Lidia Zitara fa parte di quella generazione cresciuta pensando che “nel 1999 avremmo avuto una base lunare, nel 2020 saremmo andati su Marte e nel 2050 non ci sarebbe stata più la fame e saremmo stati tutti uguali, e invece non è così”. Si avverte l’ebbrezza di questo disincanto nel nuovo romanzo di Lidia Zitara. CONTINUA A PAGINA 19
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Il non finito calabrese e la bruttezza della disillusione ELEONORA ARAGONA
Angelo Maggio: «Credo che il non finito sia un monumento alle aspettative deluse dei cittadini, sia una rappresentazione delle illusioni di cui sono stati nutriti gli abitanti di questi luoghi».
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alconi senza ringhiere, palazzi senza intonaco, muri che nascondono interni desolati. Scheletri tirati su e mai terminati, progetti faraonici che vedranno la loro realizzazione solo su carta. Al massimo potrebbero sperare in una mezza vita tridimensionale sullo schermo di un computer. Il non finito calabrese, che fa da sfondo a manifestazioni, a campagne elettorali, a sfilate per le vie cittadine e al passeggio delle Madonne in giro per la regione, è una presenza costante e ingombrante, una bruttura che si è impadronita della quotidianità dei calabresi. Ciascuno si imbatte quotidianamente in questa architettura della mancanza, il non finito, così tipico e caratteristico del Meridione. Lo incontriamo passeggiando sul lungomare e vedendo lo spettro di un albergo che da quarant’anni a Siderno è riuscito solo ad affollare aule di tribunale e non certo la spiaggia. Un albergo che non ha mai srotolato il suo tappeto rosso e non ha mai aperto le sue porte alle frotte di turisti. Solo promesse. In quelle case che si alzano, un piano dopo l’altro, da Punta Zefira a Capo Concitum. Quelle palazzine che vengono tirate su per le generazioni future e per quelle che verranno, ma che probabilmente non ci abiteranno mai. Promesse mai mantenute. Ecco cosa rappresenta il non finito secondo Angelo Maggio, geometra e appassionato di fotografia che da anni osserva quest’architettura calabrese. Secondo Maggio quelle case con i mattoni a vista, con i tondini di ferro che spuntano dai tetti sono proprio il simbolo delle promesse mai mantenute dai politici in questa regione. Promesse di sviluppo, di un futuro e, per alcuni, di un ritorno che però non hanno trovato uno sbocco reale. «In molti casi il non finito è una struttura costruita con i propri risparmi da privati. Magari da gente che se n’è andata all’estero e che sperava
di poter tornare al proprio paese d’origine». La sua visione è molto pessimistica e la critica verso il non finito non si limita alla bellezza o bruttezza. «È necessario passare da una dimensione estetica a una etica. Il non finito non è il classico problema di abusivismo o di una casa non finita, è un problema di luoghi di vita. Credo che il non finito sia un monumento alle aspettative deluse dei cittadini, sia una rappresentazione delle illusioni di cui sono stati nutriti gli abitanti di questi luoghi». È un monumento al fallimento delle politiche per il ripopolamento dei paesi e dei sacrifici fatti da chi in questa terra vorrebbe vivere o tornare ma che non può perché mancano lavoro e prospettive. Però è anche molto di più, e l’aspetto estetico non è secondario. Come si può convivere con queste case, palazzi o strutture incomplete, degradate e brutte? Maggio ha una sua spiegazione. «Il problema sta proprio là. Siamo talmente abituati a vederle, a viverci accanto, a sapere che ci sono, che ormai non ci facciamo più caso. Sono la normalità. Nessuno si sconvolge. Sì ci sono, lo sappiamo. E quindi?». E aggiunge: «Chiedersi come sia stato possibile arrivare ad abituarsi a tutto ciò? Perché sia nato questo fenomeno? Perché sia entrato nella normalità, nella quotidianità e non inorridisca le persone che ci convivono? Sono queste le domande che ci dovremmo porre». Ben al di là del bello e del brutto. È una parte di noi, appartiene al nostro modo di vivere. Infatti secondo Francesco Lesce, ricercatore presso l’Università della Calabria, «Se fosse semplicemente brutto noi lo vedremmo, invece noi non lo vediamo. Non è un elemento esteriore al mio modo di vivere. Il non finito si mimetizza nel nostro modo di vivere». Un paradosso tipico della Locride a cui nessuno fa più caso, tanto si sa. Quelle costruzioni ci sono, sono brutte. E quindi?
Francesco Lesce: «Il non finito non è un elemento esteriore al mio modo di vivere, ma si mimetizza nel nostro modo di vivere»
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GIUDIZIARIA La verità è che l’ospedale di Locri avrebbe bisogno di una revisione totale
‘ndrangheta e gestione degli appalti pubblici
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on l’affermazione della lista appoggiata, un clan della Locride avrebbe condizionato dall’interno la nuova amministrazione comunale. Parte dei nuovi amministratori, a loro volta, si erano messi in moto e “chi” aveva appoggiato quella lista elettorale da subito cercava di raggiungere precisi obiettivi, per come si evince dalle conversazioni ambientali registrate dagli investigatori. In un ufficio di una ditta, un soggetto racconta di essere andato presso la sede di Caulonia di un’altra ditta al fine di lasciare il proprio biglietto da visita e far capire che, se dovevano eseguire lavori in quel comprensorio, si sarebbero dovuti rivolgere a loro. Nella medesima circostanza, il titolare della ditta cauloniese, che ben conosceva le famiglie della zona e la dovuta “tassa ambientale” da corrispondere in caso di lavori da eseguire in quella porzione di territorio, aveva chiesto al messaggero quale famiglia rappresentasse, facendo chiaramente capire, per quanto dallo stesso riportato, che la “mazzetta” doveva essere corrisposta a una di queste due famiglie. D: Gli ho lasciato il bigliettino… lui mi ha detto… vai a prendertelo, che non è un lavoro!! Dice A… oppure M… gli ho detto io… ma perché eri in galera… non perché… io ti dico le cose come sono… non credere che c’è altro… Dopo aver ascoltato quanto il messaggero doveva riferirgli quasi a titolo di scuse, il rampollo di una cosca di ‘ndrangheta, ritornata in auge dopo l’affermazione della “loro lista”, pronunciava delle frasi che facevano ampiamente capire quale fosse la reale situazione nel paese in cui, fino a poco tempo prima, un altro gruppo non aveva lasciato spazio alcuno alle altre ditte i cui titolari erano appartenenti alla contrapposta cosca. Con la vittoria delle elezioni, ottenuta anche grazie alla prepotenza dei giovani rampolli della famiglia, i clan, forti della gestione occulta dell’intera amministrazione comunale, riuscivano finalmente a tenere testa alla famiglia avversa. Il giovane rampollo, dopo l’insediamento della nuova giunta comunale, aveva infatti incontrato il padrino avverso al quale aveva chiaramente detto che da quel momento in poi, i lavori da eseguire nel loro territorio dovevano essere divisi tra le due famiglie. Voce 1: Ascolta a me… quando ho parlato… quando ho parlato con Ro… no… io glielo avevo detto chiaro a lui… ascoltami… gli ho detto io… vedi che ora… gli ho detto io… di quanti lavori ci sono alla Marina… gli ho detto io… non pensare che fai il padrone… gli ho detto io… che mezzi sono i tuoi perché è giusto che devi vivere… gli ho detto… e mezzi sono i miei gli ho detto… che è giusto che devo vivere io e devono vivere gli altri quelli che sono con me… gli ho detto io… se ti piace è così altrimenti poi si vedrà… se tu ti ricordi una volta ne abbiamo già parlato con te… ti avevo detto io quando comincia il cimitero succederanno i casini… io non volevo che andavi tu… I risultati non tardavano ad arrivare. Grazie a quanto documentato nelle successive intercettazioni ambientali si attestava, infatti, l’indirizzo intrapreso dall’amministrazione comunale riguardo le gare d’appalto ove il vincitore veniva individuato precedentemente mediante l’accordo tra l’imprenditore, il sindaco e i suoi assessori e le altre ditte che dovevano comparire solamente allo scopo di rendere apparentemente legale il procedimento di assegnazione. In una particolare circostanza gli inquirenti registrano dei colloqui da dove si evince che prima venivano individuate delle ditte a cui dovevano essere destinati gli inviti di partecipazione alla gara d’appalto, quindi veniva intercettato un dialogo che non lasciava dubbi circa la turbativa d’asta che veniva posta in essere dal sindaco e da un imprenditore, questo ultimo riferiva testualmente all’amministratore che avrebbe personalmente provveduto a truccare la gara d’appalto mediante l’accordo con le altre ditte invitate dal comune, con cui avrebbe concordato la percentuale di ribasso da apporre sui preventivi.
Molto rumore per nulla La non-notizia dell’ascensore di Locri
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iventa sempre più chiaro il “caso” del malfunzionamento dell'ascensore dell'Ospedale di Locri. Dopo le prime notizie un po' sballate e fuori tiro, arrivano informazioni corrette e più precise. Per carità: rimanere chiusi in ascensore è l'incubo più diffuso nella società contemporanea urbana: è naturale che attorno alla vicenda si sia sviluppato un grande clamore. L'uso degli ascensori è imprescindibile negli ospedali, e quello di Locri è particolarmente mal concepito da questo punto di vista, quindi un generale interesse è del tutto comprensibile. Meno giustificabile è l'allarmismo successivo all'incidente occorso all'infermiera Maria Filippone, caposala dell'UTIC, ascrivibile a una certa superficialità nell'informarsi prima di rendere pubblica una notizia. In realtà siamo nell'ambito dei grandi numeri, delle possibilità che non vorremmo mai che si verificassero, ma che purtroppo accadono. Chi non ha da raccontare qualcosa di sgradevole riguardo agli ascensori, chi non ha mai sentito dire, da un parente o un amico, di avere avuto una brutta esperienza? Che gli ascensori dell'Ospedale di Locri siano una grave debolezza strutturale è noto, né viene nascosto dagli stessi impiegati dell'Ufficio Tecnico. Ma tutti sappiamo che soldi non ce ne sono e che l'Ospedale sta vivendo uno dei suoi peggiori momenti, sia da un punto di vista delle attrezzature, sia dal punto di vista dell'offerta sanitaria.
Fino a che non sarà eseguita una perizia tecnica da una ditta specializzata, esterna a Italsavia che ha in gestione la manutenzione, non si potrà sapere la precisa dinamica dell'incidente. Attualmente le indagini sono affidate a Ezio Arcadi, sostituto procuratore aggiunto, che ha aperto un'inchiesta. Lamentele dei cittadini e proteste delle associazioni sindacali Uil-Fpl stanno accompagnando l'evento. La Italsavia, la cui centralinista ha la simpatia e la gentilezza di una confezione di pomodori pelati da cinque chili, si trincera dietro un silenzio assordante che genera un ovvio sospetto. Quello che si sa con certezza è che i quattro cavi che reggono l'ascensore sono perfettamente integri e in tensione (cioè non si sono allentati). L'ascensore non è precipitato, ma è stato preso al quinto piano, si è aperto al terzo, e poi ha proseguito la discesa al piano terra dei poliambulatori, dove si è regolarmente fermato e aperto le porte. L'infermiera è uscita da sé, deambulando in autonomia, e si è recata da sola al Pronto Soccorso. Le sue condizioni sono ottimali, le è stata diagnosticata una lombalgia post-traumatica. Attualmente è ricoverata al reparto di Ortopedia a Locri, ma è stata trasportata ai Riuniti a Reggio per eseguire una risonanza vertebrale richiesta dal neurologo di Locri, e contestualmente è stata sottoposta ad una visita neurochirurgica, esami che hanno escluso traumi vertebrali di alcun tipo. Le è stata anche fatta una TAC al petto per valutare eventuali fratture allo sterno, ma anche questo esame è
risultato negativo. Al momento è ricettiva, sveglia e più che cosciente, piuttosto innervosita dagli errori commessi dalla stampa in questa occasione, tanto da voler in un primo tempo escludere qualsiasi conversazione con un giornalista. La terapia prescritta è un comune analgesico più il riposo assoluto per qualche giorno. Ovviamente la paura e lo shock subiti sono stati gravi, seppure la reazione è stata di assoluta compostezza. Essendo l'ascensore sotto sequestro, le ispezioni condotte dai Carabinieri e dall'Ufficio tecnico sono state soltanto visive (un’ispezione alla tromba è avvenuta giovedì mattina a cura del Comando Stazione dei Carabinieri di Locri): non è stato riscontrato nulla di anomalo, niente puzza di bruciato, nessuna parete lesionata, corrente perfettamente funzionante. L'ascensore gemello, fermo a causa di un guasto (costo del ricambio 4.700 euro) è adesso in via di riparazione, mentre l'energia elettrica è stata esclusa dall'ascensore posto sotto sequestro subito dopo l'incidente. Da una ricostruzione necessariamente sommaria e per eliminazione, l'unica ipotesi fatta finora è che si sia rotto un “pattinino”, che è come una sorta di protezione che evita rotazioni della cabina o la fuoriuscita dalle guide. Una rottura del pattino potrebbe aver provocato sollecitazioni all'interno della cabina, e -ipotizziamoun rinculo un po' più forte del normale. L'Ufficio Tecnico fa presente che l'ascensore in oggetto è di ultima generazione, in attività da sei anni, programmato a una velocità di 1,2 metri al secondo. Se la velocità dovesse raggiungere 1,5 metri al secondo, i sensori bloccherebbero la cabina con delle potentissime morse per un arresto morbido. Secondo i responsabili tecnici è del tutto impossibile che ci sia stato un aumento nella velocità della corsa. Sempre il medesimo ascensore era stato revisionato il 23 gennaio 2015 (il foglio di revisione è attualmente sotto sequestro),e riparato il 29 gennaio a causa di un calcio assestato da un visitatore. Questa è una delle note dolenti della manutenzione degli ascensori: gli atti di vandalismo. Visitatori, pazienti e spesso anche infermieri o medici, danneggiano in continuazione gli ascensori di tutto l'ospedale, procurando guasti in special modo a quelli di più antica concezione. L'atto di vandalismo più frequente è la forzatura delle porte. Una stima approssimativa conteggia in circa 10.000 euro annui le spese per il vandalismo sugli ascensori. Ma il fatto rimane. E non è il primo. In molti ricorderanno del ragazzino che aprì le porte dell'ascensore e precipitò, ferendosi gravemente. E l'episodio che vide un infartuato chiuso per ore in attesa di soccorso. L'evidenza c'è, ed è sotto gli occhi di tutti: la struttura dell'Ospedale di Locri avrebbe bisogno di una revisione totale, per la quale occorrerebbero cifre per noi inimmaginabili (diciamo un miliardesimo di quello che entra nella casse di Milano per l'Expo?), ed è naturale che i macchinari che subiscono un uso massiccio e frequente, come gli ascensori, siano tra i primi a sentire l'usura. Episodi analoghi avvengono in continuazione sotto gli occhi preoccupati di sanitari e medici. Ascensori che si fermano o si aprono senza apparenti ragioni. La paura è tangibile in questi giorni, e questo caso ha attirato l'attenzione su un annoso problema da molti periodicamente sollevato. Tuttavia, rimanendo sull'episodio più recente, ci sembra di poter dire che la non-notizia dell'ascensore possa far riflettere sulle dinamiche dei movimenti dei soldi in Italia, su un grigio futuro per la sanità locale, e su un mestiere, quello del giornalista, che sta perdendo gradualmente non solo di prestigio, ma anche di senso. Lidia Zitara
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Benvenuti a El Paso! “H
ILARIO AMMENDOLIA
RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PERCHÉ MAI NELLA REPUBBLICA
ITALIANA QUALCUNO DOVREBBE ESSERE AUTORIZZATO A INFRANGERE LA LEGGE, PROTETTO DALLA LEGGE? QUALE SAREBBE LA “FONTE” DEL DIRITTO DA CUI FAR DISCENDERE UNA TALE LEGGE?
o appreso dai giornali che una commissione presieduta dal dottor Nicola Gratteri avrebbe presentato circa trecento pagine in cui si delinea una parziale riforma della giustizia penale. Tra le tante innovazioni, la più originale m'è sembrata la proposta di autorizzare uomini delle forze armate a portare armi con matricola abrasa. Sono certo che non sia vero! Perché mai nella Repubblica Italiana qualcuno dovrebbe essere autorizzato a infrangere la legge, protetto dalla legge? Quale sarebbe la “fonte” del diritto da cui far discendere una tale legge? Non certo la Costituzione! Io non sono un giurista né uno studioso di diritto, sono un comune cittadino che da ragazzo amava andare al cinema a vedere i film western. Se venisse approvata una simile norma a chi arriva in Calabria - dove già vige la giustizia sommaria - potremmo augurare “Benvenuti a El Paso!” Però, devo confessare che, tutto sommato, l'idea ha incominciato a esercitare un suo fascino nella mia mente, perché mi consentirebbe di rivivere l'atmosfera del Rio Grande dove il giudice Roy Bean amministrava la giustizia dei sette capestri a “ovest del Pecos”. Grande uomo Roy Bean, tanto da mandare qualche uomo alla forca dicendo “prima impiccatelo, poi faremo il processo”. Che fascino se poi abbandonassimo i tribunali polverosi e le carte ammuffite costruendo dei saloon simili a quello in cui Roy emetteva le sue inappellabili sentenze. Non sempre rigorose a dire il vero. Si dice, per esempio, che dovendo giudicare un cowboy che aveva ucciso un cinese, l'abbia man-
dato assolto dicendo: “Non c'è un articolo del codice che mi obbliga a condannare un uomo solo perché ha sparato su un cinese!” Perché non applicare la norma ai calabresi? Un eventuale vuoto legislativo che, sono sicuro, verrà colmato! Il giudice Bean teneva un grande orso legato nel suo saloon per terrorizzare gli imputati. Non essendo questa terra di orsi, potremmo pensare a qualche lupo della Sila. Pensate come in Calabria aumenterebbe il turismo. Altro che bronzi di Riace! Immaginate quanti stranieri verrebbero a vedere i nostri saloon! Certo, per rendere ancora più verosimile l'atmosfera potremmo cambiare il nome dei paesi della Calabria: El Paso, Santa Monica, Santa Cruz, Vera Cruz, Santa Fé, Carson City, Las Vegas. Le catene montuose delle Serre e dell'Aspromonte sarebbero i nostri monti Appalachi. Mancano gli indiani, ma noi calabresi ci prestiamo magnificamente alla bisogna. Via le caserme, costruiamo Fort Apache. Via i principi fondamentali della Costituzione così noiosi, inutili e pesanti! Via i vecchi codici su cui qualche vecchio studioso di diritto avrà impiegato i suoi inutili anni! Una bella gestione della giustizia improntata al “fai da te” con banditi alla Jesse James e sceriffi alla Pat Garret. Giudici solo e rigorosamente alla Roy Bean! Tempi velocissimi! Giustizia certa! Ovviamente ho scherzato. Nessuno avrà fatto una simile proposta, si tratta di indiscrezioni prive di senso. Tra l'altro, pensando alla giustizia sommaria vigente in Calabria, con tanti assassini di “cinesi” liberi e tanti innocenti in galera, ci viene da pensare che, in fondo, non cambierebbe molto. Tutto sommato, la realtà è già da incubo!
ERCOLE MACRì
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n Calabria ci sono uomini, mafiosi ed esseri come Nicola Gratteri, considerato dai più e dai più sapienti la semidivinità di una terra che alleva pecore perché è troppa povera per possedere i tori. Lui non invecchia, farà ancora male ai cattivi, lo capisci dagli occhi. Convinto, determinato, non cede di un passo. Alcuni lo chiamano Grattugia di nascosto, e lui la Ndrangheta la mangia al sangue con scaglie d’Aspromonte. La sua missione, dotata di raggi di luce celeste con la matricola abrasa, ha sempre illuminato la strada che dovrebbe portare, ma non porta, il popolo più sventurato d’Europa (Istat di questa settimana) fuori dal tunnel. «Repressione, bastone, repressione. Occhi senza pupille, due lastre nere». Non c’è niente da fare, i malviventi con l’amo o con lo strascico Grattuggia prima l’acchiappa e poi li doma. Giusto o sbagliato, non tocca a me dirlo. Un filone della giurisprudenza sostiene che la degenerazione comportamentale va
Flora Scu N
elle dichiarazioni programmatiche di lunedì scorso in consiglio regionale, in cui le corde vocali di Mario Oliverio hanno dato prova di eccezionale resistenza, il Presidente ha raccontato la sua Calabria facendo anche cenno al progetto di “regolarizzazione dei fondali del bacino di evoluzione sud e del canale portuale” di Gioia Tauro. Si tratta di un intervento da 3 milioni e mezzo di euro con cui verranno rimossi 567.000 m_ di sabbia alla profondità di 18 m, per consentire l'attracco delle navi più moderne e capienti. A quanto pare, però, il lavoro è rimasto bloccato per oltre un anno a causa di un parere non concesso da parte dell'assessorato regionale all'ambiente al cui vertice vi era allora Francesco Pugliano. Uno stop scriteriato quello dell'assessorato con cui si sarebbe corso il rischio di causare al porto di Gioia Tauro un grave danno commerciale e d'immagine, compromettendone anche lo stesso futuro. A questo proposito Oliverio propone di “snellire le procedure e rimuovere ostacoli burocratici che oggettivamente finiscono per alimentare circoli viziosi e determinare danni irreparabili alla nostra economia”. Suggerimento accolto con grande ed esaltato favore da Flora Sculco.
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Il magistrato aveva dato al Governatore un suggerimento sulla nomina di assessori e manager. Il Governatore, però, ha fatto di tutto e di più per non smuovere quella mostarda che, invece di esaltare il gusto del cambiamento, copre le muffe nella massima istituzione calabrese. corretta con forzature e accanimenti, e in Calabria la movida simil ‘ndranghetista è diventata un ballo sociale che ha invaso fino la pappa reale una percentuale altissima di calabresi, il midollo. Oggi l’annacamento neandertaliano reggino rischia di essere tramandato come un virus letale alle nuove generazioni. Non è passabile una cosa del genere che fa più danni dei reati veri. Bisogna spaccare le ossa al crimine con il 416 bis e, se necessario, mangiargli il cuore con il 41 bis. Questa la premessa. L’aspetto invece che voglio condividere con i lettori ha un’altra natura, quella nobile di una possibile e reale inversione di tendenza di una regione in forte ritardo di sviluppo economico e occupazionale. Ho apprezzato molto, all’indomani dell’elezione del nuovo Consiglio Regionale, l’assist che Nicola Gratteri ha scodellato alla gratis a Mario Oliverio. Un vero raggio di luce celeste - che per colpa di una politica mediocre che comanda e vegeta in base al possesso di segreti con cui pezzi da novanta che siedono nei posti di comando istituzionale ricattano altri pezzi da novanta a loro immagine e somiglianza - si è perso nella nebbia, nel buio di quelle stanze
segrete praticate negli ultimi mesi anche dal neo governatore. Da “Il Fatto Quotidiano” del 25 Novembre 2104. Nicola Gratteri, testuale: “Un suggerimento a Oliverio su un vero atto di cambiamento? La Calabria oggi produce emigrazione, colta, dotta. Io cercherei di scegliere questa gente. Sceglierei i figli di nessuno che si sono affermati fuori dalla Calabria. I figli degli operai, dei contadini, dei camionisti”. Secondo il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, il neo Governatore calabrese del Pd Mario Oliverio avrebbe dovuto selezionare in questo modo la nuova classe dirigente. “Abbiamo bisogno di una rivoluzione dei figli di nessuno, emigrati dalla Calabria perché per loro non c’erano opportunità”. “Il problema – aveva aggiunto il magistrato antimafia, intervenuto tre mesi fa a Roma con Paolo Flores d’Arcais direttore di Micromega al dibattito ‘Un programma per la giustizia’ – prima ancora della mafia, sono i centri di potere all’interno della pubblica amministrazione dov’è forte la presenza di figli e nipoti di ‘ndranghetisti incensurati che gestiscono la cosa pubblica come cosa propria” ha concluso speranzoso Nicola Gratteri. Mario Oliverio ha fatto l’esatto contrario, sia con gli assessori
che con i manager. Le parole sante del magistrato, che sta riformando la giustizia attraverso la forzatura della decretazione (l’indole è indole) per Mario Oliverio erano e restano aria fritta. Eppure, è risaputo, senza la qualità e l’integrità del fattore umano la Calabria non incontrerà cambiamenti, non avrà mai stima di sé, né fiducia in chi la governa. È una storia vecchia che farà passare (scusate la ripetizione) alla storia Mario Oliverio per aver snobbato una semidivinità poiché non ha avuto il coraggio di smuovere quella mostarda che, nella regione, nelle provincie e nei comuni calabresi, copre muffe. Mario Oliverio, Scopelliti Loiero hanno, però, colpe fino alla curva. Il problema della Calabria sono quei calabresi che appiccicano fumogeni quando Gratteri accenna a una Riforma della Giustizia – che, dalle prime indiscrezioni, somiglia a un Decreto Regio efficace a demolire ancor di più le libertà individuali e i diritti dei meridionali - e poi, con le mani in pasta, rimangono omertosi quando Gratteri consiglia una rivoluzione epocale a chi comanda lungo l’asse CatanzaroRoma che è molto più mafioso di quello che congiunge a livello criminale i tre mandamenti reggini a Milano.
ulco rinnega se stessa Chi è costei? È la figlia di “me ne fotto”. Così rispose il padre Enzo Sculco, ex consigliere regionale, quando nell'ottobre 2014 gli venne chiesto di restituire alla Regione Calabria il vitalizio di cui beneficiò nonostante una condanna, avvenuta nel 2001, a 4 anni di carcere per un episodio di concussione quando ricopriva il ruolo di vicepresidente della provincia di Crotone. Disse proprio così “me ne fotto”. Una prova di grande onestà e senso etico, indubbiamente. Venne invitato persino da quel bontempone di Massimo Giletti nella sua Arena e in quell'occasione continuò a fottersene, ma relativamente. La sua tracotanza era da addebitare alla convinzione di essere nel giusto. Sì, nel giusto. Intanto Palazzo Campanella aveva già avviato le procedure per il recupero delle somme versate e non dovute. Un bel gruzzoletto da 100 mila euro. Quando Flora è stata eletta con una grandinata di oltre 9 mila voti nella lista Calabria in rete, un grazie particolare lo ha rivolto al suo “onorevole papà” con tanto di foto “mentadent white now” su facebook. Con la sua carica di energia fresca ha convinto 9138 elet-
tori, risultando l'unico fiocco rosa eletto al consiglio regionale della Calabria. Ma neanche il tempo dei pasticcini e di un cin cin che sulla giovane consigliera piomba la tegola del ricorso del primo dei non eletti nella sua stessa compagine, Sergio Costanzo. Lui non ci sta. Flora Sculco non ha rispettato la legge 150/81 secondo la quale “i dirigenti e i dipendenti della Regione, gli amministratori e i dirigenti con funzioni di rappresentanza di ente o di azienda dipendente dalla Regione e i rettori delle università calabresi” sono ineleggibili. Al momento della sua candidatura, a un mese esatto dalle elezioni, infatti, la Sculco faceva parte della struttura speciale dell'ex assessore all'ambiente Francesco Pugliano. Quello dello stop scriteriato al progetto sul porto di Gioia Tauro, nonché caro amico della famiglia Sculco. Quindi Flora approva con il suo sorriso fulgido e lucente l'intenzione di Oliverio di velocizzare la burocrazia quando a rallentarla è stato proprio il suo amico e datore di lavoro Francesco? Una prova di grande onestà e senso etico, indubbiamente. Maria Giovanna Cogliandro
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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
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opo l’attentato a Mammì i sidernesi hanno temuto che sulla loro città si allungassero le ombre di un ulteriore commissariamento. Pietro Sgarlato, rappresentante di Forza Italia, estirpa ogni dubbio : “la legge non lo consente”. Abbiamo discusso con lui dei progetti che bollono nel pentolone del centrodestra. Il centrodestra sarà protagonista in questa fase elettorale preziosa per il futuro della città? Certo che ci sarà. Il centrodestra c’è e sta lavorando per progettare il futuro di questa città nonostante il periodo particolare da cui veniamo fuori e di cui il centrodestra si assume le sue responsabilità. Certamente, però, non tutte le responsabilità possono ricadere solo ed esclusivamente sul centrodestra: bisogna guardare a tutte le gestioni passate, perchè i problemi che sono venuti fuori sono addebitabili almeno agli ultimi 20 anni di governo cittadino e di essi, a mio parere, sono responsabili tutte le forze politiche, di destra e di sinistra. Il commissariamento ha giovato a questa città oppure no? Degli ultimi cinque anni, quattro sono stati di commissione straordinaria e commissione prefettizia. Ritengo sia stata una gestione fallimentare che ha portato alla distruzione totale del nostro paese; inoltre, credo, e mi assumo la responsabilità di quello che sto per dire, che la peggiore amministrazione è sempre migliore di una commissione prefettizia, perché quando manca l’amministrazione in un paese, manca la democrazia. Voglio, poi, togliere ogni dubbio sull’eventualità di un prolungamento del commissariamento: dal punto di vista formale, la legge non lo prevede assolutamente. Dopo lo scioglimento per mafia è prevista una sola ed esclusiva proroga di sei mesi, dopodiché si va alle elezioni. Cosa pensa dell’intimidazione a Mammì? L’atto intimidatorio nei confronti di Mammì ha fatto ritornare Siderno nello sgomento, e il paese non aveva assolutamente bisogno di questo. Chi ha subito gli effetti negativi di questa azione è stata proprio la città, desiderosa insieme a tutti i partiti e a tutte le associazioni di tornare a eleggere democraticamente un sindaco, di qualunque colore esso sia. Il centrosinistra ha i suoi due locomotori che sono Fuda candidato a sindaco e Panetta che è stato il primo ad appoggiarlo. Il centrodestra come risponde a questa accoppiata, con Sgarlato-Ritorto? Ci sono anche tante figure all’interno del centrodestra, noi siamo una coalizione aperta a tutte quelle che sono le forze liberali di questo paese. Oltre a Riccardo Ritorto, c’è Mimmo Catalano che sicuramente è una figura molto importante del centrodestra, e tanti altri. È Peppe Caruso il vostro candidato a sindaco? Peppe Caruso è uno di quei nomi che i giornali riportano come possibile candidato a sindaco del centrodestra. Ma Peppe Caruso non ha mai partecipato ad alcuna riunione del centrodestra, non si è mai seduto al tavolo del centrodestra. Perciò posso dire con estrema sicurezza che Peppe Caruso non è mai stato nè mai sarà candidato del centrodestra. Voi avevate tentato, giustamente, di andare incontro a un patto elettorale che prevedesse la lista unica e la squadra di governo prima dell’urna. L’avete fatto perché vi sentivate perdenti in partenza o perché avete in mente altro? Vista la situazione che si è creata a Siderno negli anni precedenti e recentemente con l’atto intimidatorio nei confronti di Pier Domenico Mammì, ritengo che la lista unica a sostegno di un candidato a sindaco sia in questo momento l’unica strada percorribile. Ne sono convinto perché, con soli 16 candidati in lista, ogni partito e ogni coalizione sono costretti a considerare le migliori figure possibili. E a trovarne giovamento sarà la città, dal momento che in consiglio comunale andranno a sedersi solo ed esclusivamente i migliori. Da questo trarrebbe beneficio anche il confronto politico che negli ultimi anni ha subito un serio declino: c’è stata gente che si è seduta in consiglio comunale senza fare mai un intervento, senza mai alzarsi se non per approvare o respingere una delibera. Un accenno al programma: mi dica le priorità che possono portare Siderno dal declino a un minimo di crescita. Sicuramente il turismo, con il lungomare in cima alla lista degli interventi più urgenti. Dopo la mareggiata e dopo le prime apparizioni dei politici locali, provinciali e regionali, il lungomare è stato completamente abbandonato. Ritengo, poi, che Siderno debba tornare a detenere il ruolo di battistrada di tutta la Locride cosicchè lo sviluppo possa partire dalla cosiddetta area metropolitana - sottolineo area e non città metropolitana, perché la città metropolitana riguarda solo la città di Reggio Calabria, l’area metropolitana riguarda tutta la provincia. I più e più sapienti sostengono che l’unico che possa sedersi attualmente nella città metropolitana reggina, che comprende i comuni al di sopra dei 15 mila abitanti, sia Pietro Fuda, per esperienza, per competenza. Lei è d’accordo con questo? Personalmente riconosco a Pietro Fuda delle ottime qualità amministrative e l’ho anche dimostrato, però non penso che sia l’unico a possederle. In ogni caso, ritengo che sia Siderno, piuttosto che una singola persona, a dover aver voglia di rimettersi in carreggiata.
Pietro Sgarlato INTERVISTA RILASCIATA LA MATTINA DELL’11
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Solo così ogni partito e coalizione potranno garantire qualità in consiglio comunale
Peppe Caruso non è mai stato né mai sarà il candidato del centrodestra
FEBBRAIO PRIMA CHE CARUSO ANNUNCIASSE LA SUA SCELTA DI CANDIDARSI A SINDACO CON LA LISTA CIVICA
Il centrodestra omertoso che si affretta lento embrava che le elezioni comunali di Siderno fossero un affare esclusivamente di sinistra. L’attivazione di Pietro Fuda in contrapposizione a un silenzio assordante proveniente da destra, aveva fatto temere il peggio agli elettori di Forza Italia, Nuovo Centro Destra e Udc. Lo scorso 13 gennaio, però, un articolo della Gazzetta del Sud lasciava intendere che la cortina di fumo levata dinanzi ai papabili di centrodestra per la carica di sindaco, fosse frutto di un sofisticatissimo e ricercato calcolo. “I nomi sono qui da tempo immemore! - aveva fatto intendere più di qualche portavoce di centrodestra Ma non ve li abbiamo ancora rivelati perché ci piace fare i misteriosi e, come volevasi dimostrare, nell’arco di appena un mese il PD è riuscito a risorgere dalle proprie ceneri solo per suicidarsi subito dopo”. Una lungimiranza più che mai profetica, visto l’attuale stato dell’arte. Ma questi candidati, allora? Quali sono e, soprattutto, sono davvero già scritti nero su bianco in qualche documento gelosamente riposto nella cassaforte di un misterioso segretario di partito? O, piuttosto, alla segretissima assemblea di centrodestra per decidere le linee programmatiche qualcuno si è reso conto che non c’era nulla di cui discutere e sono stati snocciolati dei papabili per non fare brutta figura con la stampa? Ci piacerebbe protendere per la prima opzione, che testimonierebbe il fervore politico e la serietà della coalizione. Eppure, quanto accaduto nelle ultime settimane, ci fa temere che i nomi annunciati siano solo altisonanze da calciomercato.
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“Caruso, Ritorto, Sgarlato, Vumbaca!” È stato gridato come da dietro il banco della frutta al mercato alimentare, eppure l’intervista rilasciataci dall’ex sindaco Pietro Sgarlato ha fatto fuori tre nomi con la precisione di un cecchino. Giuseppe Caruso non è mai stato preso in considerazione come possibile sindaco di centrodestra. Ritorto… E se avesse già dato? Lo stesso Sgarlato? Forse che sì, forse che no… La conferma a quelle parole ci ha messo una manciata di ore ad arrivare. Un comunicato dell’avvocato Caruso smentiva anch’esso la possibilità che si candidasse per la coalizione di centrodestra pur affermando che sì, la sua candidatura a sindaco era “viva e vibrante” e alla testa di una innominata lista civica. Riassumendo: se Pietro Fuda domina la scena politica come il Colosso di Rodi, fermo nella sua bronzea posizione politica, sappiamo adesso che il più timido Caruso sta “scalpellando” un ancora informe blocco di marmo dal quale vorrebbe tirare fuori il David delle sue convinzioni, il più vicine possibile alla cittadinanza che ama. Il piedistallo del centrodestra, già pronto, è ancora nascosto da un mucchietto di sabbia del deserto e nessun nome viene scalpellato con ferma decisione sulla targa celebrativa. Ritorto? Sgarlato? E Vumbaca? Scomparso nel nulla, anche se qualcuno è pronto a giurare di averlo visto all’altezza di Lauria Nord mentre sfrecciava sull’autostrada a bordo di una fiammante Ford blu elettrico. Jacopo Giuca
LA SETTIMANA
INTERVISTA IMMAGINARIA A MARIA GRAZIA CACCIOLA
Dove nessuno è mai giunto prima cuore. In Russia mi chiamano “La Scarpa di Kruscev”, in Giappone “Colei che non ha orecchie”. In Africa sono nota come “Tempesta di Fuoco”. Gli astronomi mi chiamano occasionalmente “Asteroide del Giorno del Giudizio” e i religiosi “Apocalisse”. -Ecco, a proposito di astronomia, ci è giunta voce che lei è stata posta sotto contratto definitivo dalla NASA, conferma? -Sì, è esatto. Tra qualche giorno sarò a Houston per essere fiondata contro l'asteroide Toutatis, quello che ogni tanto “sfiora” la Terra, e dopo mi
-Dottoressa Cacciola, grazie per averci dedicato un po' del suo tempo per questa intervista, sappiamo che lei è sempre tanto occupata… -Occupatissima, infatti la prego, si sbrighi. -Ehm, sì, ecco. Lei si è fatta la fama di una donna molto dura, nonostante il suo aspetto diciamo… glamorous. Le hanno attribuito numerosi soprannomi, vuole dircene qualcuno? -Sì, questo risponde a verità. Il soprannome che ho più caro è quello di “Locomotiva Umana”, ma anche “Muro di Gomma” rimane nel mio
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-Le pinocchiate che dico. Basta che apra bocca e gli dia fiato, e l'energia cinetica sprigionata mi spinge verso nuovi orizzonti. -Insomma, lei arriva dove nessuno è mai giunto prima, soprattutto a parole. Lidia Zitara
Una famiglia straordinariamente normale
di premiare la “nostra” Gerace, entusiasticamente rappresentata in studio dal sindaco Giuseppe Varacalli e dall’ingegnere Letizia Fragomeni, che ha brillantemente elencato tutte le qualità del paese che domina la Locride. Nonostante il vantaggio finale sia stato esiguo, si è trattato comunque di una soddisfazione per tutti i geracesi, sicuramente speranzosi di risultare vittoriosi anche nelle fasi successive della competizione. Incrociamo le La rubrica Il borgo dei borghi, dita! contenuta all’interno della trasmissione di Rai 3 Kilimangiaro - Ci divertiremo un mondo, condotta da Camilla Raznovich e Dario Vergassola ed evoluzione di Alle falde del Kilimangiaro, ideata a fine anni ’90 da Licia Colò, ha visto le due cittadine calabresi Civita e Gerace sfidarsi fino all’ultimo voto nella giornata di domenica scorsa. Chiamati a eleggere la città che meglio rappresentasse la propria regione nella competizione che vedrà ad Aprile selezionare il borgo più bello d’Italia, la Calabria ha deciso
Il borgo più bello della Calabria
dirigerò verso il pianeta extrasolare Fiorina161, sempre per distruggerlo: fa ombra all'albero dei miei vicini di casa. -Abbiamo sentito che viaggerà nello spazio senza alcuna protezione. -Io sono dotata di uno scudo magneto-termico naturale: nulla mi sfiora o mi può toccare. Posso passare illesa attraverso un campo di asteroidi o la corona di una stella gigante. Ho una faccia antana da guinness: una volta ho vinto la gara “a chi ride prima” contro Marina Abramovic. -E il suo mezzo di propulsione?
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La famiglia Anania di Catanzaro è stata ospite della prima puntata del Festival di Sanremo, in onda su Rai 1 lo scorso lunedì. La famiglia calabrese che, secondo alcuni critici, avrebbe fatto da contraltare al più estremo invito alla drag queen barbuta Conchita Wurst, ha comunque alimentato le polemiche quando si è presentata al completo sottolineando, attraverso le parole del capofamiglia, che è la Provvidenza a badare a tutti loro. Osservando i sedici figli che vivono tutti sotto lo stesso tetto dei genitori, dei quali l'unico occupato rimane il padre, il popolo di internet ha dato sfogo alla più originale critica nei confronti dei catanzaresi, relativamente ai quali non si può in effetti non pensare che siano guidati da grandissima fede per avere il coraggio di continuare a proliferare indefessamente anche in tempi di crisi come questi. Oltre le critiche, comunque, non possiamo che augurare ogni bene e fortuna agli Anania. Che continuino a vivere così spensieratamente per sempre!
La conta dei danni di Falcomatà
Un abisso di noia... Alfredo D'Attorre, deputato Lucano del PD sicuramente ricordato per aver sostenuto la propria autocandidatura al collegio di Catanzaro mentre rivestiva la carica di commissario di partito in Calabria, sarebbe, in privato, «ancora più noioso di quanto appare in pubblico». A dirlo non è più la stampa che tanto lo aveva criticato in occasione della sua discutibile presa di posizione, risalente al 2012, ma la sua stessa compagna, Sara Manfuso, che si è pronunciata in questi termini nel corso di un'intervista rilasciata a Un giorno da pecora, celebre programma radiofonico in onda tutti i giorni su Radio 2 e condotto da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro. Senza mettere in dubbio le qualità umane del nostro, in ogni caso, sorge spontanea una domanda: cosa ha spinto una donna come la Manfuso a unirsi sentimentalmente al caro Alfredo? Una domanda alla quale sembrerebbe ostico rispondere, se non fosse per la naturale simpatia che traspare dal volto luminoso e sempre sorridente del politico.
Il sindaco Giuseppe Falcomatà continua a dimostrare vicinanza nei confronti della popolazione di Reggio Calabria provvedendo a effettuare sopralluoghi nelle zone di maggior criticità del capoluogo di Provincia. Nei giorni scorsi, in compagnia del consigliere comunale Demetrio Delfino, il primo cittadino ha combattuto il freddo scendendo in strada e cercando di constatare quanto drammatica sia la condizione delle strade. Dopo la lotta contro la spazzatura, sembra che Falcomatà abbia deciso
di dedicarsi anima e corpo all'eliminazione dei veri e propri “crateri” che, a causa del maltempo invernale, si sono aperti in tutto l'agglomerato urbano, interessando non solo le strade secondarie, ma anche le arterie principali. Vento, acqua e persino neve sono stati davvero inclementi, in queste settimane, speriamo che il “signorino” di Reggio si riveli altrettanto indefesso nel gestire i lavori necessari a sanare le condizioni dell'asfalto e porti presto a termine questa dichiarazione di intenti.
COOP.AGRI-OP SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA A RL Sede legale: Gioia Tauro ( RC ) S.S. 111 n. 380 - C.F e Partita Iva 02782050807 - REA : RC 190035 Albo Società Cooperative n. A229188
ASSEMBLEA ORDINARIA E ASSEMBLEE PARZIALI DEI SOCI Ai Sigg. Soci Ai Consiglieri di Amministrazione Ai Sindaci Gioia Tauro li, 03 febbraio 2015. Oggetto: Convocazione Assemblea Ordinaria e Assemblee parziali dei Soci E’ convocata l’Assemblea Ordinaria dei Soci della Coop.Agri-Op con all’Odg: 1) adempimenti formali di costituzione dell’assemblea dei delegati dei soci; 2) relazione consuntiva e programmatica sull’attività della cooperativa; 3) approvazione bilancio consuntivo anno 2014 e relativi documenti allegati; 4) situazione previsionale economico-finanziaria e contribuzione associativa anno 2015; 5) iniziative e programmi di investimenti per assistenza tecnica, qualità e valorizzazione delle produzioni; 6) nuovo sistema di Pagamento Unico Aiuto Comunitario (PAC) ; 7) PSR Calabria 2014/2020. L’Assemblea si terrà in 1° convocazione il 23 aprile 2015 alle ore 8,00 ed occorrendo, in 2° convocazione, mercoledì 28 aprile 2015 alle ore 16,00, entrambe presso la sede sociale di Gioia Tauro ( RC ) . Sono altresì convocate le Assemblee zonali parziali dei Soci della Coop.Agri-Op , ai sensi dell’art. 21 dello Statuto, per l’elezione dei delegati alla Assemblea Ordinaria dei Soci con all’Odg: 1) adempimenti formali di costituzione dell’assemblea parziale dei soci; 2) relazione consuntiva e programmatica sull’attività della cooperativa; 3) approvazione bilancio consuntivo anno 2014 e relativi documenti allegati; 4) situazione previsionale economico-finanziaria e contribuzione associativa anno 2015; 5) iniziative e programmi di investimenti per assistenza tecnica, qualità e valorizzazione delle produzioni; 6) nuovo sistema di Pagamento Unico Aiuto Comunitario (PAC) ; 7) PSR Calabria 2014/2020 ; 8) elezione dei delegati all’Assemblea generale. Alle assemblee hanno diritto di elettorato attivo e passivo solo i soci in regola con gli obblighi statutari. La elezione dei delegati all’Assemblea generale avverrà con l’elezione di 1 ( uno ) delegato ogni 250 soci o frazione superiore a 125. Il calendario delle assemblee parziali – avendo ciascun socio facoltà, ove occorresse, di partecipare a una qualsiasi delle assemblee parziali – è il seguente: Comprensorio di Melito di Porto Salvo, che comprende i Comuni da Reggio Calabria a Palizzi compresi i Comuni dell’entroterra, che si terrà a Melito di Porto Salvo presso l’hotel Tito Serranò Via Nazionale, in prima convocazione in data martedì 02 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data mercoledì 03 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Ardore, che comprende i Comuni da Brancaleone a Sant’Ilario dello Ionio, compresi i
Comuni dell’entroterra, che si terrà a Ardore presso la sala “ scuola musicale città di Ardore “ Piazza Umberto Ardore Superiore, in prima convocazione in data mercoledì 03 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data giovedì 04 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Locri, che comprende i Comuni da Portigliola a Siderno, compresi i Comuni dell’entroterra, che si terrà a Locri presso la sede della Coop.Agri-Op Via Firenze n. 28, in prima convocazione in data giovedì 04 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data venerdì 05 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Gioiosa Ionica, che comprende i Comuni da Gioiosa Ionica a Monasterace, compresi i Comuni dell’entroterra, che si terrà a Gioiosa Ionica Palazzo Amaduri via Cavour, in prima convocazione in data venerdì 05 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data sabato 06 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Laurena di Borrello, che comprende i Comuni di Candidoni, Feroleto della Chiesa, Galatro, Laureana di Borrello, San Pietro di Caridà e Serratta , che si terrà a Laureana di Borrello presso la sede operativa di Via Solferino n. 17, in prima convocazione in data lunedì 08 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data martedì 09 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Polistena, che comprende i Comuni di Anoia, Cinquefrondi, Cittanova, Giffone, Maropati, Melicucco, Polistena, San Giorgio Morgeto , che si terrà a Polistena presso il ristorante pizzeria “ il gusto “ in prima convocazione in data martedì 09 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data mercoledì 10 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Varapodio, che comprende i Comuni di Molochio, Oppido Mamertina, Terranova Sappo Minulio e Varapodio, che si terrà a Varapodio presso il ristorante pizzeria “ la pergola “ in prima convocazione in data mercoledì 10 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data giovedì 11 marzo 2015 alle ore 15,30; Comprensorio di Gioia Tauro, che comprende i Comuni di Bagnara Calabra, Campo Calabro, Cosoleto, Delianuova, Gioia Tauro, Melicuccà, Palmi, Rizziconi, Rosarno, San Ferdinando, San Procopio, Santa Cristina d’Aspromonte, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Scido, Scilla, Seminara, Sinopoli e Taurianova, che si terrà a Rizziconi sala convegni presso il centro commerciale “ Porto degli Ulivi” in prima convocazione in data giovedì 11 marzo 2015 alle ore 08,30 ed occorrendo in seconda convocazione, presso la stessa sede, in data venerdì 12 marzo 2015 alle ore 15,30 . Il socio, ai sensi dell’art. 25 dello statuto, può farsi rappresentare nelle assemblee di cui sopra , mediante delega scritta, da altro socio avente diritto al voto. Cordiali saluti. Il Presidente Luigi IEMMA
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Chiedimi se sono felice...
nella Locride!
Gente comune racconta i propri piccoli momenti di felicità quotidiana SARA JACOPETTA
D
urante le vacanze di Natale ho ricevuto un regalo da un'amica: un libro giallo girasole che porta il titolo in fucsia “Happiness is… 500 cose che ti rendono felice”. La copertina basta di per sé a pensare positivo. Il libro al suo interno è illustrato da degli omini molto simili a quelli che ognuno di noi ha disegnato almeno una volta durante la propria infanzia: il corpo filiforme, tratti poco morbidi per figure che sorridono a denti larghi. La cosa più curiosa è che sfogliare questo libro regala realmente un sorriso, probabilmente per la semplicità delle piccole e semplici azioni quotidiane, quali, come il libro riporta, riuscire a far stare tutto in valigia, trovare il coperchio che si adatta al tuo Tupperware e qualcuno che cattura un ragno al posto tuo. Abbiamo voluto chiedere alle persone cos'è che le rende realmente felici, dalle più piccole cose alle più grandi ambizioni. Ed ecco cos'hanno risposto: “Rivedere mio padre che mi aspetta alla stazione al ritorno dall'università e mia madre che davanti al portone di casa mi chiede com'è andata, se sto bene e se sono stanca. Pensare al giorno della mia laurea mi rende felice, perché quel giorno avrò raggiunto il primo grande traguardo della mia vita. Mi rende felice pensare al giorno in cui saprò curare anche un semplice mal di pancia!” “Mi sento felice quando ricevo complimenti, non solo da ragazzi e uomini: per esempio, l'altro giorno ho incontrato una signora sotto casa e mi ha detto che sono educata. Mi sento felice quando ho davanti a me persone con cui c'è sintonia vera. Quando ascolto gli Abba e penso a mio papà, quando penso alla mia vecchia casa, quando siamo tutti insieme in famiglia e a turno scegliamo qualcuno da prendere in giro. Quando guardo il mare e non riesco a trovare un limite alla sua infinita bellezza. La felicità è l'amore di tutti i nonni del mondo”. “Credo possa sintetizzare con il concetto di felicità tutto ciò che mette alla prova il corpo insieme alla mente”. “Sorprendere le persone
con dei piccoli gesti d'affetto. Ad esempio, l'altro giorno il mio ragazzo stava male a causa del virus e allora gli ho preparato una ciambella. Non sono molto brava nelle attività culinarie e l'ho dovuta fare due volte prima di presentarla! Sapevo che non se la sarebbe mai aspettata e quindi l'ho sorpreso!” “Far felici gli altri a tavola con le mie pietanze”. “Un goal al 90esimo della mia squadra del cuore, l'incrocio di sguardi con una ragazza che mi piace anche se non ci parliamo, fare pace dopo un litigio con un abbraccio. Il bacio della buonanotte di mio nonno”. “Vedere tranquilli i miei genitori, riuscire a coricarmi senza rimproverarmi nulla, pregare e sentirmi ascoltato. Felicità è ricevere dei sì o no, ma che siano giusti!” “Svegliarsi ogni mattina con la persona che ami accanto e sceglierla ogni giorno, trovare la cena già pronta, strafogarmi di dolci la domenica, non dover lavare i piatti”. “Che domanda facile/difficile che mi hai fatto! Ci ho pensato e ripensato e mi viene in mente un'unica cosa: autorealizzazione e soddisfazione personale”. “Vedere mia figlia contenta davanti a uno scivolo. Non posso non citare il lavoro, ma non per fare carriera: per dare un senso alla mia laurea”.
“Lo scoppio delle risate fragorose dei bambini”. “Cosa mi rende felice in questo momento? L'ecografia di mio figlio!” “Il modo positivo di percepire le cose mi fa sentire ubriaca della mia esistenza. Non esiste un mezzo per essere felice, ma la felicità è il mezzo stesso. Attendere il momento migliore per essere felici è solo un'illusione: il momento migliore è quello presente.” “Venir ripagata del mio tempo speso in lealtà e dedizione… per tutto il resto c'è il cioccolato!” “Credo che avere un figlio sia la cosa che renda più felici al mondo, ma ahimè, da single con sogni infranti la vedo come una cosa lontanissima. Immaginarmi mamma mi emoziona al solo pensiero!” “Il tempo di attesa che precede qualcosa di bello, quel momento in cui ti si stringe il cuore dall'emozione prima di iniziare qualcosa, fatto di timore e adrenalina insieme”. Il giorno in cui ho fatto queste piccole interviste il mio telefono era un pullulare di serotonina. Ti rendi conto che un piccolo motivo per essere felice, ogni giorno, riesci a trovarlo. Perché, come mi ha scritto qualcuno di voi, “…la felicità è anche scrivere della felicità perché ti fa pensare a tutto ciò che di buono hai e, tutto sommato, mette anche di buon umore!”
DOMENICA 15 FEBBRAIO 10
Vestito: “Mantenete viva l’attenzione sulla vicendaTelecom!” Gentilissima Direttore, prima di entrare nel merito, vorrei farLe giungere, a nome dell’intera Amministrazione di Marina di Gioiosa Ionica, un augurio sincero di buon lavoro per l’incarico alla quale è stata chiamata, come nuovo direttore di “Riviera”. Veniamo, però, alle ragioni di queste righe. Nell’ultimo numero del Suo settimanale ho letto un’interessante corrispondenza, a firma di Katia Candido, in merito ai lavori, incompiuti, che Telecom ha effettuato nella contrada Spilinga della mia città. Ringrazio Lei e la corrispondente per avere portato agli onori della cronaca questa vicenda, magari sarà un modo per riuscire a porre una qualche forma di rimedio. Purtroppo, i lavori denunciati nell’articolo non riguardano solo Spilinga e nemmeno solo Marina di Gioiosa Ionica, ma gran parte del territorio della Locride e regionale. Le opere, infatti, rientrano nel piano di sviluppo della banda larga e ultralarga, concordato tra R e g i o n e C a l a b r i a , Telecom e oltre duecento comuni. Come Enti locali siamo stati coinvolti sono nella fase finale della vicenda, allorquando era necessario concedere le autorizzazioni per effettuare gli interv e n t i . Nell’accordo di programma sottoscritto, tuttavia, è espressamente stabilito che su Telecom Italia incombe l’onere di ripristinare a regola d’arte e secondo protocolli stabiliti la viabilità stradale interessata dai cantieri. Purtroppo questo non sta avvenendo e le nostre strade si presentano come delle groviere. Sette giorni prima della pubblicazione dell’articolo avevo scritto al Direttore generale del Dipartimento Urbanistica della Regione Calabria per chiedere un intervento immediato e risolutivo. Ad oggi, tuttavia, non ho ricevuto risposta. Nel mentre assicuro il mio impegno presso gli enti coinvolti per arrivare ad una pronta risoluzione della vicenda, Le sarei grato se volesse continuare a mantenere viva l’attenzione su questa problematica. Non vorrei corressimo il rischio che finiti i lavori e incassate le remunerazioni, le imprese esecutrici tagliassero la corda senza adempiere ai propri doveri. In nome del progresso non possiamo subire come sudditi. Domenico Vestito
etteralmente sospesa tra cielo e mare, La Capannina, è il giusto mix di buona cucina e vero relax. Circondato da un panorama mozzafiato, non sei semplicemente affacciato sul mare ma sei in mezzo al mare. Un'atmosfera da sogno, dove potrai gustare i piatti più prelibati della tradizione calabrese e mediterranea, ma non solo. Alla Capannina ti sarà servita carne di prima scelta, come l'entrecote argentina, la tagliata di angus americana, carne brasiliana, bistecca di filetto, ma anche diverse qualità di pesce fresco e la vera pizza napoletana, accompagnati dai migliori vini locali e nazionali. Da anni i nostri piatti stuzzicano e soddisfano i palati più esigenti, sia a pranzo che a cena. Il segreto del nostro successo? La cura maniacale per la cucina e la ricerca continua di nuovi abbinamenti.
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Prestiamo la massima attenzione alla qualità, genuinità e freschezza degli ingredienti principali dei nostri piatti. Ogni evento, che sia un battesimo o un party di compleanno, ha bisogno di un'organizzazione attenta ai minimi dettagli. Saremo lieti di assistervi e consigliarvi per arrivare a un goal comune: il successo della vostra festa. Alla Capannina, inoltre, potrai trovare sempre una pausa di piacere presso il nostro bar, sia a colazione che per un veloce e sfizioso spuntino. La location è delle più suggestive: vi sembrerà, tutt'a un tratto, di essere stati catapultati in un villagio esotico, un'oasi di piacere per la vista e per il palato. Uno straordinario paradiso africano sulle acque cristalline del mar Ionio per sfuggire alla realtà.
GERENZA
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LA STORIA DI ‘NTONI MACRÌ - RIVIERA EDIZIONI ©
CAPITOLO QUARTO
Un romanzo di Cosimo Armando Figliomeni RISPETTA TUO PADRE (ovvero GUARDATEMI LE SPALLE)
Compare Giomo E
e il Maresciallo Imbo
ra il 22 agosto del 1947. Un caldo pomeriggio, assolato e luminoso. Uno dei tanti sulla Costa Jonica. I gabbiani strillavano. Planavano in volo dal greto del Lordo dirigendosi a stormi verso la battigia, dove, quasi toccando terra, affioravano ondate di sardine che increspavano le onde. Di tanto in tanto, il fischio d’un treno. Di quelli che andavano a carbone e che si lasciavano dietro grosse “scannolate” di
fumo. Nel porcile, ricavato tra il muretto della ferrovia e alcuni filari di fichi d’india fitti e invalicabili, un grasso maiale affamato guazzava e grugniva divertito. Al rimbombo di quei colpi di mitra, anch’esso arrestò la sua litania. La fresca brodaglia di crusca e avanzi era improvvisamente divenuta rossa. Compare Giomo - occhi spalancati, la testa immersa nel trogolo giaceva stramazzato sul fango e lo sterco. Mentre Lilli, la fida cagnetta, richiamata dall’innato sentire che hanno solo i cani, gli leccava le ferite e guaiva. Quel lamento durò fino a sera, fin quando i carabinieri non riuscirono a scacciarla. Ma dopo la sepoltura, il custode del camposanto non ebbe lo stesso coraggio, e la lasciò piangere sulla tomba del padrone che certe notti ti toccava il cuore. Naturalmente nessuno vide, nessuno udì. E nessuno parlò! Sopralluoghi, interrogatori, congetture, tutto si perdeva nel volo dei gabbiani che continuavano a strillare e risucchiare sardine, e nei grugniti, sempre più lenti del grasso maiale rimasto per giorni in un angolo del porcile senza brodaglia, accanto al trogolo di pietra morta, rosso di sangue. Di tanto in tanto un treno passava e fischiava. Alla stazione, quella notte, qualcuno caricò le sue valigie. A giorni, salpando da Napoli, un vapore avrebbe solcato l’Oceano verso l’immensa, lontana Argentina. Di quel delitto, incriminato come mandante fu Don Antonio il quale fu prosciolto già nella fase istruttoria dal Tribunale di Locri. Quel treno in Calabria non fece più ritorno. Non lo stesso, ma mezzo secolo dopo un Boeing atterrò a Fiumicino. Fra gli altri passeggeri, un anziano elegante signore il quale, lasciata Buenos Aires, ebbe il tempo di fare una sosta a Toronto, in Canada, la terra degli Uroni. Eludeva l’età un aspetto ancora gioviale e un corpo da tronco di quercia che non intendeva affatto cadere: aveva sfidato l’usura del tempo che nella Pampa pare si fosse fermato. A Siderno chiedeva il ripristino d’un diritto che il tempo aveva prescritto in una sorta d’onorata usucapione! Nelle calde serate d’estate, passeggiando nei pressi del suo ufficio di rappresentanza, si respirava sapore di terracotta e si potevano ammirare bellissime fogge di mattoni e rosse tegole di cemento vibrato. “Il corrispettivo della rappresentanza presuppone sempre una provvigione!” Gigi su questo non aveva dubbi. Ed è stato in una calda serata d’estate che nel ristorante più in d’allora si consumò l’ultima cena! Incredulo, Gigi rivide la madre, il movimento delle sue labbra. E udì la sua voce. Quel racconto gli tornò alla mente come se l’avesse ascoltato ieri, proprio nel giorno dei morti. Nel camposanto, giù in fondo, una tomba mezza sgretolata ancora resisteva al vento e alla pioggia. Al centro, una nicchia velata da tela di ragno e la foto di un uomo dal sorriso appagato. Dopo tre giorni di visita di leva presso la caserma Zuccarello di Messina, Gigi tornò a Siderno più stanco che mai, col suo foglio di congedo illimitato e l’idoneità a servire la Patria. Orgoglioso, è vero! Ma alquanto contrariato, perché il soldato non lo voleva proprio fare. A casa piegò quel foglio e lo custodì insieme all’altro che la Capitaneria di Porto di Reggio Calabria gli aveva consegnato circa un anno prima e dove figurava idoneo anche per il servizio in Marina. Ma Gigi il soldato non lo voleva proprio fare. E non lo fece. All’Ufficio Leva del Comune c’era un padre di famiglia che a Gigi voleva bene come a un figlio: don Carmelo. Gran conoscitore delle norme in materia. Fu lui che si inventò la distanza di oltre duemila metri che intercorreva tra la riva del mare e la contrada dove abitava Gigi, che dava la possibilità di chiedere l’esenzione dal servizio in Marina. Fatta la legge, trovato l’inganno! Come per tutte le cose in Italia, aggiungeva, in quei giorni, orgogliosamente Don Carmelo, mentre Gigi si prodigava in riverenti ringraziamenti. Quando fu chiamato per la visita di Leva presso la Caserma Zuccarello di Messina, l’esperienza di Gigi si arricchì di una nuova conoscenza: il Maresciallo Imbo. Effettivo a Siderno per tanti anni. La prima sera dei tre giorni trascorsi in Caserma, Gigi si vide servire una grossa fetta di mortadella che copriva l’intero giro del piatto, spessa almeno due centimetri. Un extra. Gigi, meravigliato e sorpreso, giacché lo stupore in sala era generale, chiese la ragione di quella offerta inaspettata. «Questo è un omaggio del Maresciallo Imbo» gli dissero. «È un raccomandato!» Fu il commento d’un ragazzo di Tusa, un paesino che sorge sul Tirreno e segna i confini tra le province di Messina e Palermo. «Sarà figlio di prete» conclusero gli altri. Gigi mangiò volentieri, gli occhi abbassati, timidi e viso arrossato. A quel-
IL BOSS ALFREDO MAISTO l’età si mangia di tutto. La mortadella, in ogni caso, era il suo companatico preferito. A tavola era rimasto da solo. Gli altri s’erano recati in cortile ciascuno con le proprie stoviglie e piccoli masselli di sapone casereccio, ottimo per sgrassare i piatti di latta. Le voci si accavallavano in un frastuono infernale, fuso al tintinnio del metallo. Fu lì che si avvicinò il Maresciallo Imbo sedendosi accanto a Gigi. Brevissimi convenevoli, quando all’improvviso il Maresciallo, alzandosi di scatto, sussurrò impercettibilmente: «Salutami Don Antonio». Era destino, però, che Gigi non facesse il soldato neanche di terra, ancorché fosse stato scelto per il servizio in aviazione. Infatti don Carmelo s’era prodigato per un altro miracolo. Il primogenito di sette o più fratelli, tra vivi e morti, ne era per legge esente; peraltro figurava essere figlio di padre disperso in campagna di guerra. Fu così che Gigi poté continuare gli studi universitari e laurearsi in Scienze Politiche. Di quel pezzo di carta ne andava fiero: «Solo come un cane» diceva. E senza spintarelle! Famelico, appunto tutti i giorni, e curvo sulla maggese dei libri nelle lunghissime notti fredde come il ghiaccio. Soltanto il chiarore d’una lucerna a olio che gli scaldava il cuore e gli illuminava le pagine! Si mise subito a scrivere per la Gazzetta, assunto come corrispondente. Apprezzato da tutti per lo stile inconfondibile. Originale. L’intervista a Don Antonio, unanimemente considerato il boss dei boss, il padrino per antonomasia, sarebbe stata sicuramente uno scoop. E chissà che non sarebbe stata riportata dalla tv e dai giornali del Nord! È vero. Molto si era scritto sulla ‘ndrangheta. Specialmente negli ultimi decenni, ma scrittori e giornalisti hanno solo descritto. Del reato hanno colto l’apparenza, raccontato il fatto. Nessuno ha saputo o voluto calarsi nel sociale, analizzare il fenomeno. Ancora s’insiste sulla protervia, sulla violenza, su un diverso DNA, sull’innato al punto che se ancora vivesse Cesare Lombroso taluni lo proporrebbero per un Nobel. Continuando così, sarebbe il caso di assegnarglielo post-mortem. Ma come si fa a far quadrare il suo pensiero con l’abbandono totale in cui il popolo calabrese versava e versa a tutt’oggi? Quando impera il degrado e la miseria, e per pasto si consuma la fame? Quando il quotidiano è costituito di sola disperazione? Di annullamento della dignità, di “divina maledizione”? Quando tutti, specie i fanciulli (come affermava il Prof. Iannopollo a distanza di poco tempo dalla sua elezione a sindaco della città) crescono contesi dalla strada e dalla galera? Come si fa? Che centra il brigante Vilella e la “fossetta occipitale” inventata dal Lombroso, le cui teorie, suffragate da quelle di Alfredo Niceforo e Giuseppe Sergi (quest’ultimi siciliani) sono ormai morte e seppellite…
e coperte di ridicolo. Gigi pensava che la crisi che ci attanaglia non è soltanto crisi di valori. Essa è consequenziale, generata da una crisi economica che si perde nei secoli. È la crisi del Sud ma è pure la crisi di tutti. Globale. Non è soltanto geopolitica. È piuttosto la crisi delle scelte, operata da uomini prezzolati, venduti. È la crisi della Scuola, della Chiesa, dei Tribunali. È la crisi della globalizzazione. Americana. Imperialistica. A questo punto omicidi, stragi, attentati, femminicidi, stupri, genocidi non sarebbero più lombrosiani, e il brigante Vilella e la sua terra sarebbero da scagionare. Ma come si fa, alla luce dei fatti, a far quadrare quel pensiero? Quanti briganti, oggi! Chi sono? Banchieri, petrolieri, politici… insomma lo Stato! Anzi, esso è il primo! Con le sue fauci, il suo apparato, i suoi partiti. Da un testo redatto dal dott. Marco Lagazzi si evince che giornalisti, scrittori e ricercatori, avendo tentato di ricostruire i principali momenti di una carriera criminale, scoprono un fattore importante, determinante: il fattore socio-culturale, e la stessa Commissione Antimafia, nei molteplici rapporti, ne conviene. Molte storie criminali, infatti, scaturiscono da umilissime origini, fertilissimo terreno per le prime piccole delinquenze comuni. Così, la cosiddetta “iniziazione” è cosa naturale, viene da sé. L’attribuzione di più alte funzioni e di maggiori responsabilità sono la fase successiva, la cui piattaforma consente di ampliare conoscenze, acquisire amicizie e protezione. Il settore dell’imprenditoria ne è campo necessario. Naturalmente dopo avere tessuto una rete di veli di finta onestà, di finti sorrisi, di finta umiltà. Insomma dopo i corsi accelerati di preparazione alla politica e alla falsa-politica. Un esempio. Giuseppe Genco Russo iniziò la sua carriera di criminale per una denuncia di furto. Rubò, infatti, dei suini. Si era nel 1921. Però non passò molto tempo che si ritrovò a capo di una organizzazione per la negoziazione di tante proprietà terriere. Lo stesso Joe Valachi, in un’intervista a Maas nel 1971, non si vergognò di dichiarare le sue umilissime origini ricordando povertà e umiliazioni. Anzi, considerava prodromica quell’esperienza per tutti i successi ottenuti nella carriera di killer e di boss. Raffaele Cutolo, nato a Ottaviano nel 1941, dichiarava al giornalista Giuseppe Marrazzo che suo padre era uno zappatore fittavolo e che per lunghi anni la famiglia era vissuta in condizioni estreme di povertà e miseria. Il punto di riferimento di Cutolo era naturalmente il capo dei camorristi del luogo, Alfredo Maisto il quale gestiva i rapporti tra la gente come si conviene a un “uomo d’onore”. Fu proprio Maisto a gestire la vicenda dello sfratto del padre di Cutolo dalle terre di un noto latifondista. La cosa, naturalmente, segnò positivamente il giovane Cutolo tanto da volerlo emulare e divenire così anch’egli “uomo del popolo”
La precisazione In settimana ho ricevuto una telefonata dalla Signora Vedova Malafarina che mi ha lasciato alquanto stupito. Le sue rimostranze riguardavano pricipalmente la foto del compianto e altrettanto stimato Gigi Malafarina, giornlista e redattore a suo tempo della Gazzetta del Sud, apparsa nel corpo del terzo capitolo del romanzo Guardatemi le spalle, attraverso la quale la Signora intravedeva una sorta di attinenza con gli scritti dell'indimenticabile Gigi e la trama del romanzo. Ritengo doveroso e opportuno precisare (anche per quei lettori che avessero probabilmente frainteso) che non esiste alcuna similitudine tra lo stimato giornalista Luigi Malafarina e il Gigi giornalista del romanzo. Quest'ultimo, casomai, sarei io, ossia l'autore, e mi permetto di suggerire, a chi avesse colto ingannevoli sfumature, di sostituire durante la lettura il Gigi della trama con Armando, che è il mio secondo nome. Del resto, citando la Gazzetta ho inteso omaggiare "quel foglio di Messina" sempre attento e puntuale agli accadimenti di carattere sociale verificatisi nel tempo, specie in Calabria. Non potevo certo menzionare il Corriere dei Piccoli! Tanto si doveva. L’autore, Avv. Cosimo Armando Figliomeni
CONFARTIGIANATOINAUGURA UN NUOVO ARTIGIANCASSA POINT A CAULONIA La Confartigianato di Reggio Calabria, consapevole della sempre maggiore richiesta di finanziamento da parte delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese, per poter dare immediata assistenza finanziaria alle imprese della fascia jonica reggina, ha inaugurato una nuova sede di Artigiancassa Point presso la Sede Zonale Confartigianato di Caulonia ubicata in Via Carlo Alberto dalla Chiesa n. 14 (Palazzo Bottari) - Tel. 0964/862403. Con l'apertura di questa nuova sede, l'Artigiancassa Point
Confartigianato è presente in modo più capillare sul territorio ed anche gli imprenditori del versante jonico reggino potranno essere assistiti nell'accesso al credito con professionalità e serietà. Sono tanti anni che le imprese, attraverso l'Artigiancassa Point Confartigianato, ottengono finanziamenti per far fronte alle esigenze finanziarie legate alla propria attività, superando quindi le difficoltà di accesso al credito, soprattutto in questo lungo e difficoltoso periodo di crisi economica .
RIVIERA
L'Artigiancassa Point di Caulonia sarà aperta al pubblico il Mercoledì dalle ore10,00 alle ore 12,30 e dalle ore 15,00 alle ore 18,00 Per ulteriori informazioni le imprese possono comunque contattare la sede Provinciale Confartigianato sita in Reggio Calabria Via Marvasi 8/C Tel. 0965/313000-312353 e-mail confartigianato.rc@libero.it Sito: www.confartigianato.rc.it
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DOMENICA 15 FEBBRAIO 15
“I giochi politici”prevaricano sulla “Buona Scuola”? L'IPSIA di Siderno presenta la sua offerta formativa rivolta al territorio della Locride. Pubblico delle grandi occasioni per l'OPEN DAY organizzato, nella serata di sabato 7 febbraio, dall'Istituto Professionale di Stato, Industria e Artigianato di Siderno. Un particolare successo ha riscosso la sfilata degli abiti confezionati e indossati dalle studentesse che frequentano l'indirizzo “moda e abbigliamento” dell'IPSIA. In coincidenza con il 15 febbraio, termine utile per effettuare le iscrizioni al primo anno della scuola secondaria superiore, l'IPSIA di Siderno ha inteso promuovere una serie di iniziative finalizzate a far conoscere la specificità e l'ampia articolazione della propria Offerta Formativa. I locali e i laboratori dell'IPSIA sono rimasti aperti fino a tarda sera al fine di consentire alle famiglie degli studenti interessati la conoscenza diretta dei vari indirizzi di studio che caratterizzano l'offerta didattica della Scuola. L'IPSIA di Siderno, con sede coordinata a Locri, oltre ai tradizionali percorsi a indirizzo elettronico, meccanico, chimico, abbigliamento e moda (sede di Siderno) e ad indirizzo elettrico, meccanico-termico e odontotecnico (sede di Locri), attivi da tempo, ha inteso portare all'attenzione dell'utenza le ulteriori opportunità concrete di inserimento nel mondo
del lavoro offerte dall'introduzione di altri due nuovi corsi di studio, ossia quello agrotecnico (presso la sede di Siderno) - nell'ambito dei servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale - e quello per il conseguimento della qualifica di ottico (presso la sede di Locri) - che affianca il corso odontotecnico nell'ambito del c.d.indirizzo dei servizi sociosanitari. L'IPSIA di Siderno che, nel corso degli anni, si è dotato di moderni laboratori scientifici e attrezzature tecnologiche
indispensabili per conferire efficacia all'azione formativa, è, altresì, sede d'esame e “Test Center” accreditato per la frequenza dei corsi finalizzati al conseguimento della certificazione delle competenze informatiche ECDL (c.d. patente europea per l'uso computer) e svolge da anni, in questo settore, una significativa attività attraverso corsi rivolti all'utenza interna ed esterna alla scuola. Al termine della serata il Dirigente scolastico dell'IPSIA - Gaetano Pedullà ha sottolineato che l'identità dell'istituto si caratterizza per una solida base di istruzione generale e tecnico professionale “che consente di sviluppare, in una dimensione operativa, i saperi e le competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del settore produttivo di riferimento” e ha, altresì, ringraziato vivamente gli studenti dei vari indirizzi di studio che, sotto la guida sapiente dei loro insegnanti, hanno condiviso un progetto e un'esperienza comune che, durante le varie giornate dedicate alle attività di orientamento, li ha visti uniti e accomunati non solo nel consolidare il senso di appartenenza a una scuola come l'IPSIA, ma anche a rendere visibile quanto interiorizzato e appreso attraverso lo studio e la pratica didattica quotidiana.
La notizia divulgata dagli Organi di stampa in merito al Dimensionamento scolastico della provincia di Reggio Calabria è stato “un fulmine a ciel sereno” per l’I.I.S. “U. Zanotti Bianco” di Marina di Gioiosa Jonica. L’Amministrazione comunale di Roccella Jonica propone al Consiglio provinciale, in prima istanza, (nota prot. n. 5856/c1 del 28/11/2014) la creazione di una Istituzione scolastica con sede legale presso il “ Mazzone” di Roccella Jonica, comprendente il Liceo Scientifico di Roccella, la sezione staccata del Liceo Scientifico di Gioiosa Jonica, la sede ITA di Caulonia e la sede ITC di Monasterace. Viste le delibere degli Amministratori locali di Caulonia e Monasterace di mantenere l’attuale “status” ( ITA di Caulonia e ITC di Monasterace associati all’ITT “Umberto Zanotti Bianco”), l’Amministrazione comunale di Roccella Jonica propone al Consiglio provinciale, in alternativa, che gli Istituti Superiori Liceo Scientifico “Pietro Mazzone” e Istituto Tecnico Industriale “Ettore Maiorana”, siano accorpati sotto un’unica Dirigenza. Il 29 Gennaio u.s. il Consiglio provinciale di Reggio Calabria si riunisce per discutere il piano relativo alla “Razionalizzazione della rete scolastica e dell’offerta formativa della regione Calabria” e accoglie favorevolmente la suddetta richiesta, ignorando gli indirizzi regionali per la programmazione della rete scolastica e dell’offerta formativa della regione Calabria: l’unificazione degli Istituti di II grado, si realizza, prioritariamente, tra Istituti della medesima tipologia; in ciascun Istituto di Istruzione di II grado dovranno funzionare indirizzi quanto più possibile omogenei; gli indirizzi decorrono a partire dall’anno scolastico 2011/2012 fino all’anno scolastico 2015/2016. La suddetta decisione ha ignorato totalmente la delibera del Consiglio provinciale (n. 428 del 12/12/2011 con Deliberazione della Giunta regionale n. 47 del 10/02/2012) che applicava quanto sopra detto e, tenendo conto soprattutto della valenza educativo – didattica, dava vita ad un unico Istituto nell’ambito dell’Istruzione tecnica. Null’altro si è fatto se non applicare, pienamente, la Riforma della Scuola Secondaria Superiore,
che ha come obiettivo quello di associare tipologie di scuole omogenee. Ciò consente di avere “un idem pensare” in merito all’offerta formativa, altrettanto non si può dire se si procede all’aggregazione di due scuole il cui piano di studi è lontano anni luce. L’identità dei quattro Istituti Tecnici aggregati dal precedente piano provinciale, ha consentito in un territorio socialmente difficile di far acquisire agli studenti saperi e competenze, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, necessarie per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l’accesso all’Università. In questa ottica l’offerta formativa delle quattro sedi è stata nel corso di questi anni così arricchita: l’Istituto Tecnico Industriale con un nuovo indirizzo: Chimica, Materiali e Biotecnologie, Trasporti e logistica; l’Istituto Tecnico Commerciale di Monasterace con l’istituzione dell’indirizzo turistico; l’Istituto Tecnico per il Turismo di Marina di Gioiosa con l’introduzione di una quarta lingua straniera, lo spagnolo. Si chiede, pertanto, di voler riesaminare la proposta accolta dal Presidente Giuseppe Raffa e ratificata dal Consiglio provinciale, tenendo in giusto conto la valenza formativa che l’attuale Istituzione scolastica ha per gli studenti della Locride. Ci si permette, inoltre, di far notare che l’attuale proposta di dimensionamento non è stata dettata dalla logica del “Risparmio” (una Dirigenza ha un costo superiore ad una Reggenza), ma esclusivamente da quella “politica”, come si evince dalle parole dell’assessore Bruna Falcone di Roccella Jonica, riportate sul sito del settimanale “Riviera” il 29/01/2015: “La notizia della riconquistata autonomia del Liceo “ Mazzone” di Roccella rappresenta una vittoria politica della nostra Amministrazione…” e ancora “Ringrazio il Consiglio provinciale ed in modo particolare il Presidente Giuseppe Raffa ed il consigliere Campisi per la sensibilità e la disponibilità dimostrata verso le esigenze degli Amministratori di questo territorio, che hanno permesso di valorizzare, nuovamente, in tema di autonomia scolastica, la cittadina di Roccella” . Una “ vittoria politica”, dunque e non certamente una “ vittoria” per la Scuola!
LA POLEMICA
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Vogliamo equipararci a porci, capre, cinghiali, vacche e altre bestie che, pur senza avere il tesserino, s'abbuffano di funghi a scassapanza MARIO NIRTA
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MARIO NIRTA, SCRITTORE DI SAN LUCA, È SECONDO ALCUNI CRITICI UNO DEI PIÙ INTERESSANTI TALENTI TRA GLI SCRITTORI DELL’ULTIMA GENERAZIONE. LA SUA PROSA NITIDA E DIRETTA, CHE NON TIENE PER NIENTE CONTO DEGLI INSEGNAMENTI DEGLI AUTORI DEL PASSATO, LO PORTA QUASI A DIALOGARE CON IL LETTORE, ESSENDO IL PREGIO DELLA SUA SCRITTURA L’ESTREMA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE, IL RAFFINATO USO DEL SUO RICCO VOCABOLARIO ED IL PERIODARE SCIOLTO, QUASI MUSICALE, E DENSO NELLO STESSO TEMPO.
uando Dio creò Adamo io non c'ero. Ed è inutile che gli amici mi sfotticchino “dai, non fare il modesto, sforzati di ricordare meglio, ecc… ecc… perché non c'ero proprio. E se non ci credete, vi porto anche i testimoni. Però, da certi libri ho appurato che Dio, dopo aver creato Adamo, gli fece sfilare vicino tutti gli animali, lo esortò a imporre loro un nome, e poi gli suggerì di cibarsi delle loro carni, escluse quelle di alcuni che avevano il piede fesso o non so che altro. Quello che però so di sicuro è che fra le bestioline vietate non c'erano le gazze ladre e soprattutto non c'era il ghiro. Invece da un po' di tempo a questa parte, alcuni nostri governanti, evidentemente convinti di saperne più di Dio, hanno inserito tra le specie protette, oltre a tanti altri animali sulla cui utilità nutro fieri dubbi, anche le gazze ladre e il ghiro. Ora, io capisco l'occhio di riguardo dei nostri legislatori per le gazze ladre perché, quando sentono odore di furto, in essi scatta una specie di spirito di corpo che li spinge all'autodifesa. E son disposto per riguardo a questi signori a definire cleptomani anziché ladre quelle gazze che mi hanno fregato tre kg di semi di fave, da me ben interrati e che tradotti in moneta fanno circa trenta euro. Ma dico, santo Dio, perché proteggere anche il ghiro che magari sarà pure un dormiglione, ma non è certo un ladro? E allora per qual mai motivo, se non c'è alcun spirito di corpo, i furfanti al potere ne vietano la caccia, violentando la sacralità dell'Aspromonte, i nostri diritti e soprattutto i nostri costumi? E non mi si venga a dire che sono un antianimalista, perché vivono alle mie spalle ben sedici gatti. E quando giorni fa mi è morto Mollichino non riuscivo a darmi pace. Certo, Mollichino era nato male, sfortunato e brutto da fare schifo, ma che volete farci, io gli volevo lo stesso un bene dell'anima. Quindi, se qualcuno vuole darmi lezioni in questo senso deve allevare almeno trentadue gatti e piangere, se gliene muore qualcuno, come ho pianto io quando mi è morto Gheddafino, che adesso ha la sua tomba là vicino all'orto, sulla quale mia moglie, sapendo di farmi un piacere, ha piantato una croce di legno. E se a qualcuno ciò sembra esagerato, me ne sbatto. Torniamo a noi. Secondo me Dio, giudicando piuttosto arido quest'estremo lembo di Calabria, decise di fargli un gran dono e creò l'Aspromonte dotandolo di ogni bene. Un bene che provenendo da Lui non poteva essere che un ben di Dio del quale - del bene, non di Dio - invece di godere tutti gli Aspromontani come succedeva da sempre, godono alcuni politicanti che se ne stanno appropriando con leggi a capocchia. Perciò, mi sento defraudato di quella porzione d'Aspromonte che tocca, per legge naturale direi, a tutti coloro che sono nati nei suoi pressi, abituati da sempre a viverlo perché l'Aspromonte non lo si percorre, non lo si scala, non lo si visita, ma lo si vive e lo si respira. E, piaccia o no, non può essere capito da chi non ci è nato perché non è solo un massiccio montuoso ecc… ecc… ma è, almeno per noi, un sentimento, una sensazione, una religione, un profumo antico, che sa di mito greco e di arcaiche divinità silvane, e che per quanto antico ci resterà addosso per tutta la vita. È un mondo magico l'Aspromonte, con la sua storia, le sue leggende e soprattutto con i suoi doni. Quei doni che ci ha sempre elargito generosamente salvandoci, specie durante le ultime guerre, dalla fame più nera e che ora alcuni legislatori ci stanno togliendo, violentando in una sola volta la legge di natura e i nostri diritti. È il solito carrozzone impiantato per derubarci, anche perché l'Aspromonte ha tirato avanti per milioni di anni senza di loro e, se lasciato in pace, pare seriamen-
Ridat
L’aspr
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teci
te intenzionato a continuare. Ah, quanto voglio bene a questo Gran Padre che ci dava legna per il focolare, ghiande per i maiali, verdure di ogni genere, poi castagne e selvaggina varia. I ghiri e i funghi erano i suoi doni più ricercati. Siamo cresciuti cacciandoli e mangiandoli perché facevano parte di una nostra dieta in un certo senso obbligata, che per quanto non molto varia, non intendiamo assolutamente cambiare. Ma adesso ci sono vietati i ghiri - che fanno parte non solo della nostra gastronomia, ma addirittura della nostra civiltà, così come le capre - che da noi non rischiano certo l'estinzione come si vuol far credere, perché da sempre i nostri pastori dopo la festa di Polsi smettono di cacciarle per diversi mesi dando loro il tempo di riprodursi. E poi, quale rischio d'estinzione può correre il ghiro se ormai molti giovani lo disdegnano e se al Nord sta provocando danni consistenti? Attenti a non sbagliare come per i cinghiali, i lupi e gli orsi che ora la fanno da padroni. A parte ciò, la cosa che più mi irrita è il tesserino per la caccia ai funghi, l'ennesima tassa sulla quale mangeranno i soliti noti che ci prescrivono di non raccogliere più di un tot chili di funghi, a meno di non esse-
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re commercianti o imprenditori del settore. Insomma, dobbiamo andare a funghi col bilancino. E se c'imbattiamo in una di quelle super “locate” di porcini che vivranno a lungo nella nostra memoria, dobbiamo coglierne un piccolo quantitativo e lasciare il resto. Naturalmente, in questo caso ce ne strafotteremo dei divieti ingiusti e li raccoglieremo tutti perché sono nostri e non di quanti si sono occupati dell'Aspromonte solo per depredarlo e infangarlo. Il Gran Padre è della gente che ci vive, è della gente che lo ama come i miei amici Arturo Rocca e Sebastiano Stranges Ellesmere, e non di chi approfitta di istituzioni varie per bagordarvi. Ma siccome lottare contro di loro è inutile perché protetti da leggi, leggine, emendamenti e altre stronzate del genere, a noi poveri sudditi non resta che supplicarli di equipararci a porci, capre, cinghiali, vacche e altre bestie che, pur senza avere il tesserino, s'abbuffano di funghi a scassapanza. Per cui, illustri geni della frode, noi umili Aspromontani vi preghiamo di concederci la parità con gli animali succitati. Se non lo farete, pazienza, nessuno vi mangerà. Anche perché il difficile non è mangiarvi, macché, il difficile è riuscire a digerirvi.
romonte Ghiri vietati, tesserino per i funghi: si continua a non capire che l’Aspromonte è un sentimento, una sensazione, una religione più che un massiccio montuoso
RIVIERA
Il folk comico calabrese entra in carcere Il
cabarettista sidernese Saverino Pasqualino, noto al grande pubblico grazie al suo personaggio di “Nonna Cata", ha fatto visita, nel pomeriggio dell'11 febbraio, alla casa circondariale di Locri in compagnia dei due musicisti Ciccio Carere e Maurizio Politanò. I tre, grazie alle proprie brillanti qualità, hanno messo in scena uno spettacolo folk comico tipicamente calabrese che, con il suo mix di comicità e musica, ha permesso a tutti i detenuti di dimenticare, almeno per qualche ora, la propria condizione di carcerati. «È stato uno spettacolo piacevolissimo, che si è inserito perfettamente nell'ottica delle attività di svago previste dal nostro carcere - ha affermato il vice commissario Caterina Pacileo, sottolineando come, nonostante la
CULTURA E SOCIETA’
Pillole
Naturopatiche A cura di: Patrizia Pellegrini Naturopata Bioterapia Nutrizionale® Presidente Associazione Culturale Tone
Centrifugati per la salute dalle raccolte dell’orto d’inverno Attraverso due elettrodomestici è possibile ottenere succhi da quasi tutte le varietà di frutta e verdura, permettendo il consumo di ortaggi crudi che vengono solitamente mangiati solo cotti, come nel caso dei broccoli. Esistono delle sostanziali differenze tra centrifughe ed estrattori da valutare prima di procedere nell'acquisto della macchina, a seconda delle proprie esigenze. CENTRIFUGA Le centrifughe, attraverso rotazioni ad alta velocità, sono in grado di separare il succo della frutta o della verdura dalla polpa (fibra). La frammentazione della frutta e della verdura, nonché l'elevato numero di giri della centrifuga può compromettere, in parte, il valore nutrizionale degli alimenti utilizzati. ESTRATTORE L'estrattore è un elettrodomestico di dimensioni simili alla centrifuga ma a differenza della centrifuga consente di ottenere succhi dalla frutta e dalla verdura macinandola con movimenti simili alla masticazione. Rispetto alle centrifughe, gli estrattori lavorano a velocità inferiori, sono più silenziosi e sono in grado di estrarre quantità maggiori di succo producendo meno scarto. Oltre ad essere più efficiente rispetto a una centrifuga, uno dei vantaggi maggiori dell'estrattore è quello di essere in grado di estrarre il succo anche da verdure a foglia, come spinaci, erbe aromatiche. Inoltre, la pulizia dell'estrattore risulta più semplice e veloce rispetto a quella della centrifuga. Lo svantaggio degli estrattori è senza dubbio il prezzo, più elevato di una centrifuga. Gli estrattori impiegano più tempo rispetto alle centrifughe per estrarre il succo. Una centrifuga impiega circa 2 minuti, contro i 10/15 minuti di un estrattore. L'estrattore di succhi a freddo permette, però, di ottenere succhi migliori, più completi, più ricchi in nutrienti rispetto alla centrifuga. I centrifugati o i succhi estratti a freddo consentono di assumere molecole e nutrienti attivi nell'intestino, a recuperare una migliore funzionalità intestinale modulando il microbiota (organo composto da miliardi di batteri e comunità microbiche ubicate in prevalenza nel colon). Si sta studiando il rapporto tra microbiota intestinale e obesità. Consiglio di unire la verdura fresca con la frutta e procedere a una centrifuga o meglio ad estrarre un succo per apportare polifenoli, flavonoidi, antocianine, rutina, sulforafano, resveratrolo… e tante altre molecole attive in positivo sui batteri intestinali e su tutte le nostre cellule. Queste molecole vegetali sono essenziali perché agiscono sul nostro DNA, proteggendolo. Consiglio centrifugati ed estratti vegetali soprattutto a chi non mangia frutta e verdura, come succede in molte famiglie.
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direttrice, Patrizia Delfino, sia sempre disponibile a sponsorizzare e appoggiare questo tipo di attività, in questa occasione l'iniziativa è stata presa proprio dagli artisti. - Utilizzare la nostra “area trattamentale” per questo tipo di spettacoli, che concedono, per usare facile ironia, un momento di evasione ai detenuti, è veramente il modo migliore per fare loro trascorrere il tempo, motivo per il quale speriamo di poter organizzare quanto prima un nuovo appuntamento con le stesse caratteristiche». E Saverino, che ha detto essere stato “bellissimo vederli sorridere”, ha già dichiarato di avere bisogno solo del tempo di riorganizzare il gruppo prima di presentarsi nuovamente con un nuovo spettacolo. (J.G.)
Teti racconta il giovane
Corrado Alvaro A Locri presentato il libro Donzelli “Un paese ed altri scritti giovanili (1911-1916)”
I
n occasione della pubblicazione da parte della casa editrice Donzelli di un volume di scritti minori e di carteggi tra Corrado Alvaro e suoi amici (tra cui spicca Domenico Lico), la città di Locri ha onorato la figura di uno dei nostri massimi scrittori con un importante convegno svoltosi l'11 febbraio, presso il Palazzo della Cultura. Il volume è stato presentato da Vito Teti, professore e antropologo, che ne ha anche curato l'edizione. Sono intervenuti Domenico Logozzo, giornalista RAI, e la stessa assessore Anna Sofia, che ha fortemente voluto l'evento. Ha letto alcuni brani il professore Francesco Nicita, con il suo magistrale tono dolce e fiabesco, che ha dato corpo alla scabra dimensione alvariana. Ha coordinato la serata la giornalista Maria Teresa D'Agostino, che sempre più, in questi anni, è diventata un cardine della vita culturale locridea e calabrese. Presente in sala Maria Saccà, scrittrice, saggista ed erede degli scritti alvariani. Il volume, dal titolo “Un paese ed altri scritti giovanili (1911-1916)”, ha certamente uno spirito conservativo e ha fornito preziose e importanti informazioni su un Corrado Alvaro giovane, ribelle, precoce nelle letture e nel trovare la sua dimensione stilistica, già impegnato in politica. Irredentista, fautore della guerra contro l'Austria, tuttavia democratico, antimonarchico e antifascista, Alvaro aveva il temperamento del leader, tanto che si pose a capo di uno sciopero di studenti, finendo addirittura in cella per una notte. Molti, tra cui la Banderuola Umana (al secolo Bruno Vespa) hanno accusato Alvaro di non essersi apertamente dichiarato antifascista. Di certo Alvaro non fece di questa causa una militanza, ma si dichiarò sempre e in maniera diretta contro il fascismo, tanto che la
sua firma compare tra quelle dei molti intellettuali che sottoscrissero il Manifesto Antifascista di Benedetto Croce. Dopo aver terminato l'excursus del volume, Teti si pone una domanda: “Perché celebriamo le nostre bellezze senza conoscerle (precisa che tra i suoi studenti il 90 per cento non ha mai sentito parlare di Corrado Alvaro), ci riempiamo la bocca delle nostre glorie, ma queste non si tramutano in ricchezza materiale?” La risposta, per il professore, è nella disonestà, nell'ignoranza e nella corruttela di una classe politica locale che non è stata in grado di fare gli interessi del territorio. Dispiace a chi scrive che dopo aver citato e ricordato con affetto -tra gli altri-
Nicola Zitara, Teti si dia una risposta così superficiale e “italiana”, e senza dubbio parziale. Naturalmente le colpe della nostra classe dirigente, dei “colletti bianchi”, del ceto politico, sono enormi e credo incolmabili, ma non bisogna dimenticare che questi soggetti hanno sempre fatto parte di una dinamica strettamente funzionale all'interesse di una sola parte della penisola: il Nord. La presentazione del libro di Alvaro si propone di essere una delle prime di un anno ricco di numerose iniziative culturali. L'assessore Sofia ne ha brevemente citate alcune: il rilancio della biblioteca, una mostra mercato del libro e fiera dell'editoria. Tutto avente come fulcro la lettura, sin dalla più giovane età. Lidia Zitara
'a Notti Santa, un racconto di Franco Blefari Tutto è terribilmente spietato nella sacra rappresentazione 'a Notti Santa del poeta di Benestare Franco Blefari. E innanzitutto è spietato Dio che nella sua somma sapienza ha scelto di inviare l'angelo Gabriele ad annunciare a una fanciulla di Nazareth che resterà incinta per virtù dello Spirito Santo e che partorirà un figlio che dovrà chiamare Gesù. Franco Blefari, naturalmente, vede le cose in maniera diversa, com'è giusto che sia, e traccia una linea di svolgimento che non si allontana da quella della Chiesa e dalla Verità. Il mondo è pieno di Dio. Il mondo ama Dio così come Dio ama il mondo. La fanciulla di Nazareth pro-
messa sposa a Giuseppe, non trema, non si sgomenta, non ribatte alla Volontà del Signore e accetta con generosa spontaneità questo “scorno”, forse, o questa volontà del Signore, a cui la giovane è devota. È confusa, cioè piena di grazia divina la ragazza. Il suo pensiero corre ai genitori e al promesso sposo. La vergogna la sfiora e la turba appena. Dio vuole così, sia fatta la sua volontà. E Maria va da Elisabetta, anche lei incinta oltre ogni limite che consente a una donna di restare incinta e partorire. Scorre in questo incontro l'umanità dei puri, degli scelti, dell'umiltà piena vera culla di Dio sulla terra. Ma Maria parla come una saggia: è già piena e gonfia di Spirito Santo. Il poeta si è prostrato davanti all'enigma e è preso dalla sua funzione. E Blefari, si capisce, anche per distanza di tempo, non è Jacopone da Todi, il Giullare di Dio, il magnifico autore de Il pianto della Madonna. Franco Blefari è il poeta della semplicità e del discorso saggio e diretto: quello che è nelle cose e
nei fatti. Non si accora, non grida, non s'intenerisce più di tanto. Jacopone flagella lo spazio per raggiungere il suo Dio, Franco Blefari lo percorre con umiltà e naturalezza. Piacciono entrambi, ma l'Oggi non può ignorare lo Ieri. La stravaganza di Dio giunge in sogno a Giuseppe, che piega la testa e accoglie in sé la volontà Divina. Il Matrimonio tra Maria e Giuseppe è un altro pugno nell'occhio nell'economia del racconto. Il rito antico risorge e commuove ancora, anche se oggi stiamo sperimentando le convivenze. Gesù bussa alla pura femminilità di Maria lungo il viaggio a Bethlem per il censimento. È Notte. È l'Ora. Finiscono in una mangiatoia, dove giungono la Stella Cometa, i Re Magi, gli angeli, i pastori, la fede degli uomini. La festa è tutta quanta lì, nel respiro caldo dell'asino e della mucca. Nella gioia scoppiata nel cuore dei buoni. Scende la neve, si ovattano i rumori. Viene al mondo il Figlio di Dio. Per gli uomini è nato il Dio Umiltà, il Dio Amore. Il poeta questo racconto l'ha tirato fuori dal petto, dalla sua commozione, forse anche dalla sua bontà. Va celebrato anche per questo il poeta di Benestare, che chiude il suo volume con magnifiche poesie sulla Chiesa: Ecclesia. Una Comunità nuova. Siamo con il poeta presso la Mangiatoia. Carlo A. Pascale
RIVIERA
LA ROSA DEIVENTI (mini rubrica a cura di Maria Verdiglione)
COSA PUÒ SUCCEDERE IN UN DESERTO
Questa volta puntiamo verso la via dei cammelli. Cosa conterranno le due gobbe che portano sul dorso questi animali? Acqua? No. Grasso, la loro risorsa di energia. Certamente bevono acqua, solo che viene distribuita lungo tutto il corpo, in particolare scorre lungo il flusso sanguigno per evitare la disidratazione, visto che vivono in luoghi piuttosto "bollenti". Quando bevono, però, non scherzano davvero. Ingoiano in una sola volta circa 230 litri di acqua, per cui possono evitare di fare "rifornimento" per sette giorni. Ma la curiosità è questa: vedete come i cammelli sembrano calmi, docili, pazienti? Non è per niente così. Loro detestano il cammelliere e sono capaci di accumulare un'ira furibonda. Piano piano, giorno dopo giorno, fino a che, a un certo punto, esplodono. Il cammelliere, però, si accorge in tempo del mutamento d'umore e che fa? Prende il proprio mantello e lo butta addosso al quadrupede il quale, una volta avutolo fra le zampe, gli salta sopra, lo calpesta, lo riduce a brandelli. Completata l'opera, "la nave del deserto" torna tranquilla e l'armonia tra uomo e animale è ristabilita, in attesa della… prossima sfuriata.
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“La piccola estate”,
un soffio travolgente d’incanto F rodo nella casa di Tom Bombadil. Si sente così la protagonista di una “Piccola estate” quando è circondata dalle sue piante. È una ragazza che crede ancora nel sacro valore dell’amicizia, che non si è lasciata stritolare dal grigiore della vita e alla quale le persone non interessano solo perché possono darle qualcosa. Un po’ come Lidia Zitara. Anzi molto più di un po’. Lidia fa parte di quella generazione cresciuta pensando che “nel 1999 avremmo avuto una base lunare, nel 2020 saremmo andati su Marte e nel 2050 non ci sarebbe stata più la fame e saremmo stati tutti uguali, e invece non è così”. Si avverte l’ebbrezza di questo disincanto nel nuovo romanzo di Lidia Zitara. Ma si percepisce anche – ed è assai gratificante annusarlo – quel velo di polvere magica dell’incanto. Sei tu l’Innominata della “Piccola estate”, la ricca signora che parte per la Provenza, la Bretagna o la Normandia? In un contesto onirico, sì. Ma c’è uno sdoppiamento... Con la narratrice? Lei quanto ha di te? Tantissimo. Non sono esattamente come lei, per me la vita non è così amara. Lei si romanza ogni cosa, persino gli insucessi e gli amori mancati. Vive in un mondo che si è costruita lei: guarda le persone ma non ci parla; pensa di capirle ma dietro, probabilmente, c’è molto di più di quanto lei veda. Ti piacciono le piante perchè le puoi sfoltire, spuntare, sfrascare come vuoi tu, al contrario delle persone? No, le piante sono molto più incontrollabili delle persone. Questo è un falso mito. Le piante, se non sono curate adeguatamente, muoiono. Tu le devi capire, sei schiavo delle piante. Il giardino d’estate è un vero supplizio... e d’inverno? Il giardino d’inverno è il giardino della progettazione, perchè c’è meno fogliame e ti puoi sbizzarrire. Progetti puntualmente disattesi in primavera perchè per avere un giardino servono i soldi, il giardino è per ricchi. Per chi è al verde c’è il davanzale! O il vaso che arricchisce la porta d’ingresso. Il giardino è un lusso. Riconosci davvero gli alberi dal fruscio del vento tra i rami? Si, quando soffia il vento tra i rami dell’avocado sembra che ci passi un topo; il pioppo lo riconosci perchè è un mormorio continuo, come di pioggia; l’avocado poi fa uno scroscio tremendo, sembra ci sia il terremoto; la quercia, invece, ha un fruscio molto debole; il brusio degli agrumeti è sommesso, profondo, continuo. Che bulbi non dovrebbe mai regalarti un uomo? Intanto se un uomo si presentasse con dei bulbi io quasi quasi me lo sposerei. Io adoro i bulbi: sono uova di pasqua da cui esce il fiore. Forse non dovrebbe regalarmi un bulbo difficile da curare, come l’Hippeastrum, che però amo tan-
tissimo. E invece quale fiore non dovrebbe mai regalarti? La rosa rossa di San Valentino, tragedia! La mimosa, tragedia! “Le spine delle Bougainville sono dolorosissime quando entrano ma hanno di buono che escono facilmente”. Le spine che procurano le persone, invece, sono come quelle delle rose? Si fa fatica ad estrarle? Sai i veterani che sono pieni di segni di pallottole o di ferite: se mi scansioni ne trovi diversi anche su di me. Ma preferisco essere così, un po’ credulona e non troppo sospettosa nei confronti degli altri, spendermi un po’ di più, anche se a vuoto, e tenermi la spina. “Fare conversazione non è quasi mai un problema per me, in genere capisco cosa le persone vogliono sentirsi chiedere”. Riesci a capire anche cosa sto per domandarti? Vuoi sapere quali sono le spine che non riesco a togliermi? Hai colto in pieno. Lucio è una di queste? Esiste davvero questa “incarnazione di faraone egizio”? Si, è una megacotta che mi presi per un ragazzo che ho visto una volta sola. Lo incontrai sul forum “Compagnia del giardinaggio”, si chiama Maurizio Usai, un affermato giovane paesaggista. È molto più giovane di me e quando scriveva sul forum aveva una capacità affabulatoria straordinaria. Il contributo che lui e altre poche persone hanno dato al forum ha letteralmente costruito il gusto del giardinaggio in Italia in questi ultimi dieci anni. È stato un tastemaker, ovvero un creatore di gusto, ma l’ha fatto sempre con grande discrezione e con grande generosità. Tu scrivi, però,
che si circondava di persone per usarle... Sì, ne ho amplificato i difetti per evidenziare la delusione di questa protagonista che si sente abbandonata. Il giardino che questi ragazzi recuperano è una metafora del sito del giardinaggio. Maurizio lo utilizzò come una vetrina però alla fine non credo lo si possa tacciare di egoismo. E quando ha letto il romanzo non se l’è presa al contrario di Luca e Matteo. Quest’ultimo mi disse “Avanzi un pugno”, Vincenzo mi ha cancellato dagli amici di Facebook, Emilio mi ha mandato a quel paese. E io che ho scritto questo libro anche per celebrare la nostra amicizia… Nel romanzo parli di questo abbandono da parte degli amici, l’avevi già previsto? Noi della Compagnia del giardinaggio c’eravamo già dispersi prima. Io soffrivo perché per me sono stati degli amici veri, senza averli mai visti, molto più veri di tante persone che ho incontrato nella realtà. Quelli che ho ritrovato su fb sono persone in mezzo agli altri; sul forum noi abbiamo fatto qualcosa di veramente grande, per la nostra amicizia e per il giardinaggio italiano, e poi però abbiamo perduto tutto. “Ero ingenuamente convinta che per ognuno di noi il grado ultimo della felicità fosse stare insieme, e che stare insieme equivalesse automaticamente a stare bene”. Perché usi l’imperfetto? Io Lidia pensavo che lo stare insieme su questo forum portasse automaticamente in uno stato di felicità, invece no, perché gli altri avevano le loro vite, ero io che non avevo la mia. Era lei, la protagonista, che non aveva la vita sua: questa vive la vita degli altri, vive la vita di Pina, di Anna, di Federica ma la sua non riesce a viverla. Poi scrivi, però, riferendoti a Federica “Avevo bisogno di sapere che si sarebbe ricordata di me”... Sì, io ho bisogno che si ricordino di me perché io mi ricordo degli altri, io mi ricordo delle amicizie che avevo alle elementari. Stefania, Itala, Angelina sono ragazze della mia età che ho conosciuto alle elementari; Anna Grazia che si è sposata e non mi ha invitata esiste davvero, e pensare che eravamo come sorelle! A quel punto cosa pensi di te? Non ho lasciato niente nella vita degli altri? Non pensi, semplicemente, che gli altri non sappiano apprezzare la tua amicizia? Sì, penso anche questo, però inevitabilmente finisci col sentirti frustrata, un po’ incapace di lasciare qualcosa negli altri. Eppure io sono un tipo espansivo, affettuoso, solidale... se arrivasse la mia compagna delle elementari e mi dicesse “Lidia, sono 30 anni che non ci vediamo, ho bisogno di aiuto”, io sarei pronta ad aiutarla. Sei più fiera di saper ridere o di saper piangere? Di saper ridere. Io non piango tanto. Però verso la fine scrivi “sono l’unica che ha le lacrime per piangere per tutti noi” e lo consideri un privilegio… Sì, perché ho pianto raccontando questa amicizia,vera, che mi faceva stare bene. Ma a quanto pare a rimpiangerla sono solo io. Che fiore è la tua vita? Un’edera anche se i suoi fiori non sono così belli. Ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa... Maria Giovanna Cogliandro
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RIVIERA
TRADIZIONI
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Che fine hanno fatto le farse di Carnevale? Oggi è davvero raro rintracciare qualcuno che si dedichi alla scrittura di farse, quelle farse che un tempo, oltre a deridere, attraverso la satira e il riso insegnavano tanto.
“Siamo quello che ricordiamo, ma cosa racconteremo? Di quanto eravamo furbi a trovare un Wi fi senza rete protetta, o in quanti milioni di rate abbiamo diviso l'importo del nostro fiammante iPhone?”
Molto probabilmente, come viene raccontato nei libri di Giovanni Sole, i viaggiatori che arrivavano in Calabria, terra di bellezze e di rovine - tanto per citare Vito Teti ritrovavano tutto quello che le leggende metropolitane riportavano a gran voce. Anzi, erano gli stessi viaggiatori, che nei loro diari di viaggio, amplificavano i racconti, per sbalordire i lettori. Stando ai topói dei viaggiatori: gli
nero il primato di gente violenta, inospitale e analfabeta. Ovviamente a tutto vi era una spiegazione: vestivano di nero perché lavoravano nei campi, e il bianco non era appropriato, ed erano chiusi, perché diffidenti nei confronti delle novità, cioè nei confronti di gente che li osservava con alterigia per descriverli. La verità, ad oggi, è che i calabresi hanno un ricco patrimonio culturale che si fonda sulla tradizione, e sulla
uomini e le donne calabresi vestivano sempre di nero, perché erano cupi, e caratterialmente chiusi. Il nero poi, richiamava il lutto. Il lutto, il sangue. Il sangue, la vendetta. Poi allibiti, questi nobili erranti, descrivevano la pratica delle donne chiamate appositamente per i lamenti durante i funerali, o quella strana rappresentazione che in occasione della Pasqua, ripercorreva le sofferenze del Cristo messo in croce. Così generazioni di calabresi nel Settecento e nell'Ottocento, deten-
trasmissione degli usi e dei costumi, alle generazioni future. Di commedie di origine popolare, erano maestri eccelsi i romani, e ancor prima i greci. E i calabresi, degni discendenti, hanno mantenuto la tradizione. Così il carnevale, ricorrenza religiosa ma ormai commercializzata, divenne un modo per mettere in scena i "tipi" popolari più simpatici. La trama, in generale veniva scritta da gente di poca cultura, ma che "ci sapeva fare", e faceva divertire un pubblico che spesso si identificava nei protagonisti.
Carnevale condannato a morte, e questo era l'ingrediente immancabile della farsa. Ma intorno alla storia di Carnevale, si dipanavano storielle popolari, che, a poco a poco, conquistavano il centro della scena. È il riscatto sociale del popolo, che si riappropria della vita e della libertà, troppo spesso usurpata dai potenti. Quasi come le tarantolate, che nel Salento, fingendo di essere morse dal ragno, simulavano crisi isteriche, per riappropriarsi del loro corpo e affermare la loro presenza, contro mariti troppo gelosi o matrimoni combinati. Oggi, solo chi fortemente crede nelle proprie radici, si dedica alla scrittura di farse, come il caso, forse singolare, del sidernese Salvatore Mazzitelli, che inscenerà, domenica e martedì, la farsa nata dalla sua penna, dal titolo "U sazio non canusci u dijuni". Una satira politica che punta il dito contro la sanità, le ferrovie, lo stato. "Siamo quello che ricordiamo", disse una volta qualcuno. E noi oggi, ricordiamo ben poco. Le farse di quando ero piccola, che venivano inscenate nelle case e che erano motivo di forte aggregazione, hanno lasciato lo spazio a qualcosa di consumistico e di materiale. Ed anche il dolce tipico del carnevale ha lasciato troppo spazio, al nulla. Sì, al nulla. Le chiacchiere fanno ingrassare, e noi non abbiamo tempo per socializzare, siamo troppo impegnati. Che cosa racconteremo? Di quanto eravamo furbi a trovare un Wi fi senza rete protetta, o in quanti milioni di rate abbiamo diviso l'importo del nostro fiammante iPhone? Abbiamo ascoltato dai nostri nonni storie incantate e meravigliose, gente che senza soldi, rideva e si divertiva, gente che stremata dal lavoro, ospitava in casa le farse, per ridere a crepapelle insieme agli amici. E noi? Racconteremo, forse, quello che una volta, da qualcuno c'era stato raccontato? Sara Leone
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Uomini, almeno a Carnevale, travestitevi da uomini! Vi ricordate gli uomini forti, possenti, virili, quelli con braccia e gambe pelose, quelli che non “devono chiedere mai”? Scordateveli! Sono solo un felice e arrapante ricordo. L'immagine di quell'uomo che alle undici e mezza beveva Coca Light non è che un'utopia femminile, generata da una multinazionale che pur di vendere il prodotto negli anni 90', illudeva le povere ventenni dell'esistenza di un magnifico essere, muscoloso, sudato e sopratutto lavoratore. Un tempo gli uomini aspettavano Carnevale per indossare improponibili minigonne e cospargersi di fondotinta e cremine antiage, dopo aver eliminato i peli superflui. Adesso lo fanno sempre. Uomini, per pietà, questo Carnevale travestitevi da uomini! Li vedi in giro con braccia e gambe depilate, petto e addome liscio, ascelle morbide. E il cervello? Dimenticato sotto la lampada dall'estetista. Non mi riferisco agli omosessuali, ovviamente loro hanno uno stile di vita congruente ai loro gusti, ma parlo di quelli che si definiscono dei veri maschioni, dei latin lovers d'altri tempi, quelli che raccontano all'amico di farsene una a sera... sì, di manicure! Gli uomini di oggi sono così vanitosi che persino Narciso sarebbe sopraffatto da conati di vomito. Nei locali, per strada, nei centri commerciali rischi di imbatterti in strani esemplari dalle sopracciglia perfette: ad ali di gabbiano, anni 50', a curva sottile, a curva dritta e grossa, curva lunga, doppia curva pericolo caduta massi! Un ventennio fa potevi ascoltare discussioni in cui lei diceva: “Amore, stasera ho organizzato una seratina romantica: cena, musica classica e film d'autore” e lui: “Ma sei pazza amore, stasera c'è la semifinale di calcetto”. Oggi, invece, lei: "Amore, birrozza e puntata di The walking dead?”, lui: "Cucciola, non so se ce la faccio, dovrei fare addome basso, alto, pettorali e spalle, devo mettere altri 5 kg di massa magra entro giugno. Inoltre, ho prenotato un bagno turco, sai fa bene alla pelle, libera i pori. Dovresti farlo anche tu, così eviterei di grattuggiarmi le mani ogni volta che ti accarezzo". La donna cerca di far capire al fidanzato, al marito, al compagno che lei l'ha scelto anche per i suoi peli, per le sue mani callose, per la sua barba incolta, non vuole un uomo al quale di maschile è rimasto solo il nome. L'unico risvolto positivo (e non mi riferisco a quello del pantalone, che dal mio punto di vista è a dir poco osceno) è che l'uomo si rivela ogni giorno sempre meno violento, non ama il sangue, tantomeno la lotta e la violenza: l'unica guerra che porta avanti è quella contro i peli superflui, le maniglie dell'amore e le rughe d'espressione. Il problema, uomini lisci, è che rimanete comunque degli assasini, perchè ogni volta che rasate la vostra naturale e sexy barba, un ormone femminile muore. Come fate a non capirlo? Il mio è un appello a nome di tutte quelle donne stanche di prendere per mano un uomo e doversi voltare di scatto temendo di aver rapito un bambino, stufe di sentirsi a disagio se hanno dimenticato di fare la ceretta perchè il fidanzato ha la malsana abitudine di eseguire un'ispezione accurata del loro corpo, tremendamente avvilite perché i loro uomini, anziché guardarle e riempirle di complimenti chiedono “Come sto?”. Valentina Cogliandro
RIVIERA
l trio colpisce ancora
Lo Jonio d’Inverno. Il Mare d’Inverno scalda i cuori gelati e scioglie il ghiaccio dei sentimenti, rammentando alle nostre coscienze l’esistenza delle grandezze incommensurabili, delle profondità oscure ma vive, della realtà liquida che, ad ogni scoccare di lancette, porta ondate di cambiamenti. E per questa Calabria malconcia servirebbero onde ciclopiche di rinnovamento, per sostenere la spuma della speranza, sempre frastagliata dagli scogli di una storia contraria. Ruggite, onde!
Insieme si può
Gli anni del buon calcio Le probabili facce collegate agli improbabili nomi di Firmo Micheli, Franco Martino e Vincenzo Tropepe, tre vecchie glorie del calcio locale. Tra un tiro in porta, uno stop di petto e un fuorigioco, gli anni sono passati anche per loro, ma la voglia di divertirsi e di stare assieme non passa proprio mai…
Il sindaco di Sant'Ilario Pasquale Brizzi, il neoassessore regionale Nino DeGaetano, il presidente del Consorzio Locride Ambiente Vincenzo Loiero e l'ex sindaco di Ardore Giuseppe Campisi s'incatenano in un abbraccio per una foto dalla quale traspaiono grandi capacità politiche e… senso di giustizia!
Teodoro Bucchino, Vittorio Micelotta e un amico di vecchia data si rincontrano dopo tempo in quel di Monasterace. I loro sorrisi fanno trasparire profonda gioia e il felice ricordo dei tempi che furono. Attenti monasteracesi, le scorribande dei tre potrebbero non essere più solo un lontano ricordo, ma riprendere a disturbare il vostro quieto vivere!
La felicità secondo Sarroino Il nostro anchorman Gigi Sarroino, presenza fissa del Festival di Sanremo, è riuscito a fermare nientemeno che Al Bano appena fuori dal teatro Ariston. Avrebbe voluto fare al cantautore pugliese ricercate domande relative al segreto della sua “felicità” ma, nell'esagitazione del momento, “si sperdia”…
Vibrare dalla felicità Comunicare con il sorriso Barbara Panetta e Katy Belcastro non perdono il sorriso nemmeno quando il PD fa più danni di quanti l'elettorato vorrebbe vederne. L'abbraccio fraterno delle due è sinonimo di grande amicizia, ma e di complicità nel cercare la formula migliore con la quale pubblicare il prossimo comunicato stampa.
Domenico Campisi non ci stava più nella pelle. Era così contento per la nomina del fratello ad assessore provinciale che vibrava a una frequenza così alta da far tremare all'unisono tutte le sedie del Palazzo della Cultura di Locri e da venire sfocato quando abbiamo cercato di catturarlo in uno scatto.
SALDI SALDI SALDI! Super Saldi! Solo per oggi due Schirripa al prezzo di uno! L'offerta è davvero eccezionale: vi sfidiamo a trovare in qualunque altro giornale un solo scatto che ritragga al contempo Vincenzo, l'attuale direttore sanitario all'ospedale Locri e Piero, che ha ricoperto lo stesso ruolo, in altre sedi, prima della pensione!
Magnetismo ereditario Pierpaolo Zavettieri, nipote del senatore Saverio, sfoggia uno sguardo magnetico senz'ombra di dubbio ereditato dallo zio. In questi tempi di fervore politico, ci piacerebbe poter sfoggiare un altro Zavettieri dinanzi alla legislatura nazionale, certi che le somiglianze non si limitano alle occhiate…
Ti amo in tutte le lingue del mondo…
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Un giornalista di nome farfallino… L'illustre capo ufficio stampa della Provincia Totò Latella, che il nostro ex direttore Pasquino Crupi apostrofava “farfallino” per il suo inequivocabile stile, ci accoglie nei suoi uffici dimostrando cortesia e professionalità che si addicono solo ai grandi professionisti.
Martiri della carta stampata
Nutriti da un reciproco apprendere L’ex sindaco di Siderno Mimmo Panetta e la presenza fissa di Corso della Repubblica Peppe Venuto posano dopo un intenso confronto di idee, dal quale entrambi sono indubbiamente usciti arricchiti nello spirito e nella mente. Le loro espressioni non possono lasciare alcun tipo di dubbio: l'apprendimento rende felici!
The accountants: Fabio D’agostino, Ettore Lacopo e sullo sfondo Giovanni Teotino non sono persone qualunque: impegnati a far quadrare i conti nella bolgia dell'economia privata, affrontano sempre con enorme coraggio le sfide della quotidianità senza alcun timore. Loro non sono semplici cittadini. Loro sono… I commercialisti!
Pescara-Locri coast to coast
Gianfranco Manfredi, Bruno Gemelli, Adriano Mollo, Filippo Diano, Stefano Perri e Antonio Cantisani: martiri pronti a sacrificare la propria libertà personale in nome di quella d'informazione. Stipati dietro i banchetti della Regione, non si sono persi nemmeno una frazione del discorso di Oliverio.
È calabrese la nuova naufraga dell'Isola dei Famosi A naufragar a Cayo Paloma è la fotomodella di Castrovillari Cristina Buccino. La sua bellezza prorompente ha vinto il televoto sull'elegante Margot Ovani, che rientrerà in Italia. Ad accogliere l'arrivo di Cristina lo spirito di sfida e di “patata” del pornodivo Rocco Siffredi: “Allora volete rendere tutto più duro?”. È dunque calabrese la nuova bocca da sfamare a Cayo Paloma… Una calabrese che prenderà senz'altro l'isola di petto!
La nostra carissima Lidia Zitara ha scelto con grande oculatezza la poltrona sulla quale prendere posto. Non crediamo infatti che sia un caso se si è seduta accanto al illustre maestro Domenico Logozzo, giornalista ormai in pensione ma mai dimenticato tra le mura della sede regionale di Rai 3 a Pescara.
Unica vocazione, unico spirito di comunicazione Coloro che del giornalismo fanno una vocazione non possono che amalgamarsi come fossero una sola cosa, soprattutto dinanzi all'obiettivo di una fotocamera! Osservate quale armonia di intenti e di figure creano Vito Teti e Maria Teresa D'Agostino quando si riuniscono!
L'amore non ha età, l’amore è cieco, l’amore non è bello se non è litigarello. Sono eterne e multiformi le espressioni dell’amore e, di questi tempi, non stupisce affatto vederlo manifestato anche attraverso il sempre
più usuale utilizzo di scritte sul muro. Che si tratti di semplici lettere colorate incasellate su una frazione di intonaco o di veri e propri murales posti ad abbellire artisticamente una altrimenti anonima fila di mattoni,
Critica della ragion sidernese Paolo Fragomeni e Silvio Larosa si godono un momento di relax seduti a uno dei tavolini esterni al Bar Aquila. Quanti momenti di grande confronto politico e filosofico si sono consumati su quel piccolo piano quadrangolare, che ha resistito non solo alle intemperie, ma anche agli sfoghi dei nostri eroi!
le testimonianze di un amore immortale, talvolta, sono anche orridamente sgrammaticate, come la nostra rassegna potrà dimostrare ai lettori. Tra una coniugazione folle, un verbo errato, una virgola fuori posto,
una relativa stuprata e anglo-francesismi davvero improbabili, la lingua (sia essa italiana, inglese o persino francese) si è sacrificata volente o nolente al più nobile dei sentimenti… Viva l'amore!