Riviera nº 44 del 28/10/2018

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Il presidente del Consiglio Regionale della Calabria e dirigente del PD Nicola Irto risponde al nostro articolo “Io cerco la sinistra, la cerco e non la trovo”.

Irto: “La via per trovare la sinistra è il confronto

Il PD e più in generale il centrosinistra dovrebbero smettere di perdere tempo in discussioni sterili, ma ragionare su ciò che è stato fatto di sbagliato e correggere la rotta.

Caro Rosario, ho più volte riletto la tua missiva di qualche settimana fa, indirizzata a me ma aperta a tutti, dalla quale si colgono a piene mani i sentimenti di amarezza e di smarrimento che accomunano tantissimi compagni e amici. Una lettera che ha avuto il pregio di aprire una serie di riflessioni sul futuro politico della nostra area nel nostro territorio. Condivido molte delle cose che hanno ispirato il tuo ragionamento. Non voglio eludere l'argomento centrale: “Serve la verità, una visione, un'idea di sviluppo della Regione Calabria, una linea di apertura verso la gente”. Così mi hai scritto. Sono d'accordo: dobbiamo uscire dall'autoreferenzialità, rimetterci in discussione, tornare a elaborare un pensiero politico e parlare la lingua del popolo. È vero, abbiamo finito per parlarci addosso, per “marcarci” gli uni con gli altri, per prestare troppa attenzione e dedicare troppo tempo alle dinamiche interne. Di chi è la colpa? Tu dici che non importa, io invece sostengo che questa è una responsabilità che appartiene a tutta la nostra classe dirigente, senza esclusioni. In alcune fasi siamo sembrati più un comitato elettorale che un partito. Ma i cittadini, la gente, “il popolo” per usare un termine che ci appartiene e che non possiamo farci strappare dagli altri, non possono esistere, agli occhi di un partito radicato sul territorio, solo nel momento in cui vengono convocati i comizi. Ci sono migliaia di persone in carne e ossa, amici con i quali abbiamo condiviso esperienze, successi, sconfitte, problemi, gioie e dolori. Quelle stesse persone a cui dobbiamo tornare a parlare. Anzi, che dobbiamo innanzitutto ascoltare. Cosa fare, allora? Non credo che la soluzione sia quella di gettare il bambino con l'acqua sporca. Il PD e più in generale il centrosinistra dovrebbero smettere di perdere tempo in discussioni sterili, ma ragionare su ciò in cui abbiamo sbagliato e correggere la rotta. Serve un partito che sia in grado di interpretare la società nella quale viviamo oggi, i suoi bisogni, le sue aspettative, superando i vecchi schemi ma senza scadere nella demagogia e nel populismo che, a mio avviso, non sono una risposta. Ritengo, semmai, che l'impostazione oggi imperante abbassi pericolosamen-

te il livello e la qualità della nostra democrazia. Lo abbiamo visto innumerevoli volte nelle ultime settimane. Basti citare, solo per fermarci alle ultime vicende, la grottesca vicenda del decreto fiscale e l'attacco all'istituzione del Presidente della Repubblica. Noi, lo posso affermare con orgoglio, siamo distanti anni luce da questo modo di fare politica, peraltro con modalità spesso illiberali e autoritarie. Ovviamente, la presa d'atto della dissennatezza di chi oggi sta portando l'Italia a sbattere, non significa negare la realtà complessa e difficile che noi stiamo attraversando. L'ultimo voto alle Politiche ha rappresentato la “febbre”, il sintomo di un malessere e di un distacco della base. La risposta, dunque, non può essere la banale e semplicistica demonizzazione

degli avversari. Se il nostro popolo ha guardato altrove è perché non siamo stati in grado di capirlo. E allora dobbiamo essere maturi, fare i conti in casa nostra, guardare in faccia la realtà e iniziare una fase nuova. Guardarci allo specchio e iniziare a

scrivere il futuro. Serve un partito che si apra alla partecipazione e che lo faccia davvero, creando luoghi concreti – le care vecchie sezioni – e opportunità in cui ci si incontri, ciascuno dica la propria, ci si scontri anche se necessario, e alla fine si arrivi a una sintesi. Sono fermamente convinto che se si fa così, se si torna alla dimensione dell'effettiva partecipazione democratica, allora anche la diversità di vedute può diventare un'opportunità, nell'ambito di un partito che fa del pluralismo una ricchezza e che ripudia il pensiero unico. Se le decisioni saranno il frutto di un ragionamento politico, di un confronto aperto e leale, di una linea condivisa, allora il centrosinistra recupererà centralità e consenso su scala nazionale e, a cascata, sui territori, dove potremo portare avanti la politica del

buon governo avviata dove stiamo attualmente amministrando. A cominciare dal Consiglio regionale, che in questa legislatura ha messo in atto misure innovative e, nell'ambito della propria attività istituzionale, a loro modo rivoluzionarie. Basti pensare al fatto che siamo il primo Consiglio d'Italia che ha creato a costo zero un sistema informatico che consente alla Corte dei Conti di vedere in tempo reale come viene speso ogni singolo euro dai gruppi consiliari. È un obbligo di legge nazionale; sta di fatto che siamo stati i primi ad assolverlo. Inoltre abbiamo tagliato milioni di euro di costi della politica destinando i risparmi alla cultura e al diritto allo studio. La sinistra che cerchi, caro Rosario, se non è qui, in queste scelte che pongono al centro equità, sobrietà e trasparenza, allora dove sta? Ma torno alle vicende di partito per concludere il mio ragionamento. Per me, come scrivevo, la partecipazione democratica e la condivisione delle scelte, nel rispetto delle regole del gioco, segna la differenza tra noi e gli altri. Noi: quelli che hanno a cuore un'idea di società più giusta, che dia opportunità vere ai giovani e che ponga al centro di ogni azione le questioni del lavoro e della lotta alla ‘ndrangheta; una società attenta alle classi deboli e povere, aperta e democratica, liberal e riformista. Noi, che crediamo nel progresso, nell’innovazione, senza nostalgie o pregiudizi, ma soprattutto senza paura. Dobbiamo aprire le nostre porte e coinvolgere tutti quanti condividono con noi ideali e valori. Non ci interessa da dove arrivano, ci interessa solo se vogliono camminare al nostro fianco verso una società fondata sulla giustizia sociale, sulle opportunità per tutti e sull'integrazione degli ultimi. Solo mafiosi e fascisti non sono né saranno mai i benvenuti. In un'epoca di incertezze, di populismi che spirano impetuosi e ricordano i venti che seminarono odio e morte nel Secolo breve, di demagogia e incompetenza, questa è la politica nella quale crediamo, consapevoli che le questioni da affrontare, in maniera concreta, siano tante, oltre a quelle di cui abbiamo fin qui scritto. Non so, Rosario, se questa è la sinistra che cerchi. Ma so di essere ben felice di discuterne con te e con tutti gli altri che hanno a cuore l'interesse esclusivo della Calabria e dei calabresi. Nicola Irto


Il PD è ancora in tempo per smentire un pronostico avaro

Elezioniali Region

2019

LA CONTINUITÀ PUÒ DIVENTARE L’ARMA VINCENTE DEL CENTRO SINISTRA CALABRESE.

Gallina vecchia fa buon brodo

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Dobbiamo dire, in onestà, che la giunta Oliverio ha prodotto molto, ha speso molto dei fondi europei nonostante sia stata penalizzata dal commissariamento della sanità, per cui non ha potuto svolgere appieno le sue funzioni.

opo la copertina della scorsa settimana molti per strada mi chiedono: perché non parlate del centro sinistra e della candidatura di Mario Oliverio? Bene, eccovi serviti. Notizie in questo caso ne abbiamo poche, circa un mese fa il 17 settembre c’è stata una riunione (anche in questo caso) a Lamezia dove 239 sindaci hanno chiesto a Oliverio di continuare la sua opera alla guida della Regione Calabria, candidandosi per governare altri cinque anni, per poter completare tutte le iniziative a cui ha lavorato in questa legislatura. Ricordiamo che nell’ottobre del 2014 fu candidato tramite le primarie, pratica che probabilmente il PD ha riposto in soffitta. Quindi non possiamo ancora dare l’ufficialità, perché verra confermata dal congresso regionale, ma probabilmente nel centro sinistra rimane l’unico candidato spendibile perché rappresenta la continuità. In effetti rispetto alle passate gestioni della Regione Calabria la giunta Oliverio ha fatto molto. Sicuramente dopo la gestione Nistico in Calabria c’è stato un progressivo peggioramento a partire da Chiaravalloti, giunta finita male anche per vari problemi giudiziari, passando per i cinque anni di Agazio Loiero che era partito con grandi idee ma ha realizzato molto poco, unica nota positiva l’idea della sede unica della giunta regionale a Catanzaro. Si è passati poi alle grandi speranze per l’elezione del governatore Scopelliti, giovane reggino incoronato da Berlusconi in persona che, se possibile è finita anche peggio della precedente. Rispetto a questo passato dobbiamo dire, in onestà, che la giunta Oliverio ha prodotto molto, ha speso molto dei fondi europei ed è stato penalizzata dal commissariamento della sanità, per cui

non ha potuto svolgere appieno le sue funzioni. Nonostante tutti i problemi che il PD calabrese si trascina dietro, in qualche modo ha fatto, certo non è stato aiutato soprattutto a

livello di comunicazione, perché i cittadini conoscono molto poco le cose fatte. Ha pagato appunto le lotte interne del PD calabro e le vicende giudiziarie che gli hanno imposto dei cambiamenti di giunta. Detto questo, Oliverio veniva da un’esperienza positiva da presidente della provincia di Cosenza e diciamo che almeno ha fatto meglio dei predecessori. Ora bisogna capire come arriva il PD a queste elezioni e cosa può succedere di magico fino a novembre del 2019. Sì, dovrà succedere qualcosa perché ad oggi la vittoria di Mario Occhiuto e del centro destra sembra già scritta. Settimana scorsa ho parlato a lungo del centro destra scrivendo “Scacco matto, anzi scacco al re”, anche perché, ad oggi solo loro possono perdere le elezioni e la storia insegna che c’è stato qualcuno capace di perderle. Sicuramete uno capace di perderle è Francesco Cannizzaro, perché qualsiasi sia l’ideologia, non si può sentire un deputato paragonare le vicende di Mimmo Lucano con quelle di Scopelliti, e inoltre non si può incitare la folla contro l’avversario e sminuire la vicenda dell’ex governatore con tutte le differenze del caso, e aggiungo con tutti i dubbi di chi scrive. Perché comunque penso che chi vuole appoggiare Mario Occhiuto abbia una visione diversa da chi all’epoca appoggiò Scopelliti. Come per il centro destra i nemici da battere sono soprattutto interni, a partire da Carlo Guccione consigliere regionale che un giorno sì e l’altro pure attacca il governatore. Poi ci sono i tre dissidenti in consiglio, Neri, Ciconte e Scalzo che oramai votano sempre contro la giunta. In più bisogna capire cosa succederà a livello nazionale dove a concorrere per la carica di segretario c’è anche Marco Minniti, leader indiscusso negli ultimi anni della politica calabrese. Bisognerà capire se è finito il suo impero oppure se ancora potrà determinare la scelta del candidato alla regione. Poi ci sono quelli che dovrebbero sostenere la candidatura di Oliverio, i parlamentari Magorno, Viscomi e la Bruno Bossio, con l’aggiunta del marito di quest’ultima Nicola Adamo, grande uomo ombra del PD nostrano. Inoltre, il presidente potrà contare sui consiglieri uscenti sia del PD che della lista Oliverio, come Mauro D’Acri, Giuseppe Aieta, Flora Sculco, oltre i componenti dell’attuale giunta. In provincia di Reggio, infine, la situazione dovrebbe essere ancora più semplice visti i ruoli di primo piano che hanno assunto in questa legislatura Nicola Irto, Sebi Romeo e Demetrio Battaglia, indicato da tutti come il prossimo segretario regionale. Pacifica anche la posizione di Domenico Battaglia e del commissario Giovanni Puccio. Ora qualche numero per capire dove si concentra la battaglia: Oliverio ha vinto con oltre 490 mila voti che corrispondevano al 61% dei voti validi riuscendo a conquistare 19 consiglieri di maggioranza, contro gli 11 conquistati dall’opposizione. Confermare questi numeri ad oggi sembra impossibile, ma il tempo può diventare un ottimo alleato, e il centro sinistra per pensare di vincere in Calabria deve affidarsi sicuramente a un santo, che potrebbe anche essere San Domenico da Riace. Rosario Vladimir Condarcuri

Ancora in vena di pronostici. Nell’altro campo, questa settimana. Il Partito Democratico resiste meglio al declino delle forze tradizionali, visto che è accreditato al 16% e Forza Italia all'8%. Tralasciando di ricordare che la Lega in realtà è sulla scena dai primi anni novanta e che il governo giallo-verde “rischia” di andare abbastanza avanti, perché gli italiani andranno avanti a “vedere l'effetto che fa” (effetto Iannacci, lo ha definito Andrea Scanzi). Il PD doveva ragionare diciamo negli ultimi 5 anni passati al governo - tra la definizione della sua strategia di partito di sinistra e il progresso dell’Italia: non ha fatto bene né l'una né l'altra cosa! Non si mette a discutere responsabilmente dei perché e neppure a praticare un’opposizione che lasci intravedere un’alternativa di governo. Ogni iniziativa rimane all'interno della propria area, non trova consenso nuovo. Se volessimo passare… bruscamente (?) alle questioni calabresi, i più grandi casini li fanno quelli che nel partito sono stati messi ai margini da Oliverio, di converso, la gestione si spende tutta nell’area del Presidente. In Calabria, avremo una stagione nella quale il PD e FI ci saranno ancora, uno per perdere e l’altra probabilmente per vincere, per quanto ridimensionata. L’assenza di opportunità in una regione fragile come la nostra mina la coesione sociale e la crisi dei partiti si scarica tutta sugli eletti. I quali osserva Stefano Feltri - non sono inclini a dichiararsi inutili davanti ai propri elettori. Ma nessun elettore può accettare il declino della propria vita. Da qui la novità dei movimenti populisti e l'atteggiamento dei leader di spostare i problemi, perciò Europa, Immigrazione, ecc., lo scenario nazionale anziché quello regionale. In Calabria, lo schieramento uscente perde sempre, le prossime regionali andranno al centrodestra. Fermo restando l’incognita del Movimento 5 Stelle in questo tipo di elezioni e come si evolverà in futuro (non è una cosa di ora o del prossimo anno) il centrodestra. Al centrosinistra viene chiesto il conto di una Sanità ridotta molto male (anche Scura è un prodotto di Renzi), del Turismo fortunato e fortunoso (cresce, ma la Depurazione costiera funziona poco e la ricettività non migliora), dell’Agricoltura che spende ma non produce in proporzione lavoro e redditi da lavoro dipendente, delle Infrastrutture che qui fanno un passo e al nord… cento, dei Giovani che non trovano sbocchi, delle Risorse spese male, ecc. Su queste cose verrà valutato chi ha governato. Probabile che il PD nella provincia di Reggio scenda a due seggi. Cinque seggi verranno divisi tra FI, che farà liste importanti, 5Stelle, Lega, Fratelli d'Italia, UdC, Liberi e Uguali. Nel PD i più avanti sono il Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto e il capogruppo Sebi Romeo, per i ruoli che hanno potuto svolgere e per la base elettorale che hanno. I due staranno nella lista con il simbolo del partito, dove tenta la riconferma anche Demetrio Battaglia; ci sarà il candidato di Falcomatà, verrebbero schierate l’assessore regionale Maria Teresa Fragomeni e il sindaco di Caulonia Caterina Belcastro, Maria Lucia Alì di Cinquefrondi, Pina Condò di Gioia Tauro con la doppia preferenza di genere, per essere di fatto delle candidature “di servizio” che contribuiscano a conquistare (i) due quorum che sembrano avere già un nome e un cognome. Nella seconda lista, Oliverio presidente, ci potranno essere un altro uscente, Giuseppe Neri (ora in polemica), i sindaci di Cittanova Francesco Cosentino, di Taurianova Fabio Scionti, di Bagnara Calabra Gregorio Frosina, Consuelo Nava, assessore a Palmi, l’ex sindaco di Condofuri Salvatore Mafrici o la sua vice Giulia Naimo, il “quasi” candidato alle politiche Marco Schirripa, un candidato dell'area socialista (se non va con LeU). Non dovrebbe essere richiesto un nuovo sacrificio a Elisabetta Tripodi di Rosarno, candidata il 4 marzo alle politiche, mentre aspetteranno tempi migliori Rosanna Scopelliti e Federica Roccisano. Questa seconda lista può coltivare la speranza (remota) che uno degli eletti ci scappi qui. Manca ancora un anno: c'è tempo (?) per governare un po’ meglio e per smentire il pronostico avaro. Federico Lago


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attualità www.larivieraonline.com

LOCRI

Il Ministero dei Beni Culturali assegna i reperti richiesti

Locri ottiene giustizia in merito alla diatriba con il Museo di Reggio Calabria circa la mancata consegna di alcuni reperti da parte del Direttore del Museo archeologico Nazionale di Reggio

Francesco Milicia nominato direttore vendite della Ducati A partire dallo scorso 1 ottobre, Andrea Buzzoni ha lasciato l'incarico di Global Sales and Marketing Director della Ducati, ruolo che ricopriva da quattro anni dopo un passato in BMW come direttore generale della divisione italiana Motorrad. La sua partenza ha fatto sì

Calabria al Museo del Territorio della Locride, inaugurato lo scorso aprile presso Palazzo Nieddu del Rio. Martedì, infatti, il Direttore Generale del Ministero del Beni Culturali Antonio Lampis, in risposta alla richiesta di chiarimento e intervento da parte del Sindaco Giovanni Calabrese, ha censurato la condotta del Direttore del Museo di Reggio Calabria Carmelo Malacrino, invitandolo a fornire tempi certi circa la data di restauro dei reperti da consegnare, data che comunque non potrà protrarsi oltre il prossimo 31 dicembre. Nel caso in cui tale scadenza non dovesse essere rispettata, infatti, le vetrine del Museo locrideo andranno riempite con altri reperti con spese di trasporto a carico della Direzione del Museo di Reggio Calabria. Lampis chiarisce definitivamente, infine, che i reperti assegnati al Museo di Palazzo Nieddu sono a titolo di deposito e non di prestito, per come invece sostenuto dalla Direzione del Museo autonomo di Reggio Calabria. L’ottenimento di questo risultato, per il Sindaco di Locri, viene inteso come il punto di partenza di un percorso che veda il ritorno a Locri di importanti reperti provenienti dalla colonia magnogreca, esattamente come Calabrese aveva auspicato dalle pagine del nostro giornale lo scorso 25 marzo.

che il doppio ruolo ricoperto si sdoppiasse, creando due nuovi posizioni direttive: Global Sales and After Sales e Marketing ad Community. La prima, ovvero la Direzione vendite, è stata affidata a Francesco Milicia, figlio del locrese Alberto. Francesco Milicia era direttore Supply Chain a partire dal 2015 dopo un ruolo da Managing Director della filiale thailandese per la Casa di Borgo Panigale che ricopriva dal 2012. 43 anni, ingegnere meccanico, Milicia ha iniziato la sua carriera proprio in Ducati nel 1999, con una parentesi fra Cina e Italia nel settore con ruoli direttivi nel settore degli elettrodomestici.

CAULONIA/ INTERVISTA A PADRE FRÉDÉRIC VERMOREL

“Chi ha rubato la statua di Sant’Ilarione è una persona moralmente povera” La notizia ha scosso tutti. Qualcuno si sarebbe impossessato della statuetta lignea di Sant’Ilarione, venerato nell’Eremo che sorge a San Nicola, frazione di Caulonia. Abbiamo intervistato Padre Frédéric Vermorel, anacoreta francese che nel 2003, dopo aver reso l’eremo - un tempo deputato all’isolamento e alla ricerca spirituale agibile agli ospiti, ha scelto di vivere immerso in questo paradiso naturale. Stando a quanto diffuso in questi giorni, la vigilia di ferragosto è stata rubata la statuetta di Sant’Ilarione. Com’è potuto succedere? Non si conosce la data precisa del furto. L’unica cosa certa è che il fatto è anteriore al 21 agosto, data alla quale un visitatore fotografa la sagrestia. Ora, sulla foto, la statuetta non c’è. In quel periodo c’era un gran via vai di gente confluita nella zona per approfittare del vicino lido. La chiesa e la sagrestia essendo sempre aperte era facilissimo portare via la statuetta in una borsa della spesa senza neanche essere notato. Non mi sono accorto del furto prima del mio rientro dalla Francia, a fine settembre. Va precisato che sono ipovedente. Avendo meno del 10% della visione centrale, posso passare a fianco di un oggetto senza notarlo (o senza notarne l’assenza). Ho immediatamente comunicato la notizia del furto al vescovo e fatto denuncia presso la caserma dei carabinieri di Caulonia. Perché la notizia è stata resa nota solo adesso? Credo che la notizia sia venuta alla ribalta solo ora perché ne ho parlato ai fedeli convenuti all’eremo sabato scorso in occasione della festa del santo. In questi mesi gli abitanti di San Nicola non si sono chiesti che fine avesse fatto la statua? Gli abitanti di San Nicola, così come quelli di Caulonia, frequentano poco l’eremo. Quelli che son venuti alla preghiera tra ferragosto e il 6 settembre, data della mia partenza, probabilmente non sono entrati in sagrestia. Quando si è accorto del furto come si è sentito? Ovviamente quando mi sono accorto del furto mi sono sentito male, molto triste e impotente. Vi ho visto il segno di un ulteriore decadimento dei costumi. Perché puntare su una statua lignea che, come ha dichiarato Monsignor Oliva, “non arricchisce chi l’ha rubata”? Non so esattamente cosa intenda dire il vescovo quando

Antonimina: Macrì e Zadotti augurano buon lavoro al nuovo direttivo delle Terme A fine mandato desideriamo rivolgerci a tutti coloro che hanno collaborato con pazienza ed impegno, con costanza e tenacia e ringraziarli per la collaborazione prestata in questi cinque anni di amministrazione delle Terme Acque Sante. Desideriamo ringraziare sinceramente e calorosamente tutti coloro che ci hanno appoggiato nel corso del nostro mandato; il direttore sanitario Giuseppe Ventra e l’avvocato delle Terme Giuseppe Spadaro, che è stato più di un consigliere; i fornitori storici che hanno saputo aspettare con pazienza; Giuseppe Pizzimenti e Claudio Macrì, ottime guide per l’orientamento tecnico e sanitario; i consiglieri Vincenzo Romano e Cristian Pelle; la delegata CGIL Samanta Caridi e l'onorevole Domenico Battaglia per il sostegno prezioso. Sono stati anni di lavoro duro, dove ogni

nostra azione è stata effettuata nel tentativo di attuare il cambiamento tanto auspicato, nella certezza che l’unica possibilità di rinascita delle Terme Acque Sante è affidarle a una gestione totalmente privata, poiché in grado di portare risorse che i comuni non hanno o non vogliono impiegare, eliminando l'ingerenza da parte dei Comuni che se da un lato vantano la proprietà, dall’altro bloccano ogni possibilità di progettazione sia dal punto di vista economico che gestionale. Noi siamo riusciti a fare poco ma la nuova dirigenza, formata quasi tutta da amici, proclamata mesi or sono ma di fatto subentrata ufficialmente da pochi giorni, ove mai volesse proseguire nel lavoro intrapreso, troverà un progetto di rilancio delle Terme elaborato dal nostro CdA. Dal canto nostro, siamo onorati di avere servi-

to il territorio e di avere lavorato con ciascuno di Voi e infine ma non per ultimo un ringraziamento alla Cooperativa Multiservice Antoniminese ai dipendenti che, purtroppo non sono più con noi, e a tutti quei dipendenti che in questi cinque anni hanno lavorato con impegno e passione e che consentono alle Terme di sopravvivere. Con l’auspicio che il nuovo CdA ottenga dei risultati e segua il nostro esempio, quello del Dottore Ventra e dell'avvocato Spadaro e per il bene delle Terme rinunci a ogni compenso, cogliamo l’occasione per ricordare a tutti l’importanza dell’attività lavorativa, sempre rivolta al servizio dei Cittadini e al perseguimento del bene comune. Francesco Macrì, Vittorio Zadotti

afferma che un simile furto non arricchisce chi l’ha commesso. Sicuramente questa persona è moralmente povera, per non dire misera. In ogni modo c’è un fiorente mercato delle opere d’arte rubate... Un esperto ha valutato la statua 3000€. In questi anni oltre a riportare in vita il Santuario di Sant’Ilarione, non ha esitato a denunciare il marcio, come ad esempio l’inquinamento del fiume Allaro e il suo sfruttamento senza regole. Più volte, poi, ha alzato la voce contro la presenza mafiosa. Qualcuno potrebbe averle voluto dare un avvertimento rubando la statua? Francamente non so né chi, né perché e meno che meno per chi è stata rubata la statuetta. Comunque, se qualcuno voleva darmi un avvertimento, poteva usare un metodo più classico ed esplicito, come bruciarmi la macchina! In ogni modo, non credo di dare molto fastidio alla malavita! Si possono ipotizzare varie spiegazioni al furto, dall’occasione che fa il ladro al piano premeditato, dal devoto del santo desideroso di averne la statua all’esperto che sa bene a chi e quanto venderla. Dio lo sa, il ladro lo sa. Io non lo so. Maria Giovanna Cogliandro



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attualità

Sanità Day: cronaca di una settimana di protesta Archiviata la manifestazione di sabato scorso, i sindaci hanno mantenuto la promessa di continuare a mantenere vivo il presidio di protesta dinanzi all’ospedale, raccogliendo, in questi primi sette giorni, il sostegno di una buona fetta della cittadinanza. Adesso l’appuntamento è rimandato a martedì, quando si tornerà a fare il punto della situazione.

a protesta per le condizioni in cui versa la sanità nella Locride è cominciata sabato scorso. Con una partecipata manifestazione, l’Associazione dei Sindaci della Locride, unitamente alla cittadinanza del comprensorio, ha voluto una volta di più ribadire la frustrazione per la scarsità dei servizi sanitari di base messi a disposizione di quasi 150mila cittadini. Con l’intenzione di porre fine al progressivo e inesorabile depauperamento dei Livelli Essenziali di Assistenza forniti dall’Ospedale di Locri, la mattina del 20 ottobre un nutrito gruppo di primi cittadini della Locride, raccogliendo un’apprezzata e sentita partecipazione da parte di una cittadinanza sempre più preoccupata, ha dato avvio, con una nuova edizione del Sanità Day, a una protesta che, ancora oggi, viene riproposta dinanzi all’ingresso dell’ospedale nell’attesa che gli organi competenti si premurino di dare risposte concrete a chi non può permettersi di recarsi altrove per farsi curare. Al termine della manifestazione della scorsa settimana, infatti, i primi cittadini, riunitisi assieme al direttore sanitario Pasquale Mesiti, hanno stabilito una turnazione che sta permettendo a loro, ai rappresentanti dei consigli comunali o alle associazioni cittadine che lo vogliono, di mantenere vivo il presidio di protesta almeno fino alla giornata di domani. Martedì, infatti, si tornerà a fare il punto della situazione con un’assemblea dei sindaci allargata ai rappresentanti della sanità comprensoriale e ai cittadini che intendono partecipare, al fine di raccogliere adesioni, idee e proposte per proseguire l’iniziativa di protesta popolare inaugurata questa settimana. In questi giorni, in concomitanza con il presidio di protesta, si è mantenuta inoltre attiva dinanzi all’ingresso dell’Ospedale di Locri una raccolta firme sottoscrivendo la quale ogni cittadino ha potuto sostenere l’iniziativa dei sindaci e chiedere informazioni e aggiornamenti in merito allo stato dei punti che compongono la piattaforma sulla quale si basa la protesta, un’iniziativa che, alle ore 12 di venerdì, aveva già raccolto 2003 adesioni. Una prova ulteriore di quanto l’impegno dei sindaci apprezzato anche dal direttore sanitario Mesiti e dal Commissario ad acta alla Sanità Calabrese Massimo Scura, che hanno espresso il proprio sostegno a un programma che ritengono per la prima volta fattibile e non demagogico, possa finalmente mutare in meglio le sorti della sanità comprensoriale grazie anche al sostegno di una cittadinanza che merita di avere un ospedale in grado di soddisfare le sue esigenze.

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Dopo la manifestazione, i sindaci si sono confrontati con il Direttore Sanitario Pasquale Mesiti in merito alle condizioni dell’Ospedale di Locri sentendosi dire che, nonostante ci siano ancora enormi difficoltà, sono in netto miglioramento. Per cercare di approfondire l’argomento, abbiamo intervistato Mesiti scoprendo cosa sia stato fatto e quanto ancora ci sia da fare affinché la struttura fornisca ai cittadini i giusti livelli di assistenza.

Pasquale Mes un malato sca

A chiosa del Sanità Day, la scorsa settimana, ha sottolineato quanto sia importante accogliere l’appello del vescovo. Perché? L’appello del vescovo è importante non solo perché proviene dalla massima autorità morale del nostro comprensorio, ma anche perché Monsignor Oliva si è sempre interessato attivamente dei problemi della Locride, a cominciare proprio da quello della sanità. Cerca di stimolarci, inoltre, ad avviare un lavoro sinergico, che ci permetta di raggiungere un obiettivo comune, quello della difesa e del rilancio dell’ospedale, uno scopo che interessa non solo gli operatori della sanità, ma tutte le forze politiche e civili comprensoriali in egual misura. Quali erano le condizioni dell’Ospedale al suo insediamento? Ho ricevuto l’incarico di direttore sanitario all’inizio di ottobre 2017, avviando fin da subito le procedure che hanno permesso al mio lavoro di entrare a regime nel dicembre dello stesso anno. La situazione che mi sono ritrovato a dover gestire non era delle più semplici e, anzi, non penso di esagerare nell’affermare che le condizioni di alcuni reparti dell’Ospedale di Locri erano a dir poco drammatiche. Per questo motivo uno dei primi provvedimenti che ho preso è stato quello di dichiarare l’emergenza sanitaria, una decisione che, presa da un Direttore Sanitario, denota in maniera ancora più evidente la gravità della situazione. La stessa Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria ha immediatamente riconosciuto la liceità della mia scelta, sintonia d’intenti che mi ha permesso di prendere immediatamente dei provvedimenti eccezionali per cercare di arginare le emergenze. Non ho mai nascosto di ritenere pesantissima l’eredità ricevuta dalla precedente direzione e, fin dai primi giorni di incarico, ho sempre avuto lo scopo di lasciare a chi mi succederà una condizione molto più gestibile, obiettivo che già oggi, con molte criticità ancora da risolvere, credo di aver raggiunto. In seguito alla dichiarazione di emergenza sanitaria, quali sono stati i principali problemi riscontrati e quali provvedimenti sono stati presi per correggerli? Le criticità dalle quali siamo ripartiti sono

quelle elencate nel documento prodotto dal Ministero della Salute in seguito alla visita di una task force all’ospedale di Locri nel dicembre 2017. Il problema principale, come sapevamo, era quello della carenza di personale, al quale già all’epoca stavamo cercando di provvedere con l’attivazione di procedure concorsuali straordinarie approvate dal Commissario ad acta alla Sanità Calabrese Massimo Scura e che ci hanno garantito in breve tempo il reclutamento di personale. Veniva poi evidenziato il problema delle condizioni in cui versava il Pronto Soccorso: prima del mio arrivo, infatti, il reparto funzionava a dir poco a singhiozzo e non era raro, purtroppo, arrivare in ospedale per un emergenza e ritrovarsi a parlare con un solo infermiere a causa dell’assenza del medico di turno. Questa assenza gravissima imponeva all’operatore di chiamare medici che fossero disponibili a lasciare temporaneamente i propri reparti per prendere in carico la richiesta dei pazienti in emergenza, evenienza che, oggi, sfido chiunque a denunciare. Ortopedia era un reparto claudicante e gastroenterologia del tutto chiuso, mentre oggi sono entrambi entrati a regime. Lo stesso dicasi per il centro trasfusionale, che oggi ha un accreditamento presso il Ministero che ci permette di far funzionare persino quello di Polistena, ormai divenuto un distaccamento del nostro. Qual è, dunque, la condizione odierna dell’Ospedale? Oggi abbiamo reclutato 12 medici e abbiamo prolungato la permanenza in servizio di buona parte dei primari. Abbiamo trasferito personale medico da Polistena e ottenuto la permanenza in struttura di un bravissimo chirurgo. Abbiamo sbloccato 22 posti da infermiere e una trentina per Operatore Socio Sanitario, e questo al netto dei molti concorsi che, purtroppo, non sono andati a buon fine a causa della mancata presentazione del personale reclutato. Proprio per questa ragione, infatti, dobbiamo ancora assegnare un posto a tempo indeterminato per medico cardiologo in mobilità. Il Pronto Soccorso lavora con un triplo turno di medici la mattina e uno doppio il pomeriggio e la notte, ortopedia è pienamente funzionante dallo scorso 1º marzo e, al netto delle tante dif-


“La situazione che mi sono ritrovato a dover gestire non era delle più semplici e, anzi, non penso di esagerare nell’affermare che le condizioni di alcuni reparti dell’Ospedale di Locri erano a dir poco drammatiche”.

“Le condizioni per ripartire, lo ribadisco, ci sono, e la stampa deve fare la sua parte continuando certamente a denunciare ciò che non va, ma raccontando anche il buono della nostra struttura sanitaria”.

siti: “L’Ospedale è ampato alla morte” ficoltà ancora da risolvere, riesce a prendere in carico anche pazienti provenienti da Soverato o Polistena, dove il reparto e stato chiuso, e abbiamo reclutato un gastroenterologo di spessore che oggi è stato messo nelle condizioni di lavorare al meglio grazie alla messa a norma di macchinari da tempo non utilizzati, che dovrebbero essere affiancati entro la fine dell’anno da nuovi strumenti. Ancora critica è, invece, la situazione di radiologia, presso la quale non siamo ancora riusciti a reperire medici. Abbiamo goduto per un periodo della presenza di una collega proveniente da Messina che, tuttavia, è ritornata al proprio lavoro e alla propria famiglia dopo un mese, mentre una dottoressa vincitrice di concorso ha preferito rifiutare Locri, forse anche a causa di una certa campagna di stampa. Anche se si continua a paventare la chiusura dell’Ospedale di Locri, insomma, posso assicurare che la struttura, più volte in questi mesi vicina al collasso, è un malato che è scampato alla morte e, anche se la strada per la guarigione sarà certamente complicata e lunghissima, remando tutti nella stessa direzione potremo agevolare questo cammino. Ha affermato poco fa che una dottoressa avrebbe rifiutato l’incarico probabilmente “a causa di una certa campagna di stampa”. L’informazione si sta ritorcendo contro l’Ospedale di Locri? Ci sono certamente stati casi in cui la stampa ha contribuito ad alimentare la paura che aleggia attorno alla struttura. Non posso dimenticare, infatti, che uno stimato collega, facendo riferimento diretto a quanto letto sui giornali, ha rifiutato un incarico dicendomi che non voleva mettere a rischio la propria professionalità e che, piuttosto che venire a Locri, avrebbe preferito farsi trasferire in Africa. Ciò detto non c’è assolutamente rapporto conflittuale con la stampa: voi giornalisti fate cronaca sulla base delle notizie che vi vengono riportate, ma a volte queste fonti non sono dirette o non si limitano a fare denuncia riportando invece delle impressioni o delle considerazioni che non corrispondono al reale. Penso a quanto accaduto in passato con le denunce di disfun-

zioni dell’ospedale da parte di sindaci o di parti sociali. Anche in questo, a mio parere, è ancora una volta utile raccogliere l’appello del vescovo e fare sì che la stagione dell’indignazione lasci spazio a quella della proposta. Le condizioni per ripartire, lo ribadisco, ci sono, e la stampa deve fare la sua parte continuando certamente a denunciare ciò che non va, ma raccontando anche il buono della nostra struttura sanitaria. Nell’ultima ispezione ai reparti non ho potuto fare a meno di notare che fossero occupati appena 70 letti su 250, un dato che non credo ascrivibile, purtroppo, alla salute di ferro dei nostri concittadini, ma proprio al timore che la gente influenzata dai mass media ha del nostro nosocomio. E questo mi pare ingiusto nei confronti dei nostri operatori e della gente stessa. A proposito di corretta informazione e di assunzioni: è stato più volte accusato di indire concorsi a tempo determinato, eppure prima mi parlava dell’assunzione di un cardiologo a tempo indeterminato. Dove sta la verità? Non sbaglia chi mi accusa di indire concorsi a tempo determinato, ma non è stato compreso che ho adottato e continuerò ad adottare questa soluzione nelle more dell’assegnazione di posti a tempo indeterminato. Le procedure concorsuali per l’assegnazione di posti a tempo determinato, infatti, sono più rapide e mi permettono di inserire più rapidamente forze fresche all’interno della struttura. Ma, sia chiaro una volta per tutte, una volta stabilizzata la situazione, a tutti gli operatori entrati in reparto verrà data la possibilità di prolungare il proprio contratto. La rimozione del Direttore Generale Giacomino Brancati da parte di Scura è stata un fulmine a ciel sereno. Ma, secondo la sua esperienza, è stata anche una mossa in grado di dare risultati? Brancati è stato un Direttore Generale che ha indubbiamente avuto dei meriti, ma il suo allontanamento è stato determinato da una serie di circostanze che sarebbe troppo lungo spiegare in questa sede. È forse presto per parlare di risultati, ma è fuor di dubbio che Scura ha fatto un’assunzione di responsabilità che

sembra poter dare impulso alla ripartenza della sanità nella Provincia di Reggio in generale e nella Locride in particolare. A mio parere, infatti, Scura è uno dei migliori tecnici sanitari di questo Paese e, nelle condizioni date, costituisce forse la nostra più concreta possibilità di veder cambiare le cose. Fatta questa premessa, ritengo che i maggiori risultati li potrebbe dare una gestione regolamentare dell’ente, perché a qualunque livello, secondo la mia esperienza, i commissariamenti non hanno mai prodotto i risultati sperati. Se la sente di fare una stima relativa a quanto tempo ci vorrà prima che l’Ospedale assicuri ai cittadini della Locride i giusti livelli di assistenza? Come accennavo prima ci vorrà ancora del tempo, tanto più che, per rendere operative certe procedure, sarà necessario attendere i tempi burocratici. Questo discorso vale ad esempio per l’acquisto di una TAC digitale il cui bando scade a metà novembre, per il mammografo e la nuova risonanza magnetica, ma anche per i concorsi, come quello di mobilità per 38 OSS e per l’arruolamento di 91 infermieri, che comunque dovremmo risolvere in alcuni mesi. Tempi più lunghi, invece, ci vorranno per l’assestamento sismico della struttura, per la quale stiamo aspettando l’indizione della gara da parte della Stazione Unica Appaltante necessaria a sbloccare i famosi 14 milioni fermi da venti anni. Per realizzare tutte queste cose non basta la buona volontà e una direzione strategica, ma lo stimolo dei sindaci, le cui ultime iniziative e proposte sono state molto apprezzate, e dei nostri rappresentanti a livello regionale. Anzi, devo ammettere che in Regione hanno più volte dimostrato di essere attenti alle sorti del nostro Ospedale: lo ha fatto il governatore Mario Oliverio, che vuole da me un aggiornamento settimanale sulle condizioni del nosocomio, lo hanno fatto diversi consiglieri regionali e anche l’assessore Maria Teresa Fragomeni, che oltre al supporto pratico mi ha spesso dato anche un supporto morale molto apprezzato. Jacopo Giuca


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opinione www.larivieraonline.com

In futuro ci saranno molto meno fondi e la Regione Calabria, qualunque sarà il colore del prossimo governo regionale, e chiunque il futuro commissario alla sanità non può essere in grado di camminare con le proprie gambe.

La sanità nella Locride, peggio di ieri ma meglio di domani

La legge dovrebbe tutelare l’ammalato ma invece finisce con il tutelare il “carnefice” di cui nessuno vuole leggere le impronte digitali che lascia sulla sua strada. Perché il suo volto è perbenista ed è certa la sua appartenenza alla “classe dirigente”.

IL PRESIDIO

Come sta l’ospedale di Locri? Come sta la sanità nella Locride (e in Calabria)? Peggio di ieri ma meglio di domani e man mano che si avvicina la secessione delle Regioni ricche a cui il governo si appresta a concedere la sedicente “autonomia” (per come previsto del referendum del 22 ottobre dello scorso anno) si starà sempre peggio. Intanto perché ci saranno molto meno fondi e inoltre perché la Regione Calabria, qualunque sarà il colore del prossimo governo regionale, e chiunque il futuro commissario alla sanità non può essere in grado di camminare con le proprie gambe. (A meno che non intervenga Gesù col Suo “alzati e cammina”)! Infine - ma non per importanza - perché nessuno in Calabria è (o è stato) in grado di tagliare i privilegi, gli sprechi e le clientele che regnano sovrani nella sanità calabrese. La spesa sanitaria pro capite per ogni cittadino calabrese è alta ma il servizio che si riceve è pessimo e non ci vuole Sherlock Holmes per capire che esiste un’oscura fuoriuscita di guadagni e profitti che la “legge” ignora mentre la “politica” fa finta di non accorgersi. E non è un caso! Ci sono tragedie del passato che dimostrano che chiunque tocchi i fili della sanità pubblica rischia o muore (e non nel senso metaforico) Quindi nessuno si avvicina ai “fili dell’alta tensione, lasciando che la sanità vada verso un deciso e disastroso abbassamento di livello fino al punto di farci rimpiangere il passato. Se l’ammalato senza cure è la sicura vittima ci sarà pure un

“carnefice”. La legge dovrebbe tutelare l’ammalato ma invece finisce con il tutelare il “carnefice” di cui nessuno vuole leggere le impronte digitali che lascia sulla sua strada. Perché il suo volto è perbenista ed è certa la sua appartenenza alla “classe dirigente”. Portatore di voti, amico di quanti contano, protetto e ammanigliato, sicuro della impunità è di fatto un intoccabile. Fa paura! Eppure il diritto alla salute e alla vita (fintanto che possibile) prima che solennemente sancito dalla Costituzione è un diritto naturale. Negare tale diritto è illegale, immorale, inumano, incostituzionale e rappresenta una oggettiva rottura del “patto sociale”. E nella Locride (e in Calabria) il “patto sociale” è rotto! Quindi non può esistere un’autentica “legalità”. Sono un moderato che crede nella “Legge” solo quando la si fa rispettare, molto prima che a Platì o a San Luca, negli ospedali e nei luoghi in cui si esercita il potere vero. Se a quel livello si è incapaci, diventa perfettamente inutile fare ammoino per nascondere la verità. In questi mesi si sta mettendo in discussione l’Unità dell’Italia e l’Idea stessa di Patria che non è solo l’alzarsi in piedi quando suona l’Inno nazionale e mettersi la mano sul petto bensì sentirsi “uguali” in quanto figli di una stessa Terra e della stessa Storia. Si sta certificando l’ulteriore colonizzazione del Sud! Lo stato comatoso della Calabria! Scendere in piazza? Certo!

Ma non sventolando un foglio di carta (pur scritto con le migliori intenzioni) ma che oggettivamente non può avere successo perché se da un lato non si tagliano gli sprechi e i privilegi e dall’altro si sta per concedere l’autonomia alle Regioni del Nord e si accettano i tagli lineari, non ci vuole la zingara per capire che per ogni “concessione” che otterremo, faremo due passi indietro…fino al precipizio! Non è un teorema ma la semplice legge del dare e dell’avere anzi un mero conto della massaia. Signori sindaci, io vi stimo e vi voglio bene. La piazza di sabato scorso (non molto numerosa) va comunque rispettata e la vostra presenza dinanzi all’ospedale vi fa onore. Da modesto commentatore di paese consentitemi di dire che sul terreno limaccioso e infido su cui ci siamo collocati perderemo la battaglia e anche la guerra. Lo dimostra il fatto che negli ultimi dieci anni, nonostante le manifestazioni, non solo l’ospedale ma tutta la sanità nella zona jonica è paurosamente arretrata Non bastano gli slogan e neanche la mera agitazione. Oggi si richiede capacità di governo. Proposte credibili, serie e articolate. Assunzione di responsabilità. Mobilitazione di massa e, e soprattutto grandi Ideali nel senso che a un giovane si deve chiedere di scendere in piazza per l’Italia unita, per la Costituzione, per il riscatto della Calabria, perché ogni persona - soprattutto se ammalata abbia una sua dignità. E la parola dignità comprende e non esclude il diritto alla salute e alla vita. Ilario Ammendolia

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In questa gallery i sindaci della Locride mantengono attivo il presidio di protesta dinanzi all’ospedale di Locri in questa prima settimana in seguito alla manifestazione di sabato scorso. Domenica (2) erano presenti i sindaci di Benestare, Locri, Martone, Staiti e Stignano; lunedì (3) di Gerace, Locri, Mammola, Riace e Roccella; martedì (4) di Agnana, Casignana, Gioiosa Ionica, San Giovanni di Gerace, Samo, Stgnano e Stilo; mercoledì (5) di Bianco, Bovalino, Caulonia e San Giovanni di Gerace; giovedì (6) di Benestare, Caraffa del Bianco, Careri e Sant’Agata del Bianco; venerdì (7) di Antonimina, Ciminà, Portigliola e San Giovanni di Gerace.


SANITÀ

Dopo una visita dei NAS, una comunità psichiatrica di Camini attende un controllo da parte dell’ASP per dimostrare di avere le carte in regola per continuare a operare. Siccome la visita non viene inviata, Massimo Scura impone la chiusura della struttura e una serie di corsi e ricorsi intrecciano la situazione creando un paradosso che convince la Regione Calabria ad aver risolto il problema in due modi diversi, obbligando la struttura ad essere chiusa e restare aperta allo stesso tempo…

Il calvario della Comunità Terapeutica Psichiatrica “La Chimera” inizia il 23 marzo, quando la struttura riceve una vista da parte dei NAS di Reggio Calabria per un accertamento di tipo igienico-sanitario.

Giano Bifronte condanna “La Chimera” Nonostante la struttura venga legalmente considerata chiusa, la presenza dei pazienti inviati dall’autorità giudiziaria impone alla comunità di continuare a occuparsi di 22 persone con 27 dipendenti che non vengono pagati.

Il calvario della Comunità Terapeutica Psichiatrica “La Chimera” di Camini inizia il 23 marzo, quando la struttura riceve una vista da parte dei NAS di Reggio Calabria per un accertamento di tipo igienico-sanitario di routine. All’esito dell’ispezione condotta dai Carabinieri, viene riconosciuto che la struttura versa in buone condizioni, ma al contempo riscontrato un problema di umidità delle pareti e la presenza, all’interno della cella frigorifera, di una partita di carne priva della necessaria etichettatura di provenienza. La struttura si impegna a risolvere in tempi brevi le criticità mentre la Regione Calabria, informata sull’esito dell’ispezione, demanda all’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria un successivo accertamento al fine di verificare che la comunità abbia ripristinato i requisiti necessari a restare aperta. Questa visita da parte dell’ASP, tuttavia, non arriva se non sotto forma di un controllo igienico-alimentare da parte del servizio di igiene di Siderno, che conferma lo smaltimento della carne incriminata e l’ottimo stato delle cucine, ma non può esprimersi sul resto delle problematiche riscontrate. Non essendo sopraggiunti gli accertamenti da parte dell’ASP, il 2 agosto il Commissario ad acta alla Sanità Calabrese Massimo Scura, ritenendo sufficiente il verbale dei NAS, decreta la chiusura della struttura, decisione contro la quale “La Chimera” si appella presso il Tribunale Amministrativo Regionale di Catanzaro. Qui, il giudice ammette la non liceità del procedimento adottato dal commissario, ma stabilisce che la Comunità debba chiudere ugualmente perché, nonostante un accreditamento per 10 posti letto, i pazienti ospitati sono in quel momento 24. La legittima osservazione del TAR non tiene tuttavia conto del fatto che i degenti in eccesso sono stati inviati presso la struttura di Camini dall’autorità giudiziaria che, come previsto dalla legge, ha disposto il ricovero coatto e retribuito dall’ASP RC presso “La Chimera” di soggetti in detenzione cautelare costituenti un problema di ordine pubblico, indipendentemente da quanti siano i posti letto occupati all’interno della struttura. Presentando la documentazione che attesta la situazione appena

descritta, la società che gestisce la comunità presenta un nuovo ricorso presso il Consiglio di Stato che, il 2 ottobre, sospende la decisione del TAR rimandando la discussione del procedimento allo scorso 18 ottobre. In questa sede, anziché confermare quanto stabilito appena due settimane prima, il Consiglio di Stato ribalta la sentenza, affermando che la chiusura della struttura si rende necessaria in virtù delle gravissime violazioni riscontrate da parte dei NAS nel marzo precedente. Sulla base di questa dichiarazione, che non rispecchia quanto realmente affermato dalle forze dell’ordine nel proprio verbale, viene rimandata a gennaio la discussione nel merito ma, nonostante la struttura venga legalmente considerata chiusa, la presenza dei pazienti inviati dall’autorità giudiziaria impone alla comunità di continuare a occuparsi di 21 persone con 27 dipendenti che non vedono lo stipendio dall’inizio del corrente anno. Nel corso di questo 2018, infatti, l’ASP è rimasta indietro con i pagamenti obbligando la società a farsi carico degli stessi sul piano formale e, oltre al danno la beffa, ritenendo chiusa la struttura, a partire da agosto ha cominciato a respingere le fatture che avrebbe dovuto pagare per il mantenimento dei pazienti aventi diritto. “La Chimera” ha adesso inviato una diffida al direttore generale dell’ASP RC, i cui compiti, come sappiamo, sono stati rilevati dal commissario Scura, con l’intento di sollecitare la verifica delle condizioni della struttura e far rientrare una situazione che comincia ad avere davvero del paradossale. Alla Comunità, infatti, è stata imposta una chiusura da parte dell’ASP (per non aver rispettato, peraltro, una normativa alla quale avrebbe dovuto adempiere lei) a cui fa da contraltare un obbligo a occuparsi dei pazienti da parte del Centro di Salute Mentale, due differenti volti della Regione Calabria che, in questo momento, attraverso due differenti dipartimenti, ritiene di tenere sotto controllo in due maniere antitetiche una stessa situazione che rischia di implodere a danno di 27 dipendenti e della salute di 21 pazienti. Jacopo Giuca


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SIDERNO

La democrazia annullata riassunta in una foto

Il sant’uomo don Vincenzo Sansalone e il Paradiso Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: - Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno. Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno. Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant'uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato. Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca. Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: Hai appena visto l'Inferno. Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì. La scena che l'uomo vide era identica alla precedente. C'era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l'acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant'uomo disse a Dio: - Non capisco! - è semplice, rispose Dio, dipende solo da un'abilità. Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi. Anonimo Don Vincenzo Sansalone arciprete della parrocchia di San Nicola di Bari di Canolo l’inferno e il paradiso li aveva ben compresi senza la lezione di alcuno. Spesso la notte infornava pane e biscotti per poterli offrire a chiunque gli si presentasse. Il suo stile di vita era ispirato dalla profonda convinzione che l’uomo è prima di tutto spirito e le sue scelte, sia come sacerdote che come uomo, traevano origine da questa premessa. Un giorno in mia presenza tolse di bocca al gatto un topolino e lo lasciò andare raccomandandogli di fare attenzione perché la prossima volta non ci sarebbe stato lui a salvarlo. Ciascuno deve avere un’altra possibilità, anche il peccatore. Aveva modi spicci e a volte spigolosi ma le sue riflessioni e le sue letture ne facevano un uomo colto dalla scorza dura e a volte incomprensibile a chi badava alle apparenze. Per alcuni anni insegnò la religione cattolica nella locale scuola media ed era un’impresa fargli ritirare lo stipendio all’ufficio postale. Non aveva mai tempo. Prima veniva il suo ministero, i suoi animali, il suo orto e poi il resto. Produceva tanto e consumava quasi niente perché aveva dei lunghi manici per nutrire gli altri. Si faceva carico anche del pranzo nuziale per gli sposi e i parenti quando questi non ne avevano le possibilità. Riusciva a governare la cucina e l’altare con lo stesso piglio sbrigativo ma non superficiale, celebrava con i cinque sensi. San Tommaso affermava che nulla può essere nell’intelletto se prima non è stato nei sensi. A molte coppie di giovani sposi donò i propri risparmi. Spesso non fu capito e tante furono le volte che ricevette l’ingratitudine al posto della generosità. Si spostava a piedi dal paese vecchio al nuovo, dove andava a celebrare, e durante il tragitto ne approfittava per dedicarsi al breviario e all’osservazione dei dintorni. Anche alla sede della Diocesi si recava a piedi il giovedì per gli esercizi spirituali e portava in spalla un sacco carico di doni di sua produzione. Visse e operò secondo i principi della chiesa dei poveri seguendo una intuizione feconda e profondamente evangelica del cardinale Gerlier in occasione del concilio Vaticano II “la Chiesa non sarà la Chiesa dei poveri se non sarà essa stessa povera”. Adesso sarà compreso da tutti in Paradiso. Arturo Rocca

Non si può pensare che tre Commissari prefettizi riescano a risolvere tutta la mole di lavoro che prima veniva sbrigata, insieme ai dipendenti, da un Sindaco, che conosceva buona parte degli interlocutori, un vicesindaco e quattro assessori, con i quali, nei giorni di ricevimento, affrontavi i vari problemi.

La foto che vedete può rappresentare la situazione che si crea quando la democrazia viene annullata. Siamo a Siderno, all’interno di una sala del Comune. Dal giorno dell’alluvione questa è quello che si presenta passando davanti. Il fatto in sé si può risolvere in un intervento immediato, ci sarà l’ufficio competente che prima o poi si attiverà, tanto se non piove l’acqua dal tetto del Comune non si infiltrerà e quindi gli impiegati non dovranno fare attenzione all’acqua che può scendere dal soffitto. Non si può pensare che tre Commissari prefettizi riescano a risolvere tutta la mole di lavoro che prima veniva sbrigata, insieme ai dipendenti, da un Sindaco, che conosceva buona parte degli interlocutori, un vicesindaco e quattro assessori, con i quali, nei giorni di ricevimento, affrontavi i problemi delle strade, delle scuole, degli aiuti economici a chi era in difficoltà e in alcuni momenti ragionavi sul futuro del paese, su quello che era ancora in fase di attuazione e su quello che occorreva progettare. Una parte di consiglieri di maggioranza erano presenti ad ascoltare eventuali esigenze e mediavano con l’amministrazione. Vi erano anche i consiglieri di minoranza che ascoltavano e interloquivano con i cittadini. Sì, questa è la democrazia delegata, tramite le elezioni si eleggono i Consigli Comunali, si dovevano eleggere i Comitati di quartiere che potevano essere un altro tramite per snellire le procedure, ma lo Stato ha dato la sua sentenza: infiltrazioni mafiose, tutti a casa e in silenzio. Finalmente quel chiacchiericcio che si ascoltava dalla piazza del Comune fino all’ultimo piano non c’è più; c’erano tutti, consiglieri e cittadini che dialogavano e discutevano, si scontravano e si confrontavano. Non ci sono più riunioni del consiglio comunale, alle quali erano presenti cittadini e ascoltavano spesso lunghe discussioni su questioni di cui spesso non erano esperti, ma anche loro partecipavano e si confrontavano con il vicino di sedia e parteggiavano con gli uni e gli altri. Poi c’è e c’era FB, luogo dello sfogo, degli insulti, degli improperi e anche di proposte. Non voglio entrare nel merito, se le chat fossero o meno strumentali, ma vi era un paese partecipe, vivo, propositivo, adesso è silenzioso e si lecca le ferite, perché chi ha perso sono i cittadini e non solo l’Amministrazione, la Giunta e i consiglieri. Quante discussioni aperte sulla rete adesso sono scomparse, mentre prima ogni delibera veniva analizzata, discussa e criticata. Dimenticate tutto questo, questi tre anni sono stati una parentesi, si torna ad anni in cui nessuno osava obiettare, adesso di nuovo tutti in silenzio perché siamo stati annullati, il voto non conta niente, saranno i Commissari a sbrigare la normale attività. Per diciotto o più mesi inutile pensare al futuro, e poi se non vi fidate più e non volete partecipare a nuove elezioni tanto meglio, ormai i Comuni della Locride non commissariati, in dissesto o sotto la scure della Commissione d’indagine antimafia stanno diventando

una rarità. C’erano e ci sono le associazioni, tante che rappresentano il vero volto di una società attiva, fondamentale per cittadini consapevoli e di aiuto per chi è più assente dai dibattiti, anche queste in qualche modo più silenziose, ma sempre presenti. Come associazioni ambientaliste, Osservatorio Ambientale “Diritto per la Vita, Osservatorio cittadino rifiuti e Comitato a Difesa della Salute dei Cittadini , in questo periodo con la difficoltà frapposta dai tempi burocratici ci siamo mossi e ci stiamo muovendo per stimolare la Triade ad affrontare le solite incombenze di Siderno (ex BP, SIKA e dintorni, TMB). Quante assemblee abbiamo organizzato in questi ultimi anni? Quanti problemi abbiamo affrontato, portati in Consiglio Comunale, discussi. Sono state approvate risoluzioni e messe in cantiere le soluzioni possibili (BP, Sika) e queste con tempi lunghi sono sulla strada della risoluzione (BP), ma non si può aspettare ancora per molto tempo, causa veleni o in aria o nei terreni (SIKA). Sul TMB si sta tornando indietro, malgrado gli accordi stipulati con la Regione. Abbiamo smosso un paese e lo abbiamo vivificato, adesso se passate dal Comune, vi viene lo scoramento. Peccato, lo Stato ha silenziato quasi 20 mila cittadini, sarebbe ora che iniziassimo a ridiscutere, più che continuare a mugugnare. Vorrei finire con un semplice desiderio: voglio avere un Consiglio Comunale, una Giunta e i consiglieri al loro posto, voglio Comitati di quartiere eletti prima possibile e voglio un Sindaco che rappresenti il Comune. Ritorniamo a essere attivi e presenti, non lasciamo che lo Stato distrugga la partecipazione. La democrazia non è una tastiera di un PC sul quale sfogare solo umori, sberleffi e principalmente false notizie (fake) che confondano il dibattito e ti indirizzino sul capo o sul leader del momento. Usare i social può aiutare a conoscere in modo molto più rapido fatti, eventi e avvenimenti in tempo reale, ma occorre essere preparati, colti e non “ignoranti” della potenza pervasiva della rete. Una notizia deve essere verificata, vera, non falsa, invece tutti sono pronti a rilanciare qualsiasi notizia che un amico, conoscente, spesso meno informato di te, ti passa, senza renderti conto che ti hanno preso in giro e ti utilizzano per scopi non sempre cristallini. Casualmente, solleticano sempre gli istinti e gli umori “bassi”, quelli di pancia, che i governanti hanno, da sempre, dato in pasto ai governati, a quelli che hanno meno strumenti di analisi e anche a quelli che vogliono che ci sia sempre un “capo”, un “leader”, un comandante. La democrazia è partecipazione, discussione, confronto, scendere in piazza quando il diritto di uno qualsiasi viene leso, partecipare ai cortei, con le proprie parole, con i propri striscioni e non alle adunanze di piazza o della rete, intesa come accettazione passiva con un “mi piace” alle proposte che un piccolo gruppo lancia sulla rete. Invece potrebbe essere un luogo in cui tanti possono lanciare mille proposte, non solo quelle che un “decisore” mette in votazione. Mi scuso, ma non mi è mai piaciuta la parola “popolo”, usata strumentalmente a destra e a manca, un termine dove ci metti tutto, dal ricco al povero, da chi ruba milioni di euro, a chi non ha pagato le tasse perché non li ha e non sempre tutte questi strati sociali hanno gli stessi interessi. Preferisco usare i termini: cittadini, lavoratori, pensionati, studenti, artigiani, commercianti, professionisti, precari, partite IVA e disoccupati che identificano persone definite con la loro storia di lavoro, di idee, di scelte politiche e con loro confrontarmi e scontrarmi. Per questo l’altro giorno ho visto con piacere tanti giovani studenti che al corteo per la difesa dell’Ospedale di Locri gridavano: “Non ci avrete mai come volete voi”. Ci vuole aria nuova, giovani che si riapproprino del loro futuro, con le loro idee, con i loro sogni e con l’irruenza dei loro anni. C’è uno spiraglio che può aprirsi, non chiudetelo, aprite le finestre perché il dibattito diventi pubblico, si affrontino i veri problemi, e sistemiamo le macerie che altri hanno lasciato. Anche questa è democrazia! Franco Martino


Massacro Stefano Cucchi, non è l’unico caso di silenzio imposto

La denunciaconfessione di uno dei carabinieri imputati nel processo ha spezzato la consegna del silenzio che ha caratterizzato tutti i procedimenti simili avviati in questi anni, a cominciare da Genova G8.

Enciclopedia Treccani, omertà: s. f. [variante napoletana di umiltà, da "società dell'umiltà", nome con cui fu indicata la camorra perché i suoi affiliati dovevano sottostare a un capo e a delle leggi]. - [solidarietà diretta a celare l'identità dell'autore di un reato o la conoscenza di notizie su fatti delittuosi: la legge dell'o.] ≈ (legge del) silenzio ↔ denuncia. Ogni Meridionale che si rispetti sa, sulla propria pelle, quale è il peso dei giudizi e dei pregiudizi. Questo sostantivo ha accompagnato la Storia del Mezzogiorno d’Italia dai tempi dell’annessione al regno dei Savoia. Quasi che questo vizio, insieme naturalmente alla mafiosità, fosse connaturato all’essere meridionale. Geneticamente. Come un fatto antropologico. E vale poco la Storia a dimostrare, o a tentare di dimostrare che quella Meridionale è caratterizzata esattamente dal contrario. Nell’immediato secondo dopoguerra, alle lotte contadine per l’occupazione delle terre incolte e non coltivate hanno partecipato cinquecentomila (500.000) braccianti. Sono stati, solo nei primi dieci anni dopo la fine del fascismo, quaranta (40) i dirigenti sindacali e delle leghe contadine, assassinati. Dagli scagnozzi degli agrari, sostenuti e protetti dalle “forze dell’ordine”. Neanche uno dei processi su quegli omicidi si è concluso con una condanna. I resti di Placido Rizzotto, assassinato e il cui corpo fu fatto sparire, furono scoperti nel 2012. Il processo all’epoca dei fatti, imbastito sulle indagini di un giovane Capitano dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, finì con il proscioglimento degli imputati per insufficienza di prove. Così come finivano tutti i processi contro i mafiosi. Soltanto nella Guerra Partigiana si può riscontrare la stessa partecipazione popolare massiccia a una lotta nella quale in gioco c’era la vita, da parte degli Italiani del centro e del nord d’Italia. Sarebbe lunghissimo l’elenco dei morti ammazzati perché non si piegarono al barbaro ricatto mafioso senza avere per questo lo Stato a propria difesa. Due nomi per tutti, l’imprenditore Libero Grassi e il mugnaio Rocco Gatto. Non c’è un’altra area geografica del Paese dove vi siano cenni di ribellione alla malavita organizzata,

paragonabili alla resistenza opposta alla prepotenza, come in Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata. Ripeto, per trovare una reazione altrettanto energica alla sopraffazione e alla prepotenza, bisogna andare alla guerra Partigiana. Basta guardare le cronache degli ultimi decenni. Le mafie hanno trasferito le proprie attività economico finanziarie laddove fluiscono i capitali. In Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e così via. Mi si ricordi il nome di un imprenditore, di un amministratore, oppure un provvedimento di Confindustria contro qualcuno dei propri iscritti che utilizza i fiumi di danaro provenienti dalle attività illecite. Eppure al sostantivo “omertà” si associa sempre qualche riferimento alle genti del Mezzogiorno d’Italia. Provate a cercare nelle cronache di questi ultimi decenni. Per esempio alle vicende legate a fatti gravissimi come i fatti del G8 a Genova e il caso Cucchi. Le giornate del 20, 21 e 22 luglio 2001, a Genova, sono state una fiera del falso in atto pubblico e della calunnia. Innumerevoli persone sono state arrestate per strada ricorrendo a verbali fotocopia, con false accuse di violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Nell’immediato, gran parte di quegli strani arresti non fu convalidata dai GIP genovesi; in seguito la magistratura civile di Genova ha inflitto numerose condanne al Ministero degli Interni per gli abusi compiuti: non abbiamo mai saputo se qualcuno avesse dato un’imbeccata dall’alto o se la pratica dei fasulli verbali d’arresto per violenza e resistenza a pubblico ufficiale sia sgorgata spontaneamente in seno alla truppa… Il caso Diaz andrebbe poi fatto studiare nelle scuole di polizia, se davvero si volesse introdurre un antidoto al veleno immesso a piene mani nel 2001 nel cuore degli apparati. Basti dire che il comunicato con il quale la polizia tentò di giustificare agli occhi del mondo la singolare operazione, mentre decine di persone erano in ospedale e le altre a Bolzaneto, è risultato falso dalla prima all’ultima parola: false le premesse dell’aggressione subita da un’auto della polizia; falso il ritrovamento di armi (mazze e piccozze prese da un cantiere edile e le molotov collocate ad arte dalla stessa polizia); falsa l’appartenenza degli arrestati al cosiddetto Black Bloc; falsa la coltellata subita da un agente (con tanto di testimoni, altrettanto fasulli); false le “ferite pregresse” degli arrestati, spediti in ospedali a colpi di calci e manganelli (anche elettrici). Nel caso Cucchi la denuncia-confessione di uno dei carabinieri imputati ha spezzato la consegna (o forse imposizione) del silenzio che ha caratterizzato tutti i procedimenti simili avviati in questi anni, a cominciare da Genova G8. “… ma questa è, appunto, la maledizione secolare che grava sull'Italia: il popolo non ha fiducia delle istituzioni perché non è convinto che queste siano le sue istituzioni. Ha sempre sentito lo Stato come un nemico. Lo Stato rappresenta agli occhi della povera gente la dominazione. Può cambiare il signore che domina, ma la signoria resta: dello straniero, della nobiltà, dei grandi capitalisti, della burocrazia. Finora lo Stato non è mai apparso alla povera gente come lo Stato del popolo…”. P. Calamandrei, processo contro Danilo Dolci. Sisì Napoli

La bella addormentata nel… Palazzo C’erano una volta un re e una regina di Tutti per Locri che desideravano tanto avere un erede e che finalmente ebbero una bambina il 10 giugno 2018, a cui diedero il primo nome di Raccolta e il secondo Differenziata. Organizzarono una grande festa e invitarono tutti i sindaci delle terre confinanti e tutte le fate dei regni, eccetto la Fata di Ambient, così anziana che nessuno si ricordava più della sua presenza. Le fate iniziarono a dare i doni magici a Differenziata: la bellezza del porta a porta, la grazia dei mastelli, la gentilezza degli operatori, l’intelligenza degli ideatori, la simpatia dei cittadini, l’abilità degli amministratori a fare tutto. Era quasi il turno della settima, che avrebbe dovuto pronunciarsi sull’amore per il proprio paese, quando arrivò la Fata di Ambient. Era offesa per essere stata dimenticata e così disse “Non mi avete invitato, ma voglio anch’io fare un dono alla principessa: sarà la più bella principessa per tutta l’estate, quando si pungerà con un fuso e morirà”. Detto questo, la fata sparì in una nuvola nera. I genitori erano disperati, ma la fata assessore all’ambiente disse: “Non posso annullare il suo incantesimo ma posso aggiungere il mio: se si pungerà cadrà in un sonno di cento anni, da cui sarà svegliata dal bacio del vero amore”. I reali allora fecero distruggere tutti i fusi. Passarono i mesi: Differenziata era nel Palazzo di Città e iniziò a esplorare le stanze. In una stanza viveva una vecchina sorda e muta che si occupava di fare e disfare le delibere, non aveva mai sentito del divieto di filare con l’arcolaio. Differenziata fu stupita dal fuso/sfuso che non aveva mai visto prima e volle provare a usarlo ma si ferì e cadde a terra come morta. Giunse la settima fata, che avvolse tutti gli abitanti del Palazzo di città in un incantesimo che li fece cadere in un sonno profondo, poi avvolse tutto il Palazzo in un impenetrabile foresta di rovi intriganti. Trascorsero centocinquanta giorni e passò lì vicino il principe di un paese confinante. Rimase incuriosito dai rovi e dal Palazzo di Città che spuntava e chiese a un operatore ecologico se sapeva qualcosa: “Mio nonno mi disse che lì dormiva una principessa di rara bellezza: tanti principi hanno provato a raggiungerla ma non ci sono riusciti!”. Il principe volle tentare e iniziò ad addentrarsi nella foresta. Magicamente, i rovi si aprivano e lo lasciavano passare, permettendogli di giungere al Palazzo di Città. Il principe iniziò a esplorarlo e nella camera da letto trovò la principessa Differenziata addormentata; era così bella che non poté fare a meno di baciarla. Si addormentò pure lui. Differenziata dormirà fino al 2020 quando si sveglierà per legge. Arturo Rocca

IL DOLCE RICORDO DELLA SORELLA DI ROCCO MARANDO

Chiedetemi di mio fratello Scrivo adesso. Scrivo perché forse, per il momento, è l’unica via di sfogo che ho. In questi mesi tanti lo hanno fatto in memoria di mio fratello o per annunciare l’accaduto. Faccio fatica a parlare, sarà perché quando mi ritrovo in un dialogo evitano tutti l’argomento, forse per paura di ferirmi. Io dico invece: chiedetemi di lui, chiedetemi di mio fratello, io sono solo fiera e orgogliosa di affrontare l’argomento, ho gli occhi lucidi dalla gioia. Chiedo di non togliermi la gioia delle parole nel raccontare di lui. Sono una ragazza di 19 anni. Felice, nonostante tutto. Felice di avere questa forza addosso. Forza che, sono sicura, mi viene da lui giorno dopo giorno. Perché lui era così. Forte, riservato, protettivo ma, soprattutto, aveva un gran cuore. Era un ragazzo semplice, con un sorriso che metteva di buon umore tutti. Aveva un futuro davanti, sognava di sposarsi, avere un figlio e portarlo a passeggio nella piazza di Portigliola. Sognava di comprarsi la sua macchina preferita, l’Audi A3 Sport Back, bianco perla e vetri oscurati. Lo ripeteva di continuo, amava macchine e moto. Qualche domenica fa c’è stato il Moto Raduno in sua memoria a Portigliola, organizzato dal Moto Club Magna Grecia, e a loro devo un grazie di cuore per le belle emozioni provate. In ogni rombo diverso di moto aspettavo di vedere arrivare mio fratello. È stata una di quelle giornate che lasciano il segno, piena di emozioni, soprattutto al rimbombo

delle marmitte delle moto tutte insieme alla partenza. Ringrazio il Moto Club Magna Grecia e Gioiosa’s Bikers, per le targhette regalataci in sua memoria. Le conserviamo con orgoglio sul suo comodino, sono sicura che lui sarà contentissimo di tutto questo. Ringrazio il sindaco di Antonimina, al Consorzio acque Sante Locrese e a tutti gli amici Bikers per aver reso parte al Moto Raduno in Memoria di Rocco. E un ringraziamento particolare va a Giuseppe Borgese (Bikers Gerace), per l’affetto dimostratoci. So che lui ora sta bene. Spero con tutto il cuore, Dio, che tu lo tenga stretto tra le tue braccia. Sembra ieri quando è arrivata la notizia dell’incidente la mattina all’alba, eppure sono trascorsi tre mesi. Non potevo crederci, forse tutt’oggi non ci credo. Lo aspetto tutti i giorni, spero che sia lui a spegnere la luce la sera come sempre faceva al suo rientro; spero sempre che arrivi lui a chiudere la porta di casa; mi assicuro, la sera prima di andare a letto, di aver tolto la chiave dalla serratura, così che poi lui possa infilare la sua, tornando a casa. Perché ancora oggi ci sono dei momenti in cui penso che sia solo partito per un viaggio in moto. Penso che a breve tornerà a casa da noi. Tornerà da mamma, da papà e da me. Proviamo tutti i giorni a sentirci meno soli insieme, ma un vuoto del genere non si può colmare con niente e nessuno. Non diventerà mai un ricordo, vivrà

sempre nei nostri cuori. Il giorno dei funerali ho chiesto una sola cosa a Dio: “PERCHÈ?” Non provo odio, sono cresciuta con valori forti e soprattutto con molto amore. Ma per la prima volta sto vivendo il sentimento più atroce: l’impotenza. La sensazione di non poter fare nulla per chi ami. Tutto quello che posso fare è ricordare mio fratello e la sua voglia di vivere che, a 23 (quasi 24) anni gli è stata portata via. Posso ricordare a tutti, grazie a lui, quanto è importante la vita. Il dono più bello. E oggi mi trovo a fare ai miei amici, ai miei cugini, ai miei genitori, più raccomandazioni del dovuto. Non si può morire per un errore ragazzi, non a 20 anni, né a 80, ogni età come ogni vita umana va rispettata. Chiedo che giustizia sia fatta. Mio fratello se la merita. Viviamo in una società in cui per una rapina finisci in carcere a vita, mentre per un omicidio continui tranquillamente la tua vita. Non sarò e non voglio essere di certo io a cambiare l’Italia e, soprattutto, mio fratello non me lo ridarà mai indietro nessuno. Quello che chiedo oggi a tutti è un esame di coscienza. Riflettete sul dono più importante che abbiamo, la VITA. Roberta Marando




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rubriche

Riflettendo, ieri o domani

In altri momenti si è scritto che il tempo non esiste se non come ingranaggio fisico tra il sole e il pianeta terra. Pensando al futuro, la conoscenza del quale è importante, come si possono spiegare accadimenti di casi non ancora avvenuti? Certo è che l’uomo, per quanto intelligente, per quanto studioso, non può superare certe frontiere. La conoscenza del futuro, le previsioni di ciò che accadrà domani? Studiando l’oggi, è possibile forse avere qualche idea. Molti sono gli indizi che aprono le incognite del futuro. Accadono episodi che portano fuori completamente dal seminato. L’uomo non può essere umiliato, pur senza aver commesso reato, non è umano, poi, dopo, arriva la tempesta! L’umiliatore cade nel vortice terribile dell’imprevedibile e riceverà molto di più di quanto ha dato! Ora ride felice di ciò che ha fatto, delle mete raggiunte con l’ineffabile sua feroce malvagità, domani piangerà! A che vale lottare contro la stupidità, l’arroganza dei sapientoni, di quelli che sanno tutto! Se venisse Belzebù, molti lo accoglierebbero trovando mille scuse per giustificarlo. Abbiamo il caso del passato per prevedere il futuro, quanti ancora giustificano e condividono l’operato del capo nazista? Sono molti, il popolo li vede, li conosce e tace, chiudendo gli occhi! Esiste la maggioranza dell’umanità portata verso quello che si considera il bene. Per realizzare opere di bene, sempre contrastate, non si finisce di lavorare, il male in un soffio realizza il suo fine di morte! Si pensi al ponte di Genova, tra gli scomparsi, quante persone, forse, stavano operando per il bene? Non si saprà! Ciò che è universalmente noto, è che sono scomparsi In un batter d’ali di farfalla! L’albatros

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CALABRESE PER CASO

Ritornare a sorridere

Ci sono momenti nella vita di ogni comunità che si dipingono di colori splendidi, vivaci, che portano luce laddove ombre sembrano oscurarne il futuro. Ci sono momenti nei quali il giorno che si apre fa si che ognuno di noi trovi una speranza per credere in un futuro possibile fatto di serenità e di amicizia. Ecco, allora, che il ritorno di un sorriso può essere ciò che fa la differenza e rappresentare, anche se piccola, una manifestazione di affetto verso la propria terra, verso la propria gente. Tuttavia, ciò che si osserva leggendo le pagine dei quotidiani o le notizie che on-line vengono rilanciate quasi inesorabilmente è troppo spesso una sorta di mantra votato a creare divisioni, frammentare cuori e pensieri, credere che la chiave del successo di qualcuno risieda tutta nel divide et impera di un personalismo alla fine sterile anche se potrebbe sembrare vantaggioso. E, per fare questo, si privano le nostre piccole realtà locali del diritto di vivere secondo una consapevole fiducia nelle efficienze delle amministrazioni, nella funzionalità dei servizi, in una sanità che sostiene e riduca le soffe-

renze, in un sistema di aiuto delle marginalità che del disagio sociale ne fanno un ricordo d’altri tempi. Certo, forse l’ottimismo non regna nelle nostre case poiché l’apparente quotidianità sembra regalarci una sorta di abitudine alla routine che solo falsamente è luce. La verità è che ancora oggi ciò che prevale non è la risolutezza verso orizzonti di accesso a migliori opportunità. È ancora una volta la rassegnazione ad una rincorsa verso un lavoro che stenta ad offrire opportunità ai giovani, una certezza che la nostra salute navighi nelle buone volontà di chi si offre a curarla ma non è frutto di un modello complessivo e completo di prestazioni a tutto tondo. In questa prospettiva, la società civile che rappresentiamo è un modello con molti lacci ancorati ad un passato, ideologico quanto politico-amministrativo autoreferenziale, a rituali celebrati nelle scelte del potente di turno che sono avulsi da ogni realistica coerenza con le esigenze delle comunità. Comunità, le nostre, che si lasciano trascinare nel gioco politico senza anima ma solo nella convinzione che una promessa possa essere una sorta di dichiarazione di impegno da onorare al di sopra di tutto e

di tutti. In questo senso siamo allora lontani da quella luce che vorremmo splendesse al di sopra di noi. Una luce che ci desse sicurezza, fiducia del nostro vivere giorno per giorno, che non si affievolisca con la delusione di un lunario da sbarcare, ma con la felicità di poter contribuire alla vita comune quali protagonisti. Per fare questo, però, andrebbero abbandonati gli egoismi e le partigianerie di circostanza, andrebbero evitate le intransigenze e le questioni di principio, in verità molto personali, per approdare ad un vivere fatto di sorrisi, di persone semplici che amano la propria terra, che la rispettano e la preservano. Persone che non si facciano travolgere dal magico incantatore del momento e che anche nell’avversario, se sincero, possono trovare occasioni e suggerimenti per condividere un futuro che non ha bisogno né di potenti e né di guru di ultima istanza, ma di saggezza e di umile volontà di guardare l’azzurro del mare senza perdersi nelle piccole questioni di una politica del tempo che ha molto poco da dire e da essere. Giuseppe Romeo

IL VIDEO VIRALE CHE, SOTTO SOTTO, OFFENDE I MERIDIONALI

L’anziano signore veneto, il disprezzo per il Sud, il razzismo mai finito Condiviso e ricondiviso sulle bacheche di molti meridionali, in questi giorni gira un video che ritrae un anziano signore veneto, paffutello, con un paio di occhiali brutti e storti, che ci racconta, con quell’inconfondibile accento che sa essere al contempo dolce e tagliente, di quanto i terroni sono stati disprezzati dai veneti. “Terùn” era la fossa biologica che ancora oggi si usa in molte parti del Veneto per la raccolta delle acque nere, si chiama “ghiaione”, perché all’epoca le fognature in Veneto non c’erano e in alcune zone non ci sono neanche ora. Cosa dice il video, per chi non l’avesse visto? In sintesi: terroni, vi siete dimenticati di quanto vi disprezzavamo, altrimenti non avreste votato Lega, non avreste votato Salvini. Ma è successo un miracolo: sono arrivati i “negri”, che hanno fatto ciò che Cavour non è riuscito a fare: renderci tutti fratelli nell’odio. Che delusione, terroni: noi abbiamo fatto schifo, ma voi pure di più. Grazie mille. Il video gira e rigira tra gli account di meridionali, come un invito alla riflessione, a cessare atti di razzismo, ad abbracciare il diverso. Ambé! Considerando che sono millenni che il Meridione d’Italia vive in una comunanza di culture che ha dato di fatto origine a quella che oggi chiamiamo “cultura italiana”, è proprio un invito da prendere sul serio, indirizzato alle persone giuste! Ciò che sorprende è il numero di condivisioni di meridionali, anche di cultura, che l’hanno definito perfino “geniale”. Il vecchio veneto si dimostra infine quasi pentito della meschinità del suo popolo, dichiarando una sconfitta dei valori di eguaglianza, concludendo con un “Napoli: stamme buon!”. Questo dovrebbe tornare a nostro vantaggio: prima odiavamo voi, ora siete voi che odiate loro come noi odiavamo voi, e non ve ne rendete conto, perché altrimenti nessuno al Sud avrebbe votato Lega. Continuo a chiedermi dove sia il nocciolo su cui riflettere. Il video contiene inesattezze fattuali clamorose: il Sud ha votato in massa il Movimento 5Stelle, tanto che Mr. Caciottina, alias Pino Aprile, un paio di giorni dopo se ne esce con un articolone che definiva il voto del 4 marzo una sorta di scisma e di presa di coscienza del Sud. #stoca*** In alcune regioni i voti alla Lega non arrivano al 5-10 per cento. Saremmo stati quindi noi a mandare al potere quella feccia di Salvini? Torniamo al vecchio cliché nordico: di chi è la colpa? Del terùn! Eh sì, perché Salvini l’abbiamo partorito noi, è nato qui in Calabria, poi ha falsificato l’atto di nascita. In realtà si chiama Matteo Omissis, il cognome più diffuso da queste parti.

L’ideologia da cui è nata la Lega è stata concepita da Miglio, comasco. Condotta da Bossi, Cassano Magnago, sostenuta da Berlusconi, Milano. Stando a questo video, saremmo tutti fratelli d’Italia, uniti nell’odio verso i “negri”. Siamo divenuti certamente un paese razzista, grazie a Como, Cassano Magnago, Milano, ma di certo non siamo fratelli e sorelle tra noi, neanche nell’odio. Qui al Sud i “negri” se la passano decisamente meno peggio che a Milano, dove sono considerati appestati, mentre noi, nei piccoli paesi, all’uscita del supermarket, diamo un euro al ragazzo che ci porta le buste nel bagagliaio dell’auto, gli chiediamo il nome, gli stringiamo la mano, lo salutiamo. Forse chi ha girato questo video (non è dato sapere l’autore, che forse prudentemente si è eclissato) non conosce la vicenda di Mimmo Lucano? Ricapitolando, noi saremmo razzisti, uniti ai nordici razzisti nel super-razzismo contro i “negri”. Certo che il video è sostenuto da una logica ferrea e da una verità fattuale incontestabile! Ed è così che i nordici vengono implicitamente sollevati dal loro essere stati razzisti contro di noi, di averci trattati come topi di fogna, mandandoci a lavorare per pochi spiccioli nelle loro fabbriche, costruendo la loro fortuna industriale, mentre noi razzisti lo siamo ora. Loro no. Mai stati. In modo subliminale il video solleva il Nord dal razzismo contro il Sud e contro gli africani, perché la verità che questo video non dice è che il Nord è ancora razzista nei confronti dei meridionali, anzi, il razzismo verso di noi si è indurito, inselvatichito, ingigantito da quello contro gli africani e contro ogni altra etnia povera.

In definitiva dice una sola cosa esatta: che ci sono stati dei grandissimi cazzoni che al Sud hanno votato la Lega. Cazzoni che hanno votato Salvini. Che ci siano degli stupidi in giro, si sa. Non è che avessimo bisogno di esserne informati attraverso l’ennesimo video-fuffa. Il video sarebbe indirizzato proprio a questi – secondo i dotti critici presenti sui social. La domanda sorge spontanea: chi ha votato Salvini poiché aderente all’ideologia leghista, quanto se ne sbatte di questo video? Possiamo ipotizzare un numero a caso tra zero e zero, cioè, zero. A chi si rivolge dunque questo video? A chi Salvini non lo ha votato, a chi disprezza la Lega con ogni cellula del suo corpo, a chi ha fatto lotte e battaglie per la dignità del Mezzogiorno. E costoro non ne dovrebbero rimanere a dir poco disgustati? Non lamentiamoci poi che ci siano elettori di Salvini al Sud! State facendo la stessa cosa, state facendo il loro gioco, ci state addossando colpe che non abbiamo (essere razzisti nei confronti degli africani, noi, qui, in Calabria, con la vicenda di Mimmo Lucano su tutti i TG? Ma qualcuno è uscito fuori di testa?). “Blame the victim”, come sempre: la vittima è colpevole. In definitiva cosa dimostra questo video-fuffa? 1) che se le persone, anche di cultura, non sanno discernere quando sono offese, non si dovrebbero poi stupire che ci sia in giro chi vota Lega. 2) che il meridionale è sempre pronto a prendersi la colpa di tutto: cade un aereo in Pakistan? Colpa nostra. Terremoto in Cile? Colpa nostra. C’è il razzismo a Milano? Colpa nostra. 3) che se bastoni un lupo per cent’anni, otterrai un cane impaurito e pavido, e che in questo momento storico la politica meridionale è vigliacca, codarda, infida e disonesta, “Napule, stamme buona, eh!”. 4) che le persone meridionali, quando si sentono accusare di razzismo, si sentono responsabili, perché razziste non lo sono. Sentono tuttavia la responsabilità di ciò che accade attorno a loro, a questi schiavi provenienti dall’Africa, e ne prendono le parti, a costo di autoaccusarsi di un crimine che non gli appartiene. E questo è il frutto della nostra gigantesca cultura millenaria, che Milano può solo sognare, e pure da lontano. 5) che le cattive abitudini si imparano facilmente, e se razzismo c’è al Sud, è perché ce lo hanno insegnato Como, Cassano Magnago, Milano. 6) che la comunicazione è un fatto delicato, e dovrebbe essere svolto da professionisti. Su questo argomento anche Wim Wenders si è arreso (“Il volo” 2010). Se Wim Wenders si arrende su un fatto del genere, l’autore di questo video so io dove dovrebbe finire. Condividere questo video, per un meridionale, è uno scempio ideologico e un atto di autolesionismo, esattamente come votare Lega e Salvini. Lidia Zitara


GIUDIZIARIA

CONVERSANDO

Dalle “mafie storiche” il “metodo mafioso”

Guida Vini di Veronelli: la Calabria che incalza! Nella magnifica cornice della laguna di Venezia, sull'Isola di San Giorgio Maggiore, lo scorso 20 ottobre è stata presentata in anteprima nazionale la nuova edizione della prima guida ai vini d'Italia, da sempre considerata una tra le più prestigiose mappe dell’arte enologica italiana. Oltre 2.000 le aziende inserite, ordinate dapprima per regione, da nord a sud, e successivamente per comune. La Guida Oro I Vini di Veronelli è la guida con il maggior numero di informazioni tecniche sulle aziende e sui vini. Erede degli storici cataloghi pubblicati sin dal 1961 da Luigi Veronelli, anno dopo anno, segue da vicino con passione e competenza l’evoluzione delle nostre produzioni vitivinicole. 2.084 Produttori descritti, 16.137 Vini selezionati, 314 Super Tre Stelle, 28 Grandi Esordi, 10 Sole e 5 Miglior Assaggi. Nell'Olimpo della guida, rappresentato da solo 10 delle 16.256 etichette degustate, entra il Terre di Cosenza Colline del Crati Magliocco Riserva Vigna Savuco 2014 di Serracavallo. Quattro i vini calabresi premiati con le Super Tre Stelle (attribuite ai vini che hanno ottenuto giudizio uguale o superiore a 94 centesimi e che già erano ai vertici nelle annate precedenti della guida): il GB Calabria Rosso 2015 della Odoardi di Falerna (CZ) con 96 punti, il Paternum Calabria Rosso 2012 della zona del Cirò dell’azienda Iuzzolini con 95 punti e due vini dell'azienda agricola Baccellieri, nella storica denominazione del Greco di Bianco (RC) che ottiene addirittura il massimo riconoscimento per

entrambi i vini passiti dell’azienda il Greco di Bianco 2011 con 95 punti e il Mantonico Locride Passito 2015 con 94. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Rignunedu di Caulonia PHASEOLUS VULGARIS L. FAMIGLIA PAPILIONACEE

Caulonia, per la gentilezza dei suoi abitanti induce ad amare anche tutto il suo territorio che è bello e interessante, anche sotto il profilo della biodiversità. Naturalmente, man mano che le persone anziane se ne vanno, la biodiversità riceve dei colpi mortali, anche a Caulonia in quanto sono proprio loro che hanno fino al momento supportato le tradizioni. Personalmente ho constatato ciò, cominciando a frequentare le campagne di Caulonia con sistematicità a partire dal 2003, quando iniziai un percorso programmato per l’intera provincia di Reggio, per cercare di salvare il maggior numero di viti e di collocarle in un luogo unico dove proteggerle. Ad un certo punto capii che esso era un bacino molto ricco e che bisognava studiarlo prima che fosse troppo tardi e cominciai un percorso interessante puntando su alcune persone anziane, tra cui Antonio Castafaro, abitante nella frazione Campoli ed Emilia Maiolo della frazione di Ursini abitante in contrada Vallone Percia e tra i “ giovani”, il mio amico Santo Strati. Il rapporto con Castafaro fu meno intenso in quanto egli fu costretto ad abbandonare due vigne molto importanti per la biodiversità viticola, una in contrada Ritari, l’altra non molto distante da Campoli, che erano state oggetto delle mie indagini. Le vigne sono state abbandonate per via degli attacchi devastanti dei cinghiali, che in molte parti della Calabria sono diventati una piaga, che sta determinando, un ulteriore abbandono delle terre, mentre le autorità preposte si disinteressano. Le mie visite al campo di Emilia Maiolo continuarono intense, in quanto ella continua ad essere molto attiva nel mantenimento delle essenze ereditate dai suoi genitori. Già dalla prima vola che l’incontrai mi colpì il suo modo elegante di proporsi agli altri con la sua generosità e freschezza, quasi mi presentò la sua capra pezzata bianca e nera, jèrina, come viene chiamata nella Locride meridionale, poi la sua vigna e infine l’orto, ricco anche di essenze arboree molto rare e in estinzione. Restò meravigliata per le mie visite ripetute e quasi dapprima mi considerò uno sciocco e un perditempo in quanto quello che cercavo di proporre agli altri era senza speranza, tanto ovvia ormai era la strada che portava a rifornirsi di piantine nei consorzi agrari o a rinunciare a mantenere le viti, i peri o altro che abbiamo da millenni e stiamo perdendo per sempre. Secondo le stagioni, ebbi modo di conoscere le diverse essenze che arricchivano il suo piccolo mondo magico, dai pomidori-campanella, dalla forma quadrangolare, che raggiungevano i quattro metri di altezza, qualora fossero stati “impalati” con delle robuste canne, alla “dolica” (il termine era riferito in zona ai fagioli di origine africana), una strana brassicacea, secondo quanto affermò il dott. Cifarelli in

I BRIGANTI

U diavulu! dicìa nannima

seguito, del CNR di Bari, quando venne in Calabria per cercare di salvare dei semi dall’estinzione, consegnandoli alla banca dei semi di Bari, la seconda per importanza in tutta l’Europa, vicino alla chiusura, per via della politica irresponsabile italiana, che non la sta finanziando più. In riferimento alla “dolica”, Emilia mi raccontava che la producevano per intrattenere le scrofe con i maialini, quando li portavano alle fiere del bestiame per venderli. I semi erano impercettibili quasi alla vista, se considerati separatamente e di essi erano ghiotti i maiali, per cui per immobilizzarli nelle fiere, veniva ricavato un minuscolo pianoro per terra, ripulito dalle erbacce e su di esso veniva riversata una manciata di “dolica” e i maiali, incantati, cercavano di recuperarne i semi, applicandosi con diligenza a quell’operazione impossibile per tutto il tempo in cui si svolgeva la fiera. Personalmente ho perso i semi, in seguito alla pulizia primaverile portata avanti in casa da mia moglie, ma dopo che ne consegnai una parte, ritualmente, al dott. Cifarelli, assieme a Emilia, che da parte sua, era l’ultima, non ha avuto motivo di seminarli più. In un’estata non precisata, ebbi modo di visitare l’orto estivo e fra le altre piante, osservai delle piante di fagioli rampicanti dai fiori candidi, che producevano dei baccelli simili a quelli dei piselli, molto produttivi; i semi li possedeva all’epoca solo lei. Mi raccontava che il termine con cui sono definiti deriva dalla somiglianza dei fagioli sgranati e secchi alla forma dei reni. Essi sono candidi e venivano usati non freschi, ma contribuivano a costituire le riserve invernali nel passato e venivano coltivati in ogni orto estivo di Caulonia. Sicuramente sono d’origine americana, arrivati in Europa dopo la scoperta dell’America, in quanto non appartengono al tipo “dòlicon”, allungato, d’origine africana, presente già negli orti egiziani nel terzo millennio a.C. L’anno scorso, assieme ad un altro visitatore, andai a far visita a Emilia, che mi comunicò che aveva rischiato di perdere i semi del Rignunedu di Caulonia, in quanto dei cinghiali le avevano devastato l’orto estivo, arrecando dei danni anche alla vigna costituita da viti che sono state tramandate da secoli, ma vicine a essere perse per sempre. A questo punto è indispensabile creare una rete di volontari capaci di conservare i semi negli orti e altro, prima che sia troppo tardi. Forse nella primavera prossima, assieme a Romolo Piscioneri di Caulonia, comincerò a diventare operativo, consegnando i semi di fagioli (possiedo circa quaranta varietà) ad anziani contadini che nei propri orti li coltiveranno separatamente, ognuno coltiverà un tipo, in quanto essi seminati assieme ad altri tipi, perdono la loro originalità, ibridandosi. Orlando Sculli

Al mio “devo fare un regalo per una bimba ad Halloween” qualcuno mi ha puntualizzato che codesta fiesta è roba ammericana, e che quindi non ci appartiene, giacché noi siamo Cristiani. Ah, ok. Quindi pure i celti, che erano un antico popolo irlandese, non sapevano che il loro fosse un culto americano, anche se la terra di Colombo ancora non era stata scoperta. I celti, come molti sapranno, erano pastori. Loro consideravano la fine dell’estate come l’inizio del tempo del riposo dopo il tanto lavoro. Il 31 ottobre per loro era come il nostro 31 dicembre, e usavano festeggiare questo evento, chiamato Samahin, per 3 giorni, durante i quali si ringraziavano gli dei per i doni della terra e si esorcizzava la paura della morte, rappresentata dalla stagione invernale in cui tutto sembra fermarsi per poi ricominciare a vivere in primavera. Dal web: “I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissol-

Dai dati strutturali delle “mafie storiche”, tra cui la ’ndrangheta calabrese, ricostruiti sulla base di attendibili e collaudate regole di esperienza, l’interprete può risalire a un dato funzionale, ossia l’accertamento del “metodo mafioso”. Al riguardo il Gip di Torino richiama la sentenza n. 38875/2006 della VI sezione della Corte di cassazione, emessa all’esito di in un procedimento relativo a infiltrazioni ‘ndranghetiste in Lombardia (ove erano operativi 18 locali, al cui interno si riproponeva l’organizzazione gerarchica tipica di tale modello di criminalità mafiosa, “società maggiore”, “società minore”, “doti” o gradi di affiliazione e altro), in cui si afferma che: “La forza di intimidazione e lo stesso metodo mafioso sono desumibili dalla stessa imponenza dell’organizzazione e dai rituali attraverso cui avveniva l’affiliazione, la promozione nei diversi ruoli e la stessa vita sociale all’interno della consorteria” ed evidenzia che la sufficienza della struttura organizzativa, tipicamente riconducibile al modello ‘ndranghetista, ai fini del raggiungimento della prova dell’esistenza di un’associazione ex art. 416 bis c.p., operante in territori diversi rispetto a quelli di origine, è stata ribadita da recenti pronunce della Corte di Cassazione (Sez. II N°4304, 4305, 4306, 4307 e 4308 del 2012) emesse nel procedimento denominato “Albachiara”, relativo a un’associazione ‘ndranghetista formatasi, dietro autorizzazione delle strutture calabresi, nel basso Piemonte, nonché in successive pronunce (Cass. Sez. II nn. 5888, 5889, 5890/2012) relative a infiltrazioni ‘ndranghetiste a Genova e in Liguria, in cui si afferma che “elemento essenziale della associazione di 'ndrangheta, non è l’attualità, dell'esercizio della intimidazione, ma la sua potenzialità, la sua capacità di sprigionare autonomamente, e per il solo fatto della sua esistenza, una carica intimidatrice capace di piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano a contatto con gli affiliati all'organismo criminale” , per cui “una volta verificata la costituzione di un gruppo autonomo criminale che ripete le caratteristiche strutturali proprie dei locali costituiti in Calabria, che si ispira alle proprie regole interne, che mantiene collegamenti con la ‘ndrangheta propria calabrese, può ritenersi, sul piano indiziario proprio della fase procedimentale delle indagini preliminari, costituita una associazione che, per l'organizzazione che si è data, con collegamento con locali costituiti in Liguria, con un forte vincolo con gli associati, caratterizzato da omertà e segretezza, ripete le caratteristiche della vera e propria 'ndrangheta, la cui "fama" ha trasceso i confini regionali se non nazionali” . Nota il giudice, come, in queste ultime pronunce, siano stati attribuiti importanza e peso vieppiù maggiori, con riferimento a mafie “storiche”, al dato strutturale organizzativo dei sodalizi, e come anche alcune sentenze più risalenti (ad es. Cass. Sez. VI n.1612/2000), pur pretendendo un accertamento in concreto del metodo mafioso, abbiano ritenuto sufficiente sul piano probatorio il riscontro dei caratteri strutturali e organizzativi (rapporto di comparaggio, vincolo gerarchico, segretezza, assistenza agli associati ecc.) tipici di un sodalizio mafioso. Secondo il Gip sono stati concretamente riscontrati non solo l’apparato strutturale organizzativo tipicamente ‘ndranghetista (soggezione ai capi, gerarchie, gradi o doti, cariche, ambasciate o ambascerie, vincolo gerarchico, segretezza dell’associazione, assistenza ai latitanti, ai sodali detenuti e alle loro famiglie), ma anche l’esistenza di una carica intimidatoria autonoma esercitata dall’organizzazione nei confronti dei consociati, con conseguenti condizioni di omertà e di assoggettamento in larghi strati della popolazione circostante (assoggettamento esterno) e nei confronti dei membri stessi del sodalizio (assoggettamento interno).

vimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra. - https://www.irlandando.it/halloween/storia/”. Da qui arriva l’adattamento americano di questa festa irlandese: streghe maligne (che poi... perché sempre le femmine?), film horror su Halloween, maschere terrificanti, e tutto ciò storpia il significato di una festa molto antica, che nulla ha a che fare con il consumismo e la magia nera, e che comunque resta un rito irlandese pagano, e quindi non ha a che fare con la nostra tradizione “cristiana” (per chi lo è). Una festa è una festa, non serve volere ad ogni costo eliminare tutto quello che non è di nostro gradimento. I bambini, che sono immuni alla ristrettezza mentale, adorano inventare, schiamazzare, spaventarsi un po’. Non è certo per questo che andranno all’inferno. Per fargli capire le “cose storte” della vita basterebbe fare loro guardare i programmi politici! Ma che dico... basta semplicemente accendere la tv. E fatevela una risata ogni tanto Brigantessa Serena Iannopollo


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È stato il vento

Domenica scorsa, con umiltà, modestia e nobiltà, a Che Tempo Che Fa, Mimmo Lucano ha detto di non avere alcun merito per quanto fatto ma che è tutta colpa del vento che ha guidato quel barcone ad arenarsi sulla spiaggia di Riace.

IL BARCONE Ora l'orca è spiaggiata. Squarciato è il ventre gonfio dalla rabbia del mare. Contaminata la schiumosa sabbia dalle viscide scie di saettanti limacce rigurgitate dai putridi intestini attorno sparsi. Annichiliti resti di fetidi banchetti, parabole di antiche nobiltà oltraggiate da predace ingiustizia. Indici tesi a imputar vergogna, suppliche fatte di silenzi e di sangue. Enigmi irrisolti nel progetto della Grande Nazione ove tutto sta a pochi e ai molti niente. Nella foschia dell'alba sospirata grifagna aleggia la morte nuove prede a ghermire. Mentre sibili di rutilanti sirene, sogni e pianti estinguendo, sanciscono la fine del viaggio disperato. Che Dio, finanche, pregava non venisse cominciato. Sergio M. Salomone

Sembra proprio che di questi tempi non si possa fare a meno di parlare del sindaco Lucano. Tanto che lo si voglia santificare come Padre Mimmo di Riace, alla stregua della più famosa santa di Calcutta, quanto che si invochi per lui il supplizio della croce per avere egli detto: -Vi do un comandamento nuovo, accogliete i migranti come vorreste essere accolti voi. Ho esposto qualche settimana addietro in un pezzo pubblicato sulle pagine di questo giornale (credo, presuntuosamente, in buona lingua italiana e con argomentazioni non del tutto illogiche) il mio pensiero sulla vicenda che vede per protagonista il buon Lucano. Ho scritto, in estrema sintesi, che le leggi, come i patti, in toto servandae sunt perché in una realtà civile e sociale non ammorbata dai bizantinismi del relativismo lo spirito di una norma può - come talora accade discostarsi negli accidenti ma mai potrebbe essere in controtendenza con la sostanza di Giustizia che è condizione caratterizzante dell'entità Uomo. Eppure… sembrerebbe che il mio pensiero, che voleva essere asettico quanto più possibile, mio malgrado, sia stato piegato alle ragioni di chi contesta Mimmo Lucano così come ha dovuto incassare l'esecrazione di coloro che in lui vedono l'emulo di Madre Teresa sopra citata. Preciso che non mi inorgogliscono le pacche sulle spalle dei primi né mi deprimono le contumelie dei secondi, tuttavia, datosi che più dei discorsi di principio al giorno d'oggi contano le fazioni, ho deciso di uscire allo scoperto e fare outing e, emulando Kennedy, anch'io grido: - Ich bin ein Riacese.- Vivaddio, ce l'ho fatta! Perché nel maggio di tre anni fa avemmo, alcuni consiglieri dell'Amministrazione Comunale, l'onore e il piacere (espressione idiomatica tipicamente mafiosa) di accompagnare in una visita al borgo di Riace una delegazione della Facoltà di Architettura dell'Università di Venezia che aveva accettato l'invito dell'Assessore Isidoro Napoli a eseguire uno studio nella Vallata del Torbido finalizzato alla realizzazione di infrastrutture che facessero da volano allo sviluppo del territorio. Fu quella una breve stagione di rinascita politica di Marina di Gioiosa Jonica - prematuramente suicidata da un’iniziativa prefettizia basata su una serie di con getture risibili (se non fossero tragiche) tra le quali la partecipazione di un assessore a un torneo di calcio). Ma questo è un altro discorso. Importante, invece, è riportare qui l'effetto sortito su quegli ospiti dal racconto fatto da Lucano e dalla presa di visione diretta dell'esperienza del suo progetto nella sua Riace: attenzione mano a mano crescente, spontanea ammirazione e, per finire, empatia prossima alla commozione. Giunti in Calabria con il pregiudizio di non perdere mai di vista il portafogli, quella gente lasciò quel posto per tornarsene in Laguna con gli occhi lucidi a conferma della frase che Alessandro Siani dice a Claudio Bisio alla fine del film Benvenuti al Sud: “Se un forestiero viene al Sud piange due volte, quando arriva e quando parte”. Per le viuzze di quel presepe - che anni prima avevo visitato riportandone sensazioni di atmosfere gotiche per lo stato di assenza di vita o quasi - tutto era un fiorire di “bassi” all'interno dei quali uomini e donne, naso camuso, capelli crespi e denti bianchissimi sempre esposti al sorriso, praticavano antichi mestieri e arti che sbigottirono “gli stranieri” e suscitarono il rimpianto di noi aborigeni. Insegne colorate con i colori esagerati e gioiosi della tradizione dei popoli africani; murales iperbolici; matrone che tramballavano (verbo rubato al francese) nei marsupi creature di una serenità angelica. Mentre uomini intenti a spazzare le piazzette e a ripulire le cunette fomentavano l'invidia di noi amministratori che con la pulizia del nostro paese avevamo un conto aperto. Lui, Lucano, non si ricorderà minimamente di chi, a conclusione di quel momento, promise che gli avrebbe fatto dono di una poesia che narrava dell'episodio che aveva segnato la scaturigine dell'esperienza di Riace. Promessa mai mantenuta. In un primo momento per pudore, per dimenticanza, poi. Rimedio qui e ora accompagnandola con il rispetto e la cristiana vicinanza a chi domenica scorsa, con umiltà, modestia, semplicità e nobiltà, si nobiltà!, a Che Tempo Che Fa ha detto di non avere alcun merito per quanto egli fatto ma che è tutta colpa del vento che ha guidato quel barcone ad arenarsi sulla spiaggia di Riace. Sergio M. Salomone

"Che tempo che fa" per Lucano e per tutti noi Non sono di quelli che impazziscono per il programma di Fabio Fazio. E, però, l'ascolto che ha e il fatto che l'intervista a Mimmo Lucano fosse stata "censurata" e "silurata" preventivamente, mi hanno portato davanti al televisore con una certa apprensione e anche con qualche preoccupazione. C'era l'ansia di quando assisti a un avvenimento "storico" importante in diretta o, se mi passate la metafora calcistica, una finale ai mondiali della nazionale italiana (altri tempi!) e temi che basti un piccolo errore per vanificare splendidi precedenti risultati. Mimmo Lucano è stato perfetto. È stato se stesso, con la pacatezza, la convinzione, l'umiltà di sempre, sia nelle occasioni private che in quelle pubbliche, sia nel dire che nel fare. E così alla fine dell'intervista mi sono alzato commosso perché Mimmo non aveva parlato per difendersi o per attaccare, ha semplicemente raccontato quello che pensa, che sente, che sogna. E così è toccato a Mimmo Lucano, uomo onesto e instancabile, senza retoriche e senza fronzoli, dare voce a una Calabria democratica, civile, perbene, capace di sognare. Mimmo Lucano ha saputo mettere in moto una realtà sognante, ha saputo parlare anche a nome e per conto di tanti intellettuali che negli anni sono stati silenziosi o distratti, di tanti politici che hanno fatto i "politicanti", di tante persone rassegnate e indifferenti

perché convinte che il cambiamento sia impossibile. A un'identità dell'"essere" (che da noi è diventata angusta retorica, interminabile interrogazione sulle origini più o meno mitiche, rituali e lamentevoli riflessioni, sterile autocompiacimento), Lucano ha mostrato la potenza e la verità di un'identità del fare (che non esclude quella dell'essere) capace di cambiare il mondo secondo valori e principi "universali", con la mente e con il cuore e con le gambe dei nostri viandanti, camminatori, emigranti. Mimmo Lucano ha riscattato, con la sua umanità, anche tante sconfitte subite da una terra, dove spesso si è perso senza combattere. Ci ha sollecitato a pronunciare e a impastare, in maniera semplice, parole come orgoglio di appartenenza, ospitalità e sacralità della vita. E così adesso Mimmo, suo malgrado, diventa il punto di riferimento e di "raccolta" di iniziative, proposte (interessanti e belle come questa che riporto degli scrittori Giuseppe Gemma e Pino Tripodi), politiche di aggregazione e di rinascita. Forse da un piccolo e sconosciuto paese di Calabria, grazie a un piccolo grande uomo, l'Italia, l'Europa e il mondo hanno appreso che nuove solidarietà, uguaglianze, vicinanze sono possibili, praticabili. Si tratta, adesso, di cogliere e accogliere l'occasione e il dono che Mimmo Lucano ha donato a tutti noi. Vito Teti


Per il potere il Modello Riace è un progetto pericoloso

L’operazione di demolizione, organizzata scientificamente, è partita qualche anno fa, sotto le direttive del governo precedente. Lo scopo è quello di fare in modo che a Riace non ci sia più un punto di riferimento e tutto precipiti nello sconforto e nel caos.

Dagli arresti domiciliari al divieto di dimora nel suo paese. Praticamente in esilio. Una parola che pensavamo non dover pronunciare più. Il paese per il quale Mimmo Lucano ha lottato e in cui ha realizzato un sogno incancellabile, ha donato l’anima salvando fratelli migranti che fuggivano da guerre e carestia, per costruire un esempio di comunità accogliente e solidale apprezzato e studiato in tutto il mondo e soprattutto alternativo ai ‘casermoni mangiasoldi’, è per lui inaccessibile. È tutto così assurdo, ma per il potere ha un senso logico e lineare: è un progetto pericoloso, perché sta lì a dimostrare come un mondo migliore è davvero possibile. Insomma, un nemico da abbattere perché è fuori dagli schemi pensati dall’ ‘ordine sovrano’. Un’operazione di demolizione, dunque, organizzata scientificamente, partita qualche anno fa, sotto le direttive del governo precedente per cui lo scopo è quello di fare in modo che a Riace non ci sia più un punto di riferimento e tutto precipiti nello sconforto e nel caos così che, da esempio trainante venga uniformato alle nuove disposizioni sull’immigrazione e presto possa espandersi l’idea dei ‘lager dell’accoglienza’ e… la mafia ringrazia. Il messaggio tutto politico che questa vicenda trasmette è molto semplice: bloccare di fatto il diritto d'asilo, impedire a tutti i costi ogni possibile inserimento e integrazione. Inquadramento e

disciplina, è lo slogan lanciato dal precedente Ministero degli Interni e ora ripreso dall’attuale, così come nello schema del presunto Decreto Sicurezza. Ogni disobbedienza a questa legge diventa crimine condannabile. In uno Stato come il nostro, ad alta tradizione conservatrice e servo fedele del capitalismo, dove conta solo il profitto e tutto il resto è solo commedia, comandano i rapporti di forza. Un ministro degli Interni che ha oltre il 30% del consenso sulle politiche in fatto di migrazioni, che tendono a demolire i diritti dei migranti e a respingerli, è chiaro che cerca di concentrare intorno a sé l’indirizzo prevalente delle strutture e degli organismi dello Stato. Bisogna resistere contro questa grande prepotenza e contro la deriva nostalgica di cui ne è l’espressione. Non lasciamo che cali il silenzio su Lucano e il modello Riace. Fascismo e razzismo non sono opinioni, sono crimini. Ma nessuno dovrà aver paura. Dovremo, invece, usare la capacità, l’ostinatezza e tutte le intelligenze per raccogliere l’input che Mimmo ha lanciato, di questa piccolagrande rivoluzione sociale, che lui con orgoglio definisce soltanto ‘lo sforzo di essere normali’ e continuare in questo solco contrapponendoci a questa nuova ondata nera, di intolleranza e discriminazione, per poter alimentare, così, la speranza dell’utopia possibile. Pasquale Aiello

GERVASI: “PER ME IL SINDACO DI RIACE RESTA MIMÌ LUCANO”

Avrei dovuto indossare la fascia tricolore e sfilare con il Gonfalone del Comune di Riace e così qualcuno sarebbe stato contento. Peccato che i problemi non si risolvono sfilando. La fascia è segno distintivo del Sindaco e per me il Sindaco di Riace è Mimì Lucano eletto democraticamente. Vi chiedo scusa ma non mi sentivo a mio agio con la fascia tricolore ma ciò non vuol dire che il Comune di Riace non rispetti le istituzioni. Quanti di voi hanno pianto in questi giorni? Quanti di voi hanno riso in questi giorni? Scegliete in quale categoria rientrare e silenziosamente riflettete. Sono preoccupato per Domenico Lucano, per il nostro paese e per tutti coloro i quali sono coinvolti in questa vicenda, amici a cui voglio bene. È così difficile voler bene? È più facile odiare, si è fighi. Una frase può uccidere una persona e troppo spesso si uccide. “Spero che tua moglie abbia usato per cucire la fascia lo stesso verde del tricolore”. Pensate che la speranza possa morire se ancora esistono questi pensieri? Indosseremo la fascia tricolore e il Gonfalone del Comune di Riace tornerà a splendere nel cielo azzurro. Giuseppe Gervasi


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cultura www.larivieraonline.com

Monasteracese scopre metodo di st rivoluzionario per risalire all'età dei

A capo di un team di archeologi, geologi, architetti e diagnosti del laboratorio di ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei, dell’Ecole Normale Supérieure di Parigi e dell’Università di Barcellona, Domenico Miriello, docente dell'Unical, ha riscritto le regole delle procedure di studio utilizzate dagli esperti di beni culturali.

Domani a Siderno un evento per ricordare Mario Congiusta L’anno appena trascorso è stato molto impegnativo per il coordinamento di Libera Locride, tanti progetti in cantiere, tanti ragazzi incontrati e molte battaglie combattute insieme. Camminava al nostro fianco, in tutto questo, un’esile ma coraggioso Gigante dei nostri tempi e della Nostra storia: Mario Congiusta. Mario è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari e di noi tutti lo scorso agosto, consegnandoci un gravoso ma nobile compito, quello di “lasciare il modo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato” come direbbero gli scout - suoi fraterni amici - le lotte da lui intraprese e combattute con dignità ed eleganza, sue prerogative, sono le nostre lotte, le nostre

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Una ricerca coordinata da Domenico Miriello, originario di Monasterace e docente del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra presso l’Univesità della Calabria, ha portato alla scoperta di un metodo rivoluzionario che permetterà di risalire all’età dei reperti. Professor Miriello, come sarà possibile datare un reperto? Vorrei precisare subito che non si tratta di un metodo di datazione assoluta; la strada che abbiamo seguito, sicuramente innovativa e proficua, vale in questo momento soltanto per il sito archeologico di Pompei e potrà essere riprodotta, attraverso studi supplementari, anche in altre importanti realtà storico-archeologiche del mondo. L’idea è che ogni area archeologica che ha conosciuto uno sviluppo architettonico progressivo, avvenuto in epoche differenti, conservi per ogni periodo una sua identità; una sorta di impronta digitale che oggi può essere letta applicando un approccio multianalitico e multi-disciplinare. Ciò è stato possibile studiando malte di epoche conosciute, prelevate dal sito archeologico. Quello che abbiamo fatto è capire quale fosse il “DNA composizionale” caratteristico per ogni singola epoca; scoprendo, per esempio, tra le altre cose, che è sufficiente studiare la morfologia, lo stato di frat-

battaglie; coinvolgono famiglie, amici, istituzioni e associazioni del territorio che hanno visto in Mario, in questi anni, la testimonianza viva di chi non si arrende, nonostante tutto e tutti. E è per tutto quello che ha fatto e per l’eredità che ci ha lasciato che vogliamo dedicare a Mario Congiusta le attività future del nostro Coordinamento, per una Memoria viva e perché porteremo avanti, col nostro agire, la sua stessa ricerca di verità e giustizia. Mario è stato un’instancabile “educatore”: migliaia di giovani incontrati per raccontare la storia di Gianluca, con la speranza di formare nei ragazzi una coscienza critica e di lasciare un segno… e noi sappiamo che è stato sicuramente così, che l’incontro con quell’uomo elegante ma pungente, sia stato decisivo per molti di quei ragazzi: perché il suo corpo affaticato sui “sentieri della memoria” era testimonianza dell’impegno, perché la sua voce fioca diventava forte e vigorosa per denunciare soprusi e calunnie, perché nessun posto era mai troppo lontano per una testimonianza, perché la bontà del suo animo veniva fuori con poche parole ma… quelle giuste. Negli ultimi mesi, dopo la scomparsa di Mario, Donatella, Roberta e Alessandra hanno subito delle intimidazioni, piccoli gesti che descrivono in pieno fin dove l’uomo si può malignamente spingere. Come Coordinamento ci siamo interrogati su quale poteva essere la nostra reazione ad un fatto così grave che colpisce, non solo la famiglia Congiusta, ma tutti noi. Insieme al Movimento Reggio Non Tace, riproponiamo una conversazione sul processo Congiusta tenuta da Arturo Capone, Professore associato di Diritto Processuale Penale presso l’Università Mediterranea, svoltosi l’estate scorsa nel Cortile degli Ottimati a Reggio Calabria. All’evento interverranno Giuseppe Angelone del Movimento Reggio Non Tace, il Vescovo Mons. Francesco Oliva e Sabrina Garofalo, Sociologa e Ricercatrice Unical. L’incontro si svolgerà presso la Sala del Consiglio Comunale a Siderno, il 29 ottobre 2018 alle ore 18. Invitiamo la Locride ad esserci, per Mario e Gianluca, ma anche per tutti noi. Reggio Non Tace Libera Locride

turazione e la composizione chimica di alcuni minerali presenti nelle malte dell’area vesuviana (come i pirosseni), per capire se siamo di fronte a una malta del secondo secolo a.C. o del periodo Borbonico. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Materials Characterization. Quanti anni di ricerca sono stati necessari? Il pioniere di questa idea, che noi abbiamo affinato e ricucito sul sito archeologico di Pompei, proprio come si fa per un vestito commissionato ad un sarto, è il Prof. Gino Mirocle Crisci, coautore di questa ricerca e Magnifico Rettore dell’Università della Calabria, che già negli anni ‘90, lavorando sul Castello di Santa Severina e sull’Emiciclo teatro di Sibari, aveva intuito che ciò sarebbe stato possibile per ogni sito archeologico del mondo; infatti, da allora abbiamo pubblicato altri lavori che hanno dimostrato come ciò si potesse fare per singoli edifici architettonici (es. Templo Mayor a Città del Messico; Hagia Sophia a Istanbul). Era solo una questione di tempo dimostrare che la metodologia poteva essere applicata su intere aree archeologiche. Per questo abbiamo studiato, per ben tre anni, i campioni di Pompei, analizzando decine e decine di parametri e osservando ogni singolo campione al microscopio ottico polarizzatore, grazie al quale abbiamo stimato, per la prima volta in assoluto, i rapporti tra frammenti di roccia mono-mineralici e poli-mineralici, non-

ché il contenuto dei frammenti di cocciopesto (ceramiche frantumate). La scoperta è frutto dell’integrazione di diverse discipline scientifiche. Da quali esperti era formato il team? Il lavoro è cofirmato anche da Andrea Bloise, Gino Mirocle Crisci, Raffaella De Luca, Bruno De Nigris, Alberta Martellone, Massimo Osanna, Rossella Pace, Alessandra Pecci e Nicola Ruggieri, ed è il risultato della collaborazione multidisciplinare tra l’Università della Calabria, il laboratorio di ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei, l’Ecole Normale Supérieure di Parigi e l’Università di Barcellona. La forza di questo gruppo sta nella fortissima integrazione tra varie discipline. Tra i membri del team ci sono, infatti, archeologi, geologi, architetti e soprattutto diagnosti; mi lasci dire a tale proposito che proprio la figura del diagnosta, che ci viene invidiata dai centri di ricerca sui Beni Culturali di tutto il mondo, proprio in Italia, non riesce a trovare una collocazione lavorativa. Ce ne dovrebbe essere uno per ogni museo e in ogni Soprintendenza. È paradossale che in Italia, dove esiste la maggiore concentrazione di Beni Culturali del mondo, questa figura non venga riconosciuta professionalmente dallo Stato. In Italia si stanno addirittura chiudendo i Corsi di Laurea in cui si diventa diagnosti; molti giovani laureati sono costretti a emigrare all’estero in centri di ricerca che fanno capo a importantissime

Locri a braccia aperte C'è chi conosce Locri, in Calabria, per lontanissime cronache giudiziarie. Molti colleghi giornalisti, ancora adesso, quando gli dico che vado a Locri mi chiedono "e non hai paura?"... Negli ultimi anni mi ci sono trovato, per vedere gli amici, in più di un momento difficile per la città e quindi per il sindaco, che è un caro amico: cattiva pubblicità basata su eventi montati o fraintesi dai media nazionali e problemi reali, concreti e apparentemente irrisolvibili con i quali i cittadini e i sindaci della locride hanno a che fare, come le scarse infrastrutture, la sanità in chiusura, il deserto occupazionale e ho sempre cercato, nelle mie possibilità, di dare una mano. Tutto questo in una terra che potrebbe essere un paradiso... Già Patria della poetessa Nosside e, per i greci, addirittura la città dove il Diritto ebbe i natali, grazie al mitologico legislatore Zaleuco Sabato scorso sono tornato a Locri, invitato dagli amici di sempre, a presentare il mio libro Cosa significa oggi

essere di destra? A presentarlo con me un bravissimo giornalista che ci ha tenuto, scherzosamente, a ricordare che il padre senatore del Pci - lo ha chiamato Vladimir... Locri ha circa 15mila abitanti, quindi trovarsi una sala con 98 posti a sedere piena e con gente in piedi, non era affatto scontato. E non erano scontati la partecipazione, il dibattito, il livello culturale e politico degli interventi. L'Italia è terra di sorprese e la Calabria è sempre una sorpresa più sorprendente. Una terra che merita di più. Grazie ancora per la splendida giornata, perfetta conclusione di un "tour" straordinario, con gli amici di Cosenza e un vero bagno di folla a Catanzaro. Grazie Gabriele, grazie ai Giovanni (ce ne sono vari!), grazie Fausto, grazie Wanda, grazie Benedetta. Un ennesimo abbraccio a Raffaele e agli altri Trecento... Marcello De Angelis


A Roccella “Il Palazzo del gusto” per promuovere le eccellenze calabresi La due giorni organizzata per sabato 3 e domenica 4 novembre dalla Proloco Roccella@Sviluppo mira a costruire una sinergia tra il meglio dell’enogastronomia e dell’imprenditoria della nostra Regione.

tudio i reperti Fondamentale in questa ricerca è stata la figura del diagnosta, che ci viene invidiata da tutto il mondo. È paradossale che in Italia si stiano chiudendo i Corsi di Laurea in cui si diventa diagnosti. È come se si scegliesse di chiudere le facoltà di medicina a ridosso di una pandemia. Sì, perché i diagnosti sono i medici dei Beni Culturali e i Beni Culturali sono malati cronici che necessitano di cure continue.

realtà internazionali come il Getty Museum di Los Angeles o il Metropolitan Museum di New York. È come se a un certo punto, in Italia, si scegliesse di chiudere tutte le facoltà di medicina a ridosso di una pandemia. Sì, perché i diagnosti sono i medici dei Beni Culturali e i Beni Culturali sono malati cronici che necessitano di cure continue. Per un restauratore quanto è importante capire l’età di un reperto? Ogni epoca storica è caratterizzata dall’utilizzo di tecniche e materiali diversi; per un restauratore conoscere il periodo storico di un manufatto, i materiali che lo compongono e la tecnica utilizzata per realizzarlo, è fondamentale per eseguire un restauro funzionale con materiali compatibili. In che modo questa scoperta riscriverà le regole delle procedure di studio utilizzate dagli esperti di beni culturali? A Pompei, grazie ai nostri studi, sono già disponibili protocolli e linee guida che vengono suggeriti a tutti gli operatori che si trovano, per motivi di studio o di lavoro, ad aver a che fare con le malte e gli intonaci del sito. Quanto questa scoperta permetterà di andare indietro nel tempo? Non ci sono teoricamente limiti temporali, ma tutto dipende da che epoca, in una determinata area, le maestranze hanno cominciato a usare le malte. L’età di quali beni archeologici e architettonici presenti in Calabria potrebbe finalmente svelare questa ricerca? Il metodo non è applicabile nell’immediato a ogni area archeologica del mondo ma, proprio come per il caso di Pompei, è necessario per ogni sito archeologico un periodo di studio di almeno tre anni, prima di poter raggiungere gli stessi risultati che abbiamo ottenuto in Campania. Un approccio del genere potrebbe essere applicato in tutte le aree archeologiche e su tutti i principali edifici storici della Regione in cui siano presenti le malte.

MARINA DI GIOIOSA

Sabato 3 novembre parte “Letture d’autunno”

“Letture d’autunno”, questo il titolo della rassegna di incontri con gli autori, organizzata da I Presìdi del LibroLocride, che prenderà il via nel mese di novembre. Si parte sabato 3, alle ore 18:30, presso la sala del Consiglio Comunale, in via F.lli Rosselli a Marina di Gioiosa Ionica, con la presentazione del libro “i Rassegnati” di Tommaso Labate, edito da Rizzoli. I Rassegnàti è la cronaca precisa di un’occasione sprecata, di una partita persa all’ultimo rigore. Come quello di Baggio nella finale di USA 94, sparato alto sopra la traversa. Tommaso Labate, anagraficamente coinvolto in questa categoria vittima di un’inarrestabile parabola discendente, scava nel passato dei Rassegnàti per trovare la matrice della non-reazione, dell’inerzia, della sconfitta che segna il destino dei ventenni di vent’anni fa. Tommaso Labate viene da Marina di Gioiosa Ionica. Ha iniziato la sua carriera da giornalista a “Il Riformista” nel 2004. Dal 2012 scrive per il “Corriere della Sera”, occupandosi in particolare di politica interna, e conduce “Corriere Live” per il sito della testata. Cura una rubrica sul settimanale “Io

Donna”. Su La7, con David Parenzo, ha condotto le trasmissioni In onda e Fuori Onda. Mercoledì 7 novembre, poi, sarà il turno del libro “Corrado Alvaro e il cinema una magnifica ossessione” di Giovanni Scarfò e Cristina Briguglio, edito da Città del Sole. Non è facile definire Corrado Alvaro, esiste, però, un tratto caratteristico dell'autore di Gente in Aspromonte ed è la sua costante fedeltà alla Settima Musa. Ossessionato da quest'arte "estremamente raffinata, e pure brutale e rozza", da questa "nuova tragedia moderna, senza mediazioni né attenuanti", Corrado Alvaro ha scritto di Cinema ogni qual volta gliene fosse data l'occasione. Scarfò e Briguglio offrono un’ampia antologia di questa ricchezza di scritti, per molti tratti inedita. Giovanni Scarfò è direttore della Cineteca della Calabria e Presidente del Centro Studi, Ricerche e Promozione Cinematografica “Francesco Misiano”. Maria Cristina Briguglio è docente di Italiano, Storia e Geografia negli Istituti Statali di Istruzione Secondaria, specializzata in Arti e Scienze dello Spettacolo e Testo, Linguaggi e Letteratura.

Sabato 3 e domenica 4 novembre, presso il Palazzo dei Carafa di Roccella Jonica, si terrà l’evento “Il Palazzo del gusto - le eccellenze locali”, organizzato dalla Proloco Roccella@Sviluppo, con il patrocinio del Comune di Roccella Jonica e di altri enti. La due giorni, progettata con l’intento di promuovere le eccellenze dell’enogastronomia e dell’imprenditoria Calabrese come sistema che rappresenti una realtà ricca e complessa quale quella del nostro patrimonio enogastronomico, le aziende e le risorse che il nostro territorio già possiede, promuovendole su tutto il territorio Calabrese. Al fine di raggiungere questo obiettivo, sarà organizzata una serie di convegni, percorsi sensoraili, degustazioni e show cooking che accompagneranno ospiti e organizzatori per due pomeriggi intensi. Si comincia dunque, sabato 3 novebre, alle ore 17, con il convegno “L’importanza di Fare Rete”, cui seguirà, alle

18, il Percorso Sensoriale “Degustazione vino” a cura della Fondazione Nazionale Sommelier, alle ore 20 la degustazione “Le eccellenze calabresi” a cura delle aziende ospiti dell’evento e alle ore 21 lo show cooking “L’alta Cucina Calabrese” a cura del Ristorante “La Cascina 1899”. Domenica 4 novembre, poi, la manifestazione riprenderà sempre alle ore 17 con un convegno sulla sostenibilità Ambientale e Alimentare “Nuove Frontiere per la Green Economy”, cui seguiranno, alle 18:30 il Laboratorio dei Cinque Sensi "Le Spezie & Erbe Spontanee" a cura di BIOSFERA, alle 20 La Degustazione "Le eccellenze calabresi" a cura delle aziende ospiti dell’evento e alle 21 lo Show Cooking "L'Alta Cucina Calabrese" a cura del Ristorante La Cascina 1899 e dello Chef Rocco Agostino.

Bari - Locri, lo scontro diretto che potrebbe avvicinare gli amaranto alla Serie C

Nel giorno in cui vennero composti i calendari del campionato di Serie D, probabilmente neppure il più ottimista tra i tifosi del Locri avrebbe mai immaginato che gli amaranto, questo pomeriggio sarebbero scesi in campo contro il Bari distanziati di appena un punto in classifica. Il Locri ha adesso per le mani la possibilità di scrivere una pagina straordinaria del calcio comprensoriale, favoriti dall’ottenimento di 13 punti in 6 partite che potrebbero cominciare a far sognare persino il salto di categoria. La presidente Antonella Modafferi invita a mantenere la calma e ricorda che l’obiettivo della squadra è la salvezza, un risultato per il quale servono almeno altri 29 punti. “Per adesso - ha

Reggio Calabria: scolaresca in visita all’Ufficio postale di via Miraglia

dichiarato la Modafferi - ci concentreremo sullo scontro diretto con il Bari, considerando una vittoria anche solo poter varcare la soglia del San Nicola, nel capoluogo pugliese. Tutto il resto lo prenderemo con la massima serenità, continuando a sentire forte l’incitamenti da parte di una tifoseria straordinaria, che ci supporterà anche in trasferta con almeno tre autobus già pieni da diversi giorni”. Dal canto nostro facciamo i migliori auguri alla compagine amaranto, il cui risultato di questo pomeriggio potrebbe far esplodere una grande festa non solo a Locri, ma nell’intero comprensorio.



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Arte&co

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Cronaca di un weekend firmato Locride

Ho sentito spesso dire che nel nostro territorio non si organizza mai nulla, che non siamo in grado di combattere per i nostri diritti; a differenza del Nord dove invece si agisce e si lotta. Queste parole hanno sempre scatenato in me delusione e tanta amarezza, perché dette da chi avrebbe dovuto difendere la propria Terra e non inveire contro. Allora ho deciso di raccontare un fine settimana in questa Regione per far cono-

È stato un fine settimana ricco di appuntamenti quello dello scorso 20 e 21 ottobre che ha spaziato dalle lotte civili a quelle culturali e umanitarie.

scere e forse anche capire cosa vuol dire vivere in Calabria. Sabato 20 ottobre ore 9,30: presidio a oltranza davanti l’ospedale di Locri per evitarne la chiusura e per l’approvazione degli 11 punti che hanno lo scopo di migliorarne la struttura. Presenti molti sindaci, in primis quello di Locri: Giovanni Calabrese, ma soprattutto c’era la gente che non è rimasta a casa, ma si è recata a firmare la petizione. Il via vai di persone è continuato per tutta la settimana: in tre giorni sono state raccolte 905 firme. Sindaci e cittadini insieme e sempre più determinati in difesa dell’ospedale e del territorio. Particolare tenerezza ha suscitato la tenacia degli anziani che ci tenevano a dare il loro contributo per questa causa. È assurdo far chiudere una struttura ospedaliera che fino a qualche tempo fa era il vanto del territorio. Chi avrà bisogno di cure imminenti, che farà? Dovrà percorrere un’ora di strada e se non arriverà in tempo? Le forze politiche se le pongono queste domande o semplicemente agiscono senza ascoltare la coscienza? Sabato 20 ottobre, ore 18: Locri, Palazzo Nieddu del Rio, presentazione del libro “Cosa significa oggi essere di Destra?” di Marcello De Angelis, politico, giornalista e cantautore. Lo scrittore grazie alle domande formali e informali del suo interlocutore, Rosario Condarcuri, è riuscito a confidarci del suo vissuto molto intenso e drammatico: il fratello Nanni è morto in carcere in circostanze misteriose e lui stesso ha vissuto un periodo di detenzione; racconta della sua esperienza da parlamentare, degli scenari inediti

della politica, ma soprattutto a parlare è un uomo che invece del potere ha preferito salvare la sua dignità e i suoi valori, tanto che termina il libro con questa frase: “meglio perdere le elezioni che perdere se stessi.” Persone che la pensano così sono sicuramente poche, ma ci sono. Ci sono ancora uomini che credono nei propri ideali e vanno dritti per la propria strada rinunciando a quel che apparentemente potrebbe sembrare la via più facile. Si è visto un uomo che raccontava e a tratti si commuoveva. Un uomo che ha lasciato la politica, perché forse ha preferito salvare se stesso. Domenica 21 ottobre, ore 9,30: continua il presidio davanti l’ospedale, il sindaco Calabrese annuncia la sua presenza con queste parole: “Io ci sono! Ringrazio mia moglie e i miei figli per la comprensione. È domenica mattina, sarei dovuto giustamente rimanere a casa, dedicarmi alla famiglia, invece ho scelto di essere qui, davanti al nostro ospedale. Davanti all’ospedale, con gli altri Sindaci, per difendere un ideale.” A queste parole in anti hanno risposto: “Arriviamo”… E così è stato. domenica 21 ottobre, ore 17: presso la libreria Mondadori di Siderno, viene proiettato il film “Sulla mia pelle” che racconta gli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, il trentunenne di Roma morto il 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare. Il ragazzo, al suo arrivo in carcere è stato picchiato dai carabinieri e in seguito ad una lenta agonia, davanti all’indifferenza più totale delle forze dell’ordine, dei giudici e dei medici è morto. Da fuori la sua famiglia lottava contro la

burocrazia per poterlo vedere. Ma come si può essere così indifferenti al dolore di un altro essere umano? Come si fa a girarsi dall’altra parte? Gli spettatori sono rimasti paralizzati di fronte a questa disumanità, non c’erano parole, solo lacrime che scendevano abbondanti a bagnare le guance. Dopo sette anni di processi, dopo 45 udienze, dopo essere stati ascoltati 20 testimoni e decine di consulenti tecnici, finalmente la storia del ragazzo trovato morto per cause ancora da stabilire è ad una svolta: l’11 ottobre scorso, infatti, uno dei carabinieri, Francesco Tedesco, ha accusato i suoi due colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, di aver pestato violentemente Stefano la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009. Il rimorso di coscienza è arrivato finalmente. C’è un perché quando ci si trova ad affrontare la cattiveria dell’uomo? Rita e Giovanni, i genitori di Stefano, insieme alla sorella Ilaria, in questi anni si saranno spesso chiesti perché… Tuttavia se guardando questa incomprensibile crudeltà, le anime urlano no, come senso di ribellione a tutto quello che è stato visto, allora non tutto è perduto: è ancora possibile sconfiggere l’indifferenza e qualche spiraglio di luce è ancora in grado di illuminare il cammino dell’uomo. Domenica 21 ottobre, ore 21: nel programma di Rai Uno, “Che Tempo che fa”, un calabrese intervistato da Fabio Fazio afferma: “Nessun essere umano può rimanere indifferente quando un altro essere umano chiede di essere aiutato.” E ancora: “Quando si condivide un ideale, dentro si prova solo entusiasmo.” Quest’uomo ha gli occhi buoni, parla con voce calma, senza offendere nessuno e quasi commuove. Si chiama Mimmo Lucano e fino a qualche settimana fa era sindaco di Riace, poi è stato accusato di favorire l’immigrazione clandestina e costretto agli arresti domiciliari, mentre da qualche giorno, dopo la revoca dei domiciliari, gli è stato proibito di vivere nel suo paese. Quando Fabio Fazio gli chiede: “Ma lei crede di aver fatto qualcosa di sbagliato?”, risponde limpido: “Io rispetto la legge, ma quando si vede qualcuno che muore è impossibile rimanere indifferenti. Anche le leggi naziste erano la legalità, ma non erano giuste. Io credo che la giustizia ha un valore molto più profondo.” Quello di Lucano è stato un discorso non politico, ma umano. È stato un insegnamento utile per salvarci dalla cattiveria, dall’egoismo e dal cinismo. Questa è la Calabria che io vivo e che io amo, la Calabria che mi arricchisce e mi fa sentire orgogliosa di essere calabrese, perché la mia terra non si accascia, ma lotta per risollevarsi. Rosalba Topini

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Ariete Comincerete bene la settimana e affronterete le difficoltà consapevoli dell’amore del vostro partner. Sul lavoro abbiate fiducia nelle vostre capacità e non correte dietro al risultato senza godervi il presente. Col tempo consoliderete i risultati.

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Il paradiso (non) può attenDue Cavallaro al prezzo di uno dere Il chimico della tarantella Mimmo e il “comAl termine di un’intervista, il pagno” Cavallaro di Siderno, sempre prenostro fotografo ha voluto sente dove c’è da battagliare, posano fuori immortalare questo magnifidall’Ospedale di Locri al termine della co tramonto sul Porto delle manifestazione di sabato scorso, che Grazie di Roccella Jonica, che hanno supportato con la propria presenza. ci ricorda in quale splendido angolo di mondo viviamo e di fermarci, ogni tanto, a godere delle nostre meraviglie.

La ricerca della felicità “Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Se hai un sogno, lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa, lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila.” Chris Gardner - per la laurea di Angela Marvelli

Serena stanchezza Tommaso Raschellà e Alberto Romano, rispettivamente presidente dell’assemblea e del Consiglio di Amministrazione delle Terme di Antonimina, ci salutano con uno splendido sorriso nonostante vengano da una mattina di duro lavoro piuttosto stressante.

Cancro Conquisterete finalmente la fiducia di una persona che vi ha chiesto tempo. Le coppie ben solide avranno lo sguardo rivolto verso il domani, mentre sul lavoro l’agenda pullula di appuntamenti. I ritmi si fanno frenetici. In arrivo guadagni inaspettati. Leone Imporrete il vostro punto di vista in una faccenda famigliare, snervando particolarmente la persona amata. Provate a mediare. Sul lavoro occasioni imperdibili all’orizzonte. Un iter formativo, molto presto, si tramuterà in un progetto ricco di prospettive.

Bilancia Se nelle ultime settimane ci sono stati dei problemi con la persona amata, adesso è arrivato finalmente il momento di godersi un po’ di meritata tranquillità. Sul lavoro comincia un periodo nel quale riuscirete a raggiungere i traguardi con facilità. Scorpione Chi sta affrontando un periodo un po’ burrascoso con la persona amata, potrebbe accettare dolci evasioni che potrebbero innescare crisi di gelosia, ma sul lavoro Marte dona forza e coraggio per modificare accordi e trattative e tuffarsi in nuove sfide.

Carboidrati per tenersi pronti Marcello De Angelis, assieme a Gabriele Polito, durante i preparativi per la presentazione del suo libro “Che cosa significa oggi essere di destra?”, che la scorsa settimana ha intrattenuto presso la Biblioteca di Locri un interessatissimo pubblico.

Ringraziamenti matrimoniali Giorgio Seminara e Francesca Italiano, nella significativa data del 18/10/’18, hanno coronato la propria splendida storia d’amore convolando a nozze e ringraziando con il più caloroso dei tweet l’amore e le felicitazioni espresse da tutti i loro amici!

Gemelli Vi comporterete da eterni ragazzini. Scapperete a gambe levate di fronte ad impegni e responsabilità e anche sul lavoro faticherete a dedicarvi ad un solo progetto lavorativo col rischio di cominciarne tanti senza, però, riuscire a portarne a termine.

Vergine Il vostro cuore cela dei segreti che lasceranno intendere la voglia di innamorarsi di nuovo oppure di esserlo già! Totalmente immersi nel lavoro, potreste cadere, pur avendo pianificato tutto, in errori di distrazione. Meglio concedersi una pausa!

Vivida estate Le ultime calde giornate hanno riportato alla memoria di DJ Alfredo le belle serata estive del 2018, per le quali ringrazia lo staff che ha permesso tanto divertimento e in particolare Luana, Giulia, Federica, Paola, Francesca e Antonella (per Puglile)

Raccolte firme parallele Anche l’associazione AVO, durante questa prima settimana di protesta per il diritto alla salute nella Locride, ha organizzato il proprio banchetto di raccolta firme assieme ai sindaci della Locride al fine di far comprendere l’importanza di questa lotta.

Toro Scoppiettanti incontri in arrivo! Fantasia e adattabilità aiuteranno soprattutto i cuori solitari ad avere successo, mentre sul lavoro si prevedono situazioni conflittuali in quei rapporti con collaboratori in progetti in avvio e nella gestione dei conti.

Sagittario Venere mette in evidenza problematiche nelle relazioni che andranno superate senza recriminazioni, mentre sul lavoro potrete affrontare un nuovo cammino con spinte più costruttive. Romperete con ciò che non ha fruttato sia in guadagni sia in soddisfazioni!

A supporto del nostro ospedale Tutti i membri dell’associazione di volontariato “Barlaam Calabro” posano orgogliosamente dinanzi all’Ospedale di Locri durante la manifestazione di sabato mattina, ritenendo doveroso supportare così con la propria presenza l’iniziativa dei sindaci.

Capricorno Sarete pronti a sostenere il partner e a rompere quella corazza che, agli occhi degli altri, vi fa apparire freddi ed impenetrabili. Sul posto di lavoro, evitate di portare avanti situazioni logoranti, soprattutto con protagonisti i colleghi invidiosi.

Acquario I vostri comportamenti intrigano ma, nel contempo, scoraggiano in quanto non offrono solide garanzie per il futuro in due. Mercurio aiuta comunque a impostare correttamente i rapporti con i colleghi. Riuscirete a dare linfa vitale a importanti progetti! Pesci Stupirete la dolce metà con le vostre dimostrazioni d’affetto. Sul lavoro avrete molta inventiva ma, purtroppo, sarà condizionata dai suggerimenti di un collega invidioso. Non perdetevi in inutili e sterili ragionamenti perdendo di vista l’obiettivo.




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