcuno che ce li spieghi per poterli affrontare. Dobbiamo essere grati a quel tipo di saggistica che ora incontra un vivace riscontro di pubblico, che ha spiegato le “ragioni del Sud”? Che l’Unità d’Italia non sia stata ciò che si racconta è ormai accertato. Ma spesso la verità è nel mezzo. Molti di questi libri contengono errori, falsi storici. Noi dobbiamo recuperare l’autentico fatto storico, documen-
tato, e non cavalcare un’onda editoriale per un vantaggio economico personale. Non tutti hanno le competenze di chi ha speso una vita per studiare i problemi storici ed economici del Sud, anzi, spesso sono scrittori improvvisati, che caricano i loro libri di revanchismo e sfruttano l’ideale dell’ “orgoglio meridionale” come si farebbe con frusta e cavallo. Così siamo fregati due volte, perché queste cose ci ritornano addosso come un boomerang. Dopo l’ultimo rapporto Svimez, credi che ci sia ancora una speranza? La cosa che mi spaventa di più sono le previsioni sull’emigrazione: se è vero che nei prossimi 20 anni 400.000 calabresi emigreranno, noi non esisteremo più come etnia. A tuo parere l’impoverimento del Sud, e il suo probabile futuro annientamento, fa parte di un disegno più esteso o si tratta di concause accidentali? Si sono intersecate delle cause: c’è insipienza, negligenza, molta più ingenuità di quanto crediamo, ma anche interessi specifici. Ci hanno più volte detto che per il Nord siamo una zavorra, che il Nord sarebbe un grande paese, che pri-
“In 20 anni l’unica cosa che ha interessato l’Italia è stata la ‘ndrangheta, perché di questo la Calabria doveva essere specchio”
meggerebbe economicamente in tutto il globo, se non fosse per il Sud. Ma la verità è che il Nord non sarebbe neanche esistito se non fosse stato per il Sud, per la forza lavoro che ha letteralmente costruito il loro “miracolo economico”. Senza di noi non sarebbero nulla. Ovviamente c’è chi ha sostenuto questa ideologia politica, in perfetta malafede, affidando ai poteri locali meridionali il compito di trasformare il Sud in ciò che si voleva far vedere dall’esterno. Più volte abbiamo sentito dire, e constatato noi stessi, come a livello televisivo la Calabria non conti nulla (quando in TV passa un documentario sulla Calabria si grida al miracolo e i social fanno battage). Mentre a livello letterario c’è molto più fermento. Tuttavia le storie più apprezzate rimangono quelle attinenti al tema della malavita, della mafia, della ‘ndrangheta. La cosa ti sorprende, ti infastidisce? Che opinione ti sei fatto in proposito? Non ho nessuna opinione, ne prendo atto e basta. Spiegare un territorio dipende anche dalle capacità economiche e politiche di quel territorio, soprattutto evidenziarne il meglio. Noi non abbiamo forza giornalistica tale da poter scrivere un libro su un argomento qualunque. Dobbiamo basarci sulle eccellenze personali, individuali, che ci sono e hanno evidente difficoltà a emergere. In 20 anni l’unica cosa che ha interessato l’Italia è stata la ‘ndrangheta, perché di questo la Calabria doveva essere specchio. Tutto il resto è fuori, quindi sei fuori dal mercato. Allora è necessario usare i pochi strumenti in nostro possesso, uniti alla fantasia, e a calare pensieri, idee universali in un contesto che interessa agli altri. In questo modo diciamo quello che piace, ma diciamo anche quello che vogliamo. Un’ultima domanda più pratica: sei uno scrittore che crede più al duro lavoro (alla scrivania dalle nove alle sette, come dice Stephen King) o alla fantasia di De Gregori (“non aver paura di sbagliare un calcio di rigore”)? Tutte e due le cose. Il genio e la fatica si devono unire. Scrivere e riscrivere e aspettare o cogliere l’attimo della genialità.
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ATTUALITÀ
GIUDIZIARIA
La ‘ndrangheta in Piemonte
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analisi delle attività dei flussi dei traffici telefonici, i contenuti delle conversazioni, gli incontri documentati dai servizi o.c.p. hanno in buona sostanza consentito agli investigatori dei carabinieri che hanno eseguito l’operazione “Minotauro” di riscontrare che tra alcune delle persone indicate dal collaboratore di giustizia R.V. nel corso degli interrogatori esiste un saldo vincolo di relazione nell’ambito di un’organizzazione unitaria. Tra queste persone esiste una vera e propria “gerarchia”, che viene costantemente rispettata e, inoltre, alcune delle persone intercettate, avvalendosi della forza di intimidazione, hanno acquisito in modo diretto o indiretto la gestione, o comunque il controllo di attività economiche, e controllano le attività all’interno di molti cantieri di lavori edili della provincia di Torino. In via generale si può dunque affermare che le indagini che hanno portato all’esecuzione della maxi operazione “Minotauro” hanno fatto emergere l'esistenza, nella provincia di Torino, di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, denominata 'ndrangheta, caratterizzata dai seguenti elementi tipici: struttura tendenzialmente verticistica, ordinata secondo una gerarchia di poteri e di funzioni e una ripartizione dei ruoli degli associati; pratica di riti legati per lo più all’affiliazione dei suoi membri e ad assegnazioni di "doti" o "cariche"; comunanza di vita e di abitudini, scandita dall’applicazione di norme più o meno codificate, che ogni affiliato è tenuto a osservare e che ne comportano la sottomissione ai capi. E ancora forza di coesione, spesso basata su stretti vincoli di parentela o di affinità, che assicurano omertà e solidarietà nel momento del bisogno, e in particolare assistenza legale agli affiliati arrestati, sussidi economici ai loro familiari e, non di rado, corresponsione di stipendi fissi e prebende; impermeabilità verso l’esterno, ottenuta attraverso l'adozione di particolari precauzioni per impedire infiltrazioni, tradimenti, controlli, arresti, aggressioni, anche attraverso l'utilizzo di linguaggi convenzionali e infine disponibilità di armi. In Piemonte hanno operato per diversi anni ben nove locali, aventi come referenti le strutture organizzative riconducibili alle famiglie storiche della criminalità organizzata, le cui ipotizzate infiltrazioni nella politica piemontese hanno portato allo scioglimento “per mafia” dei comuni di Leinì e Rivarolo Canavese, che giungono a 20 anni dal primo scioglimento di un comune piemontese, quello di Bardonecchia nel 1995. Nel febbraio scorso la II Sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato l’impianto accusatorio della procura distrettuale antimafia di Torino, confermando le circa 50 condanne per associazione per delinquere di stampo mafioso stabilite nell’appello del filone dell’abbreviato del processo “Minotauro”, che si è concluso nel dicembre 2013, con condanne per complessivi tre secoli circa di carcere.
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O patria o mafia,il convegno di riappacificazione tra Giovanni Calabrese e Klaus Davi
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opo la calda estate di polemica relativa all’apposizione o meno dei famigerati cartelli antindrangheta, Giovanni Calabrese e Klaus Davi sono pronti a incontrarsi, questa sera, alle 18:30, presso la corte del Palazzo di Città a Locri, in un convegno dall’evocativo tiotolo “O patria o mafia”. Interverranno, oltre al sindaco di Locri e al giornalista e massmediologo svizzero, il presidente della commissione Antimafia Siciliana Nello Musumeci, il giornalista Marcello De Angelis e Monsignor Francesco Oliva, i cui interventi verranno moderati dalla collega di Telemia Maria Teresa Criniti. Davi ha mantenuto la propria promessa di venire in Calabria e Calabrese, ne siamo sicuri, riuscirà a far valere le proprie ragioni dinanzi al giornalista che, forse, si renderà conto di aver espresso un parere un po’ affrettato. Sarà l’inizio di una collaborazione costruttiva, o l’incontro tra le parti sarà occasione di nuovo astio? Noi speriamo in una presa di coscienza reale e onesta. Voi sarete presenti?
Questa sera 13° Premio Grotteria: Anton Giulio Grande simbolo del migrante di successo, Alba Parietti prende il posto di Nina Moric Questa sera piazza Nicola Palermo, a Grotteria, ospiterà la 13ª edizione del Premio Grotteria. L’evento, fortemente voluto dal sindaco Leoncini e organizzato grazie al patrocinio della Provincia di Reggio Calabria, verrà condotto dal giornalista Pietro Muscari e sarà anche quest’anno occasione di svago e riflessione grazie al tema della serata: “Percorsi di migrazione del mondo della moda”. Assegnato a promotori di iniziative che abbiano contribuito a favorire un processo di armonizzazione delle politiche migratorie o a personaggi di cultura che si siano distinti per interessanti caratteristiche formali e concettuali, il Premio Grotteria di questa sera verrà assegnato a due stelle del mondo della moda italiano: la showgirl Alba Paretti, che diventa madrina dell’evento dopo i sopravvenuti impegni personali di Nina Moric, che l’hanno costretta a dare forfait e lo stilista lametino Anton Giulio Grande, migrante in grado di accrescere in modo creativo la sua grande esperienza umana e artistica.
È finito persino sul TG5 dell’8 settembre scorso il siparietto tenutosi a Venezia con protagonisti Johnny Depp e Gianvito Casadonte, incontratisi alla Mostra del Cinema assieme al regista Terry Gilliam per parlare di Domenico Rotella e delle sue opere, di cui l’attore di Owensboro pare sia un grandissimo ammiratore e collezionista. Tra una stretta di mano e un selfie, Casadonte ha colto l’occasione per insignire Depp di un premio speciale gentilmente concesso dalla “Fondazione Mimmo Rotella”, impegnata a mantenere viva la memoria dell’artista catanzarese considerato uno dei maestri della pop art italiana. Oggi, felice del bell’incontro, l’attore americano è di ritorno verso i più familiari lidi hollywoodiani con un largo sorriso stampato sulle labbra. Noi, invece, contenti che il valore di un artista nostro conterraneo sia riconosciuto da una star così celebre, speriamo che una valorizzazione della opere di Rotella possa attirare il caratterista d’oltreoceano sulla nostre ammalianti coste.
Gianvito Casadonte consegna un premio della “Fondazione Mimmo Rotella”a Johnny Depp
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Attualità
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L’editoriale di Ilario Ammendolia
E in un’Aula muore il Sud, affogato dai traditori assenti A Montecitorio si è discusso della grave crisi del Mezzogiorno. In una seduta in cui ti aspetteresti grande tensione ideale e politica, sono presenti solo undici parlamentari. Tra loro nessun calabrese.
Quasi nessun giornale calabrese ha dato notizia della scandalosa assenza dei parlamentari nella seduta di venerdì 11 settembre quando la Camera dei deputati avrebbe dovuto discutere del Mezzogiorno. Per essere più precisi, i deputati avrebbero dovuto affrontare la “... perdurante situazione di grave crisi del Mezzogiorno d’Italia”. Ti aspetteresti per una seduta con questo ordine del giorno, un clima di grande tensione ideale e politica. Sarebbe stato normale che la riunione della Camera fosse preceduta da una forte sensibilizzazione delle popolazioni interessate. Soprattutto in Calabria e in particolare nella Locride. Stolta illusione, erano solo 11 – sottolineo undici – i parlamentari presenti. Ovviamente, nessun calabrese! Neanche la Bindi e D’Attorre e Nitto Palma eletti in Calabria ma in permanente e volontario “esilio”. Nell’Aula un clima di inedia e di sconforto. Ben oltre seicento i deputati assenti. Tutti impegnati “altrove”, e certo sarebbe interessante capire dov’è il loro “altrove”! Una tale diserzione di massa spiega, più di mille trattati, la marginalità del Sud nel dibattito politico italiano. Spiega perché siamo trattati da colonia. Sarebbe facile classificare quanto è successo come indifferenza personale ma non può trattarsi solo di questo. Personalmente sono convinto che in Parlamento l’attività politica possa esser causa di frustrazione e persino di angoscia. Non c’è altro modo di interpretare l’assenza di tutti i parlamentari calabresi se non la grande sofferenza di chi diventa consapevole di non contare assolutamente nulla e percepisce, in qualche modo, che la sua presenza in Aula è del tutto irrilevante. Può anche imbrogliare gli altri ma poi deve fare i conti con se stesso. La presenza di undici parlamentari nella seduta di venerdì scorso è anche un attestato di discredito per il Parlamento della Repubblica, una oggettiva presa di coscienza che i processi politici veri avvengono all’esterno di Esso e, spesso, contro tutto ciò che l’Aula di Montecitorio ha rappresentato nella storia della democrazia italiana. La “sovranità” si è quasi interamente spostata dalle Istituzioni democratiche ai centri di potere. I “protagonisti” della vita politica sono solo quei pochi che si sono sincronizzati al nuovo ordine di cose. Il resto sono solo “ numeri” senza storia. Così i “nostri” parlamentari, senza dirselo neanche tra di loro, hanno pensato che sarebbe stato più comodo far ritorno a casa e lasciare che la discussione sul Sud morisse affogata in un’aula sonnolenta tra l’indifferenza e la noia. Certamente, ogni deputato gode di importanti vantaggi e di molti privilegi di casta; percepisce un’indennità tra le più alte del mondo ma il prezzo da pagare è alto, perché si pretende il tradimento della gente che ti hanno mandato in Parlamento, della tua terra, spesso della tua stessa storia. Nessun cittadino calabrese domanderà mai ai deputati nominati in questa circoscrizione perché hanno disertato la seduta sulla “... perdurante situazione di grave crisi del Mezzogiorno d’Italia”. Neanche lo sapranno, la televisione parlerà d’altro! Certo, sarebbe facile scagliarsi contro l’inconsistenza e la fellonia dei singoli “onorevoli”, protagonisti di tanti intrighi in Calabria ma inesistenti in Parlamento. Tuttavia c’è da tener conto che per i nostri mediocri “nominati” non è facile orientarsi nella “giungla” politica non avendo un popolo dietro le spalle e un “Pensiero” come bussola. Non tutti i parlamentari del passato erano giganti e non tutti quelli che lo sono adesso sono pigmei anche se tali sembrano. Ci sarebbe un solo antidoto a questa situazione di degrado: operare contemporaneamente dal basso e dall’alto. Lavorare senza tregua tra la gente e nelle Istituzioni democratiche. Impegnarsi con la coscienza che il partito che ti ha “eletto”, ha il diritto di chiederti tutti i sacrifici necessari ma non può pretendere di annullarti e, meno ancora, il tradimento verso la tua gente e verso la tua terra. Non accadrà se non saremo noi a imporlo!
CONTINUA OGGI PRESSO IL CENTRO POLIFUNZIONALE DI SIDERNO
Tabacci:“Se il Su diventiamo dei MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
U
na due giorni all’insegna del Mezzogiorno e dei suoi problemi quella organizzata dal Centro Democratico a Siderno, partita nel pomeriggio di ieri presso il Centro Polifunzionale e che proseguirà oggi, da mezzogiorno fino alle 18:00. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Bruno Tabacci, leader del partito, che torna a trovarci dopo essere stato a Siderno lo scorso maggio, in occasione della presentazione del programma elettorale del senatore Pietro Fuda. Perché ha scelto Siderno per celebrare la terza festa nazionale del suo partito? Ci sono molte buone ragioni per celebrare la festa nazionale del Centro Democratico a Siderno. La Calabria è una regione del Sud Italia che ha patito e sta patendo la crisi economica forse più di ogni altra Regione, al pari della Sardegna che sconta la sua insularità. Ma la Calabria non è un’isola e la sua sofferenza è il simbolo della sofferenza di un’Italia che sembra
dimenticata nel dibattito pubblico, e purtroppo almeno in parte anche dal governo. Ecco, il Centro Democratico invece è convinto che il Sud sia decisivo per il futuro del nostro Paese. Senza Sud non si salva nemmeno il resto d’Italia. Siamo 60 milioni, lo 0,7% della popolazione mondiale, se poi ci permettiamo di lasciare indietro intere aree del Paese diventiamo dei microbi nel mondo. Ecco perché dico che dobbiamo crescere e investire a partire da Sud. E siccome la politica in generale sembra essersene dimenticata, noi di Centro Democratico questo concetto lo teniamo bene a mente. E poi c’è un’altra ragione: Siderno è amministrata da un grande sindaco di Centro Democratico, Pietro Fuda. La sua affermazione alle recenti elezioni comunali ci ha riempiti di orgoglio e rappresenta la dimostrazione che le buoni ragioni, la buona capacità di amministrare e la capacità di tenere unito tutto il centrosinistra creano una formula vincente. Per queste ragioni siamo grati a Siderno dell’ospitalità che ci offre e a tutti gli amici calabresi del Centro Democratico che svolgono da anni un lavoro egregio e che rappresentano delle certezze per tutto
il partito nazionale. “Riforme, diamo la carica al Paese, da Sud idee per l’Italia”, questo il titolo dell’incontro. Su cosa, secondo Lei, bisogna puntare affinché il Sud dia all’Italia la corda smettendola di esserne la coda? Alcuni temi sono arcinoti. Dalle infrastrutture alla lotta alla criminalità. E se se ne parla sempre vuol dire che non ci siamo distanziati molto dal punto di partenza. Ma oltre a questo dobbiamo metterci in testa che bisogna puntare sulle eccellenze e il Sud ne ha molte. Solo che spesso non sa valorizzarle o non viene messo in condizioni di farlo. Quello che mi piace constatare nei miei incontri in Calabria, ma anche nelle altre regioni meridionali, è che ormai c’è una forte consapevolezza che non serve assistenzialismo, ma serve sviluppo, occorre cioè creare ricchezza per creare lavoro e realizzare il circolo virtuoso che il Sud attende da troppi anni. Lo si può e deve fare utilizzando al meglio i fondi europei, ma anche attivando politiche nazionali che diano sostegno alla creazione di posti di lavoro produttivi. Dal turismo, alla cultura, alle eccellenze enogastronomiche, il Sud, e la Calabria senz’altro, ha
“Il Sud è decisivoper il futuro del nostro Paese. Senza Sud non si salva nemmeno il resto d’Italia”
SETTIMANALE
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BRUNO TABACCI AVEVA GIÀ FATTO VISITA ALLA CITTÀ DI SIDERNO DURANTE LA RECENTE CAMPAGNA ELETTORALE DEL SINDACO PIETRO FUDA.
NO LATERZA FESTA NAZIONALE DEL CENTRO DEMOCRATICO,PARTITO GUIDATO DA BRUNO TABACCI
ud viene lasciato indietro i microbi nel mondo” enormi potenzialità. Serve però un’attenzione da parte del Governo, e serve una capacità di valorizzare le persone capaci che sono al Sud: penso a persone di esperienza e di qualità come il sindaco Fuda di cui ho parlato prima, ma penso anche a persone giovani ma di grande qualità come il nostro vicesindaco di Reggio Calabria Saverio Anghelone, o allo stesso sindaco di Reggio Falcomatà. Ma non vorrei fare torto a nessuno, le persone da citare sarebbero davvero molte. L’importante è puntare sulla qualità e sul merito a tutti i livelli. Einaudi soleva dire che non vi è crescita per una nazione che si divide invece di unirsi, condivide? Einaudi è stato una grande testa pensante di questo Paese. Oggi purtroppo di teste pensanti ne abbiamo molte meno. L’esigenza che abbiamo è tutt’altro che quella di dividerci. Se ci dividiamo non andiamo da nessuna parte in una competizione economica globale che si è spostata a est, verso la Cina e si sposterà in un futuro prossimo a sud, verso l’Africa. In questo il Mezzogiorno può avere una grande opportunità perché può rappresentare un ponte
decisivo per l’Europa in cerca di nuovi sbocchi. Il porto di Gioia Tauro, ad esempio, è in una posizione assolutamente strategica. Però proprio di questo c’è bisogno, di capacità di visione strategica. Quando sento certi leghisti dire che il Veneto dovrebbe staccarsi dall’Italia, o allo stesso modo il Piemonte o il Trentino, penso che la stupidità non abbia limiti: nessuna regione, nessuna singola area del Paese, nemmeno l’Italia stessa da sola, può farcela. Per farcela dobbiamo puntare su una dimensione più grande, quella dell’Europa unita. Ci vorrebbe qualche Einaudi in più, anche oggi e anche a Bruxelles. Nelle elezioni politiche del febbraio 2013, in cui Pietro Fuda è stato candidato come capolista al Senato per il CD, il suo partito ottenne, per l’elezione del Senato della Repubblica, 163.375 voti di cui ben 16.695 in Calabria, tanto che poi decise di nominare Fuda Coordinatore regionale per la Calabria del CD. Allora il suo slogan era “Costruiamo insieme il giorno migliore”. Secondo lei, Siderno con a capo Pietro Fuda può costruire il giorno migliore per l’in-
tera Locride? Assolutamente sì, credo che Siderno possa diventare un modello di buona amministrazione in grado di trascinare anche i paesi limitrofi. Gli esempi positivi sono importanti, anche se la scarsità di risorse con cui devono combattere tutti i sindaci è un problema. Ma il sindaco Fuda ha una capacità di visione politica e una conoscenza dei problemi dei suoi concittadini che sono sicuro saprà individuare soluzioni anche a costo o zero o quasi con risultati importanti. Che consigli si sente di dare al nostro sindaco? Non credo che il sindaco Fuda abbia bisogno di consigli. Posso solo incoraggiarlo a continuare nel suo lavoro, mettendo la sua esperienza al servizio dei cittadini di Siderno e della Calabria. Conosco poi l’attenzione che dedica ai giovani ed è un’altra dote che apprezzo perché credo che sia giusto trasmettere quello che abbiamo imparato in tempi in cui la politica aveva molto da insegnare. Oggi che non esistono più di fatto scuole di politica persone come Pietro Fuda rappresentano punti di riferimento tanto rari quanto preziosi.
“Quando sento certi leghisti dire che il Veneto dovrebbe staccarsi dall’Italia, penso che la stupidità non abbia limiti”
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ATTUALITÀ
L’intervista
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I ragazzi della meravigliosa vallata di Platìnon sempre hanno potuto contare su esempi di vita impeccabili ma non sono certo dei nullafacenti e nulla pensanti come troppo spesso vengono definiti.
Luca Rotondi:“Gli scugnizzi di Platì non sono senza speranze” MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
i sono sindaci che amministrano peggio del più fiacco e demotivato commissario e poi ci sono commissari che reggono un paese con l’entusiasmo del sindaco più laborioso. È quest’ultimo il caso di Luca Rotondi, commissario prefettizio del comune di Platì che mercoledì scorso è venuto a trovarci in redazione, accompagnato dal simpatico ingegnere Pietro Fazzari. Cos’ha pensato appena è stato nominato commissario a Platì? La Locride non era per me una terra sconosciuta, in quanto sono stato Presidente della Commissione Straordinaria del comune di Careri. Divenuto commissario di Platì, non mi sono lasciato scoraggiare da una realtà apparentemente difficile, con problemi atavici e insolubili ma ho cercato di ragionare in prospettiva e affrontare in maniera organica le varie criticità, sfruttando tutte le potenzialità del personale del comune. Come sono solito fare quando mi accosto a una nuova realtà, ho iniziato con una prima fase conoscitiva, in cui ho proceduto a un accorto monitoraggio di tutto ciò che avrebbe potuto mettere a rischio la sicurezza della popolazione. Ho individuato alcune grandi problematiche: dissesto idrogeologico, ovvero il rischio di esondazione del torrente Ciancio che sovrasta il centro abitato di Platì e che già negli anni ‘50, com’è noto, ha provocato diversi morti; carenza strutturale della rete idrica, tanto che numerose famiglie di Platì sono costrette a rimanere senz’acqua per giorni in periodi di gran caldo; insufficienza della rete fognaria e del sistema di deflusso delle acque; tutela e valorizzazione del territorio, a partire da una bonifica ambientale. A questo va aggiunto che Platì è un territorio difficile con un’alta percentuale di criminalità per quanto riguarda i reati denunciati e le condanne in rapporto al numero degli abitanti. Quindi cosa ho pensato appena mi sono insediato? C’è tanto da fare! È stata più dura reggere il primo o il secondo colpo, ovvero la conferma a commissario? Sono rimasto sorpreso e rammaricato della mancanza di presentazione
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delle liste, tuttavia essendo un entusiasta e avendo avviato una programmazione consistente ho ripreso la mia opera animato da un’implacabile voglia di fare. Per essere eletto sindaco a Platì servono delle qualità particolari, dal momento che nessuno si è candidato, almeno entro i termini utili? Bisogna avere una buona conoscenza dell’apparato burocratico e della normativa di riferimento per sapersi muovere soprattutto nei comuni minori con gravi difficoltà dal punto di vista finanziario e organizzativo. Platì, poi, è un territorio particolare toccato da indagini di rilevanza nazionale. È necessaria tanta pazienza e buona volontà: mi sono ritrovato ad affrontare il fenomeno del vandalismo nelle scuole grazie anche all’apporto dell’Arma dei Carabinieri con cui abbiamo tenuto delle interessanti conferenze contro il bullismo. Ho provato ad avviare la raccolta differenziata dei rifiuti ma pensi che è stato complicato persino trovare una collocazione ai cassonetti, in quanto la popolazione non è
“Ci sono notti in cui non riesco a prendere sonno e mi capita tutte quelle volte in cui ho paura per la mia gente”
molto incline all’ordine… Leggo nei suoi occhi grande entusiasmo tanto che sembra più il sindaco di Platì e non il commissario… La gente apprezza quanto fa per il paese? La gente apprezza eccome. Non è vero che il commissario è visto sempre come un usurpatore. La gente vuole semplicemente vederne l’operato. C’è un tavolo continuo a Platì; per la questione del fiume, ad esempio, abbiamo creato una sinergia molto forte con il presidente Oliverio così come con l’Autorità di Bacino. La gente mi ferma e mi dice “Dottore, non abbiamo mai visto un interesse così forte per il nostro paese, se continuiamo così finalmente quando piove non rischiamo di allagarci”, e questo non può che riempirmi di orgoglio ed entusiasmo. Se riuscissi a concludere la mia attività a Platì con l’apertura di un secondo depuratore, dopo quello attivato nella frazione di Cirella, e un finanziamento consistente per il nuovo acquedotto, io mi sentirei veramente soddisfatto. Avrei, poi, dei sogni, ovvero quello di avviare un servizio di raccolta differen-
ziata “porta a porta” dei rifiuti e accontentare i ragazzini che mi aspettano fuori e mi chiedono: “Dottò, a che punto siamo con il campetto di calcio?”. Non mi era mai successo niente di simile, e questa loro tenera persecuzione è un ricordo che porterò sempre con me. I ragazzi di Paltì sono apatici, nullafacenti e nulla pensanti come spesso vengono descritti? No, assolutamente. Purtroppo non sempre hanno potuto contare su esempi di vita eccellenti ma tutto si può dire tranne che siano apatici. Hanno bisogno di centri di aggregazione che offrano loro delle possibilità di educazione e di crescita. Negli occhi dei bambini di Platì trova conferma delle statistiche sul tasso di criminalità del paese? Non credo che il destino di un ragazzo sia segnato necessariamente dal contesto sociale in cui vive, senz’altro condiziona ma non penso assolutamente che i bambini di Platì siano senza speranze. I bambini di Platì come tutti gli altri bambini vogliono sola una cosa: giocare. Che effetto le fa la mattina quando si reca nel suo ufficio e si siede accanto a quelle finestre crivellate di pallottole? Si tratta di fatti del passato; episodi di violenza recenti a Paltì non ce ne sono stati, probabilmente anche grazie a un lavoro encomiabile delle forze dell’ordine, sempre pronte e disponibili. Ci sono notti in cui non riesce a prendere sonno? Sa quando non riesco a dormire? Quando ho paura per la gente. Non ho dormito, per esempio, quando è piovuto forte ed ero preoccupato che il fiume esondasse. Cosa si augura per Platì? Mi auguro una gestione oculata in futuro, un’amministrazione che si rimbocchi le maniche e, rimanendo con i piedi per terra, si impegni in piccole ma tante opere per Platì. Mi auguro, poi, un cambio di mentalità nelle giovani generazioni, più fiducia nelle istituzioni e maggiore senso civico e spirito di collaborazione. Sogno che nasca finalmente un’associazione di volontariato che si interessi dei problemi degli anziani e dei diversamente abili, perché purtroppo a Platì c’è troppo poco senso della collettività e dello stare bene insieme.
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SANITÀ
SABATO 26 SETTEMBRE 10
Quando l'istruzione diventa un privilegio...
Scura angelo della morte della sanità provinciale: i sindaci della S Locride e della Piana insorgono UNA
CONFERENZA STAMPA RELATIVAALLA SANITÀ DEL 17 SETTEMBRE HA MESSO IN ALLARME I SINDACI DELLA LOCRIDE E DELLA PIANA, PRONTI A SCENDERE IN PIAZZA PER URLARE I PROPRI DIRITTI.
La nefasta conferenza stampa che il commissario alla sanità calabrese, Massimo Scura, ha tenuto giovedì 17 settembre, ha fatto tremare le vene e i polsi di più di un primo cittadino della periferia reggina. Particolarmente sdegnata, e a ragion veduta, è apparsa la reazione del sindaco di Locri, Giovanni Calabrese, che in una lunga lettera/comunicato ai mass media, ha affermato di aver avuto la netta impressione che “Scura si stato mandato in Calabria non per risollevare la sanità calabrese, ma per darle il colpo di grazia”. “Scura - prosegue Calabrese - ha probabilmente avuto il mandato di chiudere l’Ospedale della Locride con l’obiettivo di favorire quello del capoluogo, a scapito di un utenza di 200.000 persone che saranno obbligate a spostarsi a Reggio Calabria per qualsiasi prestazione sanitaria. “Tutto ciò davanti all’indifferenza, o meglio, con il compiacimento dei politici regionali reggini e del Sindaco metropolitano, che [ha snobbato] ancora una volta i colleghi provenienti dal territorio provinciale”. Oltre all’appello a Oliverio che, in qualità di rappresentante di tutti i calabresi, dovrebbe smetterla di “prestare il fianco ai sicari della sanità”, Calabrese chiude l’intervento pregando tutti i sindaci della Locride e della Piana interessati da quest’operazione di mutilazione della sanità locale, di scendere quanto prima in piazza per protestare contro una serie di provvedimenti che, nella loro banale cecità, potrebbero davvero sfociare nella tragedia. Il primo ad accogliere l’appello del sindaco di Locri è stato Pietro Fuda che, a poche ore di distanza dall’appello del collega ha annunciato senza mezzi termini che “Siderno sta con Locri, Gioia Tauro e Polistena”. Ribadendo la convinzione più volte espressa che solo attraverso l’unione una terra spesso bistrattata come la Locride possa riuscire a far valere i propri diritti, Fuda ha affermato che i sindaci del nostro territorio, così come quelli della Piana di Gioia Tauro, non possono “accettare che sulle famiglie che appartengono ai nostri territori si continuano ad abbattere sciagure”.
“Noi, - ha affermato Fuda - sindaci di territori offesi per alcune centinaia di volte, non possiamo essere complici di chi umilia quotidianamente la nostra gente. Se dobbiamo ancora subire l’ingiustizia, allora chiediamo all’ingiustizia di essere meno vorace. Pretendiamo serietà e considerazione. Sappia, il commissario Scura, che anche gli ultimi e gli abbandonati hanno occhi, cuore, cervello e spina dorsale, e sappia, Massimo Scura, che le comunità dei nostri territori saranno presenti a tutte le iniziative che saranno organizzate dai sindaci nel breve periodo, a Catanzaro, a Reggio, ovunque”. E, proprio per la volontà di mantenere questo impegno, Calabrese ha organizzato venerdì scorso una conferenza stampa per discutere della delicata questione di geriatria a Locri ma, soprattutto, tutti i sindaci si riuniranno in due manifestazioni: la prima avrà luogo a Locri, il 17 ottobre, la seconda a Polistena, il 24. Jacopo Giuca
Limina chiusa per lavori solo nelle ore notturne. Isolamento scongiurato, ma disagi in vista Mercoledì 16 settembre, alle ore 9:30, si è tenuto un importante tavolo tecnico alla sede regionale dell’ANAS. Scopo della riunione, che ha permesso il confronto tra i vertici della società che si occupa di viabilità nazionale e rappresentanti della politica regionale e della Locride è stata quella di “trattare” sulla chiusura h24 o meno della Starda di Grande Comunicazione 682, meglio conosciuta come Jonio-Tirreno, per permettere i lavori di manutenzione del valico della Limina. Data per scontata l’esigenza di mettere in sicurezza la lunga galleria che separa le due coste calabresi, i sindaci, appoggiati dall’assessore Roccisano, hanno ottenuto dall’ANAS una chiusura del tratto stradale nelle sole ore notturne, limitando al massimo disagi che altrimenti si sarebbero protratti per oltre un anno con ricadute gravissime su tutto il territorio. Isolamento scongiurato, dunque, ma rallentamenti e possibilità del protrarsi dei lavori durante il giorno non sono scongiurati. Prestate attenzione!
ettembre. Periodo di nuovi inizi, di nuove sfide, di iscrizioni, tasse da pagare, bonifici da effettuare e poi ancora immatricolazioni, online e non, test d'ingresso, borse di studio da elargire. Settembre significa anche questo. È l'anno - scolastico o accademico che sia, che lo si intraprenda per la prima volta o meno - che ricomincia e ci manda chiaro e tondo il messaggio che è arrivato il momento di darsi da fare, di rimboccarsi le maniche e sgobbare sui libri. Almeno è questo il significato che un qualsiasi studente darebbe a tale mese. Tuttavia, nel 2015, non tutti gli studenti potranno permettersi di tornare fra le aule universitarie. Nei giorni scorsi, infatti, per il nuovo calcolo del modello Isee, che avrebbe portato a un aumento del 10 %, migliaia di famiglie di studenti si sono ritrovati a essere più ricchi senza vedere aumentato di un centesimo il proprio reddito patrimoniale. Chi aveva preparato, quindi, tutti gli incartamenti per poter concorrere alla borsa di studio della propria università, che gli avrebbe permesso di poter coprire in tutto o in parte le mastodontiche spese universitarie (che aumentano visibilmente di anno in anno), si è ritrovato con un pugno di mosche e privo del consueto status di avente diritto. Così, conseguentemente, molti ragazzi meritevoli, con una media eccellente e che danno dignità a un Paese ormai traghettato verso il declino, si vedranno costretti a rinunciare alla laurea (molti magari con la tesi già avviata), a passare da un'università statale meno dispendiosa, a passare alla condizione di studente lavoratore per pagare libri, tasse e pasti o, peggio, a chiedere un prestito alle banche. Ma in tempi di crisi, chi vuoi che chieda un prestito e, soprattutto, si è mai vista una banca elargirlo senza garanzie di riscossione? Non si ha neanche una mentalità americana, dove i cosiddetti prestiti d'onore sono all'ordine del giorno. Essi consistono in debiti maturati da studenti presso banche o istituti di credito per coprire le spese scolastiche, con l'obbligo di restituire quanto prestato una volta iniziato a guadagnare. Un investimento rischioso che, di questi tempi, non tutti possono permettersi. Qual è però il vero problema, qual è la beffa che si aggiunge a questa già di per sè folle situazione? Che chi potrebbe benissimo permettersi di pagare le tasse, le evade, ottenendo di conseguenza la borsa di studio spettante a uno di questi esclusi. Il Fisco, allora, non potendo ottenere il gettito desiderato a causa di un certo livello di evasione, sarà costretto a introdurre nuovi aggravi a carico dei contribuenti (magari già tassati alla fonte) che non evadono. Non sembra, agli occhi di chi scrive, questa, la vera meritocrazia e non stupisce, fatte queste premesse, le numerose perdite di capitale umano dovute alla fuga dei cervelli più brillanti. Cervelli che non vogliono privilegi ma, semplicemente, rivendicare diritti. Lidia Caterina Brancia
Un’altra magnifica esperienza riempie la bacheca deibambini dell’A.G.D. di Locri Domenica 13 Settembre dopo una stagione costellata da eventi tesi all’informazione, all’aggiornamento ma soprattutto alla scoperta e presa di coscienza di quanto possa essere “normale” oggi vivere col diabete tipo 1; l’Associazione Giovani col Diabete (A.G.D. locride) e la Lega Navale Italiana di Roccella Ionica hanno vita ad uno straordinario avvenimento per affacciare i bambini e ragazzi affetti da diabete al mondo della vela. Proprio per l’importanza della pratica di attività fisica per un miglior controllo glicemico, in aggiunta alle informazioni di carattere scientifico-terapeutico, sono state molte le iniziative che negli ultimi mesi l’AGD locride ha promosso col fine di avvicinare gli iscritti a tutti i più svariati tipi di sport e sensibilizzarli alla loro pratica. Incontrando la grande sensibilità e disponibilità dimostrata dalla Lega Navale Italiana di Roccella Ionica, questa volta gli iscritti sono stati
partecipi di un evento esclusivo a bordo di due delle più belle imbarcazioni a vela della flotta della LNI in compagnia dell’esperienza e della competenza dei suoi equipaggi. Prima di salire a bordo, come accade sui più prestigiosi campi di regata, armatori e skipper della Lega Navale Italiana hanno comunicato l’itinerario della “mini crociera” durante un informale skipper-meeting. Una volta mollati gli ormeggi hanno illustrato regole e tecniche principali della navigazione, hanno mostrato le strumentazioni di bordo e spiegato il loro utilizzo trasmettendo ai giovani partecipanti la loro passione per il mare ed infondendo i sani principi del navigare “senza fretta”. C’è stato anche spazio per il divertimento e la spensieratezza nelle soste effettuate al largo delle coste roccellesi durante le quali, tra tuffi ed esplorazioni, gli equipaggi e gli accompagnatori hanno potuto
godere dell'entusiasmo dei ragazzi dell’AGD. Questo evento è stato realizzato grazie all’impegno dello staff medico del centro diabetologico pediatrico dell’ospedale di Locri (Dr. Francesco Mammì e la D.ssa Mariella Bruzzese), dell’A.G.D. locride (con presidente Giuseppe Carbonaro), della Lega Navale Italiana di Roccella Ionica (con presidente l’Ing. Ilario Franco), degli armatori (Comandante Vincenzo Cappelleri e Prof. Antonio Lanzo) coadiuvati dagli skipper Dino Audino, Lucio Povoleri e Giovanni Bruzzì. Il valore aggiunto di questi eventi spesso sta nelle persone. Il 13 settembre 2015 si è stabilito un legame tra due associazioni solo apparentemente distanti tra loro; sono stati i componenti che le hanno rese molto vicine al punto che dopo solo qualche ora di navigazione si cominciava già a parlare di progetti più ambiziosi per la prossima stagione.
GERENZA
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SABATO 26 SETTEMBRE 14
La memoria del tempo non dissolve il tuo dolce ricordo
RICORDANDO
Caro fratello mio Un’altra estate è volta al termine, e come sempre il mio ritorno oltreoceano porta con se il suo carico di tristezza, malinconia e quella strana nostalgia che ti rende inerme e quasi vittima delle tue stesse scelte. Allo stesso tempo, però, questa volta me ne parto con quella speranza e quella forza che riempiono le giornate e ti aiutano a progettare un futuro, migliore o peggiore che sia, ma l’importante, lo sai, è riuscire a progettare… Tornando all’ estate appena trascorsa ti posso confidare che la movida Locridea è sempre al top della provincia… Moltissimi artisti hanno movimentato i locali, organizzazioni varie sono riuscite a coinvolgere la popolazione in splendide serate, molte volte criticate pesantemente, a mio parere, ignorando il bene che un locale può fare al paese ospitante. Altra novità: finalmente Siderno ha il suo Sindaco! Destra o Sinistra che sia, finalmente i Sidernesi ritornano ad avere una voce, siamo ritornati alla Democrazia… Ma andiamo al vero motivo di questa mia lettera: oltre ad approfittare di salutarti con queste mie poche righe vorrei scusarmi con te poiché non sarò nella nostra amata Siderno in un giorno speciale… Il tuo giorno. Ricordo che da quando avevamo sette anni, ogni 28 Settembre, era impensabile che io saltassi il pranzo a casa Mory, magari piacevolmente accompagnato dal famoso risotto allo Champagne, preparato dalle sagge e pazienti mani di tuo padre, il grande Mario, e dalla dolcezza di tua madre e di tua sorella, che a te prendono come punto di riferimento, ed a me come persona di famiglia. Cerca di perdonare questa mia mancanza, ma sappi che tu sei e sarai sempre al centro dei miei pensieri… Dalla mia mente non potrà mai uscire la tua immagine, il tuo bene, la tua saggezza da uomo adulto di 26, e, da lunedì, di 27 anni… La mia mente non potrà mai non illuminarsi con il tuo splendido sorriso, e non si farà mai sfuggire la tua voce e le tue coinvolgenti risate… Buon Compleanno Fratello Mio… ovunque tu sia, ovunque sia io, saremo sempre vicini. Ti voglio bene Gigi dal più profondo del mio cuore. Con tutto l’amore, Martino
A un mese dalla scomparsa di Pino Loforte
Direttore responsabile: MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA
21 settembre 2008, dalle colonne de “La Riviera”, ricordavo con struggente commozione e velata malinconia, l’indimenticabile figura di un uomo, di un padre, di un amico, di un “giornalista di razza”: Gigi Malafarina. Una ridda di emozioni spesso forti e contrastanti e l’inesorabile svolgersi di molti accadimenti, hanno forse tributato il giusto valore al dolore della perdita e sovrastato il grande “silenzio intorno”. I tanti amici che hanno conosciuto e stimato mio padre e il suo “indomabile” spirito da guerriero, certamente lo vorranno ricordare con una sagace battuta pronunciata a fior di labbra, un sorriso bonario e uno sguardo disincantato “ oltre l’orizzonte” e “le frontiere del mondo”. A 27 anni dalla sua “assenza” che non è assenza, ma bensì “presenza viva e impalpabile” intorno e vicino a tutti noi, Gigi Malafarina prosegue ancora il suo lungo cammino nel firmamento dell’eternità e consegna “a mani aperte” alle future generazioni, “ai giovani di oggi”, ai tanti figli della sua amata terra di Calabria, una inestimabile e preziosa eredità morale ma soprattutto professionale. Con i suoi scritti documentati sul fenomeno della ‘ndrangheta e gli innumerevoli articoli di cronaca nera, per oltre trent’anni il giornalista Malafarina si è donato agli altri con grande generosità e passione, non dimenticando mai il valore di lunga durata di una scelta di vita dura e consapevole, consumata coraggiosamente “sul campo” e “dietro tante barricate”. Le poche e fugaci parole vergate oggi su di un foglio bianco non possono e non devono però imprigionare il ricordo di un Uomo, grande
Il
nella sua umiltà e semplicità. Sul palcoscenico della vita siamo tutti spettatori. Gigi Malafarina ha invece vissuto da indiscusso protagonista il dramma in chiaroscuro della sua Calabria e lo ha saputo e voluto descrivere a “tinte forti”, senza “omissioni di sorta” e “opportune censure”.
Pino Loforte ha detto addio alla vita un mese fa con grande serenità, ma la sua assenza ha lasciato un vuoto incolmabile in noi tutti. Ricordiamo il suo forte carattere che ha tirato fuori durante la sua lunga degenza senza mai dimostrare alcuna sofferenza, anche nei momenti più difficili. Per noi è sempre stato un sentiero da seguire la strada maestra. Per noi è stato calore, affetto e assoluto punto di riferimento. Un particolare ringraziamento va a tutti gli amici che negli ultimi anni della sua vita gli sono stati affettuosamente vicini. (I familiari)
Adesso mi congedo in punta di piedi e lascio ai tanti lettori ma soprattutto a tutti coloro che hanno amato e stimato Gigi Malafarina lo spazio del ricordo, per non dimenticare mai. Grazie papà, sempre indissolubilmente uniti nello spirito, “oltre questa vita”. Rosamaria Malafarina
Siderno piange l’avvocato Cosimo Armando Figliomeni
LOCRI: In piazza per salvare un ospedale moribondo? Purché si ascoltino i cittadini. Il Sindaco Giovanni Calabrese chiede alla popolazione della Locride di scendere in piazza per difendere il diritto alla sanità, per impedire un ennesimo indebolimento dell’ospedale di Locri. Una struttura ignorata dal commissario Scura che in 180 giorni non ha prodotto proposte convincenti al punto da far aggravare ancora di più una situazione che di per sè non trova pace, anzi vede ancora una volta allontanarsi concretamente il sogno di una sanità all’avanguardia e moderna in Calabria. È giusto che la politica chieda l’intervento della popolazione che è allo stremo ma non deve nascondersi dietro questa ennesima iniziativa, in quanto è la politica stessa a essere colpevole per aver gestito la sanità nel passato in modo irresponsabile senza proposte credibili al punto da averla portata a diventare inefficiente se non addirittura da terzo mondo, piena di sprechi, incapace di curare le patologie, relegata in strutture ospedaliere fatiscenti dove mancano i farmaci, tanto che in certi casi sono i pazienti a doverli
comprare. Ora la politica della Locride chiede di scendere in pazza in difesa dell’ospedale. Per difendere un ospedale moribondo; se questa è la motivazione è meglio stare a casa. Ma se l’intento è di scendere in pazza per consentire di fare emergere le proposte della società civile, così da trovare insieme la soluzione per ridare all’ospedale centralità e nuovi obiettivi che rimettano al centro il diritto alla salute – previsto dalla costituzione, che all’articolo 32 proclama solennemente che la Repubblica garantisce e tutela il diritto alle cure e tutela la salute – allora sì che sarà un’iniziativa incoraggiante che aiuterà i cittadini della Locride a riacquistare fiducia in se stessi e nella politica, alla quale viene chiesto di riflettere, parlare meno e agire per il bene del territorio. Perché questa terra ha diritto a una sanità moderna ed efficiente. È necessario risolvere la questione definitivamente perché la salute è un diritto di tutti. Paolo Piscioneri
Ci ha lasciati intorno alle 20:30 di mercoledì sera l'avvocato Cosimo Armando Figliomeni, un uomo semplice, dotato di straordinaria solerzia e ingegno e di un'infinita bontà d'animo. Di recente ha pubblicato sul nostro settimanale il suo romanzo inedito a puntate dal titolo "Rispetta tuo padre (ovvero guardatemi le spalle)". La redazione si unisce con un affettuoso abbraccio al dolore dell'adorata moglie Silvana, dei figli Giuseppe e Francesco, della nipotina Flavia e di tutti quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
RIVIERA
ATTUALITÀ
L’editoriale
di Maria Giovanna Cogliandro
Che botte quella notte! na delegazione di Unni e Visigoti. Siderno contro Locri, pare. Sbucavano tante orecchie a quel buffet di botte. Tortini di botte, botte in pasta frolla, botte gratinate, vellutata di botte, botte in agrodolce, grigliate di botte, botte in umido, lasagne di (ti) pesto e botte. Buffet che stuzzicano a una certa ora, perchè bisogna pur trovare il modo di movimentare la serata, perchè è avvilente tornare a casa e dire semplicemente "mi fici nu giru". E così quella delegazione di Unni e Visigoti, gonfi e spocchiosi come zucchero filato si aggirava, in un giorno di festa, per il Luna Park, con quel fare di sfida in cui io continuo a scorgere incertezza e quasi paura. Degustatori di botte in una sala d'attesa di prestesti. Incapaci di variazioni nel loro pentagramma mentale. Magari i genitori avranno anche provato a trasmettere loro un minimo di educazione ma lì fuori ad attenderli c'è il branco e la spia si accende quando il livello del "carburante" è al minimo. Inizia a lampeggiare. Quelle scialbe lezioni saltano come una frittata scappata alla padella e volata fin sopra il soffitto a cui rimane incollata. Non c'è più coscienza del peccato, della colpa. L'altro esiste solo per dare un calcio alla noia. C'è chi ci prova a raddrizzare i chiodi storti. Ma a volte, si sa, il martello può sfuggire e pestarti il dito facendoti provare un dolore atroce. C'è chi ci rinuncia, chi lo fa solo per un po' e, dimenticato il dolore, ci riprova perchè è impossibile resistere alla tentazione di raddrizzare le cose storte. Peccato siano in pochi i caparbi. Peccato siano troppi quelli che abiurano in partenza. Peccato sia la maggioranza quella che si gira dall'altra parte. Quella stessa che si ringalluzzisce d'improvviso quando in mezzo alla rissa ci sono degustatori di botte stranieri, innalzati a stelle michelin. Perchè come menano loro nessuno mai. Questo quanto vogliamo farci credere. E mettiamo su baraonde di improvvisati e stomachevoli moralismi per crocefiggere chi minaccia la nostra civiltà. E iniziamo a strillare in pena (che pena mi fa questa pena) per i nostri figli, con quel misero singhiozzo imparato al cinema. Poi fanno a botte i nostri, hanno più di vent'anni, non si tratta di bambinaggini, e nessuno ha visto niente. Eppure "Che botte quella notte", avrebbe cantato Fred Buscaglione, "ho un sinistro da un quintale, ed il destro, vi dirò, solo un altro ce l'ha uguale ma l' ho messo KO". Finisce all'ospedale l'altro con il destro da novanta. Il destro di Locri ha messo KO il destro di Siderno, il giorno della festa del suo paese. Il vanto è doppio. Spero che quella notte, socchiudendo gli occhi, a ognuno di quei degustatori di botte gli errori siano risultati evidenti e abbandonandosi al sonno gli si siano snebbiate le meningi. Non voglio iniziare a credere che l'umanità sia un ideale. Magari sarò ingenua, non molto, giusto un po', e sì, lo so, è ancora più terribile.
U
FESTEGGIAMENTICONLEBOTTEQUELLIDELLA MADONNADI PORTOS
Venite SARA JACOPETTA
e feste paesane della Costa dei Gelsomini sono ormai volte al termine e l’ultima, quella di Siderno, con i festeggiamenti della Madonna di Portosalvo, è finita non con il botto, ma con le botte. È avvenuta difatti una rissa non indifferente nella zona delle giostre, dove a volare non sono stati giovani e non sui seggiolini delle giostre, ma pugni, calci e schiaffi. Ignote le cause della mega rissa che si è creata, dove un ragazzo sidernese è andato a finire al pronto soccorso, dove una marea di giovani, quasi tutti di sesso maschile (com’è
L
giustu) si sono raccolti come le api sul miele (per non fare un altro esempio che si suol fare con le mosche…). E insomma, qualcuno quella sera era uscito per provare il brivido di stare con la testa sottosopra sulle famose “forbici” e invece la testa sottosopra se l’è ritrovata ugualmente, con tanto di punti di sutura, per non farci mancare nulla. Qualcun altro invece girava con un semplice tirapugni in tasca, che non si sa mai, potrebbe sempre servire. La rissa dell’8 settembre è solo uno degli innumerevoli esempi di ciò che accade sulla Costa Jonica, soprattutto d’estate. E li riconosci da lontano, quelli pronti a far casino, perché si muovono in
branco, con lo stesso stile di abbigliamento, magari col colletto “quadrettato”, con lo sguardo da duro, a farsi spazio tra la folla che balla, a rovinare la serata di qualche ragazzina contenta di aver guadagnato, quella sera, mezz’ora in più sul rientro a casa. A mettere a rischio la reputazione di qualche locale che voleva solo farli divertire. A confermare, ancora una volta, che la Calabria è una terra abitata da troppi ignoranti, e che quelle stesse braccia coinvolte in pugni e spintoni, sono veramente braccia rubate alle zappe. Si azzuffano sulle note di Jovanotti che canta “Respira questa libertà...aaa…aaa”, e di libertà io ne vedo davvero troppa. E li giustifico. Sì, li voglio, li devo giustificare perché la colpa non è loro. La colpa è delle famiglie, dei genitori che hanno avuto altrettanti genitori che hanno insegnato l’onore difeso con gli sputi, con un “Tu non sa cu sugnu eu” (e avrei preferito non saperlo). Le stesse famiglie dove la comunicazione è divisa su diversi livelli, dove il padre è quello che si incazza se non c’è l’acqua fresca sul tavolo e le bestemmie vengono usate ogni due per tre. Quelle famiglie dove le decisioni non sono mai state prese in comunione e i figli sono cresciuti con la regola del “Si fa
Purtroppo non si tratta di un caso isolato. La chiusura della festa di Siderno segue il copione di ciò che accade sulla Costa Jonica, soprattutto d’estate e soprattutto dove c’è musica.
SETTIMANALE
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SABATO 26 SETTEMBRE 17
SALVO.UNA MEGA RISSA NELLA ZONA LUNA PARK HA SPEDITO UN RAGAZZO SIDERNESE AL PRONTO SOCCORSO
e,c’èrissa così perché l’ho deciso io”. Quelle famiglie dove a una parola di troppo dei figli, seguiva nu bellu cinculiri ‘nte mussa, “così a prossima vota t’impari”. Giovani con quell’IO forte perché in realtà sorretto da un NOI che fa da contenitore. Si muovono a branco, mai soli, bevono, si ubriacano e accerchiano qualche ragazza, magari tentando anche di allungare un po’ la mano. Già, le ragazze. Altra causa delle risse, usate come pretesto, perché qualcuno “gliel’ha guardata” la fidanzata, gliel’ha urtata e non si doveva permettere. Donne usate come oggetti, difese per una questione di rispetto, pubblicamente davanti a tutti e magari trattate come esseri inferiori, zittite, minacciate, quando nella quotidianità della coppia si propone qualcosa che esca dagli schemi del maschio. Me lo hanno raccontato, me lo raccontano tutt’oggi, me lo racconteranno. E poi c’è questo forte spirito di solidarietà che si crea tra concittadini, si corre a dare una mano nell’emergenza della rissa, ad alzarla quella mano, che se fossimo stati così solidali quotidianamente ad aiutarci realmente nei bisogni di tutti i giorni, saremmo dei paeselli modello, invece di avere l’onore di essere citati, col
nome Locride, tra i luoghi a più alto tasso di criminalità. La mia non vuole essere né un’analisi sociologica (perché non lo è affatto), né un appello. Il mio è un commento da giovane donna calabrese che si è posta l’obiettivo nella propria vita, tramite la mia professione di psicologa, di comprendere il modo di pensare e di agire delle persone e, ingenuamente, sperare che fenomeni del genere si possano prevenire. Fenomeni che ormai sembrano essere andati in cancrena, radicati sottoterra, sotto le strade dove si svolgono le corse notturne con le auto, sotto le stesse strade cui sotto chissà cosa giace, e ce lo ricordano i nostri parenti morti di tumore, che qualcosa là
sotto c’è. L’arma per combattere è la cultura, la scuola, l’associazionismo, quei famosi fattori di protezione a cui i giovanissimi devono essere indirizzati, prima di diventare gramigna, mala erba. Gli educatori si impegnano in questa grande sfida per tentare che i figli di oggi possano avere, a loro volta, figli a cui insegnare l’etica e il senso di civiltà. Perché vivere in un piccolo paese come quelli della Costa Jonica, potrebbe essere semplice e anche piacevole. È come quando vivi in un monolocale: è piccolo per cui facile da arredare, ma se non scegli i mobili giusti, diventa troppo stretto e poco funzionale.
Giovani con quell’IO forte perché sorretto da un NOI che fa da contenitore. Si muovono a branco, mai soli, bevono, si ubriacanoin attesa di fare a botte perchè magari gli hanno guardato lafidanzata
RIVIERA
Domenico Romeo parla del suo libro su Tommaso Campanella al Caffè Letterario Mario La Cava Il Caffè Letterario Mario La Cava prosegue la sua corsa fatta di incontri dedicati alla lettura e alla letteratura nostrana nella sua sede di Bovalino. Questa sera sarà la volta dell’incontro con l’autore Domenico Romeo, che presenterà il suo nuovo, interessante volume dal titolo: “Tommaso Campanella - Biografia per immagini”. L’appuntamento, dunque, è alla sede del Caffè Letterario Mario La Cava, in Corso Umberto I 112, a Bovalino, a partire dalle ore 19:00. Siete tutti invitati a partecipare.
CULTURA E SOCIETA’
L’incontro
In occasione dell’incontro“Una serata dedicata a Pasquino Crupi”tenutosi lo scorso 18 settembre a Delianuova, presso la libreria Librarsi di R. Leuzzi, Antonio Roselli propone il suo ricordo sul Professore.
Pasquino Crupi, un Don Chisciotte sprezzante e fantasioso i è nutrito di Gramsci, Dorso, Giustino Fortunato e nel contempo di Alvaro, Montalto, Perri, Lacava e Seminara. Inseguito dagli umori di questa letteratura, come pure da una recondita spigliatezza poetica, Pasquino Crupi aveva nella sua penna la sintassi leggera del lessico popolare, il giudizio di una fede umanista, la rabbia e lo sdegno per il grave scacco sociale inferto al suo Meridione. È stato il sogno di una terra e la crisi della cultura e della civiltà contemporanea, il punto di osservazione in cui Crupi ha concertato la sua letteratura militante e la dialettica pregna di passionalità civile, fondata sulla liturgia della franchezza. Era un Don Chisciotte fantasioso, un cavaliere sprezzante che dai podi fomentava le coscienze alla rivoluzione, fra un’attitudine populista e il fascino estetizzante della parola. Si direbbe che in Crupi hanno coabitato due spiriti: uno che è quello politico, che ricordava tanto il Rodomonte dello “Orlando innamorato”, e l’altro, invece, che è quello di accademico che, dalla sua “cattedra di piena scrittura novecentesca”, osservava con interesse le culture popolari e subalterne in opposizione alla retorica paternalistica di tanta critica letteraria. “La letteratura della mia terra mi ebbe per delusione del primo amore, – ha scritto in alcune note autobiografi-
S
che - amore politico che non si scorda mai. Io intendevo diventare un rivoluzionario di professione, come inducevano gli staliniani “Quaderni dell’attivista”, non un letterato. Gli studi e il perfezionamento del sapere erano strumenti al servizio dell’idea di una società senza sfruttati e senza sfruttatori, e la mia parola si sarebbe alzata, oltre che nelle piazze, nelle aule di tribunale per difendere i perseguitati della polizia di Scelba”. Il cattedratico Pasquino Crupi ha tradotto il senso della rivolta sociale nel dato artistico della realtà Meridionale, indagando la storia della letteratura calabrese sotto molteplici lineamenti che vanno dall’elemento storico a quello antropologico, ideologico e artistico. Ha focalizzato il policentrismo delle opere minoritarie allargando lo spettro di analisi sulle diverse letterature regionali. È doveroso ricordare i tre volumi della “Storia della letteratura calabrese – Autori e testi”. Pur rifuggendo il titolo di letterato (“Ma che letterato e letterato? - sembra sentirlo gridare - Sono stato un uomo di piazza e un propagandista della socialistica città futura”), nella storia della letteratura Meridionale, Crupi, ha portato a termine un’estrema conflagrazione senza spargimento di sangue. È riuscito a sconfiggere la retorica scellerata e svenevole del problema sociologico o pseudo-psicologico con cui la storia della letteratura italiana osservava quella calabrese. Il filone della cultura popolare, epurato e liquidato dalla critica nazionale, è stato il fulcro dell’indagine storica del Nostro. Hanno visto la luce, quindi, saggi e antologie su autori misconosciuti, ma rappresentativi per la letteratura locale: “Letteratura ed emigrazione”; “La Madonna di Polsi nella letteratura calabrese del Novecento”; “Benedetto Croce e gli studi di Letteratura calabrese”; “Il genio dei calabresi”. “Ho agguantato la società meridionale e calabrese con gli strumenti della critica letteraria e dell’indagine saggistica - ha scritto. Ho mescolato acque diverse. Sono io un eclettico? Ho scritto per trovare, non per curiosare frammezzo diverse discipline. Forse ho scritto anche troppo. Non sono certo, tutt’altro, di avere scritto libri importanti e pagine belle”. Paquino Crupi ha saputo guardare la Calabria operosa di San Leo (il “santo socialmente utile”, come lo definiva), di Gioacchino da Fiore, di Bernardino Telesio, di Campanella, di Padula; per riuscire a spillare il midollo di una rivolta fondata su principi filosofici, politici, premonitori e letterari. Ha offerto in voto la sua vicenda umana e culturale, di “meridionalista senza conversione”, a Santa Maria di Polsi. La stessa Vergine di Polsi alla quale raccomandava, con una rara lirica del settembre del 1996, l’anima di don Giuseppe Giovinazzo: “Ave, o madre della gente… Sveglialo con la pacifica tua ninna nanna\ con il beato numinoso tuo sorriso\ Quando sulla terra che più non danna,\ suonerà il suo inno in paradiso”. Antonio Roselli
«La chiarezza della parola come supremo scopo»
Prezzolini e «Il Borghese» (EDIZIONE FUORI COMMERCIO) PREMESSA DELL’AUTORE In questo libro osservo certi aspetti vivaci del carattere e del pensiero di Giuseppe Prezzolini (1882-1982), spaziando negli intervalli cronologici, ovviamente senza pretesa di completezza. Come avvertiva Jorge Luis Borges parlando dell’opera di Miguel de Cervantes (in Altre inquisizioni, Adelphi, 2000), «è verosimile che queste osservazioni siano già state enunciate, e forse più di una volta; la discussione sulla loro novità mi interessa meno di quella sulla loro possibile verità». Molte delle angolature di Prezzolini, le ho estratte di proposito dai suoi articoli per Il Borghese, la rivista politica e culturale fondata da Leo Longanesi nel marzo 1950 e, dopo il suo improvviso trapasso nel settembre 1957, diretta per trentasei anni da Mario Tedeschi fino alla morte inattesa nel novembre 1993: entrambi si spensero per infarto cardiaco. Prezzolini scrisse per questa rivista fin dal primo numero: «Facile fu collaborare al Borghese. Poca la paga, assoluta la libertà», annotò nella «Prefazione telegrafica» ad una sua raccolta di articoli (Dal mio terrazzo, Vallecchi, 1960). Diana Rüesch, conservatrice responsabile dell’Archivio Prezzolini nella Biblioteca Cantonale di Lugano, ha già osservato che «gli articoli prezzoliniani apparsi sul Borghese potrebbero benissimo fare da pendant ai tre Diari già pubblicati» (in Prezzolini e il suo tempo - Atti del Convegno internazionale di studi Firenze 12-13 aprile 2002, Le Lettere, 2003). Le mie «postille» a Prezzolini, con particolari riguardi alle sue idiosincrasie, alle sue relazioni e alle sue dispute,
sono sistemate in una svelta digressione che attinge liberamente a diverse fonti originarie (giornalistiche, saggistiche, archivistiche, epistolari), compulsate, puntualmente citate e confrontate tra di esse in forma di cronaca, prediligendo diari personali e corrispondenze, nonché utilizzando (ed è questa la novità) brani di un carteggio redazionale inedito che ebbi occasione di visionare. Prezzolini continua a riscuotere l’interesse degli storici, che guardano specialmente alla sua celebre impresa editoriale La Voce per spiegare la genesi e lo svolgimento dei fermenti culturali e dei cimenti politici italiani nei primi decenni del XX secolo. Tuttavia, a questo proposito, bisogna tenere a mente un singolare reclamo di Prezzolini novantenne: «Il “tempo della Voce” è la nicchia entro la quale vengo generalmente assegnato o consegnato con divieto di uscirne. Ma, per mio conto, mi sento meglio rappresentato dal tempo in cui uscii dall’Italia e particolarmente negli ultimi anni da quando tornai in Europa» (in Italia sott’occhio, America col cannocchiale, «Il Borghese» 23 gennaio 1972). Per la sua longevità, Prezzolini fu «contemporaneo e postero» di grandi intelletti del primo Novecento, tra i quali Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Giovanni Papini, Giovanni Amendola, Ardengo Soffici, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Benito
Mussolini, Gaetano Salvemini, divenendo quindi loro «testimone e giudice», come gli disse Giorgio Amendola in una lettera del 20 ottobre 1971, riportata in questo libro e già pubblicata in un mio vecchio articolo (“Parlo al PCI, ma registro tutto”, «Libero» 4 dicembre 2008) . Le riflessioni di Prezzolini sono messe in parallelo con gli scritti di altri importanti intellettuali, che lo hanno sottoposto a diversi giudizi, non sempre benevoli. Prezzolini era un agitatore di idee che «ha sempre avuto in vita sua la chiarezza della parola come supremo scopo», come lo stesso scrisse di sé in una lettera del 15 ottobre 1978 al direttore de Il Borghese. Nella costruzione del saggio, ho adottato il presente storico, per rendere più vivido il contesto e così lumeggiare alcune storie trascorse che hanno influito nella formazione della nostra coscienza nazionale. Credo che non ne abbia risentito troppo la scorrevolezza delle concisioni e spero che mi siano condonate alcune approssimazioni, inevitabili in un lavoro di sintesi (le ho però compensate con puntuali rimandi alle fonti bibliografiche, nelle numerose note). Riguardo alla utilizzazione di brani di un carteggio redazionale, del quale mi fu concesso di prender nota negli anni
Ottanta, credo che la loro riproduzione in queste pagine possa servire a confermare il rapporto solidale di Prezzolini con Il Borghese. Auspico che altri archivi privati si aprano per agevolare una più ampia conoscenza della sua collaborazione con questa rivista. Se il mio «compendio» (ché tale appare nella forma) susciterà nei lettori più giovani il desiderio di approfondire la straordinaria avventura novecentesca di Prezzolini, essi potranno utilmente leggere i suoi libri, le sue raccolte di articoli, i suoi diarî e i suoi epistolarî (in specie quelli pubblicati dalle Edizioni di Storia e Letteratura), rinvenibili nelle librerie o facilmente acquistabili tramite Internet. Prezzolini non tramonta mai nelle ristampe ed è sempre presente anche nelle rivendite dell’usato. Alcune sue monografie più annose sono gratuitamente scaricabili da un portale di libreria digitale (www.archive.org). Consiglio la lettura dei saggi analitici di Beppe Benvenuto (Giuseppe Prezzolini, Sellerio, 2003) e Marino Biondi (La cultura di Prezzolini, Polistampa, 2005), e della biografia scritta da Gennaro Sangiuliano (Giuseppe Prezzolini. L’anarchico conservatore, Mursia, 2007). Questi autori negli ultimi anni hanno riproposto Prezzolini a un pubblico avveduto, seguitando idealmente il prezioso lavoro esegetico e divulgativo del giornalista Claudio Quarantotto (1936-2014), dello storico Emilio Gentile (che sta lavorando da molto tempo ad un’ampia biografia definitiva) e del giornalista Giovanni Lugaresi, tra i più cari amici dell’anziano Prezzolini e testimoni della sua grandezza. Francesco D. Caridi
RIVIERA
LA ROSA DEIVENTI UNO SCOOP ECCEZIONALE
Questa sì che potrebbe essere una notizia bomba, la potrebbe dare Madame De Stael. Dovete sapere che questa scrittrice e poetessa francese si era perdutamente innamorata di Napoleone Bonaparte. Naturalmente non corrisposta assolutamente anche perché era assillante e anche bruttina. Chiedeva continuamente di essere ricevuta dall’Imperatore ma otteneva divieti in
continuazione. Una sera che fa? Eludendo la sorveglianza, riesce a penetrare addirittura nella camera da letto quando Napoleone e la sua Giuseppina stavano andando a dormire ed erano ovviamente in abiti succinti. Davanti all’improvvisa apparizione della donna, Giuseppina scappò, Napoleone, sconcertato, rimase a fronteggiare l’intrusa, così come si trovava. Madame, come se fosse una cosa normalissima: - Non preoccupatevi, Generale: i geni non hanno sesso - gli disse senza scomporsi minimamente. I domestici che origliavano riportarono l’indomani mattina l’accaduto e la frase fece il giro di tutta Parigi.
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Questa settimana, sarà per l’estate che ci lasciamo alle spalle, sarà perchè settembre è il mese della scuola e chi non ha più l’età per andarci la rimpiange, sarà quel che sarà, ci sentiamo nostalgici. Vi proponiamo un pezzo apparso su la Riviera il 12 aprile 2009, un piccolo grande capolavoro di Paolo Catalano così favolosamente intriso di amorosa e struggente nostalgia.
I ragazzi che si baciano sul lungomare sono belli PAOLO CATALANO Il lungomare sente la primavera. Il salotto buono del paese, si fa per dire tanto è disastrato dopo il terribile inverno che ci lasciamo alle spalle, si anima, è più colorato. Gente di tutte le età lo percorre, chi facendo footing, chi passeggiando, chi facendo l’amore, chi chiacchierando. È un universo colorato. I suoi frequentatori rivivono nell’attimo fuggevole, nel momento che passa, protetti da una amorosa, struggente, languida presenza femminile. Specie fra i giovani che sono attratti qui dalle ragazze, scoppiettanti e belle come raggi di sole. I ragazzi, che hanno preferito alla noia della scuola il sole del lungomare si sussurrano dolci parole, altri litigano, altri ascoltano l’immancabile telefonino. I ragazzi che si baciano sul lungomare sono belli, belli come l’amore che li muove, belli come la dolce malinconia che mi scende nel cuore se penso a quando ero al loro posto. Sono vestiti di jeans e hanno magliette (le donne) che lasciano scoperto l’ombelico, hanno scarpe di vario colore. I ragazzi invece hanno pure loro jeans e magliette e scarpe di ginnastica e barbe incolte. Le ragazze sono sedute sulle panchine e nascondono il volto sulla spalla di lui. Guardano le lucertole che timide si affacciano sulle fessure dei muretti screpolati, o le formiche che pensano al futuro. Li invidio, invidio la loro gioventù e il loro ardore. Mi ricordano quando ero giovane. Ho nostalgia della mia gioventù, è una nostalgia fugace, come le nuvole che passano sul sole o il mare che spumeggia con il vento o le canne che si piegano al dolce soffio senza lasciare traccia ad un altro pensiero. Ho troppo fretta, devo fare la mia mezz’ora di moto, sono distratto da mille pensieri, da mille ricordi, da mille volti che fanno capolino per poi sparire inghiottiti dall’ombra. La mia vita l’ho vissuta come è stato possibile, forse il mio tempo è finito, sono qui per questo, per fare ritardare l’ora fatale. Ma la malinconia ritorna quando sento sussurrare, i ragazzi, parole d’amore seduti sulle panchine che impazzano di scritte che raccontano amori finiti; altre che incominciano, altri che stupiscono, secondo una recente moda che sporca tutti i muri della città. Ho scoperto che le scritte sono state fatte da una ragazza per
lasciare segno di sé, o per sentirsi al passo con i tempi. È, la mia, constato amaramente, una generazione che muore perciò mi assale ancora la malinconia, impalpabile, passeggera come il leggero vento che spira dalle colline, come le nuvole che non lasciano traccia in cielo e volano via dopo essersi tinte di rosa, di fuoco, dopo aver, per un attimo, illuminato l’orizzonte e delineato le cime dei monti, come una passione che va al di là del rimpianto, che anzi non vede e non sente. Le ragazze, le donne, gli uomini, il popolo del lungomare di primavera, sono belli, sono vitali, sono aggrappati alla vita, scommetto che fanno progetti, che aspettano domani che sarà più bello di oggi. Poi le ragazze, alcune di loro, fanno yoga sulla spiaggia in attesa di lui e poi bisticciano e camminano sulla spiaggia. Io mi sento estraneo a quel popolo indaffarato che va su e giù, che vorrebbe abbracciare il mondo. La mia generazione è troppo preoccupata di esistere per esistere davvero. Una generazione incolore che forse non lascia ricordi di sé, la mia, che è passata come una meteora come il viso di una fanciulla che si sciupa con gli anni senza mai essersi guardata allo specchio, senza aver mai goduto di sé, della sua bellezza, dei suoi occhi, del suo viso di Madonna,
del suo naso, dei suoi seni, del suo corpo, della sua intelligenza forse o forse no. Senza accorgersi della sua bellezza. Senza mai conoscersi, senza avere mai avuto coscienza di sé. Eh sì, la vita è crudele, appena hai dato uno sguardo e già ti ritrovi a dover contemplare il tramonto. Tramonto pieno di acciacchi, di rimpianti, di memorie. Alle volte le ragazze sedute sulle panchine del lungomare, sulle orrende scritte che volevano trasmettere chissà che, forse emozioni, e invece trasmettono volgarità, sono belle altre non lo sono ma hanno tutte una luce interiore che le illumina. Eppure non sono che giovani donne cioè dei giovani corpi che agiscono e si esprimono guidati da sentimenti e da pensieri. Non sono che mortali, giustamente preoccupati di colui che aspettano, è raro che guardino il cielo o le nuvole che passano, è raro che guardino le barche malinconiche sulla spiaggia o i gabbiani che volano bassi per posarsi più in là. Sono troppo occupati a telefonare per dirsi cose che domani, forse, non ricorderanno. Hanno preferito il lungomare a tediose ore di lezioni, hanno preferito i baci del ragazzo alla mèlica, il sole alla letteratura, il mare con i suoi odori alla ragioneria, e ora sono lì a interrogarsi se lui le vuole bene o ha un’altra ragazza. Non si accorgono delle margherite, dei fiori gialli nelle siepi, dei non ti scordar di me molto pertinenti nel loro caso, delle palme mosse dal vento. Mi ama, non mi ama. E si attaccano al telefonino con il viso rigato di pianto, spento il sorriso, morte le parole che vorrebbero dire, stanno lì basite e tristi. Lo dovrebbero sapere che “le cose nella vita non sono mai troppo precise; e dipingerle nude significa mentire, poiché le intravediamo solo attraverso la caligine del desiderio” dice la Marguerite Yourcenar in Alexis. Ma loro non amano la letteratura, non amano il rumore del mare o li amano, ma adesso l’importante è che lui risponda, che lui spunti da qualche parte per rendere colorata la giornata, allora sì che la sabbia diverrebbe soffice, allora sì che tutto: vento, mare, cielo, margherite, avranno un senso, significheranno qualcosa. Non sanno che nella vita ci saranno tante notti dell’anima, che tanti di noi hanno provato. Ci sarà un tempo quando tutto sarà detto, tutto sarà compiuto e resteranno solo i ricordi ormai sbiaditi.
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SALUTE&MEDICINA
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I consigli Antonio Cassone
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Le otiti medie croniche ’orecchio può ritenersi costituito da tre parti: esterno (padiglione e condotto uditivo esterno), che ha la funzione di convogliare le onde sonore; medio (cassa timpanica con catena ossiculare, mastoide e tuba di Eustachio), che ha la funzione di trasmettere e amplificare le onde sonore; interno (labirinto anteriore e posteriore), dove sono presenti i recettori uditivi e dell’equilibrio.Le otiti medie croniche sono delle flogosi croniche che interessano l’orecchio medio, possono riconoscere diverse cause, avere un andamento subdolo e complicanze assai temibili. Le stesse derivano più frequentemente da otiti acute recidivanti o curate in modo inadeguato e da tutte le condizioni che determinano una flogosi della tuba, come la deviazione del setto nasale, l’ipertrofia dei turbinati inferiori e medi, i polipi nasosinusali, le rinosinusiti purulente recidivanti, l’ipertrofia adenoidea e le allergie. Le otiti medie coniche si distinguono in essudativa e purulenta, semplice e colesteatomatosa. L’otite media cronica essudativa o catarrale è sempre conseguenza di un
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processo infiammatorio che dal naso o dal rinofaringe si propaga alla tuba e al cavo timpanico. La flogosi interessa la tuba che si ostruisce detrminando la comparsa di senso di occlusione, ovattamento auricolare, acufeni e autofonia. La terapia è medica e si basa sull’uso di cortisonici, antibiotici, antistaminici, decongestionati per via locale e/o sistemica. Talvolta la flogosi si propaga direttamente alla cavità timpanica, dove si accumula secrezione catarrale, che nelle prime fasi è liquida e successiva-
mente diventa gelatinosa. I sintomi sono dolore, ipoacusia, acufeni ed autofonia. Se a seguito di un adeguato trattamento farmacologico (cortisonici, mucolitici per via aerosolica e generale) il quadro non si risolve è necessario effettuare una miringocentesi, cioè una piccola incisione a carico della membrana timpanica, aspirare la secrezione presente nella cavità ed applicare un piccolo drenaggio in polietilene a cavallo della membrana stessa che consente la ventilazione e quindi la guarigione
L’esperto Rossi Daniela
... e se il formicolio fosse ai piedi?
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Dott Rossi Daniela info: 3381389245 Clinica HumanitasGavazzeni a Bergamo
STUDIO RAYMAT, VIA CALVARIO, 15\A - 89046 MARINA DI GIOIOSA IONICA (RC) TEL. 0964\416856 - CELL. 393\5639490
L’alterazione della sensibilità, definita come formicolio o addormentamento, può essere presente, oltre che alle mani, anche ai piedi.I pazienti diabetici, per esempio, riferiscono il disturbo localizzato da metà gamba alle dita dei piedi, come se ci fosse una calza. Nel caso dell’iperglicemia, tale sintomo è espressione della sofferenza bilaterale e simmetrica dei nervi della sensibilità, a causa della ridotta irrorazione sanguigna da parte dei piccoli capillari delle estremità inferiori, e viene definita polineuropatia. Questa condizione neurologica si può riscontrare anche nelle patologie reumatologiche, nella carenza di vitamina B, durante il contatto prolungato con vernici, piombo o collanti, nell’insufficienza renale, durante la chemioterapia, nell’abuso di alcool, in caso di tumori o può essere presente dalla nascita come in rare forme ereditarie. In altre condizioni il formicolio può avere una localizzazione ben precisa, interessare solo alcune dita del piede o una parte della caviglia. E’ probabile, In queste condizioni, l’interessamento del nervo sciatico alla sua origine, a livello della colonna lombare,come accade in seguito alla compressione da parte di un’ernia del disco. Ma anche lo schiacciamento lungo il decorso del nervo, come può accadere a livello del ginocchio, se si mantengono per lungo tempo le gambe accavallate, causa intorpidimento del piede.Il formicolio notturno sotto la pianta del piede è causato dall’intrappolamento di un ramo sensitivo del nervo sciatico alla caviglia. Viene denominata sindrome del tunnel tarsale ed è il corrispettivo agli arti inferiori della sindrome del tunnel carpale. Anche le scarpe strette possono causare “l’addormentamento “ del piede per schiacciamento di piccoli nervi sensitivi. Solitamente è l’alluce ad essere interessato e il disturbo scompare dopo qualche mese.Cause di formicolio, infine,sono anche le patologie del midollo e del cervello, come la sclerosi multipla, l’ictus, alcune forme di crisi epilettiche, le compressioni midollari, i tumori, o le patologie vascolari come l’insufficienza venosa. In questo breve excursus emerge come il formicolio ai piedi sia sintomo multifattoriale che spesso sottende patologie importanti che necessitano di adeguata diagnosi e trattamento.
del processo infiammatorio. L’otite media cronica essudativa può evolversi in otite cronica purulenta che si distingue in semplice e colesteatomatosa. L’otite media cronica semplice è caratterizzata dalla perforazione paracentrale o inferiore della membrana timpanica e dall’otorrea muco-purulenta. È presente ipoacusia, mentre il dolore c’è solo in caso di riacutizzazione. Il trattamento farmacologico è prevalentemente locale. Dopo circa 6 mesi dall’avvenuta guarigione e in assenza di riacutizzazione è possibile effettuare la miringoplastica, cioè un intervento di ricostruzione della membrana timpanica utilizzando la fascia del muscolo temporale dello stesso paziente, e ove necessario si ricostituisce l’integrità della catena ossiculare (ossiculoplastica). L’otite media cronica colesteatomatosa si caratterizza per la presenza di una cisti di pelle desquamata all’interno del cavo timpanico o della mastoide. La sintomatologia è scarsa, è presente solo ipoacusia trasmissiva o otorrea fetida in caso di riacutizzazione. Questo rende la patologia ancora più subdola e pericolosa. Tale cisti se non asportata tende a crescere nel tempo
L’intervista
aVincenzo Carabetta
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a discapito delle strutture vicine, causando ben presto erosioni ossee a carico sia degli ossicini sia delle pareti della cavità timpano-mastoidea. Pertanto, si possono improvvisamente avere complicanze uditive (anacuDott. Antonio Cassone sia) e vertiginose per distruzione delSpecialista l’orecchio interno, paralisi del nervo in Otorinolaringoiatria faciale, meningiti e ascessi cerebrali, rotture di grossi vasi arteriosi e venoResponsabile dell’Unità Operativa si. di Otorinolaringoiatria della L’otite colesteatomatosa è l’unica Casa di Cura “Cappellani-Giomi”. forma di otite in cui l’intervento chiMessina rurgico si impone Si tratta di un intervento di timpanoResponsabile del DS di plastica sulla risoluzione del processo Otorinolaringoiatria della flogistico con l’asportazione accurata Casa di Cura “Carmona”. del colesteatoma, la ricostruzione Messina della membrana timpanica e ove possibile degli ossicini. Riceve: In ragione di quanto detto è possibile Studio Raymat, intuire l’importanza di una buona Via Calvario funzionalità respiratoria nasale per la 15 A Marina di Gioiosa Jonica prevenzione dei processi infiammaTel 0964 /416856; tori cronici a carico dell’orecchio Via Riviera 13 medio. Villa San Giovanni Allo stesso modo, in caso di otiti crotel 0965/794842 339/1459340 niche il corretto approccio diagnostico-terapeutico può impedire la proVia Torrione 6 gressione della malattia e la comparReggio Calabria sa di complicanze e a volte consentitel 0965/794842 – 339/1459340 re la completa guarigione.
CIASCUNO HA L'ETÀ DELLE PROPRIE ARTERIE PREVENZIONE DELLA PROGRESSIONE DELL'ATEROSCLEROSI .IL PARERE DELL'ANGIOLOGO
Learterie:lanostrareteidrica e arterie possono essere paragonate alla rete idrica del nostro corpo. Sono fondamentali per garantire a tutto l’organismo l’irrorazione sanguigna e la necessaria ossigenazione dei tessuti. Abbiamo intervistato per voi il dott. Vincenzo Carabetta, Responsabile della Struttura di Angiologia e Centro di Prevenzione dell’Aterosclerosi presso l’Ospedale di Locri.? Dottor Carabetta, una visita angiologica è sufficiente per diagnosticare una malattia arteriosa? Una visita specialistica angiologica costituisce un buon orientamento alla diagnosi ma, eccetto in caso di alterazioni evidenti anche all’esame obiettivo del paziente, la lente di ingrandimento sulle malattie vascolari è costituita da esami specifici che si differenziano a seconda dei sintomi presentati. Quali esami strumentali possono aiutare a confermare la diagnosi? Si tratta nella maggior parte dei casi di esami non invasivi. A seconda delle manifestazioni e dei sintomi si ricorre all’ecocolordoppler, un esame non dannoso che valuta le pareti arteriose e il flusso del sangue che vi scorre, evidenziando la presenza di ostruzioni lungo le pareti arteriose. Una delle patologie a carico delle pareti interne arteriose è l’aterosclerosi. Come si manifesta e quali sono i distretti colpiti? L’aterosclerosi è caratterizzata dalla formazione di depositi di lipidi (grassi) e tessuto fibroso, a volte anche calcifico, sulle pareti interne delle arterie che causano la riduzione del vaso sanguigno e del flusso del sangue. Può interessare le arterie degli arti inferiori compromettendo la normale capacità di deambulazione e costringendo chi ne è affetto a fermarsi dopo brevissimi tratti di cammino (50-100 m). Ma possono essere colpite le arterie carotidee interne (cranio) con sofferenze lievi, ma non banali, come nel caso di attacchi ischemici transitori, fino a manifestazioni più serie, come l’ictus ischemico, e le arterie coronariche. Quando queste patologie sono curabili con la sola terapia farmacologica?
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Dr Vincenzo Carabetta , Resp- Struttura di Angiologia Medica del Presidio Ospedaliero di LocriTel 0964 /399324 389-4636108
I trattamenti terapeutici si differenziano a seconda dei distretti interessati e della storia clinica del paziente. Si va dall’utilizzo di vasodilatatori, ad antiaggreganti piastrinici e anti coagulanti che prevengono la formazione di trombi o coaguli. Ma un aspetto fondamentale della terapia è combattere le cause che hanno contribuito a determinarla. È quindi possibile prevenire le malattie arteriose? E come deve essere condotto un CHECK UP ATEROSCLEROSI? Nell’obiettivo della prevenzione delle malattie cerebrali e vascolari periferiche queste sono le tappe principali per un corretto Check Up: - Colloquio con l’Angiologo necessario a raccogliere i dati riguardanti la storia clinica del paziente, rivolgendo una particolare attenzione all’individuazione di fattori di rischio da correggere o di segnali precoci di malattia aterosclerotica in atto - Esecuzione con l’operatore di ecocolordoppler dei tronchi sopraortici, delle arterie degli arti inferiori, dell’aorta addominale - Compilazione di un programma di prevenzione della malattia aterosclerotica. È fondamentale, perciò, controllare i fattori di rischio… Uno stile di vita corretto è certamente la migliore prevenzione. Occorrerebbe rinunciare al fumo, che accelera il processo aterosclerotico, optare per una dieta priva o con un ridotto consumo di prodotti di origine animale, come i formaggi, e di grassi. È bene poi svolgere regolare attività fisica. E, in caso di necessità e sotto consiglio medico, si potrà intraprendere una terapia con farmaci anti-ipertensivi e antipercolesterolemici o anti aggreganti piastrinici. Quando, invece, si rende necessaria la chirurgia? Si ricorre alla chirurgia nei casi in cui sia necessario ripristinare il flusso sanguigno in una parete arteriosa che sta per chiudersi oppure che può rompersi per una eccessiva dilatazione. Ma sarebbe opportuno che fosse l’angiologo a valutare la strategia terapeutica.
RIVIERA
Sarroino il netturbino Le visite che Gigi Sarroino ha fatto a in questi mesi a Expo, lo hanno costretto a reinventarsi per affrontare le spese: eccolo in versione netturbino!
Multari suonatori I gemelli Multari sono pronti ad andare in scena e ad allietare il pubblico. Un bel respiro, e le loro note riscalderanno queste prime sere d’autunno!
Una Siderno più sicura… Il nuovo comandante dei Vigili Urbani di Siderno, Pino Falvo, viene immortalato dinanzi alla chiesa di Portosalvo con Michele Galluzzo. Nessun disordine in vista.
Il fu Ninì Scordino In quel di Bianco, durante una serata di fine estate, Scordino si riunisce con la sua fu squadra di governo. Potete riconoscere i consiglieri Nucera, Isola e Pino Serra
Una coppia d’oro Il sopraffino Franco Futia si lascia ritrarre, una volta tanto, fuori dal suo Gallo D’oro, pronto a competere per coppia dell’anno assieme alla moglie.
Palizzi come Hollywood Grande successo per la quattro giorni dedicata al cinema italiano di Palizzi, condotta da Giacomo Battaglia e presediuta dal sindaco Walter Scerbo.
Un Baggetta sull’altare Auguri dalla nostra redazione ad Angelo Baggetta, che corona il suo sogno di unirsi in matrimonio con la sua dolce metà! Vi auguriamo tanta felicità!
Fotografo per un giorno Enzo O p p e d i s a n o, fuori dalla chiesa di Portosalvo, mostra con orgoglio di essere riuscito a far funzionare la fotocamera del proprio smartphone.
Socialista in panchina… Peppe Futia si rilassa per qualche istante prima di riprendere a esporre le sue tesi sul socialismo. Ma, conoscendolo, qualcuno è già pronto a svignarsela!
Creature della notte Le band del rock nostrano che hanno suonato al concerto inaugurale dell’anno scolastico al Polifunzionale pronte a salire sul palco al calare del sole!
Il vero allenatore di Roberta Vinci Questa foto dimostra inequivocabilmente che il giovane Vincenzo Filastro è il vero allenaotre della tennista Roberta Vinci.
SETTIMANALE
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SABATO 26 SETTEMBRE 23
Politici fedeli Il vescovo di Reggio Calabria Morosini immortalato durante un’omelia con il Presidente della Provincia Raffa, l’Assessore prov i n c i a l e Lamberti e Falcomatà
Una B Bovalinovalino indu coloro o sognava d striale Finita l’ingegnche avrebber i risorgere c 2ª Guerra M ent ond ov ere Prim erano oluto realizzaro industriale iale, . re ques to sognTra o, Anche Antonio Mag Prima del suo grande gio legge Riviera! sione della festa di spettacolo a concluMaggio ci ha dimostra Portosalvo, Antonio to di non essersi perso l’ultimo numero di Rivie ra!
Comitato presente! A Siderno mancano pochi minuti alla processione di Portosa squadra del comitati, capitanata lvo: si attiva la dagli inossidabili Nino Sgotto e Aldo Caccam o
rme l’ahe o c o d rizia, c o luci moni Enzo e Pat d’argeni r t a Un m Auguri a le nozze ostri 25 gentoo raggiunto uri per i v stri figli hann igliori augnio. Dai vo to! “I mi matrimo anni de Melania” Carlo Non sarà la prima, ma… Il dottor .... con Antonio Sgambelluri, consigliere comunale di Siderno per il partito Siderno Libera, trova finalmente tanto agognato spazio su una testata locale!
I pilastri del Marconi Bruno Pelle, Pino Filastro e Amedeo Macrì sono le basi su cui l’isitituto Marconi poggia le proprie fondamenta. Senza loro, la scuola non sarebbe la stessa!
La mia banda suona alla processione Dafne Lettieri, candidata alle ultime elezioni di Siderno, ha deciso di mettere da parte la politica e di dedicarsi alla sua passione per la musica!
Risate in alto! Carlo Stalteri dinanzi all’Armeria del Corso di Siderno e, vista la sua abilità nel raccontare barzellette, è il caso di dire che sta per “spararne” una!
“Pompa”, il re della salsiccia Giovanni“Pompa”Lionetti ha il primato della baracca più longeva della fiera di Portosalvo. È tradizione passare da lui per mangiare un panino con salsiccia! ScuolamediaCorrado Da sinistra in piedi: Alvaro,1ªEa.s.1984-1985 Domenico,Fieromon Figliomeni Giovanni, Meleca Giuseppe, Fra teMichele,Lombardo Secondafilaseduti:Co Gilberto,BarrancaDo nconeri Enzo, Commisso Antonio, Minn menico,RautiGiusep mm ella isso Da nie la,Fim Terzafilaaterra:Trope pe. anoFrancesco,SitáErnognariFrancesca,Sitá,Borgese,PellegrinoSte esto,FrascáGiorgio,Pe fan ia, CusatoMaria. llegrinoDomenico,Za nninoGiuseppe.