Riviera nº 47 del 19/11/2017

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CONTROCOPERTINA

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Domenica 19 Novembre 3

Un racconto surreale ma non troppo. Abbiamo immaginato cosa potrebbe succedere se, ad aver bisogno di cure mediche urgenti, fosse quella stessa ‘ndrangheta che mandA al collasso gli ospedali del sud.

Don Vito

rischia la vita

Dopo aver contribuito a distruggere una terra, ossessionati e assuefatti dall’odore dei soldi, anche i boss prendono coscienza di aver generato una terra maledetta.

n sabato mattina il capo ‘ndrangheta Don Vito si alza con un forte dolore alla zona nobile delle sue pelvi e chiama il fido aiutante Carmelo. “Melo! – grida Don Vito – Mi sento male un’altra volta con quella cosa che sai tu. Levami ‘o spitali, ca mi nesci blu e non sacciu picchì. Si mi cadi o non si isa chiù, vogghiu sulu ‘u m’ammazzu!”. Seppur titubante, Carmelo obbedisce agli ordini di Don Vito e lo conduce con la BMW al Pronto Soccorso dell’Ospedale del paese. All’accettazione una signora bionda molto simile a Boris Karloff gli fa presente che il suo è un codice verde e che deve attendere. Don Vito rimane trasecolato e chiama Carmelo. Dopo pochi minuti di confabulazione con la guardia, Don Vito viene fatto entrare al pronto soccorso, precedendo due donne incinte, un uomo con un braccio rotto e un bambino con un taglio alla testa. Fatto salire sul lettino gli viene chiesto di attendere per un antidolorifico. Dopo sette minuti Don Vito si spazientisce e manda Carmelo a parlare con i medici. Il fido aiutante torna con aria non troppo allegra: “Don Vito, c’è un problema con la medicina: non c’è il farmaco che vi servirebbe”. “Come non c’è? Che mi significa questo?”. “Don Vito, ma non ricordate l’accordo tra l’azienda farmaceutica tedesca e la Regione, che questo farmaco deve essere disponibile non più di tanto, in modo che la gente se lo porti da casa, comprandolo a proprie spese? Non vi ricordate del dottore tedesco che venne a prendere accordi con noi per limitare la disponibilità del farmaco negli ospedali calabresi?”. “Ah, sì, sì! Ho parlato personalmente con De Grassi, alla Regione. Ma ora come si fa?”. “Devo andare in farmacia al paese, a prenderlo io”. “E vai, sbrigati ché mi sento male. Intanto fammi portare in stanza, ché qui è uno schifo. C’è quel bambino che piange e mi dà fastidio!”. “Ehm, Don Vito, ma non vi ricordate che metà dell’ospedale è chiuso, e non ci sono reparti di degenza?”. “Come non ci

U

sono reparti? Che mi significa?”. “Come Don Vito, sono trent’anni che lavoriamo per lo Stato in modo che gli ospedali calabresi non funzionino, per mandare i malati agli ospedali del Nord!”. “Eeeh, in questo momento non mi tornava in mente, con questo dolore! Vai in farmacia, vai!”. “Don Vito, mi servono i soldi”. “Come i soldi? Che mi significa?”. “Il farmaco che vi devono fare, in Calabria si paga”. “Come si paga? Io l’ho sempre avuto gratis!”. “Epperché le prime volte ve l’hanno fatto in Veneto, dove è gratis picchì i g l i

‘ndannu ‘a devolution! E poi ve lo ha sempre portato quel rappresentante dell’azienda farmaceutica, ma normalmente si deve pagare”. “E quanto costa?”. “Seicento”. “Euro?” “E che, lire?”. “E perché così caro, che mi significa?”. “Che il prezzo l’ha stabilito il Parlamento Europeo che è gestito dalle banche e dalle multinazionali, di cui noi siamo partner… eh, Don Vito!”. “E lo sai che questi accordi li ha presi mio nonno con la buonanima del Presidente del Consiglio negli anni ’60! Mo’ mi ero dimenticato!”. In quel mentre arriva una dottoressa con un foglio in mano: “Signor Calabrò – esordisce – l’emocromo non era buono e vi abbiamo fatto altre analisi, e purtroppo non ci sono buone notizie”. “Che vuole dire? Che cosa ho? Con tutto il rispetto signora, mia moglie deve preoccuparsi?”. “Quello che deve preoccuparsi è lei, signore: purtroppo c’è un carcinoma dovuto a un accumulo di metalli pesanti e sostanze radioattive nei reni, dovuto probabilmente all’inquinamento della falda acquifera”. “Come inquinamento? Che mi significa? Io bevo l’acqua della bottiglia!”. A quel punto Carmelo dà di gomito a Don Vito e gli dice sottovoce: “Non sarà l’acqua della montagna, Don? Epperché quella lo sapete… gli americani ci hanno chiesto dove poter stoccare quei fusti… quei fusti lì, avete capito quali, no? Che dovevano fare la centrale e poi non l’hanno fatta e ci hanno lasciato le scorie… Gli abbiamo indicato noi il posto! Non vi ricordate che ci aiutarono la Digos, la Forestale e pure la Polizia? Ci controllavano il perimetro perché nessuno s’avvicinasse”. “Ero quasi bambino, come posso ricordarmi queste cose?”. “Don Vito, avevate trent’anni! Eravate un uomo fatto!”. “E io mi sono bevuto l’acqua di quei fusti per tutti questi anni?”. “Il problema è che l’ho bevuta pure io, Don Vito”, risponde Carmelo, pensando alla sua, di moglie. “Ho capito, Carmelo! Qui non funziona niente, chissa è na terra maledetta! La Calabria è peggio dell’Africa! Prenotami un volo per Torino!”. Lidia Zitara


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ATTUALITÀ

Domenica 19 Novembre 4

Pino Aprile per il riscatto della Locride Il viaggio dei sindaci a Roma può avere tante chiavi di lettura , tutte legittime, ma c'è una sola certezza. Questa Terra perderà tutte le battaglie se non verrà colmato il fosso che separa la "politica" dalla gente comune. Soprattutto se non si formerà un movimento di popolo capace di dare forza e continuità ai drammatici problemi della Locride e della Calabria. Un movimento non legato a singoli partiti, né con mire elettorali. Dobbiamo darci una strategia Meridionalista all'interno dei Principi costituzionali. Il primo dicembre PINO APRILE e Mimmo Gangemi saranno a Siderno assieme a tanti altri intellettuali della Locride su invito dell’associazione 22 ottobre. Non si tratta di aderire acriticamente a tesi altrui ma di gettare le basi per un lavoro comune. Una risposta forte all'altrui arroganza. Più ci saremo tanto più forte sarà la nostra Terra.

GIUDIZIARIA

Intrecci pericolosi Parallelamente al consolidarsi del quadro indiziario circa una matrice mafiosa negli attentati di Roma, Firenze e Milano, é andato rafforzandosi negli investigatori la sensazione che il nuovo indirizzo “stragistico” inaugurato dalla mafia perseguisse in realtà obiettivi che andavano al di là degli interessi esclusivi di "cosa nostra" o, per lo meno, tendesse al conseguimento di obiettivi comuni o convergenti con gruppi criminali di diversa estrazione con cui esistono rapporti stabili o che in passato avevano convissuto con la mafia. In questo senso va un’informativa del 4 marzo 1994, che ha come oggetto un'ipotesi investigativa in ordine ad una connessione tra le stragi mafiose di Capaci (23.05.1992) e via d'Amelio (19.07.1992), con gli attentati di Firenze (27.05.1993), Roma (14.05 - 28.07.1993) e Milano (27.05.1993) per la realizzazione di un unico disegno criminoso che ha visto interagire la criminalità organizzata di tipo mafioso, in particolare "cosa nostra" siciliana, con altri gruppi criminali in corso di identificazione. Tali eventi non sono apparsi come consueti attentati di mafia, seppure gravissimi, bensì come atti di vera e propria “politica mafiosa”, la cui riconducibilità alla mafia, intesa come organizzazione criminale chiamata "cosa nostra", doveva procedere in modo graduale, attraverso una serie di stadi intermedi che rappresentavano altrettanti momenti di convergenza operativa o ideativa. Infatti le connotazioni degli attentati, nel loro complesso disomogenee ma per alcuni aspetti convergenti, potevano sortire un effetto di disorientamento nei confronti degli inquirenti e, soprattutto, dell'opinione pubblica (rendendola così più facilmente influenzabile), pur mantenendo intatta la sua valenza di messaggio pienamente comprensibile ed univoco per la subcultura mafiosa. Gli investigatori, all’epoca, hanno riletto le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia sui rapporti instauratisi sin dagli anni '70 tra i vertici di "cosa nostra" e logge massoniche siciliane , quelle sull'appoggio richiesto in quegli anni alle organizzazioni mafiose da J. V. B. e quelle relative ai progetti di tipo eversivo- separatista delineatisi nello sfondo dell' intesa intercorsa tra la ’Ndrangheta calabrese e "cosa nostra" siciliana , a seguito della quale la mafia calabrese ha assunto una nuova struttura verticistica propria del modello siciliano. Allo stesso modo sono stati riesaminati i progetti separatisti di cui Michele S. fu portavoce presso "cosa nostra", nell'ambito anche di uno scontro tra diverse anime della finanza italiana, che si divideva tra quella di matrice pubblica e quella più strettamente di matrice privata. E' tornato alla mente come, del resto, allo stesso ambito politico- eversivo vada iscritta la vicenda della fuga dal carcere di Franco F., fuga appoggiata da esponenti della ’Ndrangheta calabrese unitamente ad esponenti di Avanguardia Nazionale legati alla massoneria ed in rapporti con esponenti dei servizi segreti. Successivamente, nel 1979, Franco F. fu catturato in Costarica grazie alle indicazioni fornite alla Polizia da un collaboratore di giustizia di Reggio Calabria che, proprio per tali motivi fu oggetto di attentato disposto da un capo clan della città “metropolitana” su richiesta, tramite l'avvocato R., dell'estrema destra. Non poteva restare privo di significato, almeno ai fini di una analisi dei fatti, la concomitanza di un singolare fermento politico manifestato negli ultimi tempi da L. G. - in costante contatto con elementi di raccordo tra imprenditoria commerciale e cosche mafiose riconducibili a "cosa nostra" - e da noti esponenti della destra eversiva, attorno a progetti di tipo leghista, specie nell' Italia centro meridionale : «progetti che sembrano poter coniugare perfettamente le molteplici aspirazioni provenienti da quel composito mondo nel quale gruppi criminali con finalità politico - eversive si affiancano a lobbies affaristiche e mafiose».

Tavolo per la sanità i dubbi sulla presenza di Scaffidi bollati come teoria del complotto da Dalila Nesci Dopo “l’assedio” di Palazzo Chigi da parte dei sindaci della Locride di martedì 14 novembre, giovedì mattina si è svolto un tavolo tecnico per la sanità presso la prefettura di Reggio Calabria che, a nostro parere inspiegabilmente, ha virato senza alcun preavviso verso la politica e, in particolare, verso la politica a 5Stelle. Il Presidente del Comitato dei Sindaci della Locride, Rosario Rocca, infatti, mentre da un lato ci segnalava l'assenza del commissario alla sanità calabrese Massimo Scura, che avrebbe dovuto essere il primo interlocutore della discussione intavolata nella mattinata di giovedì, dall'altro ci faceva notare la presenza al tavolo di Gianluigi Scaffidi, delegato del Movimento Cinque Stelle, vecchia volpe della politica e della sanità calabrese, già uomo di Giuseppe Scopelliti, la cui presenza nell’ambito dell’assise del 17 novembre non era ai nostri occhi giustificata. La risposta alle nostre domande, ironica ma assolutamente insoddisfacente, è arrivata a firma della deputata Dalila Nesci, che ha indirettamente tacciato i dubbi nostri e di Rosario Rocca di “complottismo”. “Ammetto, - scrive la Nesci - Gianluigi Scaffidi fu un agente speciale utilizzato per scopi segreti nell'ambito della guerra fredda. Mi è utile per obiettivi inconfessabili, avendo il medesimo un quoziente intellettivo superiore alla norma e un'abilità nell'indossare panni altri, derivata dalle lezioni del grande Alighiero Noschese.

Inoltre Scaffidi partecipò a Portella della Ginestra e in seguito ad attività di intelligence di Brigate Rosse e Nar. Amico personale del generale Francisco Franco, ispirò riforme di Fidel Castro e cenò più volte con Stansfield Turner, capo della Cia dal '77 all'81. Perciò sotto la giunta regionale di Giuseppe Scopelliti gli levarono l'incarico di responsabile del Piano

di rientro dal disavanzo sanitario della Calabria. Capirono anzitempo che con quei contatti poteva creare guai, avendo egli scoperto un surplus di finanziamento illegittimo, permanente, in un'azienda del Servizio sanitario regionale, elemento che avrebbe potuto utilizzare per finalità indicibili. Oggi Scaffidi era al tavolo prefettizio per la sanità nella Locride in quanto delegato da me, che, avendo la responsabilità gestionale del Servizio sanitario calabrese, dovevo nascondere le mie colpe. In tale veste ho impedito l'assunzione di medici e infermieri, ho determinato disservizi diffusi, ho bloccato la riapertura dell'ospedale di Praia a Mare e ho fatto revocare nomine di direttori generali che non mi garbavano. Per completare l'opera, dato che di recente mi sono occupata della pesante vicenda dell'Ortopedia di Locri, ho inviato Scaffidi all'odierno Tavolo prefettizio, a intorbidare le acque. Oggi, in tempi di alleanze trasversali per il potere, Scaffidi non ha poltrone in Calabria, ma compensa in quanto consigliere di Vladimir Putin e di Nicolás Maduro. Non c'entra, ma consentitemi di ringraziare la deputata Enza Bruno Bossio, che ha sempre denunciato il malaffare nella sanità calabrese e che, per quanto ingiustamente contestata con durezza a Praia a Mare, ogni giorno ha combattuto in prima linea contro le doppiezze politiche dell'amministrazione regionale, targata 5stelle. Dalila Nesci deputata, M5s”

C ACHI

LA TERR Continua la nostra carrellata di parlamentari eletti in Calabria e l’analisi sommaria del loro operato nell’ultima legislatura per cercare di comprendere se valga la pena o meno rieleggerli durante le politiche di primavera. Giuseppe Galati, ex berlusconiano poi illuminato sulla via di Verdini e oggi a pieno titolo esponente calabrese del Partito della Nazione è componente della Commissione Permanente Bilancio e Tesoro e vicepresidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Ha un indice di produttività parlamentare, (un dato che prende in esame il numero, la tipologia, il consenso e l’iter degli atti presentati dai parlamentari in modo da poterli confrontare tra di loro) di 162,2, che lo rende il 335º parlamentare più produttivo su 630. Per la Calabria ha presentato: Disegni di legge ……………………………………0 Mozioni …………………………………………..1 Interpellanze ……………………………………….0 Interrogazioni a risposta orale ……………………2 Interrogazioni a risposta scritta ………………….10 Interrogazioni in commissione ……………………0 Ordine del giorno ………………………………….1 Emendamenti ……………………………………0 La sua azione politica, si è concentrata su infrastrutture, Aeroporto dello Stretto, ferrovia e viadotto Italia, patto per la Calabria, spesa sanitaria e ricerca universitaria, per un totale di 14 atti, di cui 11 in qualità di primo firmatario dedicati alla nostra regione. Ernesto Magorno, di Diamante, è stato eletto nelle

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DI JACOPO GIUCA

fila del PD mentre rivestiva la carica di consigliere provinciale dello stesso partito, di cui nel 2014 è diventato segretario, carica poi rilevata dall’amico di sempre Matteo Renzi. Componente della Commissione permanente Giustizia e della Commissione Parlamentare Antimafia, ha un indice di produttività parlamentare di 63,7, che lo rende il 588º parlamentare più produttivo su 630. Per la Calabria ha presentato: Disegni di legge ……………………………………0 Mozioni …………………………………………..1 Interpellanze ……………………………………….1 Interrogazioni a risposta orale ……………………5 Interrogazioni a risposta scritta ………………….11 Interrogazioni in commissione ……………………7 Risoluzioni in commissione……………………….2 Ordine del giorno ………………………………….3 Emendamenti ……………………………………3 La sua azione politica, si è concentrata su crescita, legalità, rifiuti, servizi sanitari e gestione del flusso migratorio, tutela delle minoranze linguistiche, trasversale delle Serre, infrastrutture, ferrovie, tagli ai trasporti, viadotto Italia, questione Alitalia, legalità, tutela del territorio, regolarizzazione degli LSU-LPU, tutela di infrastrutture ed enti pubblici e, nelle due risoluzioni in commissione (unico parlamentare calabrese ad averne presentate, tra quelli presi in esame fin’ora), possibilità dell’esistenza di una Terra dei fuochi e la risoluzione dell’emergenza alluvionale, per un totale di 33 atti, di cui 8 in qualità di primo firmatario dedicati alla nostra regione.



L’onta “

COPERTINA

Trentadue eletti dal popolo non possono essere confinati in un angolo oscuro della Galleria “Alberto Sordi”; non possono esser ricevuti in due - da funzionari di Palazzo Chigi; non è lecito lo sfottò con qualche interrogazione parlamentare e ancor meno le moine di deputati calabresi così autorevoli negli “ambienti romani” da non ottenere un appuntamento di qualche minuto con uno straccio di interlocutore valido.

“romana”

ILARIO AMMENDOLIA

ono legato a gran parte dei sindaci della Locride da un tal rapporto di stima e di amicizia per cui ho molto esitato prima di commentare il loro recente viaggio a Roma. Non giudico, mi sento uno di loro e faccio miei i loro eventuali errori e finanche le amarezze e le umiliazioni. Non avrei saputo fare meglio di quanto loro hanno fatto ma tutto ciò premesso mi limito a dire che 32 eletti dal popolo non possono essere confinati in un angolo oscuro della Galleria “Alberto Sordi”; non possono esser ricevuti – in due – da funzionari di Palazzo Chigi; non è lecito lo sfottò con qualche interrogazione parlamentare e ancor meno le moine di deputati calabresi così autorevoli negli “ambienti romani” da non ottenere un appuntamento di qualche minuto con uno straccio di interlocutore valido. Credo che i sindaci siano andati a Roma con le migliori intenzioni e anche con l’idea di sollevare il caso dell’ospedale di Locri a livello nazionale. Il loro viaggio è passato inosservato. Ben altro spazio la stampa e la televisione nazionale hanno riservato alla cattura del “supremo” o della “mamma” e ben altra attenzione dimostrano verso un semplice trafiletto di Gratteri o di De Raho. Per parlare di mafia qualche mese fa è venuto a Locri il Presidente della Repubblica accompagnato da ministri e funzionari dello Stato. Per consegnare il campo sportivo di San Luca è venuta la sottosegretaria alla presidenza del consiglio on. Boschi. Noi facciamo notizia solo nella dimensione mafiosa.

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Nell’ospedale di Locri e in tutta la Calabria la malasanità accorcia la vita e causa molti più morti della ‘ndrangheta. Miete vittime soprattutto fra gli ultimi di questa Regione. Palazzo Chigi si è presentato agli occhi dei sindaci della Locride come il “Palazzo d’inverno”: grigio, ostile e inaccessibile. E i sindaci erano “piccoli” e “deboli”. Ognuno di noi singolarmente è tale! Non c’erano folle alle loro spalle ma solo tanta solitudine. Non “Roma” ma i paesi della Locride sembravano perplessi e increduli dinanzi alla “missione romana”. Non è mancata la buona volontà dei sindaci ma c’è stata un’ambiguità di fondo tanto nel metodo e nel merito. Si è partiti per Roma senza passare per “Catanzaro” e conseguentemente si è andati sotto Palazzo Chigi con un pesante bagaglio di mugugni ma senza una vera piattaforma rivendicativa. Senza una strategia di lotta. Quasi che bisognasse informare il governo della grave situazione dell’ospedale locrese. Un’ingenuità: “Roma” sa bene qual è lo stato della sanità in Calabria e a Locri, e “Catanzaro” sa altrettanto bene che esiste un grumo di interessi che da 40 anni schiaccia i bisogni dei cittadini calabresi soprattutto dei più deboli. Da quando è venuta meno la forestazione, la “politica” calabrese è controllata attraverso la “catena di Sant’Antonio” della sanità. Un pozzo di San Patrizio che inghiotte quasi per intero il bilancio regionale. Un pozzo senza fondo a Reggio come a Locri e per il cui controllo si è arrivati anche al delitto. Ma di questa “mafia” - legale e legalizzata - non si vuole parlare; molto meglio scrivere titoli cubitali sui “cumps” di Brancaleone

e di Africo. Quel che resta della “sanità” calabrese poggia su tanti professionisti validi e preparati ma “disarmati” perché – accanto a costoro – opera una fabbrica di politicanti senza politica: medici senza vocazione, proprietari di cliniche private, fornitori, studi legali, sindacalisti, imboscati. Sono costoro lo zoccolo duro della “politica” attuale e tutti insieme rappresentano una nuvola di cavallette che non lasciano nulla dopo il loro passaggio. E a Locri le cavallette son passate lasciando il deserto. È inutile andare in Prefettura. Ribadisco: non si vincono i poteri responsabili della nostra disfatta senza “armare” e mettere in marcia l’esercito degli esclusi, dei sofferenti per malasanità, dei cittadini che hanno sete di giustizia. Non si possono servire due padroni: o si tutelano - e a qualsiasi costo - gli interessi degli ammalati o si compra il consenso politico con la sanità. Questo è il nodo gordiano che bisogna sciogliere ma non è stato sciolto né a Catanzaro né a Roma. Signori sindaci, L’onta romana brucia a voi che rappresentate le Istituzioni come a noi che siamo “popolo”. Siamo sulla stessa barricata. ll “22 ottobre” a Siderno abbiamo indicato una strategia difficile e di lunga lena: quella di una Locride protagonista in una Calabria in piedi. Lo faremo ancora a Locri il 1°dicembre! C’è in noi la voglia di riscoprire l’importanza e la bellezza dell’impegno politico e culturale senza dover passare per riscuotere. Uniti possiamo farcela, dobbiamo farcela. Lo vuole la nostra Terra, lo pretende il nostro Popolo, lo dobbiamo alla nostra Repubblica.


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È vero, la trasferta romana non ha portato ai risultati sperati, si poteva organizzare meglio e sono legittime le critiche mosse ai presidenti dell’assemblea e del comitato dei sindaci, ma vogliamo essere vicini a Franco Candia e Rosario Rocca, che sono stati in grado di riunire sotto un unico vessillo ben 32 dei 42 sindaci del nostro comprensorio, mostrando un’unità di intenti senza precedenti per l’organo.

L’unione fa la forza L’ altro giorno leggevo su un importante quotidiano nazionale i dati della crescita economica dei paesi europei. Consultandoli attentamente, ci si rende conto di come la divisione porti solo negatività. Infatti la Germania, la Francia e l’Inghilterra hanno avuto, negli ultimi 5 anni, una crescita dell’1,5% del PIL, mentre l’Italia dello 0,3. Certo, penso io, perché i paesi europei sono riusciti a far cadere Berlusconi e portare una continua instabilità politica nel nostro paese con la stessa strategia adottata da decenni nei confronti del Sud Italia. Le nostre popolazioni sono gestite dal potere centrale come sudditi, senza stabilità di governo e senza idea di sviluppo. Fatta questa premessa, che dovrei illustrare meglio con articoli di Salvemini, Guido Dorso o, meglio ancora, di Nicola Zitara e Pasquino Crupi, mi posso concentrare sul tema della settimana: la protesta romana dei sindaci della Locride. La prima novità che voglio evidenziare è che, dopo anni di riunioni, assemblee, incontri, per la prima volta i sindaci della Locride si sono recati UNITI a Roma per manifestare. Manifestare per cosa? La sanità, l’ospedale di Locri, l’abbandono, l’isolamento, questi e tanti altri i motivi della protesta dei sindaci, questo e tanti altri i problemi che rendono la Locride l’ultimo avamposto d’Europa. Dopo aver seguito per anni questo gruppo di sventurati, non posso non notare che il fatto più evidente, che forse molti non vogliono vedere, la grande notizia che emerge, è proprio l’unità dei sindaci, che come per miracolo si sono ritrovati a Roma, davanti a Palazzo Chigi, in 32 su 42. Numeri che, a ben vedere, diventano ancora più rilevanti se si esclude che almeno 3 comuni sono commissariati e almeno 4 sindaci avevano impegni seri e improrogabili. Tra le presenze, poi, c’è da segnalare il sindaco di Riace Domenico Lucano, che non ha mai partecipato al movimento dei sindaci. Nella riflessione, dunque, deve emergere che

questi sono segnali che denotano il sentimento di responsabilità che li ha portati fino a Roma. Il giorno dopo saltano all’occhio anche delle divisioni, questo purtroppo è vero, ma vanno viste anche come reazioni di stanchezza e sofferenza verso problemi che da anni sono sempre gli stessi, e per i quali non arriva mai una soluzione. Per tutti questi motivi ritengo di portata eccezionale il fatto che 32 sindaci si siano recati a Roma per protestare in modo composto davanti a Palazzo Chigi. Il fatto è storico. Questa volontà dimostra la sofferenza del nostro territorio. Di questo oggi sono consapevoli Gentiloni, Scura, il ministro Lorenzin, Oliverio e tutti gli attori legati all’ospedale di Locri. Chi fa informazione deve riuscire a evidenziare e fare capire a tutti i cittadini della Locride la portata storica di questa manifestazione. Questo devono capire i cittadini: abbiamo bisogno di unità di intenti, dobbiamo essere uniti per poter cambiare insieme il nostro triste destino che ci vede cenerentola d’Europa. Un territorio è spesso vittima di altri territori che lavorano per rendere divisi, deboli, senza speranza di cambiare il proprio destino. L’unione fa la forza. Questo antico detto dovrebbe farci riflettere sulla necessità che quante più persone o più elementi concorrono uniti nel volere la stessa cosa tanto più facile è ottenerla. In conclusione cerco di dare comunque fiducia a questi sindaci. Sono consapevole che questa missione non ha portato risultati, almeno per ora, sono consapevole che molti scrivono che si poteva organizzare meglio, sono consapevole e conosco quasi tutte le critiche che sono state mosse rispetto a questa manifestazione. Ma voglio stare vicino a Rosario Rocca e Franco Candia, voglio ribadire che loro sono stati i primi a riuscire, dopo tante partenze annunciate, a far muovere quasi tutti i sindaci verso un luogo di protesta. Questo conta, non i selfie e le passeggiate in galleria. Rosario Vladimir Condarcuei

Domenica 19 Novembre 07

CRONACA DI UNA GIORNATA A ROMA A quanto pare la manifestazione dei sindaci della Locride a Palazzo Chigi, contrariamente a quanto sostenuto da Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, non si è conclusa “con una passeggiata alla Galleria Sordi e un bivacco in piazza Colonna”. È vero, i 32 sindaci volati a Roma non sono stati ricevuti dal Presidente del Consiglio dei Ministri. “Non è nella prassi” - ha riferito il presidente dell'Assemblea dei sindaci della Locride, Franco Candia che, però, insieme al presidente del Comitato dei sindaci, Rosario Rocca, è stato ricevuto, in qualità di rappresentante dei sindaci convenuti, dai consiglieri istituzionali del Presidente del Consiglio, Gabriele De Georgi e Laura Tempestini. A loro hanno riferito le problematiche che attanagliano la sanità della Locride e da loro sono stati rassicurati che saranno prese in carica le esigenze di cui si sono fatti portatori. I due consiglieri hanno riferito, inoltre, che si era già tracciato un percorso tecnico istituzionale dato che si era già a conoscenza delle problematiche e dell'intera organigrammatica dell'ospedale. Il Ministero della Sanità, nei prossimi giorni, si raccorderà con il commissario regionale e si agirà su due fronti: quello di verifica della garanzia dei livelli essenziali di assistenza e funzionamento e quello di verifica del rispetto dei parametri di rientro finanziario. In base a ciò si procederà con l'adozione degli opportuni provvedimenti e dei necessari ritocchi. Candia e Rocca sono anche stati rassicurati che si sarebbe agito sul livello prefettizio, cosa che è stata fatta già giovedì a Reggio Calabria, mentre tra pochi giorni l’assemblea dei sindaci prenderà atto di quanto è stato fatto in questo lasso di tempo e sarà verificato un consuntivo, ha concluso Franco Candia.

I SINDACI DELLA LOCRIDE PRESENTI DINANZI A PALAZZO CHIGI IL 14 NOVEMBRE Giuseppe Alfarano (Camini), Caterina Belcastro (Caulonia), Pasquale Brizzi (Sant’Ilario), Francesco Bruzzaniti (Africo), Giovanbattista Bruzzaniti (Samo), Giovanni Calabrese (Locri), Franco Candia (Stignano), Aldo Canturi (Bianco), Giusy Caruso (Ciminà), Giuseppe Certomà (Roccella Jonica), Cesare Deleo (Monasterace), Pietro Fuda (Siderno), Salvatore Fuda (Gioiosa Ionica), Giuseppe Giugno (Careri), Giuseppe Grenci (Ardore), Giorgio Imperitura (Martone), Vincenzo Loiero (Grotteria), Domenico Lucano (Riace), Rocco Luglio (Portigliola), Vincenzo Maesano (Bovalino), Luciano Pelle (Antonimina), Giovanna Pellicanò (Staiti) Domenico Pizzi (Ferruzzano), Rosario Rocca (Benestare), Rosario Sergi (Platì), Domenico Stranieri (Sant’Agata del Bianco), Sandro Taverniti (Pazzano), Marrapodi Alberto(Caraffa del Bianco), Antonio Crinò (Casignana), Domenico Vestito (Marina di Gioiosa) e Pino Vumbaca (San Giovanni di Gerace) al cui fianco si sono schierati il presidente del consiglio regionale della Calabria Nicola Irto e la segretaria del PD di Siderno Mariateresa Fragomeni, il capogruppo PD in consiglio regionale Sebi Romeo, Francesco Macrì e Giuseppe Varacalli.


ATTUALITÀ

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Attesa snervante per conoscere il destino di Gioiosa Marina Lo scorso 13 febbraio l’insediamento della Commissione d’Accesso agli atti presso gli uffici del Comune ha colpito l’amministrazione di Marina di Gioiosa Ionica come un fulmine a ciel sereno. Accettando con grande dignità la decisione ministeriale, il sindaco Domenico Vestito ha pregato i commissari di effettuare i controlli con la massima celerità, al fine di limitare i disagi per la propria cittadinanza. Nonostante l’appello, tuttavia, la Commissione, per effettuare i con-

trolli, ha deciso di sfruttare la proroga di ulteriori tre mesi al fine di effettuare tutti gli accertamenti del caso, levando le tende dal comune di Marina di Gioiosa solo in prossimità di ferragosto. A ulteriori tre mesi dalla fine degli accertamenti non si hanno risposte da parte del Ministero dell’Interno, con il primo cittadino che si è legittimamente rivolto a Minniti per poter uscire da un limbo che sta assumendo i contorni di un inquietante incubo.

Siderno: il PD alla Mondadori per discutere del “Reddito di inclusione” Questa sera, dalle ore 17:00, alla Libreria Mondadori del Centro Commerciale “La Gru”, il Circolo PD di Siderno organizza l’incontro “SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE. REDDITO D'INCLUSIONE: Cos'è? Come accedere?” per discutere del “Reddito di inclusione”, una misura nazionale di contrasto alla povertà alla quale potranno accedere le famiglie con determinati requisiti e per la quale potranno essere presentate domande di erogazione, già dal prossimo 1 dicembre. L'incontro si aprirà con i saluti Mariateresa Fragomeni (Segretario del Circolo PD di Siderno) e seguirà con gli interventi di Maria Cecilia Gerace (Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Siderno), Caterina Belcastro (Assessore Metropolitano), Alessandra Tuzza (Direttore Europe Direct Calabria & Europa), Fortunato Varone (Direttore Generale Dipartimento Lavoro, Formazione e Politiche sociali - Regione Calabria), Sebi Romeo (Capogruppo PD in Consiglio Regionale) ed Enza Bruno Bossio (Deputato Pd). Modera i lavori Gabriella Boccuti (Componente del Direttivo PD di Siderno). L’incontro è aperto a tutti.

A Mammola si parla di valorizzazione del Parco Nazionale d’Aspromonte

Questa settimana ha fatto tappa a Mammola il forum itinerante “Il Geoparco Nazionale dell’Aspromonte verso il riconoscimento UNESCO”, un ciclo di cinque incontri che vuole illustrare le pratiche utile a valorizzare il patrimonio geologico, naturale e culturale del nostra Parco Nazionale grazie al contributo di tutti. Prossima tappa: Reggio Calabria, il 21 novembre.

Il 18 dicembre nella Locride gli stati generali del turismo Prosegue il programma di incontri che Confindustria Reggio Calabria sta promuovendo su tutto il territorio provinciale con imprenditori, professionisti, rappresentanti istituzionali e parti sociali. L'ultima tappa di questo tour ha visto impegnato il presidente degli industriali reggini, Giuseppe Nucera, nella Locride in un confronto a tutto campo con alcuni operatori del settore turistico e alberghiero. Proprio la Locride sarà al centro di una nuova e più estesa iniziativa sul turismo di cui Confindustria si farà promotrice il prossimo 18 dicembre in collaborazione con Federturismo nazionale e Unindustria Calabria. Durante il tour nella Locride il presidente Nucera ha avuto un cordiale incontro anche con Nik Spatari, pittore, scultore e architetto, oltre che fondatore del MuSaBa il museo laboratorio d’arte contemporanea di Mammola.

Questa sera l’inaugurazione della sede del gruppo folk di Natile Sarà inaugurata questa sera, alle ore 18:00, in Piazza S.Marco, la sede del gruppo folk di Natile di Careri “Natilotellando”, formato da 50 giovani, i quali meritano un applauso per la passione e il sacrificio che ci stanno mettendo per portare avanti le tradizioni del loro paese. Tanto l'entusiasmo dei componenti del gruppo e della presidente Maria Currà, che in questi giorni si sono adoperati per rendere piacevole e attraente l'evento. Al taglio del nastro seguirà la degustazione di dolci tipici locali. L’evento è aperto a tutti.

A Gioiosa Ionica una conferenza sulla sezione aurea

Si è tenuta questa settimana a Gioiosa Ionica una conferenza sulla sezione aurea organizzata dalla presidente dell’Associazione Cultura Classica Maria Caterina Aiello. Presenti i filosofi Vincenzo Tavernese e il matematico Davide Germanò.

CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo

La “cultura” non è, e non può essere, un semplice comodo spot Quante volte abbiamo sentito parlare o letto di eccellenze riferite alla nostra regione? Quante volte abbiamo sentito parlare o letto di quanto la cultura sia una sorta di volano necessario per accreditare un territorio affidando al suo passato, alla sua storia, alle sue tradizioni, quella necessaria conquista di spazio tra coloro che hanno qualcosa da “raccontare” al mondo? Quante volte siamo stati nutriti con il mito della Magna Graecia, o ci siamo attribuiti l’essere eredi di vestigia lontane celebrate nei parchi archeologici per poi dimenticarle tra le siepi che ne nascondono l’essenza, quasi a supplicare con la loro crescita una richiesta di oblio da chi le usa solo a “convenienza” quale strumento da vetrina all’occorrenza? E, quante volte, ancora, si sono scritti articoli, organizzati convegni da parte di coloro che senza aver poi l’animo di quelli che ne colgono l’essenza o il significato di una storia di civiltà sepolta - riportata alla luce e messa in ombra per incuria o per semplice apatica abitudine e vederle come rovine e non come testimonianza – archiviano la “cultura” dei luoghi solo perché al momento non utile ad un provincialissimo gioco politico? Ebbene la risposta a questa sensibilità “culturale” è data dal fatto che in Calabria vi è solo uno, dica-

si un solo sito paesaggistico, ma non archeologico o culturale, che rientra nella lista dei siti e beni archeologico-paesaggistici italiani eletti dall’Unesco a patrimonio dell’umanità: il Parco del Pollino. Probabilmente perché l’Aspromonte, con la sua incredibile biodiversità posto a metà strada delle due coste, avrebbe avuto poche possibilità di accedere alle vette vista la più appetibile vocazione criminale. Tuttavia, ancora una volta potremmo scrivere fiumi di parole per giustificare o per spiegare del perché la storia archeologica della Calabria sia fuori dal grande circuito, o dissertare se qualcosa sia stata proposto o meno, ma il risultato ad oggi non cambia. A fronte di più di cinquanta indicazioni di siti italiani quali patrimonio “Unesco”, e senza nulla togliere al Pollino, non vi è però un solo sito archeologico calabrese - che sia Locri Epizefiri, Scolacium, Sibari, Capo Colonna e altri disseminati nella regione – che affermi la sua dignitosa presenza. Ma non solo. Accontentandosi di avere il Pollino a guardia del nostro passato, probabilmente, tra le tante dimenticanze da parte delle migliori espressioni della “cultura” calabrese, sarà sfuggito che dal 17 ottobre 2003 l’Unesco ha dato il via anche alla Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale per la tutela della cultura tradizionale e del folclore. Una Convenzione che si

propone di tutelare e promuovere, nel mondo, e… nel tempo, tradizioni popolari che hanno un segno storico tangibile nella formazione di comunità che esprimono attraverso di esse una loro identità riconosciuta. Senza andare lontano, ma solo soffermandosi perdendo pochi minuti a leggere il sito italiano dell’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ci si rende conto che linguaggi, riti, consuetudini, ovvero tradizioni e usanze diventano beni da tutelare o da promuovere secondo il convincimento che anche queste espressioni sono “cultura”, “sapere”, modi di vita che non perdono di attualità, ma possono suggerire o ispirare idee di crescita e di sviluppo di terre che hanno avuto e desiderano continuare ad avere una storia. Ecco perché lo scetticismo diventa, purtroppo, ragione di sopravvivenza quando in Calabria si sente parlare di cultura. Perché usare la cosiddetta cultura come uno spot solo quando serve non fa “cultura”, ma è solo sterile manifestazione di una saccenza estemporanea che non lascia traccia di sé. Soddisfa una esigenza di immagine per chi crede di costruirsi attraverso di essa un expertise o un ruolo, o è funzionale ad una politica che vuole presentarsi erudita senza esserlo. Ma, purtroppo, in entrambi i casi, questa “cultura” del “cotto e mangiato” non fa del nostro passato la ragione del nostro futuro.



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CAULONIA

Ponte Allaro: si vede finalmente una luce in fondo al tunnel? Si è tenuto venerdì mattina il tavolo tecnico che, presieduto dal sindaco di Caulonia, Caterina Belcastro, ha garantito un confronto con l’assessore regionale alle infrastrutture Roberto Musmanno e i vertici di ANAS Calabria per discutere delle problematiche tecniche e degli interventi previsti per il recupero del ponte Allaro. Durante l’incontro è stato assicurato che i lavori riprenderanno già nella giornata di domani e che sarà premura di ANAS limitare il più possibile i disagi ai cittadini. Per questa ragione è stato assicurato che l’intervento sarà concluso entro l’anno 2018.

Ignoti vandali nella notte compresa tra il 13 e il 14 novembre, si sono introdotti all'interno dell'Auditorium Comunale di Caulonia Marina "Casa della Pace Angelo Frammartino", prossimo all'inaugurazione. Danneggiati i pavimenti del backstage con la polvere degli estintori svuotati. Rovesciati a terra anche alcuni contenitori e lesionate le vetrate. Profondo rammarico per l'accaduto è stato espresso dal Sindaco Caterina Belcastro. "Si tratta dell'ennesimo atto grave che si registra. L'educazione e il senso civico devono essere alla base di una comunità ha affermato il primo cittadino - Si tratta di gesti gratuiti che danneggiano un bene pubblico. Ringrazio le forze dell'ordine che hanno immediatamente avviato le indagini, con l'auspicio che i responsabili vengano subito identificati". Nella struttura sono in corso verifiche da parte dei tecnici comunali su altri eventuali danni. Al vaglio degli investigatori anche le immagini della videosorveglianza.

Domenica 19 Novembre 10

Caulonia: i vandali danneggiano la “Casa della Pace” prossima all’inaugurazione

L’antica Giudecca, uno degli angoli più suggestivi e più belli della costa Jonica, sta paurosamente franando portando con sé migliaia di anni di storia. Ma oltre alle testimonianze storiche, a Caulonia sono in pericolo vite umane, abitazioni, bellezze ambientali e paesaggistiche. Il grido di allarme non è adeguato all’effettivo stato delle cose. Qui si tratta di intervenire con “somma urgenza”.

Caulonia è ferita al cuore ILARIO AMMENDOLIA

o sbagliato nel dire Caulonia, avrei dovuto dire la Locride e la Calabria intera sono ferite. La “Judeca” o meglio l’antica Giudecca, uno degli angoli più suggestivi e più belli della costa Jonica, sta paurosamente franando portando con sé migliaia di anni di storia. Si tratta di un meraviglioso angolo di Calabria da cui sono passati i normanni, gli ebrei, i bizantini, i francesi, gli spagnoli, gli arabi lasciando sempre una qualche traccia della loro presenza tra le vecchie mura. Da questo bastione i cittadini di Castelvetere (antica Caulonia) resistettero all’assalto delle truppe turchesche di Assan Cigala mettendo in fuga gli invasori che lasciarono sul campo centinaia di morti. Storia di indomita fierezza popolare, di un antico coraggio, di attaccamento alle proprie radici, di strenua difesa del proprio. C’è il rischio concreto - e non remoto - che la Judeca crolli portando con sé uomini (Dio non voglia), abitazioni, testimonianze di un’antica storia. Se ciò avvenisse, i cauloniesi vedrebbero seppellita una parte importante della loro identità ma, contemporaneamente, sarebbe un danno per l’intera Locride. I questo caso i confini comunali contano poco e infatti io mi domando: che “Jonica” sarebbe senza il castello di Roccella o senza la Cattolica di Stilo? Che Locride sarebbe senza gli scavi di Locri o di Kaulon o senza la villa romana di Casignana? Quanta parte del suo fascino questa Terra perderebbe senza la nostra Gerace o senza il santuario di Polsi? Non ho una visione “paesana”, ognuno di questi angoli credo che ci appartenga e per questo provo tanta amarezza dinanzi al pericolo che sta correndo l’antica Judeca di Caulonia. Non ho nessuno da accusare. Non cerco né “sangue” da versare, né un “capro espiatorio” a cui far espiare la colpa. La frana di Maietta somiglia a una ruga profonda come quella che un giorno lontano abbiamo scoperto sul bellissimo volto (almeno per noi) di nostra madre e che ci ha

H

terrorizzato perché annunciava l’incipiente vecchiaia e la possibile morte. Lasceremmo però nostra madre senza cure, senza una carezza, senza affetto e in abbandono? Nello stesso modo non possiamo essere indifferenti al Paese in cui affondano le nostre radici e la nostra identità. Sento - al pari di tutti voi - la grande attrazione del Colosseo o del Pantheon, del Canal Grande o del Palazzo reale di Napoli e dei mille e mille angoli suggestivi che punteggiano la nostra Penisola. Il centro storico di Caulonia è uno dei piccoli ma preziosi gioielli che costellano l’Italia e che oggi è in pericolo. Il grido di allarme non mi sembra adeguato all’effettivo stato delle cose. C’è uno strumento che si chiama “somma urgenza” studiato dal legislatore per intervenire quando non ci sono i tempi per seguire le vie normali. Ribadisco, a Caulonia sono in pericolo vite umane, abitazioni, testimonianze storiche, bellezze ambientali e paesaggistiche. Mutuando Primo Levi domando: Se non si usa in questa circostanza la “somma urgenza”, dove sarà il caso di usarla? Se non ora, quando? Nessuno conosce il domani e forse basterebbe solo una pioggia intensa per causare l’irreparabile. Per smarrire per sempre il luogo dove è stata edificata la sinagoga ebraica e dove i bizantini hanno costruito le loro Chiese. Il fosso realizzato mi sembra un pericolo suppletivo. Un pericolo che si aggiunge a un pericolo. Tuttavia, ancor prima della “somma urgenza” c’è una sola priorità: essere “Comunità”. Essere un popolo in piedi. Mi permetto di avanzare una proposta: Vediamoci una qualsiasi sera della prima decade di dicembre dinanzi alla Chiesa dell’Immacolata. Senza “bandiere” e senza “partito”. Senza “nemici” e senza accuse da muovere. Senza discorsi! Portiamo solo un cero che rischiari le tenebre… che sono fitte. Chi è credente preghi, chi sa cantare innalzi il proprio canto al Cielo. Non servirà a fermare la frana ma potrebbe servire per dire a tutti (e innanzitutto a noi stessi): “noi ci siamo”. Non abbiamo bisogno di “poltrone” per occuparci della nostra Terra. Quindi ci siamo e ci saremo!



RICORDANDO................. A TRE ANNI DALLA SCOMPARSA RIPROPONIAMO IL NOSTRO SERVIZIO SUI 4 ANGELI


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VENERDI 19 NOVEMBRE 13


RUBRICHE

I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

Punica granatum L./ Famiglia Punicacee

Nome comune-Denti i Surici Nel vasto panorama delle varietà dei melograni calabresi è presente anche una dai frutti che contengono dei grani particolarmente piccoli, che viene denominata in modo fantasioso, riferito al paragone con i grani di altre varietà; infatti ci sono varietà dai grani grandi, altre dai grani medi ed altri ancora dai grani piccoli. Ad Antonimina è diffusa la varietà che produce frutti dai grani piccoli che viene chiamata “Carmosina “ e di tale termine non si conosce il significato. Può darsi che indichi la città italiana o straniera da cui è stata portata e qualcuno ipotizza che tale aggettivo sostantivato possa indicare qualche località d’origine francese, mentre per la derivazione italiana il termine aggettivale di tipo geografico può riferirsi solo alla cittadina di Cormons nel Friuli. L’informatore più interessante sui melograni, era stato il defunto Francesco Femia di Gerace, che aveva dato le indicazioni per i “Denti di Cavallo “ e per i “ Denti i Suméri ( asino )” poi andai a chiedere informazioni a Santo Mittica, che non c’è più da due anni ed infine l’anno scorso ho avuto l’opportunità di ritornare a rivedere il campo che egli aveva curato, dotato di due pezzi di vigna costituiti solamente da vitigni di Gerace, che avranno vita breve dopo la sua morte. Per informazioni sulle viti, assieme

L’involuzione della specie BRIGANTESSA SERENA IANNOPOLLO

“Impara a tacere, lascia che la tua mente, quieta, ascolti e impari”. Si dice che Pitagora, nella sua scuola filosofica, ammettesse solo alcuni discepoli, i quali dovevano mantenere il silenzio per 5 anni. Dopo sarebbero divenuti saggi e degni di conoscere il maestro. Tutto questo accadeva a Crotone, circa nel 530 ac. “Da quando ero bambino ho sempre voluto compiti difficili. Sono il tipo di persona che vuole sempre affrontare sfide quasi impossibili””, Queste sono parole di Buffon, nel 2017 dc. Una leggera differenza c’è, se vogliamo trovare il pelo nell’uovo, come si usa dire. E’ vero, nel 530 ac in Calabria si era molto indietro, non c’erano le industrie per cui i grandi economisti di adesso potrebbero dire che a quel tempo, rispetto all’Inghilterra del 1700 dc, la Calabria era terra povera, perché si andava sugli asini. Invece nel 2017 le parole di Buffon, le sue lacrime per un ultimo mondiale mancato lasciano il segno nel cuore degli pseudo-italiani, che si commuovono e imprecano, e darebbero un rene pur di vedere la nazionale giocare. Ecco l’evoluzione della specie. Non è un giudizio, lungi da me. E’ un dato di fatto: ai tempi di Pitagora si andava sugli asini, nel 2017 si va in macchina. Vedete l’evoluzione? L’uomo si evolve, la sua mente cresce di giorno in giorno e rischia di scoppiare come un palloncino, anzi no, rischia proprio di diventare un pallone… da calcio. Ma adesso che la nazionale non giocherà i mondiali dovranno inventarsi un’altra distrazione per le masse lobotomizzate, che non resistono senza il calcio. Cosa si inventeranno? Staremo a vedere, disse Pitagora!

ad Arturo Rocca, andai a trovare la moglie, Rosa Filippone, bella e giovane come lo era stato Santo, che perse la vita per disattenzione, in quanto macellando un maiale, come lo faceva tutti gli anni, si era ferito ed il sangue del maiale era entrato in relazione con il suo; da ciò gli derivò un’infezione che lo portò alla morte in poco tempo.

ConVersando..

Rosetta assieme ai figli ci guidò sui campi, descrivendo le essenze arboree e persino quelle erbacee presenti e mi stupì la sua competenza, nel descrivere le particolarità di alcune. Arrivati alla vigna descrisse una dopo l’altra le caratteristiche dei frutti di tre melograni: “ Denti i Cavallu”, dai grani grandi; “ Denti i Sumeri( asino ) “, dai grani medi; “ Denti I Surici

(topo )”, dai grani piccoli, ma rossi in quel caso e molto dolci. Chiesi il motivo perché fossero denominati “ Denti i Surici “ e Rosetta mi rispose che ricordavano per la loro piccolezza i denti di topo. Era ormai ottobre e le melegrane erano mature, per cui da ogni pianta staccammo dei frutti che assag-

giammo e confrontammo tra loro; i frutti di tutte le tre varietà avevano i grani color rubino e dedussi che Gerace, la città bizantina per eccellenza, aveva avuto sempre la competenza di scegliere le cose più belle e più buone da introdurre nel suo preziosissimo territorio. Ritornai nel mio territorio , non tutelato da cittadini eccellenti come quelli di Gerace e andando a verificare che tipo di melograni ci fossero, incontrai una mia parente, che sotto una pianta di melograno, mangiava un frutto e me ne offrì metà. Mentre masticava un pugno di grani, mi chiese che tipo di melograno fosse il suo e prontamente gli risposi che apparteneva alla varietà “ Denti i Surici “ ed ella immediatamente sputò quanto aveva in bocca, per cui gli chiesi il perché. Ella mi replicò un po' irritata: “ fino a quando non sapevo che si tratta va di una “Denti i Surici “, mangiavo tranquillamente e con gusto i suoi frutti, ma ora non più, perché provo orrore per i topi. Per quest’anno non mangerò i frutti di questa pianta e li darò ai miei vicini di casa, ma tu che sei stato il responsabile di tale malanno, mi devi risolvere il problema per gli anni a venire, innestandomi il melograno con una varietà diversa e scegli, per cortesia una che non abbia a che fare con animali.

Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro

È calabrese il miglior novello del Sud Nella suggestiva cornice del chiostro del convento di San Domenico a Cosenza, sabato 11 e domenica 12 novembre, si è tenuto l’XI edizione del Salone-Concorso del Vino Novello del Meridione, unico evento in Italia di degustazione dei novelli di più regioni. Nel pomeriggio di domenica, in particolare, una giuria tecnica di esperti composta da Giovanni Apadula (International sommelier foundation), Mario Reda (Onav) e Mario Ferraro (Ais) ha decretato il miglior novello del Sud di quest’anno alla Cantina Statti. Al secondo posto si sono classificati ex-aequo il novello della Casa Vinicola Criserà di Reggio Calabria, Cantine Spadafora di Mangone (Cs) e Cantine Varchetta di Napoli. Menzioni speciali a Colli Cimini di Vignanello (Vt) e Upal di Cisternino (Br). Un rendez-vous immancabile per gli amanti del buon bere che deve fare i conti,

però, con l’appeal un po’ annebbiato di questo autentico must che tradizionalmente dà il via alla stagione enologica. Dal Salone, infatti, è emersa in tutta evidenza la crisi del settore. Per Franco Laratta , CdA Ismea: “Va assolutamente arrestata la caduta della produzione che in 10 anni è scesa da 18 milioni di bottiglie e 2 milioni. Urge un piano nazionale che rilanci e sostenga la produzione e la promozione del Novello”. Dagli interventi di Tommaso Caporale ideatore e direttore del Salone del Novello, è affiorata la necessità che il ministero proponga la modifica della legge nazionale che disciplina le percentuali di macerazione carbonica presenti nei vini novello. Dal Salone di Cosenza è anche partita la proposta della costituzione dell’Istituto nazionale sul novello di cui faranno parte tutte le cantine partecipanti alla manifestazione e altri enti istituzionali. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i consumatori all’acquisto del novello e diffonderne il più possibile le caratteristiche, le quali costituiscono un patrimonio culturale nazionale da preservare.

Tiziana Cantone aveva raccontato tutto, aveva sporto regolare denuncia, ma nulla e nessuno è intervenuto a sostenerla. È successo nel 2015. Cantone aveva ammesso di essere consenziente alle riprese e di averle inviate a degli uomini. Per gioco, per esibizionismo, per farsi ammirare, per sottile perversione, per tutto questo insieme, forse. Ma siamo certi che conti? I video erano visionabili solo dalla persona a cui erano destinati: i giovani che li hanno ricevuti li hanno

Vera Donovan says “Revenge porn”: è questo il termine che indica la diffusione di video o immagini di donne riprese o fotografate durante atti sessuali. La “vendetta porno” consiste nell’umiliare la donna ripresa, facendo girare i video sui canali pornografici, sui social, sui gruppi nascosti di Facebook, sulle chat di WhatsApp. Ciò che solitamente si dice è che “se l’è andata a cercare” che “era consapevole di essere ripresa”, “che era una esibizionista” o nel migliore dei casi che è stata “imprudente nel diffondere i video” e questo la

rende complice del reato perpetrato ai suoi danni. Il biasimo non viene solo dai maschi, ma anche dalle donne, quelle afflitte dalla sindrome della kapò e quelle infarcite di cultura maschilista come melanzane ‘mbuttunate. Una donna, Tiziana Cantone, si è suicidata, impiccandosi con un foulard in casa della madre dopo una “revenge porn” durata anni, durante i quali la Magistratura giocava al fantacalcio e lei viveva da reclusa, con un tentato suicidio alle spalle, i servizi sociali inerti, gli amici spariti. Eppure

invece diffusi. Questo è un reato. È un reato che paghiamo con la sospensione dell’account YouTube se carichiamo una clip di un film. Invece una donna che subisce “revenge porn” deve attendere anni perché i suoi video spariscano dai siti gestori dalle “google dance”, rimanendo però sui dispositivi e sui desktop, dai quali possono essere caricati ancora e ancora, condivisi e ricondivisi nell’internet profondo abitato da stupratori e pedofili. La Legge, la Giurisprudenza, è stata

faticosamente costruita nel corso dei millenni per tutelare le persone, indipendentemente dalla loro imprudenza. Tiziana Cantone non ha commesso nessun reato e non ha agito con dolo. È stata leggera, imprudente? Alla Legge non interessa: non è pregiudizievole, non è una aggravante. Ciò che conta è che è stata vittima di un reato, rimasto senza colpevoli a distanza di ben due anni. Biasimereste un anziano signore per essere caduto nella trappola di una televendita? Biasimereste un ragazzo per aver telefonato in buona fede a un 199, svuotando con uno scatto l’intero credito telefonico? Biasimate chi si fa truffare a “carta vince, carta perde”? Siate sinceri, biasimate chi va a giocare alle slot machine? Biasimiamo Cappuccetto Rosso? Mi chiedo se vengano biasimati gli uomini che hanno fatto da contorno a questa “revenge porn”: i ragazzi che hanno condiviso i video, che li hanno filmati, quelli che hanno fatto sesso con Tiziana. Di loro, guarda caso, non si parla neanche. Tiziana Cantone si è impiccata con un foulard, forse l’ennesima vendetta a una donna: strangolata con il suo stesso reggiseno, con un qualcosa di tipicamente femminile. Ora venitemi a dire che è stata “colpa sua”.


SOCIETÀ

www.larivieraonline.com Domenica 19 Novembre 15

Africo: 30 anni di impulso sociale, culturale ed economico grazie all’A.R.P.A.H.

Un lavoro complesso, reso possibile solo dalla grande sinergia di tutti i membri dell’Associazione, senza la cui indispensabile collaborazione non sarebbe stato possibile nemmeno immaginare quanto realizzato in questi anni di intensa attività.

Ad Africo, affacciata sulla via Nazionale, sorge una struttura unica nel suo genere, in grado di dare impulso economico e sociale a un paese purtroppo noto quasi esclusivamente per fatti di cronaca nera. Si tratta della Casa Protetta Universo, una Residenza Sanitaria Assistenziale convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale della quale abbiamo avuto modo di parlare sulle pagine del nostro giornale grazie alla lettera di una nostra lettrice che aveva avuto bisogno dei servizi della struttura per la sua anziana madre e che, da oriunda, era rimasta piacevolmente sorpresa dal livello di assistenza e professionalità lì riscontrato. Il complesso residenziale è anche sede legale dell’Associazione di Volontariato per la Ricerca sulle

Problematiche degli Anziani e degli Handicappati (A.R.P.A.H.) che, negli anni, è riuscita a dare impulso economico e sociale a uno scampolo di comprensorio che altrimenti avrebbe esperito maggiori difficoltà. L’A.R.P.A.H., nata nel luglio del 1989, svolge numerose attività atte al sostegno e all’assistenza degli anziani e dei diversamente abili. È impegnata in molteplici opere sociali di prevenzione delle devianze giovanili e per il sostegno e l’assistenza di donne in difficoltà e/o disabili. L’Associazione ha realizzato progetti finanziati dalla Regione Calabria anche in partenariato con altre associazioni e diverse Università d’Italia, garantendo agli ospiti della struttura di Africo un elevato standard di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, didattico culturale, sociale e alberghiera reso possibile dalla presenza di medici, infermieri professionali, assistenti sociali, educatori professionali, Operatori Socio Sanitari e addetti ai servizi di lavanderia e ristorazione. Un lavoro complesso e reso possibile

solo dalla grande sinergia di tutti i membri dello staff, senza la cui indispensabile collaborazione, ci tiene a sottolineare la Scriva, non sarebbe stato possibile nemmeno immaginare quanto invece realizzato in 28 anni di intensa attività. L’A.R.P.A.H. è stata infatti attore principale nei progetti di “Educazione alla legalità” svolti in collaborazione con le scuole di Africo tra il 1995 e il 1997, ha partecipato a un progetto telematico di assistenza indetto dalla Regione Calabria e contribuito all’acquisto di quattro autoambulanze per il trasporto gratuito degli anziani bisognosi del nostro comprensorio. Ha sottoscritto la convenzione per diversi tirocini formativi, indispensabili alla formazione delle più moderne figure di assistenza medica e sociale sul nostro territorio, ingenerando attivamente numerosissime opportunità di lavoro per chi riteneva di non avere prospettive. Ha promosso e organizzato convegni, forum, incontri medico-scientifici e tematici che hanno dato l’opportunità ai nostri professionisti di accedere alla

“formazione continua” senza spostarsi dal proprio territorio di appartenenza e ha persino dato la propria disponibilità nell’organizzare mostre, concerti, celebrazioni e feste che, nell’ultimo trentennio, hanno avuto il duplice scopo di allietare le giornate dei residenti del complesso residenziale Universo e di regalare ai cittadini di Africo e del comprensorio un polo culturale e di aggregazione. Insomma, un curriculum che farebbe invidia alle strutture più rinomate del nord Italia e che porterebbe a classificare la clinica Universo come una cattedrale nel deserto, se non fosse per l’ampia dimostrazione di professionalità che i membri dell’A.R.P.A.H. quotidianamente danno al nostro comprensorio, rivelando che, anche nella Locride, esistono associazioni in grado di fare la differenza e di dare allo stesso tempo impulso sociale, culturale e persino economico a un territorio spesso sbrigativamente bollato come fanalino di coda d’Italia. Jacopo Giuca

Guerra aperta tra Bianco e Platì: Sergi querela Canturi Locri: ci ha lasciato a 109 anni Rosina Caroleo Questa settimana ci ha lasciato Rosina Caroleo Pugliese, la nonnina più anziana di Locri. Il 30 marzo scorso aveva raggiunto l’invidiabile traguardo delle 109 primavere, venendo festeggiata non solo dalla sua numerosa famiglia, ma anche dall’Amministrazione Comunale di Locri. La signora si è spenta a casa propria, dove è stata fino all’ultimo accudita dalle cure dei figli, dei nipoti e dei pronipoti.

È morto il Signor Ozzimo, il tassista storico di Siderno

Ora viaggia da solo Giovanni Ozzimo, il tassista di Siderno. Da ieri mattina, da quando un malore improvviso l’ha accompagnato lontano, da qualche parte. L’enigma del monaco: il viaggio è la meta, la ricompensa è il tragitto. La fine non esiste. Con suoi modi educati e gentili, il Signor Ozzimo lo incontravi spesso, a volte nella piazza del comune, altre alla stazione. Incredibile la vita di un tassista.. Un tassista possiede uno spicchio d’anima di migliaia di persone, nel bene e nel male. Dal suo specchietto retrovisore assorbe sorrisi e lacrime, per mestiere. Ci mancherà Giovanni Ozzimo, era uno dei primi, se non il primo, a prendere La Riviera la domenica mattina, poi sedeva dentro la sua lunga macchina e leggeva quasi tutto, fino a quando un cliente lo interrompeva per un passaggio e, naturalmente, lui lo faceva mettere comodo.

Sembra destinato ad avere strascichi pesanti il dibattito verificatosi durante l’ultima Assemblea dei sindaci della Locride. Durante il confronto tra i primi cittadini del comprensorio, che stavano stabilendo i le condizioni utili a manifestare dinanzi a Palazzo Chigi all’inizio della scorsa settimana per le condizioni in cui versa l’Ospedale di Locri, un'affermazione del sindaco Giovanni Calabrese, che ha dichiarato di aver ricevuto pressioni da un non meglio precisato membro del PD per evitare questa “marcia”, ha mandato su tutte le furie il primo cittadino di Bianco Aldo Canturi che, sostenendo di aver compreso a chi Calabrese facesse riferimento, ha dichiarato di non dover dare

credito alla persona in questione, che altri non sarebbe se non un “trafficante di Platì”. La localizzazione di Canturi è sembrata un attacco diretto alla comunità di Platì da parte del sindaco Rosario Sergi, che già in sede di assemblea aveva annunciato che avrebbe preso provvedimenti per difendere la dignità della comunità da lui rappresentata. Detto fatto, Sergi, nella giornata di ieri, ha deliberato assieme alla propria giunta comunale l'invio di una querela all’indirizzo dell’ufficio del sindaco di Bianco che, stupito e indignato dalla notizia della decisione presa dal consiglio comunale di Platì, ha dichiarato di non aver offeso nessuno e anzi affermato di voler procedere anch’egli per vie legali.


Attualità

Os ti a “ la forma

La manifestazione organizzata a ostia è stato un fallimento, Fosse stato in Calabria, non ci sarebbero stati dubbi, ma non si può presentare la capitale della nazione, sede dei vertici delle Istituzioni, come luogo dominato dalle mafie, dall'omertà, dal malaffare e segnato dall'abbandono dello Stato.

è salva

Titolo offensivo Ho assistito, in data 10 c.m., venerdì, alla trasmissione di prima serata, Otto e Mezzo, su La7, con la conduttrice - more solito - appollaiata, in pizzo, sulla sedia, quasi fosse un trespolo a dare libero sfogo alla sua "lingua"; quella italiana non la prima. Il titolo mi ha fatto trasalire e un moto di stizza,"rabbia" mi ha innervosito non poco: "Ostia come la Calabria?". Unica nota positiva la presenza del Procuratore Gratteri che ha, ancora una volta, chiarito il danno che produce alla gente onesta la mancanza di volontà politica ad affrontare, a 360°, il tema della Giustizia in Italia. Si levi una nota di indignazione e sdegno, da parte di tutta la Calabria onesta, e ve ne è tanta, anche fuori del territorio de quo, versus questi accostamenti che hanno il sapore del razzismo di Terra/Comunità. Il giornalismo, l'informazione, hanno il diritto/dovere di informare e formare le persone; ma non di offendere intere Comunità! Luigi Misuraca

Riflettere su come le Istituzioni e i media hanno gestito i recenti fatti di Ostia aiuta a farsi un'idea circa l'obiettività dell'informazione e l'efficacia dello Stato. Ostia, frazione della capitale con oltre duecentomila abitanti, è da tempo presente nella cronaca per fatti di criminalità: alla violenza di gruppi familiari ben identificati si è contrapposta l'azione di contrasto delle forze dell'ordine e della magistratura che ha comportato arresti, condanne e, infine, lo scioglimento del municipio per infiltrazioni mafiose. Come dire: la criminalità c'è, ma lo Stato e la Società civile stanno facendo il loro lavoro. Ma qualcosa deve essere cambiato in occasione delle ultime elezioni: dopo il primo turno per rinnovare il municipio, i media hanno acceso i riflettori sul Litorale di Ostia, rappresentando un territorio, abbandonato dallo Stato, in mano a gruppi criminali che godono di ampie complicità nella popolazione: quasi il cliché narrativo riservato alla Calabria! Infatti, non è mancata la TV che, per descrivere la gravità della situazione di Ostia, non ha trovato nulla di meglio che accostarla alla Calabria: Ostia come la Calabria! La Riviera, davanti all'ennesimo pregiudizio sbandierato come certezza, ha fatto sentire il suo dissenso nel silenzio generale. Rappresentare Ostia, parte della capitale, come la "regione perduta e senza speranza", è cosa piuttosto grave, ma le questioni politiche emerse dal voto, il "pericolo grillino" e quello "fascista" incarnato dal successo di CasaPound, giustificavano l'oltraggio: l'aggressione subita dal giornalista RAI ha suggellato tale rappresentazione. Davanti a questo disastro sociale e civile, improvvisamente emerso, la sindaca, nella sua veste istituzionale, ha indetto una manifestazione che avrebbe dovuto far convergere tutti i soggetti politici, considerato che la lotta alla mafia e le libertà democratiche interessano tutti, nell'obiettivo di dimostrare che esiste una società civile sana che ha gli anticorpi per isolare e battere quell'area marginale di gruppi delinquenziali. Ma la manifestazione è stata più pentastellata che coralmente istituzionale, visto che quasi tutte le altre forze politiche e sindacali si sono chiamate fuori: ancora una volta la cosiddetta "lotta alla mafia" è divenuta strumentale: usare la lotta alla mafia per colpire l'avversario politico: il problema Ostia è responsabilità della Raggi. La manifestazione è stato un fallimento: un numero massimo di duemila persone provenienti quasi tutti da fuori Ostia hanno seguito un percorso modificato, peraltro, all'ultimo momento, infatti una parte del corteo è giunta sul luogo dell'aggressione al giornalista, la maggioranza in altro luogo: oltre a essere pochi si sono pure divisi! Non è stato possibile conoscere i motivi di tale cambiamento, forse dovuto a pressioni occulte, che, peraltro, è stato ignorato dalla maggioranza dei media che, invece, hanno dato un resoconto abbastanza positivo della manifestazione. E che altro si poteva fare a questo punto? Ammettere il fallimento della manifestazione non avrebbe significato solo colpire la sindaca grillina, ma anche ammettere la mancata risposta della "società civile" della capitale e l'assenza di sensibilità istituzionale nella maggioranza dei partiti politici. Troppo per Roma! Fosse stato in Calabria, non ci sarebbero stati dubbi, ma non si può presentare la capitale della nazione, sede dei vertici delle Istituzioni, come luogo dominato dalle mafie, dall'omertà, dal malaffare e segnato dall'abbandono dello Stato. E così è stata salvata la forma: manifestazione riuscita, antimafia più forte della mafia, società civile sostanzialmente sana animata da saldi valori democratici, anticorpi in grande quantità, l'aggressore arrestato come esempio della presenza dello Stato. Ma la realtà è diversa dal suo doppio mediatico: la maggioranza degli elettori non si è neanche recata alle urne, l'indifferenza regna sovrana e i valori democratici non sembrano marcare la vita dei cittadini. Emergenza Ostia? No, emergenza Italia! Il primo passo per affrontarla sarebbe quello di smetterla con le narrazioni di comodo. Giuseppe Giarmoleo


www.larivieraonline.com Domenica 19 Novembre 17

Un dossier di Ance Reggio Calabria ha messo nero su bianco il tracollo dell'edilizia nella provincia reggina: opere per centinaia di milioni di euro a causa dei motivi più disparati, sono oggi completamente bloccate. La riattivazione delle stesse spingerebbe Reggio e la sua provincia fuori dalla crisi, facendo finalmente riprendere fiato all’edilizia

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

In stand by opere per oltre un miliardo di euro

vvolti in una nebulosa. Così sarebbero secondo un dossier redatto da Ance Reggio Calabria e presentato insieme a Confindustria reggina, gli appalti nelle provincia di Reggio Calabria. "Opere per centinaia di milioni di euro - si legge nel documento - a causa dei motivi più disparati, sono oggi completamente bloccate. La riattivazione delle stesse spingerebbe Reggio e la sua provincia fuori dalla crisi, facendo ripartire l’edilizia, vero motore dell’industria di questo territorio e immettendo in circolazione una grande quantità di denaro che aiuterebbe tutti i comparti produttivi”. La ricerca, che si basa sui dati messi a disposizione da Cassa Edile, mette nero su bianco il tracollo dell'edilizia nella provincia reggina, tracciando un quadro desolante di un territorio che continua a rimanere fanalino di coda di tutti gli indicatori socio-economici dell’intero territorio nazionale, Calabria inclusa. Scorrendo i dati ci si rende conto del danno economi-

A

co-occupazionale - con ripercussioni preoccupanti per la coesione sociale da non sottovalutare - che la situazione denunciata dall’Ance provoca allo sviluppo di questa terra. Dal 2008 (anno d’inizio della crisi) a giugno 2017 le imprese sono diminuite di 390 unità (-26,32%). Dalla scomposizione del dato emerge che il periodo più drastico è compreso tra il 2012 e giugno 2017, con una diminuzione di 215 imprese (-14,64 %) e con un calo di 3.136 operai (-40,12%). Nel documento, inoltre, sono contenuti i dettagli degli interventi la cui cantierizzazione era prevista per l’anno in corso: si tratta di opere inserite in programmi strategici come il Patto per il Sud – Città Metropolitana, la rimodulazione del decreto Reggio, il PON Metro 2014-2020, il Patto per la Calabria. Tutto bloccato. Paralizzate opere per oltre un miliardo di euro. Il dossier è stato trasmesso anche al Prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari, "perchè, certi della sua sensibilità - ha dichiarato Francesco Siclari, presidente dell'Ance reggina, intervenga personalmente e

sottoponga il dramma dell'edilizia all'attenzione del Governo nazionale". "La paralisi delle opere pubbliche - prosegue Siclari è la conseguenza di concause sulle quali non spetta a noi indagare, perchè il nostro ruolo è quello di invocare a gran voce l'apertura dei cantieri". Tra le concause, a nostro avviso, ci sarebbe il famigerato "nuovo" Codice degli appalti nato sfortunato nel 2014, tant'è che due mesi dopo il suo varo si dovette intervenire per correggere oltre duecento (200!) errori. Non contenti dei 200 errori, due anni dopo sono state inserite ulteriori quattrocento (400!) modifiche, approvando il codice, in quattro e quattr'otto, a ridosso della scadenza del termine utile per il recepimento delle direttive comunitarie. La sua entrata in vigore ebbe l'effetto di bloccare un mercato degli appalti già in apnea. Ma non finisce qui. Nell'aprile di quest'anno arriva un decreto correttivo, anche questo approvato allo scadere del termine di legge, cosicchè ancora una volta, un iter legislativo complesso e articolato, che avrebbe richiesto scelte attente e oculate, si è risolto in poche settimane. A ciò bisogna aggiungere che più

che di un correttivo, si è trattato di uno stravolgimento, una riscrittura, data la modifica di 131 articoli su 220. Questo perché il nuovo Codice degli appalti è dovuto passare anche sotto la supervisione dell’Anac, Autorità nazionale anticorruzione di istituzione renziana e presieduta dal magistrato Raffaele Cantone. Lo scopo dell'Anac è di «prevenire la corruzione nell’ambito della pubblica amministrazione nelle società partecipate e controllate dalla pubblica amministrazione, anche mediante l’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali». Perciò, oltre a doversi districare in una giungla di norme, correzioni, decreti mancanti, vuoto normativo (tanto che valgono ancora certe regole del vecchio Codice dpr 207/2010), un contratto pubblico deve essere conforme alle linee guida dell’Anac, vincolanti e consultive. E così il Nuovo Codice degli appalti, nato al grido “lo vuole l’Europa, lo vuole l’anticorruzione!”, mentre favorisce al massimo il lavoro di certa magistratura con l'hobby di sfruculiare amministrazioni e imprese, decreta bellamente la paralisi degli appalti.


A Locri presentazione del cammino "Maestro dove abiti?" Manca poco più di un anno al Sinodo dei Vescovi dedicato al tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Un anno che apre la strada a un cammino preparatorio dal basso, che dovrà coinvolgere tutte le diocesi del mondo. In vista di quest'appuntamento, domenica 26 novembre, alle ore 9:00, presso il Centro Salesiani di Locri si terrà la presentazione del cammino "Maestro dove abiti?" con l'ingresso del Polittico per il sinodo dei giovani 2018, uno strumento pastorale offerto alla comunità come segno di un cammino comune. Un cammino comune a quello del discepolo amato. Intorno a questa figura evangelica ruota il racconto che descrive un giovane uomo che, stando con il Maestro, abitando con lui, ne diviene testimone, fede incarnata. A partire dalle 10:15 si terranno i laboratori e alle 12:00 sarà celebrata la Santa Messa presieduta dal nostro Vescovo Francesco Oliva. Seguirà un momento di convivialità con giochi e balli.

Presentato a Lamezia Terme il Piano Europeo degli Investimenti

Un centinaio i professionisti e gli enti che hanno partecipato all’evento “Il Piano Europeo degli Investimenti: INTERAZIONI E ADDIZIONALITÀ CON I PROGRAMMI OPERATIVI REGIONALI 2020. QUALI OPPORTUNITÀ PER LA CALABRIA?”, organizzato lo scorso 7 novembre da EDIC Calabria&Europa di Gioiosa Jonica con la collaborazione di EEN e Union Camere di Lamezia Terme. Hanno preso parte al tavolo istituzionale, coordinato da Alessandra Tuzza direttore dell’Edic Calabria&Europa, Maurizio Ferrara, Segretario Generale Unioncamere Calabria; l’assessore alle Attività Produttive di Lamezia Terme Costanzo, Gianluca Callipo, presidente di Anci Calabria e Coordinatore Nazionale Anci Giovani; Alessio Sculco, Assessore alle Attività Economiche della Città di Catanzaro; Fabio Massimiliano Canzoniere, Presidente dell'ODCEC di Lamezia Terme e Loredana Panetta, Vice Presidente dell’Associazione Eurokom. Tutte le istituzioni hanno subito delineato le necessità e i punti di forza del territorio calabrese, puntualizzando l’impellenza di determinare tempi certi per l’avvio dei bandi relativi ai Fondi Strutturali legati al POR Calabria, e sottolineando la necessità di aprire dei tavoli di lavoro congiunti per la spesa dei fondi comuni, con la partecipazione dei comuni e degli enti locali per migliorare i target di spesa e rispondere così alle esigenze integrate di sviluppo del territorio.

Premio Misiano 2017 a Giorgio Diritti

Venerdì 17 novembre, presso il cinema Lumiere di Bologna, si è svolto il Premio Misiano 2017, un evento che il Comune di Ardore ha organizzato in collaborazione con il Centro studi Francesco Misiano e la Cineteca di Bologna. L’incontro ha visto la proiezione della pellicola “Il caso Misiano”, di Eugenio Attanasio e Giovanni Scarfò, che narra la vita e le opere di Francesco Misiano, regista e produttore nato ad Ardore nel 1884 e affermatosi nel panorama del cinema sovietico degli anni ’30 e successivi. A seguire, Giovanni Spagnoletti, professore dell’Università di Roma Tre, ha incontrato Giorgio Diritti, a cui il Centro Studi Francesco Misiano ha conferito il Premio Internazionale alla Produzione Cinematografica 2017.

La Calabria a FICO, la prima Fabbrica Italiana Contadina Anche la Regione Calabria è stata presente a FICO (Eatly), la prima Fabbrica Italiana Contadina che inaugurata il 15 novembre scorso a Bologna, in cui sono stati presentati i prodotti tipici della nostra terra. È un’importante presenza al “più grande parco agricolo del mondo” che rientra in una strategia più ampia, volta a rilanciare in Italia e all’estero il brand Calabria, legato ai prodotti dell’enogastronomia regionale e ad un territorio tutto da scoprire. L’intento della Regione Calabria è quello di utilizzare questa vetrina per permettere al mercato di conoscere da vicino ed apprezzare quanto la nostra terra è in grado di produrre ed entrare a far parte di questo nuovo spazio dedicato a tutto ciò che il

“made in Italy” riesce a portare in tavola. Ma cos’è FICO? Si tratta del più grande parco agroalimentare del mondo. Sorge a Bologna, su 10 ettari e racchiude tutta la biodiversità italiana. All’interno della Fabbrica Italiana Contadina sorgono 2 ettari di campi e stalle con più di 200 animali e 2000 cultivar. Si possono visitare 40 fabbriche contadine per vedere la produzione di agroalimentari. Inoltre è possibile partecipare ad oltre 100 tra corsi, percorsi ed eventi educativi per grandi e piccini. Insomma un’opportunità che la Regione Calabria ha ritenuto valida per le aziende nostrane che intendono inserirsi in un mercato più ampio e innovativo, con l’opportunità di essere selezionati per farne parte nel lungo periodo.

A Caulonia una serie di iniziative contro la violenza sulle donne In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne il Comune di Caulonia ha promosso una serie di incontri per riflettere su un tema più che mai attuale. Si è partiti ieri, sabato 18 novembre, presso la sala riunioni dell’Istituto comprensivo “FalconeBorsellino” di via Corrado Alvaro con un convegno sul tema “La violenza sulle donne, educare alle differenze”. Dopo i saluti del Dirigente scolastico Claudia Cotroneo, del Sindaco di Caulonia Caterina Belcastro e dell’Assessore alle pari opportunità Maria Grazia Dimasi, sono intervenuti la psicologa e garante per l’infanzia del Comune di Marina di Gioiosa Dott.ssa Daniela Diano, il consigliere regionale di Parità Avv. Tonia Stumpo e personale della Polizia di Stato. A seguire una dimostrazione di tecniche per la difesa personale a cura dell’Accademia di arti marziali diretta

da Giuseppe Cavallo, una esibizione delle campionesse di pallavolo della FederVolley di Reggio Calabria, e un flash mob a cura delle operatrici della cooperativa Pathos e delle volontarie della Croce Rossa Italiana di Caulonia.

Le iniziative si chiuderanno sabato 25 novembre al teatro Fuori Squadro di Caulonia Centro che, in occasione della sua riapertura al pubblico, proporrà una riflessione sul tema della violenza sulle donne. «Ciascuno di noi ha il dovere di fermarsi e riflettere per ricordare una vera e propria emergenza sociale - afferma il sindaco Caterina Belcastro, - per questo motivo l’amministrazione comunale ha deciso di promuovere una giornata di confronto con esperti del settore. È necessario lavorare tutti insieme - prosegue il primo cittadino cauloniese - affinchè questa giornata non rimanga una semplice ricorrenza, la violenza, infatti, si nasconde nel silenzio. Questi incontri servono più che mai a sensibilizzare la popolazione e allo stesso tempo a denunciare la violenza di genere, sotto qualsiasi forma, non solo fisica ma anche psicologica".


www.larivieraonline.com Domenica 19 Novembre 19

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Una storia d’amore che avrebbe potuto essere perfetta, o forse lo era davvero, e che proprio per questo finisce inzuppata insieme agli osvego in un caffelatte fumante che sa più cose di “lui” di quanto non ne sappia lui stesso, troppo concentrato sul dondolio delle sue paranoie. Charles Bukowsky aveva bisogno di “una birra come base per ricominciare”, per Julio Cortazar il mate era “un punto e a capo”. Isidoro Malvarosa sembra avere un rapporto intimo con i suoi biscotti, gli osvego, suoi e di nessun altro, impotenti vittime dei suoi cambiamenti di idee. Non siamo certi che “lui”, quello che sta a sinistra del foglio - diviso in tre colonne, come ci anticipa Dario Brunori in quarta di copertina - sia Isidoro o lo stuntman di un altro sè, ma lì al centro, in quella che è una voce narrante, pensante, sfasciante, riparatrice, delirante e di nuovo fracassante, Isidoro c’è. A destra, invece, c’è “lei”, lei che mostra il suo profilo migliore quando non lo guarda negli occhi e non gli permette di guardarla nei suoi, “come lo skyline di una città che riesci ad apprezzare solo in cartolina e non camminandoci dentro”. Un dialogo, “Contratti di affetto”, tra chi sa tenere testa all’altro ma non a se stesso, tra chi si nutre di sentimenti ma ha paura di non sopravvivere alle abbuffate. Ed è per questo che i rapporti umani andrebbero regolati da un contratto: “Affitto in nero senza caparra, giusto un giorno di preavviso per levare le tende”. Un maniavantismo che prelude una sfiducia nell’umana stirpe, sfiducia che via via viene superata, ma non troppo. Una ballata dolce ma sfibrante, “Contratti di affetto”, che ora si fa sedia a dondolo, ora sedia elettrica. Non avrebbe potuto incantarci e sconvolgerci con un esordio più riuscito Isidoro Malvarosa, uno che il nome da scrittore già ce l’ha e anche il piglio. Questa settimana lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti quattro chiacchiere. Oltre che un goloso di osvego, chi è Isidoro Malvarosa nella vita? Una persona con tanti dubbi e milioni di problemi. Scherzi a parte, sono un impiegato che prova in tutti i modi a fare anche altro. Come tutti i lavoratori dipendenti: niente di nuovo, chiaro. Come prima di me hanno fatto Kafka e Svevo. Lo faccio per vocazione personale, per non inaridirmi dietro i numeri e le carte e… per provare a sfondare, certo. Vivere senza cartellino e scrivania è l’obiettivo ultimo di ogni tentativo di espressione artistica. Cosa hai pensato dopo aver riletto il libro? I tempi della scrittura e della pubblicazione, come sai, sono molto sfalsati. Questa è una raccolta che ho scritto più o meno quattro anni fa e ti dico la verità: ancora non l’ho riletta. Chiaramente ho fatto i vari passaggi durante la correzione delle bozze, ma era una lettura più tecnica, andavo a caccia di errori, leggevo saltando le righe o a singole pagine. Devo ammetterlo: ho un certo imbarazzo a rileggermi, in questi anni ho scritto tanto e ho scritto altro. Anche in uno stile – e con dei contenuti – diversi. Sono cresciuto in questi anni, è normale. Ho seguito un percorso, di lettura e di scrittura, che mi porta per certi versi a essere distante

"Contratti di affetto"

l'amore in nero e senza caparra Fresco di stampa il primo romanzo di "una corta serie" di Isidoro Malvarosa, una ballata dolce e sfibrante ma soprattutto fuori dalle regole. anni luce da “Contratti di affetto”. Un giovane Bukowski travestito da un giovane Cortazar. Ti ci rivedi? Mi rendo conto che nella raccolta ci sono vari spunti e differenti stili. Ci sono gli aforismi, tanto cari a Bukowski, e c’è una certa non linearità temporale tipica di Cortazar. Credo tu ti riferisca a questo. In realtà dentro me convivono diverse anime e modelli di riferimento. Paragonarmi a mostri sacri non mi sembra proprio il caso. Vorrei vivere la vita di Hemingway, quello sì, e scrivere come Carver, Pennac o Carrère. “Contratti di affetto”... nella vita sei più un locatario o più un affittuario? Diciamo che le storie si danno il cambio: a volte è il protagonista maschile a dettare i tempi, altre volte è la donna. Diciamo che il padrone di casa è sempre il rapporto di coppia, il grado di maturità e profondità della relazione. Il suo stato di salute. C’è un tempo per ogni cosa e spesso bisogna lasciare casa, anche prima della fine del contratto, per un motivo di forza maggiore. E spesso è un cambio di vita, quando non proprio una liberazione. Pensi che con le donne bisogna per forza apparire interessanti? Credo che la cosa più sbagliata, in assoluto, sia sforzarsi di piacere. Anzi: il modo migliore per non piacere a nessuno è proprio cercare di piacere a tutti. Bisogna, poi, porsi una domanda a monte: piacere a chi? Per una vita ho cercato di abbordare ragazze in discoteca, frustrandomi, per poi scoprire che la mia ragazza ideale non è quella che frequenta assiduamente le discoteche. Non è snobismo, soltanto stabilire un target. Se esprimiamo liberamente noi stessi, le nostre passioni, se siamo noi stessi, non avremo nessuna fatica ad avvicinare persone affini a noi. E poi, ti assicuro, si becca più alla sagra della melanzana che alla festa strafiga in spiaggia.

Dopo l’orticaria, che sensazione avverti nel sentire la parola “amore”? Avverto una piacevole sensazione di sfida. Avere la capacità di raccontare come il più nobile dei sentimenti evolva all’interno della nostra società. Il precariato lavorativo, il moltiplicarsi delle connessioni sociali, delle conoscenze, delle possibilità, delle tentazioni. Come tutto questo influenzi la vita di coppia. Come il sentimento si adatti alle logiche di mercato e agli sviluppi della tecnologia. Tra like, messaggi privati, doppie spunte e ammiccamenti. Infinita platea di follower, corteggiatori e cuoricini. Un potenziale “altro” all’apparenza più fresco, più intrigante, sempre migliore. “Chi ha mollato dovrebbe quantomeno non rompere le palle a chi ancora ci sta provando”. Sopporti meno i moralisti o gli spavaldi? Purtroppo nel tranello del moralismo facile oggigiorno, complice Facebook, rischiamo di caderci tutti. Alzi la mano chi almeno una volta non si è lasciato andare a un pippone bacchettone strappalike. È una tendenza, quella al moralismo, che crescendo si deve ogni giorno combattere. Si diventa reazionari con gli anni, è risaputo, si tollera di meno, di diventa moralizzatori. Ed è questo che non tollero, in me prima che negli altri. Cosa non farai da grande? Oddio, sai bene quanta rogna porta rispondere a questo genere di domande. Io stesso a scuola dicevo che non avrei mai fumato, e sai in quante altre cose mi sono poi smentito. Dalle mie parti si dice: mai dire “di quest’acqua non ne bevo”. Diciamo che spero di non diventare mai un trombone, di combattere sempre la morte e la frustrazione quotidiana con il senso dell’umorismo ma, soprattutto, di non arrivare mai a condividere su Facebook gattini di buongiorno, bufale complottiste e catene di Sant’Antonio.



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www.larivieraonline.com Domenica 19 Novembre 21

È arrivato in libreria proprio in questi giorni il saggio “Un solo Dio per tutti? Politica e Fede nelle religioni del Libro” scritto a quattro mani dallo psichiatra, saggista, politico, accademico, editorialista de “Il Tempo” e spesso ospite dei salotti televisivi Alessandro Meluzzi e dall’analista politico di Benestare Giuseppe Romeo. Il libro offre una lettura storico-politica dei tre monoteismi moderni (Ebraismo, Cristinesimo e Islam), sottolineando in che misura essi, raccordandosi alla realtà contemporanea, siano stati in grado di ridefinire il pensiero messianico millenarista e ricercando le chiavi interpretative per guardare al loro ruolo nelle relazioni internazionali di oggi e di domani. Cittadini di un mondo sempre più piccolo nel quale spiritualità, fede e politica si intersecano spesso, siamo tutti testimoni allo stesso tempo delle incertezze che i sistemi politici creano invece di risolvere, e vittime di un diffondersi di violenza che si sovrappone alle dinamiche economiche sempre più imperative di un mondo che si restringe. Religione e politica, soprattutto nell’esperienza storica dei tre monoteismi, sono aspetti similari della vicenda umana, alla quale neanche Dante si sottrasse da buon testimone dei suoi tempi e dell’esperienza terrena. Tra potere e religiosità si sono confrontati Imperi e Stati, oggi individui e nazioni, in una misura globalizzata di un io che vive nell’epoca della comunicazione attiva e interattiva. Se gli imperi si sono mossi nella storia del mondo con i loro idoli o con le espressioni terrene, sempre in lotta per affermare la proprio legittimità politica, di certo anche lo spirito globale di ognuna delle tre fedi in Dio, ebraica piuttosto che cristiana se non islamica (ma anche zoroastriana o di ciò che fu quell’universalismo dell’Olimpo greco e latino) ci invita a superare il limite della finzione per riconoscere che ogni obiettivo politico ha bisogno di una cornice di fede. Ciò era valido all’epoca dei protoimperi quanto nei monoteismi rivelati che, in quanto tali, potevano esprimere una leadership di sintesi più difficilmente sostituibile con altri idoli e, quindi, con altre espressioni di potere. O, forse, si dovrebbe ridefinire in che termini lo stesso processo di globalizzazione politica ed economica, che si svolge attraverso progressive contaminazioni culturali, possa considerare possibile, se non opportuna, un’interazione tra sentimento laico e religioso dell’agire di fronte alle tendenze sovranazionali e all’internazionalizzazione delle relazioni economiche e politiche. Ciò significherebbe risolvere, forse, quel carattere di ambiguità che rimane inalterato tra potere sullo spirito e potere sull’uomo. Una considerazione che non è solo valida per il Cristianesimo. L’Ebraismo prima e l’Islam successivamente hanno assunto aspetti del potere ritenendosi fattori essenziali per ricercare quell’unità e quell’universalità tipiche delle rispettive comunità, nella misura in cui una

Politica e religione: due facce della stessa moneta Arriva in libreria “Un solo Dio per tutti?”, saggio scritto a quattro mani da Alessandro Meluzzi e Giuseppe Romeo che indaga il rapporto che intercorre tra i monoteismi moderni e l’assetto geopolitico globalizzato. Il libro promette di sondare le caratteristiche delle religioni monoteistiche, dimostrando come esse abbiano influenzato gli assetti di potere o siano state sfruttate dalla politica per assoggettare più efficacemente le masse. nuova identità, riconciliata ognuna con il proprio Dio, potesse far fronte alla diversità, assumendo se stessa come migliore offerta politica di creazione di un modello condiviso di potere. L’uso della religione si è manifestato come una leva politica e geopolitica trasformando rispettivamente, nel caso della cristianità, gli equilibri del potere in Europa e, per l’Islam, organizzando politicamente attraverso la fede quanto più di disomogeneo poteva essere presentato dalla storia dei popoli delle Terre di Mezzo. Il vero dilemma è, allora, come interpretare questo ruolo globale delle religioni e delle nazioni. Russia e Stati Uniti, ad esempio, sembrano voler riproporre ancora una volta un loro protagonismo. La prima rispolverando il millenarismo dell’Ortodossia nel mito della Terza Roma, quasi a suggellare l’eredità di Costantinopoli assunta da Mosca quale guida della Cristianità. I secondi riformulando la consapevolezza di un loro eccezionalismo, che li vorrebbe interpreti di una nuova e mai decaduta

Terra Promessa in un’epoca di spinte globali alla riformulazione di regole e stili di vita che tentano di despiritualizzare ogni scelta umana, omologando anime e corpi. Tra millenarismi mai sopiti ed eccezionalismi rieditati, anche il termine globalizzazione sembra poter dire tutto o nulla, dal momento che la storia dell’umanità ha vissuto diversi processi di globalizzazione. Processi visti e interpretati come uno spostamento in avanti delle linee di confine tra spazi politici e di mercato. Ciò valse per i fenici quanto per i mercanti arabi ed europei lungo la via della seta, come nell’esperienza della corsa alle colonie da parte delle moderne potenze europee. La globalizzazione è, insomma, una chimera che afferma e nega se stessa in una storia che, al di là delle epoche, è globale nel suo susseguirsi di fenomeni e di processi. Tuttavia, isolarsi, restare fuori dal gioco, così come partecipare al gioco in termini di subalternità, significa retrocedere e ciò ci porrebbe, in quanto occidentali, lontano da ogni possibilità di competizione. Le parole chiave,

alla fine, sono proprio quelle che la globalizzazione, vista da un balcone neoumanista, ci suggerisce. Cioè dialogo, cooperazione, sicurezza, sviluppo, cultura e diritti fondamentali condivisi. Rimanere al di fuori di tali valori significa non avere un futuro; significa autocondannarsi a implodere su se stessi. Ecco come allora che religione, politica ed economia si incontrano ancora una volta al cospetto della storia. Un appuntamento per gli stessi leader politici da Obama a Trump piuttosto che a Putin, dalla Merkel a Hollande o alle leadership religiose, canoniche come quelle cristiane o dell’Islam dialogante, o alle strumentali fazioni dell’Islam radicale da Al-Qaeda, all’Isis di Al-Baghdadi, che sovrappongono obiettivi politici a manifestazioni religiose di intolleranza e di chiusura. D’altra parte, il confronto tra politica e fede non è altro che la trasposizione del confronto tra popolo e Dio, ed è per questo che si tratta di mutare la nostra prospettiva consapevoli di ciò che avremo dovuto conoscere per storia: che entrambi, popolo e Dio, possono essere i migliori pretesti del potere. Ecco perché, in una dimensione di dialogo orizzontale, quindi cooperativo e paritario, la vera sfida per le confessioni religiose monoteistiche non è il confronto tra verità, ma la condivisione delle verità di cui è custode per giungere al miglior risultato possibile: quell’internazionalismo della fede capace, questa volta, di capovolgere radicalismi e intolleranze per dare vita ad un “internazionalismo della pace”. Lanciare la sfida di un neoumanesimo significa promuovere un nuovo internazionalismo che restituisca all’oscurità di un Medioevo mal interpretato dal radicalismo religioso una luce liberata dai nazionalismi, che illumini un internazionalismo delle anime. Ciò non significa contrapporre l’idea di una fede su di un’altra. Si tratta soltanto di ricollocare la storia dell’Occidente all’interno di uno spazio identitario che non escluda ma, al contrario, che includa, nel rispetto delle diversità, chi ne condivide i valori. Per ogni religione rimane valido un significato comune al quale, al di là delle differenze, tutte vi si riconducono. E, cioè, che la religione dovrebbe soddisfare la necessità umana di trascendenza, permettere di superare le ansie del vivere derivanti dalla consapevolezza dell’impossibilità di raggiungere la completezza di sé; ovvero ricercare la trascendenza per superare il quotidiano dal momento che la religiosità espressa nella fede supera l’incertezza della storia. La religiosità non ha limiti temporali perché supera la dimensione del reale per offrire, si potrebbe dire, una visione quantistica dell’inconscio. Ma, ancora una volta, il mondo deve fare i conti con una certezza: la religiosità è certo uno strumento per risolvere la condizione umana, ma anche un fattore di aggregazione di masse sfruttato dal potere per poterle dominare.


www.larivieraonline.com Domenica 19 Novembre 08

Nuove dalla Locride Il sindaco Giuseppe Falcomatà, assieme al sui vice metropolitano Riccardo Mauro, legge Riviera prima della conferenza della Città Metropolitana.

Senatori dal passato Un pezzo di storia della politica calabrese, Renato Meduri, storico senatore del MSI, posa assieme al consigliere regionale Fausto Orsomarso a Siderno.

Passione zebrata Il famoso Cosimo, del Bar “Tenatazioni”, ha ricevuto questa settimana in omaggio dalla comunità juventina nazionale una bottiglia di spumante per la sua fede bianconera.

Entourage falcomatiano Due persone molto vicine al sindaco Giuseppe Falcomatà: Franco Arcidiaco, storico editore della “Città del Sole” e Marcello Condorelli, oggi Capo di Gabinetto della Città Metropolitana.

Selfie romano Inizia la nostra parentesi romana del Blob con questo bellissimo selfie di Simona Musco in compagnia del sindaco di Sant’Agata del Bianco Domenico Stranieri.

Come i Beatles 48 anni dopo la pubblicazione di Abbey Road e della storica copertina in cui i Beatles attraversavano la strada sulle strisce pedonali, i nostri sindaci vengono immortalati durante l’attraversamento storico che li porterà dinanzi a Palazzo Chigi.

Calcio alla tedesca Una cena tedesca a Roccella con Ivan Leotta, Pasquale Vozzo e il presidente del Roccella Calcio Maurizio Misiti.

Aiuto da casa Neofita delle manifestazioni dei sindaci, la prima cittadina di Ciminà, Giusy Caruso, parla al telefono per aggiornarsi all’ultimo minuto sui protocolli da seguire.

Lo smartphone della discordia Tra Maurizio Gasparri, Vincenzo Loiero e Rosario Sergi, scorgiamo Rocco Luglio mentre, armato di telefono, sta effettuando la diretta Facebook che tante polemiche ha creato in seno all’associazione. Il viaggio continua Il giorno 16 novembre il viaggio dei sindaci è proseguito a Reggio Calabria. Immortalati Giuseppe Certomà, Sandro Taverniti, Salvatore Galluzzo, Caterina Furfaro ed Ercole Macrì.

Affannati Giovanni Calabrese, Felice Valenti, Vincenzo Loiero e Rosario Rocca, al termine della conferenza metropolitana, stanchi dopo una settimana di notevoli impegni.




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