Riviera n°5 del 01/02/2015

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DOMENICA 01 FEBBRAIO

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Soprintendenza, cosa fai?

Il mistero dei bassorilievi

di Capo Bruzzano Sono passati quattro mesi, e di quello che può sembrare un ritrovamento eccezionale o una bufala pazzesca non si è avuta più notizia. Così siamo andati a fare un sopralluogo. Sono ancora laggiù, esposti all’erosione continua dell’acqua. Ma da dove sono sbucati? ANTONIO CALABRÒ

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La Calabria è uno scrigno che nasconde tesori: questa è una realtà incontestabile. Il problema risiede nell’apertura dello scrigno, nei soggetti preposti a valorizzarne i contenuti, siano essi naturali, storici o artistici. Un esempio recente è fornito dalla strana vicenda di alcuni resti rinvenuti a Capo Bruzzano, nei pressi di Africo. Disinteresse e lassismo sono padroni e l’abbandono regna sovrano. A metà settembre dello scorso anno un gruppo di amici di Reggio Calabria si recò per l’ultimo bagno stagionale nella splendida spiaggia di Capo Bruzzano. La baia, di suggestiva bellezza, era deserta; la folla estiva era soltanto un ricordo, anche se la giornata era torrida. Durante la gita la signora Teresa, che ama le passeggiate in riva al mare, si allontanò con l’intento di percorrere l’intera curva della costa. Il luogo è costellato di massi, numerosi scogli affiorano a pelo d’acqua fino a qualche centinaio di metri dalla riva, sulla stessa spiaggia ci sono punti lastricati da queste enormi pietre che conferiscono all’insieme una sembianza selvaggia e tropicale. Dopo aver percorso poche decine di metri, la signora Teresa s’imbatté in due grandi lastroni di pietra che, senza ombra di dubbio, portavano l’impronta di un intervento umano. Chiamò subito la compagnia e l’intero gruppo rimase sbigottito a vedere, proprio nella battigia, quelli che

sembravano dei bassorilievi anche piuttosto elaborati, raffiguranti uomini barbuti (in una è raffigurato uno strano cappello). Dopo la sorpresa iniziale, i quattro uomini presenti cercarono di rimuovere i manufatti, ma si accorsero che erano troppo grandi e pesanti per essere smossi di un solo millimetro. Così li fotografarono più volte e successivamente diedero notizia alla Soprintendenza Archeologica della Calabria. Si scoprì che la notizia era già stata data dall’emittente privata RTV il 10 luglio. Nel confronto delle foto è evidente come l’erosione, in soli due mesi, abbia avuto effetti devastanti. Figuriamoci oggi in che stato saranno le due “opere”. Sono passati quattro mesi, e di quello che può sembrare un ritrovamento eccezionale o una bufala pazzesca non si è avuta più notizia. Così siamo andati a fare un sopralluogo, ma le cattive condizioni meteo e le onde alte ci hanno impedito di controllare da vicino i misteriosi pietroni. Sono ancora laggiù, esposti all’erosione continua dell’acqua. Ma da dove sono sbucati? Sono stati portati a riva da qualche mareggiata, di quelle violentissime dello Jonio in tempesta? Oppure, visto che proprio di fronte c’è un muro di contenimento della linea ferroviaria di fresca costruzione, sono emersi dalla collina e erroneamente gettati in acqua da qualche operaio poco sensibile alla storia? Ci immaginiamo qualche capo mastro che per timore di vedere bloccati i lavori abbia dato ordine di gettarli a mare. Ma

forse questa è solo una malignità. O forse si tratta di uno scherzo, sul modello delle famose teste di Modigliani degli anni 80? Qualche buontempone armato di smerigliatrice e trapano ha deciso di farsi beffe della Calabria intera? O soltanto qualche artista meditativo in riva al mare ha voluto provare la sua arte per gioco? Oppure sono un tentativo di truffa vera e propria con probabile vittima qualche yankee bacchettone o qualche teutonico con la sindrome di Stendhal? Non sta a noi dirlo. Forse sono veri, forse no. La Calabria è certamente un serbatoio inesauribile di reperti. Ovunque, basta scavare qualche metro e vengono alla luce resti di civiltà antiche, quindi sarebbe anche plausibile che quei resti siano autentici. Ma, lo ripeto, non abbiamo le competenze necessarie per dirlo. Un professore di storia, che preferisce mantenere l’anonimato, ci ha dichiarato che sono autentiche; ma ci ha anche raccontato quanti siano i casi simili in tutte le zone della nostra bella regione. Le foto parlano chiaro; il desiderio di valorizzare ogni bene della nostra amata terra, o al limite il desiderio di smascherare qualsiasi tentativo di ridicolizzare la nostra storia dovrebbe spingere gli enti preposti a svolgere indagini accurate sul caso. Chi deve indagare, indaghi. Non appena il mare si ritirerà, ci aspettiamo che una commissione di esperti si rechi sul luogo per far luce sull’ennesimo mistero di questa terra. Per capire se la sorpresa felice di Teresa abbia un senso, o se invece sia l’ennesima trovata spiritosa di calabresi perdigiorno.


RIVIERA

ATTUALITÀ

GIUDIZIARIA

Processo Saggezza e la “Corona” I dialoghi intercettati nel corso dell’indagine “Saggezza”, eseguita dai carabinieri di Locri, rivelavano l’appartenenza di alcuni soggetti a un sodalizio mafioso regolato da norme ben precise: «Voi vi siete segnato e io mi sono segnato… omissis… questo ci siamo segnati, ci siamo segnati e siamo rientrati in un “discorso… che sappiamo che è sacro”!» e, soprattutto, il desiderio di continuità che l’associazione voleva assicurarsi, in quanto si faceva riferimento al proprio “testamento mafioso”, alla cessione delle proprie doti in favore degli affiliati più fedeli e più affidabili. Il sodalizio oggetto di indagine, sotto processo dinanzi al tribunale di Locri, sarebbe dotato di una struttura guidata da Vincenzo Melia, “Capo Corona”, affiancato da due “capi consiglieri”, Nicola Nesci e Nicola Romano, e due “consiglieri” indicati nel corso delle intercettazioni ambientali in Giuseppe Varacalli e Giuseppe Siciliano. Il gruppo di indagati a cui si è fatto cenno costituiva, secondo le indagini coordinate dalla Dda reggina, un’articolazione intermedia, posta superiormente ai “locali”, le unità territoriali di base, e articolata sul territorio in modo da “associare” alcune piccole realtà territorialmente simili. La discussione in merito alle vicende della presunta associazione scaturiva da un episodio di non poco conto, in quanto uno dei componenti di maggior peso, l’indagato Giuseppe Varacalli, si sarebbe reso responsabile di un comportamento poco rispettoso delle “regole”, tanto da far parzialmente ricredere il Melia in merito alla sua affidabilità. Il presunto “capo locale” di Ardore si era lamentato con i vertici per un mancato saluto da parte di un affiliato venuto dall’Australia, l’indagato Luigi Varacalli, ma aveva successivamente omesso di informarli che la mancanza era stata colmata, “rappezzata, cucita sacra”, e ogni divergenza era stata appianata. Le indagini compiute, oggetto del dibattimento, avevano dimostrato che il rapporto di affiliazione tra i vari consociati, in primis tra i “capi locali” e, in secondo luogo, tra i componenti di ciascun locale, caratterizzava molti aspetti sia della loro sfera personale che di quella lavorativa. Si riporta nuovamente una frase che può riassumere nella propria laconicità il filo conduttore dell’intera indagine: «il rispetto, il rispetto dobbiamo dirglielo, deve essere reciproco o per bene, perché qua non siamo per duecento anni… quest’altro poco che siamo… omissis… che ci valutiamo a vicenda belli e puliti e che ci guardiamo le spalle l’uno con l’altro…” In sostanza è apparso in modo piuttosto chiaro, nell’arco temporale durante il quale si è svolta l’attività investigativa, che i rapporti tra le diverse anime della “Corona” non erano basati su incontri periodici, ma si evidenziavano in occasione di vicende soprattutto negative che interessavano i singoli, cioè al momento del bisogno, o in occasione di eventi lieti o luttuosi, come le cerimonie nuziali, occasioni imperdibili per riunirsi e discutere anche problematiche di rilevo, e tutto ciò nell’ottica di quel “rispetto reciproco” così tanto invocato. Rileva, inoltre, come i dialoghi ambientali censurati, definiti “di altissimo valore investigativo e probatorio”, per la prima volta attualizzano, attribuendone eccezionale concretezza, i contenuti di un documento sinora ritenuto di valore storico nella descrizione delle gerarchie della ‘ndrangheta, il codice sequestrato nel 1987 a Reggio Calabria nel covo del latitante Chilà Giuseppe al momento del suo arresto, in cui già si faceva riferimento alla “Corona”.

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Noi crediamo nei virtuosi della rinascita Noi crediamo nell'entusiasmo del Gal Alta Locride, così come crediamo nelle iniziative di chi, come i suoi membri, cerca quotidianamente di far risorgere il nostro territorio a partire dalle meravigliose risorse che già possiede. Ecco perché abbiamo organizzato un forum che permetterà agli esponenti del Gal di confrontarsi con altre persone virtuose della nostra regione. Tra esse, la dottoressa Giuseppina Longo che, come scrivevamo nella Riviera del 11 gennaio, ha scoperto quanto sia benefico il binomio bergamotto-acque sante locresi, l'Assessorato Provinciale all'Agricoltura, che ci auguriamo possa spiegare quale sia l'effettivo stato dell'arte, l'esperto agronomo Rosario Previtera, che darà indubbiamente consigli preziosi ed Ezio Pizzi, presidente del Consorzio del bergamotto. Speriamo che il nostro giornale possa diventare mezzo mediatico con il quale dare voce a questi protagonisti e far arrivare forte la loro voce a chi possa aiutare la loro ricerca e alimentare la nostra speranza.

ECONOMIA ETERRITORIO, GAL ALTA LOCRIDE: “Ve lo diamo noi lo sviluppo!” Doppio colpo messo a segno dall’agenzia di sviluppo per il territorio presieduta da Enzo Minervino,che mette sul piatto quasi 1 milione di euro a compartecipazione e beneficio di venti aziende del territorio per quanto riguarda le micro filiere del bergamotto e del vino DOC di Bivongi.Unico neo: doversi rapportare con la burocrazia della regione Calabria…

ANTONIO BALDARI

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n omaggio a un antico adagio, in tempi di vacche magre “tutto fa brodo”, specialmente se infettati da quel virus dilagante quando le cose sembrano congiurare verso il peggio che è l'annuncite: com'è bello “annunciare” da Trieste in giù, che ti parte la nuvoletta e sogni quei sogni mai sognati, salvo poi svegliarti di brutto e guardare in faccia la triste realtà che la figlia di Fantozzi, al confronto, appare come la Fata turchina di collodiana memoria! C'è chi, però, dell'annuncite non ne fa alcun esercizio, ma al contrario si rimbocca le maniche giorno dopo giorno lavorando sodo e sudando con la propria fronte, nel silenzio, ma così tanto nel silenzio da essere quasi del tutto sconosciuto ai più: ci riferiamo, scrivendo, al Gal Alta Locride, un'agenzia di sviluppo a favore del territorio rappresentante i dieci Comuni che vanno dallo Stilaro, con Bivongi, Pazzano, Monasterace e Stilo, fino a Roccella Jonica, passando per Camini, Caulonia, Placanica, Riace e Stignano: dieci “sorelle”, o presunte, tali che sono governate da un consiglio di amministrazione diretto dal presidente, Enzo Mario Minervino, che proprio nei giorni scorsi ha messo a segno un uno-due degno del miglior Mohammed Alì, al secolo Cassius Clay, ovvero

sia l'approvazione di due progetti integrati di microfiliera relativi al bergamotto e al vino DOC di Bivongi, quest'ultimo giusto decreto ministeriale del maggio 1996. Un traguardo a dir poco “storico” stante il fatto che, intanto, proprio il Gal Alta Locride è stato l'unico in tutta la regione Calabria a vedersi approvate le predette iniziative, che peraltro erano state bocciate negli anni scorsi, sotto la presidenza di Felice Valenti, attuale sindaco di Bivongi, ma che di fatto non sono state mai mollate, “Ci abbiamo sempre creduto e ringrazio i miei collaboratori consiglieri, così come i tecnici che si sono adoperati per tutto ciò e riconducibile anche al Gal di II livello Serre CalabresiAlta Locride, che è una sovrastruttura di sintesi dei due Gal per le due province di Catanzaro e Reggio Calabria che ci permette di dare libero sfogo allo sviluppo del territorio che abbiamo quale principale obiettivo” - afferma raggiante il presidente Minervino. E che, tradotto in soldoni, dice di poco più di 500 mila euro per il bergamotto e circa 360 mila per i vitigni antichi, somme cospicue, non c'è che dire, che costituiscono un vero e proprio investimento, peraltro incoraggiato molto prima di quell'Unione Europea, ed è il secondo elemento di soddisfazione, che oggi ne indica incondizionatamente la via. Senza “se” e senza “ma”, cosa questa che inorgoglisce di parecchio il Gal e in special modo le venti aziende che ne hanno sottoscritto il protocollo d'intesa a Roccella Jonica prima, per il bergamotto, e a Bivongi dopo, per il vino: venti realtà produttive di questo territorio a cui è stato quindi assegnato, in prospettiva, un compito arduo da svolgere ma che reca nel suo seno il seme del rilancio. Quello vero e con le chiacchiere che, stavolta sì, stanno a zero ma… C'è un “ma” grosso quanto il Colosseo in considerazione del fatto che l'insieme delle sopra riportate risorse economiche andrà rendicontato entro e non oltre il prossimo 31 ottobre. Fra nove mesi, dunque, quando il “parto” non sarà di certo cesareo ma con ogni probabilità prematuro, quello sì, “Perché i tempi sono molto ristretti, direi serratissimi, e poi ci sarà tutta la trafila burocratica a cui inginocchiarsi e sperare che non ci siano intoppi” - conclude il presidente Minervino. Se poi ci si mette che la trafila burocratica la si deve onorare negli uffici della regione Calabria, beh, è tutto dire. E uno sgranare il rosario alzando gli occhi al Cielo. Prosit!



RIVIERA

COPERTINA

LA NUOVA GIUNTA REGIONALE

Oliverio:cecitàogarantismo? A due mesi dalle elezioni fa ancora fatica a prendere forma la squadra di governo. Ma siamo sicuri che le discutibili scelte di Mario Oliverio non siano dettate dal perseguimento di un fine più grande?

JACOPO GIUCA

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iciamoci la verità: l’entusiasmo della campagna elettorale è un ricordo assai lontano e non sono pochi coloro che hanno perso qualsivoglia forma di speranza in una giunta regionale che ha fatto (s)parlare di sé ancora prima di essere ufficializzata. A seguito di difficoltà ostiche da comprendere, la cortina di fumo sull’assetto amministrativo fa ancora fatica a levarsi, complice la modifica dello statuto che dovrebbe permettere di vedere finalmente la squadra al completo. Mario Oliverio ha provato a fare un passo in avanti selezionando i primi assessori che dovrebbero affiancarlo nel suo lungo viaggio amministrativo, ma molte delle sue scelte sono state davvero difficili da digerire. Iniziamo dal suo vice, Vincenzo Ciconte, cui spetta lo svolgimento delle funzioni vicarie laddove il Presidente fosse impossibilitato a svolgerle. Già sul suo nome è necessario soffermarsi. La sua nomina, perfettamente legittima considerate le 12.643 preferenze ottenute in qualità di esponente del PD durante le elezioni regionali, pare non sarebbe stata così scontata se non si fosse trattato di dargli un “contentino” scaturito dalla nomina a Presidente del Consiglio Regionale del suo più acerrimo rivale politico: Tonino Scalzo. “La presidenza del consiglio è tua” sarebbe stato garantito a Ciconte quando si cominciava a delineare la squadra di governo, eppure Oliverio, molto probabilmente estraneo a questa promessa avanzata a chissà quale titolo, a conti fatti gli avrebbe scelto non solo un consigliere regionale uscente ma, per giunta, rinviato a giudizio per presunti illeciti nella gestione dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Che cosa abbia spinto il presidente della a compiere una scelta che, come sappiamo, ha fatto molto discutere, resterà probabilmente un mistero. Torniamo agli assessori per incontrare un altro personaggio assai discusso: Antonino De Gaetano. All’onorevole, Assessore ai Lavori Pubblici, infrastrutture e trasporti, spetta il difficile compito di approvare il piano delle opere e degli interventi ordinari e straordinari, dell’edilizia residenziale pubblica, delle risorse idriche regionali, dell’edilizia scolastica, dei programmi di trasporto e di navigazione e affini. Per chi se lo fosse dimenticato, Nino De Gaetano, già parte dell’organico di Loiero e Scopelliti, è quel politico poco limpido più volte associato alla cosca Tegano, che l’avrebbe favorito attraverso una consistente redistribuzione di voti. Tra le brevi della Riviera 51 avevamo parlato di lui ricordando come la poco chiara vicenda delle elezioni del 2010

MARIO OLIVERIO INCONTRA

MATTEO RENZI A ROMA in cui era rimasto coinvolto, sembrava si stesse per concludere in ambito giuridico con la definitiva attestazione che sì, De Gaetano aveva davvero avuto dei contatti diretti con i Tegano, tanto che tiravamo un sospiro di sollievo al pensiero che fosse stato escluso dalle liste del PD per le regionali di novembre. Eppure, eccolo rispuntare come un fungo tra gli assessori, a imperitura memoria che Olivero se ne fotte di quello che può pensare la gente e delle voci che circolano sul suo collaboratore almeno fino a quando, dichiara il Presidente, non spunterà fuori un avviso di garanzia che metta fine alla questione. A questo punto, speriamo solo che De Gaetano riesca a mettere da parte i problemi personali per riuscire a fare il proprio lavoro bene come ha già garantito. All’onorevole Carlo Guccione spetta poi l’assessorato al Lavoro, formazione, attività produttive e politiche sociali, una scelta che, vista l’esperienza politica trentennale della persona in questione, pare finalmente dettata da una semplice analisi delle capacità del nostro. Segue l’assessorato alle Riforme istituzionali, Pubblica Istruzione, Cultura e Pari Opportunità, affidato in un primo

Un assessore mancato per la Locride Se, come sembrava in un primo momento, Maria Carmela Lanzetta avesse accettato l'invito di Mario Oliverio di entrare nella sua squadra di governo, la Locride avrebbe potuto vantare una piccola vittoria che, alla fine, si è rivelata l'ennesima occasione mancata. L'ultimo assessorato ricoperto da un nostro esponente politico, infatti, è stato quello all'Industria di Pietro Fuda, risalente al 2001. All'epoca dei fatti, purtroppo, il nostro concittadino aveva potuto svolgere il proprio lavoro per meno di dodici mesi,

A QUATTORDICIANNIDIDISTANZASEMBRAVA GIUNTOFINALMENTEILMOMENTO, PERIL NOSTROCOMPRENSORIO, DIAVEREUNALTRO ASSESSORE, TANTOPIÙCHE LANZETTAE FUDA SONOACCOMUNATIDAUNDESTINOBEFFARDO perché il rimpasto voluto dall'allora presidente Chiaravalloti non gli aveva consentito di continuare a ricoprire tale carica. A quattordici anni di distanza sembrava giunto finalmente il momento, per il nostro comprensorio, di avere un altro assessore, tanto più che Lanzetta e Fuda sono accomunati da un destino beffardo. Come Pietro non era sopravvissuto al rimpasto della Giunta Regionale, infatti, Maria Carmela ha subito la stessa sorte nel rinnovo delle cariche di Renzi.

momento nientemeno che a Maria Carmela Lanzetta. Nonostante già di per sé la nomina di un’ex componente di governo avesse fatto discutere sul percorso del ministro locrideo, considerato poi che si vociferava fosse il frutto di un lungo tira e molla tra Mario e Matteo, mercoledì mattina la stessa Maria Carmela ha provveduto ad aggiungere il carico da novanta annunciando che, a seguito delle sue dimissioni da Ministro e con le valigie pronte ad attenderla sulla porta di casa, non avrebbe fatto parte della squadra di governo regionale. Il motivo risiederebbe proprio nella poco chiara posizione di Nino De Gaetano che, a parere della donna politica di Mammola, toglierebbe credibilità all’assetto governativo del Presidente della Regione. Niente immolazione della ministro per il bene della propria terra. Non sono servite le vociferate pressioni di Oliverio che, riconosciute le sue qualità eccelse, avrebbe secondo alcuni affermato di non poterne fare a meno per rispettare il suo programma elettorale né quelle di Renzi che, secondo altri (ma si tratta solo di rane dalla bocca larga!) avrebbe cercato di sbolognarla alla Regione Calabria per evitare di silurarla su due piedi e far fare brutta figura non solo a lei, ma anche a sé stesso, che aveva puntato su un cavallo qualunque scambiandolo per Varenne. Tutto considerato, comunque, il problema rimane un altro: chi sarà, adesso, il fortunato vincitore del concorso Cento giorni con Oliverio? Insomma, alla fine di questa lunga analisi possiamo affermare che l’amministrazione Oliverio, partita tra le polemiche, brancola ancora nel buio nella maniera più imbarazzante, viste le dichiarazioni e successive ritrattazioni dei suoi componenti, peraltro indubbiamente chiacchierati. Non mettiamo però subito le mani avanti sostenendo che la discutibilità di queste figure le renda automaticamente discutibili. Pensare che il presidente si sia semplicemente circondato di una squadra composta di insoddisfatti, pregiudicati e scarti di governo che fanno gli snob starebbe a indicare non solo incapacità politica, ma totale distacco dalla realtà. Proviamo invece a leggere queste nomine con minore impeto e soffermiamoci ai fatti senza confonderli con i pettegolezzi, come è stato fatto da Lanzetta e Delrio. Non sarà, piuttosto, che Oliverio ha deciso di seguire la linea garantista e l’esperienza pregressa, rispettando quanto aveva affermato in campagna elettorale? Una cosa è certa: i tempi dei preparativi sono terminati da tempo. È ora di mettere fine alle sterili polemiche da bar dimostrando il valore dei membri di governo con atti concreti e creare veramente la promessa task force guidata dal professore Viscomi per invertire la rotta. Purtroppo, però, sembra che siamo ancora in altissimo mare.


RIVIERA

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Esitazioni, ritardi, la tegola De Gaetano. La difficoltosa formazione della squadra di governo sta diventando un caso nazionale. Ma condannare la giunta per dei sospetti potrebbe celare un attacco alla democrazia. ILARIO AMMENDOLIA

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ario Oliverio non è partito bene. Troppe esitazioni e troppi ritardi. A ciò s'è aggiunta la tegola sull'assessore De Gaetano, che qualcuno vorrebbe fuori dalla giunta. Non avrei votato De Gaetano qualora fosse stato candidato nella lista del PD. Ovviamente non perché sottoposto a indagini ma per motivi squisitamente politici. Oggi, però, la sua vicenda finisce con l'essere un fatto personale per diventare un “caso Calabria”. Un caso per cui addirittura si sono scomodati esponenti di primissimo piano del governo nazionale, che avrebbero fatto bene a occuparsi dei problemi veri dei calabresi. De Gaetano, secondo costoro e non solo, non dovrebbe entrare in giunta perché ipotetico indagato. Accettare questa logica significa subordinare la politica ad altri poteri dello Stato. Significa dare un potere enorme, che la Costituzione non prevede, al maresciallo dei Carabinieri, al commissario di Polizia, ai PM. Parlo di costoro con tutto il rispetto di questo mondo. La democrazia però è una cosa molto seria così come lo è la libertà. Per questi ideali abbiamo lottato e non possiamo consentire che diventino parole vuote. Vi è poi un uso cinico e spregiudicato della parola “legalità”, brandita per alterare la dialettica democratica e per mettere sotto tutela la fragile politica calabrese e le debolissime istituzioni rappresentative. Se Oliverio cedesse di un centimetro sarebbe un presidente senza autonomia e senza più dignità politica. La gestione del “caso De Gaetano” da parte degli inquirenti e di parte della stampa è inquietante. L'uso dell'indagine da parte di alcuni politici, quasi tutti appartenenti al PD, è francamente avvilente. La richiesta di arresto nei suoi confronti dimostra quanto poco valga la libertà della persona umana in Calabria. Perché lo si doveva arrestare? Perché suo suocero avrebbe chiesto il voto a presunti 'ndranghetisti? Perché ha preso una “cascata” di voti? Qual è la “modica quantità” di voti da prendere secondo la “legge”? Ovviamente non difendo l'assessore regionale, ma la libertà di tutti e le garanzie costituzionali. L'ho fatto con esponenti della destra lo faccio oggi al di là della persona interessata. Considero la 'ndrangheta un'oscura setta di criminali e vorrei che fosse sconfitta già domani. Ovviamente, non a prezzo della libertà! Non sacrificando la Giustizia! Non uccidendo la democrazia. In Calabria non possiamo continuare a vivere nel cupo terrore della 'ndrangheta e di chi la 'ndrangheta dovrebbe combattere. Mario Oliverio ha il dovere di ricordarsi che la sua unica vera forza è il popolo calabrese. Dal popolo è stato votato e il popolo lo ha legittimato. Rifugga pertanto dalla noiosa e insopportabile liturgia dell'antimafia di maniera: “costituzione parte civile”, “codice etico”, sostanziale subalternità ad altri poteri, dichiarazioni roboanti contro la 'ndrangheta. Ne siamo francamente stanchi. Stanchi della 'ndrangheta, stanchi dalla caccia alle streghe, stanchi di questo clima infame in cui rotolano teste di innocenti insieme a quelle di incalliti delinquenti . Stanchi di questo velenoso attacco alle conquiste democratiche. Una cosa è certa: la sconfitta della mafia passa dal riscatto del popolo calabrese. Passa dalla strenua difesa della democrazia e della libertà di ogni cittadino Passa da ospedali efficienti, gioventù al lavoro, tutela dei più poveri, fine dei privilegi di casta, ritrovato orgoglio e fierezza dei calabresi e dal sostanziale rispetto delle garanzie costituzionali. Infine, ci sia consentita una sommessa richiesta: non lasciateci soli in questa lotta. Non difendiamo i criminali, ma la Costituzione e la comune libertà!

FAC-SIMILE DI SANTINO ELETTORALE

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L’OPINIONE MARIA SIMONE

ristemente, da qualche giorno, su tutte le prime pagine dei giornali calabresi non si legge altro che il Sì e il No per la nuova giunta varata dal Presidente Oliverio. Siamo appena a due mesi dalla proclamazione del Governatore Cosentino e, invece di trovare sostegno dall’intero PD calabrese, si continua a leggere e portare avanti una serie di “paralisi sistematiche” volte a rallentare il processo di rinnovamento cui il nostro presidente del Consiglio Renzi ci invita quotidianamente a perseguire. Mi piacerebbe leggere da cittadina della Locride prima, e da Dirigente Regionale del Pd dopo, articoli ricchi di proposte e idee innovative per la valorizzazione del territorio della provincia Reggina. Leggere domande e richieste per affrontare i reali e concreti problemi della nostra amata Calabria e non pettegolezzi e iniziative personali che cercano di far brillare il proprio Io facendo a pugni senza reali avversari. Gli attacchi mediatici rivolti in questi giorni al Presidente Oliverio, che sta facendo un’ottima azione ricca di determinazione e cambiamento reale, sono privi di fondamento perché la lingua italiana e soprattutto la limpida interpretazione della legge parlano chiaro relativamente a coloro i quali debbano essere etichettati come veri indagati (“Indagato è la persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale e nel momento stesso in cui il suo nominativo viene iscritto nell’apposito registro disciplinato dall’Art. 335 c.p.p.)”. Non mi sembra sia il caso dell’Assessore De Gaetano. Pertanto, prima di lanciare accuse e provocazioni, guardiamo il nostro armadio, controlliamo… chi tra tutti, cari politici, è senza “santini” scagli la prima pietra. Nessun disegno politico quindi, solo strumentalizzazione da parte di chi, ancora una volta, ha le idee un po’ confuse e forse cerca di giocare… Ma il tempo dei giochi è finito, il cambiamento è palpabile, la gente è sveglia ma, soprattutto, stanca. La Grecia è un tangibile esempio! Gli elettori hanno necessità di risposte legate alla vita di ogni giorno, di azioni fatte sul territorio, al fianco di chi sta veramente in povertà, di articoli che diano forza e speranza per questa terra che sembra maledettamente mossa da poteri personali. UNITI SI CAMBIA, SI LAVORA… posando i “santini”, prima che la piccola luce fioca accesa il 23 novembre scorso diventi un incendio che brucia tutti! Componente Direzione Regionale PD Calabria

L’indagine che sfiora De Gaetano ha dei connotati paradossali: il fatto che l’onorevole non sia indagato ma qualcuno abbia avanzato la richiesta di arrestarlo dimostra quanto poco valga la libertà in Calabria.

Chi è senza“santino” scagli la prima pietra!


PRIMO PIANO

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Sanità oculistica

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Le condizioni di oculistica sono indubbiamente drammatiche ma, a differenza di quanto avevamo erroneamente riportato due settimane fa, il reparto non è ancora morto. Come il mare si ritira solo per infrangersi con maggior decisione sulla battigia, speriamo che anche oculistica abbia indietreggiato solo per avere più slancio nel tornare.

LA SQUADRA DI OCULISTICA NEL 2008

Speriamo sia solo una risacca Un rimpasto professionale e la messa in atto di tecniche all’ avanguardia aveva trasformato la cenerentola dell’ospedale in un reparto d’eccellenza. Oggi, però, la drammatica mancanza di personale rende oculistica un settore che non può funzionare come dovrebbe.

JACOPO GIUCA Un articolo di Pasquale Violi, pubblicato il 20 gennaio 2008 su La Riviera, spiegava nel dettaglio le condizioni del reparto di oculistica presso il nostro ospedale di Locri, inserendo l’argomentazione in un più ampio progetto di “analisi” dei singoli reparti del nosocomio. L’aria che si respirava nel settore all’epoca dell’articolo del nostro collega era senza dubbio di almeno moderato ottimismo, considerato che, nel giro di tre anni, il primario Francesco Leone era stato in grado di riqualificare completamente la divisione ridandole funzionalità e professionalità. Un rimpasto professionale e la messa in atto di tecniche all’avanguardia aveva trasformato la cenerentola dell’ospedale in un reparto d’eccellenza, divenuto punto di riferimento per tutta la provincia e l’unica (comunque grave) macchia, era costituita dalla precarietà della maggior parte del personale, anche se altamente qualificato. Dopo sette anni, le condizioni di quel reparto e dell’ospedale tutto sono drasticamente cambiate. Qualcuno qualificherebbe sbrigativamente la situazione affermando che si è “scivolati di nuovo indietro”, eppure la condizione di oculistica non è così semplice e potrebbe essere, ci auspichiamo, il semplice derivato di una risacca che sta per riportare velocemente in avanti il reparto. Due settimane fa, tra le nostre brevi, è comparsa la notizia Ospedale: una vittima della malapolitica, nella quale si riportavano le conclusioni di un incontro avvenuto tra la dirigenza sanitaria, i vertici dell’ASP e il coordinatore del NCD Nino D’Ascola che, al termine del dialogo, prometteva una visita imminente da parte del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. In quella sede, usando un rafforzativo, era stato detto che il reparto di

oculistica era ormai definitivamente chiuso e che, per una visita specialistica, era necessario recarsi quanto meno in provincia di Cosenza. La presa alla lettera di quell’espressione da parte nostra nascondeva, tuttavia, un’inesattezza. Oculistica, infatti, benché barcollante, si regge ancora sulle proprie gambe e sta lentamente riacquistando la voce per poter urlare a tutti che il reparto è vivo. Certo, la drammatica mancanza di personale lo rende un settore che non può funzionare come dovrebbe e le continue interferenze dell’amministrazione sanitaria reggina spingono i malpensanti a pensare che ci sia davvero un interesse economico-politico a far chiudere l’ospedale di Locri. Tuttavia, relativamente alle proprie (acciaccate) condizioni, il reparto funziona a pieno regime e gli “eroi” della sanità, rimasti appena in numero di tre nel reparto, sono sempre ben disposti a fare doppi o anche tripli turni pur di garantire un servizio che continua non solo a raggiungere tutti i comuni della Locride, ma lambisce persino i paesi della piana. Ogni settimana, nonostante il numero di posti letto sia sceso a 0 dagli 8 di cui ci si poteva vantare sette anni fa, il tabellone degli interventi viene accuratamente riempito per ricoveri Day Hospital e grandi professionisti si occupano di chi si affida alle loro mani esperte. Certo, siamo lontani dai 615 interventi e dalle 11.755 prestazioni ambulatoriali del 2007, ma la scorza di oculistica rimane dura e difficile da scalfire anche per il più affilato bisturi. Cateratte e retinopatie diabetiche sono all’ordine del giorno e gli esami specialistici si concatenano nella speranza di poter, un giorno, raggiungere nuovamente quei numeri di cui si andava tanto orgogliosi all’inizio della gestione Leone.


Nasce Enoicamente, un progetto che mira alla crescita economica del territorio attraverso la collaborazione tra ristoratori e vitivinicoltori della provincia di Reggio, al fine di una conoscenza del vino del nostro territorio ai consumatori dello stesso. DOPO CHE LA “PROVINCIA ENOICA” È STATA PROTAGONISTA AL VINITALY DEL 2012, UN NUOVO PROGETTO È STATO IDEATO DALL'AGENZIA PUBBLICITARIA PIGRECO COMUNICATION. SI TRATTA DI “ENOICAMENTE” ED È RIVOLTO AI PRODUTTORI DI VINO E AI RISTORATORI LOCALI, CON L’OBIETTIVO DI FACILITARE UNA LUNGA E PROFICUA COLLABORAZIONE TRA LORO. IL MEGLIO DEL VINO E IL MEGLIO DELLA CUCINA PER CREARE RICCHEZZA E OCCUPAZIONE DURATURA. ATTRAVERSO QUESTO MATRIMONIO ENOGASTRONOMICO SI MIRA ALLA PROMOZIONE DEL TERRITORIO. ANDAR PER CANTINE E RISTORANTI, CONVIENE !

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La provincia Enoica come la Maremma, la Val di Non, il Vicentino, le Langhe, ma anche il Salento e il Ragusano può e deve puntare sul vino, sulla capacità di farne spesso il principale testimonial territoriale, veicolo per far conoscere e farsi conoscere. Nonostante il percorso richieda impegno, capacità, competenze, abilità, risorse finanziarie che non si costruiscono nello spazio di qualche anno, ma che, tuttavia in alcuni periodi storici subiscono accelerazioni o rallentamenti, l’assessore all’agricoltura della provincia di Reggio Calabria, Gaetano Rao, crede con fermezza nel processo di valorizzazione del vino reggino. Dopo che la “Provincia Enoica” è stata protagonista al Vinitaly del 2012, un nuovo progetto è stato ideato dall’agenzia pubblicitaria Pigreco Comunication. Si tratta di “Enoicamente” ed è rivolto ai produttori di vino e ai ristoratori locali, con l’obiettivo di facilitare una lunga e proficua collaborazione tra loro. Il meglio del vino e il meglio della cucina per creare ricchezza e occupazione duratura. Per aderire al progetto gli imprenditori interessati devono rivolgersi alla Pi Greco che fornirà tutte le informazioni utili.

IL MERCATO CI CHIAMA Con Enoicamente, attraverso questo matrimonio enogastronomico si mira alla promozione del territorio. Andar per cantine e ristoranti, conviene. Qualche anno fa il Censis, proprio a conferma del legame indissolubile tra economia dei prodotti ed economia turistica, ha calcolato che per ogni 10 euro di acquisti effettuati dai turisti del vino nelle cantine dei produt-

Il Progetto

Enoicamente CONTATTI PERADERIREALPROGETTOENOICAMENTE ÈNECESSARIORIVOLGERSI ALLA PIGRECOCOMUNICATIONSRL. SIDERNO, VIAGRAMSCI 72/A EMAIL PIGRECO10@GMAIL.COM TEL 0964 383251

tori, si generano 50 euro di spesa nell’indotto turistico (ristorazione, prodotti tipici, soggiorni e servizi). È divenuto pertanto fondamentale l’integrazione tra il mondo vitivinicolo, agroalimentare, alberghiero: la costruzione di un itinerario in cui ogni elemento dell’insieme, dalle cantine ai ristoranti, passando per le strutture dell’ospitalità, riescano a esprimere una qualità d’area che sia integrazione e non semplice aggregazione delle singole qualità. Economia dei produttori dunque che crea economia per un territorio. Bisogna attrezzarsi alle sfide che il mercato e, nello specifico il consumo di vino, chiede.

OLTRE LA VIGNA, UNA RIVOLUZIONE La Locride, la Grecanica, la Piana di Gioia Tauro e il Reggino vantano dei rossi DOC ma anche un panorama diversificato

di bianchi, passando per i rossi IGT, che offrono anche i passiti di grande attrazione: Greco di Bianco e il Mantonico Passito IGT Locride. Senza dimenticare l’IGT Palizzi e il Bivongi. Il processo di valorizzazione del vitigno però, va oltre la vigna. In questa direzione è necessario far conoscere le qualità del nostro vino prima che al mondo ai consumatori prossimi. C’è un passaggio fondamentale: tanti ristoranti della Provincia Enoica sono sprovvisti dei vini che nella stessa provincia si producono con fatica, sudore e qualità invidiabile. Quello che ci proponiamo, sia attraverso la nostra iniziativa editoriale che con il meeting evento, è dare il via a un futuro e possibile cambiamento culturale del consumatore della provincia reggina rispetto ai suoi prodotti, un comportamento rivoluzionario da tramandare alle generazioni a venire.

IL MATRIMONIO NECESSARIO La Locride si sta imponendo sempre più come il locomotore della cucina reggina. In questo territorio facente parte della provincia Enoica c’è uno spirito animatore, un’ambizione importante, o ancor di più… una missione, un desiderio di eccellere attraverso l’enogastronomia. E ancora, c’è sguardo lungo, che non si ferma alla cucina tipica, ma guarda e vede le materie prime e le maestranze che spuntano a macchia di leopardo da un capo all’altro del Mare Nostrum: da Punta Cocintum a Capo Zefira, sia nella cucina tradizionale, che in quella d’autore. Di questo, se ce ne fosse ancora bisogno, ci ha dato l’ennesima conferma, la visita di dieci studentesse dell’università di Slow Food nella Locride, che hanno punteggiato le segnalazioni importanti che gli erano state calate dall’alto, approdando anche al Gambero Rosso di Marina di Gioiosa Ionica, Stella Michelin della provincia Reggina grazie allo chef Riccardo Sculli. Qualità del vino e qualità della cucina, il matrimonio necessario non può prescindere da questo. La materia prima c’è, ora serve una convivenza costruttiva che crei crescita economica, occupazione stabile e duratura, che abbia stima di sé, che guardi all’appartenenza a un’aerea d’origine controllata. Ogni ristorante facente parte del circuito Enoicamente è obbligato ad avere la carta dei vini e l’adesivo “Enoicamente”.

I LETTORI CONSUMATORI Il 30 Marzo, dalle ore 19.00, si terrà un Meeting-Evento nei locali de “Il Palazzo” di Moschetta. In questo luogo mozzafiato, dove la Calabria bella e autentica non è mai svanita, a circa 150 invitati verranno serviti dei piatti di “finger food” in abbinamento col vino. Non solo: nel meeting i grandi vini della provincia Enoica saranno inseriti nei menù dei grandi ristoranti della medesima provincia e suggeriti dagli chef in abbinamento a quel determinato piatto nato dal dialogo e dal confronto. Il Meeting sarà ulteriormente annunciato, per altre cinque settimane, su “Riviera” e con articoli e spazi pubblicitari sul sito www.larivieraonline.com e sui vari social network. Dopo l’evento, il nostro settimanale continuerà a promuovere il progetto così da farlo conoscere ai lettori-consumatori, i quali potranno “toccarlo con mano” ogniqualvolta si recheranno in uno dei ristoranti aderenti, che esibiranno per loro una carta dei vini di tutto rispetto. E così finalmente i nostri palati saranno deliziati con i sapori della nostra terra.


POLITICA

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DOMENICA 01 FEBBRAIO 10

Chi vuole Siderno

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nello stato di minorità? ILARIO AMMENDOLIA

Chi ha voluto intimidire Mammì, ha mirato su Siderno e ha finito col colpire tutta la Locride, iniziando dai comuni in cui dovrebbe ripristinare la democrazia ferita dai commissariamenti di massa.

empo fa un’ importante cosca avrebbe deciso un omicidio per motivi legati alle sue attività criminali. Dalle intercettazioni sembra che i mafiosi si siano orientati a eseguire il delitto in territorio fuori della loro “competenza”, cioè su una località anonima della statale 106. Il calo verticale dei delitti di mafia sembrerebbe frutto di una decisione delle cosche della Locride di evitare tutto quanto abbia a che fare con il clamore o potrebbe accendere riflettori sulla loro attività. Un’ulteriore “evoluzione” della specie verso forme sempre più raffinate di “sopravvivenza”. Una capacità di “governo” del territorio senza interventi odiosi e di diffuso allarme sociale. Certamente, nessuna cosca vuole “ammoinu” nel cortile di casa propria. A Siderno però si spara un “missile” a testata multipla intervenendo pesantemente nella campagna elettorale con la luce accecante di una tanica di benzina e pallottole di accompagnamento. In questa storia, l’unica cosa certa è che il dottor Mammì s’è ritirato. Così, il primo colpo avrebbe colto nel segno. La nostra solidarietà verso Mammì è illimitata e militante. Inutile cercare di capire chi possano essere i responsabili materiali. Non è il nostro mestiere e non abbiamo questa presunzione. Piuttosto potremmo ragionare quale disegno si nasconde dietro tale vigliacca intimidazione. Un discorso logico ci porterebbe a escludere che i mandanti siano da ricercarsi nel mondo “politico”. Né a destra meno che mai a sinistra e neanche “civico”. Nessun esponente politico ci guadagna da questo clima di “sospetto” che rischia di delegittimarlo prima ancora che inizi la corsa. Una turbolenza che rende periglioso il viaggio ancor prima che l’aereo si alzi in volo. Anche un politico di mezza tacca comprenderebbe che fatti come quelli successi al dottor Mammì rischiano di imprigionarlo nell’occhio del ciclone. Da qualsiasi lato lo si guardi, il buon senso prima che la logica ci portano a escludere un coinvolgimento della Politica. Resta la ‘ndrangheta. Beninteso la ndrangheta farebbe cose ben più gravi. Tuttavia

bisognerebbe capire perché una ‘ndrangheta “istituzionalizzata” e sperimentata come quella di Siderno si stia muovendo in maniera opposta rispetto alla nuova strategia silenziosa e discreta messe in campo dalle cosche dell’intera provincia. Avrebbe qualcosa da guadagnare da questi atti scellerati ? Sia detto con la necessaria umiltà, ma la risposta è NO! A Siderno, accanto a gloriose tradizioni politiche e culturali, esiste un’antica consuetudine di collateralismo mafioso. Nella sua lunga storia, la ‘ndrangheta di Siderno è stata sempre in grado di “consigliare”, “sedurre”, “carezzare”, “guidare”. Di avversare o di appoggiare. In settanta anni non ha mai avuto alcun bisogno di intimidire la politica, utilizzando mezzi così rozzi come una tanica di benzina e le pallottole. Inoltre, la ‘ndrangheta non credo sia così sciocca da far alzare il tasso di attenzione su un comune sciolto per infiltrazioni mafiose e con un dissesto di bilancio. No!Una sciocchezza del genere la potrebbero fare cosche senza “storia” e senza prospettive, non una ndrangheta storicamente collaterale alle istituzioni come quella di Siderno. Potrebbe sembrare un labirinto senza uscita eppure, tra tanti dubbi, avanza una certezza: chi ha lanciato il missile a testata multipla, (a meno che non si tratti di una scheggia impazzita), ha voluto colpire non solo e non tanto il dottor Mammì ma Siderno, la sua vita democratica, la civile convivenza, la sua storia, la politica già molto debole, quasi agonizzante. Chi ha voluto intimidire Mammì, in realtà ha mirato su Siderno e ha finito col colpire tutta la Locride, iniziando dai comuni in cui dovrebbe ripristinare la democrazia ferita dai commissariamenti di massa. Si vuole impedire che nella Locride si eserciti la normale dialettica democratica. Si vuole tenere il territorio sotto il tacco della criminalizzazione. Non sarebbe la prima volta che una gelida manina interviene ad alterare il corso degli eventi e ad impedire l’affermarsi di una classe dirigente con la schiena dritta e la testa alta. Più volte per questo obiettivo s’è ricorso alla violenza mafiosa, oppure alle manette. Mi limito agli oscuri motivi che avrebbero dovuto far esplodere una bomba all’ospedale di Siderno dopo i tenebrosi disegni legati al delitto Fortugno, le cui nebbie non si sono diradate dalla discutibile condanna inflitta ai Marcianò. Oppure le protezioni a maglie larghe di cui ha goduto per decenni il mondo illegale collegato alla sanità locrese. “Qualcuno” vuole Siderno in permanente stato di minorità e, contemporaneamente, ridurre l’intera Locride a una terra a sovranità limitata. Che fare? Moltiplicare per dieci, anzi per cento e per mille la partecipazione popolare restituendo la politica alla gente. Non ritardare di un solo attimo le elezioni non solo a Siderno ma in tutti i Comuni commissariati. Non contribuire a delegittimare quel che resta della “Politica” a vantaggio delle forze occulte! Creare il massimo di unità partendo dal basso e convergendo su programmi e progetti politici rifuggendo da divisioni artificiose. Il nemico che abbiamo di fronte è sfuggente, invisibile a occhio nudo, perfido quanto cinico. Il nostro dovere è raccogliere la sfida e vincere non tanto le elezioni quanto la battaglia di democrazia che si sta delineando all’orizzonte. La Locride è una terra dove quel poco di democrazia conquistata con decenni di impegno, è stata cancellata dalla criminalizzazione interessata. Undici consigli comunali sciolti rappresentano solo la punta di un iceberg pericolosissimo. I giochi si fanno sulla nostra testa Si deve votare a Platì, a S. Luca, ad Ardore, a Samo, a Careri e a Siderno. Questa città non meritava l’onta di una gestione commissariale e oggi deve ritornare alla democrazia.

Elezioni: si va verso un patto elettorale I competitor sembrano intenzionati a presentare una sola lista per sindaco A seguito del ritiro di Pier Domenico Mammì dalla corsa a sindaco di Siderno comincia a farsi concreta la possibilità che le elezioni amministrative vengano fatte sotto l'egida di un'unica lista. Sempre più esponenti politici, siano essi di destra o sinistra, si stanno pronunciando favorevolmente a questa possibilità che, oltre a esplicitare una volta di più quale sia la preferenza della cittadinanza, le garantirebbe di esprimere con la propria preferenza in materia di consiglieri comunali e collaboratori politici. Siderno vuole e deve tornare al voto libero e d'opinione, stroncato da un sistema elettorale che si basa sulla quantità dei candidati. Un mercato volgare che rischia di far approdare la città nell'ennesimo macello della democrazia. Tale favore nei confronti del candidato unico, dettata dalla storia professionale di Fuda, nasconde un auspicio per la nostra città che, dopo anni di inquietante buio, sembra avere compreso quale sia la luce da seguire per uscire da questo tunnel.



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ATTUALITÀ

Miami: Alto riconoscimento al calabrese Luigi Bava

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restigioso riconoscimento per Luigi Bava, calabrese di Bovalino, componente della Consulta regionale dei Calabresi all'estero, trapiantato a Miami che, ad appena 40 anni, è stato insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dell'alta onoreficenza di Cavaliere Ufficiale all'ordine della Stella d'Italia. L'alta decorazione è destinata a quanti sia stranieri che italiani, hanno contribuito a rafforzare i rapporti dell' Italia con altri Paesi, a promuovere gli interessi italiani e, in generale, ad accrescere il prestigio dell' Italia nel contesto internazionale. L'alta decorazione e' stata insignita a Luigi Bava nei giorni scorsi presso la residenza del Console Generale d'Italia a Miami, Adolfo Barattolo, nel corso di una apposita cerimonia che ha registrato la presenza di un folto numero di persone, tra le quali anche molti connazionali. Le motivazioni del riconoscimento, consegnato direrttamente a Luigi Bava dal Console Barattolo sono state lette dalla moglie del Console lady Federica. Nella motivazione è stato indicato che "l'impegno profuso dal prof. Luigi Bava nell'aggregare la Comunita' italiana residente nella Circoscrizione consolare nella sua posizione di Consultore Regionale per gli Stati Uniti della Regione Calabria, l'attivismo dimostrato, a livello di volontariato, negli ultimi anni nel promuovere la lingua e la cultura Italiana, che di recente lo ha portato ad essere nominato Presidente dell' Ente Gestore delle iniziative scolastiche nel Sud Est degli Stati Uniti ed Area Caraibica, l'attività di coordinamento delle iniziative culturali realizzate nell'ambito del Dipartimento di Italiano in prestigiose Università pubbliche e private americane della Florida Meridionale, e la dedizione posta nel gestire la Sezione di Italiano presso il Liceo Pubblico di eccellenza Ispa di Miami". Il Console Adolfo Barattolo nel consegnare la Stella al merito e l'onorificenza firmata dal Presidente Giorgio Napolitano e dal Ministro degli Affari Esteri, ha espresso il suo grande apprezzamento per l'attivita di Luigi Bava "svolta in un contesto di generale di particolare rilevanza per la diffusione della nostra cultura accomunando grande passione e attaccamento verso il nostro Paese, del quale si sforza di promuovere l'immagine in ogni occasione, favorendo i rapporti e gli scambi culturali ad ogni livello, con pregevoli risultati che hanno contribuito e contribuiscono a rafforzare rapporti di amicizia e collaborazione tra l' Italia e le rappresentanze istituzionali americane. Alla cerimonia hanno preso parte attiva il Direttore dell' Ufficio scolastico del Consolato d' Italia a Miami, Massimo Spiga, la direttrice del Dipartimento bilingue del Miami Dade County Public Schools, Beatriz Zarraluqui, i Principals, Cheryl Johnson, Alejandro Perez e Shelley Stronely e finanche il ricercatore lametino Antonello Pileggi che ha recente-

Uniti si può crescere assieme mente ottenuto il premio "eccellenze calabresi in Usa" e l'ex campione italiano di basket Piero Montecchi. Particolarmente significativo l'intervento di ringraziamento di Luigi Bava, trasferitosi dieci anni addietro a Miam ( dopo aver vissuto la sua giovinezza, tra Bovalino e Siderno), che ha ricordato con commozione la "sua" Italia ed ha ribadito il suo impegno in favore della promozione dell'immagine del nostro Paese.

Sabato 24 gennaio, a S. Ilario dello Jonio, si è svolto il 1° open di scacchi organizzato dal sindaco e consigliere provinciale Pasquale Brizzi che, per l'occasione, ha tenuto anche un breve discorso nel quale ha voluto esplicitare il già palese messaggio di coesione sociale, solidarietà, legalità e comune intento che la manifestazione voleva trasmettere. Uniti si può, questo il titolo dell'evento, ha infatti visto ampia partecipazione da parte di molti primi cittadini della Locride, che hanno sfidato con piacere a una partita di scacchi il campione russo Igor Naumkin, che ha dimostrato tutto il proprio talento affrontando contemporaneamente tutti i partecipanti. La presenza del Vescovo, dei rappresentanti territoriali del corpo dei Carabinieri, della Guardia di

Finanza, della Polizia di Stato e dell'Associazione Nazionale di Azione Sociale, per la quale si è presentato il Presidente Regionale Gianfranco Sorbara, ha dato grande peso specifico alla manifestazione terminata con un ottimo pranzo al buio che, sempre nell'ottica di coesione sociale, ha mostrato a tutti i partecipanti la forza d'animo con la quale gli ipovedenti affrontano il quotidiano. Il successo della manifestazione, pienamente riconosciuto al sindaco Brizzi, è stato sottolineato anche in una nota stampa dell'A.N.A.S., nella quale sono stati espressi i più sinceri ringraziamenti a questo evento dal grande peso culturale, in grado di comunicare quanta sensibilità e umanità caratterizzi i cittadini della Locride.

Scuola: la perpetua Magia del Presepe cuola e Chiesa hanno unito le loro forze al termine del concorso La magia del Presepe, che anche quest'anno ha riscontrato grandissimo successo. L'11 gennaio scorso, dinanzi a una folla riunitasi presso la Chiesa di Santa Maria dell'Arco a Siderno per assistere all'incontro con il Vescovo Monsignor Francesco Oliva, si è svolta una bellissima cerimonia di premiazione, che ha incoronato vincitori del tema La Natività nel mio ambiente di vita gli alunni delle classi 3ª A e 3ª B della scuola primaria di Platì. Assieme a loro, la giuria, composta dalla nota artista locale Sara Parlongo, dal maestro d'arte Renzo Fascì e da Don Massimo Nesci, ha premiato anche la signora Rosanna Trimboli nella sezione amatori e la 3ª A dell'istituto comprensivo F. Alessio di Bovalino, che ha ottenuto il favore del pubblico. Sono poi state assegnate diverse menzioni speciali, a seguito delle quali il Dirigente Scolastico Vito Pirruccio ha espresso piena soddisfazione in merito all'esito della manifestazione.

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Candidati di destra, sì.

Ma a che titolo? Lunedì mattina Filippo Savica, delegato provinciale di Forza Italia e coordinatore di Studenti per le libertà della provincia di Reggio Calabria, ha inviato un comunicato in cui lamentava lo sbandamento del centrodestra bovalinese. Tra esponenti di partito che latitano e candidati a sindaco per una coalizione della quale non hanno nemmeno la tessera, non si esprime più una linea politica netta, vitale per una Bovalino che Savica vorrebbe veder rinascere sotto l'egida di Forza Italia. “È poi veramente corretto - si domanda il giovane forzista - esprimere tanto fervore per delle elezioni comunali ancora incerte?” Il lavoro della terna commissariale, infatti, è appena stato consegnato al prefetto, che dovrà passarlo al vaglio prima di stabilire se far proseguire il lavoro ai commissari o ridare a Bovalino un sindaco scelto dalla cittadinanza. Insomma, se la scorsa è stata una settimana “calda” per il centrosinistra sidernese, a Bovalino era il centrodestra a non passarsela poi così bene.

La vittoria diTsipras riscatta la Grecia dall’austerità dellaTroika Alle elezione politiche del 25 gennaio in Grecia è accaduto quanto doveva accadere dopo cinque anni vissuti sul filo di un coltello nelle mani della “Troika”. Dopo che questa ha fatto il bello e il cattivo tempo facendo alternare governi deboli e condizionati dalla crisi, la sconfitta al governo del leader di Neo Dimokratia Antonis Samaras e al trionfo di Alexis Tsipras, leader del movimento della sinistra radicale Syriza, che per un soffio, raccogliendo il 39,3% e 149 seggi, ha mancato la maggioranza assoluta, segna un’auspicata inversione di tendenza. I greci non avevano altra scelta se non quella di votare Syriza, nella certezza che votando Neo Dimokratia avrebbero continuato a vivere di stenti e privazioni provocati dalla “troika”, con la sua politica di ferrea austerità imposta dalla “dottrina Schauble”. Dopo i governi del Pasok e di Neo Dimokratia all'insegna della crisi più nera è prevalsa Syriza con la politica della “speranza”, che promette meno tagli alla spesa pubblica e ai salari e la riduzione del debito con la rinegoziazione dello stesso. Una crisi che viene da lontano, come annotavo nel mio libro “Se Atene piange. Appunti sulla crisi greca e l'Unione europea”, apparso nel 2010, edito dalla Nuova Editrice Mondoperaio, nel secondo capitolo che titola “ESISTONO DUE EUROPE: Il caso Grecia ha messo in evidenza che nell'Unione europea esistono due Europe: l'Europa Mediterranea e l'Europa del Centro-Nord. La prima è costituita dalla Grecia del premier Papandreou, dalla Spagna di Zapatero, dal Portogallo di Socrates e dall'Italia del premier di centrodestra Berlusconi. Nella seconda Europa confluiscono gli altri paesi (con l'eccezione dell'Irlanda); ma su tutti domina l'asse franco-tedesco. In questo contesto non è fuori luogo affermare che l'Unione è spaccata in

due e i partner, sul piano economico, battono strade diverse, perché la coesione economica, che dovrebbe essere il valore aggiunto, esiste solo sulla carta. La spaccatura si è approfondita dopo l'implosione della crisi economica greca, quando nessuno dei partner, a cominciare da quelli più forti come Francia e Germania, è andato in soccorso della Repubblica Ellenica, come se questa avesse dovuto fare tutto da sola per tirarsi fuori dalla crisi”. Ho citato, a ragione, uno dei capitoli salienti di quel libro, perché la crisi della Grecia e dell'intera Europa Mediterranea viene da lontano e non si è capito che doveva scattare il principio di solidarietà tra i partner, perché era nell'interesse delle due Europe, quella ricca e quella povera.Per questo oggi tutti si chiedono cosa accadrà dopo il successo di Syrisa di domenica 25 gennaio. Intanto, il 26 gennaio, c'è stata la riunione dei massimi sistemi dell'Unione rappresentati dai presidenti della Commissione europea Jean Claude Juncker e della Bce Mario Draghi per un primo esame delle richieste di Alexis Tsipras, mentre sono in corso negoziati informali con emissari di quest'ultimo su tempi e modi di rinegoziare un debito pubblico che vale il 175% del Pil. L'analisi della gravissima situazione finanziaria greca avviene il giorno dopo in cui il leader di Syriza, galvanizzato dalla vittoria, rivolgendosi al popolo greco, ha dichiarato che: “Il popolo ha sconfitto l'austerità e l'Europa dei popoli ci guarda e crede in noi. Dobbiamo incarnare la speranza. Con il voto storico di oggi il popolo greco ha dato un ordine molto chiaro. La Grecia volta pagina, abbandona l'austerità, esce dalla catastrofe, lascia la paura dietro di sé, supera cinque anni di sofferenze e chiude il circolo vizioso della vita impossibile e della povertà imposta”. Con il trionfo di Alexis

Tsipras è suonata l'ora del cambiamento, è questo l'obiettivo a cui mira il leader dell'estrema sinistra greca, che, senza perdere tempo, ha giurato da premier e formato l'esecutivo con la destra anti-austerità. È la prima volta che un partito di estrema sinistra conquista in Europa il potere, cosa che non si era mai verificata, e l'Europa, si dice, “trema”. Il nuovo premier afferma di non volere uscire dalla moneta unica, ma chiede di rinegoziare il debito detenuto quasi per intero dai contribuenti europei (per 40 miliardi da quelli italiani); rifiuta di riconoscere gli accordi firmati dai governi che lo hanno preceduto; respinge la Troika, rifiutando l'austerità imposta da Bruxelles e da Berlino, senza spiegare con quali soldi intende risollevare il tenore di vita dei suoi connazionali, quando con il programma di assistenza, che scade il 28 febbraio, è prevista un'altra rata del prestito per il mese di luglio di 1,8 miliardi di euro, senza la quale il paese andrebbe in bancarotta. Non solo Tsipras vuole, giustamente, migliorare il tenore di vita dei greci, ma ha già messo le mani avanti per la fine dell'austerity e uno sconto del 70% del debito greco ai creditori internazionali, così come avvenne nel 1952 quando gli alleati concessero uno sconto del 62% alla Germania uscita sconfitta dal secondo conflitto mondiale. La verità è che gli Stati membri non hanno mai ridotto i debiti contratti da altri Paesi, in quanto esistono ormai regole che, anche se non codificate, sono seguite dagli Stati. Il che significa che la strada che il premier greco dovrà percorrere è in salita e con molte criticità e i responsabili dell'Unione già lo attendono per l'inizio della prossima settimana a Bruxelles per stabilire i termini di una possibile trattativa. Fiorenzo Grollino


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Viaggio nel business delle scuole calcio Alcune società utilizzano spesso strutture comunali senza nessun interesse per la manutenzione

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ggi parliamo di quelle associazioni calcistiche che sulla carta dovrebbero operare senza fini di lucro ma, per l'adesione di un giovane calciatore alle loro scuole calcio, si fanno pagare una quota di circa 250/300 euro l'anno. La cosa grave è che queste società, sempre più spesso, si avvalgono di istruttori che in genere fanno altri lavori ma arrotondano il loro mensile sfruttando la passione verso il calcio dei bambini e delle rispettive famiglie. Società che utilizzano spesso strutture comunali, senza pensare di farsi carico di nessuna spesa di manutenzione e che autorizzano a pensare che il loro vero obiettivo sia quello di fare “business” e non perseguire quelle finalità sociali tanto decantate nei loro statuti associativi. Se vuoi fare “affari” sarebbe giusto che i dirigenti acquistassero un terreno di proprietà, ci mettessero due porte e degli spogliatoi e solo dopo aver effettuato tali operazioni chiedere una quota mensile. Se invece si utilizza (come sempre più spesso avviene in molti comuni della Locride) la struttura comunale senza contribuire alle spese di manutenzione ovvero pagare un canone fisso al comune (ente proprietario della struttura), allora sembra evidente che, in tal caso, non sia giusto chiedere nessuna quota alle famiglie. La questione l'abbiamo sollevata sui social e sembra che il fenomeno sia radicato in ogni angolo d'Italia. Una volta che il giovane finisce il suo percorso, le società interessate a far soldi cedono il giovane calciatore più promettente alla società più blasonata del territorio, cercando successivamente il “premio preparazione”. La conseguenza inevitabile sarà che lo stesso giocherà in questa società fino a quando sarà fuoriquota e poi verrà scaricato a costo

Libertà

Libertà per Siderno è soccombere. Libertà significa non voler progredire, libertà è non voler vedere il proprio paese cambiare, libertà è non voler tornare ad essere il paese migliore di anni e anni fa. Libertà è non preoccuparsi di voler costruire o inventare nuovi posti di lavoro per le persone che hanno bisogno e per i giovani. Non vogliamo neanche sapere cosa ci potrebbero dare persone nuove, e questo paese ne ha veramente bisogno. Per me la libertà non è tutto ciò che sto vedendo né quello che sto sentendo. Mi vergogno di essere sidernese. Ognuno di noi deve avere la possibilità di dire o fare ciò che è bene per la nostra comunità. Il mondo dello sport mi ha insegnato che chi sceglie di correre avvantaggiato non sempre riesce a raggiungere il traguardo. Adesso lo scenario sarà diverso ma ci auguriamo sempre che ci siano le condizioni per rimettere in piedi questo paese e che chi sarà il suo futuro governatore abbia una buona dose di coraggio e competenza. Loredana Ceravolo

zero a società “amiche”. A Cittanova, ci ha informato il dottore Francesco De Matteis, la società Calcio Cittanovese ha dovuto assumere la gestione "onerosa" del campo sportivo comunale. Pur trattandosi di una società dilettantistica, la convenzione stipulata col comune prevedeva che la società dovesse pagare lo stipendio al custode, mentre prima la mansione era svolta da un dipendente comunale. A carico della società sarebbero gravati i costi di energia elettrica, gas, acqua, manutenzione ordinaria, oltre alle spese per detersivi, carta igienica e quant'altro occorrente. Per questi motivi la società ha manifestato la volontà di voler recedere, visti i costi effettivamente insopportabili per una società di dilettanti, senza fini di lucro. Di certo, ha continuato De Matteis, non è più tollerabile la “furbata” di chi organizza una scuola calcio, che percepisce dalle famiglie una quota di iscrizione e una retta mensile senza pagare un centesimo per l'uso delle infrastrutture pubbliche, e senza mai dichiarare al fisco alcunché. Questo è un business vero e proprio che non è tollerabile. Si costruiscano loro i campetti di gioco, oppure paghino i costi di utilizzo all'Ente proprietario, visto che queste società, per cedere i loro ragazzi alle società richiedenti, pretendono il premio di preparazione dell'importo di alcune migliaia di euro”. Il nostro auspicio è che se ci dovesse essere qualche bambino la cui famiglia non dovesse farcela a pagare la quota d'iscrizione, possa essere autorizzato a giocare lo stesso. Alla fine non dovrebbero essere i soldi a prevalere sullo sport dilettantistico. Antonio Tassone

Porta in carcere al ragazzo calabrese due mortadelle farcite con hashish e un cellulare Aveva farcito due mortadelle intere, rispettivamente, con un telefono cellulare e tre panetti di hashish, dal peso totale di circa mezzo etto. Il tutto destinato a un 25enne calabrese, ma residente in provincia di Bergamo, agli arresti da un mese per furto aggravato. Con questo stratagemma, una ragazza di 25 anni milanese, martedì scorso, si è presentata in via Gleno, per portare i preziosi “generi di conforto” a quello che, come ha dichiarato agli agenti, è il suo ragazzo. Gli addetti ai controlli, però, come scrive Repubblica, si sono insospettiti, anche perché i due salumi interi non rientrano tra il cibo ammesso da regolamento all'interno del carcere, che deve essere “precotto e di facile ispezione”. È bastato così passare le due mortadelle farcite sotto la macchina a raggi X per scoprire il loro contenuto. I due giovani sono stati entrambi denunciati. Resta da capire a cosa sarebbero serviti i particolari generi di conforto che la ragazza stava cercando di consegnare al fidanzato.

Il“Bello nascosto” Sono stati allestiti nelle giornate di ieri e oggi i laboratori realizzati dagli artisti che hanno aderito all'iniziativa pubblica indetta dal Comune di San Luca. I partecipanti si cimenteranno nella creazione di un'opera ispirata ai luoghi, alla storia e alla tradizione del paese. L'evento cercherà di coinvolgere tutti coloro che prenderanno parte alla manifestazione nell'attività di produzione artistica estemporanea, stimolando la curiosità e il piacere di assistere alla produzione di opere che rievocano le tradizioni locali. L'Amministrazione vuole offrire a cittadini e visitatori un'occasione di relazioni sociali, scambio e arricchimento culturale. La manifestazione avrà come punto di riferimento Piazza della Resistenza, Piazza Dante Alighieri e Via Roma. Tutte le opere premiate entreranno nella disponibilità del Comune e saranno messe in palio in una lotteria il cui ricavato verrà devoluto per sostenere le spese di ristrutturazione dell'oratorio, come auspicato dal vescovo di Locri.

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UBI Banca ricompensi Marina di Gioiosa! Banca CARIME ha chiuso i battenti a Marina di Gioiosa Ionica. Sono prevalse le logiche economicistiche a dispetto della dignità e dello sviluppo di una comunità sociale e civile. Abbiamo lottato in ogni modo e con tutti mezzi leciti a nostra disposizione. Ci siamo rivolti a vari livelli istituzionali e non. Tantissimi Cittadini e l'Amministrazione Comunale di Marina di Gioiosa Ionica hanno fatto il loro dovere, fino in fondo. Alcuni sono stati alla finestra a guardare e oggi, masochisticamente, gioiranno, ma la stragrande maggioranza della gente per bene ha difeso il proprio territorio con dignità. Per questo oggi non ci sentiamo per nulla sconfitti, anzi. Da questa vicenda abbiamo imparato molto, soprattutto dai tanti, troppi silenzi imbarazzati e imbarazzanti. Vogliamo dire alcuni grazie, con affetto e riconoscenza, al Prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, al Presidente ABI, Antonio Patuelli, a Sebi Romeo, a Umberto Ambrosoli e Corrado Passera, che sono stati al nostro fianco e non hanno fatto mancare il loro supporto civile e appassionato. Non ringraziamo, ma, anzi, additiamo pubblicamente come complici, tutti coloro che, con colpevole inerzia, hanno agevolato questa spoliazione del territorio, autentico regalo al sistema criminale dell'usura. Non ringraziamo i parlamentari calabresi, latitanti. Non ringraziamo i vertici nazionali e regionali dell'associazione dei comuni italiani (ANCI), vergognosamente assenti. Non ringraziamo tutto quel mondo fatto da partiti, sindacati, comitati, associazioni di categoria e di consumatori, terzo settore, capaci di indignarsi solo quanto vengono toccati nel loro campanile e nel portafogli. Noi non ci arrendiamo e non ci fermeremo e, anzi, siamo già a lavoro per trovare soluzioni alternative. Nel frattempo, però, desideriamo lanciare un appello ai vertici di UBI BANCA: RICOMPENSATE MARINA DI GIOIOSA IONICA. L'immobile di Corso Carlo Maria, dove Carime aveva la propria filiale, è di proprietà dell'istituto di credito. Si tratta di uno stabile importante, situato nel cuore di Marina di Gioiosa Ionica. Non vorremmo che dopo la chiusura della Banca si trasformasse in un rudere. UBI Banca e Carime hanno l'occasione di risarcire, se pur parzialmente, la nostra città, mettendo a disposizione della collettività la propria sede. Per questo motivo il Sindaco, a nome dell'Amministrazione Comunale e di tutti i cittadini, ha inviato una nota ai vertici della Banca, avanzando alcune proposte precise, concrete e immediatamente realizzabili. Marina di Gioiosa Ionica da molti, troppi anni non ha una struttura adeguata in cui ospitare la locale stazione Carabinieri, situata, attualmente, in alcune stanze della stazione ferroviaria. In attesa che questo indispensabile presidio di legalità e sicurezza trovi definitiva collocazione in un bene confiscato alla mafia, chiediamo a Carime di concedere, gratuitamente, al Comune e all'Arma dei Carabinieri l'immobile di sua proprietà, come sede provvisoria per la Stazione di Marina di Gioiosa Ionica. Successivamente lo stesso stabile sia concesso/donato al Comune di Marina di Gioiosa Ionica perché diventi centro di aggregazione sociale, fabbrica e officina di speranza e di cultura, luogo da adibire a grande Biblioteca Comunale, autentica agorà del sapere, della conoscenza e delle buone relazioni.


GERENZA

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14

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Direttore responsabile: ANTONIO TASSONE Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Ercole Macrì, Maria Giovanna Cogliandro, Jacopo Giuca, Stefania Gitto, Eleonora Aragona, Franco Parrello, Lidia Zitara, Patrizia Pellegrini, Domenico Spanò, Sara Leone, Sara Jacopetta, Francesca Barranca.

LA STORIA DI ‘NTONI MACRÌ - RIVIERA EDIZIONI ©

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Un romanzo di Cosimo Armando Figliomeni

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DOMENICA 01 FEBBRAIO 14

CAPITOLO SECONDO

RISPETTA TUO PADRE (ovvero GUARDATEMI LE SPALLE)

Ustica, L'Asinara e l’intervista L’

Isola di Ustica, in mezzo al Mar Tirreno, 57 chilometri a Nord Ovest di Palermo, con circa 1200 abitanti fra i quali si confondono tanti turisti, non fu soltanto luogo di confino per nemici antifascisti. Rimase tale anche dopo la caduta del Fascismo per delinquenti comuni e pericolosi, così giudicati dai c.d. tribunali democratici. Ustica, ricca di vigneti e frutteti fu colonia fenicia e cartaginese. I Romani, invece, ne fecero uno scalo importante e Carlo III di Borbone un inattaccabile presidio. Le sue rive spuntano tra grotte e anfratti gettandosi improvvise nell'incontaminato azzurro di acque pescose. Nel 1955, nel contesto della “Operazione Marzano,” Ustica si vide aggiungere un altro concittadino. Si trattava di uno speciale, calabrese DOC ma già cittadino del mondo: era Don Antonio Macrì, inviato al soggiorno coatto. I tre anni di confino assegnatigli a Ustica non li scontò tutti per intero, ma li completò a S. Domenico Venestini, in provincia di L'Aquila. Alla colonia penale agricola dell'Asinara dimostrò attitudini e conoscenze specifiche nel settore ove era stato assegnato e quell'innata disponibilità alla comprensione che hanno solo i veri capi o devono dimostrare d'avere. Tuttavia, si dice che anche lì un giorno si dovette presentare. Per quello che era e per il compito che il destino gli aveva assegnato. L'Asinara, sin dal 1934 era ed è un Sanatorio Giudiziario. Al tempo contava circa 500 abitanti tutti schedati, tutti confinati. Un fazzoletto di 50 chilometri quadrati. Un isolotto a Nord Ovest della Sardegna che appartiene a Porto Torres, in Provincia di Sassari, patria di Francesco Cossiga. Il suo territorio scistoso, quindi friabile, ne attesta l'origine vulcanica. Pochissima acqua! Già nel 1896 i suoi abitanti la evacuarono stabilendosi sulle coste sarde dando vita all'abitato di Stintino. Per gli internati, figurarsi che vita! Un Purgatorio, anzi un Inferno! Chi conosceva Don Antonio sapeva della sua raffinatezza. Quel suo modo di essere “capo”. A passeggio sul Corso della Repubblica, a Siderno, la sua persona risaltava in un impeccabile completo scuro, cappello o paglietta secondo le stagioni e l'immancabile fazzoletto rosso garofano che debordava dal taschino della giacca come una decorazione militare. Camminava a piccoli passi, quasi a saltelli, apparentemente indeciso. Ricordava il Brigante Musolino quando passeggiava sulla Via Marina di Reggio Calabria, accompagnato da un invisibile infermiere, ed era ossequiato, osannato da tutti. Naturalmente sotto il vigile controllo d'un luminare della Psichiatria, il Prof. Annibale Puca. Aveva ottenuto una grazia speciale. A concedergliela era stato l'allora Ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti, ed era un giorno speciale: 14 luglio 1947. Così, usciva dall'ospedale quasi ogni giorno recandosi spesso in un bar di Piazza Italia. Si faceva chiamare “Principe”, e per molti lo era davvero. Il consenso che lo circondava non “era la simpatia di un popolo dai barbari sentimenti quasi selvaggi” di cui parlava Cesare Lombroso in L'ultimo Brigante nel 1902. Sì! Era pure quella: la simpatia. Ma era principalmente il frutto delle iniquità e la totale sfiducia nella giustizia come, tanti anni dopo, scrisse il sociologo Tonio De Leo, d'accordo con Gaetano Cingari e tanti altri. Il brigante Musolino non amava i soprusi e le ingiustizie. Chi si ribella alle ingiustizie ha chiaramente insito il senso della giustizia e del rispetto verso il prossimo. Lo dimostrò una sera in territorio di Mirto di Siderno durante una sua latitanza. Ospite della famiglia che lo proteggeva, avendo notato sulla parca tavola alcune sponze di broccoli recise dall'orto della vicina, volle recarsi personalmente sul posto e deporre su ciascun rizima una monetina. Nel 1956, quando morì in una stanza del manicomio criminale, i giornali scrissero ch'era morto un pazzo. Ma Gigi pensava: “Se la pazzia è senso di giustizia, bontà, rispetto, equilibrio, allora… Viva la pazzia!” Musolino, infatti, divenne pazzo. Anzi, lo fecero divenire pazzo. Chi? Le ingiustizie, le falsità… 'a 'mpamità. Non ce l'aveva coi giudici che lo condannarono, ma con chi l'aveva fatto condannare ingiustamente, senza prove, come, per esempio, il suo difensore: l'avv. Biagio Camagna, il quale ridusse la sua arringa limitandosi a implorare alla corte soltanto le attenuanti generiche. Ce l'aveva col sindaco di S. Stefano Francesco Fava e con gli altri testimoni, tutti falsi e in combutta tra

IL PROTAGONISTA: u zzi ‘ntoni di loro per motivi politici. Il benedetto vizio di Gigi di andare a ritroso con la memoria, quello di scavare nei ricordi scolastici, insomma il richiamo delle reminiscenze, lo portò alla presenza di un “classico” del Diritto: Francesco Mario Pagano cui a Siderno, peraltro, è nomata una Via. Rilesse la Teoria della “Retribuzione della pena” di cui il Pagano, in barba agli Illuministi di fine '700, ne è stato il più lucido assertore. Anzi, il vero inventore. “Il delitto è la violazione di un diritto e la pena che ne consegue è la perdita di un diritto per un diritto violato, o per un dovere omesso”. Qual era il dovere dell'avvocato difensore? E quello del sindaco Fava e degli altri testimoni? Di qui la sua ribellione, la sua condanna… la sua pazzia! Con buona pace di un sistema che in taluni casi ancora impera in Italia e forse non muore. Don Antonio, invece, per tutti era il Re! Forse fu proprio quel suo modo d'essere che alle carceri di Noto indusse alcuni siciliani a esprimere dubbi sulla sua personalità alquanto colorita, apparentemente senza carisma. «E questi è il vostro capo? Chiedevano agli altri detenuti calabresi sogghignando. E che capo è?!» Don Antonio era informato. Abbandonata la sua proverbiale signorilità, in una notte chiassosa di vento e di pioggia fece segare le sbarre della cella ricavandone pugnali affilati. Al mattino, al risveglio, qualcuno giaceva col ventre squarciato. «Sì, questo è un capo - disse Cosa Nostra a New York - Un capo galantuomo!» Era un sabato piovoso a Siderno, una di quelle giornate che non si distinguono dalla notte. Quando il tempo è così, tutto è pesante e grigio. Immobile. Le notti si susseguono senza luna né stelle, non nere ma grigie come grigi sono quei giorni. Il mare rimane ringhioso a volte per settimane e picchia violentemente sulla battigia gonfiandosi sempre più, come se volesse toccare le vicine monta-

gne. L'orizzonte scompare. E cielo e acqua restano inghiottiti, fusi, sciolti, avvolti in una pesante coltre cinerina. Gigi, quella mattina doveva andare comunque. Don Antonio lo stava aspettando per un'intervista. «Venga domattina - gli aveva detto - Sul presto». Quando giunse, non si meravigliò di trovare accomodati il sindaco e l'assessore allo sport. Sapeva da sempre, Gigi, dell'amicizia che legava il sindaco e il suo gruppo a Don Antonio. Quella di Don Antonio era una scelta, per la verità, non egoistica quanto piuttosto ragionata e razionale. Scelta ragionata in quanto, non nascondendo la sua simpatia per il partito del sindaco, Don Antonio andava dicendo che solo in quel programma politico intravedeva sviluppo e libertà e le giuste riforme per una libera economia. E poi, la persona del sindaco gli ispirava fiducia. «Nessuno - diceva Don Antonio - può accusarlo di concussione, collusione, abusi, sottrazione. I danari pubblici li ha messi alla luce del sole trasformandoli in importanti opere pubbliche, tanto da fare di questa città un modello d'emulazione in tutta la Regione». «Venga, dottore, si accomodi. La stavamo aspettando» disse Don Antonio. «Eccomi!» bofonchiò Gigi, chiedendo scusa per il ritardo. «Sapete? Questo tempo, quand'è così, fa paura. Non sai se ci sarà un terremoto o se il cielo si apra per un diluvio come quello del '51. Ma alla fine la voglia d'intervistarla ha avuto il sopravvento, Don Antonio. Ed eccomi qua». Don Antonio, dopo averlo fatto accomodare, fissandolo negli occhi, precisò. «Certamente, lei dottore si sta chiedendo la ragione della presenza del sindaco e dell'assessore in casa mia. «Perché oggi, insieme all'intervista che le ho promesso, le daremo una notizia che farà vendere molte più copie al suo giornale. Così i cittadini sapranno che Don Antonio è tornato con idee nuove, che vuole bene a tutti. E che intende operare nel sociale accanto all'amministrazione comunale, per il progresso e la crescita di questa città». E continuò: «Intendo investire i risparmi accumulati in Liguria durante il soggiorno coatto in opere di bene. Quel che manca lo troverò sotto forma di colletta in mezzo agli amici. Nessuno mi dirà di no! Quelli di Toronto, New York, e Perth in Australia. L'obolo, prima che un dovere, è un obbligo tra di noi! «Le annuncio, dunque, che è mia intenzione aprire un grande centro sportivo dove si pratichi il calcio, la pallanuoto, il tennis. E piste per l'atletica, piscine e quant'altro possa aiutare i giovani a crescere educati, sani e rispettosi. «Il sindaco mi ha già promesso il suo appoggio. Quanto prima provvederà, insieme con l'assessore, a espropriare un'area adeguata da acquisire al patrimonio comunale». Prese la parola il sindaco che dimostrò apprezzamento per l'iniziativa e, spingendosi oltre i convenevoli, guardando Gigi fisso negli occhi, disse: «Se questa è Mafia, sono mafioso anch'io!» Continuò, sapendo d'una sua debolezza per il gioco delle bocce: «Ma mi permetto, Don Antonio, di evidenziare una vostra dimenticanza». «Quale?» chiese Don Antonio, ostentando un amichevole sorriso. «Quella di non avere elencato nel vostro programma un campo per il gioco delle bocce». «Già. Quello! Quello sarà la mia vita! I giorni che mi restano li passerò con una palla in mano, tra una pista e l'altra». Mentre tutti ridevano, lui, stranamente, si rabbuiava. «O, forse, sarà la mia morte!» Poi, rivolgendosi di nuovo ai presenti, scuro, preoccupato, lo sguardo fisso nel vuoto come se intravedesse qualcosa, con tono di voce più greve, disse: «Guardatemi le spalle!» Un attimo come di smarrimento, di lieve capogiro prima di riprendersi e tornare padrone di sé. Rivoltosi a Gigi, apparve di nuovo sicuro e deciso: «A questo punto, dottore, se ha domande da fare sono pronto per l'intervista» disse, mettendosi di nuovo seduto. Gigi, invece, si alzò puntando i piedi sul bisunto tappeto arabescato e i gomiti sui braccioli della vecchia poltrona. «No, Don Antonio! - Disse Gigi. - Credo di aver capito il senso di ciò che dovrò scrivere sulla Gazzetta, domani. E gli tese la mano per salutarlo». Don Antonio lo accompagnò alla porta. Nel richiuderla, stringendogli un braccio, gli mormorò: «Ero sicuro della sua intelligenza! Grazie».



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LA COPERTINA

Mafiosi happy hour da

U “

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

La 'ndrangheta era l'unica speranza per uscire in copertina. Da anni non si spara più nemmeno a Capodanno. Colpa della legge antimafia o del carcere duro?

n tempo la 'ndrangheta era un'azienda seria: non sbagliava un colpo! Adesso le nuove leve non si vogliono più sporcare le mani. Niente sangue. Vogliono fare gli uomini d'affari, in giacca e cravatta e borsa di pelle. Fanno paura solo sui giornali, giusto perché l'inchiostro ne amplifica i tratti criminali. Leggono: «In manette “x”, tra i boss più ricercati d'Italia. Si è macchiato dei delitti più efferati» e hanno delle vere crisi d'identità: "Tra i più ricercati d'Italia io? Ma soprattutto io sono un boss?” Negli ultimi anni si è registrata una vergognosa flessione degli omicidi. L'ultimo omicidio a Siderno - città più mafiosa del mondo dopo Tijuana in Messico, in base agli arresti dell'ultimo quinquennio - risale al lontanissimo 6 aprile 2007! Ma che figura ci state facendo fare? E poi San Luca… non si spara più nemmeno a capodanno! Non sarà mica vero quanto si dice nell'inverosimile intercettazione emersa nell'operazione che il 20 gennaio scorso ha portato all'arresto di diversi esponenti della cosca Pizzata? Il pentito Cretarola ha rivelato che Vincenzo Femia sarebbe stato ucciso sulla 106 e non a San Luca, perché lì, come a Platì, c'è il vincolo di non ammazzare. E visto che nella zona nemmeno l'ombra di cartucce o anche solo mezze cartucce, mi sa tanto che dovremmo crederci. Che misera fine questi sanluchesi: da che fecero tremare la Merkel col famoso asse Duisburg-San Luca a che sfigurano persino al consiglio regionale. Le nuove leve sognano di diventare ingegneri. E i genitori li appoggiano pure. Ma mandateli in carcere un paio di anni, all'università del crimine devono andare, altro che ingegneria! Hanno la pagnotta sicura, e ogni libe-razione sarà per loro una laurea per avanzare di grado. Sono diventati appassionati di happy hour e giro pizza. Ma organizzate un giro di prostituzione piuttosto! Possibile che debbano venire papponi albanesi a fregarci il lavoro? Ragazzi, ma ci vogliamo dare una svegliata o no? Tutti rincoglioniti su facebook, degli sfaticati. Vi fate intercettare per tre panetti di hashish, minchioni. Usate i pizzini, caspita. Certo servirà assumere un correttore di bozze, ma che vi frega? È un investimento. Sveglia, ragazzi, sveglia! Non vi sarete mica lasciati intimidire dalla legge antimafia? Dal carcere duro? O addirittura dalle leggi premiali per i collaboratori di giustizia? Collaboratore di giustizia... ma quali collaboratori? Infami sono, quaquaraquà. Sputano nel piatto dove hanno mangiato. Ma fate delle selezioni più accurate, cavolo, non prendete cani e porci. Il posto se lo devono meritare. Mafiocrazia serve! Vogliamo tornare in prima pagina o no? La 'ndrangheta era l'unica speranza per uscire in copertina. Quando è scoppiato il caso Mafia Capitale ho avuto un mancamento. Non bastavano i milanesi, pure i romani mo? Addio anni gloriosi! E poi questa complicità tra famiglie di 'ndrangheta, questa pace dà la nausea. Quale collaborazione? Uno solo deve comandare. E che dire della fuga dei cervelli al nord? A Milano! A sapervi lì, o mia bella madunina, mi viene la

depressione. Tornate in patria! Se vi attivate, darete da mangiare a mafia e antimafia, e l'economia girerà! La 'ndrangheta aveva un giro di affari di 44 miliardi di euro, il 2,9 per cento del Pil. È la vostra cara Commissione antimafia a dichiararlo nel 2010. Il core business della cocaina da solo fruttava 27 miliardi e 240 milioni di euro, il doppio di quanto fattura ogni anno la Finmeccanica, un colosso globale dell'industria, presente nei cinque continenti. Già nel 2013 il vostro ricavato è sceso a poco più di 30 milioni, ma restavate comunque la quarta società italiana, dopo Eni, Fiat-Exor ed Enel. Ma se non vi decidete a darvi una mossa la vostra posizione in classifica è destinata a scendere inesorabilmente. Eppure il brand “'ndrangheta" è famoso in tutto il mondo, al pari della Coca Cola e del McDonald's. È che non avete voglia di lavorare. Ragazzi, il calo delle estorsioni è allarmante! Vi preoccupate di quattro commercianti che giocano a fare i duri imboccando la strada della mobilitazione antiracket? Dovete insistere: prima o poi cederanno. Non vi arrendete, ragazzi, che quanto a ra-cket e usura lo Stato sta prendendo il sopravvento. Che pensate che la superiorità di un boss si dimostri con un inchino della Madonna? A finimu u facimu i festaioli? Dai ragazzi, su, animo! Quale migliore occasione della crisi per riprendere le forze. Voi non dovete fare i conti con i balletti dello spread. L'industria 'ndrangheta terrebbe in piedi la traballante economia italiana. Avete pure le leggi sul rientro dei capitali "sporchi" dalla vostra parte, dal momento che vengono detassati. Perciò reinventiamoci. E ricordate sempre, ragazzi: "Beati coloro che verranno perseguitati dalla giustizia, perché di loro è il Regno dei cieli!"

L'industria 'ndrangheta terrebbe in piedi la traballante economia italiana. Ha pure le leggi sul rientro dei capitali "sporchi" dalla sua parte, dal momento che vengono detassati. Occore reinventarsi!


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Falsa politica La stangata

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Chiesti 12 anni di carcere per“Biona”.Il procuratore De Bernardo non ha tenuto in considerazione le motivazioni della Cassazione, la decisione delTribunale della Libertà, la verità di Mario Congiusta

Un Commisso resta un Commisso ERCOLE MACRÌ

N

on importa com'è andata l'attività processuale, non importa se Mario Congiusta ha dichiarato che A n t o n i o Commisso, ancor più noto come “Biona”, voleva costituirsi parte civile nel Processo Gianluca Congiusta, che la Cassazione in punto di fatto ha disarticolato ogni ipotesi di appartenenza di Biona al (dis)onore dei Commisso, che il Tribunale della Libertà ha sorriso e strizzato l'occhio alla Cassazione: tutto questo non ha valore. Aria fritta secondo il procuratore De Bernardo, che ha chiesto 12 anni di carcere nella sua requisitoria di giovedì scorso. I Commisso, quelli dei “Quagghja”, nel crimine e a livello d'immagine pesano quanto il Real Madrid nel calcio. Contano che è una bellezza, gonfiano le prime pagine dei giornali, irrobustiscono le carriere. Un solo “Quagghja” vale quanto il tartufo d'Alba, il caviale grigio del Baltico, la Belon grassa degli stagni salati di Quiberon. Arrestare un Commisso, quello pregiato specialmente, impreziosisce i palmarès. Ora la parola passa alla difesa. Ho chiesto ai difensori di Antonio Commisso una dichiarazione a caldo sulla stangata che ha congelato il già freddo 29 gennaio sidernese: «Ferma la stima personale e professionale nel Magistrato che impersona l'Ufficio di Accusa - hanno affermato - non possiamo però negare

Abbondante perplessità degli avvocati difensori sia in punto di responsabilità, quanto in punto di entità del trattamento sanzionatorio

che alla perplessità iniziale per l'applicazione della misura cautelare, protrattasi ingiustamente per quindici mesi circa, si è aggiunta, nel tempo, la perplessità per la stessa richiesta di rinvio a giudizio dell'imputato. Entrambi, però, sono oggi abbondantemente surclassate dalla perplessità conseguita alle richieste finali della Pubblica Accusa, tanto in punto di responsabilità, quanto in punto di entità del trattamento sanzionatorio. Certi come siamo della estrema competenza e attenzione del Collegio giudicante, faremo ogni possibile sforzo per dimostrare l'assoluta estraneità del nostro assistito a ogni ipotesi delittuosa e confidiamo che il Tribunale saprà acclararne la totale innocenza». In una Locride lacerata sia come territorio che nelle libertà individuali in modo sfacciato e con forza musco-

IN ALTO. Antonio Commisso in consiglio comunale e il municipio di Siderno. QUI SOPRA. il procuratore De bernardo SOTTO. Antonio Commisso

lare rispetto agli altri territori d'Italia e addirittura rispetto ai comprensori prossimi della Piana e, specialmente, di Reggio - nulla vale contro lo ius sanguinis. Antonio Commisso è nato particolare, come i topi e i Semiti. Era il 1973 quando lui strillava nella culla cercando il seno della madre, come gli altri bimbi. E come tutti gli altri bimbi, a sei anni, ha messo su il grembiule e il fiocco, a otto anni ha iniziato a giocare al pallone: centrocampista d'interdizione con i piedi buoni, un po' lento per i miei gusti. Poi la fine dell'innocenza. Antonio Commisso è diventato un Commisso diverso da tutti gli altri bambini che nella Locride non fanno di cognome Commisso, Aquino, Cordì, Nirta, Barbaro, Ursino, Bruzzese e via elencando. Certo il Milan di Sacchi gli ha regalato l'ultimo strascico di normalità.

Biona tifava per quella squadra galattica come tanti altri suoi coetanei. Van Basten l'aveva illuso, era quasi Platinì. Berlusconi, invece, l'ha fottuto. Laurea in Scienze politiche alla Sapienza di Roma e conseguente approdo nella giunta di Centro Destra del sindaco Alessandro Figliomeni, dove si sarebbe stagliata l'ombra pesante della 'ndrangheta. Estorsione, corruzione, traffico d'armi, cocaina, crack, appalti truccati, motorini truccati, femmine mai viste, marchette e tric trac. Niente di questo nell'opera del nipote di Antonio Commisso, suo nonno, uno dei quattro “Quagghja” the original. Da assessore all'Ambiente nell'ambiente politico sbagliato, Antonio Biona ha fatto bene, alcune volte benissimo. Ma assessore più Commisso nell'era dell'antimafia è una somma facile, specie da quando si è sposata la teoria che l'unico crimine calabrese viaggia sull'asse Locride-Milano e non, invece, come ha dimostrato - seppur confusamente - De Magistris sull'asse RomaCatanzaro. Antonio Biona ha ottenuto circa 200 voti da candidato al Consiglio Comunale. Se le cose fossero andate diversamente e l'ex assessore all'ambiente sidernese, nipote di un “Quagghja” fosse stato eletto consigliere regionale, come minino l'avrebbero affidato a regime di custodia cautelare straordinaria a Guantanamo. La somma è semplice, l'urna è femmina, la giustizia è legge: un Commisso resta per sempre un Commisso, nipote di Sam.

Arrestare uno de“ I Quagghjia”, vale quanto il tartufo d'Alba, il caviale grigio del Baltico, la Belon grassa degli stagni di Quiberon


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CULTURA E SOCIETA’

Pillole

Naturopatiche A cura di: Patrizia Pellegrini Naturopata Bioterapia Nutrizionale® Presidente Associazione Culturale Tone

Come preparare i pasti della giornata, colazione, pranzo e cena... Con più gusto! Una ricca prima colazione dovrebbe comprendere proteine, grassi e zuccheri, capaci di fornire le energie per attivare la “macchina metabolica” del nostro corpo. Una tazza di latte intero (se non si è allergici o di dimostrata intolleranza), un caffè, un orzo, del tè, una tisana con una fetta di "pane tostato" spalmato di miele naturale o marmellate fatte in casa, oppure della ricotta e un frutto fresco in macedonia con della frutta secca (come le mandorle), garantisce al corpo l'equilibro della fame e lo renderà efficiente. Il pranzo a base di proteine della carne, del pesce, del formaggio o delle uova, capaci di stimolare il metabolismo eccitando il sistema nervoso, sarà utile per sostenerci nelle attività diurne. Completano il pasto un contorno, preferibilmente crudo, del pane e della frutta opportunamente scelta. La cena deve essere in grado di rilassare il corpo dopo un'intensa attività diurna; se scegliamo un primo piatto a base di pasta, riso, patate, polenta o dell'orzo, con un contorno diverso da quello consumato a pranzo, e un frutto, il nostro corpo troverà, grazie all'azione sedativa del triptofano contenuto nei carboidrati, la capacità di rilassarsi. È importante variare spesso gli alimenti e le modalità di cottura, e preferirli come la natura ce li propone: scremato, light, vuol dire manipolato quindi meno vicino all'originale. È necessario fornire una buona quantità di acqua di vegetazione attraverso il consumo quotidiano di verdura e frutta di stagione, ascoltando la sete del corpo; l'assunzione di liquidi in eccesso, anche se fa aumentare la diuresi, può mettere in difficoltà l'organismo con sovraccarico del lavoro renale. La sensazione della sete è il segnale dell'esigenza organica di acqua. L'acqua è fisiologicamente contenuta negli alimenti, maggiormente negli alimenti crudi: è un'acqua simile ai fluidi biologici che migliora il ricambio osmotico favorendo l'eliminazione dei liquidi corporei, idrata e, rispettando l'organismo, rispetta le funzioni organiche. Perciò ascolta la tua sete e non farti mai mancare a pranzo e cena la giusta scorta di vegetali crudi, ottimi anche come spuntino a metà mattino o metà pomeriggio. Quanto al condimento, è consigliabile utilizzare un grasso buono, come l'olio extravergine, del sale marino (a crudo non in cottura), e stimolare il nostro corpo utilizzando l'acido citrico dei limoni. Non meno importante masticare a lungo e cercare di evitare alimenti arricchiti in zuccheri e conservanti.

Raul Bova I “

La passione per il cinema e per la sua Roccella EMILIO BUTTARO

Tra i più amati e apprezzati attori di casa nostra, in questi giorni, è tornato sul grande schermo con "Sei mai stata sulla luna?", il nuovo lavoro del regista Paolo Genovese

n più di vent'anni di carriera si è diviso tra cinema, tv e teatro. È stato protagonista di film drammatici ma anche di commedie sentimentali. Da tempo è tra i più amati e apprezzati attori di casa nostra e, in questi giorni, è tornato sul grande schermo con "Sei mai stata sulla luna?", il nuovo lavoro del regista Paolo Genovese, presentato nei giorni scorsi a Bologna. L'occasione è stata utile per parlare anche di un'altra grande passione di Raoul Bova, il Sud e la sua Calabria. Com'è stata questa nuova esperienza con Paolo Genovese, uno dei registi italiani ormai più talentuosi? Sono già al terzo film con lui e il rapporto è a dir poco stupendo. In qualche occasione è stato davvero emozionante vedere degli attori così bravi fare una commedia del genere. Quando si lavora così hai delle vere garanzie, insomma non ti senti usato. Ognuno di noi attori vuole sempre essere gratificato nella professione, anche se si tratta di una commedia. È un film con un cast ricchissimo. Oltre a te, Liz Solari, Neri Marcorè, Giulia Michelini, Sabrina Impacciatore, Sergio Rubini, Emilio Solfrizzi… Ci parli di Renzo, il tuo personaggio?

È un papà che, rimasto vedovo, dedica le sue giornate al lavoro, a suo figlio e alla cura della fattoria. Ha accontanto l'amore ma, per quanto razionale e concreto, davanti alle emozioni si lascerà andare nuovamente. La scena che ti è rimasta più nel cuore? A me piace molto il personaggio di Neri Marcorè, ma anche quello di Sabrina Impacciatore. Devo dire che ogni protagonista del film ha una sua bella scena romantica, ma quella che racchiude tutti è quando ci sono le lanterne che volano nel cielo con i sogni espressi da ogni protagonista. In che momento è il cinema di casa nostra? Ho avuto la fortuna nell'ultimo anno di fare diversi film, direi quasi sei, forse non succederà più in tutta la mia vita. Erano sceneggiature che mi piacevano con registi che apprezzo e anche con attori con i quali ho un bel rapporto. Per quanto mi riguarda ho visto una cinematografia molto attiva. Insomma, gli autori ci sono, i registi ci sono, gli attori anche... A volte non mancano delle fasi con alti e bassi ma sono fiducioso in una risalita che porti a una grande commedia e a un cinema d'autore importante. Il film è girato in pieno Sud, nel cuore del Salento. Com'è stata l'accoglienza da quelle parti? Incredibile! Ogni giorno la gente del posto ci ha accompagnato durante le riprese ed erano sempre centinaia di persone. Per intenderci: è come per un calciatore avere lo stadio pieno che ti applaude, che ti sorride, insomma ti davano un'energia importante. Ci siamo dedicati con piacere a fare foto, autografi, con persone che ci hanno anche accolto nelle loro case. Avevo già fatto un altro film in Puglia e ora sento questa regione più vicina. E la tua Calabria? Che dire, sono calabrese per metà, anzi per tre quarti: lì ho passato tutta la mia infanzia, a Roccella Jonica, e quando parlavo del meridione, lo dicevo perché mi sento del sud in quanto calabrese. E infatti della nostra regione parli sempre volentieri... Sai, è come raccontare di un posto dove sei nato, dove hai fatto le prime esperienze e dove ti senti sempre a casa. Ho tutti i pregi e i difetti dei calabresi ma ne vado davvero orgoglioso, peccato che la Calabria non sia sfruttata al meglio per le sue bellezze e che non abbia un turismo sviluppato perché, potrebbe essere al pari di altre regioni. Rimane comunque un posto stupendo, una terra sempre tutta da scoprire.

Testamento biologico? Ancora molti dubbi KATIA CANDIDO

IL

19 gennaio 2015 il Consiglio comunale di Reggio Calabria ha approvato il regolamento per il testamento biologico. Si tratta di un problema estremamente delicato e complesso, riguardante il tema drammatico della morte, sempre meno affidato alla natura e ai suoi ritmi e sempre più consegnato all'umano e alle sue scelte, in forza delle moderne tecnologie che consentono di prolungare artificialmente la vita in situazioni un tempo impensabili. Ma cos'è il testamento biologico? Da non confondere con il rifiuto di cure o l'eutanasia. Esso è una sintesi verbale, una formula riassuntiva, entrata ormai nell'uso comune, con la

quale vengono designate le direttive, contenute in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata e revocabili in ogni tempo, sui trattamenti medici e assistenziali ai quali l'interessato vuole o non vuole essere sottoposto, da far valere per il futuro, qualora si trovi in stato d'incapacità. Una legge amica della vita che rispetta le scelte delle persone. Coloro che vogliono tutte le terapie che esistono oggi e quelle che esisteranno domani dovranno essere protetti e dovranno averle, mentre a coloro che le rifiutano dovrà essere consentito di accettare liberamente la fine naturale della propria vita. Numerosi sono i dubbi suscitati a tal proposito, come ad esempio: come si coniuga una dichiarazione lasciata in un momento della vita in cui un soggetto è capace di intendere e di volere e il momento in cui bisogna darvi attuazione, ossia quando è privo di tale capacità? O,

ancor meglio, come ci si pone di fronte alla possibilità che un comune cittadino possa cambiare idea in un momento successivo sulla dichiarazione già resa? Ci sarebbe la facoltà riconosciuta di modificare la dichiarazione stessa, ma tale risposta ridimensionerebbe la portata e la valenza delle medesime asserzioni. I familiari sono all'altezza del compito o è preferibile che sia sempre un medico a svolgere questa delicata funzione? Quest'ultima domanda, nonché l'intero tema, mi riguarda da vicino. Anni fa, una persona a me molto cara, espresse la volontà di rifiutare le cure perché si era persuaso di non voler più vivere con il peso di dover sempre essere sottoposto a continui controlli. Io rimasi zitta nell'apprendere questa notizia ma non l'accettai mai. La famiglia e il personale medico si arresero di fronte alla sua scelta, fatta con tanta determinazione, ma io no: tuttora penso che

oggi avrei potuto prendere il telefono in mano e parlare con lui ancora una volta. Avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per regalargli un giorno in più. Non sarebbe servito a nulla, lo so, ma credo che non spetti a noi decidere sulla vita e la morte, seppur nostra, ma a Dio, e per questo avrei lottato. Solo in un caso mi sarei arresa: nel momento in cui per vivere necessitava intervenire chirurgicamente causando dolori inutili che non avrebbero portato a nulla se non ad altra sofferenza. Ebbene, sembra purtroppo non esserci una strada chiara e univoca da seguire, malgrado noi tutti siamo alla ricerca costante di un responso o, meglio, un “permesso” da parte di qualcuno che ce la indichi. In ogni caso, qualunque sarà la strada tracciata, molto dipenderà dalla nostra volontà e coscienza.


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CENTROTEATRALE MERIDIONALE:

A Febbraio quattro spettacoli che ti faranno sognare Prosegue la stagione teatrale invernale del CTM, che propone una varietà di serate assolutamente da non perdere. SARA LEONE

S

abato 7 Febbraio, ore 21, al teatro di Gioiosa Ionica, andrà in scena "Salvo Gaber"; Salvatore Cosentino adatterà liberamente i testi di Giorgio Gaber, che sorprenderanno per la loro originalità e per i riferimenti all'attuale situazione italiana. Altro appuntamento importante, sempre presso il teatro di Gioiosa Ionica, sarà quello di sabato 21 Febbraio, ore 21, con "L'abito della sposa" di Mario Gelardi. Un sarto e una ricamatrice lavorano alla realizzazione di un abito da sposa, il tutto calato in un periodo storico costellato da troppo pregiudizi, in cui si preparava il terreno per il seguente boom economico. Un mondo non troppo lontano da noi, in cui lui è un sognatore e lei una ragazza

impacciata e chiusa. Un'affascinante commedia che trasporterà gli spettatori a metà del Novecento. Domenica 15 febbraio, ore 18, il palazzo della cultura di Locri ospiterà, invece, "Il pifferaio magico" e "La vecchia fattoria". Due spettacoli adatti a tutte le età, capaci di far sognare adulti e piccini. In particolare "La vecchia fattoria", ispirata al testo di Giacomo Battaglia, focalizzerà l'interesse sul rispetto verso la vita, sui sentimenti autentici e sulle relazioni umane. Allieterà, successivamente, la messa in scena de "Il pifferaio magico" l'orchestra di Fiati Città di Reggio Calabria, guidata dal direttore Roberto Filippo Caridi, che contribuirà a rendere ancor più "favolosa" la serata. Lo spettacolo, dimostrerà come, a volte, chi appare meno valido agli occhi di molti, si rivelerà indispensabile e di grande aiuto. E allora? Affrettiamoci a prenotare i biglietti.

ARANGO SONIC STUDIO LE NUOVE FRONTIERE DELL'AUDIO-VISIVO LUCIA FEMIA “La musica buona è quella che penetra l'orecchio con facilità e difficilmente lascia la memoria. La musica magica non lascia quasi mai la memoria”. Se al meraviglioso della musica, ben espresso dal direttore d'orchestra Sir Thomas Beechman ai primi del '900, si aggiunge quello dell'immagine in movimento, in grado di catturare e offrire allo spettatore l'intero processo fisico-espressivo di chi la musica, in quel momento, la sta eseguendo, ne esce fuori una magia elevata al quadrato: un prodigio artistico

godibile con tutti e cinque i sensi. Sto parlando del nuovo progetto di promozione artistica, in ambito musicale, l'Arango Sonic Live Studio: un prodotto audio-video che offre all'artista (cantautore, interprete, band, musicista) sia l'incisione della parte strettamente musicale, il classico disco, che il video della sua realizzazione in sala di registrazione. Questa formula, che sta spopolando già da tempo in America, dimostra come oggi più che mai i contenuti audio-video siano fondamentali per la promozione artistica di qualsivoglia genere musicale, poiché grazie al web c'è la possibilità di raggiun-

gere milioni di persone, cosa un tempo riservata a quei pochi e fortunati gruppi e cantanti con alle spalle grandi major e sponsor in grado di barcamenarsi gli alti costi di una diffusione prettamente e monopolisticamente televisiva. L'idea di creare questa possibilità nel nostro territorio ha preso piede grazie all'incontro di due personalità leader nell'ambito della musica e della videografia: il musicista Stefano Simonetta e il videografo Aldo Albanese, che hanno fatto dello studio Arango Sonic un punto di riferimento importante per i musicisti calabresi - e non solo - che vogliono realizzare un prodotto che possa vantare un ottimo rapporto tra alta qualità e prezzo abbordabile. In un ambiente musicale dotato di tutti i comfort e munito di attrezzature tecnologicamente all'avanguardia, la sala d'incisione diviene un vero e proprio set cinematografico, in cui il dislocamento di più telecamere e uno studiato gioco di luci, insieme a elementi scenografici di volta in volta diversi, permette la realizzazione di video altamente curati nell'aspetto fotografico e fortemente suggestivi. Sono già molti gli artisti in lista di prenotazione per il proprio prodotto audio-video. Tra questi l'ultimo ad aver dato nuova forma e vita ai suoi brani è il portentoso chitarrista di battente Francesco Loccisano che, giusto una settimana fa, accompagnato da Silvio Ariotta al basso e da Antonio Palamara alle percussioni, ha registrato presso l'Arango due pezzi di punta del suo ultimo lavoro discografico Mastrìa, Kaos Kalabro e Amico Brozman, presto disponibili sul canale youtube dell'Arango Sonic Studio. (foto Pino Passerelli)

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IMMAGINE DI COPERTINA DE LA RIVIERA 6 DEL 4 FEBBRAIO 2007

Libertà di stampa: un diritto che può generare mostri A un mese dalla strage di Charlie Hebdo, la condanna incondizionata che deve essere mossa nei confronti di quell’osceno atto terroristico non può farci dimenticare che, prima ancora di parlare di libertà di stampa, è necessario soffermarsi sul rispetto per le idee degli altri. “Je ne suis pas Charlie”, ma avrei ugualmente partecipato allo sconfinato corteo che ha sfilato lungo le vie di Parigi per condannare la barbara uccisione degli autori delle vignette “incriminate” e per solidarizzare umanamente con loro. Non sono stato d'accordo con la controversa pubblicazione che, a mio avviso, poteva e doveva essere evitata, non certo proibita, anche perché in Francia da più di cento anni vige l'assoluta libertà di satira. Era inevitabile, perciò, che la strage compiuta dai terroristi islamici riproponesse il tema della libertà di stampa (dei mass-media in genere), dei suoi eventuali limiti e della complessa e delicata problematica che vi è connessa. In Italia il punto di riferimento è l'art. 21 della Costituzione, che riconosce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero attraverso i vari mezzi di diffusione, compresa la stampa, che “non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”, ma sottoposta a posteriori a sequestro nei casi previsti dalla legge. I divieti riguardano “le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”. Rimangono fuori da questo divieto, ovviamente, le opere d'arte, come prevede espressamente il successivo articolo 33. Risulta molto problematico, in

“Quella della libertà della stampa è una materia controversa perché si muove all'interno di situazioni non ben definite e definibili”

questi casi, che a decidere se, per esempio, un disegno o un film siano o no opera d'arte, debba essere in definitiva un giudice; e con quale competenza specifica (la pellicola del capolavoro di Bernardo Bertolucci “Ultimo tango a Parigi” è stato condannato al “rogo”!)? È opinione consolidata che il “buon costume” - la cui percezione si è profondamente evoluta nel tempo - non riguarda soltanto la sfera della sessualità, ma anche quella del sentimento morale, di non facile definizione per la sua genericità, ma sicuramente riferito a un sistema di valori socialmente condivisi, di cui fa certamente parte il sentimento religioso, solitamente rispettato anche dagli atei. La stampa, ai sensi del Codice penale e come è a tutti noto, non può essere veicolo di ingiuria, diffamazione, istigazione a delinquere e neanche di vilipendio della religione, sia con riferimento a persone o personaggi che a cose. Come si può notare, quella della libertà della stampa è una materia molto delicata e controversa nell'ambito giuridico-normativo, perché si muove all'interno di situazioni e concetti non sempre ben definiti e definibili. A ciò si aggiunga il loro carattere di relatività e di provvisorietà, sopratutto nelle società moderne, multiculturali e in rapida trasformazione. Cos'è il “comune senso del pudore” o il “buon costume” a cui fa riferimento anche l'art. 19 della Costituzione, come limite a esercitare il culto religioso in pubblico? A parte i limiti che provengono dalla Costituzione e dal diritto ordinario alla libertà di stampa, ci domandiamo se ci possano essere, o è bene che ci siano, degli altri di natura diversa, non prescrittivi e,

perciò, privi di provvedimenti sanzionatori. Ancora più radicalmente: è bene, al contrario di quanto è previsto in Italia, che non ci sia alcun limite posto dalla legge scritta? Rispondo negativamente, senza ulteriori approfondimenti, a quest'ultima domanda, molto più problematica di quanto possa sembrare. Nel contempo, escludendo qualunque censura preventiva, sostengo che meno restrizioni ci sono meglio è, perché c'è il rischio che di esse possano fare un uso strumentale i vari poteri, specialmente quello politico ed economico. La stessa “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea”, sulla questione, tace (art. 11). Mi rendo conto che una volta ammesso il principio del “limite” è poi alquanto difficile non correre il suddetto rischio, ma non vedo risposte definitive alla domanda posta. In Francia, soprattutto dopo il 1985, queste restrizioni sono ridotte al minimo e, per quanto riguarda la satira, non esistono del tutto. Pertanto le vignette su Maometto, come pure quelle su Gesù o sulla Trinità, sebbene “spinte”, provocatorie o, secondo altri, blasfeme, non potevano essere soggette ad alcun provvedimento restrittivo perché non trasgredivano alcuna norma. Tuttavia, se la “legalità” delle manifestazioni e dei comportamenti pubblici esaurisse del tutto l'ambito delle valutazioni e dei giudizi dei quali essi stessi potrebbero essere oggetto, il dibattito sorto dopo la pubblicazione delle vignette non avrebbe nessun senso, anzi non ci sarebbe stato. Ma le azioni degli uomini, e solo queste, sono necessariamente soggette anche ad altri criteri di valutazione e di giudizio, oltre quelli della

“legalità”. Se così non fosse non esisterebbe la maggior parte delle cose che diciamo e facciamo: quelle che si fondano sull'educazione, sulla correttezza, sulla generosità, sull'egoismo, sull'indifferenza, sull'amicizia, sull'amore, sul rispetto, sul disprezzo… Insomma: sul mondo dei valori e dei sentimenti, che in genere non rientra nell'ambito della legge ma dell'etica. La domanda che ci si pone in tutti questi casi, allora, non è se “è legale quello che dico o che faccio” ma se “è bene”. E siccome il dire e il fare coinvolgono quasi sempre gli altri, occorre che siano espressi con senso di responsabilità, soprattutto quando riguardano la dimensione più profonda e sensibile delle persone. Questo non vuol dire che non ci possano essere situazioni in cui sia bene essere trasgressivi, “politicamente non corretti”, sprezzanti, perché no, rivoluzionari e così via. Tuttavia, al di là delle intenzioni, anche le più “buone” (che comunque rimangono sempre autoreferenziali), non posso non chiedermi quali saranno poi le conseguenze delle mie azioni. E se queste conseguenze comportino consapevolmente una mancanza di rispetto, un'offesa, o addirittura una ferita verso sentimenti e valori ancorché ritenuti positivi dall'opinione pubblica - che caratterizzano e definiscono una singola persona o un'intera comunità di livello mondiale, allora mi astengo da quelle azioni, sebbene non illegali. È, questa, la “Etica della responsabilità” che tutti avremmo l'obbligo morale di osservare, per il dovere che abbiamo di rispettare la dignità della persona, fondamento della convivenza tra gli uomini e, in ultima analisi, anche della legge scritta (art. 3 della Costituzione e art. 1 della Carta di Nizza).

Non c'è dubbio che la satira sia una forma del tutto particolare di denuncia e di contestazione, nata e sviluppatasi per colpire il potere e i vizi e le ipocrisie delle classi dominanti e non solo di esse. Come tale è di un'efficacia insuperabile. Per questo motivo ritengo, com'è in Francia, che essa non debba avere limiti imposti dalla legge. Nel contempo,però, la satira fallisce la sua “missione” quando irride il sincero sentimento religioso di milioni di credenti, di gente comune e spesso di “povera gente”, che non ha gli strumenti culturali per elaborare e depotenziare l'impatto delle vignette né ha la possibilità di difendersi da quelle che, oggettivamente, rappresentano offese gravi alla propria fede. È necessario, infine, dire apertamente che queste vignette sono state talora di una tale gratuita volgarità da rendere incomunicabile il loro stesso contenuto (è successo a me a proposito di una vignetta sulla Trinità, che anche in questa sede non saprei come raccontare). P.S. Nel precedente mio articolo sull'Islam e la guerra santa, a proposito della violenza presente nel Vecchio Testamento, i testi ai quali facevo riferimento, oltre a Giosuè, erano Giudici e 1° Samuele, cap. 15, non, per mero errore materiale, Numeri.

“La satira è una forma di denuncia ma fallisce la sua missione quando irride il sincero sentimento religioso di milioni di credenti”


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Ercole & le nuove colonne Direttamente dalle “sbarre” di Siderno, una delle nostre colonne, lo zio Ercole, insieme al nipote Francesco. Ma che bel ragazzino, con gli occhi chiari e soprattutto ma che zio “attento” e “barboso”. Pazienza, si sa che i vecchi e barbosi zii ogni tanto desiderano sentire i loro nipoti, ma non prendono mai il telefono per chiamarli, aspettano che siano i nipoti a farlo. Ebbene, per la verità stanno ancora aspettando!

Crepuscolo calabrese

Tramonta il sole sulla Calabria, scogliere ombrose rilanciano speranze nonostante la notte incombente, in lontananza la luce muore con l’ultimo urlo color zafferano, una sinestesia che ingloba pensieri e sensazioni che non riescono a trovare la via d’uscita verso la speranza, simile a quella palla rossa in fondo, che sembra dire addio, e ci colma di cupa malinconia.

Silence please…. L'ex sindaco di Locri, il barone Francesco Macrì chiede un minuto di silenzio per tessere le lodi dell'artista mammolese Nick Spatari e di sua moglie Hiske Maas sotto lo sguardo divertito della dirigente scolastica. Una delle migliori creatività calabresi che non finisce mai di stupire.

Quando a parlare è la politica Ilario Ammendolia, Michele Vumbaca, Pietro Sgarlato e amici comuni dialogano senza peli sulla lingua, di politica sidernese. Tra destra e sinistra l'importante è che alla fine trionfi il fair-play. “L'ideologia, credo ancora che ci sia è la passione, l'ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa.” Giorgio Gaber

Michele Macrì tra fuochi e fiamme Fuochi e fiamme è la nuova trasmissione in onda su un'emittente televisiva regionale. Si tratta del primo format calabrese di cucina diffuso in tutta Italia. Tra i conduttori, oltre alle belle presenza femminili, anche il nostro grande amico Michele Macrì, eterno “Peter Pan”. In bocca al lupo….

Rocco Pedullà number one Le “aquile” volano alto Massimo e Daniel del Bar Aquila salutano tutti i nostri lettori. Un carico di simpatia e caffè prenotato per una settimana intera. “quando vedi un'aquila, tu vedi una parte del genio; alza la testa!” William Blake

Ecco i campioni dello sport In questa foto d’archivio, seduti sulla panchina del negozio “Solletico” ubicato sul centralissimo Corso della Repubblica di Siderno, si notano i figli del nostro grande amico Nicola Cardinale insieme ad alcuni loro amici. Un eccellente carico di simpatia ed educazione per alcuni autorevoli “Campioni dello sport”.

Un carico di simpatia e di versatilità, Rocco Pedullà titolare della tabaccheria sul corso Garibaldi continua a chiederci copie in più del giornale. Stiamo facendo il possibile per risolvere il problema, caro Rocco, ed in ogni caso ti ringraziamo regalando ai nostri lettori questo bellissimo ritratto… !?

La provincia che unisce e divide Giuseppe Raffa e Giovanni Calabrese dialogano amichevolmente dopo gli ultimi recenti attacchi alla politica regionale da parte dell'attuale sindaco di Locri. Mentre i due si confrontano, con fare decisol’assessore all’agricoltura Gaetano Rao abbraccia il presidente dell'assemblea dei comuni della locride, Giorgio Imperitura. Della serie: la provincia che unisce e divide.

L’artista del capello Un grazie sincero a Enzo Barranca, lui che rappresenta un vero e proprio artista dei colori, non solo sui capelli ma anche sulla tela! W l’arte.

Tra Nocera & Nucera spunta la Prestia Due signori d'altri tempi ed una grandissima cantastorie calabrese come Francesca Prestia. "Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo!”Rita Atria


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Pietro a “Times Square” ed il cowboy mimetizzato Nonostante la chiusura del centro di New Iork, per il nostro Pietro Senz'altro Naso, non è stato difficile ritrovare il cowboy di Times Squadre che, imperterrito, ha continuato a suonare sotto la neve ed il gelo così come faceva esattamente quando la temperatura era di quaranta gradi all'ombra. Un grande per tutte le stagioni .

Mario Oliverio sotto “peperoncino” Che il suo arrivo potesse essere così “piccante” non lo immaginava proprio nessuno nemmeno sua maestà Re Peperoncino, interpretato da Gianni Pellegrino, noto attore calabrese che qualcuno ricorderà per la sua interpretazione del fruttivendolo ne "Il Ciclone" di Pieraccioni. Certo che brucia proprio…il peperoncino

L'altro artista del modellabile

Buon compleanno a Fratel Cosimo Il 27 gennaio scorso Fratel Cosimo ha festeggiato il suo sessantacinquesimo compleanno. Eccolo in questa foto insieme ad un nutrito gruppo di amici tra cui il nostro Giuseppe Cavallo. La profezia della valle di Santa Domenica di Placanica si è avverata . Folle immense giungono in questo sperduto posto della Calabria sperando nel “miracolo” della Madonna e tutto ciò lo si deve proprio a lui. Auguri da tutti noi.

Auguri Zia Maria Il 24 gennaio la nobildonna Maria Macedonio, vedova Salvatore Alvaro, ha compiuto 100 anni. Non avendo avuto figli ha accolto nella sua casa molti nipoti, prestando loro amorevoli cure. Riconoscendole grandi meriti e ringraziandola, i parenti le hanno tributato una bella festa di compleanno. Tanti Auguri zia Maria! Tutti i tuoi nipoti.

Gli amici del Saloon Mastro Ciccio insieme ai nostri amici dirimpettai che dal basso si osservano verso l'alto. Un mix di simpatia, competenza ed originalità. “Molti vivono spettinati perché tutte le cose belle, veramente belle di questa vita, spettinano”

Si chiama Domenico Callà ed è un altro “Maradona” , un altro artista del modellabile Kollmax. Come diceva il grande scultore e pittore francese Auguste Rodin: “I veri artisti sono quasi gli unici uomini che fanno il loro lavoro per il piacere di farlo.

Torna la neve sul passo di Croceferrata Finalmente, dopo tanta attesa, è arrivata! Neve sul passo di Croceferrata in quel di Grotteria. “Mi chiedo se la neve ama gli alberi e campi, che li bacia così dolcemente. E li copre come con una morbida trapunta bianca; e forse dice “Andate a dormire, cari, finché non arriva l'estate di nuovo.” Lewis Carrol “Alice nel paese delle meraviglie”

Famose ‘na foto Gli amici Luigi Rubino e Maria Simone si mostrano sorridenti davanti al nostro fotografo. La nuova sinistra in “pelliccia”

Non ci sono più i lutti di una volta... “Pronto? Antonia, ti devo dare una brutta notizia”. “Oddio, è morto qualcuno?” “Eeeh, purtroppo sì”. “E chi, Maria, dimmi CHI!” “La zia Amelia”. “La zia Amelia? E chi è?” “Ma come, è la zia della cognata di Marco” (nda: Marco è l'ex marito di una delle sorelle di Antonia e Maria, nessuna delle quali ha mai visto la zia in vita propria). “Aaaaah, e quanti anni aveva?” “Ottantasette, era giovane, ancora. Certo, che vuoi, qualche acciacco non mancava, il diabete, il glaucoma, il cuore, le gambe… però tirava ancora. Se non fosse che è scivolata in casa, battendo la testa contro il pomello di una porta, sarebbe ancora tra noi”. “E mo' il funerale quando lo fanno?” “Ecchenesò. Se la devono tenere due giorni in ospedale e poi si vede”. “Sì, ma io non vengo”. “Come non vieni? E a Giulia cosa dirai?” “Ma se Giulia e Marco si sono separati da più di vent'anni, Maria, chi mi cunti! Lui si è pure risposato, chi nicchinacchi nd'avimu cu d'illu? Cu 'stu friddu chi faci ieu no nesciu! Ai

u dinocchiu chi no pozzu e aiu u mi porto 'a stampella. E poi, se vuoi saperlo, ennu forsi tri anni ca non mi compessu!” “Va bo', puru eu non esti ca pendu tantu…” “E chi ci accompagna? Dovrei chiedere a mio figlio, e lo sai com'è, lui quando si tratta di funerali…” “Ah, la gioventù d'oggi! Non c'è più rispetto! Ai tempi nostri, cara sorella, si stava giorni e giorni col morto e con la sua famiglia, col braciere se faceva freddo, e con i ventagli se faceva caldo. Soffrivamo tutti insieme che era una bellezza, e non potevi alzarti manco per fare pipì!”. “Lasciami stare ché non ci voglio pensare; da piccola, al lutto della zia Valda, mi feci la pipì addosso e la mamma mi riempì di schiaffi”. “Potrebbe accompagnarci mio marito Franco, e poi passarci a riprendere alla fine”. “Ma perché? Tu vorresti stare a sentirti la messa? Dico, stare in chiesa durante tutto il funerale? Ma sei matta? Oggi non si fa più così: si va un po' prima e si dà la mano, e il tuo dovere l'hai fatto. Col mio ginocchio non posso certo fare su e giù come comanda il prete: inno e su, pregate e giù. Altro che messa, sembra di stare a una lezione di aerobica!” “Senti, e se tu con la stampella ti fai un po' largo tra la folla, ci avviciniamo alla prima fila, diamo la mano, diciamo che li saluta anche Franco, si dicimu ca esti 'nfluenzatu, e po' 'ndi facimu nu giru gliocu di' cinesi, chigli randi, fora città?” “Mah, così si potrebbe anche fare: un quarto d'ora e simu fora. L'obbligu 'ndu cacciamu accussì”.



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