CONTROCOPERTINA
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DOMENICA 01 Ottobre
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l’1 ottobre del 2010 ci lasciava Nicola zitara, nostro padre formatore. Lo ricordiamo attraverso le parole del compianto pasquino e di francesco caridi affinchè la sua figura continui a essere un esempio per le future generazioni PASQUINO CRUPI Ieri, abbiamo accompagnato al cimitero Nicola Zitara. Lo abbiamo accompagnato, dandogli riposato albergo nella bandiera del meridionalismo, che, poiché senza macchia, è la sola che gli si addice. Che si addice a Lui, uomo di specchiata virtù, rigoroso intellettuale, studioso appassionato e sprezzante del successo e della carriera, meridionalista con la testa alta e la schiena diritta, sempre sugli spalti adamantini della battaglia per il riscatto del Mezzogiorno e della Calabria, non domato da niente. Non domato, a sua gloria e a vergogna degli opportunisti e trasformisti di casa nostra, anche quelli in trasferta al Centro-Nord, dalla povertà, che in genere piega tutti e distoglie dalla retta via. Lui, Nicola Zitara, no. Lui ci aveva abituati alla sorpresa. Ci sorprese, ormai tanti anni fa, con il suo radioso e sovvertitore saggio L’Unità d’Italia:nascita di una colonia (Jaca Book, Milano 1971), che gli impellicciati intellettuali urbanocentrici, elemosinanti un rigo sul “Corriere della Sera” e simili splendori giornalistici, non s‘arrischiavano di citare. Tornò a sorprenderci con il saggio successivo e prosecutivo del 1972 , di nuovo presso Jaca Book, Il proletariato esterno. E ci sorprese ancora in anni recenti, quando, sempre piegandosi sulla questione meridionale, svoltò verso la tesi che il Mezzogiorno e la Calabria troveranno scampo se e quando sapranno staccare gli ormeggi dall’altra Italia, dando vita a uno stato, che Lui chiamava “duosiciliano”. Questa tesi non ci convinse e non ci convince, ma per essa entrammo, come prima mai, nel regno della barbarie del Nord contro il Sud, nel labirinto. E ci sorprese ancora quando nel 1994, a sue spese, pubblicò Memorie di quand’ero italiano: un romanzo economico quale innanzi a lui aveva saputo scrivere soltanto Alessandro Manzoni. Ma anche di questo suo grandioso e copernicano romanzo i premiati intellettuali di Calabria, fuori della Calabria, non se n’accorsero. Non importa, e non importa a Nicola Zitara non ora che è morto ed ha altre pratiche da sbrigare. Non gli importò neppure quand’era in vita, persuaso con Guido Dorso che i meridionali non hanno bisogno di carità, della carità pelosa degli intellettuali di successo, ma di giustizia. E che,insomma, la loro opera sia giusta, cioè coerente con i bisogni e i sogni delle popolazioni meridionali. Ché il proprio degli intellettuali meridionali e meridionalisti è combattere sempre, non temere nulla sotto il sole, non darla vinta neppure alla morte. E alla morte non l’ ha data vinta Nicola Zitara, che ha spento il suo cuore, ma non la sua onesta intelligenza, non il proseguimento del suo cammino. Adesso, è di là con altri integerrimi trapassati: Pasquale Villari, Napoleone Colajanni, Giustino Fortunato,Gasano Salvemini, Antonio Gramsci, Guido Dorso, Luigi Sturzo, Benedetto Croce. Sono i portabandiera del meridionalismo, che la trasmisero di mano in mano, sempre trovando mani, nelle mani di Nicola Zitara. E, fedele all’appuntamento, la riconsegna, pura, intatta, sventolante di pensieri sublimi e di vita proba. Quando così si è vissuti, non si muore mai. Per chi altri, per quant’altri potremo un giorno dire lo stesso ?
in ricordo di nicola zitara FRANCESCO D. CARIDI E riposa in pace. Gli Zitara e i Caridi, grandi famiglie mercantili nell’Ottocento a Siderno Marina, occupavano con le loro case e i loro magazzini gran parte dell’ampio quadrilatero lato mare del rione Torre tra le vie Maiori e Bottego (con in mezzo via Mazzini, oggi via Cimato). Vicinanze ed amicizie che sono durate nei trapassi generazionali. Talvolta, conversando con Nicola Zitara, ultimo maschio superstite di una famiglia di antica origine maiorese che molto contribuì a far crescere il paese, condividevamo le riflessioni sulla fine sfortunata delle ditte di cui lui e mio padre erano stati gli ultimi eredi senza riuscire, come invece avevano fatto benissimo i loro antenati quando solcavano i mari con propri navigli per trasportare le merci, a superare gli scogli del cambiamento epocale del sistema commercia-
le e della realtà agricola dove si erano riversati i guadagni, falcidiati poi dalla diminuzione delle rendite fondiarie. Chi avesse voglia di conoscere cos’era quel mondo (e che cosa rappresentò soprattutto fino alla seconda guerra mondiale e al primo decennio repubblicano), legga il romanzo storico di Nicola Zitara «Memorie di quand’ero italiano», dove è chiaramente illustrato il contesto sociale, politico ed economico meridionale nel quale si sviluppò la vicenda della sua famiglia e di altre che concorsero al miglioramento della vita della nostra periferia calabrese. Con il bagaglio di questa esperienza secolare del piccolo capitalismo del Sud, che tracciò il solco con intuizioni produttive poi sfruttate meglio da altri, Nicola Zitara, in un primo tempo vocato all’insegnamento, si avventurò sorprendentemente nel campo del giornalismo e degli studi meridionalistici seguendo l’ideologia sociali-
sta, della quale fu un interprete, da autentico «borghese ». Vennero poi le inevitabili delusioni che lo spinsero in tarda età, per rivalsa giustificata culturalmente contro l’Unità d’Italia realizzata a beneficio del Nord e a detrimento del Sud, ad auspicare, da pacato neo-reazionario, una impossibile rinascita dello Stato delle “Due Sicilie”, del quale amava ricordare specialmente gli avanzamenti industriali poi distrutti dalla politica sabauda, sorvolando però sulle responsabilità borboniche per la miseria diffusa nei territori del Regno anche a causa della pochezza del notabilato lealista incapace di essere classe dirigente. Nicola Zitara, al quale abbiamo voluto bene, rimarrà comunque l’esempio di una passione sincera che non riuscì a completarsi come progetto. Il paradigma di una genìa di intellettuali meridionali, che avrebbero meritato migliore considerazione.
ATTUALITÀ
GIUDIZIARIA
La figura di Zii ’Ntoni Macrì in Olimpia «…Antonio Macrì che comprendeva Siderno ma, rappresentava il "crimine", cioè rappresentava tutta la 'ndrangheta della provincia di Reggio Calabria…». Ci sono storie che non sono mai complete, come quella di Antonio Macrì di Siderno, per qualcuno “Zii ’Ntoni”, o anche “U Baruni”, ed ancora indicato in qualche cronaca come il “boss dei due mondi”. Macrì è un cognome “pesante”, che ritorna in quasi tutte le indagini dell’antimafia. Quella del “Barone” è una storia che parte da lontano, forse mai veramente scritta, della quale in questa pagina si offre uno spaccato ripreso dall’informativa dell’indagine “Olimpia 1”. Una delle prime maxi inchieste antimafia della provincia di Reggio Calabria, che ha ricostruito i legami provinciali delle famiglie ritenute appartenenti alla “onorata società”. In questo caso c’è un collaboratore di giustizia, L.G.U., che in un memoriale consegnato ad un magistrato reggino e al personale della DIA di Reggio Calabria nel 1993, racconta anche di Antonio Macrì quale esponente di primo piano della provincia tanto da meritare un “discorso a parte”. Ecco come viene descritto nel “memoriale”: « Un discorso a parte merita "U ZI 'NTONI MACRI' " . Quest'uomo era il capo crimine e rappresentava, secondo me, non "indegnamente", quella che si riteneva fosse "l'onorata società", egli, se si può dire, era il capo dei capi e non sono certo io ad avanzare o denigrare i suoi meriti. Stà di fatto che era, senza ombra di dubbio, contrario ai sequestri di persona. Per questo era sempre in disaccordo con "Pianoti platioti e santolucoti"; era il vero unico, rappresentante, con tutti i titoli in Cosa Nostra ed aveva le "chiavi" per entrare negli Stati Uniti (New Jersey), Canada (da Toronto a Montreal, fino ad Ottawa) e Australia (la zona di Melbourne, Adelaide e Griffith); Macrì era amico personale di Angelo e Salvatore La Barbera, di Pietro Torretta, di Luciano Liggio, dei Greco di Ciaculli. Aveva conosciuto, quando ancora portavano i pantaloni corti, sia Riina che Provenzano, i quali, negli anni '50 erano al servizio del dott. Michele Navarra di Corleone. Michele Navarra era stato, negli anni '50, confinato proprio a Gioiosa Marina per parecchi anni ed aveva intrattenuto rapporti di affetto, amicizia e "rispetto" con don Antonio Macrì essendo entrambi all'epoca membri effettivi di Cosa Nostra. Il pupillo di Antonio Macrì era D. T. che fù anche compare d'anello di Salvatore Riina. «Bisogna pur dire – si legge ancora oltre - che la "politica" di Antonio Macrì non era ben vista, come abbiamo già detto sopra, dai pianoti, platioti e santolucoti per il discorso sui sequestri e per il rispetto che questi, cioè il Macrì, esigeva a favore delle istituzioni, soprattutto per i suoi rappresentanti, e cioè Carabinieri e Polizia». Nel proseguo il collaboratore ricostruisce una serie di vicende relative a quella che viene ricordata negli annali della cronaca nera come la “Prima guerra di Mafia” nella Provincia di Reggio Calabria. Una contrapposizione che porterà alla morte di Antonio Macrì nel gennaio del 1975. Alcuni anni dopo, nel 1977 per la precisione, si apre la “Seconda Guerra di Mafia” nel reggino. Ormai l’onorata società aveva lasciato spazio agli “affari”, a quelli che di lì a poco sarebbero stati indicati con il nome di “broker”. In mezzo ci sarebbe stato un accordo con apparati deviati dello Stato, della massoneria e di alcune frange della politica locale e nazionale. In quel momento storico si spezza definitivamente il legame delle mafie agricolo-pastorali con la gente. Inizia l’infiltrazione nei grandi appalti, vedi “Decreto Reggio”, nei settori strategici della società, quali sarà da li a breve la sanità, fino ad entrare, da ultimo dalla porta principale, negli apparati dello Stato e nelle istituzioni locali e regionali. Un’evoluzione, quella della ‘’ndrangheta, che porterà ad individuare l’esistenza di un apparato interno composto da “invisibili” che formano una cupola che supera il “Crimine di Polsi”. Crimine, questo ultimo, che viene accertato con un giudizio della Cassazione compiutamente solo in questi ultimi anni. Oltre 40 anni dopo l’omicidio di “Zii ’Ntoni”.
La calda estate di siderno e l’inquinamento dei pozzi a Pantanizzi Il Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi torna a puntare la sua lente sulle problematiche ambientali di Siderno per evitare che la città diventi il ricettacolo delle aziende a rischio. Come Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi, insieme all’Amministrazione e agli agli Comitati ambientalisti e associazioni presenti sul territorio, abbiamo organizzato la manifestazione “Siderno Salvati”, l’otto di luglio che ci ha dato più forza per continuare nella lotta perché Siderno sia “Free Chimica”. Abbiamo dovuto scontrarci con i pericoli della non partecipazione, smentita dalla folta presenza dei cittadini, ma molto di più dall’accusa che il momento non fosse adatto, a causa del periodo estivo e dell’arrivo dei “turisti” a Siderno e quindi l’effetto negativo che una manifestazione in piena estate avrebbe comportato su chi avesse voluto scegliere Siderno come meta. Non ci interessa fare polemiche, ma ad estate conclusa possiamo dire che i problemi restano e quindi non vorremmo trovarci la prossima estate a dover discutere delle stesse problematiche, anche se i problemi della salute per molti cittadini e le loro famiglie che sono ammalati di gravi patologie sono prioritari e indifferibili. Siamo partiti ad aprile 2016 per occuparci della questione SIKA e non pensavamo che esplodesse il caso ex- BP a settembre 2016. È passato un anno dalla prima assemblea (27 settembre all’YMCA) e, grazie al contributo di tutti, qualcosa abbiamo smosso, la manifestazione ci ha fatto fare passi avanti, una maggiore attenzione da
parte della Regione sulle questioni ambientali a Siderno, compreso il problema di San Leo. Nessuna delle tre problematiche è facile da risolvere, ci vuole tempo, tenacia e costanza. Abbiamo messo come Amministrazione, Comitati e Associazioni questi tre punti nell’agenda della Regione e stiamo continuando a occuparci giornalmente, interloquendo con la stessa per trovare le soluzioni. Ci vogliamo soffermare per il momento sull’inquinamento dei pozzi, con l’intenzione di trattare in articoli successivi la bonifica exBP e la risoluzione della puzza di San Leo. Ribadiamo che per noi e per i cittadini residenti di Pantanizzi la presenza della SIKA è incompatibile, in quanto le emissioni in atmosfera di sostanze tossiche e in alcuni casi potenzialmente cancerogene non ci lasciano tranquilli, malgrado l’azienda rispetti le norme previste. Abbiamo esperienze in tutta Italia che dimostrano che spesso dopo tanti anni molti cittadini scoprono che la tal fabbrica ha inquinato torrenti, i terreni e i cittadini hanno malattie non previste, di casi simili potremmo fare un lungo elenco. Il diritto al lavoro non deve contrapporsi al diritto alla salute e deve valere per qualsiasi territorio. Non vogliamo che Siderno diventi il ricettacolo delle aziende a rischio (BP, SIKA, inceneritore). Non vogliamo soffermarci su questioni tecniche approfondite, però vogliamo far riflettere sul fatto che si afferma che i numeri (dati) sono la base indiscutibile per affrontare i problemi dell’inquinamento. Parliamo delle analisi effettuate da fine novembre 2016 fino a luglio 2017 sia da Arpacal sia dalla stessa SIKA, perchè non danno gli stessi risultati. Sono state fatte quattro analisi nei piezometri della SIKA (novembre, gennaio, aprile e luglio) da parte dell’azienda, in quanto obbligata dal Piano di Controllo e Monitoraggio dopo la concessione da parte della Regione dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) a fare controlli periodici.
Un piccolo inciso, per anni l’AIA non era stata richiesta, in quanto secondo l’azienda per il tipo di produzione non era necessaria, solo la determinazione dell’Assessorato Ambiente della Regione aveva costretto la SIKA a fare le pratiche necessarie affinché la fabbrica potesse proseguire nell’attività (una delle due linee di produzione era stata sospeso sia a luglio che a settembre 2016). Successivamente all’informazione obbligatoria ricevuta da parte della SIKA dopo i risultati delle analisi di novembre, l’Arpacal ha iniziato a fare controlli (gennaio, aprile e luglio). I risultati di novembre erano fortemente preoccupanti in quanto alcune sostanze presentavano valori di centinaia di volte maggiori del valore consentito. Parliamo di sostanze cancerogene (trielina, cloroformio e tetracloroetilene), non di colibatteri, che non sono piacevoli, ma non comportano tossicità e in alcuni casi morte. Ribadiamo che abbiamo confrontato i risultati ottenuti dalla SIKA in un laboratorio privato e quelli dell’ARPACAL in un proprio laboratorio. Il dato di novembre è lo stesso perchè ARPACAL non aveva partecipato ai prelievi, invece negli altri tre prelievi contestualmente avevano preso dei campioni e li avevano portati nei due laboratori. Si sa che laboratori diversi danno risultati diversi, quindi spesso occorre rifare i prelievi e le analisi, ma per poter capire e affrontare un problema sarebbe opportuno che i dati possano confrontarsi o almeno avere un andamento simile, altrimenti si rimane perplessi. La Regione ha stanziato dei fondi, acquisiti dal Comune per fare un piano di caratterizzazione della zona intorno alla SIKA e insieme anche a noi si sta lavorando per scegliere le zone in cui scavare dei piezometri e rifare le analisi. In alcuni piezometri i dati sono confrontabili, in altri completamente diversi. Ci soffermiamo su questo punto, in quanto ragionando su valori diversi si arriva a conclusioni diverse per quanto riguarda l’origine della fonte inquinante. Non molto tempo fa si pensava da parte di Arpacal che l’inquinamento potesse venire da una fonte distante dai punti in cui si si sono fatte le analisi. Adesso si tende a pensare che l’origine possa derivare da sostanze sotterranee intorno alla SIKA. Noi non abbiamo certezze e non vogliamo accusare nessuno sino a quando non ci saranno studi approfonditi sulla zona che dovrebbero iniziare appena la Regione approverà il piano di caratterizzazione definitivo da un momento all’altro. Il Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini Sidernesi
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I massimi livelli del piacere Una sinfonia di profumi e sapori in grado di spalancare i sensi e proiettarli verso orizzonti lontani, a quando la genuinità era un valore imprescindibile. Questo è il Picanha Restaurant Grill e Lounge Bar, il luogo ideale dove poter vivere un'esperienza gastronomica a tutto tondo, senza mai rinunciare a quel tocco ricercato di cui solennemente e magistralmente dà prova ogni giorno. Stuzzicanti antipasti, sofisticati primi piatti, irresistibili e succulenti secondi, golosi dessert... una superba goduria dei sensi: la gioia immediata degli occhi, quindi del naso per il mix dei profumi e, in ultimo, l'euforia che esplode nel palato. Un'euforia che raggiunge i massimi livelli di fronte ai deliziosi piatti di carne e pesce preparati su griglia a vista: piatti genuini, cotti a puntino, fragranti e appetitosi. Tra le carni, spiccano quelle italiane ma anche il tenero e prelibato angus argentino, dal sapore raffinato e deciso. Al Picanha Restaurant Grill e Lounge Bar vivrai un'atmosfera unica e incantevole, tra bellissime pareti con mattoni a vista e suggestive pareti retroilluminate, in cui trova posto una ricca selezione di vini di qualità, da scegliere tra etichette locali e nazionali. Al Picanha è anche possibile organizzare cene, compleanni e cerimonie: 70 coperti a disposizione, oltre alla possibilità di mangiare all’aperto. Inoltre, da oggi, il Picanha è aperto anche la domenica a pranzo per deliziarti con uno stuzzicante e sfiziosissimo menu fisso.
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ATTUALITÀ RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Tommaso Costa:
non sono responsabile della morte di Gianluca Questa settimana ci è giunta in redazione una lettera vergata a mano da parte di Tommaso Costa, ritenuto colpevole dell’omicidio di Gianluca Congiusta, assassinato a Siderno il 24 maggio 2005. Nel suo breve intervento, Costa professa con fermezza la propria innocenza, ponendo l’accento su un evento sospetto che, a suo dire, potrebbe aver condizionato la sentenza che lo ha riguardato. “Sono Tommaso Costa. Dopo quasi 11 anni mi rivolgo alle pagine di questo giornale per ripetere ciò che ho scritto allora e lo ripeterò finché avrò forza. Non ho ucciso Gianluca Congiusta, non sono responsabile della sua morte. Vorrei che fosse ben chiara una cosa: Io sono stato già condannato all’ergastolo in via definitiva per un altro delitto, pertanto la mia vita, la mia fine di uomo e giudiziaria, è stata decisa al momento della condanna definitiva all’ergastolo. L’unica mia via per trovare uno spiraglio di libertà era di autoaccusarmi dell’omicidio Congiusta, ed essendo reo confesso mi sarebbe caduta la pericolosità di cui all’art: 4 bis c.p. Non posso farlo perché sono innocente ed il tempo mi darà ragione. Vorrei chiedere a tutti coloro che sono certi che io sia l’autore del delitto: e se io sono innocente? La Giustizia ha trionfato? Nulla di vero, la Giustizia ha perso condannando un innocente, ma sembra che a nessuno frega niente. Voglio porre un interrogativo: perché un giudice popolare dà le dimissioni il giorno della sentenza? Cosa è successo?
Giuridicamente è ammesso ma il fatto è che ha dato le dimissioni senza nessuna giustificazione. È successo tutto in silenzio, nessuno s’è meravigliato. Come mai? Proprio il giorno del verdetto, non è strano? Non voglio essere arrogante, ma la condanna per l’omicidio Congiusta non mi costa l’ergastolo, quello ce l’ho già, ma al fine di cumulo l’omicidio mi provoca 14 mesi d’isolamento diurno, null’altro, ma anche un’ora è grave, perché sono innocente io, invece chi ha architettato questo scempio della giustizia non so se lo sia. Ho i miei dubbi. Mi coglie l’obbligo di ringraziare gli avvocati che hanno lavorato in mia difesa. L’avvocato Maria Candida Tripodi che ha svolto un grande lavoro e non ci dimentichiamo che è stata anche minacciata e offesa per avere fatto il proprio lavoro. Il professore Sandro Furfaro, subentrato in cassazione che mi ha difeso con professionalità e serietà. C’è una forza che mai nessuno può distruggere e può indebolire ed è la forza dell’innocente. Quella che ha Tommaso Costa. Ringrazio il giornale per lo spazio. Tommaso Costa
LA SOLITUDINE DEI GIUSTI L'editoriale di Ilario Ammendolia della scorsa settimana dal titolo "L'Eremita De Raho" ha incontrato il favore di diversi lettori. Di seguito un interessante intervento di Enzo Musolino che ha voluto condividere con noi la sua riflessione in merito alle recenti esternazioni dle Procuratore di Reggio Calabria, dott. Federico Cafiero De Raho. er tutelare l’istituzione alla quale appartiene e per non ledere la fiducia che i cittadini onesti hanno nei confronti della Procura, De Raho, evita di frequentare luoghi e persone non istituzionali per non rischiare pericolose e sconosciute prossimità e questo stesso comportamento – simil monastico – consiglia, ovviamente, agli altri esponenti delle forze dell’ordine, delle istituzioni e della magistratura, tutti chiamati all’astensione dalle frequentazioni e a opportune scremature purificanti nella cittadinanza; tutti invitati, quindi, isolandosi, a isolare il male e i suoi appestati untori reggini. Ora, l’esternazione di De Raho non sorprende i più attenti osservatori delle dinamiche teologistiche che caratterizzano la Procura di Reggio Calabria e le Procure militanti del Sud in genere. Attenzione, in tale contesto la critica che esprimo è essenzialmente ideologica, spirituale e politica; al di là, infatti, del prestigioso ruolo esercitato nella repressione degli orrendi crimini che caratterizzano l’associazione mafiosa e del plauso riconosciuto per il coraggio dimostrato da uomini davvero impegnati nel difficile lavoro di contrasto a questo cancro – non il solo, purtroppo – che attanaglia questi territori e ne impedisce il decollo sociale ed economico di cui sarebbero capaci, non si può non riconoscere – perché ogni positivo conosce il negativo - un certo atteggiamento elitario, da combattente solitario appunto, che caratterizza specificamente il modo d’essere proprio del magistrato d’assalto nel Sud. Infatti, progressivamente, indagine dopo indagine, successo dopo successo, rischio dopo rischio, non ci si riconosce più semplicemente come funzionari dello Stato chiamati ad applicare la legge ma come soldati in prima linea; progressivamente, ancora, il compito da svolgere non è più quello di concretare il diritto penale nell’ambito di un contesto liberale caratterizzato da norme di garanzia che tutelano il singolo presunto innocente ma è quello di combattere il fenomeno collettivo ndrangheta, attraverso un impegno sempre più pedagogico – anche del tipo “Unum castigabis, centum emendabis” – che, ovviamente, richiede operazioni mediaticamente efficaci, d’impatto e la rappresentazione divisiva tra una
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società civile pro procura – minoritaria ma “salva” – ed una maggioritaria ma “oscura” e “di mezzo”: il cui silenzio, la mancata partecipazione attiva all’ennesima manifestazione, il difetto d’esclamazione immediata a ogni arresto, viene bollata come pavida rassegnazione se non, addirittura - e le ultime esternazioni vanno in tal senso - sospetto di prossimità e solidarietà. Ora, occorre ribadirlo, qui non sono in discussione né le indagini della Procura, né la gravità del problema mafioso nel Sud ma un certo modo di interpretare il diritto nell’epoca della dichiarazione di guerra implicita a interi pezzi di territorio e dello scadimento, quindi, del criminale a nemico assoluto che va, per questo, affrontato su un piano proprio dello stato di eccezione e non della norma/normalità; un piano magari “giusto” - ma ab-norme - che sostanzialisticamente guarda alle forme del diritto, alle garanzie – come quella, ad esempio, di presenziare al proprio processo e di conoscere il proprio giudice – come inutili orpelli che vanno deposti nel corso della battaglia. E, purtroppo, in tal senso vanno alcune novità legislative da poco approvate – parlo della c.d. Riforma Orlando – per le quali, su chiaro impulso di un altro magistrato super impegnato come Nicola Gratteri (oggi procuratore a Catanzaro) - si è generalizzato il dibattimento processuale a distanza, con l’imputato in carcere, anche per risparmiare tempo e denari. Nicola Gratteri, va ricordato, che fu l’artefice anche della ormai celebre rappresaglia di Platì del novembre 2003 – c.d. operazione “Marine” – nel corso della quale vennero arrestati circa 150 uomini in una notte compreso lo scemo del villaggio, operazione poi sconfessata dai processi e dalle sentenze (nei mandati di cattura si accusava il sindaco e gli amministratori comunali di aver prodotto una delibera finanziando la ristrutturazione di una zona indicata come “zona latitanti”. La notizia, però, era assolutamente falsa) e per la quale lo Stato italiano ha dovuto pagare risarcimenti per ingiusta detenzione. La lotta politica, sociologica, mediatica e rivoluzionaria che il tipo del magistrato a deo excitatus realizza – spesso spregiudicatamente come Alessandro di fronte al nodo di Gordio - contro un fenomeno complesso e un territorio paradossalmente vittima e com-
plice, porta necessariamente – tra le persone “perbene” - a mitizzare il ruolo di chi assume sempre più spesso i modi, gli atteggiamenti, le pose di sacerdote del bene chiamato – di certo non dal Codice - ad atti e provvedimenti straordinari, necessari per bonificare terre perdute allo Stato e popolate di eversivi cultori della connivenza, della complicità interessata, della critica antipatriottica e debosciata e che possono incarnarsi anche nelle forme dell’avversario occasionale di una partita di tennis. È ovvio che, così procedendo, mortificando non solo i soliti politici “impresentabili” e la loro corte clientelare ma anche, ad esempio, il tessuto produttivo – imprenditoriale ed operaio - messo all’indice per le poche denunce di estorsione o per il posto di lavoro elemosinato (pena la fame, occorre dirlo) presso aziende borderline, si è arrivati oggi con scioltezza a consigliare il rifiuto di ogni contatto con utenti, clienti, colleghi, datori di lavoro e dipendenti non solo mafiosi – che, come tali, in vero, dovrebbero stare in carcere e non per la pubblica via – ma anche para mafiosi, cripto mafiosi, pseudo mafiosi, simil mafiosi, presunti mafiosi, fino, appunto, all’apogeo della finalmente ottenuta “solitudine dei giusti”. Tutti a casa, quindi, tutti al chiuso dei privati e sacri monasteri, al riparo tra i pochi conoscenti dal pedigree certificato e “benedetto” dai non pochi sacerdoti della purezza ostentata e, per fortuna, utile a carriere veloci – salvo intoppi – alle quali l’aver tragicamente e solipsisticamente prestato opera in trincee del genere porta, prima o poi, l’uscita dall’inferno dei miserabili. Chiudo: come credo risulti chiaro, sia l’intervista di De Raho che questa mia critica – pur avendo ad oggetto il diritto, le sue regole e forme, e la responsabilità penale personale e non collettiva – non utilizzano argomentazioni prettamente giuridiche e, genealogicamente, scantonano nel premoderno d’un approccio religioso al potere e al nemico. Ai tanti, troppi teologi delle verità di fede che sconoscono dubbio e garanzie, mi auguro risuoni sempre nelle orecchie l’urlo del giurista Alberico Gentili, gridato all’alba della modernità liberale, nell’ambito delle dispute sulla c.d. guerra giusta, contro i teologi armati delle proprie clavi ideologiche: “Silete in munere alieno!”. Enzo Musolino
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LA COPERTINA
Gli autori dell'inchiesta di Presa Diretta, andata in onda lunedì scorso su Raitre, sono convinti di essere entrati nelle stanze segrete del potere calabrese dove esisterebbe una cupola massonico-mafiosa in grado di condizionare la vita pubblica della Regione. Ma se potessimo intravedere e forzare la porta blindata che ci separa da questo mondo occulto, non ci troveremmo nomi noti della 'ndrangheta o della massoneria, come vorrebbero farci credere. Questi semmai stazionano ai livelli bassi. Ai piani alti c’è ben altro e, in caso di necessità, scattano altri livelli di tutela e di protezione verso un “Olimpo” invisibile agli occhi di noi comuni mortali.
Armi di distrazione di massa ILARIO AMMENDOLIA Lunedì scorso la trasmissione “Presa Diretta” si è occupata della Calabria. E oggi, come tre anni fa, ha avuto come unico argomento la 'ndrangheta e sempre lo stesso ospite in studio: il dottor Nicola Gratteri. C’è qualcosa che non mi convince sul fatto che la Calabria venga declinata sempre e solo come 'ndrangheta e guardandola sempre dalla stessa angolazione. Credo che l’opinione pubblica nazionale avrebbe capito molto meglio la realtà calabrese e la drammatica presenza della 'ndrangheta qualora accanto a Gratteri ci fosse stato un lavoratore licenziato o comunque senza lavoro, un cervello in fuga, o una ammalato costretto a peregrinare tutta Italia. Percepisco un degrado dell’informazione che impedisce ai cittadini di comprendere la realtà e che strozza in gola la voce alla Calabria reale. Questa volta lo zoom è stato puntato sul viso di Paolo Romeo, presunto capo di una cupola massonicomafiosa e oggi in carcere insieme al senatore Caridi all’avvocato De Stefano, all’ex consigliere regionale Alberto Sarra. Complici di cupola il giudice Tuccio, don Pino Strangio e altri di cui non ricordo il nome. Ho il massimo rispetto per il lavoro degli inquirenti, ne ho gli strumenti per condurre controinchieste come
sarebbe compito e dovere della stampa libera. Le mie perplessità nascono dalla quasi certezza che qualora Paolo Romeo, il senatore Caridi, fossero ai vertici di un'autentica cupola non sarebbero in carcere. Gli altri non sarebbero imputati. Da cosa nasce la mia convinzione? Dalla storia di questo Paese e di questa Regione. Dai mille misteri mai risolti. Dal fatto che Licio Gelli, gran maestro della P2, e accusato di orrendi crimini, ha fatto meno carcere di Romeo. Per il senatore Andreotti, al contrario di Caridi, e pur accusato (poi assolto) di essere mandante di un omicidio e di aver colluso - per decenni - con la mafia, non è stato mai chiesto l’arresto. Nella P2 c’erano 12 generali dei carabinieri, quattro dell’aeronautica, otto ammiragli, ventidue generali dell’esercito, una quarantina di parlamentari, numerosi magistrati, ambasciatori, membri della nobiltà tra cui lo stesso Vittorio Emanuele di Savoia, molti banchieri. Nessuno di loro ha subìto conseguenze! Anzi un iscritto è diventato presidente del consiglio e qualche altro ministro. Ma qua siamo in Calabria. Quindi, domandiamoci: esiste una cupola segreta in grado di condizionare la vita pubblica della Regione e, in alcuni casi, quella di ognuno di noi? Non lo escludo, anzi direi che ne sono certo! Esiste in Calabria più che altrove! Perché esiste, prospera ed è forte dove più debole, rachitica e ammalata è la democrazia! Non saprei indicare dove sia la testa (direi fuori Regione) ma i tentacoli sono ovunque a Reggio come nella Locride, nella Piana come in Aspromonte. Se potessimo intravedere e forzare la porta blindata che ci separa da questo mondo occulto, sono sicuro che non ci troveremmo nomi noti della 'ndrangheta o della massoneria. Questi semmai stazionano ai livelli bassi. Ai piani alti c’è ben altro e, in caso di necessità, scattano altri livelli di tutela e di protezione verso un “Olimpo” invisibile agli occhi di noi comuni mortali. Eppure tanto la stampa quanto la magistratura, per anni, hanno dato in pasto nomi di poco conto, non osando spingersi nel cuore del potere vero!
Non ho avuto mai rapporti di frequentazione e di amicizia con nessuno degli arrestati, anzi ricordo la tensione che ci contrapponeva a Paolo Romeo e ai suoi “camerati” ai tempi dell’università! Altri tempi! Restano i misteri. Nel 1992 quattro politici eccellenti furono arrestati con l’accusa di far parte di una cupola occulta e, in quanto tali, di essere i mandanti del delitto Ligato (il più grave delitto politico commesso in Calabria). Erano innocenti per come ha stabilito la magistratura. Oggi l’amministrazione comunale di Reggio dedica una sala del Comune a Piero Battaglia che fu tra gli arrestati, mentre per Giovanni Palamara (altro arrestato) è stata allestita la camera ardente nella sala del Municipio. Funerali solenni alla “memoria” per farsi perdonare la precedente viltà! Non è peregrina l’ipotesi che qualcuno abbia pensato di bruciare i loro nomi per proteggere un livello molto più alto di responsabilità. Stessa cosa a Locri. Tanti anni fa un ex presidente del tribunale dichiarò di essere a conoscenza di delitti gravissimi (omicidi, sequestri di persona, estorsioni) nascosti dai magistrati di quel tribunale. Tutti fecero finta di non aver udito! Perché? Perché tutti - e dico Tutti - si sono guardati dall’oltrepassare la soglia degli “intoccabili”! Lo stesso avvenne alla vigilia del delitto Fortugno quando - secondo il giudice Cascini - la polizia intercettò una riunione segreta organizzata per discutere intorno alle forniture e al grumo di interessi gravitanti intorno all’ospedale di Locri. Non solo i nomi dei partecipanti restarono segreti ma, dopo pochi giorni, tutti i poliziotti a conoscenza del summit notturno furono trasferiti. La stessa rete di interessi denunciata dalla relazione Basilone e gravitante intorno all’ospedale di Locri (oggi stremato e distrutto anche ad opera dagli impuniti e impunibili) non fu mai scalfita. Da quanto ho detto - ed è solo una minima parte comprenderete le mie perplessità su una verità mediatico-giudiziaria che potrebbe essere deformata. Che fare? Non facciamoci illusioni: oggi noi - gente comune - non abbiamo la forza per raggiungere quella “porta” segreta e meno che mai di oltrepassarla. Perché il popolo calabrese non ha voce. Perché la società civile è costretta ad arretrare ogni giorno. Perché una verità gridata e imposta sostituisce la ricerca faticosa e discreta dei fatti. Come “Presa Diretta” dimostra, tutta l’attenzione è calamitata da “mafia” e “antimafia”. Un binomio i cui termini si sostengono a vicenda. Una cosa è certa: le “cupole”, le “corporazioni”, le “caste”, le “mafie” altro non sono che aggregazioni di potere che nascono alle spalle della sempre più evanescente “sovranità popolare” e dal progressivo abbattimento dello Stato di diritto. L’unico antidoto è la democrazia e il ripristino delle garanzie costituzionali. Una trasmissione come “Presa Diretta”, così come le costanti campagne mediatiche in cui la 'ndrangheta viene trattata al di fuori del contesto politico e sociale, servono solo per nascondere il dolore, le sofferenze, le ingiustizie, i soprusi a cui sono sottoposti i calabresi (non tutelati). Una grande opera di distrazione di massa che, tra l’altro, oscura il fascino, l’autenticità e la bellezza della Calabria.
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Domenica01 Ottobre
08
Minniti: “La Camera Penale di Locri ha finalmente la giusta rilevanza nell’UCPI” Il prossimo 18 ottobre, presso il Museo “Francesco Messina” di Milano, l'amministrazione, l'artista Domenico Fazzari e l'assessore alla Cultura del capoluogo lombardo, presenteranno un dipinto che riproduce fedelmente la Chiesa di Africo Vecchio. Il piacere di un così peculiare tributo alla comunità locridea è naturalmente stato accolto con grande entusiasmo dall’amministrazione comunale, che invita tutti gli africesi che si troveranno a Milano in quel periodo a non perdersi la presentazione dell’opera.
Riprodotta a Milano in un dipinto la Chiesa di Africo Vecchio
Nominato coordinatore nel gennaio del 2017, l’avvocato Eugenio Minniti, in seguito alle dimissioni del professore emerito di Procedura Penale all’Università di Napoli Giuseppe Riccio, è stato eletto in luglio, assieme ai colleghi Giuseppe Scazzola e Maria Teresa Zampogna, presidente dell’Osservatorio doppio binario e giusto processo. «Si tratta di un incarico molto prestigioso - ci ha raccontato Minniti - conseguito solo grazie al lavoro costante e minuzioso da parte di tutti i componenti della Camera Penale di Locri, che ha ormai raggiunto dimensione nazionale come dimostra l’alto livello di rappresentanza ottenuto nell’ambito dell’Unione Camere Penali Italiane. È logico che il conseguimento di questo risultato non sarebbe stato possibile se la Camera Penale di Locri non avesse lavorato, in tutti questi anni, in maniera puntuale, salvaguardando in ogni dibattimento il diritto processuale degli imputati nel contemporaneo pieno rispetto dell’istituzione, che si traduce nell’ottimo rapporto intrattenuto con tutti i magistrati operanti nel foro di Locri». Ottenuta la nomina, Minniti si premurerà infatti di instaurare un rapporto di
costante collaborazione con gli avvocati del nostro comprensorio per monitorare con ancora maggiore puntualità il buon andamento dei processi facendo allo stesso tempo affidamento sui validi referenti territoriali d’Italia per riuscire a far funzionare al meglio l’Osservatorio doppio binario e giusto processo. L’organo, che si occupa di supervisionare le distorsioni processuali in relazione all’articolo 111 della Costituzione Italiana, assicurandosi che i pubblici ministeri non devino dalla natura procedurale negando il diritto di difesa agli imputati o acquisendo in maniera distorta dati precedentemente sottaciuti, sarà al centro del Congresso Straordinario dell’UCPI, che si terrà dal 6 all’8 ottobre a Roma. Primo vero appuntamento istituzionale per Minniti e colleghi, il
“A Ciambra” candidato Terremoto ATAM: italiano per la sezione film straniero l’Amministratore Unico si dimette degli Oscar 2018 “A Ciambra”, di Jonas Carpignano, ambientato nella comunità rom di Gioia Tauro, è stato selezionato per rappresentare l'Italia nella sezione film straniero della 90ª edizione degli Oscar. La designazione è stata decisa dall’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive, un’autocandidatura che non inserisce automaticamente il film nella cinquina di film stranieri che concorreranno per l’ambita statuetta, scelta da una commissione dell’Academy Awards a ridosso della cerimonia del 4 marzo prossimo, ma che comunque premia l’intenso lavoro condotto dalla LuCa, la fondazione composta dalle Film Commission lucana e
calabrese. Massima la soddisfazione espressa dal Presidente Oliverio, che ha visto nella nomina un segnale che la strategia messa in campo dalla Fondazione per sostenere i giovani registi provenienti da Calabria e Basilicata è la strada corretta da percorrere. Non ci resta che incrociare le dita in attesa dell’ufficializzazione delle candidature da parte dell’Academy nei primi giorni del 2018, augurandoci al contempo che l’apprezzamento per il nostro cinema da parte degli americani (siamo l’unico Paese straniero ad aver conquistato 11 statuette e 3 premi speciali) faccia guardare con un occhio di riguardo al film di Carpignano.
Congresso riunirà tutte le realtà forensi italiane, che si incontreranno al fine di discutere delle funzioni dell’avvocato dal punto di vista difensivo, di cosa l’attività defensionale preveda e quale debba essere il giusto rapporto da intrattenere con gli altri avvocati e magistrati coinvolti nei procedimenti penali. Sarà inoltre all’ordine del giorno anche la nuova riforma penale che, ci ha raccontato Minniti, rischia di mortificare gli imputati già detenuti in quanto prevede la possibilità di svolgere i processi a distanza, impedendo ai carcerati di esercitare un confronto diretto con i pubblici ministeri. Eventualità che rischia di fare del provvedimento un tentativo della politica di inglobare l’attività penale, condizionando il libero convincimento dei giudici previsto dalla legge
Non è un periodo particolarmente florido, quello vissuto in questi primi giorni d’autunno dall’Azienda di Trasporto Pubblico dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria. Al centro di una rimodulazione che ha coinvolto in prima persona anche l’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria, durante un incontro tra i vertici dell’azienda l’ATAM è stata costretta a subire le dimissione senza appello dell’Amministratore Unico Antonino Gatto, determinato nella scelta, ha dichiarato, per il bene della Società. L’azienda, che lo scorso anno ha significativamente ridotto il proprio debito deve infatti ancora ridefinire il proprio orizzonte e avanzare soluzioni coraggiose coerentemente con quanto previsto nel piano di risanamento. “Il mio è un gesto - ha concluso Gatto che compio nella consapevolezza di aver dato tutto il possibile a questa società e di considerarla elemento di base della nuova primavera reggina”.
CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo
Volare senza ali Ognuno di noi avrà certamente vissuto una esperienza di volo, una esperienza di decollo e di atterraggio, una esperienza di ospitalità in diverse aerostazioni italiane e non solo. Ognuno di noi sa, altrettanto, e molto bene, quanto sia importante abbattere le distanze in un mondo nel quale non vi sono più, se non poche e sempre più remote, località irraggiungibili e quanto sia necessario, in un’ottica di crescita stabilire una rete di comunicazione che permetta non solo il trasferimento delle merci in tempi ristretti, ma anche delle persone. Inoltre, ognuno di noi sa quanto sia fondamentale poter disporre di una politica trasportistica che tenda a valorizzare il territorio, che sia capace di porlo in relazione con altre località e attrarre, in questo modo, interesse verso la regione, che sia turistico o imprenditoriale. Inoltre, e non ultimo, ognuno sa che le infrastrutture trasportistiche hanno dei costi e che, proprio per questo, ogni relativa progettazione e gestione deve essere orientata all’efficienza e produttività nella misura in cui essa non si trasformi nel primo limite di un’idea, di una opportunità, di
una necessità. Ebbene, guardando l’esperienza calabrese potremmo dire con buona pace di chi potrebbe affermare il contrario, che non vi è una politica dei trasporti e, in particolare, del trasporto aereo che si distingua per razionalizzazione delle risorse e delle strutture. Ora nessuno credo vorrebbe privare le tre province – Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone - di un proprio aeroporto e, forse, in un’ottica di distribuzione delle offerte di volo ciò ci potrebbe anche stare. Ma se analizzassimo con onestà i risultati “imprenditoriali” delle tre realtà calabresi, nonostante vi sia un interessante volume di passeggeri ogni stagione, di certo non potremmo essere così sicuri che le ragioni di efficienza e di efficacia delle attività di gestione abbiano raggiunto quegli obiettivi utili per dare delle attività aeroportuali quell’immagine di funzionalità che si osserva da altre parti. La commistione tra partecipazione pubblica e privata, la riserva politica delle nomine, le diverse provinciali interpretazioni del ruolo e del significato di disporre di un aeroporto sacrificate ad una visione di piccoli spazi da conquistare riduce tutto ad una questione per pochi. Ma non solo. Il regime di quasi monopolio nel
quale opera qualche compagnia aerea sostenuta dagli interventi delle società di gestione riduce ogni possibilità di manovra nella scelta e nell’individuazione sul mercato di altre possibilità non solo di trasporto, ma di copertura delle rotte. Certo, dovremmo meravigliarci per questo e per altro, ma non lo facciamo e guardiamo alle vicende dei nostri aeroporti come se ognuno possa vivere di vita propria, come se non fosse utile conoscere se esiste o meno un progetto articolato che faccia dell’offerta trasportistica una necessità che può essere soddisfatta, per una regione che si vorrebbe mettere in gioco, solo attraverso un’idea complessiva di infrastrutture che dialogano tra di loro. Ma, in fondo, quale dialogo si potrebbe avere se ogni aeroporto, come ogni altra idea o iniziativa nel campo dei trasporti, va per fatti propri? Gestione o non gestione, ogni realtà subisce il fascino del potere locale senza capire che, a restare locali perdiamo spazi, rotte, possibilità di aprirci a ciò che ci circonda. Dovremmo essere ormai consapevoli che dal Nord al Sud, rimaniamo, alla fine, piccole province che non cresceranno mai con aeroporti forse “internazionali” si, ma di periferia.
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ATTUALITÀ
DOMENICA 01 Ottobre 10
PROTOCOLLO ITACA CALABRIA, PROTOCOLLO DI AMBIGUITÁ La Regione Calabria nel luglio scorso ha pubblicato il bando Social Housing ma solo successivamente è stato specificato che i redattori della relazione di prevalutazione dei progetti devono essere abilitati e iscritti a un elenco specifico, in cui stranamente figuravano solo alcuni “eletti”. Ma non è dato sapere come e quando si siano formati, chi ne abbia programmato i corsi e dove… Elisa Curciarello e Arrigo Lagazzo, architetti della Locride, nutrono alcuni dubbi circa il “Protocollo Itaca”, nato diversi anni fa per supportare le esigenze delle Regioni di dotarsi di strumenti per sostenere politiche territoriali di promozione della sostenibilità delle costruzioni. Dopo averli ascoltati, qualche dubbio è sorto anche a noi. Ma andiamo con ordine. “Il Protocollo Itaca – spiegano i due architetti – è uno strumento per la valutazione della sostenibilità energetica e ambientale degli edifici che permette di verificare le prestazioni del costruito sia dal punto di vista dei consumi e quindi dell’efficienza energetica, sia da quello ambientale e della salute dei fruitori. Ciò dovrebbe favorire la realizzazione di edifici più innovativi (consumo zero di energia, riduzione del consumo d’acqua, uso di materiali a basso costo energetico), con elevato comfort. “Il Protocollo dovrebbe garantire l’oggettività della valutazione attraverso l’impiego di indicatori e metodi di verifica conformi alle norme tecniche e alle leggi nazionali di riferimento. Ha diverse finalità: supporto alla progettazione per i professionisti, controllo e indirizzo per la pubblica amministrazione, supporto alla scelta del consumatore, valorizzazione di investimenti per gli operatori finanziari. “La Regione Calabria nel 2011 emanava la L.R. n. 41 (4 novembre 2011) dal titolo “Norme per l’abitare sostenibile” in cui norma la certificazione di sostenibilità degli edifici (art. 9) e il disciplinare tecnico e le linee guida (art. 10). “Nel Bollettino Ufficiale della Regione del 5 gennaio 2017 viene pubblicato il Regolamento e il Disciplinare tecnico: “Sistema per la certificazione di sostenibilità energetico e ambientale degli interventi edilizi e per l’accreditamento dei soggetti abilitati al rilascio del certificato di sostenibilità energetico e ambientale degli edifici”. Il 27 marzo 2017 con Delibera di Giunta viene modificato il Disciplinare. All’art. 2 del Disciplinare, nelle definizioni, si cita per la prima volta il “Protocollo Itaca”. All’art. 3 dello stesso si afferma che la certificazione di sostenibilità energetico e ambientale degli edifici ha carattere obbligatorio per gli interventi realizzati da Enti pubblici o con finanziamento pubblico. A tale certificato deve essere allegato l’attestato di prestazione energetica (APE). L’art.6 prevede la Fase di Pre-Valutazione, applicabile alla fase di progettazione inferiore all’esecutivo, nel caso sia previsto nei bandi per la concessione di incentivi, contributi e agevolazioni. Infine, al Capo III viene indicato il “Sistema di accreditamento dei soggetti preposti al rilascio della certificazione”: art. 12 – le funzione di accreditamento degli ispettori, ovvero degli esperti del Protocollo Itaca” sono svolte presso l’Ente Certificatore; art. 13: agli elenchi regio-
nali si possono iscrivere i tecnici iscritti agli Ordini e Collegi professionali, questi tecnici dovranno obbligatoriamente frequentare uno specifico corso di formazione con superamento di un esame finale. Inoltre possono essere iscritti coloro che sono certificatori energetico-ambientali in altri paesi e regioni, ovvero hanno insegnamenti e Master di contenuto specifico, dietro verifica e valutazione della Regione mediante apposita Commissione. “Sulla pagina del Protocollo Itaca del portale del Dipartimento Infrastrutture, Lavori Pubblici e Mobilità, in data 3 aprile 2017 è stato pubblicato: CERTIFICAZIONI. iiSBE Italia è il soggetto certificatore di parte terza che realizzerà i processi di certificazione stabiliti dal Disciplinare Tecnico d’attuazione alla Legge regionale 41/2011 per la Certificazione di Sostenibilità ambientale degli edifici. A iiSBE dovranno essere inoltrate le istanze di certificazione. “La Regione Calabria nel luglio scorso pubblica il bando Social Housing (finanziamento POR 2014/2020) – e prima ancora un bando per l’edilizia scolastica - in cui si richiede l’applicazione della Legge n.41/2011 e la verifica di sostenibilità di progettazioni e realizzazioni. Tuttavia, solo nelle faq del 4 agosto viene specificato che i redattori della relazione di prevalutazione devono essere abilitati ed iscritti ad un elenco specifico che alla fine di agosto - viene comunicato attraverso un’altra faq comunica - migra sul portale di iiSBEitalia. “Gli Ordini professionali, messi a conoscenza e pres-
sati dalle reiterate proteste degli iscritti sulla silenziosa creazione dell’elenco, esprimono disappunto al Dipartimento regionale competente, con richiesta almeno di una congrua proroga dei termini di scadenza del bando Social Housing, per consentire a tutti i loro iscritti di accedere ai corsi. Ma ottengono solo un breve rinvio, che li costringe a precipitarsi (alle condizioni imposte dalla Regione) a tenere dei corsi (ma non si comprende se come organizzatori, patrocinatori o sponsorizzatori) per una limitatissima parte dei professionisti iscritti (max 50 per Ordine/Collegio). Corsi che vengono programmati e resi disponibili da iiSBE Italia (unico soggetto indicato/imposto dalla Regione) alla modica cifra di € 366,00 compresa IVA a partecipante (max 50 partecipanti*366€=18.300€)”. Dopo aver assistito a questo singolare e surreale susseguirsi di eventi (dai quali emerge - purtroppo e per l’ennesima volta - l’assoluta marginalità degli Ordini/Collegi nella tutela dei diritti e della dignità dei professionisti), Elisa Curciarello e Arrigo Lagazzo si chiedono: Perché gli Ordini professionali (come è d’uso fra Istituzioni) non sono stati preventivamente messi a conoscenza della creazione dell’elenco di ispettori ovvero esperti del Protocollo Itaca? Quando e come i professionisti che fanno parte dell’elenco si sono formati? Chi ha programmato i corsi e dove? Quanto è stato il costo per la partecipazione? Quando, dove e con quale ampiezza e congrui tempi
di diffusione, è stato pubblicato l’Avviso per la Manifestazione d’interesse per l’iscrizione ai corsi e all’elenco? Nell’elenco vi sono iscritti soggetti con qualifica di laureato in architettura o ingegneria e perfino informatica. Non sono iscritti agli Ordini di competenza? Hanno seguito dei Master o degli insegnamenti specifici? È stata nominata la Commissione di valutazione? Quale criterio e quale procedura di evidenza pubblica è stata adottata dalla Regione Calabria per la scelta del soggetto certificatore di parte terza (nel caso specifico una organizzazione non pubblica): è stata indetta una gara? Quanti hanno presentato domanda e quanto è il costo del servizio? I funzionari della Regione Calabria che dovranno valutare le relazioni di Pre-valutazione sono stati formati e sono iscritti nell’elenco e ad un Albo professionale? Come è stato redatto il prezziario per le prestazioni di Valutazione ITACA? Ci sono stati dei tavoli di concertazione? Se si, perché gli Ordini professionali non sono stati invitati e/o consultati? La Regione Calabria e gli Ordini professionali hanno tenuto conto della realtà delle professioni tecniche nella Regione, e in alcune aree in particolare, nel richiedere e nell’indire corsi troppo esosi per i professionisti che operano nel territorio? A queste legittime domande è doveroso che le Istituzioni preposte – compresi Ordini e organizzazioni sindacali rappresentative dei professionisti - rendano puntuale risposta. L’accesso a una “abilitazione”, di fatto imposta per legge, non può essere limitato e/o appannaggio di pochi soggetti “eletti” - ai quali indubbiamente verrebbe assegnata una posizione di vantaggio a danno di tutti gli altri operatori - ma deve essere il più ampio possibile. Questa limitazione è in forte contrasto con i principi di ampia partecipazione e trasparenza che devono essere perseguiti dalle pubbliche amministrazioni, e che sono costantemente richiamati dall’Autorità anticorruzione. “Nelle more di un’approfondita riconsiderazione e diversa modalità di organizzazione delle procedure di accesso all’elenco degli ispettori/valutatori ITACA – concludono i due architetti - non v’è alcun dubbio che i corsi di formazione e i bandi regionali in essere debbano essere tempestivamente sospesi. In caso contrario, gli organismi rappresentativi dei professionisti dovrebbero slegare il proprio consenso e partecipazione a iniziative di dubbia legalità e inappropriato comportamento, adottando tutte le iniziative necessarie per ottenere nelle sede preposte la sospensione delle procedure in atto e il rispetto dei diritti dei professionisti”.
POSTA
Lettera aperta a Pietro Fuda: “Sogno un’area cani a Siderno” Egr. Ing. Dr Pietro Fuda, sono consapevole della sensibilità che distingue la Sua persona, oggi alla guida del Comune in indirizzo unitamente alla Giunta che ha mostrato notevoli segnali/interventi di miglioramento/ottimizzazione nella gestione del bene comune. In questa ottica ho valutato ed apprezzato il sito Area Giochi bambini ed attività fisiche per i "diversamente giovani" - lato Sud del Lungomare - di recente sistemato/attrezzato allo scopo de quo. Mi permetto perciò, a ciò stimolato, di avanzare la proposta che veda la creazione di una area recintata dove i tutori /possessori di cani possano fare scorrazzare liberamente i loro amici fidati a quattro zampe. I migliori amici dell'Uomo, i quali in discreta quantità "abitano" la cittadina di Siderno, meritano attenzione ed attenzioni che sono sicuro l'Amministrazione che Lei dirige non vorrà risparmiare ed i loro "padroni" non potranno che essere soddisfatti e riconoscenti al Comune. Perché non recintare e destinare allo scopo la zona ex- minigolf, lato Sud del Lungomare, poco oltre la zona giochi prima citata, la quale, salvo errori di informazione, risulta di proprietà comunale/demaniale? Potrà, semmai, dopo esame favorevole della proposta che mi permetto sottoporre alla Sua attenzione, essere individuata altra zona al lato Nord del predetto Lungomare e comunque una zona inerbita e dedicata alla necessità ora segnalata. Figlio di grande amante dei cani, Lucrezio, allevatore, Giudice Cinofilo ed eccelso Cacciatore, che Lei ha conosciuto negli anni giovanili di entrambi, anch'io sensibile agli amici fidati dell'Uomo, sono sicuro che vorrà fare Sua la proposta de qua e La saluto con deferenza e cordialità. Luigi Misuraca P.S.: " Chi non ha mai posseduto un cane, non sa cosa significhi essere amato." Arthur Schopenhauer
Il letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo/29 Il 12 e 13 giugno del 2011 abbiamo votato i referendum che riguardano l'acqua. Non desidero abusare ulteriormente della vostra pazienza (ne dimostrate tanta nel seguirmi in questa rubrica) e, quindi, non riporterò i testi dei quesiti referendari che, comunque, vi invito a leggere. Veniva chiesto se l'elettore voleva abrogare un decreto legge del 2008 convertito, con modificazioni, da una legge del 2008, come modificato da una legge del 2009 e da un decreto legge del 2009 convertito, con modificazioni, da una legge del 2009, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte Costituzionale. Mi chiedo e vi chiedo. È mai possibile che unreferendum popolare, quindi rivolto alpopolo, sia posto in tale maniera? Delle due, l'una: o hanno molta stima e considerazione di noi e ci considerano in grado di comprendere appieno senza perderci nei meandri della sofisticata burocrazia o, e la cosa mi dispiace, volutamente hanno articolato i quesiti in modo subdolo affinché il popolo non capisse esattamente cosa stava votando. Se, in una Italia immaginaria, il quesito fosse stato semplicemente un “Volete voi che l’acqua sia considerata un diritto umano inviolabile, che la sua gestione debba essere pubblica e non generi profitto?”, scommetto che il risultato sarebbe stato lo stesso. Nel 2011 i cittadini italiani, con il loro voto, in realtà pensavano che il servizio non andava messo sul mercato, ma gestito dal pubblico senza fini di lucro. In sei anni quel referendum non ha avuto alcun esito tangibile. Ora però, alla Camera, hanno cominciato a discutere un ddl di iniziativa popolare che risale al 2007: lo presentarono i movimenti per l’acqua pubblica e in questa legislatura ripresoda un intergruppo parlamentare in cui figurano deputati di Pd, Sel e Movimento 5 Stelle. Si tratta di una proposta di legge che qualifica l’acqua come “diritto umano” e, come tale, garantisce a tutti una fornitura minima di 50 litri al giorno pagata, se serve, dalla fiscalità generale. Il cuore del ddl è l’articolo 6 che prescrive l’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato (niente Spa pubblico-privato). Il problema è che questo disegno di legge, che si è cominciato a votare per portarlo in Aula nel marzo 2016, a qualcuno non va bene. Due emendamenti chiedono di sopprimere l’articolo 6, cioè il cuore della legge. Insomma, si vuole cancellare l’articolo centrale della legge, quello che invera la volontà di 26 milioni di italiani.Gattopardesco. Cambiare tutto per non cambiare niente. E le stelle (noi) stanno a guardare. Tonino Carneri
BOTTA E RISPOSTA
Vi voglio raccontare come si pratica la legalità quotidianamente... Gentile redazione, scrivo questa lettera in replica al vostro articolo “La legalità va praticata e non sbandierata” di Ilario Ammendolia, pubblicato il 12 Marzo scorso. Premetto di essere d’accordo con quello che possa essere il messaggio ultimo dell’autore, ma mi sento in dovere di evidenziare che uno degli argomenti di riflessione introdotto nell’articolo non è veritiero, decontestualizzato dal periodo storico e del tutto inappropriato per il messaggio che si intende trasmettere. Nell’articolo si racconta di un padre padrone e di tre fratelli. Ilario, Alfredo e Nino erano i miei zii, fratelli di mia madre, e il pecoraio padre padrone era mio nonno. Questa famiglia non è stata di certo come descritta dall’autore nell’articolo. Mio nonno è stato sicuramente un padre severo ma, non più di molti padri dell’epoca che si sta raccontando: gli anni ’50. Aveva da gestire e educare cinque figli in un periodo in cui il problema era cosa portare a tavola per sfamare la famiglia. Lavorava la terra e accudiva al bestiame necessario per il sostentamento. Mio zio Ilario era il più grande e, come tutti i ragazzini dell’epoca, oltre ad andare a scuola e fare i compiti, come attività extrascolastiche, non aveva la piscina, il basket o le lezioni di musica, ma doveva aiutare la famiglia come si poteva. Lui guardava il gregge di capre, non aveva un cane (quindi mi chiedo come facesse a trattarlo male) e sì, imparò anche a macellare i capretti. Senza alcuna pietà? Non saprei, io non ero lì ad aiutarlo e nemmeno l`autore dell’articolo che a mio avviso ha voluto romanzare un po` troppo. Nell’epoca in cui vissero, stiamo parlando di più di sessanta anni fa, la scuola non era accessibile a tutti, soprattutto se abitavi in una frazione isolata dove per continuare a fare le classi dopo la quinta elementare, bisognava fare 20 chilometri a piedi perché non vi erano servizi pubblici e le vie di comunicazione non erano di certo come oggi. Non fu strappato alla scuola in seconda elementare, come descrive l’autore dell’articolo, ma frequentò con dedizione fino a terminare il percorso di studi nella scuola del paese. Mia madre più piccola di qualche anno, mi raccontava che lui pur di fare i compiti che non riusciva a fare nel pomeriggio, la sera si sedeva da parte e accendeva un lume perché in paese ancora non era arrivata la luce elettrica. Credo sia chiaro che i miei zii siano cresciuti in una famiglia normale per l’epoca e nel contesto socio culturale della Locride di quel periodo. Con il passare degli anni la loro irrequietezza e la voglia di riscatto, di costruire qualcosa, di crescere personalmente e socialmente, li spinse a fare
Oggi non ci sono scuse, abbiamo tutto a portata di mano e dalla nostra abbiamo la storia che ha definito nettamente e che ci ha insegnato cosa è giusto e cosa è sbagliato, si tratta solo di scegliere. Per chi cerca il riscatto o anche solo la sua posizione nel mondo non esistono strade facili, bisogna investire qualche anno di vita concentrandosi sui propri obiettivi, affidandosi alle proprie energie e il risultato arriva.
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di più, ad andare oltre e purtroppo anche ad imbattersi nella ‘ndrangheta. Ma imbattersi nella `ndrangheta non significa essere ‘ndranghetisti. Allora il fenomeno era radicato nella normale vita sociale, anche nella politica che se ne serviva per ottenere consensi in cambio di favori. Era difficile non averne a che fare per delle persone che avevano proprie idee e volevano costruire qualcosa, che volevano avere lo spazio per creare sviluppo sul territorio, quello sviluppo che noi calabresi purtroppo non abbiamo ereditato proprio per questo motivo. Fatto sta che i mie zii sono scomparsi giovanissimi, loro stessi vittime della ‘ndrangheta ovvero di gente, loro sì, senza pietà e senza scrupoli. Mi chiedo come si possa definire questa perdita “una benedizione caduta dal Cielo”. Lo è stata di certo per gli ‘ndranghetisti e i loro seguaci! Mi piace credere che nessuno benedica la morte altrui o questo sì sarebbe un segno di crudeltà. Nessuno ha il diritto di uccidere un altro uomo strappandolo agli affetti più cari. Ora vi voglio raccontare come a mio avviso si pratica la legalità quotidianamente, e anch’io, in chiave contemporanea stavolta, voglio portare come esempio la storia di un padre e di tre fratelli cresciuti nello stesso paese. Vi parlo ancora della mia famiglia, di mio padre e di noi fratelli. Mio padre con i fatti e le sue scelte ci ha insegnato a essere ribelli, a lottare contro le ingiustizie, a disprezzare le caste e a non scendere mai a compromessi anche se questo poteva comportare la perdita di un lavoro e terra bruciata attorno. Ma il gusto di camminare a testa alta perché camminare nella legalità e nella trasparenza, non ha prezzo e ripaga di tutto ciò che di bene materiale non abbiamo avuto. Noi fratelli abbiamo studiato perché la scuola per noi era un valore da perseguire, era il nostro strumento per il riscatto e con mille sacrifici e senza risorse economiche ma solo con la nostra dedizione ed energia abbiamo conseguito tutti prima il diploma e poi la laurea. Oggi abbiamo circa quarant’anni, abbiamo un lavoro appagante e un bagaglio culturale costruito dalla nostra storia di cui ne andiamo fieri. Il messaggio che vorrei trasmettere è che oggi non ci sono scuse, abbiamo tutto a portata di mano e dalla nostra abbiamo la storia che ha definito nettamente e che ci ha insegnato cosa è giusto e cosa è sbagliato, si tratta solo di scegliere. Per chi cerca il riscatto o anche solo la sua posizione nel mondo non esistono strade facili, bisogna investire qualche anno di vita concentrandosi sui propri obiettivi, affidandosi alle proprie energie e il risultato arriva. A volte servirà lavorare notte e giorno con dedizione, sudore e sacrificio ma per me è questo vivere praticando la legalità. Nessuno regala niente e se qualcosa ci è regalato chiediamoci da dove arriva quel qualcosa e cosa quella gente vuole in cambio da noi. Dovremmo tutti desiderare e assaporare quel gusto di camminare a testa alta per l’essere stati irreprensibili, sarà quell’orgoglio che darà la forza per andare avanti e un giorno godere dei risultati ottenuti… nella legalità. Raffaella Riviello
LA RISPOSTA
Quando ho scritto l'articolo sui fratelli Dimasi ho pensato di contribuire al riscatto della loro memoria considerando il fatto che non sono stati messi nelle condizioni di scegliere. Ho contestato che si potesse dire che la loro morte sia stata "una benedizione del cielo" perchè la morte violenta di un giovane è sempre una sconfitta per ognuno di noi. Tant'è vero chi li ho considerati "nervi dei nervi". Non rivendico meriti ma so quanto è difficile scrivere ed operare in Calabria. Tra la prepotenza dei forti e l'incomprensione degli emarginati. L'affermazione dei nipoti- che hanno studiato ottenendo ottimi risultatimi fa piacere e mi conforta perchè dimostra la giustezza della mia tesi e cioè che la devianza quasi mai è frutto della malvagità dei singoli ma il frutto di una società ingiusta. Ilario Ammendolia
Forza Siderno! Come la festa di Portosalvo, anche il Siderno Calcio è di tutti e non solo di questi meravigliosi dirigenti e appassionati della squadra della loro città. Non lasciamoli soli. Sosteniamoli con un piccolo contributo: il biglietto o l’abbonamento, che hanno peraltro il prezzo più basso della categoria. Le difficoltà ci sono, non abbiamo grossi imprenditori, ma onesti commercianti, con le difficoltà di tutti… ma con il cuore rivolto ai colori bianco e azzurro, il bianco del cielo e l’azzurro del mare, i colori più belli del mondo! Il Siderno Calcio ha tradizioni indimenticabili, come la serie C e l’essere stati campioni d’Italia in quel giorno meraviglioso al Flaminio di Roma. Mi rivolgo ai commercianti: lo so, i tempi non sono buoni, considerata la crisi economica, ma un piccolo sforzo con l’acquisto dell’abbonamento o del biglietto col prezzo più basso della categoria si può fare. Mi rivolgo ai “portoghesi” e vi chiedo scusa: non andate allo stadio per cercare il biglietto a gratis pur essendo stipendiati. Così non dimostrate amore né per la squadra, né per la città e i suoi colori. Giuseppe Belligerante
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La Calabria e i suoi turisti La Calabria appare come una terra di straordinaria bellezza che presenta invidiabili panorami caratterizzati dalla disomogeneità territoriale e ambientale. Una costa in cui si alternano ampie spiagge e rocce che scendono a picco sul mare. I prodotti di questa regione nascono dalla tradizione, da tecniche antiche frutto di una terra ancora incontaminata. Tante ricette profumate e saporite in grado di soddisfare gli appetiti e di stuzzicare i palati più raffinati. L’agricoltura con la sua vasta produzione è uno dei segreti della diversità gastronomica di questa regione. È terra di emigrazione ma anche ospitale, luogo di culture che si intrecciano, si condividono e si rispettano. Dai coloni greci al popolo albanese, la Calabria per secoli è stata terra di accoglienza, di riparo, di protezione. Le coste sono il fiore all’occhiello di una regione che può vantare luoghi di grande turismo balneare e villaggi esclusivi su spiagge bianche incorniciate da un mare limpido. Non la si può godere attraverso una descrizione. La Calabria va vissuta, nelle sue tradizioni, nel suo modo d’essere. Un modo che spesso sgomenta perché non corrisponde alle frasi fatte con cui viene definita. A fare da contorno quest’estate gli innumerevoli turisti che hanno visitato la nostra regione. Sono stati in totale 4.578 i visitatori al Museo Archeologico di Crotone (1.116 a giugno, 1.420 a luglio e 2.042 ad agosto); i visitatori al Museo Archeologico di Capo Colonna sono stati invece 6.131 (3.580 ad agosto, 1.154 a giugno e 1.397 a luglio). Il reperto più ammirato è stato il diadema aureo di Hera rinvenuto a Capo Colonna negli anni Ottanta. Tanti sono stati anche i visitatori che, in occasione della prima domenica di settembre con ingresso ai musei gratis offerta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, hanno affollato il Museo Archeologico Nazionale di
Reggio Calabria che ospita i Bronzi di Riace. Un risultato che conferma la struttura espositiva reggina tra i luoghi della cultura italiana più visitati dal pubblico. Un percorso, quello del Museo Archeologico della città calabrese dello Stretto, che, oltre ai due guerrieri, offre la possibilità di vedere altri importantissimi reperti come la Testa del Filosofo e alcune pregevoli collezioni di monete romane e greche. La Calabria è stata in grado di raccogliere la preferenza sia dei viaggiatori stranieri, che di quelli italiani, raggiungendo un incremento tra il 5 e il 10%. Il buon cibo unito ai luoghi meravigliosi sono stati fattori determinanti che hanno convinto tutti. A sorprendere soprattutto i piccoli borghi. Centri marinari o dell'entroterra sconosciuti al grande pubblico, ma ricchi di storia e di beni culturali, affascinanti e ammalianti. Tesori che aprono ad un nuovo tipo di turismo, non più di massa, ma culturale e armonico. E soprattutto gli stranieri li scelgono e li apprezzano perché trovano arte, rapporti umani, tranquillità e offerte ludiche, musicali e
culturali di qualità. A confermarsi, quale regina del turismo calabrese, è ancora Tropea, luogo ideale per le vacanze al mare. La cittadina si raccoglie con le sue case strette l’una all’altra e le viuzze che si aprono all’improvviso in deliziose piazzette isolate. Offre un susseguirsi di scorci suggestivi e viste sulle abitazioni a picco sul mare di un intenso colore turchese. La perla del Tirreno, all’interno della Costa degli Dei, è sicuramente la località più apprezzata. Tanti gli stranieri, soprattutto tedeschi, che scelgono le spiagge bianche. Insieme anche Capo Vaticano e Pizzo Calabro. Come mete da non perdere anche la riviera dei Cedri, il Golfo di Squillace, la maestosità di Praia a Mare con l’isola di Dino, l’incanto di San Nicola Arcella, lo spettacolo di Scilla e l’intera costa viola, le spiagge incontaminate e le dune della fascia ionica. La Calabria è anche natura, da non dimenticare le riserve naturali e i parchi. Gli ultimi dati disponibili indicano che la Calabria è una delle regioni con i maggiori tassi di crescita di visitatori nei musei. Bakhita Ranieri *archeologa
I FRUTTI DIMENTICATI
A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI
Prirus communis L./ Famiglia Rosacee
Piru Colacissaricu Il nome di tale varietà apparentemente è misterioso in quanto contiene in sé almeno una glossa d’origine greca e di conseguenza è radicata nel territorio da moltissimi secoli, e sembrerebbe difficile identificare il significato. Infatti, sicuramente greca è la seconda parte del nome, cissarica, che deriva dalla parola dialettale ormai desueta e non conosciuta nel significato, cissa, che deriva dal greco classico kìssa che è identificabile con il nome pica, con cui i cacciatori e i vecchi contadini chiamavano l’uccello in questione, che corrisponde però in italiano alla ghiandaia, denominata così perché frequenta preferibilmente i boschi di querce. Talvolta, nel territorio della Locride centrosettentrionale il nome della kìssa è contenuto nelle denominazioni delle contrade, come ad esempio ci ricorda la contrada Ciassarè, tra il comune di Gioiosa Jonica e quello di Martone, che significa località frequentata dalle kisse ossia dalle ghiandaie. La parte iniziale del nome è cola, con cui nelle comunità dell’entroterra aspromontano era chiamato affettuosamente il maiale, per cui potremmo interpretare il nome completo come “la pera che piace molto ai maiali”, però tale interpretazione sarebbe incoerente con la seconda parte della denominazione che richiama la kissa, ossia la ghiandaia, ma a questo punto ci soccorre il fantastico Gerald Rohlfs, che amò la Calabria cento volte più dei calabresi e che nel suo “Nuovo Dizionario Dialettale Della Calabria” commenta il termine cola, prima come “nome vezzeggiativo che si dà al maiale”, ma poi aggiunge un altro significato al termine cola-cola che indica come “richiamo per la ghiandaia domesticata “ Di conseguenza il significato completo della pera colicissarica è “la pera che piace tanto alle ghiandaie”. Evidentemente tale varietà, oggi poco conosciuta, come del resto lo sono le altre centinaia che arricchivano la Calabria tutta, era molto frequente nelle aree a ridosso dei boschi
di querce, frequentati dalle ghiandaie, ma odiernamente essa è rarissima ed è conosciuta da pochissime persone, prima di tutto dal dott. Giuseppe Grenci, sindaco di Ardore, che possiede una collezione di 35 varietà, prevalentemente del suo territorio, compresa la presente. Ad Ardore, Nicolino Zuccalà colleziona peri, meli, ulivi, fichi, viti e altre essenze del territorio e possiede anche la Colicissarica, come pure Arturo Rocca nel suo campo nel comune di Locri, a ridosso della provinciale per Gerace, in contrada Cardà. A Ferruzzano sono sopravvissuti tre esemplari in contrade diverse e lontane tra loro, che si sono salvati dagli incendi in quanto sono stati piantati in campi che fino ad ora sono stati accettabilmente coltivati. L’esemplare georeferenziato è ubicato a ridosso della provinciale per Ferruzzano Superiore e potrebbe superare i cento anni d’età e ricade nel campo del defunto Pedullà Vincenzo, ed essendo proprio sul ciglio
della strada è facile reperire gli innesti a tempo dovuto. Tale varietà di pero maturava i propri frutti in un periodo in cui le pere, quelle delle varietà eccezionali erano ormai terminate da molto tempo; infatti il trionfo delle “pere di sorta”, ossia le varietà speciali, erano appannaggio dei mesi di giugno e luglio e raramente s’inoltravano nei primi giorni di agosto, che offriva con generosità pere di varietà più scadenti, ma forse più utili all’economia delle famiglie che dovevano ricavare risorse per il futuro e le pere di agosto erano più adatte per preparare le pere secche (cottia, cortea ecc.) che sarebbero state utili d’inverno per gli animali e per gli uomini quando frutta fresca non c’era più tranne le mele, pere invernali o gli agrumi, arance e mandarini, che non tutte le famiglie avevano gli alberi che li producevano. Le pere colicissariche erano considerate discrete per l’uso umano d utili per preparare le pere secche ed arrivavano alla portata della gente che poteva consumarle tra la fine di agosto fino alla metà di settembre. Di solito i peri di questa varietà venivano innestati sui perastri che crescevano spontaneamente nei seminativi arborati; essi infatti non potevano essere trapiantati in quanto, trasferendoli, anche quando le piantine erano piccolissime morivano, in quanto la radice principale è fittonante e va subito in profondità; solo in novembre le piantine trasferite altrove avevano la probabilità di attecchire, ma la loro crescita sarebbe stata lentissima. I frutti sono di media pezzatura di forma non completamente piriformi, dai piccioli corti e non omogenei in quanto prevalentemente non mantengono uno sviluppo verticale. Il colore della buccia è giallognola a maturazione, cosparsa da ombreggiature che somigliano ad efelidi, mentre la polpa candida, abbastanza succosa è moderatamente granulosa, leggermente e piacevolmente acidula; diventa scura quando il frutto è eccessivamente maturo.
DOMENICA 01 Ottobre 13
Cari maestri, insegnate la verità! BRIGANTESSA SERENA IANNOPOLLO Il giorno 2 ottobre si terrà a Siderno Superiore una commemorazione ai martiri di Gerace, gli eroi calabresi caduti il 2 ottobre del 1847 in nome di un’unità italiana che anelavano più di ogni cosa, spinti dal loro fervore giovanile e colto, poiché frequentanti, alcuni, l’università di Napoli, la più facoltosa dell’epoca. I bambini di alcune scuole parteciperanno attivamente travestiti da popolani, da esercito e da martiri. Alla fine ci sarà la fucilazione, e a seguire uno sbandieramento tricolore in nome della libertà. Per fare ciò si sono tutti prodigati ad acquistare fucili e bandiere in tutti i negozi di giocattoli, per la gioia dei negozianti, in nome della libertà, dicevamo. Ma io, al solito, ho i miei dubbi. Non so cosa riusciranno a capire di tutta questa storia dei bimbi che in questo esatto momento stanno studiando i fenici e che si vedono catapultati oltre 1500 anni dopo, in un contesto storico del quale non conoscono né il passato e né il futuro. Sanno solo che ci sono dei martiri, e martiri sono stati, pace a loro, ma purtroppo non videro mai realizzato il sogno di un’italia (minuscolo voluto) unita e uguale da sud a nord. Ora probabilmente si staranno rivoltando nella tomba perché non doveva andare così. Le loro idee liberali viaggiavano sui venti della rivoluzione francese, che fischiavano forte fino a qui portando rinnovamenti e costituzioni in tutta Europa, e credevano giusto ottenere lo stesso nella loro terra amata. Non potevano sapere che da lì a poco le loro genti sarebbero state ingannate e derubate, che tutte le ricchezze sarebbero volate a Torino. Non potevano sapere che sarebbero stati trattati come delinquenti e macchiati per sempre con l’epiteto: “terroni”. Credevano in una costituzione e invece arrivò la legge “Pica”. Credevano nella libertà e invece neanche adesso siamo liberi di viaggiare perché non abbiamo le strade, i treni e mancano le comunicazioni aeree. Mancano pure le informazioni, perché i docenti non sempre informano gli allievi che i libri di scuola li scrivono i vincitori, che molti pezzi di storia sono occultati o top secret ancora adesso. Se ci fosse Michelle Bello, sono sicura che vorrebbe la verità, perché la verità rende liberi.
ConVersando... Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro
Proverbi diVin “Il vino rosso fa buon sangue!”. O anche il conveniente riadattamento: “Un bicchiere di vino al giorno leva il medico di torno!”. Chi di noi non ha mai sentito recitare questi proverbi “salutisti” che celebrano la millenaria bevanda?! Salute e buonumore viaggiano a braccetto e non possiamo non menzionare alcuni detti come: “Un'aria di fuoco e una cantina fanno bene alla sera e alla mattina” o “Il vino non è buono se non rallegra l'uomo!”. Oppure: “Non ti mettere in cammino se la bocca non sa di vino!”. Indubbiamente la sintesi preferibile è: “L'acqua fa male e il vino fa cantare!”. E poi ci sono i “meteorologici” che richiamano date precise del calendario o i mesi dell'anno: “A San Martino ogni mosto diventa vino!”, “Se piove per San Michele si riempie il paniere, se piove per San Pietro l'uva gli va dietro!”, “Pioggia d'Aprile ogni goccia un barile!”. O anche ”Neve marzolina addio la cantina!”. Esistono, inoltre, i proverbi “filosofici”, un altro pasciuto gruppo di sagaci metafore popolari che mirano a rivelare le verità fondamentali dell'esistenza umana: “Nella botte piccola ci sta il vino buono!”, “Non puoi avere la botte piena e la moglie ubriaca!”, “Il vino di casa non ubriaca!”. Ricordiamo poi i “moralisti”: “In vino veritas!”, “Pane al pane e vino al vino!”, “Per fare un amico basta un bicchiere, per mantenerlo non basta una botte!”. E ancora: “Chi non beve in compagnia o è un ladro o è una spia!”. Potremmo annoverare anche detti dai toni “ammonitori” i quali puntano il dito verso il bevitore di vino mettendolo in guardia dal rischio di un consumo eccessivo della bevanda: “Chi beve tutto è sempre all'asciutto!”, “Il pane finchè dura ma il vino su misura!”, “Gioco, donne, fumo e vino portano l'uomo al lumicino!”. Per finire citeremo proverbi “apocalittici” che condannano gli astemi augurando loro immani supplizi: “A chi non piace il vino Dio tolga l'acqua!” o il classico “Benedetto Noè che piantò la vigna e a chi non piace il vino venga la tigna!”. La saggezza espressa in maniera tanto persuasiva quanto sintetica di questi e altri detti popolari che si tramandano di generazione in generazione fanno intuire quanto il nettare di Bacco sia parte viva e integrante delle tradizioni di molte popolazioni, “me lo ha detto il vino, e il vin non erra” (Emilio Praga).
CULTURA
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DOMENICA 01 Ottobre 14
Lettere di Antonio Alvaro al figlio Corrado FORTUNATO NOCERA La figura del cavaliere Antonio Alvaro compare in molti scritti del figlio, a volte sotto altro nome, ma soprattutto in Memoria e vita, piccolo gioiello della letteratura italiana. Già leggendo questo breve ritratto del padre che ne esalta i caratteri principali: intelligenza, arguzia, cultura, natura calabrese, senso dell’onore e della famiglia, religiosità, si ha l’idea della straordinaria caratura umana del maestro Alvaro. Ma a dare maggior risalto alla personalità del padre di Corrado ci ha pensato la pronipote professoressa Maria Saccà, pubblicando, presso l’Editore Pancallo, alcune delle lettere che don Antonio ha indirizzato al figlio tra il 1921 e il 1933. La prima diretta alla moglie di Corrado, Laura Babini, riecheggia lo stile epistolare ottocentesco, ma è scritta in italiano perfetto, con contenuto
affettuoso, cordiale e conciliante. Dalla lettura delle altre lettere si apprendono episodi e sentimenti famigliari e paesani inediti: che il bambino di Corrado, Massimo, a soli quattro anni era accudito amorevolmente dai nonni di San Luca per consentire ai genitori, in non buone condizioni economiche, di dedicarsi al lavoro; che lo stesso bambino giocava con gli zii più giovani Massimo e Laura, di poco più grandi; la ripetuta disponibilità del padre di venire incontro alle necessità del figlio; la raccomandazione di avere cura del fratello minore Guglielmo, anche lui a Roma. Nella lettera del 23 dicembre de 1925, il cavaliere parla della maramaldesca “impresa” (16 dic. 1925) di tre picchiatori fascisti (tra cui un reggino di nome Genovesi) dai quali veniva malmenato selvaggiamente assieme al Prof Adriano Tilgher. Il cavaliere Alvaro si compiace della presa di posizione in sua difesa di D’Annunzio, e del fatto che
Il kiwianis club premia il magistrato Giuseppe Carbone Il Kiwanis Club ha premiato con “l’Ulivo d’argento” il Magistrato Giuseppe Carbone che è stato, durante la sua brillante carriera, anche Procuratore della Repubblica di Locri. Il premio, giunto alla sua 9ª edizione, è organizzato dalla Divisione 13 Calabria del Kiwanis, coordinato per l’anno sociale 2016/2017 dal Luogotenente Governatore Giuseppe Luciano, e ha come finalità la valorizzazione di personalità o di associazioni attive nella tutela dei soggetti più deboli come i minori, attraverso la partecipazione e l’impegno che si decifrano non solo nell’abrogazione degli impedimenti che fermano la loro crescita intellettuale, ma anche nelle azioni finalizzate a garantire la loro difesa. In questo senso il Kiwanis della provincia reggina, che fa riferimento alla 13ª Divisione Calabria del Distretto Italia-San Marino, fa della solidarietà verso i bambini il nucleo centrale della sua azione programmatica di ogni anno sociale e questa programmazione viene presa in considerazione non soltanto dall’angolo di veduta del soggetto debole, ma principalmente da quello del soggetto chiamato a impegnarsi per consentire il pieno sviluppo dell’attività solidaristica finalizzata all’aiuto reale verso i bambini. Il premio è stato inserito nell’ambito del convegno tematico “minorenni, deviazioni sociali e legalità” che ha avuto come relatori Santina Cova, Giudice onorario per i minorenni del Tribunale di Catanzaro e Maria Pia Santoro, Neuropsichiatra infantile e Psicoterapeuta e sull’argomento è intervenuto anche il Procuratore Carbone che ha illustrato alla platea i principi che regolano il processo penale minorile. Tre relazioni dettagliate che sono state accolte con applausi di consenso dal pubblico presente in sala composto dalle autorità kiwaniane dei club service della provincia reggina i quali hanno ascoltato argomenti attinenti i temi della psicopatologia adolescenziale, della prevenzione e del disadattamento minorile e dei metodi necessari per ridurre i problemi aiutando nella crescita i minori, specie quelli con problemi e patologie di disadattamento. In questo senso sono state esaustive sia Santina Cova che Maria Pia Santoro, davvero brave a spiegare il nodo contrale del problema, precedendo le conclusioni del già Procuratore della Repubblica di Locri. Al tavolo dei relatori anche l’immediato Past-luogotenente Governatore e segretario del Distretto ItaliaSan Marino, Domenico Castagnella a cui è toccato il compito di premiare il Magistrato Giuseppe Carbone mentre Maria Torre Ciprioti ha letto il prestigioso curriculum e le motivazioni che sono la base del premio “Ulivo d’argento” conferito al valente Magistrato. All’evento che si è svolto all’interno della sala del consiglio comunale di Locri, hanno partecipato anche Francesco Garaffa, Luogotenente Governatore designato della Divisione 13 Calabria, e Andrea Casile, Luogotenente Governatore eletto della Divisione 13 Calabria oltre, ovviamente, a tutte le altre autorità che compongono il direttivo della Divisione e i membri principali dei club service della provincia reggina.
Ulivo d’argento alla carriera per l’ex procuratore nell’ambito del convegno su “Minorenni, deviazioni sociali e legalità”
molti intellettuali abbiano stigmatizzato il vile episodio, come pure della risposta data dallo stesso scrittore sui giornali. Apprendiamo pure che l’editore Carabba affidava allo stesso padre di Alvaro la correzione delle bozze delle opere del figlio. Molte altre notizie paesane inedite, come il prossimo arrivo della strada carrozzabile in paese e il bando d’appalto dell’acquedotto comunale. Il Cavaliere teneva informato lo scrittore di ogni novità paesana. Non manca il compiacimento paterno per le pubblicazioni alvariane; di Vent’anni dice: il libro è poderoso, straordinario, meraviglioso…, un capolavoro, come molti opinano, ed io tra loro. Grazie professoressa Maria, a noi alvariani hai fatto un bellissimo regalo. Anche dal punto di vista editoriale il libro è apprezzabile, secondo lo stile del nostro editore locrese.
Il 2 ottobre del 1847, con la fucilazione di cinque giovani di Gerace, si concludeva in modo tragico l’insurrezione del distretto di Gerace, attraverso la quale cinque giovani, seguiti da una moltitudine di popolo, avevano cercato di far uscire la Calabria dal secolare isolamento
IL SOGNO DI LIBERTÀ DEI CINQUE MARTIRI DI GERACE Il 2 ottobre del 1847, sulla piana di Gerace, con la fucilazione di cinque giovani, si concludeva in modo tragico l’insurrezione del distretto di Gerace, attraverso la quale cinque giovani, seguiti da una moltitudine di popolo, avevano cercato di far uscire la Calabria dal secolare isolamento e di smuovere la mentalità feudale che ancora l’attanagliava. La finalità perseguita dai cinque eroi fucilati a Gerace era anche quella di liberare la Calabria dallo stato di sotto sviluppo socioculturale in cui era tenuta “ostaggio” da un gruppo minoritario di signorotti appartenenti alla borghesia latifondista, che detenevano il potere politico ed economico, e di avvicinarla sempre più all’Europa e alle idee di libertà e di uguaglianza che si erano diffuse dopo la Rivoluzione francese. Michele Bello da Siderno, Gaetano Ruffo da Bovalino, Rocco Verduci da Caraffa, Domenico Salvadori da Bianco e Pietro Mazzone da Roccella, passati alla storia come i Cinque Martiri di Gerace, nel settembre del 1847 agirono con lo stesso coraggio e con lo stesso amore per la terra natia, con cui il grande filosofo calabrese Tommaso Campanella aveva agito nel 1599, tentando di far insorgere la Calabria per liberarla dal giogo spagnolo. La cronaca del moto insurrezzionale scritta dal conte Domenico Antonio Grillo - che venne arrestato insieme ai Cinque Martiri – ci fa conoscere gli eventi di quel tragico 2 ottobre. Nello scritto del Grillo, Memorie storiche sugli avvenimenti politici avvenuti nel distretto di
Gerace nel Settembre dell’anno 1847, pubblicate postume a cura di chi scrive, tra l’altro si legge: Alle due pomeridiane quindi furon menati nella contigua chiesa una volta dei Conventuali di San Francesco d’Assisi per gli ultimi conforti di religione, e furono a guisa di giumenti impastoiati. Mazzone legate ambo le mani ed inceppato nei piedi disse: voglio provarmi se con queste pastoie si possa alla meglio ballare un walzer. Venuti cinque confessori, sulle prime si mostrarono renitenti a confessar le peccata, ma poi adempirono a questo atto religioso. Quando la natura e gli uomini, asseriva Chatheaubriand, si mostrano senza pietà, è bello trovare un Dio pronto a perdonare. Salvadori disse le sue colpe al canonico Sculli, segretario del Vescovo, Bello al canonico arciprete Bova, Ruffo al canonico Frascà, Mazzone al canonico teologo Gerace suo concittadino e Verduci al canonico protonotario De Muià di Siderno. Poi il carissimo Ruffo contemplando una tomba, declamò le seguenti sestine di Walter Scott dal Guido Mammering. [...]. Alle quattro pomeridiane furon essi cinque per la via più popolata della città, con miserando spettacolo, bendati gli occhi, tradotti nel destinato locale per essere sacrificati in olocausto della libertà. Avrebber voluto quei reverendissimi sacerdoti che gli assistevano, impartire ad essi l’indulgenza plenaria in articulo mortis; ma questo atto di religione venne impedito dal tenente Pomar palermitano, che come dissi, la fece da Commissario del Re nella Commissione. Quando si doveva metter la benda a Mazzone,
egli non voleva tollerare quest’ultimo oltraggio, indignato dicendo, non velate i miei occhi che non temono mirar in faccia la morte. Anche Cristo Salvatore degli uomini fu bendato, gli suggerì il suo confessore canonico Gerace, e Mazzone allora rispose: bendatemi! Nel doloroso viaggio, il mio amatissimo parente Salvadori volle confessare qualche colpa dimenticata e baciò più volte compunto il Crocefisso. Ruffo e Bello erano rassegnati; Mazzone impassibile; Verduci procedeva con sublime noncuranza, quanto uno Spartano imperterrito. Tutti andarono alla morte con calma, quale non si può avere che da un sentimento religioso, e da una gran fede nella santità della causa per la quale si muore. E quale causa più santa della libertà? Dal momento che abbandonarono il carcere, la campana della chiesa dell’antico convento ora convertito, come ho detto, in luogo di pena, squillava in suono di lugubre lamento, segno ed officio mesto e pietoso in uso quando si menano i condannati all’ultimo supplizio, ed invitava i credenti alla preghiera. La curiosità stolida, l’istinto fisico a scapito del sentimento morale ed il gusto feroce di osservare quella tragica scena, quell’assassinio politico, trassero gran folla di popolo sotto la cosidetta chiana, estesa ed amena pianura sottostante a Geraci, nella quale vi esistono due case, dei Francescani della riforma una, dei Cappuccini la seconda. Bendati com’erano i miseri, vennero fatti fermare non lungi dal chiostro dei Riformati, dove su piedistallo lapideo, sorge il riverito segno dell’umano riscatto. Svincolatesi quindi da loro i sacerdoti del Dio della pace e di mansuetudine, che commossi fino allora aveano confortati i morenti con parole di rassegnazione e di perdono, costoro si persuasero di essere arrivata l’ora suprema, e che stava per consumarsi l’opera nefanda, e consacrando il pensiero e l’affetto alla patria carissima, per lei, mandarono dal petto l’estremo magnanimo sospiro. Salvadori il primo, e gli altri a coro intrepidi gridarono: Fratelli coraggio: siamo innocenti; moriamo da forti. Viva l’Italia, Viva... e più non dissero, che quel grido fu strozzato a mezzo da quaranta archibugiate, che esplosero come un colpo solo, e fulminarono quei petti generosi, e gli troncarono la voce, e con essa la vita. Ahi! dura terra, perche non ti rattristi? Per la vicinanza dei moschetti i vestimenti di Ruffo e di Bello presero fuoco ed avrebbe bruciato i cadaveri onorati se non fossero accorsi taluni degli spettatori a spegnerlo con acqua. Miserando spettacolo di compassione e ribrezzo. Compagni in vita, non furono divisi in morte, ed ebbero senza onore o conforto di esequie comune il sepolcro, ove è senza effetto l’orgoglio dei potenti e dove è muta ed inerte la nequizia umana. Noi dal carcere abbiamo sentito il rimbombo della fragorosa esplosione dei colpi fraticidi e ci siamo persuasi che oramai il sacrificio delle innocenti vittime era consumato. Costernati, indignati, attoniti ci guardavamo con istupida taciturnità. Oh! Vi sono dolori che per la loro estrema violenza cagionano una specie di sbalordimento, e pur che l’animo fosse restio a prestarvi fede. Quindi, le mie forze si affievolirono, le mie mani tremavano per convulsione nervosa; mi si abbuiò la vista. Domenico Romeo
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L’Italia e la Grecia campioni di solidarietà in Europa Con oltre 29.000 persone ricollocate finora, il primo meccanismo di ricollocazione su larga scala coordinato dall'UE ha contribuito a ridurre fortemente la pressione sui sistemi di asilo dell'Italia e della Grecia. La priorità immediata è adesso garantire la rapida ricollocazione di tutte le rimanenti persone ammissibili giunte in Grecia e in Italia entro il 26 settembre. In tutto, sulla base di questo meccanismo, dovrebbero essere effettivamente ricollocate circa 37 000 persone. La pressione migratoria sull'Italia e sulla Grecia resta tuttavia elevata, a causa dei ritardi accumulati rispetto agli arrivi del 2016 e della prima metà del 2017. La Commissione è disponibile a fornire sostegno finanziario agli Stati membri che proseguono i loro sforzi di ricollocazione al di là dei meccanismi attuali. L'assistenza fornita dall'EASO e da altre agenzie dell'UE all'Italia e alla Grecia dovrebbe proseguire e, laddove necessario, essere ulteriormente rafforzata. Non possiamo però continuare a contare su misure ad hoc: la Commissione invita pertanto i co-legislatori ad approfittare del momento propizio e progredire decisamente nella riforma del sistema europeo comune di asilo, specialmente del regolamento Dublino. Rafforzare i percorsi legali: almeno 50 000 nuovi posti di reinsediamento. La Commissione raccomanda un nuovo programma di reinsediamento dell'UE per portare
La Commissione Europea conferma l’impegno per i migranti bloccati in Libia Da quando, un anno fa, è stato istituito il quadro di partenariato sulla migrazione, sono stati ottenuti risultati notevoli nella gestione comune dei flussi migratori con i paesi di origine e di transito. Oltre a sostenere questi progressi, bisogna impegnarsi di più in alcuni settori essenziali. Innanzitutto occorre rafforzare il Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa e specialmente la componente per l'Africa settentrionale mediante finanziamenti aggiuntivi degli Stati membri. Con il diminuire degli arrivi e del numero di decessi in mare, bisogna proseguire il lavoro comune lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Alcune attività devono essere intensificate: migliorare la situazione dei migranti bloccati in Libia in cooperazione con l'UNHCR e l'OIM, specialmente nei centri di detenzione, promuovere opportunità socioeconomiche per le comunità locali, intensificare l'azione per i rimpatri volontari assistiti e rafforzare le capacità delle autorità libiche di controllare le frontiere meridionali. Occorre poi continuare a impegnarsi lungo altre rotte migratorie, soprattutto a causa della crescente interconnessione tra tali rotte. L'UE e gli Stati membri devono inoltre collaborare strettamente per ottenere un ambizioso patto mondiale delle Nazioni Unite ("Global Compact") per una migrazione sicura, ordinata e regolare e lo sviluppo del patto mondiale sui rifugiati e del quadro globale di risposta per i rifugiati con i paesi pilota.
in Europa almeno 50 000 delle persone più vulnerabili bisognose di protezione internazionale nei prossimi due anni. La raccomandazione rientra tra le iniziative prese dalla Commissione per offrire alternative praticabili sicure e legali a coloro che rischiano la vita mettendosi nelle mani di reti criminali di trafficanti. Il nuovo programma si svolgerà fino all'ottobre 2019 e si baserà sui buoni risultati degli attuali programmi di reinsediamento che, dopo avere offerto nuove dimore a più di 23 000 persone nell'UE, stanno ora per terminare. La Commissione Europea ha destinato 500 milioni di EUR al sostegno degli sforzi di reinsediamento degli Stati membri. Infatti se da un lato occorre proseguire il reinsediamento dalla Turchia e dal Medio Oriente, dall'altro va prestata maggiore attenzione al reinsediamento di persone vulnerabili dal Nord Africa e dal Corno d'Africa, in particolare da Libia, Egitto, Niger, Sudan, Ciad ed Etiopia. Ciò contribuirà a stabilizzare ulteriormente i flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale e specialmente ad aiutare l'UNHCR a stabilire un meccanismo per l'evacuazione di emergenza dalla Libia. La raccomandazione odierna segue e completa il ciclo di impegni di reinsediamento avviato il 4 luglio 2017, che finora ha prodotto 14 000 impegni da parte di 11 Stati membri, e servirà a colmare il periodo fino
all'adozione del nuovo quadro permanente dell'UE per il reinsediamento, proposto dalla Commissione nel luglio 2016. In più, la Commissione incoraggia gli Stati membri a istituire meccanismi di patrocinio privato che consentano a gruppi privati o a organizzazioni della società civile di organizzare e finanziare reinsediamenti in conformità della legislazione nazionale. A questo scopo la Commissione ha invitato l'EASO a coordinare un progetto pilota su meccanismi di patrocinio privato con gli Stati membri interessati. Per trasformare i flussi irregolari in una migrazione economica negli Stati membri dell'UE basata sulle esigenze, la Commissione propone di coordinare e sostenere finanziariamente progetti pilota per la migrazione legale con i paesi terzi. Inizialmente dovrebbero concentrarsi su paesi che abbiano dato prova di impegno politico nel trovare soluzioni comuni per combattere la migrazione irregolare e per la riammissione dei migranti irregolari. Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero inoltre raggiungere rapidamente un accordo e adottare la proposta della Commissione sulla revisione della Carta blu UE, che migliorerà la capacità dell'UE di attirare e trattenere lavoratori altamente qualificati e garantirà che gli Stati membri possano contare sulla forza lavoro di cui hanno bisogno, quando ne hanno bisogno.
Il 13 Ottobre a Siracusa il Dialogo con i cittadini ed il Vicecommissario FransTimmermans Ancora una volta a Siracusa si discuterà di Come sta l'Europa? Quali nuove sfide dobbiamo affrontare? Come è evoluta la crisi migratoria? C'è più o meno fiducia rispetto ad un anno fa? Le sfide restano complesse, le risposte difficili. Un anno dopo il primo Dialogo, tenutosi nel settembre 2016, i cittadini potranno confrontarsi direttamente con il Primo Vicepresidente della Commissione europea sui progressi registrati, i problemi irrisolti, gli sviluppi positivi e le nuove sfide per l'Europa. L'incontro si terrà il 13 ottobre alle ore 17.00 in piazza Duomo. L'evento potrà essere seguito in diretta in web streaming collegandosi al sito http://ec.europa.eu/italy/index_it.htm o sull'account twitter della Commissione europea, @europainitalia, #EUdialogues. Dalla Locride partiranno uno o più bus a seconda dell’esigenza del territorio. L’evento sarà aperto dal coro Global Chorus diretto dal prof. Carlo Frascà. Su proposta dell’Edic Calabria&Europa di Gioiosa Jonica, infatti, spetterà al complesso multietnico “Voci dal Mare” dare il là all’evento per fare il punto sulle politiche migratorie in con i cittadini ed il Vice Commissario Timmermans, che coordina l’azione sulla nuova politica di migrazione in Europa. GLOBAL CHORUS ha preso il via per volontà della Cooperativa Pathos di Caulonia e del Consorzio Sociale GOEL, nell’ambito dei progetti SPRAR di accoglienza ed integrazione presso le comunità di Caulonia e Benestare. Global Chorus vuole anche sottolineare il valore altissimo della musica che, in un'epoca in cui guerre, divisioni, violenze, soprusi calpestano la vita e la dignità di tantissime per-
sone e ne violano i diritti fondamentali - rappresenta il linguaggio universale della fratellanza, dell'armonia, del dialogo, dell'unità e della pace. Il gruppo vocale annovera, oltre agli ospiti delle comunità di accoglienza, anche un nutrito numero di persone del posto, che hanno accettato la proposta di mettere in gioco la loro passione per la musica e per il canto come strumento di incontro reale e concreto in una sorta di laboratorio di cooperazione al fare nel rispetto reciproco e nella consapevolezza della difficolta che lingue, usi e culture diverse pongono ai processi di integrazione. L’iniziativa siracusana, organizzata dalla Commissione Europea e della sua Rappresentanza in Italia, sarà di nuovo un’occasione per un confronto aperto con i cittadini e le diverse componenti della la società civile e dei media. Per comprendere l’importanza del confronto cui sono invitate tutte le componenti impegnate nell’accoglienza dei territori calabrese e siciliano si deve ricordare che nell'assumere l'incarico di Presidente della Commissione europea, JeanClaude Juncker ha affidato a un Commissario con competenza speciale per la Migrazione – Dimitris Avramopoulos – il compito di elaborare in cooperazione con gli altri Commissari, coordinati dal primo Vicepresidente Frans Timmermans, una nuova politica di migrazione: è questa una delle dieci priorità dei suoi orientamenti politici. Per informazioni ed iscrizioni si prega di visionare il sito www.eurokomonline.eu e per info contattare il l’EDIC Calabria&Europa di Gioiosa Ionica , tel. 0964 1901574, associazioneeurokom@tiscali.it Alessandra Tuzza
Bandi e programmi in scadenza "Invito a presentare proposte per assicurare un alto livello di protezione dei dati privati e personali" Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza"
Scadrà l’11 Gennaio 2018 l’Invito a presentare proposte per assicurare un alto livello di protezione dei dati privati e personali, con lo scopo di promuovere: I diritti del bambino; I principi di non discriminazione: “Di razza od origine etnica, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale”; La parità di genere: “Progetti per combattere la violenza contro donne e bambini”. Compito dello stesso sarà inoltre quello di contribuire all'ulteriore sviluppo di uno spazio in cui l'uguaglianza e i diritti delle persone, quali sanciti dal TUE, dal TFUE, dalla Carta e dalle convenzioni internazionali in materia di diritti umani cui l'Unione ha aderito, siano promossi, protetti ed attuati in modo efficace. Per saperne di più Link:https://ec.europa.eu/re search/participants/portal/d esktop/en/opportunities/rec /topics/rec-rdat-trai-ag2017.html Programma COSME: "Pubblicati due Inviti a presentare proposte nel Settore della Moda e del Turismo"
Scadranno il 19 Ottobre 2017 i due Inviti a presentare proposte pubblicati nell’ambito del Programma COSME nel Settore della Moda e del Turismo. Compito degli stessi sarà quello di sostenere la creazione, lo sviluppo del business e il rafforzamento delle imprese nel settore della moda e del turismo grazie a incubatori e acceleratori che integrano creatività, arte e capacità di progettazione delle CCI (Cultural and Creative Industries), tecnologia, scienza e altre competenze pertinenti. Per saperne di più: Link:http://ec.europa.eu/res earch/participants/portal/de sktop/en/opportunities/cos me/topics/cos-2017-3-041.html http://ec.europa.eu/researc h/participants/portal/desktop/en/opportunities/cosme /topics/cos-2017-3-042.html
L’intervista Foto di Teru Kuwayama/ Time Magazine
Marco Lupis a bordo di un elicottero dell’esercito americano nel corso di una missione durante la guerra dell’ex Jugoslavia
r e p o ir g in ia r Da Grotte e r a r t n o c in il pianeta a ia r o t s a l l e d i t i gigan Foto di Filippo Bardazzi
Marco Lupis nella sua casa di Grotteria MARIA GIOVANNA COGLIANDRO È stato uno dei pochi giornalisti italiani a coprire eventi drammatici come i massacri a Timor Est all’indomani del referendum per l’indipendenza nel 1999, l’insorgenza dei rivoluzionari Zapatisti nel Chiapas, gli scontri sanguinosi tra cristiani e islamici alle Molucche e la Strage di Bali. È stato testimone, attraverso i suoi scritti, di molti conflitti internazionali, tra cui quello del Kosovo, e di altri avvenimenti importanti quali i bombardamenti USA a bordo della portaerei Uss Theodore Roosvelt o il passaggio delle ex colonie di Hong Kong e di Macao alla Cina o, ancora, l’epidemia della SARS in Cina. Si chiama Marco Lupis, è originario di Grotteria, ed è stato il primo giornalista italiano a riuscire a incontrare il sub-comandante Marcos, leader dei ribelli zapatisti, un tempo il tormento del governo messicano. I giornalisti più autorevoli fecero a gara per ottenere un’intervista con il subcomandante, considerato la risposta moderna a Che Guevara e divenuto un mito tra rivoluzionari idealisti ma anche semplici romantici. Marco Lupis lo incontrò nella giungla Lacandona, “uno dei pochi posti al mondo completamente inesplorati”. Dopo 25 anni vissuti in giro per il pianeta, da inviato e corrispondente per Panorama prima,
per il Corriere della Sera poi e, infine, per La
Essere giornalisti significa misurarsi Repubblica e l’Espresso; dopo essere stato, inolcollaboratore della Rai, lavorando con la con l'istante immergendosi nel flusso tre, struttura di Giovanni Minoli e successivamente per il Tg2 e il Tg3, Marco Lupis ha deciso di far della storia. È quello che ha fatto ritorno a casa per garantire alla sua famiglia una Marco Lupis, giornalista, fotoreporter vita finalmente stabile e serena. Ma questi 25 di incontri, scoperte e adrenalina non sono e scrittore, originario di Grotteria, per anni andati perduti: Marco li ha raccolti in un libro,”Interviste del secolo breve”, un viaggio 25 anni a spasso per il mondo a attraverso le testimonianze degli attori principacultura, della politica e dell’arte degli ultiraccontare la guerra, la libertà, la limidella decenni. lotta contro l'ingiustizia, la ricerca Tra gli intervistati, protagonisti della politica mondiale, premi Nobel, ribelli, figli di uomini della verità nella politica, nella importanti come il generale Pinochet e l’artista Mirò, ma anche personaggi dello showbiz come letteratura, nell'arte e nel cinema. Claudia Schiffer, lo stilista Givenchy, Peter Gabriel, Franco Battiato, Tinto Brass... L’intervista di cui va più orgoglioso? È sempre molto difficile istituire “classifiche”, però credo che l’intervista che ricordo ancora oggi con notevole emozione è quella con il leader dei rivoluzionari zapatisti, il subcomandante Marcos, che incontrai dopo giorni di cammino nella giungla del Chiapas, al confine tra Messico e Guatemala. Interviste a dissidenti e oppositori politici nei regimi dittatoriali: sono queste le più adrenaliniche? Sono quelle che in me hanno lasciato un segno più profondo. Infatti – almeno per quanto mi riguarda – aver incontrato celebrità mondiali come Claudia Shiffer o Peter Gabriel, mi ha emozionato, inutile nasconderlo. Trovarsi a chiacchierare come due vecchi amici con qualcuno – parlo per esempio di Peter Gabriel – che è stato uno dei miti musicali della mia adolescenza, è stata un’esperienza difficile da dimenticare. Ma come scrivo nell’introduzione del libro, l’emozione più forte e più duratura l’ho provata incontrando appunto alcuni “giganti” della lotta contro l’ingiustizia. Un requisito imprescindibile di una buona intervista è che si venga a creare la giusta empatia. Con quali intervistati è riuscito a entrare in sintonia con più facilità? Come ho detto ho sentito nascere spontaneamente un “legame” empatico con donne o uomini come Marcos, appunto, oppure Aung San Suu Kyi. Averli di fronte e pensare “ io non ce la farei mai ad essere come loro” è stato tutt’uno. Il giornalismo l’ha portata in 57 Paesi del Mondo. È stato anche in Antartide. Com’è finito lì? Ho avuto la grande fortuna e il grande privilegio di poter praticare un tipo di giornalismo che ormai va scomparendo, quello dell’inviato che va e rende conto al lettore, di persona, di ciò che vede e vive. Oggi questo ruolo va estinguendosi, ucciso dall’invasione istantanea di valanghe di informazioni immediate, che spesso però
rischiano di diventare informazioni-spazzatura, prive come sono di qualsiasi chiave di lettura, di qualsiasi mediazione culturale. Ed è sempre per testimoniare in prima persona le cose che vedevo che, nel 2002, partecipai a una spedizione scientifica internazionale imbarcandomi su una nave rompighiaccio russa, che andava in Antartide per verificare lo stato di inquinamento del “Sesto continente”. Fu un’esperienza che ricorderò per sempre. Il suo giornalismo è stato anche denuncia delle violazioni dei diritti umani. Quale violazione va particolarmente fiero di aver portato a galla? Sinceramente parecchie. Credo di essere stato il primo a far sapere al pubblico italiano – sul Corriere della Sera - che davvero i comunisti “mangiavano i bambini”. Non per motivi ideologici , però, bensì perché le folli politiche di sviluppo di Mao durante il cosiddetto “Grande Balzo in avanti” in Cina, costrinsero il popolo cinese a una tale condizione di povertà e disperazione che si verificarono – e furono documentati – molti casi di cannibalismo. Venti anni di corrispondenze da zone di guerra, colpi di stato e attacchi terroristici. Anni intensi che hanno inciso profondamente sulla sua vita. Cos’è cambiato in lei quando ha scoperto la guerra in diretta? Quando ci si trova in zona di guerra, o di conflitto o sullo scenario di un attentato terroristico devastante, interviene un meccanismo che potrei definire “di auto-conservazione”. Ci si deve mantenere lucidi, sufficientemente distaccati dagli orrori che si svolgono di fronte agli occhi, ma conservando comunque l’empatia, senza cadere nel cinismo. Nel momento in cui si deve lavorare, non si pensa davvero ai rischi che si stanno correndo o a quanto siano realmente orribili le cose che si devono raccontare. La consapevolezza piena viene dopo, quando bisogna fare i conti con i proprio fantasmi. Tornato in Calabria le è stata diagnosticata una forma di Sindrome da Stress Post Traumatica. Una guerra privata di cui racconta nell’ultimo capitolo del suo prossimo libro che uscirà a Natale per Rubbettino “Il Male Inutile- Guerre e orrori dimenticati”. Vale la pena sacrificare la propria salute pur di adempiere alla missione di “storico dell’istante”? Non è una scelta consapevole. È una conseguenza alla quale non si pensa se non dopo averla sperimentata sulla propria pelle. Io mi dicevo: “Non ho problemi”, “A me va tutto bene”, “Ce la faccio”. Invece le cose entrano in profondità e poi vengono fuori quando abbassi la guardia della coscienza. Per questo, nel momento in cui mi sono detto: “Ecco, adesso finalmente posso rilassarmi e dare stabilità e ordine alla mia famiglia e a me”, tutto quello che pensavo fosse “scivolato via” è tornato a presentarmi il conto. È tornato nella sua Grotteria solo in cerca di serenità? Come diceva Cesare Pavese: “Un Paese ci vuole…”, per questo dopo aver trascorso la maggior parte della mia vita adulta correndo da una parte all’altra della Terra, avvicinandomi al giro di boa del mezzo secolo di vita ho capito che quella fase della mia vita ormai doveva lasciare il posto a un’altra. Insieme a mia moglie non pensammo neppure per un attimo di tornare a vivere in una delle grandi città dove entrambi eravamo cresciuti, Roma o Milano. C’era per me un fortissimo senso di appartenenza che sentivo con il luogo dove la mia famiglia aveva vissuto per quasi cinque secoli, lasciandovi un’impronta indelebile, Grotteria, appunto. Così decidemmo di tornare a vivere proprio lì, imbarcandoci nell’impresa (titanica, ma allora non lo sapevamo…) di restaurare il palazzo di famiglia, praticamente disabitato da oltre trent’anni. Una scelta che ogni mattina benedico e un istante dopo maledico. Penso sia la dialettica che ci unisce tutti alla nostra Calabria. Chi avrebbe voglia di intervistare oggi? L’uomo più potente del Mondo: Vladimir Putin
“
L’intervista JACOPO GIUCA In Italia abbiamo la pessima abitudine di permettere ai talenti di emergere solo in età avanzata. Per fortuna, anche nel nostro comprensorio, esiste qualche rara eccezione in grado di confermare una regola che è sempre più urgente sovvertire. Questa settimana abbiamo incontrato Roberta Tassone, di Locri, 18 anni, da quattro impegnata nella stesura di “21”, un romanzo pubblicato lo scorso 1° agosto. La storia che ci racconta Roberta è quella di Allison, giovane sopravvissuta a un’esperienza agghiacciante, che cerca di ricomporre i cocci di una vita infrantasi diversi anni prima, quando il suo aguzzino l’ha strappata all’affetto dei suoi cari facendole compiere cose terribili. Lo stile essenziale e il ben dosato susseguirsi di colpi di scena fanno di “21” una sorprendente opera prima e di Roberta Tassone un diamante grezzo che, con l’esercizio, potrebbe divenire una delle più preziose pietre che la Locride abbia mai offerto al mondo. Forse non è un caso, infatti, se il 21 che Roberta ha scelto di dare per titolo al proprio romanzo d’esordio, nella cultura ebraica, viene considerato il numero della perfezione in quanto prodotto di due numeri sacri e perché 21 sono le qualità della sapienza… Come nasce la tua passione per la scrittura e quali difficoltà hai incontrato nella stesura di questo tuo primo romanzo? La passione per la scrittura nasce innanzitutto dall’amore per la lettura, elemento che ritengo requisito di base di ogni buon scrittore. Questa dedizione alla lettura, a sua volta, mi è stata inculcata dapprima in famiglia, quindi a scuola, dove ho avuto modo di partecipare a stimolanti progetti di lettura spesso affiancati a validi laboratori di scrittura. Ho sempre amato scrivere e, ancor più, ho sempre amato inventare e raccontare storie, una buona pratica che ho affinato narrandone la sera a mio fratello, prima di andare a dormire. È proprio dalla volontà di condividere con gli altri le mie fantasie che, un po’ per gioco, ho cominciato a comporre la mia storia, senza immaginare, in principio, che sarebbe divenuta il libro che è oggi. Nel corso dei quattro anni di gestazione del romanzo ne ho più volte ripreso e interrotto la stesura per la difficoltà a coordinare gli impegni scolastici, famigliari e i momenti di svago, ma ho cercato in ogni momento libero di scrivere, anche solo per aggiungere una riga o perfezionare passi che non mi sembravano adeguatamente scorrevoli. Vedere il testo finalmente pubblicato è stato il coronamento del mio sogno più grande, quello che rincorrevo fin da quando ero bambina, quando già mi affascinava l’idea che la gente potesse leggere un libro da me scritto. Certo, ho affrontato tante difficoltà, come rifiuti o critiche che mi hanno spesso demoralizzata ma, alla fine, riuscire a far leggere il mio romanzo mi ha ripagato di tutti questi sforzi. È per questo che hai scelto di dedicarlo ai tuoi lettori? Certamente. Quella dedica è un ringraziamento a tutti coloro che si sono presi la briga di riservare la propria attenzione e il proprio tempo a qualcosa scritto da me. Inoltre ho una bassa autostima, spesso fiaccata da più parti, e questo ha fatto sì che riuscire a pubblicare il romanzo, mettendo a nudo i miei pensieri, sia stato il raggiungimento di un traguardo che la dedica vuole sottolineare ai lettori e a me stessa, spronandomi ad andare avanti. “21” stupisce per la delicatezza del tema trattato, in relazione dell’età in cui hai cominciato a scriverlo. Come viene in mente, a una ragazza di 14 anni, una vicenda così cruda?
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DOMENICA 01 Ottobre
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Viene da Locri, è appena maggiorenne e, negli ultimi 4 anni, ha sfruttato ogni momento libero della propria giornata per realizzare un sogno: diventare scrittrice. Abbiamo incontrato Roberta Tassone, di Locri, studentessa del Liceo Scientifico con il desiderio di studiare medicina che il primo agosto ha finalmente messo in commercio la sua opera prima
à t i l a u Le 21 q a t r e b di Ro
L’idea originale non prevedeva nemmeno tutti i particolari che potete leggere oggi nel libro. Il nucleo originale della storia riguardava infatti una ragazza dal non meglio definito passato burrascoso. Non era delineata la sua storia così come non lo erano le vicende future che l’avrebbero coinvolta. Il mio interesse risiedeva nel raccontare una storia di rinascita che ha preso indubbiamente spunto da tanti film, serie TV e libri dalle trame un po’ “crude” che ho amato per questa loro caratteristica. La protagonista, Allison, è una ragazza estremamente determinata. Considerato che ogni scrittore utilizza o idealizza degli elementi della propria personalità per caratterizzare i propri personaggi, lei è ciò che sei o ciò che vorresti essere? È indubbiamente ciò che vorrei essere. Per
Assolutamente no (ride)! Semplicemente nella stesura del romanzo mi è servito descriverle così per necessità nei confronti dell’economia della storia. Costituiscono un’eccezione Lucas, Michael e Tommy, perfetti esempi di resilienza. Come nascono le figure dei coprotagonisti? A essere onesta non mi sono mai soffermata sulle singole caratteristiche di ogni personaggio. Nel procedere con la scrittura sono emersi con le loro
anche se non ne avrà nulla in cambio. Una persona completamente votata agli altri, proprio come solo nella Locride se ne riescono a trovare… La vicenda si svolge nella zona più degradata di una periferia americana, che hai ribattezzato Draclyn. Il centro abitato, spettrale e violento, a pochi passi dalla montagna e dai boschi ricorda il nostro comprensorio. Ma quanta Locride c’è, davvero, in Draclyn? Non si tratta di una descrizione voluta, anzi, non mi è mai piaciuto ambientare le mie storie in luoghi che conosco e “21” non fa eccezione. È un luogo di fantasia non volutamente legato alla Locride. Certo, ci sono elementi comuni tra i due ambienti, ma non voglio accostare nessuno degli elementi distintivi di Draclyn a Locri. Si tratta di assonanze generate in maniera del tutto inconscia. Il finale del libro è deflagrante ma lascia l’impressione che ci sia un sostrato di non detto che potrebbe dare il la a un seguito della storia di Allison o a una vicenda nuova che si svolga nel medesimo universo coerente. Stai pensando a qualcosa del genere o ti dedicherai ad altri progetti? Il finale aperto non è un espediente per continuare la storia di Allison, ma un tentativo di lasciare al lettore la libertà di interpretare come meglio crede la vicenda. Gli ultimi capitoli, infatti, hanno un andamento anticlimatico che li rende irrilevanti rispetto al resto della trama. Ho fatto questa scelta stilistica per dare uno spunto di riflessione. Una volta terminato il liceo, Roberta vorrebbe iscriversi all’Università per studiare medicina, ambito nel quale spera di poter emergere così come le è già capitato con la narrativa. E la scrittura? Vuole continuare a ritagliarsi del tempo per coltivare la sua passione, ma senza farne la sua occupazione principale. Una scelta che le auguriamo possa darle grandi soddisfazioni, con buona pace di chi non ha creduto in lei.
“21” ha per protagonista un’adolescente che riesce a fuggire al proprio aguzzino e che dovrà imbarcarsi in un’avventura ricca di colpi di scena per riunirsi alla propria famiglia.
Il romanzo si intitola “21” e, a dispetto dell’età della sua autrice, tratta un tema estremamente delicato e di drammatica attualità: gli abusi su minori. lungo tempo ho avuto la presunzione di considerarmi una persona coraggiosa e determinata ma, crescendo, mi sono resa conto di essere l’opposto. Ho infatti dovuto far fronte a problemi e paure che mi hanno dimostrato di non essere esattamente ciò che avrei voluto, consapevolezza che, oggi, regala ad Allison una versione idealizzata del mio carattere. Nel tuo romanzo le figure maschili sono tutte laide, corrotte, spietate, ingannatrici… nel migliore dei casi perfetti idioti. Odi così tanto il sesso forte?
di protagonisti adolescenti o, comunque, molto giovani. Le poche comparse adulte sono attorniate da un alone di inadeguatezza che raggiunge il proprio apice in una scena che si svolge all’interno di un commissariato. Un’inettitudine quasi sveviana che la dice lunga sull’idea che hai della società moderna… Ho una visione pessimistica della società adulta. Credo fermamente che il futuro siamo noi giovani ma sono consapevole che spesso non siamo ciò di cui abbiamo bisogno per cambiare le sorti della nostra civiltà. Per quanto la società adulta abbia creato enormi scempi in ambito sociale, infatti, temo che la generazione che si avvia a rimpiazzarla possa fare persino peggio. Come Allison è un mio me idealizzato, quindi, i ragazzi sono la versione idealizzata degli adole-
peculiarità in maniera del tutto naturale. Se i personaggi principali dovevano infatti rispondere a determinate caratteristiche, gli altri evolvevano assieme alla vicenda. Il romanzo è incentrato su un gruppo
scenti di oggi, ciò che vorrei diventassimo per essere adulti migliori di quelli che ci hanno preceduto. Unico adulto non inadeguato è Olivia, personaggio marginale eppure chiave grazie a una forma di altruismo che la pone a metà strada tra la figura del buon samaritano e quella a del buon vicino di casa Locrideo. Quanto c’è dell’uno e quanto dell’altro? È un personaggio che non ha nessun nesso con la vicenda di Allison né alcun motivo di aiutarla. Rappresenta l’adulto come dovrebbe essere: colui che si prodiga nell’aiutare i giovani
CULTURA
Continua a promuovere tra i VIP di Hollywood la nostra bellissima regione Gianvito Casadonte, presentatosi a Venezia in occasione della Mostra del Cinema per consegnare il Premio Rotella nientemeno che a George Clooney. Durante la kermesse veneziana, infatti, Casadonte, direttore artistico del Premio, ha voluto consegnare un attestato di stima a Clooney presente in Italia per promuovere il suo nuovo film Suburbicon. Durante l’incontro, Casadonte ha sottolineato quale onore sia stato consegnare a uno dei più prestigiosi protagonisti del cinema contemporaneo il riconoscimento che promuove l’immagine della nostra regione prendendo a prestito il nome dall’artista Mimmo Rotella, uno suoi più prestigiosi figli della Calabria.
IL
Casadonte a Venezia per consegnare il premio Rotella a George Clooney
percorso estivo delle intelligenti iniziative promosse a Gioiosa Jonica dal geniale Nicodemo Vitetta, presidente del locale Club Unesco, non poteva avere una più ricca manifestazione conclusiva. Sabato 23 settembre, nel sontuoso contesto architettonico delle dimore nobiliari del centro storico, ha avuto luogo un autentico cenacolo culturale, per la singolare idea di Vitetta di una “Cena con l’autore”. Ospite illustre e graditissimo il campione della cultura, del giornalismo e della scena televisiva nazionale Marino Bartoletti. Accolti con vivo compiacimento anche dal Sindaco Salvatore Fuda, dagli assessori Lidia e Luca Ritorto, dal Procuratore della Repubblica Vincenzo Lombardo, dai giornalisti Ilario Balì e Pino Albanese, oltre che da numerosi sostenitori dei valori alti della cultura, hanno animato la discussione con Marino Bartoletti il giornalista Tonino Raffa, storica “nostra” voce di “Tutto il Calcio minuto per minuto”, e il Ugo Mollica, appassionato cultore di letteratura e di sport. Con piglio di giovanile freschezza e di sicura competenza, ha coordinato gli interventi la giornalista Annamaria Implatini. Il profumo delle prelibatezze gastronomiche dello chef Giuseppe, nella Locanda del Palazzo di Rocco Novembre e Giuseppe Palermo, ha dimostrato convenientemente come la cultura, orchestrata sulle note di una sensibile dolcezza d’animo e di pensiero, sappia rendere fascinoso e coinvolgente un dialogo a più voci, quando sono dotate di particolare sintonia. Con diverse coloriture si è parlato della incidenza dello sport e di taluni messaggi televisivi sulle dinamiche sociali dell’Italia del dopoguerra, sfogliando pagina dopo pagina uno straordinario libro-documentario, carico di vivacità e di brio, ma pure denso di elevata luce di verità e di sentimento. Bartoletti, estraendo dalle sue rigogliose riserve un primo gruzzolo di perle di memoria, ha dipinto un suggestivo panorama dei personaggi e degli avvenimenti che per lunghi anni hanno fatto vibrare di interesse e di emozione l’anima popolare della nostra terra. Sollecitato adeguatamente da misurate considerazioni e rilievi, Marino Bartoletti si è disimpegnato con validissime strategie di pensiero, muovendo con scientifiche retrospezioni dai timidi accenni di risveglio degli anni ‘45/’46, per risalire alla magica stagione olimpica di Italia ’60 e poi al successivo compiersi di quello strano e squilibrato sviluppo, che, senza mai conseguire una configurazione omogenea equamente distribuita, lentamente è naufragato in un
A Roccella il simposio d’arte “I colori e la natura” Dal 25 a29 settembre si è svolta a Roccella Jonica la terza edizione del simposio d’arte “I colori e la natura” a cura di Mariella Costa, con la presenza della Storico dell’Arte Laura Dominici. Sponsor della manifestazione artistica l’Hotel Mediterraneo, gestito dal giovane proprietario Michele Archinà, che ha ospitato nella bella struttura alberghiera sita in pieno centro gli artisti: Augusto Ambrosone, Lamberto Correggiari, Mariella Costa, Maria Teresa Di Nardo, Rosalia Ferreri, Nicola Guarino, Gianni Mastrantoni, Enrico Meo, Rosa Spina. Gli artisti hanno realizzato delle opere, ispirati dalla natura e dal fascino della cittadina jonica, presentate al pubblico giorno 29 settembre. L’imponente macchina organizzativa, si è avvalsa della direzione artistica dalla scultrice e pittrice roccellese Mariella Costa, la quale ha voluto creare un evento artistico a 360°, avvalendosi della collaborazione dell’amministrazione comunale e del sindaco dott. Giuseppe Certomà per la messa a disposizione della splendida struttura del Convento dei Minimi. Nella bella location, infatti, si sono svolti una serie di eventi culturali di grande prestigio: Nella serata del 26 settembre è stata inaugurata la mostra internazionale “La via dell’angelo” a cura del maestro Enrico Meo, nella quale una cinquantina di artisti
mare di grossolane presunzioni e di incompletezze allarmanti. Incursioni sempre spontanee nella storia civile e artistica dell’Italia di tanti decenni, accompagnate da acute valutazioni e da sentite, spesso sofferte, riflessioni. Il Giro d’Italia, prima affettuosa cerniera di riunificazione della Patria, per una nazione tutta da reinventare dopo tante sciagure; l’Olimpiade di Roma, primo approdo di soddisfazione e di sollievo, dopo la l’affannosa febbre di ripartenza, durata per tutti i nostri meravigliosi anni cinquanta. Oltre questo periodo di umile e limpido entusiasmo, una realtà di diversa consistenza, entro cui una grande, virtuosa famiglia, dotata di umanità, di sapienza artistica e di vigore sportivo ha saputo comunque coprire di nobili imprese il territorio culturale e sociale dell’Italia. Tra le tantissime figure che il bellissimo volume BAR-TOLETTI richiama a nuova vita e di cui Annamaria Implatini ha declamato abilmente un’intelligente selezione di brani, citiamo soltanto alcune, rimandandovi per il resto alla godibilissima lettura del testo, che raccomandiamo vivamente agli amici dello sport e della musica leggera, ma soprattutto agli amanti della buona lettura e del linguaggio elegante e gentile. Ricordiamo la grandiosa immagine di Gino Bartali, il cui nome è impresso sul muro d’onore del Giardino dei Giusti a Gerusalemme, da dove, evento straordinario, partirà il Giro d’Italia 2018. E poi, in una successione che, essendo necessariamente molto parziale, non vorremmo fosse considerata irriguardosa, segnaliamo, senza alcun ordine di tempo o di categoria, la tappa di Trieste del Giro del ’46; l’intelligente umorismo e la giovialità di Anna Marchesini; il candore sportivo di Gaetano Scirea e di Giacinto Facchetti; il purissimo slancio di generosità degli angeli del fango di Firenze ’66, la formidabile dimensione da numero uno di Sandro Ciotti, che la raucedine è riuscita soltanto a esaltare; l’estro inimitabile di Omar Sivori, che vivrà sempre di leggenda nella poesia del calcio universale; la delicata tenerezza di Mia Martini; la voce vellutata di Giorgio Gaber, davanti al cui ricordo Bartoletti offre soltanto l’omaggio del suo doveroso silenzio. E poi tanti e tanti altri nostri compagni di viaggio, saliti a bordo della nostra giovinezza, per lasciarvi durevolmente segni consistenti di emozione. E mentre rinnovo le lodi per l’infaticabile Nicodemo Vitetta, ideatore di un incontro di pensieri e parole (c’è pure la pagina di Battisti ad aspettarvi) così nobili e chiare, torno a invitarvi a leggere il libro, che vi regalerà senz’altro un volo dolcissimo ed emozionante nella favola degli eroi veri della vostra gioventù. Ugo Mollica
provenienti da varie parti d’Italia e del mondo hanno esposto le loro opere di notevole livello artistico: pittura, scultura, ceramica, fotografia, poesia visiva. La mostra è stata arricchita dall’interessantissima presentazione della critica dott.ssa Vittoria Butera. All’esposizione è stata affiancata la mostra dei lavori artistici di Alessandro Spataro, talentuoso ragazzo disabile dell’Associazione Comma Tre di cui Simona Coluccio ne è la presidente. Nella serata del 27, momenti di pura magia con la presentazione del libro “Il pianto della luna” dell’autore avellinese Nicola Guarino. Nicola ha dialogato con la bravissima scrittrice Rossella Scherl, la quale ha anche stupito la platea con il suo melodioso canto. Meravigliose le note del giovane Micheal Marzano che hanno allietato la serata. La sera del 28 è stata la volta di Vanessa Riitano, giovane talento locale, la quale ha presentato il libro “Fractalia- Amando d’amore amato”. L’autrice ha dialogato con la stessa Rossella Scherl e ha incantato la platea con la sua splendida voce, sulle note del bravissimo musicista Paolo Mancinelli.
Il campione della cultura visita la Locrid
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DOMENICA 01 Ottobre
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Arba Chjara, l’eco lontana del mondo contadino Lo scorso 12 agosto l’amministrazione comunale di Benestare, in collaborazione con l’unione dei poeti dialettali calabresi, ha presentato il libro di poesie di Saverio Macrì “Arba Chjara”, Edizioni Nosside. “Il libro – racconta l’autore– a livello emotivo, è permeato del ricordo di mia madre e mio padre, di quando, ancora bambino, vivevamo in una casetta piccola e accogliente, dove respiravo il profumo della campagna, del pane appena sfornato, e mi cibavo dei valori della famiglia, ormai caduti in disuso. Nella memoria conservo ancora lo sventolio delle lenzuola appese al sole, mentre la vita scorreva lenta, quasi immobile, come un quadro che ricordo appeso al muro, da quando sono nato. Questo libro, arrivato a tarda età, come un frutto fuori stagione, racconta i silenzi della mia terra e le albe chiare della mia infanzia; racconta quello che ero e quello che è rimasto nella mia memoria di quel mondo contadino che, per me, è stato una vera e propria scuola di vita. Una lezione che, nel corso degli anni, ho cercato di trasmettere, con l’esempio della mia vita, ai miei figli Claudio e Martina”.
L’imponente macchina organizzativa dell’evento, giunto alla sua terza edizione, si è avvalsa della direzione artistica dalla scultrice e pittrice roccellese Mariella Costa, la quale ha voluto creare un evento artistico a 360°
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Il funerale del Siracusa C'è un'avversaria più pericolosa e più tenace dei terremoti di cui aver paura a Reggio. Rischia di privarci della bellezza, della memoria e del futuro, si chiama ignoranza. Non so come altro definire chi ha consentito che la speculazione trasformasse il cineteatro Margherita in un anonimo negozio e che forse, se non ci opporremo, consentirà uno scempio simile ma più grave: la destinazione del teatro Siracusa a negozio di alta moda. Ogni volta passo accanto al teatro Siracusa non posso fare a meno di ammirare la sua eleganza liberty e leggo sempre la locandina che ne pubblicizzava gli ultimi spettacoli. Quel manifesto che resiste alle ingiurie del tempo rappresenta la speranza e il desiderio di una riapertura. Come la madeleine di Proust, mi ricorda tanti spettacoli musicali, poetici e di prosa. Ricordo in particolare le belle rappresentazioni dei più famosi scrittori calabresi che Pino Michienzi mise in scena quasi senza spettatori a parte me e qualche altro. Mi sentivo un privilegiato nell'assistere quasi da solo alla interpretazione della vita e delle opere di Lorenzo Calogero, Fortunato Seminara, Mario La Cava, Corrado Alvaro e Leonida Repaci. No, non bisogna consentire che l'arte e i suoi luoghi perisca-
no, sono la più grande ricchezza per una comunità. Reggio ha troppe ferite, non diamogli il colpo di grazia e aiutiamola a risorgere. Alcuni amici mi raccontarono che quando il re dei videopoker acquistò il Margherita, lo contattarono preoccupati delle sorti del piccolo ma prezioso cinema. Il sig. Campolo assicurò che avrebbe lasciato il cinema integro e mantenne la parola. Dopo il sequestro dei suoi beni, furono le istituzioni a compiere il misfatto e a consentire lo smantellamento del cinema che diventò negozio di abbigliamento. Il teatro Siracusa, che ha ereditato il cognome del fondatore, e il proprietario Nino furono oggetto di una satira pungente del poeta Nicola Giunta che rimproverava l'impresario di svuotare le tasche dei giovani con spettacoli volgari. Nella poesia dialettale di Giunta l'impresario, durante i suoi funerali, esce dalla bara e prende in giro le persone che seguivano il carro facendo pettegolezzi su di lui. Speriamo che anche il funerale di questo teatro sia solo una finzione, una leggenda metropolitana o un goffo tentativo che non si realizzerà, ma bisogna vigilare, l'ignoranza è sempre in agguato, con la sua miopia e la sua violenza. (Giuseppe Gangemi)
Un bar per tutti
Il percorso estivo delle iniziative promosse dal Club per l’Unesco di Nicodemo Vitetta a Gioiosa Ionica si è concluso, sabato 23 settembre con la “cena con l’autore” dedicata a Marino Bartoletti, che ha presentato la sua ultima fatica letteraria.
Facciamo in tempo a opporci al massacro della lingua italiana che ormai impera sui social e che rischia di far diventare la meravigliosa scoperta di Internet il regno dell’irresponsabilità e della libertà di offendere? Se consideriamo il dilagare delle notizie false e l’amplificazione giornaliera della fiera degli insulti e delle bestialità, dovremmo dire di no. Ma se diamo un’occhiata all’ultimo di libro di Marino Bartoletti (dal titolo “Bar Toletti - così ho sfidato Facebook”) allora possiamo ricrederci. Nel suo vorticoso giro d’Italia di queste settimane, il popolare giornalista romagnolo ha fatto tappa a Gioiosa Jonica, dove, su invito della Pro Loco e del Club Unesco, ha presentato il volume alla “Locanda” dello storico Palazzo Mantegna, nel cuore del vecchio borgo. La formula, ideata dal presidente del club Nicodemo Vitetta, è stata quella dell’incontro dell’autore con gli amministratori e con un pubblico selezionato, nel corso di una cena a base di prodotti tipici della cucina calabrese. Mentre sullo schermo scorrevano le pagine della sua straordinaria carriera, Bartoletti ha dialogato sui contenuti dell’opera con il giornalista Rai Tonino Raffa (che ha svolto la relazione di base), con l’inviata di “Telemia” Annamaria Implantini e con l’opinionista Ugo Mollica. È venuto fuori un interessante e pacato Talk show, che, introdotto dallo stesso Nicodemo Vitetta, ha coinvolto anche il sindaco Salvatore Fuda, gli assessori Lidia Ritorto e Luca Giuseppe Ritorto, il magistrato Vincenzo Lombardo già Procuratore Capo a Catanzaro. È intervenuta all’evento anche la signora Vania Tigani, moglie dell’indimenticato capo ufficio stampa della Lega Professionisti di Milano, Michele Tigani, che fu a lungo amico di Bartoletti e di tutti i big della stampa sportiva italiana. L’autore (che ha condotto tante celebri trasmissioni televisive e ha diretto numerose testate, tra cui lo storico “Guerin Sportivo”) ha spiegato come, dopo una iniziale diffidenza, si è avvicinato a Facebook con l’intento di dimostrare che anche sul web si può scrivere in maniera incisiva, piacevole e coinvolgente, restando fedele alla formula del buon giornalismo tradizionale. Ogni giorno, sul suo profilo, Marino racconta tutto come se parlasse ai tanti amici di un Bar immaginario (appunto il “Bar Toletti”) aperto a tutti coloro che amano lo sport, la musica, lo spettacolo, e, soprattutto, la lingua italiana. E così fa incontrare gli avventori di questo ritrovo ideale con tutti i personaggi che lui ha conosciuto: da Federica Pellegrini ad Alex Zanardi, da Valentino Rossi a Bob Dylan, da Enzo Ferrari a Ezio Pascutti, da Giorgio Gaber a Marco Pantani, da Beppe Viola a Sandro Ciotti, da Dorelli a Paolo Rossi, da Freddy Mercury a John Lennon, da Omar Sivori a Gigi Proietti, da Renato Carosone a Enzo Bearzot, da Miranda Cicognani a Mia Martini. A furia di postare un pensiero al giorno, dopo un anno Bartoletti si è accorto che il libro lo aveva già scritto. La prima edizione è andata subito esaurita, la casa Editrice Minerva ha già sfornato la ristampa. Il pubblico intervenuto alla “Locanda del Palazzo Mantegna”, è rimasto affascinato dalla sincerità e dal linguaggio scorrevole dell’autore, che ha confermato che lo sport è una fonte narrativa fenomenale, perché contiene tutto: la figura dell’eroe, il senso della sfida, la lotta per la vittoria, gli insegnamenti della sconfitta, l’affresco sociale che nasce da certe imprese. L’attività della Pro Loco e del Club Unesco proseguirà con cadenza settimanale proponendo altri eventi di grande profilo. L’obiettivo di Vitetta e Soci è quello di far parlare della Calabria così come l’ha descritta Marino Bartoletti, definendola terra meravigliosa. Tonino Raffa
Il canoista sidernese assuefatto ai record Classe ‘47 ma non lo dimostra. Dopo intensi allenamenti, due mesi senza interruzioni, sostenuti sul mare di casa a “SIDERNO”, sveglia alle 5 del mattino fino alle 7, affiancato dai suoi amici Cosimo Gimondo e Attilio Ozzimo, il Canoista Sidernese, Renato Audino, ha partecipato alle gare previste dal calendario del 2017 dalla federazione italiana Canoa – Kayak, riportando buoni risultati. - Sul fiume Adige località Arcè, frazione di Pescantina (VR), ha partecipato a due gare di discesa sprint il 3 settembre 2017 conseguendo: 1) Primo posto nei 4000 m su canoa C2 Cat. E - con compagno Roberto Bussolino; 2) Secondo posto nei 500 m su canoa C2 Cat. E – con compagno Roberto Bussolino; Il 15 settembre 2017 ha partecipato ai campionati Italiani di velocità tenutesi sulle acque dell’Idroscalo di Milano: 3) Medaglia d’oro nei 1000 m in C2 cat. G, con il compagno Alvise Poggi; 4) Secondo posto nei 1000 m in K1. cat. H.
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DOMENICA 01 Ottobre 21
Grazie per essere stato un punto di riferimento
Con una cima magica ci tenevi legati alla cultura Poi, d’improvviso, mi dicono che è venuta la morte e ti ha piallato le gambe, il sorriso, la paura. E ripeto il tuo nome e mi emoziono. E prendo tra le dita tutti i nostri ricordi, e mi schiarisco la voce per coprire il pianto, e ho voglia di mettermi al sicuro dal dolore, di smetterla di tremare. E mi do spiegazioni spirituali, e cerco scappatoie pur di non scoprire l’inganno della vita. Se poi a morire sei stato tu, mi si spacca il cuore: l’Uomo che mi ha avviato alla conoscenza e alla curiosità, come un fratello maggiore. Taurianova la ricordo, indifferente e piatta, al momento del tuo arrivo. Ci guardavi come fossimo anime da mettere all’asciutto. E ci facevi ascoltare le voci e i segnali di pensieri diversi: un poeta in mezzo al deserto. Quanti ne hai salvati, dall’assedio della criminalità; per ognuno aprivi un libro, un giornale o l’immagine di un film. Ci hai fatto vivere un tempo illustre con il centro servizi culturali, la radio, la televisione, i cineforum, il teatro. Negli anni settanta, e poi ancora oltre. Come avessi una cima magica ci tenevi legati alla cultura, e alla tua umanità. E io, ti seguivo al passo. In quell’ambiente pesante fatto di ignoranze e arroganze. Non sapevi riposare, e volevi rivoluzionarci liberarci dall’amarezza delle nostra terra. Dopo di te Taurianova non ha più saputo riaprire quella parentesi. Sei stato il taglio forte, in una comunità persa, addormentata. Dio ha fissato a oggi le lancette del tuo tempo, e da fedeli dobbiamo accettarlo. Da uomini, invece, cerchiamo di far cadere le pietre e le tombe, di avere una speranza che la risurrezione sia cosa vera. E ci danniamo non comprendendo perché avviene la morte. Io mi ribello nell’unica forma possibile, piangendo. E non so più davvero chi invocare per farti proteggere nell’altro mondo. Addio Mimmo. Michele Caccamo
La scomparsa di Mimmo Agostini lascia interdetta la Locride. Quella, per lo meno, che aveva imparato ad apprezzarlo e che aveva riconosciuto in lui il vero giornalismo, ormai divenuto una rarità. Uno dei pochi giornalisti dal pensiero non allineato, ma sempre lucido e disinteressato, Mimmo Agostini era un giornalista, ma soprattutto un gran signore, in grado di tracciare un solco nel mondo dell’informazione locale non solo per le sue indiscusse qualità professionali, ma per quelle umane, che avevano contribuito a renderlo una delle firme più seguite del “Quotidiano della Calabria”, direttore della testata online “Il paese” e l’autore e promotore del “Festival della Memoria” che ha contribuito a dare lustro alla Locride e alla sua Bovalino. Da qualche tempo Mimmo Agostini non usciva più di casa, impegnato a lottare contro un male che lo ha strappato all’affetto dei suoi cari e di noi colleghi davvero troppo presto. Ma, forse, la sua figura era così incisiva che dirgli addio ci avrebbe colto impreparati anche se la sua luce avrebbe continuato a guidarci per molti altri anni. Addio, Mimmo… grazie per aver reso la Locride un luogo un po’ più informato e acculturato.
Ciao Mimmo Agostini La Redazione di Riviera
Una vita a lottare contro il disordine morale
Addio Mimmo L’attesa inesorabile I giorni scorrono lenti, le ore i minuti sono scolpiti nella mente di chi veglia l’attesa inesorabile della fine di un cammino, impotente, senza poter fare nulla, solo attendere e le ore passano e segnano gli attimi, perforando le menti di chi ti sta accanto, avvolti nel dolore. Quando con un sorriso sereno, ci hai salutato per l’ultima volta, nella tua pace e tranquillità, resterai nei nostri cuori, l’amico di sempre, caro Mimmo Agostini. Un pezzo di storia, se ne va via. Lui che l’aveva scritta con la sua penna instancabile, aveva raccontato la vita, la storia, i misfatti, la politica, la cultura, eventi religiosi e non, e nel commentarli faceva riflettere non solo noi a Bovalino, ma tutta la costa ionica, che il giornale in cui lui scriveva, raggiungeva. Addio uomo semplice, col sorriso sempre sulle labbra, con la tua bontà, indiscutibile. La costa jonica, o la costa dei gelsomini come si fa chiamare, con i suoi profumi ti accompagni al di là, nell’altra vita. Domenico Savica
Mimmo Agostini attraverso la storia: A partire dall’alto, da sinistra a destra, il nostro compianto collega in compagnia di Saverio Strati durante un convegno dell U.N.L.A.; con l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con Masino Mittica e altri amici in una foto che lo ritrae da giovane; nel 1967 con i Nuovi Gabbiani, gruppo musicale da lui fondato con Renato Fragomeni, Mario Tallarico, Peppe Platani, Ninì Ingrati e Mimmo Alvaro; una foto storica in cui posa in compagnia di Luigi Lombardi Satriani e a Taurianova con il giornalista Gigi Malafarina.
È venuto a mancare Domenico Agostini, coordinatore del n.Cdu di Bovalino e Vice Presidente Nazionale U.N.L.A.. Se ne va un galantuomo, ricco di cultura e di umanità. Aveva una grande fede testimoniata ogni giorno. La Sua lotta contro il disordine morale e per la giustizia sono gli aspetti che hanno contrassegnato il Suo vivere. Avvertiva la debolezza di una classe dirigente che si allontanava dai valori, patrimonio di storia, andando incontro ad avventure pericolose. È stato coerente fino alla fine. Di fronte alla superficialità dei tempi contrapponeva una visione alta dei problemi che non potevano essere risolti con arrangiamenti e rattoppi. Aveva una forza di volontà grande che solo gli uomini dagli ideali e dai convincimenti forti posseggono. Era un ottimo giornalista. Era soprattutto un generoso e agiva con un fervore genuino, con slancio giovanile senza badare ad ostacoli e difficoltà. Nel momento in cui Domenico ci lascia, Gli debbo una testimonianza personale, mista a gratitudine. Nei momenti di scoramento mi ha sostenuto e mi ha spinto ad andare avanti. Quando le battaglie, diceva Domenico, sono giuste bisogna farle fino in fondo anche se si va incontro ad incomprensioni. E oggi questa Sua lezione mi ritorna chiara. Ho capito che é importante non arrendersi. Questo sarebbe l'inganno più cocente. Le ottusità, le piccolezze, le miserie non sono state e mai saranno vincenti. Domenico Agostini é stato sconfitto dal male, ma ha vinto la battaglia della vita. Il Suo ricordo resterà nel cuore di tanti che lo hanno conosciuto. Alla moglie,ai figli e ai familiari, in particolare a Mario Mazza, le condoglianze con i sentimenti di cristiana partecipazione a loro dolore. Mario Tassone
RIVIERA
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Dietro le quinte Sempre a Siderno Superiore, al termine della bellissima cerimonia, gli sposi Fabio e Serena hanno voluto omaggiare tutto lo staff del loro matrimonio posando per una foto di gruppo.
“Ma la mia tessera?” In quel di Agnana, durante la consegna delle borse di studio organizzata dall’amministrazione, c’è stato lo storico incontro tra Sebi Romeo e Pino Mammoliti, che ancora si sente creditore di una tessera del PD.
Taglio Outdoor Non li sopportava davvero più, il sindaco di Palizzi Walter Scerbo, i suoi lunghissimi capelli. Per questo, saputo di essere stato assolto con formula piena dalle accuse che gli erano state mosse negli ultimi mesi, ha festeggiato facendoseli tagliare nel suo giardino di casa.
DOMENICA 01 Ottobre
Separati alla nascita Durante una bellissima cerimonia svoltasi la scorsa settimana a Siderno Superiore, tra gli invitati, figuravano anche Lele Nucera e Pasquale Simone che, in questa fotografia, ci mostrano la loro sorprendente somiglianza.
L’amicizia che ti lega Loredana Pisciuneri abbraccia con gioia Nicoletta Candido e Mimma Guarnieri ricordandoci che solo la vera amicizia è un efficace scacciapensieri!
Tre quarti di Gerace L’imprenditore Totò Marzano e il vicesindaco Salvatore Galluzzo mostrano in questa foto tutte le qualità della città d’appartenenza: la bellissima Gerace!
A coronamento della serata… Durante la sue breve visita nella Locride, il cantautore Mogol, dopo essere rimasto meravigliato dall’arte del MUSABA, ha deciso di trascorrere la serata in compagnia di alcuni amici al “Palazzo” di Moschetta.
Un’altra estate se ne va… Chicco Gerace e Michele Macrì posano assieme per una foto semplice, eppure in grado di rappresentare la fine anche morale dell’estate 2017. Al prossimo sole!
Nei secoli fedele Il nostro caro amico Arturo Rocca, amante della natura selvaggia, ci invia lo spettacolare scatto di una quercia da sughero secolare: si stima abbia circa 500 - 600 anni. L’esemplare si trova nei pressi di Gerace.
Impara l’arte… Durante la sua mostra tenuta a Caulonia alla fine di agosto, il professore Zucco ha affascinato con la sua arte e le sue spiegazioni Fabio Macagnini e Nicoletta Nesci.
Sfogliando i ricordi… Emigrante calabrese negli Stati Uniti, rientrato a Siderno dopo 50 anni da cittadino americano.