Triennale Design Museum
I lavori per il Triennale Design Museum iniziano nel 2004 con la realizzazione della Biblioteca del Progetto, Archivio Storico e Centro di Documentazione, proseguono con il restauro degli spazi destinati al museo e si concludono il 6 dicembre 2007 con la sua apertura al pubblico, nel pieno rispetto dei tempi programmati e senza interrompere neanche per un giorno l’attività culturale ed espositiva della Triennale di Milano. Il progetto architettonico di restauro del Palazzo e di sistemazione e adeguamento del museo è di Michele De Lucchi. Tutti gli spazi espositivi della Triennale sono stati adeguati agli standard museali internazionali, compresa la climatizzazione del Salone d’Onore. In particolare l’elemento architettonico innovativo di Triennale Design Museum è il suo ingresso attraverso un ponte che permette al museo di essere al contempo all’interno della Triennale e corpo autonomo e visibile nella sua funzione. Per il Triennale Design Museum la Triennale si è avvalsa della cura scientifica di Andrea Branzi. Triennale Design Museum ha l’ambizione di essere fortemente innovativo. In genere nei musei ci si va una o due volte nella vita. Il programma, la sfida di Triennale è quella di far tornare il visitatore due volte all’anno. Da qui l’idea di un museo non cristallizzato e statico, ma un museo dinamico. Capace di rinnovarsi e di offrirsi sempre con visioni rinnovate. Un museo con un ordinamento scientifico, ma anche con un approccio emozionale, che propone al visitatore un’esperienza coinvolgente e tale da innescare il desiderio di ripeterla altre volte. Da una parte si sviluppa in un’ampia ricerca scientifica che racconti e rappresenti la storia del design italiano attraverso diverse chiavi di lettura, storie, prospettive, approcci e che affronta per la prima edizione del museo il tema “Che cosa è il design italiano?”, da un idea di Italo Rota con Silvana Annicchiarico e Andrea Branzi. La storia del Design Italiano sarà presentata non solo attraverso un paesaggio domestico di oggetti ma anche attraverso un contributo filmico–architettonico di Peter Greenaway (Ouverture. Fiato alle trombe! 2000 anni di creatività italiana) e di registi italiani che interpreteranno le ossessioni del design Italiano:
Antonio Capuano La luce dello spirito. Lampade, raggi, realtà immateriali, dal Barocco a oggi; Pappi Corsicato Il super-comfort. Elaborazione problematica di comodità popolare; Davide Ferrario La dinamicità dai Futuristi. Alla ricerca di instabilità, velocità, provvisorietà moderna; Daniele Luchetti La democrazia impilabile. Alla ricerca di serialità, impilabilità, lavabilità; Mario Martone Il teatro animista. Da Pompei agli oggetti di scena contemporanei; Ermanno Olmi I grandi semplici. Dai Paleocristiani all’attuale ricerca di archetipi; Silvio Soldini I grandi borghesi e la sacralità del lusso. Come primo fondamento del consenso sociale attorno al Design italiano e alla sua memoria del lusso sacro dei Bizantini.
Al percorso si aggiunge un Teatro Agorà, uno spazio interamente realizzato in legno dove si svolgono dibattiti, convegni, presentazioni, eventi e performance artistiche. Un luogo fisico permanente, ma dai contenuti in continua trasformazione, dove arcaicità e tecnologia si combinano all’interno con legno ottenuto da cedri del Libano, all’esterno con un gioco di specchiature di alluminio e un sistema di illuminazione composto da 39 monitor. Triennale Design Museum si distingue anche per la presenza di un Laboratorio di Restauro. Un centro dedicato alla “memoria della modernità”, ma anche alla sperimentazione di nuove tecnologie, con l’ambizione di diventare un punto di riferimento internazionale per la complessa questione del recupero e della conservazione degli oggetti e dei materiali contemporanei. Triennale Design Museum è il centro della rete dei giacimenti del design di cui il nostro paese, e in particolare la Lombardia, è ricco e rappresenta un’autentica ricchezza diffusa, ma spesso sconosciuta che sono i musei d’impresa, le collezioni pubbliche e private. Il Museo è pertanto anche l’occasione per mettere in rete questo vasto patrimonio e renderlo visibile nei suoi contenuti. A dirigere Triennale Design Museum è stata chiamata Silvana Annicchiarico che da 9 anni è il Conservatore della Collezione Permanente del Design Italiano della Triennale di Milano e che da 6 anni è responsabile del Settore Design della Triennale.
L’Europeo ha realizzato un numero speciale monografico, di 360 pagine, progettato per la nascita di Triennale Design Museum. Il percorso dello sviluppo del design italiano sarà raccontato dalle grandi firme dell’Europeo e da storici e designer nel contesto della storia dell’Italia nel Novecento. Grazie alla Banca Popolare di Milano, al prezzo di 11 euro insieme al biglietto di ingresso, al visitatore verrà consegnato il numero speciale dell’Europeo. Il nuovo logo e la grafica istituzionale di Triennale Design Museum sono stati progettati da Pierluigi Cerri. Per festeggiare il museo sarà data in omaggio a tutti i visitatori la scultura da viaggio di Munari realizzata in occasione del centenario della sua nascita (ed. Corraini), grazie al supporto di MINI.
Un museo mutante
Silvana Annicchiarico
Se n’è parlato per più di mezzo secolo. Le polemiche, i dibattiti, i convegni, le discussioni, le provocazioni non si contano. Ma, fino all’altrieri, nessuna proposta si era ancora concretizzata, nessuna idea aveva saputo uscire dall’alveo della pur necessaria riflessione teorica per dar vita a un progetto concreto. Perché? Per quale motivo un museo del design in Italia finora non c’è mai stato, nonostante un percorso lastricato di buone intenzioni? Le risposte, come è ovvio, sono molte. Tralasciando le pur evidenti ragioni politiche, o la cronica difficoltà di reperire i fondi necessari, mi sembra che due siano le questioni principali. In primo luogo, progettare e realizzare un museo del design è cosa ben diversa dal progettare o realizzare un museo archeologico o un museo di arte contemporanea. I prodotti di design sono per lo più di serie, non sono pezzi unici. Quindi non hanno l’aura dell’unicità, dell’irripetibilità, dell’irriproducibilità. Inoltre, sono realizzati prima di tutto per l’uso, non tanto e non solo per una fruizione estetico-contemplativa. Ciò pone problemi complessi di ordinamento e di allestimento, e suggerisce comunque di non adattare meccanicamente un progetto di museo del design ai modelli consolidati dei musei delle arti figurative o dei musei scientifici. A questo problema teorico concettuale si aggiungono poi problemi specifici, relativi alle peculiarità del territorio. Il design italiano è costituito da una molteplicità di soggetti che rendono difficile la definizione di un sistema uniforme, centralizzato e organizzato. Esistono infatti numerosi giacimenti del design italiano dispersi sul territorio, di proprietà di aziende o enti che, agendo alla periferia del sistema, hanno spontaneamente creato luoghi di conservazione e valorizzazione delle “proprie opere”. In certa misura il museo del design esiste già, ma resta nascosto al pubblico perché esploso all’esterno di un classico involucro architettonico, frammentato e disaggregato sul territorio, talvolta addirittura disperso. Lontano dalle rotte principali del turismo e della cultura, giace cioè un patrimonio diffuso di gioielli unici al mondo: collezioni eterogenee, musei aziendali, “magazzini pieni di design”sconosciuti al pubblico perché difficilmente raggiungibili.
Da qui la necessità di eleggere un luogo centrale capace di rappresentare e valorizzare questa somma di espressioni in un progetto museale coordinato. Di fondare insomma una rete, che metta a sistema il tutto e gli fornisca un’adeguata rappresentazione. In questo quadro, diventa centrale, strategico e decisivo il ruolo di Milano. Perché Milano non è solo la capitale del design, ma è anche la capitale del sistema produttivo del Paese. È la città dove hanno sede i più importanti studi di design, le principali aziende, le più importanti scuole, le riviste. È il luogo in cui nascono e da cui si diffondono le nuove idee sul design e i linguaggi più innovativi. L’intero sistema produttivo regionale e nazionale è sostenuto da una rete di supporto, promozione e assistenza che trova a Milano la sua sede naturale, e che fa della città ambrosiana la sede – per così dire – naturale (sia pure di una naturalità nutrita di storia e di cultura…) di un museo del design italiano. Rispetto alla maggior parte dei musei del design diffusi nel mondo, quello della Triennale di Milano presenta una prima significativa differenza, che è poi anche un segno della sua specifica identità: non si basa su un’enorme collezione di proprietà, archiviata nei depositi e nei magazzini, ed esposta parzialmente nello spazio museale vero e proprio, ma punta a valorizzare proprio la “rete di giacimenti” di cui si diceva poc’anzi. Anche se in questi ultimi anni la Triennale ha fatto un lavoro sistematico di valorizzazione della sua collezione, incrementandola dal punto di vista quantitativo, trasformando molti prestiti in donazioni e favorendo la sua visibilità attraverso una serie di mostre tematiche e altre itineranti nelle più prestigiose capitali europee e mondiali, la scelta finale è stata quella di non replicare collezioni o parti di collezioni già esistenti, inseguendo un’impostazione obsoleta che fa dipendere l’esistenza stessa del museo dalla proprietà privata degli oggetti che lo costituiscono. Se è vero che l’intero territorio nazionale è un grande archivio, si è scelto di puntare fino in fondo su questo serbatoio, e di valorizzare il più possibile l’idea di un museo che attinga al territorio e che sappia darne un’adeguata rappresentazione attraverso una fitta rete di scambi e di relazioni incrociate.
In questa prospettiva, l’inserimento nel nostro museo di pezzi-simbolo provenienti da altri musei risulterà non soltanto utile al nostro “racconto”, ma funzionerà come rimando, o come “staffetta culturale” capace di invogliare il visitatore a spostarsi e muoversi nel territorio. Ma il Museo del Design italiano della Triennale di Milano ha l’ambizione di essere fortemente innovativo anche da un altro punto di vista. In genere, nello stesso museo ci si va una o due volte nella vita. Magari si torna più volte a vedere la Gioconda, ma è improbabile che si torni a rivedere oggetti d’uso quotidiano, che pure sono classici e icone del design, come la Vespa o la Moka Bialetti, con cui ci si prepara il caffè ogni mattina. Ebbene: la nostra ambizione, per non dire la nostra sfida, consiste nel tentativo di far tornare il visitatore almeno ogni anno, se non addirittura più volte l’anno. Per questo abbiamo immaginato un museo dinamico, non statico, non cristallizzato in se stesso e nelle proprie granitiche certezze. Un museo, cioè, capace di rinnovarsi continuamente, e di offrire al visitatore sguardi, punti di vista e percorsi di volta in volta nuovi e diversificati. Un museo scientifico e rigoroso, certo, ma anche emozionale e coinvolgente: tanto coinvolgente da innescare nel visitatore il desiderio di ripetere in tempi brevi l’esperienza. Il design, del resto, è una disciplina ancora viva, la sua storia non è stata ancora scritta in maniera definitiva, per cui è possibile pensare a più storie, a più prospettive, a più approcci che consentano ogni volta di riattraversare il medesimo territorio secondo una mappa diversa, o di eseguire in modo differente la stessa partitura. Per questo anche l’ordinamento cercherà di essere fortemente innovativo: ci saranno – questa almeno è la nostra intenzione – continui cortocircuiti fra il modernissimo e l’antichissimo, fra il futuro e il passato, fra il design e gli altri linguaggi espressivi della contemporaneità. Più che a definire un ordinamento classificatorio tradizionale, abbiamo lavorato per mettere a punto una vera e propria “rappresentazione” in cui gli oggetti e le icone del design saranno i protagonisti, ma non gli unici ed esclusivi personaggi.
E tutto questo cambierà a cadenza periodica: ogni volta, a distanza di 12-18 mesi, cambieranno il tema-chiave, l’ordinamento scientifico e l’allestimento. Con l’intento, appunto, di fare del museo un organismo vivo e mutante, capace di mettere in discussione se stesso, di smentirsi e di interrogarsi: di essere cioè un’istituzione votata alla ricerca oltre che alla conservazione, all’apertura di nuove domande più che alla difesa di un dogma disciplinare indiscutibile e stabilito a priori una volta per tutte. La prima edizione, dedicata al tema Che cosa è il design italiano?, sarà curata da Andrea Branzi, avrà come progettista dell’allestimento Italo Rota e si avvarrà della collaborazione di importanti registi cinematografici come l’inglese Peter Greenaway e gli italiani Ermanno Olmi, Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Davide Ferrario, Daniele Luchetti, Mario Martone, Silvio Soldini. Accanto al laboratorio di restauro, che ha l’ambizione di diventare un punto di riferimento per la complessa questione del recupero e della conservazione degli artefatti e dei materiali contemporanei, questi spazi “satellite” andranno ad arricchire l’insieme di offerte e di servizi garantiti dal museo al primo piano del Palazzo dell’Arte restaurato da Michele De Lucchi. Un restauro che non solo ha dotato lo spazio espositivo dei necessari requisiti museografici internazionali e ha creato un magazzino funzionale interno, ma che soprattutto ha immaginato un museo a cui si accede attraverso un ponte sospeso. Se è vero che i luoghi parlano già a partire dalle soglie che li separano e collegano con il mondo, il Museo del Design italiano della Triennale parla fin da subito due idiomi: quello della relazione e quello della vertigine. Testo introduttivo all’Europeo Numero speciale per Triennale Design Museum
Un Museo diverso
Andrea Branzi
In generale i Musei di Design consistono in una lunga successione di oggetti e di stili; ma le motivazioni profonde che sono all’origine di quegli oggetti e di quegli stili, rimangono sempre in secondo piano rispetto alle vicende dell’Arte e dell’Architettura. Al design, si continua a attribuire una storia secondaria, molto breve (due secoli) e limitata a vicende che riguarderebbero soltanto il variare del gusto, delle banali necessità quotidiane o delle tecniche di costruzione. Questo Museo vuole invece affermare che quella del design è una storia per molti versi autonoma e alternativa a quella dell’Arte e dell’Architettura; e che proprio per la sua natura particolare, apparentemente legata alla quotidianità domestica, fornisce informazioni culturali e antropologiche preziose per capire la storia profonda del nostro paese. In altre parole la storia del Design Italiano non è mai stata soltanto una storia di oggetti, ma piuttosto una storia fatta anche di pensieri, di religioni, di politica e anche di uomini (come diceva Giorgio Vasari quando scriveva le “Vite di uomini illustri” per raccontare il Rinascimento italiano). Questo principio vale in generale per tutta la storia della cultura, ma in modo particolare per il Design Italiano, le cui vicende sono strettamente legate alla storia complessiva del nostro paese, di cui forniscono un livello di conoscenza originale e significativo.
Potremmo dire paradossalmente che è il Design a illuminare spesso molti aspetti della nostra storia nazionale; e non viceversa. Sono gli oggetti domestici e il loro modo di essere concepiti, che forniscono informazioni preziose su vicende più ampie e più alte, mettendone in luce aspetti profondi non facilmente rintracciabili nelle storie ufficiali. La cultura quotidiana non è mai stata il risultato automatico delle vicende tecnologiche o industriali, ma è un fenomeno complesso la cui origine (soprattutto in Italia) non coincide con l’inizio della Rivoluzione Industriale, ma molto prima, nelle fasi iniziali di formazione del paese, negli oggetti e negli strumenti in cui l’Italia si è sempre rispecchiata. Tenendo dunque separate le due storie, quella del design (come se fosse una vicenda interna a una disciplina minore) e quella complessiva del paese, non si fa un buon servizio né all’uno né all’altro; perché in Italia gli oggetti hanno avuto un ruolo del tutto particolare nelle vicende della religione, della filosofia e dell’economia, in misura del tutto diversa da ciò che è successo in altri paesi europei. A loro volta la religione, la filosofia e l’economia, hanno influenzato profondamente la storia dei nostri oggetti.
Come fare un museo del design in Italia?
Italo Rota e Peter Greenaway
Riuscite a immaginare un film su Chicago senza una pistola, un telefono o un’automobile? Riuscite a immaginare un dramma di Shakespeare senza un teschio, un fioretto e un arazzo? Si può rappresentare l’Otello di Shakespeare senza il fazzoletto di Desdemona? Otello è ambientato a Venezia. Shakespeare ha ambientato i suoi drammi più belli in Italia. E si sa da dove venivano i gangster di Chicago. L’oggetto di scena, il materiale da rappresentazione teatrale, l’artefatto, l’oggetto significante. L’oggetto che crea azione, contesto, senso, scambio, stimolo immaginativo, desiderio, simbolo, metamorfosi. E negli ultimi cinquant’anni la maggior parte di questi oggetti, prodotti materiali, artefatti che creano senso, sensazioni e desiderio sono arrivati dall’Italia. Si potrebbe obiettare: perché parliamo solo degli ultimi cinquant’anni? Perché non gli ultimi duemila anni? Bene, se dicessimo così, faremmo ingelosire tutto il resto del mondo, e l’invidia, come diceva Livio, è un’emozione distruttiva e corrosiva. Mettiamo insieme un oggetto e un nome del design italiano e la scena si fa più chiara – Olivetti, Lambretta, Vespa… Tali oggetti di design significano stili di vita desiderabili, standard di eccellenza nella qualità di vita e contesti molto speciali. Nessun oggetto o artefatto è un’isola, potremmo parafrasare John Donne dicendo “Nessun uomo è un’isola”. Nessun oggetto è un’isola. Né nella storia né nella geografia. Quindi tanti di questi oggetti hanno antenati e una certa provenienza, esistevano sedie e tavoli e letti e bikini nella Roma Imperiale. Esistevano lampade e carri con ruote a Pompei, c’erano vasi e vetri a Venezia. C’erano pure sedie e sgabelli nella Divina Commedia di Dante a Firenze nel 1300; c’erano sedie nella Cena ad Emmaus di Caravaggio, c’erano sedie nella Dolce Vita di Fellini nel 1959, ci sono sedie negli uffici della Fiat a Torino nel 2007. Oggetti che creano senso in letteratura e nella pittura, nel cinema e nel mondo del business. Tali oggetti possiedono un significato nel contesto di celebri accadimenti storici quanto in celebri finzioni artistiche. Pensiamo all’enigma degli oggetti in Carpaccio e in Crevalcore, in Caravaggio, in Crivelli, in Canaletto, in Cellini e in De Chirico, in Carracci e Correggio – solo per citare i celebri artisti italiani il cui cognome inizia con la lettera C.
Al Museo del Design della Triennale di Milano del 2007 vogliamo presentare gli oggetti più carichi di senso del design italiano del XX secolo nel contesto della storia e della cultura italiana. Un museo che parla di oggetti senza molti oggetti, poiché il contesto dell’oggetto è rilevante tanto quanto l’oggetto stesso. Possiamo realizzare tutto questo oggigiorno con massima economia di mezzi rispetto al passato, tramite le potenzialità dei nuovissimi strumenti tecnologici che sono essi stessi una straordinaria evocativa testimonianza e rappresentano la pratica quotidiana della nostra visual information age. Vogliamo proporvi quindi un museo / installazione dell’era dell’informazione visiva. Il nostro obbiettivo è quello di creare un’esposizione auto-riflessiva che faccia vedere il significato degli oggetti del design nell’ambiente originale della loro stessa orgogliosa progettazione; gli oggetti dovranno mostrare la fierezza della loro esistenza – dato che la mente umana richiede e insiste sempre sulla novità – ma anche quella di appartenere al celebrato club degli altri oggetti di design, poiché questo significa solidarietà, rispetto e continuità con il passato. Vogliamo fare questo con eleganza, ma anche giubilo ed esuberanza – ben sapendo che queste caratteristiche spesso gridate con enfasi e autocompiacimento – e perché no? “Non nascondere la tua luce dietro un mucchio”– Esodo. “Squilli una tromba per ogni vittoria ben conquistata”– Ettore. “Sii valoroso e fai squillare la tua tromba” – Garibaldi. “Mulini, vele, trombe e ambizioni hanno bisogno del vento favorevole” – Beaumarchais. Dunque un museo di oggetti che non sia una semplice esposizione di oggetti, creata con strumenti moderni, poiché il contesto dell’oggetto parla più forte dell’oggetto. Cento oggetti significativi dell’Italia contemporanea offerti a voi in modo tale che l’oggetto numero centouno sia il museo stesso.
Fiato alle Trombe!
2000 anni di creatività italiana
Gli Schermi
Peter Greenaway
Il corpo impone il design. Le persone si siedono, mentono, volano, muoiono, nuotano, annegano, dormono e sognano in un mondo elaborato dal design. Cinque sensi – vista, suono, gusto, udito, tatto. E quattro elementi - fuoco, acqua, aria, terra. Questi sono i dati di fatto. Potremmo aggiungere la gravità, la temperatura, la velocità e il testo. E vi daremmo così cinque paesaggi - la cornice (vi diamo in realtà tre cornici in cui mettere ogni cosa al mondo), la torre che aspira verso l’alto (per raggiungere il Cielo), l’arco di trionfo (per celebrare le nostre vittorie), l’ampio ed esteso orizzonte (per soddisfare il nostro bisogno di esplorare), e un segmento della sfera terrestre (per essere sicuri di sapere sempre dove siamo).
Questo basta a coprire ogni aspetto nel design, e gli italiani continuano a progettare da duemila anni. Gli Etruschi, i Romani dell’età repubblicana, i Pompeiani, i Romani dell’età imperiale, i cristiani, il Medioevo, il Rinascimento, il Manierismo, il Barocco, il Rococò e così via… Pensiamo solo all’enigma degli oggetti disegnati in Carpaccio, in Crevalcore, Caravaggio, Crivelli, Canaletto, Cellini, de Chirico – per citare solo gli artisti italiani più celebri il cui cognome inizia con la lettera C. Bisogna proprio festeggiare. Squillino le trombe rosse del design italiano. A gran voce!
© Giovanni Chiaramonte
Š Giovanni Chiaramonte
Museo del Design Italiano alla Triennale di Milano
Andrea Branzi
Che cosa è il Design Italiano? Il nuovo Museo del Design Italiano della Triennale si propone di rispondere a questa domanda attraverso una serie di contributi tematici, ciascuno dei quali avrà la durata di circa un anno, e che indagheranno alcuni dei molteplici aspetti della complessa natura di questa attività nel nostro paese. Il Design Italiano infatti non può essere spiegato soltanto come una disciplina professionale o una pratica imprenditoriale, ma è parte integrante della storia del nostro paese, di cui fornisce preziose informazioni di natura culturale e tecnologica, ma anche filosofica, economica o domestica. Si tratta dunque di una formula museale nuova, che si sviluppa nel tempo e che si avvale della collaborazione di intellettuali e di creativi, che interpretano le vicende del Design Italiano in termini non accademici ma come una realtà vivente e dinamica.
Queste isole sono:
Le sette ossessioni del Design Italiano In generale i Musei di Design fanno risalire l’origine di questa attività all’inizio della Rivoluzione Industriale nel XVIII secolo, quando cioè iniziò la produzione di serie e l’uso di tecnologie industriali, da cui sarebbe nato l’industrial design. Questa tradizione storiografica esclude quindi di indagare l’origine più antica e profonda di questa cultura oggettuale; perché la considera frutto dall’artigianato che segue logiche lontane del funzionalismo e dalla Ragione della modernità. Ma così facendo si divide in due parti la storia materiale di una società, considerando l’antichità ininfluente e lontana, e la contemporaneità incomprensibile perché priva di radici. Per capire il Design Italiano occorre invece accostare queste due storie, cercando di interpretare le sue antiche radici latine, cristiane o rinascimentali, come parti di un’unica vicenda che serve a spiegare la complessa realtà contemporanea; che non è riconoscibile da uno stile (ma da tanti stili) o da una strategia industriale (che cambia continuamente nel tempo). Si tratta invece di una storia caratterizzata dal permanere di alcune “ossessioni” di natura intellettuale o politica, spesso molto antica; ma che rendono del tutto particolari le vicende del Design Italiano rispetto a quelle di altri paesi. Questo primo allestimento del Museo è dunque organizzato attorno a sette “isole ossessive” a cui fanno riferimento circa 400 oggetti contemporanei selezionati e anche testimonianze più antiche, presenti nella mostra.
La Luce dello spirito Lampade, raggi, realtà immateriali, dal Barocco a oggi
Il Teatro Animista Da Pompei agli oggetti di scena contemporanei I Grandi Borghesi e la Sacralità del Lusso Come primo fondamento del consenso sociale attorno al Design italiano e alla sua memoria del lusso sacro dei Bizantini Il Super-Comfort Elaborazione problematica di comodità popolare La Dinamicità Dai Futuristi alla ricerca di instabilità, velocità, provvisorietà moderna La democrazia impilabile Alla ricerca di serialità, impilabilità, lavabilità
I Grandi Semplici Dai Paleocristiani all’attuale ricerca di archetipi
Il Teatro Animista da Pompei agli oggetti di scena contemporanei
Carlton Ettore Sottsass Memphis progetto e produzione 1981 Gilet Giacomo Balla progetto e produzione 1924-1925
A partire dalla Domus latina fino ai nostri giorni è presente l’idea della casa come luogo teatrale, cioè un luogo scenografico, dove gli oggetti sono attori che interloquiscono con gli abitanti (come nell’Antologia Palatina), e come degli “animali domestici” proteggono la casa dai pericoli del Fato e dai male intenzionati. L’idea di uno spazio scenico e non soltanto funzionale, nasce dalla filosofia secondo la quale ogni uomo aveva una parte nella commedia della vita, a cui solo la morte poneva fine restituendo a ciascuno la sua vera identità. Dunque la storia era vista come un passaggio, una finzione che non permetteva di avere modelli certi, ma soltanto delle “messe in scena”; questa attitudine a rappresentare la “commedia della vita” è assente nell’Europa (protestante) e presente nell’Italia (cattolica). Questa antica radice influenza ancora una parte del Design Italiano quando usa gli oggetti come “servi di scena” per una rappresentazione dello spazio come il palcoscenico della modernità, più che come luogo tecnologico e specializzato. Il Teatro sommerso di Mario Martone Se la Grecia ha inventato il teatro occidentale, sono state le città della penisola italica (quelle della Magna Grecia e dell’Etruria, e poi Roma) a dare forma visiva, con innumerevoli testimonianze artistiche, alla “vita teatrale”. Non solo le scene del mito, dunque, ma lo spettacolo in senso concreto: vasi, mosaici e terrecotte sono infatti piene di palchi, tendaggi, scale, maschere, tutti oggetti che formano la scena insieme ad attori, mimi, musicisti, acrobati, ballerini. Sottratto alla rigidità del calendario liturgico greco, il teatro (soprattutto i generi “poveri” come il mimo drammatico e l’atellana) pervade la vita quotidiana delle popolazioni italiche e si infila addirittura nei corredi funebri, come nella necropoli di Lipari e in tante tombe etrusche e romane. © Giovanni Chiaramonte
I Grandi borghesi e la Sacralità del Lusso Come primo fondamento del consenso sociale attorno al Design italiano e alla sua memoria del lusso sacro dei Bizantini
© Giovanni Chiaramonte
I grandi borghesi e la sacralità del lusso di Silvio Soldini Tuffo nel cinema italiano alla ricerca di frammenti che possano raccontare la nostra borghesia nel suo concetto di casa, arredo, lusso. Un breve film di montaggio che inventa una nuova musica prendendo a prestito alcune immagini dai grandi autori del cinema italiano.
Martingala Marco Zanuso Arflex progetto e produzione 1954 Incisa Vico Magistretti De Padova progetto e produzione 1951
Il Design Italiano è l’unico in Europa ad avere avuto origine non solo dalle Avanguardie ma soprattutto dai “club illuministi” della borghesia (milanese in particolare) che hanno ricercato nello stile moderno uno strumento che le fornisse sicurezza e identità. Tra le due guerre l’alta borghesia e gli intellettuali di opposizione hanno usato l’arredamento moderno anche come espressione della loro profonda inquietudine, come ricerca di una modernità letteraria, benpensante ma anche torbida (come nel caso di Carlo Mollino). Negli spazi interni delle ville e delle grandi magioni borghesi si è formata una realtà culturale inquieta, che ha caratterizzato anche il Design Italiano contemporaneo, sempre incerto tra lusso, buon gusto e rigore calvinista. Dall’antica tradizione bizantina e paleocristiana il Design Italiano ha inoltre ereditato la tendenza a attribuire ai gioielli e agli oggetti preziosi, ai fragili vetri, un alto valore simbolico, quasi sacro, come testimonianze di valori spirituali. I gioielli e gli oggetti preziosi erano considerati oggetti transizionali, che trasferivano cioè le qualità organolettiche dei materiali e delle pietre preziose in virtù civili, esaltando la nobiltà e la fertilità di chi li indossava o li possedeva.
Il Super-Comfort Elaborazione problematica di comodità popolare
Tra le ossessioni del Design Italiano vi è sicuramente quella degli imbottiti, dei super-imbottiti, dei cuscini destrutturati, come ricerca di un benessere fisico misurabile sui centimetri di schiume morbide. L’industria dell’imbottito italiana è stata la prima a “rappresentare” la comodità come un valore più complesso, costituito dai materiali del rivestimento e dal loro profumo, dalla consistenza invitante dell’imbottitura, dalla forma suadente della seduta, che devono complessivamente creare l’”effetto” psicologico di comfort. Erede della grande tradizione Barocca il supercomfort del Design Italiano ha quindi un fondamento problematico, tra “formale” e “informale”, tra “prodotto” e “sistema infinito” fino a diventare spesso un oggetto più teorico che reale. Il concetto di “comfort” ha avuto origine negli USA dopo la grande crisi degli anni ’30, nello spirito del “New Deal” e non appartiene alla nostra tradizione più severa e problematica, che ha sempre cercato di combinare insieme valori fisici con valori metafisici…
Tube Chair Joe Colombo Flexform, Vitra progetto 1969 produzione 1970
Il Super-Comfort di Pappi Corsicato Un corpo o parti del corpo entrano in contatto con materiali e forme che di fatto stabiliscono quello che noi definiamo genericamente “comfort”. Siano essi piume, legno, schiume, chiodi, lattice o altro. Ho cercato di suggerire o evocare con le immagini un concetto tanto definito ma al tempo stesso indefinibile. Con l’augurio che rimanga un mistero.
© Giovanni Chiaramonte
La Dinamicità Dai Futuristi alla ricerca di instabilità, velocità, provvisorietà moderna
Il Design Italiano ha ereditato dal Futurismo l’idea di una Modernità che si esprime come produttrice di vortici, di accelerazioni, di continui cambiamenti. Dunque una modernità dinamica, che non realizza “nuove Cattedrali”, ma innovazione perenne. A differenza dunque delle grandi industrie metalmeccaniche internazionali, in Italia si è realizzata una collaborazione anche tra designer e piccole industrie innovative, che hanno sviluppato ricerche spesso geniali su nuovi mezzi di trasporto. Questa idea di una modernità indossabile, trasportabile, trasformabile, ha influenzato anche la progettazione di molti oggetti domestici che sono stati pensati, anche da Grandi Maestri, per spazi abitabili continuamente in evoluzione. Come in nessun altro paese dunque l’abitare è visto come un territorio sperimentale, dove si svolge una incessante ricerca di un assetto definitivo che non si realizza mai.
La Dinamicità di Davide Ferrario Futurismo! “Noi canteremo le locomotive dall’ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. È dall’Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo” (F.T. Marinetti, 1909) La velocità irrompe nell’arte e nella vita quotidiana. Nel corso del secolo tutto diventerà mobile, portabile, scomponibile, flessibile. Dal punto di vista del design gli oggetti si fanno (aero)dinamici, plastici, leggeri, trasportabili e indossabili. Irrompono sul mercato automobili e scooter per un pubblico di massa che cambiano la vita dell’Italia contemporanea. Sarebbe stato contento Marinetti delle 500 con cui i suoi connazionali si riversano sulle spiagge nelle domeniche d’agosto degli anni sessanta? Futurismo o futurismo? Da questo paradosso ecco l’idea di un piano sequenza in una location insieme avveniristica e nostalgica (il vecchio stabilimento della FIAT al Lingotto di Torino) che metta in scena una sorta di corto circuito tra Topolino e bici Laser, tra vecchio modernismo e modernità che guarda indietro. Una steadycam che non si ferma mai, alla ricerca di oggetti creati con l’ossessione di essere nuovi, facili da usare, per tutti. Dove va il design? E dove stiamo andando noi? Le risposte sono solo opinioni. La passerella olimpica che dal Lingotto si avventura nel vuoto è una metafora rivelatrice.
Parentesi Achille Castiglioni, Pio Manzù Flos progetto 1970 produzione 1971
© Giovanni Chiaramonte
La Democrazia Impilabile Alla ricerca di serialità, impilabilità, lavabilità
© Giovanni Chiaramonte
Il Design Italiano ha interpretato la democrazia moderna come occasione per realizzare sistemi di oggetti in plastica, leggeri, colorati, impilabili, lavabili e spesso di basso costo. Queste nuove tipologie di oggetti domestici non rispondevano soltanto a esigenze funzionali, ma piuttosto a una grande metafora sociale, quasi a una ossessione politica di una modernità semplice e popolare. La diffusione di questo tipo di oggetti costituì durante gli anni ’50 e ’60, un grande successo e favorì la diffusione dell’idea che il design fosse in grado, insieme ai nuovi materiali, di realizzare un modo radicalmente nuovo (e economico) di abitare e lavorare. Il Moplen inventato dal Premio Nobel Giulio Natta, fu il primo di una lunga serie di materiali plastici che si integrarono progressivamente nei nostri scenari domestici, rinnovandoli e favorendo comportamenti più evoluti.
Plia Giancarlo Piretti Anonima Castelli progetto 1968 produzione 1969 Cono Ambrogio Pozzi Environnement Pierre Cardin progetto e produzione 1969 – 1970
La Democrazia Impilabile di Daniele Luchetti Quanto è possibile impilare oggetti impilabili prima che perdano di senso e diventino un altro oggetto, impilabile a sua volta? È possibile immaginare una città formata da oggetti impilati? E una volta formata, una città del genere sarebbe definitiva, o rischierebbe di essere a sua volta soppiantata da altri gusti e da altri oggetti, impilabili a loro volta?
La Luce dello Spirito Lampade, raggi, realtà immateriali, dal Barocco a oggi
Il design italiano ha sempre visto il tema dell’illuminazione non come un semplice problema illuminotecnico, ma come l’occasione per realizzare segni immateriali; vicino alla grande tradizione della pittura e della spiritualità italiana, il nostro light design ha sempre visto la lampada come produttrice di luce ma anche di ombre, di penombre e di tenebre. A differenza di altre culture nazionali il design italiano ha saputo interpretare la luce come una presenza vitale e misteriosa, come gioco della tecnologia e come parte di una festa ambientale. A partire da Gio Ponti fino ai fratelli Castiglioni il design italiano e le industrie del settore hanno occupato una leadership internazionale che deriva proprio da questo approccio problematico e spesso ironico alla luce. Raramente infatti i prodotti del light design italiano sono lussuosi, ma molto più spesso sono presenze amiche che giocano dentro l’ambiente il ruolo di folletti domestici che illuminano la nostra notte. La Luce dello Spirito di Antonio Capuano
© Giovanni Chiaramonte
Eclisse Vico Magistretti Artemide progetto e produzione 1965 Taraxacum 88 Achille Castiglioni Flos progetto e produzione 1988
Buio assoluto. Luce improvvisa, a scatti. Una scritta neon bianca illumina un passaggio sotterraneo della metro. La scritta è un verso di Dante. Una donna giovane, in nero aderente, tacchi, sale la scala mobile, proprio sotto la scritta. Tiene con tutt’e due le mani, una bellissima lampada chiara. La scala la porta verso di noi. Quando ci passa accanto, le notiamo il collo esile, le labbra rosse, gli occhi sfuggenti. Strada città. Esterno sera. Un ragazzo, giacca e cravatta, scarpe lucide, cammina rasente una strada piena di traffico. Porta con attenzione una grande lampada bianca. La lampada tenuta molto accostata alla faccia gli illumina il volto pallido. Mare. Porto. Esterno sera. Due ragazzi portano a spalla un grande arabesco al neon. La banchina è grigia e deserta. I ragazzi hanno le facce serie di chi sta facendo un lavoro necessario. Di giovani che portano lampade accese, ne vedremo, forse 20. Poi un grandissimo ambiente. Bianco. Interno sera. I ragazzi uno alla volta, entrano con le lampade. Le poggiano ai piedi della parete lunga, che diventa via via più chiara. Due ragazzi sospendono l’arabesco. Il grande neon oscilla, fluttua nel vuoto e comincia lentamente a salire verso l’alto. Città. Esterno alba. La luce sale da Est, dietro i palazzi bui. Lentissimamente, l’arabesco spunta dalle cime dei palazzi e si arrampica in cielo illuminando tutta la città.
I Grandi Semplici Dai Paleocristiani all’attuale ricerca di archetipi
C’è una parte importante deI Design Italiano che ha fondato il suo lavoro sulla ricerca della“semplicità” più che della “razionalità”. A differenza di molte altre culture del progetto, europee o internazionali, essa ha conservato le sue radici con la cultura popolare e contadina, elaborando prototipi semplici, che interpretano la modernità come la nascita un nuovo alfabeto elementare, che permette di riscoprire valori spirituali e ideali. La semplicità dunque non è il risultato di un processo ingenuo, ma al contrario è il risultato di procedimento molto sofisticato, che seleziona le forme e le tecnologie per ottenere il massimo risultato espressivo con il minimo sforzo formale. I “grandi semplici” costituiscono dunque una categoria caratteristica del Design Italiano, lontana dalla classicità e dal razionalismo, e più attenta alle tradizioni “povere” della cultura latina e italica.
Semplici Semplici di Ermanno Olmi I Grandi Semplici si confrontano con i Semplici Semplici. Sono, costoro, gli anonimi artigiani: umili artefici, che fin dalla lontananza dei secoli provvedono agli utensili necessari al compimento dei vari lavori e al sostegno del nostro vivere quotidiano. Dall’opera delle loro mani sono nati ogni sorta di arnesi. Così che questi utili oggetti accompagnano da sempre la storia di tutte le genti e da essi, ogni popolo, ne trae la propria immagine.
Falkland Bruno Munari Danese progetto 1964 produzione 1964 Poltrona Seggiovia Franco Albini ricostruito a cura del Cosmit, 1988, Salone del Mobile di Milano progetto e produzione 1940 © Giovanni Chiaramonte
Š Giovanni Chiaramonte
La collana di libri di Triennale Design Museum
Con la pubblicazione in aprile dei primi quattro volumi nasce la collana di Triennale Design Museum, edita da Electa.
Triennale Design Museum Che cosa è il design italiano? Le sette ossessioni del design italiano a cura di Silvana Annicchiarico e Andrea Branzi Il libro è dedicato alla prima edizione di Triennale Design Museum e ne documenta l’ordinamento, suddiviso in sette Ossessioni, l’allestimento di Italo Rota, i contributi filmici di Peter Greenaway, Ermanno Olmi, Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Davide Ferrario, Daniele Luchetti, Mario Martone, Silvio Soldini, con un percorso fotografico di Giovanni Chiaramonte.
Triennale Design Museum Il Museo del Design e la nuova Triennale a cura di Silvana Annicchiarico Il secondo libro è dedicato ai lavori di Michele De Lucchi che ha restaurato gli spazi di servizio del Palazzo della Triennale (atrio, libreria, caffetteria), e creato nuove funzioni come la Biblioteca del Progetto e il Museo con il nuovo ponte di accesso. Inoltre un percorso storico per raccontare come gli spazi di servizio si sono trasformati nelle varie edizioni e come il contenitore sia capace di mutazioni e trasformazioni adattandosi di volta in volta alle diverse necessità espositive.
Triennale Design Museum Il Design Italiano 1964-2000 a cura di Andrea Branzi Il libro è la ristampa del repertorio di Andrea Branzi Il Design Italiano 64-90 con un aggiornamento sulla progettazione e la produzione dell’ultima decade del secolo scorso.
Triennale Design Museum Pink Pavilion Gaetano Pesce a cura di Silvana Annicchiarico Il libro documenta la costruzione di un padiglione sperimentale negli spazi adiacenti a Triennale Bovisa ad opera di Gaetano Pesce. Il Pink Pavilion vuole essere un progetto-pilota per testare l’utilizzabilità di un materiale come il poliuretano per la costruzione di habitat di emergenza. Il progetto si inserisce nella lontana tradizione di Triennale che fin dal 1930 con la Casa Elettrica di Figini e Pollini o il quartiere QT8 negli anni Quaranta ha dato spazio alla sperimentazione e alla ricerca, promuovendo la realizzazione di insediamenti residenziali o progetti-pilota pensati o realizzati con l’utilizzo di tecnologie o materiali innovativi.
Biografie
Silvana Annicchiarico
Andrea Branzi
Architetto, svolge attività di ricerca, critica, didattica e professionale. Dal 2007 è il Direttore del Triennale Design Museum della Triennale di Milano. Dal 1998 al 2007 è stata Conservatore della Collezione Permanente del Design Italiano della Triennale di Milano, dal 2002 è membro del Comitato Scientifico per l’area design, dal 98 al 2004 ha insegnato come Professore a contratto presso il Corso di Laurea di Disegno industriale del Politecnico di Milano. Dal 1998 al 2001 vicedirettore del mensile di design “Modo, attualmente collabora con varie testate giornalistiche e radiofoniche, è curatrice di mostre e di libri in Italia e all’estero.
Andrea Branzi, architetto e designer, nato a Firenze nel 1938, dove si è laureato nel 1966, vive e lavora a Milano dal 1973. Dal 1964 al 1974 ha fatto parte del gruppo Archizoom Associati, primo gruppo di avanguardia noto in campo internazionale, i cui progetti sono oggi conservati presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma; la sua tesi di laurea e numerosi progetti sono conservati presso il Centro Georges Pompidou di Parigi. Co-fondatore di Domus Academy, prima scuola internazionale post-laurea di design. Autore di numerosi libri sulla storia e la teoria del design, ha curato numerose mostre di questo settore in Italia e all’estero. Nel 1987 ha ricevuto il Compasso d’Oro alla carriera. È Professore Ordinario e Presidente del Corso di Laurea alla Facoltà di Interni e Design al Politecnico di Milano.
Direttore di Triennale Design Museum
Curatore Scientifico
Italo Rota
Museum Exhibition Design Visioni in Movimento Che cosa è il Design Italiano?
I lavori dello studio Rota spaziano per soggetto, scala e tipologia ma resta evidente la specializzazione acquisita attraverso gli anni nei progetti di allestimento, eventi, scene e strutture temporanee. Nel 2006 realizza i progetti per le mostre Good N.E.W.S. Triennale di Milano; Fashion DNA presso Rijksmuseum, Amsterdam; Padiglione DARC (X Biennale di Architettura di Venezia, Venezia) e mostra “Città-Porto”, X Biennale di Architettura, Venezia – Palermo. Progetto in corso è il riassetto del palazzo Forcella De Seta a Palermo-Kalsa, intervento su un fabbricato dalla complessa sedimentazione storica condotto con intento non-invasivo e con tecnologie di avanguardia nel campo del risparmio energetico. Il lavoro è stato preceduto da allestimenti temporanei durante l’estate del 2005, occasione in cui il palazzo è stato riportato così allo stato di episodio urbano. Il Museo del Novecento è il progetto di conversione del palazzo dell’Arengario di Milano in museo delle arti di avanguardia. Sempre a Milano è in progetto un complesso con teatro, museo, centro commerciale e parco pubblico in area in via di riurbanizzazione. In India sono in fase di realizzazione i progetti della risistemazione ambientale del grande complesso siderurgico di Dolvi, una residenza privata a Mumbai (Navdisha Palace), un tempio Indu (sempre a Dolvi). Lo studio Rota ha firmato le Boutiques Just Cavalli di Milano, Shangai, Mosca Hong Kong, Dubai e altre sono in fase di realizzazione (Mexico City, Londra, Parigi, Las Vegas, Beirut). Per la recente Olimpiade Invernale di Torino 2006 è stato realizzato il progetto per la Medal Plaza di piazza Castello, comprensiva di palco, platea scene servizi per stampa e pubblico, comunicazione ed apparati tecnici - logistici.
Nel 2004 si inaugura la nuova mediateca presso S. Sisto a Perugia. Nel 2002 progetta e realizza per il Comune di Jesi, Ancona, nel Complesso S. Floriano Mestica, il Nuovo Museo archeologico di Jesi e il nuovo auditorium civico. Nel 2001 per la municipalità di Lugano, sviluppa il progetto di immagine globale e allestimenti interni del nuovo casinò Kursaal della città. Realizzazione fine 2002. Nel 2000 progetta e realizza la chiesa di Santa Margherita Maria Alacocque in Tor Vergata (Roma), come chiusura del Grande Giubileo; in questo stesso anno viene attuato e realizzato il suo progetto per l’illuminazione delle rive della Senna a Parigi. Nel 1998 elabora il Progetto di restauro e allestimento della Rocca Paolina di Perugia destinata ad ufficio d’accoglienza turistica e museo della città di Perugia; realizzazione 1999-2003. Nel 1998 vince il concorso per la Nuova mediateca di Anzola dell’Emilia, Bologna, progetto realizzato dal 1999 al 2002. Nel 1998 vince il concorso per la nuova sede centrale per l’Europa del Sud della Deutsche Bank (per 2200 impiegati) ultimata nel 2005 e dal 1999 cura il progetto e la realizzazione di 2 linee di metropolitana leggera a alta mobilità (L.A.M.) per la città di Brescia. Dal 1981 lavora in Francia dove vince vari concorsi ed è incaricato dei progetti per le Sale di Pittura Francese nella Cour Carré del Louvre e per la ristrutturazione del centro di Nantes; nel 1990 inizia il progetto per il centro di studi avanzati della Columbia University a New York, realizzato nel 1996. Nel 1980 firma con Gae Aulenti i progetti per il Musée D’Orsay e per il nuovo allestimento del Centre Pompidou a Parigi. Dal 1976 al 1981 é redattore della rivista Lotus International, cura alcune edizioni d’architettura tra cui: Mario Botta Milano 1979 e Vittorio Gregotti Milano 1979.
Peter Greenaway
Ouverture Fiato alle Trombe! 2000 anni di creatività italiana
Peter Greenaway nasce a Newport in Inghilterra nel 1942. Con l’idea di diventare pittore studia alla Walthamstow School of Arts affascinato dal Tiepolo, Veronese e Bronzino e in generale da tutto il Barocco e il Manierismo. Nel 1964 tiene alla Lord’s Gallery la sua prima mostra dal titolo Ejzenstejn at Winter Palace. Nel 1965, dopo una breve parentesi come critico cinematografico inizia a lavorare come tecnico del montaggio al Central Office Information, un organismo governativo con cui collaborerà per una decina d’anni. Il suo primo film The draughtman’s Contract (I misteri del giardino di Compton House), che ultimerà nel 1982, ottiene un enorme successo di critica e lo rivela a livello internazionale, accreditandolo come uno dei registi più originali e importanti della nostra epoca. Tra i suoi film successivi: The belly of an architect (Il ventre dell’architetto, 1987); Drowning by numbers (Giochi nell’acqua, 1988); The cook the thief his wife & her lover (Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, 1989); Prospero’s Books (1991) e The pillow book (I racconti del cuscino, 1995) e Eight and a half Woman (Otto donne e mezza, 1999). Il suo recente Nightwatching è stato presentato alla Biennale di Venezia 2007.
Parallelamente alla sua carrierac inematografica Greenaway ha continuato a produrre dipinti, testi, mostre e installazioni in sedi prestigiose in tutto il mondo tra cui Palazzo Fortuny a Venezia, la galleria Joan Miro di Barcellona, il Boymans-van Beuningen di Rotterdam, il Louvre a Parigi, il Groninger Museum, la Hayward Gallery in London, il Rijksmuseum di Amsterdam, e in musei e gallerie a Valencia, Malmo, Budapest, Edimburgo, Parma, Milano, Vienna, Ljubljana, Anversa e Atene. I suoi film hanno ricevuto nomination a Cannes, Venezia e Berlino e da oltre venti anni partecipano a Festival internazionali ricevendo riconoscimenti e premi. Ha pubblicato sceneggiature, cataloghi, romanzi e racconti brevi. Ha scritto testi per il teatro e libretti d’opera. Nel 1994 firma la sua prima regia lirica Rosa, A Horse Drama, di cui è anche librettista. Nel 1997 inventa la prop-opera 100 Objects to Represent the World, rappresentata in diverse nazioni europee ed americane e nel 1999 mette in scena l’opera Writing to Vermeer ad Amsterdam. Recentemente ha ideato la mostra Children of Uranium (Genova, 2005) ed è previsto nel dicembre 2007 il debutto dello spettacolo teatrale Rembrandt’s mirror a Rotterdam. Tiene corsi di arte e cinema ed ha ricevuto la laurea ad honorem dalle Università di Edimburgo, di Utrecht e dello Staffordshire.
Michele De Lucchi
Progettista architettonico del restauro del Palazzo della Triennale
Michele De Lucchi è nato nel 1951 a Ferrara e si è laureato in architettura a Firenze. Negli anni dell’architettura radicale e sperimentale è stato tra i protagonisti di movimenti come Cavart, Alchymia e Memphis. Ha disegnato lampade ed elementi d’arredo per le più conosciute aziende italiane ed europee. È stato responsabile del Design Olivetti dal 1992 al 2002 ed ha elaborato varie teorie personali sull’evoluzione dell’ambiente di lavoro. Ha sviluppato progetti sperimentali per Compaq Computers, Philips, Siemens, Vitra. Ha progettato e ristrutturato edifici per uffici in Giappone per NTT, in Germania per Deutsche Bank, in Svizzera per Novartis e in Italia per Enel, Olivetti, Piaggio, Poste Italiane, Telecom Italia. Dal 1999 è stato incaricato della riqualificazione di alcune Centrali elettriche di Enel. Per Deutsche Bank, Deutsche Bundesbahn, Enel, Poste Italiane, Telecom Italia, Banca Popolare di Lodi, Banca 121, Banca Intesa e altri Istituti italiani ed esteri ha collaborato all’evoluzione dell’immagine introducendo innovazione tecnica ed estetica. Ha curato molti allestimenti di mostre d’arte e design e progettato edifici e allestimenti espositivi per musei come il Museo Diocesano ad Ivrea, la Triennale di Milano, la permanente di Milano, Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Neues Museum di Berlino. Il lavoro professionale è stato sempre accompagnato dalla ricerca personale sui temi del progetto, del disegno, della tecnologia e dell’artigianato. Nel 1990 ha creato Produzione Privata, una piccola impresa nel cui ambito Michele De Lucchi disegna prodotti che, senza committenza, vengono realizzati impiegando tecniche e mestieri artigianali.
Attualmente sta lavorando alla Fondazione Cini di Venezia, al rinnovamento dei musei del Castello Sforzesco di Milano, alla ristrutturazione del Teatro Franco Parenti di Milano e ad alcuni progetti di riqualificazione di aree e quartieri urbani in Italia e all’estero. Lo studio aMDL S.r.l. ha sede a Milano e Roma. Una selezione dei suoi oggetti è esposta nei più importanti musei d’Europa, degli Stati Uniti e del Giappone: nel 2003 il Centre Georges Pompidou di Parigi ha acquisito un rilevante numero dei suoi lavori, poi esposti per un anno in due sale della collezione permanente. Numerosi i riconoscimenti internazionali. Nel 2000 è stato insignito della onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana dal Presidente Ciampi per meriti nel campo del design e dell’architettura. Nel 2001 è stato nominato Professore Ordinario per chiara fama presso la Facoltà di Design e Arti dell’Istituto Universitario di Architettura a Venezia. Nel 2006 ha ricevuto la Laurea ad Honorem dalla Kingstone University, per il suo contributo alla “qualità della vita”.
Antonio Capuano (Napoli, 1945)
Pittore e scenografo, esordisce nel lungometraggio nel 1991 con Vito e gli altri, uno spietato e disperato racconto sulla vita di alcuni adolescenti napoletani, fra prostituzione, droga e malavita. Del 1996 è Pianese Nunzio14 anni a maggio, storia di pedofilia che coinvolge un prete in un quartiere degradato di Napoli, città che è ancora protagonista di Polvere di Napoli (1998), uno sguardo incantato su un microcosmo attraversato da squarci surreali e da un tono onirico, che segnano una svolta nel suo linguaggio. Con Luna rossa (2001) tenta invece di trasferire Shakespeare e la tragedia greca nel mondo kitsch e iperrealista della camorra napoletana, attraverso una vicenda di faide e incesti autodistruttivi che ambisce a tracciare un’ironica e amara antropologia del potere.
Fotogrammi tratti dal film: La luce dello spirito Antonio Capuano
Pappi Corsicato (Napoli, 1960)
Pappi Corsicato, nato a Napoli il 12 giugno 1960. Ha studiato Architettura. Nel 1980 si trasferisce a New York e studia danza e coreografia all’Alvin Alley Dance School, recitazione all’Accademia di Arte Drammatica, poi con Geraldine Barone membro dell’Actor Studio. Nel 1987 compone musica per spettacoli teatrali diretti da: Luca De Filippo, Enzo Moscato, Gruppo della Rocca, Armando Pugliese, ecc. Lavora nel ‘88 come assistente per Elvio Porta sul film “Se lo scopre Gargiulo” nel ’89 con Pedro Almodovar sul film “Legami”. Nel ’90 gira il suo primo cortometraggio Libera, poi nel ’92 Carmela e Aurora, e compone così il suo primo film “Libera” film ad episodi che partecipa nel ’93 al Festival di Berlino, dove riscuote un grande successo di critica nazionale ed internazionale e di pubblico. Partecipa a svariati Festival e viene venduto in quasi tutto il mondo. Vince la Grolla d’oro, il Globo d’oro della Stampa Estera, il Nastro d’Argento e il Ciak d’oro. Nel ’95 il suo secondo film I Buchi Neri partecipa al Festival di Venezia nella sezione Notti Veneziane e viene invitato in molti altri festival internazionali... Nel ’97 partecipa al film collettivo con Martone, Capuano, Incerti e De Lillo, I Vesuviani (la stirpe di Iana) che viene selezionato in concorso al Festival di Venezia. Nel 2000 mette in scena al San Carlo di Napoli l’opera lirica “Carmen”. Nel 2001 gira Chimera selezionato per il concorso al Montreal Film Festival. Grolla d’oro per miglior fotografia.
Fotogrammi tratti dal film: Il Super-Comfort Pappi Corsicato
Dal 1997 ad oggi realizza in Europa e in America 33 video sull’arte per artisti come: Richard Serra, Jannis Kounellis, Mimmo Paladino, Gilbert and George, Sol Lewitt, Ettore Spalletti e molti altri. Viene invitato in molti musei Nazionali e Internazionali come Modern Tate Museum, Il Centre Pompidou e altri. Vince un premio come miglior documentario sull’arte al Festival sull’Arte di Montreal per Around, video su un’installazione di Richard Serra in piazza del Pebliscito. Realizza anche documentary-ritratti su Marco Ferreri, Dario Argento e John Turturro. Video Clip per gli Almamegretta per il brano “Nun’t scurdà”, e per Nino D’Angelo per il brano “Brava Gente”. Dal 2003 al 2005 cura la direzione artistica della Fondazione Luchino Visconti “La Colombaia” di Ischia. Nel 2007 ha messo in scena l’opera lirica prodotta dal Festival di Ravello “La voce umana“ dal libretto di Jean Cocteau e musicata da F. Poulenc. Nella stagione teatrale 2008 metterà in scena Eva Peron di Copì spettacolo prodotto dal Teatro Stabile Mercadante di Napoli.
Davide Ferrario
(Casalmaggiore, 1956)
Nato nel 1956 a Casalmaggiore, si laurea in letteratura americana all’Università di Milano. Vive a Torino. Inizia a lavorare nel campo del cinema negli anni ‘70 come critico cinematografico e saggista, avviando al contempo una piccola società di distribuzione a cui si deve la circuitazione in Italia di Fassbinder, Wenders, Wajda e di altri registi. Lavora, in seguito, in qualità di agente italiano per alcuni registi americani i si, da Berlino al Sundance, a Venezia, Toronto, Locarno. Tra gli altri: Tutti giù per terra, Figli di Annibale, Guardami e i lavori realizzati con Marco Paolini. Ferrario occupa un posto singolare all’interno della scena italiana. Rigorosamente indipendente, non è solo regista ma guida, al contempo, e con notevoli risultati la propria casa di produzione. Dopo mezzanotte, realizzato con un budget molto ridotto, ha ottenuto un grande successo in Italia, ed è stato venduto in tutto il mondo. È anche autore di romanzi (il suo Dissolvenza al nero è stato tradotto in molte lingue e adattato per lo schermo da Oliver Parker); è collaboratore di testate giornalistiche e radiofoniche; e, recentemente, fotografo.
Fotogrammi tratti dal film: La Dinamicità Davide Ferrario
Daniele Luchetti (Roma, 1960)
Dei seguenti film è, oltre che regista, anche co-sceneggiatore.
1995 Premio Sergio Leone, Festival di Annecy
1988 Domani Accadrà Prodotto dalla Sacher Film Interpreti: Paolo Hendel, Giovanni Guidelli, Ciccio Ingrassia, Nanni Moretti, Margherita Buy, Angela Finocchiaro.
1995 La scuola Produzione Cecchi Gori Interpreti: Silvio Orlando, Anna Galiena, Fabrizio Bentivoglio. David di Donatello, miglior fi lm del’anno. Festival di Valencia, premio per la migliore sceneggiatura Campione di incasso dell’anno.
Partecipa tra gli altri, al Festival di Cannes , di Monreal, di Bruxelles, di Rio de Janeiro, Tokio, New York ecc. Menzione Camèra d’Or al Festival di Cannes -David di Donatello per il miglior esordio. Globo d’oro Miglior commedia al festival di Vevey 1990 La settimana della Sfinge Prodotto da Angelo Rizzoli Interpreti: Margherita Buy, Paolo Hendel. Festival di San Sebastian (premio migliore interpretazione a Margherita Buy) 1991 Il Portaborse Prodotto dalla Sacher Film Interpreti: Nanni Moretti, Silvio Orlando Festival di Cannes , in competizione. David di Donatello miglior sceneggiatura, miglior produttore, miglior interprete, migliore attrice non protagonista ecc.. Ciak d’oro : miglior film , miglior regia, miglior sceneggiatura ecc… 1992 Regia teatrale: Sottobanco, di Domenico Starnone Interpreti: Angela Finocchiaro, Silvio Orlando. 1993 Arriva la bufera Produzione Cecchi Gori Interpreti: Diego Abatantuono, Silvio Orlando, Margerita Buy, Stefania Montorsi, Marina Confalone. Premio della satira politica, Forte dei Marmi
Fotogrammi tratti dal film: La democrazia impilabile Daniele Luchetti
1994 L’unico paese al mondo (film collettivo) Regia di Daniele Luchetti, Nanni Moretti, Mario Martone, Marco Risi, Francesca Archibugi, Marco Tullio Giordana, Carlo Mazzacurati ecc…
1998 I Piccoli Maestri Produzione Cecchi Gori Interpreti: Stefano Accorsi, Stefania Montorsi, Giorgio Pasotti, Marco Paolini. Festival di Venezia, in competizione. 2000 12 Pomeriggi Documentario-performance con dodici artisti contemporanei: Felice Levini, Andrea Fogli, H.H. Lim, Giuseppe Gallo, Vettor Pisani, Adrian Tranquilli, Luigi Ontani, Marco Bagnoli, Bizihan Bassiri, Giovanni Albanese, Giuseppe Salvatori, Alfredo Pirri. Proiettato al Festival di Torino Giovani ed in numerosi musei e gallerie di arte contemporanea. 2003 Dillo con parole mie Prodotto da Urania Studio Canal + Interpreti: Stefania Montorsi, Martina Merlino, Giampaolo Morelli 2007 Mio fratello è figlio unico Prodotto da Cattleya Con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Angela Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca Zingaretti, Anna Bonaiuto, Ascanio Celestini. Festival di Cannes 2007, Selezione ufficiale, Un certain regard. David di Donatello miglior sceneggiatura, attore, montaggio, suono, attrice non protagonista. Globo d’oro della stampa estera.
Mario Martone (Napoli, 1959)
Nato a Napoli nel 1959, ha cominciato a lavorare nel 1977, nel clima delle avanguardie teatrali di quel periodo, fondando il gruppo “Falso Movimento” e realizzando spettacoli che incrociavano il teatro col cinema come Tango glaciale (’82) e Ritorno ad Alphaville (’86). Dieci anni dopo, coinvolgendo altri artisti napoletani, ha immaginato e dato vita alla cooperativa “Teatri Uniti”, con cui, oltre a continuare il suo teatro, ha realizzato i lungometraggi: Morte di un matematico napoletano (Gran Premio della Giuria a Venezia nel ’92), Rasoi (1993, dall’omonimo spettacolo realizzato con Enzo Moscato e Toni Servillo), L’amore molesto (1995), Teatro di guerra (1998). Numerosi sono i suoi lavori in altri formati: cortometraggi, documentari, film di montaggio, tra cui Lucio Amelio/ Terraemotus, Antonio Mastronunzio pittore sannita, La salita (episodio del film collettivo I vesuviani), Una storia saharawi, Un posto al mondo (coregista Jacopo Quadri). Nella Napoli di Luca Giordano, Caravaggio l’ultimo tempo (questi ultimi entrambi vincitori del premio Asolo per i film d’arte, nel 2004 e nel 2006). Per il suo lavoro cinematografico ha ricevuto numerosi premi
Fotogrammi tratti dal film: Teatro Sommerso Mario Martone
in Italia e all’estero, tra cui due David di Donatello e un Nastro d’argento. Tra i suoi spettacoli in teatro spiccano gli allestimenti di tragedie greche (da Filottete ai Persiani a Edipo re) e, negli ultimi anni, di opere liriche tra cui l’intera trilogia di Mozart e Da Ponte. Tra il 1999 e il 2000 è stato direttore del Teatro di Roma, dove ha compiuto un lavoro di radicale cambiamento della programmazione, aprendo alle altre arti e al nuovo teatro. A Roma ha creato un nuovo spazio teatrale, il Teatro India, dove ha allestito nel 2004 l’Edipo a Colono di Sofocle. Ha contribuito nel 2003 alla nascita del Teatro Mercadante Stabile di Napoli, del quale è stato consulente fino all’anno scorso e dove ha curato il progetto Petrolio che ha coinvolto decine di artisti italiani sui temi dell’omonimo romanzo di Pier Paolo Pasolini. E da un romanzo di Goffredo Parise, anch’esso degli anni settanta, ha tratto nel 2004 il suo ultimo film L’odore del sangue.
Ermanno Olmi
(Treviglio, Bergamo, 1931)
Nato in una famiglia contadina del bergamasco, dopo la morte del padre si trasferisce a Milano dove studia all’Accademia di arte drammatica e viene assunto alla Edison Volta. Per la sezione cinema dell’azienda, da lui medesimo fondata, intraprende un’intensa attività di documentarista (1953-61), mostrando gli ambienti del lavoro tecnico-industriale senza retorica (La diga sul ghiaccio, 1953; Tre fili fino a Milano, 1958). L’attenzione per la poesia dei gesti e dei volti della gente comune gli fornisce l’ispirazione per l’esordio del lungometraggio di finzione, Il tempo si è fermato (1959), scabra cronaca delle monotone giornate dei due guardiani invernali di una diga, un anziano operaio e un giovane studente, girato in presa diretta e con attori non professionisti, non a caso iniziato come documentario. Il successivo ll posto (1961, premio della critica a Venezia) racconta le prime esperienze di un giovane della provincia milanese nel mondo del lavoro, adottando uno stile diretto e immediato, con la macchina a mano (è operatore in quasi tutti i suoi film), come pure I fidanzati (1963), amaro ritratto della solitudine di un operaio del Nord trasferitosi per lavoro al Sud. Mentre si cimenta brevemente nella produzione – con la società XXII Dicembre finanzia alcuni esordienti, come L. Wertmüller ed E. Visconti – continua come regista a raccontare piccoli mondi. Con la parziale eccezione di E venne un uomo (1965), rievocazione biografica della vita e dell’apostolato di papa Giovanni XXIII, attenta all’uomo più che al pontefice, anche nei film realizzati per la televisione di stato (I recuperanti, 1969; Durante l’estate, 1971; La circostanza, 1973), il suo cinema guarda con occhio compassionevole e sincero a un’umanità colta nella umile laboriosità quotidiana. Si dedica poi a L’albero degli zoccoli (1978, Palma d’oro a Cannes), minuziosa ricostruzione della vita di una cascina bergamasca della fine del secolo scorso, nel quale tenta un ambizioso affresco della civiltà contadina, considerata come scaturigine della società italiana moderna.
Fotogrammi tratti dal film: Semplici Semplici Ermanno Olmi
In questa pellicola, a ragione indicata come il suo capolavoro per l’attenzione affettuosa alle psicologie elementari e ai rituali arcaici di un mondo ormai scomparso, confluiscono la fede cattolica di Olmi e le sue origini biografiche. Il tono fiabesco ritorna nell’allegoria di Cammina cammina (1983), sull’episodio evangelico dei Re Magi, e poi – dopo una malattia che lo allontana dalla regia (ma non dal cinema: fonda la scuola di Ipotesi Cinema a Bassano del Grappa) – anche nelle opere della maturità, dà Lunga vita alla signora! (1987), racconto di formazione di un altro giovane alle prese con le insidie della vita, a La leggenda del santo bevitore (1988, Leone d’oro a Venezia), rielaborazione dell’omonimo romanzo di J. Roth che ne accentua il misticismo raccontando l’avventura di un barbone (R. Hauer) che riceve da un misterioso benefattore la somma di 200 franchi, a patto che li restituisca alla chiesa dedicata a Santa Teresa di Lisieux. Seguono Il segreto del bosco vecchio, 1993 e Genesi. La creazione e il diluvio, 1994. Con Il mestiere delle armi (2001) ricostruzione degli ultimi giorni di vita del condottiero mercenario del Cinquecento Giovanni delle Bande Nere, il regista ritrova in pieno l’equilibrio tra studio delle psicologie e attenzione all’ambiente delle opere migliori, firmando un capolavoro che riassume e sintetizza la sua poetica umanista e la sua idea di cinema antropocentrico sia sul piano figurativo che sul piano morale. Anche il successivo Cantando dietro i paraventi (2003), delicata parabola pacifista ambientata in una Cina ottocentesca, favolistica e lontana, conferma il ritrovato stato di grazia di un autore che vive con piena consapevolezza la propria maturità artistica e umana. Nel 2005 dirige C. Delle Piane in uno struggente episodio del film collettivo Tickets, diretto insieme a K. Loach e A. Kiarostami.
Silvio Soldini (Milano, 1958)
Nel 1983 gira il suo primo mediometraggio in 16mm “Paesaggio con figure” che, insieme a “Giulia in Ottobre”, ottiene riconoscimenti a vari Festival nazionali e internazionali. Nel 1984 costituisce con i suoi più stretti collaboratori la società di produzione Monogatari. Dal 1985 con “Voci Celate” inizia la sua attività anche in campo documentaristico e nel 1989 gira il suo primo lungometraggio “L’Aria serena dell’ovest”, che registra un significativo successo di pubblico. Il film, presentato in concorso al Festival di Locarno, vince la Grolla d’Oro per la sceneggiatura a Saint-Vincent, il Grand-Prix del Festival di Annecy, il premio migliore attrice a Patrizia Piccinini a La Boule ed è invitato a numerosi festival internazionali (Montreal, Rotterdam, “New Directors New Films” al Moma di New York). Del 1993 è “Un’anima divisa in due”, Grolla d’oro per la migliore regia a Saint-Vincent e presentato in concorso al Festival di Venezia, dove Fabrizio Bentivoglio è premiato come migliore attore protagonista. Nel 1997 realizza “Le Acrobate”, selezionato in concorso al Festival di Locarno e al San Francisco International Film Festival, premiato ai Rencontres Internationales de Cinéma di Parigi e a Saint-Vincent con la Grolla d’Oro all’attrice Valeria Golino. Nel 2000 realizza “Pane e Tulipani”, film che lo consacra grazie all’ampio successo di critica e di pubblico, anche a livello internazionale.
Fotogrammi tratti dal film: I grandi borghesi e la scacralità del lusso Silvio Soldini
E’ infatti stato venduto in tutto il mondo dal Giappone all’Australia – ottenendo enorme successo in Svizzera (secondo incasso di tutti i tempi nella cinematografia svizzera), in Germania, in Argentina, in Brasile e negli Stati Uniti. Il film ha vinto 9 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 9 Ciak d’oro, il Premio Flaiano e ha ottenuto 3 nomination agli European Academy Awards. Del 2002 è “Brucio nel vento” tratto dal romanzo “Ieri” di Agota Kristof, girato tra la Svizzera Francese e la Repubblica Ceca. Presentato in concorso al Festival di Berlino, il film ha ottenuto otto nomination al David di Donatello e ha vinto il premio per il miglior film all’International Festival Film by the Sea di Vlissingen, Olanda. Nel 2004 realizza “Agata e la tempesta” con Licia Maglietta e Giuseppe Battiston, dopo “Pane e Tulipani” un ritorno alla commedia con tanti personaggi, tanti colori, in un clima meno fiabesco e più surreale.
Scheda riassuntiva lavori Triennale Design Museum e aree connesse
Soggetti firmatari dell’Accordo di Programma con La Triennale di Milano Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano, Camera di Commercio di Milano, Assolombarda, Fondazione Fiera Milano, Politecnico di Milano, Fondazione ADI, Università IULM, Anfia, Cosmit. Soggetti che hanno contribuito al finanziamento di Triennale Design Museum Arcus, Fondazione Cariplo Partner fondatore Banca Popolare di Milano
Il coinvolgimento di personalità artistiche per i progetti di allestimento è reso possibile anche grazie al supporto di MINI. Imprese che hanno contribuito ai lavori architettonici in qualità di Sponsor tecnici di Triennale Design Museum e aree connesse Abet Laminati, ArchLegno,Artemide, BTicino, Bose, Donati Group, iGuzzini, Meritalia, Mivar, Orsogril, Riva, Sèleco, Unifor, Viabizzuno, Vitra Media Partner ATM, Corriere della Sera, Maxima Importo Accordo di Programma 12.710.000,00 euro Superficie Triennale Design Museum 1900 mq Superficie Salone d’Onore 350 mq Superficie “Cubo” 1500 mq Superficie Curva Piano Terra 1300 mq Impresa costruttrice S.A.C.A.I.M.
Media Partners
Protocollo di intesa per la collaborazione tra i giacimenti del design italiano e la Triennale di Milano
La Triennale di Milano, sulla base dell’Accordo di Programma sottoscritto il 15/12/06 con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano, l’ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), l’Assolombarda, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, il COSMIT, la Fondazione ADI per il Design Italiano, la Fondazione Fiera di Milano, lo IULM (Libera Università di Lingue e Comunicazione) e il Politecnico di Milano, ha iniziato la realizzazione del Museo del Design. Tale Museo occuperà uno spazio della Triennale di Milano, con ingresso autonomo e riconoscibile, reso agibile secondo gli standard museali internazionali per sicurezza e climatizzazione da un progetto architettonico di Michele De Lucchi. Scopo del Museo del Design è quello di realizzare un istituto culturale di livello internazionale finalizzato a promuovere e diffondere la conoscenza del design italiano, anche nelle sue interazioni con gli altri settori del sapere, con riferimento alla dinamica storica della tecnica, della tecnologia e alle prospettive contemporanee e future. Il Museo del Design avrà il compito di sviluppare progetti e realizzare studi, ricerche e iniziative di rilievo internazionale, anche attraverso la partecipazione a programmi europei, in collaborazione con altri eventuali soggetti pubblici e privati impegnati nello studio e nella valorizzazione del design, nella formazione degli addetti, ovvero proprietari di significative raccolte di oggetti di design. Il design italiano è costituito da personalità, strutture e imprese diverse e diffuse in maniera frammentata su tutto il territorio nazionale in rapporto anche alla struttura del sistema economico dei distretti industriali. Ciò ha fatto emergere una serie di “Giacimenti del Design” che rappresentano la volontà di conservare e promuovere ciò che il sistema produttivo, culturale e sociale ha generato in vaste aree dell’Italia. La forza di questa presenza sul territorio è attualmente vanificata dalla mancata conoscenza da parte del pubblico di questa ricchezza. La distribuzione “casuale” di questi giacimenti è fortemente funzionale al concetto di “Museo a rete” che punta all’integrazione e alla collaborazione dei diversi nuclei.
Il Museo del Design si pone quindi l’obiettivo di far emergere e rappresentare questa realtà, che costituisce il valore principale del sistema italiano del design, oltre che diffonderne le iniziative. La ricchezza di questo patrimonio permette anche di connettere i “Giacimenti del Design” con il Museo, per migliorarne la capacità di rappresentazione (in funzione della rotazione degli items e con riferimento alla contestualizzazione – tematica, produttiva, territoriale, creativa, etc.– specifica) e di ampliarne l’offerta culturale. La Triennale di Milano, nella persona del Presidente Davide Rampello, e il giacimento interessato si costituiscono, insieme agli altri soggetti aderenti all’iniziativa, nella “Rete dei Giacimenti del Design Italiano”; La Triennale di Milano si impegna a presentare in modo permanente la “Rete dei Giacimenti del Design Italiano” nell’ambito del Museo del Design e a promuoverne, con mezzi reali e virtuali, l’attività; La Triennale di Milano, in collaborazione con i soggetti aderenti all’iniziativa, intende dare vita ad una comunità “in rete” che condivida il progetto di valorizzazione dei Giacimenti del Design Italiano anche attraverso la realizzazione di un “portale” internet capace di dare identità e di essere un sistema di comunicazione tra i soggetti e con l’ampio pubblico dei possibili interlocutori del sistema del Design Italiano; Il soggetto firmatario del Protocollo si impegna a prestare temporaneamente oggetti, items, documenti, delle proprie Collezioni al Museo del Design per l’esposizione, in modo gratuito, fatte salve le spese, in condizioni di sicurezza secondo gli standard internazionali e compatibilmente con la disponibilità degli stessi; Analogo impegno viene assunto dalla Triennale di Milano, per gli oggetti che non sono esposti nel Museo o in mostre temporanee, a favore della rete dei musei del design italiano; La Triennale di Milano e il soggetto firmatario del Protocollo si impegnano a condividere un percorso di schedatura degli oggetti e degli items di reciproca disponibilità; Questo accordo è libero all’adesione di altri soggetti che nel tempo manifestino la volontà di collaborare agli obiettivi sopra indicati; Si stabilisce la possibilità di recedere dall’accordo, senza oneri, con preavviso di cinque mesi. La costituenda Fondazione Museo del Design subentrerà alla Triennale di Milano negli impegni previsti dal Protocollo.
Rete dei giacimenti del Design italiano
Abet Laminati
Museo della Raccolta Storica I Santi
Archivio - Galleria (Virtuale / Reale) delle Aziende Guzzini
Museo della radio e della televisione RAI
Archivio Storico Barilla
Museo Didattico della Seta
Archivio Storico delle Industrie Pirelli Archivio Storico FIAT Associazione Archivio Storico Olivetti Bonacina Pierantonio
Museo dello Scooter e della Lambretta Museo Ferruccio Lamborghini Museo Fisogni della stazione di servizio Museo Flaminio Bertoni
Candy Elettrodomestici
Museo Internazionale Design Ceramico Civica Raccolta di Terraglia
Cassina
Museo Moto Guzzi
Clac
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”
Collezione Freyrie Collezione Pininfarina Collezione privata d’Armi Beretta Collezione Storica Busnelli CUP Collezione Umberto Panini Museo Studio del Tessuto della Fondazione Antonio Ratti
Museo Nazionale Trasporti Museo Nicolis Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia Museo Salvatore Ferragamo Museo Storico Nazareno Gabrielli
Fondazione Franco Albini
Museo Zucchi Collection
Fondazione Istituto per la Storia dell’Età Contemporanea – ISEC
Savinelli Spazio Museo Sagsa
Fondazione Museo Agusta
Venini
Fondazione Museo Arti e Industria di Omegna
Vittorio Bonacina & C.
Fondazione Museo dello Scarpone e della Calzatura Sportiva
Wolfsoniana
Galleria Ferrari Galleria Guglielmo Tabacchi - Sàfilo Group Illycaffè Kartell Museo Lanificio Leo Musei, biblioteche e istituti culturali della Direzione Centrale Cultura del Comune di Milano Museimpresa Museo aziendale Mario Buccellati Museo del Cappello Borsalino Museo del rubinetto e della sua tecnologia Museo dell’Arte Vetraria Altarese – I.S.V.A.V.
Vortice Elettrosociali World Museum La Triennale di Milano ha altresì sottoscritto un documento di collaborazione con l’Associazione Museimpresa, associazione dei Musei di Impresa promossa da Confindustria che si propone di promuovere la politica culturale dell’impresa attraverso la valorizzazione del museo e dell’archivio di impresa. La Triennale di Milano ha inoltre siglato un accordo speciale con Comune di Milano, Castello Sforzesco e Civiche Raccolte d’Arte e con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano.
Il progetto architettonico e della luce
Il Palazzo della Triennale è stato progettato da Muzio con grande attenzione alla distribuzione della luce naturale, all’essenzialità degli ambienti, al delicato rapporto tra spazi interni ed esterni. Nel 2002, Michele De Lucchi è stato incaricato di ridare pieno splendore alle forme originarie, e con il Museo del Design ha idealmente completato il ciclo dei lavori. L’intervento ha infatti comportato da un lato la revisione degli impianti elettrici e meccanici, la realizzazione della Biblioteca del Progetto e di un magazzino per le opere della Collezione, l’allargamento dello spazio utile del pavimento e il recupero delle finestrature originali; dall’altro ha portato alla costruzione di un’entrata caratterizzata da un grande portale in acciaio e vetro che si raggiunge dopo aver percorso una passerella sospesa, con una luce libera di circa 14 metri. Questo ponte costituisce un forte elemento di attrazione visiva ed è stato realizzato in lamellare di bambù. I numeri del ponte Lunghezza: 14 metri Larghezza: 160 centimetri estradosso, 120 centimetri intradosso Altezza: 64 centimetri Altezza da terra: 6,50 metri Peso: 5 tonnellate Materiali Ponte in lamellare di bambù Parapetti in cristallo Corrimano in tubolare di acciaio verniciato grigio
Michele De Lucchi Progetto Architettonico e Direzione Artistica del restauro e del ponte di accesso Emmanuele Villani Progetto esecutivo del restauro Alessandro Pedron – Studio Direzione Lavori del restauro e del ponte di accesso Andrea Cocco, Silvia Figini, Marco Franz Vaccara, Emmanuele Villani Collaboratori al ponte di accesso Maurizio Milan Favero & Milan Ingegneria Progetto Strutturale del ponte di accesso Michele Santoro Progettista impianti e direzione lavori Archlegno Impresa esecutrice del ponte di accesso Mario Nanni Consulente luce Il progetto luce per il museo del design italiano Il progetto della luce realizzato per il museo del design italiano inserisce alcuni concetti completamente innovativi nell’ambito dell’illuminazione museale. Gli oggetti vivono e dialogano tra loro nello spazio, in una composizione globale dove tagli di luce segnano lo spazio, evidenziandone i dettagli. La luce dei film coinvolge oggetti e visitatori nella grande storia del design italiano. Consulente della luce: Mario Nanni Mario Nanni è un progettista; un progettista per il design; lavora nei suoi studi di Milano, Londra e Barcellona ed è il responsabile del pensiero progettuale di Viabizzuno. L’interesse e la curiosità per la materia luce e il rapporto con architetti e designer di fama internazionale lo conducono da oltre 30 anni alla sperimentazione e alla progettazione di corpi illuminanti in sfi de sempre nuove. È docente alla facoltà di architettura di Ferrara e interviene in corsi, seminari e workshop. inoltre è autore del “libro Form”, un libro sulla luce, per progettisti; uno strumento che affronta la progettazione come lavoro su misura attraverso infinite regole di luce naturale e le sue otto regole di luce artificiale.
L’Europeo
Il numero che la Triennale di Milano ha proposto a L’Europeo è stata, per questa testata, l’occasione per una full immersion nella storia del Novecento italiano e quella del design. La rivista propone al lettore, oltre alle icone del Triennale Design Museum, firme di grande prestigio come quelle di Giorgio Bocca, Luciano Bianciardi, Gianni Roghi, Oreste del Buono, Marco Nozza, Enzo Biagi, Roberto Leydi, Giampiero Mughini e altri ancora. Ma questo numero, dal titolo “Il miglior design della nostra vita – Uomini e storie del made in Italy” si avvale anche della narrazione di Gillo Dorfles, Renato De Fusco, Manolo de Giorgi, Vanni Pasca, Alessandro Mendini oltre che dei protagonisti della creazione di questo museo, Silvana Annicchiarico e Andrea Branzi. Non manca un repertorio iconografico realizzato da grandi fotografi come Evaristo Fusar, Gianfranco Moroldo, Mario Dondero, Ugo Mulas. Il Sommario Il miglior design di Daniele Protti p.25 Presentazioni Triennale Design Museum p.27 Un museo mutante di Silvana Annicchiarico p.37 Le 7 ossessioni del design italiano di Andrea Branzi p.45 1923-1943 di Gillo Dorfles p.57 Gio Ponti p.62, Fortunato Depero p.64, Marcello Nizzoli p.66, Carlo Mollino p.68 1943-1957 di Renato De Fusco p.71 Bruno Munari p.76, Piero Fornasetti p.78, Fratelli Castiglioni p.80, Franco Albini p.82, Marco Zanuso p.84, Giovanni Pintori p.86 1957-1969 di Man olo De Giorgi p.89 Roberto Sambonet p.94, Enzo Mari p.96, Vico Magistretti p.98, Bbpr p.100 1969-1980 di Vanni Pasca p.103 Joe Colombo p.108, Archizoom p.110, Gaetano Pesce p.112, Mario Bellini p.114, Alessandro Mendini p.116 1980-1990 di Alessandro Mendini p.119 Gae Aulenti p.124, Ettore Sottsass p.126, Michele De Lucchi p.128, Cini Boeri p.130, Aldo Rossi p.132 Siamo tutti futuristi (forse) di Marco Nozza p.146
Cemento audere sempre di Michele Dzieduszycki p.154 Otto milioni di baionette e picconi di Giampiero Mughini, foto di Armando Bruni p.160 L’Italia della Rinascente p.168 L’inventore del weekend di Gianni Roghi p.176 Il pittore dei buchi di Oreste Del Buono, foto di Gianfranco Moroldo p.186 Un metrò per chi ha fretta di Giorgio Bocca p.192 I milanesi di Luciano Bianciardi, foto di Ugo Mulas p.198 Il disco volante in soli tre esemplari p.207 Dobbiamo parlarci di Enzo Biagi, Guido Gerosa, Franco Pierini p.216 Il catino con la firma di Roberto Leydi, foto di Evaristo Fusar p.224 Tentatore di professione di Gianni Roghi, foto di Mario Pondero p.234 Star system e design p.241 Il signor fuoriserie di Gian Maria Dossena, foto di Evaristo Fusar p.250 Sotto il segno della mente di Gianni Roghi, foto di Evaristo Fusar p.258 Scandalo a Venezia di Roberto Leydi, foto di Evaristo Fusar p.264 Quando la fabbrica entrò nel museo p.273 Plastica d’autore di Enrico Regazzoni, foto di Ugo Mulas p.282 Con testa, gomito e sapone di Giuliano Ferrieri e Libero Montesi p.290. Una casettina in periferia p.299 La crisi è mobile di Antonello Mosca, foto di Mauro Calligani p.306 Divisi da un tratto di matita di Enrico Regazzoni p.312 La ricetta di una buona cucina di Giovanna Camardo p.318 E il secolo ha perso tutti i suoi confini di Andrea Branzi p.325 Contributors p.337 Per conservare l’arte di ogni giorno p.341 Stasera al salone o fuori? di Lorenzo Franculli p.347 Libri p.353
Triennale Design Museum
Fondazione La Triennale di Milano
Triennale di Milano Servizi Srl
Consiglio d’Amministrazione Davide Rampello, Presidente Gianluca Bocchi Mario Boselli Paolo Caputo Silvia Corinaldi Rusconi Clerici Maria Antonietta Crippa Arturo Dell’Acqua Bellavitis Carla Di Francesco Carlo Edoardo Valli
Consiglio d’Amministrazione Silvia Corinaldi Rusconi Clerici, Presidente Mario Boselli Andrea Cancellato, Consigliere Delegato
Collegio dei Revisori dei conti Salvatore Percuoco, Presidente Maria Rosa Festari Andrea Vestita Direttore Generale Andrea Cancellato Comitato scientifico Silvana Annicchiarico, design, moda Aldo Bonomi, industria, artigianato, società Fausto Colombo, arti decorative e visive, nuovi media, comunicazione e tecnologia Fulvio Irace, architettura e territorio Settore Affari Generali Annunciata Marinella Alberghina Elena Cecchi Franco Romeo Settore Biblioteca, Documentazione, Archivio Tommaso Tofanetti Michela Benelli Elisa Brivio Claudia Di Martino Marco Mereghetti Cristina Perillo Elvia Redaelli Settore Iniziative Laura Agnesi Roberta Sommariva Elena Gipponi Carla Morogallo Violante Spinelli Barrile Ufficio Servizi Tecnici Pierantonio Ramaioli Franco Olivucci Alessandro Cammarata Xhezair Pulaj Ufficio Servizi Amministrativi Giuseppina Di Vito Paola Monti Ufficio Stampa Antonella La Seta Catamancio Damiano Gullì Marco Martello
Collegio dei Revisori dei conti Francesco Perli, Presidente Domenico Salerno Maurizio Scarzina Ufficio Iniziative Maria Eugenia Notarbartolo Ufficio Servizi Tecnici Marina Gerosa Nick Bellora Ufficio Servizi Amministrativi Anna Maria D’Ignoti Isabella Micieli Ufficio Marketing e Comunicazione Laura Benelli Valentina Barzaghi Maria Chiara Piccioli Olivia Ponzanelli
Triennale Design Museum
Direttore Triennale Design Museum Silvana Annicchiarico Curatore Scientifico Andrea Branzi, Politecnico di Milano Assistenza all’organizzazione generale, ricerche storiche e iconografiche Giorgio Galleani Roberto Giusti Comitato di consulenza Aldo Bonomi Fulvio Carmagnola Fausto Colombo Arturo Dell’Acqua Bellavitis Gillo Dorfles Franco Laera Massimo Negri Alessandro Pedretti Coordinamento per i prestiti e le assicurazioni Carla Morogallo Ufficio Stampa Antonella La Seta Damiano Gullì Marco Martello Web designer Cristina Chiappini www.triennaledesignmuseum.it Restauratrice Roberta Verteramo Testi didascalie Luca Masia Collaboratore Daniele Macchi Logistica Beppe Utano Trasporti Borghi Assicurazioni Allianz S.p.a.
Un particolare ringraziamento a Marina Gerosa e alla Biblioteca del Progetto della Triennale di Milano Si ringraziano vivamente i prestatori: Accademia di Brera, Archivio Industriale Bitossi, Arflex Seven Salotti, Artemide, Marco Albini, Alessi, Marco Arosio, Atelier, B&B Italia, Giorgio Baggi Sisini, Baleri Italia, BD Barcelona Design, Carlo Bellini, Beretta, Laura Biagiotti, Bialetti Industrie Spa, Lapo Binazzi, Cinzia Bitossi, Guido Bitossi, Andrea Branzi, Mario Bonacina, Pierantonio Bonacina, Federico Bonomelli, Angelo e Silvia Calmarini, Cap Design, Cassina, Graziano Checchetto, Christofle, Colle Cristalleria, Ivio Codardi, COSMIT, Beatrice Cozzi Parodi, Riccardo Dalisi, Danese, Michele De Lucchi, Design Gallery Milano, Fabio Dodesini, Domodinamica by Modular, Comune di Milano – C.A.S.V.A. – Centro di Alti Studi sulle Arti Visive, Driade, e DePadova, Edra, Elio Pinottini Galleria Narciso Fantacci Arredamenti, Carlo Ferrari, Fulvio Ferrari, Flexform, Flos, Fondazione Giovanni Michelucci onlus, Fondazione Vodoz Danese, FontanaArte, Barnaba Fornasetti, Galerie Bruno Bischofberger, Galleria Clio Calvi Rudy Volpi, Galleria Toselli, Giuseppe Genazzini, Gruppo spa - Divisione Cinelli, Gufram, Heller, Illycaffè, Ugo La Pietra, Kartell, KPM Königliche Porzellan-Manufaktur, Franco Laera, Famiglia Londi, Luceplan, Magis, Angelo Mangiarotti, Roberto Mango, Enzo Mari, Ferruccio Marosi, MART, Sergio Mazza, MEMPHIS, Alessandro Mendini, Molteni&C, Walter Mondavilli, Moroso, Lucia Morozzi e Dario Bartolini, Museo Alessi, Museo Borsalino, Museo Nicolis, Museo Piaggio Giovanni Alberto Agnelli, Alessandro Pedretti, Claudio Pellegrini, Michelangelo Pistoletto, Plank Collezioni srl, Poggi snc, Poltrona Frau, Ambrogio Pozzi, Progetti srl, Robots, Italo Rota, Luca Schieppati, Sandra Severi Sarfatti, Nanni Strada, Studio Museo Achille Castiglioni, Vittorio Tessera, Luca Tomìo, Ufficio Cultura Comune di Alessandria, Giancorrado Ulrich, Venini spa, Viabizzuno, Nanda Vigo, Wolfsoniana, Zanotta.
Il progetto architettonico
Visioni in movimento
Fiato alle trombe!
Progetto Architettonico e Direzione Artistica del restauro e del ponte di accesso Michele De Lucchi
Museum Exhibition Design Visioni in Movimento Che cosa è il Design Italiano? Italo Rota
2000 anni di creatività italiana Ouverture Peter Greenaway
Progetto esecutivo del restauro Emmanuele Villani Direzione Lavori del restauro e del ponte di accesso Alessandro Pedron – Studio PLT Collaboratori al ponte di accesso Andrea Cocco, Silvia Figini, Marco Franz Vaccara, Emmanuele Villani Progetto Strutturale del ponte di accesso Maurizio Milan Favero & Milan Ingegneria Progettista impianti e direzione lavori Michele Santoro Consulente luce Mario Nanni Impresa esecutrice del ponte di accesso Archlegno Grafica Istituzionale Studio Cerri & Associati Pierluigi Cerri Alessandro Colombo architetti con Roberto Libanori
Collaboratori Thijs Pulles Andrea Bolla Stefano Conforti Andrea Maestri con Andrea Bianchi Matteo Massocco
Musica Marco Robino / Architorti Montaggio filmico Irma de Vries e Joris Fabel con la collaborazione di Jasper Aapkes Direzione della fotografia Reinier van Brummelen
Luci per il museo Mario Nanni
Programmazione video Josep Hey con Felix Kleisen
Sound consultants Danio Catanuto Stefano Scarani
Progetto suono Huibert Boon
Elaborazioni video Show Biz Valeria Schiavoni Matteo Costantini Lorenzo Todeschini Carlo Tosi Georgia Tulli Studio Convertino Video didattici 3d Produzioni, Milano realizzazione grafica Marco Di Noia Giovanni Mascherpa Mescalito Sangiovanni Sara Ravagnani Didascalie video Video Winter Ditte allestitrici Arianese / ricostruzione “Sei persone per 72 mc” di Achille Castiglioni per la XVII Triennale Bodino / scenotecnica Bose / Audio Eletech / videoproiezioni ESM Impianti / cablaggi Eurostands / schermi Marzoratimpianti / impianto elettrico Meritalia / divani Viabizzuno / Luci Volume / Luci Ouverture
Luci Joep Vermeulen Foto Luciano Romano e Archivio Scala Coordinamento artistico v-factory/change performing arts produttore esecutivo Franco Laera Immagini filmiche realizzate ad Amsterdam il 4, 5 e 6, 2007 Produzione tecnica Eva Haak Wegmann/Stereomatrix direttore di produzione Saskia van der Tas assistente direttore di produzione Lennart Barewijk assistente del regista Marita De Ruyter primo assistente alla regia Thomas Rhode operatore alla camera Nina da Costa capo elettricista Marius Speller Coregrafo Hans Beenhakker con gli attori/danzatori Jim Barnard, Jan Barta, Andrea Beugger, Marcela Giesche, Rikke Mechlenborg Rasmussen, Sasker Polman, Marta Sponzilli, Eva Susova
Le Ossessioni del Design italiano
Il teatro Animista La casa come teatro e gli oggetti come attori
I grandi borghesi e la sacralità del lusso Una borghesia inquieta, tra lusso e sacrilegio
La Dinamicità Segno dell’ansia del Paese di non arrivare in tempo
Teatro Sommerso di Mario Martone
di Silvio Soldini
di Davide Ferrario
ideazione Silvio Soldini, Bruno Oliviero montaggio Carlotta Cristiani assistente al montaggio Francesca Vassallo consulenza musicale Giovanni Venosta musiche di Alfred Schnittke, Peer Raben, Toru Takemitsu Postproduzione video Start - Milano Postproduzione audio Mixal - Milano
Idea e montaggio di Davide Ferrario scenografia Francesca Bocca, Valentina Ferroni sound design Vito Martinelli suono in presa diretta Mirko Guerra operatore steadycam Luca Dell’Oro fotografia Martino Pellion di Persano musica Officine Schwartz direttore di produzione Federico Mazzola assistenti di produzione Andrea Cremaschi, Antonella Grieco attrezzista Paolo Villata aiuto attrezzista Luca Briganti trucco Fiorella Novarino con (in ordine di apparizione) Zoe Tavarelli, Mia Bruno, Ladislao Zanini, Ilario Rosso, Alice Barbero, Nicola Colajanni, Fiore Bocca, Paolo Nomis Di Pollone e Valfenera, Alice Caudero, Andrea Bocca, Giulia Bruno, Francesca Rol telecamera Lumiq materiale tecnico Palmira di Armando Madaffari studi di montaggio Tomato di Alessandra Finalino color correction Laboratorio dell’Immagine
Ideazione Mario Martone testi di Emanuele Trevi voci Eleonora Danco, Maddalena Piazzo, Cristina Spina, Emanuele Trevi sequenze in pellicola da ROMA di Federico Fellini, produzione Ultra Film (Roma), Les Productions Artistes Associeés (Paris), 1972, distribuzione Istituto Luce fotografia Gian Enrico Bianchi montaggio Ilaria de Laurentiis operatore Maurizio Lorenzetti una produzione PAV s.n.c. a cura di Claudia Di Giacomo e Roberta Scaglione si ringraziano Nicola Savarese, curatore della mostra In scaena, la Soprintendenza Archeologica di Roma, Electa Roma; Michele Iodice e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Provincia di Napoli e Caserta; la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia; il Museo Archeologico Nazionale di Taranto; il Museo Archeologico Regionale Eoliano “Bernabò Brea”; e il Musée du Louvre durata: 8’30’’ riprese effettuate in HD VARICAM PANASONIC a Napoli presso il Museo Nazionale Archeologico di Napoli, e a Roma presso la mostra In scaena al Colosseo, nel novembre 2007
si ringraziano Gianni Canova, Domenico Cuscino, Alessandra De Luca, Valerio Gandolfi, Piergiorgio Gay, Paolo Mereghetti, Luca Mosso, Alberto Pezzotta, Alessio Viola e Lumière & Co.
si ringraziano Salvatore Cubani, Alessandro Renolfi, Duilio Nano, Marco Valente, Beppe Gianolio e Tommaso Macrì, IPI spa e Fabrizio Settime, Società Polaris
La democrazia impilabile Una modernità componibile, ripiegabile, lavabile
Il Super-Comfort La comodità italiana è una utopia più che un servizio
di Daniele Luchetti
di Pappi Corsicato
motion graphics by Lorenzo Ceccotti coding by Mauro Staci production by Frame By Frame
ideazione Pappi Corsicato direttore della fotografia e operatore Arnaldo Catinari trucco e effetti Silvia Persica e Grazia Colombini organizzatore di produzione Giuseppe di Gangi
La luce dello spirito Una luce che crea ombre e penombre; sorprende e vibra
I Grandi Semplici La ricerca della semplicità come razionalità spontanea
di Antonio Capuano
Semplici Semplici di Ermanno Olmi
aiuto regista Pina Iervolino consulenza musicale Francesca Balzano compositing Armando Lombardo supervisione effetti Guido Pappadà montaggio Simona Infante fotografia Antonio Capuano organizzatore Gennaro Fasolino collezione lampade Salvatore Ferrari di Galleria Ferrari Mario Nanni per Viabizzuno post produzione studi Sirenae
produzione esecutiva Ipotesicinema s.r.l collaboratori Paolo Cottignola, Federica Ravera, Gilles Barberis, Ludovico Bettarello, Céline Pozzi, Chelu Deiana, Davide Pozzi, Marianna De Sanctis, Elena Tammaccaro, Adriana Novello, Laura Pavone, Fiorenza Bagnariol Post produzione l’immagine ritrovata film restoration & conservation
La Rete video Ferragamo video ideato, girato e montato da Angelo Albertini e Simone Scafidi www.leclip.it/ Kartell Ideato da Alessio Girella e Simone Maffioletti Riprese Andrea Rovelli e Chiara Morcelli (sotto la supervisione di Alessio Girella e Simone Maffioletti) Montaggio Andrea Rovelli Fimag Video realizzato da: Stefano Borgo, Fabio Ceruti, Nicole Re
Mostre in corso e prossime mostre
Triennale Design Museum
Triennale Bovisa
Gino Sarfatti dicembre 2008 - febbraio 2009
Save As... arte contemporanea dalla Turchia 24 giugno 2008 - 7 settembre 2008
Filo-sophia novembre 2008 - gennaio 2009
Triennale di Milano Casa per Tutti 16 maggio 2008 - 14 settembre 2008 La Vita Nuda 16 maggio 2008 - 7 settembre 2008 Premio Mies van der Rohe 2007 Premio per l’architettura contemporanea dell’Unione Europea 28 giugno 2008 - 10 agosto 2008 Alberto Burri 15 ottobre 2008 - marzo 2009 Il mercato delle storie dicembre 2008 - marzo 2009
Valentina / Crepax 20 settembre 2008 - gennaio 2009
Triennale Design Museum
Con il contributo speciale di
Direttore Silvana Annicchiarico
Antonio Capuano La luce dello spirito
Progettista del restauro architettonico del Palazzo della Triennale Michele De Lucchi
Pappi Corsicato Il super comfort
Curatore scientifico Andrea Branzi Museum Exhibition Design Italo Rota Visioni in Movimento Che cosa è il Design Italiano? Ouverture Peter Greenaway Fiato alle trombe! 2000 anni di creatività italiana
Davide Ferrario La dinamicità Daniele Luchetti La democrazia impilabile Mario Martone Il teatro animista Ermanno Olmi I grandi semplici Silvio Soldini I grandi borghesi e la sacralità del lusso
Biglietto: museo + l’Europeo 11 euro Ufficio stampa responsabile Antonella La Seta Catamancio Damiano Gullì Marco Martello Tutte le immagini e i testi sono scaricabili dal sito www.triennale.it /press Foto di copertina: © Giovanni Chiaramonte. Particolare
Triennale Design Museum La Triennale di Milano Viale Alemagna, 6 20121 Milano T. +39 02 72.43.41 www.triennaledesignmuseum.it ufficio stampa viale Alemagna 6 T. +39 02 72434241/05 F. +39 02 72434239 ufficio.stampa@triennale.it
Il design italiano? Ăˆ una balla!
Photo: F. Marchesi
Poltrona di paglia Alessandro Mendini
Triennale. Il posto che ti cambia.