Lazagne Art Magazie #12 Colors (EXTRACT)

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10,00 €

ISSN 2283-6004

Lazagne magazine

IVA assolta dall‘editore ai sensi dell‘art. 74 del DPR 633/72

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Art Culture FASHION and Colors 2

colours, like features, i colori come i lineamenti follow the changess of the emotions seguono i cambiamenti delle emozioni pablo picasso pablo picasso


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the colors :: colophon ::

direttore responsabile / editor in chief : Ettore Siniscalchi direttore creativo / creative director: Anna Bertozzi fondatori / founders: Anna Bertozzi //Sabrina Ravaglia redazione / editors: Sabrina Ravaglia // Lara Vitali corrispondenti / correspondents: Sara Foschini [London] // Andrea Salvatori // Chiara Corleoni [London] // traduzioni /translation: Daniel Yeatman

copertina / cover: ©Ramona Rosales “Balloon series”

Lazagne Art Magazine www.lazagnemagazine.com www.lazmagazine.com iscrizione al Tribunale di Forlì n. 08/16 del 15/09/2016

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ANDREA BRUNI :: editorial ::

LO SCHERMO DIPINTO Quel dandy sadico di Peter Greenaway, al pari di un Godard che ha studiato a Brera, va dicendo che il cinema è morto, anzi, non ha mai saputo evolversi, restando bloccato a Piero della Francesca, alle sue prospettive rigorose prospettive (che condizioneranno il Rinascimento), senza raggiungere mai le asperità delle Avanguardie. Un’arte, insomma, bloccata per inerzia, alla sua fase primigenia, con mille strade ignote (hic sunt Leones) ancora da esplorare. Stando alle parole del papà de “Le valigie di Tulse Luper” con le sue immagini dispettosamente decostruite, dovremmo vedere l’opera del regista-pittore anglosassone come l’unico tentativo di andare oltre i dettami dell’Accademia più ammuffita. Niente di più falso, se si pensa che già nel 1927 quel titano di Abel Gance tentò, col suo “Napoleon”, la “Polyvision” utilizzando contemporaneamente ben tre schermi cinematografici.

0 a 1 per il Cinema, caro Greenaway. Ed anche per quel che riguarda l’uso del colore si può tranquillamente affermare che ogni regista degno di questo nome usi la macchina da presa come una tavolozza. Già negli anni d’oro del Nostro Cinema, i maestri lo hanno dimostrato con cristallina evidenza: Il Conte Rosso, Luchino Visconti, con le sue carrellate intinte nello “spleen”, sembra non abbandonare mai le assi di un palcoscenico: par quasi di vedere i riccioli di polvere che si innalzano al movimento degli attori, costantemente vessilli di antichi e futuri disagi. Pasolini scopre il potenziale della messa in scena “en plein air” con un rigore che incastona ogni congregazione umana in una tela da scuola fiamminga. Fellini gioca con le proprie ossessioni in un limbo ove la luce del sole non può mai scaldare le umane genti.

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[andrea bruni]

E vogliam parlare del pittore prestato al cinema per antonomasia? David Lynch? Già tempo fa scrissi:

Federico Fellini

Peter Greenaway

Escher Abel Gance

David Lynch

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Luchino Visconti

Jean-Luc Godard Piero della Francesca

Pier Paolo Pasolini

Il cinema di Lynch è un labirinto. Un dedalo alla Escher, irto d’ostacoli e di repentine deviazioni. Un buio palpitante, uterino, lo avvolge. E’ facile perdersi in esso. Si entra nelle tenebre e non se ne esce più. Ma non tutti sono condannati al pozzo nero, celato da un manto di velluto. Trovata la chiave, si svela la luce. E si sale, si sale, si sale. La “natural burella” si spalanca su di un cielo che ti fa piangere da quanto è bello. (In Heaven everything is beautiful) Basta cercare, e scovar la propria chiave. Che può esser dietro a un termosifone. O nella veranda di una casupola di legno a Mount Zion, nel Wisconsin. O sul marciapiede (lastricato di stelle) dell’Hollywood Boulevard.


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Lo schermo dipinto Lo schermo dipinto Quel dandy sadico di Peter Quel dandy sadico di Peter Greenaway, al pari di un Godard che Greenaway, al pari di un Godard che ha studiato a Brera, va dicendo che ha studiato a Brera, va dicendo che il cinema è morto, anzi, non ha mai il cinema è morto, anzi, non ha mai saputo evolversi, restando bloccato saputo evolversi, restando bloccato a Piero della Francesca, alle sue a Piero della Francesca, alle sue prospettive rigorose prospettive (che prospettive rigorose prospettive (che condizioneranno il Rinascimento), condizioneranno il Rinascimento), senza raggiungere mai le asperità senza raggiungere mai le asperità delle Avanguardie. Un’arte, insomma, delle Avanguardie. Un’arte, insomma, bloccata per inerzia, alla sua fase primibloccata per inerzia, alla sua fase primigenia, con mille strade ignote (hic sunt genia, con mille strade ignote (hic sunt Leones) ancora da esplorare. Stando alle Leones) ancora da esplorare. Stando alle parole del papà de “Le valigie di Tulse parole del papà de “Le valigie di Tulse Luper” con le sue immagini dispettoLuper” con le sue immagini dispettosamente decostruite, dovremmo vedere samente decostruite, dovremmo vedere l’opera del regista-pittore anglosassone l’opera del regista-pittore anglosassone come l’unico tentativo di andare oltre i come l’unico tentativo di andare oltre i dettami dell’Accademia più ammuffita. dettami dell’Accademia più ammuffita.

per quel che riguarda l’uso del colore si per quel che riguarda l’uso del colore si può tranquillamente affermare che ogni può tranquillamente affermare che ogni regista degno di questo nome usi la macregista degno di questo nome usi la macchina da presa come una tavolozza. china da presa come una tavolozza. Già negli anni d’oro del Nostro Cinema, i Già negli anni d’oro del Nostro Cinema, i maestri lo hanno dimostrato con cristallimaestri lo hanno dimostrato con cristallina evidenza: Il Conte Rosso, Luchino Vina evidenza: Il Conte Rosso, Luchino Visconti, con le sue carrellate intinte nello sconti, con le sue carrellate intinte nello “spleen”, sembra non abbandonare mai “spleen”, sembra non abbandonare mai le assi di un palcoscenico: par quasi di vele assi di un palcoscenico: par quasi di vedere i riccioli di polvere che si innalzano dere i riccioli di polvere che si innalzano al movimento degli attori, costantemente al movimento degli attori, costantemente vessilli di antichi e futuri disagi. Pasolini vessilli di antichi e futuri disagi. Pasolini scopre il potenziale della messa in scena scopre il potenziale della messa in scena “en plein air” con un rigore che incasto“en plein air” con un rigore che incastona ogni congregazione umana in una tela na ogni congregazione umana in una tela da scuola fiamminga. Fellini gioca con le da scuola fiamminga. Fellini gioca con le proprie ossessioni in un limbo ove la luce proprie ossessioni in un limbo ove la luce del sole non può mai scaldare le umane del sole non può mai scaldare le umane genti. genti.

Niente di più falso, se si pensa che già Niente di più falso, se si pensa che già nel 1927 quel titano di Abel Gance nel 1927 quel titano di Abel Gance tentò, col suo “Napoleon”, la “Polyvitentò, col suo “Napoleon”, la “Polyvision” utilizzando contemporaneamente sion” utilizzando contemporaneamente ben tre schermi cinematografici. 0 a 1 ben tre schermi cinematografici. 0 a 1 per il Cinema, caro Greenaway. Ed anche per il Cinema, caro Greenaway. Ed anche

cinema and color

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[events]

EVENTS 10


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palais de tokyo/ paris February 3 / May 8, 2017 All Watched Over by Machines of Loving Grace

ART PARIS ART FAIR PARIS 30 MARCH - 2 APRIL 2017

René Magritte: La Trahison des Images > 23 janvier 2017 Centre Pompidou Paris

LONDON ART FAIR 18-22 JANUARY 2017 london

11° PREMIO ARTE LAGUNA mostra finalisti 26 marzo – 9 aprile 2017 Arsenale Venezia

A History of Photography: The Body >19 February 2017 Gallery 100 /London

ARTROOMS LONDON 20-23 JANUARY 2017

Francis Bacon fino al 1 maggio 2017 Treviso, Casa dei Carraresi

JEAN-MICHEL BASQUIAT fino al 26 Febbraio 2017 MILANO MUDEC Museo delle Culture

ROGER MAYNE 3 Mar – 11 Jun 2017 The Photographers‘ Gallery / London

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art rooms 2017

INTERNATIONAL CONTEMPORARY ART FAIR FOR INDEPENDENT ARTISTS

21 - 23 JANUARY 2017 MELIÁ WHITE HOUSE HOTEL ALBANY ST, REGENT‘S PARK, NW1 3UP LONDON WWW.ART-ROOMS.ORG Installation by Matt Greenwood


FOTO ANNA BERTOZZI

la maison du couturier


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IN CONFLICT VISIBLE WHITE PHOTO PRIZE 2017 6TH EDITION 14

www.premioceleste.it


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[lawrence lemaoana]

THANKS TO:

AFRONOVA

Modern and Contemporary Art WWW.AFRONOVA.COM

i did not join the struggle to be poor embroidery on kanga, 155x110cm, 2015 18


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Lawrence Lemaoana La giovane arte africana sta cercando un difficile equilibrio di ricerca, fra frammenti di un passato disgregato e saccheggiato e una memoria antica e mitica, dalle radici immerse in una terra la cui ricchezza, iconografica e naturale rimane ineguagliabile. Spesso confusa tra antropologia e artigianato, quest’arte “di frontiera” ci offre personalità cosmopolite e visionarie come il sudafricano Lemaoana, che realizza lavori su tessuti “tradizionali” dall’ispirazione pop, ma dove i messaggi di una comunicazioni arrogante e prevaricatrice vengono ridicolizzati. Attraverso la forza del supporto, i coloratissimi tessuti kanga* opera un rovesciamento di significato attraverso medium tradizionali riconoscibili ma che sottolineano il messaggio critico del suo lavoro.

Young African art is searching for a difficult balance between fragments of a broken and ransacked past, and ancient mythological memories, with roots immersed in a land of incomparable natural and iconographical wealth. Often indistinguishable between anthropology and workmanship, this “border” art offers us a cosmopolitan and visionary perspective. One that the South African Lemaoana, who creates his pop culture inspired works upon “traditional” fabrics, uses to satirize arrogant messages of abuse of authority. Through this support network, the colourful Kanga* fabrics flip their message with a recognizable traditional medium that underlines the critical content of the artist’s work.

by Lara Vitali *Kanga:

Tessuto coloratissimo originariamente chiamato “leso” dal portoghese lenço, ossia fazzoletto quadrato introdotto appunto in Africa dai mercanti portoghesi. Più che un tessuto è un mezzo di comunicazione che da quasi due secoli marca il ritmo della vita swahili. Ogni kanga porta con sé un proverbio, un pezzo di saggezza: alcuni di essi servono come benedizione per ricevere fortuna o amicizia; altri come monito per chi li legge. I messaggi scritti sarebbero stati introdotti dalle industrie tessili tanzaniane, attorno alla metà del secolo scorso.

*Kanga:

An extremely colourful fabric originally called “leso”, from the Portuguese lenço, which is a square handkerchief introduced to Africa by Portuguese merchants. It’s more than a fabric, it’s a means of communication that has underscored the rhythm of Swahili life for almost two centuries. Every kanga carries a proverb, a pearl of wisdom. Some of them are blessings of fortune and friendship; others are warnings for the reader. These written messages were apparently introduced by the Tanzanian textile industry, around the 1950’s.

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the one digital print on cotton rag paper, 59.5 x 42cm, 2006 20


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L’uso del colore nell’arte africana è un supporto potente e raffinato. La percezione occidentale è quella del distacco di significato, di appiattimento di senso portato dalla Pop Art americana, nel tuo lavoro invece il colore è il perno dell’opera. È il mezzo che preferisci per innescare la critica e rivendicare un’identità nuova e consapevole o oppure è la base per applicare la tua idea di linguaggio?

La storia dell’arte e l’antropologia hanno avuto successo nella loro categorizzazione dell’arte fatta in Africa, da Africani, e la diaspora è una forma di arte distinta. Il soggetto dell’arte che riguarda e si svolge dentro a questo spazio geografico è a sua volta soggetto a un processo di “museomizzazione”. Questo processo è un processo di traduzione, che trasforma le idee complesse in esibizioni impacchettate e accettabili dalla massa. Gli artisti contemporanei spesso sono a conoscenza di queste distinzioni geopolitiche, e quindi utilizzano le loro conoscenze nelle loro metodologie creative. Gli artisti attingono a storie personali e vissute come mezzo per creare la loro arte. Noi produciamo arte su una piattaforma quasi già fatta, che però all’improvviso può essere violentemente respinto. E allora lavoriamo su

delle strategie e tattiche per evitare di soccombere alla guida di queste piattaforme. È per questo motivo che gli archivi e la storia popolare vengono costantemente interrogati. Ho usato questi tessuti di colori vivaci perché hanno un significato molteplice, sono permeati con una storia ambigua se non sfocata, e a differenza dall’essere artefatti del passato agiscono in maniera attiva e danno potere e realtà a un gran numero di credi spirituali contemporanei del Sud Africa. Il rosso, nero, e bianco sono casuali da un lato, ma ottengono utilizzi nuovi e immaginate nel Sud Africa. Sangomas, Ngakas ecc (divinatori di spiriti) ne approfittano dei colori visto che corrispondono ai credi locali. Il rosso si rifà al terreno rosso che i divinatori usano per cospargersi i capelli e il corpo, e il bianco copia il bianco dell’argilla che viene utilizzata nei rituali. Il bianco apparentemente simboleggia la condizione o la zona tra la malattia e la morte, una zona limitare. Inoltre ho usato, o meglio mi sono appropriato di questo sovrapposizionamento informatico per migliorare l’idea di fluidità di significato e di materiale. Propongo che i significanti non siano costanti, e che si evolvano di continuo. Accomuno questo pensiero al concetto di vita da nomade, dove il nomade si porta dietro soltanto ciò che è necessario, ed è limitato solamente a ciò che gli è disponibile. I Kangas per me hanno questo significato, diventano delle tele e i significati vengono proiettati su di esse.

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ramona rosales by anna bertozzi

BALLOON SERIES / FINE ART REPRESENTATION DESOTO GALLERY WWW.DESOTOGALLERY.COM INFO@DESOTOGALLERY.COM


Colors. Experimenting with colors as if they were levels. Spaces in succession that create a timeless aesthetic union, that’s however very contemporary. Irony, imagination, composition, these are all parts of Ramona’s artistic process that fully define her works. Look at these images. Ramona Rosales is playing. She’s playing with colors, and isn’t afraid to do it. She creates through chromatics, a separation between static and motion. Both future, and present. She tells us about characters while hiding them from us. All from behind colorful balloons, in Balloons, or by creating an extremely adorable pantomime as in the Melissa McCarthy & Ben Falcone project. How were you able to approach the “Colors” topic without calling it that? And thankfully, you answered.

www.ramonarosales.com


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[ramona rosales]

The saturation of colors

is an imposing part of your work.

Can colors be an expressive medium through which one can tell a story? RAMONA: For me, color can be a voice and a tool to tell a story. Color can dictate a mood or idea of the overall project and guide the viewer through the journey into this specific world the artist has created. Within our own experiences, our relationship with color can have deep personal connections that trigger individual associations from our subconscious that can cue positive or negative emotion to specific colors. What I find fascinating about this idea, anyone may have their own adventure in the experience of viewing work beyond what the artist own relationship to the color and the story the tell.

Which colors have the most affinity with your personality? I love combinations of color that trick your eye when 2 or more colors are near each other. On the biological and physical levels it’s explained why we see color vibration or harmonies but on a personal level it’s like hearing a chord on the piano. I tend to gravitate toward bright vivid colors, but love to mix with lighter or darker values to enhance the key color which definitely telling of my personality.

Neil Leifer said: “Photography doesn’t show us reality, it shows us the ideas we have of it.”

What color would Ramona’s ideal world be?

RAMONA: My world would be very colorful and saturated with the hopes that the pallet would inspire fun and happiness as it does for myself. 34


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Colori. Sperimentare con i colori come se fossero livelli. Spazi in successione che creano un connubio estetico senza tempo ma di una grande contemporaneità. L’ironia, l’immaginazione, la composizione, fanno parte del processo artistico di Ramona e definiscono pienamente la sua opera. Guardate queste immagini. Ramona Rosales gioca. Gioca con i colori e non ha alcuna paura di farlo. Crea attraverso la cromia, una separazione tra moto e staticità. Futuro e presente. Racconta i personaggi pur nascondendoli. Dietro a palloncini colorati come nel caso di Balloons o realizzando una estrema adorabile pantomima come per il progetto Melissa McCarthy & Ben Falcone. Come è possibile affrontare un argomento “Colors” senza chiamarla? E per fortuna lei ha risposto.

ramona rosales 35


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[photo50 #LAF]

18-22 January

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Š Jeremy Sutton-Hibbert, Ethan McMurdo as monk, St. Ronan’s games festival, Innerleithen, Scotland on 19th July 2014

Business Design Centre, Islington, N1 www.londonartfair.co.uk | #LAF17

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[photo50 #LAF]

by Anna Bertozzi

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Interview with Christiane Monarchi, founding editor of the online magazine Photomonitor, curator of Photo50 at London Art Fair 2017. The 50 works that will be presented to Photo50 gravitate around the theme chosen this year by Christiane... „Gravitas“. Gravitas is a Latin word and though it seems, does not refer to the gravity, although it has the same desinence, but refers to a virtue. The virtues of Roman Society were: Gravitas, pietas (piety), and dignitas (dignity). Tell us ... why did you choose Gravitas? To start, I chose this theme as I am interested in the visual representation of young people, particularly in depicting how children grow into adults today. That has been my starting point in exploring the time period of adolescence, with its associations of coming of age in contemporary society, and seeing how photographers and lens-based artists have been interested in this time period artistically. „Gravitas“ with its Latin roots is used even today to describe someone who has a certain seriousness or solemnity to their demeanour, and yes, in ancient Roman society this refinement of one‘s personality was seen to communicate this important personal virtue to signify maturity, a time to take up their place as respected adults in society. As this virtue is closely linked with one‘s speech, manner, even physical presence - it would have been one of the most visual of the Roman virtues, a signal to the outside world of entering adulthood. I was thinking about this idea from several angles - how does a young person signal‚ maturity‘ today, what does this look like? How do photographers represent individual emerging adults, among the multifaceted youth cultures co-existing? One reads so many articles in the press about the perceived state of childhood and pressures of growing up, what does that actually look like now? How do family, peers, community, social media, help shape the child into the adult, and when does that finish? So many questions arise, it‘s been an interesting exploration into this time of development.

This year visitors are invited to step into an existential space, where one can consider what it means to be coming of age, now. It‘s a quiet theme, I think, where each visitor may personally identify with some ideas brought by these 13 artists from their own perspectives, while touching on universal themes through photography and moving image works. Family, community, role models, play, loss, and the pure fascination of watching and arresting that fragile time between child and adulthood where nothing much may be visible at all but everything is changing. Regarding the works on display, for many of the works presented this will be their first exhibition in London, and for some ver y new works this is also their global premiere, so I‘m ver y excited to be able to unveil new works to collectors within this successful ar t fair as well. Can you tell us something about the selection process of the artists ? What curatorial path did you follow? In the past five years I‘ve enjoyed running the online magazine Photomonitor, and it has been fascinating learning about the stories and histories to the many projects that we‘ve covered. I relish the opportunity to show artists‘ new work - whether online or in an exhibition - as it is such an honour to help promote new ideas to new audiences. Most of the artists showing in ‚Gravitas‘ are living in the UK and Ireland, the area of focus for Photomonitor, and perhaps in this way it may have a European flavour - yet the stories emerging here are decidedly global and universal at the same time as they are highly personal to each artist. Recently there have been a number of great exhibitions in London about women, motherhood, family, identity and I wanted to create one about this special time period of adolescence. It is interesting to me to consider work by older artists looking ‚in‘ to this time period as well as younger artists looking at this formative period in their life just having emerged from it themselves.

Over the past several years I‘ve always enjoyed visiting Photo50 within the London Art Fair, as a place for reflection and interaction with art on a conversational level which is different and complementary to gallerists‘stands.

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© Spencer Murphym from ‚One Wheel Bad

You can defining Photo50 as a place of exploration? What role does “Photo50” play at the fair?


© JWendy McMurdo, Young Girl (iii) from ‚Let‘s Go to a Place‘ 2016

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© Melanie Manchot ‚11-18‘ Intallation shot

© Frances Kearney, Untitled I, 2015

© Baptiste Lignel, Cash from Pop Pills

© Brontes Cordes, Twenty One

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fall 2016 - MIMESIS

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long knitted felted dress with rug jacquard

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long oversize fake fur-lined coat 49


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[ARTE LAGUNA PRIZE]

ARSENALE DI VENEZIA 25 MARZO 2017 INAUGURAZIONE E CERIMONIA DI PREMIAZIONE curatore Premio Igor Zanti

11° PREMIO ARTE LAGUNA A

pertura mostra fino al 9 aprile, ingresso gratuito Mostra dei finalisti e vincitori 125 opere d‘arte internazionali Nappe dell‘Arsenale, Venezia 26 marzo – 9 aprile 2017 ore 10-18

Giuria internazionale per la selezione dei 125 finalisti: Flavio Arensi (Italia, Critico d’arte); Manuel Borja-Villel (Spagna, Direttore del Museo nazionale Centro de Arte Reina Sofía di Madrid); Tamara Chalabi (Iraq, Presidente e co-fondatrice di Ruya Foundation); Paolo Colombo (Italia, Consulente d’arte per il Museo di Arte Moderna di Istanbul); Suad Garayeva (Azerbaigian, Direttore curatoriale delle mostre e della collezione permanente di YARAT - spazio per le arti contemporanee); Ilaria Gianni (Italia, Curatrice e critica d’arte); Nav Haq (Belgio, Curatore senior al M HKA – Museo di Arte Contemporanea di Anversa); Emanuele Montibeller (Italia, Direttore Artistico Arte Sella in Trentino); Fatos Ustek (Regno Unito, Curatrice indipendente e Scrittrice); Alma Zevi (Italia, Curatrice e Scrittrice). A presiedere la giuria il curatore del Premio Igor Zanti, direttore anche di IED Venezia.

Inaugurazione: sabato 25 marzo 2017, ore 18 Visite guidate: domenica 26 marzo 2017 - ore 11 Nappe Arsenale - ore 15 TIM Future Centre sezione arte virtuale e grafica digitale

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credit Arte Laguna

www.premioartelaguna.it #artelagunaprize #premioartelaguna 57


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A

rchivio

#notiziedallarchivio AUTORE:

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NENIX CE


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L

e tre diapositive 6x6 grappettate ai passepartout di cartoncino bianco hanno una storia lunga mezzo secolo. Negli ultimi anni sono state conservate in una cassettiera assieme ad altre fotografie, collages, fanzine, libri d’artista: vivono il disordine del mio archivio, fatto di discontinuità temporali e materiche il cui filo rosso mi pare stia nella materialità dell’oggetto - fotografia. Le consegno ora a Lazagne, facendole ri-vivere un nuovo episodio della loro biografia. Fino al loro ingresso nel mio archivio fotografico ed alla pubblicazione in questo magazine di arte contemporanea questi oggetti fotografici hanno vissuto altre vite. Gli appunti e i timbri lasciati a vista sui cartoncini sono le tracce di percorsi passati: la committenza degli scatti da parte di una modella; la produzione da parte di uno o più fotografi; la distribuzione tramite le agenzie fotografiche

(se per motivi biografici non vi è possibile riconoscere l’attrice o l’attore, sappiate che sono fotografie di un book fatto per promuovere la partecipazione della ragazza alla serie TV de ‘Il Tenente Sheridan’).

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[EHSAN MEHRBAKHSH]

EHSAN

Mehrbakhsh 66


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[EHSAN MEHRBAKHSH]

una conversazione / a conversation 72


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VALENTINA VANNICOLA

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[VALENTINA VANNICOLA]


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RALPH HALL by Anna Bertozzi

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MY LOVE IS UNCONDITIONAL MY TRUST AND MY RESPECT ARE NOT

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RALPH HALL

ceramic, textile, color and

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[RALPH HALL]

Scrutando da lontano attraverso il web, la vita di Ralph rimasi colpita da una frase che pubblicò qualche tempo fa. MY LOVE IS UNCONDITIONAL, MY TRUST AND MY RESPECT ARE NOT. E così capii che il SUO rispetto non si conquista mediante frasi bonarie nei suoi confronti o verso la sua arte. Ma attraverso l’onesta condivisione dei suoi “CREDO”. Ralph ama incondizionatamente gli esseri che amano incondizionatamente. E la sua arte lo dimostra. Crea cani, fenicotteri, cavalli, conigli, tigri, foche, tucani, lucidi, opachi, in ceramica o ricoperti di velluto, che denunciano silenti lo sfruttamento che li circonda. Questa denuncia è satura. SATURA DI ENERGIA, AMORE, POESIA E COLORE.

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[RALPH HALL]

Non dimentichiamo il tuo passato da poeta. Da bambino già sapevi che saresti diventato un poeta?

Da bambino sapevo di essere già un poeta. Vedevo e sentivo percezioni e cose che le persone intorno a me non percepivano e scrivevo già piccole liriche su un piccolo diario come una necessità di estraniarmi dal reale per attingere all‘animo in silenzio cercando di spremere versi. I bambini sanno sempre tutto.

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[MICHELE RAMOUS]

RICHARD AVEDON

ANSEL ADAMS

Michele Ramous 1981-1982

ARTIST & PHOTOGRAPHER

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ROBERT CAPA

HENRI CARTIER-BRESSON

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WWW.FASHIONREVOLUTION.ORG

Photograph by Stephanie Sian Smith Styling and makeup by Novel Beings Models: Kimberly Marren, Emily Bador, Savannah Small

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[FASHION REVOLUTION]

orsola de castro

fashion

REVOLUTION by sabrina ravaglia

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> rsola De Castro nel 2013, è co-fondatrice di Fashion Revolution, un enorme progetto di concreta sensibilizzazione a livello mondiale sulla sostenibilità, sull’etica e sulla qualità nel mondo della moda. Tanta esperienza e tanta passione fin dal 1997, dalla nascita del suo eco-brand “From Somewhere” alla direzione di Estethica, dalla eco-zone della London Fashion Week, all’invenzione dell’upcycling e all’eco-glamour. Come si è evoluta l’eco-fashion negli ultimi anni dal tuo speciale punto di vista? Coloraci col tuo percorso ... In primo luogo, credo che sia importante sottolineare che il mio viaggio è quello di designer e non ho mai perso il contatto con l’idea che un designer sia un risolutore di problemi, e non un creatore. Con From Somewhere, la mia etichetta dal 1997 al 2014, l’esigenza è stata, non solo un modo per diminuire rifiuti tessili, ma il riutilizzo di ciò che viene scartato come primo obiettivo. Per cominciare è stato un viaggio poetico intriso della mia storia personale, e ho iniziato con quello che era stato abbandonato, rivisitandolo in una nuova vita e sentendolo come una sfida creativa. Mi è piaciuto usare quello che trovavo, mi piaceva trasformarlo da rifiuto a qualcosa di bello, mi è piaciuto aver avuto il potere di trasformare le cose da obsolete a nuovamente attuali, mi è piaciuto far diventare l’indesiderato, desiderabile. E’ stato lungo il percorso in cui mi sono resa conto di avere la chiave per risolvere la sfida ambientale, quando ho visto con mano quanto viene scartato dal consumatore e dall’industria della moda e del tessile. Sono venuta a conoscenza del problema, e a quel punto mi sono sempre più interessata a offrire le mie idee per diventare parte della soluzione. Quando ho iniziato nel 1997, e ancora per parecchi anni dopo, la moda ecologica o moda sostenibile, non facevano parte del linguaggio del fashion. Non c’era un mercato per questo, c’era poca comprensione di ciò che sarebbe potuto diventare. Tutto è cambiato intorno al 2005. Da allora, l’impatto della Fast Fashion e della produzione di massa di beni di lusso è diventato un problema, siamo divenuti consapevoli che lo sfruttamento della manodopera e l’inquinamento sono direttamente legati al settore della moda, e sempre più persone hanno cominciato a farsi domande. Estethica, l’area moda sostenibile alla London Fashion Week che ho co-fondato con il mio partner, Filippo Ricci e Anna Orsini del British Fashion Council nel 2006, è stata un modo per inserire il tema fra le tendenze dominanti, per fornire uno spazio per altri designer che avessero sviluppato soluzioni per affrontare i problemi sociali e ambientali. 106


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Siamo stati pionieri di un vero cambiamento, abbiamo creato una domanda per i marchi che hanno osato pensare in modo diverso, abbiamo portato l’attenzione sul problema ponendolo al centro del calendario della moda. E’ stata molto stigmatizzata la convinzione che la sostenibilità non possa essere vista come di tendenza, o lussuosa, o attinente, abbiamo cambiato i preconcetti spingendo il grande design verso grandi storie da raccontare. Lo abbiamo fatto all’interno delle migliori riviste, abbiamo creato un appetito, abbiamo spiegato perché fosse così importante consentire un’alternativa che potesse coesistere con la moda tradizionale. Sono molto orgogliosa di quello che abbiamo ottenuto, so che noi ora facciamo parte di un piccolo pezzo di storia della moda e che quello che abbiamo fatto è stato incredibile e ha contribuito a spostare le cose in una nuova direzione. Ho sempre visto la sostenibilità nella moda come una nuova avanguardia, per me ha sempre rappresentato il futuro, perché non ci può essere futuro senza di essa. Naturalmente, ora, è ampiamente riconosciuto che tutte le aziende, grandi e piccole, dovranno abbracciarla, se non immediatamente, in un prossimo futuro. Fashion Revolution è nata da un’altra tragedia senza senso, e proprio al momento giusto. E’ stato con Fashion Revolution che mi sono resa conto una volta per tutte che il cambiamento non era più il desiderio di pochi, ma l’impegno di molti. E’ iniziato organicamente, è cresciuto in un movimento di massa (ora siamo in 92 sezioni in tutto il mondo, e abbiamo dimostrato che se siamo tutti uniti, il cambiamento arriverà. E io vedo il cambiamento: io sono nella posizione super-fortunata, come mentore dei giovani designer e nel mio ruolo con gli studenti di moda del Central Saint Martin, di vedere un grande cambiamento di atteggiamento nelle nuove generazioni, una vera e propria fame di poter lavorare in modo diverso, per essere più rispettosi nelle proprie scelte creative. Questo mi tiene attiva, fiduciosa e impegnata.

> Il prossimo importante appuntamento è il 24-30 Aprile 2017, la Fashion Revolution Week . Il messaggio virale che ne caratterizza il senso è “Who made my clothes” da cui possiamo cogliere l’opportunità di riflettere e tentare di ottenere trasparenza nell’industria della moda. Chi c’è dietro il nostro look e quale ombra proiettiamo con il nostro shopping compulsivo usa e getta e come possiamo trasformarla in acquisti consapevoli. Con queste domande dimostriamo la nostra preoccupazione... Come ognuno di noi può diventare parte attiva di Fashion Revolution? Il concetto di “Who Made My Clothes” è super interessante: dopo tutto si tratta di una domanda molto semplice. Una semplice domanda alla quale è quasi impossibile rispondere! Il che di per sé ci spiega molte cose. Come mai non sappiamo chi fa i nostri vestiti? È il risultato diretto di hyper globalizzazione, ma dimostra anche quanto il settore della moda sia diventato scollegato e inefficiente nel corso degli ultimi trent’anni. Chiedere la provenienza, la tracciabilità e la trasparenza e il rispetto per le persone e per il pianeta, per I lavoratori del tessile, per tutti gli operatori nella filiera della moda, è come chiedere l’impossibile e questo sicuramente non è giusto. Così abbiamo deciso di sfidare questa impossibilità mediante la creazione di un movimento che parla di inclusività, incuriosisce e porta all’azione. Il nostro slogan “sii curioso, scopri, fai qualcosa” è molto semplice. Noi crediamo che la sensazione che questi problemi siano troppo grandi per essere risolti individualmente, alimenti l’apatia, così abbiamo lavorato il contrario, incoraggiando tutti ad essere una parte della soluzione.

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[LA MAISON DU COUTURIER]

LA MAISON DU COUTURIER LAMBERTO PETRI

Photographer: Anna Bertozzi Stylist: Elisa Bacchi Model: Arianna Fiamenghi Locations: Palazzo ex-Istituto „Alfredo Oriani“, Faenza Acquedotto Spinadello, Selbagnone Forlimpopoli special thanks: Comune di Faenza, Comune di Forlimpopoli

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[LA MAISON DU COUTURIER]


ANCHE UN BARBONE PUò ESSERE UN RE

ARTIST

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Gran Carlo è un logo inventato per indicare in versione ironica e celebrativa, la decadenza*.

grancarlokry.tumblr.com

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[KRY]

gran carlo/ KRY

„affetto“ pittura su skateboard 126


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WHITE MATTER by Sabrina Ravaglia

MASSIMILIANO R O N C A T T I

MASSIMILIANO RONCATTI È UN ARTISTA SCULTORE CONTEMPORANEO. 131


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Clockwork bag, RESINA ECOLOGICA POLICROMA DIM. 47 X 37 X 27 CM, 2016

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Grand Palais 30th March - 2nd April 2017 Africa guest of honour www.artparis.com


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