Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XXXII - Dicembre 2004 -
Direttore Nicola Conforti
email:confortinic@tiscali.it.
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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973
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CENTENARIO GERARDINO
DUE GRANDI EVENTI GIUBILARI PER MATERDOMINI
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Quale pro loco?
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uale Pro loco per il prossimo futuro o quale futuro per la proloco? Questa è la domanda che oggi si impone con prepotenza fra tutti noi e pertanto merita di essere analizzata. Per oltre trent’ anni della vita della nostra comunità la pro-loco è stata punto di riferimento per residenti ed immigrati, non a caso questo giornale è al suo 70° numero, e per molti anni è stata l’ unica protagonista di piacevoli
di Raffaele Russomanno
“agosti caposelesi” trascorsi tutti in armonia. Vivo è in me il ricordo di quando, da ragazzo, combattevo la mia personale battaglia in famiglia per non allontanarmi da Caposele nel periodo estivo perché i momenti che vivevo erano molto belli e intensi, sicuramente erano vissuti nella coralità di un intero paese che basava il proprio essere su valori e sentimenti diversi da quelli odierni, cambiati. (continua a pag.27)
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ntonio Sena e Donato Conforti, insostituibili collaboratori del nostro giornale, improvvisamente e prematuramente sono venuti a mancare all’affetto dei loro cari e di tanti amici che, con la loro scomparsa, hanno avvertito una grande tristezza ed
un vuoto incolmabile. “La Sorgente” , che in tante occasioni li ha visti protagonisti di esaltanti quanto prestigiose iniziative, segna simbolicamente a lutto le sue pagine. La redazione ne piange, addolorata, la loro dipartita: li ricorderà sempre come gli amici migliori.
Lettere / Attualità
Dott. Ing. Cesare Patrone Ispettorato Generale C.F.S. ROMA
Il Capo Del Corpo Forestale dello Stato
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Interpretando unitariamente i sinceri sentimenti della Comunità Caposelese, Le esprimo vivo compiacimento per la sua nomina a Direttore Generale che inorgoglisce il Paese il quale l'ha sempre ritenuta un Suo figlio. Appartenere, poi, ad una famiglia che non ha mai reciso i suoi legami con Caposele, aggiunge gioia all'orgoglio. Noi tutti siamo convinti che i rapidi risultati fin qui conseguiti ci fanno ben sperare in un prosieguo brillante della Sua carriera, avendoLe sempre riconosciuto una notevole professionalità e doti indiscutibili. E', quindi, con amicizia e stima che, a nome della redazione de " La Sorgente" e dei soci della Pro Loco, Le auguro buon lavoro al servizio dello Stato. Nicola Conforti Ing. Nicola Conforti Direttore de "La Sorgente" Caposele
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Caro Direttore, ringrazio sentitamente per le graditissime espressioni augurali e per le significative parole di apprezzamento e di sostegno fattemi pervenire in occasione della nomina a Capo del Corpo Forestale dello Stato. I legami con le origini e con la Comunità di Caposele costituiscono per me un riferimento importante che, sono certo, non si affievolirà mai. Nel rinnovare, quindi, i sentimenti di vicinanza e di gratitudine, l'occasione mi è gradita per inviare cordiali saluti.
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Cesare Patrone
LETTERA APERTA ai NOSTRI FIGLI Figlie e Figli carissimi, la nostra terra e' diventata un luogo di massacro: tanti, troppi giovani hanno perso la Vita in questi ultimi anni. Comprendiamo benissimo il Vostro disagio, la Vostra frustrazione, forse dovuti anche al poco tempo che dedichiamo a Voi ed al mondo degli adulti che Vi schiaccia e non Vi lascia spazio. Diteci a chiare lettere cosa possiamo e dobbiamo fare per Voi! Diteci come possiamo aiutarvi ad uscire da questo inarrestabile vortice che si sta allargando a macchia d'olio! Dateci una mano a comprendere le Vostre esigenze, non rifugiatevi nei paradisi artificiali della DROGA! Perche' la DROGA e' MORTE! e noi vogliamo la VITA PIENA e FELICE per VOI! Noi VI AMIAMO IMMENSAMENTE: AIUTATECI ad AIUTARVI! FATE ANCHE VOI LA VOSTRA PARTE! I Vostri Genitori
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Caro Direttore, sono sicuro che mi concederai un po' di spazio per ricordare l'anno triste della Pro Loco per la scomparsa di tanti cari amici: Donato, il collaboratore insostituibile della "Sorgente", l'amico puntuale per tante spedizioni; Antonio, l'architetto, il poeta di tante belle pagine scritte sul nostro giornale; Antonio il cavaliere, puntuale visitatore mattutino del nostro circolo e assiduo messaggero di notizie che, tramite in nostro abbonamento, portava ogni giorno ai soci; Peppino, simpaticissimo, con il suo sorriso accogliente sarà per tutti indimenticabile. Infine Matteo. Il proprietario della sede sociale. Caro presidente, anche lui fa la storia di oltre trent'anni di associazione. Il loro ricordo è di sprone affinché la Pro Loco abbia sempre più lunga vita. Emidio Alagia
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Associazione Turistica Pro Loco Caposele La Sorgente Il Direttore
Cesare Patrone, Capo del Corpo Forestale dello Stato
La storia del Liceo di Caposele, breve ma molto intensa, è iniziata circa trenta anni fa. Nel 1973 fu inaugurata a Caposele, grazie al lavoro delle forze politiche e sociali una sezione staccata del Liceo Scientifico di Calitri. Ciò fu reso possibile dal gratuito conferimento, da parte dell'Amministrazione Comunale, di locali da destinare a sede, si disse allora, provvisoria. Questa provvisorietà tuttora persiste. Pochi frutti hanno prodotto le battaglie che fin dall'inizio hanno visto impegnati i liceali di Caposele. Le autorità competenti sono state in grado soltanto di contenere l'emergenze che di volta in volta si sono trovate sulla strada del Liceo con soluzioni ancora più provvisorie. Neanche l'edilizia pubblica post-terremoto è riuscita a porre fine a questa odissea. Sembrerebbe quasi che il Liceo sia un peso per la comunità, una presenza indesiderata, dimenticata dalla gente, dalle istituzioni, e dai tanti soggetti pubblici e privati che potrebbero e dovrebbero fare qualcosa di più per la scuola. Per una piccola comunità come Caposele il Liceo, con il suo forte potenziale culturale, svolge un ruolo di collante tra l'esistente e il nuovo che va a crearsi. Di questo dobbiamo convincerci noi alunni, ma soprattutto voi caposelesi. Chiunque sia convinto che la scuola sia solo trasmettitrice ed elargitrice di conoscenze, sbaglia. La scuola è innanzitutto creatrice di cultura nella accezione più ampia e felice del termine. Il Liceo non è racchiuso in una campana di vetro dal momento che la sua funzione non è mai stata solo quella di offrire formule preconfezionate e prestabilite conoscenze. Il Liceo è una risorsa culturale perché fa insorgere in noi senso critico, elasticità mentale, capacità di condurre un autonomo discorso, e ci rende padroni di idee. Una prova evidente della qualità di questo piccolo Liceo è il numero in continua crescita di laureati in tempi inferiori alla media e già proiettati verso il mondo del lavoro. Il numero dei laureati potrebbe essere di gran lunga maggiore se si sfruttasse al meglio il naturale bacino di utenza, molto esteso ma potenziale (ricordando a tutti che il nostro è l'unico Liceo scientifico nel raggio di 30 km). Inoltre, se ben inserito nel contesto sociale del paese, il Liceo può diventare un valido punto di riferimento non solo per i suoi studenti ma per i giovani in generale, che trarrebbero inevitabilmente beneficio dalla presenza di una scuola di tale
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Il dott. Cesare Patrone, nostro concittadino, già insignito dalla nostra Associazione del “Premio Caposele 2003”, è stato nominato Direttore Generale del Corpo Forestale dello Stato. Ci è gradito, dalle colonne di questo giornale, esprimere le più vive felicitazioni per l’alto riconoscimento.
prestigio. Questo fino a qualche tempo fa accadeva, perché oggi questo si avverte in maniera minore ? Perché le condizioni del Liceo di qualche tempo fa, ma anche attuali, potevano soddisfare un ciclo generazionale che aveva esigenze ben diverse da quello di oggi. Oggi non bastano più delle aule racchiuse in delle mura ,una sedia e un banco, e una condizione soddisfacente per fare scuola. Le nuove generazioni, figlie del progresso e delle conquiste tecnologiche, giustamente sono più esigenti (e badate che non si tratta di capricci adolescenziali ma della realtà), e vogliono quella libertà che meritano. "Ammettete che le acque attorno a voi stanno crescendo ed accettate che presto sarete inzuppati fino all'osso. E se il tempo per voi rappresenta qualcosa fareste meglio ad incominciare" a capire che alla condizione del Liceo bisogna trovare una soluzione, e trovarla adesso!!! Adesso il Liceo vive una situazione di emergenza. I corsi stanno scomparendo, molti alunni cambiano scuola e molti preferiscono non iscriversi affatto. Se si continuerà di questo passo la scuola chiuderà non per le disposizioni di qualche autorità ma per la colpa di tutti coloro che sono rimasti a guardare per ormai quasi 30 anni. Per riscattarsi il Liceo ha bisogno della possibilità di godere di quell'indipendenza, peculiarità di questo livello di formazione scolastica, che materialmente si esprime nel poter fare assemblea e conferenze in luoghi non soggetti ad altre frequentazioni; di essere situato in un luogo sicuro a tutti i livelli (strutturale, igienico, ect) e in un' area che permetta la sua continua espansione e il raggiungimento da tutte le zone del suo potenziale bacino. Dove si realizza tutto questo? certamente non nel locale dove ora è situato. Il futuro è un po' nelle mani di tutti. Trovare una soluzione non spetta soltanto alle autorità competenti, ma anche a noi alunni e a tutti coloro che hanno a cuore il Liceo.
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I PROBLEMI DEL LICEO "... per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti"
La Sorgente n.
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HANNO COLLABORATO:
Alfonso Merola, Salvatore Conforti, Gerardo Ceres, Donato Gervasio, Cettina Casale, Gerardo Luongo, Concetta Mattia, Giuseppe Ceres, Raffaele Russomanno, Alfonso Sturchio, Antimo Pirozzi, Antonella Grasso, Giuseppe Palmieri, Andrea Ricciardelli, Michele Ceres
REDATTORI
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LA SERENATA
T ALFONSO MEROE
verosimile di giorno, a quell’ora era più silenziosa e riservata di un Cimitero. Gli ritornava nella mente la discussione fattagli dalla madre. Quella, era una strada in cui appena calato il buio si dorme; gente seria e laboriosa che non poteva concedere molto tempo a chiacchiere e discussioni, né troppo fuoco al focolare... Via Bovio; per dirla in breve era stipata ai pianterreni di botteghe artigianali o commerciali. Non c’era porta che non fosse spalancata di giorno ed uscio che non fosse opportunamente sprangato di notte. I piani interrati, o quasi, erano adibiti a stalle per asini e muli o a depositi per derrate, i piani terranei ospitavano botteghe e laboratori dai quali si accedeva ai piani “soprani” destinati a cucine e ripostigli e, su quest’ultimi, sobrie camere da letto. Caratteristica fondamentale di questa viuzza che scivolava sinuosa su un discreto pendio, era la forte concentrazione di barili, per lo più appartenenti allo stesso ceppo familiare, la cui arte era riconosciuta ed apprezzata, per essere unica nel genere, in buona parte del territorio irpino, lucano e salernitano. Lavoro redditizio, quello dei barilai, ma anche molto duro che non conosceva posa durante tutto l’anno. V’era un tempo per l’acquisto, il taglio e la stagionatura del legname, un altro per la lavorazione delle doghe, un altro per la curvatura e l’assemblaggio. I mesi di settembre e ottobre, poi, erano veramente estenuanti. Ci si alzava prima dell’alba, si caricavano botti e tini su asini, muli e carretti e via verso fiere e mercati per vendere quei prodotti artigianali... La sera si ritornava stanchi morti sebbene con un bel gruzzolo di denaro. Gli improvvisati suonatori di violino, come stabilito, erano già allo slargo di piazza Tedesco, quando furono raggiunti dal trepidante innamorato. La loro chiassosa presenza fu subito censurata dal nuovo arrivato. Per loro era un modo come un altro per trascorrere qualche ora da buontemponi, per il nostro eroe, invece, era l’occasione decisiva per esternare i suoi sentimenti all’amata la quale, all’ora stabilita, si presumeva che fosse al buio col naso schiacciato sul vetro della finestra che non avrebbe osato spalancare. L’uomo aveva preteso che i suoi accompagnatori avessero accordato gli strumenti già nelle loro case, perché non avrebbero potuto permettersi il lusso di concedere nemmeno un minuto a lamentosi stridori e pizzichi sulle corde musicali.
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una vegetazione che si ribellava al giallo e al rosso ormai incombenti. A pensarci bene, che si fosse in autunno lo lasciava presagire il fruscio di seta delle foglie sugli alberi e quel primo venticello che scendeva giù dalle montagne in direzione della valle. La strada, a quell’ora, era deserta e le faceva compagnia solo qualche fioco lampione che proiettava dritta la sua ombra sul selciato; per il resto le solite minuscole luci dietro i vetri delle finestre. Il nostro uomo, quasi imbarazzato per la sua eleganza sgargiante che faceva a cazzotti con lo scenario scarno del Corso, evitò di percorrere Via Zampari e preferì dirigersi per viottoli e vicoli lungo Capodifiume per poi scalare tutte d’un colpo le La vanghe e buttarsi in Via Bovio. Ritrovatosi in quella stradina stretta tra case a torrione, il giovane tirò un sospiro di sollievo; non si era imbattuto in anima viva, tutto era andato come previsto e il più era fatto. Via Bovio gli dava un senso di sicurezza: una strada trafficata all’in-
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parire sulla soglia della porta egli, d’un colpo, ammutoliva e si irrigidiva come una statua di sale. Le prove duravano da qualche ora, quando egli si decise a cambiare l’abito. Se si eccettua la rinuncia al bagno profumato nella solita tinozza, per il resto tutto si sgranò come un vero e proprio rito domenicale della vestizione: indumenti intimi e calzini puliti e all’odore di lavanda, camicia inamidata, farfallino “à pois” e gessato blu notte delle grandi occasioni. Poi si impomatò di brillantina, come una foca, e infilò le scarpe nere a punta, pure esse tirate a lucido come non mai. Ritornò al solito specchio per curare gli ultimi dettagli e si sedette sul letto, dando un’occhiata al suo orologio da taschino. Erano le nove e mezzo; guadagnò furtivamente l’uscita, non visto dalla madre, e si ritrovò in strada. Si era in ottobre, in una di quelle serate ancora in bilico tra l’estate e l’autunno. Il cielo era terso, ma non stellato e la luna con la sua gobba crescente pareva seduta sui sambuchi. Nonostante fosse buio si riuscivano, tuttavia, a distinguere le sfumature di
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“Allora, ci rivedremo alle dieci, minuto più, minuto meno, in via Bovio, ci siamo intesi? “ Date le ultime istruzioni ai suonatori di mandolino, il giovanotto li salutò e sparì. Lo sparuto gruppo d’amici, rimuginando tutte le perplessità, rimasero ancora seduti, gambe a penzoloni, sul muraglione che s’affacciava su via S.Gerardo. C’era da essere perplessi e preoccupati: essi certamente erano in grado di strimpellare quattro note su mandolini e chitarre, ma cimentarsi col violino proprio non era arte loro. Quella lì era roba da Conservatorio, non cosa da maneggioni e da apprendisti autodidatti che suonavano ad orecchio vecchie melodie nel tardo pomeriggio, dopo avere concluso il faticoso lavoro di manovali e muratori. Poi, avere a che fare con quello lì, era proprio una bella rogna: non avrebbero mai voluto essere suoi garzoni per la sua ossessiva meticolosità che non ammetteva inesattezze e imperfezioni. Quel piccolo strumento a corde così acuto nei suoni, chiave di sol, primo e secondo violino, violino di spalla e di fila, tutte queste astruserie a loro erano incomprensibili ed indecifrabili apparivano agli stessi tutte le raccomandazioni e i suggerimenti dispensati dal loro amico che s’era incaponito nel pretendere una serenata coi violini, anziché con i familiari mandolini. Ma ormai la cosa era andata e discuterne era acqua santa persa. E poi, ormai, i violini erano lì, giunti freschi freschi da Napoli e ad un prezzo di fitto alquanto salato. Il giovanotto si era rinchiuso per quasi tutto il pomeriggio nella camera da letto, tutto preso ad esercitare le sue doti canore e a ripassare a memoria il ben scarno repertorio musicale. Non serviva un vero e proprio canzoniere: se tutto andava come previsto la serenata si sarebbe risolta in non più di mezz’ora. L’uomo, invero, fidandosi un po’ troppo delle sue lusinghiere capacità baritonali, ormai s’attardava davanti all’enorme specchio dell’armadio a muro più a misurare gesti, espressioni e movimenti, pensando al palcoscenico che l’attendeva e all’unica spettatrice che gli stava a cuore. La madre, incuriosita dal suo inusuale rintanarsi nella stanza, di tanto in tanto si affacciava a sbirciare, ma non era riuscita a cogliere nessun elemento che la illuminasse; infatti, al suo felpato ap-
di Alfonso Merola
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vetri d’una finestra; chiudeva gli occhi, li stropicciava ed ella svaniva. Compariva e scompariva dalla scena, come una comparsa, lei che ignara era la prima attrice. Se la vedeva parare innanzi agli occhi, ora stizzita ed offesa per un appuntamento mancato, ora calma e serena, quasi statuaria, ad attendere un evento che non si sarebbe verificato. Avrebbe mai saputo che cosa era realmente accaduto quella notte? Avrebbe creduto alla storia verosimile di ladri che avevano scombinato i piani d’una serenata dedicata solo a lei? Chissà! I rintocchi dell’orologio di piazza Masi suonavano la mezzanotte; la donna non avrebbe indugiato oltre a quel davanzale. Il giorno dopo non avrebbe avuto nulla da raccontare alle sue compagne nell’ora di ricamo se non che niente era accaduto e che quell’uomo era bugiardo e traditore come lo sono in genere gli uomini. Il giovane uomo si rialzò di scatto e per viottoli a lui noti raggiunse la casa scavalcando la siepe dell’orto. Aveva lasciato di pomeriggio, la finestra socchiusa e spinse dolcemente per aprirla. Al buio, senza fare il benché minimo rumore che avrebbe certamente svegliato la madre, si svestì, ripose ordinatamente ogni cosa in armadio e comò, spinse le scarpe nuove sotto una sedia e, messo il pigiama, si infilò sotto le coperte. Almeno lì tutto era andato alla meglio. S’era risparmiato i soliti rimproveri di una madre in camicia da notte che era capace di andare avanti anche per qualche ora. Si girava e rigirava nel letto: l’insonnia non l’aiutava a trovare una posizione comoda. Non era vero che il buio conciliava sempre il sonno. Certe volte il buio è popolato fino all’eccesso e toglie perfino il respiro. Quel buio, poi, era assordato da un silenzio di quelli che frastornano e preannunziano una notte senza sogni.
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Tutto doveva funzionare alla perfezione come un orologio. Scelto un angolo non troppo distante, ma al riparo da una vista immediata, i violinisti si disposero a corona intorno al novello cantante in attesa che egli desse il via con un cenno. La cosa non era delle più facili: il copione prevedeva che fossero i violini a principiare per qualche manciata di secondi, prima di cedere il passo ad un acuto fermo e virile che scuotesse l’aria. Era comprensibile, quindi, il nervosismo che pervadeva il gruppo; non c’era stato verso di convincere l’amico a cambiare programma e strumenti musicali: la cosa doveva andare avanti in quel modo e basta! Quando il silenzio fu assoluto, l’uomo si decise a dare il tanto atteso cenno e i violinisti, quasi all’unisono, partirono. Era trascorso solo qualche secondo e si scatenò un putiferio. Dalle stalle, come se si fossero data l’intesa, uno dopo l’altro, dei somari cominciarono a ragliare: i ragli erano tanto forti da far temere che si svegliasse di soprassalto l’intero vicinato. Il suono dei violini, ovviamente, fu come subissato dai ragli così decisi di animali che nella letteratura corrente passavano per creature miti e temperanti. Certamente chi si svegliò, avendo un sonno leggero, non potè fare a meno di pensare al terremoto: era arcinoto e sperimentato che gli animali avvertissero anzitempo le catastrofi sismiche. Il nostro eroe, però, fu bravo e non si perse d’animo: con un cenno rapido e secco diede l’alt ai suoi compagni, supplicandoli con gli occhi di non ridere e di non parlare. L’incidente era serio, ma andava superato con freddezza e decisione, anche perché ormai in qualche casa s’era accesa qua e là una luce. Poteva anche capitare d’essere scambiati per ladri e, nottetempo, a
quell’epoca non si andava tanto per il sottile coi malandrini... Dopo che fu superato il trambusto tra i convenuti e ristabilita la primitiva quiete notturna, il cantante, senza scomporsi, ridiede l’ordine di cominciare. Questa volta i violini esordirono in perfetta armonia ed erano sul punto di affidare il seguito alla voce umana quando gli asini trafissero l’aria con ragli più robusti e più prolungati, tali da gelare i presenti. S’erano proprio imbizzarriti quegli animali; chissà che cosa passava loro per la testa, quale percezione avevano di quei lunghi, appassionati ed intensi suoni che scorrevano tra corde e... Ormai s’agitavano e scalpitavano come ossessi, sferrando calci all’impazzata contro lastrici e tavolati. La quiete e il sonno erano rotti e del tutto compromessi. S’accesero, una dopo l’altra, le luci ai vari piani, rumori d’imposte e di finestre; qualcuna avventatamente si spinse a gridare a squarciagola “Al ladro! Al ladro”. In meno che si pensi s’era seminato uno scompiglio in via Bovio. Ora il pericolo era reale e c’era da attendersi anche qualche schioppettata. I suonatori di violino, questa volta, non attesero altri ordini e se la diedero a gambe disperdendosi nei vicoli. Lo sfortunato avrebbe voluto bloccarli e farli ragionare, ma non ci fu verso; rimase solo lui lì, piantato come un albero ed imbacuccato a festa nel suo abito scuro come il suo volto. S’era appena ripreso dallo sconforto, quando sentì il rumore di qualche grimaldello e allora, radendo il muro, a passo svelto, s’inerpicò su per via Pietraquaresima. Ora era veramente sconsolato e ridotto ad uno straccio: si sentiva ridicolo in quegli indumenti da gran gala. Giunse, infine, sulle scalinate di Piedigrotta e si fermò. Si vergognava per il fatto che una serata che doveva essere indimenticabile, si fosse tramutata in una situazione tragicomica. Non erano serviti a nulla tutti quei dettagli studiati fino all’ossessione, se degli imprevisti ed
imprevedibili somari erano stati capaci di far crollare tutto in un batter d’occhio! Che cosa avrebbe pensato di lui la sua adorata amata? E tutto questo per colpa della sua maledetta cocciutaggine di complicare cose semplici, di enfatizzare e drammatizzare sentimenti genuini... Si pentì di non aver scelto vie maestre: sarebbe bastato fermarla per strada, parlarle, dichiararsi quando i loro occhi si incrociavano... E invece no, egli era veramente un artista nell’ingarbugliare ed aggrovigliare le cose. Avrebbe avuto il coraggio di guardarla in faccia l’indomani? E poi, i suoi compagni di ventura avrebbero tenuto il becco chiuso sull’accaduto o l’avrebbero ridotto a zimbello del paese? La vita di paese, è risaputo, scorre con monotonia, non si nutre di grandi avvenimenti, è il susseguirsi di atti quasi abitudinari a scandire il suo tempo, a meno che qualche fatto che vada oltre la calma piatta non la scuota nel bene o nel male. E allora la notiziola inizia a circolare, a irrobustirsi, a fare il giro delle case, ad arricchirsi di dettagli veri, verosimili, di congetture e supposizioni. A quel punto sul malcapitato se ne sentono di cotte e di crude e non gli resta che serrarsi in casa ed aspettare che ritorni la calma. Stremato dal turbinio intermittente di questi pensieri, finì, senza accorgersene, per ritrovarsi seduto su un masso, muto ed assorto a guardare quella marea di tetti neri sottostanti agli orti padronali della Pietra dell’Orco. Com’era mutato il paesaggio a quell’ora! Le nubi avevano fatto la loro comparsa in cielo e s’ammassavano attorno alla luna quasi a soffocarla: quest’ultima, a sua volta, sembrava intrufolarsi nei nembi col suo chiarore fosforescente per screziarli e liberarsene. I noci avevano perduto buona parte del fogliame e coi loro raami scheletrici invadevano il cielo. S’avvertiva l’odore grasso e umido d’una putrescenza in atto delle foglie cadute, un odore costante che di tanto in tanto era sopraffatto dall’acre esalazione di mosti e vini novelli, provenienti dalle cantine. Non c’era proprio da dubitare, a quel punto: s’era in pieno autunno. Si sentivano in lontananza cani abbaiare, ma questa volta non gli incutevano paura: forse, a dire il vero, manco li sentiva i loro latrati perché era preso da tutt’altri pensieri. Udiva, però, netto il vociare in via Bovio che s’era risvegliata a notte fonda e non s’addormentava più. Solo quei maledetti somari ora s’erano acquietati e non ragliavano. Ritornava alla mente la sagoma d’una donna minuta, immobile e scolpita sui
Ricordo Ricordo didi DONATO DONATOCONFORTI CONFORTI
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UN ETERNO RAGAZZO
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L’ULTIMO RACCONTO di Alfonso Merola
n una stanza bianca ed angusta, era serenamente assopito sotto il peso si lenzioso delle lacrime dei suoi cari. Pietrificato? Non direi. Il suo viso non era ancora vinto dal pallore; giurerei che sorrideva ancora, sembrava che sfidasse beffardo la morte. Che brutti scherzi ti fa l’amicizia! Fuori splendeva un sole tanto atteso, dopo giorni e giorni di una uggiosa pioggia incessante che aveva annacquato la primavera.... L’ultima volta che l’avevo visto, Donato mi aveva parlato, appunto, di una stagione che s’era presa gioco di noi tutti, mentre incombeva una campagna elettorale. Lo vedo ancora là, seduto dietro la sua scrivania che, all’occorrenza, si trasformava in laboratorio “tipografico”, stretto trra scaffali ed il suo computer, con un occhio intendo a sbirciare sul cortile chiassoso, dove, in genere, i bimbi giocano e le donne, sedute su scanni, ragionano. E lì a farsi in quattro tra montagne di carte, pressato dalle scadenze e dai committenti che riceve cordialmente e pazientemente nello studio. “Chiedi a Donato!” dice Nicola”Parla con mio Zio”! gli fa eco Salvatore. Si, perché Donato, in fondo, è l’anima di quello studio, è il testimone muto e laborioso di tante vicende che si sono sgranate come un rosario, in questi ultimi trent’anni... Ha fretta Donato in questi giorni: è come se non voglia concedere più tempo al tempo. Eppure è sempre calmo ed imperturbabile, per niente nervoso, non ti nega l’ascolto e meno che il suo inconfondibile sorriso. Si intuisce, però, che tenta di accelerare il corso delle cose. Discutiamo di tutto partendo dal nulla e alla fine si affastellano idee, timori, ricordi e progetti futuri. Ripercorriamo assieme, come solo sanno fare due vecchi amici, gli anni del terremoto, i primi vagiti de “La Sorgente” ormai adulta che reclama di esistere. Mettiamo alla prova la comune passione per l’Inglese. E, alla fine, il discorso va sempre a cadere su un libro di “acquerelli Caposelesi” che pure reclama di vedere la luce. “Me lo prometti una buona volta di incollarti a quella sedia e di discutere seriamente di
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Poi, dopo averlo sfogliato, accarezzato, lo lasciava partire e, con la sua aria di eterno ragazzo diceva al fratello; “Nicola, ce l’abbiamo fatta. Il nostro è proprio un bel foglio. Perché in ogni riga c’è la nostra anima, c’è il nostro cuore”. Quel tuo cuore, caro Donato, che in un giorno di maggio, ha preteso il riposo. Tu, malgrado gli affetti ed il dolore, hai dovuto cedergli la chiave dell’esistenza. Del giardino in cui fioriva la tua rosa profumata. E’ calato il silenzio. Si è spenta la luce. Il buio ti ha avvolto. Ma solo per un attimo. Ti sei subito ritrovato in una meravigliosa, eterna luce. In un giardino in cui la tua rosa fiorirà per sempre. Perché alimentata dalla sorgente della fede. La tua. Quella dei tuoi cari, dei tuoi amici, di chi ti è vissuto accanto. Mentre scrivo questo pensiero, rivedo il ragazzo che, in un giorno di ottobre del 60, mi aiutò ad affrontare il mio primo giorno di scuola da insegnante. Rivedo i tuoi occhi. Sento la musica della fisarmonica. Ascolto commossa l’allegro e spensierato vocio di voi alunni di allora. Poi arriva prepotente il silenzio. La lezione è finita. La tua vita si è spenta. Tutto sembra l’immagine triste e lontana di un istante. Ma nel giardino dell’Eternità la tua rosa è fiorita. Bella, rigogliosa, profumata, dolce, senza età. Come è stata la tua vita terrena tu, oggi, fai parte dei ricordi. Fai parte di un tassello di vita visuta ed affrontata con coraggio. Ti sei trasformato in un pensiero. In uno di quegli attimi in cui ci rifugiamo per non morire dentro. Per ascoltare la melodia della speranza. Per abbracciare un raggio di sole. Per essere certi che “la vita oltre la vita” è il vero traguardo della gente del mondo.
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e rose fioriscono a maggio. Profu mano e colorano la vita della gente del mondo. La vita di Donato Conforti si è spenta, a dispetto della natura, proprio in una giornata di maggio. L’eterno ragazzo, dagli occhi profondi e spalancati sull’universo, in silenzio, chiedendo scusa ai suoi cari per il dolore che avrebbe procurato, ha interrotto il cammino. Ha spento la linfa che alimentava la pianta. Ha fatto appassire la rosa che profumava l’esistenza di tutti coloro che gli volevano bene. Compresa la mia. Ricordo ancora quando, ancora ragazzo, incontrai Donato per la prima volta in un’aula dell’Istituto Professionale di Lioni. Egli alunno, io novella insegnante. I nostri sguardi si incrociarono e fu subito affetto, amicizia, stima reciproca. Nei suoi occhi limpidi, sinceri, colmi di dolcezza, captai mille domande. Nei miei un po’ più apprensivi e preoccupati, egli lesse, forse, timore per quel lavoro che stavo iniziando. Con semplicità cercò di rendermi quel lavoro meno traumatico il primo giorno di insegnamento. Quando terminai l’appello, ci guardammo. Sorridemmo entrambi e, senza tante parole, siglammo il patto di amicizia, stima e affetto. Patto che, negli anni ci ha sempre unito. Anche quando, coinvolti e distrutti da tante vicissitudini, percorrevamo strade diverse. Donato amava la vita. Amava la musica. Ogni momento per lui era una melodia. Suonata con la fisarmonica o a pianoforte. Suonata spesso con i meravigliosi sentimenti che custodiva nel cuore. Tanti. Tutti belli e coinvolgenti. Tutti legati alla spontaneità, alla speranza. Alla gioia di svegliarsi la mattina ed assaporare la magia di un nuovo giorno. Di addormentarsi la sera, cullato dall’amore dei suoi cari, felice dell’affetto degli amici, riconoscente a Dio per avergli regalato una giornata di serenità. Le strade, le piazze, la gente di Caposele erano i l suo mondo. Il periodico “La Sorgente” era il suo orgoglio, la sua passione, il suo affettuoso impegno. Ne curava l’impaginazione. Catalogava articoli e foto. Voleva che ai Caposelesi sparsi nel mondo arrivassero notizie e ricordi della terra natia. Alla chiusura di ogni numero, tirava un sospiro di sollievo e di soddisfazione.
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di Vania Palmieri
questo progetto? In fondo, tutto è pronto, si tratta solo di dare ordine cronologico ai racconti e poi per il resto sarà cura mia?” Io gli dico per l’ennesima volte si ed egli prontamente mi risponde: “Speriamo che sia la volta buona!”. Tento di mollargli istintivamente una sigaretta, dicendogli che Nicola non c’è....Declina gentilmente e mi e mi ricorda che ormai non fuma più da mesi. Aggiunge:”Non posso più scherzare col fuoco, la cosa è diventata tremendamente seria e non mi posso permettere il lusso di trasgredire”: Avverto che si sente appeso ad un filo: è il suo prolungato silenzio a farmelo capire. Gli chiedo come stanno a casa. E come un fiume in piena, ritrova vigore e parla di Rosetta, della figlia lontana di cui sente nostalgia dell’altra così premurosa, del suo adorato ometto e dell’ altra ancora che lo ha reso nonno per la prima volta. Ritorna a sorridere e non sta più nella pelle: non è cosa da niente essere nonno quando si deve sentirsi ancora necessariamente padri. Lasciamo lo studio per andare a bere un caffè al solito bar; si rientra e si lavora duro sulle bozze di un altro racconto che egli ha corretto meticolosamente e con discrezione. Ormai è tardi e decide di rientrare a Petazze. Lo attende la sua casa; a guardarla bene, sembra un cottage inglese, immerso in un giardino lussureggiante su una collina brulla e frustata incessantemente dal vento. Quel giardino è curato nei minimi particolari tanto da apparire artificiale... Sarà vero? Ad un tratto mi sovviene che Donato è un Conforti e allora mi convinco che quello è un miracolo verde che solo chi ama la natura, come i Conforti, sa fare.
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Ricordo Ricordo di di ANTONIO ANTONIO SENA SENA
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di Gerardo Ceres
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la lacerazione più forte che si potesse per lei consumare. Mancherai alle tue sorelle per le quali sei sempre stato molto più di un fratello, seppure minore. Ma siine certo: Elena ed Esmeralda godranno della fraterna e fedele tutela dei tuoi amici e ne potranno disporre per qualunque bisogno e necessità. Non ti sia, dunque, lieve solo la terra sotto la quale riposerai, ma anche questa naturale preoccupazione di marito e di padre. Tu pensa al viaggio e poi riposa. Per questo viaggio vogliamo accompagnarti con le parole finali di un romanzo che molto hai amato e che noi abbiamo scoperto grazie a te. Sono le parole finali del Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline. Lui è crollato là, finalmente, tra enormi sospiri e gli odori. Ha dormito. Lontano, il rimorchiatore ha fischiato; il suo richiamo ha passato il ponte, ancora un’arcata, un’altra, la chiusa, un altro ponte, lontano, più lontano... Chiamava a sé tutte le chiatte del fiume tutte, e la città intera, e il cielo e la campagna, e noi, tutto si portava via, anche la Senna, tutto, e che non se ne parli più. Dunque, oggi ti onoriamo con l’affetto semplice di chi ti è stato amico e ha potuto godere della tua amicizia. Ti onoreremo anche in futuro, pensandoti con immutato affetto e coltivando il solco dei ricordi belli, di quando la tua risata ci rallegrava con il mondo e ci faceva amare la vita. Ti abbracciamo, qui, oggi, pubblicamente e lo fa una comunità intera che tu hai amato. Addio, Antonio, amico nostro carissimo.
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Tu ci hai incantato anche con gli articoli e i racconti scritti per La Sorgente, cui non facevi mai mancare l’acutezza per quelle storie fantastiche che riuscivi a costruire partendo da semplici fatti storici o da consolidate usanze locali o da personaggi considerati minori ma cui tu attribuivi la stessa importanza riconosciuta a quelli più noti. Tu sei stato un intellettuale, certo mai organico a niente e a nessuno, che ha speso spazi del proprio tempo per questa terra. Infatti tutta la produzione di articoli, racconti, storie hanno sempre al centro Caposele, il suo fiume, la valle e le montagne a noi prossime. Tu sei stato, e così ti ricorderemo sempre, un grande contaminatore di idee ed intuizioni. Solo a te veniva facile mettere in relazione persone diverse tra loro, non badando mai, mai, alla scolarizzazione, alla professione, allo status sociale o, si sarebbe detto una volta, di censo. Solo a te riusciva di provocare discussioni che aggregavano decine di persone, tanto per fare notte, sugli scalini del vecchio Palazzo scolastico. Anche, ma non solo per questo, io credo, alla notizia della tua scomparsa, con moto spontaneo, si sono interrotti l’altra sera i comizi di questa stagione elettorale. Tu sei stato un grande animatore. Fare una semplice cena o fare solo una festa con te acquistava un altro sapore. Quante volte, dopo un invito, abbiamo sentito chiedere ma ci sarà Antonio? . La tua presenza, infatti, faceva diventare tutto più accattivante ed interessante, come ad esempio giocare addirittura a dei banali e fanciulleschi giochi di società. Come dire, con te tutto diventava un’altra storia e ciascuno non perdeva occasione per esserci. Già solo questo ci porta a dire e a convincerci che da oggi saremo più soli. Immaginiamo già le panchine di questa piazza, nelle giornate d’estate, vuote di te. Già solo questo ci porta a dire che ci mancherai davvero, Antonio. Mancherai ad Elena, che con caparbietà in queste ore ha combattuto con te per strapparti alla morte, dando prova, e non ce n’era assoluto bisogno di conferma, di quanto intensamente ti amasse e della disperazione che sta provando ad immaginare un futuro senza te. Mancherai ad Esmeralda, la tua Esmeralda, che con il suo muto dolore ti è stata vicina nelle ore che trascorrevano drammaticamente, vivendo da adulta e matura
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anni dell’infanzia e poi gli anni delle scuole medie a Calabritto, poi al convitto nazionale di Salerno, gli anni dell’università, a Napoli, dove ti sei laureato con lode. Dei tuoi voli politici lo possono testimoniare i tanti, ed io tra questi, che con te hanno condiviso l’impegno civile negli anni dopo il terremoto del 1980, quando ci animò l’idea che quella frattura radicale dovesse almeno servire a rafforzare e a rilanciare l’identità di una comunità ferita. Lo facemmo con quello spirito forte e determinato che è tipico della militanza politica. Lo facemmo animando, tu più di ogni altro, il comitato popolare e le battaglie per la ricostruzione di un paese che mantenesse il suo assetto urbanistico ma che nel contempo (coniasti proprio tu questa definizione) fosse modernamente attrezzato. Lo facemmo animando la redazione di quello che è stato ed è rimasto il nostro artigianale gioiello di comunicazione. Rosso Rinascita, infatti, periodico dilatato in un tempo mai definibile e che tu volesti fosse di agitazione culturale, è stato certo dissacrante e, a volte, corrosivo, ma scritto con passione e pensato da te sempre con acuta intelligenza. Lo facemmo, ancora, inventandoci, attraverso Radio Caposele, autentiche chicche di genere, portando ai microfoni le persone che capitava per caso di incontrare per strada la sera, così da fare su due piedi un Guitar bar che sottraesse tanti ragazzi alla solitudine dei villaggi prefabbricati. In ogni cosa vissuta con te ci trasferivi l’essenza stessa della curiosità che si approssima alla conoscenza e alla ricchezza mai definitiva ed esaustiva del sapere. Restavamo infatti incantati dal tuo eclettico sapere, frutto non tanto degli studi classici, ma di una ricerca continua che tu hai sempre sviluppato e che ha riguardato gli uomini e il mondo. Nell’ultimo racconto che hai scritto per il numero di Rosso Rinascita che doveva essere pronto per ieri, e che dal letto dell’ospedale di Oliveto Citra hai insistito che io andassi a prendere a casa tua perché non se ne bloccasse l’impaginazione e la stampa, emerge una grande e per te naturale capacità affabulatrice; emerge, ancora con grande evidenza, questa profonda conoscenza, tratteggiata da una visione autenticamente cosmopolita; ne emerge, poi, il senso di una religiosità che intreccia la genuinità del Corano dei primordi a quella, altrettanto genuina, della Regola di Francesco d’Assisi. Ma che scherzo, però, ci hai fatto! Quel racconto si interrompe ad un certo punto, quando il giovane emiro afgano si converte al francescanesimo, con la promessa che per il seguito del racconto avremmo dovuto aspettare il numero successivo.
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uanto m’è costato il pensarti così e scrivere pensandoti così... Chi l’avrebbe mai detto martedì alle quattro del mattino, quando mi chiamasti perché corressi da te, che quei lancinanti dolori erano solo il prologo dei tre giorni più lunghi e disperati, ma anche gli ultimi, della tua vita? Abbiamo vissuto attoniti ogni fase di questa tua corsa, durante la quale sempre più ostacoli, rivelatisi poi insuperabili, si sono frapposti tra te e il traguardo. Abbiamo colto incredulità negli occhi della gente che chiedeva delle tue condizioni. Abbiamo colto occhi lucidi di pianto anche quando da Roma rimbalzavano notizie solo appena rassicuranti. Seppure preparati all’epilogo più drammatico, la tua morte ci ha sopraffatto, ci ha ammutolito, ci ha trasferito, per la prima volta, l’idea che tanti aspetti del nostro vivere vadano davvero relativizzati. E oggi ti piangiamo col senso di quella amicizia serena e leggera che tu ci hai insegnato in ogni momento trascorso insieme. Oggi ti piangiamo nel modo in cui tu avresti voluto. E lo facciamo ricordando soprattutto l’uomo e l’amico. Lo facciamo ricordando alcune istantanee che tu ci lasci di momenti vissuti insieme e che resteranno sempre chiare nella nostra memoria. Ci piace intanto pensare come tu abbia attraversato questa vita librandoti sempre in volo, sì, proprio come fanno gli uccelli, tanto che mai soprannome è risultato tanto aderente quanto inoffensivo come quello col quale venivi comunemente evocato. Volavi, appunto, portandoci con te, quando con la spitfire verde scorazzavamo per i paesi della valle del Sele. Volavi come un condor quando scalasti la cima del Machu Pichu e mi inviasti una cartolina postale che conservo gelosamente da ventidue anni tra le cose più care. Volavi quando giocavamo a pallone. Volavi quando ballavamo il rock che con te abbiamo scoperto ed amato. Volavi sul monte Calvello nelle aurore dei tanti 24 giugno trascorsi ad attendere il sole che si levava ad est. Volavi quando ci arrancavamo sul versante nord del monte Cervialto, con lo spirito di chi stesse conquistando l’Everest. Volavi tra un falò e l’altro la sera di ogni 13 giugno. Volavi quando solcavamo le onde del golfo di Salerno e tu, al timone di un piccolo motoscafo, sembravi il comandante di un grande veliero. Volavi quando ci invitavi a viaggiare con te e di quel viaggio, dicevi, non contava tanto la méta quanto il modo di arrivarci. Dei tuoi voli goliardici ne possono essere fedeli testimoni i coetanei del 1951, cioè i tanti che hanno vissuto con te gli
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IN MEMORIA DI ANTONIO SENA
Orazione letta da Gerardo Ceres il 12 giugno 2004 a Caposele nella sala polifunzionale di piazza XXIII Novembre.
Francesca e Oriana impegnate allo stand
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La Prof. ssa Teresa Castello, promotrice della manifestazione
C’erano anche i volti dei Simpson, scanalati nelle zucche del 31 ottobre scorso. Quella sera, finalmente, l’abbiamo festeggiata anche noi, Halloween. La festa americana è approdata anche nel nostro comune, dopo qualche anno d’attesa. Addirittura con un concorso per la zucca più bella, il quale ha scatenato l’estro dei nostri concittadini. Abbiamo visto zucche di varia bellezza deposte lungo la parete della casa comunale dirimpetto piazza Dante. La zucca più bella se l’è aggiudicata Giulio, il “Mister Bar”, ma i restanti concorrenti hanno denunciato brogli. Non fosse stato per quell' intoppo anche questa serata l’avremmo inserita negli annali.
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ARTI E MESTIERI DI ALTRI TEM-
La mostra degli antichi mestieri, interpretata brillantemente, il 19 agosto scorso, dai nostri più virtuosi artigiani, resta la manifestazione dell’anno destinata a rimanere negli annali ferragostani del nostro paese. Decine di arti rappresentate con un’impeccabile originalità e un’invariata antichità da far rivivere intensamente gli anni del dopoguerra, gli anni ’50. Una kermesse grande quanto tutto il corso di Caposele, lungo il quale erano posizionati oggetti ed arnesi contadini risalenti almeno a 50 anni fa. C’era la panettiera con il suo forno antico, il pastore bivaccato sotto il pagliaio dimora comune in quegli anni, il ciabattino cimentato in una cucitura d’altri tempi, il venditore di angurie dal bel colore rosso. Tutto semplicemente emozionante. Meritevole di aggettivi ben più grandi invece la cantina della famiglia D’Auria, in corso Europa: uno straordinario seminterrato perfettamente antichissimo, secolare, nella quale cinque o sei baldi bevitori si giocavano il loro “patronu e sotta” con l’amata fiasca di vino. E poi del buon pecorino nostrano ad allietare ancor più lo stomaco. Storici anche i maniscalchi, immortalati nella foto pubblicata in alto a lavoro con i ferri storici del mestiere proprio con quello stile anni ‘50. Davvero impeccabile, quella serata. Ci siamo divertiti tutti. I complimenti agli organizzatori. Donato Gervasio
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UN AUSPICIO Alcuni lavori di sistemazione esterna, di restauro e di recinzione dell'area di proprietà dell'A.Q.P.ex Ente Autonomo Acquedotto Pugliese sono stati da poco ultimati. Il restauro ha visto protagonista lo storico campanile della Sanità che ristrutturato, ripulito ed illuminato, rappresenta, oggi, molto meglio il "logo"storico del nostro Paese. Siamo rammaricati dalla ulteriore recizione della area "Saure" che a quanto si diceva in tempi pre elettorali doveva essere destinata a zona di verde attrezzata e quindi di utilizzo pubblico. Speriamo, ed è questo il nostro sentito augurio, che una parte dell'area interna al "cantiere" potrà essere aperta al pubblico come parco e la Palazzina dove attualmente risiede la locale Stazione dei Carabinieri, possa essere adibita a "luogo pubblico", magari per mostre permanenti dedicate al Paese dell'acqua.
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IL SERVIZIO CIVILE VOLONTARIO ANCHE PER LA PRO LOCO Francesca Cracolici ed Oriana Sozio stanno realizzando presso la nostra Pro-Loco la loro esperienza di Servizio Civile Volontario. Come previsto dalla L.64/2001, l’UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia) ha presentato un progetto nazionale al quale La Pro-Loco Caposele ha aderito insieme a tante altre realtà. Dal titolo “L’Arcobaleno della Storia e del Turismo Culturale Italiano” il progetto nasce con l’intento di identificare il turismo come un sistema di valorizzazione delle risorse del territorio, con particolare riferimento ai beni ed alle attività ambientali e culturali, per incentivare idee percorribili per il corretto e virtuoso sviluppo (non solo economico ma anche e soprattutto sociale) delle nostre realtà. Gli obiettivi generali, sono quelli di orientare i flussi di traffico turistico, di promuovere l’accesso al patrimonio culturale e di impiegare i sistemi informatici per mettere in rete il nostro patrimonio culturale soprattutto, nelle aree meno conosciute o dove forte è la necessità di recuperare un patrimonio culturale altrimenti destinato all’abbandono o alla scomparsa. Eccole in una delle diverse attività nelle quali sono impegnate: lo stand divulgativo-informativo della Pro-Loco con la sezione abbonamenti e consultazione de “La Sorgente” nell’ambito dello scorso Ferragosto Caposelese.
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PICCOLA CRONACA
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SALVATORE CONFORCONFORTI C
REDATTORI
Continua l’attività della Compagnia Teatrale dei “Fuori di testo”. Registi, attori, scenografi, ed addetti vari, dopo il successo riportato la scorsa estate con la messa in scena della piece “Forza venite gente”, si stanno riorganizzando, e presto li rivedremo alla ribalta! Aspettiamo con ansia le prossime rappresentazioni ed auguriamo ai ragazzi sempre migliori successi!
I Lavori alle "Saure"
Il campanile della sanità dopo il restauro
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Con decreto del Capo del Corpo Forestale dello Stato, l’Ispettore Capo Claudio Russomanno, comandante la Stazione di Colliano, è stato promosso alla qualifica di Ispettore Superiore. Inoltre, il G.R. Magistero del Sovrano Militare Ordine di Malta il 26/6/96 aveva conferito al suddetto la “Croce con spada dell’Ordine al Merito Militense”
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SAGGIO DI BALLO SPETTACOLO A PIAZZA SANITA'
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Di spettacolo ce ne hanno dato sicuramente, le decine di ballerine del saggio di piazza Sanità del 19 giugno scorso. Grandi e piccine, hanno interpretato brillantemente straordinarie musiche, dal rap al rock. Brave, molto brave. Complimenti alle loro insegnanti. Sono riuscite a farle sorridere felici, nelle foto pubblicate in alto. Brave anche voi, allora. Intanto noi possiamo dirci che abbiamo un’altra arte, sempre legata alla musica, in fermento nel nostro paese.
Una squadra della Comunità Montana impegnata in alcuni lavori presso la Basilica di San Gerardo.
Cogliamo l'occasione per augurare a tutti i nostri lettori un BUON NATALE E UN FELICE ANNO NUOVO
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E' IN USCITA L'ULTIMO LAVORO DE "LI CUMBARI folk sciò!" Si chiama “la quadriglia batticulo”ed e’ esattamente un omaggio al ballo tradizionale irpino che, da qualche anno, e’ stato riscoperto anche grazie allo sforzo musicale di questo gruppo, sempre intento a salvaguardare e a mantenere tutte le peculiarità della tradizione musicale e folcloristica del nostro paese. La “quadriglia” e’ ballata sul classico ritmo della tarantella, ma con varianti e caratteristiche diverse da paese a paese. Dalle nostre parti la quadriglia assume delle visualizzazioni molto variegate e che si concludono con la figura madre di tutta la preparazione che e’ il batti culo. Di questa rappresentazione esistono molti filmati ed immagini recuperati qua e la’ da qualche spettacolo paesano e da varie manifestazioni locali nelle quali si e’ spesso ricorso al fascino della quadriglia per coinvolgere e divertire la gente. Filmati ed emozioni che sono stati, accompagnati dal sound tradizionale, inseriti in un DVD allegato al nuovo cd del quale si può fare anche richiesta via web. Il nuovo cd ricalca, in molte sfaccettature, i precedenti lavori de "Li cumbari", ma con due caratteristiche che ne segnano la crescita e la naturale evoluzione del gruppo irpino: -i testi che sono più puliti e che si rifanno in pieno alla tradizione delle strofette irpine; - la musica suonata, spesso dal vivo, con l'ausilio di poca elettronica e, soprattutto, con musicisti e strumenti tradizionali. Un prodotto da conservare. Informazioni a : www.licumbari.it
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La guglia posizionata sull'ultima cupola della copertura è stata ultimata, per cui la parte strutturale dell'intero complesso è stata completata. Pare che esista un altro finanziamento elargito dalla Curia che sarà sufficiente a continuare i lavori di rifinitura interni anch'essi onerosi e complicati. Potremo, in questo modo, riavere, fra un anno, la nostra Chiesa e soprattutto il centro della socialità per eccellenza
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volgono, ormai, al termine. Le aule scolastiche, ivi compreso l'auditorium e i servizi di mensa, sono pronti per l'uso scolastico. Sono in fase di ultimazione anche i lavori di trasferimento dei nuovi arredi. Ci sono tutte le condizioni, a parte i collaudi finali, per un inizio di attività didattica per il principio dell'anno. E' augurabile che tutto sia in perfetto ordine in modo da consentire un trasferimento delle scolaresche elementari e medie nella nuova e moderna struttura
I lavori della chiesa Madre proseguono.
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I lavori del POLO SCLASTICO, fatta eccezione per la palestra,
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Piccola cronaca
Anche quest'anno nella splendida cornice del sagrato del Santuario di San Gerardo, si è ripetuta la RASSEGNA INTERNAZIONALE DELLA CANZONE RELIGIOSA. Uno sforzo economico enorme da parte del Comune di Caposele che, avrebbe dovuto, nella 'idea originaria, restituire al Paese una grande promozione mediatica. Qualcosa, però, non ha funzionato a dovere, vista anche la scarsa partecipazione di pubblico alla manifestazione. L'augurio è che si possa ritornare alle cose più semplici, tradizionali ed economiche a dimensione di una cittadina che non naviga, sicuramente, nell'oro.
Un nuovo negozio E' Gelsomino Del Guercio che, con grande sacrificio ha aperto una nuova attività, la quale si colloca in un settore che attraversa,negli ultimi anni, un po' di crisi. "Jeans street" abbigliamento ed accessori in Piazza Masi. Gli auguri della nostra redazione.
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"INTORNO A SAN GERARDO" E' una pubblicazione che nasce da un progetto di marketing turistico promosso dal Comune di Oliveto Citra che ha per titolo "Le vie del Santo". La guida, stampata in 50 mila copie e che è stata distribuita insieme alla rivista "In cammino con San Gerardo" ripercorre itinerari religiosi e luoghi di culto nell'area del Sele-Tanagro. Un lavoro straordinario per il quale facciamo i nostri più sentiti complimenti a chi lo ha pensato e messo in pratica.
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RIMPATRIATA In data 21 Agosto scorso si sono ritrovati, dopo più di trenta anni, in una simpatica “Rimpatriata” tutti gli alunni della 3° A dell’anno scolastico 1969/1970. Nella foto i vecchi amici di scuola ricordano, in un abbraccio nostalgico, i bei tempi della scuola. Riportiamo di seguito i componenti delle classi 3°A e 3°B: 2.Caruso Grazia 3. Cibellis Angiolina 4. Damiano 3°A 1. Amendola Filomena Sanità 5. Esposito Angelina 6. Galdi Giuseppina 7. Gonnella Donatella 8. Iannuzzi Teresa 9. Malanga Lucia 10. Malanga Maria 11. Melillo Giuseppina 12. Merola Concetta 13. Nesta Antonietta 14. Russomanno Giovannina 15. Russomanno Ivana 16. Scamorza Lucia 17. Viscido Antonietta 18. Castagno Raffaele 3°B 1. Ceres Mario 2. Ceres Michele 3. Cerulo Pietro 4. Cibellis Gerardo 5. Cibellis Pasquale 6. Dal Bo Tobia 7. Gervasio Lorenzo 8. Grasso Antonio 9. Liloia Vito Nicola 10. Meo Andrea 11. Merla Raffaele 12. Nesta Mario 13. Romano Angelo 14. Rosalia Pasquale 15. Ruglio Carmine 16. Russomanno Mario 17. Russomanno Raffaele 18. Sozio Teodoro
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ROCCO NESTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA Nella sala di rappresentanza del Palazzo del Governo, il Prefetto di Potenza, Luciano Mauriello, ha consegnato a Rocco Nesta, Ispettore Superiore Scelto del C.F.S., l’onorificenza di “Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica”, conferita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
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Ecco due quaderni di Educazione Ambientale che pubblicizziamo molto volentieri! Sono frutto del lavoro dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo “F.De Sanctis” del nostro paese; un lavoro ben fatto, molto approfondito, ricco di belle foto e sopratutto molto utile per avvicinare nel modo giusto sempre più persone alla conoscenza del proprio territorio, delle sue ricchezze. Queste due pubblicazioni rappresentano soprattutto uno strumento fondamentale per responsabilizzare la gente verso l’importanza di alcune nostre preziose risorse ambientali l'acqua, la flora e la fauna - che bisogna difendere. Un bel passo avanti per concretizzare la tanto discussa “cittadinanza attiva”. Complimenti al Dirigente e tutto il corpo docente.
Uno dei tanti gruppi musicali che spesso si vedono sui palcoscenici caposelesi. La musica è uno dei prodotti doc che il nostro Paese riesce ad esportare. Dovremo farci brevettare il marchio con questa intestazione: "Caposele... ....Paese dell'acqua e della Musica.
Il nostro comune usufruirà di alcune delle opportunità di sviluppo territoriale offerte dal Progetto Integrato Turistico “Borgo Terminio Cervialto” - realizzato dalla Comunità Montana Terminio - Cervialto con fondi FEOGA in ambito POR Campania -Misura 4.14 “incentivazione delle attività imprenditoriali artigianali”. Queste le nuove insegne divulgative delle attività progettuali e delle emergenze artistico-culturali ed ambientali distribuite sul territorio comunale.
Questo è il manifesto del Ferragosto caposelese 2004 organizzato dalla Pro Loco che, come sempre, ha mantenuto gli appuntamenti classici della stagione, quelli legati alla tradizione: la sagra dei fusilli e delle “matasse” che contribuisce, nel più gustoso dei modi, a divulgare le nostre tradizioni culinarie; la corsa campestre “dei tre campanili” con le sue versioni agonistica e junior, sempre più partecipata, e la festa al bosco Difesa, che unisce al piacere della festa folk, il piacere di muoversi nella fresca e colorata scenografia naturale offerta dal paesaggio. Le nostre iniziative mantengono, dunque, il loro fascino e si integrano nel panorama estivo della zona, sempre più ricco di eventi, rispondendo bene alla richiesta “differenziata” di turismo. E come sempre, le manifestazioni organizzate hanno visto la grande partecipazione della gente che ha apprezzato le iniziative realizzate dal Presidente Rocco Mattia e dal suo direttivo.
La squadra di calcio sponsorizzata da "Q8" Rosania,vincitrice del Torneo juniores durante l'estate caposelese, densa di manifestazioni calcistiche - Anno XXXII- Dicembre 2004 N. 70
Attualità
Al Sindaco del Comune di Caposele Al Gruppo consiliare di minoranza
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di Michele Ceres
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protagonista, come suo precipuo dovere, dei processi di crescita culturale e formativa delle comunità che ad essa afferiscono, deve essere proficuamente ed opportunamente inserita nelle scelte di equilibrio e assetto territoriale. Il problema, nella sua ottica oltrepassante la dimensione squisitamente locale, è già stato trattato quando gli Organi competenti hanno individuato Caposele sede di un liceo scientifico, al servizio delle popolazioni dell’Alto Sele e dell’Alto Ofanto. È, di conseguenza, da considerare frutto di fervida mente fantasiosa qualsiasi soluzione, che ipotizzi il trasferimento del liceo in altro comune. Pur tuttavia, dopo 31 anni dall’istituzione e 24 dal terremoto, è tempo di adottare, relativamente alla localizzazione della scuola, una soluzione definitiva, che si coniughi armonicamente con le vocazioni di natura sociale ed economica delle varie parti del territorio di Caposele, senza prescindere dalla complessiva realtà scolastica locale. Risale agli anni sessanta la localizzazione nella frazione Materdomini di un corso di scuola elementare e di un corso di scuola media. Tale scelta riscontrava, allora, esigenze largamente avvertite dalle famiglie della frazione. Il centro capoluogo distava dalla frazione circa sei chilometri di percorso tortuoso e, quin-
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da prevenire ed evitare il ripetersi di gravi malesseri e tragedie. Solo in questo modo quest’anno vivremo un Natale che non sarà solo un giorno di festa, una facciata, un luccichio di luci, destinato immediatamente a spegnersi, ma diventerà per ognuno di noi un impegno quotidiano per riuscire a realizzare una Comunità a misura di persona, dove ciascuno di noi si possa sentire accettato, pur nella propria specificità e diversità. Cesarina Alagia Presidente della "Pubblica Assistenza Caposele"
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Caposele, 10 dicembre 2004
Innanzi tutto sento il dovere di chiedere scusa se non partecipo di persona alla riunione di questa mattina. Motivi strettamente connessi al mio lavoro non mi consentono di essere presente, ma ciò nonostante non posso esimermi dal manifestare la mia opinione, pregandoVi di dare lettura di queste brevi mie considerazioni. Era il 21 settembre 1973, quando, in qualità di segretario della sezione della Democrazia Cristiana, l’allora ministro Ciriaco de Mita mi comunicava che, finalmente, lo sforzo della locale sezione DC di veder istituito a Caposele un Liceo Scientifico era stato coronato da successo. Non è presunzione, quindi, affermare che senza il mio determinante contributo per la predetta istituzione, oggi non staremmo a discutere, purtroppo ancora dopo tanti anni, sulla localizzazione del nostro liceo. È solo per i miei trascorsi, testè illustrati, che mi permetto di avanzare una proposta, che mi auguro possa essere considerata ed esaminata senza pregiudizi di qualsiasi natura. Una scuola non può essere considerata un’ istituzione avulsa dal contesto in cui opera. Una scuola, per essere
fondate su di un sistema di politiche ed iniziative adeguate. Qualche giorno fa, abbiamo realizzato un incontro con quanti possono incidere, a livelli diversi, sulla nostra Comunità e insieme stiamo cercando di concretizzare delle iniziative tutte finalizzate a prevenire e rimuovere forme di disagio e di malessere. Solo così potremo garantire agli adolescenti e ai giovani diritto di cittadinanza attiva e di vera inclusione sociale; sarà questo il modo più giusto per ricordare Giuseppe e Pietro che sicuramente avrebbero voluto la possibilità di una vita diversa, una vita che noi tutti avremmo dovuto cercare di garantire e che oggi, più che mai, dobbiamo cercare di offrire a quanti chiedono risposte e soluzioni ai loro problemi. A questo proposito è indispensabile che la nostra Comunità, nella sua interezza, si ricompatti e si riappropri di quel senso di appartenenza e di condivisione, indispensabili per fronteggiare, in una sinergia di interventi, le emergenze sociali che spesso vengono trascurate e poi esplodono, purtroppo, in forme molto gravi, rispetto alle quali non basta, poi, farsi prendere da un senso di falsa incredulità, impotenza e sgomento. Bisogna invece reagire con quanto di valido e positivo noi tutti possiamo ancora esprimere, in modo
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vrei voluto riscrivere sulle pagine di questo giornale per narrare spaccati di vita positivi, sereni; avrei voluto dire a noi tutti che tra qualche giorno è Natale e che quest’anno sarà un Natale più autentico, più buono, più vero. Affermare ciò sarebbe invece da ipocriti, infatti è difficile far finta che niente sia successo e che niente continua a succedere nella nostra Comunità, dove, spesso, si consumano indifferenze, ipocrisie e dove è più comodo continuare come se niente fosse. Invece abbiamo il dovere di capire che viviamo in un sistema di relazioni che va modificato, viviamo in una realtà caratterizzata da una forma di crescente disagio, di malessere e di marginalità, che si esprimono in modo sempre più complesso e meno riconducibili a motivazioni predefinite. Questo disagio investe, in modo particolare gli adolescenti e i giovani, i quali, troppo spesso, non trovano in noi “adulti” dei punti di riferimento credibili e si ritrovano disorientati rispetto anche ad uno sradicamento
di quelli che erano, una volta, i valori legati all’essere parte integrante di un contesto, nel quale si viveva un grande senso dell’appartenenza e della condivisione. Sicuramente quanto succede da noi è il riflesso di quello che accade nella società più ampia, dove la comunicazione e l’ascolto sembrano essere sostituiti da ritmi e stili di vita nei quali prevalgono, sempre più spesso, egoismo e indifferenza e dove vengono esasperati anche falsi miti e proposti messaggi inadeguati, verso i quali o si è conformati, o si rischia di essere esclusi, emarginati. Ebbene rispetto a questo, non tutti, purtroppo, riescono a canalizzare nel modo giusto le loro scelte, e le loro sconfitte e molte volte soccombono, come è successo a Giuseppe e Pietro, i quali non si sono certo voluti la morte, ma hanno pagato con la loro vita una serie di difficoltà e di malesseri. Da più parti, nei giorni scorsi, si è scritto che Giuseppe e Pietro erano quasi dei delinquenti incalliti, abituati a compiere atti criminosi, ebbene tutto questo è estremamente cinico e superficiale, certo è più comodo e facile pensare ciò, perché in questo modo si tacitano le coscienze e si esorcizza anche l’idea che a fare uso di droga possa essere chiunque, anche il bravo ragazzo della porta accanto, un amico, un nostro figlio. Rispetto a tutto questo è necessario creare, all’interno delle nostre Comunità, più “sicurezze” e più “certezze”
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“OLTRE IL MURO DELLA NOSTRA INDIFFERENZA”
di, poco agevole; la strada di collegamento di piazza Sanità con la zona Caselle ancora non era stata costruita; la motorizzazione delle famiglie era ancora nella fase iniziale; il Comune era, infine, in pieno sviluppo demografico, come attestano i dati statistici. Oggi, la realtà è profondamente modificata: la motorizzazione di massa è un dato acquisito; i due centri abitati distano poco più di un chilometro; il Comune, purtroppo, è interessato da una preoccupante crisi demografica. Tutto questo ha determinato un calo rilevante della popolazione scolastica di Materdomini che, nel concreto, si è ridotta a poche decine di alunni sia per la scuola elementare sia per la scuola media. Se tale è la situazione, una politica accorta di equilibrata e produttiva ripartizione territoriale delle risorse non può non prevedere il trasferimento degli alunni delle scuole elementare e media della frazione Materdomini presso quelle di Caposele centro, non appena sarà disponibile il plesso del cosiddetto “ polo scolastico “. Diversamente, la permanenza della situazione attuale, se per un verso costituisce un aggravio di spesa per la pubblica amministrazione, d’altro canto sta già determinando conseguenze negative sul processo di crescita degli alunni. Non è il caso che mi dilunghi in un’analisi di natura sociologica, pedagogica e didattica, ma gli operatori scolastici possono più degli altri testimoniare l’attendibilità di queste mie preoccupazioni.
Cosa fare? I locali, in cui oggi sono allocate le predette scuole di Materdomini, dovrebbero essere utilizzati, in via del tutto provvisoria, da uno dei due indirizzi di studio del liceo. L’altro indirizzo rimarrebbe operante presso la sede attuale del liceo medesimo. L’ipotesi che l’Amministrazione Provinciale possa ampliare l’attuale sede delle scuole dell’obbligo di Materdomini, al fine di ospitarvi tutto il liceo, è fondamentalmente poco praticabile, dato che i lavori di adeguamento alle necessità del liceo dei locali attualmente occupati dalla scuola elementare del Capoluogo, una volta liberi, potranno essere celermente avviati, come dalle reiterate affermazioni dell’Assessore provinciale responsabile dell’edilizia scolastica. Ma, è ancor di più impraticabile, perché verrebbe a contrastare le esigenze di sviluppo armonico e vocazionale del contesto territoriale, tante volte affermato, specie in occasione dell’adozione dei vari strumenti urbanistici, ma mai nel concreto compiutamente perseguito. Tanto ho avvertito di esternare, ritenendo di poter dare, ancora una volta, il mio contributo, quantunque modesto, alla soluzione dei problemi interessanti la nostra Caposele. A tutti i convenuti giungano gli auguri di proficuo lavoro.
REDATTORI
Strapaesanerie
...Statti cittu... Ca mò tu lu condu. di Cettina Casale
in tanti anni di rubrica e di ricerca approfondita nelle
Allegato al volume un cd che comprende anche i suoni e i canti popolari caposelesi.
Prenotatelo presso
Lu munnu è fattu a p’saturu: òi n’gulu a tte e dimani pur’. ***** Meglio cientu lire tutti li iuorni ca mille lire n’gapo r’ l’anno. ***** Aggiu rittu la messa p’ lu cazzo (riss’ lu preut’). ***** Chi vai p’ fott’ resta futtutu. ***** Ra li vuoi guarditi ra n’anzi, ra li ciucci ra ret’, ra li priev’ìti ra tott’ r’ part’. ***** Quannu Diu ti vol’ aiutà, la via la sap’. ***** P’ n’àcina r’ salu si uasta la m’nestra. ***** Chi troppu chiacchiareia, ess’ a f’ssarie. ***** Lu meglio vinu vai r’acìtu. ***** Chi s’adda mangià ru panu r’ lu cummendu, adda fà lu culu a mandiciu. ***** Chi ten’ pov’la spara. ***** Vruocchili, spruocchili e pr’rcatùri quann’è Pasqua nun serv’n cchiù. *****
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la nostra redazione.
Quando cchiù al’aria vai, tantu cchiù n’derra chiavi. ***** L’uovu ca’ nu l’hai a Pasqua, nu l’hai cchiù. ***** A ogni gghiuornu la pena soia. ***** Primu sparagna e po’ accatta. ***** Chi rai na’ cosa a lu p’zzendu, la rai a Diu. ***** Li soldi ti fann’ riccu, ma nun ti fann’ signoru. ***** Chi op’ra ben’ vengi semb’. ***** Chi ha d’nari conda; chi ten’ na bona mugliera conda semb’. ***** La luci r’ r’ cas’ r’ lati, nun faci luci a la casa toia. ***** Chi nun ten’ niendi, mangia sulu. ***** La furmica ca’ vol’ murè, mett’ r’ascedd’. ***** A lu cauzònu viecchiu si fann’ semb’ nov’ p’rtos’. ***** Scappa quando vuò, ca qua t’aspettu. ***** Addù n’gè statu ru fuocu, n’gi resta la cenn’ra. ***** Cu li soldi r’ li fessa, si conza la m’nestra. ***** Mier’cu viecchiu e avvucatu giov’nu. ***** Lu puorcu quannu s’è sbafatu, ietta lu àvutu a capu sotto. ***** Fino a quannu lu ciucciu tira, la màcina semb’ gira. ***** Chi spart’ av’ la meglia part’. ***** E’ meglio strur’ r’ scarp’ ca’ lu liettu. ***** Gend’ r’ for’ campan’ r’ lèune. ***** Lèviti tu ca’ m’aggia mett’ ìu. ***** Lu ciucciu viecchiu mor’ n’da la staddaa r’ li fessa.
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tradizioni del nostro paese.
T CASAE
E' in preparazione il Libro "Statti cittu ca mo tu lu condu" edito dalla "Sorgente" e che contiene la raccolta dei detti, fatti e quant'altro pubblicato
A nisciuna mugliera è caru nu maritu troppu avaru.
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Nun n’cè copp’la adatta p’ na capu matta.
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Nun s’adda cunfonne lu pir’tu cu la tosse.
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Chi ten’ figlie ra spusà, r’ purtass’ a passià.
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Nozze e maccaruni, calli calli.
ABBONATEVI A Pro Loco Caposele CCP n.
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questo in una realtà di poco meno di quattro mila abitanti. Qualsiasi raffronto statistico ci direbbe che questi sono numeri che sforano rispetto a qualsiasi media nazionale, regionale e provinciale. E a questo punto ci pare utile introdurre un altro elemento. E’ stata sempre sufficiente l’azione di contrasto delle forze dell’ordine e della Procura della Repubblica, nell’individuare non il povero utilizzatore che per bucarsi va a rubare poche monete di euro nel Santuario di S. Gerardo ma semmai gli “angeli tentatori” che inducono ad allargare il numero di chi si avvicina all’uso di droghe devastanti come la cocaina, l’eroina o altre diavolerie sintetiche? C’è stata davvero fino ad oggi una capacità di “intelligence” per scoprire i canali, anche locali, di spaccio e dunque stroncarli? Sappiamo, di contro, tutti bene che la scoperta di qualche piantina di cannabis è altra cosa dal contrastare il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti che arricchisce vere e proprie bande criminali e camorristiche. Ancora, cosa fanno quelle strutture pubbliche incaricate di occuparsi di politiche sociali? Prima ancora che giunga a drogarsi, è proprio complesso intervenire su quei casi evidenti di disagio sociale che coinvolge ragazzi soli, ragazzi vittime della frantumazione della propria struttura familiare, ragazzi alcolizzati, ragazzi vittime di depressioni? Ma che dire, infine, della percezione che si ha nei contesti familiari dei segnali di disagio o, si diceva una volta, di devianza? Si capisce bene che un figlio tossicomane è una realtà difficile da accettare, ma arrivare a negare l’evidenza, arrivare a rimuovere il dramma che cova nelle mura domestiche è davvero deleterio. Chi ha provato, nel rapporto di fraterna amicizia, a segnalare rischi è stato vissuto come un calunniatore cui negare per sempre il saluto. Si sono visti sfaldare rapporti storici di amicizia solo perché ci si è permesso di attenzionare comportamenti di figli che sconfinavano in sfere “pericolose”. E’ evidente che quando scoppia il caso, quando questo diventa palese, la famiglia da sola non è più
in grado di fare nulla: mancano strumenti culturali, di linguaggio, manca quel minimo di capacità (che ha a che fare con la psicologia) a fronteggiare gli inganni, le continue illusioni che si alternano alle disillusioni, la vergogna per ciò che penserebbe la gente. Ma la famiglia deve intanto porsi il problema della prevenzione. Che prospettiva può offrire una condizione in cui un ragazzo di dodici, tredici anni, a mezzanotte, è ancora davanti ad un bar con la birra in mano? Se non si è in grado di svolgere in quel momento una funzione educatrice non ci si può scandalizzare poi. La famiglia, dunque, l’elemento più delicato e debole di tutta questa vicenda. In buona sostanza di fronte ad una situazione come questa occorre smantellare anche un altro convincimento, secondo il quale la soluzione passa attraverso recuperi graduali, a scalare, dunque morbidi. Ne sono io stesso ormai più che convinto: non ci sono strade ed ipotesi alternative al ricorso alla comunità di recupero, anche in modo coercitivo. Raramente un drogato si convince di volerne uscire da solo e anche quando questo dovesse avvenire di certo non può restare nel suo contesto abituale.Pedagogia (famiglia, scuola, amici), repressione (lotta allo spaccio e a chi, oltre sé stesso, trascina altri nel baratro) paiono essere oggi le sole risposte possibili.
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obiettivi; sarà che siamo privi, oltre ai bar, di spazi veri di aggregazione; sarà per mille altre ragioni… Ma, a mio parere, la questione vera è che è del tutto evidente la incapacità di quelle che da sempre vengono considerate come autorità morali a mettersi in ascolto e a svolgere una funzione educativa: la famiglia, i ministri di culto, gli insegnanti, i politici. Immaginare che la sola ed estemporanea risposta al problema possa essere una fiaccolata o l’assemblea dei saggi è fuori da ogni direttrice di realismo e concretezza. A tal proposito mi sovviene un caso che fece molto discutere negli anni settanta una piccola città del nord. Dal ponte altissimo che collegava la città oltre venti persone si erano suicidatesi nell’arco di pochi mesi. Si aprì un ampio dibattito in città: molti proposero di innalzare un’inferriata altissima che formasse un ostacolo materiale ed oggettivo, mentre il vescovo della città propose di installare al centro del ponte una statua grande della Madonna. In quella città dalle forti tradizioni e radici cattoliche vinse la proposta del vescovo. Nei mesi successivi la spirale dei suicidi non si fermò affatto, anzi. Al punto che per settimane, fino a quando non si realizzò l’inferriata, furono costretti a far stazionare stabilmente una pattuglia di vigili che si alternavano con i carabinieri, pronti ad intervenire per evitare altri insani gesti. Finì in questo modo la strana e lunga stagione dei suicidi che frastornarono la tranquilla e serena Cuneo. Il senso di questo ricordo vuole evocare la necessità di provvedere ad azioni concrete, quando il richiamo ai valori immateriali, pure importanti ed essenziale, non è in grado di risolvere i problemi. In questo senso è utile ricordare a noi tutti solo alcuni, pochi numeri. Tre morti in quattro anni, decine di ragazzi e ragazze che hanno frequentato e frequentano i Sert di Grottaminarda e Battipaglia, numerosi altri ospiti di comunità di recupero. Tutto
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ommentare a caldo una vicen da tragica, mantenendo distanti gli elementi di cronaca, è sempre complesso. Ma siccome la misura è colma occorre farlo e con una certa lucidità. Infatti quando accade che in una comunità piccola e raccolta come la nostra si spengono due giovani vite per uso di stupefacenti, bisogna solo fermarsi, poi riflettere e decidere il modo e il come intervenire. Istintivamente verrebbe da dire tante, troppo cose. Si è immediatamente portati ad individuare o addirittura ad addossare responsabilità, trovare subito i capri espiatori. Ma questa vicenda che ha segnato definitivamente la vita di Giuseppe e Pietro, ragazzi di appena un quarto di secolo, ci insegna e ci dice molte altre cose; ci offre purtroppo infiniti spunti e fotografa una volta per tutte l’esistenza di una condizione sociale drammatica. Intanto, in via generale, bisogna assumere il dato che Caposele non è più, semmai lo sia mai stato, un’isola felice e fuori dalle contraddizioni della modernità. A Caposele, come in altre comunità delle nostre aree interne (quelle che abbiamo identificato come i paesi del cratere), non esiste più quella sorta di controllo sociale che protegge dalle insidie e dai pericoli e non c’è più quel senso solidaristico che fa assumere all’intera collettività un problema, fosse anche solo individuale. Sotto questo aspetto le responsabilità sono molteplici e complesse. Quando un fenomeno come quello della tossicodipendenza o solo dell’assunzione di droghe pesanti, sporadicamente o nei giorni di festa, assume i contorni quantitativi di cui si dice a Caposele, nessuno può chiamarsi fuori. Nessuno. E le giustificazioni più o meno serie che si ascoltano non possono diminuire il senso della colpa . Io cosa ho fatto, cosa sto facendo, cosa penso di fare: queste sono le domande che ciascuno deve porsi. Che ne sia coinvolto direttamente o solo sfiorato dal problema. Non è assolutamente interessante, oggi, stabilire le cause sociali. Sarà pure il terremoto che continua, come la scia di un tornado, a mietere vittime; sarà anche l’idea che il futuro non possa offrire prospettive per realizzare
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di Gerardo Ceres
ALZARE LE ANTENNE PER SINTONIZZARSI SULLA FREQUENZA DEL MALESSERE
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Attualità
Piazzetta Imbriani vista dall'alto
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ANNO ANNO GERARDIGERARDI-
"Il fazzoletto del Sandi Alberto Bobbio to"
remoto di
25 anni fa
ferve la devozione popolare per
San Gerardo
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1 santuario chiude la valle. Un anfi teatro di monti abbraccia la piana del Sele e si ficca dentro I’Irpinia, quella scossa dal terremoto di 25 anni fa. Saliamo verso una terra che ricorda una tragedia. Calabritto, Lioni, Conza, Caposele sono i nomi di paesi cancellati dalla furia della terra, rimasti nella memoria. Padre Luciano Panella era arrivato da tre settimane. Ricorda i1 boato, il fumo, le pietre che si sbriciolano e cadono lungo il tratturo dei pellegrini. Conviene cominciarla da qui la storia del santuario di San Gerardo Maiella a Materdomini, un pugno di case appese alla collina sopra Caposele, perché nessuno morì, nessuno si ferì, eccetto un frate. Rovinarono la chiesa antica e il convento e la gente veniva a inginocchiarsi tra le macerie e a pregare il santo: “San Gerardo s’è preso tutti i guai”. Oggi resta un pezzo d’Italia sconosciuto. Bisogna salire ad Avellino e tagliare l’Irpinia, o lasciare l’autostrada per Reggio Calabria a Contursi, per andare a vedere la potenza della pietà popolare. Non c’è altro modo per descrivere un santo e un luogo, che la sola lettura dei documenti non riesce a narrare. Aveva 29 anni quando morì di tubercolosi, nel 1755. Era un frate redentorista tirato su da una fede semplice e dal1’accompagnamento di un grande santo napoletano, Alfonso Maria de’ Liguori. Qui ogni pietra ha stratificato devozioni popolari. Qui il popolo si è impadronito della vita di un religioso umile, sottolineandone i gesti e gli aspetti più vicini alla propria sensibilità, e ne ha sviluppato la memoria per secoli, dando vigore a frammenti di vita, episodi, fatti, che sfiorano la leggenda e costituiscono paradigmi di fede e devozione. Un milione di pellegrini all’an-
Vede passare ogni anno un milione di pellegrini, gente semplice, la migliore, gente che tramanda in prima persona, come un grande libro aperto, la storia di san Gerardo Maiella e delle sue opere. Ma c’é una ragione della grande devozione popolare. San Gerardo Maiella è l’uomo dei dolori,quello che prende su di sé la sofferenza della gente, che soffre per amore di Dio, che soffre come Gesù. Non era un uomo di tante parole non ha lasciato molte cose scritte, se non un pugno di lettere e un regolamento di vita assai impegnativo anche nelle mortificazioni, secondo la regola penitenziale della spiritualità meridionale del Settecento. Venne proclamato santo esattamente 100 anni fa. Lo chiamavano il “pazzarello di Dio”, forse per via del fatto che a vent’anni scappò di casa per seguire una compagnia di padri redentoristi che erano a Muro Lucano, suo paese natale, a predicare le Missioni. Alla mamma lasciò un biglietto sul comodino: “Vado a farmi santo”. I padri lo accettarono in convento. Lui cominciò a seguirli nelle predicazioni. E così che fioriscono i prodigi e i miracoli: la conversione del brigante, gli angeli che lo aiutano a preparare i1 pranzo in convento essendo lui in ritardo, il trasporto impossibile da solo dei tronchi d’albero nella foresta, la barca salvata dal naufragio nel mare di Napoli con appena “due ditelle”, il campo liberato dai topi. L’amore spiegato con l’esempio Poi c’è 1’impegno per i poveri, che accoglieva in convento, che sfamava, che andava a cercare nelle strade di Napoli, che visitava all’ospedale degli Incurabili. Oggi bisogna cercare nelle pieghe della pietà popolare le ragioni e gli insegnamenti dei miracoli e dei prodigi. Spiega padre Luciano Panella: “Non si tratta di ripulire la devozione popolare. Essa va inserita e compresa nel contesto storico. Oggi cerchiamo di spiegare la vita, 1’opera e 1’esempio di san Gerardo Maiella con le parole di Luca, 1’evangelista che racconta la storia del pellegrino di Emmaus. I discepoli alla fine si domandano: “Non ci ardeva forse il cuore
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Padre Luciano Panella, adesso che sono passati 25 anni dal terremoto, è diventato rettore del santuario, che si appresta il 16 ottobre a festeggiare 250 anni dalla morte.
nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino quando ci spiegava le Scritture?”.Ecco, san Gerardo è uno che ha camminato con la gente, ha spiegato 1’amore con l’esempio, con 1’immediatezza degli atteggiamenti, anche con qualche fatto prodigioso come quell’uomo di Emmaus”. Il Papa lo ha scritto al superiore generale dei redentoristi, padre William Tobin, in occasione del centenario: “Gerardo Maiella è uno dei piccoli in cui Dio ha fatto risplendere la potenza della sua misericordia”. Uno dei prodigi a cui 1a devozione popolare è più legata è quello del fazzoletto. Si racconta che Gerardo in visita a una famiglia dimentichò un fazzoletto.Una giovane di casa gli corse dietro per restituirlo. Ma lui non lo volle: “Un giorno ti servirà”, disse alla ragazza. Qualche anno dopo, sposata, il parto la portò in fin di vita. Si ricordò del fazzoletto, lo strinse e si rimise in salute. Il bambino nacque senza problemi. Cosi san Gerardo è pregato da tutte le mamme in attesa e 1’anno scorso la Chiesa lo ha riconosciuto patrono delle gestanti. In una cappella del santuario le famiglie lasciano a san Gerardo i fiocchi azzurri e rosa in ricordo delle nascite e le foto dei bambini. È un’altra parte di quel libro scritto dal popolo che racconta san Gerardo Maiella.
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nell'Irpinia colpita dal Ter-
da FAMIGLIA CRISTIANA
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250 ANNI DALLA MORTE
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IN OCCASIONE DI QUESTI DUE GRANDI EVENTI GIUBILARI "LA SORGENTE" RIPORTA ALCUNE PAGINE DEDICATE AL SANTO
11 dic. 1904 - 11 dic.2004 100 ANNI DALLA CANONIZZAZIO16 ott. 1755 - 16 ott. 2005
- Anno XXXII- Dicembre 2004 N. 70
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100 ANNI DELLLA CANONIZZA250 ANNI DALLA MORTE
LA CELLA DEL TRANSITO
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facciamole onore”. Non era illusione né sogno evanescente, ma visione mirabile: la SS.ma Vergine era venuta al capezzale del suo fedelissimo servo per confortarlo, predicendogli che presto sarebbe passato dall’esilio alla patria. Fisse le pupille alle immagini di Gesù e di Maria, rischiarate da una fioca lampada ad olio, 1’agonizzante sospirava: “ Dio mio, io voglio morire per dare gusto a voi: voglio morire per fare la vostra santissima volontà “. Poco dopo la mezzanotte, nelle prime ore del 16 ottobre 1755, 1’anima innocente del Maiella volava al cielo a guisa di colomba intemerata. Contava 29 anni, 5 mesi e 22 giorni, di cui soltanto un sessennio aveva trascorso nell’Istituto missionario redentorista, imitando Gesù Cristo.
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in quel secolo sofisticato dell’Arcadia, che si baloccava con i “ santini “ di cera indorata e con le ariette del Metastasio, che mandavano in sollucchero le beghine e gli abbati in parrucca. Quando alla fine di agosto del 1755 fr. Gerardo ritornò da Oliveto Citra a Materdomini assai stanco e malato, al vederlo il superiore p. Caione trattenne a stento le lacrime. Il santo in quell’afoso vespro domenicale intuì la situazione e per scacciare le nubi di malinconia, domandando il “Benedicite” disse con tono quasi gioviale: “ Padre mio, è volontà di Dio, perciò state allegramente; perché sempre con allegrezza si deve fare la divina volontà “. Era un angelo che parlava a quel modo inconsueto o un infermo singolare che aveva a portata di mano il cielo? E con visibile letizia di spirito senza recriminazioni andò a mettersi a letto per aspettare “ sorella morte corporaIe “ come 1’attese san Francesco in Assisi, alla Porziuncola. Egli che mai aveva chiesto nulla, bramò che accosto al suo lettuccio fosse collocata una bella immagine della Madonna e di fronte un grande Crocifisso coperto di piaghe come 1’aveva dipinto sant’Alfonso per insegnare al popolo nelle sacre missioni la meditazione della Passione. Pregò poi che qualcuno avesse scritto a caratteri maiuscoli sulla porta: “ Qui si fa la volontà di Dio, come vuo1e Dio e per tutto il tempo che piace a Dio “. Era la sintesi della sublime ascetica, a cui si era sempre ispirato, attuandola minuto per minuto! Probabilmente 1’infermo intendeva ammonire i confratelli che non dovevano venire a compatirlo o a compiangere la sua giovinezza ch’era per spegnersi... Entrassero pure in cella per aiutarlo a compiere generosamente la volontà santa e santificante di Dio. Era la logica tagliente, spoglia di ogni epicheia, di quanto aveva insegnato ai suoi amici tribolati nell’epistolario infarcito di dialettismi: “ Volontà di Dio in cielo, vlontà di Dio in terra: dunque paradiso in cielo, paradiso in terra! “ La febbre continuava a consumarlo; la tosse lo sconvolgeva; le emottisi si moltiplicavano sempre più minacciose. Il superiore si prodigava con le medicine per alleviare le sofferenze del caro malato, che non si lagnava mai. Un giorno col vigore di un martire gli disse: “ Io mi figuro che questo letto sia per me la volontà di Dio e che io ci
sto inchiodato colla volontà di Dio “. Il santo si librava sui vertici della mistica del Calvario senza darlo a divedere. Il medico Santorelli che lo curava con affetto e perizia, gli domandò un mattino: “ Gerardiello, vuoi vi- vere o morire? “ Senza scomporsi rispose con lucidità serafica: “ Né vivere né morire: voglio quello che vuoIe Dio “. Era morto a se stesso: navigava nelle acque limpide della grazia, avendo in prospettiva le rive eterne. Al capezzale del giovanissimo santo accorrevano le persone che lo conoscevano per edificarsi di quel tramonto radioso. Nella camera non vi era tanfo ingrato, come deposero i testimoni, ma fragranza misteriosa. Il p. Caione che sapeva il trasporto di fr. Gerardo per la musica, ebbe un’idea geniale: comandò che avessero portato presso il lettuccio di lui il gravicembalo della comunità, la quale seguiva le tappe di quella malattia con tristezza e stupore. Nei pomeriggi autunnali sonnolenti che coincidevano con la diminuzione delle energie e con 1’aumento dei dolori, implorava che gli suonassero qualche melodia devota, particolarmente quella prediletta: “ Il tuo gusto e non il mio... “. Mentre sulla tastiera scorrevano le dita inesperte di qualche confratello, il viso pallido di lui si rianimava, le labbra smorte riacquistavano forza per cantare con un filo di voce il ritornello che aveva ripetuto migliaia di volte: “ Quanto degna sei d’amore, - O divina volontà Poi il silenzio ineffabile dell’estasi. Durante uno di questi rapimenti Gerardo esclamò giulivo: “ Ecco la Madonna;
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a stanzetta, dove san Gerardo passò i giorni supremi della sua esistenza, è la gemma del collegio. Originariarnente era piu piccola, disadorna, in tutto rispondente alla rigida povertà professata nella realtà quotidiana dai Redentoristi del ‘700. Misurava, su per giù, m. 4,25 in lunghezza, 3 metri in larghezza e 3,30 in altezza: in un angolo il letto formato da 2 cavalletti di ferro con sopra due o tre tavole nodose di castagno sormontate da un duro pagliericcio (saccone di cartocci schricchiolanti di granturco); in un altro angolo un tavolinetto dozzinale con qualche libro spirituale, un paio di sedie e un catino per 1’acqua; sospese alle pareti 4 figure cartacee, tra cui la Madonna, e il Crocifisso. Ecco la mobilia della cameretta di san Gerardo! Nel 1796, a 41 anni dal transito, il p. Leopoldo Briscione di Contursi (1752 - 1823) improvvisamente la tra- sformò, unendo due celle in una per ricavarne un oratorio che dedicò a S. Stanislao Kostka: vi fu sovrapposta la pomposa seguente iscrizione latina che riportiamo (in parte n.d.r.) dal momento che è quasi dimenticata e non si trova facilmente: Cubiculum quod eximia innocentia ac pietate vir Frater Gerardus Maiella.... Poi più tardi, abbreviata 1’epigrafe suddetta e tolta la menzione del Kostka, vi fu aggiunta quella italiana: “ Stanza ove abitò e morì il Servo di Dio Fr. Gerardo Maiella “. Per tale via si creò inconsapevolmente un grosso equivoco, che si trascina avanti anche oggi. Chi scrive, intese testé pellegrini che osservando la cella abitata dal santo si scambiavano tra 1oro le impressioni e notavano con stupore: “ Che bella stanza aveva san Gerardo con due finestre!... “ Intervenni, spiegando che la stanza aveva una sola finestra ed era la metà dell’attuale. Meravigliandosi interrogarono: “ Perché l’hanno guastata!... “ La gente colta e quella semplice capiscono meglio san Gerardo fra le anguste pareti imbiancate con una fine- strella munita allora di frammenti di vetro affumicato. La storia vera edifica meglio della retorica. Il pellegrino della città o della campagna non sale a Materdomini per vedere marmi fastosi o artistiche sculture e dipinti: viene con la intenzione d”incontrare il genuino san Gerardo e toccare con mano come visse
di Oreste Gregorio
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dai “Ricordi di S.Gerardo a Materdomini (stralci)
La cappella di San Gerardo all'interno della Basilica
Uno scorcio della Basilica di san Gerardo che, rimessa a nuovo, accoglie tantissimi pellegrini che arrivano distribuiti in tutto l'arco dell'anno
LAVORI DI RADDOPPIO DELLA GALLERIA PAVONCELLI RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Breve cronistoria relativa alle opere realizzate
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La parallela riduzione di portata della sorgente Sanità dimostrava correlazione con la cospicua venuta d’acqua in galleria. Per bloccare il drenaggio della falda onde poter ricostituire in sorgente la quota della superficie piezometrica originaria fu decisa la costruzione di un setto tampone in calcestruzzo, ubicato alla progressiva di m. 384 circa, con il quale le acque drenate sono state confinate nel tratto di galleria scavato fra il setto medesimo ed il fronte di avanzamento raggiunto. Anche nello scavo della galleria principale, che dalla discenderia Vallone dei Cento Laghi va verso Caposele, i lavori si sono imbattuti in situazioni geologiche e geomeccaniche non conosciute. Già in una prima tratta e per una lunghezza di circa 400 m. fu incontrata una formazione di calcareniti e calciduriti riconducibili ad un “flysch rosso” simile a quello già riscontrato con lo scavo della discenderia Minuto. Il materiale scavato aveva comportato l’adozione di un trattamento combinato
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zazione nonché per la costruzione delle opere occorrenti alla realizzazione del raddoppio della galleria Pavoncelli” Inizio lavori Il verbale di inizio dei lavori fu redatto in data 24 maggio 1990. Primi imprevisti e prima perizia di variante - 14/6/91 Il primo imprevisto fu riscontrato all’inizio dei lavori con il rinvenimento di una falda acquifera, a quota non prevista, nella palificazione di sostegno del piazzale di accesso allo scavo della galleria dal capo della sorgente Sanità. Il carattere di imprevisto e di sorpresa di tale rinvenimento non dette luogo a contestazioni fra le parti e le conseguenti modifiche progettuali furono concordemente assunte in una prima perizia di variante. In tale perizia furono altresì contemplate due ulteriori modifiche al progetto, corrispondenti a due ulteriori non previste situazioni geologiche e geomeccaniche; l’una nella zona della discenderia Minuto e l’altra in quella della discenderia Vallone dei Laghi. La perizia di variante venne approvata in data 14 giugno 1991. Ulteriori imprevisti verificatisi La seconda situazione idrogeologica non prevista in progetto fu riscontrata nello scavo in galleria iniziato dal capo della sorgente Sanità e in attraversamento del vallone Acqua delle Brecce, i cui lavori erano iniziati nell’ottobre 1991 ed erano proseguiti per 430 m. intercettando solo modeste venute idriche. Ma a partire da questa progressiva raggiunta il 6 maggio 1992 e fino al fronte di scavo corrispondente alla progressiva 574 furono intercettate venute idriche sempre più consistenti, fino a raggiungere una portata complessiva drenata dalla galleria pari a 700 l/s.
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di interventi di consolidamento e di prerivestimento, nonché di una sezione variata, poi considerati e formalizzati nella perizia di variante n.2. Ma l’imprevisto geologico e geomeccanico di maggiore consistenza fu incontrato nel prosieguo dei lavori in quello stesso tratto di galleria allorché ci si addentrò nelle argille varicolori. Qui furono presto riscontrate spingenze della roccia sul cavo, già nel tratto a minor copertura, corrispondenti ai massimi previsti in progetto per le successive maggiori coperture e soprattutto con effetti anticipati a carico già del primo rivestimento provvisorio, con conseguente rischio sulla sua tenuta e sulla incolumità delle maestranze impegnate nella prosecuzione dello scavo. Seconda perizia di variante Marzo 1992 Gli imprevisti verificatisi portarono alla redazione di una seconda perizia di variante. Questa, mentre era tesa a regolare precedenti situazioni impreviste, non considerava la grave imprevista situazione geologica-geomeccanica e conseguenti difficoltà tecniche con maggiori oneri finanziari da affrontare per l’attraversamento della galleria nelle argille varicolori. Ordinanza del Sindaco di Caposele di sospensione dei lavori - 20/7/92 Le insospettate crescenti venute d’acqua defluenti dal fronte di scavo del Vallone delle Brecce, crearono allarme e sospetto in tutte le comunità irpine attraversate dal Sele ed interessate all’utilizzo delle sue acque. Un primo intervento si ebbe con l’Ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Sindaco di Caposele
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otivazioni dell’opera Come detto, il progetto di una se conda galleria di valico dell’Appennino meridionale ha come diretto presupposto i gravi danni prodotti dal terremoto del 1980 alla galleria Pavoncelli e la consapevolezza che la vetustà della vecchia galleria porteranno prima o poi all’interruzione del flusso d’acqua con le prevedibili gravissime ripercussioni sulle popolazioni servite. Con tale consapevolezza l’E.A.A.P. affidò al prof. V. Cotecchia ed altri, l’elaborazione di un progetto per la realizzazione di una seconda galleria di valico da affiancare alla precedente. La Regione Puglia, ritenendo l’opera urgente, la inserì con priorità assoluta tra quelle proposte al Dipartimento per il Mezzogiorno per ottenere il finanziamento ai sensi della Legge n. 64 del 1986, nell’ambito del secondo piano di attuazione del programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno 1988-’90. Il progetto esecutivo 2/2/88 Il progetto esecutivo elaborato fu approvato dall’Ente in data 2/2/88 e posto a base della Convenzione successivamente stipulata con l’Agenzia per il Mezzogiorno. L’istruttoria per ottenere i previsti assensi risultò particolarmente travagliata e durò più di un anno. In data 4/7/89 fu stipulata la convenzione di finanziamento dell’opera tra l’Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno e I’E.A.A.P.. I vari assensi richiesti erano stati acquisiti sia pur faticosamente e prestando reiterate rassicurazioni circa la portata idrica e sulla limitazione del prelievo nell’ambito della originaria concessione idrica. Prima gara d’appalto - luglio 1989 L’Ente procedette ad indire gara di appalto nello stesso mese di luglio. Dalle opere in progetto risultava stralciato il già previsto collegamento del canale principale con l’acquedotto dell’Ofanto, in quanto tale collegamento era stato nel frattempo oggetto di altro finanziamento. Risultò vincitrice della gara d’appalto l’ATI con capogruppo la Cogefar Impresit SpA che poi assunse la denominazione Impregilo. Convenzione con Cogefar-Impresit - 27/2/90 Con atto in data 27/2/90 fu stipulato tra con Cogefar- I’E.A.A.P. e l’ATI Cogefar-Impresit SpA convenzione di affidamento in concessione per “l’affinamento e adeguamento della progettazione idonea alla cantieriz-
Piazza Sanità -Sullo sfondo la chiesa della Sanità
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Rescissione del contratto con l’Impresa Pontello L’Ente, non ritenendo valide la proposte tecniche dell’Impresa ed il piano di lavori complessivo presentato rescinde il contratto.
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Tale procedura si concluse solo con il provvedimento assunto in data 1 agosto 1997 dal Presidente del Consiglio dei Ministri, a seguito della Conferenza dei Servizi a ciò convocata dal Ministro dei LL.PP., con il quale si accertava l’intervenuto perfezionamento in quella sede dell’intesa Stato-Regione e pertanto si regolarizzavano in sanatoria le opere di cui ai progettato raddoppio della galleria Pavoncelli.
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Consegna lavori completamento all’Impresa Pontello e richiesta accertamenti preventivi - 23/11/95 La consegna dei lavori potè avvenire solo in data 23/l1/’95 poiché nel frattempo non era ancora stato risolto il contenzioso con l’Impresa precedente. La nuova impresa avanzò già in sede di consegna riserve sia a riguardo degli oneri sopportati per il ritardo nella consegna dei lavori sia riguardo alla intervenuta modifica dello 23/11/’95 stato dei luoghi, con degrado delle opere già realizzate. L’Ente in risposta a tali riserve ordina all’Impresa di eseguire preliminarmente ed immediatamente tutti gli accertamenti indispensabili ad una completa individuazione dell’effettivo stato delle opere e dell’effettivo stato di stabilità di quanto in precedenza eseguito. In data 6/2/96 e 25/3/96 trasmissione all’Ente accertamenti Impresa Pontello La Pontello Costruzioni in adempimento di quanto richiesto dall’Ente in sede di verbale di consegna, trasmette in data 6/2/’96 e 25/3/’96 i risultati delle indagini geologiche e geotecniche effettuate con allegata documentazione descrittiva a topografica relativa allo stato dei luoghi e delle opere. Proposta tecnica Pontello - 30/7/96 Successivamente alla consegna dei rilievi sulle opere eseguite, l’Impresa Pontello in data 30/7/’96, trasmise all’Ente una propria proposta tecnica relativa ai nuovi lavori ritenuti indispensabili a rimettete in sicurezza le opere per consentire il successivo completamento. Richiesta dell’Ente alla Pontello di un piano lavori complessivo - 16/4/97 A seguito degli accertamenti effettuati dall’impresa Pontello e della proposta tecnica presentata, l’Ente si pronunciò in termini negativi, richiedendo peraltro all’Impresa , in data 16/4/’97, un piano dei lavori complessivo. Presentazione piano lavori complessivo Impresa Pontello - 17/6/97 Facendo seguito alla richiesta dell’Ente di presentazione di un piano lavori complessivo, l’Impresa Pontello lo presentò in data 17/6/’97. Conferenza dei Servizi per approvazione progetto - 1/8/’97 Nel frattempo per sormontare il fermo imposto alla prosecuzione dei lavori I’E.A.A.P. dovette risolversi ad assumere l’iniziativa di attivare la procedura alternativa prevista dall’art.81 del D.P.R. n.616 del 1977, sia per quanto concerneva la sanatoria delle opere già realizzate, sia per quanto concerneva le opere ancora da realizzare nei territori dei comuni di Caposele, di Teora e di Conza della Campania.
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Il cantiere durante i lavori di scavo del raddoppio della Pavoncelli
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Lettera dell’Assessore alle acque ed acquedotti della Regione Campania, sospensiva dei lavori - 22/8/92 Con nota del 22 agosto 1992, indirizzata a tutte le autorità interessate al governo delle acque del bacino imbrifero in argomento, l’assessore alle Acque ed Acquedotti della Regione Campania lamentava di non essere stati sin dall’inizio, coinvolti i competenti organi amministrativi di quella Regione nella istruttoria del progetto ormai in esecuzione ed avvisava che gli ulteriori lavori di realizzazione della galleria non avrebbero potuto essere ripresi senza che fossero stati preventivamente concordati i provvedimenti necessari per la realizzazione del tratto in galleria all’interno dell’acquifero. Nuova ordinanza del Sindaco di Caposele di sospensione dei lavori 26/8/92 A seguito di tale lettera e nella ulteriore constatazione che il lavoro di scavo nella galleria non era stato assentito né da concessione edilizia, né da accordo di programma, né da deposito del progetto al Genio Civile, il Sindaco di Caposele prescrisse con ordinanza in data 26 agosto 1992 di sospendere ogni lavoro finalizzato alla costruzione della galleria fino a quando non fossero stati esibiti tutti gli atti di decreti, concessioni, autorizzazioni, nulla osta richiesti per dare corso all’opera progettata. Decadenza dell’ATI Impresilo ex Cogefar-Impresit - 18/6/93 L’Ente, acquisito il verbale di constatazione in data 16/6/’93, dal quale risultava il fermo dei lavori, accertato dalla Commissione di collaudo, deliberò in data 18/6/’93 la decadenza dall’ATI Impregilo ex Cogefar-Impresit SpA. Nuovo bando di appalto aggiudicato alla Pontello SpA - 9/7/93 L’Ente in data 9/7/’93 deliber6 un nuovo bando di appalto per la prosecuzione ed il completamento delle opere. Di tale appalto risulterà aggiudicataria la SpA Pontello Costruzioni di Firenze. Incarico prof. Cotecchia per redazione progetto tratto acquiferi Maggio 95 Nelle more della risoluzione dei rapporti con l’Impresa uscente Impregilo e la nuova Pontello, l’Ente incarica il prof. V. Cotecchia di redigere un progetto esecutivo per la risoluzione del problema dell’attraversamento degli acquiferi delle coste di S.Lucia. Tale problematica infatti è stata esclusa dall’appalto vinto dall’Impresa Pontello. Consegna progetto prof. Cotecchia per intervento acquiferi - 22/11/95 Il 22 novembre del 1995 il prof. Cotecchia consegna il suo progetto per la risoluzione per dell’attraversamento degli acquiferi.
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1992 - la protesta dei caposelesi presso il cantiere della COGEFAR
La storica immagine di Caposele 100 di anni fa che è' diventata, oramai, un'icona caratteristica del nostro Paese
Formazione per Esperti di Internazionalizzazione nella Pubblica Amministrazione MIS. 6.4 POR Campania 2000-2006
Siamo grati a Gerardo Luongo, ingegnere capo del Comune di Caposele, per averci trasmesso un progetto sulle risorse del
Comune
e dei comuni
limitrofi , finalizzato allo
La Montagna in festa: Naturalmente ... Alta Irpinia
sviluppo turistico dell'area di riferimento.
Uno
studio interessante,
ricco di dati e di ricerche, che pubblichiamo integralmente.
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nostro
Ing. Gerardo Luongo Comune di Caposele Geom. Antonio Restaino Comune di Teora Geom. Donato Nisivoccia Comune di Caposele
PROJECT WORK elaborato da:
Consulenti:
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medio lungo periodo, l’accrescimento del reddito procapite, dell’occupazione, del numero di imprese presenti nell’area. Ambito territoriale di riferimento L’ambito territoriale di riferimento del presente progetto comprende i territori dei comuni di Caposele, Calabritto e Teora. I primi due fanno parte della Comunità Montana “Terminio Cervialto” mentre Teora è inserito nella Comunità Montana “Alta Irpinia”. I tre comuni occupano una superficie totale di 11.316 ettari di cui 4.786 ricadenti nel comune di Calabritto, 4.150 nel comune di Caposele e 2.380 in quello di Teora. Il comprensorio dei comuni ha un’ altitudine minima e massima del territorio che varia da 250 metri a 1579 metri sul livello del mare. Il clima può definirsi caldo, semi arido nel periodo estivo e freddo umido d’inverno. La temperatura media non presenta forti sbalzi ed i valori più alti si hanno nei mesi di luglio e agosto con circa 23C°. I tre comuni presentano caratteristiche geomorfologiche simili. Si tratta di aree rurali quasi totalmente di montagna ricche di boschi che partendo dal comune di Teora e passando per Caposele, arrivano ai 400 ettari del comune di Calabritto. I terreni boschivi sono in gran parte di origine piroclastica (ceneri e lapilli provenienti dalle eruzioni del Vesuvio) e poggiano su un substrato costituito da calcari del mesozoico finemente e profondamente fessurati. L’altro elemento che caratterizza l’area è l’abbondanza di acque incontaminate: le sorgenti del fiume Sele (di origine carsica) a Caposele, i torrenti di Calabritto e il passaggio del fiume Ofanto a Teora rendono l’area particolarmente fertile.
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Come nasce il progetto Il macroambito di riferimento prescelto dal gruppo di progetto è la valorizzazione delle risorse naturali, strutturali, umane, culturali e produttive dei Comuni di Caposele, Calabritto e Teora, finalizzato all’attrazione di presenze turistiche in sosta per più di un giorno di provenienza sia nazionale che estera. Lo spunto per lavorare all’elaborazione di un’idea progettuale nell’ambito citato, deriva dalla constatazione condivisa dai vari partecipanti al project work della presenza di notevoli risorse del territorio non conosciute, in alcuni casi in situazione di abbandono o di scarsa fruizione ed al contempo di alcuni fenomeni preoccupanti che interessano l’area quali l’alto tasso di disoccupazione e la fuga in cerca di opportunità di inserimento lavorativo dei giovani con un crescente tasso d’invecchiamento della popolazione residente. Si sottolinea che le aree in questione sono aree fortemente colpite dal sisma dell’80. Obiettivo strategico di sviluppo dell’area L’obiettivo strategico del seguente progetto è quello di individuare un’”idea forza” coerente con la vocazione del territorio in grado di favorire lo sviluppo dell’area di riferimento anche attraverso processi di internazionalizzazione. Tale idea forza è stata individuata nello sviluppo turistico dell’area. Data la conoscenza del territorio del gruppo di lavoro si è ritenuto che le caratteristiche del territorio, unitamente ad una certa evoluzione dei gusti dei consumatori, soprattutto di provenienza etera (nord Europa, Stai Uniti, America Latina) nei confronti delle mete turistiche possano portare, inseguito ad azioni integrate e da realizzare nel medio-lungo periodo, ad uno sviluppo turistico dell’area. S riporta di seguito l’analisi delle risorse maggiormente significative dell’area e, successivamente, l’analisi dei punti di forza e di debolezza del territorio analizzato. La proposta progettuale individuata, coerente con la vocazione dell’area e l’evoluzione dello scenario macroeconomico, potrà favorire nel
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Senior: Dr. Carola d’Agostino Junior: Dr. Virginia Pascucci Dr. Maria Ronca
Tali acque sono utilizzate per alimentare l’acquedotto comunale ed in passato la sua corrente azionava frantoi e mulini. Il comune di Caposele si estende sulle pendici
boscose del Monte Paflagone, contrafforte del monte Cervialto La sommità montuosa più rilevante è il monte Vallicello con un’altezza di 1.238 metri.
Anche Caposele presenta un notevole patrimonio boschivo, Bosco Difesa, che si estende per circa 300 ettari.Il Comune di Caposele fa parte inoltre del Parco Flu-
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RISORSE SIGNIFICATIVE DELL’AREA Risorse naturali Il comune di Calabritto e parte del territorio di Caposele sono inseriti nel Parco Regionale dei Monti Picentini. La catena dei Picentini, che è uno dei più cospicui sistemi montuosi dell’Appennino Campano-Lucano, interessa particolarmente il comune di Calabritto con il Monte Cervialto che rappresenta, con i suoi 1.809 metri, una delle vette più alte della Campania. Il patrimonio naturale di Calabritto è uno dei più importanti dell’intera provincia irpina, le sue aree boschive si estendono per circa 400 ettari e le fustaie di faggio, per circa 815 ettari. Qui c’è uno dei più vasti altipiani dei Monti Picentini, il Piano Migliato a 1.280 metri di altitudine. Il fiume più importante nel comune di Calabritto è lo Zagarone che sfocia nel Fiume Sele, ha una portata di circa 100 litri al secondo ed ha origine, tra le altre, dalle sorgenti del Gruppo Acquara.
FOTO STUDIO CONFORTI
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Una vista recente di una parte del Paese. In alto a destra il campanile della Sanità
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al XVIII secolo, era stata collocata ai piedi del Monte Paflagone dove fu effettuata, alla fine dell’800, la captazione delle acque del Fiume Sele destinate all’acquedotto Pugliese. Il destino della Chiesa fu quello di essere demolita e ricostruita più a valle, laddove in precedenza le acque del Fiume Sele formavano un laghetto, mentre il campanile rimase ai piedi del monte. La Chiesa di San Vito è situata a pochi chilometri da caposele e per accedervi bisogna risalire i disordinati scalini intagliati nella stessa roccia. Il Campanile della Chiesa di San Lorenzo che è il Santo protettore del paese. Un discorso più articolato merita la frazione di Materdomini ed il Santuario di S. Gerardo a Maiella. Il Santuario di Materdomini (Mater Domini vuol dire Madre del Signore), che sorge sull’omonima collina prospiciente il centro abitato di Caposele, prima di essere legato alla venerazione di S.Gerardo, che lì morì dopo avervi vissuto solo per sei mesi nel 1755, era già uno dei santuari mariani più importanti dell’Italia meridionale. Questo attirò S. Alfonso dei Liguori, un Padre Redentorista grande devoto di Maria, che proprio a Materdomini fece costruire un convento che doveva fare da richiamo al clero per gli esercizi spirituali ed essere casa di formazione per i futuri missionari. S. Gerardo Maiella fu assegnato nel 1754 da S. Alfonso a Materdomini con lo scopo di trovare i fondi necessari per realizzare il suo progetto. La primitiva chiesetta, risalente al XII secolo, non subì sostanziali cambiamenti fino alla fine del XIX secolo in quanto la soppressione dei conventi decisa dal governo piemontese mandò a monte ogni progetto di ampliamento e pochissimi pellegrini continuavano ad arrivare a Materdomini. Dopo la santificazione di S. Gerardo, avvenuta l’11 dicembre del 1904, riprese con vigore l’afflusso dei pellegrini da molte regioni dell’Italia meridionale tanto che nel 1929 fu inaugurato l’ampliamento della chiesa, venne consacrata Basilica e dedicata alla Madonna e a S. Gerardo. Inoltre allo scopo di offrire alloggio e ristoro ai numerosi pellegrini, negli anni ’30 fu realizzata la “Casa del Pellegrino”, un ristorante albergo di notevoli proporzioni,
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che facilitava la pulitura delle botti, necessaria per la normale manutenzione. La loro costruzione rispecchia quella delle cantine francesi della zona dello champagne, con una prima parte in muratura, più piccola, ed una seconda parte nella roccia. Non vi è pavimento perché i vini spumanti, una volta imbottigliati, vengono interrati per la loro conservazione. Il forte legame che unisce le origini contadine della popolazione locale al sentimento religioso è sottolineato dalla presenza di numerose chiese, santuari e cappelle ovunque disseminate. Tra le altre nel comune di Calabritto meritano di essere menzionate: il Santuario della Madonna della Neve, collocato su un ampio terrazzo naturale, a circa 800 metri di altezza, da cui si domina la sottostante valle bagnata dal Sele. La Chiesa di Costantinopoli di origine bizantina che fu costruita dai monaci brasiliani che sfuggirono alle persecuzioni degli imperatori iconoclasti di Bisanzio, è stata riaperta al culto nel 1990. La Chiesa di San Pietro il cui elemento di rilievo è rappresentato dall’Altare Maggiore. Il Santuario della Madonna di Grienzi risalente al XVIII secolo che si trova a sei chilometri dal centro abitato e per raggiungerlo bisogna percorrere il sentiero alla destra del Fiume Zagarone. All’interno di una grotta naturale è stata ricavata la Chiesetta della Madonna del Fiume nella zona montuosa adiacente il Monte Cervialto. Al Santo Patrono di Teora è dedicata la Chiesa di S. Nicola di Mira. Ricostruita totalmente dopo il sisma del 1980, è stata progettata dall’arch. Giorgio Grassi, uno dei più grandi architetti viventi. All’interno sono stati sistemati l’Altare Maggiore in marmo policromo del ‘700, completamente recuperato dalla vecchia struttura, parte del coro ligneo del ‘700 ed un’acquasantiera del ‘600, cinque tele degli apostoli dell’800 napoletano e una tela del Ricciardi del ‘700 (gloria di S. Nicola); vi è anche un secondo Altare che apparteneva alla Chiesa della Cogrega dei Morti (completamente distrutta e non ancora ricostruita) di inizio ‘800. Della vecchia Chiesa di S. Nicola sonno ancora visibili la pavimentazione e le mura cinquecentesche che reggevano l’intera struttura, Nel comune di Caposele si trova la Chiesa di S. Maria della Sanità la cui attuale posizione non è quella originaria. Infatti con la prima costruzione, risalente
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anni precedenti al 1980, la cultura del recupero e della valorizzazione non era ancora matura. Ciò che oggi potrebbe essere recuperato e catalogato, attraverso l’allestimento di un museo all’aperto, per sfruttare al meglio quanto c’è di beni archeologici nell’area in esame è dato da una serie di ritrovamenti di oggettistica di ceramiche pre-romane, di un importante numero di portali in pietra locale (breccia irpina e favaccino). Merita un’attenzione particolare il borgo medievale della frazione Quaglietta, nel comune di Calabritto, dominata dall’alto dai ruderi del castello normanno, la cui torre quadrata , larga circa 6 metri, è simbolo dell’inespugnabilità della fortezza. Nonostante i gravi danni arrecati dai numerosi terremoti, al suo ingresso ancora oggi è possibile ammirare un portale in stile barocco che immette in un androne e da questi nella corte a pianta quadrata. A Caposele in località Oppido si possono vedere i ruderi di una fortezza della cui esistenza parlano già dei documenti dell’XI secolo. Ricostruito in età normanna ed aragonese, in questo maniero nel 1375 furono celebrate le nozze di Margherita díAragona. Fu poi abbandonato in seguito ai gravi danni subiti dal corpo di fabbrica centrale a causa del terremoto del 1694. Visibili attualmente sulla collina brevi tratti delle vecchie cortine murarie difensive ed una torre quadrangolare con un basamento piramidale in trachite. La ricostruzione post terremoto ha salvaguardato i palazzi signorili presenti nei tre comuni, tra quelli di maggiore interesse ricordiamo Palazzo Eca a Teora; Palazzo Papio a Calabritto risalente al ‘700; Palazzo Cozzarelli e Palazzo Masi a Caposele. Laddove è stato possibile, sono stati recuperati gli antichi impianti viari rappresentati da strette viuzze pavimentate con lastre rettangolari, di varie dimensioni di calcare locale. L’abbondanza di acqua ha permesso a Caposele di essere in passato un centro famoso per l’arte della gualci e della tintura delle stoffe, infatti, è proprio quì che veniva effettuato il trattamento finale di tutta la lana tessuta nei paesi vicini sia dell’Irpinia che del salernitano. A Caposele c’è ancora la “preta de la tenta”, una roccia su cui venivano stese ad asciugare le stoffe dopo la tintura, in attesa dell’ultimo lavaggio in gualchiera. I resti di una si esse sono riconoscibili presso il greto del Fiume Sele, alla confluenza con il torrente Tredogge. A testimonianza della capacità degli abitanti del posto di sfruttare abilmente per scopi che possiamo definire “industriali”, vi sono anche i ruderi di una serie di mulini ad acqua, presenti oltre che a Caposele anche nel comune di Teora, la cui valorizzazione sarebbe sicuramente di grande interesse. Un tempo il vino caposelese veniva custodito nelle cantine ricavate nella roccia della montagna che sovrasta le antiche sorgenti del Sele. Esse hanno una tradizione antica, risalgono ai tempi dell’occupazione francese. La loro posizione non è casuale, infatti, furono costruite in quel luogo poiché dalle fessure della montagna affluivano correnti fredde e per la presente di una sorgente d’acqua
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viale del fiume Sele-Tanagro. L’abitato è attraversato dal Fiume Sele che ha origini dalle sorgenti carsiche dette appunto di Caposele, situate alle estreme propaggini del Monte Cervialto e del Monte Calvello (1.574 metri). Dette sorgenti meritano una precisazione. Hanno una portata di 4.000/5.000 litri al secondo, alimentano l’acquedotto più lungo del mondo, noto come “ Acquedotto Pugliese”, un’opera idraulica ciclopica, di inizio ‘900, profondamente legata alla vita, ai problemi ed alla crescita del paese. Nel comune di Teora, i rilievi Picentini, impervi e boscosi, che delimitano l’orizzonte, cedono il posto alle colline di natura marnosa, arenacea e argillosa. Le montagne dell’Appennino meridionale, formate da calcari cretacei e da dolomie triasiche, solcate da profondi corsi d’acqua alimentati dalla natura carsica, costituiscono per la zona un’importante riserva idrica: il paese infatti è ricco di sorgenti d’acqua rurali e fonti urbane cui ancora oggi attingono gli abitanti del posto. Le cime più elevate del territorio di Teora sono il Monte Serra e il Monte Cresta del Gallo con un’altitudine di oltre 800 metri, osservatorio naturale sulle splendidi valli del Fiume Ofanto a destra e del Fiume Sele a sinistra. Il patrimonio boschivo di Teora si estende per circa 90 ettari. La flora e la fauna dell’intero territorio è quella tipica dell’Appennino Meridionale. La diversità di altitudine presente sul territorio si riflette sulle varietà di vegetazione. Le colline sono ricoperte da una rigogliosa macchia mediterranea con un’ importante presenza di leccio e rovella unitamente ad una boscaglia nella quale spiccano specie come l’orniello, il carpino, il nocciolo, il biancospino e il mirto. Fra i 600 e i 1.300 metri sono presenti boschi di castagno ed il sottobosco presenta un rigoglioso sviluppo della felce aquilina ed in minor misura della felce maschio. Fino ai 1.800 metri troviamo il faggio, le conifere ed altri tipi di essenze quali l’Albies alba. Per quanto riguarda la fauna presente, è possibile incontrare il lupo irpino e abruzzese, il cinghiale, lepri, mentre fra i volatili è possibile avvistare falchi, corvi, cornacchie nere, fagiani, picchi, gazze, gufi. Una caratteristica peculiare legata all’abbondanza di acqua in tutta l’area è data dalla presenza, in alcuni tratti del Fiume Sele, di una specie autoctona di trota chiamata “fario” e della lontra. La visibilità delle risorse naturalistiche dei tre comuni in esame risulta in alcune zone al massimo regionale, mentre in altre soltanto locale. Molto andrebbe fatto per aumentare la fruibilità dell’intera area, ed in particolare, dei percorsi naturalistici. Risorse culturali e monumentali L’intero territorio dei comuni in esame ha subito gravi danni dovuti al sisma del 1980, pertanto, l’intero assetto urbanistico dei centri abitati e delle costruzioni rurali attuali sono il risultato della ricostruzione post terremoto. Risulta improprio parlare di siti archeologici in quanto, nei tre comuni, l’esistenza di reperti di epoche e provenienze diverse, non solo sono andati perduti a causa del sisma del 1980, ma anche negli
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Laa Montagna ontagna in in festa festa: Naturalmente aturalmente ... Alta lta Irpinia rpinia
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Laa Montagna ontagna in in festa festa: Naturalmente aturalmente ... Alta lta Irpinia rpinia
nuclei industriali presenti nella zona
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A Teora è presente un’area PIP (a ridosso zona industriale di Morra) dove è già insediata una falegnameria, un impianto di compostaggio concime organico. Sono disponibili altri 3-4 lotti. L’area PIP di Calabritto esiste ma non è stata utilizzata, in quanto, l’Autorità di Bacino del Fiume Sele ritiene che è localizzata in una zona rossa, ossia a rischio frana. Nella frazione Quaglietta di Calabritto sono presenti diverse industrie: un mobilifi-
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porte per chiedere dolci e caramelle. Inoltre è distribuito il pane di Sant’Antonio, preparato dai fedeli, per le strade del paese ai bambini e ai malati. Per la festa di San Giuseppe (19 marzo) è tradizione preparare falò, nei rioni del paese, vengono accese cataste di rami di ulivo e di viti in onore del Santo protettore. I ragazzi fanno a gara a chi realizza il falò più grande. La serata è animata con musica, balli e fuochi. In occasione della Sagra della castagna, ad ottobre, solitamente dal 20 al 31, vengono esposte le castagne più pregiate e serviti assaggi, di castagne alla brace e di dolci a base di castagne. Altra consuetudine è la Via Crucis vivente, con costumi d’epoca e musica. Durante l’estate, soprattutto ad agosto si organizzano i Balli tradizionali in piazza Matteotti e si allestiscono stand per degustare la cucina tipica. A Teora nel mese di gennaio si svolge la quaqualacchiu, una mascherata carnevalesca. Le feste religiose: San Vito il 27 giugno, Sant’Emidio il 23 luglio, San Gerardo
L’artigianato locale si è da sempre mantenuto entro i limiti della produzione locale, ecco perché oggi l’arte degli antichi bottegai sta scomparendo. I prodotti enogastronomici tipici e di qualità dell’ambito di riferimento In particolare, a Caposele abbondano le ciliegie che si possono degustare a cominciare da maggio, nella zona collinare e a luglio, in quella montana. Le varietà sono diverse: “maiodd”, “maiatch”, “calavrttan” e le “napoleon”. Caposele è anche conosciuto per l’abbondanza di fichi, oltre che consumati freschi vengono anche essiccati e conservati per l’inverno. Le varietà più diffuse sono: i fichi “ culumbri” e li “ culumbri r li prieuti”, “li uri”, “r fich long”, usati soprattutto per l’essiccazione ed infine “ le mund freda”. Un altro prodotto molto rinomato ed esportato, anche, in campo nazionale è la castagna. Per il gradevole sapore, per le proprietà nutritive, per il colore marrone scuro brillante e poi e per la loro gradevolezza, sono richieste dalle industrie dolciarie, al pari delle castagne di Montella e di Serino. Abbondanti sono anche le nocciole, presenti in varietà diverse lunghe, tonde e rosse, utilizzate per la preparazione dei dolci tipici (amaretti, mustacciuli e freselline) e molte sono le industrie campane dolciarie che acquistano questi prodotti. Nel Bosco Difesa, che circonda, Caposele possiamo trovare gli asparagi, l’origano di montagna, le fragoline, utilizzate per la preparazione di sorbetti, creme, dolci e liquori; i funghi di vario tipo: porcini, chiodini, ovuli, prataioli, mazze di tamburo, lingua di cane, “carduncelle “, lamponi e ogni altro tipo di piante officinali. Il prodotto per eccellenza è l’olio caposelese, per caratteristiche chimiche ed organolettiche, che viene prodotto nei frantoi ancora attivi della zona. La particolarità di quest’olio ha permesso di arrivare per ben due anni consecutivi primi a livello regionale, nel concorso “Olio d’oliva Irpino”. Uno dei frantoi, per puntare sulla qualità della produzione olearia regionale, ha aderito all’azione promossa dal SeSIRCA, avente come obiettivo 1’orientamento degli operatori verso 1’innovazione tecnologica. Tra le prelibatezze locali annoveriamo la pasta a mano, fatta ancora, in casa (matasse, fusilli, tirate, cavatelli, gnocchi e tagliatelle) e i Prodotti da forno (pane,
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e l’Assunta il 14 e 15 agosto, San Nicola il 5 settembre, San Rocco la II domenica di ottobre. Risorse Umane Da quanto si rileva nelle sottostanti tabelle, i flussi demografici dei comuni in questione rispecchiano l’andamento generale all’intero territorio irpino: diminuzione delle nascite, progressivo aumento dei residenti all’estero, invecchiamento della popolazione e lento ma continuo spopolamento. Non abbiamo dati ufficiali sulla scolarizzazione, ma la maggior parte dei giovani, a causa della mancanza di lavoro, frequenta l’università, pertanto, si può sicuramente affermare che nelle aree interne dell’Irpinia il livello di scolarizzazione è elevato. Sistemi locali di sviluppo Aree PIP e
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Internazionale di musica religiosa che va in onda via satellite, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Quest’anno un appuntamento, di carattere culturale e religioso internazionale, l’anno Gerardino, si svolgerà dal 16 ottobre 2004 al 16 ottobre 2005, in Materdomini presso il Santuario la V Biennale dell’arte Sacra. Il Santuario con questa rassegna biennale, coniuga la devozione per il santo con il mondo artistico internazionale. Un altro evento religioso che si svolge il 25 aprile è la Giornata dell’ammalato. Altra celebrazione viene dedicata, nel mese di maggio, alla Giornata delle mamme e dei bambini. Altro appuntamento è la tradizionale festa in onore di Santa Lucia, prevista per il 13 maggio. Il 13 giugno con la Festa di S. Antonio si accendono numerosi falò, uno per ogni quartiere, utilizzando i fasci di ginestre che i ragazzi del quartiere hanno provveduto a raccogliere nei giorni precedenti la festività. La serata è animata da uno spettacolo e dalla degustazione di particolari piatti tipici. A Calabritto è usanza “la scampanellata”, che in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, la gente scende in strada suonando campane e bussando alle
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attiguo al Collegio e gestito dalla Comunità Redentorista. La Chiesa rimase invariata fino al 1955, anno in cui venne abbellita dalla costruzione del nuovo campanile di facciata, più alto del precedente. Ma l’ultimo intervento decisivo lo abbiamo negli anni ’60, quando, dato il continuo afflusso di “pellegrini”, cominciava a concretizzarsi l’idea di realizzare una chiesa più ampia con annesso parcheggio. L’incarico venne affidato all’architetto Rubino, i lavori iniziano nel 1968 e la nuova chiesa, molto più grande della precedente e dall’architettura moderna e lineare, venne aperta al pubblico nel 1974. Attraverso la Basilica del Santo si entra nel Museo Gerardino che si sviluppa in tutto il primo piano dell’antico convento ricostruito dopo il terremoto dell’80. Il cuore del museo è la stanza dove morì San Gerardo anch’essa ricostruita sulla scorta di precise indicazioni storiche che ne delimitavano gli spazi e gli elementi essenziali di arredamento. Attorno alla cella, i pochi Ricordi del Santo.In una sala apposita sono esposte una serie di tele dell’artista Sorrentino che ripropongono le tappe significative della vita del Fratello redentorista. Nel Santuario è compresa una Biblioteca il cui patrimonio bibliografico, costituitosi a partire dal VII secolo, è formato da oltre 15.000 volumi di stampa ed una sezione periodica ricca di numerose testate in corso, inoltre, la Biblioteca possiede cinquecentine ed una raccolta di volumi manoscritti di grande valore storico ma in attesa di catalogazione. Attualmente non è possibile fruire della biblioteca. Essendo i Padri Redentoristi dei missionari, il culto di S. Gerardo è ben conosciuto in tutto il mondo ed a conferma di questo, l’attuale complesso del Santuario è dotato anche di una tipografia che permette di inviare, in tutti i continenti, oltre 5 mila copie, delle 100 mila stampate ogni anno, della Rivista di San Gerardo. Le numerose manifestazioni organizzate durante tutto l’arco dell’anno, in collaborazione con la Proloco ed amministrazioni locali testimoniano il forte legame degli abitanti di Caposele, Calabritto e Teora con le tradizioni popolari e religiose. A Caposele l’estate di Materdomini inizia nel mese di luglio, presso il Santuario di San Gerardo, dove si svolgono gare sportive, gastronomiche con degustazione dei prodotti tipici locali, concorsi fotografici, di pittura e musica. Subito dopo, verso, il 9 agosto la sagra dei fusilli e il 10 agosto la festa patronale di San Lorenzo. L’8 settembre la festa della Madonna di Materdomini e la Festa di San Gerardo che si svolge sia a settembre e sia il 16 ottobre. Durante la Fiera di San Gerardo, organizzata per il 16 ottobre, vengono benedette le sementi e gli attrezzi agricoli, un rito propiziatorio per augurare un buon raccolto. Il Ferragosto Caposelese si arricchisce di diverse manifestazioni: come la Corsa dei tre campanili che si svolge il 15 agosto, è una corsa che parte da Caposele arriva a fino a Materdomini; la Festa al bosco Difesa 16 agosto, dove si organizzano balli. Di rilevanza internazionale è la Rassegna
cio, un’azienda per lo smaltimento dei rifiuti elettronici e un’altra per la lavorazione dei pezzi metallici. Attività produttive e artigianali dell’area I tre Comuni in esame sono ancora legati ad un’economia di tipo agricola. Seminativo, la coltivazione di olio e vite, gli alberi da frutto, le coltivazioni di ortaggi e castagneti rappresentano le attività produttive principali. L’agricoltura è di tipo estensivo e a conduzione familiare, privilegia le colture cerealicole: si produce, infatti, in abbondanza grano, ma anche orzo e avena. Accanto all’agricoltura è presente l’allevamento di bovini e ovini. Le attività artigianali principalmente svolte nell’area sono: lavorazione del legno, la lavorazione della pietra, la lavorazione del ferro battuto, il ricamo (uncinetto), la manifattura di cesti di vimini, delle botti e dei tini e la pasta fresca.
La chiesetta caratteristica di San Vito
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Laa Montagna ontagna in in festa festa: Naturalmente aturalmente ... Alta lta Irpinia rpinia
gici con quello proposto
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ANALISI S.W.O.T. Al termine della raccolta dei dati e dell’analisi territoriale, è stata effettuata l’analisi SWOT per individuare i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità e i rischi del territorio di riferimento, al fine di definire proposte progettuali coerenti con lo sviluppo dell’area in esame. Con l’analisi SWOT sarà possibile porre le basi per una pianificazione strategica ed operativa finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo locale attraverso l’ internazionalizzazione. Le risorse sono state viste come punti di forza. I punti di debolezza o criticità sono stati individuati nei fenomeni di impatto negativo sulle dinamiche di sviluppo dell’area. E’ stato inoltre effettuato un ulteriore sforzo di analisi delle risorse dell’area verificandone il grado di “fruibilità” e di “visibilità” agli occhi di un potenziale turista. La fruibilità si riferisce alla capacità di offrire strutture e servizi, risorse territoriali in buono stato di conservazione e d’immagine “sana”. Il grado di visibilità si identifica con la conoscenza che all’esterno del confine comunale o provinciale si abbia delle risorse esistenti “offerta” del territorio. L’analisi SWOT è stata condotta rispetto all’intera area di riferimento con specifica del grado di fruibilità e visibilità e proposta di azioni concrete per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo.
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Reti e nodi dei servizio Negli ultimi anni la viabilità ha subito un salto di qualità, a seguito del terremoto del 1980 ci sono stati interventi dello Stato al fine di rendere più agevole la viabilità, necessaria non solo, ai centri abitati, ma anche alle industrie che si insediavano. Il territorio è attraversato da una rete stradale: l’Ofantina bis, che ha ridotto i tempi di percorrenza e la Fondovalle Sele che collegano le autostrade Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria. La viabilità esterna risulta essere buona, mentre quella interna, in alcuni punti è ancora inadeguata, anche per la conformità del territorio e per le strade strette e tortuose. Il trasporto su ferro è limitato alla sola linea FF.SS. Avellino-Rocchetta S Antonio. La stazione ferroviaria più vicina è quella di Contursi, sulla linea Salerno-Contursi. Internazionalizzazione dell’area Relativamente al grado di internazionalizzazione dell’area si può affermare che ad oggi i fattori che la rendono nota al di là del confine nazionale sono: - presenza di numerosi “residenti all’estero” di origine locale, conseguenza dei flussi migratori che hanno interessato l’area in passato e a tutt’oggi; - presenza del Santuario di Materdomini gestito dai Padri Redentoristi che hanno missioni in tutto il mondo; - presenza di missioni dei Padri redentoristi in tutto il mondo; - Festival Internazionale della Musica Religiosa. Aumentare il grado di internazionalizzazione dell’area rispetto al macroambito progettuale individuato vuol dire attrarre segmenti di turisti dall’estero, ossia ampliare il mercato potenziale di riferimento e entrare in competizione con altri territori che del turismo abbiano fatto la propria risorsa strategica di sviluppo. Tali competitors non sono di certo le grandi città o i “grandi attrattori culturali” ma sono i territori a prevalente vocazione rurale e montane (Irlanda, Spagna, Francia). Obiettivo del progetto è dunque avviare azioni in grado di aumentare la visibilità del territorio di riferimento a livello internazionale, enfatizzando i fattori che oggi rendono noto il territorio al di là del confine
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prefabbricati i quali vengono dati in affitto a quanti ne fanno richiesta. La possibilità di gustare la cucina locale viene offerta dai ristoranti e agriturismi sotto elencati. La qualità dei prodotti utilizzati è sicuramente elevata perché legata ai prodotti tipici dell’area, ma l’attenzione al cliente e la cura dei locali è ancora lasciata all’improvvisazione di operatori non adeguatamente preparati ad una cultura dell’accoglienza e ad una sana concorrenza. Le stime del flusso turistico dell’area in questione e legata ai pellegrini che si recano al Santuario di San Gerardo. Pertanto non si dispongono di dati qualitativi ma solo di dati quantitativi che, per come sono formulati, poco si prestano per fare delle previsioni. E’ stato stimato dall’Ente Provinciale per il Turismo di Avellino che a visitare il Santuario arrivano ogni anno 1.110.000 persone. Tale valore, stante la difficoltà di valutare il fenomeno turistico di Materdomini, si ritiene sia sottostimato. Si è pertanto ritenuto di fornire delle ulteriori indicazioni di stima con dati desunti dai consumi idrici, dai dati della Camera di Commercio e indici ISTAT e da censimento A.N.A.S. in base ai quali a Caposele arrivano oltre 2.000.000 di turisti all’anno. Le strutture sanitarie presenti sono date dalle Guardie mediche in ogni comune e dalla vicinanza con l’ospedale di S. Angelo dei Lombardi. Gli attuali sportelli bancari sono sufficienti a soddisfare le attuali esigenze del territorio, ma in vista di un
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bruschette, taralli, pizza casereccia, amaretti alla nocciola, taralli con finocchietti di olive, pane di semola di grano duro, pane biscottato, pizze. Il flusso turistico dell’area al momento è sostanzialmente legato al pellegrinaggio religioso presso il Santuario di S. Gerardo a Materdomini. Di minore rilevanza, per esiguità di presenze è quello naturalistico. Le potenzialità di sviluppo, in base all’analisi delle risorse fatta in precedenza, sono elevate: l’attivazione di una serie di azioni mirate ad aumentare visibilità e fruibilità insieme al potenziamento delle strutture ricettive porterebbero a Caposele, Teora e Calabritto un aumento importante di presenze non solo “mordi e fuggi”. La ricettività dell’area viene ad oggi soddisfatta dalle strutture elencate nella seguente tabella per un massimo di poco più di 200 posti letto. Non esistono strutture ricettive alternative in grado di soddisfare un afflusso di turisti che voglia trattenersi per più di un giorno. Tuttavia, la possibilità di aumentare il numero e la qualità dei posti letti esiste e potrebbe anche essere un’azione di breve periodo. Nei tre comuni la ricostruzione edilizia post terremoto ha reso disponibili un numero elevato di costruzioni antisismiche inutilizzate dai proprietari che potrebbero servire come strutture alternative. Utili allo scopo potrebbero essere anche i prefabbricati in legno utilizzati durante il periodo del terremoto per i senza tetto. Il comune di Caposele ha già risistemato tre di tali
Tra i progetti di sviluppo dell’area i progetti sinergici con la proposta strategica presentata risultano quelli presentati di seguito. -PIT Terminio Cervialto o PIT Filiera Enogastronomia o PIT Valle dell’Ofanto o PIT Sele Tanagro -PATTOTERRITORIALE della Provincia di Avellino - PATTO TERRITORIALE AGRICOLO TERMINIO CERVIALTO o Contratto d’Area della Provincia di Avellino - PROGETTI LEADER I e II proposti dal GAL Alt’Irpinia e dal GAL Terminio Cervialto
nazionale preservando e valorizzando le risorse tipiche e proprie della tradizione locale attirando consumatori sempre più attenti alle tipicità locali in controtendenza con il crescente fenomeno della globalizzazione.
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sostanziale aumento di afflusso turistico e di una permanenza maggiore in termini di giorni e presumibile che si renda necessario una migliore e più varia qualità dei servizi offerti. Progetti di sviluppo dell’area siner-
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tizzare i punti di forza e ridurre le criticità che ostacolano lo sviluppo turistico. Di seguito si riporta un prospetto riepilogativo delle azioni da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi prefissati.
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Rispetto alle risorse di maggior valore esistenti è stato approfondito il grado di “fruibilità” (stato di conservazione e possibilità di fruizione da parte di eventuali turisti) e di “visibilità” (conoscenza) delle stesse riportato nel prospetto che segue.
Corso Garibaldi
La Regione Campania, in coerenza con quanto indicato nel QSC 2000-2006, assume come obiettivi specifici prioritari quelli di: -Accrescere l’articolazione, l’efficienza e la compatibilità ambientale delle imprese turistiche (attraverso la promozione dell’innovazione di prodotto, di processo ed organizzativa); accrescere l’integrazione produttiva del sistema del turismo in un’ottica di filiera; favorire la crescita di nuove realtà produttive locali intorno alla valorizzazione innovativa di risorse e prodotti turistici tradizionali ed al recupero di identità e culture locali; nonchè la diversificazione e la destagionalizzazione di prodotti turistici maturi in aree già sviluppate. -Accrescere e qualificare le presenze turistiche nel Mezzogiorno (attraverso azioni di marketing dei sistemi turistici, rafforzando gli strumenti di pianificazione territoriale, in un’ottica di sostenibilità ambientale e diversificazione produttiva). Le misure che appartengono all’asse prioritario di riferimento IV- Sviluppo Locale coerenti con l’idea progetto che segue sono: “Sostegno allo sviluppo ad alla riqualificazione dei sistemi turistici locali e alla realizzazione di itinerari turistici”; Azioni di interesse della Comunità Montana:
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armonicamente con la precedente programmazione, incentrata sulla valorizzazione dell’agricoltura delle “aree forti” e sul contestuale recupero delle aree interne. Operando da un lato sul miglioramento dei livelli di competitività delle aziende agricole e delle imprese agroindustriali; e dall’altro sulla più razionale utilizzazione delle risorse naturali produttive ed umane presenti nell’aree in ritardo. In tali aree si punta a realizzare un intervento “forte” basato su un insieme di azioni che valorizzano le risorse locali. Inoltre la promozione e valorizzazione, già peraltro in atto, di risorse naturalistiche, ambientali e culturali notevoli devono coniugarsi con un processo di generale miglioramento qualitativo delle strutture di offerta nell’ambito turistico e della ricettività. La strategia di intervento è quella dello sviluppo dei sistemi turistici, intesi quali distretti, filiere, itinerari, sistema degli approdi e dei porti turistici, mediante marketing turistico e sostegno degli investimenti. L’azione si articola in attività di promozione turistica per la realizzazione di circuiti integrati, mediante politiche di marketing di tipo pull (che attirino il consumatore turista verso il prodotto o le località) e politiche di marketing di tipo push (che spingono il prodotto o la località turistica verso il consumatore - turista.
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IDEA PROGETTO Dall’analisi S.W.O.T. è emersa una scarsa promozione del turismo e un’inadeguata offerta turistica. Le risorse naturali presenti non sono adeguatamente promosse e non c’è una cultura di accoglienza. L’area è ricca di acqua, boschi e ambiente incontaminato, quindi, è necessaria un’azione di promozione e organizzare una serie di iniziative culturali per attrarre il turista e prolungare la sua permanenza. Inoltre, potrebbe essere utile ai fini di valorizzare le risorse naturali e i prodotti tipici programmare incontri di studio o di formazione per cercare di incentivare i privati e le istituzioni ad associarsi e creare un “marchio di qualità”, per essere più competitivi.
Al fine di fornire alcuni spunti un panorama sintetico delle opportunità di cofinanziamento disponili a livello regionale per l’incentivazione della promozione del territorio, la valorizzazione turistica e l’internazionalizzazione si riportano di seguito, in estrema sintesi, gli ambiti d’incentivazione di alcune misure del POR Campania 2000-2006 e la Legge Regionale 24/84. Il POR Campania traccia le linee guide della programmazione dei fondi strutturali per il 2000-2006 e si pone degli obiettivi ben specifici nei vari settori, con l’intento di dar corpo alle aspettative e ai bisogni, raccogliendo le idee migliori. In riferimento del settore turistico si può affermare che la Campania, in termini numerici è la prima regione turistica del Mezzogiorno, ed è caratterizzata dalla presenza di alcuni poli assai forti (le isole, la costiera Amalfitana, i luoghi archeologici); tali poli reggono il mercato mentre il resto dell’offerta regionale è imperniata su prodotti tradizionali destinati ad un mercato di prossimità (es. i molteplici segmenti del balneare) ed al mercato internazionale (es. turismo balneare), che incontrano difficoltà perché ormai in una fase di maturità del loro ciclo di sviluppo. Il quadro imprenditoriale del settore turistico è ancora carente, anche la modesta dimensione delle imprese, sia nelle aree mature che in quelle marginali. Vi è la necessità di decongestionare le aree minacciate da un’eccessiva pressione turistica, attraverso il riequilibrio dell’offerta e la promozione di una domanda compatibile. Dopo un’attenta analisi di partenza il POR nell’ASSE IV - SVILUPPO LOCALE individua una strategia, che si collega
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INTEGRAZIONE CON LA PROGRAMMAZIONE REGIONALE
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Dall’analisi si evidenziano due tipi di Turismo attivabili nell’area: - Turismo Naturalistico; - Turismo Religioso. Il gruppo di lavoro ha pertanto condiviso una serie di azioni finalizzate alla valorizzazione turistica dell’area e mirate ad enfa-
Un tratto di uno degli affluenti del Fiume Sele nella zona di Tredogge
Lo schema dell'itinerario turistico per raggiungere Caposele dalle due autostrade del sud
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AR La nuova Basilica
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La frazione Materdomini in una vista aerea
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d)Realizzazione di azioni sperimentali attraverso progetti di e-commerce e)Previsione di campagne promozionali nazionali ed estere funzionali alla diffusione dei Web sites realizzati. 3)Realizzazione di progetti di internazionalizzazione dell’economia Regionale. -”progetti-missione di penetrazione in regioni-obiettivo del mercato internazionale”, volti ad assicurare, a breve-medio termine, l’ingresso od il rafforzamento della presenza di imprese regionali nelle regioni economiche individuate dal programma. -”progetti-missione di interna-zionalizzazione di settori, filiere e distretti”: volti ad assicurare, a breve medio-termine, il rafforzamento e la presenza della realtà regionale nell’ambito dei mercati mondiali. La misura è inoltre integrata con le iniziative attivate sulla base del Piano di Promozione Turistico Regionale:legge regionale 24/84 a) Campagne promozionali e pubblicitarie, attraverso strumenti di ampia diffusione, funzionali a strategie di intervento sul mercato turistico italiano ed estero; b) Mostre, fiere e workshops in Italia ed all’estero c) Iniziative promozionali sul territorio, finalizzate alla valorizzazione delle tipicità locali, con riferimento alla valorizzazione delle tradizioni anche enogastronomiche, dei beni artistici ed ambientali, delle rassegne teatrali, musicali, cinematografiche e folkloristiche; e) Interventi a sostegno progetti, proposte ed iniziative predisposte od organizzate da consorzi ed associazioni di operatori turistici, dirette al rilancio dell’offerta ed alla sollecitazione della domanda interna ed esterna.
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“Commercializzazione di prodotti di qualità “ : 1) ricerche di mercato, ideazione e progettazione del prodotto per la definizione di nuove denominazioni; 2)azioni di diffusione delle informazioni sulle caratteristiche alimentari e salutari dei prodotti con marchio collettivo. 3)promozione dell’adesione ai sistemi di controllo e certificazione relativi alle denominazioni di origine protetta, di indicazione geografica protetta ed alle attestazioni di specificità; Il progetto in questione trova uno stretto collegamento anche con l’asse VI - Reti e Nodi di Servizio, in quanto uno dei primi elementi chiave della strategia dell’Asse è la necessità di integrazione tra dotazione infrastrutturale e crescita del territorio, in modo che le scelte d’investimento nel comparto delle infrastrutture risultino coordinate con le azioni finalizzate al suo sviluppo. La strategia dell’asse si completa con un adeguato sostegno al processo di internazionalizzazione dell’economia regionale mediante il miglioramento della competitività, la promozione sui mercati internazionali dell’immagine della regione come polo attrattivo di investimenti esogeni ed il miglioramento della capacità della P.A. nella promozione dei collegamenti, anche mediante l’utilizzo dell’information & comunication technology. “Sviluppo della società dell’informazione” : b) Impiego dell’information & comunication technology presso il sistema produttivo regionale; c) Realizzare iniziative ed azioni sperimentali, in particolare promuovendo la collaborazione tra sistema produttivo e la P.A.; promuovere il sistema delle conoscenze nel settore. “Sviluppo dell’internazionalizzazione e della cooperazione internazionale” : 2) Diffusione dell’I&CT, al fine di migliorare l’efficienza e la competitività del sistema produttivo campano e di rendere fruibili le opportunità di interna-zionalizzazione rese disponibili dalla tecnologia della società dell’informazione:
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a) Regime di aiuto a sostegno delle PMI(settore turistico) della Regione Campania per la realizzazione di investimenti materiali ed immateriali per il riutilizzo/ riconversione di strutture/edifici esistenti, ampliamento, ammodernamento, riconversione, riattivazione, trasferimento. b)Regime di aiuto a sostegno delle PMI della Regione Campania per l’acquisizione di servizi reali (innovazione, qualità, promozione, politiche di marchi, realizzazione di reti per la promozione e commer-cializzazione del prodotto turistico) . “Infrastrutture e strutture complementari allo sviluppo dei sistemi turistici locali e degli itinerari turistici”: a)Riqualificazione e valorizzazione dei luoghi del turismo, realizzazione di attrezzature collettive per l’accoglienza del turista, per la fruizione dei luoghi e dei contesti territoriali e per l’erogazione dei servizi turistici - “Promozione e marketing turistico” Azioni: a)Marketing strategico e promozione della distribuzione dei prodotti turistici regionali b)Realizzazione di campagne promozionali per l’inserimento del prodotto turistico regionale nei circuiti internazionali della domanda c)Connessione del sistema di offerta regionale ai grandi sistemi di prenotazione e distribuzione info-telematici. - 4.11 “Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale” : a) investimenti materiali per potenziare i servizi di trasporto nelle aree rurali; - 4.14 “Incentivazione di attività turistiche ed artigianali” : a) realizzazione di investimenti materiali per: a.1 il potenziamento del turismo rurale; a.2 potenziamento dell’artigianato; a.3 la realizzazione di itinerari per la valorizzazione di siti ecologici, di risorse storiche, paesaggistiche, agrituristiche e dei prodotti tipici locali. b) realizzazione di investimenti immateriali per la realizzazione di iniziative di animazione culturale volte al recupero delle tradizioni e del folklore locale.
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Laa Montagna ontagna in in festa festa: Naturalmente aturalmente ... Alta lta Irpinia rpinia
Corso Europa
La Montagna in festa: Naturalmente ... Alta Irpinia elaborato da: Ing. Gerardo Luongo Geom. DonatoNisivoccia Comune di Caposele Geom. AntonioRestaino Comune di Teora
Politica IL PERCHE' DI UNA SCONFITTA di Donato Gervasio
ELEZIONI 2004: Non ci sono vincitori
dei candidati, per la lista capeggiata da Agostino Montanari. Anche i voti di lista, i cosiddetti “colpi in testa”, che dovrebbero essere calcolati come voto al candidato sindaco, sono stati maggiori per la lista dell’Arcobaleno: 203 a 151. Ma questo fattore è di comunque minima importanza. La sinistra, a Caposele, di solito trionfa nelle sezioni 1 e 2. Quest’anno nemmeno lì le cose hanno funzionato: Uniti per Caposele ha sì vinto, ma con un distacco minimo. Il totale dei voti ottenuti nelle sezioni 1 e 2 dalla lista guidata da Montanari è stato di 916; 827 per la lista di Melillo. Soli 89 voti di differenza. Davvero pochissimi. "Uniti per Caposele" ha però accorciato nella sezione numero 4, quella di Buoninventre, storicamente nelle mani della destra caposelese: lì il divario è stato di soli 38 voti. Ma la vittoria dell’"Arcobaleno" l’ha dettata la sezione di Materdomini, la numero tre: 477 voti contro 315, per un distacco di 162
di Valeria Testa
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n questi ultimi mesi non si è parlato di altro che di politica, di elezioni, di ideologie differenti. Di una cosa sola però non si è parlato: della tolleranza, che chissà perché, a ridosso delle elezioni, è sempre scarsa nel nostro Paese. Ho vissuto queste elezioni con molta amarezza e, all’inizio, mi ero illusa che almeno quest’anno la campagna elettorale da entrambe le parti sarebbe stata meno feroce e offensiva di cinque anni fa; non è stato così, anzi peggio, soprattutto nei rapporti sociali: litigi tra le famiglie e tra i cittadini; si respirava un’aria davvero pesante in quei giorni. Mi è rimasta impressa questa frase sentita in un comizio: “Voglio che i giovani s’innamorino della politica”. Alla luce di quanto ho osservato cistate riuscendo benissimo.... Se fare politica significa creare un tale astio tra i cittadini da non permetterne i rapporti sociali, avete raggiunto il vostro scopo. Io non sono altro che una ragazza di 17 anni e non voglio ora come ora parlare di POLITICA, ma di qualcosa che va oltre, ed è il presupposto di tutto: il rispetto. Quello che viene meno quando delle persone, molto egoisticamente, cercano di fare i propri interessi, non accorgendosi di danneggiare altre. Le “ vittime” di queste elezioni siamo noi, i giovani, sempre così fragili, immaturi e inesperti, ma allo stesso tempo uomini politici del domani, che dovranno essere capaci di fronteggiare gli eventi. Ma allora dove imparare l’arte della politica e da chi? A questa domanda non ho ancora dato una risposta, e non penso di darla. Perché? E’ logico: dopo l’ultima campagna elettorale si comprende che mancano i presupposti; proprio non riusciamo a comportarci in modo disinteressato, non siamo capaci di portare avanti le nostre idee senza secondi fini. La verità è che in ogni elezione non ci sono vincitori, ma soltanto vinti, è vero, perché alla fine chi vince è schiavo dei propri egoismi, dell’essere sempre di più di qualcun altro, delle personali e stupide ambizioni. Tutto ciò fa parte della politica (dirà qualcuno). Invece no! Il problema è che noi attribuiamo il senso errato. Peccato che tutto ciò rimarrà una semplice illusione utopica, la realtà è ben altro!. Spero che questo mio breve articolo venga pubblicato. Da notare: il testo qui sopra riportato non è propaganda politica, ma solo lamentele di qualcuno che si pone in maniera critica e vuole essere solo una “banale” voce fuori dai monotoni cori. Vorrei concludere con la definizione di “ politica” data da Platone (427-347 a.c): Politica= scienza che ci porta progressivamente al modello ideale di stato. Essa è confronto!
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Il gap tra le due liste è stato sicuramente sorprendente. Esso basta per capire quanto siano state bizzarre le scorse elezioni amministrative caposelesi. Su 2715 voti validi, (il totale dei voti è stato di 2783) 1413 sono andati alla lista dell’Arcobaleno e 1302 a quella di Uniti per Caposele. 111 voti di differenza che hanno fatto della vittoria della lista di Giuseppe Melillo un vero trionfo. Ma perché il distacco è stato tanto ampio? Basta guardare i voti di preferenza di ogni singolo candidato delle due liste, per capirlo: i “big” della politica locale, annoverati tutti nella lista di Uniti per Caposele, che avrebbero dovuto ottenere almeno, mediamente, 80 preferenze ognuno, ne hanno ottenute chi 40, chi 60. Le nuove leve dell’Arcobaleno, invece, ne hanno ottenute 70, 80, proprio quante ne sarebbero dovute spettare ai cosiddetti big. E il divario è stato siderale. L’errore, allora, è stato fatto nella scelta
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Lo schema dei risultati elettorali
Il manifesto, affisso sui muri di Caposele qualche giorno prima delle Elezioni Amministrative, esortava i candidati e chi doveva affrontare la campagna elettorale a mettere in campo un atteggiamento civile e non rissoso. Pare che l'invito, a meno di qualche scaramuccia finale, sia stato accolto dagli esponenti delle liste.
La squadra della lista di "UNITI PER CAPOSELE" - capolista Prof. Agostino Montanari
La squadra della lista dell'"ARCOBALENO" - capolista Dott. Giuseppe Melillo
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di Luciana Russomanno
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ai 5000 euro. Le domande di richiesta del Reddito di cittadinanza vanno presentate presso gli appositi sportelli che i Comuni istituiranno, o hanno già istituito, per garantire ai cittadini aventi diritto tutto il necessario supporto informativo e logistico necessario. I relativi Comuni dovranno poi provvedere all’istruttoria e alla valutazione delle richieste, all’individuazione delle domande ammissibili al beneficio, nonché al controllo ed alla verifica di quanto richiesto dai richiedenti e trasmetterà gli esiti al Comune capofila d’ambito che redigerà la graduatoria generale dei beneficiari. Dopo novanta giorni dal termine di presentazione delle domande sarà formata la graduatoria e agli idonei sarà riconosciuto il beneficio corrispondente alla prima mensilità del reddito di cittadinanza. A ciascun nucleo familiare che risulterà idoneo verrà assegnato il beneficio del reddito e delle misure collegate, per una durata massima di 12 mesi, esclusa un’eventuale decadenza per il venir meno dei requisiti richiesti. Il nucleo familiare che ha già beneficiato del Reddito di cittadinanza può avere, in seguito alla presentazione di una nuova domanda, diritto a successivi benefici purché i requisiti permangano inalterati. Nei limiti delle risorse disponibili, per le famiglie ammesse al reddito di cittadinanza, saranno progettati ulteriori interventi che prevedranno, oltre all’erogazione monetaria dei 350 euro mensili, altri benefici per i singoli componenti delle famiglie, come buoni per l’acquisto di libri di testo per studenti nella fascia d’obbligo; percorsi di integrazione fra istruzione e formazione e percorsi di recupero dell’obbligo scolastico; misure per l’emersione dal lavoro nero e l’avvio all’autoimpiego; agevolazioni per l’uso dei trasporti pubblici regionali e sostegni alle spese di affitto.
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n via del tutto sperimentale, in Campania è stato istituito, con validità fino al 2006, il Reddito di cittadinanza. Il nuovo servizio è stato adottato per primo dalla nostra Regione, e consiste in un contributo economico pari a 350 euro mensili ai nuclei familiare aventi un reddito annuo inferiore ai 5000 euro, ed in una serie di azioni volte a favorire l’inserimento scolastico, formativo e lavorativo dei componenti del nucleo familiare. La Regione Campania considera il Reddito di cittadinanza uno strumento efficace per affermare il diritto sociale fondamentale del cittadino, che dovrebbe essere esteso su tutto il territorio nazionale, ad una soglia di vivibilità minima garantita. Questo diritto essenziale rientra nell’ambito delle politiche di coesione sociale promosse dall’Unione Europea. Il reddito di cittadinanza avrà durata, in via sperimentale, fino al 2006, e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili dall’ente regionale. Finora la Regione Campania ha stanziato una somma complessiva di 77 milioni di euro, che consentirà di elargire i 350 euro a circa 25mila famiglie. In totale, le famiglie campane censite come potenziali “clienti” del Reddito di cittadinanza sono 450 mila. A poter presentare istanza per il Reddito di cittadinanza sono i componenti maggiorenni dei nuclei familiari che abbiano un reddito annuo familiare inferiore ai 5000 euro, e i cittadini, comunitari ed extracomunitari, residenti da almeno 60 mesi in Campania, aventi anch’essi un reddito annuo inferiore
l di là della dovuta indignazione, sorge l’interrogativo sulle motivazioni che spingono i giovani a fare uso di sostanze stupefacenti nocive e, al tempo stesso, mortali. Forse l’uso di droga è dovuto al disadattamento dei giovani nella società, alla mancanza di ideali, allo scarso interesse da parte della famiglia che spesso è del tutto assente ed incapace di comunicare con i propri figli. Ma parliamo di questa società, con i suoi messaggi ambigui, con i suoi disvalori, dove tutto si traduce nell’arrivismo e nella lotta per il potere. Inoltre è da rimarcare il grave problema della disoccupazione e la mancanza di lavoro. Tutto questo porta alcuni giovani verso una discutibile fuga dalla realtà; fuga che non conduce verso alcuna meta ma, al contrario, verso la disperazione. Tutto questo perché sono figli di una società, che ha reso tutto apparentemente possibile, hanno perso la capacità di introspezione, non sanno compiere il viaggio più eccitante: quello alla scoperta di se stessi e degli altri. Vedete, io oggi vi invito a tendere una mano a questi giovani, al di là delle risposte istituzionali delle comunità e dei centri di recupero. Essi hanno bisogno di comprensione; evitiamo perciò di salire in cattedra emettendo sentenze moralistiche. Io credo in loro perché la maggior parte di questi giovani ha più risorse interiori di quanto non si creda. Occorre trasmettere la fiducia in loro stessi ed insegnare loro ad apprezzarsi e valorizzarsi. E sono sicura che se stabiliremo un vero dialogo evitando di lasciarli nel loro sconforto e nella loro solitudine giungerà il momento che ognuno di loro tirerà le somme della propria vita e riuscirà a superare indenne questa età di transizione e di confusione. E che dire, poi, dei disabili? E’ importante occuparsi di quanti nascono con un handicap oppure di quanti diventano disabili per malattie o per incidenti. E' doveroso dare una mano a chi non ha mai fatto parte, a pieno titolo, della società umana. Un tempo la popolazione non li amava. Ora la situazione va migliorando, ma lentamente anche se non si deve ridurre il problema del disabile ad un semplice aggiustamento delle barriere architettoniche perchè c'è il fattore affettivo, dell'approfondimento umano dell'amore.
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PER I GIOVANI OGGI
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Reddito di cittadinanza, ecco che cos’è a cura di DONATO GERVASIO
Un manifesto a cura del "Comitato Parrocchiale" affisso sui muri del Paese in questi giorni
Abbiamo bisogno di una nuova cultura che non escluda il disabile, ma lo aiuti ad essere moralmente uno di noi. Lo stesso discorso vale per gli anziani, vittime dell’indifferenza e del menefreghismo. Non è necessario smuovere montagne per sentirsi utili. Ogni volta che si conosce un anziano si conosce una persona bellissima da cui traiamo sempre insegnamento. Io credo, quindi, che l’impegno nel sociale deve quindi essere estremamente selettivo per non rischiare di fare un buco nell’acqua e disperdere, inutilmente, le energie.
ABBONATEVI A Pro Loco Caposele CCP n.
Sport
Il Centro Nuoto non è solo Caposele, ma è la rappresentazione di un intero territorio, che ha creduto e continua a credere nell’organizzazione e nella professionalità dirigenziale e tecnica degli operatori. Questo successo arriva da lontano: dai campionati italiani estivi di Roma, dove il team del presidente Zarra conquistò un argento e tre bronzi. E sono diversi gli atleti che si sono qualificati per i campionati regionali assoluti di “nuoto salvamento”. Il Centro Nuoto Caposele è l’unica realtà natatoria della provincia
di Avellino che ha portato atleti ai campionati italiani suddetti ed alle finali regionali di nuoto. Inoltre, la società della Comunità Montana del Terminio - Cervialto è l’unica scuola nuoto federale regolarmente riconosciuta dalla FIN, avendo tutti i requisiti indispensabili per avere la licenza federale. Va dato grande merito al prof. Giacomo Salicone, che ha saputo motivare e preparare adeguatamente le trasferte di cui sopra. Un lavoro capillare e curato nei minimi dettagli, che parte dalla base.
E cioè tecnico ed professionale coordinato Molinara e sempre
da uno staff organizzativo e qualificato, dal prof. Antonio da una dirigenza attenta.
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Torino Il Centro nuoto Caposele torna dai campionati italiani di “nuoto pinnato”, svoltisi presso il capoluogo piemontese nell’ultimo week-end, con due titoli di campioni d’Italia e due di vice campioni. Un successo che arriva grazie alle performance di Amy Soriano, che conquista un titolo individuale, uno a squadre e due secondi posti individuali. A questo si aggiunge il tricolore ottenuto dalla “staffetta” 4 x 100, grazie alla grande prestazione della stessa Amy Soriano, di Gemma Bellino, di Piera Acito e di Erica Scalcione.
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Un trionfo tutto CAPOSELESE
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SEMBRA LA SOLITA NOTIZIA SUGLI ATLETI DI NUOTO CHE SI RIPETE DA QUALCHE NUMERO A QUESTA PARTE.
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SI! E' PROPRIO COSI'. DA ANNI SI RIPETE UN SUCCESSO IMPORTANTE E NOI, CON GRANDE ORGOGLIO, RIPORTIAMO, NEL NOSTRO PICCOLO, IL CICLICO GRANDE RISULTATO DI CHI, DA MOLTO TEMPO SI SACRIFICA E REALIZZA LE VITTORIE SPORTIVE CHE HANNO NOTEVOLE VALENZA SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. UN GRAZIE DI CUORE DA NOI TUTTI AGLI ALTLETI, MA SOPRATTUTTO AGLI ORGANIZZATORI DI QUESTA SPLENDIDA AVVENTURA.
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(Soriano), Altavilla Silentina (Acito), Sant’Andrea di Conza (Bellino), Caposele (Scalcione). Quindi il Centro Nuoto Caposele del Presidente Antonio Zarra, dopo più di un anno di attesa si riappropria di un Titolo Italiano e conferma (se ancora ce ne fosse bisogno) di essere ai vertici del nuoto italiano. Un risultato che ritorna grazie all’ottima organizzazione, all’eccezionale lavoro del responsabile tecnico dell’agonismo Giacomo Salicone e alla professionalità di tutto uno staff tecnico che prepara adeguatamente gli atleti del futuro. E allora merito a Massimo Zanca (Resp. del pre agonismo), Tania Mattia, Rosy Pagliarulo, Peter Zambrano, Gianni Fraiese, Michele Apicella, Rosa Pastore, Vita Torluccio, Giovanni Pagliarulo, Luciano Cibellis, Sonia Burla, Rosetta Bottiglieri e Michele Baldi. Ma un’organizzazione è fatta di più elementi che devono entrare in perfetta simbiosi e allora merito anche ad Alfonso Russomanno addetto all’impiantistica, ad Antonella Grasso addetta alla segreteria, a
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ue TITOLI di CAMPIONI ITALIANI e due di VICE CAMPIONI è il bottino del Centro Nuoto Caposele ottenuto ai Campionati Italiani Primaverili svoltisi nell’ultimo week end, nella lontanissima Torino. Una trasferta curata nei minimi particolari sotto tutti i punti di vista e voluta fortemente dal Direttore Tecnico Antonio Molinara che nel pre gara intravedeva delle buone possibilità che si sono poi rivelate realtà. CAMPIONESSA ITALIANA è Soriano Amy che ottiene questo titolo sulla distanza dei metri 200, della 2^ categoria femminile, con il tempo di 2’06’21. la stessa atleta ottiene anche due titoli di vice campionessa italiana, nella stessa categoria, sulla distanza dei 50 e 100 metri. L’altro Titolo di CAMPIONESSE ITALIANE viene conquistato dalla staffetta 4 x 100, sempre nella 2^ categoria, con il tempo di 4’04’38, grazie all’ottima prestazione di Amy Soriano, Piera Acito, Gemma Bellino e Erica Scalcione. Una medaglia che rappresenta l’unione di più realtà territoriali e che quindi porta in alto non solo il nome di Caposele, ma tutto un territorio se si pensa che le atlete provengono da Lioni
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Due titoli di campioni italiani al centro nuoto di Caposele Livia Baldi e Sonia Milano addette agli spogliatoi e ad un Consiglio Direttivo che sovrintende l’organizzazione curata da Antonio Molinara e nelle persone di Antonio Zarra, Peppe Aiello, Claudio Di Napoli, Antonio Casentino e Peppe Cuozzo, si assumono responsabilità su decisioni che indirizzano la vita della società. Ma il Centro Nuoto Caposele non è solo Nuoto Pinnato, perché nelle diverse discipline natatorie continua ad essere l’unica realtà avellinese presente nel panorama regionale e nazionale. Nel nuoto, dopo l’ottimo 3° posto di Di Masi Maria dello scorso anno, oggi è la sola realtà provinciale presente ai Campionati Regionali di Nuoto e si è ripetuta con il terzo posto di Raffaele Passaro nei 100 Dorso, mentre Amy Soriano ottiene il 6° posto sui 50 dorso e Alessio Russomanno il 5° sui 50 farfalla. Nel Nuoto Salvamento è tra le prime 50 società in Italia, ha conquistato diversi podi regionali ed è sempre l’unico sodalizio avellinese a portare atleti ai Campionati Italiani dove ci si accede solo attraverso l’ottenimento dei Tempi Limite. Inoltre non trascuriamo che il Centro Nuoto Caposele è l’unica SCUOLA NUOTO FEDERALE
riconosciuta dalla Federazione Italiana Nuoto, avendo tutti i requisiti richiesti per ottenere la licenza. Insomma il Centro Nuoto Caposele è storia, tradizione e presente, perché da anni esercita con grande professionalità ed attraverso una grande organizzazione (assicurata dall’insieme di più elementi e non solo dal singolo), garantisce a tutti i soci strumenti, mezzi e metodologie sempre all’avanguardia per insegnare correttamente le diverse tecniche del nuoto. Per concludere ricordiamo che già nei precedenti Campionati Italiani, la società capitanata dal presidente Antonio Zarra, anche se senza titoli, aveva portato a casa delle medaglie: un argento con Andrea Bellino nei 50 e tre bronzi con la staffetta fem. 1^ categoria con Gemma Bellino, Erica Scalcione, Laura Di Napoli, Maria Chiaradonna; staffetta 2^ cat. Fem. con Serena Brundu, Giovanna Montemarano, Alice Casentino e Amy Soriano; staffetta junior masc. con Alessio Russomanno, Raffaele Passaro, Antonello e Andrea Bellino. Archiviato questo successo s’inizia a lavorare per raggiungerne altri.
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1° MEETING ITINERANTE DI STUDI E PROGETTI Intervento dell’ ing. Giuseppe Ceres sul tema: CONZA della CAMPANIA - 09.10.2004
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Uno scorcio della zona storica di Caposele vista dalla strada del Polo scolastico
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di Comuni, di Nazioni straniere ed ovviamente dello Stato. Terminata l’emergenza, inizio’il dibattito in Parlamento che conflui’ nella ben nota legge 219 del 14 maggio ’81, il cui titolo sintetizzava l’ obiettivo che lo Stato si proponeva per la rinascita delle nostre zone: “Ricostruzione e Sviluppo delle zone terremotate”, dichiarando contestualmente “gli interventi connessi di preminente interesse nazionale”. Di qui, diciamolo pure, il consistente flusso di risorse assegnate ai Comuni, i quali furono investiti direttamente nella gestione della ricostruzione del patrimonio edilizio privato e pubblico, delle aree artigianali, delle opere pubbliche di propria competenza; lo Stato si riservo’ la realizzazione delle infrastrutture, delle aree industriali, la gestione e l’erogazione dei finanziamenti alle attivita’ produttive. Il clima sociale che si instauro’ dopo la parziale rassegnazione al disastro subito, che, e’ bene ricordarlo, comporto’ la perdita di circa 3.000 vite umane, fu una grande voglia di reagire e di rinascere, di farcela insomma; si creo’ un forte senso di appartenenza per cui ognuno voleva rendersi utile al contesto, quasi votato alla causa; molti emigranti si ristabilirono nei loro paesi di origine per dare una mano ed anche perche’ si intravedevano nuove opportunita’ di occupazione. Si innesco’ una sinergia inaspettata, stroncata spesso dalle faide politiche locali. Purtroppo, questa straordinaria voglia di fare si spense abbastanza rapidamente e le cose per lunghi anni sono andate avanti per inerzia, al punto che ancora oggi la Regione Campania ha dovuto emanare una legge, la n° 20 del 2003, in cui vengono stabiliti termini perentori allo scopo di chiudere definitivamente con questa benedetta ricostruzione. Ecco, ormai si parla solo di terminare la ricostruzione, ammettendo implicitamente il fallimento sul versante sviluppo: l’ originario obiettivo Ricostruzione-Sviluppo e’ stato praticamente disatteso! Ne e’ la prova che da circa un decennio ha di nuovo preso corpo la tendenza, e non solo la tendenza, all’ emigrazione verso le regioni del centro e nord Italia, con la pesante aggravante rispetto alla precedente degli anni sessanta, che vedeva emigrare solo il capofamiglia mentre il resto della famiglia restava nei luoghi di origine, ove venivano investiti i proventi dei propri sacrifici, con la pesante aggravante, dicevo, che ora emigrano famiglie intere, svendendo spesso il proprio patrimonio per acquistare nei luoghi di lavoro ove si sono trasferite, impoverendo notevolmente il nostro territorio di energie giovani e produttive. Insomma, cosa non ha funzionato qui da noi, per cui una cosi’ grande opportunita’ di crescita non e’ stata colta?; quali sono le cause che non ci permettono di emulare altre zone del centro e del nord Italia che viaggiano ad un tasso di sviluppo e con un reddito pro-capite pari al doppio del
nostro? Perche’ i nostri pur preparatissimi ragazzi se vogliono realizzarsi nel proprio lavoro debbono far la valigia, non piu’ di cartone indubbiamente ma contenente probabilmente il computer portatile, e prendere altre strade? Se fossi un meridionale o un meridionalista piagnone, e ve ne sono tanti in giro che purtroppo ingannano se stessi e soprattutto ingannano gli altri, evidentemente per celare proprie responsabilita’, direi che e’ colpa dello Stato centrale, che eroga risorse al Nord e taglia al Sud, che la Regione favorisce le zone costiere, sacrificando quelle interne e tante altre cose ancora che non voglio ripetere. In sostanza, secondo costoro, se vi e’ una condizione di mancato sviluppo, per non dire sottosviluppo, e’ sempre colpa degli altri, omettendo di fare un esame di coscienza anche sulle nostre responsabilita’, come singoli, come societa’ civile, come classe dirigente, come apparato burocratico. Occorre aver l’ onesta’ intellettuale di ammettere che la nostra condizione e’ funzione di un rapporto biunivoco tra noi ed il resto del Paese, che le responsabilita’ sono di entrambe le parti. In ogni caso, noi abbiamo i nostri rappresentanti che dovrebbero tutelare e far valere i nostri interessi nelle sedi opportune, per cui le responsabilita’ “degli altri” comunque si riconducono in parte a noi. Io penso che la causa prima del mancato sviluppo post-terremoto ed in generale del mancato sviluppo del Mezzogiorno sia da ricercare nelle nostre piu’ profonde radici culturali. Vedete, questi anni sono stati per noi un banco di prova, per cio’ che siamo in grado di fare e di non fare e soprattutto di cio’ che non vogliamo fare. Il nostro e’ un handicap culturale che ci impedisce di andare avanti, di farcela con le nostre energie e con la nostra intelligenza. La nostra e’ una “Provincia subordinata”, come e’ stato definito il Meridione, perche’ noi vogliamo che sia cosi’, perche’ abbiamo barattato per decenni lo sviluppo con l’ assistenzialismo, la crescita sociale e culturale con il clientelismo, con un effetto disastroso accumulatosi negli anni, superiore, vittime
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ingrazio innanzitutto gli organizza tori del convegno, ed in particolare il presidente dell’ Associazione, per avermi dato la possibilita’ di esprimere le mie idee su un argomento che mi sta molto a cuore. A dir la verita’, in un primo momento ho avuto qualche perplessita’ e, vi confesso, anche molti dubbi: mi sono chiesto se sarei stato capace di sostenere una questione cosi’ complessa in un consesso di tale livello. Alla fine mi sono dato coraggio ed eccomi qua. L’ argomento che mi e’ stato chiesto di trattare e’ “Mancato sviluppo post-terremoto ’80" e come naturale e sottinteso corollario “cosa fare per non ripetere gli stessi errori, allo scopo di avviare le nostre zone ad una condizione di sviluppo non solo saltuaria, ma di regime”. Il tema, come accennavo poc’ anzi, e’ estremamente complesso e si inserisce in un problema molto piu’ vasto che e’ quello del Mezzogiorno e sicuramente chi vi parla non e’ all’ altezza di dare una risposta esauriente sull’argomento. Molto si e’ scritto sulla ben nota “Questione Meridionale”, illustri studiosi si sono cimentati per capire e dare soluzioni al problema, senza purtroppo nulla o poco determinare sullo stato di stallo e di abbandono di cui soffre il Mezzogiorno d’ Italia. Ciononostante anch’ io vorrei dire la mia, guardando per cosi’ dire la questione dall’ interno, portando l’esperienza e le impressioni di chi nella nostra zona e’ nato, ha subito lo shoc del terremoto, ci lavora e ci vive e che nel Meridione si e’ formato, avvertendo che la mia analisi e le mie modestissime proposte sono un po’ controcorrente, non da meridionale o meridionalista piagnone per intenderci; esse sono il frutto del semplice interrogativo che ognuno di noi si pone o si dovrebbe porre: perche’ le cose, qui in Meridione, non funzionano come altrove? Entrando subito in argomento, a seguito del devastante e disastroso evento sismico del novembre ’80, la nostra zona si trovo’ al centro dell’attenzione nazionale e non solo nazionale, mettendo a nudo giocoforza la nostra condizione di poverta’ e di sottosviluppo, che, insieme alle innumerevoli vittime, turbo’ profondamente la coscienza collettiva del nostro Paese. Un’ area con un patrimonio edilizio scadente ed inadeguato alle esigenze della vita moderna, una fragile economia costituita prevalentemente dalle risorse provenienti dall’ emigrazione, dal pubblico impiego, da una agricoltura piu’ o meno sufficiente a soddisfare le esigenze del piccolo proprietario terriero, da un modesto artigianato: questa era la nostra realta’ di allora. Insomma, Cristo era ancora fermo ad Eboli! La mobilitazione nazionale ed internazionale fu straordinaria, vi fu un atto di generosita’ nei nostri confronti inimmaginabile, fatto di volontariato, di gemellaggi, di aiuti di ogni tipo da parte di Associazioni,
Mancato sviluppo post-terremoto ’80
a parte, a quello del terremoto. Cio’ che e’ stato ancor piu’ grave e’ l’effetto moltiplicatore in negativo che si e’ alimentato, comportando indolenza ed accidia nella societa’, al punto che il pensiero prevalente per decenni si e’ concretizzato nelle parole “tanto ai nostri problemi ci pensa lo Stato a risolverli”. Qui da noi, per fare un esempio, vi e’ un costo decisionale impressionante, vale a dire, dal momento in cui un cittadino, un Comune o qualsiasi altro soggetto decide di realizzare o di promuovere qualcosa, al momento della sua realizzazione, se va bene passa un tempo lunghissimo, che spesso vanifica la bonta’ dell’ idea originaria, perche’ le esigenze nel frattempo sono cambiate: cio’ che andava bene prima, ora non risponde piu’ alle nuove situazioni. Spesso l’idea non viene nemmeno realizzata perdendosi per strada, comportando, nell’ uno e nell’ altro caso, un costo sociale ed economico non indifferente. Qui da noi vige, dobbiamo ammetterlo, un prevalente modo di pensare e di agire che rema contro lo sviluppo economico e sociale, che sacrifica alle radici qualsiasi forma di novita’ e di emancipazione, che con scientificita’ mortifica e ghettizza le pur numerose libere intelligenze presenti sul territorio, le quali per potersi affermare, senza perdere la liberta’, sono costrette a dirigersi verso situazioni meno ostili. Ecco, la nostra societa’ e’ statica, vede con sospetto e conseguentemente emargina chiunque cerca di guardare, anche nell’ interesse collettivo, un po’ piu’ in la’ del proprio naso, perche’ si teme vengano minate le rendite di posizione o i privilegi acquisiti, perche’ si ha paura di confrontarsi e di mettersi in discussione! E allora, che fare? Io penso che noi dobbiamo capire innanzitutto il contesto in cui il nostro Paese si muove ed ancor di piu’ il contesto in cui si muove l’ intero Pianeta. Il Mezzogiorno, da circa un decennio e’ diventato una palla al piede per il resto del Paese, il quale non e’piu’disposto a tollerare che ingenti somme di danaro pubblico pur stanziate non creano sviluppo ed ogni volta si torna punto e daccapo. E poi l’ Italia, e piu’ in generale l’ Europa, si trova ad affrontare, terrorismo a
QUALE PROLOCO? di Raffaele Russomanno
la loro esperienza è un patrimonio da salvaguardare e non disperdere. L’ impegno di tutti noi non può che andare in questa direzione, perché se così non fosse finiremmo per doverci chiedere solamente quale futuro potrebbe esserci per la nostra pro-loco e non quale pro-loco per il prossimo futuro.
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problematiche inerenti il recupero del patrimonio artistico e culturale della propria terra. La valorizzazione delle antiche cantine, presenti nel nostro comune, uniche nel loro genere, la costruzione delle stesse come oggi ci sono pervenute sembra essere riconducibile all’ occupazione francese sotto Murat, deve essere uno degli impegni da assumere. Così pure la ricerca della valorizzazione dell’ olio, attraverso corsi che possano formare agricoltori che siano in grado di produrre un olio certificato e che domani siano essi stessi i soci di un consorzio che possa battersi per il riconoscimento del marchio DOP. Una società che cresce ha bisogno, come linfa vitale, di cultura. Ecco allora che vanno incentivati spettacoli musicali e teatrali, dibattiti e confronti. Le istituzioni scolastiche dovranno essere partners privilegiati, con i nostri giovani studenti dovremmo collaborare e realizzare progetti comuni, come ripetere l’ esperienza di alcuni anni fa quando accompagnavano il pubblico nella visita alle sorgenti del Sele. Dovremo confrontarci necessariamente con la Pubblica Amministrazione, perché il fine ultimo di entrambe le parti è la crescita del paese, nella certezza di ottenere gli stessi risultati positivi dei Comuni viciniori, i quali attraverso una attenta politica del territorio hanno visto incrementare le presenze dei visitatori e rivalutare i propri prodotti locali. E’ sulla strada della cooperazione che si dovrà operare superando barriere ideologhe e di fazione, confrontandoci con quanti oggi operano sul territorio, nel rispetto comune, anteponendo il bene di tutti ai singoli vantaggi, affinché si possano innestare politiche di sviluppo. Ma perché tutto questo avvenga è necessario che nuove forze entrino in essa, non è possibile pensare ad un futuro in cui le donne, con il loro gentile ma risoluto cipiglio, ed i giovani, con tutta la loro irruenza e la loro verve, non siano tra di noi e con noi. E’ bene che le persone che hanno profuso le loro energie in questa associazione, non solo nei momenti di massimo splendore, ma anche nei momenti di difficoltà siano sempre vicini a coloro i quali dovranno operare, poiché
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uale ProLoco per il prossimo futuro o quale futuro per la ProLoco? Questa è la domanda che oggi si impone con prepotenza fra tutti noi e pertanto merita di essere analizzata. Per oltre trent’ anni della vita della nostra comunità la pro-loco è stata punto di riferimento per residenti ed immigrati, non a caso questo giornale è al suo 70° numero, e per molti anni è stata l’ unica protagonista di piacevoli “agosti caposelesi” trascorsi tutti in armonia. Vivo è in me il ricordo di quando da ragazzo combattevo la mia personale battaglia in famiglia per non allontanarmi da Caposele nel periodo estivo perché i momenti che vivevo erano molto belli e intensi, sicuramente erano vissuti nella coralità di un intero paese che basava il proprio essere su valori e sentimenti diversi da quelli odierni. Erano gli anni di quando molti dei papà dei miei amici rientravano, dopo un duro inverno, dalla Svizzera, terra che molto ha dato ma che tanto duramente ha preso, erano gli anni di quando le pannocchie venivano messe ad asciugare al sole in piazza e le donne della piazza ci controllavano a mo’ di chiocce. Ora però tutto questo non esiste più. Il paese è cambiato, i suoi abitanti sono cambiati. Le nuove generazioni devono confrontarsi con problematiche più complesse delle nostre. Pertanto le richieste sono diverse e le risposte devono essere modulate di conseguenza. La prima risposta che va data è ai giovani ed ai lori problemi, non possiamo più assistere impassibili al problema devastante della droga nel nostro paese, è ora che tutti coralmente affrontiamo questo mostro che tanto silentemente sta traviando la vita dei nostri figli. È ora di dare una risposta ai giovani i quali ci hanno pubblicamente chiesto il nostro aiuto. Essi ci hanno scritto per segnalarci il problema, anche se poi dicono che non vogliono sapere il perché tutto questo avvenga, mi sembra che forse con uno sforzo comune dovremmo invece capire proprio perché tutto questo avvenga. Una pro-loco partecipe alla vita del paese deve necessariamente affrontare
del Meridione e soprattutto delle nuove generazioni. Dovremmo, e concludo, fare uno scatto di orgoglio, aver maggior fiducia in noi stessi e nelle nostre capacita’ ed avere il coraggio e la forza di isolare una volta per tutte le componenti che intendono mantenere la condizione attuale: solo cosi’, da “Provincia subordinata”, il Meridione puo’ approdare ad una condizione di “Vero Protagonista del suo futuro”. ing. Giuseppe Ceres
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il nostro comportamento e’ simile a quello dei due capponi di Renzo nei “Promessi Sposi”. Occorre liberare le energie sane e produttive, con la consapevolezza che esse non producono ricchezza solo per se stesse ma anche per la collettivita’. Noi siamo, a mio parere, succubi di una cultura ultramillenaria impostata solo sul “Sapere”; oggi occorre fare un salto di qualita’ e passare alla cultura del “Saper Fare” e soprattutto del “fare bene” ed ancora alla cultura del “Saper Far Fare”. Occorre muoversi con il criterio di “Efficienza ed Efficacia”, se veramente teniamo a cuore le sorti delle nostre zone,
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camminino con le proprie gambe e sappiano competere con il resto del Paese, senza essere riforniti continuamente di energia dall’ esterno. Noi abbiamo tantissime risorse, umane e non solo umane, che ci permettono, se lo vogliamo, una condizione di benessere generale e diffuso. Per uscire da questa situazione, l’ unica alternativa possibile e’ un salto di qualita’ culturale di tutta la Societa’, dal singolo, alla classe dirigente, alla burocrazia. Dobbiamo umilmente allargare i nostri orizzonti e liberarci da un modo di pensare provinciale, in base al quale spesso
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parte, una sfida mossa dai paesi emergenti che viaggiano ad un tasso di sviluppo elevatissimo. Ecco, il nostro Paese non puo’ piu’ permettersi di trascinare un carrozzone improduttivo qual e’ il Mezzogiorno e noi dovremmo prendere coscienza di questo nuovo stato di cose. Insomma, e’ finita l’era del Papa’ Stato e della Mamma Stato che ci risolve i problemi, e quindi d’ora in avanti dovremmo vedercela da soli. E allora, ripeto, cosa fare? Da noi sono state sperimentate tutte le possibili soluzioni, che purtroppo non hanno prodotto gli effetti sperati, e cioe’ che il Mezzogiorno in generale e le nostre zone in particolare,
Il manifesto di invito al "secondo meeting di studi e progetti Alto Ofanto, Alto calore, Alto Sele" organizzato dall'associazione V. Scalzullo il cui Presidente è il Dr. Antonio Cione
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REDATTORI
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non essere più tossicodipendente come prima. La mattina è bellissimo svegliarmi senza quella maledetta voglia e necessità”. Delle parole troppo importanti. Ed a pensare che vorrebbero dirle tutti coloro che sono innamorati della droga. Perché della droga, mi raccontavano che ci si innamora: provoca una sensazione tanto sublime da portarti ad assumerla fino a diventare dipendente. Li chiamano i paradisi artificiali, i suoi effetti. Chi è tossicodipendente, dalla sua prospettiva vede ognuno che voglia aiutarlo come un nemico. Ma non è così: quella persona è soltanto un angelo mandato dal cielo a redimerti la vita. Combatterlo significa autodistruggersi. Dobbiamo convincerci che da soli è impossibile sconfiggere la droga; insieme alla famiglia un po’ meno. Ma uniti sicuramente. Allora uniamoci: l’unione dovrebbe fare la forza. E vedrete che la droga scapperà via dalle nostre
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mamma, un papà, può gravare sulle sorti di un tossicodipendente. La vergogna, poi, la soggezione che potrebbe comportare la caduta nell’entourage della droga, è il fattore più importante da vincere. Per un solo motivo: la famiglia è importantissima per liberare dalla gabbia della tossicodipendenza un proprio figlio, ma non sufficiente. C’è bisogno delle istituzioni. E’ inutile tenerselo dentro, questo tipo di problema, perché non è così che va trattato. Questo è un dramma vero e proprio, e i drammi non devono rimanere rinchiusi nello stomaco. Urlateli a tutti. Ogni persona tossicodipendente vuole essere aiutata, ma non lo chiede esplicitamente: bisogna guardarla negli occhi, capirne le espressioni, gli atteggiamenti. Un ragazzo di questo paese, di cui non faccio il nome, che adesso sembra ci stia riuscendo a sconfiggere la maledetta droga, un giorno mi disse: “Sono troppo felice di
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certo dalla presunta indifferenza: chi di noi, su una persona tossicodipendente, potrebbe avere un’autorevolezza tale da poterla convincere che ciò che sta facendo è sbagliato? Nessuno. Le parole dette da amici e conoscenti, la droga le trasforma in banalità, alla stregua, appunto, di chi preziosamente te le dice. E tutto suona semplicemente retorico. L’indifferenza, casomai ci fosse, sarebbe della famiglia, delle istituzioni, dal Comune alla Chiesa. Loro, in primis la famiglia, hanno quell’autorevolezza sopraccitata capace di risolvere i problemi di ogni vittima della droga. Un figlio, dei genitori, prima che della società, ha bisogno di un interlocutore familiare con cui confidare ogni tipo di problema, di un affetto che solo un genitore, un fratello può dare. E la famiglia deve predisporsi a sprigionarlo. Cosa volete che possa trasmettere un conoscente, o un amico? Quale affetto? Convinciamoci di questo: nessuno, tranne che una
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“Everybody hurts, sometimes”, cantavano i Rem nel 1992. Tutti quanti soffrono, a volte, significa. E’ dovuta diventare la colonna sonora della nostra vita, della nostra realtà, questa canzone. Perché noi caposelesi soffriamo tutti quanti, ogni tanto. Forse perché qualcuno ci ha dimenticati, quaggiù; perché non si prende più cura di noi. Abbiamo sofferto la prima volta quando morirono i nostri cari Donato, Alfonso, Lorenzo e Maurizio. Adesso di nuovo con la tragicità della morte di Pietro e Giuseppe, vittime dell’assassina più spietata: l’eroina. La prima volta fu una fatalità di fronte alla quale dovemmo e potemmo solamente rassegnarci. Ma Pietro e Giuseppe non sono morti per un incidente stradale, per un male incurabile. In quel caso ci si rassegna perché si è impotenti. Ma una morte per overdose non può che essere causata da qualcuno, da qualcosa. Non di
di Donato Gervasio
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DALLA PRIGIONE DELLA DROGA SI ESCE SOLO CON LA FORZA DELL’UNIO-
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PER NON DIMENTICARE
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con il silenzio in cui è piombata Caposele. Una cosa è certa: questo silenzio non è un atto liberatorio; esso segnala piuttosto la paura di chi non sa trovare una via d’uscita e si sente solo. Dopo che si è fatto macerie dei luoghi del pensare e dell’agire collettivo in nome di un confuso e frainteso senso della Modernità, tutto è più difficile, nondimeno bisogna scendere in campo con quel poco di
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ncora una volta Caposele si risveglia e si imbatte in una notizia tragica e luttuosa. Questa volta Giuseppe e Pietro ci sono spirati accanto e nemmeno ce ne siamo accorti. C’è da chiedersi, a questo punto, se è cieco chi non vede o è cieco chi non vuol vedere. Le troppe parole, in caduta libera sulla stampa locale, fanno a pugni
Giuseppe Romano - Anno XXXII - Dicembre 2004 N.70
Pietro D'Alessio
valori in circolazione e, di lì, bisogna ripartire. E’ giunto il tempo in cui chi non se la sente si faccia da parte e si affronti la realtà per quella che è. Caposele non è più un’isola felice e ignorarlo è un crimine. Le coscienze non vanno drogate, ma risvegliate ed allertate. Non è colpa dei giovani se si sono imbattuti nel peggio che la Modernità offre, ma è colpa di chi li fa andare a quell’ appuntamento privi degli antidoti necessari. E non è colpa delle sole famiglie se brancolano nel buio in una comunità che non sa essere più “educante”. Caposele, si è detto, ha bisogno di un progetto di “ecologia sociale” che bonifichi, se c’è urgenza di bonificare, ma che semini anche, quando è tempo di seminare. Chi ha autorevolezza ed autorità da spendere, deve accettare questa sfida in positivo, unendo le forze disponibili e non escludendole.
Solo con uno scatto d’ orgoglio solidale, Caposele può ritornare a credere nelle sue forze e a lottare. Non c’è dubbio che è necessario un approccio nuovo di tipo culturale,ma è anche necessario preliminarmente riformulare comportamenti individuali e collettivi che recuperino il senso dei Diritti e dei Valori. Il primo dei valori, quando si naviga in mare aperto, è l’ esemplarità, il farsi cioè individuare come modello; se si è esemplari, i diritti e i doveri sono più nitidi, il lecito e l’illecito più marcati, il legale e l’illegale più percepibili. Se Caposele si sta impaludando, è innanzitutto l’Istituzione che è chiamata ad interpretare appieno legalità e responsabilità. Caposele deve scegliere da sola se esistono alternative alla giungla e alla caserma.
Attuali-
La tragica realtà ridotta a normalità
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Fenomenologìa Fenomenologìa dell’ dell’ eroinomane eroinomane caposelese caposelese
infuriando. Ha scosso le vostre finestre e fatto tremare i vostri muri. i tempi sono cambiati. “Come potrò dire a mia madre che ho paura? Tu che m’ascolti insegnami un alfabeto che sia differente da quello della mia vigliaccheria.” (da “il cantico dei drogati” di Fabrizio De Andrè)
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esistenza. “Venite madri e padri da ogni parte del Paese e non criticate quello che non potete capire,” i vostri figli e le vostre figlie non sono dopotutto così diversi da questi ragazzi, condividono gli stessi sogni e l’aspettativa di una vita migliore. A questi ragazzi è stato assegnato solo un più triste destino. “Venite senatori, membri del congresso per favore date importanza alla chiamata e non rimanete sulla porta” ignorando il nostro umile appello perché il prossimo che si ferirà sarà colui che non avete tentato di salvare. C’è una battaglia fuori e sta
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noi, comunità che sembra riunirsi nel dolore solo quando vengono portati alle estreme conseguenze gli effetti strazianti della droga. Noi non pretendiamo di capire le cause o tantomeno di trovare una soluzione a questo così grave problema; noi vogliamo solo ammetterne l’esistenza, come primo passo verso il superamento. Un altro passo è la consapevolezza che questo è un problema che riguarda tutti e crediamo fermamente che nessuno debba sentirsi estraneo o ignorante, ma al contrario bisognerebbe parlarne continuamente e in tutti i contesti, senza ingannarsi sulla sua
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rima di essere stati uccisi dalla droga questi ragazzi sono stati uccisi dall’ INDIFFERENZA. L’indifferenza è ciò che più di una malattia mortale può isolare o condannare qualcuno, la cui unica colpa è la fragilità o magari l’apparire diverso agli occhi di chi ha come canone di giudizio l’esteriorità. Ciò che colpisce noi ragazzi di questo paese, è il vivere in una comunità dove ai valori della familiarità, dell’unione, del sentirsi appartenenti ad uno stesso destino si sono sostituiti l’egoismo e l’ipocrisia, a causa dei quali chi è solo è condannato a restare sempre più solo. Prima di puntare il dito verso questa o quella persona, puntiamolo verso di
Gli studenti del Liceo di Caposele
di Alfonso Sturchio
esserne dipendenti. Chiunque, di fronte alle preoccupazioni dell’amico obietterà che non è un drogato perché si fa solo una volta ogni tanto. E’ corrente questa convinzione che iniettarsi eroina una volta ogni 5 o 10 giorni non significa essere tossicodipendenti. Ci sarà sempre qualcuno che si buca ogni 2 giorni ed allora “quello sì, che sta inguaiato”. Un’altra convinzione comune è quella che sniffare eroina non significa drogarsi. In altre parole, sciogliere una provetta di eroina in un cucchiaino, aggiungere un po’ di limone, tirarla con una siringa e scaricarla in una vena vorrebbe dire “droga”. Se invece con quella stessa eroina si fa una “pippata”, è “cosa da niente”. Come se il limone facesse la differenza. Tempo fa, quando sentivo che un’arma potente per frenare il consumo di droghe è l’informazione, rimanevo perplesso. Oggi mi sono dovuto ricredere. Non si dovrebbe mai confidare che concetti come stupefacenti, dipendenza, morte, e via dicendo, siano conosciuti ed acquisiti da tutti. E’ una presunzione che non ci possiamo permettere e va bandita fin dalle scuole dell’obbligo. Ma come si contraddistingue l’eroinomane caposelese? E’ davvero una specie a parte? Se guardiamo a quanto detto finora, sicuramente la risposta è no. Il rifiuto del proprio status o l’ignoranza dei rischi più elementari, appartengono ad un gran numero di tossicodipendenti. Come pure una parte delle motivazioni che hanno portato al primo buco. Anche qui, come altrove,
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il miraggio di superare attraverso la “roba” certe frustrazioni come il senso di non appartenenza, l’impotenza, la noia, il disagio esistenziale, o anche semplicemente una naturale insicurezza, hanno un ruolo importante. Non a caso, l’espressione più adoperata anche a Caposele per dire “iniettarsi eroina” è “farsi una storia”. Questa realtà non mi piace, me ne costruisco un’altra. Ciò che veramente distingue l’eroinomane caposelese, o, in generale, il tossico di provincia, è qualcos’altro: la vanagloria. Una sorta di mitomanìa che gli fa pensare di essere diventato una persona importante, una figura autorevole della società, o, più semplicemente, un personaggio. Prima non ero nessuno, ora sono qualcuno. Una beffarda convinzione che gli fa scorgere qualcosa di epico nei viaggi a Secondigliano, nelle collette alla stazione, nei rapporti con lo spacciatore, nella preparazione della dose, nel mostrarsi fatto con gli amici. Mentre altrove sono più di venti anni che è comune l’idea che l’eroinomane è un perdente, da noi ci sono ancora ambienti che non riconoscono questa immagine. Questa è la cosa più deprimente e, insieme all’ignoranza, la più pericolosa. Quale stimolo a curarsi può avere una persona che ritiene di avere raggiunto la massima armonia con sé stesso e con gli altri? Tra sei mesi, un anno o dieci, anche a Caposele si potranno facilmente reperire droghe come l’extasy. Piccole pillole colorate con disegni buffi, facili da consumare, letteralmente
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e parole che seguono non sono supportate da nessuna indagine sociologica. Non cercate riscontri in riviste scientifiche o trattati accademici perché non ne troverete. Forse sarebbe più corretto definirle solo impressioni di chi, per mestiere, vive uno dei tanti aspetti della tossicodipendenza, quello della repressione penale, e prova a mettere insieme i tanti segni raccolti. A Caposele molte persone fanno uso di eroina. Ciò che fino ad ieri era conosciuto solo dagli addetti ai lavori, oggi sembra un dato di fatto noto alla maggioranza. E forse questo è un bene. Non perché la condivisione di un problema ne alleggerisca il peso, ma perché la sua conoscenza diffusa può servire a contenerlo. Ma chi è l’eroinomane caposelese? Perché si è fatto il primo buco? Cosapensadiséstesso?Naturalmente non è possibile fornire delle risposte comuni a tutti, ma solo delle sensazioni che ne comprendono gran parte. Innanzitutto sono ben pochi, per non dire nessuno, quelli che hanno ammesso con sé stessi di avere un problema. Tu provi a dirgli che la cosa può finire male? La risposta sarà: io non sto affatto “inguaiato”, sono altri ad essere inguaiati. Perché dovete sapere che c’è sempre qualcuno che sta peggio. Qualcuno che rappresenta un alibi vivente per il vostro interlocutore, e che gli farà sempre pensare che lui non è veramente un tossico. Perché un altro minimo comun denominatore è quello di sapere controllare la faccenda e quindi non
come bere un bicchiere d’acqua, e senza lo scoglio della pompa (la siringa) da superare. La disinformazione sui rischi e la loro mitizzazione tra i giovanissimi non potranno che agevolarne la diffusione. Cosa fare? Voglio azzardare un consiglio. Informarsi e comunicare. Non avere paura di parlarne con gli esperti e con le associazioni. Non avere timore di parlarne con i propri figli o con i propri studenti. Non isolare e non esaltare, ma impegnarsi per una vera ed utile solidarietà verso le persone a rischio.
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III PARTE
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Sta a significare pietraio, cava di pietre, massa di sassi, terreno sassoso. LIMITONI Con questo termine si indica generalmente un confine, un margine (limes), anche talvolta le grosse pietre confinarie poste a delimitare fondi o territori. Limitone (limet) può addirittura essere un sentiero d’altura che fa da confine. MACCHIONE Dal latino “macula” macchia evolutosi ad indicare una boscaglia fitta, impervia, bassa, intranciata. PIETRA MACÈRA In dialetto preta macèra. Il toponimo rifletto il latino maceries, mucchio di pietre; rovine di una costruzione in muratura, muro a secco. L’abbinamento a préta ove esso fosse per p(a)retes addirittura farebbe pensare a muraglie ovvero a insediamenti preromani. Macère (in “la ciociara”) sono muretti asecco costruiti in zone scoscese per permettere la coltivazione di brevi strisce di terra o di pascoli, ecc...(interessante!) CRESTA DEL GALLO Il toponimo sta ad indicare un sito a cresta su dorsale impennacchiato qua e là da alberelli a guisa di una vera e propria cresta di gallo. E’, come suol dirsi, un’accezione orografica. FOSSI E’ la parte meridionale del paese immediatamente a ridosso dell’alveo fluviale. Fossi è usata in contrapposizione a “profossi”. Ricordiamo il proverbio “neglia a prufuossi, acqua a li fuossi”, stante fuossi genericamente a indicare l’intero centro abitato. Il toponimo ha evidente origine dall’appellativo fossa. La denominazione in generale riprende una designazione comune che si riferisce a un corso d’acqua con argini rialzati con precisa allusione alla posizione del luogo rispetto al vallone. In casi molto rari fossi si riferivano a quei solchi profondi scavati attorno ai vici e ai pagi (scopo difensivo) ma non sembra questo il caso. Nel senso più specifico di zona periferica era usato anni addietro come pubblica latrina (a li fuossi! - per invitare sprezzantemente qualcuno ad andarsene!). Gli abitanti di Materdomini e di paesi vicini in senso dispregiativo chiamano Caposele “lu fuossu e/o li fuossi!
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E’ antroponimo derivato da petacius (forma asufissale). GAVITONI L’origine del toponimo è da individuare in una base “gava”-”gaba”, prelatina, significante “canalone, torrente, acqua sorgiva”. Il suo riferimento all’idronimia è suffragato dall’esistenza della omonima fontana, a breve distanza da un vallone a monte di Acqua delle Brecce. E’ da scartare ogni riferimento al “gavito” (vernacolare) che significa truogolo. COSTE DEI MONACI Costa, dal latino “costa”, come appellativo geografico in ambiente montano designa le falde più o meno ripide dei monti e le loro dorsali. Quindi, è inteso come fianco di collina o di monte. La specificazione “dei monaci” richiama l’appartenenza di esse ai monaci antoniani / francescani che in Caposele avevano enormi possedimenti di cui frettolosamente si disfecero, alienandoli, in concomitanza della legge Crispi, la quale sanciva il sequestro e l’esproprio. Ci riferiamo al periodo postunitario, allorchè lo stato pontificio, non riconoscendo il potere legittimo allo stato italiano, entrò con esso in conflitto; la risposta da parte di Crispi fu un duro anticlericalismo che si esternò anche con atti legislativi alquanto duri. SILICI Dal latino silex-icis (selce) con riferimento a strade lastricate, ma molto più verosimilmente luogo ove abbondano pietre per pavimentazione stradale. SERRETIELLO L’oronimo ed appellativo geografico ha la sua radice nel latino serra “sega” col significato di altura, monte, cresta di monte seghettata. La metafora oggettuale in questo caso assume il significato di piccolo poggio. VARDARELLI Tre le possibilità da ipotizzare per detta località. Per, intanto, varda in lingua vernacolare è la sella. Ward in lingua germanica è il bosco, quindi piccolo bosco. Ward è, però, pure un luogo di osservazione e di guardia. In ultimo vividarium - vividaretum è il verziere, il giardino, con allusione ad un luogo ricco di vegetazione. PETRITO Il toponimo è un derivato dal latino petra col suffisso collettivo etum (petretum) con l’esito e ( i per metafonia di u finale.
LAGARELLI Interessante l’origine possibile di questo nome. Lagarelli - da lacus - luoghi lacustri con moltissime e piccolissime pozzanghere. Lagarelli - da lagar - campo militare. Paolo Diacono nell’Historia longobardorum menziona un ragilo, comes longobardo cum de lagare etc.. con richiamo al gotico e all’erulo. VALLE DI GORGIA Deriva da “gurges”, luogo strozzato tra alture in cui si raccolgono acque. Questo toponimo richiama la coltura della canapa, pianta Nel dialetto le “gorge” sono le fauci, il cavo orale. E’ sicuramente da escludere la derivazione da “ordeum” (r) orzo in quanto la coltivazione dell’orzo a Caposele avveniva in zona montana e non a livello basso collinare. Inoltre, l’orzo in dialetto locale è “uorio” e non “orgium” come in altre parti del sud. I FITOTOPONIMICI: Molti nomi del luogo hanno origine da denominazioni per lo più in rapporto alla reale presenza di ben precise vegetazioni o coltivazioni. Spesso può accadere che in loco non si ritrovino indizi risalenti al toponimo: si tratta di antica presenza di piante, frattanto scomparse, per cui è da dedurre un mutamento del paesaggio e delle colture, le cui cause potrebbero essere climatiche, antropologiche o dovute a calamità naturali (terremoti, frane, alluvioni, piene, ecc.). Il fito-toponimo è talvolta asuffissale, spesso è caratterizzato dai suffissi collettivi etum-arium. Di certo la rilevanza nel paesaggio di alberi di una certa specie è la causa determinante del nome. CASTAGNETA
Deriva il nome da “castanea” (castagno) col suffisso collettivo fitonimico -etumeta. L’attestazione è alto-medioevale e vale per “luoghi (e non luogo) ove i castagni crescono in abbondanza”. Molto più recente e generica è la denominazione “li castagni”. CERRI: Si tratta di un fitonimo da connettere a “cerrus”, cerro, sorta di quercia che indica un luogo nel quale i determinati alberi crescono spontaneamente e in abbondanza. In dialetto è “li cierri”. NOCETO: In dialetto “lu nucito”. E’ toponimo di derivazione dal latino “nucetum”, noceto, luogo piantato a noci. Il suffisso “etum” esprime valore collettivo e di pertinenza per una produzione di legno pregiato e di un frutto altrettanto ricercato, in uso fin dai tempi dei romani. Il sito in questione conserva allo stato solo pochi esemplari di alberi. ACERA/O ?: Il fitonimo è di derivazione latina “acer” Molto improbabile, ma, comunque, la riportiamo, è una recente interpretazione fondata su confronti con molti altri nomi locali (acerrae, acerentia, acerronia, ecc.) che ha fissato una base toponimica “Ac(h)er(r)” rientrante nella base indoeuropea “akwa” - (acqua). CANNITO: Il luogo prende il nome dal latino tardo “cannetum”, sito ove abbonda la vegetazione spontanea di canne. L’uso della canna, nell’economia romana e ancor più in seguito, fino a qualche secolo fa (1800), era molto diffuso. Ricordiamo le soffittature, le intelaiature delle pareti, ma anche ceste, e arnesi di uso contadino.
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E’ La terza parte della pubblicazione, ancora in preparazione, a cura di Alfonso Merola, sulla toponomastica di Caposele. Come nello scorso numero abbiamo ripreso alcune delle innumerevoli strade e località descritte, riservandoci di continuare a pubblicare un altro stralcio nel prossimo numero.
CAPOSELE: TOPONOMASTICA
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TOPONOMASTICA
Un attuale scorcio panoramico dell'abitato
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CAPOSELE: TOPONOMASTICA
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compiuti i 20 anni, dovevano uscire dalla patria e cercarsene un’altra. Agli Osci appartennero tra gli altri i Rutuli e i Saracini, i Caudini e gli Hirpini.
I primi due nomi sono familiari a Caposele. Sarebbe interessante a
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riguardo sapere di ritrovamenti e/o campagne archeologiche per verificare questa tesi. CAPOSELE E L’ACQUEDOTTO PUGLIESE Quasi sempre, quando accadono grandi fatti che accelerano la microstoria di una comunità, anche la toponomastica subisce repentini cambiamenti, la quale travolge e affossa quella precedente. Il caso EAAP è illuminante a tal riguardo. Dopo un acceso dibattito che aveva attraversato la fine dell’800, un consorzio di imprenditori (poi consorzio delle province pugliesi) compra dal municipio di Caposele i diritti sulle sorgenti della Sanità da captare e portare in Puglia mediante un acquedotto veramente grandioso per quell’epoca. Le opere di captazione e di scavo delle gallerie Rosalba e Pavoncelli impegnano per svariati anni numerosa manodopera locale (quella comune) e forestiera (quella specializzata). Qui affluirono campani, lucani, pugliesi, toscani, veneti e piemontesi. Un groviglio di famiglie con le loro usanze, le loro tradizioni, i loro idiomi; un esempio unico di integrazione sociale. Molti siti conservano ancora e solo nel nome i ricordi di quell’epoca. CANTIERE E’ la zona periferica del paese a ridosso della piazza Sanità, attualmente recintata a protezione degli impianti. Sull’area furono impiantati baracconi in mattoni pieni, utilizzati come depositi, officine, mense, alloggi per i tecnici. Una rotaia collegava l’attuale villa EAAP, alla Pavoncelli, per le operazioni di carico e scarico dei materiali pietrosi che venivano rilasciati lungo gli argini del Sele, ove esuberassero dall’uso per la costruzione della galleria. Un vero e proprio cantiere di lavoro! LA CENTRALE L’area a valle di piazza della Sanità tra la Pietra della Tenta e Tredogge. Qui, fu costruita una centrale idroelettrica per uso industriale e domestico. LA FONTANA DELL’OSPITALETTO E’ la fontana in piazza XXIII. E’ così chiamata perché nelle immediate vicinanze di una costruzione in legno composta di un pianterreno e un primo piano destinata ad infermeria. I conti
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ovvero a somme di denari che parti contendenti dovevano anticipatamente versare in caso di liti: alla parte vittoriosa veniva restituita, mentre il deposito della parte soccombente, era, in origine, destinato a scopi religiosi, e più tardi incamerata dal pubblico erario. Sacramentum, però, era pure il giuramento militare, cui erano tenuti tutti i soldati. Il giuramento di fedeltà era, dapprima, reso solo a Roma, ma poi si estese a tutte le provincie. Di esso si abusò alquanto durante le guerre civili, atteso che le reclute erano arruolate per guerre intestine tra consoli. Tutte le reclute erano convocate in un luogo, dove dovevano esercitarsi quali tirones; essi ricevevano la paga, ma non erano reputati milites, fin quando non fossero stati assegnati ad alcuna legione. Prima che questo avvenisse, dovevano dare il giuramento. Invero i giuramenti erano due: uno al momento dell’arruolamento, l’altro quando il miles era assegnato ad una legione. Non è, quindi da escludere che questo fosse il sito ove stazionavano i tirones. La seconda ipotesi appare più realistica! SIERRO RUTULO E’ di forte tentazione il richiamo all’antico popolo italico, abitante in quel territorio poi chiamato Latium e che aveva come capitale Ardea. I rutuli furono dai romani assoggettati e a quel punto il loro nome scomparve dalla storia. Tribù molto bellicose, dedite alla pastorizia, avevano in consuetudine le prime vere sacre (forse in una di quelle occasioni si insediarono lì). E’, però, pure probabile una loro deportazione da parte dei romani: quei popoli sottomessi che in epoche successive insorgevano contro Roma, erano condannate ad essere sradicate dai loro territori e smembrate in varie parti della penisola per isolarli e renderli inoffensivi. L’Irpinia montuosa era una delle ricorrenti destinazioni. E’ il caso dei liguri bebiani catapultati lungo le valli dell’Ofanto e del Calore irpino. I liguri diedero molto probabilmente il nome a Lioni (Liuni). SARACINO Ad un primo approccio la memoria richiama le possibili razzie e scorribande cui era sottoposta la valle del Sele da parte dei saraceni, che dalle coste si spingevano verso le zone interne a
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CARPINELLI Il toponimo è una derivazione da “carpinus”, carpino. Con suffisso diminutivo, intendendo designare un luogo ove crescono spontaneamente i carpini. Non ha alcun riferimento a “talpa”, in dialetto locale carpina. COLECCHIA Colecchia è toponimo. E’ evidente il riferimento a Nicola di cui è diminutivo femminile Nella, variante per troncamento (Nicolecchia). FELETTE In latino filix-filicis è la felce. E’ un fitonimo da connettere a filictum (per filicetum), poi filectum, vale a dire, felceto, una denominazione ben giustificata dalla collocazione del sito. Niente, quindi, a che fare con f’litto, relativo alla composizione del terreno (humus). LAPPITO E’ un fitotoponomo che si riferisce alla della lappola (lappa) molto diffuso in tutta Italia. TASSO Il toponimo deriva dal latino taxus, come pianta e non animale. L’ascendenza fitotoponimica e non zootoponimica è dimostrata dal fatto che in dialetto l’animale è detto “melogna”. VIGNOLA Il toponimo è un diminutivo di “vinea” (vigna). In effetti vignola (vineola) significa piccola vigna, con un valore toponimico riferentesi ad un appezzamento non molto esteso coltivato a viti. Generalmente è usato in contrapposizione ad altro sito poco distante che doveva chiamarsi vigna. TRE’SORO Anche in questo caso è duplice l’eventuale origine del termine. Una prima richiama ai thesauros, piccoli tempietti greci, poi romani, in cui si veneravano divinità locali cui erano offerti in voto doni. Una seconda ipotesi rimanda ad un probabile rinvenimento di un tesoro sepolto nel terreno. Presso i romani era invalsa la consuetudine che chi rinveniva un tesoro nel proprio fondo, ne diveniva padrone; se lo scopriva in fondo altrui doveva dividerlo col proprietario del fondo. Questa usanza rimase anche in epoca posteriore per moltissimo tempo. SACRAMENTO E’ possibile immaginare, stante l’assenza di reperti, che la zona sia in qualche modo legata alla legis actio sacramenti,
spogliare chiese, castelli e a catturare gli abitanti d vendere come schiavi nei mercati mediterranei. Il fatto, però, che questa zona sia situata come anzi descritto fa sorgere qualche dubbio, a meno che qui non fosse impiantato una sorta di accampamento, strategico rispetto alle zone in cui i residenti si rifugiavano quando avvistavano i mori. Non è da escludere, però, un’altra ipotesi pure affascinante: i saracini, detti pure caraceni, erano un popolo osco insediatosi in queste zone a seguito di una delle primavere sacre. E’, ormai, acclarato che queste popolazioni prediligevano le medie alture. Non distante da Saracino vi è Sierro Rutulo (il richiamo all’antico popolo è d’obbligo!). BISCIGLIETA Molto curiosa, ma anche alquanto azzardata, l’origine di questo toponimo riferentesi ad una contrada in agro di Caposele verso Calabritto, prevalentemente in dorsale dominante le valli del Sele e del Temete. Nel dialetto locale è detta “usciglieta” (e non vusciglieta). Nella toponomastica ufficiale, compilata dopo l’unità d’Italia in un eccessivo slancio di unificazione che si concretizzò anche come piemontesizzazione del sud, fu riportata come Bisciglieta. In questo errore si incorse, pensando ad un recupero linguistico del dialetto vuscigli (cespugli), com’era avvenuto per Bisceglie di Puglia (vescieglie). Nel primo come nel secondo caso l’elemento botanico è del tutto fuori luogo (sic!). infatti il riferimento è a “vigiliae”, nel ostro caso a vigilietum, posto di guardia ove le “scolte notturne si dividevano in quattro squadre uguali dal tramonto al sorgere del sole, e ciascuna di esse vigilava pel complessive tre ore. E’ da valutare se nell’errore non fossero incorsi la stessa popolazione locale con riferimento a cespuglieti, tra l’altro improbabili o se esistenti da ipotizzare nei ciclici abbandoni delle terre (che rimanevano incolte). Ciò acclarato, va ulteriormente verificato, poi, se l’attestata pronuncia “usciglieta” non possa collegarsi alla fusione di osci + vigilietum usci(vigi)letum. L’ipotesi non è del tutto da scartare se si pensa che gli osci erano sicuramente qui insediati, in area ricca di acque fluviali. Ad ogni buon fine si ricorda che il ramo meridionale dei tusci erano gli opici (o osci) abitatori del Sannio e della Campania. Questi raggiungevano il sud mediante l’usanza del ver sacrum. Questa consisteva nel fatto che, in caso di calamità, si votasse agli dei il prodotto della successiva primavera consistente in frutti e animali da sacrificare ed inoltre si sanciva che i nati di quell’anno,
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Attualità
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VIA ROMA Già via Zampari, dal nome dell’imprenditore che iniziò la costruzione dell’acquedotto e che sfortunatamente fu costretto a cedere ad altri il contratto dell’opera. Il cavalier Zampari costruì l’attuale via San Gerardo, via Roma, corso Europa per raggiungere agevolmente l’area del cantiere, Cannavale, Lavanghe, aree tutte interessate ai lavori principali e ad opere complementari.
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LA GALLERIA Area in contrada Diomartino, di innesto alla galleria di adduzione di Cassano. Essa fu realizzata negli anni ’60 per integrare e razionalizzare lo schema idrico pugliese. Attualmente è abbandonata e vi insiste un serbatoio idrico a servizio dell’abitato alto di Caposele.
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SAURE La zona è a valle di Catapano nelle vicinanze del vecchio campanile della Sanità. Era sicuramente il sito di vecchie cantine ed orti, espropriato per realizzare la sotterranea e sottostante galleria Rosalba. Il toponimo ci ricorda che un tempo era coltivato. Saura nel dialetto significa “incolto”. Nel dopoterremoto 1980 fu occupato da baracche di fortuna e da un insediamento scolastico provvisorio. GLI ANTROPONOMI Una categoria di siti storici trae origine da nomi di persona antichi, medioevali e, in taluni casi, anche recenti. Di grande interesse sono quelli di origine romana. Sono prevalentemente toponimi prediali o fondiari legati al processo di romanizzazione di Caposele: richiamano parcellazione di terreni
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PASANO Contrada molto estesa che da Montemaggiore declina verso Temete. Gode di un’ottima esposizione solare, produce molta frutta e ottimo vino. Fu della gens Passia, famiglia latina di origine reatina, non molto nota. Doveva essere abbastanza popolata, quasi un vicus, se vi insisteva, come pare, un tempietto poi cristianizzato e dedicato a “Santa Maria di Pasano” (molto probabilmente era un larario).
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Via Ogliara nel tratto verso Piazza Sanità
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Trattasi di fundus o praedium (?) a coltura mista, destinato pure agli allevamenti stanziali. La gens Varia era molto potente e ricca, visto che possedeva terreni un po’ dovunque in Italia centro-meridionale. Nella pronuncia locale è “vairano”. Ai Varii appartennero: 1) Q. Varius Sucronensis, tribuno della plebe che fece con la forza approvare una legge contro i sostenitori degli alleati italici; 2) Varius Cotyla, amico di Mario Antonio; 3) L. Varius Rufus, poeta romano, frequentava il circolo di Mecenate.
AVIGLIANO Possedimento di alta collina, ai limiti della montagna appartenuto alla gens Avilia, che possedeva terreni anche in Lucania e dal cui nome gentilizio deriva Avigliano (di PZ). Trattavasi di un fundus destinato all’ovicultura e alle operazioni di transumanza che dall’impervia e fredda Lucania interna conducevano le pecore verso la valle del Sele. Venendo alle notizie storiche un fundus avillianus è segnato nella tabula alimentaria dei liguri bebiani (museo kircheriano di Roma). Della gens Avila resta memoria nel bassorilievo di due fratelli che avevano esercitato la magistratura municipale, indicata dal rotolo di papiro che reggono nella mano sinistra (museo arch. irpino).
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FORNACI La zona è a nord di Materdomini, attualmente occupata da prefabbricati. E’ così chiamata perché lì erano costruite le fornaci per fabbricare i mattoni occorrenti per la costruzione delle opere e degli impianti dell’acquedotto. La zona è ricca di argille, materia prima del fabbricare mattoni.
ascrivibile alla centuriazione del territorio conquistato ed allenato. Sarebbe interessante trarre indici archeologici da questi siti stante, per lo più, l’assenza di fonti storiche dirette. L’antroponimo è generalmente un gentilizio romano accordantesi o sottintendente praedium fundus, villa, ecc. sono proprietà fondiarie molto estese, espresse mediante il suffisso latino anus (praedium, fundus) ana (villa); raramente acum-aca, icus-ica, aticu-atica, ecc. il luogo così individuato corrisponde quasi sempre ad ampio appezzamento di terreno sul quale poteva sorgere una fattoria o un podere. Questi toponimi non sono mai attestati in montagna oltre i 1100-1200 m sul livello del mare: i romani non impiantavano quasi mai stazioni o insediamenti stabili oltre dette alture, ad eccezione di postamenti militari mobili. Si spiega, così, anche il fatto che i demani comunali prevalentemente sono montani: nessun romano acquistava dallo stato questi appezzamenti che da Roma erano affidati in gestione (successivamente in proprietà) ai municipia e andavano a costituire in tal modo i patrimoni, talvolta concessi anche ad uso civico. Veniamo ad alcuni casi interessanti che hanno riscontro in alcune tabulae alimentariae. La presenza di praedia e fundi avvalora l’ipotesi che le popolazioni locali parteciparono attivamente alle lotte dell’epoca, per cui subirono la confisca dei terreni, una volta vinti. Le aree confiscate entravano a far parte dell’ager publicus populi romani e redistribuito in vario modo ad agricolae, coloni, rustici, dietro pagamento di una tassa annua stabilita dai censori (census). La lex de modo agrorum sancì divieti di occupare terreni oltre una certa misura, talchè si costringevano i “rustici” a fornire lavoro per villae, praedia e fundi. Era pure concesso l’uso collettivo di “agri publici”. Senatori, cavalieri, aristocratici locali e veterani seppero aggirare le limitazioni e generalmente si scontravano sull’uso da farne: alcuni volevano solo pascolo connesso alla transumanza, altri invece volevano uno sfruttamento propriamente agricolo, seppure soggetti alla rotazione binaria. L’economia della villa era in concorrenza con quella della piccola proprietà contadina e spesso finì per assorbirla. Essa era fondata sul lavoro schiavile e orientata verso le colture redditizie dell’ulivo e della vite. Questi prodotti implicavano spese di investimento non sostenibili da parte di contadini poveri, per cui si assisteva all’assurdo che essi divenivano consumatori di vino e di olio che acquistavano dai domini.
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nui e numerosi incidenti sul lavoro la rendevano intensamente utilizzata. Le cronache dell’epoca parlano di scoppi di mine, di esplosioni di grisù, ecc. Vi ricorrevano anche le famiglie degli operai ma, pare, anche i caposelesi per interventi d’urgenza, atteso che era molto attrezzata e ben fornita di medicinali. Situata lungo via Zampari tra una serie di baracconi ad uso abitativo per le famiglie degli operai. Fu alienata alla famiglia Freda. Ospitò in parte del pianterreno anche l’ufficio postale (la posta vecchia) quando fu dismessa come infermeria.
GENZANO Praedium gentianus appartenuto alla gens Gentia. E’ un terreno di bassa e media collina, fertile anche per la vicinanza al fiume Sele. Genzano è, pure esso, nome legato alla Lucania e non a Genzano di Roma. Infatti ad essa è unito da una comune pronuncia dialettale del sito “zenzano”. Questo predio era da ritenersi di non trascurabile valore: vi è traccia di ciò nelle rendite catastali che, per quanto recenti, sono, comunque, derivate da antiche e continue rivalutazioni di vecchi tributi romani. Gentius, discendente di re dell’antica Illiria, che quando fu sottomessa ai romani, fu mandato a Roma con tutta la sua famiglia, poi spedito a Spoleto e a Gubbio. Le famiglie discendenti di re spodestati, vivendo in Italia, godevano, comunque, di privilegi e rispetto. BAIRANO Possedimento abbastanza esteso appartenuto ala gens Varia.
PERSANO Il toponimo deriva dal personale latino “persius” col suffisso aggettivale anus che indica l’appartenenza. La zona è situata in territorio di Calabritto e di Caposele nella zona immediatamente pedemontana. Detto fundus doveva appartenere alla medesima famiglia che aveva proprietà nella media valle del Sele che porta il medesimo nome. Tra al gens Persia ricordiamo: 1) C. Persius, che vinse nella seconda guerra punica (210 a.C.) i Tarentini (Liv. 26, 39); 2) C. Persius, uomo noto per la sua cultura e contemporaneo del poeta Lucilio (Cic. Brutus 26, 99); 3) A. Persius Flaccus, poeta di satire, di famiglia benestante e ragguardevole.
Digitalizzazione del Foglio n. 15 catastale del Comune di Caposele
QUELLO CHE DICONO DI CAPOSELE GLI ALTRI GIORNALI DAI QUALI ABBIAMO RITAGLIATO QUALCHE ARTICOLO RECENTE. LE ARGOMENTAZIONI TRATTATE FANNO RIFERIMENTO ANCHE A NOTIZIE DI PROMOZIONE TURISTICA
l’obbligo di riacquistare una dignità che possa essere tradotta in azione. Possiamo spiegare in termini materialistici il genio letterario di Dante Alighieri, il genio musicale di J. S. Bach, il genio artistico di Michelangelo, il mistero e la magia dell’animo umano? Siamo capaci di un’attività creativa: possiamo pensare un poema e scriverlo, una sinfonia e comporla, possiamo pensare ad una grande civiltà e realizzarla. L’uomo è un essere spirituale. La coscienza gli parla ed egli si ricorda di cose divine. Ha la capacità unica di vivere a due livelli. Con la sua capacità di ragionamento, il potere di memoria e il dono d’immaginazione, l’uomo trascende il tempo e lo spazio. Possediamo la capacità di scelta in quanto liberi di decidere di essere artefici del nostro destino. Siamo liberi di prendere decisioni e scegliere fra vie alternative. Amicizia o rivalità. Amore o odio. Verità o menzogna. Coerenza o contraddittorietà. Pace o ostilità. Rispetto o violenza. Fiducia o diffidenza. Altruismo o egoismo. Pazienza o intolleranza. Perdono o rancore. Un nuovo anno è alle porte, carico di speranze, aspettative, desideri, progetti, sogni [...]. Possiamo decidere se investire concretamente in valori solidi ed inamovibili o continuare a correre sulla ruota della vita con le nostre menti in gabbia. Che le tematiche del prossimo consuntivo possano riflettere una dimensione nuova, più elevata e che, al pari di un artista soddisfatto che contempla il suo capolavoro, anche noi possiamo meravigliarci della bellezza delle nostre piccole imprese quotidiane.
REDDITO DI CITTADINANZA
di realtà dure, evidenti anche nella nostra piccola e ridente comunità. Non ci vuole molto per rendersene conto. Basta parlare con la gente ed ascoltare le voci di una collettività che chiede aiuto. Abbiamo poco da investire, forse nulla almeno in apparenza. La realtà che ci circonda ce lo impedisce. Tutto è monetizzabile. Tutto è riassunto nell’avere, nel possedere; ma le mie reminiscenze di grammatica elementare mi ricordano l’esistenza di due verbi ausiliari: essere oltre che avere. Ci siamo persi un passaggio, qualcosa ci sta sfuggendo di mano. Presi dalla vorticosità della vita, stiamo vivendo -mi si scusi la metafora animalista- come dei criceti in gabbia. Qualcuno ci ha messi su una ruota e noi, incoscientemente, continuiamo a correre senza renderci conto che non stiamo andando da nessuna parte. Siamo come ipnotizzati nell’osservare quella che è solo una faccia della grande medaglia della nostra vita. Ma come è potuto accadere? Come siamo arrivati a tanto? In effetti, la legittimità e l’urgenza delle nostre necessità più impellenti, oltre al nostro impegno di cercare di soddisfarle, sono argomentazioni insindacabili; d’altronde l’uomo è formato di carne cioè materia, ed è giusto che si preoccupi del proprio benessere fisico, materiale e sociale. Ci dev’essere qualcos’altro però, qualcosa che va aldilà, qualcosa che può portare tutto il resto in secondo piano e che non può essere tradotto in formule chimiche o biologiche, perché l’uomo è più di un capriccio di elettroni turbinanti. Può l’uomo essere descritto così superficialmente? La chiave di volta va cercata proprio nell’essere, nell’origine della natura umana che, ormai distorta, ha
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Ebbene si, è arrivato il momento di fare i bilanci. Si, perché alla fine dell’anno si fa così. Tutti lo fanno, la legge ci obbliga, quindi ecco che aziende, società, ma anche singoli sono impegnati con le proprie calcolatrici a cercare di far quadrare i conti. A volte può essere un esercizio automatico più o meno complesso, ma è sempre un momento di riflessione in cui a mente fredda si analizzano le diverse voci che ci hanno condotto verso un successo, una conquista, ma anche verso un fallimento o una delusione. È il momento in cui siamo chiamati, sulla scorta dei dati che emergono, a fare una previsione su come desideriamo il nostro futuro. Cosa ci aspettiamo, cosa vorremmo, ma anche e soprattutto, cosa siamo disposti ad investire... Già, investire... Perché le leggi dell’economia ci ricordano che una parte degli utili va reinvestita, le attività che funzionano bene fanno così. E se invece i profitti si sono ridotti e si osserva, anno dopo anno, una diminuzione costante delle disponibilità? Se i media ci tormentano ogni giorno cercando di impressionarci e catturare la nostra attenzione ai fini di ottenere ascolti sempre maggiori, quindi profitti crescenti? Se molte famiglie non riescono a far fronte alla quarta settimana? Se non si sa di poter avere fiducia nella giustizia? Se la cellulabase della società, la famiglia, è costretta a destreggiarsi su terreni impervi disseminati di mine? Se i nostri figli sono continuamente costretti a vagare in cerca di un lavoro dignitoso e ben remunerato? Se le nostre vedove bianche aspettano il ritorno dei loro sposi perché, travolti dalla disoccupazione, non possono far altro che emigrare? Si tratta
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E' TEMPO DI BILANCI di Andrea Ricciardiello
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Sanità, edificata nel 1837 in sostituzione di una preesistente chiesa settecentesca, in ringraziamento per la cessazione di un’epidemia di peste. Agli inizi del 1900 la chiesa fu spostata di alcune decine di metri per far posto alle captazioni dell’acquedotto pugliese e solo il campanile rimase nella sua posizione originaria. Poco fuori del centro abitato vi è la chiesetta di S. Vito. La sua principale caratteristica è il fatto di essere situata su uno sperone di roccia che si erge solitario. I numerosi scalini da affrontare per arrivare al sagrato sono poca cosa rispetto alla magnifica vista che si gode da lassù. L’Acquedotto Pugliese “L’opera di cui il mondo non ricorda l’eguale”. Agli inizi del secolo scorso così si parlava dell’Acquedotto pugliese, l’acquedotto più lungo del mondo, meraviglia della tecnica e dell’ingegneria italiana. Di questa faraonica opera si iniziò a parlare sul finire dell’800, ma se ne sentiva la necessità da millenni. Il cronico bisogno di acqua che attanagliava la Puglia ne impose la costruzione. I lavori iniziarono ufficialmente nel 1906 con lo spostamento della chiesa della Madonna della Sanità e la captazione delle polle che alimentavano l’antico laghetto. Le acque incanalate in una galleria, dopo avere attraversato gli Appennini per 244 chilometri, arrivavano in Puglia. Dopo la seconda guerra mondiale, una nuova galleria fu costruita fino a Caposele per aumentare la
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oleifici. Il paese era, originariamente, a forma di anfiteatro, addossato alla montagna e lambito da un laghetto formato da numerose polle sorgive. Fino alla ciclopica costruzione dell’acquedotto pugliese il luogo rimase praticamente immutato nei secoli. Patrimonio storico e artistico Quando si parla dei paesi dell’Alta Irpinia, purtroppo, bisogna sempre fare i conti con un passato fatto di numerosi e catastrofici terremoti. Questo fenomeno naturale ha, nel corso dei secoli, abbattuto ed azzerato buona parte del patrimonio artistico e storico. A tutto ciò si è aggiunta, a volte, l’incuria degli uomini e la scarsa lungimiranza degli amministratori che, in alcuni casi, hanno stravolto e privato di identità numerosi borghi. Non è il caso di Caposele che ha conservato il suo tessuto urbano originario e caratteristico, ma anche qui sono spariti la pietra e il legno nelle costruzioni per fare posto all’asettico cemento armato. La chiesa di San Lorenzo, distrutta dal sisma dell’80, è forse il più classico degli esempi. Proprio a causa delle numerose distruzioni operate dai terremoti, che hanno inficiato la fruizione del patrimonio artistico ed architettonico, sarebbe stato il caso di puntare su una ricostruzione legata alle tradizioni ed ai materiali del luogo per renderlo turisticamente più appetibile. Nel centro urbano di Caposele è interessante da visitare la chiesa della Madonna della
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periodico della provincia di
Chiare fresche e dolci acque.... È con questi celebri versi che potremmo facilmente identificare la peculiarità e l’unicità del nostro caratteristico paese alto irpino che trae il nome proprio dalle numerose sorgenti del fiume Sele. Passeggiando fra i vicoli o fermandosi nelle piazzette, sono sempre loro, le acque del Sele, a farci compagnia. Il paese è, infatti, disseminato di fontanili gorgoglianti e di fontane. Nella stretta gola a valle si ode il ribollire del giovane torrente che dà origine al fiume Sele. A monte, invece, a 420 metri di quota alle pendici del monte Paflagone, si ode il rumoreggiare delle sorgenti. Le stesse sorgenti che, oltre ad alimentare il fiume,dissetano, attraverso la ciclopica opera dell’Acquedotto Pugliese, le riarse terre del Tavoliere. Le origini Le origini di Caput Sylas, toponimo molto chiaro che ne identifica manifestamente l’origine, molto incerte, risalirebbero al periodo dell’ultima guerra tra Sanniti e Romani. Molto probabilmente il paese fu costruito in un posto decentrato rispetto al normale asse viario rappresentato dall’Alto Ofanto, al fine di sfuggire ai frequenti scontri che si verificavano in quelle zone. Ufficialmente si hanno notizie di Caposele a partire dall’anno 1100. Grazie alla presenza dell’acqua nel borgo vi erano numerosi mulini, gualchiere, ossia fabbriche per la lavorazione e la tinteggiatura della lana, ed
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Irpinia - Paesi CAPOSELE
Da "Obiettivo"
di Giuseppe Palmieri
Da qualche giorno sono in distribuzione in tutti i Comuni della nostra regione i moduli di domanda per la fruizione del c.d. reddito di cittadinanza. Si tratta di una misura diretta a quanti non godono di reddito certo, un sostegno per le famiglie in difficoltà, allo scopo di favorirne percorsi di inclusione sociale. E’ una sperimentazione che ha validità triennale e per la quale la regione ha stanziato 77 milioni di euro. Le famiglie (anche quelle di fatto) che hanno un reddito annuo inferiore a 5 mila euro avranno diritto ad un assegno mensile pari a 350 euro. La legge non si limita all’erogazione in denaro ma prevede misure di accesso gratuito ai servizi ed interventi individualizzati per i singoli componenti della famiglia, dalle borse di studio, all’affitto, ai trasporti. Questo intervento, che si colloca nel più generale ambito delle politiche di coesione sociale, promosse dall’Unione Europea, è finalizzata a promuovere e garantire la qualità della vita ed il rispetto dei diritti di cittadinanza, su tutto il territorio regionale. Possono beneficiare di questo contributo anche i componenti maggiorenni extracomunitari o comunitari in possesso del permesso di soggiorno e residenti in uno dei comuni della regione Campania da almeno 60 mesi alla data di pubblicazione della legge regionale (23.2.2004). Ogni comune ha istituito uno sportello dove poter chiedere tutte le informazioni del caso e, ovviamente, ritirare il modulo.
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L'album de La Sorgente
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DURANTE LE MANIFESTAZIONI DELFERRAGOSTO CAPOSELESE, AL QUALE E' DEDICATO LA MAGGIOR PARTE DELL'ALBUM DI QUESTO NUMERO, SONO STATE DISTRIBUITE DUE SERIE DI CARTOLINE CHE SI RIFERISCONO A CAPOSELE 100 ANNI FA E AL PAESE IN UNA VESTE PIU' MODERNA. LE STESSE, CHE RIPROPONIAMO IN MINIATURA, SONO DISPONIBILI, A RICHIESTA, PRESSO LA PRO LOCO.
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Le immagini delle cartoline di "Caposele oggi" sono a colori e potete richiederle, insieme alle altre, anche via email all'indirizzo: confortinic@tiscali.it
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....e gli uomoni.... pure Le donne in ....concistoro
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I gradini del Comune: un palco di prima fila
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Un volto grintoso
LE FOTO PUBBLICATE SI POSSONO RICHIEDERE ALLA REDAZIONE DE "LA SORGENTE" ANCHE VIA E MAIL
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L'attesa
In attesa della musica folkloristica nella serata dedicata alla sagra
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Sorrisi... enigmatici
Alcune mamme in apprensione per la corsa dei propri figli
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Batore e Luciano di ritorno dal loro lontano lavoro
Ricordo di Pietro D'Alessio con gli amici durante una serata di festa
Ricordo di Peppino Curcio sempre presente alle manifestazioni della ferragostane
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Le nuove generazioni si cimentano con i fusilli
Antimo Pirozzi, sempre presente ed attivo
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Camilla Vitale in una delle sue tante passeggiate quotidiane
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Una fase "dal vivo" della preparazione dei fusilli e matasse Bevitori in cantina
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Antonio Russomanno .. un gran simpaticone
Il presidente Rocco Mattia in una foto ricordo
Un ricordo per Gerardino Malanga, sincero sostenitore delle manifestazioni
la preparazione dei fusilli
Quanto tempo è passato!
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Lezione pratica di matasse e fusilli
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Si gioca a "patronu e sotta"
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Faluccio Pallante, ex sarto professionista al tavolo di lavoro
La distribuzione del vino durante la sagra
LE STRAORDINARIE DONNE DELLA SAGRA
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Una gran folla in Piazza SanitĂ assiste al Saggio di Ballo
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LE FOTO PUBBLICATE FANNO PARTE DELL' ARCHIVIO DE "LA SORGENTE" CHE PROSSIMAMENTE SARA' A DISPOSIZIONE DI TUTTI SULNUOVO SITO DEL GIORNALE
Annalisa, Ettore e Niki
Maria Malanga, cantante del gruppo
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Felice e Massimo...vi assicuro due grandi
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Benny alla chitarra e Angelo al piano
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Una foto ricordo di alcuni partecipanti alla Corsa Campestre
Emidio Alagia: tenace ed irriducibilesostenitore dell pro Loco
Foto di gruppo dello spettacolo musicale in Piazza Dante. Un ricordo anche a Michele alla fisarmonica e a Pasquale interprete musicale degli anni '60 e
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FATECI PERVENIRE, PRIMA DELL'USCITA DEL GIORNALE, TUTTE LE NOTIZIE, FOTO E COMMENTI SUI VOSTRI CARI CHE GRADIRESTE VEDERE IN PUBBLICAZIONE; LE NOTIZIE CHE RIPORTIAMO SONO IL SEGNO DELLA VOSTRA COLLABORAZIONE
LAUREE
Anna Rita De Vita
09/02/04 laurea in Economia e Commercio
Clelia Caprio di Manfredi Laurea in psicologia
Govanni Curcio
Laurea in Ingegneria Civile
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di Claudio – Laurea in Scienze economiche e
bancarie
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SPOSI - 23-07-2004
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Concetta Russomanno
Lella Acone e Franco Curcio 3/4/04
Mena Di Lauro e Luigi Giuliani
Angelo Ceres – Laurea in Legge
Loredana Aiello – Laurea in Psicologia
Gilda Conforti e Olindo Spatola 23-09-2004
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Laurea inEconomia Aziendale: 110/lode
Nicola Cirillo 27-10-2004 Laurea in Odontoiatria 110/lode e plauso
Mario Nesta e Gerardina Scamorza
Michele Notaro Universita’ degli Studi di Napoli “Federico II" Facolta’ di Architettura tesi di laurea in progettazione: “il municipio di Caposele. Simbolo urbano nella logica del frammento” relatore prof. arch. Massimo Pica Ciamarra "...abbiamo avuto la gioia di laurearci, assolutamente per caso, nello stesso giorno e per la precisione la mattina di giovedi’ 25 marzo ad un’ora di distanza uno dall’altro".
Cifrodelli Dario
Annaclelia Conforti e Luigi Guerrera 26-06-2004
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Antonella Malanga In data 25/10/04 si è laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con voti 110/110 e lode, svolgendo la tesi sperimentale dal titolo “Analisi della biodiversità delle cyadidiales (Rhodophyta) in ambienti idrotermali acidi tramite parametri ecofisiologici e biomolecolari” presso il Dipartimento di biologia vegetale dell’Orto Botanico di Napoli.
Gelsomina D’Alessio Universita’ degli Studi di Napoli “Parthenope”facolta’ di scienze motorie tesi di laurea in igiene: “epidemiologia e profilassi dell’aids: "il rischio di infezione da HIV nella pratica sportiva” relatore prof. Paolo Marinelli
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SPOSI
Rosanna Grasso e Carlo D'Elia 04-08-2004
Anna Russomanno e Gelsomino Monteverde
Salvatore Russomanno
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Laurea in Scienza delle Comunicazioni
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Gerardo Nesta 09-04-2004 di Alfonso e Iannuzzi Angela
Ceres Michele
19-02-2004 - Laurea in Economia Aziendale
Gerardo Antonio 30-01-2004 di Antonio e Rosetta Restaino
Alessia Proietto 14-06-2004 di Giuseppe e Cibellis Grazia Raffaella Amendola 12-01-2003
di Gerardo e Maria Proietto
Rosamaria Caruso
di Angelo e Mariafiorenza Conforti
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Maria Liloia Ved. Curcio N.1902 M.2003
Lorenzo Castagno
Armando Grasso
Gerardo Bruno
N. 9-04-1931 M. 04-04-2004
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M. 05-08-1919 M. 22-04-04
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N. 6-10-1971 M.
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Lorenzo Di Masi
M. 15-05-1932 M. 10-09-04
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Pietro D'Alessio
N. 28-11-1979 M. 14-11-2004
Clelia Pilla Ved. Caprio
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Antonio Sena
N. 24-12-1980 M. 14-11-2004
Giuseppe Curcio
N. 12-01-1941 M. 17-10-2004
Donato Conforti
N. 08-02-1945 M. 30-05-2004
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N. 22-04-1951 M. 10-06-2004
N. 14-12-1948 M. 11-01-2004
Giuseppe Romano
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N. 21/7/20 M. 29/10/04
Gerardo Malanga
Matteo Mattia
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N. 12-09-1912 M. 10-07-2004
Antonio Patrone
N. 12-03-1921 M. 29-09-2004
Michele Repole
N. 01-10-1923 M. 11-09-2004
Gerardo Ciccone N. 21-06-1935 M. 27-082003
Ricorre quest’anno il 20° anniversario della morte del dott. Antonio Maresca. Ci corre l’obbligo di ricordare questo grande maestro di cinematografia, grande appassionato del nostro Paese, amico sincero dei Caposelesi. Lo ricordiamo in particolare per i meravigliosi documentari girati a Caposele e per l’apporto tecnico fornitoci per la realizzazione del film “Un anno a Caposele”.
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REDATTORI
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Premiazioni ferragosto 1975
Foto anni 40/50 Partita di calcio sul campo speciale della Sanità
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avevano cercato di riportarla alla vita, di svegliarla da quel torpore che le aveva imprigionato il cuore, rendendola cieca a tanta bellezza, all’arte dell’autunno, e muta al richiamo di madre natura. Il correre di tutti i giorni le aveva ostruito il cuore, rabbuiato gli occhi, chiuse le orecchie e intirizzito l’anima. Ma il suo cuore ora era leggero; ogni cellula del suo corpo era pervarsa da quella stessa magia che aveva dimenticato ma che adesso riviveva con veemenza. Percorse i vicoli del suo paese assaporando ogni attimo, ascoltando quell’immenso silenzio, quella pace che non avrebbe più abbandonato, mentre l’arancio, il giallo, il verde, il marrone e il rosso che macchiavano i monti continuavano a stormire in quel dialogo unico e divino.
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G LA FOTO DEI RICORDI
LA FOTO DEI RICORDI
LA FOTO DEI RICORDI Complesso Melodi anni '50
bisbigliava armonizzando con il vento una soave e tenera melodia di vita. Tutt’intorno un intimo silenzio, ma ricco di profonde parole. Sentì il suo respiro quieto, come se fosse appena rinata alla vita. Avvertì attorno a sé un caloroso e grande abbraccio e finalmente riconobbe quei sussurri, alzò il viso e vide tanti vecchi amici che le sorridevano e la salutavano: gli alberi variopinti dei suoi monti! Uno spettacolo unico, inimitabile, da togliere il fiato. Li ammirava incantata e il cuore sembrava volesse scoppiarle tanta era la serenità e la fiducia che tutto ciò le infondeva. Si sentiva come un neonato nelle calorose braccia della propria mamma. Adesso capiva quei mormorii e con il cuore colmo di gratitudine ringraziò i suoi amici che
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del suo paese. Non capiva, non sentiva, non sapeva. Ma quei sussurri divennero sempre più presenti, più avvolgenti .... Un subbuglio improvviso si impossessò di tutto il suo essere, la testa cominciò a girarle vertiginosamente, sempre più rapida, fino a quando, perdendo il controllo del proprio corpo, delle proprie forze, febbricitante si accasciò. E fu in quel momento, con le narici sprofondate nella terra fresca, che ebbe un sussulto, uno strano sentore di vita, un tenue palpito. Un sorriso le nacque improvviso nel cuore, le salì rapido alle labbra; si sentiva ancora stordita, ma avvolta da calda luce, amore, gioia. Con le lacrime agli occhi si guardò intorno: il dolce profumo di terra la penetrava interamente, il soffice tappeto di foglie
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n senso d’incupimento la accompagnava ormai da tempo. Nuvole grevi avvolgevano il suo essere che diveniva giorno dopo giorno più mesto, più tedioso, da non far più giungere alcun raggio di luce. Era precipitata nel vuoto senza rendersene conto, senza un perché, ogni giornata era uguale all’altra, non più emozioni, non più serenità. La sua vita era diventata un continuo andirivieni, un correre senza mai fermarsi, non aveva mai tempo, le ore si dileguavano celeri, la vita le sfuggiva dalle mani. L’apatia lasciava il posto soltanto allo smarrimento che spesso la attanagliava. Cos’era tutto ciò, da dove nasceva quello sgomento, cos’era quel mormorio che le sembrava di sentire quando camminava assente per le strade vuote
di Antonella Grasso
T ANTONELLA GRASSO LA FOTO DEI RICORDI
SUSSURRI D’ AUTUNNO
Registrazione del film "un anno a Caposele"
Bicchierata in cantina - 1970
In piedi da sinistra: Nicola Conforti, Raffelino Petrucci, Lorenzo Petrucci, Pierino (di Achillotto), Fiore Nisivoccia, Angelo Farina Accovacciati da sinistra: Pinuzzo Corona, Alfonso Casale, Pasquale ... Manliuccio Di masi, Poli Carbone
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