TRACCE DI UNA IDENTITA' PER IL PORTO DI MONOPOLI industria e commercio nell'area di Punta del Trave
Politecnico di Torino – Facoltà di Architettura – a.a. 2012/2013 Saggio di ricerca 1 a carattere storico
Relatore: Guido Montanari Candidato: Leonardo Lovecchio
Titolo: Tracce di una identità per il porto di Monopoli: industria e commercio nell'area di punta del Trave.
INDICE
1. Verso una cultura industriale 1.1 Inquadramento storico e territoriale 1.2 Leggi urbanistiche sui porti nel periodo post unitario 1.3 Commercio ed infrastrutture nell'hinterland monopolitano 1.4 Società anonime e compagnie di navigazione 1.5 Ampliamento del porto ed espansione del nucleo storico
2. Industria ed artigianato nel corso del Novecento 2.1 Il cantiere del molo di tramontana 2.2 Primi insediamenti nell'area di punta del trave: Il macello comunale e la centrale elettrica 2.3 La Società Italo-Americana per il Petrolio 2.4 La Società Olearia Adriatica 2.5 La Società Anonima Cementi e Affini 2.6 Il porto durante la prima Guerra Mondiale 2.7 La Società Gaslini 2.8 L'era Italcementi
3. Prospettive di riuso 3.1 Tre porti per Monopoli: dal PRG Piccinato al nuovo PUG 3.2 PUG 2010 e recenti accordi di programma 3.3 Un'area strategica, un destino incerto
1 Verso una cultura industriale
1.1 Inquadramento storico e territoriale
Il Comune di Monopoli si affaccia sulla costa adriatica, circa a metà strada tra i porti di Bari e Brindisi. La città, che oggi conta più di cinquanta mila abitanti, è andata formandosi nel corso dei secoli attorno ad un porto; un'insenatura naturale, un luogo protetto dai venti e dalle mareggiate, adatto all'ormeggio delle imbarcazioni e pertanto motore di molteplici attività legate al mare. Grazie alla prossimità con la sponda dalmata ed alla presenza delle vie di collegamento realizzate in epoca romana, il porto di Monopoli, fin dall'antichità, fu utilizzato come stazione di transito per l'Oriente. Per le stesse ragioni, oltre che per l'abbondanza delle produzioni agricole del suo entroterra, durante il medioevo la città conobbe numerose dominazioni, tra cui le più significative furono quella veneziana e quella spagnola 1.
Soprattutto al governo veneto si
devono i più importanti interventi attuati in materia di attrezzature portuali, almeno fino alla alla seconda metà dell'Ottocento. Una accurata ricerca condotta da Giuseppe Petrosillo sulla storia economica di questo territorio, spiega le cause per cui: […] ancora all’inizio del XIX secolo, il porto di Monopoli presentava quasi la stessa struttura di trecento anni prima, risalente al dominio veneziano. Il porto era costituito da alcune insenature naturali con modesta copertura sui venti e un breve tronco di molo a ridosso del castello cinquecentesco. Tutto ciò era insufficiente a servire un così vasto entroterra, che necessitava di un adeguato sbocco al mare2.
Nei primi anni dell'Ottocento, dopo la stasi del periodo napoleonico, inizia una fase di lenta ripresa economica, sostenuta anche dalla riapertura dei commerci marittimi con l'Inghilterra. La ripresa dei commerci induce il governo borbonico ad effettuare dei rilievi idrografici lungo la costa pugliese, al fine di
1 Lillo S., Monopoli sintesi storico geografica, Monopoli, Officine Grafiche Colucci, 1976. 2 Petrosillo G., L'espansione del Porto di Monopoli tra ‘800 e ‘900, Tesi di laurea in storia economica, Università degli studi di Bari, Facoltà di Economia, Relatore prof.ssa. M. Ottolino, a.a 2002-03, p.8.
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valutare possibili miglioramenti nelle condizioni dei porti. Lo scandaglio 3 eseguito a Monopoli nel 1818 rilevò la presenza di “due bassi fondi scogliosi” tra la punta del castello e la punta del trave. Questi fondali erano un pericolo per l'ingresso delle navi mercantili, ma potevano essere delle buone basi per la costruzione dei due tronchi di molo necessari a mettere il porto in riparo dai venti. Come vedremo queste indicazioni rimasero sulla carta per molti anni ancora, viste le ingenti spese connesse, le quali non potevano essere sostenute dallo stato e rimanevano totalmente a carico dell'Amministrazione Comunale. 1.2 Leggi urbanistiche sui porti nel periodo post unitario
L'attuale conformazione del porto di Monopoli è principalmente dovuta alle trasformazioni iniziate nella seconda metà dell'Ottocento. Alla vigilia dell'unificazione del Paese lo scalo monopolitano presentava ancora banchine ed ormeggi precari, in buona parte esposti alle mareggiate ed accessibili soltanto attraverso le tortuose vie del centro storico. Tale condizione limitava fortemente lo sviluppo commerciale della città e del suo entroterra, ed era spesso causa di disastrosi naufragi. Il problema dell'adeguamento infrastrutturale non era comunque una questione locale; era piuttosto tra i principali motivi dell'arretratezza dell'economia italiana rispetto a quelle di altri paesi. La maggior parte degli scali italiani presentava infatti strutture insufficienti a gestire il traffico navale, proprio negli anni in cui questo risultava in costante aumento, sia dal punto di vista del numero delle navi che della loro dimensione. Anche la marineria pugliese 4, ancora fortemente legata all'uso di imbarcazioni a vela, dovette presto adeguare le proprie navi per poter competere con le numerose linee di navigazione a vapore estere. In Italia una prima regolamentazione del settore portuale avvenne con la legge n. 2248 del 20 marzo 1865, varata con l'obbiettivo di “razionalizzare e ripartire le spese tra lo Stato e gli enti locali, i cui interessi erano legati allo svi3 Il verbale dello “scandaglio” eseguito il 14 novembre 1818 dal tenente di Stato Maggiore dell’Esercito Borbonico D. Epifanio Zinga è consultabile presso l'Archivio Comunale di Monopoli (di seguito indicato con ACM), Cartella 673, Categoria X, Lavori Pubblici. 4 In particolare sulla marineria monopolitana: Saponaro V., Mare, Marinai e Maestri d'ascia monopolitani, Alberobello, Editrice Aga, 2009.
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luppo dei traffici e delle attività marittime di un determinato scalo”. La legge suddivideva i porti in quattro classi, indicando per ciascuna classe la percentuale di finanziamento statale. L’approdo di Monopoli, come prevedibile, fu incluso nella quarta classe, quella relativa ai porti d'importanza marginale, per i quali non era previsto nessun contributo governativo. Per effetto della stessa legge inoltre il comune di Monopoli fu chiamato a contribuire economicamente per la costruzione del porto di Bari, cosa che suscitò forti polemiche e tensioni tra comune e provincia. Le disastrose condizioni del porto di Monopoli non permettevano ulteriori rimandi. Gli amministratori comunali tentarono di organizzare i pochi mezzi disponibili attivando un deposito presso il Banco di Napoli e richiedendo prestiti presso la Cassa dei Depositi e Prestiti e presso altri istituti bancari privati. Veniva intanto rielaborato il progetto redatto trent'anni prima dall'Ingegnere napoletano Ercole Lauria5. Il nuovo progetto affidato all'Ing. Francesco Lamberti riproponeva la costruzione di due dighe, includendo una variante che localizzava la radice della diga Nord nella cala dei Cani (attuale cala Curatori) piuttosto che sulla punta del Trave, con un considerevole ampliamento del bacino portuale. La proposta fu inizialmente approvata, ma le difficoltà nel reperimento del credito portarono il comune a limitare l'opera al solo molo di Levante, mentre l'avvio effettivo dei lavori venne ritardato fino al giugno del 1868. Anche se non furono realizzati tutti gli interventi proposti, fu finalmente possibile avviare i lavori per la costruzione del molo di Levante (terminato nel 1875 e ribattezzato Molo Regina Margherita) e di alcuni banchinamenti in prossimità del castello cinquecentesco; vennero inoltre aperti dei passaggi attraverso le mura del centro storico, con un primo miglioramento delle vie d'accesso al porto 6. I finanziamenti statali non arrivarono neppure con la riforma della legislazione portuale avvenuta a cavallo tra il 1884 ed il 1885 in seguito all'inchiesta sui porti italiani condotta dall'Onorevole Boselli (Legge del 16 luglio 1884, n. 2518)7. Con la nuova legge diventavano più chiari i criteri di classificazione, ma 5 Il progetto del Lauria, risalente al 1836, era stato commissionato dal governo borbonico dopo lo scandaglio del 1818 ma non venne mai attuato a causa delle scarse disponibilità finanziarie dello stesso governo. 6 Petrosillo G., op. cit, pp. 22-47. 7 De Marco P., La politica portuale in Italia dall’Unità alla vigilia della Grande Guerra, Tesi di Laurea in Storia Economica, Università degli studi di Bari, Facoltà di Economia, a.a 1993-
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il porto di Monopoli continuava a comparire tra i porti di interesse marginale. Ancora in questi anni il volume degli scambi registrati, pure se in lieve crescita, non risultava sufficiente a giustificare il concorso statale nelle spese portuali. Queste continuavano ad essere sostenute ricorrendo al credito privato, con un forte incremento delle spese relative agli interessi sul prestito. Il primo intervento governativo a favorire un finanziamento, seppure indiretto, per il porto di Monopoli fu il decreto ministeriale del 17 dicembre 1889, confermato dal R.D. del 11 giugno 1891, il quale riconosceva al Comune la possibilità di finanziare la manutenzione delle opere portuali attraverso l'istituzione di un consorzio intercomunale8 tra i comuni di Monopoli, Fasano, Polignano a Mare, Conversano e Castellana. In seguito alla formazione del consorzio i lavori di manutenzione diverranno più regolari e programmati. La banchina Solfatara, e la relativa strada d'accesso saranno ampliate circa un decennio più tardi, con un progetto del 1899 che contribuirà a migliorare sensibilmente l'accessibilità del bacino portuale.
1.3 Commercio ed infrastrutture nell'hinterland monopolitano
Durante i primi decenni di unità, in linea con l'andamento nazionale, l'economia barese era essenzialmente retta sui settori primario e terziario. In seguito alla riforma del Codice di Commercio del 1865 venne avviato il processo di affrancamento dei terreni del tavoliere; in pochi anni si registrò un sensibile aumento della classe dei proprietari terrieri, con l'entrata nel settore dell'agricoltura di nuove energie imprenditoriali. Con l'estensione del sistema doganale liberistico, oltre che per effetto dell'inflazione prodotta dal corso forzoso del 1867, le produzioni agricole più richieste e più pagate dal mercato internazionale si intensificarono rapidamente: L'esportazione complessiva di Terra di Bari, che nel 1860 era stata di 42 milioni, contro un'importazione di 36 milioni, superò nel 1875 gli 85 milioni contro i 47 di importazione. Tale crescita era dovuta dovuta esclusivamente all'esportazione di prodotti agricoli, 94, Relatore prof.ssa M. Ottolino. p. 54 e sgg. 8 Petrosillo G., op. cit, pp. 83-85.
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mentre venivano importati principalmente legnami, carbone fossile e zucchero9.
Fu presto evidente alle amministrazioni locali la necessità di migliorare ed ampliare la viabilità stradale, in particolare nelle tratte di collegamento tra le campagne ed il mare, sul quale ancora si svolgeva gran parte del traffico commerciale. Anche se la costruzione delle prime tratte ferroviarie avvenne in Puglia a partire dal 1863, il trasporto marittimo continuò ad essere vantaggioso almeno fino al 1872 anno in cui fu ultimata l'unificazione della ferrovia adriatica 10. In questi anni, mentre a livello nazionale era il settore tessile a registrare la maggiore crescita, in Puglia accadeva che molti agricoltori abbandonavano la coltura dei cereali per dedicarsi alla viticoltura, ed altri ancora si inserirono nel settore vitivinicolo specialmente dopo la crisi che in quegli anni interessò il mercato del vino francese a causa della filossera. La necessità di aumentare quantitativamente le produzioni iniziava a stimolare lo sviluppo di un settore industriale che riguardava la realizzazione botti, carri e macchinari di vario tipo utilizzati per il trasporto e la lavorazione dell'uva. Fino alla fine degli anni Settanta dell'Ottocento, gli unici progressi del settore secondario riguardavano la trasformazione dei prodotti agricoli quali “vino, olio, farine e paste, spiriti, sapone e cremore grezzo, cera e candele, tessuti in cotone” 11. Questi prodotti venivano ancora in gran parte lavorati nell'ambito domiciliare e artigianale, mentre la diffusione delle macchine industriali ebbe inizio soltanto un decennio più tardi, parallelamente al consolidamento del sistema creditizio locale ed in seguito alle grandi esposizioni di Milano, Torino e Roma 12. A partire da questi anni iniziava a diffondersi anche l'uso della corrente elettrica, la quale consentiva l'utilizzo di nuove macchine. Si assiste alla costruzione delle prime centrali elettriche a carbone, mentre nelle città l'illuminazione pubblica passa gradualmente dalle lampade ad olio a quelle elettriche; inizia così a percepirsi un cambiamento generale anche nello stile di vita della popolazione con ricadute positive nell'ambito dei consumi e delle produzioni. 9 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari: 1876-1914, Napoli, Giannini Editore, 1988, pp. 15-16. 10 Turchi G.G., Strade Ferrate Meridionali: ultimo atto, in i Treni 283, Salò, Edizioni ETR, 2006. 11 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit, pp. 13-15 12 De Felice F., L'agricoltura in Terra di Bari dal 1880 al 1914, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1971.
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Nell'ultimo decennio del secolo le politiche protezioniste adottate dal governo italiano portarono ad un crollo delle esportazioni, in particolare verso la Francia. La chiusura dei mercati riportava gli amministratori pugliesi ad invocare aiuti nel settore delle opere pubbliche puntuali e di rete: ampliamento dei collegamenti ferroviari con la Basilicata; doppio binario sulla dorsale adriatica e sul collegamento con Napoli e Roma, ampliamento e ammodernamento dei porti della provincia; realizzazione di una rete di adduzione dell'acqua a livello regionale […] opere che presupponevano interventi territoriali a scala sovraregionale13. Non mancarono discussioni sui temi citati, ma nei fatti l'unica opera avviata in quegli anni fu l'acquedotto pugliese, poi ultimato tra 1904-1920.
1.4 Società anonime e compagnie di navigazione
Il problema delle infrastrutture risultava senza dubbio tra le questioni più urgenti da risolvere per consentire l'effettiva unificazione del territorio nazionale e per sostenere una ripresa delle economie locali. Tuttavia le disponibilità economiche dello stato non erano tali da poter risolvere autonomamente il problema. Va ricordato come la mancata possibilità di investire grandi capitali, sia da parte del pubblico che di soggetti privati, fu uno dei principali fattori a determinare il ritardo nell'infrastrutturizzazione e nell'industrializzazione del territorio italiano rispetto ad altri paesi. Neppure la nascita di nuovi istituti di credito privato, sostenuti dalla Banca del Regno d'Italia e dal Banco di Napoli, o il supporto offerto dalle nascenti casse di credito cooperativo, potevano attivare trasformazioni di così grande portata. Una risposta in parte venne fornita con l'istituzione delle società anonime, le odierne società per azioni. La possibilità di riunire capitali importanti attraverso la vendita di azioni a più soggetti permise di aggirare il problema del credito, favorendo la nascita delle prime imprese, attive sia nel settore dei servizi che in quello dell'industria: imprese di trasporto e di commercio, società elettriche e istituti di credito, oltre che le attività prettamente produttive14. Con il passaggio dalla marineria a vela a quella a vapore il divario tra 13 Di Ciommo E., Bari 1806-1940. Evoluzione del territorio e sviluppo urbanistico, Milano, Franco Angeli, 1984. 14 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit.
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l'industria italiana e quella estera si fece ancora più evidente. I piroscafi, appartenenti prevalentemente a compagnie di navigazione straniere, erano molto più affidabili e veloci nella consegna delle merci e costituivano perciò una temibile concorrenza per la marineria locale15. Molti armatori e proprietari di barche vissero anni di crisi e dovettero col tempo convertire le imbarcazioni al vapore; venne gradualmente abbandonata la cantieristica velica, mentre diventava sempre più evidente la necessità di dotarsi di una compagnia di navigazione locale. Nel 1876 viene fondata a Bari da un gruppo di commercianti locali la prima società di navigazione pugliese, denominata prima compagnia barese di navigazione a vapore. L'iniziativa fu ben presto seguita dalla fondazione di un'altra società, questa anonima, denominata società di navigazione a vapore Puglia, la prima società anonima costituita in Terra di Bari. Anche a Monopoli si tentò di fondare una società anonima di navigazione, la Peucezia, avviata nel 1898 per iniziativa di imprenditori e commercianti monopolitani. Questa società purtroppo ebbe vita breve e dovette liquidarsi appena due anni dopo la sua costituzione, anche in parte sfavorita dalle precarie condizioni dello scalo Monopolitano16. Anche se in generale la diffusione della navigazione a vapore fu un elemento positivo per l'espansione economica pugliese va detto che, dal punto di vista delle tecniche e dei patrimoni dispersi, questo passaggio ha determinato il primo grande stravolgimento. Un'interessante analisi a riguardo è offerta dal Maestro d'ascia Vincenzo Saponaro, che nel suo libro Mare, Marinai e maestri d'ascia Monopolitani, esamina le condizioni del porto e della marineria pugliese a cavallo tra i due secoli con l'occhio attento dell'artigiano, costruttore e disegnatore di navi.
1.5 Ampliamento del porto ed espansione del nucleo storico
Fino all'inizio agli anni Novanta dell'Ottocento le aree costiere a nord del nucleo storico di Monopoli ospitavano principalmente terreni agricoli e piccoli 15 Saponaro V., Mare, Marinai e Maestri d'ascia monopolitani, op. cit, p.48. 16 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit. pp. 17-19.
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fabbricati rurali. Le morfologie prevalenti nel paesaggio erano ancora quelle naturali di una costa rocciosa e frastagliata, alle volte intagliata dall'uomo al fine di agevolare l'attracco delle imbarcazioni. Le numerose bitte di ormeggio scavate negli scogli documentano come ogni insenatura costituiva un possibile approdo di fortuna in caso di burrasca, quantomeno per la marineria locale. Ancora in questi anni le sole vie di collegamento tra le banchine del porto antico e le strade extraurbane, passavano per le strette vie del centro storico, limitando fortemente le potenzialità dello scalo per scopi commerciali. In seguito alla realizzazione dei lavori nel versante sud del porto (il molo di Levante, l'imbarcatoio della solfatara, i passaggi attraverso le mura) e grazie alla spinta offerta dalla nascente cultura imprenditoriale di cui si è detto, il volume delle merci scambiate iniziava ad aumentare, superando regolarmente, dal 1892, il quantitativo di 10 mila tonnellate annue. Veniva così soddisfatto il requisito per poter richiedere il passaggio di classe, e potere quindi accedere finalmente al finanziamento statale. Con il R.D. n. 196 del 21 aprile 1901, il porto di Monopoli passava dalla quarta classe della seconda categoria, cioè quella dei porti marginali i quali non beneficiano di sovvenzioni governative, alla terza classe della seconda categoria17. “A questa categoria appartengono quei porti che servono ad una parte notevole di una provincia con un traffico di merci imbarcate e sbarcate non inferiore alle 10 mila tonnellate annue […], la spesa relativa grava in ragione del 40% allo Stato e del 60% agli enti locali” 18. In seguito al passaggio di classe diventava finalmente possibile attuare quella riqualificazione complessiva del bacino portuale auspicata già settant'anni prima. L'opera più attesa era senza dubbio il molo di Tramontana, il quale da un lato, avrebbe messo in riparo l'intero bacino esistente, agevolando l'attracco delle navi da carico e dei piroscafi di linea, dall'altro rendeva possibile una nuova territorializzazione del settore costiero subito a nord della città. Iniziavano lentamente a prendere forma i primi piani urbanistici di risanamento ed ampliamento del centro storico. Vennero migliorati gli accessi alla banchina della Solfatara ed alla cala Batterie; fu inoltre necessario demolire buona parte delle mura cinquecentesche per consentire la realizzazione di via 17 Petrosillo G., op. cit, pp. 104-110. 18 secondo la legge n. 2518 del 16 luglio 1884.
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Pintor Mameli, la quale collegava direttamente l'imbarcatoio Solfatara con la grande piazza monumentale intitolata al Re Vittorio Emanuele II, e quindi con il nuovo centro della città. Intanto, la maglia regolare del Borgo murattiano, impostata lungo le direttrici della piazza, guidava l'espansione del centro abitato verso le campagne. Si andava così affermando una nuova fisionomia della città e della costa; un processo spesso difficoltoso e lento, ma globalmente indirizzato verso una sicura crescita, sia economica che demografica 19. La diffusione del modello imprenditoriale delle società anonime, attive sia nel settore secondario che terziario, continuerà a fornire un supporto fondamentale per il rilancio dell'economia nazionale e pugliese, anticipando in alcuni casi l'intervento dei comuni più piccoli, i quali molto spesso si trovavano impreparati nella gestione delle grandi trasformazioni in atto, se non nella pianificazione territoriale, quantomeno nelle disponibilità finanziarie. É il caso delle ferrovie, delle strade, delle compagnie di navigazione e delle centrali elettriche, quasi sempre attività avviate e gestite da società di imprenditori privati, con partecipazione di capitali sia italiani che esteri. 20
19 Selicato F., Il porto di Monopoli nell’Ottocento,op. cit. 20 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit.
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ig. 1.1
ig. 1.2
ig. 1.3
ig. 1.4
ig. 1.5
ig. 1.1 - Impianto planimetrico della Città di Monopoli nel Seicento. Ricostruzione storica di V. Saponaro. ig. 1.2 - Il porto di Monopoli nella seconda metà del Settecento: in primo piano il castello di Federico II. Ricostruzione storica di V. Saponaro. ig. 1.3 - Veduta panoramica della parte Nord di Monopoli nella seconda metà del Settecento: in primo piano la cala delle Batterie. Ricostruzione storica di V. Saponaro. ig. 1.4 - Prima edizione del progetto redatto dall’Ing. Lamberti (1865). Si propone la realizzazione del molo di Levante (a), del molo di Tramontana avente radice sul lato nord della punta del trave (b), di una barriera frangionde fuori dall’imboccatura del porto (c), delle banchine a ridosso del castelllo (d) e dell’imbarcatoio della Solfatara (e). (Archivio Storico Comunale)
ig. 1.6
ig. 1.5 - Cala Porto Vecchio e l’imbarcatoio della Solfatara a ine Ottocento. Sono ancora presenti alcune parti delle mura cinquecentesche. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.6 - Uno scorcio di cala Batterie a ine Ottocento, manca la strada di collegamento con l’imbarcatoio della solfatara. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.7 - Velieri ormeggiati in cala Porto Vecchio, fotograia di ine Ottocento. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.8 - Piroscafo ormeggiato in cala Porto Vecchio, fotograia del primo Novecento. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.9 - Cantiere per la costruzione della banchina Solfatara, anni dieci del Novecento. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.10 - Progetto per la costruzione della banchina Solfatara (1899). (Archivio Storico Comunale) ig. 1.7
ig. 1.8
ig. 1.9
ig. 1.10
ig. 1.11
ig. 1.12 ig. 1.11 - Il molo Regina Margherita (molo di Levante) in una fotograia degli anni Venti. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.12 - Fotograia scattata dalla cala Porto Vecchio nei primi del Novecento. (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 1.13 - Dei pescatori sistemano le reti sul tratto di banchina antistante il castello. MetĂ Novecento. (fonte: Archivio Fotograico Brigida)
ig. 1.13
2 Industrie ed artigianato nell'area di Punta del Trave
2.1 Il cantiere del molo di Tramontana
In seguito al passaggio di classe, approvato nell'aprile del 1901, l'amministrazione comunale affida all'Ing. Pantaleo Valente il compito di redigere un nuovo progetto generale per il porto. La spesa inizialmente preventivata era di circa 2.250.000 di lire, dei quali oltre un milione e mezzo per la sola diga di Tramontana. La sua costruzione ebbe finalmente inizio nell'aprile 1907, ma numerose controversie con la ditta esecutrice, ed in seguito il totale blocco dei lavori durante la prima guerra mondiale, ritardarono la conclusione dell'opera al 192521. Ciò nonostante, con l'avvio dei lavori, si apriva una nuova stagione per il Porto e per l'economia della città, segnata da un nuovo scenario e da nuove possibilità di lavoro e di espansione economica. L’impresa di Cesare Giongo, esecutrice dell'opera, inizia nel Maggio del 1907 le prime fasi di costruzione. Il progetto stabiliva che la diga avesse radice sulla punta Curatori Nord e si spingesse per circa 300 metri in direzione nordest per poi curvare e proseguire in direzione sud-est per altri 170 metri. In totale l'opera misurava 470 metri ed includeva nel nuovo bacino le tre insenature ormai comunemente utilizzate come porti di fortuna: cala Curatori, cala Fontanelle e cala Batteria. L'enorme quantità di pietra utilizzata per la costruzione venne prelevata principalmente dalla cava Spina, sita nei pressi di cala Caloria, poco più di un chilometro a nord lungo la costa. La cava Spina era collegata alla diga da un binario a scartamento ridotto, situato in corrispondenza delle attuali via Fiume e via Marina del Mondo, sul quale viaggiavano dei carri metallici ribaltabili. Presso la cava venivano estratti blocchi di pietra naturale ed inoltre si realizzavano blocchi pre-fabbricati da utilizzare principalmente nella parte emersa della diga e per i quali era impiegato un impasto di pietrisco e malta. La stessa cava verrà in seguito acquistata dalla società del cemento e sfruttata fino agli anni Cinquanta per l'estrazione della marna calcarea neces21 Petrosillo G., L'espansione del Porto di Monopoli tra ‘800 e ‘900, Tesi di laurea in storia economica, Università degli studi di Bari, Facoltà di Economia, Relatore prof.ssa. M. Ottolino, a.a 2002-03, pp. 109-110.
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saria alla fabbricazione del Portland; ancora oggi è visibile l'impronta lasciata nei pressi di cala Caloria dopo la sua chiusura.
2.2 Primi insediamenti produttivi nell'area di punta del trave
L'area di Punta del Trave, compresa tra la cala Curatori e la cala delle Fontanelle era probabilmente il punto che offriva la migliore visuale sull'avanzamento dei lavori. A partire dagli anni Novanta dell'Ottocento e per circa un ventennio, in quest'area è stato attivo il macello comunale, trasferito nel 1913 nell'area di cala porto rosso, a sud della città, proprio per avvantaggiare l'espansione industriale del nuovo porto. La centrale termoelettrica, di proprietà del Comune di Monopoli, venne invece costruita tra il 1909 ed il 1911 nel cuore di cala delle Fontanelle 22, precisamente nell'isolato che oggi ospita l'oleificio Marasciulo. Alcune foto d'epoca mostrano le ciminiere della centrale termoelettrica emanare intensi fumi neri, mentre il vecchio macello, costruito a pochi passi dalla scogliera su di una sorta di piccola penisola rialzata, doveva riversare spesso in mare acque tinte di rosso dal sangue delle bestie macellate. In pochi anni, grazie anche al nuovo supporto offerto dalla corrente elettrica, si insediarono in quest'area numerose attività industriali.
2.3 La Società Italo-Americana per il Petrolio
La Società Italo-Americana per il Petrolio apre, tra il 1910 ed il 1911, un nuovo stabilimento nel porto di Monopoli, occupando un lotto di considerevoli dimensioni (circa 50.000 Mq.) posto sul lato nord di cala curatori, alla radice della nuova diga, mentre questa era ancora in fase di costruzione. Con un ca pitale sociale pari a 150 milioni di vecchie lire ed una capacità di deposito complessiva di 17.000 tonnellate questo stabilimento è stato tra i più importanti esistenti in Italia nel periodo considerato, di gran lunga la più ricca tra le industrie del porto di Monopoli, oltre che l'unica non proveniente da iniziativa e capitali
22 ACM, cartella 654, categoria III. Lavori di collaudo dell'officina elettrica comunale 19091911.
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locali23. In pochi anni, la presenza di questo grande stabilimento impone una trasformazione drastica del paesaggio costiero. Compaiono numerose ciminiere ed i grandi serbatoi cilindrici dello stabilimento petrolifero; rulli trasportatori e tracciati ferroviari di collegamento con le banchine muovono rumorosamente le materie prime destinate sia ai comparti produttivi sia alla realizzazione della diga di tramontana, mentre ancora il frequente passaggio di carri e uomini a cavallo ricorda le abitudini del secolo precedente.
2.4 La Società Olearia Adriatica
Fin dai primi anni del Novecento, a ridosso del vecchio macello, si trova va la sede di un'altra importante società, la Società Olearia Adriatica, la cui attività riguardava la “produzione e raffinazione di oli e industrie affini” 24. L'opificio, collocato nella parte più esterna della punta del trave, era interamente costruito in pietra, con ampie volte a vela e aperture ad arco nelle facciate dei locali principali. Contava una superficie coperta di circa 2000 mq., mentre altri 1000 mq circa erano occupati da un cortile porticato interno, racchiuso su due lati dalle maniche laterali25. La società, nel corso di un ventennio circa, svolse diverse attività: la lavorazione delle ciliege solforate, la molitura delle olive, la raffinazione degli oli, lo sfruttamento dei derivati e residui della lavorazione delle olive per produrre saponi. Nello stesso stabilimento si costruivano inoltre le botti occorrenti per imballare ed esportare i propri prodotti, in Italia come in America ed in Germania, occupando nel complesso circa duecento operai, più di quelli impiegati nel cementificio.26 Per iniziativa di questa società fu colmata l'adiacente caletta denominata cala rossa, posta di fianco a cala Fontanelle - nella quale anticamente i pescatori tiravano a secco le piccole imbarcazioni - al fine di creare una banchina per l'attracco delle navi.
23 ACM, cartella 708, categoria III. Primo censimento di opifici e imprese industriali 1911-1924. 24 ACM, cartella 708, categoria III. Primo censimento di opifici e imprese industriali 1911-1924. 25 I dati sono di massima e sono stati ricavati empiricamente osservando le cartografie storiche. 26 ACM, cartella 708, categoria III. Primo censimento di opifici e imprese industriali 1911-1924.
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2.5 La Società Anonima Cementi e Affini
La Società Anonima Cementi e Affini Monopoli, venne fondata nel giugno 1912 con lo scopo di operare nel settore della fabbricazione e commercio del cemento Portland e della calce idraulica. Al momento della sua costituzione questa disponeva di un capitale sociale di 360.000 lire, rappresentato da 360 azioni nominali del valore di lire 1.000 ciascuna. I sottoscrittori delle azioni sociali, circa ottanta, erano quasi tutti nativi di Monopoli e tutti residenti nella città sede della Società; tra gli azionisti, oltre alla banca popolare di Monopoli, erano presenti molti importanti gruppi familiari e tra questi anche una decina di donne27. Come registrano gli studi di Maria Ottolino, alcuni tra questi imprenditori furono anche possessori di azioni relative ad altre Società anonime della Provincia, ed in particolare molti di loro avevano acquistato, un decennio prima, azioni della sfortunata società anonima di navigazione Peucezia. Date le favorevoli prospettive, appena un anno dopo, il 10 luglio del 1913, fu stabilito l'aumento del capitale sociale a L. 1.000.000. Con il capitale iniziale si era infatti provveduto “all'acquisto del suolo occorrente all'industria, [a] dar mano alla costruzione della fabbrica, compiendo tutte le opere murarie e parte delle opere a mare”. Con l'emissione di 300 azioni, il consiglio di amministrazione si proponeva “di completare l'assetto razionale della fabbrica e provvederla di un conveniente corredo di scorte e di un adeguato capitale circolante, per far fronte alle spese di un primo trimestre di lavorazione“, mentre altre 340 sarebbero state emesse successivamente, in previsione di un ampliamento della fabbrica28. Sul finire del 1913 il primo impianto era stato completato e la produzione avviata. Anche se non sono disponibili disegni tecnici che restituiscano la fisionomia della fabbrica, attraverso la comparazione delle planimetrie catastali e delle fotografie storiche possiamo supporre che la fabbrica fosse costituita inizialmente dai due grossi forni verticali e da alcuni capannoni più bassi che ospitavano i macchinari per la macinazione e miscelazione, ed era già presente una piccola centrale elettrica alimentata a carbone di pertinenza della fabbrica. Inoltre lo stabilimento disponeva di una banchina privata posta a poche de27 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit, pp. 163-166. 28 Ottolino M., Sviluppo economico e società anonime in Terra di Bari, op. cit, pp. 163-166.
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cine di metri dai forni, sul lato nord di punta del trave, grazie alla quale poter gestire facilmente le operazioni di carico e scarico merci. L'efficienza dell'impianto è comprovata dai dati relativi al bilancio del primo esercizio sociale effettivo, chiuso a dicembre 1914, nel quale si registra un utile netto di ben 77.258 Lire, superiore alle aspettative dato il momento critico in cui la Società iniziava la sua attività.
2.6 Il porto durante la prima Guerra Mondiale
Quando l'Italia entrò in guerra nel 1915, e fino al 1918, in città si arrestò ogni attività politica ed il porto di Monopoli fu messo a disposizione delle truppe militari italiane ed inglesi. Come racconta il giornalista monopolitano Giovanni D'onghia: Nel pomeriggio del 12 giugno 1915 due aerei austriaci sorvolarono la città e sganciarono varie bombe, che colpirono sette depositi di petrolio della Società Italo-Americana, il serbatoio dell'olio pesante dello scalo ferroviario. Il bombardamento durò 20 interminabili minuti e provocò fortunatamente solo pochi danni. Giorni dopo, all'alba del 19 giugno, la città fu attaccata dal mare. Una nave da guerra, giunta a circa duecento metri dalla diga di Tramontana, iniziò un violento attacco che per 40 minuti prese di mira nuovamente i siti militari della stazione ferroviaria. Furono distrutti quasi tutti i restanti grossi serbatoi della Petroli Italo-Americana, che però erano stati prudentemente svuotati dopo il bombardamento aereo di qualche giorno prima. Furono danneggiate le case che si trovavano sulla stessa direttrice, ed i forni della cementeria29.
Al termine del conflitto il numero di monopolitani caduti in combattimento aveva raggiunto i trecento uomini. In loro memoria il comune fece piantare una pineta, denominata pineta della Rimembranza, posta in prossimità della spiaggia delle fontanelle, sul suolo demaniale che ancora in quegli anni risultava libero. Purtroppo dei trecento pini piantati nel 1918 alcuni furono abbattuti già durante la seconda guerra mondiale, mentre sono pochissimi quelli sopravvis-
29 D'onghia G., la grande guerra (1915-1918) in città e nelle trincee. GoMonopoli.it, Novembre 2012, http://www.gomonopoli.it/la-citta/storia-e-tradizioni/16581-la-grande-guerra-19151918-in-citta-e-nelle-trincee.html
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suti fino ad oggi30. Nello stesso periodo cominciavano ad insediarsi sull'adiacente demanio marittimo della cala delle Fontanelle i primi cantieri navali tra cui il cantiere Penta ed il cantiere Saponaro, al quale era stato imposto di liberare la cala delle Batterie, utilizzata in precedenza, per consentire la costruzione della strada di collegamento con la banchina della solfatara. Accanto ai cantieri, per alcuni anni, è pure stato attivo una sorta di bagno termale, denominato “bagni caldi”, il quale sfruttava gli scarichi di raffreddamento della centrale elettrica per prelevare l'acqua calda31. Tra il 1916 ed il 1917 venivano eseguiti i lavori per la ricostruzione dei forni della cementeria, danneggiati all'inizio della guerra. In occasione della ricostruzione l'impianto venne potenziato con altri due forni verticali uguali a quelli già presenti, allo scopo di aumentare la produzione e bilanciare le perdite dovute al periodo di inattività. I comignoli o fumarole, come venivano chiamati dai monopolitani, da due divennero quattro 32. Nella relazione di bilancio sull'esercizio 1919, gli amministratori della società possono legittimamente compiacersi di aver saputo far fronte ad una situazione critica, diffusa a livello nazionale, determinata dalle difficoltà dei rifornimenti del carbone, dal disservizio ferroviario e da un continuo rincaro della mano d'opera. Nella relazione si fa notare come: […] senza l'opportuno divisamento di profittare della forzata inazione del periodo bellico per preparare ed attuare quella importante trasformazione della Fabbrica, che doveva metterci in grado di affrontare, in condizioni di certo difficili, ma prima degli altri, la nuova lavorazione, non avremmo ora potuto rispondere, con eguale prontezza e con lo stesso vantaggio alle molteplici richieste del consumo33.
30 Saponaro V., Mare, Marinai e Maestri d'ascia monopolitani, op. cit, pp. 98-101. 31 Saponaro V., op. cit, pp. 92-93. 32 ACM, cartella 574, categoria II. Danni di guerra 1915-1920. 33 Società anonima cementi e affini Monopoli, Assemblea generale e straordinaria del 21 marzo 1920, relazione e bilancio sull'esercizio 1919, Laboratorio d'arti grafiche Franco Ippolito, Monopoli.
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2.7 La Società Gaslini
Intorno al 1935 la Società Olearia Adriatica cessa la sua attività all'interno del porto e vende lo stabilimento alla Società Gaslini di Genova, anch'essa attiva nel commercio e nella raffinazione di oli: I volumi occupati, come le maestranze, rimangono sostanzialmente gli stessi. Come racconta l'ex-operaio Domenico Pisani, nello stabilimento: […] si lavorava la sansa, proveniente dai numerosi frantoi della città, per estrarre ancora olio di oliva. Poi dai resti veniva ancora estratto un grasso che veniva lavorato dal saponificio. Quando sono arrivato io, nel 1958, all’età di 18 anni, il saponificio era stato già dismesso e la sansa veniva inviata presso lo Stabilimento Mancini che era ubicato tra la ex Statale 16, oggi via Vittorio Veneto e, la strada per Pantano dove si fabbricava il sapone34.
2.8 L'era Italcementi
Il 31 dicembre 1932 cessava la validità dell'atto di costituzione della Società Anonima Cementi e Affini Monopoli. Nello stesso anno un gruppo di industriali aveva avanzato richiesta presso il comune di Monopoli affinché fosse terminata in via definitiva la sistemazione del porto. Il progetto presentato prevedeva due interventi urgenti: l'estirpazione della secca del trave (un banco roccioso sommerso presente in prosecuzione dell'omonima punta), ed il completamento della banchina della solfatara. Questi interventi avrebbero consentito l'attracco delle grandi navi da trasporto, agevolando così il lavoro delle industrie. Negli anni successivi venne completata la banchina della solfatara, mentre l'estirpazione della secca fu iniziata e mai realmente conclusa. Nel 1939 la cementeria venne acquistata dalla nota Società bergamasca Italcementi, che iniziò subito il totale rinnovamento degli impianti. La vecchia cementeria utilizzava ancora forni verticali e produceva cemento per via umida, con un forte dispendio di energia termica. I nuovi impianti, invece, lavoravano il clinker per via semi-umida, e grazie alla lavorazione continua dei forni rotanti 34 Donghia G., Cementificio: il PD chiede di salvare la struttura Ex Gaslini, GoMonopoli.it, Luglio 2012, http://www.gomonopoli.it/notizie/politica/15631-cementificio-il-pd-chiede-di-salvare-la-struttura-ex-gaslini.html
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assicuravano produzioni molto più abbondanti. All'inizio della seconda guerra mondiale la costruzione del nuovo stabilimento non era ancora stata completata, mentre diventava sempre più difficile l'approvvigionamento del carburante. A partire dal 1941 la cementeria rimase inattiva, mentre nel 1944 fu occupata dalle truppe alleate inglesi e utilizzata come officina di riparazione meccanica. Malgrado le difficoltà del periodo bellico, il 16 aprile 1945 venne avviato il primo forno rotante di tipo Polysius, lungo circa ottanta metri, con griglia preriscaldante Lepol, una tecnologia avanzata per gli anni in questione, fino ad allora sperimentata soltanto in altri quattro stabilimenti del gruppo Italcementi, precisamente negli impianti di Modugno, Schio, Pontassieve e Calusco, tutti realizzati tra gli anni Trenta e Quaranta. Agli inizi del 1951 presso lo stabilimento di Monopoli lavoravano ben 181 operai. Venivano prodotti principalmente cemento Portland 500 e cemento agglomerante 350, con una capacità produttiva complessiva di 75.000 t annue di clinker. Un secondo forno, uguale al primo, venne avviato nel 1954, arrivando così a produrre 130.000 t di clinker per anno. Il record di produttività fu raggiunto invece nel 1971, con 279.000 t di clinker e circa 420.000 t di prodotti finiti 35. Intorno ai primi anni Sessanta la Società Gaslini aveva cessato la propria attività ed i suoi locali vennero acquisiti dalla Italcementi per essere utilizzati come deposito di mattoni. Del vecchio stabilimento Gaslini venne mantenuto unicamente il volume principale prospiciente la cala delle fontanelle, mentre furono demolite le maniche laterali ed il volume rivolto verso cala curatori, rea lizzando un grande piazzale al centro di punta del trave. Negli anni successivi, sulla fascia demaniale adiacente, si insediarono numerosi cantieri navali, molti dei quali sono rimasti attivi fino ad oggi. Per tutti gli anni Settanta il cementificio continuò a ricevere via mare pietra marna e pozzolana, ed a spedire cemento in sacchi o alla rinfusa sia in Italia che in altri paesi. Nel 1986 la crisi dei mercati portò più volte all'arresto dei forni, fino allo spegnimento definitivo il 16 Dicembre 1987. Lo stabilimento ri mase comunque attivo fino al 1996 come centro di macinazione e deposito, oc cupando nel complesso poche decine di operai.
35 Zamagni V., Italcementi. Dalla Leadership nazionale all'internazionalizzazione. Bologna, Il Mulino (collana Storie di imprese), 2006, pp. 197-209.
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ig. 2.1
ig. 1.15
ig. 2.1 - Progetto della seconda tratta della diga di Tramontana redatto nel 1908. Nell’area di punta del Trave è indicata la presenza del vecchio macello. (Archivio Storico Comunale) ig. 2.2 - Ricostruzione planimetrica del tracciato percorso dal mini-treno della Ditta Giongo, per collegare la cava sita nei pressi della cala Caloria al molo di Tramontana. (prodotta dall’autore)
ig. 2.2
Molo di Tramontana
Cava
ig. 2.3 - Planimetria storica delle aree a nord del porto di Monopoli alla ine dell’Ottocento. In Punta del Trave sono presenti gli ediici del macello comunale e della centrale elettrica; l’attuale via N. Sauro, ancora dissestata e irregolare, è denominata strada vicinale torrente. La maggior parte dei terreni sono coltivati ed i pochi ediici esistenti sono di piccole dimensioni e molto distanti tra loro. (fonte: Archivio Storico Catastale di Bari)
ig. 2.3
ig. 2.4 - Cala Fontanelle a metà degli anni Dieci del Novecento. Vediamo i cantieri navali, l’oficina elettrica comunale e la fabbrica della Soc. Anonima (fonte: Archivio Fotograico Brigida) ig. 2.5 - Lo stabilimento della Soc. Anonima Cementi e Afini inquadrato da ovest. Sulla destra vediamo la palazzina direzionale esistente ancora oggi. (fonte: Archivio Fotograico Brigida)
ig. 2.4
ig. 2.6 - Planimetria storica delle aree a nord del porto; anni Trenta del Novecento. Oltre al vecchio macello ed alla centrale elettrica troviamo presso punta del trave lo stabilimento della Soc. Olearia Adriatica e la fabbrica della Soc. Anonima Cementi e Afini. Poco più a Nord si trova l’area della Soc. Italo-Americana per il Petrolio, contraddistinta dalla presenza delle numerose cisterne metalliche circolari. (fonte: Archivio Storico Catastale di Bari) ig. 2.7 - Fotograia scattata dal campanile della chiesa di S. Francesco d’Assisi sul inire degli anni Trenta. Nell’area di Punta del Trave, in alto a sinistra, si vedono gli ediici della Soc. Adriatica. (fonte: Archivio Fotograico Brigida)
ig. 2.5
ig. 2.6
ig. 2.7
ig. 2.8
ig. 2.9
ig. 2.8 - Cala delle Fontanelle nel Luglio del 1946 durante il varo del piroscafo “Vincenzo Dormio”. Sullo sfondo parte della pineta della rimembranza; in primo piano la manutenzione delle reti da pesca. ig. 2.9 - Punta del Trave alla ine degli anni Trenta. Una delle quattro ciminiere del cementiicio è stata rimossa; erano probabilmente iniziati i lavori di demolizione per costruire la nuova fabbrica Italcementi. ig. 2.10 - Fotograia di ine anni Quaranta. Manutenzione delle reti da pesca nella cala delle Fontanelle; sullo sfondo l’ediicio della Soc. Gaslini, Ex Soc. Adriatica. ig. 2.11 - 1957: il motopeschereccio “Angela” dei f.lli Comes pronto per essere varato presso cala delle Fontanelle. Sullo sfondo la nuova fabbrica Italcementi. ig. 2.12 - 1957: il motopeschereccio “Angela” sullo sfondo dello stabilimento Gaslini. ig. 2.13 - Foto aerea della costa nord di Monopoli a metà anni Sessanta.
ig. 2.10
ig. 2.11
ig. 2.12
ig. 2.13
3. Prospettive di riuso
3.1 Tre porti per Monopoli: dal PRG Piccinato al nuovo PUG
L'intenso processo di trasformazione che ha interessato l'area di Punta del Trave tra i primi del Novecento e la fine degli anni Sessanta, è stato in buona parte determinato dall'insediamento delle attività produttive e dall'ampliamento dei traffici commerciali connessi allo sviluppo della navigazione ed al completamento dei collegamenti ferroviari. Dall'analisi condotta possiamo osservare come le scelte urbanistiche fatte in questo periodo hanno dovuto di volta in volta fare i conti con i limiti imposti dalle scarse disponibilità delle finanze pubbliche, scendendo spesso a compromessi con gli interessi delle imprese e del capitale privato; una condizione che, a partire dagli anni Sessanta, inizia a manifestare tutti i limiti imposti da una pianificazione quasi completamente priva di visioni future per lo sviluppo della città e del porto. Con la crescita demografica registrata a partire dal secondo dopoguerra inizia anche una nuova fase di espansione urbana. Il centro abitato si estende lungo le direttrici del borgo murattiano, fino ad accerchiare quasi completamente il bacino portuale e le industrie qui presenti. Diventa evidente la necessità di elaborare una strategia a lungo termine, che consenta di allontanare da queste aree le industrie pesanti, cercando di dare respiro alle attività portuali legate alla pesca ed al commercio. Comincia a nascere il desiderio di realizzare a Monopoli un porto turistico, e l'occasione sembra arrivare nel 1966, quando gli architetti Franco Martino e Domenico Capitanio, in risposta ad un programma di valorizzazione dei porti del mezzogiorno promosso dal ministero dei lavori pubblici, della marina mercantile e del turismo, elaborano un progetto per la realizzazione di un porto turistico nella cala di Porta Vecchia, posto a sud del porto esistente, a ridosso delle antiche mura del centro storico36. Ancora una volta questioni burocratiche ed un ridimensionamento dei finanziamenti vanificheranno l'opera, rimandando il dibattito alla fine degli anni Settan36 Muolo F., Pug et portus, portus quoque porti, Monopolitube.it, Dicembre 2009, http://www.monopolitube.it/attualita/816-pug-et-portus-portus-quoque-porti.html
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ta, quando l'amministrazione comunale decide di affidare al noto urbanista Luigi Piccinato il compito di redigere il nuovo piano regolatore generale, il primo vero piano urbanistico di cui la città si dotava dopo il “progetto di ampliamento del porto” redatto nel 1914. Nella relazione illustrativa Piccinato affermava: Il Comune di Monopoli non si è mai dato una disciplina urbanistica nel senso moderno della parola: ma lungo il cammino della storia gli importanti interventi che anticamente si sono susseguiti hanno risposto, fino agli inizi del nostro secolo, con molto equilibrio alle necessità delle strutture sociali di allora. Invece, dalla fine del secolo scorso le nuove impetuose emergenze connesse con l'industrializzazione, la motorizzazione, i trasporti […] hanno agito singolarmente, isolatamente e disordinatamente, rompendo quella logica organicità che anticamente era presente. Una necessaria visione programmatica è venuta a mancare, nonostante qualche studio settoriale pur interessante37.
In materia di attrezzature portuali il piano di Piccinato si dimostrò particolarmente ambizioso, proponendo la costruzione di ben tre porti anziché uno. Oltre al porto esistente, destinato alla pesca ed al commercio, veniva proposta la costruzione di un nuovo bacino, destinato al settore turistico, da posizionare lungo la frastagliata zona costiera a sud-est del centro storico, mentre un ulteriore bacino, destinato al settore della cantieristica navale sarebbe stato realizzato scavando una darsena artificiale nella vicina ed ormai abbandonata cava spina, di proprietà della Società Italcementi, situata a poco più di due chilometri a nord-ovest del vecchio porto. Per via delle elevate risorse economiche che avrebbero richiesto, le proposte di piano avanzate da Piccinato per quanto riguarda il sistema portuale rimasero irrealizzate, tuttavia l'idea di spostare i cantieri navali dalla cala fontanelle alla ex cava Italcementi ricompare oggi nel Piano Urbanistico Generale redatto dall'Ingegnere Federico Oliva, adottato dal Comune di Monopoli nel 2007 ed approvato in via definitiva nel 2010.
37 PRG approvato con D.R. n. 722 del 24/03/1977
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3.2 PUG 2010 e recenti accordi di programma
Stando alle aspettative, l'approvazione del nuovo PUG avrebbe attuato una svolta cruciale nell'iter di pianificazione territoriale. A partire dal 2005 per la sua stesura è stato elaborato uno strumento informatico innovativo basato sul principio di partecipazione (Partecipa PUG) 38 al fine di aprire un confronto più ampio con le diverse istanze presenti sul territorio. I nuovi strumenti adottati hanno chiarito però solo in parte quale dovrà essere il nuovo assetto delle strutture portuali. Il Piano infatti suddivide l'ambito portuale in quattro sotto ambiti denominati P1, P2, P3 e P4, compresi tra l'area di punta del trave (P1) e l'area di Cala Corvino (P4). Vengono impegnate quasi tutte le aree costiere a nord della città, dando l'idea di poter costruire ben tre porti (P1 porto commerciale, P2 porto turistico, P3 cantieristica), pur senza fornire indicazioni specifiche sugli interventi da attuare per riqualificare e mettere a sistema le attività portuali, rimandando a successivi piani attuativi l'onere di sbrogliare una situazione quantomeno delicata. Il documento programmatico adottato nel 2007 proponeva di demolire tutte le strutture degli impianti industriali ancora presenti nell'ambito P1, quindi in particolare le strutture della cementeria e dell'oleificio Marasciulo, convertendole in nuove cubature da destinare a servizi e residenze a favore dei titolari delle imprese citate. Tali cubature erano da distribuire nei quattro ambiti per le attività portuali, con lo scopo di liberare completamente l'area di punta del trave e di collocare ogni eventuale costruzione privata a monte di via Nazario Sauro e lungo la costa nord, prevedendo qui la realizzazione di strutture turisticoricettive. In seguito all'approvazione del PUG l'amministrazione comunale affida agli stessi privati il calcolo dei volumi e la stesura di uno schema d'assetto per l'ambito P1, senza produrre ulteriori indicazioni e concedendo inoltre la localizzazione di tutti i diritti edificatori (0,90 dei volumi esistenti) calcolati in circa 55.000 mq di superficie utile lorda, nella sola area P1. L'impossibilità di collocare tutti questi volumi nel piccolo lotto a monte di via Sauro, ha determinato poi, nello schema d'assetto, la proposta di ruotare la stessa via Sauro verso est, 38 Il progetto PartecipaPUG è stato attivo tra luglio 2006 e agosto 2007 raccogliendo dati e indicazioni di supporto alla stesura del nuovo PUG.
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con la cessione ai privati di parte delle aree destinate alle attività portuali, ponendosi dunque in contrasto con le indicazioni strutturali raccolte durante la stesura PUG39. In molti tra tecnici e non hanno criticato duramente le modalità operative e le scelte fatte a riguardo dall'attuale amministrazione comunale, ma sembra essere questa l'unica via disponibile per raggiungere un compromesso sulla cessione delle aree da parte dei privati. La critica mossa nei confronti dell'amministrazione del sindaco Romani da parte di una consulta cittadina40 tenutasi nel luglio 2010, era quella di non aver considerato ipotesi di riuso, ed aver inoltre consegnato […] l'iniziativa nelle mani dei privati proprietari dei suoli senza dare alcun indirizzo politico-urbanistico, omettendo un percorso di progettazione partecipata e trascurando i diritti di un'intera comunità a conoscere i processi di trasformazione della propria città. […] Non uno studio sul tracciato infrastrutturale, sulle vie di fuga visive verso mare. Nulla sull'interfacciarsi con il vicino cuore della città. Nessuna idea sul riuso della “spianata”, sull'integrazione tra spazi pubblici e privati all'interno della stessa area di progetto dove spiccano due edifici a torre di dieci piani denominati “vele” e un casermone degno di un quartiere periferico degli anni Trenta. […] Demolire l'esistente, pieno di valore archeo-industriale, per sostituirlo con cosa? […] La cementeria ha senz'altro rappresentato per anni, nell'immaginario di molti, il mostro da abbattere, ma oggi, allo stato dei fatti, stiamo solo rischiando di distruggere un mostro per vederne sorgere uno peggiore41.
In questo difficile contesto vengono sempre più messi in secondo piano i valori legati al patrimonio storico-culturale di cui la marina monopolitana è ricca, ponendo attenzione principalmente agli aspetti economici e finanziari, tesi a garantire più i singoli privati che la collettività. Alla città non rimane che una
39 Bollettino Ufficiale Regione Puglia n°120/2007, si articola in “previsioni programmatiche” (PUG/P) e “previsioni strutturali” (PUG/P). 40 Circa dal 2002 un gruppo di cittadini monopolitani inizia a promuovere incontri pubblici per discutere i temi della pianificazione e della salvaguardia del territorio. 41 Cementeria, “parco Lama Belvedere” invita a riflettere. Gomonopoli.it, giugno 2012, http://gomonopoli.it/notizie/attualita/15186-cementeria-parco-lama-belvedere-invita-a-riflettere.html
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parte di quella “spianata”, lasciata a disposizione dell'autorità portuale di Bari, con la quale bisognerà negoziare ogni futuro intervento.
3.1 Un'area strategica, un destino incerto
All'interno di uno scenario ancora ambiguo e controverso, l'unica certezza rimane quella dell'importanza strategica delle aree in questione, tra cui la più rappresentativa è certamente quella della fabbrica Italcementi, situata nel cuore della città e de porto. Quest'area ha ormai assunto un'importanza simbolica e cruciale data dalla compresenza di valori storico-culturali (legarti al patrimonio industriale ed alle attività tradizionalmente presenti nel porto), geografici (posizione, estensione, accessibilità), economici (diritti di proprietà privata) e risulta pertanto essere una risorsa strategica attraverso la quale è possibile attivare
importantissimi
processi
di
trasformazione
alla
scala
urbana.
Secondo i programmi dell'Autorità Portuale del Levante il porto di Monopoli sarebbe destinato ad ospitare il settore diportistico di fascia alta, vale a dire yacht e imbarcazioni di lusso, ed eventualmente uno scalo per il traffico crocieristico; ipotesi ribadita in qualche misura dall'ex sindaco Walter Laganà, il quale denuncia la mancanza nel porto di una […] Stazione Marittima con servizi igienici, docce, aree coperte, esercizi commerciali per il ristoro, cioè […] di un luogo civile ed accogliente dove poter gestire il traffico crocieristico, […] per dare la possibilità ai turisti di raggiungere le mete ambite delle grotte, dei trulli e del barocco di Martina Franca42.
Da parte sua l'amministrazione comunale non respinge ne promuove alcuna proposta, se non quella dell'abbattimento delle vecchie fabbriche. Intanto la consulta cittadina richiama l'attenzione sulla scomparsa in città dei più importanti servizi pubblici quali la biblioteca, il cinema, il teatro ed il mercato ittico, chiedendo che vengano rispettate le indicazioni originali del PUG e concordate modalità di intervento differenti, dando maggiore attenzione allo spazio pubblico e respiro alle attività portuali tradizionali quali pesca, nautica e cantieristica 42 Walter Laganà: Il porto di Monopoli, oggi. Monopolitube.it, Febbraio 2010, http://www.monopolitube.it/politica/1206-walter-lagana--qil-porto-di-monopoli-oggiq.html
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navale. Quale che sia la strategia di intervento da adottare, l'importanza delle ricadute su tutto l'organismo urbano impone di operare una mediazione tra gli interessi dei singoli attori e quelli della collettività; è necessario quindi riuscire ad elaborare una visione condivisa sul futuro di queste aree, del porto e dell'intera città, operando le varie scelte in un ottica di sviluppo e di sostenibilità economi ca, ma anche di tutela del territorio, del paesaggio e dei patrimoni storici e culturali presenti. Il caso della storica fabbrica Italcementi di Alzano Lombardo, recuperata attraverso un progetto dell'architetto Tullio Leggeri, ci mostra un esempio sulle possibilità operative in chiave di riuso offerte da questi stabilimenti. Il progetto in questione ha rivitalizzato l'impianto della vecchia fabbrica attraverso un programma misto, dove la vendita di alcune parti, convertite in residenze, ha finanziato la realizzazione degli altri servizi insediati nel complesso, come la galleria d'arte, gli spazi commerciali, ed altri dedicati alla ristorazione. Una possibilità che era stata prospettata anche per lo stabilimento di Monopoli e sulla quale sarebbe
forse
stato
opportuno
riflettere
con
maggiore
attenzione.
Allo stato attuale, con l'avvio delle demolizioni, non sembra esserci più spazio per interessi di tipo archeo-industriale; l'attenzione deve passare drasticamente
alla
scala
della
geografia
territoriale.
Occorre
considerare
[…] quanto il patrimonio industriale invecchi in fretta, diventando presto obsoleto. É la geografia in fondo che deve diventare indispensabile strumento per ricostruire le storie di fabbrica ma anche per immaginare uno sviluppo attraverso la loro valorizzazione43.
43 Pace S., La scena vuota, in Ronchetta C., Trisciuoglio M., Progettare per il patrimonio industriale, Celid 2008
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ig. 2.24
ig. 2.25
ig. 2.14
ig. 2.14 - La “spiaggetta” di cala Curatori con i pontili della Lega Navale Italiana in prossimità del cementiicio. ig. 2.15 - Testa della manica principale del cementiicio. ig. 2.16 - Padiglione principale dello stabilimento Gaslini oggi compreso nella proprietà Italcementi. ig. 2.17 - Cala Fontanelle nell’autunno 2012. ig. 2.18 - La cementeria vista da mare. In primo piano i silos ed il vecchio pontile, sullo sfondo le nuove palazzine costruite nell’area del’ex deposito petrolifero. ig. 2.19 - Fotograia aerea di ine anni Novanta, dopo l’ampliamento del molo di Tramontana. Intorno all’area industriale si è raggiunta una elevata densità urbana. ig. 2.20 - Ortofoto 2009. Ambito portuale P1. ig. 2.21 - Foto panoramica dell’ambito portuale: le nuove lottizzazioni nell’area dei depositi petroliferi e la fabbrica Italcementi nell’estate 2012. ig. 2.22 - Foto panoramica di cala Fontanelle: i cantieri navali, la fabbrica Italcementi ed alcuni dei pini piantati simbolicamente alla ine della prima guerra mondiale. ig. 2.23 - La cementeria vista da mare. In primo piano i silos ed il vecchio pontile. ig. 2.24 - Il lavoro nei cantieri navali a metà Novecento. ig. 2.25 - Il cantiere Saponaro-Penta negli anni dieci; sullo sfondo la Soc. Anonima Cementi e afini Monopoli.
ig. 2.16
ig. 2.15
ig. 2.17
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ig. 2.19
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l’officina elettrica comunale e la fabbrica della Soc. Anonima Cementi e Affini Monopoli. (fonte: P.G.C. Giovanni Donghia) fig. 2.5 - Lo stabilimento della Soc. Anonima Cementi e Affini inquadrato da ovest. Sulla destra vediamo la palazzina direzionale esistente ancora oggi. (fonte: Archivio Fotografico Brigida) fig. 2.6 - Planimetria storica delle aree a nord del porto; anni Trenta del Novecento. Oltre al vecchio macello ed alla centrale elettrica troviamo presso punta del trave lo stabilimento della Soc. Olearia Adriatica e la fabbrica della Soc. Anonima Cementi e Affini. Poco più a Nord si trova l’area della Soc. Italo-Americana per il Petrolio, contraddistinta dalla presenza delle numerose cisterne metalliche circolari. (fonte: Archivio Storico Catastale di Bari) fig. 2.7 - Fotografia scattata dal campanile della chiesa di S. Francesco d’Assisi sul finire degli anni Trenta. Nell’area di Punta del Trave, in alto a sinistra, si vedono gli edifici della Soc. Adriatica. (fonte: Archivio Fotografico Brigida) fig. 2.8 - Cala delle Fontanelle nel Luglio del 1946 durante il varo del piroscafo “Vincenzo Dormio”. Sullo sfondo parte della pineta della rimembranza; in primo piano la manutenzione delle reti da pesca. (fonte: Archivio Fotografico Brigida) fig. 2.9 - Punta del Trave alla fine degli anni Trenta. Una delle quattro ciminiere del cementificio è stata rimossa; erano probabilmente iniziati i lavori di demolizione per costruire la nuova fabbrica Italcementi. (P.G.C. Arch. Angelo Papio) fig. 2.10 - Fotografia di fine anni Quaranta. Manutenzione delle reti da pesca nella cala delle Fontanelle; sullo sfondo l’edificio della Soc. Gaslini, Ex Soc. Adriatica. (P.G.C. V. Saponaro) fig. 2.11 - 1957: il motopeschereccio “Angela” dei f.lli Comes pronto per essere varato presso cala delle Fontanelle. Sullo sfondo la nuova fabbrica Italcementi. (P.G.C. V. Saponaro) fig. 2.12 - 1957: il motopeschereccio “Angela” sullo sfondo dello stabilimento Gaslini. (P.G.C. V. Saponaro) fig. 2.13 - Foto aerea della costa nord di Monopoli a metà anni Sessanta. (fonte: Archivio Fotografico Brigida) fig. 2.14 - La “spiaggetta” di cala Curatori con i pontili della Lega Navale Italiana in prossimità del cementificio. (Fotografia dell'autore) fig. 2.15 - Testa della manica principale del cementificio.(Fotografia dell'autore) fig. 2.16 - Padiglione principale dello stabilimento Gaslini oggi compreso nella proprietà Italcementi. (P.G.C. Arch. Angelo Papio) fig. 2.17 - Cala Fontanelle nell’autunno 2012. (Fotografia dell'autore) fig. 2.18 - La cementeria vista da mare. In primo piano i silos ed il vecchio pontile, sullo sfondo le nuove palazzine costruite nell’area del’ex deposito petrolifero. (Fotografia dell'autore) fig. 2.19 - Fotografia aerea di fine anni Novanta, dopo l’ampliamento del molo di Tramontana. Intorno all’area industriale si è raggiunta una elevata densità urbana. (P.G.C. Arch. Angelo Papio) fig. 2.20 - Ortofoto 2009. Ambito portuale P1. (ricostruzione dell'autore) fig. 2.21 - Foto panoramica dell’ambito portuale: le nuove lottizzazioni nell’area dei depositi petroliferi e la fabbrica Italcementi nell’estate 2012. (Fotografia dell'autore) fig. 2.22 - Foto panoramica di cala Fontanelle: i cantieri navali, la fabbrica Italcementi ed alcuni dei pini piantati simbolicamente alla fine della prima guerra mondiale. (Fotografia dell'autore) fig. 2.23 - La cementeria vista da mare. In primo piano i silos ed il vecchio pontile. fig. 2.24 - Il lavoro nei cantieri navali a metà Novecento. (P.G.C. V. Saponaro) fig. 2.25 - Il cantiere Saponaro-Penta negli anni dieci; sullo sfondo la Soc. Anonima Cementi e affini Monopoli. (P.G.C. Fam. Mandriota)