Approcci tipo nel riuso degli edifici industriali

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APPROCCI TIPO NEL RIUSO DEGLI EDIFICI INDUSTRIALI



Politecnico di Torino – Facoltà di Architettura – a.a. 2014/2015 Saggio di ricerca 2 a carattere teorico-disciplinare

Relatore: Gustavo Ambrosini Candidato: Leonardo Lovecchio

Titolo: Approcci tipo nel riuso degli edifici industriali

Indice:

0 - Premessa

1- Casi studio -Zeche Zollverein, Essen (Rem Koolhaas, 2004) -Tate Gallery, Londra (Herzog & De Meuron, 1999) -Centro Documentazione della città di Madrid (Mansilla e Tunon, 2003) -Contemporary Art-Tower, Vienna (P. Noever S. Muller, 2002) -Ex Silos, Oslo (HRTB architects, 2001) -Museo Kuppersmuhle, Duisburg (Herzog e De Meuron, 2000) -Ex Granili, Wurzburg (Bruckner & Bruckner, 2002) -Ex Gasometri, Vienna, (J. Nouvel, C. Himmelbau, M. Wedorn, W. Holzbauer, 1999) -Museo d'Arte Contemporanea, Riga (OMA, 2007) -Maison Folie di Wazemmes, Lille (Nox architects, 2002) -Atelier d'Architettura Bofill, Barcellona (R. Bofill, 1975) -Frosilos, Copenhagen (MVRDV, 2005) -Guangdong Floating Glass Factory, Guangdong (O-OFFICE Architects)

2- Strategie relazionali -Relazioni di scala -L'edificio come contenitore vuoto -L'involucro come pelle mediatica -La logica del frammento: sovrapposizione e stratificazione -Strategie di ampliamento: estensione, annessione, integrazione -Conclusioni


Premessa Il fenomeno del riuso riferito alle aree industriali è un fenomeno strettamente connesso al processo della dismissione che queste aree hanno conosciuto in seguito alla crisi della città industriale. Questa problematica esplode in Italia a partire dagli anni '70 del Novecento, diventando in quegli anni una delle questioni che maggiormente influenza il dibattito sulla trasformazione urbana. “La rilevanza del fenomeno della dismissione è riscontrabile in virtù dell'apertura che questa ha contribuito a creare sia in termini di trasformabilità dei contesti, sia in termini dei nuovi valori potenziali trasmessi all'azione progettuale.” (1) Negli anni '80 si sviluppa una profonda riflessione sui temi della trasformazione urbana in relazione all'identità locale, e sul legame necessario tra progetto urbano e progetto architettonico; non si riesce ad inquadrare una pratica unitaria per la trasformazione di queste aree, ma piuttosto “si avvia un difficile lavoro di riconoscimento e selezione dei materiali urbani rimessi in gioco, ripercorrendo attraverso la dialettica conservazione-trasformazione, le modalità proprie della conformazione della città stessa, piuttosto che lasciare il passo alla sua progressiva deformazione”. (2) Formulare una proposta di intervento per queste aree significa quindi, da un lato, individuare cosa dovrà seguire all'abbandono in termini di funzioni insediate, ma necessita anche una particolare attenzione all'influenza che la trasformazione assume nell'ambito specifico del contesto ed alle relazioni esistenti e potenziali, riscontrate sia alla scala urbana che alla scala dell'edificio. La specificità del progetto di riuso risiede quindi nella definizione di nuove relazioni: tra preesistenza e nuova costruzione, tra contesto e area dismessa, tra memoria storica e progetto contemporaneo. Il grado di riconoscibilità che tali relazioni, ancora potenziali durante la fase di dismissione, assumono nell'azione progettuale, determina l'integrazione del progetto all'interno della cultura locale, nonché l'attribuzione di un nuovo significato e valore identitario al luogo da parte della cittadinanza.

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Casi studio La scelta dei casi studio è stata effettuata sulla base di criteri di similitudine con il tema di progetto per il riuso dell'area industriale del Porto di Monopoli. In particolare si è cercato di individuare progetti di riuso confrontabili, simili per tipologia e dimensione al contesto dell'area di progetto. Pertanto i casi studio selezionati riguardano esclusivamente interventi collocati in aree urbane o peri-urbane, prevalentemente realizzati negli ultimi 15 anni (fanno eccezione gli ultimi tre casi esposti) e inerenti il tema del riuso di edifici industriali dismessi. Per ogni intervento è stata svolta una indagine ed elaborata una schedatura con le informazioni principali sul tipo di impianto, sulla trasformazione e sulle strategie messe in atto in fase di progetto. L'obiettivo è quello di individuare diversi approcci al progetto di riuso, ed in particolare stabilire quali strategie potrebbero risultare efficaci ai fini dell'elaborazione progettuale per la trasformazione dell'ex cementificio presente nel porto di Monopoli.

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Zeche Zollverein, Essen Anno, luogo, progettista

2004, Essen, Rem Koolhaas

Attività produttiva dismessa

estrazione e lavorazione del carbone

Nuova attività insediata

centro di produzione di cultura, design e management

Contesto della trasformazione

Parco peri-urbano in formazione

Caratteri della preesistenza

Corpi di fabbrica separati, strutture metalliche e in cls.

Strategie di riuso adottate

Svuotamento, mixitè funzionale, conservazione della organizzazione spaziale, analogia formale, recupero macchinari come oggetto-scultura.

Il recupero dell'edificio centrale dello Zeche Zollverein, una delle miniere di carbone più importanti del nord Europa e patrimonio Unesco dal 2001, ha come obbiettivo la sua trasformazione in centro di produzione di cultura, design e management. Il progetto si inserisce in un area peri-urbana della città di Essen, nel comprensorio della Rhur, e prevede la creazione di polo culturale dedicato al design ed alla creatività. Al fine di permettere il nuovo uso e la nuova distribuzione funzionale, l'edificio è stato parzialmente svuotato delle sue partiture interne al primo e secondo piano, mentre sono state collocate nuove strutture e funzioni nei piani superiori. La riorganizzazione interna della struttura è stata progettata in stretta relazione con la sua forma originaria, sia in relazione alla struttura organizzativa e funzionale, sia per quanto riguarda la struttura costruttiva e architettonica. L'edificio originario era organizzato secondo una differenziazione funzionale dei vari corpi di fabbrica e dei collegamenti tra questi. Tale organizzazione è stata reinterpretata portando alla concezione di un edificio inteso come articolazione di diversi sistemi funzionali: il sistema degli spazi pubblici, il sistema dedicato alla formazione ed alla didattica, quello del commercio e del lavoro, ed il sistema degli spazi per la cultura ed il tempo libero. Nell'impianto originario sono stati individuati tre corpi principali articolati secondo due livelli orizzontali: le aree di smistamento, in stretta connessione con il suolo e le grandi sale macchine ai livelli superiori. Questa organizzazione funzionale è stata mantenuta e valorizzata attraverso l'inserimento delle nuove funzioni, collocando ai livelli inferiori le principali attività di produzione e formazione, mentre i piani superiori sono stati riorganizzati per ospitare attività pubbliche e sono stati resi accessibili tramite ponti di collegamento tra gli spazi pubblici esterni e quelli interni. Ai piani superiori si crea così una sorta di piazza interna nella quale sono inserite le principali attività espositive e ricreative aperte al pubblico (caffè, ristorante, negozi).

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Tate Gallery, Londra Anno, luogo, progettista

1999, Londra, Herzog & De Meuron

Attività produttiva dismessa

Centrale elettrica, progetto di Sir Gilbert Scott, 1947 1963

Nuova attività insediata

Museo di Arte Moderna

Contesto della trasformazione

Area urbana

Caratteri della preesistenza

Dimensioni eccezionali, grande ambiente centrale, strutture in cls e mattoni, ciminiera a sezione quadrata.

Strategie di riuso adottate

Svuotamento, ampliamento, destinazione museale, conservazione della organizzazione spaziale, analogia formale, recupero macchinari come oggetto-scultura.

Il progetto di trasformazione della ex Power Station del Bankside, una delle più grandi centrali elettriche di Londra realizzata tra il 1947 e il 1963 su progetto di G. Scott, si confronta con una costruzione di notevole importanza architettonica e con un forte ruolo urbano e paesaggistico dovuto al suo inserimento in un contesto densamente urbanizzato ed in relazione alla presenza del fiume Tamigi. Nel rispetto delle eccezionali dimensioni e qualità architettoniche, il progetto proposto prevede la sostanziale conservazione dell'edificio attraverso trasformazioni minime che mettano in risalto le qualità spaziali e formali della costruzione originaria. La funzione ospitata è quella di sede per il museo di arte moderna Tate Modern, ad oggi uno dei musei più visitati al mondo. Gli interventi realizzati consistono nella creazione di quattro nuovi ingressi, uno per lato, che relazionano l'edificio con il suo intorno, stabilendo allo stesso tempo due percorsi principali. La parte nord, un tempo locale caldaia, ospita i sette piani degli spazi espositivi (arte moderna e contemporanea internazionale), gli uffici, una libreria, un ristorante, aule per le lezioni ed un auditorium. Un ingresso sul lato ovest conduce i visitatori attraverso una lunga rampa che sale all'interno della grande sala turbine per una altezza di ben 35 metri. Il grande vuoto della sala turbine è stato preservato integralmente nelle sue dimensioni (un'altezza pari a un edificio di sette piani e una superficie di 3.400m²) , diventando un grande spazio pubblico interno di distribuzione agli spazi espositivi ed ai servizi. L'approccio conservativo e la semplicità del progetto non impediscono comunque di introdurre importanti elementi di novità, come i nuovi corpi vetrati posti sia all'interno che all'esterno della struttura, che fungono da fari luminosi e contribuiscono a segnalare la presenza del museo come luogo catalizzatore di eventi nel contesto urbano.

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Centro Documentazione della città di Madrid Anno, luogo, progettista

2004, Madrid, Mansilla e Tunon

Attività produttiva dismessa

Ex birrificio

Nuova attività insediata

Centro di Documentazione comunale

Contesto della trasformazione

Area urbana

Caratteri della preesistenza

Corrispondenza lotto-morfologia urbana, muratura mattoni a vista, elementi formali specifici(silos), corpi di fabbrica separati.

Strategie di riuso adottate

Densificazione del lotto e completamento dei margini, analogia formale del nuovo inserimento (scansioni verticali), integrazione con nuovi edifici per duplicazione, contrasto materico, sovrapposizione, passaggi interni come spazio semi pubblico.

Il Progetto per il nuovo Centro di Documentazione di Madrid si colloca all'interno della vecchia fabbrica di birra El Aguilla,

e rientra tra i casi di

trasformazione che coinvolge un intero isolato industriale urbano. L'intervento infatti sfrutta al massimo le dimensioni del lotto, definiti dal recinto in mattoni della fabbrica. Nonostante la demolizione delle strutture industriali più degradate la superficie disponibile è molto limitata ed impone una forte relazione sia tra le componenti interne al lotto, sia tra i margini di questo e la morfologia urbana scandita da isolati densamente costruiti all'interno di una maglia stradale ortogonale. Tramite l'inserimento dei nuovi volumi,

adiacenti agli edifici industriali

recuperati, si stabilisce un confronto diretto tra vecchio e nuovo, sia dal punto di vista delle proporzioni che da quello delle funzioni insediate. Le addizioni riguardano l'archivio del centro di documentazione, ospitato nel volume più grande e l'edificio destinato alle sale di consultazione. Le nuove costruzioni integrano il vuoto lasciato dalle demolizioni completando l'isolato sul lato Nord secondo una strategia di densificazione sul margine interno del recinto, ma contemporaneamente indirizzano verso il centro dell'isolato attraverso il posizionamento di percorsi

e servizi che

fungono da attrattori per gli utenti del cento. Gli edifici restaurati sono il nucleo “materiale” della nuova composizione, mentre le proporzioni degli spazi esterni rispettano e recuperano i vecchi tracciati distributivi all'interno del recinto della fabbrica, conferendo agli spazi aperti ed ai percorsi il ruolo centrale della relazione con il nuovo. I nuovi corpi di fabbrica sono concepiti come completamento e “duplicazione” in chiave moderna dei vecchi edifici

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industriali. Ogni corpo costruito della vecchia fabbrica viene completato da una costruzione “speculareâ€?, di proporzioni analoghe, disposta in adiacenza ad essa. Le relazioni tra le parti nuove ed esistenti sono stabilite sia da alcuni punti di contatto (gallerie, passaggi semi-aperti, collegamenti visuali) sia mediante il contrasto tra i materiali (superfici in mattoni e superfici vetrate semi-trasparenti). Altre analogie compositive tra la preesistenza e le nuove costruzioni si trovano ad esempio tra l'andamento modulare dei silos e la scansione verticale proposta nelle facciate dei nuovi volumi; ed ancora nella scelta di mettere in vista le travi di facciata, analogamente alla partizione orizzontale dei ricorsi della muratura in mattoni. Le modalitĂ operative utilizzate rimandano al tema dell'analogia, del contrasto materico e della sovrapposizione.

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Contemporary Art-Tower, Vienna Anno, luogo, progettista

2002, Vienna, P. Noever, S. Muller

Attività produttiva dismessa

Ex torre per la contraerea militare

Nuova attività insediata

Museo di arte contemporanea

Contesto della trasformazione

Parco urbano

Caratteri della preesistenza

Tipologia militare, volumi chiusi, strutture in cls.

Strategie di riuso adottate

Inclusione, relazioni con polarità museali esistenti, conservazione dell'involucro con funzione mediatica.

Il progetto della Contemporary Art-Tower rientra tra quei progetti in cui li tema dell'inclusione viene declinato sia dal punto di vista delle relazioni spaziali interne che da quello delle relazioni esterne rivolte al contesto urbano, rivestendo il ruolo di importante polarità culturale all'interno della rete territoriale. L'intervento trasforma una ex torre per la contraerea in museo interattivo per l'arte contemporanea. Il museo entra a far parte del circuito museale della città, diventando anche una sorta di deposito per il Museo di Arte Contemporanea, e proponendosi come spazio di incontro tra la società civile e l'attività artistica. Per questo motivo gli spazi interni non sono pensati per accogliere grandi eventi culturali, ma diversi laboratori nei quali gli artisti possono realizzare installazioni temporanee in stretto contatto con il pubblico. La distribuzione interna prevede differenti funzioni per ogni piano, alternando piani di deposito a piani occupati da spazi di lavorolaboratorio,

spazi espositivi con piccoli auditorium e spazi per il ristoro.

L'edificio rimane sostanzialmente inalterato nella sua volumetria esterna. Cambia il ruolo delle facciate le quali diventano anch'esse spazi esteticorappresentativi dove proiettare le immagini degli eventi che si tengono all'interno del museo. Questa forma di rappresentazione esterna ha trasformato l'edificio in un vero e proprio segnale territoriale, il cui uso reale diventa quello di “attrattore” sul contesto circostante.

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Ex Silos, Oslo Anno, luogo, progettista

2001, Oslo, HRTB architects

Attività produttiva dismessa

Deposito di grano

Nuova attività insediata

Residenze per studenti

Contesto della trasformazione

Area peri-urbana

Caratteri della preesistenza

Tipologia silos, strutture e tamponamenti in cls, altezza 40mt

Strategie di riuso adottate

Conservazione configurazione volumetrica dell'involucro e della serialità interna, sistema distributivo centrale, inclusione.

Questo progetto riguarda la conversione funzionale di un gruppo di 21 silos, originariamente utilizzato come deposito di grano,

in alloggio per studenti.

L'intervento si confronta con la particolare articolazione volumetrica dell'edificio attraverso trasformazioni minime che coinvolgono la distribuzione funzionale e il rapporto tra interno ed esterno. Le modificazioni sulle facciate sono minime e consistono nelle aperture delle finestre per gli alloggi, ricavate con dei tagli verticali direttamente sulle murature in cemento dei silos. Di particolare interesse la scelta di organizzare le funzioni e gli spazi interni conservando completamente la disposizione seriale delle celle dei silos, adatte per questo ad essere suddivise in appartamenti autonomi. I percorsi di collegamenti sono garantiti dall'inserimento di un sistema distributivo interno che si sviluppa nella fila centrale di silos, nella quale trovano posto anche le dotazioni impiantistiche (angolo cottura e bagni). La relazione tra edificio contenitore e progetto incluso diventa più forte e radicale per la scelta di mantenere inalterata la spazialità interna derivante dalla capacità del progetto di adattarsi coerentemente alla configurazione volumetrica del silo.

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Museo Kuppersmuhle, Duisburg Anno, luogo, progettista

2000, Duisburg, Herzoh & De Meuron

Attività produttiva dismessa

Magazzini portuali

Nuova attività insediata

Museo di Arte

Contesto della trasformazione

Porto fluviale in contesto urbano

Caratteri della preesistenza

Tipologia mista: silo in cls e edificio in mattoni, elementi simbolici (silo e ciminiere), geometria compatta.

Strategie di riuso adottate

Estensione e completamento, analogia formale e volumetrica, contrasto materico, annessione corpo scale esterno,

Il progetto per il Museo di Kuppersmuhle si inserisce mediante la modalità della estensione della costruzione originaria accentuando alcuni caratteri della sua spazialità e matericità. La mediazione tra i caratteri compositivi della fabbrica ed il suo ampliamento è raggiunta attraverso la reinterpretazione delle proporzioni originarie che, nel nuovo progetto, diventano la misura di riferimento per l'inserimento delle nuove volumetrie. All'interno, la struttura portante è stata incorporata conservando solamente alcune delle partizioni orizzontali. I tre piani espositivi sono collegati da un nuovo volume esterno, la torretta che ospita i vani scala, disposta nella parte posteriore del blocco principale del magazzino. L'inserimento del corpo scala esterno dialoga per contrasto con l'edificio posto a sinistra della facciata principale del quale reinterpreta il tetto spiovente, inserendosi armonicamente nella composizione della facciata. Altro elemento compositivo importante sono le strette aperture simili a delle feritoie presenti sia nel vecchio edificio che nella parte di nuova costruzione. La riproposizione dell'apertura nella parte nuova rompe l'imponenza della facciata ed evidenzia ulteriormente la rigorosità della sua geometria.

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Ex Granili, Wurzburg Anno, luogo, progettista

2002, Wurzburg, Bruckner & Bruckner

AttivitĂ produttiva dismessa

Ex granili

Nuova attivitĂ insediata

Museo d'arte antica e moderna

Contesto della trasformazione

Area portuale in contesto urbano

Caratteri della preesistenza

Edificio storico in pietra, rigore formale, strutture in pietra e legno, compattezza

Strategie di riuso adottate

Conservazione involucro, demolizione interna ed estensione secondo analogia compositiva e materica, reinterpretazione dei caratteri formali, completamento volumi secondo principio di compattezza, rapporto interno-esterno.

Il progetto di riuso degli Ex Granili presenti nel porto di Wurzburg consiste nella loro conversione in Museo d'arte antica e moderna. L'intervento si basa sulla parziale demolizione e sull'estensione dell'edificio originario: se le facciate originali vengono mantenute quasi inalterate, molte partizioni interne, sia orizzontali che verticali vengono rimosse per far spazio alle nuove funzioni e permettere l'ingresso della luce naturale. Le proporzioni della facciata originaria vengono mantenute e diventano la regola sulla quale disegnare la nuova costruzione secondo i principi di continuitĂ compositiva e materica. I nuovi volumi seguono la partitura differenziata di pietra e mattoni reinterpretando la composizione ma riproponendo gli stessi materiali sotto forma di fasce lapidee distanziate e lievemente inclinate in modo tale da consentire il passaggio della luce naturale. L'involucro rarefatto della nuova costruzione si affianca alla muratura massiccia in mattoni della vecchia fabbrica, affidando la struttura portante ai telai strutturali interni, presentandosi dunque come un diaframma di separazione parziale, permeabile alla vista e alla luce, mettendo in comunicazione spazio interno e spazio esterno.

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Ex Gasometri, Vienna Anno, luogo, progettista

1999, Vienna, J. Nouvel, C. Himmelbau, M. Wedorn, W. Holzbauer

Attività produttiva dismessa

Ex gasometri

Nuova attività insediata

Edificio residenziale

Contesto della trasformazione

Area urbana

Caratteri della preesistenza

Tipologia industriale, vuoto interno programmatico, strutture metalliche, serialità.

Strategie di riuso adottate

Conservazione involucro, demolizione interna ed estensione secondo analogia compositiva e materica, reinterpretazione dei caratteri formali, completamento volumi secondo principio di compattezza, rapporto interno-esterno.

Gli ex gasometri si trovano in un'area urbana ormai centrale della città di Vienna e le loro strutture consistono in quattro elementi circolari disposti in serie, con diametro ed altezza di circa 30 metri. Il progetto di riuso consiste nella realizzazione di edifici destinati ad uso residenziale attraverso il recupero dei volumi compresi all'interno delle strutture dei gasometri. Vengono mantenute quindi inalterate le caratteristiche strutturali e dimensionali degli edifici industriali, in quanto l'intervento concentra le nuove volumetrie all'interno dell'involucro esistente. Pur sviluppandosi principalmente nella parte interna, il progetto si pone in forte relazione con l'area urbana, attraverso la composizione di facciate che in parte svelano la struttura dei gasometri, in parte si mimetizzano con l'intorno urbano tramite l'adozione di un registro formale tipico degli edifici residenziali contemporanei Grazie alla strategia di occupazione del volume interno l'intervento riesce a mantenere la spazialità della preesistenza industriale pur ricavando una elevata volumetria residenziale certamente utile alla sostenibilità economica dell'intervento. Il tema del vuoto programmatico, cioè un vuoto che risponde alla vecchia funzione produttiva, viene interpretato e riproposto in modi differenti. Tre dei quattro gasometri infatti conservano il vuoto interno trasformandolo in corti interne e sviluppando i nuovi volumi sui margini esterni, mentre il quarto gasometro segue una logica inversa concentrando nel nocciolo le nuove costruzioni e mettendo in relazione l'involucro con l'esterno dell'edificio.

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Museo d'Arte Contemporanea, Riga Anno, luogo, progettista

2007, Riga, OMA

Attività produttiva dismessa

Ex centrale elettrica

Nuova attività insediata

Museo di Arte Contemporanea

Contesto della trasformazione

Area urbana portuale

Caratteri della preesistenza

Edificio in mattoni, elementi formali tipici nel tipo di muratura e nella presenza di ciminiere.

Strategie di riuso adottate

Estensione e sovrapposizione, contrasto formale volumetrico e materico, inglobare la preesistenza,

Questo progetto di riuso riguarda la trasformazione di una centrale elettrica dei primi del novecento collocata nel pieno centro della capitale lettone. Si tratta di un complesso polifunzionale che ospita sia spazi espositivi che attività di tipo culturale e didattico (sale espositive, un teatro, ambienti per seminari e concerti). La particolarità della strategia adottata in fase di progetto consiste nell'interpretare la preesistenza non solo come elemento di conservazione quasi integrale, ma come “frammento” da inglobare all'interno della nuova conformazione spaziale. Anche dal punto di vista funzionale esiste una forte continuità e relazione tra vecchio e nuovo impianto. Nella struttura preesistente vengono inserite le funzioni educative (sale workshop e sale lettura, una libreria), un punto ristori e gli uffici dell'amministrazione, mentre nella nuova estensione vengono collocati gli spazi espositivi ed i locali commerciali. Il nuovo edificio occupa una superficie di circa 4000m2 e si presenta come una piastra metallica orizzontale molto regolare, con chiusure verticali in vetro, che ingloba e contiene la vecchia centrale come cuore del museo, sia in senso simbolico che funzionale. Pur mantenendo una forte connotazione conservativa, le operazioni di demolizione non mancano: relativamente all'edificio della centrale queste hanno coinvolto principalmente le partizioni interne, mentre esternamente sono state rimosse alcune strutture secondarie che avrebbero interferito con i percorsi degli spazi espositivi.

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Maison Folie di Wazemmes, Lille Anno, luogo, progettista

2002, Lille, Nox architects

Attività produttiva dismessa

Ex fabbrica tessile

Nuova attività insediata

Spazio polifunzionale per l'arte

Contesto della trasformazione

Area peri-urbana

Caratteri della preesistenza

Edificio in mattoni, elementi formali tipici nel tipo di muratura e nella presenza di ciminiere.

Strategie di riuso adottate

Annessione, rivestimento scultoreo, contrasto formale e materico, percorsi interni, programma polifunzionale stabilito tramite processi partecipativi (valore identità locale).

Questo progetto di riuso riguarda la trasformazione di una ex fabbrica tessile collocata in un quartiere periferico della città di Lille. L'intervento, che rientra in un programma comunale per l'attivazione di poli strategici nelle aree peri-urbane, ha come obbiettivo la creazione di una nuova e riconoscibile identità locale attraverso la trasformazione della ex fabbrica in centro polifunzionale per l'arte. Il progetto prende il nome di Maison Folie e prevede un programma funzionale eterogeneo, che comprende laboratori artistici, spazi per il teatro, servizi, un ristorante ed un bagno turco. Alla mixitè funzionale si contrappone la scelta di conservare la semplicità della spazialità interna, al fine di ottenere spazi versatili a diverse configurazioni. Nella

trasformazione

l'impianto

della

fabbrica

viene

sostanzialmente

conservato. Questo si compone di tre principali corpi di fabbrica, attraverso cui si snoda un percorso interno che, nel progetto di riuso, diventa spazio di distribuzione ed al contempo spazio pubblico utilizzabile per concerti o eventi all'aperto. Attraverso la ricomposizione dei margini del lotto e dei percorsi interni il progetto instaura relazioni spaziali con la morfologia del tessuto urbano e con il paesaggio circostante, aumentando il senso di integrazione con l'identità urbana. Un ruolo particolare, e strategico dal punto di vista del valore identitario, è affidato al nuovo rivestimento metallico che ricopre in alcuni punti la muratura esistente. Questo funziona sia come struttura di sostegno per le scale di sicurezza, sia come membrana tecnologica e scultorea capace di attribuire una nuova immagine “non sradicabile” all'intero complesso. Dal punto di vista materico e formale l'intervento dialoga con il contesto urbano per analogia, attraverso il mantenimento delle murature in mattoni a vista; ma anche per contrasto, grazie all'inserimento della pelle metallica che avvolge i due edifici principali lungo il fronte stradale.

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Atelier d'Architettura Bofill, Barcellona Anno, luogo, progettista

1975, Barcellona, Ricardo Bofill

Attività produttiva dismessa

Ex Cementificio

Nuova attività insediata

Atelier multidisciplinare di architettura

Contesto della trasformazione

Area urbana periferica

Caratteri della preesistenza

Edificio in cemento, elementi formali tipici: silos, ciminiera, travature in cls.

Strategie di riuso adottate

Demolizione parziale, estensione e integrazione, analogia volumetrica, contrasto formale e materico.

Questo progetto di riuso riguarda la trasformazione di un ex cementificio collocato a Saint Just Desvern, sobborgo industriale della città di Barcellona. L'intervento consiste nella trasformazione della vecchia struttura, risalente ai primi del Novecento, in uno studio di Architettura a carattere multidisciplinare, ed è stato guidato sia in fase di progetto che nella gestione attuale dall'architetto spagnolo Ricardo Bofill. Il complesso originario era composto da più di 30 silos, gallerie sotterranee e gigantesche sale-macchine e risultava in disuso gia all'inizio degli anni '70. L'intervento ha previsto una prima fase di demolizione che ha interessato principalmente gli elementi in forte stato di degrado. Le parti ancora integre strutturalmente sono state invece mantenute e adattate ai nuovi usi. Otto silos sono stati adibiti a uffici, sale riunioni, locali tecnici, laboratorio per la creazione dei plastici, archivi e una zona soprannominata "La Cattedrale" per la sua monumentalità, destinata ad ospitare mostre, concerti, proiezioni e ogni sorta di evento culturale legato all'attività professionale dell'architetto. La struttura del cementificio, estremamente evocativa sia per le sue forme imponenti che per la forza espressiva del cemento lasciato a vista, è stata integrata attraverso l'estensione di alcuni volumi che dialogano per analogia con quelli esistenti grazie all'utilizzo di geometrie pure che completano il sistema compositivo e permettono di sviluppare un programma funzionale complesso e articolato. Le superfici murarie sono state integrate con una serie di aperture verticali; queste aperture utilizzano un registro formale estraneo alla preesistenza (come d'altronde è lo stesso elemento finestra) che attinge addirittura dal repertorio dell'architettura gotica, proponendo aperture strette e alte dove sono state inserite successivamente delle bifore.

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Ogni elemento della composizione evoca i caratteri di un “luogo magicoâ€?, che sembra incastrato in un tempo non meglio identificato. Questa sensazione è amplificata dalla ricca vegetazione che è stata inserita negli anni, sia a livello del suolo che in diversi punti della copertura. Dal punto di vista dell'inserimento nel contesto urbano non ci sono forti relazioni, in quanto il complesso si presenta piĂš come una struttura privata che come polo culturale. Tuttavia la presenza di una ciminiera segna visivamente la presenza dell'atelier, ponendosi come punto di riferimento all'interno del contesto urbano.

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Frosilos, Copenhagen Anno, luogo, progettista

2005, Copenhagen, MVRDV

Attività produttiva dismessa

Ex granili

Nuova attività insediata

Residenziale

Contesto della trasformazione

Area urbana portuale

Caratteri della preesistenza

Due silos in cemento armato, diametro di circa 20 mt

Strategie di riuso adottate

Conservazione del vuoto programmatico, annessione, integrazione, rivestimento hi-tec.

La trasformazione dei Frosilos a Copenhagen prevede la conversione della ex-struttura industriale in edificio residenziale. La forza del progetto risiede nella chiarezza della strategia di intervento la quale consiste nel completamento della struttura tramite l'inserimento di nuovi volumi residenziali all'esterno del nucleo esistente in calcestruzzo. La particolarità della struttura dei silos è proprio quella di racchiudere un volume cilindrico con un muro perimetrale in calcestruzzo che assolve sia la funzione strutturale che quella di chiusura verticale. Diversamente da altri progetti di riuso di questa tipologia, la nuova funzione viene installata all'esterno del muro perimetrale. Questa inversione permette di non dover “bucare” il muro in calcestruzzo per inserire tutte le finestre degli appartamenti, perché le uniche aperture necessarie sono in questo caso quelle di accesso ai ballatoi

di

distribuzione

e

quindi

alle

scale.

Allo stesso tempo questa impostazione permtte di conservare il volume interno al silo quasi completamente vuoto, fatta eccezione per i corpi scala inseriti in modo irregolare in punti diversi del perimetro, a seconda del piano con i quali sono collegati. Tutti gli elementi di ostruzione sono quindi posti all'interno del silo. Ascensori, scale, tubazioni e condutture trasformano l'atrio interno in una super struttura verticale, atrio futuristico sovrastato da una copertura trasparente.

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Guangdong Floating Glass Factory, Guangdong Anno, luogo, progettista

2014, Guangdong, O-OFFICE Architects

Attività produttiva dismessa

Fabbrica di vetro

Nuova attività insediata

Percorsi espositivi

Contesto della trasformazione

Area urbana

Caratteri della preesistenza

Silo in cemento e in metallo disposti linearmente

Strategie di riuso adottate

Conservazione del vuoto, percorsi di esplorazione, spazi espositivi, intervento leggero e quasi distaccato dalla preesistenza.

La riconversione dell'ex Guangdong Floating Glass Factory è un esperimento di riscoperta dello spazio perduto condotta attraverso l'esplorazione architettonica di reliquie industriali contemporanee. Nuove possibilità per l'architettura e l'urbanistica nel contesto della regione cinese di Guangdong. La fabbrica si compone di una sala principale di produzione ed un magazzino per la sabbia. La manica principale lunga 78 metri è composta in pianta da tre parti: due silos con struttura in acciaio di 5,4 metri di diametro sul lato ovest , quattro silos di cemento di 14 metri di diametro al centro, e all'estremità orientale, una torre per la distribuzione verticale. In elevazione l'edificio si sviluppa su tre livelli: il livello del suolo, la base dei silo a 6 metri di altezza, e il percorso sulla copertura posto a 30 metri di altezza. Il progetto ha cercato di introdurre un itinerario-percorso singolare all'interno di questo gigantesco manufatto industriale . Una serie di installazioni spaziali senza peso , trasparenti ed astratte, sullo sfondo del vuoto lasciato dal sistema di produzione della funzione industriale. Ponti, rampe , scale , terrazze e pareti sono state costruite per articolare le scoperte e gli intervalli degli spazi originari . Tutti gli interventi sono leggeri , tranquilli e moderati , senza svegliare il fantasma industriale che dorme.

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Strategie relazionali: Il progetto di riuso come ricerca di nuove relazioni “ Il paesaggio industriale è un fenomeno urbano e territoriale che costituisce un ambiente con dei propri caratteri specifici, manifestando non solo la presenza di elementi autonomi, di iconemi, ma mostrando anche diversi gradi di relazionalità che sono il segno fisico di un preciso ordine d'uso e di appartenenza a quel territorio. Ma il paesaggio è anche caratterizzato dal cambiamento, dalla mutazione, dalla continua riscrittura e ri-teritorializzazione dei suoi spazi.” (3) Operare una trasformazione sulle aree industriali dismesse comporta la necessità di guardare ai diversi tipi di relazioni che l'oggetto dismesso instaura con il proprio contesto, ai fini di selezionare quei valori, espliciti o potenziali, che questo possiede sia dal punto di vista fisico (spaziale, formale, materico) che concettuale (storico, identitario). Questa necessità, dal punto di vista della pratica progettuale, si traduce generalmente in una compresenza di diverse strategie e diversi tipi di relazioni che è possibile attivare nella trasformazione. “ bisogna sostituire ruolo, funzione e significato degli edifici per adattarli a nuove realtà abitative e produttive […] a queste categorie si affiancano nuovi valori, quali permanenza, identità e relazioni locali che costituiscono la differenza tra uno spazio vivo ed uno atopico.” (4)

Relazioni di scala Esistono diversi tipi di relazione che possono essere individuati ed interpretati come elementi di persistenza o variabilità nel progetto di riuso, sia alla scala architettonica che urbanistica. Una modalità relazionale che concorre alla definizione di una strategia di progetto in ambito di riuso industriale riguarda le relazioni di scala, ossia il rapporto tra la grande dimensione dell'insediamento industriale e quella, generalmente più contenuta, del tessuto urbano circostante. Tali rapporti vanno letti sulla base della morfologia sedimentata nel tessuto urbano, determinata sia dalla stratificazione delle diverse attività insediate nel processo di territorializzazione, che dalla presenza di sistemi ambientali specifici. In alcuni casi può essere lo stesso edificio industriale a definire con la sua presenza una differenza dimensionale con il tessuto urbano (la Tate Modern di Londra piuttosto che la Contemporany Art Tower di Vienna). Una strategia possibile in questi casi è quella che tende a preservare il contrasto dimensionale tra elemento industriale e tessuto urbano, reinterpretando la

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differenza di scala come elemento di riconoscibilità all'interno dell'organismo urbano. La differenza di scala è dunque un elemento che può essere valorizzato ai fini del progetto, perché capace di instaurare relazioni con un contesto urbano esteso, permettendo di inserire l'intervento all'interno di una rete di elementi simbolici che assumono

un

ruolo

di

riferimento

per

l'intero

contesto

territoriale.

L'edificio come contenitore vuoto “La separazione tra involucro e struttura è una conquista della modernità ed è resa possibile dalle nuove tecnologie del ferro e del cemento che derivano dalla rivoluzione industriale e che in seguito vengono applicate nel processo costruttivo industriale” promosso con il movimento moderno.”(5) L'edificio industriale è pensato come oggetto che serve a contenere i grandi macchinari per la produzione. Essendo inoltre legato ad un sistema produttivo che è in continua evoluzione questo porta in se un carattere di temporaneità,

di

modificabilità, permessa dall'autonomia degli elementi costruttivi. Questa caratteristica rende gli edifici industriali particolarmente adatti a progetti di riuso, in quanto generalmente questi offrono locali molto ampi e strutture

facilmente modificabili o ampliabili; ma il loro potenziale non è soltanto nella capacità di contenere. Attraverso l'osservazione dei casi studio emerge infatti come spesso sia proprio il vuoto interno “programmatico” (cioè corrispondente al programma funzionale della fabbrica) un valore capace di adattarsi funzionalmente e simbolicamente al nuovo scenario di trasformazione. É il caso della centrale elettrica di Londra, oggi Tate Modern, dove la grande sala turbine diventa una sorta di piazza coperta ad uso pubblico, oppure similmente per quanto accade nel Museo della Zeche Zollverein, dove alla ex sala macchine corrisponde il grande spazio centrale di distribuzione. Anche il progetto di Frosilos a Copenhagen è un esempio in cui il vuoto centrale viene mantenuto e valorizzato, diventando un spazio distributivo di grande impatto e riconoscibilità. Una differente interpretazione del “contenitore” è invece quella data dal progetto degli ex gasometri di Vienna,

dove lo spazio vuoto viene

sostanzialmente riempito, permettendo l'inserimento delle nuove funzioni ed al contempo il mantenimento della conformazione volumetrica del complesso e

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del suo carattere di edificio industriale in rapporto alla scena urbana. Il concetto di vuoto quindi può ricondursi a due principi o atteggiamenti fondamentali, ossia quello dell'inclusione e quello dello svuotamento. Nel primo caso lo spazio vuoto viene sfruttato come possibilità di inserire elementi nuovi, nel secondo diventa un obbiettivo strategico dell'intervento. Il vuoto come assenza di contenuto rimane in ogni caso un materiale, per quanto grezzo, disponibile alle mutazioni secondo interpretazioni diverse, dove l'assenza assume il valore di un potenziale riempimento lasciando aperte diverse possibilità di uso e funzioni ad esso legate. J. Nouvel parla di "edifici-oggetti,

edifici-contenitore,

immersi e

contenenti uno spazio di tipo nuovo, che sia contemporaneamente tutto e niente, che significhi il meno possibile nell'espressione ed il piu possibile nelle potenzialità; uno spazio che si presterà a tutto ciò che vorremo con pochi mezzi" (6)

L'involucro come pelle mediatica Come si è detto la separazione tra involucro e struttura è una questione esplorata a partire dal movimento moderno, ma è soltanto a a partire dagli anni '80 e '90 che l'involucro architettonico eredita in modo così radicale il ruolo di rappresentazione,

staccandosi dalla struttura anche a livello

concettuale, trasformandosi in oggetto comunicativo capace di produrre un'immagine immateriale e mediatica dell'oggetto architettonico. Molti dei progetti presi in esame adottano questa strategia basata sull'interpretazione dell'involucro come spazio di comunicazione. Questo principio è adottato in maniera particolarmente eclatante nel progetto della Contemporary Art-Tower di Vienna, dove la grande facciata cieca delle torri in cemento diventa uno “spazio pubblico” sul quale proiettare le attività svolte all'interno del museo; ma è presente anche nelle estensioni luminose della Tate Modern, piuttosto che nei rivestimenti scultorei della Maison Folie di Wazemmes a Lile. Un differente approccio nell'interpretazione dell'involucro, come pelle tecnologica capace di assicurare condizioni climatiche adeguate dal punto di 21


vista termico o dell'illuminazione naturale, si trova invece nel particolare rivestimento utilizzato per l'estensione degli Ex granili del Porto di Wurzburg. Un rivestimento che recupera,

reinterpretandole,

sia

alcune

logiche

compositive ereditate dalla preesistenza industriale, sia la sua natura materica attraverso l'uso degli stessi materiali lapidei. Con modalità differenti il rapporto interno-esterno si sposta gradualmente sulle superfici e sulle facciate, aumentando il grado di relazione tra l'oggetto architettonico ed il suo contesto.

La logica del frammento: sovrapposizione e stratificazione Per quanto riguarda l'immagine del frammento questa fa riferimento al filone della cultura post-moderna,

dove ciascun elemento anche se

decontestualizzato contiene una propria identità specifica che può diventare materiale utile all'elaborazione del progetto. “L'edificio

esistente

può

essere

integrato,

continuato,

scomposto

e

ricomposto: nuove parti entrano nello specifico palinsesto modificandone radicalmente il senso.” Più di ogni altro tipo di intervento, il progetto di riuso si caratterizza come continuazione di uno stato precedente. Diventa quindi plausibile la conservazione o la citazione di singole parti, oppure ancora è possibile considerare l'intero complesso come frammento adattabile ad un nuovo contesto (Museo d'Arte Contemporanea di Riga). In questo approccio guadagna spazio il tema della contaminazione e della sovrapposizione tra forme e linguaggi diversi, tema dal quale il riuso dell'edificio industriale può difficilmente sottrarsi per poter operare in termini di progetto contemporaneo. L'esistente, per quanto frammentario e multiforme, è riconosciuto come valore e realtà operante, permettendo al progetto di produrre delle differenze che conferiscono il segno di una nuova identità. Frammentarietà e unicità diventano quindi termini sui quali è possibile costruire un processo progettuale che sia capace di definire il senso e 22


l'identità specifica del luogo a partire dalla identificazione dei frammenti che possiedono un significato riconoscibile, procedendo verso una stratificazione di forme, valori e significati, capaci di relazionarsi alle nuove esigenze del progetto. La modalità della sovrapposizione,

spesso integrata a notevoli

demolizioni, tratta gli elementi architettonici residui come parti da includere o inglobare nel nuovo progetto, che stabilisce un rapporto di tipo strumentale con la preesistenza, attraverso l'attribuzione di un valore esclusivamente memoriale.

Strategie di ampliamento: estensione, annessione, integrazione Quello che in termini generali viene definito come intervento di ampliamento, può essere declinato nello specifico attraverso le modalità di estensione, annessione ed integrazione. In ogni caso questo comporta un superamento dei limiti dell'edificio preesistente e quindi l'occupazione di una parte del contesto circostante tale da modificare le relazioni spaziali che esistevano tra l'edificio e il suo intorno. La modalità dell'estensione si attua attraverso una continuità fisica con la preesistenza, operata secondo la logica dell'analogia formale, compositiva o materica, spesso attraverso la reinterpretazione delle proporzioni originali, utilizzando queste ultime come misura di riferimento. Rientrano in questa categoria i progetti del Museo Kuppersmuhle a Duisburg e gli ex Granili di Wurzburg, dove l'estensione assume il carattere di completamento delle volumetrie esistenti nel rispetto della logica compositiva della preesistenza. L'annessione

di

nuove

parti

alla

struttura

originaria

implica

generalmente un maggiore grado di separazione dall'edificio preesistente. Tale atteggiamento può essere risolto attraverso una modalità di relazione dialettica e di contrasto tra vecchio e nuovo, realizzata mediante sostanziali differenze materiche, volumetriche e compositive tra le parti. Tra i casi presi in esame si riferisce a questa strategia il Riga Museum,

dove oltre la

sovrapposizione della nuova struttura metallica amplia la spazialità originaria introducendo una nuova logica formale determinata anche dall'uso di materiali completamente

diversi

da

quelli 23

utilizzati

nell'edificio

originario.


Parlando di integrazione ci si riferisce invece alla trasformazione di singole parti componenti la struttura originaria. L'integrazione spesso viene realizzata sul piano della superficie muraria o con un lieve distacco rispetto ad essa, come elemento capace di evidenziare i caratteri specifici dell'edificio o di instaurare una nuova relazione compositiva che può dialogare con la preesistenza sia in termini di analogia che di contrasto. Questa strategia risulta particolarmente chiara nel progetto di Maison Folie a Wazemmes, dove il rivestimento di facciata diventa un dispositivo capace di instaurare una relazione percettiva inedita, dialogando con la preesistenza in termini di evidente contrasto.

Conclusioni Un obiettivo generale nell'ambito del progetto di trasformazione è quello di instaurare relazioni tra “vecchi e nuovi” insediamenti, sia dal punto di vista fisico-formale che dal punto di vista funzionale e del valore simbolicoidentitario attribuito al luogo. Se il tipo di intervento dipende certamente dai caratteri della preesistenza, dalla nuova destinazione d'uso, dalle caratteristiche spaziali e formali, e dal tipo di contesto in cui opera la trasformazione, esistono comunque alcuni temi ricorrenti che possono suggerire quali strategie relazionali attivare nell'ambito del progetto di riuso dell'edificio industriale. Dall'osservazione dei casi studio sono state dedotte alcune strategie relazionali ricorrenti nel progetto di riuso. Alcune di queste si pongono in relazione con un contesto ampio, che coinvolge interi ambiti urbani, con ricadute alla scala territoriale in quanto capaci di inserirsi all'interno di una rete di polarità urbane. Emerge in questi casi una forte relazione tra la morfologia del tessuto urbano e la dimensione dell'insediamento dismesso. Da questo punto di vista la scala dell'edificio diventa un valore strategico per l'attribuzione di un nuovo significato. Un tipo di relazione che invece riguarda più da vicino l'edificio dismesso e le sue relazioni interne è quello che vede l'edificio come contenitore. In questo caso entrano in gioco le qualità spaziali e volumetriche della 24


preesistenza, il valore del vuoto programmatico come memoria dell'uso industriale ed il tipo di programma funzionale che si vuole attuare. Il tema dell'involucro invece ha una più stretta relazione con il rapporto tra interno ed esterno della struttura. Esso può essere una pelle mediatica con ruolo di rappresentanza, può essere utilizzato come membrana tecnologica, oppure avere entrambe queste funzioni. La logica del frammento si basa invece sulla individuazione di specifiche caratteristiche formali che si ritiene utile mantenere e valorizzare attraverso la loro identificazione, la quale spesso avviene per contrasto. Per quanto riguarda la scelta delle strategie di ampliamento (estensione, annessione, integrazione), questa si basa in parte sulle necessità dettate dal tipo di funzione che si intende inserire, ma è anche dettata dalla presenza di valori formali e dal tipo di linguaggio che si vuole utilizzare nella nuova composizione.

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Note 1 - F. Piemontese, Aree dismesse e progetto urbano. Architettura – Territorio – Trasformazione, Gangemi Editore, Napoli, 2009.. 2 - V. Gregotti, Architettura come modificazione, in Casabella n°498, Milano, 1984 3 - F. Piemontese, op. cit. 4 - F. Piemontese, op. cit. 5 - F. Piemontese, op. cit. 6 - J. Nouvel, Architettura e nulla – Oggetti singolari, Mondadori, Electa, Milano, 2003. 7 - F. Piemontese, op. cit.

Bibliografia di riferimento - F. Piemontese, Aree dismesse e progetto urbano. Architettura – Territorio – Trasformazione, Gangemi Editore, Napoli, 2009.. - B. Secchi, Le condizioni sono cambiate, in Casabella n° 498, Milano 1984. - B. Secchi, Prima lezione di Urbanistica, Laterza, Bari, 2000. - V. Gregotti, Architettura come modificazione, in Casabella n°498, Milano, 1984 - J. Nouvel, Architettura e nulla – Oggetti singolari, Mondadori, Electa, Milano, 2003.

Fonti iconografiche Le fotografie dei progetti provengono: dalla pubblicazione di F. Piemontese gia citata in bibliografia, dai siti web archiportale.it, europaconcorsi.com, e dai siti web degli studi professionali di Architettura che li hanno realizzati.

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