MENSILE DI INFORMAZIONE NON CONVENZIONALE
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23 immigrazione
2016 FEBBRAIO
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editoriale
Un nuovo inizio DECARTA Mensile di informazione non convenzionale Numero 23 – Febbraio 2016 Distribuzione gratuita Direttore responsabile Maria Ida Augeri Direttore editoriale Manuel Gabrielli Redazione Gabriele Ludovici, Claudia Paccosi, Elisa Spinelli Redazione web e photo editor Sabrina Manfredi Design Massimo Giacci Editore Lavalliere Società Cooperativa Via della Palazzina, 81/a - 01100 VITERBO Tel. 0761 326407 Partita Iva 02115210565 info@lavalliere.it Iscrizione al ROC Numero 23546 del 24/05/2013 Stampa Union Printing SpA Pubblicità 0761 326407 - 340 7795232 Immagine di copertina UNHCR / I. Prickett
I contributi, redazionali o fotografici, salvo diversi accordi scritti, devono intendersi a titolo gratuito. Chiuso in tipografia il 12/02/2016 www.decarta.it
DECARTA FEBBRAIO 2016
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L NOSTRO 2016 inizia di nuovo da qui, da febbraio e come ogni anno nuovo che si ri-
spetti inizia con dei buoni propositi di cambiamento. Per metterli in pratica era però necessaria una riflessione preventiva sui motivi che ci portano ad inchiostrare della carta. E la risposta a queste domande è: perché ci piace! Scrivere è di per sé un atto creativo, ma quando poi il frutto di riflessioni e ricerche finisce per apparire stampato e palpabile, allora è in quel momento che le idee sembrano essersi concretizzate. Il mondo di internet sta fornendo a tante persone la possibilità di diffondere le parole, ma vi assicuro che anche persone dal discreto seguito nel mondo virtuale finiscono per provare un’emozione palpabile una volta che vedono le proprie parole impresse su quel misto di colla, cellulosa e coloranti che è la carta stampata. Decarta è nata, e questo non è un segreto, proprio in cerca di questa soddisfazione, perché ci piace farla e perché ci piace la filosofia della carta. Il mondo digitale è infinito e, al contrario del passato, si può scrivere una quantità pressoché illimitata di parole e altrettanti articoli. La carta è diversa, è ben definito il suo spazio, e oltre alla sua organizzazione non si può andare, in una pagina oltre una manciata di battute e un po’ di foto, altro non ci entra. E, cosa forse ancora più importante, una volta mandato tutto a stampare non c’è modo di tornare indietro, un errore commesso e non corretto è un errore irrecuperabile. Per questo scrivere su carta assume tutta un’altra importanza: bisogna selezionare bene le parole, le immagini e soprattutto stare attenti a ciò che si pubblica!
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ECARTA ha, oramai da più di un anno, due lati. Una scelta fatta per motivi affettivi nei confronti di un precedente progetto editoriale caratterizzato da questa impostazione e anche per dividere un po’ la parte più commerciale da quella dei contenuti. Non tutte le decisioni sono fatte per durare e nel giro di qualche tempo questa distinzione è andata sempre di più perdendosi. È così che alla fine dell’anno scorso, avendo ormai chiaro il desiderio di cambiare, è stato necessario decidere, una volta per tutte, come re-impostare i due lati. Dopo mesi di gestazione (non saranno stati 9, ma la fatica quella di un parto, sì) inauguriamo il nostro lato “migliore”, il nostro lato principale, il lato che facciamo per la sopracitata soddisfazione. Decarta acquisisce quindi uno spazio monografico, dove ad ogni uscita affronteremo un tema di attualità che ci sta a cuore. Iniziamo con il caldissimo tema dell’immigrazione, con una panoramica incentrata soprattutto sulle profonde differenze che corrono in materia di accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo tra Italia e Germania.
Manuel Gabrielli Presidente Lavalliere Società Cooperativa 3
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immigrazione
La crisi dell’immigrazione è il suo contorno Analisi di un fenomeno diverso e senza precedenti. Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it
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anto si è detto, soprattutto sulla stampa estera, riguardo i problemi che sta causando all’Europa questo spostamento massiccio di richiedenti asilo, rifugiati politici e immigrati. È bene specificarlo perché gli spostamenti non sono solo quelli dei barconi su cui si concentra maggiormente la cronaca, negli spostamenti è incluso anche il grande esodo di cervelli dal sud dell’Europa, tra cui anche l’Italia. È sufficiente cercare su Google “migrant crisis” per venire sommersi da articoli, opinioni, approfondimenti, infografiche e tanto altro materiale. Incrociando questa grande mole di informazioni emergono degli elementi comuni: a) la crisi dell’immigrazione è una crisi dell’Unione europea, ed è soprattutto una crisi del sistema Schengen, b) il problema dell’immigrazione è di natura economica e politica in primo luogo, c) questo fenomeno migratorio è diverso e senza precedenti. La crisi dei rifugiati è una crisi europea
È quanto traspare dall’articolo di Hans-Helmut Kotz, ospitato questo 5 febbraio su Econopoly, un blog de Il Sole 24 ORE. Da circa venti anni la maggior parte delle nazioni facenti parti dell’Unione europea ha abolito i controlli pressi i confini nazionali in favore della libera circolazione delle persone. L’assenza di controlli alle frontiere ha lasciato quindi libera scelta a moltissimi tra rifugiati e migranti di arrivare nei paesi di frontiera o di sbarco (principalmente Italia e Grecia) per poi dirigersi verso paesi del nord che possano offrire migliori condizioni di lavoro e di stato sociale. Come scritto nell’articolo di Kotz, “Il paradosso, in tutto questo, è che la Germania – considerata implacabile du4
rante la crisi del debito sovrano (e privato) europeo – adesso invita alla solidarietà.” Non ci dobbiamo dimenticare infatti l’intransigenza del governo tedesco nei confronti delle economie europee più deboli, Italia compresa. “Abbiamo bisogno di un Piano Marshall per le regioni che stanno venendo distrutte”, ha infatti detto il ministro delle finanze tedesco Schaeuble durante un suo discorso presso il World Economic Forum tenutosi a Davos in Svizzera a gennaio di quest’anno, aggiungendo: “Dovremo investire miliardi nei paesi di origine dei rifugiati in modo da ridurre la pressione migratoria in Europa, l’alternativa sarebbe il vedere diventare l’Europa una fortezza e questo sarebbe una disgrazia”. L’Europa degli ultimi anni è però quella della leadership tedesca, vista da molti come una minaccia, e che viene sempre meno vista come un’opportunità e sempre di più come un capro espiatorio dei problemi nazionali. Una mancanza di accordi in materia di rifugiati potrebbe significare un ritorno alle frontiere, con la conseguente abolizione degli accordi di Schengen, risultato che sarebbe il preludio di una futura abolizione anche della zona Euro, gioia per gli euroscettici ma anche uno scenario dalle conseguenza imprevedibili. Il problema dell’immigrazione è di natura economica e politica in primo luogo
La situazione economica italiana non è di certo florida, il tasso di disoccupazione a dicembre 2015 era del 37,9% contro un 22% dell’Eurozona. Secondo i dati ISTAT riportati da Il Sole 24 ORE, nell’anno 2007 la disoccupazione totale è stata del 5,9% uno dei più bassi mai registrati. L’Italia, non ha lavoro da offrire, e questo lo sa bene anche chi arriva da
fuori, tanto che il Bel Paese è definibile solo un territorio di passaggio. La Germania al contrario era alla fine dello scorso anno al 6,3%, il dato più basso dal momento dell’unificazione est-ovest, e ciò spiega il motivo per il quale la politica in materia di rifugiati da parte del governo e dei grandi gruppi economici sia molto diversa. La BDA (il corrispettivo della nostra Confindustria) come riportato su au.finance.yahoo.com a settembre del 2015 ha stimato che la nazione era in deficit di 140.000 ingegneri, programmatori e tecnici. Anche la sanità e il settore vacanziero stanno tendendo le mani a lavoratori qualificati e si stimavano 40.000 i posti di lavoro vacanti per il 2015. Altre stime parlano della mancanza di 1,8 milioni di lavoratori qualificati entro il 2020 e 3,9 entro il 2040 se la situazione non dovesse cambiare. A questo proposito Ulrich Grillo, presidente della BDA, ha dichiarato che “se possiamo integrarli (i rifugiati) nel mercato del lavoro, saremo di aiuto sia a loro che a noi stessi”. La popolazione tedesca sta invecchiando velocemente e ha dei tassi di natalità molto bassi, il che significa una riduzione del bacino tedesco di lavoratori qualificati. Da noi il Jobs Act sembra stia muovendo qualche cosa, ma tra detrattori e adulatori la situazione è ancora in via di definizione, se sapremo cogliere l’occasione di avere molti potenziali lavoratori giovani di passaggio è uno degli interrogativi del futuro più prossimo. Questo fenomeno migratorio è diverso e senza precedenti.
L’articolo comparso sul sito BBC il 24 dicembre 2015 a firma John Simpson titola similmente “This migrant crisis is different from all others”. A sostegno di DECARTA FEBBRAIO 2016
questa teoria il giornalista britannico fa un elenco di diversi casi di immigrazione di massa nel passato recente, come l’arrivo di 250.000 cittadini belgi nell’Inghilterra della prima guerra mondiale, oppure i 12 milioni di persone di etnia tedesca che abbandonarono Polonia, Cecoslovacchia e Russia nel 1945 a seguito della degermanizzazione dell’Europa orientale. La differenza, la spiega una citazione di Alex Betts, direttore del Centro di studi sui rifugiati di Oxford: “Ciò che è drammatico riguardo l’odierno, è che questa è la prima volta che l’Europa è di fronte a persone provenienti in grande quantità dall’esterno come rifugiati”. Il fatto che la maggior parte di questi rifugiati siano di fede musulmana rende tutto ancora più difficile, in quanto molti europei vedono questa differenza come una minaccia per la propria identità culturale. È innegabile ed inevitabile,
in un futuro non troppo lontano l’Italia e l’Europa saranno culturalmente molto diverse da come le conosciamo oggi, e nella sola Londra, città cosmopolita per eccellenza, già sono più di 300 gli idiomi parlati dalle oltre 50 comunità residenti.
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’Italia dal canto suo è un paese interessante e variegato proprio grazie alle numerosissime influenze che ha ricevuto nei secoli e nei millenni passati. Anche la nostra cucina, forse la cosa più cara ad ogni italiano, è un enorme crogiolo di culture e molti dei suoi ingredienti li dobbiamo a quei coltivatori mesoamericani e andini che hanno permesso ai conquistatori europei
di portare nelle nostre case pomodori, zucchine, melanzane, patate e mais, i quali vengono dal nuovo mondo; oppure quei viaggiatori che portarono basilico, arance e limoni dall’estremo oriente. Oggi, a distanza di poche centinaia di anni queste piante sono tra le nostre eccellenze. Questo perché abbiamo imparato a coltivare ciò che non ci apparteneva e lo abbiamo fatto nostro. Gli uomini come le piante nascono da semi e mettono radici e difficilmente le comunità che verranno da fuori annienteranno le culture residenti, dobbiamo solo imparare ad essere dei bravi coltivatori. Da cultura a coltura, c’è solo una vocale di differenza.
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fonte Frontex / IOM
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“Le parole sono importanti!” La buona informazione e la Carta di Roma Manuel Gabrielli | manuel.gabrielli@decarta.it
garantire delle entrate sufficienti a coprire le spese di gestione delle aziende. Purtroppo non sempre è così, ma se per la correttezza delle persone è difficile fare qualche cosa, molto si può fare e si deve fare per sensibilizzare gli operatori della comunicazione ad utilizzare delle metodologie corrette nella stesura di articoli o nella realizzazione di servizi televisivi che affrontano temi delicati e dal forte impatto sociale.
P Una scena tratta dal film di Nanni Moretti Palombella Rossa (1989)
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a percezione della situazione per quanto riguarda l’ingresso e la permanenza di immigrati, richiedenti asilo e rifugiati in Italia, è per alcune persone un’esperienza diretta, mentre per altre una diretta influenza da parte dei media. L’utilizzo di internet per la diffusione delle notizie, grazie alla gratuità, alla tempestività e alla facilità di accesso, ha l’indubbio merito di riuscire ad arrivare ad un numero di persone vastissimo. Il rovescio della medaglia di questo spostamento dalla carta alla rete è la meno positiva facilità con la quale anche notizie false o errate riescono a diffondersi. Troppo spesso le notizie riguardanti casi di immigrazione, sono state strumentalizzate al fine di ottenere consenso politico o visibilità giornalistica. Il giornalismo di qualità, che dovrebbe essere il più possibile distaccato e obbiettivo viene oggi osteggiato dall’“opinionismo” dove ognuno può dire la sua facendo leva sui sentimenti del lettore/spettatore. È la ricerca di visibilità in un mondo dominato dalla vendita 6
pubblicitaria il motivo per il quale addetti dell’informazione di ogni livello stanno dando spazio, a spese del valore dell’informazione, a quello che gli anglosassoni chiamano infotainment, una parola macedonia nata dall’unione di information e entertainment, ovvero informazione-intrattenimento o informazione spettacolo. Questa mercificazione dell’informazione, trattandosi principalmente di servizi televisivi o articoli di giornale, è avvenuta e continua ad avvenire tramite un uso incorretto, più o meno volontario, di termini, ed immagini, con lo scopo di andare a colpire l’emotività del lettore/spettatore, forzandolo inconsapevolmente alla visione o alla lettura. Lo scopo finale è quello di intrattenerlo il più possibile, massimizzando lo sharing televisivo, aumentando la vendita dei giornali o la quantità di clic su una notizia, tanto cari alle concessionarie di pubblicità. L’ infotainment non è del tutto sbagliato, è anzi fondamentale, quando affiancato e non in sostituzione alla vera informazione, per la sopravvivenza della stessa, la quale da sola non riuscirebbe a
er il tema dell’immigrazione, in Italia, questo lavoro viene svolto dall’Associazione Carta di Roma, che come riporta il suo sito “è nata nel dicembre 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, siglato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti (CNOG) e dalla Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) nel giugno del 2008.” Questo protocollo deontologico, noto appunto come Carta di Roma, contiene quattro principi per il trattamento delle informazioni riguardanti richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana. Una delle parti più interessanti del documento è il glossario annesso (che riportiamo) all’interno del quale è possibile leggere i termini giuridicamente corretti, i quali da soli sono sufficienti a capire che un richiedente asilo, non è un rifugiato e nessuno dei due è un migrante. Allo stesso modo, e su questo si sta facendo molto, clandestino è una parola italiana, e può essere utilizzata per definire azioni compiute di nascosto senza l’approvazione o con il divieto dell’autorità, ma applicata all’immigrazione è un termine giuridicamente incorretto. Diceva Nanni Moretti su Palombella Rossa: “le parole sono importanti!” DECARTA FEBBRAIO 2016
I 4 principi della Carta di Roma Terminologia
Tutela dell’identità
Correttezza e completezza
Fonti
Usare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore e all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri.
Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona.
Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie e riflettere sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti.
Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni.
Glossario annesso alla Carta RICHIEDENTE ASILO È colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo e ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti flussi migratori misti, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.
RIFUGIATO È colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”. Lo status di rifugiato
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viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.
BENEFICIARIO DI PROTEZIONE SUSSIDIARIA È colui che, pur non rientrando nella definizione del termine “rifugiato” ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale, necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, subirebbe un “danno grave” a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani.
BENEFICIARIO DI PROTEZIONE UMANITARIA La terza categoria di protezione internazionale è quella riconosciuta al beneficiario di protezione umanitaria. Fino al 2008 in Italia, come in altri paesi dell’Unione europea, non era prevista la concessione della protezione sussidiaria, bensì di quella “umanitaria”, che è rimasta in forma residuale nell’ordinamento italiano, anche se prevede minori diritti della protezione sussidiaria e dello status di rifugiato.
VITTIMA DELLA TRATTA È una persona che, a differenza dei migranti irregolari (forzati e non) che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito a essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto,
l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per “sfruttamento” s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.
MIGRANTE/IMMIGRATO È colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economi che altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.
MIGRANTE IRREGOLARE Erroneamente definito “clandestino”, è colui che: a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, per esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto overstayer); c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento dimancato rinnovo (o revoca) del permesso di soggiorno.
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Come affrontare, senza allarmismi, i nuovi flussi migratori L’esempio dell’accoglienza in Germania. Elisa Spinelli | elisa.spinelli@decarta.it
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el 2014 le guerre in Siria e in Iraq hanno determinato un forte aumento delle richieste di asilo nei paesi industrializzati. A confermare i fatti è il rapporto UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) Asylum Trends 2014, pubblicato a marzo 2015; nella relazione si indica che rispetto al 2013 c’è stato un aumento del 45% delle domande d’asilo. Il dato del 2014 è il più alto degli ultimi 22 anni. Se consideriamo le statistiche ufficiali pubblicate su alcune testate online, sui portali di fondazioni, istituti di ricerca e sul sito UNHCR, è inevitabile la considerazione che l’allarmismo mediatico sull’ arrivo di massa di rifugiati e immigrati in Europa sia decisamente fuori luogo. Infatti, occorre considerare che
l’intera Europa accoglie circa 1 milione 700 mila rifugiati, un numero simile a quello presente nel solo Pakistan. Questo significa che il Vecchio continente non ospita nelle sue regioni “troppi” profughi come, invece, ci viene raccontato. Aumentando lo zoom della nostra analisi, noteremo che è la Germania ad avere il primato in Europa per le richieste d’asilo: 200mila istanze totali e 40mila domande accettate. Inoltre, se consideriamo il numero di rifugiati accolti dalla Germania - 187.567 - e lo paragoniamo alla popolazione tedesca 80.767.463 - capiremo che l’incidenza dei rifugiati sulla cittadinanza è di appena lo 0,23% •. Questi numeri riportano la realtà di un’Europa in cui la percentuale dei rifugiati rispetto alla po-
Gli Stati che ospitano il maggior numero di rifugiati (fonte: Unhcr, The Sea Route to Europe, luglio 2015)
• Annual Report on the Situation of Asylum in the European Union (EASO Annual) 2014 – July 2015 •• http://data.unhcr.org/mediterranean/regional.php#_ga=1.215012306.439876360.1450456034 8
polazione totale è trascurabile, per questo è incomprensibile l’attenzione allarmata di media generalisti e di una certa classe politica verso un gruppo giuridico così poco numeroso negli Stati europei. Nel 2014 c’è stato un notevole incremento di persone sbarcate dal Mediterraneo (170 mila, cioè il 200% in più rispetto al 2013)•• , ma l’attuazione del Trattato di Dublino modifica l’assetto organizzativo e politico rispetto ai rifugiati: poiché impone che la richiesta d’asilo sia presentata nel primo paese europeo dove il migrante è giunto. Sono soprattutto i “Dublinati”, ossia i richiedenti asilo giunti in Germania dall’Italia o dalla Grecia, a creare molti attriti tra i rispettivi governi, poiché la cancelleria tedesca impone il rientro di alcuni rifugiati in Italia o in Grecia basandosi proprio sul Regolamento di Dublino; e, secondo i dati del 2014, pubblicati dalla Fondazione Moressa, sono circa 9mila le persone che dalla Germania potrebbero rientrare in Italia. Si è detto che nel 2014, per il terzo anno consecutivo, la Germania ha affrontato il maggior incremento di richieste d’asilo, rispetto a qualsiasi paese altro Paese europeo. C’è da aggiungere che i forti afflussi d’istanze provengono soprattutto dalle zone di conflitto in Siria, Afghanistan e dai cittadini di Serbia, Kosovo e Eritrea. Come è organizzata l’accoglienza in Germania? Occorre intanto precisare che, durante la procedura di richiesta d’asilo i rifugiati, che hanno soggiornato in Germania per almeno tre mesi, possono muoversi liberamente nel Paese, grazie a una legge sul “miglioramento dello status dei richiedenti asilo”. Inoltre, i rifugiati, DECARTA FEBBRAIO 2016
Uno sguardo alle cifre Fonte: Unhcr, Asylum Trends 2014
45% una volta registrati presso le autorità, sono ripartiti tra i diversi Länder secondo determinate quote. I bambini sono scolarizzati il prima possibile, passando attraverso delle classi d’integrazione dove possono imparare il tedesco. Per i rifugiati adulti, al contrario degli immigrati, non sono previsti corsi di tedesco obbligatori al loro arrivo, inoltre, finché la procedura d'asilo non è completata, non hanno molte possibilità di accedere al mercato del lavoro. Ma, proprio recentemente, il tempo di attesa per avere il permesso di lavoro è stato ridotto da 9 mesi a 3.
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causa di un numero elevato di richiedenti nel 2014, la Germania ha dovuto istituire nuovi centri di accoglienza e alloggi temporanei, come ad esempio: unità mobili abitative o riutilizzando ex edifici militari; certamente anche queste misure di accoglienza hanno indotto molti richiedenti a scegliere il paese tedesco come meta del loro asilo. Nel 2014, la Germania ha introdotto procedure semplificate e razionalizzate per i rifugiati siriani di religione cristiana, yazida, e per i mandei che provengono dall'Iraq. Tra le diverse misure legislative, sociali e politiche per l’accoglienza dei richiedenti riportiamo un’interessante iniziativa dell'Ufficio federale tedesco: la produzione di un film sull’iter di asilo in Germania. Il documentario descrive la normativa dal punto di vista di un richiedente che giunge al primo punto di raccolta fino al momento della domanda d’asilo. Il film è disponibile in inglese, arabo, dari, farsi, pashtu, tedesco, francese, albanese, russo, serbo e può essere visualizzato sul sito www.bamf.de. Inoltre, l’Ufficio Federale ha prodotto anche un opuscolo, disponibile nelle stesse lingue del film, che fornisce informazioni aggiuntive sull’istanza d’asilo. Secondo le stime del Frankfurter Allgemeine Zeitung, la presa in carico dei richiedenti asilo potrebbe costare allo Stato tedesco circa 10 miliardi di euro solo per il 2015. Nonostante ciò, il 57% dei tedeschi ritiene che il proprio paese debba continuare ad aiutare chi fugge dalla guerra e dalle persecuzioni. Con queste parole Orkan Kösemen, esperto di migrazioni presso la fondazione Bertelsmann, descrive l’accoglienza tedesca verso i rifugiati: «La maggioranza dei tedeschi non vede i rifugiati come un problema, ma come persone che dobbiamo aiutare. Ciò è dovuto in particolare al fatto che da dieci anni i grandi partiti politici parlano delle migrazioni in modo positivo». DECARTA FEBBRAIO 2016
Nel 2014 si sono registrate circa 866.000 richieste d’asilo, 269.400 più dell’anno precedente (45%). È il quarto anno consecutivo di crescita e il secondo maggior incremento dai primi anni ’80. Come tale, il quadro si avvicina al picco massimo di 900.000 domande registrato nel 1992 tra le 44 nazioni più industrializzate.
714,300 L’Europa ha ricevuto 714.300 domande di asilo, con una crescita del 47% rispetto al 2013 (485.000 richieste).
36% Tra le regioni europee, si registra un incremento annuo del 36% dei livelli di asilo nelle cinque nazioni nordiche, che hanno ricevuto 106.200 richieste nel 2014. Incremento particolarmente significativo in Svezia (+38%) e in Danimarca (+96%). Con 75.100 domande d’asilo la Svezia è risultata la principale destinazione registrando il 70% di tutte le richieste presentate in quest’area.
+47%
44% Nel 2014, i 28 Stati membri dell’Unione europea hanno registrato 570.800 domande di asilo, con una crescita del 44% rispetto al 2013 (396.700). Complessivamente gli Stati Ue contano l’80% di tutte le nuove domande presentate in Europa. La Germania e la Svezia registrano rispettivamente il 30 e il 13 per cento delle domande degli Stati Ue.
95% Nell’Europa meridionale il numero di richiedenti asilo è cresciuto vertiginosamente fino ai 170.700, con il più alto indice di crescita (+95%). In questa regione, sono la Turchia e l’Italia a ricevere il maggior numero di richieste (rispettivamente 87.800 e 63.700).
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foto © Massimo Sestini (da UNHCR, Global Trends 2014 )
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Il sensazionalismo delle notizie In Italia l’incidenza dei rifugiati sulla popolazione è solo dello 0,13%. Francesca Talucci
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Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.” Così recita l’articolo 10 comma 3 della Costituzione italiana; tutto potrebbe sembrare chiaro, ma effettivamente non lo è. Facciamo un passo indietro e vediamo cosa ci dicono le statistiche raccolte dall’Istat riguardo il bilancio demografico nazionale relativo al 2014. Al 31 dicembre risultano residenti in Italia 60.795.612 persone, di questi, 5.014.437 pari all’8,2% della popolazione sono di cittadinanza straniera (cittadini dell’Ue e non). Sempre secondo le statistiche registrate nello stesso anno, il nostro Paese ha una crescita demografica pari a 0, con un saldo naturale negativo elevato (differenze tra numero di nascite e quello di morti relativo ad un determinato periodo, calcolato all’incirca su un anno e su un territorio circoscritto). Basti 10
pensare che un picco così non era stato più raggiunto dopo il 1917/1918. Le cause sono due e ben chiare: la crisi economica ha portato ad un’emigrazione di massa, soprattutto nel settore giovanile e ha spinto all’incirca 90.000 persone a non rientrare più nel proprio paese. A questa va aggiunta la diminuzione delle nascite con 12.000 nati in meno rispetto l’anno precedente e meno 75.000 nati negli ultimi 5 anni. A compensare tutto ciò sono gli stranieri in entrata. Ma chi sono? Gli stranieri residenti sul territorio italiano sono al 50% cittadini provenienti da un paese europeo (oltre 2,6 milioni di individui), poco meno del 30% proviene da un paese dell’Unione europea (1,5 milioni) e la restante parte proviene da stati dell’Europa centro orientale non appartenenti all’Ue. Completano il quadro cittadini originari dei paesi dell’Africa Settentrionale (13,5%) e Occidentale (5,7%), ai quali seguono, con cifre esigue rispetto i precedenti, cittadini di provenienza asiatica, latinoamericana, dell’Oceania e apolidi.
La compagine più numerosa è quindi costituita dalla popolazione romena (1.131.839), seguita da Albania, Marocco, Cina e Ucraina.
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a attenzione, fin qui abbiamo parlato di stranieri e in particolar modo di “immigrati” o “migranti economici” presenti sul territorio, così come vengono chiamati dallo studioso Egon Kunz, ossia di “cittadini stranieri nati all’estero con residenza italiana”, che in seguito al riconoscimento di un matrimonio, naturalizzazione, o ius sanguinis hanno ottenuto il riconoscimento di cittadinanza da parte dello Stato. La differenza tra un “migrante” e un “rifugiato” è abissale, almeno in termini giuridici, pur parlando di persone fisiche aventi gli stessi diritti, primo fra tutti il diritto ad un’esistenza dignitosa nel pieno possesso delle proprie facoltà di essere umano. Un “rifugiato” è colui che, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 (un trattato delle Nazioni Unite sottoscritto DECARTA FEBBRAIO 2016
da 147 Paesi) è una persona che tornando nel suo paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni, ossia di azioni che per loro natura violano i diritti umani fondamentali che sono per lo più associate a questioni religiose, politiche, o appartenenza a gruppi sociali. Lo “status” di rifugiato è quindi una condizione “esistenziale” oltre che giuridica. Va sottolineata però una particolare sfumatura del termine, ossia il concetto di “richiedente asilo”, con il quale si intende una persona, o meglio un “rifugiato”, che chiede una qualche forma di protezione internazionale. La persona viene riconosciuta tale finché non venga presa una decisione definitiva dalle autorità competenti sul territorio. Nello specifico in Italia chi si occupa di queste questioni è la Commissione nazionale per il diritto di asilo. Nonostante le cifre spaventino, queste ci portano spesso fuori pista e, seguendo i calcoli effettuati tra il 2013 e il 2014, l’Italia non ha di che lamentarsi poiché il maggior numero di rifugiati si colloca nei paesi extraeuropei, con una posizione nettamente bassa della penisola nella “pole-position” dei paesi ospitanti. L’Europa accoglie all’incirca 1 milione e 700.000 rifugiati, l’Italia 78.061, con un’incidenza sulla popolazione pari allo 0,13% (fonte Eurostat).
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uello che effettivamente preoccupa e distoglie l’attenzione dai dati di fatto sono stati gli sbarchi sulle coste del Sud, dove nel 2014 sono approdati oltre 156.000 migranti (sono stati calcolati 516 arrivi al giorno), rispetto ai 65.000 del 2013. Dati che hanno comportato la messa in atto di emergenze umanitarie repentine. In più DECARTA FEBBRAIO 2016
il 2014 è stato l’anno di “Mare Nostrum”: operazione che, attraverso la collaborazione della Marina militare, ha salvato 156.362 persone ma, nonostante questo, 3.419 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere la terraferma. Le statistiche Eurostat ci dicono inoltre che le richieste di asilo, specialmente nel terzo trimestre del 2014 sono aumentate del 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, raggiungendo la cifra di 177.000 richiedenti. Di tutti i richiedenti asilo il maggior numero proviene dalla Siria e su tutto il territorio dell’Unione europea sono più di 150.000 le domande presentate. Nel caso specifico dell’Italia il numero degli ingressi dalla Siria è aumentato del 600% rispetto all’anno precedente. Le persone che hanno attraversato il Mediterraneo provengono non solo dalla Siria (che rappresenta la parte più numerosa) ma da ben quaranta paesi differenti: Eritrea, Nigeria, Mali, Gambia, Somalia, Iraq e Pakistan sono solo alcuni dei territori che riversano migliaia di persone sulle coste della Sicilia, uno dei primi approdi di questa “tratta della speranza”. Tra loro un numero crescente di bambini e minori non accompagnati che insieme alle donne e agli anziani rappresentano quella parte di persone totalmente vulnerabili, sottoposta ad un rischio di morte maggiore durante la traversata. Quasi tutti sono in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e la scelta di fuggire non sempre rappresenta la migliore delle alternative, visto il peggioramento delle condizioni di viaggio, dovuto in primis all’aumento delle richieste e ai trafficanti. Quante richieste d’asilo effettivamente vanno in porto? Al 2014 le fonti
fornite dall’Ue ci dicono che in Italia su un totale di 64.625 richieste ne sono state esaminate 35.180 e di queste 20.580 sono state accettate e 14.600 respinte. Il primo passo è la richiesta di asilo all’ufficio di polizia di frontiera al momento dell’arrivo; questa si occupa, infatti, di esaminare che non ci siano ostacoli all’ingresso e in presenza di questi la persona va respinta alla frontiera ma non nello Stato di provenienza dove potrebbe essere nuovamente oggetto di persecuzioni. Se non sussistono motivi contrastanti l’ingresso lo straniero può richiedere domicilio nel territorio dello Stato italiano e presentarsi presso la Questura per l’avvio delle pratiche necessarie alla permanenza, che verranno poi esaminate dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Complessivamente le regioni che ospitano il maggior numero di migranti sono la Sicilia, il Lazio, la Puglia e la Lombardia.
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nfine, dove vengono accolti? La rete di accoglienza in Italia è gestita dal Ministero dell’interno e conta diverse e articolate strutture su tutto il territorio. Nello specifico abbiamo 14 centri di accoglienza (Cpsa, Cda, Cara), 5 centri di identificazione ed espulsione (Cie), 1.861 strutture temporanee, 430 progetti del Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Eppure, nonostante l’allarmismo promosso e generalizzato dai media, la penisola italiana non dovrebbe avere di che preoccuparsi perché il numero di rifugiati accolto risulta modesto rispetto agli altri paesi europei e mondiali. Basti pensare al Libano che ospita circa 1,2 milioni di rifugiati, una cifra che rappresenta un quarto della popolazione del Paese. 11
temi
immigrazione
Stereotipo clandestino Cosa sta cambiando all’interno dello spazio Schengen e qual è l’impatto dell’immigrazione in Italia.
foto © UNHCR/Jowan Akkash
Veronica Di Benedetto Montaccini
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uesta che stiamo vivendo può essere definita l’epoca dei grandi esodi. Sono 60 milioni i rifugiati che si spostano nel mondo. Una crescita esponenziale del fenomeno immigrazione che riguarda le situazioni di conflitto e crisi che peggiorano. Attualmente sono in atto 33 conflitti tra guerre, crisi ambientali e climatiche e l’unica risposta che l’Europa è riuscita a dare riguarda la costruzione di barriere. Abbiamo tra fili spinati, reti elettriche e confini controllati ben 65 muri. Alcuni esperti del tema immigrazione hanno abbattuto per Decarta altri muri, quelli dati dagli stereotipi. Le cifre e le nuove rotte dei rifugiati
I Paesi con il maggior numero di rifugiati non sono in Europa. Infatti, il Paese che accoglie più profughi al mondo è la Turchia, con oltre un milione e mezzo, segue il Pakistan e il Libano 12
con un milione di profughi, su una popolazione di 4,5 milioni di abitanti. “I dati diffusi relativamente al 2015 in Italia parlano chiaro – racconta Federico Fossi dell’UNHCR – in Italia sono diminuiti gli sbarchi e nell’arco dell’anno sono solo 34 mila le richieste d’asilo a fronte del doppio nell’anno precedente. Insomma, di che emergenza ci hanno parlato i media per mesi?”. Mesi e mesi di trasmissioni televisive sull’invasione imminente. Mesi e mesi a soffiare sul fuoco dell’odio e dell’intolleranza, a costringerci ad avere paura di chi scappava da guerra e fame. Libera circolazione o fortezza Europa?
La crisi di Schengen rappresenta la crisi dell’Europa. 26 Stati che prevedevano la messa in comune degli strumenti di controllo dei confini e una presa in carico collettiva delle frontiere esterne alla Ue. Ma nelle ultime settimane anche Paesi come la Francia o l’Austria hanno
rimesso in discussione il Trattato e introdotto controlli temporanei alle frontiere. “Nonostante la necessità di forza lavoro – sottolinea Enzo Rossi, docente di Economia delle migrazioni all’Università di Roma Tor Vergata – anche in prospettiva di un deficit demografico che tutti sanno diventerà drammatico tra qualche anno per i nostri vecchi sistemi produttivi, nonostante l’apertura della Merkel al milione di siriani all’anno, nonostante tutto questo, la macchina europea non ha integrato lo slancio tedesco, per quanto interessato. La crisi dei rifugiati può sembrare una questione strettamente umanitaria, ma c’è un altro aspetto: se l’Europa annulla la libera circolazione delle persone, uno dei pilastri della casa comune, anche l’unione monetaria sarà messa in discussione e con questa l’economia del lavoro dei singoli Paesi”. Il pareggio: gli italiani all’estero hanno raggiunto gli stranieri in Italia
“5 milioni e 5 milioni. Si vede con questo dato – afferma Ugo Melchionda presidente di Idos, il Centro studi che produce il Dossier Statistico Immigrazione, la maggiore fonte per i dati su questo fenomeno – come noi eravamo un Paese di emigrazione fino al 1975, anno in cui abbiamo avuto un saldo positivo. Ma non abbiamo mai smesso di essere un Paese di emigrazione. Come nel libro di Gian Antonio Stella Quando gli albanesi eravamo noi, tendiamo a rimuovere questa parte della nostra storia”. La cosa incredibile che sta per avvenire e che già avviene è che i registrati all’estero sono stati 150mila, mentre i nati in Italia 92mila. “Questo significa – continua Melchionda – che nel giro di poco tempo ci sarà un grosso dramma demografico. Primo punto: noi siamo 60 milioni solo grazie all’aiuto dei 5 milioni di immigrati. DECARTA FEBBRAIO 2016
Secondo punto: se l’Italia non sarà più meta di immigrazione significa tornare in una periferia socio-economica fuori dal G8, un paese marginale ritenuto non economicamente vantaggioso agli occhi dei paesi in via di sviluppo”.
trend di imprenditori italiani in calo di quasi il 7% negli ultimi 5 anni e un aumento del 21,3% degli imprenditori stranieri.
Cosa succederebbe senza i lavoratori stranieri in Italia?
Il Regolamento di Dublino che prevede che le persone richiedenti asilo rimangano nei Paesi dove sono state identificate e dove hanno rilasciato le prime impronte, nelle sue tre incarnazioni è stato oggetto di forti critiche. Soprattutto Dublino lascia particolarmente esposti i Paesi sul confine meridionale. “I Paesi in cui arriva un grandissimo numero di migranti – ci spiega Nando Sigona, ricercatore ad Oxford presso il Refugees Studies Centre – hanno tradizionalmente risposto alla pressione imposta dal sistema di Dublino in due modi: formalmente, lamentandosi e chiedendo più solidarietà dagli altri stati dell’Unione, informalmente, evitando di prendere le impronte digitali alle persone in arrivo e quindi permettendo loro di aggirare il sistema burocratico (questo è il caso dell’Italia) oppure determinando, o comunque permettendo, condizioni talmente misere nei propri centri di accoglienza per richiedenti asilo da costringere gli altri stati membri a cessare il ritorno dei cosiddetti
Più di 600mila connazionali ricevono la pensione grazie ai migranti. “Nell’Unione europea ci sono 34 milioni di persone straniere, cioè il 6,7% della popolazione complessiva – ci spiega Stefano Solari, direttore della Fondazione Leone Moressa che ogni anno si occupa di censire il fenomeno immigrazione in Italia – i paesi con più stranieri sono la Germania, il Regno Unito e l’Italia, mentre in alcuni paesi più piccoli come la Svizzera queste percentuali sono ancora più elevate. Su 5 milioni di residenti stranieri, 3 milioni e 460 mila sono contribuenti: contribuiscono al fisco e alle assicurazioni sociali e hanno dichiarato nel 2014 redditi imponibili per 45 miliardi e mezzo di euro e versato Irpef netta per 6,8 miliardi di euro”. Numerosi sono imprenditori, persone che hanno cariche imprenditoriali o sono in qualche consiglio di società di capitali: sono 632 mila; tra l’altro con un
Le quote immigrazione, come superare Dublino
Paesi con il maggior numero di rifugiati
‘casi di Dublino’ per evitare violazioni dei diritti umani (questo è il caso della Grecia)”. Il lento avvio del meccanismo di redistribuzione dei richiedenti asilo (o delle quote come sono state definite) conferma l’esistenza di una “crisi di solidarietà”. Fino adesso, sono stati assunti 40 funzionari di collegamento e 200 esperti al fine di implementare il sistema di redistribuzione: stando ai numeri attuali, vi è un funzionario per ogni rifugiato e un esperto ogni cinque, ancora troppo poco per far fronte all’importante fenomeno immigrazione. Mai più clandestino, l’importanza della depenalizzazione del reato di clandestinità
La legge n. 94 del 2009 introdusse, nel Testo Unico delle norme sugli stranieri extracomunitari, l’art. 10 bis che sanziona la condotta dello straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno in Italia. Secondo Guido Savio, avvocato dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) “quello di clandestinità è un reato inutile e criminogeno. La sanzione va da 5.000 a 10.000 euro ma il nostro sistema processuale
Il contributo economico dell’immigrazione in Italia
(fonte: Fondazione Leone Moressa, Rapporto annuale 2015 sull’economia dell’immigrazione, ottobre 2015)
(fonte: Unhcr, Global Trends. Forced Displacements in 2014, giugno 2015)
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immigrazione penale non consente di mettere in carcere per clandestinità. Quindi che senso ha punire con una pena pecuniaria uno straniero irregolare che – proprio perché privo di permesso di soggiorno – non può accendere un conto corrente, non può essere assunto regolarmente, non può intestarsi beni immobili o mobili registrati?”.
Il sistema di accoglienza italiano
(illustrazioni tratte dal Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2015, a cura di Anci, Caritas italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Sprar in collaborazione con Unhcr)
L’altro grande problema provocato dal reato di clandestinità ancora vigente è che le Procure non riescono a concentrarsi così sul fenomeno della tratta, vera piaga dietro alla clandestinità. Non vi è infatti in Italia un Piano Unico che possa punire trafficanti di uomini e smugglers, le persone che guadagnano sulla pelle dei migranti. L’accoglienza e qualche esempio positivo di integrazione
Dai dati del Ministero del 22 dicembre 2015 nelle coste italiane sono arrivati 144 mila migranti e nel sistema di accoglienza sono presenti 101.708 richiedenti asilo. Attualmente il sistema di accoglienza italiano è frammentato tra 13 centri governativi (CPSA, centri di primo soccorso e accoglienza; CARA, centri di accoglienza per richiedenti asilo; CDA, centri di accoglienza a breve termine); la rete SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e le strutture di accoglienza temporanea (CAS, centri di accoglienza straordinari). Nonostante il sistema Sprar sia considerato il più efficiente fra i tre citati, dagli ultimi dati del Ministero sappiamo che accoglie solo il 19% delle persone. La percezione dell’opinione pubblica rispetto alla spesa dell’Italia per il mantenimento del sistema di accoglienza è falsata: in rapporto al numero di richiedenti asilo ospitati, anzi, la cifra pro capite è inferiore rispetto a quella garantita da Germania e Svezia. Per il 2015 si stima un costo dell’accoglienza pari a 1.162 milioni. “Costo per la gestione degli immigrati che viene comunque riversato sul territorio – spiega Daniela Di Capua, direttrice del Servizio centrale dello Sprar, alla presentazione del Rapporto sulla protezione internazionale – sotto forma di stipendi ad operatori, affitti e consumi e che, in ogni caso, rappresenta lo 0,1% della spesa pubblica nazionale complessiva (800 mld di euro)”.
Presenze di richiedenti asilo e rifugiati nei centri CAS-CARA/CDA/CPSA e SPRAR
L’accoglienza che funziona si ritrova nei centri Sprar più piccoli e dove si avviano processi di integrazione al lavoro che permettono ai rifugiati di costruirsi un futuro. Un piccolo esempio tra i mille: il progetto Sprar “I sapori dell’inter-coltura”, in provincia di Trapani, dove le terre confiscate alla mafia vengono coltivate e restituite alla legalità grazie al lavoro dei rifugiati. Ce ne sono molte di esperienze in Italia che dimostrano come la valorizzazione delle differenze possa essere la chiave per aprire la porta della conoscenza reciproca e della collaborazione tra cittadini e rifugiati. Le storie sono pronte da raccontare, basta abbandonare la retorica della paura. 14
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