Lazagne Art Magazine #8

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ISSN 2283-6004

Lazagne magazine

issue #8

enrico de luigi . viola emaldi . lori nix . can pekdemir. isidro ferrer . amĂŠlie nothomb . michael kampe. feb - may 2015 1


ASK FOR THE PAPER VERSION AT LAZAGNE MAGAZINE lazagnemagazine.com

CO LO PH O N #8 EDITORIALE / EDITORIAL by Massimo Pulini COVER / photo © Anna Bertozzi BACK COVER / Kintsugi courtesy © Elisa Bacchi

LAZAGNE ART MAGAZINE Editore Self-Publishing Anna Bertozzi Viale Vespucci, 16 Forlì - Italy lazagnemagazine.com issuu.com/lazagnemagazine

photo © anna bertozzi 2


LAZAGNE MAGAZINE TEAM Anna Bertozzi Sabrina Ravaglia Lara Vitali Veronika Aguglia TRANSLATOR Daniel Yeatman COLLABORATOR in London: Sara Foschini CREDITS Gianluca Naphtalina Camporesi / naphtalina.com [Viola Emaldi] Paci Contemporary / pacicontemporary.com [Lori Nix] Voland Edizioni / voland.it [Amélie Nothomb] SPECIAL THANKS

LARA VON TRIER GIOVANNA ARESU GIANLUCA CAMPORESI KEN PONZIO ELISA MONTALETTI MONIK BRICOLS LOUIS CHIRILLO MARCUS AURELIOS STEFANO TONTI ANDREA BERTOZZI

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The theme of this edition of Lazagne is:

Caso e volontà. Assoluto e relativo. I remember back in the early Eighties when the two great British sculptors Anish Kapoor and Tony Cragg burst into the scene, I was gathering debates and deliberations on the relation between chance and purpose. I was really struck by how poetic they both were, even though they couldn’t have been less alike. Kapoor’s distilled sense of rigor and logic was self-evident, while Cragg’s style opened itself to a vastness of qualities and happy linguistic dances. It was like listening to one of Ravi Shankar’s pieces alongside the Style Council, which I both followed passionately at the time. Anish Kapoor represented a union between East and West, the apex of an impeccable intentionality that was almost ritualistic, while Tony Cragg worked sporadically, playing amongst the London junkyards as if they were a new sort of alphabet. Anyway, without juxtaposing them in this dualistic light anymore, it’s only now that I can read Craggs first works in light of his subsequent stylistic transformations, as a perfect balance between chance and purpose. It’s good to remember that in the early Eighties Tony Cragg created his installations using discarded objects, although his choice of material always took into consideration the relationship between the objects’ colour and their substance. Plastic toys, tubes, bottles, bins or tanks, born in a lively red, were also faded at the same time, after having passed months under the sun. Cragg would display them on the ground or upon a wall to create a larger design. Therefore, in greater terms, was the competition between chance finds and selective research. 4

“ORDER,

AGAINST ITSELF.

EDITORIAL by MASSIMO PULINI

Shapes and objects would arrive at his apartment from different, unknown lives, destined towards a careful chromatic palette, resembling the methodical and patient fruit of a great hunting season. This equilibrium between the potential, the imponderable, and mental determination came together in Cragg’s life as the culmination of his work, whose main elements were chance. Big helical braids made up of infinite game dice are the perfect expression of this amazing idea. If I had to make one comment about Anish Kapoor’s aesthetic parable, I’d think about the absolute, the awestruck emotion made by the encounter of original forms with future ones. As far away from chance as you can get, yet still as close as you can get to a weightless feeling of wonder.


“L’ORDINE,

CONTRO”

Caso e volontà. Assoluto e relativo. Ricordo che agli inizi degli anni Ottanta, quando irruppero sulla scena artistica internazionale i due grandi scultori britannici Anish Kapoor e Tony Cragg, stavo raccogliendo riflessioni e argomenti intorno alla relazione tra caso e intenzione. Rimasi molto colpito dalle poetiche di entrambi, anche se tra loro non avrebbero potuto essere più diverse. Un distillato di senso e di rigore mi appariva quella dell’ artista di origini asiatiche, tutta concentrata su materie e forme primarie, mentre lo stile dello scultore di Liverpool si apriva ad una vastità di caratteri eterogenei e di felici danze linguistiche. Era come sentire un brano di Ravi Shankar a fianco di un pezzo degli Style Council, che peraltro ascoltavo assiduamente in quel periodo. Anish Kapoor rappresentava per me allora una lucida sintesi tra Oriente e Occidente, apice di una impeccabile intenzionalità ai limiti del rito, mentre Tony Cragg lavorava in quel periodo sull’occasione casuale e giocava con le discariche londinesi come fossero un alfabeto inventivo. Ma senza bisogno di continuare a contrapporre l’uno all’altro in questo tema dualistico, mi sembra ora di poter rileggere le prime opere di Cragg alla luce delle successive trasformazioni del suo stile, come una perfetta bilancia tra caso e volontà. È forse utile ricordare che nei primi anni Ottanta Tony Cragg realizzava le sue installazioni raccogliendo oggetti di scarto, ma la sua scelta ricadeva solo su quelli che fossero tra loro imparentati da una materia e da un preciso punto di colore. Giocattoli di plastica, tubi, bottiglie, bidoni o taniche che, nati di un rosso vivo, si presentavano sbiaditi allo stesso modo, dopo essere rimasti al sole per mesi e mesi. L’artista li disponeva a terra o a muro, in equidistanza tra loro, per formare un sovra disegno d’insieme. Dunque si fronteggiavano, al massimo livello, l’incontro occasionale con la ricerca più selettiva. Forme e oggetti che giungevano a quell’appuntamento da vite diverse e sconosciute, venivano destinate a una studiata tavolozza cromatica, restituendo così il frutto metodico e pazientissimo di una lucida stagione di caccia. Questo puntuale equilibrio tra le potenzialità dell’imponderabile e la determinazione del pensiero ha raggiunto in Cragg un apice simbolico nelle sculture realizzate con l’elemento principe della casualità. Le grandi trecce elicoidali composte di infiniti dadi da gioco sono il perfetto riscontro di quella geniale idea. Se infine dovessi commentare la parabola estetica di Anish Kapoor mi verrebbe da pensare all’assoluto, all’emozione attonita prodotta dall’incontro tra le forme dell’origine e quelle del futuro. Quanto di più lontano dal caso, ma allo stesso tempo quanto di più prossimo all’imponderabile terreno della meraviglia.

massimo pulini 5


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Lori Nix

Lazagne Magazine

AmĂŠlie Nothomb

Can Pekdemir

Lazagne Magazine

Viola Emaldi

Artists # 08 Lazagne Magazine

Michael Kampe

Isidro Ferrer

Enrico De Luigi

Lazagne Magazine


Artists # 08

enrico de luigi page_______14

viola emaldi

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isidro ferrer

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Photo Prize

visible white 2015 4th

edition

familydom

FAMILYDOM explores the varied and fragmented experiences we have in relation to the family.

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Curated by Francesca Fabiani, Paul di Felice. Finalist selections by Peggy Sue Amison, Christian Gattoni, Elisa Medde. 4.000€EURO CASH PRIZES Deadline to enter projects is:

28 FEBRUARY 2015.

FAMILYDOM è stata ideata e organizzata da CELESTE NETWORK e FONDAZIONE STUDIO MARANGONI. CELESTEPRIZE.COM/FAMILYDOM


21—25 January 2015 Business Design Centre Islington, London N1 Book Tickets londonartfair.co.uk

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Ministero degli Affari Esteri

Regione Veneto

Provincia Venezia

Provincia Treviso

Città di Venezia

Municipalità di Venezia Murano Burano

Confcommercio Ascom Treviso

Istituto Europeo di Design

Università Ca’ Foscari

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BIODIVERSITY contemporary

art

exhibition

in

EXPO IN CITTĂ€ 2015 by ARK Cultural Property and Contemporary

Milano and metropolitan area 1st May 2015 31st October 2015

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ELISA BACCHI

Kintsugi

elisabacchi.it 15


EVENTS PAOLO GIOLI / JOEL-PETER WITKIN

fino 07 Marzo 2015 Galleria Massimo Minini - galleriaminini.it

GROUP SHOW “SMALL SIZE” COLLECTION + RALPH GIBSON “L’ANTICLASSICO”

fino 21 febbraio 2015 Paci Contemporary- Brescia - pacicontemporary.com

La guerra che verra’ non e’ la prima. 1914 - 2014 fino 20 settembre 2015 Mart Rovereto - mart.trento.it

Boldini Lo spettacolo della modernità 01 febbraio - 14 giugno 2015 Musei San Domenico, Forlì - mostrefondazioneforli.it

arte laguna mostra dei finalisti 22 marzo - 5 aprile 2015 Arsenale - Venezia - premioartelaguna.it

Jeff Koons until 27 april 2015 Centre Pompidou - Paris - centrepompidou.fr

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ARTE FIERA 23 - 26 gennaio 2015 Bologna - artefiera.it


LA DIVINA MARCHESA

fino 08 Marzo 2015 Palazzo Fortuny - Venezia fortuny.visitmuve.it

art rooms 23 - 26 january 2015 Melia White House Hotel - London art-rooms.org

LONDON ART FAIR 21 - 25 january 2015 London - londonartfair.co.uk

ESCHER fino 22 febbraio 2015 Chiostro del Bramante - Roma chiostrodelbramante.it

LE BORD DES MONDES 18 february – 17 may 2015 Palais de Tokyo - Paris- palaisdetokyo.com

KLASS ERIKSSON BE ANDR TRANSFORMATIVE LIMITS

fino 21 marzo 2015 Eduardo Secci Contemporary - eduardosecci.com

IL NOVECENTO L’ARTE CONTRO febbraio - novembre 2015 Guggenheim - Venezia - guggenheim-venice.it

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ENRICO de Luigi

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enrico de luigi

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"LE COSE GLI OGGETTI LE PENSANO IN SILENZIO." “...UN ESSERE VIVE, SI CONSUMA, SI ROMPE, MUORE E SI TRASFORMA. UN OGGETTO VIVE, SI CONSUMA, SI ROMPE, MUORE E SI TRASFORMA. MA VI SIETE MAI FERMATI IN AGGUATO A OSSERVARE UNA PIETRA, UNA CASSERUOLA, UNA LOCOMOTIVA, UN SACCO DI CEMENTO O QUALSIASI COSA DETTA INERTE? GLI OGGETTI CHE SONO DESTINATI A DIVENTARE SOGGETTI DELLA NOSTRA ATTENZIONE FANNO SUPPORRE LA LORO COMBINAZIONE CHIMICA INTELLIGENTE.” “...GLI OGGETTI-SOGGETTI GUARDANO GLI UOMINI-OGGETTI CHE NON GUARDANO GLI OGGETTI-SOGGETTI CHE GUARDANO.” tratto da “l’assurdo razionale perché necessario” di mattia moreni edizioni santa sofia di romagna novembre 1989/ prima edizione

”OBJECTS, THINK ABOUT THINGS, IN SILENCE.” "...A BEING LIVES, CONSUMES, BREAKS, DIES AND IS TRANSFORMED. AN OBJECT LIVES, IS CONSUMED, BREAKS, DIES AND IS TRANSFORMED. YET HAVE YOU EVER STOPPED TO LURK AND OBSERVE A STONE, A POT, A LOCOMOTIVE, A SACK OF CEMENT, OR ANYTHING ELSE INANIMATE? THE OBJECTS THAT ARE DESTINED TO BECOME SUBJECTS OF OUR ATTENTION MAKE US WONDER ABOUT THEIR CHEMICALLY INTELLIGENT COMBINATION." "..THESE OBJECTS-SUBJECTS WATCH US MAN-OBJECTS THAT DON'T WATCH THE OBJECTS-SUBJECTS THAT ARE WATCHING THEM." passage from “l’assurdo razionale perché necessario” by mattia moreni

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chicodeluigi.it

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Photo Š Gianluca Naphtalina Camporesi29


VI LA EMALDI

curatrice. critica d’arte. scrittrice.

Interview: Anna Bertozzi Photographer: Gianluca Naphtalina Camporesi Ceramic jewelry: Smoking, grès e platino - Antonietta Mazzotti, ed.limitata, 2014 Collier Iride, maiolica policroma, oro - Antonietta Mazzotti, ed. limitata, 2009 Spilla “Anima”, porcellana - Lorenza Morandotti, edizione limitata, 2014 Dresses: Alexander Mc Queen Shoes: l’Autre Chose e Fratelli Rossetti

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viola emaldi 31


S

edute attorno a un tavolo, in cucina. Il caffè è pronto.

Anna: Quando ho pensato alla tua intervista mi è venuto in mente un oggetto, il caleidoscopio. Viola: ...Una parola che metto sempre nei miei testi. Anna: Considero il Caleidoscopio un oggetto intrigante, per un motivo molto semplice, l’assemblaggio nella lente di figure geometriche diverse, crea delle immagini… Viola: ...unitarie Anna: Esatto. Allora ho pensato, quali sono i triangolini che formano la lente della visione di Viola Emaldi? Viola: La trovo molto calzante come metafora, perché intanto il caleidoscopio è un oggetto cilindrico, come circolare è il senso delle cose, dall’ inizio c’è anche la fine del “tutto”, quindi è un cerchio che si completa nell’immagine caleidoscopica. Poi formata da un mosaico di tante parti che creano un unicum. E questo è il mio modo di lavorare. Nel senso che ho sempre lavorato in maniera curatoriale, se vuoi “dilatata”. Di solito seguo progetti di backstage di produzione per l’arte contemporanea, che è un po’ la mia specialità, o di progetti che abbiano a che fare con il “personale” degli artisti, di chi arte la fa. Che è sempre una parte di backstage, tipo le esposizioni “Personal effects on sale” o “Personal food” fanno parte dell’intimo di un artista, raccontano tanto di lui a livello individuale. Partendo da un corollario di artisti, crei un unico progetto che poi, può diventare un libro, interessante su più livelli. Sia per il neofita dell’arte che si trova una raccolta di ricette d’artista stravagante, come per l’addetto del contemporaneo che si diverte a ritrovare la poetica di un artista attraverso qualcosa di personale. E comunque diciamo che il concetto del gruppo, della grande commu32

nity, che riesci a mettere insieme attraverso una tematica specifica, mi interessa molto, perché a livello sociologico oggi è importante realizzare processi di dinamiche artistiche. Dalla dinamica di un materiale, per fare un’ opera d’arte a quella di un processo mentale che ti fa arrivare ad essere te stesso, a livello creativo. Anna: Però…mi viene da dire, non conoscendo fino in fondo il mondo curatoriale... che deve esistere una profonda analisi del “gusto”. Ovviamente ti approcci ad un artista rispetto ad un altro seguendo determinati tuoi livelli, culturali, emotivi. Ma è una questione solo personale? Parti dal tuo gusto per relazionarti ad un artista e per poi farlo relazionare con il mondo? È così…? Viola: Si e no. Dipende da qual’è il tipo di progetto. Da un certo punto di vista sono un curatore alla “vecchia maniera” cioè sono convinta che un artista preso singolarmente non abbia bisogno di una curatela. Ma semplicemente di un’assistenza organizzativa, di un takin’ care. Mentre in un discorso curatoriale se vogliamo in “maniera più contemporanea”, che ha a che fare con una tematica, un filo rosso, dentro il quale tu richiami certi artisti secondo la tua idea, una mostra di gruppo, un progetto collettivo… allora sì! Lì penso che veramente sia importante applicare la tua preferenza, mentre quando lavori singolarmente parti già dal fatto che lo coinvolgi perché sai già che ha un mondo poetico e soprattutto UN MODO DI FARE ARTE, CHE TU SENTI FAMILIARE. Avverti attraverso le sue opere, che con lui potrai interagire. Per esempio ieri mi ha scritto Lorenzo Scotto di Luzio per mandarmi il suo nuovo indirizzo. Credo che sia uno degli artisti più geniali viventi, in Italia della sua generazione. Lo incontro delle volte a Berlino, o a Londra e gli dico sempre: “Quanto vorrei che venissi da me a fare della ceramica!”. Ieri, ho colto l’occasione di quella mail per ricordargli il mio desiderio e mi ha scritto che questa estate probabilmente verrà… quindi il destino ci porterà finalmente a collaborare insieme. Ma c’è già un feeling mentale con Luzio, è già un’


artista che trovo completo, perché secondo me, e poi sono un po’ conservatrice forse, da questo punto di vista, credo che ci siano degli artisti che io sento, PERCHÉ RIVEDO IN LORO

CERTE COSTANTI CHE HANNO A CHE FARE PROPRIO CON IL CUCINARE UNA POETICA, NEL SENSO CHE PARTONO DA UN’IDEA, DA UNA IDEOLOGIA MOLTO RICONOSCIBILE E PARTICOLARE, CHE HA A CHE FARE CON UN’AUTOIRONIA MOLTO MARCATA...

Che ha che fare con un utilizzo di materiali svariati, dai più tecnologici ai più manuali, cioè implicano sia un lavoro di mano che di cervello. Come Scotto di Luzio che per certi versi è altamente duchampiano quanto manualissimo. Inoltre mi piacciono molto gli artisti che conservano un legame con le proprie radici… tra le più svariate. Per esempio lui è un napoletano quindi l’ironia e la satira pulcinellesca viene fuori quanto un lato altamente malinconico, tipo i suoi ritratti di Luigi Tenco, quest’effetto, questi aspetti sono molto presenti e sono altamente affascinanti. Uno dei primi artisti che coinvolsi fu Bruno Peinado che esponeva ad Artissima in una special guestroom, sai quei progetti per giovani artisti, c’era anche David Casini, era il 2002.

“Cucinare una poetica.”

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E lui praticamente, ti dava questo catalogo vuoto con vari stickers, e tu potevi attaccare gli adesivi delle sue opere che preferivi e crearti il “tuo catalogo”, niente di chè, però c’era questo senso di

“PLAY AGAIN WITH ME… ENTRA NEL MIO MONDO” TI DO TUTTI GLI STRUMENTI, GIOCA CON ME. GIOCA TU!

Quindi questa ludicità, questo approccio che aveva, perché lui è un vampirizzatore di schemi, brand, loghi, stilemi, tipo non so, la sua opera più famosa è il Bibendum della Michelin però creolo con la testa di capelli con su scritto “The big one world”, insomma mi fermai a chiacchierare un po’ con lui e gli dissi “Io non sono nessuno, nella mia città si fa ceramica, mi piacerebbe tanto organizzare una tua mostra e vedere come lavori con questo materiale”. Lui si entusiasmò, mi disse perché no! Al ché convinse la sua galleria, la Galerie Loevenbruck di Parigi. Il museo Matteo Zauli fece così la sua prima residenza, GRAZIE A QUESTO RAPPORTO UMANO! Perché tutto nasce dai rapporti umani. Anche Mark Dion con il mio caro amico Cristiano Raimondi, sono quei cari amici che non vedi mai, ma che sai che ci sono. Poi trovi motivi per stare insieme ma che siano legati ad un progetto comune ed entusiasmante, come può essere progettare un lavoro, un opera, o lavorare per... QUINDI DOPO IL TEMPO PASSATO INSIEME DIVENTA PREZIOSO… PERCHÉ TI SCAMBI TANTE COSE, PERÒ SEMPRE CON UN OBIETTIVO COMUNE.

Poi se vuoi ti racconto le mie passioni storico artistiche. Anna: Sì Viola: Il Caleidoscopio parte se vuoi dal Liceo Linguistico, che scelsi proprio per voler comunicare in tutte le maniere e poi da una doppia decisione formativa che fu l’Accademia di Belle Arti, perché all’epoca non esisteva un vero corso per curatori, e allora mi costruii un po’ il percorso pensando all’investimento dello spazio quindi scenografia all’Accademia di Belle Arti e Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte Contemporanea e diciamo che le ho seguite su un doppio binario, a scuola ero sempre la cocchina di storia della metodologia della critica d’arte, ero l’unica che non produceva niente tranne dei progetti scenografici di stampo medievale, però è stato molto bello vedere a ritroso come tutte le cose 36

a cui ti appassioni e che pensi non abbiano un filo conduttore, in realtà ce l’hanno. Per esempio sono una grande APPASSIONATA DI SIMBOLOGIA E DI SIMBOLISMO e sono una secessionista convinta, quindi diciamo che il mio periodo preferito... Anna: Avevo infatti l’idea di chiederti qual’era il tuo periodo storico preferito. Viola: Il mio periodo preferito sono tutti quei periodi che nella storia dell’arte, perché se vuoi la storia ha alti e bassi, quindi periodi in cui l’arte è mimetica, cioè imita la realtà e periodi in cui è sintetica, e la sintetizza attraverso il simbolo. Io sono per il secondo. Com’è appunto il Medioevo, e come è stato il Liberty, il Simbolismo, l’Aesthetic movement e per certi versi anche il Neo Classico e quindi attraverso la mitologia, l’esoterismo e tutte quelle che sono le chiavi di interpretazioni del mondo non empiriche, diciamo che ho ritrovato un po’ me stessa e le mie grandi passioni. Quindi il mio artista preferito è Aubrey Beardsley per quel che riguarda la storia passata e poi te ne potrei dire tanti dal Medioevo al Rinascimento, io divento pazza per Giulio Romano. Penso che a Mantova a Palazzo Te, la stanza dei giganti sia una cosa meravigliosa, come una immensa scenografia completamente dipinta e avvolgente e tu ti trovi come in una grotta con tutti questi, giganti, ciclopi, mostri e al di sopra ci sono gli Dei. Giulio Romano è il massimo del delirio immaginifico ed è anche molto erotico. Mi piace anche molto l’arte erotica. Anna: Hai fatto qualche progetto sull’erotismo? Viola:: No, ho fatto solo una linea di tazzine da caffè. No, diciamo che ho una attitudine molto androgina, mi piacciono molto quei personaggi che serbano in se, sia una parte maschile che una femminile. IO MI CHIAMO VIOLA, QUINDI SONO ROSSA E BLU.

Insomma quello che volevo dire è che trovo molto interessante tutte quelle forme d’arte che concentrano un femminile ed un mascolino a prescindere di quella che è la sessualità di chi la crea. Ti faccio un esempio, pensa a Tilda Swinton come artista, a livello creativo . È un’artista che è capace di calarsi in situazioni completamente diverse ma perché riesce a tirar fuori la parte femminile o maschile di sé. E questo è molto bello.


Anna: Lo sai benissimo… perché ti sei appesa a testa in giù in una serra abbandonata, per fare una foto, che l’argomento di questo Lazagne è “L’ordine, contro.” Se ti parlo di ordine e ti parlo di contro, cosa pensi? Viola: Sì, io penso che l’ordine vada fatto in maniera individuale. CREDO FERMAMENTE NELL’INDIVIDUALISMO E NELLA AFFERMAZIONE DI SÉ ATTRAVERSO REGOLE PERSONALI CHE BISOGNA DARSI. Quindi

credo che un caos disordinato mi attenga pienamente, nel senso che bisogna creare il proprio ordine personale alla propria vita. Galileo non sarebbe servito a niente, tutte le novità arrivano attraverso uno sconvolgimento che però ha delle basi chiare e delle teorie chiare da esporre, quindi l’importante è definire bene il proprio caos. Giustificarlo in maniera fondata ma perché ha una base, ha una ragion d’essere E QUESTA PER ME È PERSONALITÀ, SEMPLICEMENTE.

Come dicono i vecchi insegnamenti, la grande conoscenza così è in alto come in basso, COSÌ

PRENDI LE DECISIONI IMPORTANTI IN MANIERA LEGGERA E PRENDI CON GRANDE SERIETÀ LE PICCOLE COSE.

Spesso i più grandi artisti erano folli ma avevano un proprio, marcato rigore. E’ questa la difficoltà di lavorare in maniera indipendente. Tutti gli artisti anche i più pazzi, si svegliano alla mattina e vanno a dipingere o si svegliano alla notte e vanno a dipingere, ma c’è una forma di costanza, di ordine in questo caos.

PERCHÉ IL CAOS È UNA MERAVIGLIA MA VA SEMPLICEMENTE AUTO-REGIMENTATO. CON LE PROPRIE COSTANTI.

Anna: Ceramica. Viola: Questo sì che è un altro Caleidoscopio. Anna: Perché la ceramica, a parte ovviamente il fatto che sei originaria di Faenza. Viola: Sono di Faenza, e a differenza dei miei due fratelli, fin da piccola sono stata affascinata dai racconti di mio padre, che è uno storico della ceramica medievale ed un esperto di terre cotte antiche e da mia madre che ha una manifattura di ceramiche classiche e quindi di riedizioni di opere originali dal Medioevo ad oggi. Quindi quest’amore per la storia dell’arte mi è stato passato fin da piccola.

Poi il tempo è passato e mi sono data all’arte contemporanea e successivamente sono ritornata alla ceramica applicandola… Ma la ragione... è proprio perché questo materiale, come tutti i materiali caldi, hanno in sé una grande affabilità a essere manipolati, come diceva Louise Bourgeois, che io ho sempre amato, lei lavorava con materiali caldi, perché li poteva rompere, sono a misura d’uomo, sono come noi, la plastica no. La ceramica è mortale come noi e possiamo dominarla. E il terzo motivo, quindi a parte la tipicità del territorio, a parte il motivo che ti ho appena detto, il terzo motivo appunto è che… la ceramica è l’unico materiale esistente ad avere un arcobaleno, un Caleidoscopio di applicazioni ampio quasi in maniera illimitata. Tu con la ceramica puoi fare uno shuttle (la calotta frontale è fatta di porcellana), sempre con la ceramica puoi ricostruire crani, la bioceramica, la ceramica è quella che fa i pali della luce, è quella con la quale si creano i manufatti di maiolica ancora oggi in tutti i 5 continenti…ed è l’unico materiale che non viene distrutto nel tempo. Gli Assiri Babilonesi ricoprivano le mura delle loro città di piastrelline di ceramica perché impedivano l’erosione della pietra, e non hanno mai cambiato il loro colore, il sole non schiarisce lo smalto. Quindi ha una potenza estetica enorme, perché è lucido, può essere a rilievo, può essere dipinto, può essere graffito e ha una resistenza incredibile quanto una fragilità, perché se lo fai cadere magicamente, si rompe. E poi è altamente elastica, ci gioca un bambino, quanto ci gioca un grande virtuoso. Quindi è stupida quanto intelligente. L‘opera più entusiasmante della Biennale di Venezia, dove mi sarei messa a piangere vedendola, tipo sindrome di Stendhal è l’opera di Fischli e Weiss, era quella stanza piena di piccoli basamenti bianchi con sopra piccole sculture in argilla non cotta, di una ironia incredibile …Jagger e Brian Jones che tornano a casa dopo aver scritto satisfaction sbronzi…. mamma e babbo Einstein subito dopo aver concepito il loro figlioletto Albert, lì nel letto con la sigaretta in bocca. Non cotti…. pensa te!

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Anna: Il collegamento è automatico. L’importanza dell’ ironia. L’ironia dell’artista, di quello che crea e della sua coerenza. Viola: Sai per me il problema di base è questo. TANTA FORMALITÀ NASCONDE TANTA FORMALITÀ.

Io cerco di permettermi il lusso di essere me stessa più che posso e quindi di presentarmi con il mio accento romagnolo …e già questa è la prima forma di ironia… Quindi è quello che dicevamo prima, se le cose le fai con una base di serietà, è perché le fai col cuore e ci credi… Anna: Ma così vai contro un sistema ben impostato, una specie di battaglia contro i mulini a vento. Viola: Ma l’ho pagata abbastanza, proprio per questo atteggiamento che sembra una leggerezza, se vuoi la risata facile o la battuta... L’IRONIA È ANCHE VERO RAPPORTO UMANO, dare del tu immediatamente ed essere se stessi, questo è un lusso che tante volte paghi… ma va bene. LO SO. SO CHE LO PAGHERÒ SEMPRE, SONO PRONTA A FARLO,

però mi sta ripagando. Puoi non essere compreso, puoi non essere rispettato, perché non tieni quel distacco che normalmente si tiene e quindi non vieni immediatamente “identificato”, però quando poi col tempo, metti pietra su pietra, sempre andando nella stessa direzione, ad un certo punto, questo ti viene riconosciuto. IO SONO COME SONO. Mi è stata data la direzione di una scuola, anche se sono totalmente apolitica …riuscendo a tutelare la mia libertà ironica. FONDAMENTALMENTE, IO MI DIVERTO!

Anna: Cosa rende un opera di un artista intrigante o singolare per Viola? Viola: Bella domanda. La rende ciò. LA RENDE ESSERE UN OPERA COMPRENSIBILE SU PIÙ LIVELLI, quando vedo che un opera è circolare, cioè ha un piano di interpretazione semplice, divertente ed immediato, che può essere estetico, normalmente è la prima pelle dell’opera, ma quando senza leggere troppi libri, inizi a sentire anche i livelli di comprensione più profondi... allora ci siamo. Inoltre cerco sempre di vedere se gli artisti disegnano o meno in fase di realizzazione, penso che il disegno riveli tanto anche dell’opera. E’ la mia cartina tornasole. Il disegno per me è la prima chiave di valutazione di un artista, io dal disegno mi innamoro e da lì proseguo. Inoltre io amo vivere oggigiorno, amo il fatto che siamo in decadenza, adoro questa sfida e questa forza che ti viene nei momenti difficili. PERCHÉ SE FAI UN PO’ FATICA …TI DIVERTI MOLTO DI PIÙ, si ride molto di più, quando ci sono pochi soldi, e tutto ciò l’adoro e adoro che grazie a questo, stanno cadendo le barriere, sì grazie all’arte contemporanea…

“TANTA FO RMALITÀ NASCON DE, TANTA FO RMALITÀ.” “L’IRONIA È ANCHE VERO RAPPORTO

UMANO.”

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Anna: ...dici? Viola: Sì, perché l’arte contemporanea è la pioniera, come la polena della nave e poi successivamente ricade sul design, sulla moda, sulla società… e oggi l’ ARTE, DOPO UN SECOLO DI DESTRUTTURAZIONE DEL FARE ARTISTICO, SI STA RIAPPROPRIANDO, PUR MANTENENDO TUTTA LA PARTE TECNOLOGICA ED EFFIMERA DEI MEDIA, DEL CORPO E DELLE MANI. Quanti artisti lavorano col

fabric, adesso è la moda del craft, Grayson Perry e le sue creazioni di tappeti e sull’altro piano è tornata finalmente la grande performance, da Frieze ad Artissima in fiera abbiamo visto che ci sono le sezioni performative, che meraviglia, grazie! RIDATECI LA DANZA, RIDATECI IL TEATRO, quindi amo questo periodo perché ha l’alto e il basso insieme, ha l’iper digitale che paradossalmente sta dando ancora più importanza all’iper manuale. L’OPERA STA RITORNANDO PROTAGONISTA.

Anna: L’altro giorno sono andata a Venezia, alla presentazione del prossimo curatore della 56 Biennale, Okwui Enwezor. Il tema scelto è “All the World’s Futures. Partendo da un analisi filosofica di Walter Benjiamin del quadro di Klee “L’angelus Novus”, egli paragona l’arte alla tempesta che spinge irresistibilmente l’angelo verso il futuro”. Ha parlato del caos, del disordine dell’attuale stato delle cose, facendo un diretto collegamento sociologico a quello che sta accadendo nel mondo, nella nostra epoca, e ha annunciato una lettura dal vivo, giorno per giorno per tutta la durata della Biennale de “Il capitale” di Marx. Direi un imponente progetto. Quando tu hai il potere decisionale, per grandi cose come per piccole, per grandi esposizioni come per piccole mostre, la curatorialità può essere un percorso per mandare messaggi, per dire cose attraverso un allestimento di opere di arte contemporanea? Viola: Certo che sì, ma anche attraverso l’arte moderna. Tu puoi anche rispiegare determinati periodi storici, a seconda di come “tagli” la tua mostra. Ti ricordi alla presentazione della Mostra del Liberty a Forlì. Paolucci disse a parer mio una cosa esaltante, soprattutto per l’Italia. QUANTO UNA MOSTRA NON È SEMPLICEMENTE MOSTRARE UN CERTO ASSEMBLAGGIO DI QUADRI LEGATI TRA DI LORO... MA È PROPRIO UN PRODOTTO SCIENTIFICO, È UNO STRUMENTO DI STUDIO CHE FINALMENTE TI APRE ALLA COMPRENSIONE, GRAZIE A CERTI PUNTI DI VISTA SPECIFICI E PRECISI.

Per esempio, il Liberty è stato sempre legato alla Belle Epoque, alla leggerezza del vivere, invece lui ha fatto finalmente capire quanto fosse connesso all’ascesa della borghesia, a questa fascia sociale che prendeva importanza dopo la decadenza dell’aristocrazia del ‘900 e di come finalmente fosse un’arte alla portata di tutti, come il socialismo che arrivava dall’Inghilterra, quindi l’utopia del bello per tutti, non fosse un’idea campata per aria, ma c’era una domanda, c’era una borghesia che stava nascendo. Che poi si è comprata negli anni ‘50 il frigo della Smeg e l’aspirapolvere che Jeef Koons ha messo giustamente al Louvre nella camera di Marie Antoinette, Paolucci quindi ci ha spiegato come può nascere una nuova classe sociale. MA NON IN MANIERA PESANTE! Questo percorso espositivo ci portava alla comprensione di come i suppellettili, i mobili, i quadri, e il modo di vivere, dimostravano la nascita di una nuova classe che stava avendo una propria indipendenza e riconoscibilità. Questo è fare mostre. L’arte serve a questo, serve attraverso immagini e forme a farti capire in maniera subliminale o quasi emozionale che un cambiamento sta avvenendo o è già avvenuto. E TE LO FA CAPIRE NON ATTRAVERSO UNA IMPOSIZIONE O UN LIBRO SCRITTO, MA IN MANIERA SUGGESTIVA.

Se vuoi una mostra stupida da un certo punto di vista e giocosa, come PERSONAL EFFECTS ON SALE che feci con uno staff di curatori al Padiglione dell’Esprit Nouveau del 2012 era una mostra che giocava su più livelli, però era anche cinica, feroce nei confronti del collezionismo. Il Padiglione è davanti all’Arte Fiera, il giorno dell’ inaugurazione, inauguravamo anche noi. Come per prendere i topolini con il formaggio, mettemmo un cartellone enorme con 100 nominativi tra i più importanti nella storia dell’arte entro i 50 anni, nomi altisonanti mixati con giovani promettenti e tu trovavi, appunto “effetti personali” in forma anonima che potevi comprare a 9,90 euro. I collezionisti, giocando appunto sul loro parossismo feticistico dell’avere per pochi soldi un artista, si sono ammazzati per comprare queste opere, nel giro di tre ore sono finite.

QUINDI IL PROCESSO È STATO DIVERTENTE E GIOCOSO MA ANCHE FEROCE. FEROCISSIMO.

Perché era una forma cinica di analizzare l’estremismo di un collezionista che purtroppo rischia anche di non collezionare secondo un gusto personale ma attraverso il fatto di una induzione stereotipata al valore commerciale o suggerito da un buyer. SÌ FACCIAMOLO! MA CON STILE E CON IRONIA!

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Anna: Il contro di questo periodo storico nel tuo paese. Viola: ll provincialismo. Non ho rabbia. Perché tanto l’ho accettato. Io penso che il caso non esiste, CHE TUTTO ABBIA UN SENSO SUPERIORE. Ma provo incomprensione di questa forma egiziana che abbiamo di intendere il contemporaneo. Credo che a volte siamo troppo chiusi nel nostro orticello. Ci sono troppo pochi e meravigliosi galleristi che varcano i confini del nostro paese, partecipando a chermesse internazionali. Penso solo che sia un peccato, si potrebbero creare tante connessioni in più, e spesso accade proprio che ci sia della non conoscenza di ciò che accade fuori dal nostro paese. NON SI È CAPITO CHE SE LAVORI BENE SULLA CULTURA, QUESTA TI RIPAGA. LA CULTURA DÀ ECONOMIA. Questa è l’unica sottolineatura che vorrei fare e che si sapesse. Non ci rendiamo conto che quando una mostra diventa un progetto scientifico, come dicevo prima, diventa un prodotto. Diventa economia. Quanti pochi musei di arte antica non fanno squadra con quelli di arte contemporanea. Perché io vado al British Museum, al Museo D’Orsay e vedo un opera di Claude Monet affianco ad un opera di François Morellet. PERCHÉ NON SUCCEDE DA NOI E FRA DI NOI. Perché bisogna comprendere che una collezione tagliata col contemporaneo ti porta ad un doppio collezionismo. Questa è la critica che volevo fare. Anna: Il tuo nuovo ruolo. Viola: NON HA SENSO MOSTRARE O FARE MOSTRE SE NON CREIAMO LA BASE PERCHÉ QUESTO POSSA ACCADERE. Pur continuando a collaborare nell’arte contemporanea sono andata a ritroso, sono ritornata a scuola diventando coordinatore ITS Tonito Emiliani Faenza - Ist. Tecnico Superiore per il Design, lo sviluppo e la sostenibilità del prodotto ceramico industriale, che presto si aprirà anche a progetti di arte contemporanea internazionale. Una forma di militanza per la protezione di questo grande patrimonio, CHE VA TUTELATO E ATTUALIZZATO.

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ViolaS

itting around a table, in the kitchen. The coffee’s ready.

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Anna: When I thought about your interview, an object in particular came to mind, the kaleidoscope. Viola: ...It’s a word that I always use in my writing. Anna: The kaleidoscope is intriguing for a very simple reason, it creates images that are... Viola: ...whole Anna: Exactly. So I came to wonder, what sort of triangles make up Viola Emaldi’s visual lens? Viola: It’s a very apt metaphor since the kaleidoscope is cylindrical, and thus meaning is circular, the beginning is also the end of “all”, it’s a circle that completes itself inside the kaleidoscope. It’s created from a multifaceted mosaic that creates a whole. This is who I work, in a very curatorial fashion, perhaps even a bit “dilated”. I usually keep up with backstage projects regarding contemporary art, which is kind of my speciality, or with projects that have to do with artists’ “personal” dimension, or those who make art. It’s always part of the backstage, like the expositions “Personal effects on sale” or “Personal food” are intimately part of an artist’s life, they tell a lot about him on an individual level. Starting from artistic logic I created a single project that could then become a book and still be interesting on many different levels, both for the novice artist that may find a collection of extravagant artistic secrets, and for the contemporary adept that enjoys seeing an artist’s poetry through something more personal. Let’s not forget that I’ve always been interested in the concept of the group, of the big community that you can build with specific themes, since on a sociological level it’s important to create artistically dynamic processes. The subject must be dynamic in order to create a work of art, while the mental processes allow you to become yourself, in a creative sense. Anna: However… I’d imagine, not knowing this curatorial world very well... that there must be a deep analysis of “taste”. You obviously approach some artists instead of others based on certain criteria, be they cultural or emotional. But are the factors purely personal? Do you start from your own tastes to decide who to get close to, allowing them then to relate themselves with the rest of the world? Is that so?

Viola: Yes and no. It depends on what sort of project it is. Under certain points of view I’m an “old style” curator, that is, I’m convinced that any individual artist doesn’t necessarily need to be helped, they could simply use some organizational assistance to take care of some things. In a more “modern” sense of being a curator, though, it’s all about a theme, a governing idea under which you can gather similar artists, be it a group exhibition, a collective project... and I’m all about that! I really think it’s important to apply your preferences, since when you’re working on your own you already start from the idea that you’re engaging your audience since you already know that they share a familiar sense of poetry and artistry. You can tell from his work that you can interact with him. For example, Lorenzo Scotto wrote to me yesterday to give me his new address. I think he’s one of the most brilliant Italian artists of his generation that’s still with us. I’ve met him sometimes in Berlin and London, and I always tell him: “How I wish you’d come make pottery with me!”. I took the opportunity, after receiving that e-mail, to remind him about my wishes, and he even wrote back saying that he would probably come see me this summer... it seems that destiny will finally let us work together. I’ve got this feeling about Luzio, I’m sure he’s already a well-rounded artist. Perhaps I’m a bit conservative, but under this point of view, I believe that there are some artists that I feel connected to BECAUSE I CAN SEE SOME CONSTANTS IN THEM THAT HAVE TO DO WITH COOKING UP NEW FORMS OF POETRY, THEY START FROM AN IDEA, A RECOGNIZABLY PARTICULAR IDEOLOGY, WITH A DECISIVELY SELF-IRONIC TONE... it all has to do with how one can use a variety of materials, from the most technological to the most basic, implying both mental and physical dexterity. Scotto di Luzio, for example, can be highly Duchampian as well as basic. Anyway, I’ve always liked artists that keep close ties with their roots... even the most disparate ones. Since Luzio is from Naples, for instance, he’s very ironic and satirical like Pulcinella, but there’s also a strong melancholic side that comes out in his portraits of Luigi Tenco. Both these sides of him are always present, and they’re extremely fascinating. 45


One of the first artists that I involved in my projects was Bruno Peinado, when he had a special guestroom at Artissima, you know, those projects for young artists. David Casini was also there, it must have been 2002. Essentially, he would give you this empty catalogue with a lot of stickers, and you could stick your favourite works on there and create “your catalogue”. It wasn’t much, but there was this feeling of “PLAY AGAIN WITH ME... ENTER MY WORLD”, I’LL GIVE YOU EVERYTHING YOU NEED, PLAY WITH ME, YES YOU! This lucid train of thought, this approach that he had where he would adopt various brands, logos, styles, I don’t know, his most famous work is the Michelin Bibendum, except he’s Creole with a head full of hair, with the words “The big one world”. Anyway, I stopped to chat with him for a while and I told him “I’m not really anybody, my city is famous for pottery, but I’d like to organize one of your exhibitions and see how you can work with this material.” He was enthusiastic, and said why not! So he convinced his gallery to let him do this exchange, the Galerie Loevenbruck of Paris, and that’s how the Matteo Zauli museum got its first residence, all thanks to this human relationship! Everything comes from human relations. Even Mark Dion and my dear friend Cristiano Raimondi, they’re those close friends that you never see, but you know that they’re there. You then find reasons to stick together because of a common project, be it work, art, or because you work for the same person... SO THE TIME THAT YOU SPEND 46

TOGETHER BECOMES PRECIOUS... BECAUSE YOU SHARE MANY THINGS, AND ALWAYS SHARE A COMMON GOAL. If you like I could tell you about my passion for art history. Anna: : Yes. Viola: The Kaleidoscope started in the Liceo Linguistico, which I chose because I wanted to be able to communicate in as many ways as I could, and in my other school, the l’Accademia di Belle Arti, because there wasn’t a proper course for curators at the time. I made my own path while thinking about how space could be utilized, which lead me to scenic design at the Accademia di Belle Arti e Lettere Moderne, in the Contemporary Art History course. I followed both of them as Major and Minor, at school I was always the girl who knew everything about the history of methodology in artistic criticism, and I was also the only one who never made anything except medieval style designs. Looking back, it’s amazing to think about how you developed your passions, and to think about all those things you love that you don’t realize are just reiterations of previous things. For instance, I LOVE SYMBOLOGY AND SYMBOLISM, so let’s say that my favourite era is... Anna: I was just about to ask you what your favourite artistic era was. Viola: Well, my favourite eras are those where, since there are always highs and lows, art becomes mimetic, that is, it imitates reality, and also where art is synthetic, that is it summarizes reality through symbols. I actually prefer the second type of

eras more. For most of the Medieval ages, as in Liberty, Symbolism, the Aesthetic movement, also in Neoclassicism through their use of mythology, esotericism, and all those ways of reading a non-empirical world, that’s where I found myself and my greatest passions. I suppose my favourite artist is Aubrey Beardsley, at least regarding recent history, and I could list so many from the Renaissance or from the Middle Ages, I go crazy for Giulio Romano. I think the Giant’s Room in the Tea Palace in Mantova is just wonderful, an immense painted scenery that just involves you, it just feels like you’re in a cave with all of these giants, cyclopses, and monsters with the Gods watching over you. Giulio Romano knew how to make deliriously imaginative designs, and he was also very erotic. I’m quite a fan of erotic art. Anna: Have you done any erotic projects? Viola: No, I only designed a brand of coffee cups. Let’s say I’ve got a very androgynous attitude, and I quite like those types of characters that have both masculine and feminine traits. MY NAME MEANS VIOLET, SO I’M BOTH RED AND BLUE. I think what I’m trying to say is that I’m very interested in those artforms that distill both masculine and feminine, regardless of the creator’s secuality. I’ll make an example, just think about Tilda Swinton as an artist, on a creative level. She’s able to play


totally different roles because she’s able to tap into both the masculine and feminine sides of herself, and it’s beautiful.

CHAOS IS WONDERFUL, IT SIMPLY NEEDS TO BE UNDER YOUR SELF-CONTROL. BY YOUR OWN RULES.

Anna: You should know... since you hung yourself upside down in an abandoned greenhouse to take a photograph, that the topic of this issue of Lazagne is “ORDER, AGAINST ITSELF”. If I speak of order or its opposite, what do you think about? Viola: Yes, I think that order is made on an individual level. I FIRMLY BELIEVE IN INDIVIDUALISM AND THE AFFERMATION OF SELF THROUGH PERSONAL, SELFGIVEN RULES. So while I think that I fully control disorganized chaos, in a way we have to give our own order to our lives. Galileo wouldn’t have been needed otherwise, every disturbance to the status quo comes through ideas that have a clear basis and clear theories, as they were defined within one’s own chaos. To justify oneself because you have a foundation, a reason for being, THAT’S SIMPLY WHAT PERSONALITY IS.

Anna: What about pottery? Viola: That’s a whole Kaleidoscope.

As they say, great knowledge is both high and low, SO ONE SHOULD TAKE IMPORTANT MATTERS WITH LEVITY AND TAKE GREAT SERIOUSNESS IN THE SMALL THINGS. The greatest artists were mostly insane, but they lived by their own well-defined rules. This is the difficulty that comes from working indipendently. Even the craziest artists woke up in the morning, or at night, and started painting, but they did it with constance, there was order in the chaos.

other

Anna: Why choose pottery, apart from the obvious fact that you’re from Faenza? Viola: Well, I am from Faenza, and I’ve always been fascinated by my father’s stories, unlike my brothers. My father is a historian that specializes in medieval ceramics, he’s an expert on ancient terra cotta, and my mother makes classical style ceramics, like new editions of original works from the Middle Ages, remade today. My love for art history has been with me since I was little. As time passed, I nurtured an interest in contemporary art, until I eventually came back to pottery, and its applications... As to why... it’s because this material, just like every other warm material, is very easy to manipulate, as Louise Bourgeois said, and I’ve always loved that. She worked with warm materials because she could break them, they’re fit for humans, they’re like us, unlike plastic. Ceramics are as mortal as we are, and we can dominate them. The third reason, aside from how familiar I was with the territory and the reasons I just said, the third reason is that... ceramics are the only material that has a rainbow, a Kaleidoscope of applications that’s almost limitless. With ceramics you can make a space shuttle (the nose is made

of porcelain), you can rebuild people’s skulls with bioceramics, ceramics are essential to light posts, it’s used in making majolica earthenware even today in five continents... it’s one of the few materials that doesn’t deteriorate over time. The Assyrian-Babylonians covered the walls of their cities in ceramic tiles to prevent the erosian of the underlying stone, and they still haven’t changed their colour, the sun doesn’t bleach them. It has an enormous aesthetic potential, it’s shiny, it can be in a relief, it can be painted, it’s very resistant and yet also is incredibly fragile, if it falls it will magically break. It’s also highly elastic, a kid can play with it just as a great artist. It’s as smart as it is dumb. The most amazing work of art in the Biennale di Venezia, I would have cried if I had seen it, like Stendhal syndrome, is by Fischli and Weiss; it was that room full of small white bases with uncooked clay sculpture on top, it was incredibly ironic... like Jagger and Brian Jones coming home drunk after writing Satisfaction... like mom and dad Einstein, after having conceived their little Albert, lying in the bed with a cigarette. UNCOOKED... JUST THINK ABOUT IT!

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Anna: The connection is automatic. What about the importance of irony, the artist’s irony, about what he creates and his own cohesiveness? Viola: I think that there’s an underlying problem here; THERE ARE FORMALITIES THAT JUST HIDE OTHER FORMALITIES. I allow myself the luxury of being myself as often as I can, with my own Romagnolo accent... This is already a first form of irony... It’s all connected to what we said earlier, if you do things in a serious way, it’s because you do them from the heart, you believe in them... Anna: But this leads you against a well set system, a sort of battle against windmills. Viola: I’ve paid the price for this apparent attitude of levity, if you want an easy joke or a laugh... IRONY IS ALSO TRUE HUMAN RAPPORT, being immediately informal and being yourself, this is a luxury that you end up paying for... but it’s better this way. I KNOW. I KNOW THAT I’LL ALWAYS PAY FOR IT, AND I’M READY TO DO SO, but it has its ways of biting you back. People might not understand you, you might 48

not be respected since you’re not as detached as you should be and people can’t immediately “recognize” you, but with time, building stone by stone, by constantly going forward in the same direction, at a certain point people will give you this luxury. I AM AS I AM. I’ve been made the head of a school, even if I’m totally outside of politics... all by maintaining my ironic freedom. IN THE END, I HAVE FUN! Anna: According to you, what makes a work of art interesting, or peculiar? Viola: That’s a good question. I think it’s this: IT HAS TO BE A WORK OF ART THAT CAN BE UNDERSTOOD ON MANY LEVELS. When I see a circular work of art, one that has a simple level of interpretation, that’s quick and fun, maybe it even looks good, all of that is usually just the first layer. It’s when, without having to research it, you start to feel and understand the deeper layers of meaning... that’s when we start going somewhere. I always try and see if the artists did sketches while they were creating, the sketches reveal so much about

the finished work. It’s my litmus test. An artist’s sketches are the first way to evaluate him, I can fall in love with a sketch and go on from there. I love living in the present, I love the fact that we’re in a state of decay, because it challenges you to gather your strength in these hard times. IF YOU HAVE SOME DIFFICULTY... THEN YOU’LL ALSO HAVE A LOT MORE FUN, you’ll laugh a lot more, even without a lot of money. I adore all of this, and I adore it even more since interpersonal barriers are falling, also thanks to contemporary art... Anna: ...You say so? Viola: Yes, because contemporary art is the pioneer, the bow of the ship, its effects inevitably fall back on design, fashion, society. TODAY ART, AFTER A CENTURY OF DECONSTRUCTION OF ARTISTIC PRINCIPLES, IS STARTING TO OWN ITSELF AGAIN, NOW ALSO WITH THE TECHNOLOGICAL AND EPHEMERAL POWER OF THE MEDIA, THE BODY, AND THE HANDS. How many artists work in fabric today, it’s all the rage in crafts, Grayson Perry with his carpets and tapestries.

On the other hand, from Frieze to Artissima, we finally saw the return of the performance arts, thank goodness! GIVE US BACK DANCE, GIVE US BACK THEATRE! I love these modern times because they have the highs and the lows together, the hyper digital which, paradoxically, is emphasizing even more the hyper manual. WORKS OF ART ARE BECOMING PROTAGONISTS AGAIN. Anna: I went to Venice the other day, to the presentation of the next curator for the 56 Biennale, Okwui Enwezor. The chosen theme was “All the World’s Futures.Starting from Walter Benjamin’s philosophical analysis of the Klee portrait “ L’angelus Novus”, comparing art to a storm that irresistably pushes the angel towards the future.” He spoke of chaos, of disorder in the current state of things, making a direct sociological connection to what’s happening in the world today, in our era, and he announced a live reading, day after day for the whole length of the Biennale, of “Capital: Critique of Political Economy” by Marx. Certainly a hefty project.


When you have the chance to decide, both for things great and small, for big expositions and small ones, can your curatorship be a way to send messages, through your choices in contemporary art? Viola: Of course, but also through contemporary art itself. You can reclaim certain historical periods, based on how you “cut” your exposition. Do you remember the Liberty Exposition in Forlì? Paolucci said something that fits perfectly, especially for Italy: AS AN EXPOSITION ISN’T JUST SHOWING AN ENSEMBLE OF PAINTINGS THAT HAVE COMMON THEMES... BUT IT’S A SCIENTIFIC PRODUCT, A RESEARCH TOOL THAT CAN FINALLY LEAD YOU TOWARDS UNDERSTANDING, THANKS TO SPECIFIC AND PRECISE POINTS OF VIEW. For example, Liberty has always been tied to the Belle Epoque, to carefree lliving, but he finally lead us to understand how connected it was to the rise of the bourgeoise, to this social strata that became relevant after the fall of the aristocracy in 1900, and how it’s a form of art that’s accessible to anyone, just like British socia-

lism. It was a beautiful utopia for everyone, not just pie in the sky rhetoric, and it was all linked to demand, to the bourgeoise that was being born in that era. The same social class that would buy a Smeg fridge in the 50s and a Jeef Koons vacuum cleaner, which he rightly put in the Louvre in Marie Antoinette’s room. Paolucci explained to us how a new social class can be born. BUT HE DIDN’T MAKE IT DULL! This expositional route brought new understanding to how furniture, paintings, and an entire lifestyle came to be, they demonstrated the birth of a new social class that was both independent and recognizable. That’s how you make an exposition. Art also serves this purpose, to make us subliminally, almost emotionally understand how a change either has happened, or is happening. AND YOU DON’T IMPOSE IT UPON OTHERS THROUGH A BOOK, BUT IN AN EVOCATIVE WAY. If you want a dumber, more playful exposition, like “PERSONAL EFFECTS ON SALE”, which I put together with a team of curators

at the Padiglione dell’ Esprit Nouveau in 2012, that was an exposition that acted on many levels, but it was also cynically ferocious with regards to collectionism. The Padiglione is in front of the Arte Fiera, so on their inauguration, we started up as well. It was like baiting mice with cheese, we made a huge sign with about 100 names of the most important people in art history within the last 50 years, the old guard mixed with promising newcomers, and you could find anonymous “personal effects” that you could buy for 9,90 Euro. We played upon collectors spastic fetishism that came from the idea of owning a piece of their favourite artist for a few bucks, they practically killed each other to buy these objects. We sold out in only three hours. THIS WHOLE PROCESS WAS FUN AND PLAYFUL, BUT IT WAS ALSO FEROCIOUS. VERY FEROCIOUS. It was a cynical way to analyse the extremes a collector would go to, not necessarily because of personal taste, but because of a stereotyped induction of commercial value suggested by the buyer. LET’S DO IT, BUT WITH STYLE AND IRONY!

Anna: What’s the downside of this artistic period in your country? Viola: Provincialism. I’m not angry. I’ve already accepted it. I don’t think that chance really exists, THAT EVERYTHING HAS SOME FURTHER MEANING. But I can’t understand this close-minded approach we have about contemporary art. I think we’re far too often stuck in our own gardens. The number of wonderful galleries that come out of our country to participate in fairs abroad are too few and far between. I just think it’s a shame, there could be so many more connections made, and far too often people don’t know what’s going on outside of our own country. THEY HAVEN’T UNDERSTOOD THAT IF YOU DO GOOD WORK FOR CULTURE, YOU’LL END UP AHEAD. CULTURE MOTIVATES THE ECONOMY. This is the only thing I’d like to bring attention to, and that I wish people were more aware of. We don’t realize that when an exhibition becomes a scientific project, as said before, it also becomes a product.

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WHY DOESN’T THAT HAPPEN HERE, IN THIS COUNTRY. It must be understood that an art collection with a modern

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twist gives you twice the value of the original.

THIS IS THE CRITIQUE I WANTED TO BRING FORTH.

Anna: And your new role? Viola:

IT IS SENSELESS TO HAVE EXPOSITIONS IF WE DON’T CREATE THE RIGHT CIRCUMSTANCES FOR THEM TO HAPPEN.

Even though I’ve continued collaborating with contemporary art, I’ve taken a few steps back, I’ve gone back to

school as the coordinator for ITS Tonito Emiliani Faenza - Ist. As Superior Design Technician, I help develop industrial ceramic products and make them sustainable, and soon we’ll open ourselves up to international modern art projects. It’s a militant form of protection for our great heritage, THAT MUST BE UPHELD AND MODERNIZED.

V.Emaldi

It becomes money. There are far too few ancient art museums that team up with contemporary art galleries. Why is it that I can go to the British Museum, or to the D’Orsay and see a Claude Monet next to a François Morellet.


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LORI NIX


© copyright Lori Nix “MALL” - Courtesy of Paci contemporary (Brescia, IT)53


NIX

LORI NIX BY VERONIKA AGUGLIA

Il pensiero irresistibile a Dorothy e alla terribile tempesta che dal Kansas la scaraventa nel magico mondo di Oz, è la prima cosa che mi viene in mente mirando letteralmente i lavori dell’artista americana Lori Nix.

LORI

L’inizio e la fine, il rovescio del caso nell’ordine e nel suo più irreparabile eccesso, il disastro, sono temi centrali della poetica fotografica delle opere della Nix. La forza generatrice, sua maestà natura e la controparte dionisiaca, fanno da sfondo alla serie Accidentally Kansas e City.

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Partiamo subito dallo svelare il primo equivoco rispetto alla natura delle fotografie in questione; ovvero la tecnica compositiva, nota come staged photography, fotografia della messa in scena, dove la scena in questione è finemente progettata e costruita a mano, pezzo per pezzo, dall’artista. Ogni teatrino o diorama di piccolo formato, per prendere vita impiega circa sette mesi di lavorazione, per poi essere ritratto nello scatto a partire dalla paziente prospettiva che aspetta le luci più esatte al fine dell’impressione decisiva.


© copyright Lori Nix “SHOE-STORE”- Courtesy of Paci contemporary (Brescia, IT) 55


I paesaggi descritti nella serie City a cui l’artista lavora dal 2005, sono architetture d’interni perfettamente ricostruite nel momento di distruzione, durante e dopo un avvenimento catastrofico. Le calamità impietose della natura persistono nelle sue fotografie per sconvolgere la visione proprio come i fatti di natura hanno elettrizzato l’infanzia della Nix, vissuta in Kansas e abituata fin da piccola a convivere con incidenti dovuti alle manifestazioni imprevedibili di un’ implacabile madre. La città che la fotografia rivela è fatta di luoghi comuni, come librerie, lavanderie, teatri distrutti e lacerati; un paesaggio post-umano, una città fatta di luoghi fantasma, dove ancora però una flora primigenia sembra resistere cercando ostinata di riappropriarsi dello spazio, ormai prevaricato dall’uomo. In questi luoghi derelitti c’è vita tra le macerie. Oltre al monito implicito che ci riguarda terribilmente c’è qui una commistione di maestranze che affascina e impressiona per potenza. Una fotografia che è caos organizzato in rappresentazioni apocalittiche in cui l’estetica della rovina scende a patti con una poetica che è sentimentale e umoristica al tempo stesso, fatta a tratti di rimandi stilistici a certo surrealismo pop. Questi lavori vanno molto oltre l’automatismo dello scatto per ridiscutere su come procedimento e soluzione siano sostanziati dalla volontà dell’autore, che come un compositore è in grado di orchestrare i dettagli di una visione che è anche un racconto. 56


© copyright Lori Nix “MUSEUM OF ART”- Courtesy of Paci contemporary (Brescia, IT)

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RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXL IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX X LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI ORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL RI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIXN 58 IX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORI NIX LORIL


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LORI NIX BY VERONIKA AGUGLIA

When I look at American artist Lori Nix’s work, I’m irresistably drawn to the thought of Dorothy and the terrible twister that flung her from Kansas straight into the magical world of Oz. Beginning and end, a reversal of order in its irreparable excess, disaster; these are all central themes to the poetic photography present in Nix’s work. Generating forces, majestic nature, and its dionisian counterparts make up the background of the Accidentally Kansas and City series. Let’s begin by revealing the first misunderstanding about the photographs in question, that is, the compositional technique known as staged photography, photographs placed within a scene that has been finely planned and handmade, bit by bit, by the artist himself. Every small theatre or diorama takes about seven months of work to come to life, so that later they may be photographed according to the artist’s patient perspective that waits for the exact light that will make a decisive impression. The landscapes portrayed in the City series that Lori Nix started work on in 2005 are perfectly realized internal architectures, captured in the moment of their destruction, either after or during a catastrophic event. Nature’s impetuous calamities persist in her photography in order to distress the viewer, just as Nature electrified Nix’s childhood in Kansas, where she soon got used to living with incidents caused by the unpredictable manifestations of an implacable mother nature. The city that her photography reveals is made up of normal places, bookshops, laundromats, destroyed and demolished theatres; a post-human landscape, a city made into a ghost town, where plantlife endures the elements and tries to reclaim its space, bereft of humanity. There’s life in these derelict ruins. Other than our implicit fate that’s terrifyingly interesting, there’s a mix of majestic views that fascinate us through their power. Organized chaos in a photograph, representing apocalyptic scenes where the art of ruin meets a poetic style that is sentimental and humorous at the same time, at times reminding us of certain pop surrealism. These works of art go far beyond the simple photograph, and rediscuss how both procedure and solution are under the author’s will, as a composer is able to orchestrate the details of a vision as it becomes a story.

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Photo © copyright Lori Nix “LIVING ROOM” - Courtesy of Paci contemporary (Brescia, IT)

LORINIX.NET PACICONTEMPORARY.COM

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AMÉLIE

NOTHOMB

Courtesy Voland Editore - copertina di “Una forma di vita”

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AMÉLIE

NOTHOMB

i n t e r v i e w BY SABRINA RAVAGLIA

LES LIVRES D’AMÉLIE SONT ORIGINAUX ET SEMBLENT FOUS. QUAND ON ARRIVE À LA FIN, ON SE DEMANDES COMMENT FERA-T-ON À ATTENDRE UN AN POUR EN LIRE UN AUTRE. ELLE EST TOUT D’ABORD, UNE EXTRAORDINAIRE DIALOGUISTE, SOUVENT SANS PITIÉ, CRUELLE ET AVEC UN HUMOUR FOUDROYANT. ELLE CRÉE DES PERSONNAGES SURRÉELS ET EXCENTRIQUES. CHAQUE LIVRE CONTIENT QUELQUE CHOSE DE VAGUEMENT INSUPPORTABLE ET EXPLORE SOUVENT DES THÉMATIQUES DE GRANDE FASCINATION: LA MORT, L’ENNEMI INTÉRIEUR, LA TRAGÉDIE DE L’EXISTENCE. ELLE EST FASCINÉE PAR LA FRONTIÈRE ULTIME, LA LIMITE EXTRÊME. MAIS PLUS VOUS LISEZ, PLUS VOUS COMPRENEZ SON HUMEUR. 1_SABRINA_ Parlant d’un viol ou de l’anorexie, elle arrive cependant à demeurer divertissante. Tout ceci conquiert le lecteur. Sommes-nous tous des voyageurs vers la l’extrême limite?

AMÉLIE_Oui. J’aime que la lecture de mes livres soit un trip: en tant que telle, elle comporte un risque. 2_SABRINA_En relisant votre premier roman à succès «Hygiène de l’assassin», il m’a semblé percevoir des analogies avec le protagoniste. Une sorte de prédiction autobiographique. Comme elle, Prétextat est un écrivain prolifique. Il a écrit beaucoup plus de romans que ceux qu’il a publiés. Un héritage inestimable pour sa maison d’édition qui pourra publier des romans inédits pendant plusieurs années. Je vous pose une question indiscrète… Vous déclarez conduire une vie assez simple, régie par des règles solides. Quels sont vos luxes à part le champagne? Et quelles sont vos générosités? AMÉLIE_Le luxe suprême de ma vie est aussi ma générosité: c’est l’amour, qui est l’essentiel de mon emploi du temps.

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A M É L I E NOTHOMB

LE LUXE

“ S U P R Ê M E DE MA VIE EST AUSSI MA

GÉNÉROSITÉ: C’EST L’AMOUR, QUI EST L’ESSENTIEL DE MON EMPLOI DU TEMPS.” 64

3_SABRINA_ Ecrire, comme le dit toujours Mr. Tach, est le métier le plus impudique au monde. A travers le style, les idées, l’histoire, les écrivains parlent toujours d’eux-mêmes. Il déclare «Les écrivains sont obscènes, s’ils ne l’étaient pas ils seraient comptables, conducteurs de bus, standardistes, ils seraient respectables!» Pensez-vous que l’écriture est une des formes caractéristique du voyeurisme?

AMÉLIE_ Il y à une dimension voyeriste dans l’ècriture, mais dans mon cas, il y à toujours une limite.

4_SABRINA_ Je vous retourne vos mots… Que poursuivez-vous? Que cherchez-vous? Qu’est pour vous écrire? Si vous écrivez chaque jour comme une possédée c’est parce que vous cherchez une sortie de secours. Ecrire n’est pas vivre?

AMÉLIE_ Ecrire est toute ma vie : c’est mon transe, mon hygiène, ma création, ma connexion avec moi-même et avec l’univers, ma jouissance.

5_SABRINA_ Le livre qui vous a changé la vie à 17 ans: - Lettres a un jeune poete de Rainer Maria Rilke vous autorise, d’une certaine manière, à vous sentir un écrivain parce que l’écrire nait d’une nécessité! Eric-Emmanuel Schmitt affirme: je suis un écrivain comme un pommier est un pommier. Selon vous cette nécessité est inscrite dans votre ADN ou est-elle stimulée par l’ambiance, l’éducation et la culture?

AMÉLIE_ Je pense qui c’est un mélange des deux.


6_SABRINA_ Votre enfance «malheureuse», La souffrance entre déménagements et deuils, sont-ils également responsables de votre désir et besoin d’écrire?

AMÉLIE_Le déracinement et le sentiment continuel de la perte ont certainement joué un role dans mon investissement émotionnel dans le langage et la literature.

7_SABRINA_ Vous creusez dans la langue et, mélangeant réalité et imagination, vous inventez des histoires qui sondent l’intériorité. Vous nous conduisez souvent avec des brillantes élucubrations à la découverte des racines, de la philosophie. Du langage aux relations. Est-il possible d’écrire un beau livre sans culture?

AMÉLIE_ Sùrement. Il se trouve que ce n’est pas mon cas. Je viens de ce qu’on appelle un milieu cultivé. Mais il n’est pas indispensable de venir de là pour écrire.

8_SABRINA_Volupté est un mot récurrent dans vos histoires. Comment sensualité et intelligence cohabitent-elles chez vous?

AMÉLIE_ C’est une longue histoire. L’anorexie a sùrement été aussi une tentative de mise à l’écoute de la sensualité. Elle-ci ne s’est pourtant pas laissé annihiler. A’ present, ma sensualité a toute sa place dans mon quotidien.

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“JE

N’AI

PAS

DE REGRET, MAIS JE NE SUIS CERTAINEMENT PAS QUELQU’UNE QUI SE LAISSE ALLER. JE ME SUIS T O U J O U R S DEMANDÉ SI, À UN CERTAIN ÂGE QUI JE NE CONNAIS PAS ENCORE, CELA

M’ARRIVERAIT.” 66

9_SABRINA_Dans «La nostalgie heureuse» vous dévoilez quelques unes de vos faiblesses et peurs telles que l’aspect physique, l’embarras, les manies. J’ai été frappée par vos réflexions sur les mamies japonaises. J’ai encore une trentaine d’années devant moi avant d’arrêter d’être bien élevée. Par la suite je pourrais me moquer d’eux. Vous entez-vous prisonnière de votre propre vie? Avez-vous des regrets?

AMÉLIE_Je n’ai pas de regret, mais je ne suis certainement pas quelqu’une qui se laisse aller. Je me suis toujours demandé si, à un certain âge qui je ne connais pas encore, cela m’arriverait !

10_SABRINA_Il est fascinant d’entendre un écrivain parler de sa création, montrer comment, pourquoi et contre quoi il écrit. Peut-on parler d’une œuvre en conservant le secret? Est-ce de l’habilité? Aimez-vous être interviewée?

AMÉLIE_Cela dépend de la qualité des questions, quand l’interview est bien faite, ce peut être très interessant.

11_SABRINA_Vous n’utilisez pas de PC, de portable, de courriel. Votre adresse est votre maison d’édition. Vous refusez de vous soumettre à la technologie moderne et, malgré ceci, il y a quelques années, vous avez subi un vol d’identité virtuelle. Vous avez alors déclaré: je voudrais être quiconque à part moi. Qu’est pour vous la notion d’identité?

AMÉLIE_L’identité devrait être pour moi comme habeas corpus : s’il n’y a pas d’incarnation, de trace du corps (l’écriture manuscrite in est une), il n’y a pas d’identité.


12_SABRINA_J’ai lu que les thèmes principaux de «Pétronille», votre dernier ouvrage, sont le champagne, l’être français et l’amitié. Il y a quelque temps, mon mari, qui comme moi est l’un de vos admirateurs, vous a rencontré à Bologne lors d’une présentation et votre dédicace fut: Amichevolmente Amélie! Quelles sont pour vous les caractéristiques de l’ami et de l’amitié? Et dans l’amitié quelle est la nature du contact que les gens cherchent à lier entre eux?

AMÉLIE_Ma définition de l’amitié est très simple: il s’agit d’aimer quelqu’un et d’avoir confiance. Cela peut si passer meme sans se rencontrer.

13_SABRINA_Quelle part de vous allons-nous trouver dans «Pétronille»?

AMÉLIE_ Mon art de l’ivresse.

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I ROMANZI DI AMÉLIE SONO ORIGINALI E SEMBRANO FOLLI: ALLA FINE TI DOMANDI COME FARAI AD ATTENDERE UN ANNO PER LEGGERNE UN ALTRO. AMÉLIE NOTHOMB È PRIMA DI TUTTO UNA DIALOGISTA STREPITOSA, SPESSO SPIETATA, CRUDELE E CON UN UMORISMO FULMINEO CREA PERSONAGGI SURREALI ED ECCENTRICI. OGNI LIBRO CONTIENE QUALCOSA DI VAGAMENTE INSOPPORTABILE E SONDA SPESSO TEMATICHE DI GRANDE FASCINAZIONE: LA MORTE, IL NEMICO INTERIORE, LA TRAGEDIA DELL’ESISTENZA. È AFFASCINATA DALLA FRONTIERA ULTIMA, DAL LIMITE. MA PIÙ SI LEGGE PIÙ SI CAPISCE LA SUA IRONIA.

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BY SABRINA RAVAGLIA 1_SABRINA_Riesce ad essere divertente parlando di uno stupro o dell’anoressia. È questo che conquista il lettore. Siamo tutti viaggiatori verso il limite? AMÉLIE_Sì. Amo che la lettura dei miei libri sia come un “trip” e che pertanto comporti un rischio. 2_SABRINA_Rileggendo “Igiene dell’assassino” il suo primo romanzo di successo, mi sembra di aver scorto delle analogie con il protagonista. Una sorta di predizione autobiografica. Come lei, Pretextat è uno scrittore prolifico, ha scritto molti più romanzi di quelli che ha pubblicato. Un’eredità inestimabile per la sua casa editrice che andrà avanti a pubblicare inediti per anni. Le faccio una domanda impertinente... Visto che dichiara di condurre una vita tutto sommato semplice, scandita da regole ferree. Quali sono i suoi lussi a parte lo champagne? E quali le generosità? AMÉLIE_Il lusso supremo della mia vita è anche la mia generosità: è l’amore, che è l’essenziale del mio impiego del tempo.

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“SÌ. AMO CHE LA LETTURA DEI MIEI LIBRI SIA COME UN “TRIP” E CHE PERTANTO COMPORTI UN RISCHIO...”

3_SABRINA_ Scrivere, afferma sempre dalla voce del Sig.Tach, è il mestiere più impudico del mondo. Attraverso lo stile, le idee, la storia, gli scrittori parlano sempre di se stessi. Dichiara: “Gli scrittori sono osceni, se non lo fossero sarebbero ragionieri, conducenti di tram, centralinisti, sarebbero rispettabili!” È una forma di voyeurismo che caratterizza lo scrivere?

Secondo lei questa necessità è iscritta nel DNA o è stimolata dall’ambiente, dall’educazione, dalla cultura.

AMÉLIE_ Penso che sia una combinazione delle due.

6_SABRINA_ Quanto è responsabile la sua

AMÉLIE_ C’è una dimensione voyeuristica

infanzia “infelice”, la sofferenza tra traslochi e lutti, sono ugualmente responsabili del suo desiderio e bisogno di scrivere?

nella scrittura, ma nel mio caso c’è sempre un limite.

AMÉLIE_ Lo sradicamento e il sentimento

4_SABRINA_ Le rigiro parole sue... Cosa insegue? A cosa tende? Cos’è per lei scrivere? Se scrive ogni giorno come un’ indemoniata è perché ha bisogno di un’uscita d’emergenza. Scrivere non è vivere?

AMÉLIE_ Scrivere è tutta la mia vita: è la mia inquietudine, la mia igiene, la mia creazione, la mia connessione con me stessa e con l’universo, la mia gioia.

5_SABRINA_ Il libro che le ha cambiato la vita a 17 anni, * “Lettere a un giovane poeta” di Rilke, l’autorizza, in un certo senso a sentirsi una scrittrice perché lo scrivere nasce da una necessità! Eric-Emmanuel Schmitt afferma: sono uno scrittore come un melo è un melo.

continuo di perdita hanno certamente avuto un ruolo nel mio investimento emotivo nel linguaggio e nella letteratura.

7_SABRINA_Scava

nella lingua e mescolando realtà e immaginazione inventa storie che scandagliano l’interiorità. Ci conduce spesso con brillanti elucubrazioni alla scoperta delle radici, della filosofia. Dal linguaggio alle relazioni. Si può scrivere un bel libro senza cultura? AMÉLIE_ Sicuramente. Credo però che non sia il mio caso. Io appartengo a quello che si chiama un “ambiente colto”. Ma non è indispensabile provenire da un ambiente colto per scrivere.

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8_SABRINA_ Voluttà è un vocabolo ricorrente

10_SABRINA_ È affascinante sentire uno scrittore

nelle sue storie. Sensualità e intelligenza come convivono in lei?

parlare della sua creazione, mostrare come, perché e contro che cosa scrive. Si può parlare di un’opera conservandone il segreto. È questa l’abilità. Le piace farsi intervistare?

AMÉLIE_ È una storia lunga. Anche l’anoressia è sicuramente stato un tentativo di mettere da parte la mia sensualità. Che però non si è ancora lasciata annullare. Al momento la mia sensualità ha trovato il suo posto nella mia vita quotidiana.

9_SABRINA_ Ne “La nostalgia felice” lei svela

AMELIE_ Dipende dalla qualità delle domande, quando l’intervista è ben fatta, può essere molto interessante.

11_SABRINA_ Non usa computer, telefono portatile,

alcune sue debolezze e paure. L’aspetto fisico, l’imbarazzo, le manie... mi ha colpito la riflessione sulle nonnine giapponesi: “Ho ancora una trentina d’anni prima di smettere di essere educata. Dopo potrò fregarmene come loro”. Quanto si sente ingabbiata dalla vita? Ha dei rimpianti?

email. Il suo recapito è la sua casa editrice. È incapace di gestire la tecnologia e nonostante questo qualche anno fa, ha subito un furto d’identità virtuale. Ha dichiarato: - Vorrei essere chiunque tranne me. Cos’è l’identità?

AMÉLIE_ Non ho rimpianti, ma sicuramente non

AMÉLIE_ L’identità dovrebbe essere secondo

sono una che si lascia andare. Mi sono sempre chiesta se, a una certa età che ancora non conosco, potrà succedermi.

me come un habeas corpus: se non c’è una personificazione, la traccia di un corpo (scrivere a mano, con la penna, ne è una), non c’è identità.

AMÉLIE

12_SABRINA_ Ho letto che i temi di “Petronille” l’ultima nata, sono lo Champagne, l’essere francese e l’amicizia. Qualche tempo fa mio marito, come me suo grande estimatore l’ha incontrata ad una presentazione a Bologna e la dedica fu: amichevolmente Amélie! Quali sono le caratteristiche dell’amico? E qual’è la natura del contatto che cerca la gente?

AMÉLIE_ La mia definizione di amicizia è molto semplice: si tratta di amare qualcuno e di avere fiducia. Può succedere anche senza essersi mai visti.

VOLAND.IT

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“SCRIVERE È TUTTA LA MIA VITA: È LA MIA INQUIETUDINE, LA MIA IGIENE, LA MIA CREAZIONE, LA MIA CONNESSIONE CON ME STESSA ...”

13_SABRINA_Quale parte di Lei troveremo in “Petronille”? AMÉLIE_La mia arte dell’ebbrezza.

NOTHOMB 71


+CURIOSITY laz: Parigi, 17 febbraio 1903 Egregio signore, la sua lettera mi è giunta solo alcuni giorni fa. Voglio ringraziarla per la sua grande e cara fiducia. Poco altro posso. Non posso addentrarmi nella natura dei suoi versi, poiché ogni intenzione critica è troppo lungi da me. Nulla può toccare tanto poco un’opera d’arte quanto un commento critico: se ne ottengono sempre più o meno felici malintesi.... (...) Lei domanda se i suoi versi siano buoni. Lo domanda a me. Prima lo ha domandato ad altri. Li invia alle riviste. Li confronta con altre poesie, e si allarma se certe redazioni rifiutano le sue prove. Ora, poiché mi ha autorizzato a consigliarla, le chiedo di rinunciare a tutto questo. Lei guarda all’esterno, ed è appunto questo che ora non dovrebbe fare. Nessuno può darle consiglio o aiuto, nessuno. Non v’è che un mezzo. Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radici nel punto più profondo del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere? Questo soprattutto: si domandi, nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice «io devo» questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità. La sua vita, fin dentro la sua ora più indifferente e misera, deve farsi insegna e testimone di questa urgenza. Allora si avvicini alla natura. Allora cerchi, come un primo uomo, di dire ciò che vede e vive e ama e perde. Non scriva poesie d’amore; eviti dapprima quelle forme che sono troppo correnti e comuni: sono le più difficili, poiché serve una forza grande e già matura per dare un proprio contributo dove sono in abbondanza tradizioni buone e in parte ottime. Perciò rifugga dai motivi più diffusi verso quelli che le offre il suo stesso quotidiano; descriva le sue tristezze e aspirazioni, i pensieri effimeri e la fede in una bellezza qualunque; descriva tutto questo con intima, sommessa, umile sincerità, e usi, per esprimersi, le cose che le stanno intorno, le immagini dei suoi sogni e gli oggetti del suo ricordo. Se la sua giornata le sembra povera, non la accusi; accusi se stesso, si dica che non è abbastanza poeta da evocarne le ricchezze; poiché per chi crea non esiste povertà, né vi sono luoghi indifferenti o miseri. E se anche si trovasse in una prigione; le cui pareti non lasciassero trapelare ai suoi sensi i rumori del mondo, non le, rimarrebbe forse la sua infanzia, quella ricchezza squisita, regale, quello scrigno di ricordi? Rivolga lì la sua attenzione. Cerchi di far emergere le sensazioni sommerse di quell’ampio passato; la sua personalità si rinsalderà, la sua solitudine si farà più ampia e diverrà una casa al crepuscolo, chiusa al lontano rumore degli altri. E se da questa introversione, da questo immergersi nel proprio mondo sorgono versi, allora non le verrà in mente di chiedere a qualcuno se siano buoni versi. Né tenterà di interessare le riviste a quei lavori: poiché in essi lei vedrà il suo caro e naturale possesso, una scheggia e un suono della sua vita. Un’opera d’arte è buona se nasce da necessità. È questa natura della sua origine a giudicarla: altro non v’è. E dunque, egregio signore, non avevo da darle altro consiglio che questo: guardi dentro di sé, esplori le profondità da cui scaturisce la sua vita; a quella fonte troverà risposta alla domanda se lei debba creare. La accetti come suona, senza stare a interpretarla. Si vedrà forse che è chiamato a essere artista. Allora prenda su di sé la sorte, e la sopporti, ne porti il peso e la grandezza, senza mai ambire al premio che può venire dall’esterno. Poiché chi crea deve essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura sua compagna. Forse, però, anche dopo questa discesa nel suo intimo e nella sua solitudine, dovrà rinunciare a diventare un poeta (basta, come dicevo, sentire che senza scrivere si potrebbe vivere, perché non sia concesso). Ma anche allora, l’introversione che le chiedo non sarà stata vana. La sua vita in ogni caso troverà, da quel momento, proprie vie; e che possano essere buone, ricche e ampie, questo io le auguro più di quanto sappia dire.... (...) Suo devotissimo

Rainer Maria Rilke 72

Da: “Lettere a un giovane poeta” Rainer Maria Rilke (Ed. Mondadori 1994)


RILKE

L

/ Rainer Maria Rilke “Lettere a un giovane poeta”

Rainer Mari a

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Rilke

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R

ettere a un giovane poeta”

k 73


by Lara Vitali

Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo alla tua intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview?

“Bird’s Lament” de Moondog / “Yègellé Tezeta” de Mulatu Astatke / “Lost Memory Theatre” de Jun Miyake

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Un lavoro così poliedrico ci ricorda i “gioiosi” personaggi di un Depero del terzo millennio. Grafica, pubblicità, video, libri, disegni con un’identità forte e creativa senza limiti di applicazione … il tuo lavoro è segno di un’esigenza di comunicare tout court oppure un bisogno naturale di esprimere una creatività poliedrica? Non so molto bene qual è il motore che governa la natura del mio lavoro. Coesiste nello stesso spazio il rigore concettuale, per trovare soluzioni a breve termine e la pulsione naturale a vivere i processi creativi intensamente e appassionatamente.

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All’inizio, lo sviluppo della commissione risponde alla ricerca di risposte efficaci per i problemi di comunicazione che appaiono, ma spesso mi sorprendo immerso in un processo creativo che non controllo al cento per cento e che si comporta di maniera spontanea, intuitiva, persino direi, libero da me stesso e dai modelli su cui sopra ho costruito il discorso concettuale.


La comunicazione visiva che ci circonda in ogni settore spesso viene considerata una semplice introduzione a ciò che deve comunicare (uno spettacolo teatrale, un evento, la copertina di un libro ecc.) invece il tuo lavoro è ricchissimo di suggestioni, rimandi, metafore che incuriosiscono e arricchiscono “il messaggio” senza perdere sintesi e pulizia formale. Come riesci a coniugare elementi così diversi? Penso sia la conseguenza del mio immaginario e del mio universo referenziale, un universo che non si circoscrive soltanto alla immagine grafica , se non che è aperto anche a stimoli molto dispari e discosti tra sé. La fonte da cui ricavo risorse vengono da tutti i campi dell’espressione, ed è lì, nella poesia, il teatro, la musica, la filosofia, il cinema, la letteratura, la scienza e la natura dove trovo gli argomenti validi ed essenziali per costruire il “corpus” di qualche illustrazione.

Le piccole sculture, gli assemblage di materiali disparati, è la ribellione della bidimensionalità? Un po’ come se i personaggi di “Flatlandia”* scappassero dal loro mondo bidimensionale per curiosare in un altro universo? La differenza tra quello che intendiamo come realtà e la sua raffigurazione, è radicata nell’assenza o no della terza dimensione. Siccome la rappresentazione di qualsiasi oggetto, è compresa alle due dimensioni, il ricorso all’oggetto, alla materia e al volume insieme alla grafica è un metodo per persuadere la rappresentazione bidimensionale ad adottare la forma del reale attraverso il gioco delle possibilità. 77


78


Mi capita spesso di vedere visuals poveri d’idee e di significato. Forse è un problema italiano, ma spesso non troviamo molto interesse a investire in comunicazione visiva efficace e di qualità, anche sperimentando linguaggi poetici o inusuali. Ti è mai capitato e come si può costruire un lavoro in questi casi? Spesso si trovano clienti che non conoscono le possibilità della comunicazione grafica. Accade a tutti i professionisti del disegno grafico. Per i clienti così, una parte importante del nostro lavoro è quello di mostrare la potenzialità di una buona comunicazione e persuaderli ad affrontare il rischio di allontanarsi dai soliti percorsi marcati. In definitiva, ci resta la professionalità, per trovare le soluzioni più coerenti possibili con la finalità del lavoro.

Ultima curiosità … esiste una cosa impossibile da illustrare, ma che hai pensato di affrontare? Non ho mai pensato che un’illustrazione fosse impossibile, anche il concetto più astratto ha la capacità di diventare un’immagine, devi solo uscire da ciò che è sedimentato.

*Flatlandia di Edwin Abbott

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by Lara Vitali

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Such a multifaceted body of work reminds us of the “joyous” characters made by Depero in the third millennium. Graphic arts, advertisements, videos, books, and designs with a strong creative identity without applicable limits... is your work a sign of your need to speak to the world, or a natural consequence of a multifaceted creative expression? I’m not so sure myself what sort of drive governs over the nature of my work. Conceptual rigor and natural impulses coexist in the same mental space, so that I might find short term solutions while living my creative process both intensely and passionately. In the beginning, my commissions respond to the need to find efficient answers to any communicative problems that may appear, but often I’m surprised to find myself immersed in a creative process that I’m not one hundred percent in control of, which behaves spontaneously, intuitively, I’d even say it’s free from myself and the ideals that I used to make my conceptual discourse above The visual communication we’re always surrended by is often considered a simple introduction to what it’s trying to communicate (be it a theatrical show, an event, the cover of a book, etc...), yet your work is rich in references, metaphors, and suggestions that create intrigue while enlivening “the message” without forgoing brevity and formality. How are you able to unite such different elements? I believe it’s the natural result of my imaginarium and my universe of referential material, a universe that doesn’t just contain graphic art, but that is open to all sorts of stimuli, even those quite distant and constrasting amongst themselves. The well that I draw from includes every field of expression, and it’s there, in poetry, theatre, music, philosophy, cinema, literature, science, and nature that I find valid and essential themes that I use to build the “corpus” of some illustrations. 83


These small sculptures, these assemblage of disparate materials; is this a rebellion against two-dimensionality? A bit as if the characters from “Flatlandia”* escaped their 2D world to snoop about in some other universe? The difference between what we intend as reality and its depiction is rooted in the presence or absence of the third dimension. Since the depiction of any object is contained within two dimensions, we turn to the object, matter and volume along with graphics in a way to persuade the two-dimensional depiction to

adopt a more realistic shape through the use of possibility.

I often see visuals that are poor in ideas or meaning. Maybe it’s an Italian problem, but we usually don’t find much interest in investing in efficient, quality visual communication, even though we live an unusual and poetic linguistic life. Has this ever happened to you, and can we build something better, in these cases? Well, it’s quite often that we find clients that don’t know the possiblities of visual communication. It happens to every professional visual artist. For these types of clients, an important part of our job is to show them the potential of good communication and persuade them to face the risk of straying from the same old paths. 84


We definitely rely on our professionality in order to find solutions that make sense according to our goals. One last curiosity... is there something that’s impossible to illustrate, and yet you’ve thought about tackling? I’ve never thought an illustration to be impossible, as even the most abstract concept has the potential to become an image. You just need to get away from what’s set in stone. 85


Š copyright Can Pekdemir Bones Resisting to Movement II, 2013 50 x 50 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP

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CAN PEKDEMIR by Anna Bertozzi

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Š copyright Can Pekdemir Procedural Portraits, I, 2014 28 x 35 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP


RIMA DI AFFRONTARE UNA QUALSIASI “INDAGINE”… PER LAZAGNE MEGLIO DIRE “CURIOSITÀ ”, SUL PROCESSO CREATIVO DI CAN PEKDEMIR, DOBBIAMO SOFFERMARCI UN MOMENTO SU UN ARGOMENTO IN PARTICOLARE. LA TECNOLOGIA. CAN CI SPIEGHI COME LA TECNOLOGIA DIVENTA PARTE INTEGRANTE DELLA TUA ARTE? Il mio lavoro è la ricostruzione e la deformazione del corpo, sia attraverso l’alterazione delle condizioni fisiche in cui esiste, sia usandolo come una cavia per esperimenti virtuali. Non solo gli esperimenti sono virtuali, ma anche i loro soggetti; è qui che la tecnologia mi aiuta a creare una forma umana regolare, per poi alterarla.

APPARENZA DELLA TRIDIMENSIONALITÀ. LA NASCITA DELLE TUE OPERE DIVERSA DAL COMPLETAMENTO FINALE. NASCONO SCULTURE E DIVENTANO FOTOGRAFIE. LA FORMA VARIA DA TRIDIMENSIONALE A BIDIMENSIONALE. E IL CONTENUTO?

INTERVIEW

L’

CAN PEKDEMIR

P

Beh, sono sculture virtuali che poi diventano bidimensionali, come hai detto. Il mio obiettivo non è solo quello di documentare i cambiamenti fisici, ma anche di catturare l’emozione dei miei soggetti. In questo modo agisco da fotografo che ispeziona il soggetto, prendendo in considerazione la luce e la composizione.

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Š copyright Can Pekdemir Fur I: Variations III, 2013 90 x 90 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP

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S

I PUÒ PARLARE DI PARZIALE “CASO” O TUTTO È PERFETTAMENTE PREDETERMINATO? Certamente possiamo parlarne, la maggior parte del mio lavoro inizia quando mi domando come il corpo reagirà a certi impatti. La forma stessa del corpo, degli organi, delle strutture scheletriche e muscolari che abbiamo in comune è il risultato del processo evoluzionario

e dell’ambiente nel quale viviamo. Siamo circondati da impatti fisici provocati dalla gravità, la pressione o la temperature in cui ci siamo adattati. Con un metodo, sono disposto ad osservare e documentare la deformazione della figura umana mentre queste forze vengono alterate.

T

RIONFA IL P A R A D I G M A SECONDO CUI TUTTO CIÒ CHE È SURREALE È REALE E TUTTO CIÒ CHE È REALE È SURREALE. LE TUE SCULTURE “7 SCULPTURES“ P OSIZIONA TE VIRTUALMENTE IN PAESAGGI COLLINARI, MARITTIMI, URBAN, PERFETTAMENTE IN SINTONIA, POSSONO ESPRIMERE ANCHE QUESTO CONNUBIO?

Con un altro metodo, che è simile alle condizioni di abnormalità fisica, cerco di osservare come l’anatomia superficiale reagirà, resisterà, o si riplasmerà mentre i sistemi interni (muscoli, ossa, tessuti, ecc…) si comporteranno diversamente dal solito.

Nel “7 Sculptures”, sculture virtuali furono deformate da mappe procedurali usate nei software 3D. Cerco di collegare il cambiamento di alcuni numeri variabili in una mappa procedurale con i dati spazio-temporali delle fotografie, che così produce una scultura virtuale unica per ciascun luogo e tempo.

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© copyright Can Pekdemir Fur III: Variations II, 2014 70 x 80 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP

I N “SOFT BODY” E “IRREGULAR STRUCTURE” LE STRUTTURE INTERNE, OSSEE, SI SMUSSANO O PARZIALMENTE SCOMPAIONO. PORTANDO COSÌ ALL’INEVITABILE COLLASSO SU SE STESSE. MA QUESTA DISSOLUZIONE VISIVA PORTA ALLA SUA “ESALTAZIONE”. E LE OPERE DI CAN PEKDEMIR NON SOLO SONO AFFASCINANTI, MA CATALIZZANTI. SE DOVESSI RACCONTARCI LA TUA “OSSATURA”. QUALI SONO STATE LE RICERCHE, GLI STUDI CHE TI HANNO PORTATO ALLA REALIZZAZIONE DI QUESTE OPERE, IN PARTICOLARE? Come prima, la mia intenzione e di documentare i cambiamenti delle forme umane sotto situazioni alterate. Le parti che costituiscono il 92

corpo sono principalmente i sistemi scheletrici e muscolari che hanno le loro masse, mobilità, posizioni e limitazioni angolari. Cambiando questi valori, vedo come l’anatomia superficiale cambia, cioè la parte visibile della forma corporea.

V OLUTAMENTE ELIMINI ALLO SPETTATORE UN SENSO, IL TATTO. LA FASCINAZIONE CHE LE TUE CREAZIONI EMANANO PUÒ ESSERE ANCHE CREATA DA QUESTA SOTTRAZIONE? Per alcune delle mie opere, sì. Le emozioni dei miei soggetti si intensificano con la luce e la composizione giusta. A Maggio metterò in mostra un’esibizione che comprende alcuni delle mie sculture virtuali su oggetti fisici.

N ELLE OPERE “FUR. EXPERIMENTS ON UPPER HEAD. FUR AND HAIR GROWTH ABNORMALITY COVERING ALL THE FACE.” ANALIZZI UNA CRESCITA ANOMALA DEI CAPELLI CHE COPRONO IL VISO. ESISTE UN VENTO CHE SOFFIA FRA I CAPELLI? Nella serie Fur, le caratteristiche del pelo e della forma del corpo sottostante ci conducono all’opera finale.


Š copyright Can Pekdemir Untitled I, Z, 2011 70 x 70 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP

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B EFORE CONDUCTING ANY SORT OF “INQUIRY”... WELL, IN THE CASE OF LAZAGNE, MAYBE IT’S MORE OF A “CURIOSITY” ABOUT CAN PEKDEMIR’S CREATIVE PROCESS, WE SHOULD TALK ABOUT ONE THING IN PARTICULAR. TECHNOLOGY. CAN, CAN YOU EXPLAIN HOW TECHNOLOGY BECAME SUCH AN INTEGRAL PART OF YOUR ART? My work is about reconstructing and deforming the body by either altering the physical conditions in which the entity exists or treating it as a test subject for virtual experiments. As well as the experiments, the experiment subjects are virtual, this is where the technology helps me to build a regular human form and then alter them as I mentioned.

T HE APPEARANCE OF THREE-DIMENSIONALITY. THE BIRTH OF YOUR WORK IS DIFFERENT FROM ITS FINAL FORM. THINGS ARE BORN SCULPTURES, AND THEN BECOME PHOTOGRAPHS. THE FORM CHANGES FROM THREE-DIMENSIONAL TO TWO-DIMENSIONAL. WHAT ABOUT THE CONTENT?

Things are actually virtual sculptures and then becomes two dimensional as you said. My endeavour is not only to document the physical 94

changes but also to capture the emotions of the subjects. At this point I act as like a photographer documenting the subject, taking the lighting and the composition into consideration.

© copyright Can Pekdemir Fur II: Dormancy, 2012 30 x 30 cm, Archival Pigment Print 3 + 1 AP


CAN PEKDEMIR

C AN WE PARTIALLY SPEAK ABOUT “CHANCE”, OR IS EVERYTHING PERFECTLY PREDETERMINED? Sure we can, most of my work starts with a question of how the body will react to certain impacts. The form of the body, the organs, the skeletal and the muscular systems we have in common is a result of the evolutionary process and the environment we are surrounded. We are surrounded by physical impacts like gravity, pressure or temperature in which we are already adapted.

I am willing to observe and document the deformation in bodily forms while these forces are being altered as one method. As another method, which is close to physical abnormality conditions, I am trying to observe how the surface anatomy will react, resist and reshape while the inner systems (muscular, skeletal, tissue etc.) are behaving different than the way they are used to.

T HE PARADIGM WHERE EVERYTHING THAT’S SURREAL

IS REAL AND EVERYTHING THAT’S REAL IS SURREAL TRIUMPHS. YOUR “7 SCULPTURES”, VIRTUALLY PLACED ON HILLSIDES, SEASIDES, URBAN LANDSCAPES, ALL FITTING IN PERFECTLY, CAN THEY ALSO EXPRESS THIS MARRIAGE OF IDEAS? In 7 Sculptures virtual sculptures were deformed by procedural maps used in 3D softwares. It tries to make a connection by changing the variable numbers of a procedural map with the time and location data of the photographs which results with a unique virtual sculpture for every time and location. 95


IN “SOFT BODY” AND “IRREGULAR STRUCTURE” THE INTERNAL STRUCTURES, BONES, BECOME SUBDUED OR PARTIALLY DISAPPEAR, THUS LEADING TO THEIR INEVITABLE FOLDING INTO THEMSELVES. HOWEVER, THIS VISUAL DISSOLUTION LEADS TO ITS “EXALTATION.” CAN PEKDEMIR’S WORK ISN’T JUST FASCINATING, BUT ALSO A CATALYST. IF YOU HAD TO TELL US ABOUT YOUR “BONES”, WHAT WOULD BE THE RESEARCH, THE STUDIES THAT BROUGHT YOU TO THE CREATION OF THESE WORKS OF ART, IN PARTICULAR?

As I mentioned I try to document the change of bodily shapes in altered situations. Separate parts that sums up the body are basically the muscular and skeletal systems which have their own characteristic values like mass, volume, mobility, position and limit of angle. By changing those values I try observe how the surface anatomy changes which is the visible surface of a bodily form. YOU WILLFULLY ELIMINATE THE VIEWER’S SENSE OF TOUCH. DO YOU THINK THAT PART OF YOUR WORK’S APPEAL IS DUE TO THIS SUBTRACTION?

For some of the works yes. With light and composition, subjects’ emotions get stronger. I will have an exhibition in May this year and I am going to exhibit some of my virtual sculptures into physical objects. IN YOUR WORK’S “FUR. EXPERIMENTS ON UPPER HEAD. FUR AND HAIR GROWTH ABNORMALITY COVERING ALL THE FACE.” YOU ANALYZE AN ANOMALOUS GROWTH OF HAIR THAT COVERS PEOPLE’S FACES. IS THERE A BREATH OF WIND THAT BLOWS A MONGST THIS HAIR

In Fur series the characteristic of the fur and the shape of the body underneath it brings out the final work.

CAN-PEKDEMIR.COM

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Photo Š copyright Can Pekdemir Outside I, 2010

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LET’S TAKE A LOOK AT THE WORK OF MICHAEL KAMPE, FASHION DESIGNER. HE WAS AWARDED THE PRESTIGIOUS ITS #9 AWARD, AND WAS ALSO A FINALIST IN HYÈRES 2011, THE ID AWARDS NEW ZEALAND, THE WGSN GLOBAL FASHION AWARD AND THE BALTIC FASHION AWARD.

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MICHAEL KAMPE BY ANNA BERTOZZI

BEFORE ENTERING HIS ART, WE MUST PROPERLY EQUIP OURSELVES. LET’S PUT A PAIR OF 3D GLASSES, A CONTEMPORARY ART BOOK, A RULER, AND A PROTRACTOR INTO OUR NEW MINDSET. The theme of this edition of Lazagne is “Order, against itself”, and after observing Kampe’s work it was almost a necessity to ask him for an interview. Both order and its opposite are imperative in your artistic style. How is one of your creations born?

I usually start from a concept that I composed before. This should be as far from typical trends and fashion as possible and is later translated into colors, garments, structures and details. Next, I move on to sketching silhouettes and get an early start in 3D work on the tailoring dummy with vintage pieces and draping fabrics, which makes it easier to check whether the ideas are realisable. The stronger the original concept is, the more you can get out of it by translating it into trims, linings, accessories, prints, and even fragrances and songs. This is also the main thing I try to teach to my students: The concept comes first! Finalized, nicely finished pieces are, in the end, just representations of the idea. If the initial idea is weak or already overused, no matter how well the final pieces are made, the whole collection is mediocre.

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To go beyond bidimensionality, to search for other spaces, to not be satisfied with simple lines, but rather “explode” them in various directions; How did this idea, this ideological necessity come to be?

The ideology comes from my own nature. I never wanted to be a fashion designer who dreams about a world of glitter and glamour. Dressing up and extrovertly overacting is what I am allergic to, so when I decided to design clothes I wanted to create new design solutions with a focus on detail and functionality rather than decoration. Looking at my personal creations you might think the opposite as they are very loud, and could be easily misunderstood. Every design, though, starts from a classic such as trenchcoat, military uniforms or tailored shirts and are, in the design process, deconstructed back to their single pieces that are then reshaped, mixed and treated to a final piece that can hardly be linked to its origins.

YOUR CLOTHES DON’T JUST PUSH OUTWARDS, BUT THEY ALSO HAVE AN ‘INTERNAL’ DIMENSION, INSPIRED BY THE TEXTURE OF LANDSCAPES, PAINTINGS, AND ARCHITECTURAL VISIONS. IS THIS AN ADDED VALUE THAT SPRINGS FROM YOUR PASSION?.

It is a link to our history in craftsmanship and our environment. Organic shapes, colors and haptics of nature fascinated me from early on when I grew up in Berlin where - although hard to believe when you just picture the buzzing citylife - I used to stroll around in forests and railway tracks that were put out of order and reclaimed by nature. This image of roots, trees and leaves covering technical elements and rough rusted metals must have left a strong impression on me. Another big influence are landscape paintings from German Romanticism, especially by Caspar David Friedrich whose work is still valid for so many aspects, such as composition, colors, architecture, and mood, just to name a few.

100


M.K.

Your art reminds me a lot of Futurism, the cultural and artistic movement that was born in the 20th Century in Italy from the need to express social transformation. It proposed a leap forwards regarding art, a demolition of quietude, and was based upon an impetuous drive towards the future. Can you see yourself within this artistic trend? IT IS FUNNY THAT YOU MENTION FUTURISM AND ITS INTENTIONS AS IT IS JUST AS VALID NOW IN THE 21ST CENTURY, IN MY EYES. WE ALREADY UNDERWENT A SOCIAL TRANSFORMATION, I THINK. THEREFORE MY EXPLODED VIEW COLLECTION THAT WAS DRIVEN BY THE POWER OF EXPLOSIONS WAS, ON THE SOCIO-CULTURAL SIDE, ALSO INSPIRED BY THE “EXPLOSIVE” SPEED AT WHICH OUR SOCIETY IS CHANGING THANKS TO NEW MEDIA, INTERNET AND CONNECTIONS THAT GO BEYOND PERSONAL MEETINGS. I AM THRILLED TO SEE WHETHER OR NOT THIS WILL ONE DAY, LEAD INTO A NEW SORT OF SEPARATION OR NOT.

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AFFRONTIAMO L’ARTE DI MICHAEL KAMPE. FASHION DESIGNER. VINCITORE DEL PRESTIGIOSO PREMIO ITS #9 AWARD, OLTRE CHE AD ESSERE STATO FINALISTA DI HYÈRES 2011, ID AWARDS NEW ZEALAND, WGSN GLOBAL FASHION AWARD E BALTIC FASHION AWARD.

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MICHAEL KAMPE ENTRIAMO NELLA SUA ARTE, MA PER FARLO DOBBIAMO DOTARCI DI UN BAGAGLIO. METTIAMO NELLA VALIGIA, UN PAIO DI OCCHIALI 3D, UN LIBRO D’ARTE CONTEMPORANEA, UN RIGHELLO E UNA SQUADRA. L’argomento di questo Lazagne è “l’ordine, contro” e osservando le collezioni di Kampe è stato quasi automatico chiedergli una intervista. Sia l’ordine che il contro, sono imperanti nella sua arte stilistica. Come nasce una tua creazione?

Solitamente inizio da un concetto che ho già composto prima. Dovrebbe essere una cosa il più lontano possibile dalla moda o dai trend tipici, così potrà essere tradotto in colori, vestiti, strutture e dettagli. Dopo, inizio con i schizzi delle silhouettes, e faccio un lavoro preliminare in 3D sui manichini con pezzi vintage e tessuti grossi, così è più facile controllare se le idee sono realizzabili. Più forte è il concetto originale, più puoi estrapolarlo, traducendolo in decorazioni, rivestimenti, accessori, stampe, anche fragranze e canzoni. Questo è il concetto principale che cerco di insegnare ai miei studenti: Il concetto viene prima! Pezzi finemente realizzati sono, alla fine, solo rappresentazioni di un’idea. Se il lavoro iniziale è già debole o è già stato usato eccessivamente, non importa come siano fatti bene i pezzi finali, l’intera collezione sarà mediocre.

103


MICHAEL KAMPE

Andare oltre la bidimensionalità, ricercare altri spazi. non accontentarsi delle semplici linee ma “esploderle” in varie direzioni. Come è nata questa idea o è una esigenza ideologica?

L’ideologia viene dalla mia stessa natura. Non ho mai voluto essere un fashion designer che sogna un mondo scintillante e sfarzoso. Sono allergico allo stile di vita estroverso, vestendosi sempre di tutto punto, e allora quando ho deciso di creare abiti volevo creare nuove soluzioni di design con un focus sulla funzionalità e sui dettagli, invece che solo sulla decorazione. Dando un’occhiata alle mie creazioni personali potresti anche pensare l’opposto, visto che sono abbastanza sgargianti, e potrebbero essere facilmente mal comprese. Tutti i miei design, tuttavia, cominciano da classici come impermeabili, divise militari o camicie su misura che sono, nel processo creativo, smantellati in pezzi singoli per poi essere rimodellati, mischiati e trattati per formare un pezzo finale che difficilmente può essere legato alle sue origini. NON SOLO I TUOI ABITI SI SPINGONO ESTERNAMENTE, MA HANNO UN “INTERNO”. DATO DALLA TEXTURE CHE RICORDA PAESAGGI, QUADRI, VISIONI ARCHITETTONICHE. UN VALORE AGGIUNTO CHE NASCE DA UNA TUA PASSIONE?

E’ un rimando alla nostra storia artigianale, e al nostro ambiente. Forme organiche, colori e l’aptica della natura mi hanno sempre affascinato fin da piccolo, crescendo in una Berlino dove – anche se poco credibile pensando alla vita rumorosa di città- una volta passeggiavo tra le foreste e le ferrovie fuori uso, che sono stati ripresi dalla natura. Queste immagini di radici, alberi, e foglie che rivestono elementi tecnici e metalli ruvidi e arrugginiti hanno lasciato una forte impressione su di me. Un’altra cosa che mi ha influenzato molto sono i paesaggi dipinti nel Romanticismo Tedesco, specialmente quelli di Caspar David Friedrich. Le sue opere sono ancora valide per molti aspetti, come la composizione, i colori, l’architettura, e lo stato d’animo, solo per nominarne alcuni.

104


La tua arte mi ricorda molto il Futurismo, un movimento artistico e culturale nato nel XX Secolo. in Italia, creato dall’ esigenza di espressione della trasformazione sociale, proponendo come fondamenta, un balzo nel concetto di arte, una propensione irruente al futuro, e una demolizione della quiete. Potresti ritrovarti in questa corrente? E’ CURIOSO CHE PARLI DEL FUTURISMO E DEI SUOI INTENTI, VISTO CHE SONO VALIDI OGGI NEL XXI SECOLO COME LO ERANO ALL’EPOCA, SECONDO ME. CREDO CHE ABBIAMO PASSATO UNA

TRASFORMAZIONE

MIA

COLLEZIONE

ANIMATA SIONI

ERA,

DALLA IN

SOCIALE,

QUINDI

EXPLODED

VIEW,

POTENZA

DELLE

UN’OTTICA

CHE

LA E’

ESPLO-

SOCIO-CULTURALE,

ANCHE ISPIRATA DALLA VELOCITÀ “ESPLOSIVA” ALLA

QUALE

LA

NOSTRA

SOCIETÀ

STA

CAMBIANDO GRAZIE AI NEW MEDIA, INTERNET, E LE CONNESSIONI CHE VANNO AL DI LÀ DEGLI INCONTRI PERSONALI. SONO ESTASIATO NEL VEDERE SE UN GIORNO, QUESTO PORTERÀ O MENO AD UNA NUOVA SORTA DI SEPARAZIONE.

105


WWW.MICHAELKAMPE.COM

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MICHAEL KAMPE

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+CURIOSITY laz:

TRATTO DA SINTESI FUTURISTA ELASTICITÁ SINTESI INTUIZIONE INVENZIONE MOLTIPLICAZIONE DI FORZE ORDINE INVISIBILE

CONTRO

FUTURISMO 8

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POETI

CONT


A DELLA GUERRA DI MARINETTI anno 1915

RIGIDEZZA ANALISI PLAGIO METODICO ADDIZIONE DI CRETINERIE

CONTRO

TRO

I

LORO

PASSATISMO CRITICI

PEDANTI

109


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LAZAG NE?

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112 © Elisa Bacchi - Kintsugi

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