Riviera n° 42 del 15/10/2017

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CONTROCOPERTINA

Durante l’estate scorsa la società di cui Mariorara Cenusa è amministratrice è stata accusata di avere legami con la mafia e l’attività del “Sireneuse” chiusa molto platealmente, nel pieno dell’attività turistica, con gli avventori ancora seduti ai tavoli e la forchetta in bocca. A nulla sono valse lacrime e richiesta di Marioara alla squadra delle Forze dell’Ordine, che ha provveduto a chiudere il locale, a nulla valsa neanche la richiesta di sospensione rigettata dal TAR.

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ia b b a e h c o n o "Non cred ia m a l n o c o it t s ge i. r a f f a i ie m i a t s te " a r ie n a r t s o n o s Perchè LIDIA ZITARA “Ho ragione, e voglio che sia riconosciuta”, così dice Mariorara Cenusa quando riepiloga con sgomento la vicenda che l’ha vista al centro di un episodio di cronaca reggina, la chiusura del suo locale, il “Sireneuse” proprio nella zona più accorsata del Lungomare di Reggio. Durante l’estate scorsa la società di cui è amministratrice, la “Mr. Zuppa” è stata infatti accusata di avere legami con la mafia e l’attività del “Sireneuse” chiusa molto platealmente il 2 agosto, nel pieno dell’attività turistica, con gli avventori ancora seduti ai tavoli e la forchetta in bocca. A nulla sono valse lacrime e richiesta di Marioara alla squadra delle Forze dell’Ordine, che ha provveduto a chiudere il locale, a nulla valsa neanche la richiesta di sospensione rigettata dal TAR. Marioara, una sottile donna di

trent’anni, si fa chiamare Mary dagli amici, e tutti in città la conoscono con questo nome. Dopo sette anni di vita in Italia, venuta via dalla Romania per trovare un lavoro e garantire sostegno alla famiglia e a sua madre malata, il suo accento si sente ancora forte, mescolato a quello forse più pervasivo e inconfondibile della Città dello Stretto. Mary parla benissimo l’italiano e non dà certo l’idea di essere una persona priva di capacità imprenditoriale e voglia di lavorare in quello che è il settore delle sue competenze. Afferma infatti di avere due titoli di laurea, conseguiti in Romania e validi a livello europeo: uno in Economia e un altro in Amministrazione. Legittimo pensare che Mary si sia costruita da sé, passando attraverso i lavori “standard” degli emigrati in Italia: badante, colf, donna delle pulizie, cameriera. Infine, perché no, amministratrice e titolare di una

società che ha in gestione uno dei locali più centrali di Reggio. Ma sembra che il passaggio di una donna, straniera per giunta, dallo status di lavoratrice a quello di datrice di lavoro non sia stato digerito. Mary aveva impiegato fino a 40 persone al “Sireneuse”, durante la stagione estiva. Mary racconta del suo passato, della sua fuga da un paese sconquassato dal Regime comunista e dalla sua caduta. “I miei nonni furono rinchiusi in lager, quelli sui fiumi, che d’estate hai i piedi nell’acqua e in inverno sul ghiaccio. Questa è la stessa cosa, ma con un altro nome. Ho perso 300.000 euro e sono sicura di non riaverli più. Ma non chiedo neanche un risarcimento, quanto il riconoscimento delle mie ragioni, dei miei diritti e della mia dignità. Mi è stato detto che non è possibile che fossi io a gestire con la mia testa i miei affari poiché straniera”. Ci piacerebbe

sapere se essere badante o colf sia l’unico destino possibile per una donna rumena in Italia, e l’affermazione riportata appare pesantemente razzista e sessista. Mary è certamente una vittima. Una vittima incapace di realizzare la verità degli eventi che le sono piovuti addosso. Sarebbe auspicabile una revisione da parte della Procura dei fatti che sono gravitati attorno a Mary, e quanto emerge appare visibilmente parziale, un ampio puzzle con molte parti mancanti, di cui Mary è solo una tessera. “Ho paura - dice Mary - ma non ho niente da perdere, perché in fondo ho già perso tutto. Chiedo solo che venga ascoltata la mia verità e che sia rispettata la mia dignità di persona”. Una richiesta forse troppo grande in una regione prossima allo sprofondo morale, in un paese già moralmente annegato.


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ATTUALITÀ

GIUDIZIARIA

Il “sensale” nella ’ndrangheta Il “sensale” nella ’ndrangheta non è una figura che si trova nei libri sull’Onorata Società calabrese, sulle ’ndrine o quant’altro riguardi le cosche mafiose dell’organizzazione criminale calabrese. Il “sensale” della ’ndrangheta è un termine che ci sia consentito di coniare per descrivere la figura di un soggetto che con il suo carisma occupa un ruolo ben definito nel clan di appartenenza. Clan che non sempre è sinonimo di “famiglia mafiosa”. Il “sensale” nella ’ndrangheta può essere anche un “uomo d’onore” che ha un ruolo all’interno del “Crimine”, che sia riconosciuto dagli appartenenti che fanno capo alla “Provincia”. Un soggetto che si contraddistingue “per meriti” e per “onore”, spesso tramandato da “padre in figlio”, da “un saggio a un altro saggio” e che spesso rappresenta quello che viene definito “il paciere”. Fra gli altri che potrebbero essere definiti “sensali” c’è un soggetto di San Luca che, intercettato dagli investigatori dei Carabinieri coordinati dalla Dda reggina, conscio della propria posizione all’interno della struttura unitaria della ’ndrangheta, si esprime così con i propri ospiti: «vedete compare Gianni…, se io sono il figlio di omissis non sono perché… dico io che stiamo parlando… tutta la mia famiglia … non siamo perché siamo più belli degli altri in faccia, o siamo più… e il giorno andiamo dando caramelle e siamo… siamo… perché mio padre ha fatto una strada… una strada che si è creato che si è creato con dignità, con onestà… dove ha dovuto dirgli di no, gli ha detto… non è che gli ha detto si, gli ha detto… non è che per tutti… è stato buono… è buono, e noi qua per tutti siamo buoni… è lo stesso di quello che dice… mio padre una volta sapete cosa mi ha detto? Mi ha detto: “… senti che ti dico…” questo discorso che vi ho fatto, mi ha detto … incomp… siamo un albero di frutta, passa, tira un frutto, una mela, una cosa e dice “… madonna che frutto dolce, che frutto…”, però c’è quello che tira e dice: “… è agro…” “…questo qua…” dice: “… è agro, non va…”… la maggioranza dice che è buono, però ci sono quelli che dicono che non è buono, ma a noi ci interessa la maggioranza che dica che è buono, che poi…». Egli concludeva riferendo: «Compare la strada è questa… questa, io vi stavo dicendo compare, allora, se mio padre ha aperto una strada di queste, compare… e fino a che è vissuto lui, fino a quella sera… è stata tutta la strada che ha portato lui, con dignità». Ed ancora in un’altra occasione: «… se voi, se voi siete un uomo responsabile, quando vi sedete e parlate, se io compare avevo a mio fratello… qua al tavolo, o c’era mio padre, io non parlavo, e voi l’avete visto, io per tanti anni sono stato zitto, voi l’avete visto, perché c’è uno più anziano di me, più responsabile, e parla lui… Quando ci sono i responsabili, i piccoli devono stare zitti, come quando parlo io i miei fratelli devono stare zitti, e stanno zitti perché stanno zitti, se ho torto se ho sbagliato…».

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io id ic m ’o l a f i n n a Dodici o n g u t r o F o c s e c di Fran i. r c o L a e n io z a r o m e m m o c a Domani l e e n io s s e l if r i d o t n u p s o L’incontr . ie f a m e l l a a t t o l a l l u s o confront

Sono trascorsi 12 anni dall’assassino del vicepresidente della Regione Calabria Francesco Fortugno che, il 16 ottobre 2005, si stava recando a Palazzo Nieddu Delrio, a Locri, per poter votare, quando venne raggiunto da cinque colpi di pistola. In occasione dell’anniversario dell’omicidio dell’indimenticato medico e uomo politico, domani le istituzioni e la collettività locrese si riuniranno per ricordare Fortugno a partire dalle ore 9:15, proprio dinanzi a Palazzo Nieddu. Alla deposizione della corona di fiori da parte delle Istituzioni dello Stato alla presenza del

Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, alle ore 9:30, presso la Cappella dell’Ospedale di Locri, seguirà la Santa Messa celebrata dal Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva. La giornata di ricordo e riflessione, dunque, proseguirà alla Casa della Cultura, presso la quale alle ore 10:30, il sindaco Giovanni Calabrese, il Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto, il Presidente della Regione Mario Oliverio e Maria Grazia Laganà Fortugno introdurranno la premiazione degli studenti che hanno partecipato a un progetto scolasti-

C ACHI

LA TERR

DEI

DI JACOPO GIUCA

Continua la nostra carrellata di parlamentari eletti in Calabria e l’analisi sommaria del loro operato nell’ultima legislatura per cercare di comprendere se valga la pena o meno rieleggerli durante le politiche di primavera. Demetrio Battaglia, di Motta Sa Giovanni, militante nelle liste del PD, è componente della commissione permanente Politiche Unione Europea e ha un indice di produttività parlamentare (un dato che prende in esame il numero, la tipologia, il consenso e l’iter degli atti presentati dai parlamentari in modo da poterli confrontare tra di loro) di 53,1, che lo rende il 599º parlamentare più produttivo su 630. Per la Calabria ha presentato: Disegni di legge …………………………1 Mozioni …………………………………..1 Interpellanze …………………………….0 Interrogazioni a risposta orale …………4 Interrogazioni a risposta scritta ……….3 Interrogazioni in commissione ……….14 Ordine del giorno ……………………….6 Emendamenti ……………………………2 La sua azione politica, se si esclude il disegno di legge relativo alla stabilizzazione degli LSU/LPU che, peraltro, presentato nel novembre del 2013, come quello di Ferdinando Aiello, deve ancora

co sulla legalità. Dalle ore 11:30, quindi, il sociologo Claudio Loiodice, il Sottosegretario di Stato Vito De Filippo, la Presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, il Ministro dell’Interno Marco Minniti e il giornalista Paolo Borrometi, in qualità di moderatore, parleranno di cultura, conoscenza e idee contro le mafie. Chiuderà la mattinata la deposizione di una corona di fiori da parte della Regione Calabria sulla tomba di Francesco Fortugno presso il Cimitero di Locri.

essere passato al vaglio dal Senato, ha riguardato l’implemento del trasporto regionale, le emergenze rifiuti, infrastrutture e migranti, la questione della coesione territoriale e dei progetti di sviluppo, per un totale di 34 atti, di cui 19 in qualità di primo firmatario, dedicati alla nostra regione. Dorina Bianchi, di Pisa, è stata eletta durante la sua militanza nel Popolo della Libertà e, in seguito alla sospensione delle attività del movimento politico, ha aderito alla causa di Angelino Alfano e del suo Nuovo Centrodestra. Oggi componente di Alternativa Popolare, dal 29 gennaio del 2016 è Sottosegretario al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e componente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Ha un indice di produttività parlamentare di 421,2, che la rende la 54ª parlamentare più produttiva su 630. Per la Calabria ha presentato: Disegni di legge …………………………0 Mozioni …………………………………..1 Interpellanze …………………………….1 Interrogazioni a risposta orale …………3 Interrogazioni a risposta scritta ……….2 Interrogazioni in commissione …………1 Ordine del giorno ……………………….0 Emendamenti ……………………………1 La sua azione politica si è concentrata su infrastrutture, legalità e l’emergenza costituita dal crollo del viadotto Italia, per un totale di 9 atti, di cui 8 in qualoità di primo firmatario dedicati alla nostra regione. Non possiamo non ricordare, tuttavia, la presenza frequente della Bianchi nella nostra regione in qualità di Sottosegretario al Ministero dei beni culturali, ruolo che l’ha convinta più volte a “toccare con mano” le difficoltà gestionali dei nostri siti archeologici. Jacopo Giuca



ATTUALITÀ

l’intervista

"Dinanzi a un'ispezione della prefettura che ha fatto indagini “a campione” ho risposto chiedendo un’indagine approfondita e integrale"

L o m m i M

t n o c l u s

e 1 9 2 ILARIO AMMENDOLIA

Mimmo Lucano è provato ed è anche stanco ma non perde mai la dolcezza e il sorriso che affiora dal profondo di un animo assolutamente sereno. Lo incontro per concordare questa intervista ma in un attimo il sindaco di Riace diventa un fiume in piena. Mai rabbioso, mai irrazionale o rancoroso. Forse mortificato, ma sempre lucido e pieno di passione. Alcune volte dà l’impressione di non comprendere perché qualcuno gli voglia del male; perché qualcuno voglia distruggere la limpida esperienza di Riace. È assolutamente consapevole di aver operato solo a fin di bene e sembra domandarsi perché intorno a Lui stia accadendo tutto questo. Come sta vivendo l’attuale momento certamente non tra i più felici per Riace e per Te? Con l’animo di chi è consapevole di non aver fatto alcun male. Anzi mi correggo perché ho la consapevolezza di aver sacrificato tante persone che mi vogliono bene. Solo a loro mi sento di dover chiedere indulgenza. Non ho altre cose da farmi perdonare. Perché le hanno mandato un avviso di garanzia? Non lo so. So che l’esperienza di Riace ha tanti nemici tanto a livello locale che a livello nazionale. Non mi riferisco a chi indaga ma a chi ha causato, spesso mantenendo l’anonimato, le indagini. Sia chiaro, non temo le indagini. Non le temo a tal punto che dinanzi a un’ispezione della prefettura che ha fatto indagini “a campione” ho risposto chiedendo un’indagine approfondita e integrale. La prima, dopo aver dato atto, dell’assoluta eccellenza di Riace ha mosso alcuni rilievi critici a cui ho risposto punto per punto. Per esempio mi si contesta di aver scelto l’affidamento diretto alle cooperative o alle associazioni di Riace. Una scelta etica e politica che abbiamo seguito sin dal 2001 senza che nessuno mai ci muovesse rilievi. I rifugiati non sono calcestruzzo e materiale inerte da affidare al migliore offerente. Sono persone umane che debbono poter interagire con persone del posto in modo che dialogando inizi un percorso di reciproca comprensione e di autentica integrazione. Inoltre abbiamo scelto di far in modo che si formassero in Paese le professionalità necessarie. Che c’è di irregolare in tutto ciò? Il Ministero dell’Interno e la Prefettura ci hanno sempre messo fretta e sono stati sempre a conoscenza delle nostre scelte. Non comprendo proprio perché lo “scandalo” scoppia dopo 16 anni! Ci contestano anche di trattenere i rifugiati oltre il periodo previsto. Ma come si fa a buttare una famiglia nella strada? Come si fa a strappare un bambino dalla scuola perché il “tempo è scaduto”? Infine, il bonus tramite “moneta locale”. È stata una scelta che abbiamo fatto nel 2008 unitamente al Comune di Caulonia. È stato un modo di liberare il rifugiato dalla “carità” quotidiana facendolo diventare cittadino. Non più l’operatore che porta a casa la busta con la spesa, ma il rifugiato che decide cosa comprare tramite una moneta locale. È una scelta sbagliata? Un motivo di spreco o peggio di possibile corruzione? Assolutamente no! Anzi sradica ogni possibilità di corruzione a danno dei migranti. Se leggerete le nostre controdeduzioni, non troverete un solo punto

"A chi mi accusa rispondo mostrando copia del mio conto corrente postale. Il saldo in questo momento è di 291 euro"


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tanto a livello locale i c mi ne i nt ta ha ce Ria i d "L’esperienza erisco a chi indaga ma a rif mi n No e. l na zio na lo che a livel o l’anonimato, le indagini d en en nt ma so es sp , to sa chi ha cau della prima ispezione prefettizia che non sia stato confutato, chiarito, senza lasciare alcuna zona d’ombra. In seguito alle mie controdeduzioni vi è stata una nuova ispezione che, dalle informazione che ho, ha detto che Riace rappresenta una assoluta eccellenza. Senza ombre e senza macchie! È sospetto il fatto che la prima sia stata mandata in esclusiva al quotidiano “Il Giornale” (che non è sicuramente a favore dell’accoglienza) mentre la seconda positiva sia stata secretata. Ad una mia richiesta di averne copia s’è risposto con un diniego. Le accuse però sono pesanti? A chi mi accusa rispondo mostrando copia del mio conto corrente postale. Il saldo in questo momento è di 291 euro. Non ho proprietà. Non ho altri conti. Vivo soprattutto grazie a mio padre, vecchio maestro elementare, che divide la pensione tra me e mio fratello. Utilizzo la sua pensione per mettere la benzina necessaria a lavorare per il Comune e per l’accoglienza. Possono rovistare le carte, i documenti, le abitazioni, gli uffici ma non troveranno un solo centesimo sottratto illecitamente a favore mio o dei miei familiari. Anzi potranno constatare che ho devoluto parte del premio Dresda che mi è stato conferito in Germania a favore dei rifugiati. Il premio Rendano l’ho devoluto per intero ad Amatrice. Quindi da cosa nascono le accuse? Da una pervicace volontà di distruggere un’esperienza positiva nata e cresciuta nell’estremo Sud. Il riconoscimento della rivista americana “Fortune”, la lettera del Papa, il film di Fiorello che verrà trasmesso sulla Rai, l’invito in Argentina dove ho rappresentato l’Italia solidale, i tanti premi vinti, hanno dimostrato che si può fare accoglienza, si può sconfiggere il razzismo, si può bloccare l’odio verso gli ultimi. Riace è un crocevia politico, culturale, sociale. La campagna elettorale è alle porte e il tema dei rifugiati sarà al centro del dibattito politico nazionale. Distruggere Riace significa dar forza all’offensiva fascista e reazionaria. Non crede di dover fare qualche autocritica? Sì! L’ho detto all’inizio e lo ripeto. Devo chiedere perdono alla mia famiglia per non aver dedicato loro il tempo necessario. L’ho fatto perché ho anteposto l’umanità anche ai miei cari. Perdono a mio padre a cui non vorrei dare dispiacere alle soglie della vita. Per il resto sono assolutamente sereno!

Mimmo Lucano s’è spinto sul terreno di una sana Utopia dove i sogni diventano possibili. Non sappiamo se i magistrati configureranno come reati alcune scelte che sono limpide. Sappiamo, però, che senza “reato” non avremmo avuto la differenziata, gli asini, il frantoio, la fabbrica del cioccolato, le botteghe solidali, la taverna, l’orto gestito dagli immigrati, l’acqua pubblica, il rispetto dell’ambiente. Non avremmo avuto la moneta locale, il “presepe”, la spiaggia libera e per tutti. Insomma, non avremmo avuto RIACE.

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Io non mi limito a essere con Lucano. Io sto con la Costituzione! ILARIO AMMENDOLIA Senza ipocrisia, sono amico di Mimmo Lucano ma proprio per questo credo che una solidarietà “ad personam” potrebbe rivelarsi sbagliata e perdente. Un rito che nasconde una sostanziale impotenza! Non si vincono le battaglie scindendole dalla lotta politica e decontestualizzandole dall’ambiente in cui si svolgono. Sto con il sindaco di Riace perché sono garantista con tutti. Oggi con Mimmo Lucano, un anno fa con Sekene, un ragazzo di colore ammazzato a 20 anni nel lager di Rosarno nella quasi generale indifferenza. Nel caso di Riace non mi sentirei di parlare di persecuzione giudiziaria nè di eccesso di protagonismo di singoli magistrati. Finora non c’è stato! Inoltre diffido dei forcaioli anche quando diventano agnelli. Se una informazione di garanzia ha avuto e ha effetti devastanti sulla vita delle persone e, a volte, su intere comunità; se un innocente può essere impunemente marchiato a vita; se il potere dei PM è diventato enorme; se viviamo in uno Stato di polizia, tutto ciò è stato possibile per l’azione di coloro che - non sempre in buona fede - sono stati pronti a innalzare capestri incuranti della vita altrui e della sorte della nostra Terra. Le garanzie costituzionali devono valere per tutti. Nel caso di Riace bisogna coniugare il garantismo con una battaglia “meridionalista” perché è provato che tutto ciò che di buono nasce al di qua del Pollino è destinato a essere calunniato prima e trasformarsi successivamente in reato. La giustizia sommaria è una brutta bestia. Lo è quando a cadere nella rete è un ragazzo di San Luca tenuto in carcere per un errore di persona nel silenzio tombale e vigliacco di molti; lo è quando un sindaco democraticamente eletto viene allontanato dal suo incarico senza processo; quando un locale viene chiuso con un semplice rapporto di polizia; quando un’impresa viene “interdetta” senza una regolare sentenza; quando arbitrariamente viene proibito un funerale; quando le carceri (o gli ospedali) diventano luoghi di gratuita tortura. Nessuno vuole o pretende impunità per delinquenti e assassini ma solo rispetto per lo Stato di diritto. È vero, Mimmo Lucano s’è spinto sul terreno di una sana Utopia dove i sogni diventano possibili. Non so se i magistrati configureranno come reati alcune scelte che sono limpide. So che senza “reato” non avremmo avuto la differenziata, gli asini, il frantoio, la fabbrica del cioccolato, le botteghe solidali, la taverna, l’orto gestito dagli immigrati, l’acqua pubblica, il rispetto dell’ambiente. Non avremmo avuto la moneta locale, il “presepe”, la spiaggia libera e per tutti. Insomma, non avremmo avuto RIACE. Qualcuno dirà: “ma non sarebbe stato doveroso coniugare queste scelte con la legalità”? No! Con questa vuota “legalità” vigente in Calabria non è possibile. Non ci può essere legalità senza democrazia, e mentre è latitante ogni interlocutore politico che dovrebbe essere in grado di recepire le istanze dei cittadini e del territorio trasformandole in leggi dello Stato. Ecco perché tutto da noi è destinato al fallimento. Lucano ha violato la legge? No. Comunque NO! In Calabria (e non solo) è la “legge” dei parrucconi, dei sepolcri imbiancati a violare la Costituzione. È la legge - meramente formale - a trasformarsi in una “camicia di forza” che tormenta i deboli mentre è inefficace contro i “forti”. Lucano ha “spremuto” le speranze degli ultimi facendo prendere loro forma e sostanza nella sua “Città Futura” e, in questo deserto politico ha operato in regime di autentica “legalità” repubblicana senza trarre alcun vantaggio per sè. Non posso arrogarmi il diritto di parlare per altri, ma se è legalità la scelta di “cooperare” per internare in un lager libico 500mila disgraziati, senza neanche un ospedale da campo, io voglio essere un “bandito”. Se è legale lo stato di incuria degli ospedali, le ingiustizie sociali inconcepibili solo qualche anno fa, il licenziamento arbitrario dei lavoratori, io voglio essere un “fuorilegge”. La legalità delle banche, dei profitti e dei privilegi non è la nostra! A Riace, al di là dei “reati” inesistenti e dello stesso Mimmo Lucano, si sta svolgendo una lotta titanica tra la legalità delineata nella Costituzione e la legalità burocratica a favore dei forti e dei garantiti. Io non mi limito a essere con Lucano. Io sto con la Costituzione! In questo senso, il mio modo di essere a fianco della bella esperienza di Riace sarà quella di partecipare -con convinzione - alla iniziativa del 22 ottobre a Siderno per l’attuazione della Costituzione (dopo 70 anni in cui è stata ignorata). Per dare un senso all’articolo 3 della stessa. Per ripristinare lo Stato di diritto.

in breve

LA GAFFE DEL TG5: L'INCHIESTA SUL MODELLO RIACE RIGUARDEREBBE GIOVANNI CALABRESE

Al di là del commento introduttivo, con cui lancia il servizio, privo di qualsiasi obiettività e che tanto somiglia a una sentenza, lo scorso 6 ottobre, la conduttrice del tg5 Elena Guarnieri, si è lasciata andare a una gaffe che da un tg nazionale non ci si aspetterebbe. Ha, infatti, presentato Domenico Lucano come il sindaco di Locri. Questo il commento integrale di Elena Guarnieri: "Che sull'accoglienza migranti ci sia chi specula, chi fa affari sporchi, è ormai un dato di fatto e lo conferma quello che sta succedendo a Locri: l'indagine a carico del sindaco di Locri". Indignato il sindaco Giovanni Calabrese. "Vorrei capire come si fa a commettere errori del genere a scapito di una città e del sottoscritto - ha dichiarato.- Insultato e mortificato gratuitamente a livello nazionale. Incredibile e assurdo". Nell'edizione delle 20:00 del 7 ottobre, Elena Guarnieri si è prontamente scusata con il sindaco di Locri sottolineando che Giovanni Calabrese "è completamente estraneo ai fatti". Ci saremmo aspettati, però, qualche scusa anche nei confronti di Mimmo Lucano, da lei additato, di fronte a tutta Italia, come uno speculatore, dedito ad affari sporchi che si trincera dietro l'accoglienza migranti. Ma in fondo, cosa ci si può aspettare da chi qualche tempo fa ne aveva combinata un'altra: parlando della perturbazione che imperversa su tutta la penisola aveva affermato “Il peggio sembra essere passato, la perturbazione si è spostata al Sud". (mgc)


ATTUALITÀ

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La fine dei lavori sulla Limina ha una data: si riapre il 16 novembre Un brindisi da Signori per i sindaci della Locride Monsignor Oliva: “Il senso di comunità salverà la Locride”

Si sono presi una piccola vacanza dall’ordinaria amministrazione alcuni sindaci della Locride, recatisi questa settimana a Vicenza per partecipare alla 34ª assemblea annuale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani. Riuniti in un grande abbraccio con il presidente Antonio Decaro, brindano in Piazza dei Signori i primi cittadini locridei Franco Candia, Salvatore Fuda, Pino Vumbaca, Domenico Mantegna, Giorgio Imperitura, Pasquale Brizzi, Peppe Campisi e Vincenzo Loiero.

Ha riscosso grande successo la giornata per la conversione dei mafiosi indetta per la prima volta dal Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva, che lo scorso 7 ottobre ha voluto celebrare l’evento presso il santuario di Nostra Signora dello Scoglio. Sottolineando l’importanza della partecipazione, Oliva ha ricordato che il miglior modo di arginare la criminalità organizzata è isolarla e seguire i precetti di fede al fine di non perdere mai la speranza ed evitare di cadere nella tentazione di una vita illegale. Parole incoraggianti che cercano di ridare importanza al senso di comunità e di tracciare la via di un cambiamento di cui la nostra terra necessita con urgenza.

Una Locri in “Caduta Libera” I Sindaci dell’Unione dei Comuni Valle del Torbido sono stati ufficialmente informati da ANAS che il prossimo 16 novembre si concluderanno, definitivamente, i lavori sulla galleria Limina della superstrada Jonio-Tirreno.

Il nostro comprensorio non merita di passare in televisione solo nelle finestre dedicate alla cronaca. Questa settimana, infatti, Locri è stata protagonista di una delle domande di “Caduta Libera”, seguitissimo programma di Canale 5 condotto dall’intramontabile Gerry Scotti. “Cittadina in provincia di Reggio Calabria, che fino al 1934 si chiamò Gerace Marina” sarà certamente stata una domanda in grado di spiazzare il concorrente del gioco finale e di far sorridere tutti gli abitanti del nostro comprensorio sintonizzati sul quiz televisivo.

Una sentenza giornalistica Siamo stati sorpresi nel vedere un volto conosciuto all’interno della finestra pomeridiana del programma giuridico di Mediaset “Forum”, in cui, questa settimana, a confrontarsi con Fernando Lo Pio, Sandra Zirilli e Filomena Asca c’era niente meno che il nostro sempre distinto e professionale collega Enzo Romeo.

CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo

Zanotti Bianco e il meridionalismo. Superare gli alibi e i luoghi comuni Credere che ci siano state figure che hanno caratterizzato momenti della storia in maniera significativa e costruttiva, al punto da lasciare dietro di loro segni tangibili di impegno, a volte è cosa ardua. Ma una volta individuate, credere, poi, che queste figure in un modo o nell’altro abbiano suggellato con le opere piuttosto che con il pensiero un loro intimo coinvolgimento con la propria terra o con quella altrui potrebbe essere superfluo immaginarlo possibile. Tuttavia, ridisegnare la storia del meridionalismo partendo da un meridionalista non…meridionale diventa però tutt’altra cosa. Rivedere e rivalutare la figura di Umberto Zanotti Bianco, ad esempio, non è solo una questione di debito storico da saldare. Né, tantomeno, si tratta di celebrare un insigne studioso, politico o filantropo pescando nel passato di una popolazione, di una comunità, di un comune o di una regione intera. Si tratta, in realtà, di rileggere una vicenda politica, storica ed economica, oltre che sociale se non addirittura antropologica tra le righe di chi, senza dover subire critiche di partigianeria e pur immedesimandosi, non guardava la Calabria, ed il Mezzogiorno in particolare, solo attraverso gli occhi di uno del posto. Il meridionalismo di Zanotti Bianco ancora oggi è diverso da quello dell’intellettualità cartonata e benpensante, dispersasi tra libri e salotti romani del Novecento ma anche dei nostri giorni. Esso è una forma di vissuto personale e di ricerca che è maturato man

mano nella presa diretta dei limiti di una terra e di uno Stato. E’ una forma di analisi e di azione che andava oltre l’autoreferenzialità e l’autocommiserazione di una certa cultura meridionalista da cassetta per risolversi, suo malgrado, in un amore per una popolazione e per la semplicità dei luoghi che dovrebbe animare molti di noi. Di fronte alle esperienze del torinese Zanotti Bianco, i nuovi autonomismi e il senso di identità richiamato o vituperato a seconda del politicamente corretto dominante, diventano occasioni di riflessione. Occasioni dettate non solo dalla necessità di verificare se ci sentiamo parte di un progetto di nazione ancora immaturo - nonostante questo abbia più di un secolo e nonostante due drammatiche guerre e un ambiguo dopoguerra vissuto nella divisione tra italiani - ma dal dovere di porre noi stessi di fronte allo specchio dei tempi. Messi di fronte alla storia, o riflettendo sulle iniziative lombardovenete, dovremmo chiederci che cosa abbiamo imparato dalla lezione di Zanotti Bianco, dal suo dinamismo, dal suo stimolare una voglia di dignità per una terra e una cultura non propria. Dovremmo chiederci quanto ci siamo rimboccati le maniche in questi decenni per seguire il suo insegnamento, per dimostrare di saper uscire dal comodo tunnel dell’alibi di uno Stato a cui chiedevamo aiuto e che condannavamo poi come assenteista, per raggiungere una luce che, soddisfatti i nostri bisogni immediati, sembrava non interessarci più. Dovremmo guardarci negli occhi e credere che il nostro destino ancora una volta non può essere scritto dagli altri.

Esso va costruito ogni giorno, rispondendo a chi utilizza i soliti e purtroppo spesso giustificabili argomenti verso il Sud con la capacità di amministrare, gestire e migliorare il nostro quotidiano. Organizzare movimenti costituenti o meno - ammesso che abbiano una ragione e che possano catturare una attenzione diffusa – non risolve le nostre ansie. Credo, invece, che proprio per questo, rileggendo Zanotti Bianco, potremmo trovare ancora argomenti utili a superare il nostro provincialismo e la nostra arrendevolezza. Potremmo riscoprire tra le pagine de “Tra la perduta gente” o tra le foto di Africo e dintorni ben raccolte dall’autore, quella voglia di riscoprire noi stessi partendo dai nostri luoghi e colorando il bianco e nero dell’anonimato e dell’arrendevolezza con il colore della gioia del successo. Potremmo allora, guardando il nostro passato, riscoprire quell’amor proprio che dovrebbe essere parte del nostro vivere e non la vittima sacrificale di un assistenzialismo di comodo. Dovremmo avere la voglia di affermare valori di riscatto fondati sulle nostre azioni, lasciando ad altri la loro opulenza e orientando i nostri sforzi verso un futuro da protagonisti. Questa è la lezione di Zanotti Bianco. Una lezione morale e pragmatica dataci da chi, giungendo dal Nord, aveva nel cuore come fare per unire una nazione, per costruire un sentimento che andasse verso l’Europa, ma anche il desiderio di far si che i popoli del Sud comprendessero se stessi e per se stessi si muovessero finalmente verso un nuova alba.



ATTUALITÀ

Monsignor Oliva: "Siamo una terra che invoca giustizia"

La nostra barricata è la Costituzione!

Al Professore Ilario Amendolia Caro professore, ti scrivo… … e ti chiedo comprensione per la mia impossibilità ad aderire alla manifestazione del 22 ottobre p.v. per le ragioni che conosci. Mi spiace non aver potuto dialogare con te su un tema che mi sta tanto a cuore. Credo fermamente che non giova all’interesse del Paese contrapporre gli egoistici interessi particolari delle diverse aree. Non giova esasperare i localismi e i particolarismi: non pagano, ma infrangono quell’unità che fa di singoli cittadini una vera “comunità civile”. Ciò che maggiormente conta è leggere in una visione d’insieme quanto giova veramente al bene e all’unità del Paese, quell’unità per la quale anche il Sud ha pagato un enorme tributo di sangue. Le autonomia locali, pur legittime, non possono né devono attentare al principio costituzionale della solidarietà, se non si vuole fare violenza alla storia che ci ha costituiti in una unità. Il principio di solidarietà dell’art. 3 della Costituzione fa riferimento alla struttura portante del nostro Paese: se venisse preso in seria considerazione, favorirebbe lo sviluppo di una politica più attenta alle povertà delle are più periferiche. Continuiamo a credere nella Carta costituzionale in tutti i suoi valori ed impegniamoci affinché il suo messaggio resti un costante riferimento non solo ideale, ma realmente e concretamente ‘politico’. Una politica che si fa ascolto della gente e via di soluzione pratica delle giuste aspettative. Alla Costituzione, al di là di ogni possibile strumentalizzazione, occorre ispirarsi in ogni percorso di formazione umana e civile. Penso che solo il rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato favoriscono la crescita della nostra comunità. In questo contesto vedo anche l’impegno per la legalità e la giustizia sociale e la lotta alle mafie come priorità, se non vogliamo che ci venga rubato il bene comune e si tolga ogni speranza e dignità alle persone. L’impegno di lotta di ogni cittadino onesto e leale oggi si coniuga indissolubilmente con la lotta contro la corruzione, che costituisce terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono, si sviluppano, creano frange di povertà e di scarto che umiliano e tolgono speranza agli onesti. È un impegno che coinvolge tutti e stimola a lottare contro ogni forma di “politica deviata, piegata a interessi di parte e ad accordi non limpidi”, che arriva a “soffocare l’appello della coscienza, a banalizzare il male, a confondere la verità con la menzogna e ad approfittare del ruolo di responsabilità pubblica che si riveste” (papa Francesco). Restare uniti in questa lotta è contribuire a creare una società più giusta ed umana. Anche la Locride, quella sanamente impegnata in percorsi di giusta rivendicazione dei propri diritti e dell’essere parte integrante di una nobile e grande Nazione, può divenire richiamo per tutti a camminare sulla strada della legalità in percorsi di partecipazione civile, di rinnovamento e di crescita sociale, che portano a superare ogni sospetto e pregiudizio nei suoi confronti. Siamo una terra che invoca giustizia, che come area geograficamente periferica - ha diritto ad essere connessa “velocemente” al resto del Paese, restando se stessa e conservando i suoi valori culturali. La speranza è che i suoi limiti oggettivi e le sue povertà endemiche non tolgano ai suoi abitanti il diritto di vivere con dignità grazie ad un lavoro onesto e dignitoso. Il Paese e le sue Istituzioni non possono ignorare tutto questo. Amare questa nostra terra con le sue povertà e risorse, andando oltre ogni chiusura e steccato ideologico. Senza paure ed infingimenti. Sapendo anche pagare di persona. È questo il mio sogno e quello – penso – tuo e di chi condivide le tue speranze. Sono certo che la vera condivisione dei valori costituzionali unisce più che dividere. Grazie per l’impegno sociale e civile tuo e di quanti condividono la tua battaglia. Cordialmente. Francesco OLIVA

IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE La nostra barricata è la Costituzione! Domenica 22 ottobre alle ore 9:30 presso il Municipio di Siderno, in contemporanea con l'azzardato "referendum per l'autonomia" promosso dai governatori di Lombardia e Veneto, si svolgerà un’iniziativa popolare per il rispetto della Costituzione e l'improrogabile attuazione dell'articolo 3 della stessa. Per il ripristino dello Stato di diritto iniziando dalla Calabria.

Credo fermamente che non giova all’interesse del Paese contrapporre gli egoistici interessi particolari delle diverse aree. Non giova esasperare i localismi e i particolarismi: non pagano, ma infrangono quell’unità che fa di singoli cittadini una vera “comunità civile”.

Questo il programma: Ore 9,30 inizio dei lavori Saluti del sindaco della Città di Siderno Pietro Fuda, e del Presidente del Comitato dei sindaci della Locride, Rosario Rocca; Adesione del Vescovo di Locri monsignor Francesco Oliva. Relazione (20 minuti) di Ilario Ammendolia Interventi (7 minuti circa) ore 12,10 Lettura e approvazione documento finale. Musica di Francesca Prestia. Tutti i cittadini sono invitati a intervenire.


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DOMENICA 15 Ottobre 11

UNA SALSA A BASE DI ‘NDUJA, REALIZZATA IN DUE VERSIONI: CON KETCHUP E CON SALSA BARBECUE.

na cinque giorni dove il Made in Italy ha esibito tutto il suo arsenale seduttivo. Questo è stato Anuga, in Germania, considerata dagli esperti la fiera più importante, a livello internazionale, per il settore dell'agroalimentare. Tra i 7.200 espositori provenienti da 100 Paesi, c'era anche "La Cascina 1899" con Salvatore Agostino e Vittorio Micelotta. C'erano, infatti, le deliziose specialità al bergamotto del loro raffinato laboratorio artigianale nel padiglione Italia dello Show Cooking di Anuga. L'oro verde di Calabria in bella mostra in una tra le più importanti vetrine mondiali dedicate alla promozione delle produzioni agroalimentari. Sotto l'occhio ingolosito di oltre 160mila buyers di tutto il mondo la nuova linea di panettoni al bergamotto, cresciuta tantissimo negli anni, con un riscontro positivo, oltre che in Germania, anche in Francia e Cina. E, poi, immancabili, il liquore al bergamotto e il torrone. E così i prodotti genuini di Micelotta e Agostino, realizzati secondo le ricette dell'antica tradizione, continuano a conquistare nuovi mercati. Presente ad Anuga 2017 anche la nuova creatura "bomba" dei due imprenditori della Locride, lanciata sul mercato lo scorso giugno e già amatissima da chi predilige sapori esplosivi. Stiamo parlando di 'Nduja BBQ , la "nduja calabrese che veste America". A sceglierla, nel corso del suo Show Cooking, uno dei maestri della cucina italiana, lo chef Domenico Maggi. Con 'Nduja BBQ, lo chef pugliese ha realizzato un goloso e stuzzicante aperitivo con crostini e caponata di verdure. Il gusto universale e focoso di 'Nduja BBQ non ha potuto che conquistare Anuga e fare breccia sui suoi migliaia di visitatori.

U

g n i k o o c w Allo Sho i g g a M f e h C di Anuga lo Q B B a j u d 'N sceglie Conclusa con successo la partecipazione de "La Cascina" ad Anuga 2017, la più importante fiera dell’agroalimentare che si è svolta dal 7 all'11 ottobre a Colonia, in Germania, con migliaia di Buyers provenienti da tutto il mondo.


POSTA

LA REPLICA

Caro Direttore, io non dubito dei bimbi… non mi fido dei grandi! Con grandissimo onore, la scorsa settimana, ho potuto leggere la risposta del tutto inaspettata del Direttore (nonché mio professore alle scuole superiori) Pirruccio in merito al mio articolo “Maestri, insegnate la verità!”. Lo ringrazio infinitamente per avermi chiamato “giornalista”, che non sono per meriti, mancanza di attestati ecc.; sono semplicemente una persona che non si arrende a ciò che non comprende. Ma veniamo al dunque. È stato citato, dal Direttore, lo psicologo Bruner, (“scomodato” mi permetterei di affermare, poiché non può essere giammai smentito visto che i suoi studi sono apprezzati e approfonditi ovunque) nel punto in cui io, nel mio articolo, dubito del fatto che i bimbi di 10 anni possano comprendere un gesto come quello compiuto dai martiri nel 1847 se stanno studiando i fenici. Ebbene, forse io non sono riuscita a spiegarmi, e cercherò di farlo ora: non dubito dell'intelligenza dei bambini ma dell'ambiguo metodo di insegnamento dei grandi. Abbiamo a disposizione una serie di informazioni “imposte” dal governo su come debbano venire istruiti i nostri pargoli, e chi sono io per metterle in dubbio? Semplice: sono una mamma. Da qualche anno a questa parte approfondisco per conto mio i temi che riguardano il risorgimento, ma anche ciò che in questa terra c'era prima. Ed ecco che cosa ho capito: nei libri di storia, di qualunque livello, c'è una mancanza di informazione che riguarda la storia della nostra terra, poiché semplicemente non viene raccontata! Nei libri di scuola i nostri figli imparano le vicende nordiche molto più di quello che invece ci riguarda da vicino. Viene omesso grandemente che ci fu un regno unito dal 1130 al 1861, che si chiamava Regno di Napoli e poi Regno delle due Sicilie, che si succedettero una serie di dinastie che resero grande questa terra, che non fu solo greca ma anche normanna, angioina, borbonica, e molto altro. È questo “altro” che mi preoccupa come mamma e come calabrese: come mamma perché faccio una fatica immensa a insegnare a mia figlia che purtroppo tanti dati storici sono omessi volutamente, per uno “spauracchio” che evidentemente chi ha vinto la guerra ancora porta con sé, e quindi per saperne di più bisogna approfondire; come calabrese, ancor di più, perché esiste una costante pressione mediatica che “ci educa alla minorità” e lo fa denigrandoci sui media, deridendo il nostro accento, chiamandoci terroni, continuando a non affittare ai meridionali e al contempo facendoci scappare da qui perché non c'è prospettiva per il futuro! Anche nei supermercati ci insegnano che il marchio del nord è meglio di quello nostrano. Addirittura nell'atlante da Voi adottato per le classi quarte e quinte, esattamente a pagina 101, nella pagina della Calabria io posso leggere che “il bergamotto è un frutto da NON mangiare!”, cosa che già feci presente alle maestre, ma fui la sola mamma a essere indignata per un attacco violento a un prodotto solo nostro, così maltrattato. Ecco perché non mi fido dei grandi: perché hanno manipolato le informazioni e i nostri figli ne pagano le conseguenze imparando che i martiri morirono per la libertà, ma la libertà non arrivò mai, nemmeno oggi, a mio avviso; imparano che il dialetto è meglio non parlarlo, cosa gravissima; imparano che siamo terroni, e addirittura ne vanno fieri; imparano che studiare al nord è meglio che studiare qui; imparano che il bergamotto non si può mangiare, anche se nella mia dispensa c'è sempre una gustosa marmellata di bergamotto! Concludo dicendo che sarebbe bellissimo se i ragazzi integrassero gli studi imposti dal governo con autori “nostri”, quali per esempio Pasquino Crupi o Nicola Zitara, e sarebbe anche una bella iniziativa andare a visitare la casa di Nicola Zitara, che tra l'altro dista 100 metri dalla scuola elementare, dove la signora Antonia, moglie del nostro compianto, sarebbe orgogliosa di poter raccontare il suo punto di vista della storia risorgimentale. Grazie Direttore per la possibilità che mi ha dato di poter aprire questa porta scomoda, che per molti rimane ancora sigillata. Saluti Brigantessa Serena Iannopollo

LA LETTERA

Anthony Reale: “L’ospedale di Locri non è secondo a nessuno!” “Noi Calabresi tendiamo spesso ad autoflagellarci. - Ci ha raccontato Anthony Reale, calabrese per tanti anni in Canada e oggi tornato in Calabria per investire nella propria terra d’origine. - Invece dovremmo cominciare a essere maggiormente positivi, perché abbiamo moltissime professionalità adatte a fare i mestieri ad alto livello”. È il caso di un team di dottori dell’ospedale di Locri che, ci ha raccontato, gli ha recentemente salvato la vita. “Per quelli che non mi conoscono mi chiamo Anthony Reale, sono calabrese, per la precisione di Locri, e fiero di essere calabrese. Venerdì 22 settembre, mentre ero impegnato a fare delle commissioni, ho avvertito una forte fitta al petto che mi ha fatto temere di avere un attacco cardiaco in corso.

Chiamati i soccorsi, l’ambulanza è giunta in pochissimi minuti e i paramedici si sono comportati in maniera magnifica: mi hanno prestato i primi soccorsi sul posto e portato senza perdere tempo all’ospedale, dove erano pronti a ricevermi con professionalità ed eccezionale disponibilità i medici del pronto soccorso. Dopo essere stato sottoposto all’elettrocardiogramma, i dottori hanno compreso che il mio problema non riguardava il cuore ma, eseguito un ecocardio, che avevo un embolo ai polmoni che mi impediva di respirare correttamente. Sono stato immediatamente ricoverato in pneumologia, presso il cui reparto sono rimasto per due settimane, durante le quali i dottori Massimo Rossi, Giuseppe Martelli, Antonio Stalteri e Domenico Niceforo si sono presi cura di me in maniera professionale e con tutti i mezzi a loro disposizione, salvandomi di fatto la vita. Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto e pensare che noi calabresi dovremmo essere fieri e grati di avere un’ospedale di tale livello. I nostri medici hanno dimostrato infatti una qualità che dovremmo far conoscere al grande pubblico, comprendendo (e raccontando) che l’ospedale del nostro comprensorio non ha nulla da invidiare a tante altre strutture del Paese se non un ambiente adeguato a far manifestare ai nostri medici le loro eccezionali qualità. Anzi proprio io, avendo trascorso molti anni in Canada, posso affermare che l’ospedale di Locri non teme confronti con strutture anche internazionali e che, personalmente, non ho mai trovato lo stesso livello di professionalità riscontrata in questa occasione proprio qui a Locri”.

Siderno: l’interminabile calvario dei residenti di Via Martiri Il calvario dei residenti di via Martiri della Libertà, a Siderno, è cominciato nel lontano 2009. Risale ad allora, infatti, la prima progettazione di sistemazione della strada e dalla piazza omonime, poi abbandonata per lungo tempo anche a causa dell’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti. Risolte non senza fatica le difficoltà burocratiche, nel novembre dello scorso anno i lavori sono finalmente partiti con la promessa che sarebbero durati appena 60 giorni e che la nuova strada sarebbe stata inaugurata con l’inizio del nuovo anno.

Questa settimana i cittadini di via Martiri della Libertà hanno fatto protocollare in comune un documento nel quale affermano che, a circa un anno dal loro inizio, i lavori non sono ancora terminati

Questa settimana, tuttavia, tutti i cittadini che hanno dimora lungo la via hanno fatto protocollare in comune un documento nel quale affermano che, a circa un anno dal loro inizio, i lavori non sono ancora terminati e che il grande disagio che sono costretti a sopportare li sta inesorabilmente conducendo all’esasperazione. Stando a quanto riportato nel documento sottoscritto da 53 firme vergate a mano, infatti, i residenti non sarebbero più padroni di poter utilizzare la strada sulla quale affacciano le proprie abitazioni in piena sicurezza, utilizzare i marciapiedi, usufruire

dell’illuminazione pubblica e parcheggiare le proprie vetture sotto casa, il tutto nel totale disinteresse dei consiglieri comunali (egualmente di maggioranza e opposizione) che, ad oggi, non si sono ancora degnati di dare risposte concrete sul termine dei lavori e le cause del loro ritardo. Ci auguriamo che il nostro giornale possa fare da cassa di risonanza alle legittime richieste di questi cittadini esasperati e che venga risolta al più presto da parte del comune questa incresciosa situazione. La Redazione

ConVersando.. Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro

"Ritorno in Borgogna”: calici protagonisti nelle sale cinematografiche Dal 19 ottobre la cultura del vino va studiata, degustata e bevuta a brevi sorsi in 113 minuti di pellicola, nell'appetitosa commedia familiare di Cédric Klapisch. Sullo sfondo dei vigneti francesi, al ritmo del susseguirsi delle stagioni , "Ritorno in Borgogna" ci conduce alla scoperta della vita dei suoi protagonisti, alla conoscenza delle loro differenti “stagioni”: Jean (Pio Marmaï) vive in Australia, Juliette (Ana Girardot) ha preso in mano l’azienda vinicola di famiglia, mentre il più piccolo, Jérémie (François Civil), è ancora alla ricerca di se stesso, della sua vera natura. Bicchiere dopo bicchiere, avvalendosi di un accorto uso del flashback e del racconto guidato su due binari (tramite il punto di vista di Jean), Klapisch mette a confronto il protagonista con il sé bambino; quell'adolescente che da subito ha avvertito su di sé dolorose le pressioni di un padre scomodo, il peso di responsabilità dalle quali era meglio filarsela. Ma le inesorabili stagioni scorrono per tutti ugualmente. È così, Jean, fuggito alla ricerca di una vita insolita, si ritrova in Australia, alla guida di un’azienda vinicola insieme alla moglie. Tutto cambia per restare uguale. Si parte per scappare da se stessi, si ritorna per ritrovarsi. Ma la notizia della malattia terminale del padre lo riporta nella sua terra d'origine. Il ritorno in Borgogna, dopo dieci anni, per Jean, costituisce l’opportunità di regolare i conti con il passato, quelli di un rapporto irrequieto con il padre e i silenzi prolungati con i fratelli. Ma la morte del padre poco prima dell’inizio della vendemmia avvolge i fratelli di nuove responsabilità. Ed è proprio il duro lavoro della raccolta dell'uva, scandita da degustazioni nei vigneti e confidenze rispolverate, a fare da filo conduttore nella narrazione del film e a far disseppellire e reinventare legami familiari indissolubili, uniti dalla passione per il vino. Una fotografia veritiera della Borgogna, dei terroir , dei vigneron. Una storia familiare che vive le quattro stagioni, un intero anno, lo stesso periodo di tempo necessario per la produzione del vino che ha reso famosa questa regione e che determinerà inevitabilmente il destino dei tre fratelli protagonisti. D'altronde il vino come l’amore ha bisogno di tempo!

Il progresso... Settant'anni fa, se volevi vederla, dovevi andare in Abissinia, oggi basta andare nelle vicinanze delle stazioni ferroviarie... e ne vedi più di una! Settant'anni fa, circa, il capo assoluto d'Italia è arrivato alla stazione di Siderno, con un bellissimo treno; è sceso sul marciapiedi e tra applausi e musica, ha abbracciato una signora! Oggi il capo del governo è arrivato in Calabria e si è fermato a Reggio. Nel discorso di prammatica ha detto che la costa ionica ha bisogno di aiuti. Tutto qui. Eppure allora le ferrovie funzionavano, c'erano i treni per ogni dove! Partivano e arrivavano in perfetto orario! Oggi quasi un secolo dopo, quando in tutto il mondo c'è stata l'invasione del progresso, solo in questa parte del territorio italiano ha vinto il regresso! Sì, però, anche qui, davanti la stazione, puoi vedere quelle faccette che allora per poterle osservare da vicino, dovevi andare in Abissinia! Brown Jo


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I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

L’OPINIONE

Vitis vinifera L/ Fam . vitacee

Vernaccia di Egua Nel 2002 iniziai un percorso alla ricerca dei vitigni del passato, al di fuori del mio territorio, indirizzandomi verso il versante tirrenico, nelle zone collinari della Piana di Gioia Tauro, tra il comune di Cittanova e quello di Molochio, mentre sullo Jonio, nella parte più a sud, andai a visitare l’altipiano di Egua, nel Comune di Motta S. Giovanni, su indicazione dell’ispettore scolastico Domenico Raso, ora defunto, originario di Cittanova. Precedentemente avevo cercato viti particolari nell’area di Bova e, precisamente, in contrada Cavalli, guidato dal defunto Bruno Casile, ellenofono, venuto a mancare nel 1996. Sia in contrada Plenura, nel comune di Molochio, che ad Egua, esisteva ancora un patrimonio notevole di biodiversità, riferito al mondo delle viti. A Egua trovai una competenza straordinaria in Salvatore Calabrò che, assieme a Santo, gestiva 10 ettari di vigna con annesso uliveto. Salvatore conosceva la disposizione delle varietà delle viti nei vari filari e sapeva quale posizione occupava una determinata varietà, per cui di notte, con sicurezza, andava a staccare qualche tralcio qualora un amico glielo richiedesse. Aveva avuto cura di mettere a dimora quasi solamente le viti tipiche di Motta e dintorni, a eccezione del Sangiovese, e naturalmente conosceva la vinificazione più opportuna per le varie uve. Studiava i tempi più favorevoli per iniziare qualsiasi operazione connessa alla vigna, all’orto e all’uliveto, mentre, per tenere pulita la vigna dalle erbe invadenti, utilizzava delle pecore che immetteva nel campo quando le viti erano in stasi vegetativa e senza grappoli, praticamente dalla fine di ottobre a quella di febbraio. Tutto attorno, l’azienda era stata circondata da un filare ininterrotto di cipressi, in quanto violentissimi vi spirano i venti, gelidi, quelli di fine novembre, quando arrivano dalla tramontana. Al di fuori dell’azienda esistevano ancora altre vigne con viti allevate basse ad alberello, senza sostegni; esse erano leggermente inclinate verso sud e questo indica che il vento prevalente ad Egua è la tramontana. Ovunque sono disseminati, sull’altipiano, frammenti di embrici greci e romani, frammisti a cocci di ceramica

comune e da cucina; segno che la frequentazione della contrada è stata costante dal periodo romano ai giorni nostri. Il panorama che si gode è inimmaginabile, con l’Etna che si staglia di fronte e Taormina, che appare vicinissima. Salvatore raccontava le vicende dell’azienda, del tempo opportuno per innestare, potare, vendemmiare, presentando i vini bianchi ricavati dalle uve del Bianco Tondo, da quelle del Cordivalle in mescolanza con quelle dell’inzolia e dalle varie malvasie. I rossi, invece, nascevano dalla vinificazione delle uve dei nerelli, in particolare del Nerello di Egua, di

Campo Calabro, del Nerello Guarnacciato e del Nerello Guarnacciato Gemellato; un vino soave nasceva dall’unione (Blend, lo chiamano i sofisticati) delle uve dell’Alicante fimmanella, del Petroneri, del Nerello Campoto e del Castiglione. Nel rosso più caratterizzato e più cupo, alle uve dei nerelli, venivano aggiunte, nella percentuale del 10%, le uve del Giacchinè e del Giacchè, nerelli tintori. Dalla mescolanza delle uve appassite del Bianco Tondo, della Malvasia bianca e del Moscato Bianco, nasceva un vino da dessert gradevole. A un certo punto la conversazione si spostò dentro la cantina e lasciammo la base di un torchio vinario romano venuto fuori durante lo scasso del terreno vent’anni prima, a cui era legato un possente molosso calabrese, che ci guardava impassibile, dimenando la coda a Salvatore quando lo guardava. Santo, dentro un largo vano, che precedeva la cantina, ricavata dentro una piccola collina, sopra cui era stata sopraelevata un’abitazione, aveva imbandito una tavola ricca di formaggio, fette di capicollo, soppressate e olive preparate in vario modo. Il discorso continuò sulle viti quando, dalla cantina attigua, furono portate due caraffe, una di vin bianco e l’altro nero. Il bianco era stato ricavato in purezza dalla vernaccia del territorio, che produce grappoli minuscoli, dagli acini rotondi, tendenti al giallo a maturazione, caratterizzati da macchioline nerastre e marroncine. L’acidità totale dell’uva di tale vitigno è altissima e si potrebbe vinificare senza l’aggiunta di solfiti, mentre il vino ricavato preferisce l’invecchiamento in quanto da giovane è molto aspro. Dopo tre o quattro anni diviene secco e leggermente frizzante, mentre esprime profumi sottilissimi e soavi. Salvatore parlava pacatamente e mangiava lentamente, tenendo vicino un gatto rossiccio che era saltato sulle sue ginocchia e che ogni tanto imboccava con un pezzettino di formaggio o di capicollo. Le ombre della sera stavano cominciando a scendere velocemente, per cui, con affetto, salutammo i gentilissimi fratelli Calabrò e cominciammo la discesa piena di tornanti verso la statale 106, dopo aver ammirato ancora l’Etna che emergeva dal mare cupo.

Il melograno,

l’albero caro agli dei Il Melograno (Punica granatum L.) è una specie originaria dell’Asia Minore, della Persia e dell’Afghanistan, oggi ampiamente coltivato in tutto il bacino del Mediterraneo sia per la produzione di frutti che a scopo ornamentale.

DOMENICA 15 Ottobre 13

Il suo frutto, la melagrana, è un pomo grande che presenta una dura scorza all’interno della quale ci sono numerosi semi avvolti in una polpa carnosa, commestibile, acida o dolce, di colore bianco o rosso. Si trova in natura da settembre a dicembre, ma il periodo migliore per mangiarli va da ottobre a novembre. La melagrana arrivò in Europa attraverso le rotte marittime internazionali, portata dai mercanti Fenici. Ancora oggi, in Dalmazia, il novello sposo trasferisce la pianta di melograno dal giardino del suocero nel suo, come augurio di prole numerosa, essendo l’albero simbolo di fertilità, per un matrimonio duraturo e felice. Le spose turche scagliano a terra una melagrana matura alla fine della cerimonia e il numero dei grani che fuoriescono rappresentano il numero dei figli che esse concepiranno. Secondo la simbologia cristiana e cattolica, il melograno rappresenta l’energia vitale, l’umiltà, la carità, l’unione di tutti i figli della Chiesa. Già il buon Omero parlava del melog r a n o nell’Odissea (VII, 115), quan-

d o Ulisse, nella Terra dei Feaci, così descrive i giar-

dini che circondano la reggia del re Alcinoo: “Alte vi crescon verdeggianti piante. Il pero e il melagrano e di vermigli poi carico il melo e col soave fico nettareo la canuta oliva”. La pianta e il suo frutto sono collegati nella mitologia classica soprattutto a figure di divinità femminili che simboleggiano la fecondità e la vita. Era durante le feste in onore della Dea Demetra, le Thesmophoria, che le ateniesi consumavano i frutti della melagrana, auspicio di prosperità. I sacerdoti, invece, non potendo consumare il frutto, incoronavano il capo con i rami della pianta. Gli stessi abitanti dell’antica Grecia riproducevano la melagrana con l’argilla posizionandola all’interno delle tombe dei cari defunti, essendo il frutto tutto seme, era considerato simbolo della vita e pertanto alludeva alla sopravvivenza del defunto nell’aldilà. Come simbolo di abbondanza compare in un gran numero di rappresentazioni come ex voto in numerosi santuari, soprattutto dell'Italia meridionale e della Sicilia. La pianta di melograno era sacra a Venere e a Giunone, quest’ultima era considerata la protettrice del matrimonio ed era spesso raffigurata, per questo motivo, con una melagrana nella mano destra. Secondo una leggenda Venere, invece, donò agli uomini la pianta di melograno piantandone un albero a Cipro. Vi è poi il mito di Persefone nel quale la melagrana ha un ruolo fondamentale. Il frutto simboleggia non solo il cibo dei defunti ma anche il valore del matrimonio, infatti la dea soggiornava sei mesi con il marito. Però era simbolo anche di fertilità, perché quando in primavera Persefone tornava sulla Terra presso la madre, questa, felice, faceva rifiorire tutta la vegetazione. Ancora oggi in certe zone della

Grecia è tradizione rompere una melagrana ai matrimoni e regalare a Capodanno i frutti di questa pianta per augurare prosperità e fortuna. Molte divinità greche sono state rappresentate con una melagrana. Nel museo di Paestum (Salerno) è conservata una statua arcaica, probabilmente del VII secolo a.C., che raffigura la dea Era con un bimbo in braccio nell’atteggiamento della kourotrófos, ossia di “colei che nutre”, che regge la melagrana nella destra. Anche Atena, protettrice della città di Atene nella sua funzione di divinità vittoriosa, è stata ritratta con questo simbolo. Secondo un mito greco il primo Melograno nacque dalle gocce di sangue di Dioniso. Quando uscì dal rifugio che era stata la coscia del padre Zeus, il piccolo fu catturato dai Titani che, ispirati dalla gelosissima Era, lo fecero a pezzi e lo misero a bollire in un paiolo. Dal sangue che si era sparso spuntò un albero, il Melograno. Anche presso gli antichi romani la pianta di melograno veniva tenuta in grande considerazione. Le spose nell’antica Roma mettevano una coroncina di fiori di melograno fra i capelli come simbolo di fertilità e di felice matrimonio. I Romani chiamavano la melagrana “malum punicum” che significa “melo cartaginese” perché pensavano che la pianta di melograno provenisse da Cartagine, quindi dall’Africa settentrionale. Molto comune in Calabria e in tutto il Mediterraneo. Il suo frutto, chiamato in dialetto granatu, fin dall’antichità è conosciuto per le sue proprietà terapeutiche. Conosciuto sia per la bellezza, con i suoi fiori e i suoi frutti autunnali pieni di semi rossi simili a pietre preziose, sia per le sue molteplici proprietà nell’antica Grecia e Magna Grecia, dove era utilizzato anche come antinfiammatorio e veniva consumato dalle donne e offerto alla Dea Madre nei riti dei misteri eleusini. Si usava piantarlo davanti alle case e se ne mangiavano i frutti perché portasse fortuna e abbondanza, tradizione ancora in uso in Calabria. I suoi significati beneaugurali si sono protratti nel tempo e ancora oggi il melograno compare sulla nostra tavola a Capodanno. Bakhita Ranieri

Il letale e anacronistico ossimoro del Palazzo - 31 rendo a prestito l'espressione di Antonio Lubrano: la domanda sorge spontanea. Perché, pur sapendo che non produrranno immediatamente effetti, i governatori di Lombardia e Veneto hanno indetto i referendum spendendo almeno 46 milioni di Euro? Proviamo ad analizzare i quesiti che, pur tenendosi nello stesso giorno, sono diversi. Iniziamo da quello lombardo. A una prima lettura la chiamata alle urne potrebbe apparire come un passaggio obbligato. A seconda del risultato, si potrebbe pensare, la Regione intraprenderà quelle “iniziative istituzionali” necessarie per “richiedere” più autonomia. Ma così non è: la Costituzione, infatti, non prevede affatto un “passaggio” popolare. L'excursus tracciato dalla Carta è chiarissimo: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. Tradotto: il primo passo formale spetta al Consiglio regionale. Da quando Maroni è presidente e con il suo partito guida una larga maggioranza - dal 2013 -, la Lombardia non ha mai avviato alcuna iniziativa istituzionale di questa natura. L’unico precedente di quella Regione risale al 2007 (Giunta Formigoni). Fu un insuccesso. “Di fatto si sta chiedendo l’assenso del cittadino a che la Regione eserciti un potere che potrebbe comunque esercitare”, riflette un costituzionalista. Che aggiunge: “Questo è cesarismo, non democrazia. ‘Volete me o l’anarchia?’ è una domanda da regime autoritario”. Ai cittadini del Veneto, invece, verrà chiesto: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?” Quali, come, perché, quando, non si sa. I sostenitori del “Sì” come il governatore Luca Zaia (Lega Nord) ritengono che in caso di vittoria e di alta partecipazione la forza contrattuale della Regione al tavolo con il Governo aumenterà. Il punto è intendersi però sull’obiettivo. La campagna elettorale - in entrambe le Regioni - non riguarda infatti le materie rispetto alle quali già oggi la Costituzione prevede margini elastici di autonomia, che sono tutte quelle di legislazione “concorrente” (art. 117, terzo comma) e tre sulle quali oggi lo Stato ha legislazione “esclusiva”, ovvero organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Di tributi e ordine pubblico - sbandierati dal “Sì” - nemmeno l’ombra. Nonostante l’evidenza, Maroni, intervistato da Libero a fine agosto, ha però annunciato di poter così finalmente “gestire l’ordine pubblico e le forze dell’ordine” come in Sicilia, aver competenza in tema di “sicurezza, fondamentale per combattere l’emergenza immigrazione” e poi “trattenere 30 miliardi di residuo fiscale, così mi si raddoppia il bilancio della Regione”. Nessuna di queste materie, però, può essere oggetto di referendum e non è un caso che in nessuno dei due quesiti ce ne sia traccia. A queste condizioni è pura propaganda (in Lombardia si voterà nel 2018). Il Veneto ci aveva provato in passato, formulando quesiti referendari del tenore “Vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?” oppure “Vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?”. Nel 2015 la Corte costituzionale li bollò come illegittimi. Il primo perché determinava “alterazioni stabili e profonde degli equilibri della finanza pubblica” che incidevano sui “legami di solidarietà tra la popolazione regionale e il resto della Repubblica”. Il secondo, quello sulla Regione a statuto speciale, perché “scelte fondamentali di livello costituzionale che non possono formare oggetto di referendum regionali”. Continua Tonino Carneri

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LA LETTERA

n nuovo provvedimento emanato dal DAP ( D i p a r t i m e n t o dell’Amministrazione Penitenziaria) del Ministero della Giustizia regolamenterà, e torturerà democraticamente, i detenuti sottoposti al regime di tortura del 41 bis. Quando ho letto questa Circolare ho pensato che difficilmente, per non dire mai, il carcere riesce a educare il prigioniero, ma alcune volte, per fortuna, riesce a far riflettere. Queste parole di Gherardo Colombo, ex Procuratore di Mani Pulite, che di gente in carcere ne ha sbattuta parecchia, lo confermano: “Se vogliamo educare al bene, per farlo dobbiamo utilizzare il bene. La vendetta non può bastare. Eppure, il nostro sistema penale fa proprio questo. E stop. Garantisce nel migliore dei casi un risarcimento economico. Ma così il dolore della vittima, con il quale solidarizza il nostro senso di giustizia, non incontrerà mai il dolore del colpevole, anch’egli oggetto del nostro senso di giustizia (“deve pagare”). In questo modo crediamo di “fare giustizia”, invece scaviamo un solco. Creiamo nuove lacerazioni. E aumentiamo la recidiva. Fino a un certo punto della mia vita sono stato convinto che il carcere fosse educativo. Poi ha cambiato idea. Se vogliamo educare al bene, per farlo dobbiamo utilizzare il bene.” Anch’io la penso in questo modo. Questa mattina, all’uscita del carcere, ho incontrato un detenuto che conoscevo da molto e che ha finito di scontare la pena. Ho pensato che dopo tanti anni di carcere ci vorrà tanto tempo perché si riadatti a una vita normale. Gli ho fatto coraggio, come se stesse andando in guerra perché non gli sarà facile non ritornare in galera. Credo che chi commette dei reati vada fermato, ma una volta in carcere la pena dovrebbe fare “male” esclusivamente per farti diventare buono. In realtà, invece, il carcere in Italia fa male solo per farti diventare più cattivo o più mafioso di quando sei entrato. Per paura di essere frainteso, scrivo subito che la mafia mi fa schifo e in carcere mi sono sempre scontrato con la cultura mafiosa e a modo mio l’ho sempre combattuta. Mi fa, però, schifo anche la mafia dei poteri forti, che finge di combattere i mafiosi ma in realtà vuole prendere il loro posto, o mira a vantaggi mediatici o politici. Penso che tra le istituzioni dell’antimafia ci siano tante persone buone, e in buona fede, convinte di fare bene, ma ci siano anche tanti opportunisti. Ecco alcuni brani di questa circolare: “Il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario è una misura di prevenzione che ha come scopo quello di evitare contatti e comunicazioni tra esponenti della criminalità organizzata.” Bene! Credo che su questo dovremmo essere tutti d’accordo, ma io non sono d’accordo su alcune di queste restrizioni che non hanno questo obiettivo, ma tendono esclusivamente a complicare la vita dei prigionieri: “È vietato lo scambio di oggetti tra tutti i detenuti/internati,

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Il decalogo di tortura al carcere duro del 41 bis Spesso in carcere anche le ingiustizie più piccole pesano come macigni, specialmente le ingiustizie gratuite. (dal diario di un ergastolano)

anche appartenenti allo stesso gruppo di socialità.” A parte che la solidarietà è un valore, e se uno rimane senza sigarette, sciampo, dentifricio? “Vietato affiggere alle pareti foto.” Perché? Non credo che questo divieto consenta di prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di provenienza. Un prigioniero vive di piccole cose e avere attaccato alle pareti della propria cella le foto dei familiari è importante. “Gli effetti personali relativi all’igiene personale, per loro natura pericolosi e potenzialmente offensivi, verranno consegnati ai detenuti/internati all’apertura della porta blindata della camera, e poi ritirati al termine della giornata.” Perché? A mio parere questi oggetti sono più “pericolosi” di giorno che di notte, quando il prigioniero è solo e murato da un cancello blindato. “È fatto divieto al detenuto/internato di ricevere libri e riviste dall’esterno, dai familiari o da altri soggetti tramite colloqui o pacco postale.” Perché? Credo che la lettura potrebbe aiutare molto a sconfiggere l’anti-cultura mafiosa. “Può detenere all’interno della camera un numero massimo di quattro volumi per volta.” Perché solo quattro libri? Penso piuttosto che ci dovrebbe essere una buona legge per “condannare” i detenuti a tenere più libri in cella e, forse, anche una norma per obbligare chi ha scritto questa circolare a leggere di più. “I detenuti/internati 41 bis possono permanere all’aperto per non più di due ore al giorno.” Perché? L’aria è criminogena? “È consentito tenere nella propria camera imma-

gini e simboli delle proprie confessioni religiose, nonché fotografie in numero non superiore a 30 e di dimensione non superiore a 20x30.” Perché troppe foto dei familiari e figurine dei santi fanno male alla sicurezza?” “Colloqui visivi della durata massima di un’ora, nella misura inderogabile di uno al mese, presso locali all’uopo adibiti, muniti di vetro a tutta altezza. Il chiaro ascolto reciproco da parte dei colloquianti sarà garantito con le attuali strumentazioni all’uopo predisposte. Il detenuto/internato potrà chiedere che i colloqui con i figli e con i nipoti in linea retta, minori di anni 12, avvengano senza vetro divisorio per tutta la durata (dell’ora di colloquio)”. I colloqui sono audio/video registrati, allora perché impedire a una madre o a un padre, anziani, di poter abbracciare il proprio figlio? Mi fermo qui, non elenco tutte le numerose restrizioni di questo decalogo che disciplina questo girone infernale, che crea dei mostri vegetali, perché dopo alcuni anni di regime di 41 bis il prigioniero non pensa più a niente e diventa solo una cosa fra le cose. Non credo che proibire ai detenuti di abbracciare figli, padri, nipoti e madri per decenni serva a sconfiggere la mafia, come non serve a questo neppure proibire di attaccare le loro Credo che lo Stato possa dire di aver già sconfitto militarmente la mafia, ma forse continua a fare di tutto per alimentare la cultura mafiosa, perché anche questo decalogo porterà odio verso lo Stato e le sue istituzioni. Carmelo Musumeci



sviluppo

l’intervista

Giuseppe Nucera ha acceso , no ti at m al d ede v si no "Se il buongior anto riportato da un qu o t es Qu a". ll ze an er sp almeno una i dell'elezione di an om ind l' al o at lic bb pu articolo del Sole 24 Ore, industria Reggio Calabria, dopo le nf Nucera a presidente di Co o Andrea Cuzzocrea, la cui azienda dimissioni dell'ex numero un erdittiva antimafia. era stata raggiunta da int

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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

“Confindustria deve intraprendere un vero e proprio cammino ‘rigenerativo’, che le consenta di acquisire un nuovo e più efficace posizionamento nel quadro del dibattito politico e pubblico, tanto a livello locale quanto nazionale”. Questo quanto dichiarato da Giuseppe Nucera, all’indomani della sua elezione a presidente di Confindustria Reggio Calabria. A un mese esatto lo abbiamo intervistato per conoscere più da vicino questo imprenditore di successo, che vanta nel suo curriculum anche le esperienze politiche come assessore comunale di Reggio Calabria negli anni Novanta per il Psi e quella di sindacalista per la Cgil negli anni Settanta. Lei ha dichiarato: “A Reggio Calabria o si fa adesso piazza pulita o non si fa più. Bisogna far ripartire l’economia!”. Piazza pulita da cosa e soprattutto chi in questi anni ha impedito che si facesse? Il discorso vale per la provincia di Reggio Calabria ma anche per la Calabria intera: bisogna ripartire in tutta la regione con un nuovo raccordo che coinvolga istituzioni e imprese, così da far ripartire il sistema economico. A Reggio Calabria, in particolare, non c’è più una gru che gira: l’edilizia è completamente ferma. Se si ferma l’edilizia, si ferma l’economia. Quando io dico che bisogna fare piazza pulita intendo dire che è necessario cambiare completamente registro, modo di fare e di essere. A Reggio Calabria, sappiamo benissimo che le mafie hanno determinato lo sfascio e il degrado del sistema produttivo, sociale, del vivere assieme. È necessario che ognuno di noi faccia una riflessione. L’impresa si raccorda con le istituzioni, con la società e se la società è malata, è inquinata, l’impresa non riesce a svilupparsi e spesso si adegua a questo sistema. Ho detto “ora o mai più” perché finalmente c’è una ripresa economica del Paese, c’è una forte attenzione dello Stato attraverso le aziodel-

"Il porto di Roccella è un’eccellenza del territorio dellla Locride che deve entrare in un circuito più ampio così da diventare il porto della Città Metropolitana".

la magistratura, ma non solo. Si è capito che il Sud non può essere abbandonato perché sarebbe una palla al piede dell’Italia. Agganciamoci, quindi, a questo nuovo risveglio con cui il governo punta alla cosiddetta rivoluzione industriale 4.0 che guarda all’Europa. In quest’opera di bonifica – ha dichiarato - c’è bisogno del sostegno di Confindustria Nazionale ma anche la stampa deve fare la sua parte. Che cosa intende esattamente? La stampa quando si ritrova ad affrontare questioni che riguardano il Mezzogiorno, si sofferma per lo più agli aspetti negativi. Le cronache danno maggiore spazio, maggiore enfasi ai fatti legati alla criminalità. L’opinione pubblica è stata drogata e segue quanto succede al Sud come si fa con le telenovele: questo perché viene trasmessa una criminalità a puntate. Non si può continuare così: il riscatto sociale che io immagino parte anche dalla comunicazione. La stampa deve mettere in prima pagina i fatti positivi. Quando ho scelto di candidarmi alla guida di Confindustria, la prima cosa che ho fatto è stata incontrare gli imprenditori. Ho fatto il giro delle aziende della provincia di Reggio Calabria. Ho visto aziende sane, di eccellenza, A Roccella c’è la più grande impresa di costruzioni del Sud che siede al tavolo insieme ai grossi gruppi; ebbene di queste realtà pochi ne parlano. Se la stampa portasse ad esempio questa azienda o anche quelle che operano nel settore dell’agroalimentare, come la Fattoria della Piana, altri imprenditori, anche giovani, guarderebbero con nuovi occhi queste realtà che danno lustro alla Calabria. Io sto cercando di fare la mia parte facendo partecipare alle riunioni di Confindustria imprenditori che hanno dato il loro esempio denunciando la criminalità, rimettendoci in termini di libertà dal momento che oggi vivono sotto protezione. Ho intenzione di coinvolgerli sempre di più per lanciare un messaggio forte: Confindustria è accanto a chi denuncia i criminali. Confindustria Nazionale deve supportarci altrimenti divento un Don Chisciotte in una realtà molto difficile. Confindustria va verso la legalità, vive di legalità perché dove non c’è legalità, non c’è sviluppo. Negli anni ’80 nella Locride stava nascendo un polo turistico che faceva ben sperare; probabilmente allora era il polo turistico più forte della Calabria. Oggi è scomparso:

di oltre una decina di alberghi che all’epoca erano abbastanza competitivi sul mercato, oggi ne sono rimasti tre. Che cosa è successo nella Locride in questi anni? Il rapimento Casella negli anni 80-90, il sequestro Passiatore, l’omicidio Fortugno… hanno distrutto un territorio, l’hanno desertificato dal punto di vista imprenditoriale: se non c’è legalità nessuno investe, nessun imprenditore arriverà da fuori, e noi da soli non possiamo farcela. Lei è imprenditore di successo nel settore turistico. Negli ultimi anni si è puntato tanto, come strategia di rilancio, su un turismo trainato dalla cultura e dalle attrazioni enogastronomiche. Questa la strada imboccata da diversi comuni calabresi. L’impressione, però, è che i progetti siano più interessanti sulla carta che nella realtà. Come mai? L’imprenditoria calabrese non è altezza di fare il salto di qualità, mancano le capacità, il know how. Possono mandare tutti i milioni di euro che vogliono ma non si riesce a incidere. Tra l’altro, i bandi presuppongono che il 50% delle risorse lo debba anticipare l’imprenditore, e pochi sono

g l i imprenditori che, presentando un progetto di un milione di euro, hanno 500 mila disponibili. Le banche ti danno una minima parte, se te la danno… il resto dove lo prendi? Per questo ci vogliono gli investitori esterni. Ma vengono se capiscono che c’è legalità e che hanno le istituzioni accanto a loro. Il mio obiettivo è quindi mettere insieme tutte le intelligenze del nostro territorio, utilizzando anche la rete di Confindustria nazionale, così che ci aiuti a trovare gli imprenditori disponibili a investire in Calabria. Quindi non c’è un problema di risorse quanto di spesa inefficace. Ma questo riguarda solo le imprese o anche le istituzioni?


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"Sto puntando alla linea ferrata il territorio Rosarno-Gioiosa. Così si raccordao turistico di della Locride con Tropea, oggi pol rista di Tropea eccellenza della Calabria. Se un tuil Musaba, vuole visitare gli scavi di Locri o e poterlo fare". un’eccellenza unica nel mondo, dev

in breve

"Finalmente c’è una ripresa economica del Paese, c’è una forte attenzione dello Stato e si è capito che il Sud non può essere abbandonato perché sarebbe una palla al piede dell’Italia. Agganciamoci, quindi, a questo nuovo risveglio"

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Per quanto ne so, molti comuni non hanno un tecnico che faccia un minimo di progettazione. Perciò quando arrivano i finanziamenti, non si è capaci di spenderli. La Regione ha a suo carico attraverso Fincalabra centinaia di dipendenti che erano stati assunti da Invitalia per dare un aiuto di progettazione alle imprese e ai comuni, che riscaldano una sedia. Queste risorse vanno messe in cantiere ma in una visione più complessiva, in progetti che abbiano una finalità. Inoltre, i comuni non possono ragionare ancora in un’ottica campanilistica. Il porto di Roccella che è un’eccellenza del territorio deve entrare in un circuito più ampio e non può farlo da solo. Gli attuali amministratori stanno lavorando bene, hanno delle ottime idee ma il porto deve essere inserito in un discorso più ampio, individuando linee nuove di sviluppo. Il porto di Roccella deve diventare il porto della Città Metropolitana. Qui subentra un altro aspetto, quello dei trasporti. La Locride è isolata. La Jonio-Tirreno è insufficiente, è necessario costruire una doppia corsia. Io sto puntando alla linea ferrata Rosarno-Gioiosa. Così si raccorda il territorio della Locride con Tropea, oggi polo turistico di eccellenza

della Calabria. Personalmente immagino l’altro polo turistico sulla Jonica e i due vanno collegati necessariamente. Se un turista di Tropea vuole visitare gli scavi di Locri o il Musaba, un’eccellenza unica nel mondo, deve poterlo fare. La politica deve capirlo se vuole puntare davvero al turismo, i sindaci devono darci una mano, devono fare propri i progetti e aiutarci a portarli all’attenzione di chi ha la borsa della spesa. Bruxelles ha approvato il collegamento ferroviario RendeCosenza. Se hanno finanziato questo, n o n

essere può finanziata anche la linea ferrata Rosarno-Gioiosa? Ma nessuno ci ha pensato a fare un progetto. Noi di Confindustria stiamo lavorando a un business plan per capire quanto può costare un progetto del genere cosicché si possa poi sottoporlo all’attenzione dei sindaci. Da notare, poi, che, grazie alla Jonio-Tirreno, i territori di Locri, Siderno, Gioiosa hanno fatto notevoli passi in avanti in questi anni, mentre la zona di Bianco, Bovalino… è rimasta ferma. Quindi anche la Bovalino-Bagnara va fatta. Ma se ne parla da anni… Questo perché la politica non batte più i pugni sui tavoli. Una volta i comuni fungevano da stimolo delle istituzioni, oggi non più. Io voglio dare il mio contributo ma Confindustria non può fare nulla da sola. Vincenzo Boccia, leader di Confindustria, a proposito del Nuovo Codice Antimafia ha dichiarato che “equipara gli imprenditori ai delinquenti”. Un imprenditore vive di reputazione, la cultura del sospetto può rovinarlo al punto da non poter più recuperare. L’impresa sequestrata quando viene restituita è già fallita e questo è un danno all’economia. Lei cosa pensa a riguardo? C’è un eccesso di legislazione sulle questioni dell’antimafia. Il Nuovo Codice lede anche i diritti costituzionali. Se un imprenditore è mafioso o ha delle frequentazioni delinquenziali, va colpito lui, non l’azienda, fatta di dipendenti. È un limite serio quello di questa norma. Le interdittive antimafia negli anni hanno mandato a casa centinaia di padri di famiglia che non hanno nessuna colpa. Il sospetto ha creato il deserto imprenditoriale, ma le autorità di governo sembrano non porsi il problema. C’è, poi, un altro aspetto: l’imprenditore, molto spesso è

Siderno: Istituzioni e Confindustria a confronto per dare un futuro alla Locride Grazie all’impegno dell’Associazione dei Sindaci della Locride, nella giornata di domani, presso la Sala Consiliare del Comune di Siderno, alle ore 17, si svolgerà un incontro con il Presidente di Confindustria RC Giuseppe Nucera, con il quale le istituzioni locali si confronteranno su temi cruciali legati allo sviluppo del nostro comprensorio.

visto come un uomo di malaffare. Ma se la sua azienda si ferma, chi le paga le tasse? Muore la società. Ci sono pregiudizi pericolosissimi che bloccano le attività. A volte l’imprenditore onesto è costretto a rivolgersi al tribunale amministrativo per presentare

ricorsi contro le firme facili dei burocrati che per non correre rischi dicono Sì a un qualsiasi provvedimento che miri a ostacolare l’azienda, senza indagare a fondo, senza chiedere il parere di altri che possano dare il loro consenso o diniego. Non si possono bloccare così aziende, finanziamenti, opere che hanno valenza sociale. Troppi lacci, troppi laccioli, troppi paletti, troppa antimafia che elabora solo teorie. Tra l’altro quando c’è il sospetto, non la certezza… Sciascia ha posto il dubbio, non il sospetto. Il sospetto è l’anticamera di un tribunale dell’Inquisizione. Ogni persona dotata di raziocinio deve porsi il dubbio su qualsiasi cosa. Ma non il sospetto. Oggi si è favorita la nascita di tanti comitati antimafia in ogni dove perché c’è stato un incoraggiamento pubblico. Ma sa quanti danni sono stati fatti a quei magistrati che hanno lavorato seriamente contro la mafia? I casi che leggiamo sulle cronache di chi ha approfittato dei soldi messi a disposizione per la lotta alla mafia per farsi gli affari propri, hanno distrutto anni e anni di battaglie. E oggi hanno il coraggio di proporre un comitato anti-pizzo: ma vogliamo creare altri professionisti dell’antimafia che spillano soldi? Passiamo alla Città Metropolitana. Che vantaggi ha tratto Reggio Calabria dall’essere divenuta Città Metropolitana? Se ce ne sono… Si tratta di un percorso nuovo, più grande di chi lo sta gestendo. L’attuale sindaco della Città Metropolitana dovrebbe fare un’azione di coinvolgimento a tutti i livelli, con chi ha più esperienza perché ha già vissuto questa fase di passaggio verso la Citta Metropolitana. Altrimenti sarà una scommessa che rischia di fallire. Il consiglio che mi sento di dare è di volare più in alto. A Reggio Calabria era stato approvato il progetto dell’archistar scomparsa di recente, Zaha Hadid, che avrebbe ridisegnato il volto di Reggio Calabria con il suo avveniristico “Regium Waterfront”. Ebbene quel progetto è

stato stralciato e i soldi finiti a tappare le buche delle strade. Questo per darle la dimensione di come si sta governando. L’anno scorso sono stato invitato dal comune di Salerno, in un workshop sul turismo che si è tenuto a Milano. Il comune di Salerno che aveva un progetto simile, l’ha portato come esempio, come volano di sviluppo. E tu amministratore di una Città Metropolitana pensi alle buche? Ma trova i soldi da un altro canale di finanziamento, non cancellare un’opera di questa portata. Aeroporto dello Stretto. Quali sono le misure che prenderà Confindustria per rilanciarlo? Lei ha detto la parola giusta: Aeroporto dello Stretto. Solo che nel recente passato gli amministratori reggini e chi si è susseguito alla guida dell’Aeroporto non avevano questa visione. Hanno pensato che fosse un piccolo aeroporto di città e lo hanno distrutto. In questi anni l’aeroporto è stato solo uno stipendificio. Ho sempre sostenuto che l’aeroporto di Reggio può diventare l’aeroporto della Calabria ma che guarda all’altra sponda. Se noi tracciamo una circonferenza che ha come centro l’aeroporto reggino e come raggio la distanza con Tropea, otteniamo un’area che va a inglobare le isole Eolie, Taormina, Capo Vaticano, la Locride. Un territorio ricco di risorse culturali e attrazioni turistiche, unico in Italia. Adesso, qualora il ricorso al Consiglio di Stato venga accolto, dovrebbe essere la Sacal a gestire l’aeroporto di Reggio Calabria. Quindi io dico: Città Metropolitana compri le azioni della Sacal e mandi un esperto di aeroporti che sa amministrare, Camera di Commercio faccia altrettanto e nomini un suo rappresentante. Avremmo così nel consiglio di amministrazione due rappresentanti, che in una gestione complessiva dell’aeroporto, difendono quest’area. Ma è comunque la logistica che va a vantaggio di quest’area dello Stretto rispetto a Lamezia. Sono processi che si possono mettere in moto, osservando la realtà. Ma mai tornare a una società che contemporaneamente gestisce l’aeroporto di Reggio, Crotone, Lamezia, una scelta, l’ennesima, che ha solo portato spese a carico dell’ente pubblico.


CULTURA

Non una scuola che crei illusioni nei giovani ma che offra i concreti strumenti al loro potenziale talento. Questo è quanto si propone la Scuola di Cinema "La 25ª ora" diretta da Lele Nucera e nata da un progetto dell'Associazione Culturale Obiettivi Creativi, denominato "Sviluppo e Formazione per la Calabria". Il programma didattico è strutturato per aree interdisciplinari ed è finalizzato alla specifica preparazione in Recitazione e Dizione, Regia e Direzione della Fotografia, corsi tenuti rispettivamente da Lele Nucera e Vincenzo Muià, Vincenzo Caricari, Roberto Stranges. Concepita per progettare il futuro nel segno del cinema e dell'audiovisivo, la Scuola fa suo il motto “Impara Facendo”. In questo settore, infatti, la pratica è più preziosa di anni di studi teorici sia per i registi che per gli attori. Questo modello educativo permette agli studenti di raggiungere più risultati in meno tempo, consentendo loro di mettersi alla prova in prima persona, apprendere i trucchi del mestiere e indirizzare il proprio talento nella giusta direzione. La scuola mira, infatti, a fornire strumenti utili a chi voglia fare cinema e televisione fin da subito: il lavoro sul linguaggio e sulle macchine si interseca, ben presto, con la formazione di troupe operative, che realizzano esercitazioni pratiche e cortometraggi. Per iscriversi non sono necessarie conoscenze pregresse; è indispensabile, invece, la voglia di fare, di mettersi in gioco, di rapportarsi agli altri, di mettere mano alle attrezzature e al lavoro che la messa in scena prevede. Soddisfatto delle lezioni di recitazione già tenute lo scorso anno - grazie alle quali i ragazzi hanno preso una buona confidenza con la telecamera, imparando le principali regole del set e la modulazione dell’espressività corporea, così come quella della mimica facciale - Lele Nucera prosegue su questa strada. Anche quest'anno i corsisti avranno modo di sperimentare i diversi tempi di recitazione e la capacità di interpretare la stessa scena nei diversi ciak con la medesima intensità e concentrazione, entran-

d o lenta-

Una scuola di cinema "nel buco del c... del mondo" Aprono le iscrizioni alla Scuola di Cinema "La 25ª" diretta da Lele Nucera e concepita per vivere il set a 360°.

mente nel vivo del linguaggio e delle modalità cinematografiche. Conosceranno le prove tecniche di registrazione e affronteranno l’esperienza dei provini e delle audizioni. Grazie a una rete di collaborazione che può contare sui maggiori esponenti del cinema italiano (attori, registi, produttori, casting director), la scuola offre, infatti, ai suoi studenti l'opportunità di prendere parte a casting per produzioni e registi internazionali. Lo scorso anno, ad esempio, gli studenti più meritevoli sono stati catapultati su importanti set, lavorando insieme a registi del calibro di Danny Boyle.

“Obiettivo Formazione”: un’occasione unica per allargare i vostri orizzonti L’Ente di Formazione Professionale “Obiettivo Formazione” inaugurerà la propria attività domenica 15 ottobre con un incontro che si svolgerà, tra le ore 17 e le ore 20:30, presso la sua sede di via Nazionale Nord, a Marina di Gioiosa Ionica. Attraverso le parole della sua presidente Maria Lucia Pugliese, assistente sociale, del vicepresidente Carmelo Siciliano e dell’ingegnere Pietro Fazzari, saranno illustrate le attività e le offerte formative dell’Ente, che grazie al suo partenariato con l’Università e con il MIUR, promette di mettere a disposizioni degli interessati esperti in grado di organizzare corsi sulla sicurezza, ECDL, corsi di formazione professionale per OSS, estetisti, assistenti sociali, avvocati e convegnisti. Per ulteriori informazioni potete contattare i nostri recapiti telefonici o inviarci una mail. E ricordate: se pensate che la formazione sia cara… provate con l’ignoranza… aprite la vostra mente alla conoscenza e conoscerete nuovi orizzonti!

Anche la fiction "Tutto il mondo è paese", che vede Beppe Fiorello nei panni del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ha tra gli attori allievi di Lele Nucera. Grazie ai corsi di Fotografia e Regia "La 25ª ora" offre la possibilità di vivere il set a 360° , fornendo tutti gli strumenti necessari a padroneggiare la settima arte. Un progetto lodevole che permette di accostarsi e sperimentare il linguaggio cinematografico senza doversi recare necessariamente fuori dai confini regionali e senza dover rinunciare a una formazione di qualità. Un percorso appassionante che offre la possibilità di ritagliarsi un'ideale e tanto agognata

25esima ora da dedicare a se stessi e alle proprie passioni. Tutto questo grazie a "un pazzo che ha deciso di aprire una scuola di cinema nel buco del c... del mondo, dove il cinema non esiste". Così Lele Nucera è stato presentato dal regista e attore Mimmo Calopresti a Federico Chiacchiari, direttore della Scuola di Cinema "Sentieri Selvaggi" di Roma, con il quale Lele intende avviare uno scambio reciproco di idee e progetti che divenga catalizzatore di intenti ed energie creative. Allacciate le cinture: il cinema sidernese e della Locride tutta è pronto per il decollo!

Dal 18 ottobre la mostra fotografica “Riscopriamo l’Aspromonte” Proseguono le iniziative del progetto “Riscopriamo l’Aspromonte” ideato e promosso dall’associazione culturale arte e spettacolo “Calabria dietro le quinte” con il contributo e il patrocinio dell'Ente Parco Nazionale dell'Aspromonte. Il progetto ha, inoltre, il patrocinio del Comune di Reggio Calabria, Roghudi e Santo Stefano in Aspromonte. Dopo il grande successo degli eco-laboratori “Creativamente Parco” che hanno coinvolto oltre cinquanta bambini del comune di Roghudi e Santo Stefano, con attività di sensibilizzazione ambientale per la tutela delle specie faunistiche del parco, il percorso progettuale prosegue con l’allestimento di una mostra fotografica collettiva di quaranta immagini fotografiche a colori e in bianco e nero, scattate nei territori del parco per riscoprire le numerose specie faunistiche e floreali presenti in questi luoghi. Un complesso ecosistema, che contraddistingue e arricchisce un paesaggio eterogeneo di particolare fascino, assumendo una funzione di rilevante valore ambientale all’interno del parco d’Aspromonte. Dal 18 al 24 ottobre, nella Galleria di Palazzo San Giorgio sul corso Garibaldi di Reggio Calabria, sarà possibile apprezzare gli scatti dei fotografi: Domenico Timpano, Carmelo Fiore, Gianni Vittorio, Raffaele Astorino, Antonio e Jacopo Macheda, Antonio Pitea, Antonello Diano, Tony Mezzatesta e Tirso Ceazar Pons. L'esposizione sarà aperta al pubblico tutti i giorni - esclusa la domenica mattina - dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19,00, con ingresso libero. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle numerose attività promosse e sostenute dall’Ente Parco per la valorizzazione del patrimonio culturale ed identitario dell’Aspromonte. L’inaugurazione della mostra è prevista per mercoledì 18 ottobre alle ore 17, alla presenza dei fotografi, del presidente Giuseppe Mazzacuva e del direttivo dell’associazione, del presidente del Parco Giuseppe Bombino, del presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria Demetrio Delfino e del consigliere Demetrio Marino delegato a Turismo e spettacolo della città metropolitana.

L’ASCOA a Siderno per parlare di “Una Calabria più competitiva” Mercoledì 18 ottobre, alle ore 15:30, presso la Sala Consigliare del Comune di Siderno, l’Associazione Provinciale delle Piccole e Medie Imprese ASCOA organizza il Bando Offerta Turistica “Una Calabria più competitiva”. L’incontro sarà introdotto dai saluti istituzionali del Sindaco della Città di Siderno Pietro Fuda, del Presidente della Camera di Commercio di ReggioCalabria Ninni Tramontana e del Presidente ASCOA Fabio Mammoliti. Seguiranno gli interventi di Francesco Marano, dirigente di settore del Dipartimento di sviluppo economico, lavoro, formazione e politiche sociali della Regione Calabria; Vittorio Zito, membro di Fincalabra SpA e Coordinatore del Progetto Calabria Campetitiva. L’incontro sarà chiuso dai quesiti dei partecipanti e dalle considerazioni conclusive.


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Democratica: La responsabilità il nuovo viaggio professionale dell’avvocato nelle sonorità inpenale ambito civile, e mediterranee di amministrativo Davide Campisi Locri

Mancano pochissimi giorni alla pubblicazione del nuovo album di Davide Campisi. Il cantautore e percussionista ennese, mattatore della prima serata della XIX edizione del Kaulonia Tarantella Festival, sarà presto nei negozi con “Democratica”, un album contenente nove inediti cantati in siciliano e italiano. Un progetto attraversato da un sound caldo e ritmato, in cui Campisi ha unito gli strumenti della tradizione con quelli tipici del rock. Il cantautore siciliano è, per altro, tra gli attuali 10 finalisti del Premio Andrea Parodi 2017 (un concorso dedicato alla musica le cui finali si stanno svolgendo proprio in queste ore a Cagliari) con il brano “Piglialu”. L’artista definisce il nuovo progetto “Democratica” come «il risultato di un percorso di sperimentazione che parte dalla volontà di tracciare un legame tra l’identità profonda del proprio essere e l’apertura al mondo circostante. Mentre le vibrazioni del tamburo scandiscono la certezza di un’appartenenza, insomma, le progressioni rock rendono tale appartenenza indefinita, imperfetta, aperta a nuove forme di libertà espressiva». Con Democratica Campisi vuole raccontare il vivere contemporaneo con un ritmo che vuole tracciare un solco profondo nell’anima di tutti i suoi ascoltatori grazie a una sapiente miscellanea tra il dialetto Siciliano e la lingua italiana e a una riuscita sperimentazione che fonde assieme gli strumenti della tradizione folk come i tamburi a cornice, la fisarmonica, la batteria ed il basso. «Il tamburo guarda la luna e nella luna si rispecchia ha affermato Campisi per descrivere il proprio album - per trovare nella sua luce misteriosa le radici del proprio ritmo. Poi si veste, si ammanta, si imbelletta.

Samo: Tecniche di sviluppo sostenibile per la Fiumara la Verde Mercoledì 25 ottobre, alle ore 14:30, presso la sala Consigliare del Comune di Siamo, nell’ambito del Tavolo Tecnico Contratto di Fiume Vallata La Verde, si terrà il seminario “Rete ecologica Fiumare della Locride Paesaggio e sviluppo sostenibile della Vallata La Verde. Ai saluti del Sindaco di Siamo Giovani Battista Bruzzaniti seguiranno gli interventi di Giovanni Bonfà: innovazione e progetti comunitari; Nuccio Barillà: Forum del Paesaggio - educazione ambientale; Francesco Macrì: PAL e sviluppo sostenibile della Locride; Domenico Pizzi: Green Lab - Bosco Didattico Paesaggistico di Rudina; L’assessore regionale all’urbanistica Francesco Rossi: Contratti di Fiume e Paesaggio. Seguirà un dibattito utile a definire al meglio il Contratto di Fiume della Fiumara La Verde.

La ritualità intima del suono si apre a un incontro sperimentale in cui sonorità mediterranee si allineano a tutto ciò che è modernità. Nella contaminazione la testa frulla, il cuore fibrilla, il pensiero martella in un canto che è d’amore e di dolore».

Nel pomeriggio di venerdì 6 ottobre, presso il Palazzo della Cultura di Locri, si è tenuto il convegno sul tema la responsabilità civile e sulla responsabilità professionale dell’avvocato in ambito civile, penale e amministrativo, e ciò anche alla luce del D.M. 22.09.2016. L’iniziativa, organizzata dall’A.I.G.A. Sezione di Locri, in compartecipazione con UnipolSai in attuale regime di convenzione con Cassa Forense, ha riscosso notevole interesse e partecipazione. Il convegno è stato coordinato e moderato dall’Avv. Antonia Fabiola Chirico, Consigliere Nazionale Aiga, che ha, altresì, relazionato sulla responsabilità civile dell’avvocato: responsabilità da esecuzione di mandato e responsabilità professionale. Ha salutato i lavori il Presidente della Sezione Aiga di Locri, Avv. Simona Manno, la quale, nell’evidenziare la ripresa delle attività formative organizzate sotto la propria presidenza, ha ringraziato i Professionisti intervenuti al tavolo dei relatori, l’uditorato, il Direttivo di Sezione per l’impegno profuso, nonché l’Amministrazione comunale per la cortese disponibilità a ospitare il convengo di che trattasi. Il Presidente, poi, ha preannunciato il prossimo incontro formativo, organizzato dall’Associazione, sulla nuova responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie dopo la Legge Gelli-Bianco che si terrà a Locri nella seconda decade del prossimo mese. L’evento realizzato ha visto la sua articolazione con le relazioni dell’Avv. Leo Stilo, Avvocato del foro di Locri, docente in diritto dell’informatica e informatica giuridica, cultore in diritto amministrativo, P.C.T. e P.A.T. e del Prof. Avv. Sandro Furfaro, Avvocato del foro di Locri, docente in procedura penale presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, nonché con gli interventi della Dott.ssa Sansovini Alessandra Responsabile nazionale professionisti convenzioni, Vicedirezione Generale Tecnica UnipolSai, del Dott. Bertone Gianni, Responsabile nazionale professionisti singoli, Vicedirezione Generale Tecnica UnipolSai, e, infine, di Angelini Riccardo, Agente Generale UnipolSai Business Specialist. Nello specifico, l’Avv. Leo Stilo ha relazionato sulla responsabilità da processo telematico. Il Prof. Avv. Sandro Furfaro, ha tenuto una vera e propria lectio magistralis sul ruolo dell’avvocato tra costituzione, norme penali, processuali e deontologiche. Infine, i Professionisti della UnipolSai sono intervenuti sugli aspetti tecnici del D.M. 22.09.2016 e sulla polizza. I lavori si sono conclusi con l’auspicio che l’avvocato attinga sempre nella cultura e nella qualità i tratti distintivi che contraddistinguono la sua attività e, nell’attuazione delle regole, la spiegazione del suo ruolo e della sua funzione; regole quest’ultime che non sono disposte soltanto alla vittoria di una causa, ma alla tutela dei valori. Id est la ragione della missione dell’AIGA Sezione di Locri. Non v’è dubbio come l’esito sperato del convegno, rappresentativo di una fucina di formazione, sia stato reso possibile grazie alla partecipazione ai lavori dei summenzionati Relatori, persone altamente qualificate che portano lustro al nostro Foro e che sono riuscite ad attirare l’interesse di un corposo uditorato che ha partecipato attivamente mediante un auspicato e ben riuscito scambio di spunti di riflessione. Il Consigliere Nazionale Aiga Sezione di Locri Il Presidente Aiga Sezione di Locri Avv. Antonia Fabiola Chirico Avv. Simona Manno



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LA SCOMPARSA

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DOMENICA 15 Ottobre 21

pianeta verde (Coline Serreau, 1996) è un film di fantascienza anticonformista senza cyborg né Intelligenze Artificiali. Gli extraterrestri scendono in incognito a visitare la terra, sono anch’essi umani, ma più evoluti. Solo che la loro civiltà, attraversati gli stessi secoli della nostra barbarie, ha infine deciso di liberarsi della violenza, del meccanismo del potere, del denaro e della tecnologia attraverso la quale l’uomo sfrutta e divora tutto ciò che lo circonda. In tutto simili ai terrestri, indistinguibili da noi, ci osservano stupiti dell’ostinazione con la quale persistiamo a vivere da barbari, distrutti dalle folli e terribili malattie che noi stessi creiamo, col cervello divorato da un’alienazione allucinante, per cui senza motivo, un giorno, uno di noi a caso fa strage di suoi simili e poi s’ammazza. Gli extraterresti del film hanno provato a spiegarci la follia della nostra inciviltà e il bisogno di procedere verso uno stile di vita in simbiosi con la natura che ci circonda. Forse Ferdinando è un extraterrestre in incognito. Se ne va in giro a mostrare alla gente che è possibile costruirsi quello che serve, un muro, un forno, una casa intera, usando quello che c’è, innanzitutto la terra, l’argilla e la paglia. Che è una cosa che gli umani, anche terrestri, hanno saputo benissimo fare fino a un passato recentissimo, prima che l’industria arrivasse a capitalizzare ogni energia umana, accaparrandosela tutta in cambio di fiumi di carta moneta. Così Ferdinando se ne va in giro a mostrare alla gente a fare, piuttosto che a comprare già fatto. Anche una casa. Rifiuta l’appellativo di maestro, preferisce definirsi un facilitatore. Perché in fondo, quello che lui ti mostra, lo sapresti fare anche da te. Perché a costruire un mattone impastando terra cruda e paglia ci arrivano benissimo anche i bambini. E i bambini si divertono proprio a costruirla una casa così, e a impastare i mattoni, a intonacare i muri a mani nude con la barbottina, fatta di terra, acqua e sabbia, a decorare, poi, le pareti, incidendo con le dita l’intonaco fresco. E anche gli adulti ridiventano bambini, tutti impiastricciati di fango, si divertono un mondo anche loro. Così che quando li vedi eretti, ‘sto muro, ‘sta casetta, ‘sto forno, sei proprio fiero di te e felice, e anche meravigliato, come i bambini. E Ferdinando non sta lì a spiegare, ma impasta, come tutti. Ferdinando se ne va in giro per il Regno di Napoli a studiare quel che resta delle nostre memorie popolari. Passa il tempo a cantare antiche canzoni salentine, calabresi, abruzzesi. Ferdinando è un extraterrestre evoluto, si è preso, qui sulla terra, due lauree, in lettere, poi in geografia. Ne voleva anche una in musicologia ma poi ha scoperto che qui le università insegnano che la musica popolare sono i Beatles, più che le melodie accompagnate dalla lira calabrese, perciò ha lasciato gli studi. Parla di rispettare il senso del luogo, del fatto che il processo costruttivo è più importante del prodotto finito, di restauro ambientale. Parla anche di altre cose, di Esseni, di armonia tra paesaggi e tradizioni musicali, di geometrie sacre. Ferdinando ama girare per la Calabria e gradisce il buon vino e il bergamotto. È venuto a Felicìa a tenere un lungo laboratorio sulla terra cruda. Felicìa è un luogo in collina, a Bovalino. E, ultimamente, da quelle parti passano diversi extraterrestri, in incognito tra noi, del tutti irriconoscibili: biologi, educatori, cuochi, musicisti, doule, cantanti, homeschoolers. Vengono dall’America, dalla Polonia, dalla Francia, dalla Sicilia, alcuni hanno deciso di restarvi e abitare la terra, raccogliere le olive, lasciare i bambini a mangiare frutti sugli alberi. Daniele Mangiola

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Due lauree, una smodata passione per il buon vino, il bergamotto e la musica popolare e una manualità invidiabile. Questa settimana vi raccontiamo l’arte di Ferdinando, approdato nella Locride per insegnare alla gente a fare e non a comprare già fatto…

Ferdinando, l’extraterrestre che impasta la terra


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Gli Juventini Era presente anche il sindaco di Caulonia Caterina Belcastro, in questa foto tra Giuseppe Coluccio e Nicodemo Barillaro, al taglio della torta che ha celebrato i cinque anni di attività dello Juventus Club di Marina di Gioiosa Ionica.

DOMENICA 15 Ottobre

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Stocco di strada Durante il Messina Street Food Fest, una delle più importanti manifestazione di cooking che trovano terreno fertile per fiorire in questo periodo dell’anno, Giuseppe Alagna ed Enzo Ieraci, da Mammola, presentano i loro prelibati piatti naturalmente a base… di stocco!

Tifosi granata Dopo aver affrontato le impellenze amministrative e le emergenze scolastiche, il vicesindaco di Locri Raffaele Sainato e la neo-dirigente scolastico dell’alberghiero Mariarosaria Russo ridono di gusto dopo aver scoperto di essere entrambi rari esemplari di tifoso del Torino.

Affungato Cosimo Romeo, Assessore al comune di Mammola e presidente dell’Associazione dei Funghi, inizia a preparare la Festa del Fungo che si terrà a fine ottobre nel paese amministrato da Stefano Raschellà.

Primi in classifica Il condor Pasquale Prochilo, Raffaele Salerno, Anthony Voice e l’amico Bellamina festeggiano la vittoria del Siderno Calcio della scorsa settimana, che l’ha resa capolista dell’Eccellenza a discapito del Locri.

Uniti da un cognome Pino da Toronto e Francesco da Siderno sono i due Correale che abbiamo incontrato questa settimana sul corso. Non sono parenti, ma uniti da quel singolare filo rosso chiamato cognome.

Approdati a Itaca Gli architetti Arrigo Logazzo, Elisa Curciarello e Josè Campisi, si prendono una breve pausa dalla protesta H24 che stanno conducendo nei confronti del controverso protocollo Itaca.

Tris di Certomà Fausto, Sonia e Annalisa, due di Roccella Ionica e una di Siderno, si riuniscono per questa coloratissima foto. Non sappiamo se abbiano legami di parentela, ma c’è sempre un legame tra persone che portano lo stesso cognome!

Sfogliando i ricordi… Alcuni soci di “Amicizia e Pace” assistono alla Santa Messa in una cappella privata celebrata dal compianto Don Giuseppe Marinetto. Stilesi Giorgio Tropeano ed Enzo Minervino posano assieme con un gran bel sorriso stampato sul volto: due rappresentanti eccellenti del paese di Tommaso Campanella.

Il giocatore di carte In questo bello scatto neorealista viene ritratto un giocatore di carte di Caulonia che, in uno dei nostri paesi, in cui è sempre meno possibile organizzare momenti di svago all’aria aperta, si prende di prepotenza una fetta di piazza per potersi fare un solitario.



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DOMENICA 15 Ottobre 24

rinnova, avvolto da una si nù me hio cc ve il sì co E t! me ur go te et la bagu nsistenza e co a un da o at erc ric più so re e e nt ce lu e crosta croccante a raffinata cena Un . re te sis re ile sib os imp è i cu a le vo de ce un'alveolatura fresca, très jolie. prêt-à-manger. Un'idea giovane, sfiziosa,

Il Top veste parigino

asciate ogni speranza o voi che, abituati a sedicenti baguette da supermercato, entrate al Top di Siderno. Qui addenterete una baguette d'eccellenza, buona e fragrante come la preparano le migliori boulangerie di Parigi. E cioè con la stessa tecnica, gli stessi protocolli, la stessa farina, gli stessi segreti di uno dei prodotti-simbolo della panetteria d’Oltralpe. Davide e Nicolò, il duo instancabile che da anni ormai promette tempeste di idee pirotecniche nel campo del food and beverage, ne ha sfornata - è proprio il caso di dirlo - un'altra: la baguette gourmet! E così il vecchio menù veste parigino, avvolto da una crosta croccante e lucente e reso più ricercato da una consistenza e un'alveolatura cedevole a cui è impossibile resistere. Una raffinata cena prêt-à-manger. Un'idea giovane, sfiziosa, fresca, très jolie. Ma le novità del Top non finiscono qui. Oltre a una rinnovata carta dei distillati, nuovi cocktail esplosivi miscelati ad arte dai migliori barman strapperanno applausi ai palati. E per celebrare l'arte della mixology, il Top dedicherà la serata del giovedì a un laboratorio di miscelazione itinerante, alla scoperta di nuove ricette a base, di volta in volta, di rum, whisky, mescal e tequila. Ad ogni drink verrà suggerito un appetizer in abbinamento, per rendere il tutto più completo, originale e creativo. Una nuova stagione di tendenza apre i battenti al Top, che si conferma vera icona e punto di riferimento del bere e mangiare giovane.

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Siderno via M.Pagano,4 info 320.7432441 / 328.0118866


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