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Premessa Per apprezzare la qualità estetica di “insediamenti” e piccoli borghi quali Caposele, occorre leggere sia chiese e palazzi nobiliari, sia l’abitato più anonimo. Infatti in questi centri alle chiese e ai monumenti che, con i loro materiali preziosi e un linguaggio più ricco e curato, determinano l’immagine urbana, si aggiunge l’edilizia comune , più povera1 ma non meno rilevante. Pertanto le “Grotte”, ovvero le Cantine di Caposele,
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insieme ai Casali, ai Cannavali e ai Catapani, vanno considerate come vero e proprio monumento2, in quanto aggregato che testimonia la ricchezza della cultura contadina,
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sostrato storico della società caposelese.
Già Ruskin ne ” The Seven Lamps of Architecture”(1849) riguardo il concetto di
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pittoresco, affermava :"il pittoresco consiste nella pura sublimità degli squarci delle
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fratture, macchie e vegetazione che assimilano l'architettura nell'opera della natura". L'architettura quindi si deve inserire organicamente nella natura. Proprio per questo la volontà iniziale è quella di limitare al minimo gli interventi di consolidamento, inclusi quelli di pulitura delle facciate, per lasciare intatto il segno della “vecchiezza” e rendere
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evidente il segno del tempo, fautore della sublimità raggiunta. A tal proposito si ricordano le parole di Cesare Brandi :"l'opera d'arte non può essere
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separata dal suo punto di vista"[..]"c'è una luce[..]un'atmosfera che circonda l'edificio.”³
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CARTA DEL RESTAURO DI VENEZIA(1964):art.1-"la nozione di monumento storico comprende tanto la creazione
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architettonica isolata quanto l'ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare,di
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un'evoluzione significativa, di un avvenimento storico.Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo abbiano acquisito un significato culturale." definizione di bene culturale data dalla Commissione Franceschini:"bene culturale è qualsiasi bene che costituisce valore di civiltà" 2
Donatella Mazzoleni, Marichela Sepe , Rischio sismico, paesaggio, architettura:l’Irpinia contributi per un progetto, Lucarelli
editore,Avellino 2005. 2
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Note sulla definizione dell’oggetto di tutela,Bianca Gioia Marino,in A. Aveta, Conservazione e valorizzazione del patrimonio
culturale. Indirizzi e norme per il restauro architettonico, Arte ³Cesare Brandi, Teoria del Restauro ,Enaudi,1963
2
1
Infatti per comprendere a fondo il complesso delle “Grotte” di Caposele non si può prescindere dal contesto ambientale e urbano in cui si trova inserito , da cui trae forza e da cui viene esaltato assumendo una nuova luce e un nuovo valore. Anche Roberto Pane riflette sul valore ambientale di un edificio introducendo per primo il tema della coralità intesa come valore assunto dal paesaggio italiano in cui natura, agricoltura e architettura collaborano.
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Pane infatti afferma: "L'architettura non è presentata nei suoi aspetti monumentali, ma in quelli più propriamente corali, così un monumento insigne una volta tanto sarà
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rappresentato come elemento di sfondo e non come oggetto in primo piano.."3
Per quanto detto la scelta del tema ricade su di un’area fondamentale per capire a fondo
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l’evoluzione della comunità del borgo,le cui origini fanno riferimento alla Foce del
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Sele. L’aria in esame, che fa parte del primo nucleo di evoluzione urbanistica di Caposele(Capo Fiume di Sopra e di Sotto), è emblematica di un passato basato sulla coltivazione dei terreni e sulla tinteggiatura delle stoffe.
L’importanza del sito, con le “Grotte” e il Mulino Russomanno,
su sui ricade
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l’attenzione del mio studio, va calata nella realtà del paese che è stato gravemente danneggiato dal sisma dell’’80 e privato di gran parte del suo patrimonio storico-
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culturale. La forza del luogo viene rinvigorita dalla presenza forte della natura, da quella incalzante dell’acqua e dalla bellezza paesaggistica, il cui originario splendore è
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stato però offuscato dai lavori di captazione delle sorgenti del fiume Sele , eseguiti agli inizi del ‘900.
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Ecco perché come fine del progetto, prescindendo dagli ovvi interventi di restauro
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necessari alla conservazione, vi è la volontà di creare un percorso che unisca le Grotte ,
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il Mulino Russomanno e la Gualchiera( ridotta oramai allo stato di rudere) e che ripercorra la storia di Caposele, richiamando alla memoria i vecchi tracciati del fiume Sele e gli antichi mestieri legati all’acqua L’obiettivo è pertanto quello di riqualificare l’area inserendola attivamente nel contesto urbano e nella quotidianità della comunità caposelese, attraverso l’inserimento di funzioni che possano valorizzare l’essenza4 dell’area così da riconferirle la dignità
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Roberto Pane, Architettura rurale campana, Firenze 1936 -DICHIARAZIONE DEL QUÈBEC sulla conservazione dello spirito dei luoghi.
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perduta.A tal proposito si richiama la definizione di “valore culturale e di tradizione” presente nella Convenzione UNESCO e in particolar modo i seguenti articoli: 1. per “patrimonio culturale immateriale” s'intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze,.....che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale.2. Il “patrimonio culturale immateriale” come definito nel paragrafo 1 di cui sopra, si manifesta tra l'altro nei
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seguenti settori: a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi;
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patrimonio culturale immateriale;....
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d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all'universo;
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e) l'artigianato tradizionale.
Ecco perché la funzione scelta per le “Grotte” è quella di botteghe, per dare una nuova sede alle attività artigianali presenti sul territorio e che sono per la maggior parte a
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gestione familiare, prive per ora di una loro locazione. Per il Mulino Russomanno l’obiettivo è quello di realizzare un “museo delle acque” in memoria della tradizione locale legata da sempre alla presenza del fiume Sele. Il percorso che collega i due
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elementi di progetto inizia con la “Gualchiera” , destinata invece a centro informativo,
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al fine di preparare il fruitore al “cammino” che si appresta ad intraprendere, esponendo
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i principi e le finalità del progetto.
Spirito dei luoghi è definito come il tangibile(edifici, siti, riti, feste, i saperi tradizionali, i valori, le grane, i colori, odori, ecc), e l' intangibile (memorie, racconti, documenti scritti, riti, feste, i saperi tradizionali)vale a dire gli elementi fisici e spirituali, che danno significato, valore, emozione e mistero del luogo. -La dichiarazione di Xi'an ICOMOS 2005 richiama l'attenzione sulla conservazione del contesto, definito come l'insieme degli aspetti fisici, visivi e naturali, nonchè pratiche sociali e spirituali, le abitudini, i saperi tradizionale e le altre forme immateriali e le espressini, per la protezione e la promozione dei monumenti e siti del patrimonio mondiale.
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1. Inquadramento urbano e territoriale
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1.1 Il fiume Sele : le risorse naturalistiche e le acque
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Mappa dei parchi e delle riserve naturali della regione campania
Il comune di Caposele fa parte di quei comuni dell’entroterra Irpino che si collocano sulla dorsale appenninica dei Monti Picentini, in un territorio orograficamente complesso perché segnato dalla presenza di forti pendii, di avvallamenti e dal percorso dei fiumi Calore , Ofanto e Sele. Numerosa è la presenza di corsi di acqua superficiale, con portate ricche in inverno e scarse d’estate. Tra questi ,il corpo idrico di maggiore rilievo è il fiume Sele , insieme al Rio di Salia a tra numerosi valloni di interesse è quello denominato vallone del Demanio. 4
Il Sele , citato da Virgilio nelle Georgiche , alimenta l’acquedotto Pugliese , uno dei più lunghi al mondo con i suoi 1600 Km, ed il terzo per entità di portata, pari a 5,5 mc/sec. In particolare il territorio comunale di Caposele è interessato dalla perimetrazione del Parco Regionale dei Monti Picentini e dall’individuazione della Riserva Naturale Foce Sele-Tanagro.5
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Inoltre , all’interno del territorio comunale ricadono i seguenti Siti di importanza Comunitaria individuati dalla Direttiva Habitat 92/ CEE e Zone di Protezione Speciale Fiumi “Tanagro e Sele “;
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Fiume Sele
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individuate dalla direttiva 79/409/CEE di seguito elencati:6
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Il libro del Parco Regionale dei Monti Picentini, Grafica Mantelliana srl- Cava dè Tirreni(Sa),1998. Libro della natura: Parco Regionale dei Monti Picentini, Grafica Mantelliana srl- Cava dè Tirreni(Sa),1998. 5
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Fiume Tanagro
“Monte Cervialto e Montagnone di Nusco”7
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“Picentini”
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Tali valori naturalistici del territorio sono stati presi in considerazione nella redazione
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del Piano Urbanistico Comunale e dalla relativa Norma di Attuazione, lasciando ampi margini alla futura perimetrazione di potenziali aree protette. L’orientamento della pianificazione è quello di attivare all’interno del territorio
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nuove forme di azione che assumano l’ambiente non solo come ambiente fisico, ma
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come unità di natura e storia per la costruzione di economie strutturali del territorio.
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Nello specifico il territorio del comune di Caposele , posto presso il confine
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meridionale della Provincia di Avellino con la Provincia di Salerno, confina a nord-
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ovest con il Comune di Lioni , a nord con i Comuni di Teora e Conza della Campania, ad est con i Comuni di Castelnuovo di Conza e Laviano(Sa), a sud con il comune di Calabritto e Valva (Sa). La popolazione residente al 30-03-20088 è di 3.676 abitanti, con una densità media di 88,57 abitanti per Kmq, contro la media provinciale di 153,7 abitanti per Kmq e la media regionale di 426 abitanti per Kmq. Il comune di Caposele
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,sito sul margine
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“Il Monte Terminio Cervialto è uno spartiacque naturale :da un lato scende verso la Valle dell’Ofanto, dall’alto verso la Valle del fiume Sele.”Antonini, La Lucania I-I, 1745,p.183. 8 Dati istat, regione camapania,2008 9 “Ella prese il suo nome dalla situazione in cui versa, cioè dalle sorgive “Antonini, La Lucania I-I, 1745,p.184.
6
nord-orientale del massiccio dei monti Picentini, si sviluppa alle pendici del monte Paflagone10 , dalle cui pendici nasce il fiume Sele , a 420 m s.l.m,e che dà nome all’abitato nel complesso montuoso del Cervialto. Posto ad ovest rispetto al centro abitato, il Paflagone costituisce uno dei limiti naturali della conca, sormontata ad est da una collina su cui sorge la frazione di Materdomini. Il comune di Caposele comprende infatti due centri abitati principali: Caposele centro,
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posto a 405 m s.l.m , e Materdomini , posto a 525 m s.l.m. Comprende inoltre le seguenti contrade:Piani,Grotte,Pianello,Santa Caterina e
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Buoninventre.
Rilevi boscosi conducono a nord verso Lioni mentre, a sud, il paese continua con le
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contrade di San Giovanni e Santa Caterina, che portano al comune di Calabritto.
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Il Comune è raggiungibile per mezzo dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, dalla quale dista circa 20 Km, con uscita al casello di Contursi Terme , oppure mediante la nazionale S.S165 che collega Materdomini-Caposele con Calitri, da un lato e Calabritto dall’altro, e di lì alla S.S91 “Valle del Sele” verso sud. La realizzazione del
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Fondovalle Sele ed il suo collegamento con l’Ofantina hanno allacciato il territorio comunale ai flussi di traffico tra l’entroterra e la costa, portando un benefico influsso
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sui trasporti commerciali e i flussi turistici tenuto conto del patrimoni naturalistico di Caposele che fa parte del Parco dei Monti Picentini, nonché tenendo conto della
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presenza del Santuario di San Gerardo Maiella.
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“Attorno a questo monte …dunque da orribili fessure, nascendo e precipitandosi in una voraginosa lacuna , così n’esce grande , che …gli abjtatori della terra di Caposele(che dal sorgere del fiume è così detta) ha fatto varj ponti sopra diversi canali di quest’acqua , sopra ai quali gli uomini, gli animali passano”.Cit: Giustiniani III,Napoli, 1797, pag.118.
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Il fiume Sele lungo il suo percorso
Il paesaggio sì presenta connotato dalla presenza di dolci declivi ed è per la maggior parte collinare: la natura e il verde ne fanno da padroni. Infatti, e bellezza naturalistiche
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hanno fatto si che all’irpinia venisse conferito l’epiteto di “svizzera italiana” ed infatti la ricca presenza di vegetazione e i numerosi corsi d’acqua sono la nota saliente del
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territorio. Sia la presenza delle numerose risorse idriche che le bellezze naturalistiche accumunano Caposele ai comuni limitrofi e costituiscono la principale attrattiva
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turistica del territorio.
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Questo legame forte con il contesto è rafforzato a Caposele dalla presenza del fiume
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Sele che funge da connettore tra la regione campania e la puglia. Infatti il fiume Sele
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Il fiume Sele lungo il suo percorso
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che sfrutta per la maggior portata d’acqua le sorgenti del Sele, oltre ad altri fiumi,
arriva fino a Santa Maria di Leuca, punta estrema della regione pugliese. …“le acque sul primo scorrere, declinando dal piano delle sorgenti, dividonsi in due grossi rami, ma ben presto convergono e fanno grande impeto”11. In tutto il suo corso, verso mezzogiorno, il fiume Sele riceve per prima le acque di Calabritto, di Senerchia e di Quaglietta alla sua destra, più sotto quelle di Apiceglia, e di Oliveto. Altre acque vi scendono a sinistra, quelle di Temite, poi quelle dei monti di Valva, di Laviano e di 11
Nicola Santorelli, Il fiume Sele e i suoi dintorni, Valsele Tipografica, Napoli, 1989.
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Colliano. “Laddove il letto del fiume si stringe sotto Oliveto, nelle vicinanze di un bel ponte di pietra sgorga una fonte d’acqua minerale fresca, acidula e ferruginosa; più in là, a circa mezzo miglio, verso Contursi, ve ne è un’altra simile, e poi un’altra ancora solfurea e termale, le cui acque gareggiano con le più celebrate per le cure cutanee ed articolari. Dopo il ponte detto di Contursi, il fiume Negro, confonde le sue acque col Sele, così come fanno a destra le acque del Troiente, della Tensa e di molte altre, che
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sparsamente vi accorrono dalle campagne di Eboli. A sinistra si aggiungono le acque del Monte Alburno e poi quelle del Calore, diverse da quelle del fiume dallo stesso nome,
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che è presso Benevento. Così arricchito il Sele allarga il suo letto, guadagnando anche in profondità cinque miglia lontano da Paestum e, dopo 40 miglia di corso, sfocia infine
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nel Mar Tirreno.
Inoltre col suo corso il Sele divideva antichi popoli e poneva confini a famose regioni.
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“12
Secondo Strabone il Silaro divideva la regione picentina dall’antica Campania, secondo Corcia (“Storia delle due Sicilie”), il fiume per poche miglia separava gli Irpini dai
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Lucani, e verso la fine del suo corso i Lucani dai Picentini. Cluverio ritenne per certo
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che i confini dell’Enotria erano sino al Silaro.
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Alessandra Celano, Giampiero Galasso, Terre d’Irpinia, Grafica CDP,Roma 2001.
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Il fiume Sele ,all’interno del Parco dei monti Picentini
“Le sorgenti del Sele, prima del loro incanalamento forzato, dovevano essere uno di
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quegli spettacoli mozzafiato che solo la natura sa offrire. Veder disposte a semicerchio, ai piedi del monte Paflagone, contrafforte del monte Cervialto, decine e decine di
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zampilli fuoriuscenti dalle fratture delle rocce con leggero scroscio, che una volta
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riunitisi, si preparavano a scendere a valle con violenza rumorosa e spumeggiante per muovere le pale degli opifici, era qualcosa di meraviglioso e straordinario. Tutto questo
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dono di madre natura si incastonava in un ambiente verdeggiante e continuamente
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animato dalla presenza degli uomini che utilizzavano siffatta risorsa.”13 La grandezza consisteva e consiste anche nella grande quantità di acqua che fuoriusciva, basti pensare che nell’anno 1924 si ebbe una portata massima di 6,74 mc/s e nel 1941 la portata media annua risultò di 5,61 mc/s. La portata -si sa- dipende dalla quantità di pioggia o neve che si ha durante l’inverno; l’intervallo di tempo tra la portata minima e massima è di circa sei mesi. Questo è il
13
Gerardo Monteverde,Terra di Caposele,tipografia S.Gerardo Maiella,2011
11
periodo necessario affinchÊ le gocce d’acqua, filtrando nella roccia calcarea, arrivino nel bacino. Generalmente le portate minime si verificano ancora oggi nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio; quelle massime, nei mesi di maggio, giugno e luglio. Le acque cristalline fuoriescono ad una temperatura costante, per tutto l’anno, di circa
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9 gradi.14(vedi allegati Tab.1 ,pag 80).
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Istituto Ambiente Italia : Osservatorio Campania. Legambiente. Lo stato dell'ambiente in Campania , Osservatorio Campania, Napoli,1993.
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1.2 Le vicende dell’acquedotto Pugliese “Un’opera che sfida qualsiasi altra anche per bellezza”
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(Giuseppe Ungaretti, “Il deserto prima e dopo”)
Palazzo dell’AQP,Bari,la puglia dipinta da Gambellotti
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Il sottosuolo pugliese è ricco di acqua; questa, a causa della profondità della falda, fino a qualche tempo fa non era facilmente estraibile, per cui da sempre è stata utilizzata
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l'acqua piovana, che veniva raccolta in cisterne. Queste ultime queste, però, non
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garantivano quantità sufficienti specialmente nel periodo estivo né la necessaria
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prevenzione da malattie o epidemie. La stagione delle piogge, limitata al periodo ottobre-aprile, con precipitazioni assai modeste tra 1400 e 600 mm., la mancanza di
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veri corsi d'acqua, la conformazione carsica del suolo, le elevate temperature estive causano eccessiva evaporazione, rendono il territorio arso e carente di acqua per gli usi domestici. Il poeta latino Orazio15 già in passato descriveva la Puglia siticulosa, terra assetata: siderum insedit vapor siticulosae Apuliae ( arriva alle stelle l'afa della Puglia sitibonda ).La necessità di provvedere a un adeguato rifornimento idrico si presentava come un problema di difficile soluzione. La regione è isolata dalle province occidentali
15
Orazio,Epodon,3,15-16
13
dalla catena montuosa appenninica e le pendici adriatiche di queste montagne sono totalmente prive di adeguate sorgenti di acqua. L'importante questione delle acque fu già affrontata sotto il governo di Ferdinando II di Borbone , il quale nel 1847 nominò una commissione , con l'incarico di studiare il modo più pratico per rifornire di acqua potabile16 la regione pugliese. Fece parte della commissione il celebre fisico Antoine Cesar Becquerel , 17 ma il problema risultò di
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difficilissima soluzione e le spese ingenti per la realizzazione di un qualsiasi progetto. Il giorno 3 ottobre 1861 , il Consiglio Provinciale di Bari pose il problema
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dell'acquedotto e si pensò di interessare il nuovo governo nazionale di Torino. Le esplorazioni , intanto continuarono affannosamente circa le riserve acquifere della
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Regione. Nel marzo del 1865 l'amministrazione Provinciale di Bari ed il Comune
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pubblicarono un "manifesto di concorso per conduttura delle acque" per un premio di Lit. 11500. L'ingegnere De Vincentiis "vacheggiò" l'esplorazione di numerosi pozzi artesiani". L'architetto Lerario aveva inventato una trivella che ,"messa in determinati posti, avrebbe fatto zampillare l'acqua"18. Ma il suo progetto fu dichiarato "non
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attendibile". Nello stesso anno il Prefetto della Provincia di Foggia propose un progetto di irrigazione e fece stanziare la somma di un milione per la progettazione ed
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esecuzione dell'opera. Ma lo stanziamento fu ridotto a sole seimila lire da darsi a colui che "meglio delineasse risultamenti pratici sul modo di rinvenire l'acqua e utilizzarla
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per usi agricoli". Il premio fu vinto dall'ingegnere del Genio Civile Camillo Rosalba.
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Egli pensò di utilizzare le acque delle sorgenti e dei fiumi della Campania, dell'Irpinia,
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del Molise e della stessa Puglia" al fine di dare acqua potabile alle popolazioni e acqua,
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Analisi delle acque,1887.R. Scuola di Viticoltura ed Enologia di AVELLINO Direzione laboratorio di Chimica Analisi di acque. « Giunse a questo laboratorio di Chimica di questa Scuola una bottiglia (!!!..) di acqua del fiume Sele Prov. di Avellino, sulla « quale vennero eseguiti, i seguenti saggi preliminari per conoscere il suo grado di potabilità, riserbandosi di fare in seguito « una più, completa analisi di essa. « Quest'acqua è limpida, incolore, affatto insipida. « Materie contenute in .1000 parti dell'acqua in esame: « Residuo solido seccato a 180° c. gr. 0,1624 « Ossido di calcio gr. 0.0677 « Ossidio di magnesia » 0.0170 « Anidrite solforica » 0,008.0 « Anidrite carbonica » 0.0520 « Cloro » 0.0032 « Alcali e materie non determinate » 0,0145 17
Cit,Ivi Lino Patruno,Michele Roberto,Maria Pia Protomastro, L’acqua e il suo acquedotto,Adda editore, 2004.
18
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cioè ricchezza, alle terre arse". Egli fu il vero ideatore della grandiosa opera dell'Acquedotto Pugliese; costui pensò alla captazione delle acque del Sele, del Calore, dell'Ofanto e del Cervaro. Ma in particolare egli pensava alle acque del Sele e soleva dire: "allacciate e incanalate le acque del Sele e portate in Puglia quelle acque benedette da Dio”. Il progetto ROSALBA , però, appare essere un'utopia, ma era l'unico valido per la soluzione dell'importante problema, come poi si è verificato. Vi furono altre
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deliberazioni ed altre decisioni da parte degli Enti interessati, ma proprio la presentazione di altri progetti, altri calcoli, altre previsioni, le lotte professionali tra i
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vari tecnici impegnati nella soluzione del problema, avevano portato l’attuazione della pratica in un vicolo cieco. Il progetto ROSALBA, e proprio nel 1886/87 giunse
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all'Amministrazione Provinciale di Bari un altro progetto, quello dell'ingegnere Francesco Zampari19, possessore di un vistoso patrimonio, il quale , ispirandosi alla
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concezione ROSALBA , trovò che l'unica soluzione logica fosse quella di captare le acque del Sele e fece tutto da sè. I vari progetti presentati tra il 1887 e il 1896 riprendevano la proposta originale di Rosalba di perforare il massiccio dell’Appennino
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per rifornire la Puglia di acqua. L'unica eccezione era costituita dalla proposta, avanzata
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Ministero dei Lavori Pubblici-Acquedotto Pugliese-anno 1986 Stralcio tratto da "-Studi tecnici-Relazione della deputazione provinciale di Bari-" Tutti i progettisti sono d'accordo che le acque del Sele che del Calore, sgorgando in terreni comunali ed in punti che non influiscono sul regime dei fiumi, siano espropriabili,ma nessuno di loro ha fatta la dimostrazione legale del suo asserto. Il solo Zampari presenta, un contratto per 1' acquisto delle sorgenti dall'Amministrazione comunale di Caposele. L'atto amministrativo però che lo Zampari ha messo innanzi, più che un contratto è un semplice compromesso, la cui piena efficacia doveva verificarsi trenta mesi dopo la sua firma, già scorso da parecchi anni e, se le nostri informazioni sono esatte, tra il Comune di Caposele ed il cav. Zampari non correrebbe più i buoni accordi di prima, essendosi iniziati diversi giudizi. Ma se i progettisti sono di avviso unanime sulla espropriabilità delle sorgenti,non sono così facilmente all'unisono quando si tratta di stabilire quali diritti acquisiti possono vantarsi sulle sorgenti stesse. Un'autorità competente in materia di studi idraulici, il Comm. F. Giordano , parlando della derivazione dalle sorgenti del Sele,osserva che sarebbe il mezzo più radicale e sicuro di fornire acque alle Puglie,dato non vi siano alla deviazione difficoltà di diritto.(ingegnere F. Giordano-Sulla provvista di acque per le Puglie-Bollettino di notizie agrarie-febbraio 1890). Niun dubbio che le acque comunali non sono demanio pubblico, come le strade, le piazze e le altre cose destinate all'uso della generalità degli abitanti: esse sono semplicemente beni patrimoniali del Municipio soggetti alla legge comune che regola le proprietà private. Occorre però distinguere tra le acque che sono in piena proprietà del Comune e quelle pubbliche o private discorrenti nel territorio del Comune, al cui uso e godimento per legittimo titolo e consuetudine ha diritto la generalità o la maggior parte degli abitanti o possessori. Quanto alle prime niun dubbio che il Comune possa disporne liberamente, come degli altri beni che formano il patrimonio comunale, attenendosi alle prescrizioni delle leggi sui Comuni: per le seconde è da osservarsi che se il Municipio non ha diritto alla loro diretta amministrazione, non gli si può negare quello della vigilanza e di dirigerne il riparto e il godimento, come di cosa gravata di servitù, a vantaggio del pubblico e che interessa la generalità degli abitanti, i quali a Caposele hanno molti opifici idraulici, impiantati sul corso della sorgente, dalla quale traggono forza e alimento per le loro industrie. Ben stabilire quindi la natura ed il carattere di queste acque, non è solo questione di modalità e di esercizio, ma gravissima condizione di diritto in rapporto alla loro espropriabilità ed in ragione di quella maggiore o minore somma di diritti acquisiti che si possono vantare. Le relazioni che abbiamo citate contengono le più spiccate contraddizioni in proposito: in una si legge che le opere di allacciamento delle acque del Sele non aboliranno nessuno degli edifizi esistenti, mentre nell'altra si assicura che le suddette opere sopprimeranno tutte le casupole che sono nel piazzale di Caposele ed obbligheranno chiudere la Chiesa: in quanto al numero, alla importanza dei molini, degli stabilimenti nulla di preciso e di determinato.
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degli ingegneri Castelli e Filonardi, che prevedeva di utilizzare le acque affioranti nella zona di Melfi. Tale proposta, era stata formalizzata seguendo sicuramente il progetto del nostro concittadino Daniele Petrera, medico e uomo politico, che nel 1877 aveva previsto di dotare la Puglia di un acquedotto rifornendolo con le acque provenienti dalle fonti di Palazzo San Gervasio e Venosa e dai laghi di Monticchio. ( lo stesso Petrera successivamente presenterà un progetto per la canalizzazione delle acque del
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fiume Sele). Confermando la teoria dei corsi e ricorsi storici, tale proposta, all'insaputa degli stessi, riproduce il percorso di un antico acquedotto 20 romano21, che viene poi alla
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luce nel corso dei lavori di scavo per la realizzazione del progetto definitivo. Infatti il 23 maggio del 1888 il Comune di Caposele, con “istrumento per notar Corona” , vendeva
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al cav. ing. F. Zampari le sorgenti del Sele per 500mila lire, con patto che laddove entro termine di trenta mesi i lavori del costruendo acquedotto non avessero avuto
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inizio, rimaneva in facoltà del Comune di sciogliere l'atto di cessione con la sola scadenza del termine e senza obbligo di messa in mora, riservandosi, lo Zampari , il solo diritto di versare la somma pattuita all'inizio della domanda di rescissione per
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evitarne gli effetti". Quella sera , dice il Santorelli22, vi fu gran festa, suono di campane a distesa e sparo di mortaretti. Ma qualcuno dal vicino paese di Calabritto osservava:"Hannu vennuto e sonano!" Il Cav. Zampari, forse boicottato da altri
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interessati , non mantenne fede agli impegni assunti e il Comune di Caposele lo
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convenne in giudizio per la rescissione del contratto. Nel 1896 viene nominata una Commissione governativa con lo scopo di studiare le questioni attinenti le acque
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potabili, quelle di irrigazione e i rifornimenti idrici in Puglia, con particolare
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riferimento all’Acquedotto Pugliese. Lo Stato con Legge 5 maggio 1901 n° 156,
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dispose la spesa di un milione di lire per il "completamento" dell'Acquedotto Pugliese e per l'accertamento dell'effettiva portata delle sorgenti di Caposele, dichiarando opere 19Palma Fucella,Breve storia della Basilicata, Potenza,1993…”Venosa fu presto collegata dai romani all'importante asse viario che da Roma, attraverso Capua, raggiungeva Taranto e Brindisi, la via Appia, e dotata di un grande acquedotto composto di una profonda galleria nella quale confluiva l'acqua dalle falde.” 21 Nel II secolo a.C. i Romani dotarono la regione di infrastrutture importanti: il prolungamento della via Appia fino a Brindisi e un tratto di acquedotto, con lo sviluppo dei centri romani sul percorso della via, tra i quali Venosa, che fu patria del poeta latino Orazio.Cronologicamente il primo ad essere costruito nel 312 a.C. ad opera dal Censore Appio Claudio Crasso (Appius Claudius Crassus) (lo stesso che diede il nome alla via Appia). Ricordiamo glia acquedotti Marcia,Tepula,Iulia e Anio. Nel De Aquis I.5 si legge che le sorgenti erano tra il VII e l’VIII miglio della via Prenestina a 780 passi (circa 1156 metri) per una stradina sulla sinistra in una località denominata Agro Lucullano. Era lungo 11.190 passi di cui 60 passi su strutture in muratura e su archi a Porta Capena ed 11.130 sottoterra. 22 Nicola Santorelli,cit.
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di pubblica utilità l'allacciamento di tutte le sorgenti che sgorgano nel territorio di Caposele e la costruzione della vasca di presa-carico. Nel giudizio in corso, in quell'epoca, tra il Comune di Caposele e il cav. Zampari, intervenne anche lo Stato per l'interesse che Esso aveva di rimuovere qualsiasi ostacolo per l'inizio dei lavori dell'Acquedotto, in virtù di una Legge del 26 giugno 1902 n° 245, con la quale venne disposta la costruzione e l'esercizio dell'Acquedotto Pugliese attraverso in consorzio tra
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lo Stato e le province Pugliesi. A Pavoncelli , primo presidente di questo Consorzio, venne dedicata una lapide all'inizio della galleria, sulla quale , con riferimento alla
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grandiosità dell'opera ,è iscritto, tra l'altro"...di cui il Mondo non ricorda l'eguale". La vertenza tra il cav. Zampari e il Comune di Caposele fu composta bonariamente e fu
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conclusa con una transazione il 2 marzo 1905. Per effetto di questa convenzione lo Stato concedeva al Comune la somma di lire 700.000.Nel 1906,ebbero inizio i lavori
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per lo scavo della grande galleria dell'Appennino, il primo importante tronco del condotto principale. I lavori, andati all'appalto furono assegnati all'unica ditta concorrente, la Ditta Ercole Antico. I lavori del primo importante tronco e la rete di
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diramazione(in cui furono adoperate in prevalenza, al posto di tubature metalliche, condotte in cemento armato) al servizio di molti centri abitati si svolsero tra il 1906-7 e il 1914 , sotto i governi di Giolitti, Sonnino, Luzzati e di nuovo Giolitti, essendo consistono in una grande diga di sbarramento dello spessore di m. 2 , costruita
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ministri dei Lavori Pubblici il Bertolini, il Rubini, il Sacchi. I lavori di allacciamento attraverso la depressione sottostante alle sorgenti, ed in un canale collettore; quasi nel
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mezzo del bacino naturale di raccolta, al quale fanno capo dei canali secondari o
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cunicoli di presa , che s'intestano nella roccia , nei punti dove le acque scaturiscono
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all'aperto. “I vuoti rimasti tra il canale collettore, i cunicoli e la roccia furono colmati con gettate di sassi di maggiori dimensioni nello strato di fondo, in maniera da costituire un solo vespaio, attraverso il quale le acque delle sorgenti hanno libera circolazione ed uscita. Il tutto venne coperto da una platea in cemento con pozzi di visita per eventuali verifiche e riparazioni; ed un muro di cinta fu elevato tutt'intorno e sul ciglio della roccia, per impedire inquinamenti ed altri danni alle sorgenti.
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Carlo Viggiani, L’acquedotto Pugliese, The Apulian Aqueduct Engineering,Hevelius edizioni,Roma,2001.
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Pianta del canale collettore dell’Acquedotto Pugliese,1917,consultato presso l’archio storico dell’AQP di Bari
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Al canale collettore fa seguito un canale di arrivo, un pozzo di raccolta ed infine le camere di manovra e di misura, che precedono l'incile dal quale ha inizio l'Acquedotto. Secondo il progetto governativo, la portata iniziale del canale principale doveva essere di mc. 4 al minuto secondo. La società concessionaria, prevedendo di poter utilizzare
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per i maggiori futuri bisogni delle popolazioni pugliesi, oltre le acque del Sele eccedenti
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i mc. 4 al minuto secondo.
Sezione longitudinale dell’Acquedotto Pugliese,1917,consultato presso l’archivio storico dell’AQP di Bari
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secondo, anche altre acque del pari ottime, di sua iniziativa ed a sue spese volle dare l'Acquedotto una portata iniziale di mc. 5,500. L'opera di maggiore entità tra quelle costituenti l'Acquedotto Pugliese, è senza dubbio il canale principale , l'arteria maggiore del sistema di canalizzazioni, a cui si innestano le diramazioni primarie e parte di quelle secondarie.”24Il canale principale 25è costituito da una serie di gallerie vere e proprie e di gallerie artificiali(canali in trincea ed in rilevato), unite fra loro per
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superare gli avvallamenti di terreno da ponti-canali e da sifoni. Il canale26 in galleria è rivestito con muratura di pietrame, di mattoni o di calcestruzzo , a secondo della natura
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del terreno attraversato e intonacato internamente con cemento fino all'altezza a cui giungerà la massa d'acqua liberamente in esso defluente. “Il canale in trincea , formato
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da gallerie artificiali, viene costruito mediante scavi all'aperto: sul fondo della zona escavata e lungo i fianchi della trincea vengono costruite la base (arco -rovescio o
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platea) e le pareti del canale (piediritti),sulle quali viene gettata la volta (calotta); sulla superficie esterna di questa (estradosso) viene poi distesa una cappa impermeabile di smalto idraulico, a forma di doppio spiovente, per impedire la infiltrazione nel canale
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delle acque piovane; sulla cappa viene da ultimo riversato il terreno di riempimento per un'altezza non inferiore a due metri, e conformato in modo da dare pronto scolo alle acque piovane. Il canale in rilevato non è dissimile da quello in trincea ed attraversa le
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depressioni del terreno in poca entità: viene costruito in tutto od in parte sopraelevato
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al piano di campagna circostante e ricoperto poi di terreno e pietre per l'altezza di due metri. La struttura della muratura di rivestimento non differisce da quella del canale in
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trincea ,se non per gli spessori ingranditi in modo da resistere alla pressione dell'acqua
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ed a quella del terreno che vi è sopra riportato. La sezione del canale principale , sia in
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galleria che in trincea, è di forma ovoidale per le tratte ricadenti in terreni argillosi e di forma circolare in quelli esercitanti fortissime pressioni; ha forma di un rettangolo o di un trapezio sormontato da volta per le tratte in terreni rocciosi. In questo canale l'acqua scorre, come si disse, liberamente, cioè a pressione naturale, avendo il canale una pendenza costante, ma non uniforme, variabile da 0.25 a 0.40 per mille metri. Le 24
Carlo Viggiani,cit Carlo Viggiani,cit 26 Sesto Giulio Frontino,Gli acquedotti Romani,Il vello d’Oro,Argo,Lecce ,1997….. condotto realizzato in opera quadrata o in opera cementizia e foderato internamente con coccio pesto per impermeabilizzarlo…..Il condotto dell'acquedotto romano era costruito in lieve costante pendenza (circa un metro di dislivello per ogni chilometro) in modo da sfruttare la forza di gravità per far scorrere l'acqua a pelo libero dalla sorgente al luogo di distribuzione….. 25
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dimensioni delle sezioni di questo condotto gigantesco variano a seconda dei tronchi in cui è diviso il canale principale poichè a mano a mano che da questo si staccano le diramazioni, diminuisce la sua portata e quindi l'ampiezza della sezione. Questa ha un'altezza di m. 2.90 per una larghezza di m. 2.70 nella tratta di maggiore portata , mentre in quella di minore portata ha un'altezza di m. 2.19 per 1.85 di larghezza.”2728Il canale principale dell'Acquedotto Pugliese supera in lunghezza quanti acquedotti furono
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costruiti sinora in tutto il mondo e in tutti i tempi, a partire dai celebri acquedotti di Roma a venire ai più recenti. Mentre infatti il più lungo acquedotto di Roma era lungo
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93 Km. circa ed il gigantesco Acquedotto del Catskill U.S.A. è lungo 148 Km. circa, la lunghezza del solo canale principale dell'acquedotto Pugliese supera i 213 Km vi erano
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quattro cantieri: il primo ad Atella vicino all’ingresso della galleria, il secondo a Ripacandida, vicino al centro, il terzo a Lapilloso, a circa tre km dallo sbocco, il quarto
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a Contista, dove termina la galleria. A parte le gallerie, di certo le opere più importanti lungo la galleria principale sono i ponti.29I più importanti sono quelli in muratura sulla Fiumara di Atella e sul Bradano.
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Va ricordato il ponte sul torrente Vonchia. (vedi allegati, pag. )Nel 1915 l'acqua del Sele giunse in 27 Comuni del barese ,oltre il capoluogo, e nel 1916 ad altri 6,nonchè a Taranto e Grottaglie. Nel 1917 l'acqua giunse ai comuni di Noci, Bisceglie, Trani Il 2 marzo del 1905, dopo una lunga diatriba sulla captazione delle sorgenti del Sele
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nonchè alle frazioni di Bari.
ed estenuanti trattative venne siglato un accordo novantennale 31 tra il Comune di
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Caposele e il delegato del Ministero dei Lavori Pubblici per il trasferimento di gran Carlo Viggiani, cit
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Angelo Valentini, Corriere della sera,Roma -1920 L’acqua del Sele - scriveva il Corriere – avrebbe eliminato lo spettacolo crudele della ricerca di un’anfora d’acqua, spesso negata, degli agglomerati di gente intorno alle cisterne, delle lunghe marce per giungere ad un lontano serbatoio o ad una sorgente, cancellato il ricordo delle acque giallognole di terra, non solamente ricche di microbi e batteri, ma altresì di appariscenti e semoventi animaletti, che venivano usate in molti luoghi dalla massa della popolazione sia per gli usi domestici che per estinguere la sete. Con orgoglio il Corriere sottolineava che i maggiori acquedotti del mondo, quello di Parigi, Londra, New York e anche quello australiano sembravano opere assai modeste confrontate al nostro Acquedotto, la più grandiosa opera mai realizzata dall’ingegneria idraulica. Sempre Angelo Valentini scrive: …se la nostra gente si è messa all’avanguardia del progresso del Mezzogiorno d’Italia, avvilita ed afflitta com’era dalla mancanza d’acqua, prostrata a volta a volta da epidemie e siccità, che mai farà nel prossimo, nell’imminente domani, quando l’acqua sarà a portata di tutti? l’acqua che disseta, che lava, che irrora ed innalza la vita del corpo e dello spirito? Quali mai ardimenti tenterà questo nostro sangue che sì forte, sì premente ci batte nelle vene… che sì frenetico ci anima, ci sospinge, ci esalta dalle contingenze gravi e dalle precarietà avvilenti, assillanti. 29
Carlo Viggiani, cit
14Prof.Guidi,Giornale del Genio civile n.14,Ministero dei Lavori Pubblici,1912.
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parte delle acque delle sorgenti del Sele (circa i 9/10) verso la Puglia. L’atto entrava nella storia di ogni cittadino come sindrome di quelli che non avevano saputo valorizzare e tutelare l’enorme ricchezza che madre natura aveva elargito al piccolo lembo di terra sito alle pendici del monte Paflagone e della collina di Materdomini. In sostanza, la convenzione siglata riconosceva la demanialità delle acque in base anche alla sentenza della Corte di Appello di Napoli e prevedeva una forma di ristoro economico
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al Comune di Caposele da parte dello Stato. Ai Caposelesi veniva, inoltre, riconosciuta una servitù prediale sulle acque: cinquecento litri al secondo, se la portata delle
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sorgenti superava i 4mc/s e duecento litri nel caso di portata inferiore 32. Come contropartita il Comune riceveva la somma di 700.000 lire in acquisto di rendita
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pubblica, che tra l’altro, in virtù del bando di gara vinto per i lavori a farsi, veniva erogata dall’impresa D’Ercole, e non dal governo33. La forma di ristoro economico
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veniva prevista senza alcun aggancio alla svalutazione della lira, per cui, a causa della forte svalutazione sopraggiunta subito dopo la prima guerra mondiale, ogni promessa risultò vanificata. L’indennizzo avuto con la convenzione veniva investito infatti in titoli
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di Stato nominativi al 3,50% con rendita annuale di 20.377 lire; con la svalutazione, a mala pena bastava per pagare un impiegato comunale. Inefficaci furono le tante richieste dei Sindaci pro-tempore degli anni venti e trenta per una nuova forma di
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ristoro economico, data la grande quantità di acqua incanalata verso la Puglia. Tale
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presa, seppur giustificata e compresa nelle finalità, in effetti sconvolse per sempre non solo l’economia locale, ma limitò le potenzialità di qualsiasi tipo di sviluppo del
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territorio. All’epoca il nostro paese era un centro che vantava decine e decine di opifici
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(trappeti, mulini, gualchiere, etc) azionati dalla forza che l’acqua acquistava correndo a
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valle. Di questi solo una decina, grazie alla quota d’acqua riservata ai Caposelesi, potettero continuare la loro attività, anche se in maniera più limitata. Considerato che le sorgenti erano e sono ancora situate nel centro urbano, al danno si aggiunsero le continue limitazioni idrogeologiche, e non solo, imposte ancora oggi al territorio per la salvaguardia delle sorgenti. Di fatto si negò a Caposele qualsiasi tipo di sviluppo, si 32
Il volume d’acqua veniva successivamente determinato in 363 litri al secondo, in base alla portata media delle sorgenti. Tale portata d’acqua di esclusiva pertinenza del Comune e dei suoi abitanti veniva lasciata liberamente defluire nell’alveo del Sele. 33 Dell’indennizzo, che comprendeva anche la facoltà di occupare le strade e i suoli comunale necessari alla costruzione dell’opera, 75.000 mila Lire al massimo dovevano essere impegnate dal Governo sia per i lavori che nell’interesse pubblico il Comune avrebbe dovuto affrontare, sia per la ricostruzione delle case dei poveri contadine cadute o cadenti a causa delle frane, 25.000 Lire sarebbero state utilizzate dal Comune per pagare le spese legali sostenute per i giudizi contro Zampari e quello presso la Corte Costituzionale di Napoli; le restanti 600.000 Lire come le 75.000 Lire convertite in titoli intestati al Comune con godimento della rendita (3,50%) dal 1 luglio 1904.
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impoverì il paese anche di valori immateriali quali viste panoramiche, amenità di vita etc. Anzi, senza alcuna gratitudine da parte della Regione Puglia e dello Stato, Caposele, la generosa, fu costretta ancora una volta a vivere un forte periodo di frustrazione morale e di difficoltà economica. Intanto gli accresciuti fabbisogni della popolazione pugliese, in continuo e notevole incremento demografico, inducevano i dirigenti dell’Acquedotto Pugliese a fare richiesta al Comune delle acque residuali ad
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esso riconosciute con diritto d’uso dalla convenzione del 1905, al fine di integrare la portata dell’acquedotto stesso. Nel 1937 l’E.A.A.P.34 ne chiedeva al potere centrale di
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Roma l’autorizzazione e nel 1938, senza nemmeno informare il Comune di Caposele, organizzava una riunione di tecnici, presente anche il Prefetto di Avellino, per studiare
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lo stato delle opere di presa delle sorgenti e la causa dei movimenti franosi che interessavano l’abitato. Un vero e proprio sotterfugio per un’altra pirateria o colpo di
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mano. Il 29/11/1938 il Podestà di Caposele ne informò il Prefetto comunicandogli che la popolazione, gelosa delle sue acque, necessarie alla sopravvivenza propria e del fiume non era disposta a cederle bonariamente. Nella riunione successiva del 19 dicembre
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dello stesso anno, i tecnici e geologi all’uopo convocati in sopraluogo dai dirigenti dell’Acquedotto Pugliese, come previsto, giudicavano le acque pericolose alla stabilità stessa delle opere di presa dell’acquedotto e dell’abitato di Caposele, già sottoposto ad
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importanti movimenti franosi, e ne stabilivano la deviazione nel canale principale
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dell’acquedotto stesso. Di fronte alla impossibilità di resistere alla richiesta, anche in dipendenza della facoltà consentita al Governo con la legge sulle acque e gli impianti
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elettrici n°1775 dell’14/12/193335, dato il preminente uso alimentare riservato
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all’acqua, il Comune, munitosi di pareri legali in proposito, pareri che sconsigliavano
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qualsiasi resistenza, decise, suo malgrado, di non opporsi alla richiesta stessa. Vero è che già con l’atto di transazione del 1905, Caposele aveva riconosciuto la demanialità delle sorgenti Sanità, ma lo Stato, in compenso, gli aveva concesso il diritto d’uso perpetuo delle acque residuali nella misura di 363 l/s. Come al solito, però, le richieste del Comune non venivano tutte accolte. In una riunione tenutasi presso il Ministero dei LL.PP. il 4 maggio 1939, alla presenza dei rappresentanti del Ministero, dell’EAAP e 34
Con D.L. 19 ottobre 1919 n. 2060 il Consorzio costituito con la legge del 1902 era stato trasformato in “Ente Autonomo Acquedotto Pugliese” (E.A.A.P.) 35 La legge individuava come “pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali”, le quali […] acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse”.
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del Comune stesso, vennero stabilite in linea di massima, le modalità della cessione delle acque di spettanza del Comune e fissate le relative indennità a favore di quest’ultimo. Le condizioni stabilivano in cambio della cessione un indennizzo forfettario di 1.500.000 lire, più altre 300.000 lire per i privati danneggiati nelle loro attività produttive oltre alla promessa di lavori vari di pubblica utilità e la concessione della luce elettrica. Ma le conclusioni della riunione romana non furono bene accolte
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dalla popolazione di Caposele. L’ulteriore presa d’acqua cadeva sulla loro testa ancora una volta con decisioni prese
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dall’alto e sconvolgeva del tutto la loro esistenza, basata su un’economia già in difficoltà. Al malumore dei primi giorni, alle varie riunioni tenute per manifestare la
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totale disapprovazione, sfidando la reazione delle Autorità, - si era nel periodo di maggior consenso degli Italiani al regime fascista, quando le adunate e le manifestazioni
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di popolo in pubblico erano severamente proibite - , seguì una vera e propria sommossa popolare al punto da impedire al Prefetto di Avellino e alle altre autorità convenute di partecipare alla riunione che il Prefetto stesso aveva indetto per il 27/5/1939 sul
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Municipio di Caposele perché si siglasse l’atto conclusivo di cessione delle acque residuali. Tra la folla che dimostrava il suo dissenso al grido di “l’acqua non si vende” e i carabinieri, diverse donne, incuranti delle conseguenze a cui sarebbero andate
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incontro, si interposero per impedire l’arresto dei loro uomini e degli organizzatori
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della rivolta. Tra questi ultimi l’ufficiale in pensione, mutilato di guerra, Pasquale Ilaria, che coerentemente ai suoi sacri sentimenti morali e patriottici gridava e
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riconfermava solennemente, esplicitamente, insistentemente, per oltre due ore
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consecutive, facendosi portatore dei sentimenti di tutti i cittadini di Caposele, di non
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voler cedere, nemmeno per tutto l’oro del mondo, all’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese o ad altra persona fisica, i diritti acquisiti sulle acque delle Sorgenti del Sele col pubblico atto di transazione del 1905. Passò qualche giorno e le autorità, per sedare la rivolta, procedettero all’arresto delle persone che più si erano esposte nella manifestazione. Sottoposti a giudizio, Pasquale Ilaria fu condannato al domicilio coatto alle isole Tremiti (poté rientrare a Caposele solo dopo la caduta del fascismo), mentre Giovanni Benincasa, maestro elementare e Rocco Iannuzzi subirono pene più lievi. Indifferente alla sorte dei nostri concittadini e sempre più determinato nei suoi scopi, l’E.A.A.P. nel novembre del 1940 rivolse al Ministro della Guerra una ulteriore 23
richiesta: a titolo precauzionale la provvisoria deviazione notturna delle stesse acque residuali perché, fluenti nell’alveo del fiume, con i riflessi della luce lunare avrebbero potuto attirare sulle opere di presa delle sorgenti, - quest’ultime, tra l’altro, già mimetizzate -, eventuali incursioni aeree. Con atto del 20 dicembre 1941, debitamente approvato. In base a tale schema di convenzione accettato anche dall’A.P., veniva stabilito che al
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Comune sarebbe stata pagata, come indennizzo, la somma di £ 1.500.000 e altra somma di £ 300.000 sarebbe stata pagata per gli indennizzi alle utenze private,
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rivierasche, ricadenti nel territorio di Caposele veniva inoltre stabilito che, l’A.P. avrebbe fornito gratuitamente al Comune l’energia elettrica necessaria alla pubblica
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illuminazione, erogandola dalla centrale prevista nel progetto di allacciamento delle sorgenti di Cassano e che doveva sorgere nei pressi dell’abitato di Caposele.
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L’11 maggio194236 con R.D. il Governo concedeva all’E.A.A.P. l’uso delle acque residuali delle sorgenti della Sanità. Per risarcire il paese di quest’ultima presa veniva siglata in Prefettura, una convenzione valida per settant’anni, che riconosceva al
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Comune un parziale ristoro per i danni e i limiti imposti dall’ulteriore prelievo. La nuova concessione non solo finì di impoverire Caposele e il suo territorio, ma tolse tutta l’acqua delle sorgenti al fiume, senza tener conto che già alla fine dell’800 una
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commissione del Senato per la presa delle acque di Serino aveva parlato di “minimo
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flusso vitale di un fiume”. Chiusero i pochi opifici ancora funzionanti dopo la prima captazione, con conseguente perdita di posti di lavoro e si pregiudicò anche il possibile
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sviluppo che tali attività avrebbero potuto esercitare sul territorio.
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Nel 1943 con la scusa che bisognava rifornire d’acqua le truppe italiane che al porto di
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Brindisi si imbarcavano per l’Africa, la deviazione notturna delle acque divenne anche diurna. La convenzione del 1942, in scadenza nel 2012, veniva successivamente aggiornata nel 1970.
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Mario Giordano, Corriere dell’Irpinia 17 gennaio 1942.
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In considerazione della situazione determinatasi a seguito del sisma del 23/11/1980 sorgeva poi l’esigenza di rivedere ed aggiornare la convenzione del 10/5/1970 “al fine di fare meglio corrispondere la portata ai rapporti instauratisi tra le parti”37. Il 3 febbraio 1997, dopo 27 anni fu trovato un accordo tra le parti sulla interpretazione degli articoli della convenzione del 1942 e fu approvato un nuovo documento. Intanto , la prima convenzione, valida per 90 anni, dovrebbe essere già scaduta. Tra le
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ultime cose c’è da dire che solo poco tempo fa, l’Autorità di Bacino del Sele ha imposto il rilascio nel fiume di una minima quantità d’acqua per l’equilibrio del bilancio idrico.
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La prima richiesta di prelievo delle acque del Calore per integrare la portata dell’acquedotto pugliese fu avanzata nel 1902: ma non seguì alcun provvedimento.
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Dopo il 1915, quando le acque del Sele raggiunsero Bari, e precisamente nel 1926, scartata la possibilità di utilizzare per lo scopo anzidetto le sorgenti di Calabritto e
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Senerchia, alla destra del Sele, avendo costatato la difficoltà di sollevamento che esse presentavano, per essere ad una quota altimetrica inferiore rispetto al canale principale dell’acquedotto di Caposele, l’E.A.A.P. rinnovò l’istanza di prelevamento delle acque
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del Calore al Governo centrale38; nel marzo del 1949 ne ripropose la richiesta per l’intera portata delle sorgenti, 3.140 litri, e nel 1950 il progetto per il loro allacciamento fu incluso nella programmazione delle grandi opere della Cassa per il
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Mezzogiorno da poco istituita. Spesa complessiva: 4 miliardi e 100 milioni di lire. Solo
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con il decreto ministeriale n° 2354 del 10 aprile 1958 venne comunque concessa l’autorizzazione alla presa delle acque e alla costruzione della nuova galleria, previa
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riserva di 600 litri al secondo alla Camera di Commercio di Avellino e al Comune di
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Benevento per alimentare l’acquedotto al servizio dei comuni di dette province. Nel
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1964 le acque del Calore vennero immesse nel canale principale di Caposele attraverso una galleria di 15 Km. L’Acquedotto Pugliese era autorizzato a prelevare una quantità d’acqua da un massimo di 4.000 litri al secondo ad un minimo di 1.400 litri al secondo con una portata media di 2.540 litri al secondo.
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Con la convenzione stipulata tra il Comune di Caposele e L’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese il 10/5/1970 venivano regolati i rapporti nascenti tra le parti dalla cessione all’EAAP dei diritti vantati sulle residue acque riservate al Comune con la convenzione del 2/3/1905. 38
Baldassarre Giovanni ,Relazione del Commissario Prefettizio Giovanni Baldassarre letta al ricostruito Consiglio Comunale nella seduta del 24 febbraio 1924.
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Più tardi, alle acque prese dalle sorgenti di Cassano Irpino e Montella si aggiunsero quelle della diga di Conza della Campania sì da alimentare tre Consorzi: Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia e Consorzio di Bonifica Capitanata in territorio pugliese, e Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano in territorio Lucano. Tra le tante promesse fatte nel corso di tutta la vicenda della derivazione delle acque va senz’altro ricordata quella dell’Impresa D’Ercole Antico, che, per iniziare la
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costruzione della galleria senza problemi, si impegnò a trasformare Caposele in una “piccola Svizzera italiana” con nuove abitazioni, con fontane pubbliche, con l’ufficio
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postale ed anche la ferrovia. Il tutto fu invece dimenticato appena iniziarono i lavori.
Per la concessione della costruzione e dell’esercizio e manutenzione dell’Acquedotto
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Pugliese non fu realizzato l’edificio commemorativo previsto dall’art. 60 del Capitolato.
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Venne altresì disatteso sia quanto previsto dai piani di coltura e di conservazione dei boschi e terreni compresi nel bacino idrologico delle sorgenti del Sele (approvati dal Ministero dell’Agricoltura con provvedimento 18 aprile 1904 n. 10982, in esecuzione
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dell’art. 104 del regolamento 5 aprile 1903 n. 214), inclusa la salvaguardia del bacino idrogeologico con sistematiche opere di risanamento idrogeologico e di forestazione, sia quanto previsto dal Regio Decreto n°606 del 17 giugno 1909 che istituiva un corpo
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speciale di guardie forestali con regolamento e divisa per vigilare il bacino che
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alimentava le sorgenti.
Caposele fu privato della fonte energetica, cosa necessaria ed indispensabile per uno
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sviluppo del territorio, e fu gravemente danneggiato con la chiusura dei numerosi
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opifici. La produzione di energia elettrica sul posto avrebbe costituito, certamente, il
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principale motore per alimentare l’economia locale e creare così le condizioni favorevoli per attrarre anche investimenti da fuori paese. Inoltre, mediante una canalizzazione per l’irrigazione si sarebbe potuta sviluppare una intensiva produzione agricola. Riuscire ad intuire come sarebbero andate le cose senza la deviazione delle acque è lavorare di fantasia, ma dato certo è il mancato sviluppo del nostro territorio e la povertà che ne è seguita39, sicchè Caposele da paese privilegiato dalla natura ha subito la stessa sorte toccata ai paesi dell’entroterra irpino. Nessuno negli anni ha voluto 39
Gerardo Monteverde, cit.
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considerare gli effetti disastrosi di tale grande rinunzia, dato il trascurabile peso politico che ha sempre avuto un piccolo Comune come Caposele e la continua prevaricazione di chi, più forte, riesce sempre ad imporre la sua volontà. Eppure questo paese non ha mai rinunciato alle sue antiche rivendicazioni. 40Oggi, più che mai, urge la necessità di aprire un accordo di programma tra le Regioni Campania e Puglia in virtù della legge n. 36/1994 (Legge Galli) e del D.Lgs n. 112 del
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31/03/1998, in quanto, attualmente, sono disattesi quasi tutti gli articoli. Non risulta il pagamento di alcun canone per la captazione delle acque delle sorgenti del Sele, non
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esiste alcuna quota di tariffa per la gestione delle aree di salvaguardia, né tanto meno esiste un servizio di controllo territoriale e un laboratorio di analisi per i controlli di
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qualità delle acque alla presa.
Il prossimo Consiglio Regionale della Campania deve affrontare la tematica e dare
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risposte credibili e condivise dagli enti locali sui cui territori sono presenti le sorgenti. In caso contrario non resta che lottare con ogni mezzo per essere ascoltati e far valere i propri diritti nel rispetto delle leggi.
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La galleria Pavoncelli, realizzata nei primi anni del ‘900 venne danneggiata in seguito al terremoto del novembre 198041 e allora fu deciso di realizzare una nuova condotta, la Pavoncelli bis, parallela alla prima, affinché la flessibilità nell’uso dell’una e dell’altra
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consentisse le operazioni di manutenzione, senza interruzione del servizio. I lavori,
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avviati nel 1990, furono però sospesi nel 1992 a causa delle difficoltà derivanti dall’elevato flusso d’acqua. Il cantiere poi non fu mai riaperto a causa delle complesse
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vicende amministrative e giudiziarie insorte. Ancora oggi le polemiche non si sono
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placate e più compatto è il fronte contrario alla realizzazione della Pavoncelli bis. Non
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solo i comuni irpini e salernitani, ma anche il Parco dei Monti Picentini, il WWF, Legambiente e l’Ato che considerano l’opera un danno per l’ambiente circostante e per le stesse acque del fiume Sele , in attesa della valutazione di impatto ambientale da parte del Ministero dall’Ambiente, sono intenzionati a continuare la battaglia42. C’è da premettere che il 6 novembre del 2009 il Consiglio dei Ministri, in seguito alle numerose segnalazioni presentate alle istituzioni competenti dall’assessore pugliese 40 41 42
Antonio Santoro,Lo scippo delle acque,Edizione Guppo Associati Pubblitaf., Napoli,2000. Fabrizio Mangoni, Mario Pancetti,Dopo il terremoto la ricostruzione, Edizioni delle Autonomie, Roma,1981. Istituto Ambiente Italia,cit.
27
Amati, seguite dalla richiesta dello stato di emergenza da parte della Giunta Regionale pugliese, ha dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla vulnerabilità sismica della galleria Pavoncelli e che, successivamente, dopo lo scontro con gli enti irpini nelle varie sedi in cui la vicenda è stata affrontata, ha concesso all’Acquedotto Pugliese la proroga di un anno di detto decreto. Intanto nel maggio 2011 presso la sede del Commissario straordinario per la Pavoncelli bis a Bari si è insediato un Comitato tecnico consultivo,
TE
composto dall’assessore regionale alle Opere Pubbliche e Protezione Civile Fabiano Amati, un tecnico del Ministero delle Infrastrutture ed un consulente finanziario.
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Dibattiti, interviste ed approfondimenti si sono anche intensificati sulla delicata situazione dei trasferimenti idrici dalla Campania in Puglia, sulla scadenza della
G
convenzione settantennale del 1942; sulle esigenze generali del territorio, la individuazione dei meccanismi di compensazione e sull’allargamento del tavolo
SO R
istituzionale dell’accordo di programma ai Comuni detentori delle risorse idriche.
AR
C
H
IV
IO
2.1 Vincoli sismici
LA
2.Previsioni di Piano e vincoli urbanistici
La stragrande maggioranza dei comuni della Campania è da considerare, in misura diversa, soggetta al rischio sismico. Il 24 per cento (129 comuni) è classificato nella categoria a più alto pericolo, il 65 per cento 360, tra cui Napoli e Salerno rientra nella fascia intermedia, mentre 62 comuni (11%) sono collocati nella terza categoria, dove il rischio è meno sensibile. E' questo il panorama che emerge dalla
mappa
sismica
della 28
Campania, approvata dalla Giunta e presentata dal governatore Antonio Bassolino con il prof. Franco Barberi, consulente della Regione per la protezione civile. Gli strumenti legislativi che si applicano sono: 1.Deliberazione n° 248 del 24 gennaio 2003 Deliberazione della Giunta Regionale n. 5447 del 7 novembre 2002 recante
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Circolare applicativa relativa alla strumentazione urbanistica
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"Aggiornamento della classificazione sismica dei Comuni della Regione Campania".
2.Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 196 del
G
27 marzo 2003
SO R
Regolamento per la disciplina della fase transitoria di applicazione delle norme tecniche nei comuni dichiarati o riclassificati sismici con Delibera di Giunta Regionale n. 5447 del 7 novembre 2002.
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La prima regione a varare la nuova classificazione sismica è stata la Campania. L’abitato è stato colpito dal sisma del 1980, dopo il quale si sono effettuati interventi di
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messa in sicurezza (iniezioni di malta, applicazioni di tiranti e puntelli, operazioni di scuci e cuci etc...) secondo la legge 14 maggio n. 219 dell' '81conversione in legge, del
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decreto-legge 19 marzo 1981,N.75 e successiva l.r.7/1 1983 n.9 della Campania.
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Successivamente è stato emanato il decreto della regione campania n.195 del 27 marzo
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2003, seguito nel maggio dello stesso anno dalla deliberazione 1754:" iscrizioni
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generali per la redazione del progetto di restauro nei beni architettonici di valore storico artistico in zona sismica" (circolare Ballardini), la quale recepisce il d.p.r 21/12/99 n.544. Per interventi sul costruito si fa riferimento alla Deliberazione n° 248 del 24 gennaio 2003 e alla deliberazione della Giunta Regionale n. 5447 del 7 novembre 2002 recante "Aggiornamento della classificazione sismica dei Comuni della Regione Campania", in zona R3,di rischio elevato.
29
Tale legge detta gli interventi da inserire negli strumenti urbanistici e consente per la redazione dei progetti di restauro dei beni architettonici di valore artistico in zona sismica soltanto interventi di miglioramento sismico e messa in sicurezza.
2.2 Piano di Bacino Interregionale del fiume Sele L'Autorità
di del
fiume
TE
Interregionale
Bacino
Sele è
stata
costituita
in
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esecuzione dell'art. 13 della legge del 18 maggio 1989, n. 183,
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mediante
una
specifica
SO R
"Intesa"interregionale sottoscritta nel.
1993
dalla Campania e
dalla Basilicata.
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Suddivione bacini idrografici,Regione Campania,2012
Successivamente c’è stato un accorpamento delle Autorita' di bacino "interregionale
IO
del fiume Sele", "regionale Destra Sele" e "regionale Sinistra Sele"
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nell'unica Autorita' di bacino "regionale Campania Sud ed interregionale per il bacino idrografico del fiume Sele" con il D.P.R. n.142 del 15.05.2012.
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Il bacino idrografico dell'Autorità Interregionale si estende su una superficie di 3.350
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km², con una popolazione di 400.000 abitanti circa e una densità abitativa di 120
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abitanti/km². Comprende complessivamente 88 Comuni, di cui 62 appartenenti alla provincia di Salerno, 5 alla provincia di Avellino e i restanti 21 alla provincia di Potenza. Il bacino del fiume Sele nello specifico interessa la parte montuosa centrooccidentale della regione per circa 833 kmq riguardanti i subaffluenti Marmo-Platano e Melandro, tributari del Tanagro, affluente di sinistra del Sele. La portata media annua del Sele a 10 km dalla foce è di oltre 69 mc/s, di cui quasi 11 provengono dal Tanagro. Il torrente Platano scorre nell'estremo settore nord-occidentale della Basilicata, nella provincia di Potenza, compiendo però l'ultima parte del suo percorso in territorio
30
campano prima di confluire nel fiume Tanagro; il suo bacino confina a nord con quello dell'Ofanto, ad est con quelli dei fiumi Basento ed Agri. Il fiume Sele fa parte anche del bacino Interregionale della Basilicata. Il fiume nasce alle pendici sud-orientali del Monte Paflagone (contrafforte del Monte Cervialto), presso il comune di Caposele in provincia di Avellino. Le sorgenti principali, dette "della Sanità", (attualmente quasi del tutto incanalate per
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alimentare il grande Acquedotto pugliese), sgorgano a 420 m s.l.m. nel centro del paese; più a valle, il primo affluente è il Rio Zagarone che proviene dal monte
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Cervialto. Prende a scorrere in seguito verso sud costeggiando la rocca di Quaglietta, i Bagni di Contursi e ricevendo presso Contursi Terme da sinistra il Tanagro, principale
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tributario, che ne incrementa notevolmente la portata.
Da questa confluenza il fiume rallenta la propria corsa scorrendo copioso d'acque con
SO R
andamento meandriforme, attraversando l'oasi di Persano, zona di notevole attrattiva naturalistica dove a seguito di una diga realizzata nel 1932, si è creato l'invaso artificiale di Persano.
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Presso Eboli il fiume entra in un'ampia e fertile pianura alluvionale nota come la piana del Sele, scorrendo pigro e ampio. Presso Ponte Barizzo il Sele riceve l'ultimo tributario importante: il Calore Lucano. Da qui alcuni meandri guidano il fiume nel suo
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ultimo tratto prima di riversarsi nel Golfo di Salerno con una foce ad estuario.
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Il piano stralcio con le relative norme tecniche di attuazione si applica al territorio del
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bacino idrografico del fiume Sele, di competenza dell’Autorità di Bacino Interregionale del
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Sele, così come individuato dal D.P.C.M. 22/12/77, emanato ai sensi dell’art. 89, comma 1, del D.P.R. 24/07/1977 n. 616, riperimetrato con il D.P.R. 14 aprile 1994 e
AR
delimitato con il D.P.R. del 13 aprile 2000. In particolare, ai sensi dell’art. 3 di tale D.P.R. e in base ad intesa con l’Autorità di Bacino Destra Sele, è stata effettuata una nuova perimetrazione del territorio di competenza che ha inglobato il Comune di Eboli. Il bacino si estende per circa 3.250 Kmq, comprende n. 88 Comuni, di cui 67 appartenenti alla Regione Campania e 21 alla Regione Basilicata. A tal proposito citiamo la Carta del rischio Frane(2001). La zone delle cantine,tema di progetto, rientra in tale zona:
31
Molto elevata propensione all'innesco-transito-invasione per frane paragonabili a quelle che caratterizzano attualmente la stessa Unità Territoriale di Riferimento. Mentre il Mulino(unica testimonianza presente a Caposele) si ritrova nella zona a media propensione all'innesco-transito-invasione per frane paragonabili a quelle che caratterizzano attualmente la stessa Unità Territoriale di Riferimento.
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2.3 Il Piano Regolatore generale dell’80 Caposele è uno dei pochi
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Comuni dichiarati “disastrati” ad avere già pronta, alla data
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del terremoto dell’80, una dettagliata proposta di Piano
SO R
Regolatore Generale.43 Tale
proposta
Regolatore
del
Piano
Comunale
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prevede: -
La
riqualificazione
insiedativa del centro storico di
Caposele, l’utilizzazione delle sue risorse posizionali e culturali, e la
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-
IV
Piano Regolatore,1980
C
conservazione delle funzioni di centro delle attività urbane in esso consolidate;
AR
-
- il progressivo e graduale riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente; - il risanamento e il completamento urbanistico ed edilizio delle aree intermedie
fra i più antichi insiedamenti (Castello e Capo di Fiume), compromesse dall’abusivismo edilizio; -
- la creazione di nuove aree autosufficienti di espansione di residenza e servizi
nelle località Piani e S.Caterina;
-
Vito De Nicola, Nora Scirè, Caposele 1980-1990: Storia urbanistica e sociale di un paese terremotato, Valsele Tipografica,Materdomini,1990. 43
32
La definizione di ruolo di cerniera territoriale con la costruzione della rete
-
“fondovalle”; - il rafforzamento e la salvaguardia delle attività agricole basilari per l’economia
-
locale; - la finalizzazione delle diverse opere pubbliche di consolidamento , di sistemazione idrogeologica e di viabilità e accessibilità.
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Il fine dei collegamenti proposti dal Piano era - Strappare dall’isolamento il centro urbano permettendo un collegamento più rapido
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con Bagnoli, Lioni e Calabritto.(rafforzando la viabilità con i luoghi di lavoro)
-Creare un’alternativa al turismo monopolare di Materdomini, valorizzando le aree concomitanza della crescita di Laceno.
G
montane dell’acqua delle Brecce, dell’Arialunga, della Mauta, di Monte Calvello, in
SO R
Il Piano inoltre propone di connettere il nucleo antico con il Castello attraverso una nuova circuitazione pedonale; la riconnessione della città antica con il fiume; la zona a verde attrezzato; la riqualificazione del fiume sfruttandone le potenzialità paesistiche e
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turistiche.
Dall’analisi del reale e avendo costatato condizioni di affollamento abitativo(con una o più persone per stanza),l’obiettivo del Piano Regolatore dell’80 è quello di risanare il
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problema delle abitazioni monostanza con la previsione di ulteriori 1350 vani.
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Si sono così creati insediamenti lineari lungo l’anello della viabilità insieme al rafforzamento dei ruoli urbani all’interno dei nuclei abitativi(Caposele centro e
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Materdomini).
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Purtroppo con il sisma del novembre ’80 insieme ad una una consistente parte del
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patrimonio edilizio è stata fatta “tabula rasa” anche di questo Piano Regolatore Generale , che poteva essere utile per le scelte urbanistiche da prevedere nell’immediato dopo terremoto e previste dalla L.219/81.
33
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2.4 Il piano di recupero dell’83
Piano di Recupero con l’indicazione degli edifici vincolati
La legge n.219/81 sulla ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dal sisma del novembre ’80 e del febbraio ’81 prevedeva all’art.28 l’adozione dei Piani di Recupero del patrimonio edilizio esistente entro settembre ’81. Vista l’inadempienza del comune di Caposele , Regione Campania nel dicembre del ’82 ha designato un Commissario ad “acta” per Caposele con il compito di redarre e 34
approvare il Piano di Recupero, adottato nel giugno ’83 ai sensi delle leggi nn. 219/81 e 457/78. Nell’approvare questo piano furono respinti i ricorsi dei cittadini e delle associazioni culturali e parere negativo della Soprintendenza. La soprintendenza nel maggio ’8444 ha proposto al ministero per i Beni Culturali e Ambientali di vincolare numerosi edifici ad aree di sedime ai sensi dell’artt.1 e 21 della
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L.1089/39 determinando la possibilità di recuperare buona parte del centro storico con il rispetto del preesistente tessuto urbanistico ed edilizio, almeno nei suoi principali
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valori storici, architettonici ed ambientali.
Con i decreti del Ministero per i BB.CC.AA. del 5/11/84 sono stati assoggettati alla
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L.1089/39 sulla “Tutela delle cose di interesse storico –artistico”, oltre al Castello,17 edifici a destinazione prevalentemente residenziale.
SO R
I citati decreti ministeriali rendevano inoperanti le scelte di intervento contenute nel Piano Regolatore Generale , pertanto la Soprintendenza ha più volte comunicato all’amministrazione comunale la propria disponibilità a collaborare per la risoluzione
LA
dei problemi relativi alla ricostruzione del centro storico.
L’amministrazione comunale in questa fase ha rifiutato l’aiuto della Soprintendenza e ha ritenuto opportuno fare il 1/3/85 ricorso al tribunale amministrativo regionale(TAR)
IO
per l’annullamento dei decreti ministeriali con i quali erano stati dichiarati di
IV
particolare interesse storico parti del tessuto edilizio del centro storico. Le motivazioni sono state le seguenti:
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1. Inesistenza dei presupposti valori storico-artistico-ambientali per applicare la legge
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1089/39;
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2. Impossibilità di rispettare quanto contenuto nei decreti per la genericità delle prescrizioni;
3. Disparità nel trattamento tra i vari proprietari ; 4. Violazione delle norme contenute all’art.13 della L.80/39 ed il Piano di Recupero, incompetenza dell’iter di approvazione dei vincoli della L.1089/39 5. Determinazione di forti aggravi di costi e ritardi nel processo di ricostruzione.
-
44
Vito De Nicola, Nora Scirè, Caposele 1980-1990: Storia urbanistica e sociale di un paese terremotato, Valsele Tipografica,Materdomini,1990.
35
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IV
IO
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2.5 Il Piano Urbanistico Comunale(PUC)
PUC 2007,consultato presso l’archivio comunale di Caposele
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Nel Comune di Caposele è vigente il Piano Urbanistico Comunale(PUC)Urbanistico Comunale (L.R. 16 del 22/12/2004 e S.M.I- delib. G.R. n.384 del 11/05/2007L.R.13 del 13/10/2008) Gli elaborati del PUC rispondono alle "Norme tecniche e direttive riguardanti gli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, generale ed attuativa"emanate con Delib. G.R. n.384 del 11/05/2007( BURC n.33 del
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18/06/2007). L'elaborazione progettuale è accompagnata dal Rapporto Ambientale per la Valutazione
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Ambientale Strategica VAS del Piano, ai sensi della Direttiva 2001/42/CE e della L.R. n.16 2004, nonchè della parte del D.Lgs. 152/2006 e success. modifiche e
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integrazioni.
Prima dell'approvazione del PUC verrà accertato il coordinamento dei contenuti con
SO R
gli altri strumenti di settore in dotazione del Comune.
Le attività edilizie e di trasformazione del piano urbanistico comunale dovranno essere attuate conformemente alle conclusioni dello studio geologico-tecnico redatto ai sensi
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della legge n.9 dell'83, nonchè nel rispetto :
-del piano stralcio per la tutela de rischio idrogeologico(PAI) dell'autorità di bacino interregionale del fiume Sele;
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-del piano stralcio dell'assetto idrogeologico dell'autorità di bacino della regione Puglia.
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Dovranno essere rispettate le prescrizioni legate alla pericolosità e al rischio sismico con legge n.9 dell'83.
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Per le zone omogenee coincidenti con le aree classificate a rischio frana elevato r3
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valgono le disposizioni dei piani stralcio delle autorità di bacino.
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Il presente PUC prevede la ristrutturazione, la riqualificazione architettonica e urbanistica ed il completamento , previa formazione di Piano Urbanistico Attuativo di iniziativa pubblica, di cui all’art. 26 co.2,lett. A)della L.R n.16/2004. Gli edifici presi in esame per il progetto di restauro, le cantine e il mulino, rientrano entrambi nella zona B1-RISTRUTTURAZIONE E RIQUALIFICAZIONE DEL TESSUTO URBANO. In tali zone ,disciplinate dal Piano di Recupero previgente, sono ammessi gli interventi secondo le lettere a),b),c) dell’art.3 del D.P.R n.380/2001 e s.m.i. 37
“Tali interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25% delle destinazioni presistenti…” Inoltre ai sensi dell’art.28 della legge n.219/81 e dell’art. 34 del Dlgs 76/90 e sostanziato nei suoi fondamenti dalle disposizioni di cui alla legge n.457 del 1978, gli interventi in tali zone sono finalizzati a: Migliorare la qualità dl patrimonio edilizio salvaguardando il carattere tipologico e di
-
TE
insediamento ambientale; Conservare l’impianto urbanistico valorizzandone le cameristiche e potenzialità;
-
Incrementare attraverso l’utilizzo per uso pubblico la dotazione generale dei servizi. è la nostra storia, fin dai tempi più remoti. non avremmo avuto la presenza dei Greci, dei Sanniti, dei Romani;
LA
noi stessi oggi non esisteremmo”45
SO R
Se non ci fosse stato un bene così prezioso,
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L’acqua è nel sangue della nostra gente;
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-
3.Cenni storici sulle trasformazioni urbanistiche
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Come è facilmente comprensibile tutta la storia del comune si è svolta in parallelo a quella del fiume e questo fin dal tempo della colonizzazione greca della costa campana,
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come lasciano supporre alcuni toponimi della zona. La disponibilità abbondantissima di
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acqua avrebbe determinato i primi insediamenti documentati e mantenutisi nel corso
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dei secoli.
45
Il giornalibro di un paese dell'irpinia ogni domenica.Il comune di Caposele presenta:21° comune: Caposele e Materdomini Collana settimanale,AVE.Introduzione Sindaco avv.Corona-Lioni ,1993
38
Planimetria con l’indivuazione di testimonianze greche lungo l’alveo del fiume Sele,Spigolando nella Valle del Sele,la nuova stampa,Scafati
Sulle origini di Caposele non si trovano, però, notizie certe. L’unico punto di partenza, riconosciuto un pò da tutti, è la derivazione greca del nome del Paflagone, monte alle pendici del quale sgorgano le sorgenti del Sele. Tale nome viene da alcuni collegato ad una regione conquistata dai Greci, la Paflagonia, la cui radice viene fatta risalire al
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verbo greco paflazo (gorgogliare di polle, bollire) e al cui tema si è aggiunto, per assimilazione, il tema forte di ghignomai (nascere = ghen). Con maggiore sicurezza si
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può affermare che alcuni greci, dopo la fondazione di Posidonia nel 273 a.C. partirono per esplorare le terre bagnate dal fiume Sele e le sue sorgenti e che ai loro occhi la
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somiglianza con la Paflagonia dovette essere tale da spingerli ad indicare il monte delle
SO R
sorgenti col nome Paflagone. L’indicazione di tale nome si è tramandata sicuramente per via orale con i primi insediamenti. Gli storici riferiscono che nel 271 a.C. Pirro, re dell’Epiro, durante la III guerra Sannitica, vinse i Romani sulla destra dell’Alto Ofanto, tra Ferentino ed Oppido, località ad Ovest e a Nord di Caposele, distanti circa 4 Km
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dal paese. Ed è probabile che in quella occasione il re attraversasse i luoghi immediatamente prossimi alle sorgenti del Sele e, dopo un inseguimento, affrontasse il
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nemico fin sotto Caposele46.
Altri riferiscono che vi fu una grande battaglia del Silaro, estesasi dalla foce del Sele alla
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valle di Conza nel 71 a.C. e che Spartaco, dopo aver devastato la Campania e la Lucania
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con una moltitudine di schiavi, Galli e Traci, sopraffatto cercò scampo verso Aquilonia,
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dove le sue forze furono completamente sterminate dai Romani.
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Secondo l’Antonini la nascita di Caposele potrebbe invece risalire al periodo delle lotte romane con le tribù sannitiche. Vero è che se la presenza dei greci sul territorio va ipotizzata su parole di origine greca, quella romana ha lasciato reperti archeologici e nomi di chiara provenienza latina. Con la stele dedicata al dio Silvano, ritrovata nel
46
Fino alle sorgenti del Sele erano i confini dell’antica Italia nella parte della Lucania. Furono i Lucani a contrapporsi alla colonizzazione greca sulla costa tirrenica e non è improbabile che proprio i Lucani costringessero i Greci di cui si è parlato, riferendoci al Paflagone, a portarsi presso le sorgenti del Sele.
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1834 nel bosco alla località Preta (Caposele), sita ai piedi del monte Oppido, troviamo un’importante testimonianza epigrafica del possesso nel territorio di vasti terreni da parte di un certo Domitius Phaon. La presenza di mura ciclopiche sulla vicina collina che oggi è ancora denominata Oppido era ed è un segno della presenza di un castrum romano per controllare la valle dell’Ofanto e la Sella di Conza, zona di vitale importanza in cui scorreva la strada47 di accesso al porto di Brindisi.
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Vero è anche che i primi colonizzatori della zona, Sanniti (Irpini) prima e Romani dopo, abitanti del castrum, avevano greggi che nel periodo estivo portavano a pascere
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sul monte vicino, più alto e ricco di pascoli (per tali caratteristiche ancor oggi il monte è chiamato Calvello, dal latino carne e vello) e che certamente d’estate essi scendevano
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verso la valle dove oggi è Caposele per coltivare i terreni e rifornirsi di frutta, legumi e
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grano.
Per parecchio tempo la valle di Caposele restò abitata da contadini e pastori. Nel corso degli anni e precisamente intorno all’anno mille 48, iniziò l’aggregazione edilizia a Capo
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di fiume, là dove una copiosa quantità di polle sorgive – quasi cento – formavano un laghetto, prima di dare origine con salti e cascatelle ad uno spumeggiante fiume diretto verso Posidonia (l’attuale Paestum).
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Nel periodo del feudalesimo, per meglio difendere le proprie terre e i propri privilegi
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gli abitanti iniziarono ad arroccarsi e a costruire mura di cinta; su solida roccia nacquero così il castello e le case intorno ad esso, l’una all’altra addossate ed intersecate da vicoli
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strettissimi .
47
Gangemi G., L’antica rete viaria in Irpinia,1987..”la via Appia che staccatasi dal litorale tirrenico, passava per Capua antica fino a Beneventum,per proseguire verso Brundìsium;in secundis la via Traiana che staccatasi anch’essa da Beneventum, proseguiva in direzione di Luceria. 48 Gerardo Monteverde, cit.
40
TE EN G SO R LA IO IV H C AR
Vista della zona Castello prima del terremoto del 1980
Il Castello, si trovava nella parte inferiore rispetto alle sorgenti, a circa 800 metri, là dove il fiume, incontrando un falso piano “allentava il passo” 49. La scelta del sito fu dettata dalla necessità che il castello fosse posto in alto e contemporaneamente vicino alle acque (il Sele passa sotto lo sperone su cui poggia il Castello)50 . La parte più antica del Castello, risalente al secolo XI, consisteva in un
49 50
N. Santorelli, cit., pag. 108 Ricerche e studi Formez,cit.
41
torrione quadrato posto su di una base tronco-piramidale in trachite (roccia vulcanica di composizione affine al granito e reperita in loco). Nel tempo, al borgo superiore che si snodava ad anfiteatro intorno alle sorgenti, si unì il borgo inferiore, dove le acque si prestavano mirabilmente ad irrigazioni, a mulini 51 per macinare frumento, a mole per premere olive, a gualchiere52, tintorie, macchine tessili e altre macchine idrauliche. Si sviluppò così un apparato produttivo a spiccato
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carattere commerciale, basato sulla lavorazione della lana e la tintura delle stoffe. L’insediamento di Capo di Fiume divenne il quartiere popolare più produttivo e, a
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seconda della disponibilità del suolo, si diramò in due zone conosciute ancora oggi come “Capriumu r’cimma” e “Capriumu r’sotta”. Non si hanno notizie certe sul
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periodo di fondazione, molto probabilmente nasce come borgo fluviale già prima dell’XI secolo, ma se ne ha certezza solo dal 1160 in poi 53.
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Il borgo, caratterizzato da un’edilizia povera di cui non si hanno più resti, si disponeva ad anfiteatro addossato alla montagna, intorno ad una grande quantità di polle sorgive che formavano un irrequieto laghetto, le cui acque precipitavano in cascate e cascatelle
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dando origine al primo tratto del fiume Sele.
51
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L’impiego dei primi mulini ad acqua (già noto ai Romani agli inizi dell’età imperiale, per averne essi appreso il funzionamento al tempo delle loro conquiste in Siria, Asia Minore) divenne comune nel Medioevo. Di solito i signori feudali risvntum edeervavano a sé stessi il diritto di impiantare mulini e da questa sorta di monopolio traevano un cospicuo reddito. Col tempo vennero perfezionati due tipi di mulino: quello a ruota orizzontale, che sfruttava la velocità e la pressione dell’acqua ed era particolarmente diffuso nelle zone collinari e montane, e quello a ruota verticale, che aveva un rendimento più alto, ma aveva bisogno di molta acqua e quindi veniva costruito prevalentemente in pianura, in prossimità dei fiumi più grandi o presso le sorgenti particolarmente ricche. Quasi tutti i mulini dell’Alta Irpinia erano a ruota orizzontale. Solo i mulini di Caposele utilizzavano il principio della ruota verticale. 52 Quando uscivano dai telai i tessuti di lana non erano ancora pronti per l’uso: erano sporchi, ruvidi, laschi. Occorreva allora sgrassarli, ammorbidirli, serrarne le maglie. Venivano quindi immersi in una soluzione di acqua e soda o di altri reattivi alcalini (l’urina era quello più a buon mercato e perciò il più usato). Successivamente venivano trattati con argille da purgo (ammorbidenti). Durante tutta questa operazione le stoffe dovevano essere pigiate e battute energicamente, ed infine lavate perbene con acqua limpida. Il tipo di trattamento, dagli antichi Romani chiamato follatura ed eseguito a forza di braccia e di gambe, nel Medioevo veniva detto gualca e la macchina più diffusa per la lavorazione era la gualchiera, specie quella a due magli che era più facile da costruire e da far funzionare. Per quanto facile, il meccanismo era ingegnoso. Una ruota mossa dall’acqua faceva girare il fuso, lungo 3-4 metri, con un diametro di una quarantina di centimetri. Il fuso portava una coppia di camme per ogni maglio, disposte a croce. Le camme facevano oscillare due bielle (lunghe circa 2 metri e mezzo) sospese con apposite cerniere ad un sistema di travi. A ciascuna biella era attaccato un maglio (cioè un altro blocco di legno ricavato da un tronco). Il sistema biella-maglio aveva la forma di un gigantesco martello e del martello riprendeva anche il movimento. La corsa dei magli si arrestava contro il bordo di una vasca, nella quale venivano disposte le stoffe da gualcare. Al momento del risciacquo la vasca veniva allagata con acqua limpida, mentre i magli continuavano il loro lavoro. Nella gualchiera, quindi, l’acqua aveva una duplice funzione, serviva a lavare le stoffe e contemporaneamente ad azionare il meccanismo battente. 53 Il giornalibro di un paese dell'irpinia ogni domenica,cit. Il Comune di Caposele: cit., pag 21
42
TE EN G
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Foto inizio 1900,consultata presso l’archivio del comune di Caposele
L'acqua abbondante e precipitosa era fonte di energia per il funzionamento di mulini, gualchiere, oleifici, tintorie che operavano numerose lungo il primo tratto del fiume. Il
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luogo è rimasto tale fino agli inizi del 1900. Questi gruppi di abitazioni - “casali” o “borghi”- abitati da contadini, pescatori e
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successivamente mugnai, edificati in posti particolarmente adatti agli insediamenti per la loro importanza geografica o commerciale, erano dei nuclei economici, composti da
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parecchi fondi rurali aggregati insieme con poche case e rifugi occorrenti all’azienda
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agricola.
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Un nuovo borgo si sviluppa intorno al Castello con andamento concentrico (case bitate
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da fabbri, soldati, fornai) addossate tra loro e intervallate solo da strettoie che portavano al Castello che di notte venivano chiuse con robusti portoni. Questi gruppi di abitazioni - “casali” o “borghi”- abitati da contadini, pescatori e successivamente mugnai, edificati in posti particolarmente adatti agli insediamenti per la loro importanza geografica o commerciale, erano dei nuclei economici, composti da parecchi fondi rurali aggregati insieme con poche case e rifugi occorrenti all’azienda agricola.
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Di qui il nome “Portella” che sta ad indicare un quartiere di Caposele sorto nella parte bassa della collina e che segue l’andamento del suolo54. Il nucleo prese una certa consistenza nel 1200, caratterizzato da uno schema avvolgente concentrico che segue l’andamento orografico del suolo, assumendo una forma e una funzione simile a una cinta muraria55. Il tipo edilizio è quello a blocco a uno o a due piani che a volte presenta il tipico
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“sottano”, un vano posto al di sotto del livello stradale. 56
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Vista attuale dell pietra “Borrarea”
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Nel 1600, La Cronista Conzana di Castellano, ci parla di “tre Terre” che facevano parte del territorio di Caposele e che all’epoca erano andate distrutte o disabitate: la Terra di Boiaro verso Teora, la Terra di Malinventre verso S. Menna e la Terra di Torricella verso la Sella di Conza57.La più antica è la Terra di Buiaro (l’odierna Boiaro) che anticamente si scriveva Pietra Borraea , menzionata nel Conservatorio di Conza dell’anno 1200, alla fine del XVI secolo non presentava che ruderi. Al tempo di 54
Ricerche e studi Formez: cit., pag. 261 Archivio de “La Sorgente”…cit. 56 Ricerche e studi Formez,Un punto forte del turismo:Il Terminio Cervialto vol.I-II,Napoli,1981 55
57
D. A. Castellano, Cronista Conzana, libro II, Cap. VI, discorso I, pag. 137
44
Castellano conservava ancora qualche resto delle case del borgo e conservava la chiesa sotto il titolo di S. Maria di Buiaro o S. Maria ad Nives (dedicata anticamente alla Madonna della Neve) con la Cappella di S. Vito, mentre del Castello non vi era già traccia58.La Terra di Pietra Borranea , antico fortilizio quale avamposto di controllo ed avvistamento a difesa del valico di Conza, nacque su di un’alta e amena collina dopo la distruzione di Oppido Nuovo, costituita da un Castello con relativo casale e chiesa e
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poco distante l’antica Cappella di S. Vito, sotto la giurisdizione dei Balbano, feudatari di Caposele59.Denominato anticamente Viarum, il castello in età normanna era il punto dell’Ofanto, a metà strada tra Caposele e Teora60.
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di controllo di un feudo omonimo, a cavallo dello spartiacque tra le valli del Sele e
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Nel Castello di Boiano, sulle alture del paese dimorò Jacopo Sannazzaro che vi scrisse il
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suo “ De partu Virginis” e ivi Torquato Tasso quando si recò a Bisaccia, ospite di quel Duca, vi soggiornò e conquistato dalle fonti del Sele ne cantò le virtù nella sua “Gerusalemme conquistata”61.
Della chiesa, ubicata su una roccia altissima e spaziosa che ancora oggi si erge a dominio
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della valle, si hanno notizie insufficienti. Si può soltanto ipotizzare, dato il periodo storico di costruzione(XII secolo) ed i ruderi rimasti , che fosse un edificio a pianta
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quadrata, piuttosto anacronistico rispetto ai canoni architettonici dello stile del periodo, mantenendo però i richiami principali dello stesso 62.
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Pare infatti che i bassorilievi, affreschi e decorazioni con marmi policromi raffiguranti
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episodi di vita cristiana, si riscontrassero nell’abside e lungo la navata principale. La
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Madonna, posta in un’edicola sovrastante l’altare maggiore, era raffigurata al centro di un immenso scenario bianco. Tale chiesa era posta tra il Castello e la Cappella di S.
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Vito (semidistrutta dal terremoto dell’80 e ristrutturata solo da qualche anno) caduta in rovina era stata restaurata da fra Francescantonio Masucci, gentiluomo di Volturara, divenuto eremita63. Poco distante dal borgo, sopra un roccione che si stacca isolato dalle colline, si erge ora l’antica cappella dedicata a S. Vito. , in memoria del suo martirio avvenuto sotto Diocleziano, lungo le rive del Sele. Per accedere all’eremo 58
Castellano,cit. N. Santorelli: Il fiume Sele…cit., pag. 167 60 N. Filippone:cit., pag. 52 61 Archivio de “La Sorgente”…cit. 62 Archivio de “La Sorgente”,cit. 63 G. Chiusano: Documenti inediti…cit., pag. 16 59
45
bisogna risalire i disordinati scalini intagliati nella stessa roccia e alla sommità della scalinata, un arco spiana la via alla chiesetta64. Lo stemma che porta in centro, raffigurante il blasone del feudatario del ‘700, il principe Inigo Rota, ha la particolarità di essere stato volutamente incastrato capovolto.
3.1 Dall’XI al XX sec.
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La lana è stata per molti secoli la fibra più largamente impiegata nella fabbricazione delle stoffe. Dalla metà dell’VII sec. in poi il più significativo traffico commerciale
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diretto dalla costa verso l’interno interessò in modo particolare questa fibra e gli Irpini insediati nell’area delle alte valli dell’Ofanto e del Sele65. La lana, materia prima,
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prodotta nella Daunia66 in gran quantità per la vasta disponibilità dei pascoli che
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affacciavano sulle rive dell’Adriatico, prendeva varie direzioni, lungo i diversi tratturi, in particolare verso le regioni appenniniche interne e verso la costa tirrenica (soprattutto in direzione di Cuma e Amina – Pontecagnano, città proto-etrusca fondata da un popolo civile e laborioso più noto come Irpini che, partendo dal cuore
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dell’Appennino campano si era spinto fino alla vasta piana del Sele). Dai centri dell’Irpinia la lana greggia, lavorata in modo raffinato ed originale dalle donne, e i
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prodotti finiti (specie tappeti, arazzi), molto apprezzati, riprendevano la via verso l’emporio di Amina. Qui venivano in gran parte scambiati con i Greci, padroni della via
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del mare, ed avviati verso altre destinazioni sulla via che univa l’Atlantico ispanico alle
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coste asiatiche della Siria.
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Fu proprio questo fenomeno commerciale uno dei motivi dell’accresciuto benessere delle comunità irpine, tra cui non mancò quella di Caposele. Qui arrivava per il
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trattamento finale quasi tutta la lana tessuta nei paesi vicini dell’Irpinia come del Salernitano e il paese per la grande disponibilità di acqua divenne un centro famoso per l’arte della gualca, nonché della tintura delle stoffe 67, al punto da conoscere un periodo di forte crescita e prosperità.
64
N. Santorelli: cit., pag. 167 Fino a quando le industrie tessili e le tintorie furono operanti in Caposele, fu anche fiorente l’allevamento del baco da seta. Le donne che vi erano dedite usavano portare nel seno, avvolte in un panno di lana, le uova dei filugelli fino a che esse non si schiudevano. 66 Antico nome attribuito dai Greci a tutta l’Apulia, regione abitata dai Dauni. 67 A Caposele c’è ancora la “preta de la tenta”, una roccia su sui venivano stese ad asciugare le stoffe dopo la tintura, in attesa dell’ultimo lavaggio in gualchiera. 65
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A raccontare la storia di quello che fu un piccolo polo manifatturiero, oggi sopravvivono unicamente suggestive foto d’epoca e qualche struttura abbandonata. Mulini e gualchiere cessarono la loro attività con la costruzione dell’Acquedotto Pugliese, quando, catturate ed incanalate, le acque del fiume furono dirottate in Puglia. Il rapporto venne reciso e si disperse una storia ed una tradizione di concreta operosità che dovrebbe essere ricordata anche per il valore esemplare ed educativo che essa
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rappresenta. Non conosciamo il destino che mulini, cartiere e gualchiere 68 avrebbero potuto avere, probabilmente la forza motrice rappresentata dalle sorgenti del Sele si
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sarebbe dimostrata insufficiente a sostenere una trasformazione produttiva delle attività avviate. Questo nulla toglie a quella che fu una reale esperienza di crescita economica e
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civile costruita con risorse e imprenditoria locali.
68
I resti di una gualchiera sono ancora riconoscibili presso il greto del fiume, alla confluenza del torrente Tredogge con il vecchio alveo principale che scendeva dalla Sanità.
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TE EN G SO R LA IO IV H C AR Tipi
Tipico opificio di Caposele, inizio ‘900
Quando uscivano dai telai i tessuti di lana non erano ancora pronti per l’uso: erano sporchi, ruvidi, laschi. Occorreva allora sgrassarli, ammorbidirli, serrarne le maglie. Venivano quindi immersi in una soluzione di acqua e soda o di altri reattivi alcalini (l’urina era quello più a buon mercato e perciò il più usato). Successivamente venivano trattati con argille da purgo (ammorbidenti). Durante tutta questa operazione le stoffe dovevano essere pigiate e battute energicamente, ed infine lavate perbene con acqua limpida. Il tipo di trattamento, dagli antichi Romani chiamato follatura ed eseguito a 48
forza di braccia e di gambe, nel Medioevo veniva detto gualca e la macchina più diffusa per la lavorazione era la gualchiera, specie quella a due magli che era più facile da costruire e da far funzionare. Per quanto facile, il meccanismo era ingegnoso. Una ruota mossa dall’acqua faceva girare il fuso69, lungo 3-4 metri, con un diametro di una quarantina di centimetri. Il fuso portava una coppia di camme per ogni maglio, disposte a croce. Le camme facevano oscillare due bielle (lunghe circa 2 metri e mezzo) sospese
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con apposite cerniere ad un sistema di travi. A ciascuna biella era attaccato un maglio (cioè un altro blocco di legno ricavato da un tronco). Il sistema biella-maglio70 aveva la
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forma di un gigantesco martello e del martello riprendeva anche il movimento. La corsa dei magli si arrestava contro il bordo di una vasca, nella quale venivano disposte le
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stoffe da gualcare. Al momento del risciacquo la vasca veniva allagata con acqua limpida, mentre i magli continuavano il loro lavoro. Nella gualchiera, quindi, l’acqua azionare il meccanismo battente.
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aveva una duplice funzione, serviva a lavare le stoffe e contemporaneamente ad A raccontare la storia di quello che fu un piccolo polo manifatturiero, oggi
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sopravvivono unicamente suggestive foto d’epoca e qualche struttura abbandonata. Mulini e gualchiere cessarono la loro attività con la costruzione dell’Acquedotto Pugliese, quando, catturate ed incanalate, le acque del fiume furono dirottate in Puglia.
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Il rapporto venne reciso e si disperse una storia ed una tradizione di concreta operosità
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che dovrebbe essere ricordata anche per il valore esemplare ed educativo che essa rappresenta. Non conosciamo il destino che mulini, cartiere e gualchiere 71 avrebbero
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potuto avere, probabilmente la forza motrice rappresentata dalle sorgenti del Sele si
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sarebbe dimostrata insufficiente a sostenere una trasformazione produttiva delle attività
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avviate. Questo nulla toglie a quella che fu una reale esperienza di crescita economica e civile costruita con risorse e imprenditoria locali.72
69 70
I mulini ad acqua della Valle Dell’Enza,Graphis, Bologna, 1985. Le ruote sulle rive dei fiumi,guida alla storia a alla tecnica degli antichi mulini e delle gualchiere,Lioni,S,Andrea di Conza
,1990,Poligrafica Irpina,Nusco. I resti di una gualchiera sono ancora riconoscibili presso il greto del fiume, alla confluenza del torrente Tredogge con il vecchio alveo principale che scendeva dalla Sanità. 72 Gerardo Monteverde,cit. 71
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Per un millennio e più, dal 71 a.C. all’inizio dell’XI sec.(primo Medio Evo) non vi sono purtroppo notizie certe su Caposele. Avulso dagli avvenimenti storici che interessarono i paesi vicini (Conza, Sant’Angelo dei Lombardi, Guardia dei Lombardi, ecc.), non rappresentando anche per le ragioni innanzi espresse alcun punto nevralgico per il transito, il borgo rimase pressoché quello primitivo, teso a difendere la sua economia, gli scambi commerciali con la gente lungo il fiume, le conquiste sociali
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proprie e a respingere i soprusi da qualsiasi parte venissero. Intorno all’anno mille troviamo il paese nel territorio del Principato di Salerno, poi
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Principato Citra. E questo ci conferma che la forza gravitazionale, sia territoriale che civile, per Caposele è sempre stata esercitata dalla valle e non dalle montagne e che per
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effetto di questa situazione il paese si è sempre mosso nell’orbita dello sviluppo e del
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progresso della piana del Sele.
Le notizie di un feudo e un probabile castello risalgono al periodo normanno, probabilmente al 1160, quando Filippo di Balvano (o Balbano) ne divenne il proprietario. Nel corso dei secoli, il territorio passò nelle mani degli Svevi e degli Angioini. Sotto gli Aragonesi, una parte, probabilmente la zona chiamata Capodifiume, venne data a Jacopo Sannazzaro (1456-1538). Nel 1416 la regina Giovanna II di Napoli affidò le 50
entrate del feudo ad Antonio Gesualdo. E fu con Luigi II Gesualdo che Caposele raggiunse il suo grande vigore. Il paese aveva ottenuto il titolo di “Universitas” (nel senso di tutti i cittadini = universi cives) cioè di Comune autonomo. Nel XVII sec. il territorio di Caposele passò ai Ludovisi che l’acquistarono e rivendettero più di una volta. Tutto ciò spesso li costrinse a lasciare il castello. Allora comunità religiose73 e confraternite74 occuparono l’intera zona, le chiese aumentarono
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di numero75 e famiglie di estrazione ed origine diversa si affiancarono sempre più ai casali intorno alla Chiesa e alle proprietà private. La peste del 1656 ed il terremoto del
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1694 sfortunatamente decimarono il borgo. Nel 1714 fu nominato principe della Terra di Caposele Inigo Rota, lo stesso che pose i suoi boschi a disposizione di S. Alfonso
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quando c’era bisogno di legna per costruire la Basilica di Mater Domini. Nel 1771 il territorio passò nelle mani di Carlo Lagni, marito di Ippolita Rota, figlia di Inigo. Nel
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1806 una legge francese abolì la feudalità, così i signori preferirono la vita mondana di Napoli alle rupestri montagne del borgo.
Nel XVIII sec. Caposele aveva comunque già assunto l’attuale caratteristico assetto di
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un paese con il suo castello, gli agglomerati dei suoi notabili fuori le mura 76, l’area di Capo di Fiume, il casale di Pianello, le Grotte, ecc. Di pari passo con i progressi delle tecniche costruttive cominciarono a svilupparsi nuovi nuclei nella zona dei Casali, di
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Pianello, delle Grotte, con insediamenti spontanei ed altri elementi coagulanti della
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vita civile, finché il borgo raggiunse più o meno la fisionomia attuale. Lo spazio intermedio alle due parti del paese, a dire dei nostri avi quanto mai franoso ed
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attraversato da un grosso torrente (attuale vallone Cannavale) non consentì però la
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costruzione di case77.
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Nella prima metà del XIX sec. il paese fu variamente coinvolto nei fatti che vanno dalle guerre di Indipendenza all’unità d’Italia. Dopo l’unità la sua storia si confuse con quella 73
Nei primi anni del XIV secolo la confraternita dei francescani, costruì, a poca distanza dal castello, il proprio convento con annessa chiesa di San Francesco. “Vi è di più un Monastero sotto il titolo di S. Francesco di Minori Conventuali, che sta ricchissimo di rendite, è ben ornata la sua Chiesa, ed in esso vi sono stati degnissimi suggetti di detta religione che sono ascesi al grado Superiore di Provincia, come Maestro Orazio, che ha stampato un libro di canto piano, oltre il vescovo di Bisaccia…” “Vi è stato anco Francesco Vitamore…Antonio Parente (celebre medico che illustrò le teorie di Galeno)…Vincenzo Vistuta, medico insegno, oltre l’esservi stati infiniti dottori, notari e altri virtuosi” (da Cronaca Conzana). 74 Confraternite sotto il titolo dell’Immacolata Concezione, della S.S. Annunziata (anticamente costituita in una chiesa posta nel luogo detto Casale di Malogna), del Corpo di Cristo, di S. Donato, di Santa Lucia. 75 Anche il vicinato del paese e le campagne erano di “sacelli” cosparsi: S. Maria della Neve, S. Donato, S. Sebastiano, S. Antonio, S. Biase, S. Nicola, S. Rufia (documenti editi dal tribunale di Salerno). 76 In gran parte professionisti che curavano gli affari del principe ed esponenti del nuovo ceto emergente (famiglie Cozzarelli, Ilaria, Ceres, Santorelli, Benincasa, De Rogatis). 77 Con i lavori di captazione delle sorgenti una strada venne costruita per collegare i due principali nuclei abitativi.
51
di altri paesi limitrofi e centri d’Italia: brigantaggio, latifondismo baronale, lotte per la spartizione della terra, decollo industriale del primo decennio del nuovo secolo, emigrazione verso le Americhe, poi la Svizzera, la Germania, il Belgio, e negli anni 50/60, il Nord Italia. 3.2 Il feudo
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Qualunque ne sia l’origine, la prima notizia di un feudo di Caposele, e quindi di un probabile castello, risale ai tempi dei Normanni, all’incirca al 1160, quando ne era
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signore l’abile milite Filippo di Balbano, feudatario anche di S. Angelo dei Lombardi, la cui famiglia si estinse nel 123978.
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I Balbano, conti di Conza, erano dei guerrieri potentissimi.
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Padroni di molte terre della zona fino a Monteverde, si erano praticamente divisi fra cugini e fratelli tutto il territorio che aveva fatto parte del castaldato longobardo, innalzando una torre per ogni feudo.
Intorno all’anno 1000, risalirebbe quindi la nascita di tutte le torri della zona e quindi
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anche del primo torrione di Caposele innalzato a difesa del territorio. I Balbano (o Balvano) erano entrati in possesso di queste Terre dopo che, nel 1079, il
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duca di Calabria Roberto Guiscardo, nel raggiungere la Puglia alla guida dei fratelli Altavilla, fece bruciare messi e casolari con tutti gli uomini, distruggendo torri e interi
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castelli.79
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Filippo Balbano di Caposele, ai tempi delle crociate, inviò i suoi uomini più forti a
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Dudon di Conza, nobile guerriero decantato anche da Dante, spedito in Terra Santa con 3 cavalieri, 60 crociati e centinaia di fanti del circondario per contribuire a liberare
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il Santo Sepolcro ea conquistare Gerusalemme. Morto Filippo nel 1190, Caposele appartenne a Ruggiero fino al 1239 per poi passare a Raone Balbano, ultimo signore prima che la famiglia si estinguesse con l’arrivo di Federico II, prima di finire al demanio imperiale degli Svevi. La forte organizzazione voluta dal sovrano del nuovo Regno di Sicilia, cominciò dal basso con la riforma della nomina e dei modi di custodire i castelli.
78 79
V. Malanga,cit., pag. 24 Il giornalibro di un paese dell'irpinia cit., pag. 21
52
Un documento del 1241 ci porta a conoscenza che Caposele, Senerchia e Calabritto dovevano concorrere alla riparazione del castello di Campagna 80. Gli Svevi avevano abbandonato la politica normanna delle torri in ogni feudo, avevano preso
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poche
e
costruire robuste
fortezze nell’enorme
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provincia scegliendo il
Castello
di
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Campagna come sede politici
del
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giureconsulto regio, ivi
insediatosi
per
riscuotere gabelle e per l’amministrazione del territorio, una sorta di sottoprefetto assoggettato a Foggia, capoluogo di regione. Caposele
fu
poi
donato
da
re
Manfredi di Svevia a Minora Gentile che lo portò
in
dote
a
Federico Vista Castello pima del terremoto del 1980
finendo quindi sotto la giurisdizione amministrativa del Castello imperiale di Apice 81. Dopo la congiura dei signori, passati con i nuovi conquistatori Angioini, e la cacciata degli Svevi, re Carlo I d’Angiò, nel 1284, diede il feudo di Caposele al suo fido Pietro di Annibaldo, prima di giungere nelle mani di Anselmo di Caors. 80
N. Filippone cit., pag. 58
81
N.Filippone, pag. 23 53
Recatosi in guerra, questo nobile cavaliere morì nel corso della spedizione di Serbia e non essendo ritornato più nel Regno nonostante la proroga di Pentecoste, come allora si usava, l’8 Giugno del 1289, gli decadde ogni titolo. Per premiare i suoi fedeli figli e per esaltarne la memoria, re Carlo II d’Angiò assegnò i feudi di Caposele e Stigliano , per 80 once annue, al nobile Guglielmo della Marra, che li consegnò al figlio Ruggero in quanto a quel tempo, i Della Marra erano in lotta con
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altre potenti famiglie e per questi furono quasi del tutto distrutti82. E’ di questo periodo, 1322, una notizia relativa all’esistenza di un vero e proprio
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Castello, affidato ad un Ballini, che fornì ancora una volta, insieme ai signori di Sant’Angelo e Calabritto, 34 uomini armati e 60 fanti per l’ennesima spedizione in
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Terra Santa.
Poco distante dal Castello nacque un convento di Francescani-Antoniani con l’annessa
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chiesa di S. Francesco, un tempio di notevoli proporzioni83.
Il borgo, incluso in una cinta muraria, riuscì comunque a svilupparsi, divenendo sempre più importante.
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Il feudo, rimasto a Ruggero II della Marra, in quanto dote della moglie Mansella di salerno, fu rivenduto a Giacomo Arcuccio, conte di Minervino, nel 1376. Una parte di esso, forse dove sorge l’insediamento di Capo di fiume, giunti gli
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sovrani.
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Aragonesi a Napoli, fu del poeta Jacopo Sannazzaro, che l’ebbe in dono dalle mani dei Nel 1416 la regina Giovanna II affidò le rendite del feudo di Caposele ad Antonio
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Gesualdo, famiglia che vi mandò in loco Luigi Sansonetto nel 1417 per gestirvi i beni.
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Nel 1445 Caposele era di Roberto Gesualdo, al quale successero Elia, Luigi, Sansone,
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Nicola e, nel 1480, il fratello Luigi II. A Luigi II Gesualdo, re Ferdinando I d’Aragona, oltre Caposele, Conza e Andretta, concesse anche i feudi di Cairano e Calitri, così come era già avvenuto con Frigento, Taurasi e Fontanarosa, comprati nel 1458. E’ difficile dire quanti differenti feudi abbia inglobato l’attuale territorio di Caposele (un altro gruppetto di vassalli giunto a far coltivare terreni fu quello che fondò il Pianello)84. 8282
N.Filippone,cit pag 24 54
E’ però pensabile che alcuni casali appartenessero a signori diversi, data la presenza di molte chiese di svariati ordini religiosi. La storia insegna che laddove esistevano delle proprietà appartenenti a differenti feudatari, c’era competizione di buon vicinato, al fine di accaparrarsi i terreni migliori, gli alberi più belli, la zona più fertile, i corsi d’acqua più agili. Nasceva cioè una specie di gara a chi costruiva la chiesa più bella e inglobasse un
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numero maggiore di “figli” da poter sfruttare, oltre che per lavorare i terreni, anche nelle pratiche religiose: dal pagamento delle messe a quello per la salvezza della propria
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anima.
A maggior ragione se la competizione si spostava sulle rendite che potevano fruttare i
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pellegrinaggi.
Esistevano in definitiva un borgo e un Castello appartenenti al signore e dei casali di
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vassalli, di proprietà di nobili famiglie private o di ordini monastici potenti, giunti a seguito delle compra-vendite, che vi erigevano chiese alle dirette dipendenze85. Ciò accadeva in special modo per i feudi di confine, facilmente soggetti a conquista per
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più di un’ambizione strategica, o, come nel caso di Caposele, perché l’acqua era un
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bene prezioso che interessava tutti.
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85
Archivio de “La Sorgente”…cit. Comune di Caposele ,cit., pag. 26
55
3.3 L’universita’ E’ grazie al nobile signore Luigi II Gesualdo che Caposele assurge, nel 1494, al titolo di Universitas, cioè di comune a sé, capace di eleggere un sindaco e un parlamento liberamente, per alzata di mano dei suoi abitanti. Quindi comune libero, capace di uno jus proprium, con organi elettivi , con garanzia di carattere giudiziario86.
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I Gesualdo avevano concesso questo privilegio ai propri sudditi ormai riuniti a vivere insieme in un solo grande borgo cinto di mura.87
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Erano le case degli artigiani, dei fabbricatori, dei fabbri, dei contadini, riunitisi in comunità, in Università appunto, per volere del signore, a ridosso del Castello,
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raggiungibile da una stradina il cui accesso era consentito o vietato da un ponte
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elevatoio detto la “Portella”88.
Il borgo si conquistava così il titolo di Terra di Caposele con il privilegio avuto dal re per il governo e l’amministrazione della giustizia sopra i vassalli. E’ un anno importantissimo per Caposele in quanto il comune aveva ora la possibilità di
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darsi delle leggi proprie, mentre gli amministratori del feudatario, abbandonato “l’umido Castello”, prendevano la via del borgo, costruendosi dei palazzi più
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confortevoli, a ridosso di una chiesa che fu detta Madre, dedicata a S. Lorenzo. L’Universitas della Terra di Caposele, per volere dei Gesualdo, si era scelto un
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protettore e, come simbolo, uno scudo sormontato dall’elmo del guerriero-feudatario,
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recante la scritta “SYLERIS SPECTABILE CAPUT” (= spettacolare sorgente del Sele).
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All’interno del fregio, un drago sputa acqua ai piedi di tre montagne, simbolo della provincia di Montefusco, sormontate da altrettante rispettive stellette89.
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Il paese, dunque, era già autonomo alla fine del XV secolo. Tale notizia è accertata da una testimonianza inconfutabile, quelle di Nicola Santorelli, quando si riferisce ad un documento di indiscusso valore storico90. Trattasi di un libro manoscritto, in pergamena, che il Santorelli consultò alla fine dell’800, quando lo stesso era depositato all’archivio comunale 91. 86
G. Chiusano:,cit., pag. 8 Comune di Caposele ,cit., pag. 28 88 Archivio de “la Sorgente”…cit. 87
89 90 91
Comune di Caposele: cit., pag. 29 N. Santorelli:cit., pag. 146 V. Malanga, cit., pag. 27
56
Tale manoscritto reca il seguente titolo: Statuti, plebisciti e Consuetudini, a memoria di uomo esistenti, per comune consenso, e per libera ed espressa volontà di tutti, e singoli cittadini stabiliti “ e le antiche Immunità e Franchigie”, cui segue la domanda ad Alfonso II d’Aragona, perché sanzioni ed approvi il documento, nel primo anno del suo regno. Questa fu accolta dal re e ne porta la firma autentica; alla fine vi è anche la firma di Giovanni Pontano, segretario del Re.
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Il detto manoscritto, che inizia: In Dei Nomine Et Individuae Sancte Trinitatis si compone di 107 Statuti Municipali, che riguardano il regolamento d’igiene pubblica, i
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provvedimenti riguardanti l’edilizia locale e una serie di proibizioni riguardanti i fitti e le mezzadrie.
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Ma ancor più degno di nota è l’insieme degli Statuti92, che nel manoscritto vengono
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chiamati Plebisciti, “…dove l’Università, oggi il Comune, tende ad emanciparsi da alcune leggi governative, e a stabilire altre a sé proprie.93”
Ad amministrare i beni in Caposele, i Gesualdo mandarono sicuramente delle casate blasonate alle loro dipendenze concedendo titoli e terre.
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E’ qui che compaiono le prime famiglie nobili residenti, come i Benincasa, i Bozio, i Ceres, i Cozzarelli, i De Rogatis, gli Ilaria, i Masi, i Santorelli, i Russomanno…,i quali,
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per un motivo o per l’altro, si ritrovarono ad essere presenti in prima persona nella vita amministrativa e sociale del nascente paese.
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Nel 1498 Luigi II Gesualdo fu ribelle alla Corona e il re affidò momentaneamente
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l’amministrazione del feudo di Caposele al capitano spagnolo Consalvo Fernandez de
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Cordova.
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Nel 1505, Luigi II fu perdonato e riebbe le sue terre. Caposele fu poi donato da Ferdinando II il Cattolico, nel 1518, al figlio di Luigi, Fabrizio Gesualdo, e fu ereditato, nel 1546, da Luigi IV e, nel 1584, da Fabrizio II, indi da Carlo Gesualdo nel 1586, il quale, non avendo eredi maschi lo fece slittare a Nicolò Ludovisio, che aveva sposato la figlia Isabella nel 1613, portando con sé la preziosa dote94. 92
Inoltre tali Statuti vennero adottati per espressa volontà di tutti i cittadini, i quali si radunavano in assemblea, e non soltanto dal 1494, ma “ a memoria d’uomo persistenti”, almeno cioè da un secolo prima92. 93
94
N. Santorelli:cit., pag. 147 Il giornalibro di un paese dell'irpinia: cit., pag.26
57
A Isabella successe la figlia Lavinia nel 1629, morta poi senza lasciare eredi diretti facendo incamerare il feudo e gli immensi beni che aveva dalla Regia Corte in quello stesso 1636. Il feudo di Caposele e quello di Montefusco furono poi ricomprati dallo stesso duca di Fiano Niccolò Ludovisio il quale, nel 1658, lo fece ereditare al figlio Giovan Battista comandante generale della flotta napoletana.
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Sono anni di sviluppo economico e demografico, tanto che il territorio di Caposele contava già 1185 abitanti95.
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Le comunità religiose avevano occupato l’intero territorio e le innumerevoli chiese, da quella di S. Francesco a quella di S. Lucia, Santa Maria Matris Domini, a S. Maria di
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Pasano, a S. Vito, Sant’Angelo, della Madonna della Sanità…ne sono la prova più viva96.
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Da una vendita all’altra, il feudo di Caposele fu poi del nobile Inigo Rota, il quale, sposata Beatrice Mastrullo, ottenne dal re il titolo di Principe di quella Terra. A Inigo successe il figlio Marcantonio nel 1696, indi Inigo (1714) che morto nel 1771
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lasciò il Principato alla figlia Ippolita .Oramai, i signori, non vivendo più sul posto, preferivano la bella Napoli alle rupestri alture. Caposele rimase ai Rota passando, nel 1714, da Marcantonio a Inigo II e, nel 1771, ad Ippolita Rota, che lasciò il Principato
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nelle mani del marito. Carlo Lagni fu l’ultimo signore, forse discendente dei feudatari
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di Caposele del 1300, fino all’abolizione della feudalità con la legge francese del 1806, allorquando il paese contava quasi 4000 abitanti97.Caposele aveva ormai assunto
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l’attuale conformazione urbanistica con il borgo del Castello, l’agglomerato fuori le
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mura dei palazzi dei notabili, la zona di Capo di Fiume e i casali di Pianello, Grotte, etc.
95
G. Chiusano: Documenti inediti…cit., pag. 21 Il giornalibro di un paese dell'irpinia ogni domenica. Il comune di Caposele presenta:21° comune: Caposele e Materdomini Comune di Caposele: cit., pag. 30 96
97
Ibidem 58
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3.4 La saldatura dei due nuclei originari
Caposele:stratificazione storica
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Fra il 1300 e il 1400, assistiamo a uno sviluppo del centro abitato intorno al Castello
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con nuove costruzioni che concludono la cinta muraria e a la zona Portella ( zona di insediamento artigiano , che fino al terremoto dell’80 ha conservato questo carattere).A monte della quest’ultima e dei Fossi, si sviluppava il quartiere del Pianello, un borgo a spina.
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Più a monte iniziavano a sorgere i Casali e sulla stessa linea, all’altezza delle sorgenti, le Grotte98.
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Pianello, Casali, Grotte, erano insediamenti popolari di tipo contadino, e gli abitanti di queste zone erano dediti a colonia (parzunali), al bracciantato e all’allevamento
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domestico di galline, conigli, maiali.
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Nella zona dei Casali viveva la maggior parte dei pastori, perché questo quartiere si
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trovava verso il territorio dei pascoli montani.
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Tra il 1400 e il 1500 Caposele subisce un’ulteriore espansione; infatti la Portella, i Casali e le Grotte , medianti costruzioni continue, iniziano a delineare il tracciato attuale delle strade interne al centro abitato. Queste espansioni furono dovute a una maggiore colonizzazione del territorio circostante il nucleo originario e ad un incremento delle attività silvo-pastorali. La tipologia dei “casali” è omogenea e questo lascia pensare ad una organizzazione sociale di tipo collettivo; essi sono organizzati su una coppia di strade, a quote diverse e non vanno oltre l’unico piano. 98
Archivio de “La Sorgente”…cit.,
59
In questo periodo la zona Castello rimane invariata, a parte qualche costruzione di contadini che abbandonano le campagne perché coltivano le terre in diverse contrade. Sono costruite in questo periodo la Cappella di S. Lucia, dell’Angelo e quella del Purgatorio (nei pressi della Sanità)99. Dal 1500 al 1700 lo sviluppo urbano di Caposele è legato alla fortuna di alcune famiglie locali.
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Queste famiglie erano quasi tutte di estrazione artigiana, in quanto curavano gli interessi del feudatario di Caposele, il quale assai raramente viveva nel comune, e a
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rafforzare tali famiglie contribuiva il fatto che Caposele era una Università, ossia Comune libero capace di darsi delle proprie leggi.
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Dal 1200 al 1550 il feudo di Caposele passa di mano in mano fino al Principe di Castellaneta che decide di trasformarlo in vera e propria fortezza100.
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Ulteriori modifiche e aggiustamenti vennero effettuati in epoca aragonese, volti però a limitare il carattere militare e a privilegiare quello residenziale del borgo.101 Mentre la nobiltà storica era intenta in queste operazioni, la nascente aristocrazia locale
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si dava un sito proprio con l’edificazione dei suoi palazzi e di una piazza rettangolare allungata su cui si affacciano: l’attuale piazza Francesco Tedesco. giardini.
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La tipologia di questi edifici è a corte con alle spalle ampi spazi verdi adibiti ad orti e
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La pavimentazione della piazza è a rombi, che si ripetono anche nei vicoli adiacenti e man mano “li palazzi r’ li signuri” fanno da polo aggregante dando così forma al “lotto
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gotico”.
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L’isolato è formato dalle case a blocco lungo le strade e racchiude all’interno degli spazi
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verdi coltivati; la bottega e la residenza si intrecciano. Con il crescere dell’importanza e del potere economico dell’aristocrazia e della borghesia, si assiste ad un trasferimento della vita sociale dal Castello verso piazza Tedesco. La costruzione, oltre al valore in sé di manufatto architettonico, assunse una
99
Ibidem Archivio de “La Sorgente”…cit. 101 E le nozze di Margherita d’Aragona che vi si celebrarono, testimoniano l’effettiva comodità raggiunta con la 100
trasformazione.
60
valenza urbanistica di estrema importanza, in quanto fu posta in cima al primo vero spazio pubblico (" la chiazza " ). A questa piazza fu data una forma rettangolare, a memoria, del " forum " sui cui lati, oltre al summenzionato Palazzo (lato ovest superiore ), ce n'era un altro della stessa famiglia Cozzarelli la cui costuzione risale alla metà del XVIII secolo ed è una delle più importanti dimore gentilizie di Caposele.
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(lato nord) ed un terzo della famiglia Bozio (lato sud ), il lato est (inferiore) si saldava all'unica via di comunicazione (l'attuale via Bovio) tra i due nuclei originari dell'abitato
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di Caposele (Capodifiume ed il Castello) nota città di sorgente.
La graduale perdita d’importanza è testimoniata dal fatto che esso non fu ricostruito dal
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terremoto del 1694, che rase al suolo l’intero paese102.Altri terremoti, più o meno gravi furono in seguito quelli del 1732, 1853 e del 1907.
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A questo periodo risalgono molte case gentilizie (li palazzi r’ li signuri) e tra questi ricordiamo i palazzi dei Ceres, degli Ilaria, dei Santarelli, dei De Rogatis, dei Bozio, dei Russomanno, dei Santorelli103.
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Ogni casa signorile aveva sulla parte posteriore un orto, la parte centrale era occupata da un portico con al centro un pozzo.
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Tutto il resto dell’area urbana era occupata da orti padronali.
102 103
Archivio de “La Sorgente”…cit. Ibidem
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2.1.5 Lo sviluppo urbano dagli inizi dell'800 All'inizio dell'800 Caposele si presentava costituita da una serie di nuclei abitativi caratterizzati nel seguente modo: -La zona del Castello -La zona dell'attuale Piazza F. Tedesco e Via Bovio, nella quale erano collocati i principali palazzi gentilizi. -Gli agglomerati periferici (Pianello, Casali , Grotte ,ecc.)
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-Il borgo di Capo di Fiume, isolato dal resto da un vallone e da orti.
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Dal XVIII al XIX secolo molte furono le attività produttive presenti: l’agricoltura, l’allevamento, l’industria tessile (compreso il baco da seta ), le tintorie, i mulini e
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l’artigianato (scalpellini, fabbri, bottai, muratori,calzolai)104.
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Ai primi del 1900 con l'inizio dei lavori di captazione delle sorgenti del Sele e la costruzione dell'Acquedotto pugliese subentrano, nell'assetto urbanistico precedente, rilevanti modifiche.
Si demolisce la chiesa della Madonna della Sanità di cui rimane in piedi il campanile,
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mentre l'edificio viene spostato di alcune decine di metri sull'attuale Piazza della Sanità, collocata laddove, in precedenza, le acque formavano un ampio laghetto.
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Si realizza l'asse di collegamento tra i due nuclei storici mediante la costruzione di una strada corrispondente all'attuale Via San Gerardo, Via Roma e Corso Europa, occupata
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precedentemente da verde e da orti.
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Tale strada viene costruita per facilitare il trasporto dei materiali occorrenti per
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l’acquedotto e che diventa il momento di reale congiungimento fra i due nuclei di Ogliara e Castello divisi da un profondo vallone.
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Lungo tale asse, gradualmente, nel corso dei decenni, si costruiscono nuovi edifici abitativi creando una certa continuità urbanistica tra i nuclei storici ed i nuovi insediamenti. In particolare, la costruzione si incrementa dagli anni '50 in poi così che Via Roma e Corso Europa diventano le vie più importanti del paese, lungo le quali si affacciano gli edifici preposti ai servizi essenziali, mentre la strada storica è l’attuale via Bovio. 104
Amministrazione comunale di Caposele (AV)C.N.R-Soprintendenza ai B.A.A.S di Salerno e Avellino,Caposele 1980-1990,
storia urbanistica e sociale di un paese terremotato.
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3.6 1980-90: Evoluzione urbanistica di un paese terremotato
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Piano di ricostruzione ,1983,le parti ricostruite sono in verde
Caposele alla data del terremoto dell’80 presentava già un carattere tipicamente
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urbano. Si evidenziano delle precise caratteristiche, comuni alla maggior parte dei
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centri compatti, come Cassano, Nusco, Calabritto, che presentano tutti nel loro nucleo
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storico le medesime caratteristiche: fondazione intorno al XII secolo, posizione altimetricamente dominante sul territorio circostante (poggio, sperone), presenza di un castello nella parte più alta con abitazioni sulle pendici, mutazione effettiva o formata da case, presenza della chiesa in posizione periferica105. Per quanto riguarda il sistema planimetrico, esso non era sinteticamente definibile, data la formazione storica a compattamento di nuclei lontani fra loro: con l’area del Castello che poteva essere definita concentrica, la zona dell’Ogliara a ventaglio e la 105
Ricerche e Studi Formez: cit., pag. 189
63
zona dei palazzi dei “signori” a scacchiera deformata e infine la zona dei casali contadini interessanti per il loro porsi su spina-terrazza106. Molto particolare è un aggregato di case ( nel luogo denominato Pietra della Tenta) che ha la forma di corte allungata e presenta tracce di fortificazione all’esterno 107. Il territorio verso valle, invece, fortemente antropizzato, con insediamenti di case sparse soprattutto nelle zone di S. Vito, Boiara, Boninventre, tutti insediamenti con
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origine storica accertata molto antica108.
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Vista della zona Castello,attuale
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3.7 Lo stato di conservazione del tessuto urbano
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Il comune di Caposele, di 4.077 abitanti nel 1980, è stato dichiarato “disastrato” dal D.L. del 13/2/81 n. 19 per i danni riportati a causa del sisma del Novembre ’80.
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Il terremoto ha colpito duramente il nostro paese, provocando morti (102) e feriti e
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lasciando circa il 74% della popolazione senza tetto109.
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Ma l’immagine complessiva di Caposele, nell’immediato post-terremoto, risultava ancora fortemente significativa, nella chiara e delineata tripartizione dell’insediamento
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e nei rapporti di questo con il sito naturale. Tuttavia se era riconoscibile nelle sue
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essenziali caratteristiche culturali ed urbane, risultava priva del suo “pezzo” di architettura emergente, il Castello. I danni maggiori si sono avuti nel centro abitato di Caposele e in particolar modo nelle zone del Castello, di S. Lucia, del Casale e delle vie Piedigrotta, Palladino, Imbriani, ecc., a causa della particolare situazione idrogeologica e dello stato di fatiscenza di numerosi edifici110.Sono stati gravemente danneggiati anche gli edifici di culto come la Chiesa Madre di S. Lorenzo, la chiesa di S. Lucia e quella 109
Amministrazione comunale di Caposele (AV)C.N.R-Soprintendenza ai B.A.A.S di Salerno e Avellino,Caposele 1980-1990,
storia urbanistica e sociale di un paese terremotato. 110
Amministrazione comunale di Caposele ..cit., pag.27
65
della Sanità a Caposele centro, mentre è parzialmente crollata l’antica basilica di S. Gerardo nella frazione di Materdomini. Ai margini di Via Roma-Corso Europa si sono concentrate le demolizioni, creando enormi vuoti, localizzati in alcuni punti significativi. Per quanto riguardala zona del Castello , l’edilizia storica è notevolmente danneggiata e anche le parti che hanno resistito meglio sono state abbandonate ed isolate, in quanto intervallate da crolli parziali. L’edilizia recente, posta sul versante
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nord (Sele) non ha subito danni, anche quella storica della “Portella” ha resistito bene. Capodifiume-Ogliara , nel complesso è l’unico insediamento ad aver resistito
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abbastanza bene: alcuni crolli hanno indotto lacerazioni nel tessuto urbano che tuttavia conserva la sua importanza. La vecchia piazza (piazza F.Tedesco) conservava, più o
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meno danneggiata, la sua cortina, di grande valenza architettonica, mentre le zone al contorno risultarono completamente distrutte e le poche rimaste pericolanti vennero in ripristinate, invece, le due strade
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seguito demolite. Vennero immediatamente
tangenziali di accesso alla piazza, elementi fondamentali della maglia urbana di questa zona111.Per quanto riguarda il Pianello, i crolli si erano localizzati in due punti precisi,
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inizio e fine della strada, lasciando l’aggregato lineare abbastanza ben conservato. Per quanto riguarda i casali contadini si riscontravano: per i “Casali”: gravi distruzioni provocate principalmente dalla caduta di massi sulla parte superiore ,per le Grotte:
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crolli parziali nella zona più vicina alla piazza F. Tedesco, per i “Cannavali”: crolli
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parziali, spesso di facciata; (la gran parte delle strutture murarie però è tuttora in piedi e costituisce un documento storico fondamentale della “casa a lamia”).- Catalani:
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sostanzialmente intatto. Tutti e quattro gli aggregati segnalati, pur nei loro livelli
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diversi di danno, vanno considerati, oggi più che mai, come veri e propri monumenti e
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devono essere trattati in quanto tali, procedendo a tutti gli interventi di restauro necessari alla loro conservazione112. La casa operaia a ballatoio, posta nei pressi dell’Acquedotto , presentava lesioni e un piccolo crollo mentre la casa (ex ospedale) con loggia lignea aggettante presentava lesioni molto diffuse. Le case a blocco novecentesche, costruite in pietra squadrata, sono state scarsamente danneggiate; la casa con loggia mediterranea si presenta intatta. 111 112
Ricerche e Studi Formez: cit., pag. 384 Ricerche e Studi Formez, pag. 385
66
Le case a corte in piazza F.Tedesco risultarono molto danneggiate, tranne quella di sfondo, casa Cozzarelli. Il palazzo che ospitava un convento di suore, nella zona Pianello, è stato demolito, stessa sorte ha subito quello in cui era la caserma dei Carabinieri 113. La piccola aggregazione a vicolo fondaco, con ingresso ,su via Piedigrotta, ed uscita in lunghi archivolti, è stato parzialmente coinvolto nella demolizione.
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Preta della Tenta, pur con alcuni piccoli crolli, non risulta sostanzialmente modificata. Irreparabili danni al patrimonio edilizio preesistente furono, quindi, provocati non solo
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dal terremoto ma anche dalle demolizioni selvagge dell’immediato dopo-terremoto che hanno completamente raso al suolo anche parti storicamente molto significative di
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Caposele114.
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Come la Chiesa Madre ed alcuni edifici prospicienti piazza Masi, il Castello e la cortina di case ad esso limitrofe, vico plebiscito, il lato sinistro di piazza F.Tedesco, alcuni palazzi del XIX ed inizio XX secolo di via Roma e via S. Gerardo (palazzo Pallante e palazzo Visivoccia), la chiesa di S. Lucia e le costruzioni circostanti, la parte destra di
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via Palladino, via Ogliara.
Il patrimonio monumentale è quasi totalmente distrutto: la permanenza del sistema dei
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monumenti è assicurata solo dalla chiesa della Sanità, dal campanile della chiesa madre (rasa al suolo, anche se ne restavano in piedi cospicui pezzi) e da un alto muro, con un
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accenno della torre, unica traccia del Castello115.
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A mio avviso questi elementi devono essere difesi fino in fondo, in special modo quel
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che resta del Castello, che è comunque, anche allo stato di rudere, un importante “pezzo” di architettura e di storia.
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A proposito dei “piccoli monumenti”, anch’essi molto importanti nella definizione delle gerarchie urbane, sono da segnalare l’abbattimento della chiesa di S. Lucia, i danni alla cappella (antico coro della chiesa dell’Angelo) e la permanenza della Croce di pietra, in via Ogliara, che resiste integra116.
113
Studi Formez cit. Amministrazione comunale di Caposele e Soprintendenza …cit., pag. 27 115 Archivio de “La Sorgente”…cit. 116 Ricerche e Studi Formez: …cit., pag. 388 114
67
3.8 Linee guida nell’opera di ricostruzione Di ricostruzione, a Caposele , si è iniziato a parlare subito, e le idee, spesso diverse, si sono ampiamente confrontate e scontrate a partire dai problemi immediati delle demolizioni e della localizzazione dei prefabbricati. Inoltre il problema geologico delle frane è, per Caposele, una costante storica: un’area (le Lavanghe) , interessata da questo fenomeno nel corso dei secoli, solo di recente è stata oggetto di nuova
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edificazione, che, per altro, non ha subito danni. Altre frane e linee di frattura sono un po’ in tutto il territorio circostante. E’ quindi risultato necessario uno studio
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idrogeologico approfondito che ha dato risposte definitive sulle possibilità di ricostruzione117.In un primo tempo il dibattito si è focalizzato tra i fautori dello
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spostamento in massa a Materdomini e quelli che, invece, sostenevano la centralità del tessuto urbano di Caposele, la necessità che questo continuasse ad essere il centro
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effettivo della vita e del lavoro, anche se affiancato a nuovi insediamenti, provvisori e non.
Gran parte delle demolizioni, contestate e in parte contrastate da settori della
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popolazione, sono state effettuate probabilmente con l’idea guida della creazione di un grande asse Lioni-Calabritto, passante letteralmente sulle macerie dell’area centrale di
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Caposele.
La proposta alternativa, poi realizzata, era di recuperare e rivitalizzare l’intero centro
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antico, abbassarne l’indice di affollamento e destinare la popolazione “eccedente” alla
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nuova edificazione, in proseguimento di quella già effettuata, nella zona Lavanghe,
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quale punto di ricongiunzione degli insediamenti e come riconferma del ruolo urbano fondamentale dell’asse portante da Ponte Sele a Capodifiume, e parallelamente
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sviluppare una nuova edificazione intorno all’aggregato di S. Giovanni 118. Anche per le zone totalmente demolite, ad esempio il grande isolato triangolare, che definiva il margine nord della parte intorno alla piazza Vecchia (F.Tedesco), si è optato per la ricostruzione in situ, con le stesse volumetrie e nel rispetto delle tipologie preesistenti, operando comunque per un netto miglioramento delle condizioni abitative, soprattutto riguardo alla densità, problema che, d’altra parte, era già stato posto prima del 117 118
Ricerche e Studi Formez: …cit.. Ricerche e Studi Formez: …cit.,
68
esigenze abitative e funzionali, le norme sismiche, la situazione idrogeologica, gli aspetti sociali e storici negli terremoto, segnatamente per le zone del Castello e di Capodifiume119. In base a tale logica, il centro storico ha conservato, quasi intatto, l’originario assetto urbanistico, mantenendo saldo e vivo il rapporto tra la popolazione e il nucleo antico del paese e tutelando la propria identità culturale.
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Il recupero urbano, attento alla salvaguardia dei valori storici artistici, architettonici ed ambientali e non limitato alle “emergenze monumentali”, ha naturalmente posto e
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continua a porre svariati problemi, determinati dalla necessità di rispettare le interventi edilizi ed urbanistici120.
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Un discorso a parte va fatto invece per gli edifici di culto di Caposele.
Anche in questo caso le demolizioni selvagge del dopo-terremoto hanno costituito un
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pesante pregiudizio per il corretto recupero di questi monumenti. Infatti l’unica chiesa che era sfuggita miracolosamente alle ruspe nell’81 era la chiesa della Sanità, oggi interamente restaurata con fondi comunali ed attualmente riaperta al dell’asilo infantile121.
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culto così come la Cappella dell’Angelo in via Garibaldi, inserita poi nel contesto A Materdomini, invece, sono stati da poco ultimati i lavori per il recupero della Basilica
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e del Santuario di S. Gerardo, finanziati dal Provveditorato alle Opere Pubbliche.
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Sono inoltre stati effettuati il lavoro di restauro per il Campanile della Sanità, la piazza antistante l’antica Basilica di S. Gerardo, e quelli per la chiesetta di S. Vito.
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La Chiesa della Sanità, interamente ricostruita in stile neoclassico agli inizi di questo
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secolo nelle vicinanze del sito della vecchia chiesetta ottocentesca, svolge ora funzioni
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di chiesa parrocchiale insieme alla Chiesa Madre. Ed è proprio il nuovo progetto di tale chiesa, ad opera degli ingegneri Gigliotti e Fusacchia con la collaborazione del prof. Portoghesi, che ha creato seri dibattiti e controversie tra Curia, che proponeva tale progetto, e Soprintendenza che si è espressa negativamente in quanto non rispettava l’impianto plano -volumetrico preesistente.
119
Ibidem Amministrazione comunale di Caposele e Soprintendenza cit., pag. 61 121 Amministrazione comunale di Caposele e Soprintendenza,cit pag 67 120
69
La Soprintendenza aveva, quindi, più volte respinto il progetto, non ritenendolo in linea con gli strumenti urbanistici adottati per il centro storico di Caposele122. Infatti veniva contestato a questo progetto, non solo la volumetria, considerata eccessiva per uno slargo-piazza di modeste dimensioni, ma anche i caratteri architettonici che essendo di chiaro stampo moderno si discostavano dall’ambiente urbano circostante che riprendeva le caratteristiche storico-ambientali preesistenti.
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Successivamente vennero fatte delle modifiche dimensionali al progetto, ridotte le altezze, e il progetto venne definitivamente approvato nei primi anni del ’90 e i lavori
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iniziati nel ’97.
Tale realizzazione è uno degli atti conclusivi della ricostruzione e uno dei più incisivi in
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quanto andrà a ridefinire, architettonicamente e ambientalmente, non solo la piazza
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principale del paese (piazza Masi) ma l’intera zona storica del Castello.
122
Archivio de “La Sorgente”…cit.
70
L’Arma Civitatis del Comune di Caposele Il primo stemma simbolico del paese, presentato dal Castellano123 nel suo libro “La Cronista Conzana124” rappresentava un drago spruzzante acqua dalla bocca. Sullo sfondo tre monti con tre stelline e la dicitura “Syleris Spectabile Caput” (Capo del Sele). A tal proposito il Santorelli125 così si esprime: “…nascendo (il Sele) in detto luogo pare che sia una cosa misera d’acqua, ma dieci passi distante forma un fiume sì terribile che non si può guazzare, anzi è divoratore de poveri vigneti e perciò si domanda drago, e in detto fiume vi è acqua freddissima che s’è vista spezzar li vetri per la gran freddezza, così anche vi sono freddissime cantine126 di vino che non hanno bisogno di neve, e le cantine sono
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tanto fredde d’estate che è pericoloso per la salute starci dentro.”
Il primo stemma con una certa ufficialità “giacente nell’archivio di Stato di Napoli, ove è stato
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rinvenuto al vol. 4092, contenente il catasto onciario del Comune stesso, usato fino al 1754”, non presentava però più il drago, ma un collo d’aquila con 26 bizantini127 d’argento ordinati da sopra a sotto
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in 5,7,8,3,2,1 (gli ultimi sei posti sulla destra e sinistrati da una testa a collo d’aquila), tre gigli d’oro in capo e sempre presente la dicitura “Syleris Spectabile Caput”.
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Per rispettare l’art. 39 del R.D. 21.01.1926 n. 61 che prevedeva l’obbligo dello scudo di tipo sannitico o italico, lo stemma subiva poi altre modifiche.
Il successivo art. 95 del R.D. n. 652 del 1943 prescriveva infatti, che la corona doveva essere in metallo nobile e che nella parte sottostante lo scudo doveva essere riportato un “serto” (sorta di
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ghirlanda aperta) con due rami di lentisco tra loro incrociati, circondanti lo scudo stesso e annodati con un nastro di colore azzurro nella parte interna e con colori nazionali nella parte esterna. Si arrivò così allo stemma di oggi privo della summenzionata dicitura, e così descritto: di azzurro, a 26
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bizantini d’argento ordinati 5,7,8,3,2,1, gli ultimi 6 posti sulla destra e sinistrati da una testa a collo d’aquila al naturale uscente in banda dal cantone sinistro della punta a tre gigli d’oro in capo, ordinati in
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fascia, ciascuno in corrispondenza ai bizantini centrali della prima fila.
123
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Nativo di Bagnoli Irpino, Donatantonio Castellano fu nominato Vicario Capitolare il 26-1-1681 dai canonici della Cattedrale di Conza, dopo la morte dell’Arcivescovo Paolo Caravita e tenne questa carica per nove mesi. L’11 gennaio 1685 Gaetano Caracciolo, eletto Arcivescovo da Innocenzo XI il 30 aprile 1682, lo nominò Vicario Generale della diocesi di Conza. 124
La “Cronista Conzana”, divisa in 5 libri, è un’opera manoscritta inedita di Donatantonio Castellano redatta tra il 1689 e il 1691 e dedicata a Gaetano Caracciolo, Arcivescovo di Conza dal 1682 al 1709. Tratta delle origini di Conza; delle guerre da essa sostenute e della distruzione subita; dell’intera diocesi e delle terre e dei feudi da essa posseduti; delle rendite giurisdizionali delle altre terre; delle città, delle Diocesi e dei Vescovi suffraganei; conclude con un’appendice, un supplemento ed una aggiunta. 125
Nicola Santorelli (1811-1896), insigne medico di Caposele, autore tra l’altro, del libro “Il fiume Sele e i suoi dintorni”. Singoli manufatti con un minimo di muratura e copertura in tegole, disposti in linea lungo il fianco della montagna, al di sopra dell’abitato originario di Caposele. “I manufatti che oggi tutti i Caposelesi conoscono come Le cantine sono il risultato di un ingegno particolare (XVIII sec.) teso ad utilizzare l’enorme serbatoio di energia refrigerante ubicato nella pancia della montagna dove rigurgita, prima di prorompere nelle Sorgenti del Sele, una falda acquifera a cinque gradi e sempre in pressione, che attiva, attraverso le fenditura della roccia moti convettivi di aria fredda che abbassano la temperatura nelle “grotte”. (da: “Caposele, una città di Sorgente” di Nicola Conforti e Alfonso Merola, 1994, Elio Sellino Ed.). 127 La presenza di bisanti in Araldica rappresenta il simbolo della funzione di tesoriere o di maggiordomo di Corte o anche il diritto di batter moneta. 126
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4 Stato attuale
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4.1 Caratteristiche formali e dimensionali, geometriche
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Le “Grotte”, oggetto di analisi, sono case urbane a blocco a schiera di pendio, con primo piano e vano sottano, con scale interne ed esterne. Le principali variazioni sono: -la casa con scala esterna e loggia che funge da atrio tra esterno e interno, in una successione gerarchizzata tra pubblico e privato;
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-la casa con scala interna chiusa , in cui non esiste elemento di mediazione(se non la soglia) tra spazio interno ed esterno.
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Possiamo individuare la casa con un solo modulo in profondità che è di circa 6x6, e lo si può trovare isolato, accoppiato o triplicato. Invece la casa “a lotto profondo” può essere letta
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come composta da due moduli(4x4) in profondità , ed anch’essa è presente nella forma semplice, doppia o tripla.
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La tipolologia maggiormente presente nelle Grotte di Caposele è quella della casa
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monocellulare128 ad un solo piano, sviluppata in profondità, in modo da risultare divisa in
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due vani :uno di abitazione e uno avente funzione di stalla. Risulta diffusa anche una seconda tipologia ad un solo vano avente funzione prevalente di cantina. Le dimensioni sono quelle dettate dalla lunghezza delle travi in legno, e cioè circa 5 metri per 8. Ritroviamo anche una tipologia di casa a blocco che si evolve con il rialzo del piano nobile in modo da ricavare un vano “sottano” o stalla. A questo punto la scala diventa un elemento importante della costruzione dell’abitazione in quanto ,con il pianerottolo di accesso alla 128
Ricerche e studi Formez,cit.
72
casa ,prefigura la loggia. In un primo periodo la scala è esterna, in pietra, senza o con parapetto anch’esso in pietra, scoperta; la facciata principale della casa è dotata di porta d’ingresso e finestra laterale. Le Grotte sono alloggi di ridotte dimensioni in cui ,in molti casi , manca del tutto un locale con impianti igienici, mentre in altri casi è costituito da nicchie nei muri e da spazi di risulta. Il sistema strutturale è a due muri portanti principali ,ortogonali alla facciata, mentre il
TE
muro di fondo è costituito dalla stessa parete rocciosa; talvolta è presente anche un muro di spina.
EN
Gli elementi costruttivi si distinguono in: -murature
G
-piano di calpestio - solai intermedi
SO R
-copertura
- collegamenti verticali: scale in pietra calcarea e a pioli in legno
LA
I muri sono in muratura di pietrame a secco come quelli del mulino Russomanno, realizzato con tecniche analoghe.
Gli elementi di pietra impiegati per la costruzione si classificano in funzione delle loro
IO
dimensioni: la zavorra tonda è di circa 10 cm, la pulce di 3-5 cm, la “chiattarola” di grandi
IV
dimensioni e di forma piatta.
La muratura ha sempre uno spessore costante di 60-70 cm; essa si realizza procedendo per
H
altezze di 50-60 cm lungo l’intero perimetro. Gli angoli venivano realizzati con una
C
maggiore cura: il cantonale veniva realizzato con conci più grossolani.
AR
L’intonaco è realizzato in calce e sabbia di cava, come vuole la tradizione irpina. Per quanto riguarda il piano di calpestio nelle cantine si ritrovano tre tipologie: la più semplice è in terra battuta, la seconda in roccia affiorante (per non compromettere la funzione di “frigorifero naturale”),la terza è realizzata con “basoli”(blocchi di pietra squadrata e scalpellata solo superiormente),come quella del mulino. Laddove manca la pavimentazione tradizionale troviamo un battuto di cemento. Per quanto riguarda il solaio intermedio, questo è costituito da travi ad interasse di 80100 cm, sopra cui è posto un tavolato senza alcun fissaggio, trattenuto dal masso 73
superiormente sovrapposto. Il masso era necessario per realizzare un piano di appoggio stabile su cui disporre il mattonato tramite uno strato di malta e calce. Le travi in legno sono leggermente sbozzate e nelle parte esterne impregnate con la pece. Le coperture sono formate da due componenti: cornicione e tetto. Il primo, detto “romanella” è realizzato solo dalla parte dove cadeva la falda, con l’ausilio del coppo, la stessa tegola che poi veniva usata per la copertura del tetto. L’uso del coppo si
TE
è diffuso per la sua leggerezza, che lo rende meno pericoloso in caso di sisma. Il tetto è realizzato con struttura portante a capriata lignea ed è presente in due tipologie: a
EN
due falde laddove l’elemento si presenta isolato e ad una falda quando la cantina è addossata alla parte rocciosa.
G
“Gli aggregati oggi sono dei veri e propri monumenti129 e devono essere trattati in quanto tali, procedendo a tutti gli interventi di restauro necessari alla loro conservazione.”
SO R
Partendo da questo assunto e ai sensi della legge 1089 del 1939,poi divenuto Testo Unico del 1999,poi decreto legislativo n.42 del 2004( Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e della legge n.378 del 2003(Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura
LA
locale) , comprendiamo come il complesso delle “Grotte” e il mulino Russomanno rappresentino una significativa testimonianza tipologica e morfologica per: -gli elementi di facciata
IO
-il pavimento esterno ad acciottolato
IV
-gli elementi lapidei scolpiti: gli archi dei portoni d'ingresso ,gli stipiti e gli architravi delle aperture
AR
C
H
-le grate in ferro delle finestre a piano terra e delle aperture al di sopra dei portali.
129
Ricerche e studi Formez,cit.
74
4.2 Materiali e tecniche costruttive I materiali utilizzati sono : 1 la pietra calcarea per la facciata faccia a vista e i dettagli in pietra dei portali; 2 Il ferro battuto per gli elementi di arredo quali ringhiere e grate delle finestre. 3 I coppi in laterizio 4 I basoli in “breccia irpina” per la pavimentazione;
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5 l legno di castagno per gli infissi e l’orditura dei solai
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La lavorazione della pietra è simbolo della secolare abilità dell’uomo che ha sempre affidato alla incorruttibilità della sua superficie parole e segni da tramandare.
G
L’Irpinia sub-appenninica è ricca di buoni materiali lapidei adatti alla costruzione e all’impiego pavimentale esterno.
SO R
Le pietre usate nelle costruzioni sono di due tipi di roccia calcarea, un primo tipo detto “pietra viva” ( molto compatta e con porosità nulla ) e un secondo tipo detto “pietra morta” ( meno resistente e più leggera).
LA
Le facciate faccia a vista delle cantine e del Mulino sono realizzate in “pietra viva”, materiale solitamente utilizzato nella realizzazione di muri, volte etc… A seconda della granulometria e dei siti originari di estrazione si hanno le varie
IO
denominazioni: “favaccio” o “favaccia”, “favaccino”, “brecciato”, “pietra di Fontanarosa”,
IV
“pietra di Gesualdo”, ecc.La superficie a vista viene bocciardata, picconata, scalpellata,
AR
C
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pettinata o levigata .
75
4.3
Degrado e dissesti
I fenomeni catalogati sono i seguenti:-Alterazione cromatica: è un’alterazione che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore. È presenti in vari punti dislocati in facciata.- Depositi superficiali: si tratta di sedimenti di varia natura (smog, polveri, ceneri, pollini ecc.) localizzati sulle superfici non soggette
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all’azione pulente delle acque perché protette dai cornicioni o perché incassate rispetto al piano parete.-Incrostazione: è un deposito stratiforme compatto e generalmente
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aderente al substrato, composto da sostanze inorganiche o da strutture di natura biologica. Si ritrova maggiormente sulla copertura e in misura minore sugli elementi
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lapidei.
-Patina: è un’alterazione strettamente limitata a quelle modificazioni naturali della
SO R
superficie dei materiali non collegabili a manifesti fenomeni di degradazione e percepibili come una variazione del colore originario del materiale. Si riscontra sugli elementi di facciata, sia su pietra calcarea che su blocchi di calcestruzzo.
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- Patina Biologica: è uno strato sottile, morbido e omogeneo, aderente alla superficie e di evidente natura biologica, per lo più verde. Nel caso in esame si riscontrano almeno corrosiva.
IO
due diverse formazioni a carattere biologico, una dovuta ad umidità, l’altra ad azione
IV
-Efflorescenza: si tratta di una formazione di sostanze, generalmente di colore biancastro e di aspetto cristallino o pulverulento o filamentoso presente sulla superficie
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del manufatto.
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-Dilavamento: si tratta di erosione ed asportazione di frammenti più o meno grandi di
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materiale dalla superficie a causa di processi meccanici e/o chimici dovuti alle precipitazioni meteoriche. Si ritrova sull’intonaco di facciata. -Colaticcio: è una particolare tipologia di deposito superficiale, ad andamento verticale, dovuta al ruscellamento delle acque meteoriche. Si ritrova sull’intonaco in facciata. - Vegetazione: le formazioni vegetali, a portamento erbaceo, sono particolarmente dannose quando si localizzano su elementi architettonici di qualsiasi natura. Si riscontrano numerose formazioni vegetali, in facciata e in prossimità delle pluviali in ferro. In alto la crescita delle piante è indice di una persistenza al ristagno delle acque piovane e, quindi, ad un difetto nello smaltimento delle stesse. 76
-Macchia: è un’alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie; è correlata alla presenza di materiale estraneo al substrato. Questa alterazione è presente in vari punti dislocati in facciata. -Pitting: è una degradazione puntiforme che si manifesta attraverso la formazione di fori ciechi numerosi e ravvicinati. Si ritrova in maniera puntuale sugli elementi lapidei. -Polverizzazione: è una decoesione che si manifesta con la caduta spontanea del
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materiale sotto forma di polvere o granuli. È possibile riscontrarla in corrispondenza dei giunti di malta.
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- Distacco: è una soluzione di continuità tra lo strato interno dell’intonaco e il relativo substrato murario. È causato da fenomeni di subcristallizzazione interna dei sali solubili
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presenti nelle acque d’infiltrazione. Al primo ordine è stato possibile verificare, mediante indagine diretta, l’esistenza diffusa di zone distaccate, coincidenti con le aree
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maggiormente interessante dalle ragnatele delle fessurazioni diffuse. - Mancanza: è la caduta e perdita di parti. Si ritrova laddove mancano parti di intonaco in facciata.
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-Erosione: asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di natura diversa.si riscontra sugli elementi lapidei.
- Fessurazioni: l’intera facciata principale è interessata da trame di fessurazioni. Esse
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sono dovute a difetti esecutivi nella composizione dell’impasto delle malte e alla loro
IV
applicazione, costituendo un veicolo d’accesso, per l’acqua, che può aver innescato situazioni localizzate di decoesione e distacco del corpo dell’intonaco dal supporto
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murario retrostante.
C
-Marcescenza:
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-Carie bianca e bruna: è un fenomeno di degrado biologico del legno. La prima si presenta come decolorazione del legno, provocata da funghi, che può portare alla formazione di piccole cavità. La seconda, invece, si manifesta con una colorazione più scura e fessurazioni. -Ossidazione e corrosione: il primo fenomeno si presenta come alterazione del materiale metallico prodotta da una reazione chimica dell’ossigeno con il materiale. Come effetto provoca distacchi di sfoglie di materiale e/o della vernice di finitura. Il secondo, invece, si manifesta come deterioramento del materiale metallico. Entrambi i 77
fenomeni sono presenti in prevalenza sulle serrande metalliche poste in sostituzione degli infissi lignei e sugli altri elementi metallici posti in facciata. -Lesioni: soluzione di continuità del materiale componente la struttura. Si riscontra sia nella muratura, a causa di fenomeni di schiacciamento e/o cedimento verticale di un tratto di fondazione, che sugli arcotravi, a causa del solo schiacciamento. -Crollo della copertura: distacco e caduta dell’ elemento di colmo della capriata lignea.
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Gli infissi lignei tradizionali risultano degradati a causa dei fenomeni di screpolatura e alterazione cromatica. Inoltre si riscontra in facciata la presenza di cavi elettrici
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scoperti, pluviali degradate, scritte vandaliche e di elementi impropri quali chiodi e
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
perni.
78
5.Considerazioni sulla sintesi critica dei dati Nell’iter che conduce dallo studio dell’esistente alla scelta dei temi progettuali, di grande rilievo risulta essere l’analisi critica dei valori, alla cui lettura Alois Riegl ha dato un fondamentale contributo. Riegl infatti mostra come l’autenticità possa essere uno dei valori stessi, essere “il” valore o che possa condensare tutti gli altri. Considerando quanto detto da Riegl, cioè che per monumento si intende “un’opera
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della mano dell’uomo, creata allo scopo determinato di conservare sempre presenti e vivi singoli atti o destini umani nella coscienza delle generazioni a venire”130 i valori
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riscontrati negli oggetti di studio e nel loro contesto sono: -valore ambientale e urbano
G
-valore corale -valore storico
SO R
-valore dell’antico -valore di memoria
-valore dell’architettura tradizionale
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-valore d’uso
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-valore culturale e di tradizione
VALORE AMBIENTALE E URBANO
IV
Le conoscenze storiche relative ad un edificio vanno correlate con quelle riguardanti il
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metabolismo delle risorse naturali e sociali alle quali morfologicamente è legato. A
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questo punto si propone di procedere ad un'analisi e progettazione integrata tra
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manufatto-ambiente. A tal proposito, per comprendere a fondo il valore dei manufatti non si può prescindere dal contesto in cui si trovano. Brandi dice: "L'opera d'arte non può essere separata dal suo punto di vista"[..]"c'è una luce[..]un'atmosfera che circonda l'edificio."131 Quindi accanto all'intervento diretto sull'edificio, è necessario considerare anche quello indiretto che riguarda l'ambiente. Si pone in essere allora un problema urbanistico. Anche Giovannoni, parlando del contesto, afferma:
130 131
A. Riegl, Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Edizioni Alfa, Bologna, 1990, p. 27 Cesare Brandi,Teoria del restauro, Roma ,1963
79
“Le città[..]sono opere d'arte collettive[..]preziose e insostituibili, nel loro insieme e non solo nei monumenti che racchiudono. Il loro valore[...]non può essere separato dall'ambiente con il quale sono in simbiosi e si sono formati, pena il loro irrimediabile deturpamento”.132 Anche Simmel dice che” l’architettura è l’unica forma delle arti ad impiegare la materia
TE
che instaura un equilibrio nella lotta tra le forze dello spirito e quella natura”133: “…nella distruzione dell’opera d’arte sono cresciute altre forze e altre e forme, quelle
EN
della natura, e così,… è scaturito un nuovo intero.”134
G
VALORE CORALE
Nei piccoli borghi, in cui spesso mancano le grandi emergenze architettoniche, assume
SO R
una particolare importanza il valore corale, dato dall’insieme di manufatti che presi singolarmente non avrebbero la stessa importanza che assumono nel loro insieme, visto come un unicum, un complesso che trae forza dalla sua stessa aggregazione.
LA
"La qualità del paesaggio, quindi, deriva in varia misura secondo i casi da aspetti estetici, quali l'ordine, l'equilibrio formale, la varietà ed anche il disordine pittoresco e le dissonanze singolari, ma anche da aspetti di identità, cioè da forme di una struttura
IO
che riconosciamo adatta alla funzione del vivere, siano esse singole o nel loro insieme.
IV
"135
Il valore corale è predominante nelle"Grotte" e nel "Mulino Russomanno", in quanto
H
per comprenderne appieno l'unità bisogna considerare anche il contesto urbanistico-
C
paesaggistico di cui fanno parte.
AR
È Roberto Pane ad introdurre il tema della coralità : valore assunto dal paesaggio italiano, in cui natura, agricoltura e architettura collaborano. Infatti egli afferma: "L'architettura non è presentata nei suoi aspetti monumentali, ma in quelli più
132
G.Giovannoni,Vecchie città ed edilizia nuova,Torino,1931
133
Bianca Gioia Marino,Restauro e autenticità,nodi e questini critiche,Edizioni Scientifiche Italiane,2006,p.60 G. Simmel, Die ruine, Wernwr Klinkhardt, Leipzig, 1991,trad. Italiana di G.Carchia, La rovina in “Rivista di Estetica”,n.8,1981 134
135
Barocchi R.,La tutela del paesaggio"
80
propriamente corali, così un monumento insigne una volta tanto sarà rappresentato come elemento di sfondo e non come oggetto in primo piano.." Quello che per Riegl è concepibile solo mediante categorie temporali, per Benjamin si risolve in categorie di spazio: “la qualità dell’opera d’arte è data dal suo qui e ora, dal suo irripetibile esserci, in quel luogo in cui si trova”.136 Prescindendo da una visione puramente storico-artistica del manufatto, è possibile
TE
effettuare considerazioni di carattere affettivo, psicologico, considerando le emozioni che esso suscita sull’osservatore e che intervengono a spostare la questione da un campo
EN
culturale ad uno sociale.
G
VALORE STORICO
“La collettività legge il recupero “dell’antico splendore” come un’acquisizione del 137
“in tale contesto, l’idea di autenticità[…] si
SO R
proprio passato, appunto vissuto.”
esprime nel senso della sua verità storica”138
Il valore storico rappresenta quindi un grado preciso, singolare dello sviluppo di
LA
qualche campo creativo dell'umanità. Sul concetto di autenticità Boni scrive ancora: “la materia è il luogo sulla quale la storia si stratifica, i segni vi rappresentano la storia del sentimento.” A tal proposito Boni scrive:” la storia è ciò al cui servizio si pone il
IO
restauro”.139Riegl inoltre osserva che secondo i “i concetti moderni, qualunque attività
IV
e ciascun destino umano, del quale sia pervenuta una testimonianza o notizia, sena eccezione può rivendicare un valore storico”.140
H
Le cantine di via Catapano a Caposele ed il Mulino Russomanno rappresentano, nella
C
visione del monumento quale documento storico, due testimonianze del primo '900 e
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della tradizione rurale di Caposele che hanno resistito ai danni del sisma dell' '80. Sono importanti storicamente in quanto parte dell'antico aggregato di "Capo di Fiume di Sopra", primo nucleo della futura cittadina. Del valore storico parla Alois Riegl, affermando che:
136 137
W. Benjamin, Illuminationen, cit. in W.Kemp, Walter Benjamin e la scienza estetica. Bianca Gioia Marino,Restauro e autenticità,nodi e questini critiche,Edizioni Scientifiche Italiane,2006,p.62
138
Cit. ivi, p.97 A. Bellini, Giacomo Boni. 140 A. Riegl, Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi, Edizioni Alfa, Bologna, 1990, p. 28 139
81
"qualunque monumento d'arte è senza eccezioni contemporaneamente un monumento storico,perchè rappresenta un certo stadio dello sviluppo dell'arte[...]viceversa, ciascun monumento storico è indubbiamente anche un monumento d'arte, perchè [..] contiene [..] tutta una serie di elementi artstici". L'edificio di studio, pertanto, in quanto monumento storico ed artistico, deve mantenere inalterate le stratificazioni, al fine di denunciare le successive fasi di cui è
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stato oggetto, mostrandosi in tal modo come documento storico.
EN
VALORE DELL’ANTICO
Tale valore si rivela in una mancanza di organicità e in una tendenza al degrado della
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forma e dei colori.
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A tal proposito cito Ruskin nella definizione di concetto di pittoresco: "il pittoresco consiste nella pura sublimità degli squarci delle fratture, macchie e vegetazione che assimilano l'architettura nell'opera della natura"141.Quindi insita nell’opera di restauro la difesa del paesaggio e l’identificazione con la stretta connessione che si instaura tra
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edificio e ambiente. L'architettura infatti, si deve inserire organicamente nella natura e dunque la progettazione non riguarda solo l'edificazione, ma anche la vita e la
IO
manutenzione quotidiana.
Per quanto riguarda il concetto di patina si richiama la Carta del Restauro dei
IV
Monumenti del 1972,nello specifico l’allegato b:"...la patina delle pietre deve essere
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conservata per evidenti ragioni storiche, estetiche ed anche tecniche[..]si possono
C
asportare le materie accumulate sopra le pietre[....]solo con spazzole vegetali e getti
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d'aria.."
VALORE DI MEMORIA
Riegl introduce un altro valore importante per la comprensione di un’ “opera d’arte”:il valore di memoria che rappresenta il rapporto che si instaura tra l’opera e il fruitore nell’atto della percezione che questi ha del manufatto e che crea un rapporto “sentimentale” in quanto nel monumento è possibile percepire “parte della nostra propria esistenza”.142
141 142
J.Ruskin,The Seven Lamps of Architecture,1849 A.Riegl, Nuove Tendenze nella conservazione, 1905
82
All'istanza storica ed estetica, inafatti, Riegl fa precedere quella psicolgica partendo dalle affermazioni di Horckmer,Adorno e Marcuse. A tal proposito Alois Riegl afferma:"ha sin dall'inizio ,cioè dalla costruzione di un monumento, la funzione precisa di non permettere quasi mai che il monumento diventi passato, di conservarlo sempre presente e vivo nella coscienza dei posteri." I manufatti oggetto di studio rappresentano appieno il concetto di valore di memoria in
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quanto testimonianza dell'antica tradizione di Caposele, richiamando le antiche usanze degli abitanti del luogo dediti all'agricoltura, alla macina del grano e alla tinteggiatura
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delle stoffe, attività legate alla presenza del fiume Sele.
La scomparsa di queste attività è legata alla perdita del rapporto diretto con le acque
G
succeduta ai lavori di captazione delle sorgenti del Fiume Sele per la realizzazione dell’acquedotto. Il mulino Russomanno resta unico emblema delle perdute tradizioni in
SO R
quanto ultimo esempio dei molteplici opifici dislocati lungo le sponde del fiume Sele.
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VALORE D’USO
Il valore d’uso parte dall’assunto che ”Un edificio antico che ancora oggi viene
IV
la salute “
IO
utilizzato, deve essere conservato in una condizione tale.... senza metterne in pericolo
Morris introduce un’istanza sociale e politica nella conservazione e tutela dei
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monumenti, affermando:
C
”Il monumento è un bene pubblico, pertanto è necessario il coinvolgimento popolare
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nell'azione di difesa del patrimonio architettonico dal degrado alle deturpazioni” ponendo le basi di un’ecologia sociale in cui bisogna “custodire la bellezza della terra". Il valore d'uso negli oggetti d’analisi viene rispettato in pieno, in quanto per il loro utilizzo attuale risultano perfettamente contestualizzati nell'ambiente in cui si trovano (quello rurale) e conservano un uso attinente a quello originario. Infatti le "Grotte" sono utilizzate parzialmente come deposito e cantine, dove gli agricoltori del luogo conservano il vino, data la frescura degli ambienti. "Il Mulino Russomanno" invece non è utilizzato e versa in uno stato di abbandono. 83
VALORE ARCHITETTONICO TRADIZIONALE Per la definizione di valore architettonico tradizionale si richiama il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, art.1“le cose e immobili e mobili che[….]presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate[ ... ]quali testimonianze aventi valore di civiltà (art.2) Nell'art 3f. inoltre la tutela è riferita a “ Le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi
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aperti urbani di interesse artistico e storico…”. “ i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale”.(art.136)
EN
Tale valore è riscontrabile sia nelle “Grotte” che nel mulino Russomanno .Nelle facciate predominano la pietra locale e l’intonaco lisciato a rustico. La tipologia tipica che si trova
G
nelle Cantine prevede la costruzione delle abitazioni tra due strade poste a quote diverse, aventi quindi doppio ingresso,e aventi uno o due vani "sottani" e altrettanti vani
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"soprani", uniti da scala interna o esterna.Si nota infatti l’uso di materiali ed elementi tradizionali:
1. coperture in coppi di laterizio dette "romanelle" presenti in tutto il centro storico
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2. portoni in legno con cornice in pietra calcarea tipica, detta “brecciato irpino” 3. grate in ferro realizzate dalle maestranze locali
IO
VALORE CULTURALE E DI TRADIZIONE
IV
Per tale valore si riprende l’articolo 3d del Codice dei beni culturali e del paesaggio: la tutela riguarda “le cose immobili o mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un
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interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia ….della
C
cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni
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pubbliche, collettive o religiose”. Si cita inoltre la Convenzione UNESCO, art. 1 e 2: 1. per “patrimonio culturale immateriale” s'intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze,.....che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale.2. Il “patrimonio culturale immateriale” come definito nel paragrafo 1 di cui sopra, si manifesta tra l'altro nei seguenti settori:a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale;....c) le consuetudini sociali, gli eventi 84
rituali e festivi;d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all'universo;e) l'artigianato tradizionale. Si richiama inoltre la Dichiarazione del Quèbec sulla conservazione dello spirito dei luoghi che è definito come il tangibile(edifici,siti,riti,feste, i saperi tradizionali, i valori, le grane, i colori, odori,ecc), e l' intangibile (memorie,racconti, documenti scritti, riti, feste, i saperi tradizionali) vale a dire gli elementi fisici e spirituali, che
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danno significato, valore, emozione e mistero del luogo. La dichiarazione di Xi'an ICOMOS 2005 richiama l'attenzione sulla conservazione del
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contesto, definito come l'insieme degli aspetti fisici, visivi e naturali, nonchè pratiche sociali e spirituali, le abitudini, i saperi tradizionali e le altre forme immateriali e le
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espressioni, per la protezione e la promozione dei monumenti e siti del patrimonio
SO R
mondiale.
SENSILIBILITÀ VERSO LA CONSERVAZIONE E TUTELA DEL PATRIMONIO RURALE:Riferimenti normativi e di indirizzo
LA
- CARTA DEL RESTAURO DI VENEZIA(1964):art.1-"La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l'ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un'evoluzione
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significativa, di un avvenimento storico. Questa nozione si applica non solo alle grandi
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opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo abbiano acquisito un significato culturale “.(definizione di bene culturale data dalla Commissione Franceschini:"bene
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culturale è qualsiasi bene che costituisce valore di civiltà")
C
-CARTA EUROPEA DEL PATRIMONIO ARCHITETTONICO FIRMATA AD
AR
AMSTERDAM(1975): art.1-"Il patrimonio architettonico europeo non è formato soltanto dai nostri monumenti più importanti , ma anche dagli insiemi di edifici che costituiscono le nostre città e i nostri villaggi tradizionali nel loro ambiente naturale o costruito. -INCONTRO DI GRANADA PROMOSSO DAL CONSIGLIO D'EUROPA NEL 1977:"l'architettura rurale ed il paesaggio sono minacciati da sparizione...la natura sfruttata è oggetto di squilibri pericolosi..."si devono ricercare tutti i mezzi per la conservazione e l'utilizzazione del patrimonio rurale che è del nostro continente legata ai paesaggi umanizzati". 85
6. Scelta della destinazione d’uso ed esposizione del progetto Come già detto, a Caposele emerge la presenza preponderante del verde e dell’acqua , elementi di rilievo di tutto il territorio circostante. Infatti il piccolo comune della provincia di Avellino si colloca ai Margini del parco dei Monti
TE
Picentini e proprio già
presenti
sul
partendo dall’analisi percorsi
EN
dei
specifico quelli del parco
che
si
articolano
in
:percorso
della
natura,
porta
dell’anima e porta dei sapori , si è voluto proporre un altro percorso, detto
IV
IO
LA
SO R
G
territorio,nello
H
dell’acqua, che colleghi
AR
C
Parco dei Monti Picentini,Il libro del Parco dei Monti Picentini
tutti i comuni in cui la presenza di reti e bacini idrografici costituiscano una nota di spicco nel territorio. Quindi si sono analizzati i comuni di Monteverde con il lago S.Pietro,Caposele, Calabritto, Contursi Terme con il fiume Sele, Quaglietta con il fiume Zagaria,Senerchia con il torrente Piceglia con l’intento di realizzare tale percorso e che parta dal cuore del suddetto Parco e raggiunga il mar Tirreno lambendo la riserva naturalistica del Sele Tanagro. Nello specifico , in ambito territoriale più ristretto, quello comunale, c’è l’intento di realizzare un percorso che funga da cerniera dei manufatti nati in relazione e in 86
correlazione,(ricordiamo le attività che si svolgevano sulle rive dell’alveo come la macina del grano e la tinteggiatura delle stoffe) con il fiume Sele ,presenti a Caposele, e che quindi colleghi la “Gualchiera”, il “Mulino Russomanno” e le “Grotte” di Caposele,oggetto del mio studio. Inoltre tale percorso si unisce al Parco Fluviale già esistente e collega spazi “cicatrizzati” all’interno dello spazio comunale, quale la zona del sede dell’Aqp che vuole essere rivitalizzata attraverso l’inserimento di funzioni,
TE
quali un parco gioco per bambini e un percorso naturalistico che richiami alla memoria la storia del luogo illustrandola con pannellature fisse e visivamente
EN
riportando in superfice un parte del fiume, con la realizzazione di una vasca d’acqua, che è stato captato per essere convogliato all’interno dell’acquedotto Pugliese; piazza
G
Sanità, con la chiesetta costruita non “dov’era ma com’era” della SS.Sanità, attualmente vuoto urbano . colmando questo spazio con il verde e con delle sedute e
SO R
attraverso la realizzazione di un parcheggio(aree a parcheggio presenti sul territorio sono carenti dall’analisi delle infrastrutture del comune di Caposele) e con l’accesso alle “Grotte” tramite una rampa, che conduce anche ad un belvedere sulla piazza e sul
AR
C
H
IV
IO
LA
fiume.
Progetto di valorizzazione integrata
Si inizia quindi il percorso della “gualchiera”con la funzione di info point per poi giungere al mulino a alle cantine. 87
Nello specifico la proposta è quella di destinare il Mulino a museo delle acque recuperando l’immobile del vecchio e storico mulino(a ruota orizzontale) azionato ad acqua sul fiume Sele.Da antiche planimetrie si rileva che il mulino Russomanno era già funzionante nell’anno 1864 .Esso è rimasto inalterato nel tempo nella tipologia e nella struttura;sono ancora presenti tutti gli elementi lapidei del mulino e sono ispezionabili i cunicoli attraverso i quali l’acqua entrava per azionare le pale.
TE
Il Mulino è ubicato lungo il canale che porta l’acqua dalle sorgenti della Sanità al fiume Sele,alimentando sin dagli inizi del secolo i mulini e le gualchiere ,che rappresentavano
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una enorme ricchezza per la comunità caposelese ,riuscendo in questo modo a servirsi di una energia a prezzo zero. L’idea ,più generale di progetto è quella di recuperare facendo
G
questo antico percorso dei mulini restaurando quelli meglio conservati,
rivivere la vecchia immagine di Caposele come paese dell’acqua.Inserendo nel percorso
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turistico relativo alle sorgenti e del costruendo parco fluviale ,inoltre ,considerando la prossima realizzazione della scuola museo delle acque già finanziata da misure POR,la struttura potrà essere di supporto per le attività a scopo storico –sociale e didattico.
LA
Il recupero di questa struttura riportata in tutte le vecchie immagini di Caposele ,serve a far recuperare la memoria storica di un luogo duramente provato dal terremoto ’80, recuperando altresì la tipologia e gli elementi caratteristici della tradizione contadina.
IO
Proprio in considerazione della sua ubicazione, sotto piazza Sanità,lungo il canalone che
IV
porta al fiume,in una parte centrale del centro urbano,il suo recupero diventa importantissimo per fini culturali, il suo riutilizzo come monumento-di se stesso in
H
quanto mulino. Il fabbricato di oltre 200 mq disposto su due livelli, ed una sistemazione
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esterna di oltre mq 218 ,recuperato nel rispetto delle tecnologie del posto, muratura in
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pietra listata con mattoni, solai in travi di legno, il recupero della gronda con la romanella,(file di coppi sapientemente sovrapposti) infissi in legno castagno, coppi di recupero e soprattutto nel rispetto della vigente normativa antisismica. La destinazione progettuale data alle “Grotte” di via Catapano è quella di botteghe ,punti vendita,bottega scuola ,espressione dell’artigianato artistico locale (l’arte dei bottai, l’arte dei vimini,della lavorazione del fero e del ricamo) e per gli spazi più ristretti si è scelto di lasciare invariata la funzione di cantine e affiancarla a quella di spazi dedicati alla degustazione della produzione vinicola locale. 88
Da più parti si sente affermare che l’artigianato e le piccole imprese sono una risposta al problema occupazionale, cioè alla disoccupazione ,oggi più che mai, problema che interessa le regioni meno industrializzate del Paese: ecco quindi che progetti di autoimprenditorialità e di auto-impiego sorgono qua e là numerosi in ogni zona d’Italia. D’altra parte, «spetta alle regioni l’adozione di provvedimenti diretti alla tutela ed allo sviluppo dell’artigianato ed alla valorizzazione delle produzioni artigiane nelle loro diverse
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espressioni territoriali, artistiche e tradizionali, con particolare riferimento alle agevolazioni di accesso al credito, all’assistenza tecnica, alla ricerca applicata, alla formazione
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professionale, all’associazionismo economico, alla realizzazione di insediamenti artigiani, alle agevolazioni per l’esportazione» (L.443/85 ) e si rimanda alla L.5 aprile del 1993 della
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regione Campania, n.18 Interventi per la tutela e la valorizzazione delle lavorazioni artigiane artistiche tradizionali che regola l’accesso alla bottega-scuola nei settori dell’artigianato
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artistico e tradizionale. In particolare, si hanno notizie dell’avvio di botteghe-scuola nei settori seguenti: ceramica ,lavorazione del legno ,oggettistica , tessitura con tecniche tradizionali , fotografia: dal trattamento in bianco e nero al sistema digitale
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Il panorama della “bottega-scuola” al di fuori dell’Italia è molto complesso. Il termine “bottega-scuola”, o al più il solo “bottega” accostato di volta in volta a school, école, Schule o escola, viene utilizzato per lo più per indicare l’esperienza, unica, italiana.
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Se cerchiamo qualcosa di simile all’esperienza italiana, ma che abbia peculiarità diverse
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dalla “bottega-scuola”, gli esempi sono innumerevoli. Si tratta per lo più di forme di apprendistato o stage, che il più delle volte nascono dalla collaborazione tra istituti
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professionali e piccole o medie aziende artigiane.
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Questo accade ad esempio per la Francia, dove si parla però di Apprentissage o CFA
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(Centres de Formations d’Apprentis) Tenendo presente questi assunti la funzione scelta per conferire nuova “vita” alle Grotte di Caposele è quella di botteghe,punti vendita legati alla produzione artigianale , e nel caso in cui è lo spazio determinarne la funzione stessa,a cantine e spazio di degustazione di vini. In tal modo si vuole:
coniugare le lavorazioni tipiche del territorio con le nuove tecnologie e la capacità innovativa e d’immagine dell’artigianato irpino; 89
generare possibilità di inserimento professionale dei giovani in determinate produzioni artigianali tradizionali, tipiche, artistiche e/o innovative (ricambio generazionale);
fornire un contributo orientativo e professionalizzante, incentivando la capacità autoimprenditoriale dei giovani sul territorio.
7.Interventi di restauro e di conservazione
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Le due tipologie prevalenti dell’architettura rurale locale sono la casa a “lamia” dei casali contadini che ha subito danni variabili e quella a blocco, le “Grotte”, che presenta
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lesioni diffuse. Per motivi di tutela delle caratteristiche architettoniche dell’edificio, sia per motivi economici, è apparso opportuno limitare le modifiche alle strutture e
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conservare, per quanto possibile, l’impianto distributivo originario. Per quanto attiene la scelta della tipologia di interventi necessari ad attuare il conseguimento degli
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obiettivi proposti, il progetto prevede sulla struttura una serie di lavori localizzati, eseguiti secondo le tecniche del restauro conservativo e finalizzati alla collaudabilità dell’immobile per uso pubblico, la messa in opera di impianti rispettosi delle vigenti
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norme e la realizzazione di opere di rifinitura idonee a caratterizzare i fabbricati nella loro nuova destinazione di botteghe e museo delle acque.
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L'abitato è stato colpito dal sisma del 1980, dopo il quale gli edifici in esame hanno subito interventi di messa in sicurezza secondo la legge 14 maggio n. 219 dell'
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'81conversione in legge,del decreto-legge 19 marzo 1981,N.75 e successiva l.r.7/1
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1983 n.9 della Campania.
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Successivamente è stato emanato il decreto della regione Campania n.195 del 27 marzo
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2003, seguito nel maggio dello stesso anno dalla deliberazione 1754:" iscrizioni generali per la redazione del progetto di restauro nei beni architettonici di valore storico artistico in zona sismica" (circolare Ballardini), la quale recepisce il d.p.r 21/12/99 n.544. Per gli interventi sul costruito si fa riferimento alla Deliberazione n° 248 del 24 gennaio 2003 Deliberazione della Giunta Regionale n. 5447 del 7 novembre 2002 recante "Aggiornamento della classificazione sismica dei Comuni della Regione Campania", in zona r3,di rischio elevato.
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Tale legge detta gli interventi da inserire negli strumenti urbanistici e prevede la redazione dei progetti di restauro dei beni architettonici di valore artistico in zona sismica con soltanto interventi di miglioramento sismico e messa in sicurezza. Gli interventi di consolidamento e restauro tecnico da me previsti sono : -consolidamento delle murature esistenti -demolizione e ricostruzione di tetti pericolanti;
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-rifacimento e/o integrazione di infissi
-integrazione e/o degli impianti esistenti per aumentare la funzionalità dell'esistente;
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-aggiunta di servizi igienici.
Le strutture murarie risultano in buono stato e le coperture sono da rivisitare, per
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quanto riguarda le altre parti (tramezzi, pavimentazioni, impianti, infissi, intonaci,
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etc…) sono tutte da rivisitare e integrare, questo anche in funzione delle nuove attività da insediare .
6.1 Strutture verticali
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In particolare:
A. iniezione di malta-modalità d’intervento
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Nella muratura a doppio strato di ciottoli con riempimento a sacco in genere si riscontrano cavità e malte di
calce deteriorate.
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I giunti esterni vengono scarificati e rinzaffati con malta e scaglie lapidee o laterizie :
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intervento da attuare nel caso di paramento da lasciare a vista.
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Si effettuano perforazioni e iniezioni, a bassa pressione, di miscela a base di calce e
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pozzolana, eseguite dall'interno con interasse di 50cm ca. 6.2 Strutture orizzontali -Sezione parallela alle travi Si procede sostituendo le travi deteriorate esistenti previo puntellamento dei solai e svellimento di pavimenti e massetti esistenti. Ci può essere un eventuale rifacimento della muratura d'appoggio. Si pone il tavolato di aerazione della testa della trave,le travi in castagno stagionato, squadrato, spigoli bisellati con fetta di 30mm,sono trattate con sali di boro (antitarlo e antimuffa)e le teste protette da cartonfeltro bitumato. 91
Viene posta una coppia di piatti in acciaio, chiodati alle travi, con risvolti a squadro e un tirante di piano. -Sezione ortogonale alle travi Vengono effettuate delle iniezioni di malta per il consolidamento della muratura all'intorno del tavolato avvolgente la testa trave.
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-Rifacimento cordoli sommitali I coppi del cornicione, detto "romanella", sono tessuti tra i mattoni della muratura di
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rifacimento dei cordoli sommitali. Per il loro rifacimento si utilizzano coppi provenienti da recupero, montati con la parte concava verso il basso, in aggetto
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-Rifacimento del tetto a falde
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progressivo.
Si effettua il ripianamento del piano di posa mediante pulitura e rasatura con malta dell'ultimo strato utile di pietrame e il rifacimento della muratura in pietra da lasciare a
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vista.
Vengono posti tiranti in acciaio, di diametro 20mm, protetto da cordolatura, cui si collegano i tirafondi delle travi di copertura e una piastra con capochiave.
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Per il manto di copertura decidiamo il mantenimento delle tegole esistenti e
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reintegrazione con coppi da recupero. 6.4 Finiture esterne
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A.Pietra calcarea
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Si effettua la pulitura della pietra calcarea a vista da azioni biologiche e geochimiche e
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sottrazione di materiale estraneo nel rispetto delle istanze della carta italiana del restauro-1972, tra cui la conservazione delle patine. il metodo da noi scelto è quello dell'acqua nebulizzata. B.Intonaco (calce e sabbia di fiume) Si effettua la pulitura da azioni biologiche e geochimiche dell'assetto murario, il rifacimento dell'intonaco, incollaggio , stuccatura e ritinteggiatura. 6.5 Finiture interne A. Intonaco 92
Si effettua la pulitura dell'assetto murario, il rifacimento dell'intonaco, incollaggio , stuccatura e ritinteggiatura. 6.6 Pavimentazioni : integrazione e/o rifacimento delle parti mancanti, e pulitura dell'esistente La prima operazione è quella di ringrosso dell’ intonaco di rettifica alle pareti esistenti. Si effettua un massetto di pavimentazione in sabbia di fiume e cemento.
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Si pone una rete metallica zincata (4mm)e un giunto di dilatazione in sughero (10mmm).
a.portale in legno massello c.porte interne in legno massello d.finestre con telaio in legno e.infissi in ferro(serrande ed altro)
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In caso di infissi in discreto stato:
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b.portone in legno a doghe (doghe 1.56*0.24cm)
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6.7 Infissi in legno di castagno (tipologie)
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Infine c’è il montaggio delle pavimentazioni con materiale di recupero.
Per prima eliminare il vecchio strato di vernice,lavare l'infisso per eliminare eventuali residui,levigare la vernice.
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Infine stuccare le fessure e i buchi del legno con della pasta di legno o del legno plastico
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dello stesso colore del legno,applicare una mano di fondo per la vernice e terminare con una mano di finitura.
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In caso di infissi in cattivo stato:
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Si pensa ad una eventuale sostituzione con la stessa tipologia di infisso.
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6.8 Arredi fissi Si pensa alla ricollocazione o rifacimento delle balaustre in ferro battuto e alla ricollocazione delle grate-finestre previa pulitura e restauro delle parti mediante applicazione di prodotti specifici. Per la pulitura di tali elementi utilizziamo metodi meccanici (carta abrasiva) e metodi chimici (acido fosforico diluito). 6.9 Impianti a.Pluviali in pvc Si effettua la pulitura e le eventuali sostituzioni di parti deteriorate 93
b. Cavi elettrici Si pensa alla messa in sicurezza di quelli esistenti con aggiunta e/o integrazione di impianto elettrico e istallazione dell'impianto di condizionamento (caldo-freddo) totalmente mancante. 6.10 Vegetazione a.Alberi e siepi b.Vegetazione spontanea (muschi e licheni)
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Per primo si effettua la delimitazione delle aree da trattare.
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Si vuole preservare la vegetazione esistente con operazioni di manutenzione ordinaria
Poi si procede con l’estirpazione manuale o l’utilizzo di bioacidi incolore, degradabile e
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non tossico. -Umidità
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Specificazione degli interventi di risanamento da fenomeni di umidità a.Umidità di risalita :
Il metodo da noi scelto è quello dell'elettroosmosi attiva, in quanto vantaggioso sia
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sotto l'aspetto tecnico che economico. inoltre risulta essere completamente ecocompatibile e rientra nella filosofia della bio-architettura: 1.analisi dell'umidità con misurazioni di resistenza elettrica.
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2.esecuzione delle tracce per il passaggio degli elettrodi.
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3.fornitura di : - elettrodi
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- puntazze metalliche
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- rinzaffo antisale
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- centralina elettronica
4.installazione dell'impianto e chiusura delle tracce con malta e cemento. 5.collegamento e regolazione della centralina. 6.collaudo finale dell'impianto. b. Umidità di condensa : Nel nostro edificio è presente, in piccole zone, per via delle spore, della luce scarsa e per la formazione di condensa causata dall'umidità atmosferica e dagli sbalzi termici, 94
dovuti alle chiusure non funzionali. è individuabile tramite presenza di muffa (verde e gialla). La soluzione da noi scelta è quella di isolare termicamente le zone di pareti interessate con l'applicazione di una speciale pittura che è in grado di ridurre la condensa e di limitare la formazione di muffe (ELO-TERM). Per quanto riguarda la gualchiera si prende in considerazione un ricostruzione lasciando
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intatto lo stato di rudere e creando una struttura autonoma che regga la nuova
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copertura.
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Tavole
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Appendice A: Documento contenuto nell’Archivio della sede dell’Aqp di Bari Progetto originario delle Sorgenti del Fiume Sele-1902 Progetto ad opera dell’ingegnere capo del Genio Civile Giorgio Bruno,dell’ingegnere civile Maglietta e dell’ing
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Civile Italo Maganzini.
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Appendice B: Documenti fotografici da Carlo Viggiani, L’acquedotto Pugliese, The Apulian Aqueduct Engineering,Hevelius edizioni,Roma,2001. I Ponti piu importanti dell’Acquedotto Pugliese: 1.Ponte sulla Fiumara di Atella
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2.Ponte sul Bradano
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1.
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Appendice C: Documento ritrovato presso l’archivio Lavori Pubblici di Roma
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1.Consegna dei lavori dell’Acquedotto Pugliese-1902
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2.Transazione per le sorgenti del Sele: il comune “cede di sua volontà la località della
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Sanità”-1904
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3.Opere da costruirsi in Caposele a carico dell’Ente Autonomo Acquedotto
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Pugliese.1925
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Appendice D: Documenti contenuti nell’archivio comunale di Caposele 2.Discorso alla cittadinanza di Caposele del Sindaco Amilcare Petrucci, 1924 Celebrazione del Fiume Sele “Onorevoli colleghi,Fra pochi anni il Sele , questo limpido e gigantesco figlio del nostro Appennino , che ora ci lascia ad intervalli, sarà definitivamente convogliato nel
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grandioso Acquedotto Pugliese , e non lo vedremo piùScompariranno con lui la più dolce poesia, il nido dell'amore più puro, la più bella e pittoresca espressione del nostro
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panorama ,la salubrità del clima, la ubertosità della valle, la ciclopica costruzione delle nostre industrie e la imponente ricchezza idroelettrica che era riservata alla moderna nostra.
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generazione
Ricorderete il serotino e allegro via vai delle nostre donzelle, che dalle anfore in testa
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andavano per acqua alla Sorgente; ricorderete il popolo tante volte festante abbandonato al tradizionale godimento delle luminarie e dei plenilunii d'estate che si rispecchiavano nelle cerulee onde; ricorderete il grande concorso dei popoli vicini alla
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Fiera della Sanità, desiderosi di rivedere con sempre rinnovata meraviglia la grandezza del nostro Fiume, la grandiosità delle sue cascate. Tutte queste cose non possono sfuggire alla vostra memoria, perchè sono indimenticabili rimembranze di una età da
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poco tempo trascorsa, destinate solo a scomparire davanti alla necessità di un grande
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popolo assetato, che invano chiedeva acqua da secoli. Finchè i ruderi resteranno al tempo , a noi non resterà che il nostalgico ricordo dei molini da cereali, delle macine
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d'olio, gualchiere, tintorie, fabbriche di carta ecc.
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Dove va la salubrità del nostro clima, la freschezza delle nostre generazioni,la
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ubertosità della nostra contrada, la energia nascosta nell'impeto delle voluminose cascate? Dove va la nostra poesia, la grandezza della nostra natura, la inesauribile nostra ricchezza? Va a dissetare, a risanare, ad incivilire un grande , generoso e magnanimo popolo della nostra Italia, quello che vive sotto il cielo ridente delle Puglie.
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2.Richiesta da parte del Podestà in favore dei cittadini di Caposele per il convoglio delle acque di esubero nell’alveo del fiume Sele al fine di essere utilizzate per il
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funzionamento dei mulini e dei frantoi.1934
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3.Il Podestà al Re d’Italia. Esposto scritto contro l’espropriazione e l’alienazione dei
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diritti di Caposele sulle Sorgenti del Fiume Sele.1939
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RE
IMPERATORE
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CAPOSELE
E
LE
SUE
SORGENTI,1939
SIRE, Sabato 27 maggio 1939 il popolo di Caposele, coerentemente ai suoi cari sentimenti morali, nazionali e patriottici, ha , alla presenza di S.E. il Prefetto di Avellino, per la millesima
volta gridate
e riconfermate solennemente, esplicitatamene,
pubblicamente,altamente,insistentemente, continuamente
(per oltre due ore
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consecutive), unanimente di non potere, né di voler cedere, nemmeno per tutto l’oro del mondo, all’ENTE AUTONOMO ACQUEDOTTO PUGLIESE, od a qualsiasi altra
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persona fisica o giuridica i suoi diritti sulle acque delle Sorgenti del Sele derivanti dall’obbligo non senza gravi ragioni assunto dal Governo di V.M. con pubblico atto di
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transazione del 1905, di lasciare liberamente e costantemente defluire nel fiume Sele, per gli usi pubblici e privati di Caposele e dei suoi abitanti, le acque di dette sorgenti
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nella quantità di 500 litri al secondo, riducibili fino a 200 litri, qualora la portata medesima delle sorgenti risulti inferiore a 4 metri cubi al minuto secondo, artt. 3 e 4 della suddetta transazione. Tale imponente manifestazione popolare, commoventissima
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nella forma e nella sostanza, occasionata dalle autorità, è giustificata oltre dal fatto che le sorgenti del Sele, scaturenti dal cuore dell’abitato di Caposele , sono effettivamente la ragione e l’essenza fondamentale dell’esistenza e della conservazione di Caposele,
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anche da imprescindibili necessità igieniche, sanitarie, agrarie, industriali, economiche,
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estetiche, panoramiche e, infine dalla profonda non errata convinzione di Caposele, già troppo martirizzata per le Puglie, di essere illogicamente ed ulteriormente
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sacrificata per menzogne, minacce, imposizioni delle stesse autorità preposte
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alla sua amministrazione ed alla sua tutela, ostinatamente sprezzanti dal popolo e
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dai concetti e sentimenti di esso, quasi come se l’intelletto ed il sentimento , che dell’umana natura sono le caratteristiche essenziali, dovessero annullarsi
in favore del capriccio e dei fini utilitari di pochi. SIRE,notorio che l’ENTE AUTONOMO DELL’ACQUEDOTTO PUGLIESE (influentissimo , per i mezzi di cui dispone presso le amministrazioni pubbliche) cerca da vari anni, conferendo arbitrariamente e delittuosamente allo STATO l’aspetto quasi brigantesco, di strappare a Caposele ed ai suoi abitanti l’acqua delle Sorgenti del Sele ad essi come sopra riservata. Un tentativo del genere e questa volta previo orditura in grande stile , l’ha recentemente eseguito con la sua domanda del 7 marzo 1939 XVII al Ministero dei 114
Lavori Pubblici , il quale , purtroppo, ha dato , attraverso le autorità intermedie, la sensazione che al popolo di Caposele di essere disposto a sostenere coi suoi organi Tecnici ed Amministrativi detta domanda, senza curarsi di esaminare , con la dovuta attenzione , la questione anche dal punto di vista Caposelese e Nazionale , quasi come se Caposele e la regione del Sele non fossero parti integranti d’Italia , quasi negando allo Stato la sua natura di Ente eminentemente giuridico, morale e paterno ed al
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Governo di V.M. l’onore nel rispetto dei suoi impegni. SIRE, il popolo di Caposele considera l’ordine come fattore indispensabile della conservazione e dello sviluppo
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della Nazione, ma ritiene che l’ordine è inconcepibile avulso di DIO: verità assoluta, giustizia perfetta , volontà immanente , legge precisa,…numero. Il popolo di Caposele
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ammira ed ama appassionatamente l’eroica Casa Savoia, la cui commovente e gloriosa storia fu costantemente aderente a DIO, nell’esercizio del sacro suo potere. Perciò, il
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sottoscritto, cittadino Caposelese, in conformità dei sentimenti e voti del popolo Caposelese , in nome di DIO, si fa un dovere di supplicare V.M: di impedire l’accoglimento , da parte del MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI, della sopra del 7 marzo 1939 XVII dell’ENTE
AUTONOMO
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specificata domanda
ACQUEDOTTO PUGLIESE e di statuire definitivamente , in armonia agli impegni del 1905 sopra specificati dal Governo di V.E. che i diritti della martirizzata Caposele sulle
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acque in parola delle sorgenti del Sele, non sono, né saranno giammai espropriabili né
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alienabili. La coscienza del sottoscritto, ritiene che il provvedimento supplicato a V.M. eleverebbe e consoliderebbe il sentimento di solidarietà nazionale e quello di fiducia
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nella giustizia. Si coglie l’occasione di esprimere pure il desiderio non ingiusto di
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Caposele , benefattrice della Regione pugliese pria sitibonda , di vedersi considerata,
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con segni tangibili di gratitudine generosa , dalla nazione in genere e dalle Puglie in ispecie, per poter in qualche modo tentare di ristabilire in essa e nella Regione del Sele l’ordine naturale ed economico profondamente sconvolto dalla privazione
( in
dipendenza della suddetta transazione del 1905 tra Stato e Comune) di oltre OTTO DECIMI delle sorgenti del Sele.
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Appendice E:Documento preso da Le sorgenti del Sele,cd,Comune di Caposele. 1.Vertenza per il mantenimento degli impegni presi dall’EAAP nei confronti del
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Comune di Caposele,1953.
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2.Pubblicazione sul Giornale Spartaco della Legge Imbriani in cui è spiegato il regolamento per l’AQP. II giornale « SPARTACO » nel suo numero "di sabato 21 marzo 1891 pubblicò il seguente articolo' LA LEGGE PER L'ACQUEDOTTO PUGLIESE …Molti non sanno tutto questo dietro scena di acquiescenze politiche e fingono di non
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sapere che il progetto di legge Imbriani, proponendo che l'acquedotto Pugliese sia dichiarato opera nazionale e costruito dallo Stato, tendeva principalmente a distruggere
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qualunque speculazione da quell' opera che dev' esser rivolta al bene pubblico , e non ad altro, e neppure a leva elettorale locale.Ora dai deputati Pugliesi, che non siedono
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sugli stessi banchi dell' Onor. Imbriani si critica il progetto di legge da questo proposto, come poco pratico e nessuno ricorda che il Conte di Cavour pose le fondamenta
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legislative dei canali grandiosi, che portano il suo nome, appunto con una legge simile a quella che oggi propone 1' onorevole Imbriani…
Ecco lo schema di legge dell' onor. Imbriani per l'acquedotto Pugliese
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«La condizione sitibonda della regione Pugliese è nota. - II provvederla di acqua è opera di interesse nazionale, di risanamento » di equità politica : - è adempimento di dovere italiano.
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« Tale lavoro non può essere condotto innanzi che dallo Stato. - Tenuto conto però
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delle condizioni della pubblica finanza , o considerando che l'opera sarà feconda di grandi utili morali e materiali, che debbono andare a boneficio, non di società privata,
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ma della regione interessata - noi presentiamo il seguente schema di legge, fidenti nel
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voto del Parlamento.« Art. 1. E riconosciuto di interesse Nazionale il provvedere di
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acqua potabile la Regione delle Puglie,«Art. 2. Verranno all'uopo creati titoli speciali con rendita 6 per cento , netta di ricchezza mobile, garentiti dallo Stato.« Art. 3. I lavori saranno fatti eseguire dallo Stato, il quale è autorizzato ad eméttere i titoli necessari, man mano che i lavori stessi procederanno ed il quale ne soddisferà gì' interessi, sinché non sieno compiuti.« Art. 4. Terminati i lavori, lo Stato farà consegna dell'acquedotto al Consorzio delle tre provincie di Bari, Foggia e Lecce - e ratizzerà la spesa totale fra di esse - attribuendo ad .ognuna il numero di titoli che le spetteranno e di cui assumeranno l'obbligo del rimborso ed il pagamento degli interessi, dal giorno della
consegna. 117
« Art. 5.1 titoli emessi verranno rimborsati mediante estrazione a sorte, alla pari, in proporzione di un cinquantesimo per anno.« Art. 6. La somma necessaria all'uopo verrà iscritta nel bilancio delle Provincie, come spesa obbligatoria.« Art. 7. L'opera compiuta rimarrà sotto l'amministrazione del Consorzio, il quale curerà le opere
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necessario supplettive e di riparazione, e ne ratizzerà le spese tra le Provincie.
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Appendice F: Documento ritrovato presso l’archivio digitale dell’Acquedotto Pugliese di Bari Contratto per 1' acquisto delle sorgenti dall'Amministrazione comunale di Caposele. Ministero dei Lavori Pubblici-Acquedotto Pugliese-anno 1986Stralcio tratto da "-Studi tecnici-Relazione della deputazione provinciale di Bari-"Tutti i progettisti sono
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d'accordo che le acque del Sele che del Calore, sgorgando in terreni comunali ed in punti che non influiscono sul regime dei fiumi, siano espropriabili,ma nessuno di loro
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ha fatta la dimostrazione legale del suo asserto.Il solo Zampari presenta, un contratto per 1' acquisto delle sorgenti dall'Amministrazione comunale di Caposele.L'atto
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amministrativo però che lo Zampari ha messo innanzi, più che un contratto è un semplice compromesso, la cui piena efficacia doveva verificarsi trenta mesi dopo la sua
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firma, già scorso da parecchi anni e, se le nostri informazioni sono esatte, tra il Comune di Caposele ed il cav. Zampari non correrebbe più i buoni accordi di prima, essendosi iniziati diversi giudizi.Ma se i progettisti sono di avviso unanime sulla espropriabilità
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delle sorgenti,non sono così facilmente all'unisono quando si tratta di stabilire quali diritti acquisiti possono vantarsi sulle sorgenti stesse.Un'autorità competente in materia di studi idraulici, il Comm. F. Giordano , parlando della derivazione dalle sorgenti del
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Sele,osserva che sarebbe il mezzo più radicale e sicuro di fornire acque alle Puglie,dato
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non vi sieno alla deviazione difficoltà di diritto.(ingegnere F. Giordano-Sulla provvista di acque per le Puglie-Bollettino di notizie agrarie-febbraio 1890).Niun dubbio che le
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acque comunali non sono demanio pubblico, come le strade, le piazze e le altre cose
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destinate all'uso della generalità degli abitanti: esse sono semplicemente beni
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patrimoniali del Municipio soggetti alla legge comune che regola le
proprietà
private.Occorre però distinguere tra le acque che sono in piena proprietà del Comune e quelle pubbliche o private discorrenti nel territorio del Comune, al cui uso e godimento per legittimo titolo e consuetudine ha diritto la generalità o la maggior parte degli abitanti o possessori.Quanto alle prime niun dubbio che il Comune possa disporne liberamente, come degli altri beni che formano il patrimonio comunale, attenendosi alle prescrizioni delle leggi sui Comuni: per le seconde è da osservarsi che se il Municipio non ha diritto alla loro diretta amministrazione, non gli si può negare quello della vigilanza e di dirigerne il riparto e il godimento, come di cosa gravata di 119
servitù, a vantaggio del pubblico e che interessa la generalità degli abitanti, i quali a Caposele hanno molti opifici idraulici, impiantati sul corso della sorgente,dalla quale traggono forza e alimento per le loro industrie.Ben stabilire quindi la natura ed il carattere di queste acque,non è solo questione di modalità e di esercizio,ma gravissima condizione di diritto in rapporto alla loro espropriabilità ed in ragione di quella maggiore o minore somma di diritti acquisiti che si possono vantare.Le relazioni che
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abbiamo citate contengono le più spiccate contraddizioni in proposito:in una si legge che le opere di allacciamento delle acque del Sele non aboliranno nessuno degli edifizii
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esistenti,mentre nell'altra si assicura che le suddette opere sopprimeranno tutte le casupole che sono nel piazzale di Caposele ed obligheranno chiudere la Chiesa:in
G
quanto al numero,alla importanza dei molini,degli stabilimenti nulla di preciso e di
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
determinato.
120
Citazioni del Sele nel passato 1. At noton est longe supra sirenida rupem Picentis Silari gurges spectabile flumen (Dionysus Afer ,De situ orbis ,ver. 297)
TE
2. Tra i boschi del Sele e i querceti fitti dell’Alburno Vive in grandi sciami un insetto
EN
Che in romano ha nome assillo e i Greci chiamano estro; aggressivo, col suo fastidioso ronzio intere mandrie di animali;
SO R
(Virgilio, Georgiche 2° libro)
G
atterrisce e disperde in fuga nelle selve
Siculum
LA
3. Sexsta provincia Lucana inchoat a fluminis Silere cum ritia usque ad fretum
IO
(Pietro Diacono in Muratori)
IV
4. Le acque del Sele hanno la virtù di pietrificare non solo i tronchi d'albero ma anche, le foglie che s'immergono; nelle sue acque, e si esprime così: Similìter in
H
flumine Silari ultra Surrentum non virgulta modo immersa , verum et folia
AR
C
volatilia lapidescunt (Caio Plinio, Codice della Biblioteca Borbonica)
5. Nunc Silaria quos metrit aquas quo gurgite tradunt duritiem lapidum mersis inselescere ramia(Cajo Silvio Italico, Punicor lib. 8 vol.582 seg). 6. …quatuor hinc ad Silari flume portumque Alburnum. (Lucilio - il più antico scrittore che lo disse Sylarus -)
121
7. Virgulta in Silarum fluvium Samnitum demissa,lapidescunt.Nunc Silaris , quos nutrit aquis quo gurgite tradunt duritiem lapidum mersis, inolescere ramis. (Silio Italico, lib. 8) 11. De Silari aqnis hoc peculiare traditur planta si quae in aquam eius conjiciator, eam in saxum mutari, manente colore, formaque
eiusdem.
EN
TE
( Strabone, Geografia libro VI ,1)
8. …là ove, come si narra, e rami e fronde Silaro impetra con mirabil onde…
SO R
9. …e proprio ai piedi della buia parete del
G
(T. Tasso, Gerusalemme Conquistata, Cant. 2)
monte Rotoli (Paflagone) è captata
l’acqua per l’acquedotto.Ora sono polle
LA
non meno vive di prima,ma sepolte.Al
loro posto dove formano lago a ferro di
cavallo appare un prato, e da un lato nello
IO
stesso sfondo sorge su un salto un povero
IV
campanile distaccato dalla sua chiesa trasportata altrove.
AR
C
H
(G. Ungaretti, Il deserto e dopo)
10. Bulla ex papiro expedita in anno 1107 per Gregorium Archiepiscopum compsanum manu Rufi Canonici compsani et Notarii commorante cum fratibus suis in domo S.Martini de Sylere per quam contenebatur quod quodam vinea cum olivis, quae est iuxta Sylerem recuperata ab Alferio de Montella habitante Capitis Sylaris teneretur ab eodem Alferio sua vita durante et reddere ecclesiae compsanae.
122
11. « Le acque del Sele altro non producono alle foglie, « ai legni, che vi cadono, che covrirle di un limaccio, il quale, asciugato, s' indurisce » (Dizionario di Napoli,1816)
12. « Its water is said to have petrifìed plants>>.
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
EN
TE
( Smith,DizionarioGeografico,1820)
123
Analisi chimico-fisico-batteriologiche delle acque di Caposele.Queste le ultime: ANALISI CHIMICO-FISICO-BATTERIOLOGICHE DELLE ACQUE DI CAPOSELE Parametri
Unità
di Sorgenti
D.P.R.
236/88
misura
Sanità
C.M.A.
Pt/Co)
1.10
20.00
Torbidità
NTU
0.18
4.00
inodore
Sapore
insipida
-
Portata
lt/s
3780.00
Tempratura acqua
°C
SO R
G
Odore
EN
Colore
-
9.10
25
7.70
6.85-8.50
uS/cm 20°C
276
-
Residuo a 180°C
mg/l
193.20
1500.00
Durezza totale
G.F.
15.66
**
Calcio
mg/lCa
48.80
-
mg/lMg
8.41
50.00
mg/lCl
6.98
<200
mg/lCaCO3
147.80
-
mg/lHCO3
180.30
-
mg/lO2
9.60
-
Sodio
mg/lNa
3.47
150.00
Potassio
Mg/Lk
1.23
-
Ammoniaca
mg/lNH4
0.00
0.50
Nitriti
mg/lNO2
0.00
0.10
Nitrati
mg/lNO3
3.30
50.00
Ossidibilità
mg/lO2
0.24
5.00
Solfati
mg/lSO4
2.51
250.00
Fosfati
µg/lP2O5
0.00
5000.00
IV
Cloruri
IO
Magnesio
H
Alcalinità
Ione idrocarbonico Ossigeno disciolto
AR
LA
Conducibilità
C
Ph
TE
mg(sca
124
ug/lH2S
0.00
-
Silice
Mg/lSiO2
7.15
0.20
Alluminio
mg/lAl
0.01
0.2/td>
Fluoro
mg/lF
0.14
1.5-0.7
Ferro
µg/lFe
2.30
200
Manganese
µg/lMn
0.24
50
Cromo
µg/lCr
0.41
50
Rame
µg/lCu
7.55
1000
Zinco
µg/lZn
11
3000
Piombo
µg/lPb
0.14
Cadmio
µg/lCd
0.01
Nichel
µg/lNi
0.00
Tensioattivi (MBAS)
µg/lLaurisolfato 0.00
200
Cloro res. Libero
mg/lCl
0.00
0.20
VOC*
mg/l
1.01
30
0.65
-
0.04
-
0
0
Ind. Todd
ufc/100ml
EN 50
G
5
SO R
50
Coliformi fecali
ufc/100ml
0
0
Streptococchi f.
ufc/100ml
0
0
Sopre di Clostr. S.R. /250
0
0
ufc/ml
0
10
22°
ufc/100ml
0
100
Stafilococchi pat.
/250
0
0
Aeurug.
/250 ml
0
0
Funghi e Lieviti
/250 ml
0
-
Salmonelle
/1000
0
-
H
IV
IO
Coliformi tot.
LA
Ind. Langelier
C
Col. In Agar a 36°
TE
Solfuri
AR
Coliformi in Ager a
Pseudomonas
125
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
EN
TE
Profilo e sezione del canale principale dellâ&#x20AC;&#x2122;acquedotto
126
Planimetria schema canale principale AQP, Carlo Viggiani, Lâ&#x20AC;&#x2122;acquedotto Pugliese, The Apulian Aqueduct Engineering,Hevelius edizioni,Roma,2001.
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
EN
TE
-
127
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
EN
TE
Profili e sezioni del canale principale
128
AR
C
H
IV
IO
LA
SO R
G
EN
TE
Descrizione dei tratti dellâ&#x20AC;&#x2122; AQP fino a Brindisi
129
REGESTO “Il passato rivive nel nostro presente e si proietta nel futuro…”. -71 a.C.- Spartaco (gladiatore tracio) veniva sconfitto da Crasso in Lucania “apud caput Silaris”. La località precisa è oggetto di discussione tra gli studiosi, alcuni indicano la sella di Conza, altri la zona di confluenza del fiume Tanagro col Sele, altri la zona tra
TE
Quaglietta e Calabritto ed altri ancora la piana di Paestum.
EN
-568 d.C.- Un nuovo popolo germanico, i Longobardi, muovendo dalla Pannonia, forzava la tenue difesa bizantina e conquistava parte dell'Italia entrando dalle Alpi
G
orientali e scendendo rapidamente verso il Sud. Guidati dal loro re Alboino, essi stabilivano la loro capitale a Pavia e fondavano due importanti ducati a Spoleto e a
SO R
Benevento (l’antico nome Maleventum era stato mutato in Beneventum dai Romani nel 275 a.C., anno della loro vittoria su Pirro che , desideroso di conquistarsi un impero greco occidentale, comprendente la Magna Grecia e la Sicilia, aveva preso le difese di
LA
Taranto allora in conflitto con Roma).
-571 d.C.- Primo insediamento dei Longobardi nel Sannio. (Sant’Angelo dei Lombardi
IO
e Guardia dei Lombardi sono di origine longobarda, Caposele continuava a far parte dei
IV
Lucani nella III Regio143 secondo la divisione augustea).
H
-590- Fondazione del ducato di Benevento (primo duca Zottone succeduto da Arechi
C
I), come riportato dallo scrittore dell’ VIII secolo Paolo Diacono (monastero di
AR
Montecassino). -774- Il Ducato di Benevento veniva diviso in una quantità di distretti amministrativi raggruppati intorno a centri maggiori, chiamati Acta (terre del fisco ducale), Iudicaria o Gastaldato. -774- Carlo Magno conquistava il regno longobardo; con il trono longobardo vacante il duca Arechi II tentava un colpo di mano per impossessarsi della corona, innalzava la 143
La I Regio comprendeva il Lazio, la II la Puglia, la III la Lucania.
130
propria dignità fregiandosi del titolo di principe di Benevento ed elevava il suo dominio a Principato. -851- Divisione del principato, sancita dall’imperatore Ludovico II il Germanico con il capitolare dell’851. Dalla divisione nasceva il Principato di Salerno (diviso in castaldati
TE
e contadi) e si riduceva il Principato di Benevento. -Fra l'880 e l'886, approfittando della richiesta di aiuti dei principi longobardi per
EN
fronteggiare l'avanzata musulmana, i Bizantini riprendevano il controllo dei territori della costa pugliese e del principato di Salerno e di Benevento su cui, da quel momento,
G
i principi longobardi avrebbero esercitato una autorità puramente formale. I Bizantini intanto costruivano torri e castelli sulle alture per controllare le posizioni degli Arabi,
LA
-25/10/990 Terremoto.
SO R
ben assestati lungo i fiumi e la costa ionica.
-1000- Si diffondeva l’utilizzo degli opifici azionati dalla forza dell’acqua. -1018-
IO
Presenza dei cavalieri normanni.
IV
-1022- Anni dell’arrivo dei Normanni. I castaldi, immutati, diventavano giustizierati
H
(giustiziere).
AR
C
-1076- Fine del periodo longobardo ed inizio di quello normanno. -1079- I Balbano entravano in possesso delle terre di Caposele. -1140- Caposele faceva parte del Ducato di Puglia (art. 702 del Catalogo dei feudi e dei feudatari, A.S.N.) -1160- Dal Catalogo dei Baroni Normanni si legge “Comes Philippus de Balbano dixit quod demanium suum, quod tenet in Ducatu, videlicet de Sancto Angelo feudum quattuor militum, de Calabretta feudum trium militum, de Capusele feudum duorum militum, de Viaria feudum unius 131
militis: Demanium eius feudum decem militum”. (Il conte Filippo di Balvano disse che il suo demanio era quello che possedeva nel Ducato, cioè in Sant’Angelo un feudo di quattro militi, in Calabritto un feudo di tre militi, in Caposele un feudo di due militi, in Viaria un feudo di un milite. Nel complesso il suo demanio costituiva un feudo di dieci militi.) -1187- Il conte Filippo di Balbano forniva per S. Angelo dei Lombardi, Calabritto,
TE
Caposele e Diano e per i suoi suffeudatari 34 uomini armati e 60 fanti per la Terra
EN
Santa.
G
-1196- Moriva Filippo di Balvano e il feudo passava a Ruggiero (che aveva vita breve).
SO R
-1198- Iniziava il periodo svevo.
-1205- Moriva Ruggiero e gli succedeva nel 1231 il fratello Raone.
LA
-1230/31- Dagli “Acta Imperii” e precisamente negli “Acta 764” la gente di Caposele poteva contribuire alle riparazioni necessarie del castello di Campagna di proprietà della Corona.
IO
“Castrum Campanile - dice il decreto di Federico II - debet reparari per nomine eiusdem
IV
Terrae, Senerclae, Balbae, Colini, Contursi; et potest reparari per homines Calabricti, Capitis Sileris, Pali, Alcini, Balsiniani, Sancti Nicandri, Sperlongae, Sancti Menane, Castelli Novi, Mali
H
in ventre, et per homines Lariani”. (Il castello di Campagna… deve essere riparato per
C
opera degli uomini della Terra stessa di Campagna, di quelli di Senerchia, di Valva, di
AR
Colliano, di Contursi; e può essere riparato anche per opera degli uomini di Calabritto e Caposele, Palomonte, Alcino, Balsiniano, San Nicandro, Sperlonga, Malinventre e per mezzo degli uomini di Laviano.) -1239- Si estingueva la famiglia dei Balvano/Balbano. -1241- Dopo re Manfredi di Svevia, donna Minora Gentile portava le terre di Caposele in dote a Federico Maletta, conte di Apice. 132
-1266- Il 26 febbraio terminava il periodo svevo ed iniziava il periodo angioino. Carlò di Angiò, fratello del re di Francia Luigi XIV, richiamato in patria dalla Terra Santa da papa Clemente IV, sconfiggeva Manfredi, figlio di Federico II di Svevia nella famosa battaglia di Benevento.
TE
-1271- Caposele aveva 17 fuochi. -1272- Carlo d’Angiò assegnava la provincia di governo, comprendente Caposele, al
EN
figlio principe Carlo donde poi essa prendeva il nome di principato.
G
-1279- Caposele chiedeva la divisione dei confini territoriali che aveva, invece, in
SO R
comune con Calabritto.
-1284- Con la cacciata degli Svevi re Carlo I d’Angiò dava il feudo a Pietro d’Annibaldo. Successivamente il feudo passava ad Anselmo di Caors che, allontanatosi e
LA
non ritornando in tempo, ne veniva privato da Carlo II.
-1289- Carlo II concedeva le terre di Caposele per 80 deca annue a Guglielmo della
IO
Marra, il quale poi le assegnava al suo secondo genito Roggiero de Marra de Barulo,
IV
marito di Regasia Manzella di Salerno. (Regest. 1339 et 1340 . B. fol.I)
H
-1292- Per liberare Castellabate, località del Principato conquistata da truppe nemiche,
C
tra il 17 e il 27 luglio veniva ordinato per il successivo 8 agosto un raduno di balestrieri
AR
a Eboli. A Caposele con Montefredane veniva chiesto di inviare 6 balestrieri. -1299- 9 giugno. Carlo II decretava da Salerno la divisione della provincia in due principati: Citra (al di qua delle alture di Montoro) ed Ultra (al di là). -1320- Presenza nella “Generalis Subventio” angioina dei valori di imposta per la frazione di Malum in Ventre ( 1 once, 10 tari, 08 grana), per Vianum (…) e per Baianum (0 once, 16 tari, o grana). 133
-1369- Veniva eletto vescovo di Bisaccia da Urbano V fra Francesco Fonzo dei Padri Conventuali, che aveva edificato un Cenobio al suo ordine 144. -1376- Il feudo di Caposele, rimasto a Ruggero della Marra, era venduto a Giacomo Arcuccio, conte di Minervino.
TE
-1380- Il bisavolo Nicolò di Iacopo Sannazaro, avendo ben meritato presso Carlo III degli Angioini nell’acquisto del Regno di Napoli avvenuto circa nel 1380, riceveva in
EN
dono molti possedimenti e si trasferiva col figlio Giacopo a Napoli.
G
-1416- La regina Giovanna, figlia di Carlo III succeduta al fratello Ladislao, perseguitava tutti i beneficiati del padre e del fratello, affidava le rendite del feudo di Caposele ad
SO R
Antonello Gesualdo, la cui famiglia nel 1417 mandava in loco Luigi Sansonetto. -1416- La Gran Corte della Vicaria il 14 febbraio condannava l’università di Caposele,
LA
comune con la facoltà di eleggere i suoi rappresentanti amministrativi, al pagamento di 100 once d’oro alla R. Corte e alcuni cittadini al pagamento di 60 once d’oro per aver illecitamente disturbato Nicola e Francesco de Aprano nel possesso di un territorio
IO
detto Pasano nelle pertinenze del castello di Laviano (Princ. Citra). Perg. n. 34. L’istr.
IV
è trascritto nel 1416, marzo 17, indiz. IX, Laviano. Notaro Giovanni de Castello di Laurenzana, giud. A contr. Andrea ……di Buccino. Segnatura archivistica: Mazzo 846,
C
H
n° 4-cm 52x29-Scrittura gotica.
AR
-1441- Inizio del periodo aragonese. -1442- Alfonso I Re di Napoli -1445- 75 fuochi 75x4=300 abitanti (ogni fuoco era considerato uguale a 4 abitanti in considerazione anche del numero dei cittadini esenti dalla tassa, tipo ecclesiastici,
144
Successivamente, Chiesa Madre di San Lorenzo, protettore del paese, in cui veniva conservata la reliquia del Santo insieme a quelle di Santa Emerenziana, di San Nereo ed Achilleo.
134
nobili, militari etc). Da questa data in poi mancanza delle imposte per Malum in Ventre, Vianum, Baianum -1445- Il feudo di Caposele passava a Roberto Gesualdo e, successivamente, ad Elia Gesualdo.
TE
-1458- Il feudo diventava di Luigi Gesualdo, poi di Sansone, di Nicolò I, zio di
-05/12/1456- Terremoto.
SO R
-1467- Ferrante I d’Aragona, re di Napoli.
G
EN
Antonello Gesualdo, succeduto da Luigi II, figlio di Sansone I e nipote di Nicola I.
-1471- Alla morte di Luigi II il feudo passava a Nicolò II, figlio di Sansone II Gesualdo.
LA
-1480- Alla morte di Nicolò II, Luigi III, fratello di Nicolò II, diventava feudatario di Caposele.
IV
IO
-1483- Luigi III sposava Giovanna Sanseverino. -1494- Caposele raggiungeva 150 fuochi. Approvazione da parte di Alfonso II
H
d’Aragona degli “Statuti, plebisciti e consuetudini, a memoria di uomo esistenti per
C
comune consenso, e per libera ed espressa volontà di tutti, e singoli cittadini stabiliti e
AR
le antiche immunità e franchigie” di Caposele. -1494- Luigi III Gesualdo si ribellava al re Alfonso II d’Aragona per seguire il cognato Antonello Sanseverino (che parteggiava per i francesi) e perdeva le terre di Caposele. -1496- Re Ferrante II d’Aragona perdonava Luigi III e gli riconcedeva il possesso dei feudi di Boiaro, Buoninventre, Caposele,…
135
-1498- Luigi III, divenuto di nuovo ribelle, perdeva un’altra volta il feudo ed esso veniva venduto a Caterina Pignatelli. -1498- 7 novembre. Federico d’Aragona, re di Napoli, ordinava “si immettano in possesso della terra di Caposele, donna Caterina Pignatelli Contessa di Fondi, sua vita durante, e don Ettore Pignatelli, fratello di lei, dopo la morte della medesima, e che siano prestati loro il ligio
TE
omaggio e il giuramento dei vassalli”.
EN
-1501- Federico d’Aragona concedeva a Jacopo Sannazaro (1456-1530) le terre di
G
Caposele.
SO R
-1503- Fine del periodo aragonese - Inizio della dominazione spagnola. -1505- Jacopo Sannazzaro ritornava a Napoli. I nuovi dominatori spagnoli annullavano
LA
le concessioni di Federico d’Aragona. Sannazzaro perdeva i possedimenti di Caposele. -1507- Con il perdono e la sottomissione a Ferdinando il cattolico, il feudo di Caposele
IO
ritornava a Luigi III.
IV
-1517- Moriva a Conza Luigi III Gesualdo, gli succedeva Fabrizio I Gesualdo, quarto Conte di Conza, nono Signore di Gesualdo etc, sposato con Sveva figlia di Troiano
H
Caracciolo, Duca di Melfi, fedele alla Spagna e a Carlo V sostenuto con la fornitura
AR
C
delle armi.
-1524- Fra Jacovo da Caposele era il guardiano del convento dei frati minori S.Francesco a Folloni di Montella. -1527- Il clero di Caposele gestiva la Chiesa di S.Maria Mater Domini. Essa, contesa, veniva concessa al capitolo di Caposele da Camillo Gesualdo, arcivescovo di Conza (archivio di Conza fatto da Bardars, foglio 26 dell’inventario, “in reservatione pro ecclesia composana et assensu apostolico obtinendi sumptibus Capituli”). 136
-1532- Caposele veniva tassata per 182 fuochi (182x4=728 abitanti). -1543- La famiglia Gesualdo acquistava il feudo di Venosa. -1545- Moriva a Napoli Fabrizio I Gesualdo, gli succedeva Luigi IV, primo principe di Venosa(1561), quinto conte di Conza, 10° Signore di Gesualdo etc, che moriva a
TE
Venosa il 17.5.1584,sposato con Isabella. Aveva ricevuto il titolo di principe dopo il
G
-1545- 253 fuochi (253x4=1012 abitanti).
EN
matrimonio del figlio Fabrizio nel 1561 con la nipote di papa Pio IV .
-1554- Zanca Gio.(o Gian) Tommaso, familiare del capitano di gente d’arma Fabrizio
SO R
Gesualdo, nativo di Caposele e rettore dello studio di Napoli, pubblicava un’opera “Solutiones contradictionem in dicitis aristo. In prologo primi phisicorum dilucidatae” Napoli pe’ tipi di mattia cancer) IN 4° di P. 20, dedicata a Pietro De Mauris
LA
protomedico del regno di Napoli. (Vita di Giordano Bruno di Vincenzo Spampanato pg. 90-91).
IV
IO
-1561- 321 fuochi (321x4=1284 abitanti).
H
-1561- 31 luglio, ore 22.00, terremoto.
AR
C
-1563- Dopo il Concilio di Trento obbligo per le parrocchie di tenere i registri. -1584- Moriva a Venosa il 17.5.1584 Luigi IV; gli succedeva Carlo Gesualdo, terzo Principe di Venosa, settimo Conte di Conza, 12° Signore di Gesualdo etc, famoso musicista ed eccellente madrigalista, nato a Venosa l’8.3.1566. -1590- Un tristissimo fatto avveniva a Napoli: Maria, figlia di Carlo d’Avalos, Principe di Montesarchio, veniva uccisa da suo marito Carlo nella notte tra il 16 e il 17.10.1590.
137
-1594- 14 giugno- Alfonso Fontanelli, diplomatico di casa d’Este, scriveva al duca di Ferrara
Alfonso
II
“ci
avviammo
verso
Caposelle
per
molte
terre...”
-1594- Con l’aiuto dello zio Alfonso Gesualdo, cardinale di Napoli, Carlo Gesualdo sposava in seconde nozze Eleonora d’Este, nipote del duca di Ferrara Alfonso II .
TE
-1595- 321 fuochi- (321x4=1284 abitanti, pari a quelli del 1561).
EN
-1597- Papa Clemente assegnava la chiesa S. Maria di Materdomini al clero di
G
Caposele.
-1613- Il giorno 10 settembre moriva a Gesualdo Carlo. Avendo questi il 23 agosto
SO R
dello stesso anno perso l’unico figlio maschio Emanuele, caduto da cavallo durante una battuta di caccia, il feudo passava alla figlia Isabella, principessa di Venosa e signora, tra
LA
l’altro, di Caposele, Boiaro, Boninventre, Teora e Torrelenocelle. -1625- Padre Orazio da Caposele, Francescano dei Min. Conv. maestro di musica, mandava alle stampe di Napoli l’opera “Pratica del canto piano o canto fermo”;
IV
IO
diventava Superiore di Provincia dell’ordine di appartenenza. -1627- Isabella Gesualdo, principessa di Venosa, sposava Nicolò Ludovisi, vicerè di
H
Aragona e Sardegna, principe di Piombino, Duca di Fiano e Zagarolo, nipote del Papa
AR
C
Gregorio XV.
-1629- Morta Isabella, succedeva la figlia Lavinia . -1631- 16-18 dicembre- Pioggia di cenere per l’eruzione del Vesuvio. -1634- Lavinia moriva senza eredi e tutti i possedimenti passavano alla Reale Corte di Napoli.
138
-1636- Il feudo, con l’aggiunta di Montefusco, passava, per compravendita, a Nicolò Ludovisi, marito di Isabella e padre della premorta Lavinia. -1647- 7 luglio- Sommossa di Masaniello a Napoli. -1647- 8 settembre- L’Arcivescovo di Conza Ercole De Rangone (abitante per molto
TE
tempo presso i Benincasa) teneva un Sinodo a Caposele. “Questa terra fu abitata per qualche tempo da Monsignore Arcivescovo Ercole De Rangone, il quale stava con grandissima
EN
soddisfazione per le delizie dell’acque e de vini, habitando nella casa de signor Benincasa e nell’anno1647, sotto il di 8 settembre vi celebrò il suo sinodo, che fu dato alle stampe nel 1649,
SO R
-1648 - 300 fuochi- (300x4=1200 abitanti).
G
e detto Arcivescovo avrebbe continuato a stare in detta Terra”.
-1656- La peste: 642 morti, tra cui frate Francesco Masucci di Volturara che tanto si
LA
era prodigato ed aveva profuso abnegazione e carità cristiana. -1657- Fine peste; in uno dei punti più antichi del paese veniva eretta per
IO
ringraziamento una colonnina di pietra, su basamento, sormontata da una croce viaria
IV
in pietra (Croce dell’Angelo) ora in via Ogliara. Alla base veniva scolpita l’arma civitatis del Comune, ancora evidente in parte (tre gigli, la testa di un’aquila dal cui
C
H
becco sgorga un profluvio d’acqua e tre cime di monti)
AR
-1659- Abitanti 500. -1664- A Nicolò Ludovisi succedeva il figlio Giovan Battista . -1669- 204 fuochi (204x4=816 abitanti). -1671- Moriva Nicolò Ludovisi, marito di Isabella Gesualdo.
139
-1685- Si celebrava una Platea Rinomata nella terra di Caposele, primicerio Paolo Ilaria. -1691- Abitanti 1185. Don Antonio Castellano scriveva “La Cronista Conzana” -1694- 8 settembre ore 17,45 - Terremoto: 150 case distrutte, 40 morti e 60 feriti. Il
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-1696- A Giovan Battista succedeva il figlio Marcantonio Ludovisi.
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terremoto non lasciava che un torrione del castello, già abbandonato.
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-1707- Nuovo governo austriaco: Carlo VI metteva fine a due secoli di viceregno
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spagnolo.
-1710- L’immagine della Madonna della Sanità, dipinta da Fra Paolo veniva posta in una chiesetta, vicino alle sorgenti, là dove un tempo si ergeva un tempio pagano a Giunone
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Argiva.
-1714- Per vendita, il feudo passava al nobile Inigo Rota che sposava Beatrice Mastrullo
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ed otteneva dal re il titolo di principe di Caposele. -1731- Il terremoto che devastava il tavoliere pugliese cagionava danni anche a
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Caposele: crollava la chiesetta di Materdomini, già conosciuta nel 1500 e meta di molti
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pellegrinaggi.
-1731- 17.09. - Nascita di padre Donato Antonio del Guercio, morto a Ravello (Sa) in odore di santità. -1732- 29.11 - Terremoto con scossa di replica il 29.01.1733 . -1734- Inizio del Regno dei Borboni. -1740-1742- Istituzione del catasto onciario da parte di Carlo III di Borbone. 140
-1743- La peste. Per intercessione della tenera Madre Maria il popolo di Caposele veniva totalmente liberato. -1746- Missione di S. Alfonso de Liguori, sotto il principe di Caposele Inigo Rota e la principessa Cornelia Sanfelice. Invito del vescovo del luogo a fondare una casa per i
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missionari nel romitorio vicino alla chiesa.
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-1747- La chiesa di S. Maria Mater Domini veniva ceduta ai Redentoristi. Sottoscriveva
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lâ&#x20AC;&#x2122;atto il Clero locale.
-1748- Inizio della costruzione del cenobio di Materdomini. Il principe Inigo Rota,
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metteva a disposizione i suoi boschi per ricavarne le travi e il legname occorrenti per la costruzione.
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-1754- Nel mese di giugno Gerardo Maiella giungeva a Caposele.
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-1755- Morte di Gerardo Maiella.
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-1755- Padre Antonio Donato Del Guercio condivideva con i frati conventuali minori
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una casa a Caposele.
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-1764- Una terribile carestia si abbatteva sul regno e su Caposele: 329 morti. -1764- 5 agosto- Moriva Padre Andrea Morza, il santo Redentorista caposelese, nato nel 1739. -1771- Inigo Rota lasciava il principato alla figlia Ippolita che lo portava in dote al marito Carlo Lagni. -1788- 16 luglio- Nasceva il Ven. P. Salvatore Grasso (v. anno 1868). 141
-1789- 3512 abitanti. -1799- Anno della rivoluzione napoletana. A febbraio arrivavano i Francesi, al comando di Don Pasquale de Laurentiis, a piantare l’albero della libertà. A fine maggio l’esercito borbonico ristabiliva la calma con il ritorno del re sul trono di Napoli. Si scatenavano sanguinosi regolamenti di conti, uccisioni, carcerazioni,
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estorsioni e vendette private. Seguiva la repressione giudiziaria borbonica.
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-1799- Gli eletti di Vaglio di Caposele s’opponevano a dare il comando della Guardia
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Nazionale ai nobili e perché il comando fosse diviso fra nobili e borghesi.
Buonaparte sul trono di Napoli.
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-1806- 7 aprile- Napoleone ritornava e collocava suo fratello Giuseppe Napoleone
-1806- Con decreto del re Giuseppe Bonaparte abolizione dei feudi. Carlo Lagni (Carlo
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de Ligny principe di Caposele) ultimo signore.
Re Giuseppe Bonaparte emanava la legge eversiva con la quale i terreni del feudo venivano assegnati al demanio comunale, la cui amministrazione doveva gestire la
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quotizzazione e l’assegnazione ai contadini. -1806- 8 agosto- Nuova organizzazione amministrativa: 13 province governate da un
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Intendente, ogni provincia divisa in distretti e ogni distretto in mandamenti, ogni
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mandamento in comuni. Il comune era affidato al governo di un Consiglio Decurionale,
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costituito da
cittadini integerrimi, estratti a sorte tra una determinata classe di
eleggibili, formata in base al censo. -1809- Re Gioacchino Murat istituiva lo Stato civile con i registri anagrafici. -1810- Fino a tale data Caposele apparteneva al mandamento o circondario di Laviano, comprendente anche Quaglietta, Senerchia, Calabritto, Valva, Colliano, Santomenna, Castelnuovo di Conza e facente parte del distretto di Campagna. 142
-1811- Re Gioacchino Murat istituiva per decreto
il mandamento di Calabritto
comprendente anche Senerchia e Caposele. -1812- Trasferimento del dipinto della Madonna della Sanità nella chiesa Antoniana perché nel tempietto si erano aperte delle larghe fenditure prodotte dalla frana del
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suolo.
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-1810-1820- Nascita della Carboneria.
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-1816- Ferdinando I di Borbone ritornava sul trono di Napoli.
-1817- Ferdinando I emanava la legge per la creazione del camposanto pubblico entro il
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1820.
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-1834- Ritrovamento della stele dedicata al Dio Silvano. -1835- Epidemia in autunno (116 morti).
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-1837- mese di luglio- Il colera (226 morti). Episodio riportato sul registro
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parrocchiale dei morti. I Caposelesi si ricordavano di avere una tenera e potente Regina, Maria della Sanità. A Lei ricorrevano, ed oh prodigio! Il giorno in cui se ne
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celebrava solennemente la festa, il fiero morbo come per incanto cessava.
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-1837- Dal mese di agosto tumulazioni non più in chiesa, ma al camposanto, solo successivamente inaugurato e registrato nell’elenco dei cimiteri borbonici. -1839- Iniziava la costruzione della chiesa dedicata alla Madonna della Sanità. Alla conclusione dei lavori quel pezzo di muro su cui era dipinta l’antica immagine veniva ripreso dalla chiesa Antoniana e riportato al suo posto. -1842- Per la costruzione del camposanto col Decreto Regio n° 7593 dell’ 8 giugno si dava facoltà al Comune di Caposele in Principato Citeriore di prendere censo di due 143
porzioni di suolo appartenenti la prima al Sig. Gennaro Chiaravallo e l’altra a D. Camillo Bozio, pagando al primo di essi canone ducati 2 e grana 48 l’anno, e ducato 1 e grana 88 al secondo, depurati dal quinto, e con la cessione della contribuzione fondiaria a carico del Comune stesso. Inaugurazione ufficiale del cimitero.
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-1848- La peste (190 morti).
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-1853-09/04- Terremoto: 12 morti. Crollava la chiesa dedicata a san Lorenzo.
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-1853- Si allargava la chiesa degli Antoniani per essere utilizzata come chiesa
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parrocchiale.
-1857- Terremoto tra la notte del 16 e 17 dicembre.
nazionale dell’Uruguay.
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-1860- Nasceva a Caposele Gerardo Grasso, musicista compositore del Pericon, inno
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al 1870.
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-1860- Terminava il Regno dei Borboni -Unità d’Italia - Decennio del brigantaggio fino
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Dopo il 1860 la tripartizione della Campania si modificava (divisione in 5 provincie)
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-1861- Eugenio, principe di Savoia Carignano decretava che i mandamenti di Calabritto
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e di Montoro dovevano passare alla provincia di Avellino. -1863-16.05- Morte del sac. Lorenzo Santorelli. -1866- Soppressione degli ordini religiosi. Il collegio dei Redentoristi rimaneva quasi deserto, la chiesa semi-abbandonata. -1868- 29 febbraio- Nel convento di Torchiati, frazione di Montoro Superiore (Av), moriva il Ven. P. Salvatore Grasso, vissuto lì santamente per 40 anni. 144
-1871- Caposele passava dalla circoscrizione provinciale di Salerno a quella di Avellino. -1889- Iniziava l’emigrazione di tanti compaesani verso le Americhe. -1892- 6 dicembre- Beatificazione di Gerardo Maiella da parte del pontefice Leone
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XIII.
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-1887- Presenza in Caposele di opifici di proprietà del principe di Caposele Luigi de Vera d’Aragona e anche del duca di Castellaneta Francesco de Mari che da oltre 70
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-1899- Morte di Nicola Santorelli.
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anni li aveva ereditati dalla madre marchesa Olimpia De Lignì, entrambi di Napoli .
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-1899-16.12- Frana nell’abitato di Caposele.
-1904 -11.12- Gerardo Maiella veniva proclamato Santo.
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-1906- Inizio dei lavori di captazione delle sorgenti della Sanità. -1907- Inizio dei lavori per lo spostamento della chiesa della Sanità a causa dei lavori di
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captazione delle sorgenti.
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-1910- Terminavano i lavori di costruzione della chiesa dedicata alla Madonna della Sanità e il sacro dipinto di fra Paolo veniva solennemente traslato nel nuovo tempio. -1913- Trasferimento dal vecchio al nuovo cimitero, sito alla c/da Ionda. -1915- Inizio della prima guerra mondiale. -1918- Epidemia “la Spagnola”- Numerose le vittime. 145
-1928- Una zona disabitata di 102 ettari veniva staccata a Laviano (Sa) ed aggregata a Caposele. -1930- Notte 22 –23 luglio, ore 1,08- Terremoto, senza danni.
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-1934- Il poeta Giuseppe Ungaretti visitava le sorgenti del Sele.145 145
GIUSEPPE UNGARETTI, "il deserto e dopo" Prose di viaggi e saggi pag. 355,Caposele il 9 settembre 1934 ALLE FONTI DELL' ACQUEDOTTO La sete.
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Ho conosciuto il deserto. Da lontano,un filo improvviso di acqua chiara e viva faceva nitrire di gioia i cavalli.Ho conosciuto Paesi di grandi fiumi. Ho conosciuto terre più basse del mare. Ho conosciuto l'acqua che s' insacca, l' acqua che s'ammala, l'acqua colle croste,con fiori orrendamente banchi, I'acqua venefica,i riflessi metallici dell'acqua,la terra come una tonsura fra rari ciuffi d'erbe idropiche. Ho conosciuto l'acqua torrenziale, l'acqua rovinosa, I' acqua che bi sogna asserragliare. Ho conosciuto I'acqua nemica.Ho conosciuto Amsterdam dove si vive come navi ferme collo, sguardo sott’ acqua.L'architettura delle stesse case, prive di volume,incatramate,non trova lì consistenza se non nello specchiarsi .Sovrapponete a un' architettura quanti ornati vorrete ,sarà sempre uno scheletro;ma lì non è nemmeno uno scheletro :é un sogno. E difatti guardando dall'alto un tram fuggente con i suoi lumi, nel vederlo giacente nella sua crisalide capovolta sotto le velature e le trasparenze di un'acqua putrefacente ho conosciuto la verità di Rembrandt: sogno. Ora andremo sino alle fonti del Sele. Se gli Estensi volevano vedere in giro vivente la loro nostalgia, e portavano Ferrara a Tivoli , se forse le grandi acque di Versaglia sono un canto ferrarese dei Francesi, questi Italiani del '900 non hanno insegnato al mondo il modo di sbizzarrirsi coll' acqua, hanno semplicemente dato da bere a chi aveva sete. Ma per questo non ci voleva meno fantasia che a quei tempi e ci voleva una volontà molto più umana. Ne è nata un' opera che ,come si vedrà in prossime note,sfida qualsiasi altra anche per bellezza. Acquaforte
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Rotolato dall' acqua c'è un macigno Ancora morso dalla furia Della sua nascita di fuoco. In bilico sul baratro non pecca Se non coll' emigrare della luce Muovendo ombreggiature a casamenti Tenuti sulla frana da bastioni. Attinto il vivere segreto, Nell'esaltarsi della valle a sera Sono strazianti le sue cicatrici.
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….Poi si apre la vallata dell' Ofanto e per un' altra strada a girandola arriviamo in cima a Calitri,paesino bianco a 600 metri col le casa che si tengono strette sulla frana. Fatta colazione ripartiamo, e dopo poco arriviamo alla quarta stazione,presso il torrente Ficocchia,:La stazione questa volta si presenta sotto forma d'una botola. Per scala ci sono dei ramponi alla parete vertica,le di particolare vediamo in fondo ad un pozzo come due grandi bocche di cannone:chiuse da piatti d'acciaio servono a tenere l' acqua; ma il loro scopo, quando occorra, come di quella apertura vista. alla prima stazione, è di vuotare il canale per visite o riparazioni. Salita la sella di Conza, che divide il versante Adriatico dal Tirreno con il senso di un altra aria ,più fresca,penetriamo nel primo gruppo di vallate del versante del Sele. Si faceva sera, e dalle colline qua e là apparivano i primi lumi:"quei lumi è Castelnuovo (di Conza), quelli è Laviano, e quelli è il paese più ricco d'Italia :Calabrìtto....." Ed eccoci ,per curve vicinissime l'una all'altra arrivati a Caposele! Entrando in paese ci viene incontro una gola di una cinquantina di metri per dieci, spaccata nella roccia e sparsa di macigni ruzzolanti e piombati dalla montagna; qui si vedono le sorgenti del Sele;le lasciate in libertà e che alimentano ciò che rimane del fiume che va dalla parte di Pesto:un boccalone vomitante in cima, sotto un' infinità di fontaninii che intrecciano le loro vene fra gli olmi , l'edera, le. acacie,il sambuco, un fico che ha l'età di Matusalemme:in fondo fra pietroni l'acqua scivola sveltissima,in una specie fil foro tenebroso, e si perde in quel occhio. A questo punto,davanti a tanti scrosci e fruscii, un vecchio che avrebbe potuto fare da modello a un apostolo caravaggesco mi viene accanto e mi dice all'orecchio: "Non mi vogliono dare nemmeno l'acqua da bere"...." Rifletto che se fossi andato in cerca della misura della pazzia non l'avrei trovata più esatta,e vado oltre.
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-1938-16 luglio- Visita di S.A.R. Umberto di Savoia a Caposele e a Materdomini. -1938- Nei primi mesi di giugno si dava inizio ai lavori di costruzione dell’acquedotto per la contrada Materdomini.
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-1939- 27 maggio-Rivolta dei Caposelesi per il prelievo della restante parte d’acqua
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-1940- Scoppio della seconda guerra mondiale.
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delle sorgenti Sanità.
-12 febbraio 1949-Operazione Colossus-commando britannico contro l’Acquedotto
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Pugliese146
-1946- 2 giugno-Plebiscito tra monarchia e repubblica. A Caposele vinceva la
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monarchia.
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-1946- Prima elezione diretta del Sindaco.
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Entriamo in un luogo solenne. Ha come sfondo rnonte Rotoli che sale da 4 a 700 metri,Monte Calvello di 1200 metri,monte Cerviali di 1800 metri:per gli interni alambicchi di questi monti l'acqua del Sele arriva alle sorgenti. E proprio ai piedi della buia parete verde del monte Rotoli(il Paflagone) è captata l'acqua per l'acquedotto.Ora sono polle non meno vive di prima ,ma sepolte.Al loro posto dove formavano lago a ferro di cavallo appare un prato,e da un lato nello sfondo sorge un salto un povero campanile distaccato dalla sua chiesa trasportata altrove:Nel mezzo del prato si notano quattro botole ermeticamente chiuse:sono gli accessi al canale che, afferrate le polle,le svia per una brusca storta,ed eccole dentro una stanza di manovra. Poi m'hanno aperto ,sotto un arco di mattoni a forma di turbante,un finestrino:con un continuo rombo d'acqua che si slancia come un toro:qui incomincia l'acquedotto: Laudate si mi Signore per sora acqua la quale è molto utile.... Nei primi giorni di febbraio, l’undici e il dodici, per la città di Avellino si sparge la voce che un commando inglese, non si capisce se sbarcato o paracadutato, ha tentato di avvelenare l’acquedotto pugliese. La questione si chiarisce qualche giorno dopo grazie alle precisazioni del comunicato dell’agenzia di stampa Stefani e al bollettino del Quartiere Generale delle Forze Armate; in effetti un commando di paracadutisti inglesi è riuscito a far brillare una mina sotto una condotta d’acqua, provocando però lievi danni. 146
Al termine del conflitto, è stato possibile ricostruire dettagliatamente le vicende del raid britannico in Irpinia, denominato in codice Colossus, e dei componenti del Commando, designato come “X Troop”.
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-1952- 19 aprile. Veniva effettuata la ricognizione canonica del corpo del Ven. P. Salvatore Grasso: le ossa venivano murate accanto all’altare di S. Francesco. -1956- Un nevone sommergeva il paese. Per poter entrare nelle case a piano terra era necessario scavare i gradini nella neve.
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-1962- Scossa di terremoto.
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-1963- 23 febbraio- Frana - Paura per il possibile distacco della pietra dell’orco?
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-1969- Inizio dei lavori per costruire in Materdomini una nuova basilica, più grande, per accogliere i numerosi pellegrini provenienti non solo dall’Irpinia, dalla vicina
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Basilicata, dalla Puglia, ma da tutto il Sud.
-1974- Conclusione dei lavori della nuova basilica progettata dall’architetto Giuseppe
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Rubino.
23/11/1980 Terremoto- Diroccava buonissima parte delle case e dei luoghi sacri e
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morivano persone tra giovani, anziani e bambini. Per ricostruire l’abitato e per
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consentire la dignitosa rinascita della vita religiosa e civile passavano più di venti anni.
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“Accanto al terremoto delle case v’era cocente ed insanabile un vero terremoto delle anime”.
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Bibliografia: 1. Documenti consultati per la storia di Caposele: O. Beltrano, Descrizione del regno di Napoli diviso in dodeci provincie ,rist. anast. Bologna, Forni, 1969.
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