Lazagne Art Magazine #9

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ISSN 2283-6004

Lazagne magazine

LAZMAG

art magazine #9

R I SV O LT I D E L L’ A B I T O NOVEMBER 2015 1


EDITORIALE /

LAZAGNE ART MAGAZINE

EDITORIAL by Massimo Pulini

Anna Bertozzi art director

COVER MAGAZINE / Sonia Biacchi photo by Kristine Thieman

Lara Vitali editor

BACK COVER / Project “De Gustibus” LABA Libera Accademia di Belle Arti. Rimini

Editore Self-Publishing Anna Bertozzi Viale Vespucci, 16 Forlì - Italy lazagnemagazine.com lazmagazine.com

Sabrina Ravaglia editor Daniel Yeatman translator

PARTNERS AND CREDITS • Comune di Rimini // Assessorato alla Cultura • IBC Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali Regione Emilia-Romagna • ZoneModa Design Alma Mater Studiorum Università di Bologna Campus di Rimini. Corso di Laurea in Culture e Tecniche della Moda • Alma Mater Studiorum Università di Bologna Sede Ravenna. Laurea Magistrale in Ingegneria dei Processi e dei Sistemi Edilizi - Curriculum Internazionale Historic Buildings Rehabilitation. • Laba Libera Accademia di Belle Arti. Sede Rimini • Casina bric 460 / www.casinabric-barolo.it • Daniela Emiliani / A.N.G.E.L.O Vintage Archive • Giulia Arveda_foto / A.N.G.E.L.O Vintage Archive • Gioia Russo_manichino / A.N.G.E.L.O Vintage Archive • Silvia Camporesi_foto / Elisa Bacchi • CTR Teatro Venezia / Sonia Biacchi • Veronika Aguglia / Sonia Biacchi • Kristine Thieman_foto / Sonia Biacchi • Francesco Trombetti_foto / Sonia Biacchi

in collaborazione con:

• Akiko Mijake_foto / Sonia Biacchi • Teatro Baretti Torino / AlTretracce • Anna Bertozzi_foto / AlTretracce • Montefiori Cocktail_sound video / Adriano Russo • Swetlana Zingarelli / Bob Saphena • Michele Ambroni_foto / Laba • Sabrina Foschini / Pomelo • Daniele Casadio_foto / Pomelo 2

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COLOPHON I S S U E #9

RIMINI. RISVOLTI DELL’ABITO

Anonymous author

con il patrocinio di:

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Volti e risvolti.

Turns and consequences.

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by Massimo Pulini

Si nasce nudi, ma in ogni giorno della nostra vita ci copriamo di indumenti significanti, che finiscono per parlare di noi, assieme a noi, dicendo agli altri chi siamo. Le forme e i colori che ci accompagnano diventano una chiave di violino, che spesso intona il carattere e l’umore della nostra giornata. Allora gli indumenti sono alfabeti che rimandano a codici e norme, quando non cercano di superarle deliberatamente. Talvolta anche il rifiuto diviene una nuova normativa, irregolarità che seppur individuale può divenire ben presto convenzione. Gli abiti, le loro fogge e le tinte sono dunque una dichiarazione del corpo e con questo finiscono per modellare l’idea che gli altri si fanno di noi. Talvolta dice più una cravatta di un pensiero espresso in pubblico e la divisa indossata fa scambiare per soldato qualsiasi uomo libero. Siamo indumenti che camminano, fortunatamente non solo, ma siamo anche questo e codesto codice linguistico è talmente assimilato da venir letto in modo istintivo, come ci trovassimo davanti ad una ruga d’espressione, ad un sorriso o a un ringhio. Basterebbe questo per comprendere quanta intelligenza e genialità, fantasia e rigore, applicazione ed esperienza, siano state distillate, durante i secoli, nella vestizione umana. È sufficiente questo per affermare quanto sia importante lo studio e l’analisi di quello sterminato vocabolario di sentimento e di senso costituito dall’abito. Due anni fa Rimini decise di avviare una rassegna che potesse indagare le pieghe di pensiero e i risvolti formali del vestire, costruendo un circuito di esposizioni che andarono a fondare un dialogo, un coro di voci declinato su vari registri: dalla scultura, alla fotografia, dal disegno all’archivio.

Da scandagli monografici, sul lavoro di singoli artisti, a panoramiche sulle tendenze di un decennio e sulle relazioni tra Oriente e Occidente. La cadenza biennale che si era promessa, viene oggi rispettata con una fioritura di idee, di mostre e di indagini che restituiscono l’intensa ricerca di alcuni stilisti, affiancata al lavoro di studenti che si stanno formando nelle scuole d’arte e nelle università del territorio. In alcune sezioni è il tema del cibo a intonare la scena, quasi d’obbligo nell’anno dell’EXPO milanese, mentre altri settori della rassegna sorgono dalla relazione con la danza e con le arti visive, da una riflessione sulla doppia vita di certi indumenti e sulla necessità di conservazione, di musealizzazione dell’abito, non troppo diversamente dalla Biennale del Disegno, questo appuntamento che Rimini si è dato coi Risvolti dell’Abito lascia scorgere la vastità e le infinite pieghe che questi argomenti contengono. 5


TURNS AND CONSEQUENCES by Massimo Pulini

We’re born nude, but every day of our life we cover ourselves in signifying garments that end up speaking for us, with us, that tell others who we are. The shapes and colours that accompany us become the key of a violin, whose tune marks the character and mood of our day. Garments become the alphabet that reminds us of codes and names, when they don’t deliberately go beyond. Refusal can become a new norm, irregularity that, while still individual, can soon become conventional. Clothes, their appearances and dyes, are then a declaration of body, and end up molding the idea others have of us. At times a necktie can say more than a thought we’ve expressed in public, and a uniform can make any free man pass for a soldier. We’re walking clothes, fortunately not alone, but we’re also this, and this linguistic code is so assimilated that it’s read instinctually, as if we were reading expression lines, a smile, or a snarl. This should be enough to understand how much intelligence and genius, fantasy and rigor, application and experience, has been distilled throughout the centuries, into human clothing. This is enough to affirm how important the study and analysis of the infinite vocabulary of sense and emotion of clothes is. Two years ago, Rimini decided to begin a review that could investigate the folds of thought and the formal implications of clothing, creating a circuit of exhibits that went on to create a dialogue, a chorus of voices of various registers: photography, sculpture, design, and catalogue.

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From monographic plumbing, to the work of single artists, to panoramas on the tendencies of the decades and their relations between East and West. The biannual cadence that was promised has been respected til today, with the blossoming of ideas, exhibitions, and research that rediscover the intense artistic portfolios of stylists, alongside the work of students being formed in the local artistic schools and universities. In some sections the theme of food marks the scene, a nearly obligatory reference in the year of the Milanese Expo, while other sectors of the review arise from the relationship of dance with the visual arts, from a reflection on the double life of certain garments and the necessity of conservatory, archival of clothing. Not too different from the Design Biannual, this meeting in Rimini that began with Turns of the Cloth lets us glimpse at the infinitely vast folds this topic can hold.


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INSIDE exhibition “RIMINI. RISVOLTI DELL’ABITO” Museo della Città - Ala Nuova 1# piano > VESTIZIONI ] page. 14 a cura di Veronika Aguglia e Lazagne Art Magazine A.N.G.E.L.O_ Vintage Archive ELISA BACCHI_ Stylist and Artist SONIA BIACCHI_ Choreographer - Costume designer and Producer ANNA BERTOZZI_ Photographer GIANNA FABBRI_ Fashion designer ADRIANO RUSSO_ Photographer ANDREA SALVATORI_ Artist BOB SAPHENA_ Artist 2# piano > DE GUSTIBUS ] page. 80 IL CIBO COME ISPIRAZIONE AL FASHION DESIGN LABA Libera Accademia di Belle Arti. Sede Rimini

> FASHION LOVES FOOD ] page. 88 ZONEMODA DESIGN EXHIBITION Alma Mater Studiorum Università di Bologna Campus di Rimini. Corso di Laurea in Culture e Tecniche della Moda a cura di Ines Tolic > CHE EX-MACELLO! ] page. 96 PROGETTO DI TRASFORMAZIONE DELL’EX–MACELLO DI RIMINI IN MUSEO DELLA MODA Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Sede di Ravenna Laurea magistrale in ingegneria dei processi e dei sistemi edilizi Curriculum internazionale historic buildings rehabilitation. a cura di Arch. Donata Bigazzi

Museo della Città - Sala delle Teche >PICCOLO POPOLO ] page. 104 POMELO Personal exhibition 7


C U R I O S I T Y . S U R V E Y. O B S E R > BARBARA MARTININI “VELE” PERFORMANCE _ page. 40 Coreografia in quattro movimenti. Omaggio danzato a Sonia Biacchi.

> ALTRETRACCE: MASSIMO ARBARELLO/ SEBASTIANO DI BELLA/ FABIO BELLITTI_ page. 46 VESTI[Í]TI DI LUCE Un’indagine sulla moda attraverso lo studio della sua ombra.

Lazagne magazine ISSN 2283-6004

Printed in Italy La Pieve Poligrafica 8

www.lazmagazine.com

> CRONACA DI UNA VISIONE ”L’AVVENTURA”_ page. 66 di Michelangelo Antonioni Monica Vitti dopo il Festival di Cannes del 1960.


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R VAT I O N . ]

photo © Anna Bertozzi - performer Veronika Aguglia

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risvolti/ blurb risvolti/cuff risvolti/ [ri-șvòl-ti] 1. Lembo di un indumento, rivoltato, rovesciato, ripiegato in fuori. 1. The cuffs of a piece of clothing, reversed, undone, turned up. 2. In un libro, ciascuno dei due lembi della copertina o della sovraccoperta, ripiegati verso l’interno. 2. In a book, both pieces of the cover and flaps, folded towards the inside. 3 fig. Aspetto secondario, non palese ma non trascurabile, di una questione, di un problema: i risvolti sociali di un provvedimento del governo; un atteggiamento dai risvolti psicologici contraddittori. 3 fig. A secondary aspect, not obvious but not unimportant, of a question or problem: the social implications of a governmental decision; a behavior with contradictory psychological consequences. 4. Edilizia. Struttura secondaria di una costruzione che continua i motivi architettonici e le funzionidi quella principale. 4. Building. Secondary structure of a building that carries on the architectural motivesand functions of the main structure. 5. Giornalismo. Articolo che occupa l’ultima colonna di una pagina e continua nella prima colonna della pagina successiva. 5. Journalism. An article that occupies the last column of a page and continues on the first column of the next page.

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alberto zamboni deep

photo by Fabrizio Cicconi

VV8 artecontemporanea

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Cortile Palazzo Borzacchi Via Emilia S.Stefano 14 Reggio Emilia / Italy


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20—24 January 2016 Business Design Centre Islington, London N1 Book Tickets londonartfair.co.uk

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# PIANO

MUSEO DELLA CITTÀ ALA NUOVA

vestizioni A CURA DI VERONIKA AGUGLIA E LAZAGNE ART MAGAZINE

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VESTIZIONI Il termine Vestizioni, non ha alcun intento provocatorio o dissacratorio. Non di meno c’entra con il concetto di travestimento o simili. Ha piuttosto a che vedere con i modi di compiere azioni intorno agli abiti. Di sicuro con il movimento e lo spostamento di prospettive. Questo “farsi” dinamico della moda, si racconta qui in una pluralità di risvolti espressivi; costumi-architetture, abiti, video, collages, fotografie, teatro, danza. Con il contributo di Elisa Bacchi, Anna Bertozzi, Sonia Biacchi, Gianna Fabbri, Bob Saphena, Andrea Salvatori, Adriano Russo, A.N.G.E.L.O, la mostra riflette sul dialogo che la moda intrattiene con le forme delle arti visive e performative. Le Vestizioni che intendiamo sono fatte di gesti, visioni, sono attraversamenti critici tra categorie estetiche dei media artistici chiamati in causa. Come il corpo si confronta con queste desinenze della moda lo si scopre con i soli sensi. Più che ragioni filologiche ci interessa sostenere i racconti e le pratiche di lavoro degli artisti coinvolti, alcune silenziose, altre eccentriche. Questa collettiva che si riunisce attorno ad un centro comune, si sbilancia dalla sola prospettiva di una risonanza sentimentale tra generi. The term Vestments doesn’t have any desecratory or provocative intent. It doesn’t have to do with the concept of disguise, or similar themes. It has more to do with the ways actions are done around clothing. Surely with the motion and moving of perspectives. This dynamic “making” of fashion, is told here in a plurality of expressive implications; costume-architectures, clothing, videos, collages, photographs, theater, dance. With contributions from Elisa Bacchi, Anna Bertozzi, Sonia Biacchi, Gianna Fabbri, Bob Saphena, Andrea Salvatori, Adriano Russo, A.N.G.E.L.O., the exhibition reflects upon the dialogue that fashion has with visual and performative artforms. The Vestments that we intend are made of gestures, visions, they’re critical traversals of aesthetic categories of the aforementioned artistic media. How one’s body comes into contact with the ends of fashion can be discovered only through one’s senses. More than philological reasonings, we intend to show the stories and the practices held by the artists involved in these projects, some silent, others eccentric. This collective that gathers around a common ground, is thrown off balance by the perspectiveof an emotional resonance between genres.

VERONIKA AGUGLIA 16


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A.N.G.E.L.O VINTAGE ARCHIVE By Daniela Emiliani Photo by Giulia Arveda

Se vestirsi è un rito, per alcuni solo un’ abitudine o una necessità, indossare una giacca segna l’investimento di un titolo. Un passaggio, da un ruolo ad un incarico. Vestizioni è la rappresentazione di questo cerimoniale, nella sua forma più estrema e simbolica, nei tecnicismi artigianali più alti ma anche nelle fantasie più evolute o tradizionali. Vestizioni è una ruota che gira, e rigira di continuo. Prima ancora che un percorso, lo spettatore può decidere come e dove partire, così come e dove arrivare. Un esempio è la corazza cangiante e scultorea di Capucci -sarto italiano che affronta in realtà più una ricerca personale di tipo artistico, prima ancora che il consenso del pubblicol’inizio di una possibile s-vestizione che arriva fino a scoprire l’anima, ancora imbastita, ma non per questo priva di identità, del perfetto blazer Moschino. Tra un mondo e l’altro, tutti questi capi, ognuno in una sua declinazione del nero, suggeriscono a loro modo sfarzo ed eleganza, in puro contrasto con forme a volte animalesche.

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Moschino Couture giacca senza collo in lana, inserti in metallo Made in Italy

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VERVE Perché c’è chi, giocando con i materiali, confeziona un collage di macro dischi imbottiti che paiono essere appoggiati sul corpo, o chi, come Krizia, li trasforma subito in squame di pesce o di uccello, anche. LA VERVE dissacratoria che caratterizza Moschino sorride dritto in fronte alla pulizia estetica della forma rigorosa del grigio fumo di Londra di Gigli, che invece la accuccia, severa. Nel tutto, un Yves Saint Laurent, sempre giovane e rivoluzionario, guarda dall’alto il passare (lo scadere?) del tempo, ma come anche a segnare

che lo stile, quando è presente, è eterno.

If dressing yourself is a ritual, only a habit or necessity for some, to wear a suit symbolizes the investment of a title. A passage, from a role to a charge. Vestizioni is the representation of this ceremony, in its most extreme and symbolic form, in the highest artisanal technicalities, and in the most evolved and traditional fantasies. Vestizioni is a wheel that’s continuously turning. First of all, it’s a path where the audience can decide how and where to start, and how and where to end. An example is Capucci’s irridescent, sculpted cuirass – an Italian tailor that faces the reality of artistic research, before considering the public’s consensus – the beginning of a possible un-Vestizione that uncovers the outline of the soul, not without identity, of the perfect Moschino blazer. Between one world and another, all of these articles of clothing, each with its own shade of black, in their own way suggest splendor and elegance, in pure contrast with sometimes brutal shapes. There are those who, while playing with materials, create a collage of stuffed macro disks that seem to lean on the body, and others, like Krizia, that transform them into fish scales or even a bird’s plumage. The desecrating liveliness that characterizes Moschino smiles in the face of the clean aesthetic of Londra di Gigli’s rigorous smoke gray form, which frowns severely. All in all, Yves Saint Laurent, always young and revolutionary, watches the passing (or expiration?) of time from above, while also signaling that style,

when present, is eternal. 20


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Yves Saint Laurent Rive Gauche blazer in velluto, voile, pietre, Swarovski, baguettes, pailletes a forma di ingranaggio interno di orologio Made in France

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22 Photo by Anna Bertozzi


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courtesy © Silvia Camporesi

E LI S A BACCH I

Cappuccetto Rosso, 2009, particolare

pagine di giornale, tnt, cm 240x150 Veduta dell’installazione, Fabbrica delle Candele, Forlì.

R R E E G A A R R D

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“We tried to get rid of tromple l’oeil in order to find a tromple l’esprit”

Picasso

Nella fiaba le regole terrestri sono capovolte, entrarvi significa lasciare le certezze quotidiane e intraprendere un percorso-metafora: si entra in un modo e si esce disuguali, rinnovati, con un diverso stato di coscienza sui fatti della vita. Osservare, esperire, rivoltare le parti, poichè in ogni luogo fantastico una regola è un divieto – il bosco non deve essere attraversato– o al contrario un invito a fare qualcosa, a non restare inattivi. La fatica del protagonista è proporzionale alla bellezza, nella sua immensa portata, si agisce mai in una fiaba per qualcosa che non sia pura bellezza, del tutto astratta, il più delle volte neppure configurata e che palesemente sta per altro?

L

a narratrice in questo caso è Elisa Bacchi, intenta a creare un percorso in nome di una bellezza da guardare, toccare, attraversare - la sua “fatica” - che ci riporta all’interno di un luogo ideale dove le fiabe si intrecciano in un magico gioco di specchi. Il presupposto lo trova nelle figure femminili delle storie che tutti abbiamo ascoltato prima di dormire, quelle bambine donne immaginate nei loro abiti, attente a sfidare la sorte. Proprio l’abito diviene il centro della riflessione del lavoro di Elisa, esteticamente e concettualmente meditato, costruito e raccontato con grande abilità. Il percorso inizia con un attraversamento, l’ingresso nascita che scorre il dentro, la parte solitamente invisibile, del bianco vestito della Piccola Fiammiferaia. E’ un trasportare luminoso, piccole lampadine al posto dei fiammiferi, che immette lo spettatore nel nuovo mondo di segni, di sensi, e ci dice che da quel punto in poi tutto sarà diverso, avremo bisogno di nuove unità di misura e di briciole pe non perderci nella foresta. Quelle briciole di carta e di stoffa che, proseguendo nel percorso, ci conducono fra le cose di Pollicina, piccole scatole preziose da aprire.

“...Un abito che sa riassumere nelle trame, nelle cuciture,

nel dualismo peso-leggerezza, grande-piccolo lo svolgimento della fiaba, il suo mistero e il senso profondo che lo alimenta...”

Poi oltre, il timore della selva vissuto da Cappuccetto Rosso viene raccontato attraverso parole sovrapposte,

un rumore di enigmi indecifrabili, un linguaggio scomposto, dove figura e sfondo sono indifferenziati. Il rosso scompare, rimane un misterioso bosco di parole, dai significati fuggevoli, dove la mantellina, il cappuccio e la borsa della nostra eroina sussurrano “REGARDEZ MOI”, richiedono uno sguardo fisso, attento, in grado di risolvere il rebus. L’approdo, l’atto finale è il sontuoso vestito di Alice, in duplice copia, prima e dopo l’incontro con la magica bevanda che la rende smisuratamente piccola e smisuratamente grande. Ancora una trama fatta di enigmi, questa volta non più parole ma carte da gioco, arricchite da tutta la forza simbolica che i semi contengono. Un abito che sa riassumere nelle trame, nelle cuciture, nel dualismo peso-leggerezza, grande-piccolo lo svolgimento della fiaba, il suo mistero e il senso profondo che lo alimenta.

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“In fairy tales, earthly rules are turned upside down. Entering their world means leaving one’s everyday certainties and embarking on a metaphorical voyage: at the end of that voyage, one is inevitably different, renewed – just as one’s consciousness of the facts of life. One learns to observe, experience, reverse the roles, because in the realm of fancy, every rule is a prohibition – do not enter the wood, do not cross that threshold – or, conversely, an invitation, a warning against inaction. Immense as it is, the protagonist’s effort is equal to the beauty of the enterprise. In fairy tales, one never acts for something that is not pure, abstract beauty: and sometimes that beauty does not even have a name or a figure, as if its meaning were to be found somewhere else.

In this particular fairy tale, the narrator is Elisa Bacchi,

striving to create a metaphorical voyage in search of a beauty to be looked at, touched, crossed. This is her personal effort, and her aim is to plunge us into an ideal place where fairy tales intersect as if reflected in countless magical mirrors. Elisa’s starting point is the female figures of the tales we all were told before going to sleep, those children-women here imagined in their apparel, ready to face their destiny.

Their clothes are the focus of Elisa’s work and reflection – clothes that are conceived of as aesthetic and conceptual constructs, and then created and told with great ability.

T

he voyage begins with a crossing, the entrance-birth that shows the lining – the side normally hidden from view – of the Little Match Girl’s white dress. It’s a bright crossing – with little bulbs replacing the matches – introducing the audience to a brave new world of signs and senses, warning the viewer that everything is now going to be different, that new units of measurement will be needed, that only crumbs will save us from losing ourselves in the woods. These crumbs, made of paper and fabric, will then lead the audience in the midst of Thumbelina’s things – precious little boxes waiting to be opened. 26


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Beyond that point, Little Red Riding Hood’s frightening forest is told in overlapping words, in a noise of indecipherable riddles, in a wild language, in which there is no distinguishing figure from ground. The redness disappears, only leaving a mysterious wood of shifty, evasive words, where our heroine’s cape, hood and bag whisper “regardez moi” – demanding a fixed, attentive stare, a look that is able to solve their riddles. The goal, the final act, is Alice’s magnificent dress – of which two versions are presented, before and after the magical drink that makes her tiny and huge by turns. Yet another plot ridden with riddles – no longer conveyed by words but by playing cards, enriched by the symbolical value of their suits.

in its texture and seams,

in the dualism between weight and lightness, smallness and hugeness, the last dress sums up the plot and structure of fairy tales, the mystery and depth of meaning that gives them life.”

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{14 MAGGIO VIDEO ART

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An introspective journey leading back to childhood, to the dreams for your future. Where did such a dreamed, desired world go? Dig with bare hands in the dirt of your existence, find your roots, in order to give them water, electricity and life. Take care of it every single day, try to make your hidden life bloom... Give space to the child who is still crying inside yourself.

ELISA BACCHI

Un viaggio introspettivo che riporta all’infanzia, ai sogni per il futuro. Dov’è finito tutto quel mondo sognato e desiderato? Scava a mani nude nella terra della tua esistenza, cerca le tue radici per dare loro acqua luce e vita. Ogni giorno prenditene cura e cerca di far fiorire quella vita che celi... dai espressione a quel bimbo che ancora grida dentro te.

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EB

ELISA BACCHI

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tesy Š Silvia Camporesi

photo by Silvia Camporesi


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Ghost Twins La collezione è realizzata interamente in poliestere 100%, con materiali (montone ecologico,tessuti tecnici accoppiati, jersey, chiffon) che si miscelano nelle sfumature del bianco. Tutti i pezzi sono stampati in capo con una tecnica innovativa che pressa gli indumenti e può riprodurre qualsiasi tipo di immagine fotografica.

Per questa collezione ho realizzato foto ai muri scrostati dei vecchi edifici, agli scuretti delle case di campagna abbandonate... ci sono sensazioni materiche e di colore che sarebbe difficile riprodurre con le canoniche tecniche tessili. Le forme sono pure e bidimensionali ma una volta indossate creano drappeggi e silhouette couture.

Ghost Twins. Fall/winter collection is hundred percent made of polyester materials (eco sheepskin, technical matched textiles, jerseys and chiffon) that mix themselves with all the shades of white. Each item is printed on using an innovative technique that, pressing the garments, can reproduce any kind of photographic image.

For this collection I took pictures of scraped walls of old buildings and abandoned country house shutters. With this process it is possible to evoke sensations of materials and colours that could not be produced through the standard textile techniques. Shapes are pure and two dimensional but once you wear the garments they create drapes and silhouette couture. 31


AR CH ITE TT UR EP ER I

CO RP I

BY VERONIKA AGUGLIA

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Optical con cappello. Costume in pelle e cappello in cartapesta - Photo by Kristine Thieman

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Tondo con scialle. Gonna in pelle e tensori in plastica del cerchio di base - Photo by Kristine Thieman

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COSTUMI CHE SONO VESTIZIONI DI ATTI RITUALI. COSTUMI CHE RENDONO IL CORPO IN MOVIMENTO, AUTORE DI SUGGESTIONI E NON-SENSI.

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Nulla è funzionale ma tutto converge nel lavoro di Sonia Biacchi come nella “fabbrica” del teatro totale d’avanguardia e del suo “capomastro” pittore, scultore, mimo, scenografo tedesco Oskar Schlemmer. Nel celebre Balletto Triadico del 1922, uomini manichino modificano la propria fisiologia per entrare in relazione con la logica della macchina di cui il costume è manifestazione. La geometria di abiti strutturati determina il movimento. È il sopravvento di una essenzialità delle forme che rivoluzionerà non solo il design teatrale ma anche la relazione tra corpo e spazio scenico. Da questa rivoluzione la ricerca di Sonia Biacchi trova una prima anima. La porta di accesso verso la manipolazione della propria estrosità, che la conduce ad esiti più fluidi e destrutturati rispetto alle proposte generate dell’estetica della meccanica del laboratorio teatrale Bauhaus. Guidata dalla curiosità e da uno sguardo attento come è quello dei bambini che inseguono le ombre degli oggetti sui muri, Sonia sembra afferrare le sue immagini per farne una visione possibile attraverso straordinarie trasformazioni di materiali e tessuti, elaborati secondo peculiari strategie di risoluzione tecnica. Il suo modus operandi, è qualcosa che ha a che fare con la cura di un rapporto quotidiano, con il puro piacere dell’invenzione e con la soddisfacente sensazione di avere le mani sempre “sporche” di qualcosa di nuovo.

Tutto si trasforma in un processo instancabile dove le tracce di quegli oggetti fatti d’ombre danno vita a personaggi che sembrano danzati da costumi incantatori; plissettati, modulari e flessibili, realizzati con vele da surf, stecche di balena, e modellati, come solo i veri creatori sanno, direttamente su manichino. Costumi-scultorei dove rimane sempre a portata di senso il respiro dell’idea, il transito dal sogno e la vita nella danza. Se Rudolph von Laban coreografo e filosofo della danza, sfidandoci a pensare la vita

in termini di movimento, inventò un sistema di scrittura che permise di fermare il gesto per meglio conoscerlo, così la ricerca di Sonia Biacchi sembra suggerire che oltre al pensare per immagini può esserci un “fare” immagini di movimento attraverso una grammatica della maestria sartoriale e sentimentale. Costume

che, in una relazione di reciprocità organica tra scena, musica e corpo in movimento, diventa genere visivo e performativo. BY VERONIKA AGUGLIA

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Foto ”poetiche” di Francesco Trombetti, 2010

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Costumes which are dressings of ritual acts. Costumes that depict bodies in motion, authors of suggestion

and un-senses. In Sonia Biacchi’s work, nothing is functional and everything is convergent, as in the avant-garde total theater “factory” of its “master”, the German painter, sculptor, mime, and set designer Oskar Schlemmer. In the famous Balletto Triadico of 1922, mannequin men modify their own physiology to enter a rapport with mechanical logic, of which the costume is but a manifestation. The geometry of structured clothes determines its movement. Its the advantage of an essentiality of form that will not only revolutionize theatrical design, but also the relationship between body and scenic space. From this revolution, Sonia Biacchi’s artistic research finds a prime soul. The door that brings to controlling one’s own ingenuity, that leads towards more fluid and unstructured results than those proposed by Bauhaus mechanical aesthetic and theatrial laboratory. Guided by curiosity and an attentive eye, like children that follow the shadows of objects on the walls, Sonia seems to grasp her images to make real visions through the extraordinary transformation of cloth and

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other materials, made with peculiar strategies of technical resolution. Her modus operandi is something that has to do with the care for a daily rapport, with the pure pleasure of invention and with the satisfying feeling of always “dirtying” your hands with something new. All of this transforms into an unstoppable process where the traces of those shadowy objects give life to characters that seem danced to life by enchanting costumes; plissed, modular and flexible, made with surf sails, corsetry, they’re modelled, as only real creators know how, directly onto the mannequin.

Sculpture-costumes where the breath of the idea is only a step away, within the transit of a dream and the life of a dance.


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If Rudolph von Laban, choreographer and dance philosopher, who challenges us into thinking about life in terms of motion, invented a system of writing that allowed to freeze motion in order to know it better, then Sonia Biacchi’s research seems to suggest that beyond thinking in images, there can be “making” images in motion through a structure of master sentimentality and tailorship.

BY VERONIKA AGUGLIA

A costume that, in a reciprocally organic relationship between scene, music and body in motion, becomes a visual and performative genre.

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OPERA DI SONIA BIACCHI “FRATTALE BIANCO” / PHOTO BY AKIKO MIJAKE

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VELE

Leggendo la biografia di Sonia Biacchi sono rimasta colpita dalla similitudine con le vite di donne che mi sono state maestre: la forza, la determinazione, l’amore e l’energia inesauribile della creatività al femminile sono il filo rosso di storie incredibili. Queste biografie ci raccontano di donne che hanno lottato per esprimere la propria creatività, artiste che si sono impegnate per creare linguaggi e ponti, che hanno spinto la propria arte verso la comunità e che ci hanno restituito una visione femminile, sottile, complessa e particolare del mondo e dell’umano. Così una riflessione su Sonia e i suoi costumi è necessariamente una dedica alle grandi maestre che hanno accompagnato il mio cammino. Me le immagino come vele issate per affrontare il mare, fra l’altro il tessuto utilizzato per fabbricare le vele è impiegato in molti costumi di Sonia. Con una coreografia in quattro movimenti interpreto i moti dell’animo che più associo alla creatività femminile: il respiro amoroso, il taglio passionale, la trasfigurazione necessaria e la leggerezza profonda.

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BARBARA

SAILS

While reading Sonia Biacchi’s biography, I was impressed by the similarities with the lives of women who taught me: strength, determination, love and the inexhaustible energy of feminine creativity are the logical thread of incredible stories. These biographies tell us about women that fought to express their own creativity, artists that put in the effort to create languages and bridges, that pushed their art towards the community and that returned a feminine, subtle, complex, and particular vision of the world and humanity to us. That said, a reflection on Sonia and her costumes is necessarily a work dedicated to the great teachers that accompanied my path through life. I imagine them with full sails, ready to face the sea, and by the way, the same cloth used to make sails is used in a lot of Sonia’s costumes. With a choreography made in four steps, I interpret the motes of the soul that I most associate with feminine creativity: the loving breath, the passionate cut, the necessary transfiguration, and deep levity.


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Sala del Giudizio Museo della CittĂ - Rimini, foto di Veronika Aguglia

MARTININI dancer & PERFORMER

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ANNA BERTOZZI TRAIT D’UNION. M. FR. (PL. TRAIT D’ UNION); IN IT. S.M. INV. PERSONA O ELEMENTO CHE COSTITUISCE L’ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA FATTI E SITUAZIONI DIVERSE: INTERMEDIARIO

Sono stata per un periodo della mia vita, fotografa di scena. Essere fotografa teatrale non vuol dire, creare immagini perfette. Significa entrare nei tessuti dei personaggi, fluidificarsi con loro. Quindi librarsi. Non attraverso la forza fisica ma per mezzo dell’obiettivo. Avere la sensazione, per un momento, di toccare il tessuto attorcigliato, dell’abito da sposa di Medea, sentendo intensamente la forza della sua “trama”. Immagini tratte da “Trilogia di Medea” Berlin / Regia di Antonio Latella

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Study on Medea / director Antonio Latella

For a while in my life, I was a performance photographer. To be a theatrical photographer doesn’t mean, to create perfect images. It means to enter the fabric of the characters, flow with them. Free yourself with them. Not through physical force but through your lens. To have the sensation, for one moment, to even touch the twisted fabric of Medea’s wedding gown, and intensely feel the force of her story.

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...In regio talamo Giasone or dorme, ed ha traditi i figli suoi, la consorte: ché sposò la figlia di Creonte, signor di questa terra. E Medèa, l’infelice, abbandonata, ad alta voce i giuramenti invoca, e della destra la solenne fede; e del ricambio che Giasone or le offre, a testimoni gli Dei chiama. E giace, sfatte le membra nel dolore, e cibo non prende, e tutto il dí si strugge in lagrime, poiché si sente dal consorte offesa, né l’occhio leva, né distoglie il viso mai dalla terra; e, come rupe, o flutto marino, degli amici ode i conforti. Salvo, se il bianco suo collo talora volge, ed il padre suo, la casa sua, la patria, seco stessa ella rimpiange, ch’ella ha traditi, per seguir quest’uomo ch’or la disprezza. Sotto i colpi, misera, della sventura, appreso ha quanto giovi il non lasciar la propria patria. E i figli odia, e a vederli non s’allegra; e temo che disegni novelli essa non volga; perché l’animo ha fiero; e sopportare sí mali tratti non saprà: pavento che immerga in cuore un’affilata lama, entrando in casa dov’è steso il talamo, nascostamente, ed il suo sposo e re uccida, e n’abbia danno anche maggiore:

Medèa di Eurìpide

ch’essa è tremenda; e contro lei chi mosse a nimicizia, facil non sarà che riporti trofeo... ...For Jason, abandoning his own children and my mistress, is bedding down in a royal match, having married the daughter of Creon, ruler of this land. Poor Medea, finding herself thus cast aside, calls loudly on his oaths, invokes the mighty assurance of his sworn right hand, and calls the gods to witness the unjust return she is getting from Jason. She lies fasting, giving her body up to pain, wasting away in tears all the time ever since she learned that she was wronged by her husband, neither lifting her face nor taking her eyes from the ground. She is as deaf to the advice of her friends as a stone or a wave of the sea: she is silent unless perchance to turn her snow-white neck and weep to herself for her dear father and her country and her ancestral house. All these she abandoned when she came here with a man who has now cast her aside. The poor woman has learned at misfortune’s hand what a good thing it is not to be cut off from one’s native land. She loathes the children and takes no joy in looking at them. And I am afraid that she will hatch some sinister plan. For she has a terrible temper and will not put up with bad treatment “I know her, and I fear she may thrust a whetted sword through her vitals, [slipping quietly into the house where the bed is spread,] or kill the royal family and the bride-groom and then win some greater calamity. For she is dangerous. I tell you, no man who clashes with her will find it easy to crow in victory. 47


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A

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ALTRETRACCE

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esti(ì)ti di luce

Massimo Arbarello Fabio Bellitti Sebastiano Di Bella

PHOTO BY ANNA BERTOZZI LOCATION TEATRO BARETTI / TORINO

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ALTRETRACCE

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teatro d’ombra

shadow theatre


“IN SHADOW, AS IF EYES CLOSED, DREAMS ARE BORN.”

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“NELL’OMBRA, COME AD OCCHI CHIUSI, NASCE IL SOGNO. “ ELENA PUGLIESE

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52 La prossima primavera vedrà il debutto del nuovo spettacolo della Compagnia alTREtracce: “La Moglie di Frankenstein”, scritto da Rosa Mogliasso (Premio Selezione Bancarella 2010 per “L’assassino qualcosa lascia”) e prodotto dal Teatro Baretti di Torino, liberamente ispirato all’omonimo film del 1935 diretto da James Whale. Un grande classico del cinema horror fantascientifico in una trasposizione inedita per prosa e ombre.

COSTRUZIONE DI UNA FEMMINA studio per “La Moglie di Frankenstein”

BUILDING OF A WOMAN a study of “Frankenstein’s Bride”. The debut of Compagnia alTREtracce’s new show will be next spring: “Frankenstein’s Bride”, written by Rosa Mogliasso (Selezione Bancarella Prize 2010 for “L’assassino qualcosa lascia”), and produced by Teatro Baretti of Turin, freely inspired by the namesake 1935 film by James Whale. A great classic of science fiction horror cinema in a never before seen transposition of shadows and prose.

www.altretracce.it


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Da sempre l'ombra accompagna il nostro quotidiano. La troviamo ovunque intorno a noi e, come spesso accade per le cose importanti, ci rendiamo conto del suo valore solo quando viene a mancare. In un momento storico come quello che stiamo vivendo, fatto di frenesia e di sovraesposizione, di omologazione del pensiero e dello stile,

l'ombra, con la sua poetica lentezza e la profondità che da essa scaturisce, evoca sensazioni ancestrali che la Moda e i suoi più grandi fotografi ci hanno regalato. I Maestri della Moda, come quelli del grande Cinema del resto, hanno sempre saputo sfruttare la potenzialità di racconto che le ombre possiedono: basta pensare agli scatti di Richard Avedon, di Lillian Bassman o di Man Ray, alle sequenze più famose dei film di F. W. Murnau, ai lavori di R. W. Fassbinder, alle atmosfere gotiche di James Whale o ai meravigliosi giochi di luce ed ombre di Ziegfeld Follies. L'infinita duttilità dell'ombra la rende un veicolo perfetto per accompagnare lo spettatore attraverso mondi onirici e allo stesso tempo tangibili e reali. Un'ombra ben studiata è in grado di dare concretezza alla materia – qualsiasi essa sia – di farla vivere, di definirne il carattere, di renderla narrazione semplice ed estremamente onesta. Anche di fronte al più palese degli artifici,

l'ombra non mente mai.

ALTRETRACCE 53


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Shadow has always accompanied our daily lives. We find it everywhere around us, and as we usually do for important things, we only realize its value when it’s gone. In historic moments like the ones we’re living in, made out of frenzy and over-exposition, of homogenization of thought and style, the shadows, with their poetic slowness and depths, evoke ancestral sensations that Fashion and its best photographers have given us. The Masters of Fashion, just like the greats of Cinema, have always known how to take advantage of the storytelling potential that shadows posess: it’s enough to recall the shots of Richard Avedon, Lillian

Bassman, or Man Ray, or the most famous sequences of F. W. Murnau’s films, or the works of R. W. Fassbinder, or James Whale’s gothic atmosphere, or Ziegfeld Follies’ wonderful plays on light and dark. Shadow’s infinite flexibility makes it a perfect means through which one can convey the viewer with dreamlike worlds that are still tangibly real. A well-studied shadow is able to give concreteness to matter – no matter what it is – and make it alive, define its character, or render narration simple and extremely honest. Even in front of the most obvious ploys, shadows never lie.

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Gianna Fabbri

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“ Scrivere con i segni, disegnare con le lettere”

“Write with symbols, draw with letters”

Cit. Giovanni De Faccio

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Hermann Hesse “Narciso e Boccadoro” …..We are sun and moon, dear friend; we are sea and land. It is not our purpose to become each other; it is to recognize each other, to learn to see the other and honor him for what he is: each the other’s opposite and complement…..

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FLOW Exercises in paint brush writing To repeat a phrase like a mantra. To write it infinitely, trying each time to find the right proportion between letters, spaces, and symbols that make the worlds.

FLOW Esercizi di scrittura a pennello

Ripetere una frase come un mantra. Scriverla all’infinito, cercando ogni volta la giusta proporzione delle lettere, degli spazi, dei segni che compongono le parole. La mano si muove in modo più naturale ad ogni inizio. Senza sforzo. Non c’è pensiero di tecnica ne di risultato. Solo il passaggio del pennello. Assorbiti in questo ripetersi di gesti fino a sentirsi completamente assorti.

“Fluire” nell’attività a cui ci stiamo dedicando. Vedere la scrittura non solo come un insieme di lettere che formano parole e poi frasi ma come un insieme di segni grafici, punti, linee sulla superficie. Pieni e vuoti che si alternano. Chiari e scuri che creano ritmo e dinamicità. Sulla carta come sul tessuto che poi a sua volta può diventare altro, in continuo fluire.

The hand moves more naturally with every new beginning. Effortlessly. There’s no thought about technique, and no results. Just the passage of the brush. Absorbed in this repetition of gestures until one feels completely immersed. “Flow” in the activity we’re dedicated to. See the scripture not just as a collection of letters that form words and phrases, but as a gathering of graphical symbols, points, lines on a surface. Alternating fullness and emptiness. Light and dark that creates rhythm and dynamicity. On paper as on fabric that can then become something else, in continual flow.

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ADRIANO RUSSO

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conversation with

Adriano Russo

A: Sono nato ad Ostuni nella Città Bianca ed ho frequentato le scuole artistiche, come tutta la mia famiglia. Diciamo che a parte i miei genitori tutti i miei fratelli e sorelle avevano un senso innato del disegno e del creare. Ho deciso di terminare gli studi a Firenze. Dopo l’Università di Cinema a Firenze mi sono trasferito a Berlino dove ho studiato fotografia. Il primo approccio è stato alla fotografia d’arte, trasferendomi poi a Milano il passaggio alla moda è stato quasi naturale, una città dove la moda la si respira tutti i giorni. _Naturalezza, leggerezza, aggressività quali sono le definizioni che più si avvicinano alla tua espressione visiva? A: Sicuramente

la naturalezza, cerco sempre degli spunti cinematografici e la scelta si basa quasi sempre su film molto introspettivi ma naturali allo stesso tempo. _Perché lasciarsi ispirare dal mondo de “L’Avventura” di Michelangelo Antonioni. Cosa ti ha colpito di quel film?

© Andrea Salvatori_ I see the light _ pottery and wiring 70x80x80 cm

_Ci racconti un po’ del tuo passato, come e quando hai scelto di diventare fotografo? E come la moda è entrata nella tua vita professionale.

A: Lasciarsi ispirare principalmente da Antonioni è qualcosa che viene naturale. Antonioni è stato uno dei pochi registi che è riuscito attraverso il suo linguaggio estetico, ma allo stesso tempo psicologico ad affermarsi a livello mondiale. Un regista che non era interessato a dare solo un concetto di quello che voleva esprimere,ma lo trasformava in un unica scena con svariati concetti. L’Avventura e’ un

film che ho amato subito, e haunasuaformadieleganza, di silenzio, di angoscia affascina tantissimo.

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bellezza

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“....cerco

degli spunti cinematografici e la scelta si basa quasi sempre su film molto introspettivi ma naturali allo stesso tempo.�

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_La fotografia di moda è ancora in grado di darci un preciso spaccato sul mondo? O pensi sia più divertente scavare nel passato come hai fatto nel progetto Suggestions per Vogue Italia? A: La moda è presente passato e futuro allo stesso tempo, perché appunto è una moda e cambia di giorno in giorno. La fotografia di moda penso, specie in questo momento sta attraversando un periodo molto contemporaneo. Si sta spogliando di molte sovrastrutture. Il lavoro dell’ “Avventura” per Vogue Italia, è un lavoro di qualche anno fa. Se lo facessi oggi sarebbe totalmente diverso, proprio perché in questi anni è cambiata anche una certa idea di fotografia di moda ed alcuni suoi punti di riferimento. _Ritratti: momenti spontanei e storie intime. La trasgressione può delicatamente passare attraverso uno sguardo? A: La scelta appunto del Film “L’avventura” è proprio l’esplosione di questo concetto.

E’ un film molto lento e silenzioso, ma ha una potenza attraverso lo sguardo ed i piccoli atteggiamenti quotidiani.

_Quanta pazzia o precisione è necessaria per scatenare la creatività? A: La precisione è una forma di pazzia così grande che quasi bisogna fare attenzione ad averne troppa. Nella fotografia di moda bisogna essere creativi ma anche molto precisi, perché è un po’ come una piccola regia, tante persone da far muovere come un orologio sul set. _Ti sposti dai grandi Brand all’individuo, mantenendo una tua espressività riconoscibile. Quindi lavorare su commissione non esclude la creatività di un fotografo? A: Diciamo che tutto è abbastanza relativo come il film “L’Avventura”. Anche fare il fotografo spesso è come un film, o come una seduta da terapeuta. Bisogna affermare la prorpia creatività ma allo stesso tempo riuscire a far immedesimare il cliente in quello che si vuole creare. Sono passi molto delicati dove a volte ed in certi casi, si può anche scendere a compromessi ma sempre mantenendo il valore del proprio linguaggio.

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r s us o ripete spesso russo see is what you motto personale?

A: La moda è un mezzo potentissimo a volte ti comanda a volte comandi lei. il mio motto è “fare il fotografo di moda è un bel lavoro ma pur sempre un lavoro” proprio perché è un modo per essere cosciente di quello che faccio e non farmi ingoiare da un sistema che oramai è diventato quasi superficiale è scontato. Anni fa i fotografi di”moda” potevano essere dei bravissimi fotografi super famosi ma potevano comunque ignorare il concetto moda a 360 gradi. Potevano vivere la loro vita in maniera quasi estranea al mondo che fotografavano. E forse quello era interessante perché nascevano delle visioni _Szymon Brodziak ripete spesso questa frase: totalmente concettuali della fotografia di moda. “What you see is what you are”. Oggi devi essere social , far vedere che freQual’è il tuo motto personale? quenti le sfilate le feste e che sei un tipo cool perché agli occhi di chi ti guarda quello è lo steA: La moda è un mezzo potentissimo reotipo del fotografi di moda. Ed ormai chi a volte ti comanda a volte comandi lei. comanda è chi ti guarda ed in quanti ti guardano… Il mio motto è “fare il fotografo di moda è un bel lavoro ma pur sempre un lavoro” proprio perché è un modo per essere cosciente di quello che faccio e non farmi ingoiare da un sistema che oramai è diventato quasi superficiale e scontato. Anni fa i fotografi di ”moda” potevano essere dei bravissimi fotografi super famosi ma potevano comunque ignorare il concetto moda a 360 gradi. Potevano vivere la loro phot vita in maniera quasi estranea al mondo che fotografavano. E forse quello era l’interessante, perché nascevano delle visioni totalmente concettuali della fotografia di moda. Oggi devi essere social, far vedere che frequenti le sfilate, le feste e che sei un tipo cool perché agli occhi di chi ti guarda quello è lo stereotipo del fotografo di moda. Ed ormai chi comanda è chi ti guarda ed in quanti ti guardano…

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Szymon Brodziak adriano questa frase: “what you are”. Qual’è il tuo

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grapher

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_Tell us a bit about your past, such as, when and how did you decide to become a photographer? And how did fashion enter into your professional life? A: I was born in the White City of Ostuni, and I went to artistic schools like the rest of my family. Let’s say that, a part from my parents, all of my brothers and sisters had an innate sense of drawing and creation. I decided to study in Florence. After the University of Cinema in Florence, I moved to Berlin where I studied photography. My first approach was with artistic photography, and when I later moved to Milan my passage into fashion was almost natural, since it’s a city where you breathe fashion every day. _Naturalness, levity, aggressiveness, which of these definitions is closest to your visual expression? A: Certainly naturalness, I always look for cinematographic starting points, and my choices are almost always based upon introspective films that are also very natural. _How did you get inspired by the world of “L’Avventura”, by Michelangelo Antonioni? What about that film struck you? A: It’s only natural to be inspired by Antonioni, mainly. He was one of the few directors that gained success and worldwide affirmation through his language that was aesthetic, but also psychological. He was a director that wasn’t interested in only giving the concept of what he wanted to express,

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but he transformed it into an entire scene which had various concepts. “L’Avventura” is a movie that I immediately loved, it has its own type of elegance, silence, anguish, and beauty that really fascinates me. _Is fashion photography still able to give us a precise cross section of the world? Or do you think it’s more fun to dig into the past, as you did for the Suggestions project for Vogue Italia? A: Fashion is past, present and future all at the same time, because it’s a trend that changes from day to day. I think that fashion photography, especially now, is going through a very contemporary cycle. It’s getting rid of many superfluous elements. The work of for Vogue Italia started a few years ago. If I did it today, it would be totally different, since in these past years some of fashion photography’s points of reference have changed, along with the idea itself. _Portraits: spontaneous moments and intimate stories. Can transgression delicately pass through a gaze? A: The choice of the film “L’Avventura” is really the amplification of this concept. It’s a very slow and quiet film, but its power lies in its gaze and small, every day habits...


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_How much madness or precision is necessary to unleash creativity? A: Precision is a kind of madness that’s so big one must take care not to have too much of it. In fashion photography you must be creative, but also very precise, because it’s a lot like a small show, with a lot of people that need to move around the set like clockwork. _You move away from big Brands to the individual, while maintaining a recognizable expressivity. So working by commission doesn’t preclude a photographers creativity? A: Let’s say that everything is rather relative, just like “L’Avventura”. Being a photographer is often like a film, or like visiting a therapist. One must affirm their own creativity, while also allowing the client to immerse themselves in what you’re creating. They’re very delicate steps where sometimes you’ll have to reach some compromises, while still maintaining the value of your own language. _Szymon Brodziak often repeats this phrase: “What you see is what you are”. What’s your personal motto? A: Fashion is a powerful medium, sometimes it commands you, and sometimes you can command it.

My motto is “being a fashion photographer is a good job, but it’s still a job”, because it’s a way to remain conscious of what I’m doing and not get swallowed up by a system that’s superficial and taken for granted. Years ago, “fashion” photographers could be excellent, super famous photographers, while still ignoring the depth of fashion. They could live their lives almost entirely detached from the world they photographed. Perhaps that was interesting because completely different perspectives of the art were born. Today you must be social, let people see that you visit the catwalks and parties and that you’re a cool guy, since in everyone else’s eyes that’s the stereotype of fashion photographers. Nowadays, the people in charge are those who watch you, and how many people watch you…

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driano russo

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“ L’ A V V E N T “L’Avventura è il film che mi è costato di più.” M. Antonioni

by

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Michelangelo

ANTONIONI


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Michelangelo Antonioni “L’avventura.” Cronaca di una Visione. Testo tratto da video: Intervista a Monica Vitti (1960) “La lavorazione di un film di Antonioni è sempre qualcosa di avventuroso, di imprevedibile e questo è uno degli elementi che ne fa un periodo importante della vita. Le conseguenze poi sono altrettanto imprevedibili. Per esempio quando siamo andati a Cannes, era il mio primo Festival, il mio primo film. L’arrivo è stato, come dire, entrare in una fiera dove ognuno si occupa di cose molto mondane. La sera dello spettacolo la scalinata era piena di centinaia di fotografi, c’era una specie di... come se ci prendessero a tiro con dei fucili, con delle pistole. Era tutto pieno, era tutto nero. La proiezione dell’Avventura a Cannes è stata drammatica. Dall’inizio, dai titoli di testa il pubblico sghignazzava, non si capiva bene il perché. Ridevano alle cose più gravi, quelle che c’erano costate forse più fatica, in cui credevamo di più. E così per tutto il film. Pochi hanno seguito, hanno amato quella proiezione de L’Avventura. Quando sono uscita piangevo come una bambina. Ero disperata. Mi sembrava che tutto il mio lavoro, tutti questi mesi, in cui ho dato tutto perché fosse un buon lavoro, non era servito a niente. Avevamo creduto tutti in questo film e andava nel vuoto, in questa gente che rideva, in questa sala mondana. L’indomani accadde una cosa imprevedibile. Scendendo dalla nostra camera, nella hall dell’albergo c’era una lista. Una lista lunghissima di nomi importanti, registi italiani e registi stranieri, giornalisti, critici, scrittori, persone che avevano visto il film. E questa lunga lista era preceduta da alcune parole:

“Ieri sera noi abbiamo visto il più bel film che abbiamo mai visto ad un festival”. 69


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AUTORITRATTO by Anna Bertozzi

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Continua l’esplorazione artistica di Andrea Salvatori. Caratteristica principale della sua ricerca? L’ironia attraverso la consapevolezza di una precisa connotazione estetica. Le sue opere sono belle e ironiche. Peculiarità non troppo facile da trovare nel mondo dell’arte contemporanea. L’arte di Salvatori crea, plasma, smonta, seziona e nasconde, creando nuovi significati che non riflettono solo un aspetto ironico, ma conducono a considerazioni più profonde. La forza dell’artista? “Lanciare il sasso” o il vasetto, come in questo caso, allo spettatore ma con estrema leggerezza. Dargli la possibilità di interrogarsi sulla condizione umana, osservando o

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autoritratto #3

AN DRE A S A LVATO R I

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possedendo un oggetto, che in primis induce ad un semplice sorriso.

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Andrea Salvatori’s artistic exploration continues. What’s the main characteristic of your research? Irony through the awareness of a precise aesthetic connotation. Your works are nice and ironic. A peculiarity that’s not too easy to find in the world of contemporary art. Salvatori’s art restores, takes apart, sections and hides, creating new meanings that not only reflect an ironic aspect, but lead to deeper considerations. The strength of the artist? To throw the rock or the vase, in this case, at the spectator with extreme delicacy. To give him the opportunity to ask himself about the human condition, obversing and posessing an object, that in the beginning begets a simple smile.

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1 to # t a r orit Aut

POTTERY AND PORCELAIN

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by Swetlana Z ingarelli Evocation and yearning collide while they are in motion: the emanated truths of shape and images clash while gazing towards research.

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Š bob saphena - Cremino

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© Bob Saphena - Pampas

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(S)CON(S)CE (S)CUCITURE SOL PER DENUDAR, VESTI 75


Š Bob Saphena - Traccia di topo

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(S)CON(S)CE (S)CUCITURE SOL PER DENUDAR, VESTI EVOCAZIONE E BRAMOSIA URTANO NEL LORO ESSERE IN MOVIMENTO: LE VERITÀ EMANATE DALL’IMMAGINE E DALLA FORMA SI SCONTRANO CON UNO SGUARDO IN RICERCA. LA COLLISIONE (CUM LAEDERE) - LA VIOLAZIONE E LA FERITA, LA POTENZA CHE NON È TRATTENUTA E IL RICORDO CHE SI SENTE OLTRAGGIATO, LA REALTÀ E LA SUA INACCETTABILITÀ – DIVENTA IL NEMICO, TANTO PIÙ PERICOLOSO, QUANTO MENO FRONTEGGIABILE. “Per in-vestire il nemico è di mestieri un Generale di grande ingegno, diversamente si rischia di cadere in un’imboscata”; “in-vestire … è l’impadronirsi de’ … passaggi … in attenzione dell’arrivo … del resto dell’armata”.* CIÒ CHE, IN GRAZIA DELLA SUA ESISTENZA, ARRIVA DOVE LA PELLE È SOLLEVATA, DEVE ESSERE RESO INOFFENSIVO E L’ANIMA PER DIFENDERSI, COMINCIA IL SUO ATTACCO: SEPARA CIÒ CHE È ALTRO E CHE, COMPATTO, È TEMIBILE. INDIVIDUATI I PASSAGGI, SEPARA, DIVIDE, SEZIONA, TAGLIA. I PEZZI SI TROVERANNO A CONDIVIDERE IL MEDESIMO DESTINO, SARANNO IN-VESTITI DI UN BENEFICIO: LA POSSIBILITÀ DI ENTRARE IN COLLUSIONE (CUM LUDERE) GLI UNI CON GLI ALTRI. L’ARTISTA SARÀ REGISTA, INIZIERÀ COL TRA-VESTIRE, NASCONDENDO DI TUTTO LA VERA NATURA, PER RENDERE IRRICONOSCIBILE CIÒ CHE RESTA DEL NEMICO, FINO A TRASFORMARLO. LE PARTI SI CONFORMERANNO IN UNO STATO, IN UNA FORMA A SCOPO DI INGANNO, CHE LE RENDERÀ COMPLETAMENTE INNOCUE, “naturae ipsius habitu prope divino”**, PER UNA PREDISPOSIZIONE QUASI DIVINA DELLA - LORO - STESSA NATURA. L’INTESA SEGRETA SARÀ S-VELATA E L’ACCORDO FRAUDOLENTO INIZIERÀ A DARE SPETTACOLO...

*’Gran dizionario teorico-militare contenente le definizioni di tutt’i termini tecnici spettanti all’arte della guerra, con analoghe istruzioni e con una raccolta dei comandi adattati alla scuola moderna dato alla luce per cura di Giacomo Medini, Francesco Collina e Mattia Minarelli’ **Cicerone, Pro Archia poeta

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EVOCATION AND YEARNING COLLIDE WHILE THEY ARE IN MOTION: THE EMANATED TRUTHS OF SHAPE AND IMAGES CLASH WHILE GAZING TOWARDS RESEARCH.

COLLISION (CUM LAEDERE) VIOLATION AND WOUNDING, POWER THAT IS NOT HELD BACK WHILE MEMORY FEELS INSULTED, REALITY AND ITS UNACCEPTIBLE NATURE – BECOMES THE ENEMY, THAT MUCH MORE DEADLY, AND EVEN LESS DEFEATABLE.

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© Bob Saphena - Diana

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*’Great theoretical-military dictionary containing the definitions of every technical term regarding the art of war, with analogous instructions and a collection of commands adapted to the modern school brought to light by the care of Giacomo Medini, Francesco Collina Mattia Minarelli’

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**Cicerone, Pro Archia poeta


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“To in-vest the enemy is the job of a General of great intelligence, otherwise one risks to fall into an ambush”; “in-vest… is taking control of… passages… awaiting the arrival… of the rest of the army”.*

© Bob Saphena - Tibet inedito

That which, thanks to its existence, arrives where skin is heightened, must be made inoffensive with the spirit to defend itself, and commence its attack: seperate that which is other and that, compactly, is fearsome. Once the steps have been cleared, seperate, divide, section, cut. THE PIECES WILL FIND THEMSELVES SHARING THE SAME FATE , THEY WILL BE IN-VESTED WITH A BENEFIT: THE POSSIBILITY TO ENTER INTO COLLISION (CUM LUDERE) WITH ONE ANOTHER.

THE ARTIST WILL BE THE DIRECTOR, AND WILL BEGIN WITH DISGUISE, COMPLETELY HIDING HIS REAL NATURE, TO RENDER UNRECOGNIZABLE THAT WHICH IS LEFT OF HIS ENEMY, THUS TRANSFORMING IT. THE PARTIES WILL CONFORM TO A STATE, A SHAPE MADE TO DECIEVE, WHICH WILL RENDER THEM COMPLETELY HARMLESS, “naturae ipsius habitu prope divino”**, FOR A QUASI DIVINE PREDISPOSITION OF - THEIR - OWN NATURE. The secret accord will be unveiled and the faudulent accord will begin its spectacle... 79


2# piano MUSEO DELLA CITTÀ ALA NUOVA

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project


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DE GUSTIBUS LABA LIBERA ACCADEMIA DI BELLE ARTI. RIMINI

FASHION LOVES FOOD ZONEMODA DESIGN EXHIBITION ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA. CAMPUS DI RIMINI. CORSO DI LAUREA IN CULTURE E TECNICHE DELLA MODA

CHE EX-MACELLO!

ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA' DI BOLOGNA. SEDE DI RAVENNA LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA DEI PROCESSI E DEI SISTEMI EDILIZI - CURRICULUM INTERNAZIONALE HISTORIC BUILDINGS REHABILITATION.

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LABA

LIBERA ACCADEMIA DI BELLE ARTI RIMINI

foto di Michele Ambroni

ABITO ROSSO / Red dress © TRAJCHESKA EMANUELA MOOD FRUTTI DI BOSCO / Mood berries © TRAJCHESKA EMANUELA ABITO NERO / Black dress © SARA CAPPELLA TOP PLASTICA / Plastic Top © TESTI GIULIA

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DE GUSTIBUS

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PROGETTO COLLAGE / Collage project © ALVISI ALESSIA

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SCARPE / Shoes © TRAJCHESKA EMANUELA


ABITO MOULAGE / Dress moulage © TRAJCHESKA EMANUELA

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PROGETTO GIOIELLI / Jewelry design © ALVISI ALESSIA

De gustibus non est disputandum dicevano i latini, eppure mai come in questo periodo storico si parla di cibo e di gusto, quale argomento principe per tutti i condimenti e le occasioni. La sfida degli studenti del corso di design-moda della Laba, Libera Accademia di Belle Arti di Rimini è stata quella di mescolare il cibo e quindi il gusto o il sapore, ai temi e ai colori della propria progettazione artistica. Sulla scia mediatica dell’Expo, che ha amplificato la passione tipicamente italiana per la cucina, in un discorso globale, si è deciso di lavorare sul tema degli alimenti e di creare abiti che si ispirassero alle materie prime dei piatti, agli ingredienti che li compongono. Impossibile poi non tener conto che di gusto (e che sia buono!) si parla anche nel mondo della moda, così proprio nell’ambiguità di questo termine, tra gusto per gli occhi o per la bocca, si è giocata la sfida di questa mostra.

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Il cibo prescelto è stato quello dei frutti, sia di mare che di bosco, soffermandosi a ragionare soprattutto sulle forme e sulle epidermidi di funghi, mirtilli, crostacei, pesci e molluschi, ricercando il gioco plissettato delle lamelle, o quello lucido delle pinne, il capriccio dei tentacoli e la consistenza spugnosa di more e lamponi. In sostanza sono state individuate tra le forme della natura, quelle particolarmente bizzarre e anche un po’ misteriose, sia che crescano sotto l’ombra fitta degli alberi, o il buio dei fondali marini. La creazione dei mood-board con le linee guida e le fonti di questa sottile e non didascalica ispirazione, è stato il punto di partenza per un lavoro che comprende bozzetti, abiti da sera realizzati in prototipi, collage, video, fotografie, che confluirà in un allestimento scenografico per dire con i fatti, che anche sui banchi dell’università si può cominciare a lavorare sul serio.


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De gustibus non est disputandum said the Latins, yet never before this historic era do people speak as much about food and taste, a primary discussion for all occasions and condiments. The challenge of the students of the fashiondesign course at the Laba, Libera Accademia di Belle Arti of Rimini, consists in mixing food, therefore taste and flavour, with the themes and colours of their own artistic projects. On the same lines as the Expo, that amplified the typically Italian passion for cuisine, in a global discourse, it was decided to work upon the theme of food and to create clothes inspired by the prime materials for dishes, the ingredients they’re made out of. It’s impossible to forget that taste (let’s hope it’s good taste!) is often spoken about in the world of fashion, with the same ambiguities this term implies, between taste for the eyes and the mouth, that’s where the challenge of this exhibition lies.

The chosen theme was fruits, both of the sea and of the forest, while pausing to reason above all on the shape and skins of mushrooms, blueberries, crustaceans, fish, and mollusks, taking care to observe the plissed play of light on gills, or the shine of fins, the capriciousness of tentacles, and the spongy consistency of blackberries and raspberries. In essence, natural shapes were identified, with particularly bizarre and mysterious forms growing both under the dense shade of the forest, and the dark depths of the ocean floor. The creation of mood-boards and guidelines, along with the sources for this subtle, incomplete inspiration, was the starting point of an opera that includes sketches, prototypes of evening wear, collages, videos, photographs, that will merge into a scenic creations where one may speak with facts, proving that even on university desks one can start to work seriously.

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L A B A

MOOD CIBO / Mood food © SARA CAPPELLA FIGURINO ROSSO / Red croquis © FEDERICA FERRI PROGETTO BORSA / Handbag design © VYKMRYSTYUK TETYANA MOULAGE DETTAGLIO / Moulage detail © TRAJCHESKA EMANUELA PROGETTO COLLAGE / Collage project © ALESSIA ALVISI

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FASHION LOVES FOOD A cura di INES TOLIC

Allestimento: Chiara Pompa e Maria Francesca Stella Grafica: Leandro Palanghi e Ilaria Picardi Comunicazione: Cecilia Cestari

FASHION DIETS

progetto fotografico

a cura di Mattia Candiotti e Federica Muzzarelli

KITCHENS

supercut a cura di Roy Menarini e Ines Tolic

LA MODA CHE FA GOLA

Progetto fotografico a cura di Giulia Ripalti

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zonemoda design exhibition ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA CAMPUS DI RIMINI. CORSO DI LAUREA IN CULTURE E TECNICHE DELLA MODA.

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Fashion loves Food

è un progetto collettivo che, durante l’a.a. 2014-2015, ha visto docenti e studenti del corso di laurea in Culture e Tecniche della Moda, Università di Bologna - Campus di Rimini esplorare il tema del cibo con i linguaggi del fashion system. Dopo la mostra interamente dedicata al progetto, svoltasi fra il 9 e il 28 giugno presso il Museo della Città di Rimini, Fashion loves Food è stata presentata a Bologna in occasione della prima Design Week (30 settembre - 3 ottobre 2015). Per l’evento espositivo di Rimini. Risvolti dell’Abito, sono state selezionate tre opere che raccontano il cibo utilizzando la fotografia (Fashion Diets, a cura di Mattia Candiotti e Federica Muzzarelli), il cinema (Kitchens, a cura di Roy Menarini e Ines Tolic) e i visual effects (La moda che fa gola, a cura di Giulia Ripalti).

Fashion diets

un progetto fotografico realizzato in seno al seminario di Tecnica e workflow fotografico, è una riflessione sulla contemporanea ossessione per le diete. Cinque diete per cinque serie, in cui il piano espressivo è strettamente legato alle sue rappresentazioni per raggiungere una sinestesia fra la visione e i sensi che il cibo coinvolge. Che siano estetiche, funzionali o semplicemente radicate nel nostro vivere quotidiano, le diete 92

rappresentate sono modelli che possiamo ricondurre a tipologie più ampie, come la dieta Iperproteica, esteticamente sterile e asettica come il suo modo di essere fruita, la dieta Vegana ritratta con sfondi naturali e vegetali o la dieta mediterranea, dove gli ingredienti sono conservati in barattoli di vetro che venivano riposti nelle credenze delle vecchie cucine.


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Operazione diversa invece per la dieta Junk o fast food, rappresentata da una natura morta fotografica, abbondante e quasi pittorica nella sua realizzazione come lo sono i prodotti massificati delle grandi catene, arricchita da blow-up che selezionano e avvicinano il dettaglio, simbolo del consumatore che usufruisce del prodotto già pronto e inscatolato. Chiude il progetto una dieta non dieta, la dieta Fashion, dove i cupcake sembrano usciti da una sontuosa gioielleria, i macarons diventano props di un famosa profumo e prelibate dolcezze convivono con accessori moda in un’atmosfera edulcorata e pastello ton sur ton.

Kitchens

è un supercut, ovvero un montaggio dal ritmo incalzante di sequenze cinematografiche che ruotano intorno ad uno stesso tema. In questo caso, il filo conduttore sono le cucine: il modo in cui gli attori si confrontano con lo spazio - cucinando, mangiando, litigando o amandosi -, oppure interagiscono con elementi come frigoriferi, forni, pentole e padelle. Il montaggio ha messo in luce come le cucine siano uno degli ambienti domestici di maggior interesse per la storia dell’interior design. Infatti, oltre ad essere il luogo in cui il cibo da sempre si trasforma per arrivare sulle nostre tavole, nel corso del Novecento questo spazio domestico è quasi certamente quello che ha suscitato più dibattiti e subito maggiori trasformazioni. Queste ultime sono state registrate dal cinema in maniera più o meno intenzionale, modellando a sua volta l’organizzazione e la rappresentazione degli spazi abitativi, nonché offerto elaborazioni simboliche del rapporto tra uomo e abitazione (essendo il set in qualche modo la “casa” del corpo attoriale).

Il progetto ha dunque come oggetto la percezione e la gestione dello spazio domestico (alla scala architettonica e urbana), ha carattere interdisciplinare ed è frutto dell’analisi svolta prendendo in considerazione oltre 200 sequenze cinematografiche, la cui raccolta è stata condotta in seno ai corsi di Storia del design e dell’ architettura contemporanea (Ines Tolic) e di Cinema e industria culturale (Roy Menarini).

La moda che fa gola nasce dalla considerazione che il cibo è onnipresente nella moda, se intendiamo la moda non solo abiti e accessori ma le tendenze culturali mutevoli nelle quali siamo immersi, sia come soggetti attivi sia come terminali passivi. Cibo di moda, moda del cibo, cibo nella moda e moda nel cibo: tutte le combinazioni sono continuamente attorno a noi, nella giostra di immagini che costituisce il nostro ambiente quotidiano, capaci di sedurci attraverso media e vetrine e dalle immagini e in immagini nasce questo progetto, realizzato nell’ambito del seminario Visual effects. A partire dalla progettazione del mood sono stati trattati nell’ordine la preparazione del look, gli abbinamenti, la scelta del make up, delle acconciature e della modella. I diversi gruppi di lavoro in cui sono stati suddivisi gli studenti hanno proposto ognuno un concept. Tra le varie proposte emerse, è stato infine scelto il mood Airless, che rappresenta il cibo conservato nel sottovuoto. La scelta del gruppo è stata quella di rappresentare il cibo sotto forma di modella, in una visione di cannibalismo simbolico. Il corpo della modella è infatti stato trasformato in oggetto a tal punto da essere letteralmente carne da mangiare per i media e gli occhi di chi lo guarda. In Airless il corpo si presenta veramente come merce ridotta a confezione sottovuoto del supermercato mediatico.

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project that, from 2014 to 2015, saw professors and students from the University course Culture and Fashion Techniques, University of Bologna – Rimini Campus, explore the themes of food with the language of a fashion system. After the exhibition entirely dedicated to the project, that was held between the 9th and 28th of June at the Museo della Città in Rimini, Fashion loves Food was presented in Bologna on the occasion of the first Design Week (30th of September – 3rd of October 2015). For the Vestizioni exhibit, three works of art were chosen that told stories about food through photography (Fashion Diets, by Mattia Candiotti and Federica Muzzarelli), cinema (Kitchens, by Roy Menarini and Ines Tolic), and visual effects (La moda che fa gola, by Giulia Ripalti). 96

Fashion diets,

a photographic project created by the guidelines of the Tecnica e workflow fotografico seminary, is a reflection on the contemporary obsession with diets. Five diets for five series, where the expressive plane is tightly woven to its representations in order to reach synesthesia of the senses with food. Be they aesthetic, functional, or simply part of our everyday life, diets represent models that can lead to wider understanding. Examples are the Hyperprotein diet, aesthetically sterile and aseptic as the way it’s held, the Vegan diet, with a natural, vegetable background, or the Mediterranean diet, where the ingredients are preserved in glass jars as they used to be kept in the cupboards of old kitchens. The Junk diet is an entirely different matter, represented by a photographic still life, abundant and almost picturesque in its realization,

just like the mass produced products of the big food chains, enriched by blow-up photos that carefully select the focus. It is a symbol of the consumer that uses a readymade product in a can. The final diet is a nondiet, the Fashion diet, where the cupcakes seem to have come out of a sumptuous jewelry store, the macarons become props for famous perfumes, and delectable desserts live alongside fashion accessories in a sweet, pastel tone upon tone.

Kitchens

is a supercut, an insistent montage of cinematographic sequences that all have to do with the same theme. In this case, the commonality is kitchens: the way in which the actors contrast themselves with space – cooking, eating, arguing, loving – or interact with elements such as refrigerators, ovens, pots and pans.This montage has brought to light how kitchens are one of


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OD the household environments of greater interest to interior design. Sure enough, apart from being the place wherein food is transformed to arrive at our tables, during the 20th century this domestic space has certainly raised more debates and has had the biggest transmutations. These permutations have been recorded by cinema more or less intentionally, in its own way modelling the organization and representation of living spaces, and have offered symbolic elaborations of the rapport between man and residence (seeing as the set is somehow the actor’s “home”). The goal of this project is the perception and management of domestic spaces (on the architectural and urban scale), with an interdisciplinary character, born from an analysis after taking into consideration over 200 cinematographic sequences, the collection of which was done in the courses

Storia del design e dell’architettura contemporanea (Ines Tolic) and Cinema e industria culturale (Roy Menarini).

La moda che fa gola

starts with the consideration that food is omnipresent in fashion, especially if we intend fashion not just as clothes and accessories, but mutable cultural tendencies in which we’re all immersed, both as active subjects and passive terminals. Food as fashion, fashion as food, food in fashion, and fashion in food: all of these combinations are continuously surrounding us, in the array of images that constitutes our everyday environment. They can seduce us through the media and store windows, and from these images within images this project was made, within the Visual effects seminary. By starting with planning the mood, everything

was prepared for, the pairings, choice of makeup, hairstyles, and models. Each group the students were in proposed their own concept. Of these various proposals, the Airless mood was chosen, representing food kept in a vacuum. The group’s intention was to show off the food as a type of model, in a vision of symbolic cannibalism. The model’s body was in fact transformed into an object, until it was literally edible by the media and the eyes of the viewers. In Airless, bodies become truly reduced to merchandise, kept vacuum-packed in the media’s supermarket.

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che ex-macello! progetto di trasformazione dell’ ex – macello di Rimini in museo della

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Design Projects M, teached by Arch. Donata Bigazzi is an exam of Master Degree Course in Engineering of Building Process and Systems [Ravenna campus] international curricula: Historic Buildings Rehabilitation and introduces students to the design of an existing building, and to characteristics and problems that the intervention on existing buildings represents. Recovery and rehabilitation of historic buildings is a market segment in steady expansion. As a matter of fact an ancient building is both a historical significance - and both a resource for its contemporary utilization. In A.A. 2014-15 the case study is an ancient slaughterhouse of 1920 in Rimini (IT). At the end of the class, student has achieved a knowledge of the design process, implemented for historical building rehabilitation, trough the application to the simulated case-study, according to the learning by doing method. The course offers students an experience of regeneration-and reutilization of a historic building, in which the different components of architecture design converge as a synthesis of composition and technology in architecture. The students will allow to develop an “environmentally conscious project “following different phases: analysis of the site, the draft of the final project, the composition of the building and its envelope, construction details, in order to meet the specific needs, the “genius loci” of the area, and technological and environmental climate conditions.

Il corso Design Projects M, tenuto dall’Arch. Donata Bigazzi, fa parte del curriculum internazionale “Historic Buildings Rehabilitation, laurea Magistrale in Ingegneria dei Processi e dei Sistemi Edilizi, sede di Ravenna” [*], e propone agli studenti un’esperienza di riqualificazione-riuso di un edificio storico, nella quale convergano le diverse componenti del progetto di architettura inteso come sintesi tra composizione architettonica e tecnologia dell’architettura. Un edificio del passato trasmette, nella sua materia, nei suoi elementi costruttivi, la vita e il modo di concepirla di quanti successivamente lo hanno realizzato, modificato, abitato ed è una risorsa, un insieme di manufatti e di materiali ormai rari e durevoli, di una raffinatezza esecutiva che il mondo contemporaneo spesso non può più permettersi. Nell’A.A. 2014-15 è stato scelto, come caso-studio, un edificio dei primi del novecento l’Ex - Macello di Rimini. Gli studenti seguendo il metodo del “learning by doing” hanno trasformato l’edificio in Museo della Moda. Gli allievi sono stati guidati ad elaborare un progetto “ambientalmente consapevole” nelle sue diverse fasi: dall’analisi del sito, alla stesura del progetto definitivo, dalla composizione dell’edificio all’involucro e ai particolari costruttivi, per rispondere alle specifiche esigenze ed al contesto inteso come complesso di preesistenze, vincoli insediativi, disponibilità tecnologiche e condizioni climatico ambientali. Arch. Donata Bigazzi

[ * ] La laurea Magistrale in Ingegneria dei Processi e dei Sistemi Edilizi attiva presso la sede di Ravenna offre due curricula distinti: Gestione del processo edilizio nel recupero di edifici storici e Historic Buildings Rehabilitation. Il curriculum internazionale è caratterizzato dalla possibilità di ottenere un doppio titolo con l’università di Tongji a Shanghai. L’attività formativa è caratterizza da lezioni frontali e laboratori progettuali, che permettono allo studente di maturare una competenza approfondita nella diagnostica di edifici storici e nella definizione di progetti di consolidamento e di riqualificazione. L’attenzione per tematiche attuali, come le tecniche di retrofitting e di integrazione tecnologica, integra il percorso di studi, con obiettivo di formare tecnici in grado di affrontare le problematiche reali del contesto edilizio esistente italiano ed internazionale, in un’ottica innovativa, a partire dalle conoscenze tradizionali e di base del settore. The Master Degree Course in Engineering of Building Process and Systems (Ravenna campus) has two different curricula:Construction Process Management for Historical Buildings and Historic Buildings Rehabilitation. The last one is an international curriculum giving access to a double-degree program with the Tongji University of Shangai. The educational program of the Courses is based on lectures and workshops, allowing students to develop a deep knowledge and experience in historic building diagnostic and in designing of retrofitting projects. Both curricula share an approach to building rehabilitation focused on the integration of innovative techniques of retrofitting in existing buildings. The objective of the curriculum is to provide students with skills suitable to face the challenge of built environment rehabilitation, with a perspective able to couple innovation and preservation of the heritage.

Arch. Ernesto Antonini Professore associato confermato Dipartimento di Architettura. Coordinatore Corso di Laurea in Architettura e processo edilizio Alma mater Studiorum Università di Bologna

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Il progetto di trasformazione dell’ex – macello di Rimini in museo della moda è un’occasione per verificare le implicazioni fra cultura ambientale e cultura del progetto architettonico, infatti un museo è un ambiente vissuto da molta gente al giorno da ed è un luogo che in virtù della sua stessa qualità può e deve educare a alla cultura della sostenibilità oggi sempre più necessaria. L’ex-macello fu costruito nel 1936 in Rimini, nei pressi del centro storico, in via Dario Campana 2. Il macello si compone di un vasto andito attorno al quale si trovano le varie sale destinate a diversi animali da abbattere, il reparto delle tripperie e le stalle dove, temporaneamente, alloggiare le bestie vive. Circondato da una cinta muraria, disponeva, al secondo piano, di un grande appartamento per il custode. Nella parte retrostante, erano ubicate le casette della pesa con annesse le tettoie del foro boario. Il macello è rimasto in funzione fino agli anni ’70, anni in cui il quartiere ormai si era trasformato in zona residenziale e di conseguenza il mattatoio fu chiuso. Il corso “Design Projects M” tenuto dall’Arch. Donata Bigazzi, del curriculum internazionale Historic Buildings Rehabilitation, laurea Magistrale in Ingegneria dei Processi e dei Sistemi Edilizi, sede di Ravenna, propone agli studenti un’esperienza di riqualificazione-riuso di un edificio storico. Gli studenti sono stati suddivisi in quattro gruppi: 1. Chiara Ciani, Gilda Daissé, Mohammad Bashar Danesh 2. Gianni Comandini, Giovanni Quartarone, Sara Tiene 3. Giulia De Candia, Francesca Evangelista, Beatrice Rossi 4. Francesca Merli, Ibrahim Nuhu, Giulia Vignali

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I 4 progetti, hanno creato nuovi spazi: · Una sala conferenze · Aree ricreative · Una Biblioteca · Laboratori . Spazi espositivi Per garantire un uso a 360 gradi della struttura, gli spazi sono stati predisposti in modo da consentire gli accessi agli stessi in orari diversi. Questo permetterà ai servizi – caffetteria biblioteca, negozio e sala conferenze - di essere fruibili anche al di fuori dell’orario di apertura del museo. Nei progetti nulla è lasciato al caso, dalla distribuzione degli spazi, alla scelta dei materiali da costruzione fino all’integrazione tra ambiente esterno ed interno. In particolare gli studenti sono stati guidati nell’utilizzo di strategie bioclimatiche: serre solari, muri di trombe, ventilazione trasversale ed effetto camino. I progetti per il museo della moda sono dotati di impianti innovativi: riscaldamento a pavimento, recupero delle acque piovane e utilizzo di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. L’area esterna è stata interamente riprogettata seguendo l’orientamento dell’edificio e utilizzando il più possibile essenze autoctone, cercando di variare il paesaggio a seconda del susseguirsi delle stagioni, particolare attenzione è stata dedicata allo spazio verde sensoriale, per permettere alle persone con mobilità ridotta di fruire sia l’esterno che l’interno dell’edificio. Arch. Donata Bigazzi

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There could be no better opportunity to test the implications of the relation between environmental culture and architectural design culture than the transformation of the ancient slaughterhouse of Rimini in a fashion museum. After all visitors spend many hours in a museum, a space which by its very nature can and must educate people so that they can develop crucial environmental culture. The ex - slaughter was built in 1936 in Rimini, close to the historical center. The slaughterhouse is made up of a large corridor around which there are several rooms used for killing different animals, the department of the tripe shops and stalls where, temporarily, animals lived. Surrounded by walls, the building had, on the second floor a large apartment for the caretaker. At the rear, were located the houses of weighs with attached sheds cattle market. The slaughterhouse has operated until the ‘70s, years then that area was turned into a residential district. Design Projects M, teached by Arch. Donata Bigazzi, of Master Degree Course in Engineering of Building Process and Systems (Ravenna campus) - international curricula: Historic Buildings Rehabilitation introduces students to the design of an existing building, and to characteristics and problems that the intervention on existing buildings represents. The students were divided into four groups: 1. Chiara Ciani, Gilda DaissĂŠ, Mohammad Bashar Danesh 2. Gianni Comandini, Giovanni Quartarone, Sara Tiene 3. Giulia De Candia, Francesca Evangelista, Beatrice Rossi 4. Francesca Merli, Ibrahim Nuhu, Giulia Vignali

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The four projects have created new spaces: · A Conference room, · Recreational areas · A Library · Laboratories, . Exhibition areas Spaces were prepared to allow access at different times of the day, in order to ensure a proper use of the structure. In this way some spaces such as library café, shops and conference room will be accessible, even if the Museum is closed. In the projects, nothing is left to chance, from the distribution of space, to the choice of building materials till the integration between external and internal environment. In particular, students were led in the use of bioclimatic strategies: solar greenhouses, walls of TrombeMichel, cross ventilation and chimney effect. The reconversion projects of Ex-Macello in Rimini involve the use of natural or recycled materials with low environmental impact. The new high insulation, the optimal distribution of transparent surfaces, the use of advanced systems for rainwater harvesting, and insertion of photovoltaic system on the roof, will allow the building to minimize the use of mechanical equipment to meet the energy needs of the museum. The outdoor area has been completely redesigned along the lines of the building and using native species as much as possible, trying to enrich the green parts depending on the seasons, particular attention was paid to the sensorial green space, in order to allow people with reduced mobility to benefit from both the outside and the inside of the building. Arch. Donata Bigazzi

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sala delle teche MUSEO DELLA CITTÀ POMELO PICCOLO POPOLO

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PICCOLO POPOLO

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POMELO by Sabrina Foschini photo by Daniele Casadio

Ci sono abiti che non aspettano un corpo ma sono abitati da forze incontrollabili che li mutano, come una natura germogliante fatta di stoffa che di stagione in stagione, aggiunge particolari, strani fiori, escrescenze, carte luccicanti di caramelle, chili di piume imbottite, che nel tranello del gioco di parole, finalmente pesano di più dei chili di piombo. Ci sono uccelli che abitano una giungla di tende da tinello e figure da circo che fanno acrobazie sui panciotti e camminano in bilico sulle tasche. Ci sono teste morbide e volatili che emergono dalla decorazione dozzinale, di un vaso cinese, come il profumo espanso di una boccetta, o il bouquet truculento di uno scienziato lombrosiano. Teste - nuvola, come quelle che si cercano nei cieli di mezza stagione, prima che il movimento dell’aria le cancelli e le muti, in animali o frittelle. Pomelo usa la stoffa per fare forme, un gesto che farebbe pensare alla scultura, ma più spesso per dipingere, così come Matisse utilizzava alla fine della sua vita, le veline ritagliate come pennellate leggere. In questo percorso, la stoffa colorata è la pittura, mentre le cuciture in rilievo, la rotaia zigzagante della macchina da cucire, che marca il suo itinerario sulla mappa del tessuto, sono il disegno, il segno incancellabile. La materia cambia consistenza, sulla traccia ironica che fu di Oldenburg, la carne si fa leggera e imbottita, le piume diventano pesanti e perdono la capacità di volare. Il disegno di Pomelo si lega al tessuto, lo trapassa e incide, è qualcosa di delicato e feroce insieme, un tatuaggio sulla stoffa che diviene inappellabile. Il patchwork del suo disegno di sartoria impazzita, racconta nuove storie, sul luogo di esistenze già vissute e le sovrappone a quelle di vestiti che hanno già avuto un abitante, una casa, una persona che li aveva condotti a spasso nella sua segreta e mondana biografia. 107


nuvola di drago. vaso con testa di cartapesta, stoffa e ricamo, 2015

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nuvola di drago. vaso con testa di cartapesta, stoffa e ricamo, 2015

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There are clothes that don’t wait for bodies, but are inhabited by uncontrollable forces that change them, like a blooming nature made of fabric that season by season adds peculiarities, strange flowers, growths, shiny candy wrappers, kilos of stuffed feathers which in the tricky play on words, finally weigh more than the same kilos of lead. There are birds that live in a jungle of dinette curtains and circus figures that perform acrobatics on waistcoats, while doing balancing acts on pockets. There are soft and malleable heads that emerge from cheap decorations, from a Chinese vase, like the perfume out of a bottle, or the truculent bouquet of a Lombrosian laboratory. Head-clouds, like those that are searched for in mid-season skies, before the winds cancel them out and turn them into animals or pancakes. Pomelo uses fabric to create shapes, which would make one think about sculpture, but more often it’s used for painting, just as Matisse did towards the end of his life, using flimsy paper over light brush strokes. This way, the coloured fabric becomes painting, while the sewing in relief, the zig-zagging wheel of the sewing machine that marks its itinerary on the map of the fabric, becomes the design, an undeletable sign.

Matter changes consistency, on the same ironic key of Oldenburg, and flesh becomes light and lined, while feathers become heavy and flightless. POMELO’s design is linked to fabric, it pierces it and incises it, it’s something delicate and ferocious at the same time, a final tattoo upon the fabric. The patchwork of her crazy tailoring design tells new stories about the places and existences she has lived through, and overlays them upon clothes that have already had a wearer, a home, a person that lead them on a walk through their own secret and mundane biography.

UCCELLo. Ricamo su stoffa, 2010. H. 35 cm. L.14 cm.

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il disegno di

pomelo si lega al tessuto, lo trapassa e incide, e qualcosa di delicato e feroce insieme un tatuaggio sulla stoffa che diviene

inappellabile. 111


piccolo popolo. vasi con testa di cartapesta, stoffa e ricamo, 2015

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TANA PER TUTTI, cartapesta, tessuto e filo, installazione dimensioni variabili.

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me m or a n d um

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Dal 19 dicembre 2015 al 13 marzo 2016 HENRIETTE FORTUNY - Una musa silente Venezia, Palazzo Fortuny http://fortuny.visitmuve.it/ from 20 to 24 january 2016 london art fair http://www.londonartfair.co.uk/

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arte laguna prize contest http://www.premioartelaguna.it/ VISIBLE WHITE contest CELESTE NETWORK http://www.premioceleste.it/

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from 31 MARCH to 3 APRIL 2016 ART PARIS ART FAIR http://www.artparis.com/en

dal 13 nov al 13 dicembre 2015 rimini.risvolti dell'abito http://www.lazmagazine.com/

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till 24 january 2016 Philippe Halsman: Astonish Me! Galleria Nazionale del Jeu de Paume Parigi http://www.jeudepaume.org/

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© ALVISI ALESSIA/ LABA RIMINI

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