Fortezze Veneziane a Creta

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N. 133 • 2016 • € 15,00

FORTEZZE VENEZIANE A CRETA


Agia Triada, antico monastero fortificato.


Gramvousa, portale di accesso alla fortezza. Sotto dettaglio del Leone veneziano che campeggiava all'ingresso.


Gramvousa, portale di accesso alla fortezza.


FORTEZZE VENEZIANE A CRETA S LE TRE VENEZIE Testata giornalistica multimediale di cultura, storia, arte e turismo

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Frangokastello, particolari interni del castello.

O La fortezza di Spinalonga.

Registrata al Tribunale di Treviso con il n. 936 in data 27.9.94 Iscritta al R.o.c. al n. 12479 già Registro Nazionale della Stampa

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DOMINAZIONE VENEZIANA A CRETA

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CANDIA

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CHANIÀ

Numero 133

Editore Le Tre Venezie Editoriale S.c. Iscrizione albo cooperative n. A155114

Direttore editoriale e Direttore responsabile Tonino Bortoletto

Direzione Via Zermanese, 161 31100 Treviso tel. e fax +39 0422 404807 tel. +39 0422 348142 indirizzo e-mail: letrevenezie@letrevenezie.com letrevenezie@letrevenezie.net

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Direttore editoriale edizione on-line Andrea Angelini

Condirettore Valeria Bortoletto

Redazione Paolo Belvedere Marialuisa Bortoletto Giuseppe Franco Marino Piovanello Massimiliano Spolaore

Collaboratori Eleonora Pandolfelli Maria Grazia Dallago Franco Caramati Michele Buonsanti Gabriele Beltrame Giancarlo Pronovi

Stampa La Grafica Faggian srl

Candia, la fortezza veneziana di Hiraklion.

Retimo, porta di accesso alla fortezza.

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CASTELLI E FORTEZZE

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VILLE E MONASTERI FORTIFICATI

Questa pubblicazione è stata realizzata con il "Contributo della Regione Veneto L.R. N. 1/2008 art. 25" © Le Tre Venezie Editoriale scarl. Tutti i diritti riservati.


1204-1669

La dominazione veneziana a Creta Da base commerciale per l'Oriente a centro culturale per tutta Europa.

Campodenno, Castel Belasi.

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’isola di Creta era stata donata nel 1204 al marchese Bonifacio di Monferrato, comandante in capo della Quarta Crociata, dall’imperatore bizantino Angelo Alessio il Giovane come ricompensa per averlo aiutato a imporsi come imperatore di Bisanzio. I veneziani, con l’obiettivo di affermare il loro potere sulle parti dell’impero che avevano maggior valore strategico, si attivarono per ottenere la sovranità su Creta; nell’agosto del 1204, la Serenissima concluse con il marchese Bonifacio di Monferrato la cessione dell’isola piu altri possedimenti, in cambio di 1000 marche d’argento, pari ad oltre due quintali d’argento. Nella nuova colonia il Senato Veneto inviò subito Giambattista Tiepolo “… uomo per prudenza et per autorità illustrissimo, et fu il primo che in Candia havesse il regimento ducale..”

A Creta i veneziani cercarono di instaurare un regime che fosse duraturo nel tempo e che permettesse loro di contare sull’isola come base di commercio per tutto l’Oriente e per tutte le operazioni militari nell’area dell’Egeo. A tale scopo diedero all’isola una struttura politica sul modello della Serenissima e attivarono un tessuto sociale che garantisse una relativa stabilità. Il governo dell’isola era affidato al Duca, nominato direttamente da Venezia,che risiedeva a Candia, la capitale. Il suo compenso era di 1.000 ducati e anche nei suoi riguardi Venezia era molto severa: non poteva fare commerci, né ricevere regali e il numero dei suoi cavalli era controllato. Il Duca era coadiuvato da alcuni consiglieri i quali, assieme a lui, costituivano la Signoria. Le prime immigrazioni di coloni veneziani a Creta

Chanià (o La Canea), porto veneziano. Fu costruito tra il 1320 ed il 1356 e ampliato nel XVI secolo, Non ebbe mai grande importanza a causa delle sue acque poco profonde. È formato da due darsene separate da un molo. Sul bacino orientale si trovano gli arsenali veneziani utilizzati per la costruzione delle galere. La darsena occidentale a forma di mezzaluna è oggi nulla più che un luogo turistico, circondato da ristoranti con tavoli all'aperto ove si incontrano di sera turisti di passaggio e studenti locali. Il faro all'ingresso del porto è una costruzione moderna edificata sulle fondazioni dell'antico faro veneziano.

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Chanià, bastione fortificato nei pressi della darsena occidentale. Situato su un'altura che domina la darsena.

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iniziarono a partire dal 1211, con poco piu di 200 coloni, la maggioranza era composta da nobili e il resto da cavalieri, fanti e popolani. I nobili a cui Venezia affidava lo sfruttamento e il governo del nuovo regno appartenevano ai più bei nomi delle famiglie nobili veneziane: Barbarigo, Corner, Dandolo, Gradenigo, Querini, per citare solo alcuni nomi famosi. Essi erano i rami cadetti a cui la famiglia stessa affidava il compito di allargare i possedimenti e mantenere proprie basi logistiche per lo sviluppo del commercio che intrattenevano con l’Oriente. L’intera isola era stata divisa in 132 feudi di cavalleria destinati ai nobili e 408 feudi di serventeria riservati ai popolani. Tutti rientravano all’interno della giurisdizione del castellano a cui era affidata la difesa della castellania. Il feudo era concesso con piena libertà di uso e poteva anche venir donato, permutato o venduto, salvo naturalmente che agli indigeni. Annesso a ogni feudo c’era un certo numero di contadini che nonostante fos-

sero liberi erano tenuti a gravose prestazioni personali, le cosiddette “angarìe”, non solo verso il cavaliere, ma anche verso lo stato. C’erano, poi, i villani o “parici”, veri e propri servi della gleba che potevano essere anche oggetto di vendita e su cui il signore disponeva della vita e della morte. Tale organizzazione, a tutto vantaggio dei nobili veneti, venne a creare un forte antagonismo con i signori feudali locali, ossia gli “arconti” delle antiche famiglie bizantine di origine costantinopolita, come i Calergi, i Vlast, i Mousouri, gli Skordili, i quali erano stati praticamente defraudati dei loro antichi possedimenti. Proprio qui va cercata l’origine vera delle numerose rivolte dei primi secoli di dominio veneto fomentate dai nobili spodestati che si fecero interpreti del risentimento popolare contro il regime coloniale da cui si sentivano esclusi non potendo far parte dal Gran Consiglio cretese, a cui spettavano tutte le decisioni politico-economiche dell’isola. Dopo varie rivolte susseguitesi nei primi due secoli


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si dovrà giungere agli ultimi decenni del quattordicesimo secolo per parlare di una relativa tranquillità e stabilità del governo veneziano che portò a mano a mano, a miglioramenti nei rapporti tra greci e latini contribuendo così allo sviluppo dell’agricoltura, dei commerci e al nascere di una classe “borghese” di artigiani, mercanti, professionisti e artisti cretesi che presero parte attiva alla trasformazione degli antichi borghi in vere e proprie città con una vivace vita sociale che li riuniva in corporazioni o “gilde” ognuna con un santo protettore e una chiesa. Nel frattempo la caduta dell’impero latino di Costantinopoli per mano dei turchi, nel 1453, faceva svanire ogni aspirazione dei cretesi a una ricongiunzione con l’antico impero bizantino mentre il nuovo splendore di Venezia, che in patria entrava nel massimo periodo della sua potenza, influenzò sempre di più l’isola e i suoi abitanti per i quali, insieme alla pace, iniziò un periodo di grande benessere. Nell’isola si producevano in abbondanza prodot-

ti agricoli, in particolare vini pregiati, che venivano esportati in tutta Europa. Il centro propulsore dei commerci era naturalmente la capitale, Candia, il cui porto era attrezzato per sviluppare un volume ragguardevole di traffici. La sua funzione più importante era innanzitutto di difesa grazie alla capacità di accogliere da quaranta a sessanta navi di medio cabotaggio, oltre che di cantiere navale, per via della grande estensione degli arsenali, che ancora oggi danno un’idea della loro antica ampiezza e maestosità. Ma ciò che rendeva unico il porto di Candia in tutto l’Egeo era la sua funzione di “interporto” sia per il traffico della Serenissima, che per quello privato: i suoi magazzini erano pieni di merci locali : grano, vino, canna da zucchero, cotone, formaggi, ma anche di merci in transito da e per Venezia, come sete, spezie, pepe, cannella. Nel secolo Sedicesimo e in parte del Diciassettesimo l’isola raggiunse il massimo del suo splendore artistico, culturale e urbanistico. Nacquero allora, nelle

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Retimo, veduta del porto dalla fortezza veneziana.

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principali città, centri culturali di grande levatura: le Accademie. Esse funzionavano come una sorta di “società letterarie” i cui membri dissertavano di letteratura e arte mantenendo stretti contatti con l”intellighenzia” europea. L’isola dovette però ben presto fare i conti con un nuovo elemento di grande preoccupazione rappresentato dalle continue imprese dei turchi i quali, avendo conquistato ormai tutti gli antichi possedimenti del vecchio impero bizantino, cominciarono a volgere il loro interesse all’ avamposto del dominio veneto nel Levante. Venezia stessa, che dopo la scoperta dell’America aveva visto a poco a poco diminuire il proprio ruolo di regina incontrastata dei commerci nel Mediterraneo, non era più in grado di assicurare alle proprie colonie e in particolare a Creta, un supporto economico adeguato che permettesse il mantenimento di un esercito e una flotta pronti a ogni attacco nemico.

Il pretesto dell’invasione turca era stato la cattura di una nave che trasportava pellegrini in viaggio verso La Mecca da parte dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Malta. I turchi reagirono all’affronto e dispiegarono ingenti forze per l’assalto dell’isola: un centinaio di navi da guerra e trecentocinquanta da trasporto, un esercito terrestre di cinquantamila uomini che comprendeva settemila giannizzeri, la temutissima guardia del sultano, che capitanati da Murat Aga puntarono su La Canea. La città resistette con coraggio, ma l’assedio alle mura e alla fortezza divenne sempre più pressante e nel giro di due mesi fu patteggiata una resa onorevole e la bella città e i territori circostanti caddero in mani nemiche. Anche Retim o fu conquistata nel giro di pochi mesi e nel 1648 quasi tutta l’isola, a esclusione della città di Candia, e delle tre aree costiere di Grambousa, Suda e Spinalonga era sotto il controllo ottomano. L’avvi-


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cinamento a Candia, la capitale del regno, avvenne gradualmente: i turchi erano consapevoli della sua grande potenza difensiva e marinara e per sedici anni, dal 1650 al 1665, cercarono in tutti i modi di farla capitolare. A Candia tutta la popolazione partecipò alla lotta contro il nemico e gli atti di coraggio da parte di tutta la popolazione e del clero ortodosso, che combatté accanto ai veneziani, furono numerosi. Alla fine del 1667, nella fase finale dell’assedio, la città era ormai distrutta dai cannoneggiamenti e affamata dalla penuria di viveri; i turchi logorati da più di vent’anni di guerra, misero in campo uno dei più valenti strateghi della “sublime porta”, il generale Vizier Ahmet Koprulu, mentre da Venezia fu inviato Francesco Morosini, comandante in capo e ammiraglio dalla vasta esperienza. Il colpo decisivo per Candia fu la defezione e il conseguente tradimento di un colonnello veneziano, Andrea Barozzi, che fece conoscere al nemico i punti

più deboli nelle difese delle fortificazioni e costrinse infine Morosini ad avviare negoziati che si conclusero il 16 settembre 1669. Alla popolazione cristiana furono accordati dodici giorni per lasciare la città con il permesso di portare con sé tutto quello che poteva. I termini del trattato inclusero anche una clausola che si rivelò a posteriori preziosissima per la Serenissima: tutto l’archivio di stato del Regno di Candia poteva essere trasportato a Venezia; così cinque navi furono caricate di documenti pubblici e privati, anche se solo tre raggiunsero la madrepatria. Quello che è stato tramandato ha reso possibile rintracciare con sicurezza la storia del lungo dominio veneziano a Creta. Venezia riuscì ancora a conservare per alcuni anni il controllo di tre fortezze: Grambousa, Suda e per ultima Spinalonga, che fu perduta nel 1715, ma non riuscì più a rientrare in possesso del suo amatissimo Regno di Candia.

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La capitale del Regno

Candia Simbolo di bellezza e testimone dalla cultura classica a quella veneziana.

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Candia, la fortezza veneziana di Hiraklion domina il porto della capitale di Creta. La fortificazione veneziana più antica è il Forte a mare (o del Molo) (chiamato anche Koules che significa ,appunto, Forte in turco) costruito nel 1211 per proteggere l'ingresso al porto. Questa fortezza fu danneggiata dal terremoto del 1303 e soprattutto "aggiornata" e rinforzata durante il XVI secolo nel 1523. Dopo la conquista turca venne usata come prigione. Il perimetro delle mura cittadine è di quasi 3 chilometri e vi si aprivano 4 porte. Dei 7 bastioni il più imponente e fortificato è il Martinengo nel lato sud della città.

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Candia, la fortezza veneziana di Hiraklion, lato nord.

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Candia, Particolare della Fortezza con immagine del leone di San Marco.

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a veneziana Candia (l’odierna Hiraklion), “nobilissima per habitationi” è oggi una moderna città impreziosita da interessanti testimonianze veneziane. L'attuale insediamento di Hiraklion risale all'epoca classica, durante la quale si chiamò Hirakleia, in onore di Ercole, figlio di Zeus che la leggenda vuole sia morto proprio sul vicino Monte Juktas che domina la città. Conquistata nel 824 d.C. dagli arabi, la città prese il nome Khandak, dalla trincea che la circondava, e tale rimase sotto la dominazione bizantina, mentre i veneziani la trasformarono prima in Candica e poi definitivamente in Candia. Le memorie più interessanti del periodo veneziano sono concentrate nel raggio di un centinaio di metri. La Fontana Morosini, che possiamo senz’altro eleggere a simbolo della città, da sempre punto d’incontro della cittadinanza, imponente per la bellezza dei suoi marmi, attualmente valorizzata da un restauro che ne mette in risalto le sculture. La sua storia è significativa per la vitale importanza che all’epoca, in una città dove per almeno sei mesi all’anno non piove mai, avevano le fontane come unico mezzo di approvvigionamento idrico della popolazione. Francesco Morosini, che nel 1626 era Provveditore di Candia, fu il primo ad accorgersi della situazione disastrosa in cui versava la città che, a causa della scarsità d’acqua, prestava il fianco a una debole resistenza in caso di assedio. Grazie alle indicazioni ricavate da

una relazione di Latino Orsini, che in una sua visita all’isola aveva favoleggiato della ricchezza d’acqua del vicino monte Juktas, Morosini si recò sulla montagna e rilevò la possibilità di servirsi dell’abbondante fonte d’acqua situata nei pressi della località denominata Madonna di Caridachi. I lavori dell’acquedotto iniziarono il primo gennaio del 1627. Le sorgenti erano tre: quella di Pelechiti, la più lontana, quella di San Giovanni e quella di Caridachi. Quest’ultima, attraverso un ponte di quarantotto passi a due ordini di arcate, si ricongiungeva alle altre due a un miglio dalla sorgente più lontana; quindi l’acquedotto proseguiva fino a Candia. L’opera fu compiuta in soli quattordici mesi coprendo una distanza di sei miglia (ma l’acquedotto ne misurava nove) con una spesa di tredicimila reali. La fontana, collocata nel mezzo di Piazza San Marco, oggi Platia Venizelos, di fronte all’omonima chiesa è un’opera di grande architettura: è costituita da otto vasche absidali decorate da figure della mitologia greca, tra cui Europa sul toro, Poseidone, Tritone che cavalca i delfini e altri animali fantastici; in cima era ornata da una statua di Nettuno in marmo greco. Proprio di fronte alla Fontana Morosini lo sguardo è subito catturato dalla bella facciata dell’antico duomo di San Marco, edificio dalle forme cinquecentesche con davanti una loggia ad arcate, attualmente utilizzato come pinacoteca comunale. Questa chiesa, al pari della sua maestosa omonima


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veneziana, era “libera a servitude sancte matris ecclesie- libera dalla servitù di Santa Madre Chiesa”, quindi indipendente dalla chiesa romana tanto che proprio qui i magistrati, con solenni cerimonie, assumevano il comando e giuravano fedeltà alla Serenissima e i cittadini veneziani pregavano il patrono di preservare la patria dalle calamità e dai nemici. La costruzione dell’edificio fu iniziata nel 1239 e terminata cinque anni dopo nel 1244, ma fu più volte distrutto da terremoti e sempre prontamente ricostruito. L’interno è solenne, a pianta rettangolare con due file di sei arcate ogivali sorrette da possenti colonne in marmo di cui solo le due ultime risalgono al Quattordicesimo secolo, mentre le altre sono rifacimenti del periodo turco. Nell’area un tempo riservata all’altare si trovano antiche tombe di notabili veneziani recanti scolpite le sagome dei defunti. A sinistra dell’ingresso è collocato uno splendido portale che però non ha nulla a che vedere con la chiesa, ma appartiene a un antico palazzo veneziano: Palazzo Ittar. Poche decine di metri dopo San Marco, scendendo verso il porto, si staglia sulla destra in tutta la sua imponenza la Loggia veneziana, al tempo prestigioso ornamento della città, punto di incontro per trattative d’affari, proclamazione di bandi o più semplicemente per accogliere ospiti illustri. La prima costruzione della Loggia risale ai primi decenni del ‘500, ma nel corso degli anni subì vari danni a seguito di terremoto. Solo nel 1627 Morosini, che pro-

babilmente utilizzò un progetto del famoso architetto Sanmicheli, risalente al suo periodo di permanenza a Candia dal 1538 al 1539, ne promosse la ricostruzione che restò in piedi in tutto il suo splendore anche dopo la presa di Candia da parte dei turchi. Successivamente l’incuria del tempo la rese pericolante e agli inizi del Novecento, grazie all’interessamento di Venezia, fu effettuata una ristrutturazione dalle sue fondamenta rispettando la precedente struttura, e ridando vita a questa importante testimonianza veneta, che è stata addirittura paragonata alla basilica palladiana di Vicenza. Nel lato ovest della Loggia è ancora visibile la Fontana Sagredo dal nome del Duca Zuanne Sagredo che, nel 1602, arricchì Candia con questa fontana facendo inserire una lastra con figura femminile che regge uno scudo e una mazza che probabilmente dovevano simboleggiare l’isola di Creta. Della fonte, ormai disseccata e conservata in condizioni poco felici, resta solo la scritta quasi cancellata dal tempo : “cura Sagredi profluit ista ducis” (questa fontana sgorga per volontà del duca Sagredo). Proseguendo verso il mare, si percorre l’antica Ruga Maestra, l’attuale Odos 1821, non più ornata da palazzi di epoca veneziana, ma ugualmente imponente per la presenza di edifici neoclassici che negli ultimi anni sono stati restaurati ridando dignità a questa strada storica. L’abbellimento della capitale del Regno di Candia stette molto a cuore alla Serenissima che fin dai

Candia, Fontana Morosini simbolo della città, da sempre punto d’incontro della cittadinanza.

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Candia, Loggia veneziana punto di incontro per trattative d’affari, proclamazione di bandi o piÚ semplicemente per accogliere ospiti illustri.

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Candia, Loggia veneziana dettagli del porticato.

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primi tempi del proprio insediamento ordinò che tutte le case, in particolare quelle allineate lungo la Ruga Maestra e sull’altra parallela che da san Tito scendeva al porto, dovessero avere le facciate di pietra. Alla fine della Ruga Maestra, sul mare si staglia la Rocca a Mare con le sue mura merlate, punta avanzata di un’estesa fortificazione di mura che cingeva tutta la città. A poche centinaia di metri dalla Rocca veneziana, di notevole interesse è il convento di San Pietro, fondato nei primi anni della dominazione veneziana dai frati domenicani. Questo complesso monastico, di cui restano imponenti testimonianze nella sagoma della chiesa principale e in buona parte dei muri perimetrali, è oggi in buona parte restaurato. La sua struttura originale presentava una navata centrale, protetta da quindici capriate dipinte e terminanti con un coro, con parecchi altri locali ai lati; il campanile sorgeva nella parte orientale. L’itinerario di visita non può mancare altre due splendide fontane che arricchivano Candia, situate in due parti diverse della città: la Fontana Priuli e la Fontana Bembo. La Fontana Priuli, nell’antico quar-

tiere ebraico, detto della Dermatà, è incastonata tra un muro e una vecchia casa di origine turca nella prima traversa a sinistra di Odòs Gorgolaini. Raffinata opera rinascimentale, essa fu tra gli ultimi contributi veneziani all’isola; la sua costruzione risale a metà Seicento, durante l’assedio della città, quando i turchi distrussero le condotte che portavano l’acqua nell’abitato per assetare gli abitanti. Progettata dall’ingegnere Verneda secondo il modello di un tempio greco, la fontana ha un ricco frontespizio compartito tra colonne e pilastrini che reggono un timpano triangolare, nel cui mezzo vi è una lapide commemorativa, con due nicchie laterali. Nel centro storico, alla fine di Odòs 1866 in Platia Cornarou, si trova la Fontana Bembo, nelle immediate vicinanze di un antico bagno turco. La fontana fu eretta nel 1588 da Giovanni Bembo, che fece utilizzare marmi provenienti da resti romani di Ierapetra, tra cui una statua acefala e un sarcofago che assunse la funzione di vasca. La fonte è incorniciata da quattro semicolonne, ai suoi lati stemmi di famiglie veneziane, sormontati da una testa leonina e dal leone alato simbolo di Venezia.


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Candia, Fontana Sagredo. Costruita da Giovanni Sagredo duca di Creta tra il 1602 e il 1604 per gli aristocratici che visitavano la Loggia. In origine era situata nei pressi della Chiesa di San Tito.

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Candia, la Chiesa di San Tito si trova nella omonima piazza ed è dedicata al patrono dell'isola. Si tratta di un bellissimo monumento con richiami architettonici occidentali e orientali, costruito durante il periodo bizantino. In basso la Basilica di San Marco costruita dai veneziani nel XIII secolo ma a causa di diversi terremoti fu più volte ricostruita e durante la dominazione ottomana fu trasformata in moschea. Oggi è un’importante galleria d’arte.

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Candia, Inteni della basilica di San Marco F O R T E Z Z E V E N E Z I A N E A C R E T A


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Candia, Fontana Bembo.

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Candia, Porta di Ges첫 o Kenourgia.

Candia, Portale di accesso ai cortili interni ai bastioni.

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Candia,Il bastione Martinengo. Fu una delle piĂš munite opere di difesa della cittĂ di Candia. Situato in posizione strategica, subĂŹ il carico della principale direttrice di attacco dell'esercito turco. Le sue mura furono bombardate con pesante insistenza, gravemente danneggiate e sempre ripristinate dai difensori con la massima cura durante tutto l'assedio.

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La Venezia d'oriente

CHANIÀ (o La Canea)

Patrimonio di memorie e storia veneziana.

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Chanià, porto veneziano con sulla sinistra gli antichi arsenali e sulla destra il centro cittadino.

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hanià, l'antica Kydonia, era in origine un insediamento tardo minoico-dorico, i cui abitanti, i Kydoni, discendevano dal re Cidone che, secondo la leggenda, era figlio di Ermes e di Acacallide, una delle figlie del re Minosse. La città continuò a fiorire sotto il dominio dei Romani e quando i veneziani nel 1252 insediarono la loro colonia non fecero che ricostruire le antiche mura mantenendo inalterato l'assetto urbanistico preesistente. La nuova città fu denominata La Canea. Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento la città raggiunse il suo massimo splendore tanto da farle meritare il nome di Venezia d'Oriente. Nel 1610 nella sola città vecchia, oltre ai notevoli edifici pubblici, a una quindicina di chiese cattoliche e a una quarantina di chiese greche, c'erano ben novan-

tasette palazzi in stile veneziano sparsi ai lati del “corso”- la strada principale e della contrada denominata “franca”, così come nelle stradine che si intersecavano dietro al porto veneziano. Un viaggiatore del Seicento così descrive la città: “È questa così bella, che allogiatovi al mio ritorno, la ritrovai di sito simile a Capua e di palazzi non differenti nell'architettura delle facciate di Venezia”. Il fascino della città antica, così come è descritto sopra, è rimasto intatto. Prima di entrare nel porto veneziano si percorre la strada dedicata al famoso pittore cretese Domenico Theotokópulos, più noto come El Greco. Questa si snoda lungo le mura esterne della fortezza, lungo il Bastione San Salvatore da cui prende il nome la chiesetta veneziana un tempo appartenente al monastero di San Salvatore dei Francescani.


CHANIÀ

Questo edificio, oggi sede di una collezione bizantina, custodisce pregevoli frammenti di palazzi veneziani e stemmi antichi. Lasciata questa strada ci si addentra nell’intrico di strette viuzze che hanno conservato il nome di “venetikà stenà” (vicoli veneziani) nelle quali l’impronta veneziana si ripresenta nei bassi sottopassaggi dai portoni ogivali a lunetta con mensole gotiche, nei portali ricchi di decorazioni e fiancheggiati da un doppio ordine di colonne, nelle scale esterne, nelle finestre e balconi a stipiti fiorati. Molto suggestiva l’ubicazione di Palazzo Renieri, in Odòs Moschon, cui si accede attraversando un sottoportico, di cui rimane solo l’antico portone ad arco sormontato dallo stemma della casata e una curiosa iscrizione in latino datata 1608 che riprende un verso di Orazio: multa tulit, fecitque pater, sudavit et alsit et studuit, dulces semper requiescerenat (molte cose soffrì e fece il padre mio, sudò e patì il freddo e studiò, che sia dolce il suo riposo) Il portone si apre in uno slargo alla cui sinistra sorge un piccolo edificio, la cappella del palazzo, denominata Santa Maria dei Renieri, ornata anch’essa da una porticina ogivale tardogotica sormontata da un rosone. In odos Theofanous, in Odòs Angelou si ammirano le case signorili alte e strette che s’affacciano sull’acqua e una in particolare che sfoggia una magnifica scala esterna scolpita a mensoline: tutto questo ci fa pensare ancora una volta a una Venezia “minore”, di sicuro meno sontuosa, ma comunque simile a

un piccolo “teatro” le cui quinte racchiudono un prezioso patrimonio di memorie e storia veneziana. Proseguendo lungo il porto veneziano si arriva in Platia Venizelou, l’antica “piazza” veneziana, all’epoca luogo adibito alle transazioni d’affari dei ricchi mercanti e allo scambio minuto di merci fra il popolo. L’aristocrazia e i notabili, invece, si riunivano sotto la poco distante, Loggia, in odos Zambeliou, di cui esiste ancora la facciata a quattro piani in stile rinascimentale; tra le finestre del piano centrale uno stemma e l’iscrizione: nulli parvus est census cui magnus est animus (non è piccolo il patrimonio di colui che ha un grande animo) Dalla piazza si diramano due strade, un tempo importanti, e oggi pullulanti di negozietti turistici: una, Odòs Kanevaro, l’antico corso veneziano un tempo fiancheggiato dai palazzi dei nobili, si addentra nel quartiere Kastelli e porta al Palazzo del Rettore e al duomo; l’altra, Odòs Halidon, la “ruga magistra”(strada maestra) veneziana, dalla piazza conduce all’antico convento dei francescani. La chiesa del convento è stata trasformata in museo archeologico, anche se rimane intatta la sua struttura interna di basilica sorretta da grandi pilastri in marmo con due piccole strette navate laterali. Di fronte alla chiesa di San Francesco si trovava il convento di Santa Chiara, trasformato, poi, in epoca turca, in “hammam” e come tale ci appare, con le sue due cupolette tondeggianti. Salendo per l’antico corso (Odòs Kanevaro), ci si addentra nel quartiere Kastelli, in cui spicca, in Odòs Lithinon, il magnifico portale

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ChaniĂ , darsena occidentale del porto oggi centro turistico della cittĂ .

Gli antichi arsenali veneziani

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ChaniĂ , faro del porto costruito dai veneziani nel tardo 16 ° secolo. Ăˆ fondato sulla roccia e inizialmente gestito come una torcia di fiamma libera . La sua altezza è di 21 metri e la luce copre una distanza di sette miglia. Si tratta di uno dei piĂš antichi fari nel mondo che sono sopravvissuti fino ai nostri giorni.

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Chanià , la Fortezza Firkas si trova nel quartiere Topanas di Hania, dove abitavano le famiglia piÚ ricche durante l'occupazione turca. Il forte è stata costruito nel 1629 ed è considerato un monumento storico di primaria importanza per Creta. Il 16 febbraio 1897 venne eretta qui la bandiera delle grandi potenze, che si pronunciavano per l'autonomia dell'isola.

Interni della fortezza.

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Scalinata interna alla fortezza.

Chanià, Agorà o mercato comunale è uno dei più importanti monumenti moderni della città di Chanià. È stato costruito nel 1913 sul Bastione Piatta Forma , nel mezzo delle pareti del periodo veneziano. In sostanza questo è stato un grave intervento di modernizzazione e integrazione del vecchio con il nuovo che era in rapida crescita fuori dei muri veneziani.

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Arsenale veneziano, interni.

Arsenale veneziano, deposito.

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Chanià, antichi arsenali veneziani. Gli arsenali veneziani sono tra i monumenti più imponenti nel vecchio porto di Chanià. Sono stati costruiti nel 16° secolo, quando la flotta dei veneziani dominava nel Mediterraneo. La necessità di riparazione della flotta è stata efettuata dagli arsenali veneziani. Nel 1599 il complesso era composto da 17 arsenali, mentre più tardi, iniziò la costruzione di altri cinque a est del porto, gli Arsenali di Moro, come è

stato chiamato il proprio generale supervisore. Gli arsenali veneziani sono grandi costruzioni in pietra con frontale arcuato.Sono aperti al mare, per consentire alle navi di arrivare all’ interno senza ostacoli e sono a volta e comunicano attraverso le aperture ad arco nelle pareti interne. Hanno porte in legno e l’accesso agli arsenali veneziani è possibile da un cancello maestoso alla fine della strada attuale Daskalogianni.

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CHANIÀ

Chanià, Bastione Sabbionera. La città vecchia che si estende intorno al porto era circondata da mura orlate da poderosi bastioni di cui i meglio conservati sono oggi il Bastione Schiavo, San Salvatore e Sabbionera. Le mura furono erette nel 1538 sotto la sovrintendenza di Michele Sanmicheli.

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dell’archivio veneto, costruito nel 1624, recante l’iscrizione: regiminis vigilantia augusta forma constructum archivum (archivio costruito in forme maestose per volere del governo). Svoltato l’angolo in una piazzetta dall’atmosfera seicentesca caratterizzata da un altro bel portale si trovava la residenza del rettore, il cui portone d’ingresso, ornato da semicolonne abbinate, porta sull’architrave la scritta: mora torquet expectantes (con le lungaggini tormenta coloro che aspettano)aforisma contro i tempi lunghi della burocrazia. Sempre a Kastelli in Platìa Agiou Titou, quello che resta del duomo veneziano è costituito da una fila di

sette archi a tutto sesto e alcuni archi della volta sopravvissuti nell’ingresso della pensioncina dal nome evocativo “Monastiraki”. Poco distante, si trovava il monastero di Santa Maria dei Miracoli, fatto costruire nel 1615 per le monache domenicane e di cui si conserva un corridoio con un colonnato sormontato da archi. Scendendo da Kastelli si giunge alle chiese d’epoca veneziana di San Nicolò e di San Rocco. La chiesa di San Nicolò, in Platìa 1821, faceva in realtà parte del monastero dei domenicani ma fu utilizzata come moschea dai turchi e ancora rimaneggiata e ampliata fino a diventare irriconoscibile quando divenne chiesa ortodossa.


CHANIÀ

Senz’altro più interessante, ai nostri occhi, la piccola chiesa di San Rocco, situata nell’angolo nordoccidentale della piazza e caratterizzata da stilemi architettonici appartenenti al manierismo; di essa ammiriamo la semplice facciata dal frontone triangolare privo di cornice, il portale, una cornice rettangolare con iscrizione e dedica a San Rocco che testimonia come la chiesa sia stata costruita in seguito a una pestilenza. Lungo il bacino orientale maestosi appaiono gli arsenali, costruiti nel 1497 e un tempo rivestiti esternamente di piombo. Non è difficile immaginare l’imponenza delle origi-

narie ventitré sale a volta che in inverno ospitavano le galee; oggi ne sono rimaste dieci e la loro funzione oggi è quella di ospitare sale di convegni ed esposizioni ma l’impressione di grandezza non è sminuita. Viene spontanea, infine, una riflessione sul perché Chanià sia così ricca di significative reminiscenze venete, e non piuttosto Hiraklion, la capitale. La bellezza del porto veneziano e l’aspetto antico della vecchia città sono stati preservati in quanto La Canea non ha subito l’orrore di un assedio lungo come quello della capitale; inoltre dal punto di vista strategico essa non era così importante, per l’assenza di un porto adatto a traffici marini.

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ChaniĂ , le mura veneziane.

Chiesa veneziana di San Rocco, eretta nel 1630, come si può leggere sulla facciata. San Rocco era il santo protettore dal colera.

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ChaniĂ , Palazzo Ranieri. A lato alcuni esempi di portali veneziani.

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Chanià , Il museo archeologico è ospitato nella chiesa veneziana di San Francesco, ed espone importanti ritrovamenti che vanno dai periodi neolitico e minoico a quello romano. Sotto interni del museo.

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ChaniĂ , Il museo marittimo entrata.

ChaniĂ , museo nautico nei pressi della darsena.

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ChaniĂ , particolari delle fortificazioni del Bastione Schiavo.

ChaniĂ , interno del bastione.

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ChaniĂ , scorcio delle viuzze che conducono al porto di tipico stile veneziano.

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Le fortificazioni

Castelli e fortezze Roccaforti di architettura militare veneziana.

N

Frangokastello, veduta del castello dal mare con sullo sfondo le montagne di Samaria.

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ei primi secoli della dominazione, i veneziani usufruirono delle fortificazioni bizantine preesistenti che, opportunamente ampliate e rinforzate, costituirono il principale elemento di protezione delle città e dei territori. L’uso dell’artiglieria non era ancora sviluppato e l’isola si doveva difendere dalle incursioni dei pirati e dalle rivolte interne, fomentate dai nobili cretesi spodestati che attizzavano il risentimento

popolare contro il regime coloniale da cui si sentivano esclusi. Fino alla metà del 1400 i sistemi di fortificazione dell’isola consistevano di torri verticali intervallate da mura, i classici castelli medioevali. L’isola era stata suddivisa dalla Serenissima nei quattro territori di Candia, La Canea, Retimo e Sitia. Ogni territorio era poi ripartito in castellanie, in totale venti, ognuna sotto la dipendenza di un castello.


CASTELLI E FORTEZZE

Di gran parte di questi castelli si è persa ogni traccia visibile, di altri sopravvivono i ruderi delle mura perimetrali e solo alcuni mostrano ancora la loro antica grandiosità : Frangokastello, La Kazarma di Sitia, la roccaforte di Ierapetra. Il castello di Frangokastello Sito di grande fascino, il castello di Frangokastello è molto ben conservato, si affaccia sul mar Libico ed e’ difeso nella parte posteriore dalle alte montagne di Sfakià. A differenza di altri castelli, esso non ebbe mai borghi abitati nei suoi dintorni e restò sempre isolato. La sua edificazione fu richiesta, a metà del XIV secolo, da Tommaso Vizzamano, che in un’ambasceria a Venezia per conto dei feudatari della Canea, porse la supplica per la costruzione di un castello presso la chiesetta di San Nichita che si trovava vicino. Il Senato Veneto lasciò piena libertà al Duca e al Consiglio di Creta di decidere sulle modalità della costruzione, ma negò ogni contributo finanziario.

Nel 1371, dopo ripetute richieste del Consiglio di Creta che chiedeva la fortificazione del posto sia contro minacce esterne che interne, in particolare da parte degli sfachioti sempre in ribellione, il Senato diede il suo placet rendendosi disponibile a un contributo. Gli abitanti del luogo lo chiamarono Frangokastello, ossia “castello dei Franchi” come allora erano chiamati i veneziani e gli stranieri in genere; i veneziani abbracciarono la nuova denominazione italianizzandola in Castelfranco. Trascurata per lungo tempo, la rocca venne rinnovata dal provveditore Nicolò Donà nel 1593, per poi ricadere di nuovo in rovina dopo che gli sfachioti vi tolsero “ sino le travadure alle torri e alle stanze”. Fu ancora restaurato dal provveditore Andrea Corner e durante l’invasione dei turchi gli sfachioti stessi, lo difesero con coraggio fino alla sua rovina. Il rifacimento attuale è turco; restano però ancora visibili, sull’architrave della porta, il leone di San Marco e due dei quattro stemmi originari dei Rettori del territorio della Canea, Dolfin e Querini.

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Frangokastello, particolari interni del castello.

Frangokastello, si trova lungo la costa, su una pianura arida, con belle montagne sullo sfondo, in un angolo isolato dell'eparchĂŹa di SfakiĂ .

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Frangokastello, portale di accesso lato mare con particolare del leone veneziano.

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Mura esterne del castello di Sitia.

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La Kazarma di Sitia Sitia, il centro più importante nella parte orientale dell’isola, si estendeva lungo il declivio di una collina che scendeva a picco sul mare e sulla cui sommità dominava il castello. La roccaforte, già nota nel 1211 fu probabilmente eretta dal genovese Enrico Pescatore, che con la costruzione di altri tredici castelli aveva fortificato l'isola. Era di forma triangolare e comprendeva nel suo recinto il duomo e la residenza del rettore, mentre i borghi gli si addossavano a un fianco restando al di fuori della cinta fortificata. Nel 1303 un terremoto di grande intensità provocò gravi danni alla parte orientale dell'isola e “castrum nostrum Sithie cum sua turre...ex toto fuerunt terremotus conquassatione prostrata” (il nostro castello di Sitia con la sua torre, furono abbattuti dal terremoto). Gli aiuti mandati da Venezia ne affrettarono solo in parte il restauro e le cose dovettero restare immutate se nel 1501, quando giunse a Creta Benetto Pesaro "Capitano generale da mar", ossia la massima autoriF O R T E Z Z E V E N E Z I A N E A C R E T A

tà veneziana in campo bellico, gli ambasciatori della città gli raccomandarono la fortificazione del castello ormai quasi del tutto in rovina. Dopo le riparazioni effettuate da Benetto Pesaro e dai suoi successori, nel 1538 l'orda dei pirati turchi comandati da Barbarossa irruppe sulla città e la ridusse in uno stato tale che delle quattrocento case che essa contava, solo tredici ne rimasero in piedi. Così per la prima volta in un memoriale degli ingegneri della Repubblica veneziana, Sforza Pallavicini e Giulio Savorgnan, in data 25 ottobre 1571, venne avanzata la proposta di spianare addirittura il castello e trasferire la popolazione sul forte del monte di Liopetro, antica fortezza bizantina situata a pochi chilometri ad ovest di Sitia, in ottima posizione difensiva. La sorte del castello era ormai segnata finché, nel 1651, il generale Mocenigo temendo che i turchi avrebbero potuto facilmente sorprendere la città lontana dai soccorsi e con pochissima difesa, decise con il Consiglio di sguarnirlo, trasportando i cannoni e le munizioni a Candia.


Sitia, castello vecchio, che svetta su una collina vicino al porto con affascinanti rovine del monastero veneziano da visitare nella cittĂ vecchia.

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Ierapetra, si trova a una distanza di circa 35 km a sud di Agios Nikolaos, ed è tra le città più popolose della parte meridionale di Creta. Dopo l'anno 66 d.C. e per tutta l'epoca romana la città manterrà il suo primato economico e politico sull'area. Nel 13° secolo d.C. fu rilevata dai genovesi, che vi costruirono la fortezza conosciuta come Castello Gerapetra, Castelli o Koule per i locali. Fu poi presa dai veneziani, che terminarono i lavori di fortificazione della città.

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Ierapetra, gli interni del castello.

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Il castello di Ierapetra Ierapetra è una città sul mare con un retroterra in espansione grazie alla sua forte vocazione agricola, dotata di un piccolo museo, bei negozi, bar e taverne. La città possiede un piacevole lungomare a ridosso del quale si affaccia un antico quartiere turco di casette basse imbiancate, viuzze che si intersecano, una bella moschea con il minareto. Una passeggiata verso il porto fa scoprire, nella punta, l’antico castello fortificato già dal genovese Enrico Pescatore ai primi del Duecento, la cui sagoma ancora caratterizza la città. La roccaforte ,di origini bizantine, aveva funzione difensiva e offensiva contro i pirati che imperversavano nelle coste meridionali di Creta; di forma compatta e molto articolata, si possono visitare, al suo interno, i due piani ben tenuti, gli alloggi per i militari, le polveriere e i depositi per le armi, i magazzini e le stalle per gli animali. Al primo piano un vano ospitava una piccola chiesetta. Nel XVI secolo l’architetto Michele Sanmicheli, dopo i danni del terremoto del 1508 e la distruzione operata dai turchi, ne diresse i restauri, F O R T E Z Z E V E N E Z I A N E A C R E T A

mentre gli ingegneri della Serenissima, Pallavicini e Savorgnan, una trentina d’anni dopo, ne richiesero la demolizione a causa della scarsa difesa che esso era in grado di offrire. Nel 1603 e poi ancora nel 1625 il castello subì parziali ristrutturazioni tanto da poter essere definito dal duca Francesco Molin nel 1629 “ utile a qualche ragionevole difesa”. Un disegno di Raffaele Monanni, ingegnere militare della Serenissima, datato 1630, ce lo descrive di forma quadrilatera, lungo trenta passi e largo undici passi con quattro torrette, di cui quella a nord-ovest è la più elevata. Monanni ci parla anche delle casette costruite sottovento che ancora caratterizzano questa zona della città, visibili lungo il molo. “Vi resta ancorpiù in estremo della punta alcune casette per lo più inabitabili, unite quasi al castello, al quale mediante una piazza è vicino un casale abitato da paesani. Questo castello in ogni evento difficile ne fa dui effetti buoni: l’uno che quelli abitanti et circonvicini al castello posson far retirare la zente con il meglio del loro avere, et retirarsi anch’essi poi, dopo non potere resistere più allo sbarco et alle scorrerie”.


Ierapetra, ingresso al castello.

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Candia, fortezza di Koules. Edificata dai veneziani nel terzo decennio del Cinquecento sulla sporgenza di un piccolo scoglio; la sua mole possente, arricchita su tre lati dal simbolo del potere veneziano, il leone di San Marco, delimitava l’ingresso del vecchio porto e chiudeva idealmente sul mare l’enorme fortificazione che circondava la città .

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LE FORTIFICAZIONI VENEZIANE A CRETA Nella seconda metà del XV secolo la Serenissima dovette avviare una intensa e sistematica opera di riorganizzazione difensiva del Regno di Candia a seguito dell’irruente espansione dell’impero ottomano nelle aree occidentali d’Europa e soprattutto con l’affermarsi dell’artiglieria come potente mezzo di attacco. I migliori ingegneri e architetti della Serenissima, tra cui il famoso Michele Sanmicheli, furono messi in campo per la realizzazione di tali progetti. Nel corso dei secoli XVI e XVII vennero realizzate poderose opere di fortificazione nelle tre maggiori città del regno, Candia, La Canea e Retimo ed erette fortezze nei punti strategici lungo le coste per favorire alla flotta veneziana, sia mercantile che da guerra, sicurezza di transito Le più importanti di queste fortezze, tuttora ben visibili, sono quelle di Gramvousa nell’estremo nord ovest dell’isola, Suda nel golfo di Chanià e Spinalonga nella parte occidentale della costa settentrionale.

Candia, fortezza di Koules (interni).

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Candia: la rocca a mare e la cinta muraria. Questa straordinaria opera militare fu edificata dai veneziani nel terzo decennio del Cinquecento sulla sporgenza di un piccolo scoglio; la sua mole possente, arricchita su tre lati dal simbolo del potere veneziano, il leone di San Marco, delimitava l’ingresso del vecchio porto e chiudeva idealmente sul mare l’enorme fortificazione che circondava la città.

I primi documenti veneziani che ne danno traccia risalgono al 1303 quando il duca di Candia, Guido da Canal, parla di una torre che controlla l'ingresso del porto chiamata Castellum Comunis con funzione di riparo per gli abitanti della città in caso di attacco. Dopo l'invenzione della polvere da sparo, a cui seguì l'uso di cannoni, si era modificato in maniera radicale il modo di fare la guerra e nacque così l'esigenza di una diversa struttura della fortezza. I lavori di fortificazione iniziarono nel 1523 e furono portati a termine dopo circa diciassette anni, nel 1540. La rocca veneziana era costituita da una complicata serie di ambienti successivi a cui si accedeva sia dal molo che dal mare; al piano terra aveva ventisei locali che fungevano da magazzini, casematte e alloggi, mentre il piano superiore, accessibile con scale e una rampa per il trasporto dei cannoni, si presentava come un ampio piazzale cinto da mura merlate con la torretta del faro in un angolo. Dalla fortezza veneziana partiva l’antica cinta muraria che racchiudeva l’intera città. Essa necessitava di continua manutenzione e le sue spese gravavano sugli abitanti della città. Con l'avanzare dei tempi la sua importanza muraria mandò sempre più scemando, sia perché essa non era più in grado di contenere l'inevitabile sviluppo urbanistico della città, giunta ormai all'apice della sua grandezza, sia soprattutto perché le strategie militari di attacco e di difesa erano cambiate. Una nuova era per le fortificazioni parve iniziare quando Venezia, nel 1518, decise di fare ispezionare i


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lavori da un esperto ingegnere dell'arte militare, Giano da Campofregoso. Con lui sbarcò a Creta Sebastiano Moro, provveditore d'armata, e insieme i due visitarono minuziosamente la città e studiarono un progetto che fortificasse la città come “Padoa e Treviso“. I lavori continueranno, comunque, ad andare a rilento e quando, siamo nel 1538, iniziano le prime schermaglie con i turchi, il Senato decise di inviare a Creta l’architetto militare Sanmicheli, affinché con la propria esperienza aiutasse la città nel "grandissimo bisogno di reparatione et fortificatione". Le nuove mura, che racchiudevano un'area di circa un chilometro quadro con un perimetro di tre chilometri e mezzo, erano difese da bastioni, i cui fianchi rientranti erano, a loro volta, protetti da "orecchioni" che permettevano di controllare dall'alto le mura esterne. Essi erano occupati da casematte e postazioni d'artiglieria collocate su più piani. Alcuni bastioni erano sormontati dai cosiddetti "cavalieri", sulla cui sommità si trovavano le batterie di cannoni a lunga gittata. La cinta difensiva era preceduta da un fossato asciutto che misurava dai venti ai sessanta metri di larghezza. Oltre tale fossato si ergeva, inoltre, un anello difensivo costituto da fortificazioni avanzate che a seconda della forma venivano chiamate "mezzelune", "corni" o "corone”. Oggi è possibile percorrere a piedi buona parte della cinta muraria che corre in alto lungo i bastioni, dove sono tuttora visibili le antiche porte d’ingresso alla città: Porta Panigrà, Porta Betlemme, Porta del Gesù e Porta San Giorgio.

Il punto di partenza è il Bastione Sant’Andrea, dove l’occhio può spaziare fino al mare, passando per la Porta Panigrà, opera di squisita fattura, disegnata da Sanmicheli, che nella parte superiore reca un medaglione con l’immagine del Cristo Pantocratore, il leone di San Marco e lo stemma del doge Pietro Loredan. Queste stesse decorazioni sono presenti su entrambi i lati della porta, con la differenza che, all’interno, la scritta del Cristo è in latino mentre all’esterno è in greco, a suggerire il predominio del rito latino in città e di quello greco nelle campagne. Si prosegue, poi, verso la Porta Betlemme, presso cui è stato allestito un teatro all’aperto, fino al bastione Martinengo dove è collocato un altro monumento significativo per i cretesi: la tomba dello scrittore Nikos Kazantzàkis, autore del famoso romanzo Zorba il Greco. Il giro delle mura termina a ridosso della Porta del Gesù, oggi Porta Kenouria , di nuovo splendida per il suo recente restauro: da questo punto in poi le fortificazioni, che digradano verso il mare, non sono più visibili se non per brevi tratti. La cinta muraria di Chanià Nel VI e VII secolo i Bizantini fortificarono la città con un imponente muro utilizzando le rovine dell’antica Kidonia. Nel 1252 i veneziani proseguirono i lavori di consolidamento delle mura e in questo periodo venne edificata una torre di guardia nel porto. Ma fu solo nel XV secolo che per difendere i borghi

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Suda, fortezza della Suda, che è stata tra gli ultimi possedimenti della Repubblica di Venezia nel Levante: in seguito alla resa di Creta da parte del Capitano Generale da Mar (e futuro doge) Francesco Morosini, avvenuta il 6 settembre 1669 dopo un lunghissimo assedio

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durato 23 anni, il trattato di pace tra Venezia e l'Impero Ottomano stabilĂŹ il passaggio dell'isola di Candia alla Sublime Porta, lasciando tuttavia alla Serenissima il controllo di tre isole fortificate: la Suda, Grabusa (o Grambousa) e Spinalonga.


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Retimo, alloggi interni alla fortezza.

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Retimo, porta di accesso alla fortezza.

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Retimo, la fortezza fu costruita nel 1573-1580 dal comandante veneziano Alvico Lanto, progettato dall'ingegnere Pallavicini. Si trova sul sito di una fortezza medievale che in precedenza era stato il luogo dove sorgeva l'antica acropoli di Retimo. E 'circondata da quattro bastioni e da forti mura. Con una lunghezza totale di 1.400 metri e una massa di 6.000 metri cubi, la sua presenza domina la città. All'interno c'erano caserme, magazzini, edifici pubblici e un ospedale militare. Oggi rimangono i resti della moschea Imbraem Chan, costruita nel 1648 sul luogo della precedente chiesa di Agios Nikolaos (1583), una chiesa veneziana, alcuni magazzini e le cisterne. La vista della città di Retimo dalla Fortezza è affascinante.

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cittadini si iniziò la costruzione di una estesa cinta muraria. La parte vecchia della città, situata entro l'ambito dell'antica acropoli, l'attuale quartiere Kastelli, sorgeva in posizione più elevata rispetto ai circostanti borghi, e occupava una piccola altura al di sopra del porto contornata da mura e da torri. Al di fuori delle mura rimanevano il porto con gli arsenali, la piazza con la loggia, la fontana principale e la Giudecca, l'attuale quartiere Evraikì situato nella parte nord-est. Nel 1537 Chanià fu saccheggiata dal pirata turco Barbarossa; in seguito all’episodio la Serenissima inviò Michele Sanmicheli, esperto in architettura militare, perché provvedesse all’ampliamento e al consolidamento degli impianti di fortificazione della città. La nuova cinta muraria aumentò di molto l'area della città,comprendeva anche il porto e poteva accogliere al suo interno più di ottomila abitanti. Essa si presentava come una fortezza di bastioni di base tetragonale, di cui quelli meglio conservati e oggi visibili, sono i Bastioni Schiavo, San Salvatore e Sabbionera Neppure quelle mura, però, sembrarono sufficienti a fortificare la città e premunirla contro i pericoli, tanto che più volte fu ventilato il progetto di

trasferire le abitazioni sull'aspro colle del Paleocastro, alla Suda. Retimo: la fortezza Una stampa del XV secolo ci mostra la città di Retimo stendersi ai piedi del colle Paleokastro, lungo tutta l’ampia distesa di spiaggia di Sabbionara e arroccata intorno al piccolo porto verso levante. Prima di allora possiamo immaginare la città come un borgo medievale fortificato con una popolazione di appena tremila anime. Nel 1540 si iniziò la costruzione di una cinta murata, intorno alla città progettata dall’architetto Sanmicheli e completata intorno al 1570. Purtroppo un anno dopo, nel 1571, la città venne messa a ferro e fuoco dalle orde di Sultan Selim e invano il rettore Marino Cavalli chiese aiuto alle dodici famiglie di arconti veneto-cretesi, che abitavano nell’entroterra che impoveritisi non erano ormai più in grado di portare alcun aiuto. Ed ecco come apparve Retimo, dopo la sua distruzione, agli occhi del nuovo rettore Francesco Dal Molin, che, al suo arrivo in città il 9 settembre 1573, la trovò con tanti palazzi bruciati e rovinati e, decise di iniziarne la ricostruzione: “avea à principiar anci ad


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edificar la nova Città e ….gettammo la prima pietra et pari a 27 del detto mese (1573) cantata la messa col nome del Spirito Santo in chiesa di S.Catterina che per questo incendio serve per il Domo”. Dopo il saccheggio furono necessarie nuove fortificazioni per proteggere la città e il porto. La nuova fortezza, progettata da Sforza Pallavicini, fu eretta sul Colle Paleokastro e completata nel 1580. Era una cittadella ma non fu mai sicura poiché mancava di un fossato, di una fortificazione esterna e i suoi bastioni erano piuttosto bassi. Nel suo recinto sorsero la nuova cattedrale, il palazzo del rettore e degli altri magistrati, gli alloggi dei soldati e qualche modesta abitazione. Da Venezia si ordinò ai cittadini di trasferire la propria abitazione all'interno della fortificazione, vietando la costruzione di nuove abitazioni fuori delle mura, anzi, progettando la demolizione di buona parte delle vecchie abitazioni per formare una vasta spianata ai piedi della fortezza. In verità la popolazione si rifiutava di trasferirsi a causa della difficile accessibilità, degli angusti spazi e, non ultimo, del timore delle donne di trovarsi a così stretto contatto con i soldati. La città continuerà ad espandersi al di sotto della

fortezza lungo la Ruga Maestra, l'attuale Odòs Arkadiou, con nuovi borghi che si estesero parallelamente alla spiaggia verso l’interno. Retimo, ormai densamente abitata da circa settemila persone, diventerà, con i suoi palazzi e i suoi edifici pubblici, uno dei pochi esempi di architettura rinascimentale dell’Europa meridionale. La fortezza di Suda La fortezza di Suda è raggiungibile solo dalla vicina base militare della marina militare greca con imbarcazioni private. Essa colpisce il visitatore per la suggestione dell’imponente apparato difensivo che sembra essere stato appena abbandonato dalle milizie veneziane, anche se non c’è più alcuna traccia delle numerose costruzioni civili dell’epoca. Nel XVI secolo l’isolotto era densamente abitato da una folta guarnigione che aveva il suo ospedale, numerosi magazzini di stoccaggio dei viveri, ben sette cisterne d’acqua piovana sufficienti all’approvvigionamento idrico di cinquecento persone e persino il cimitero. Oggi l’unico edificio rimasto in piedi è la chiesetta dell’Annunziata fondata dai francescani che fu tenuta in funzione fino al 1715, quando i veneziani dovettero cedere definitivamente l’isola ai turchi.

Retimo, veduta della fortezza dal mare.

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Retimo, veduta della cittĂ dalla fortezza.

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Retimo, veduta della cittĂ dalla fortezza.

Costruzioni interne alla fortezza.

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Spinalonga, nel 1579 i veneziani costruirono una possente serie di fortificazioni in modo da controllare il traffico marittimo senza concedere possibilità di approdo. Nel 1669 dopo un lungo assedio, Spinalonga fu uno dei tre forti che i veneziani poterono mantenere in proprio possesso per assicurarsi le rotte commerciali verso il Levante. La presenza veneziana durò per altri 46 anni, e la fortezza restò in mani veneziane per tutto il XVII secolo, offrendo rifugio ai cristiani che fuggivano dai turchi. La capitolazione avvenne nel 1715.

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Spinalonga, interni della fortezza.

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La fortezza di Spinalonga Il suo nome è molto probabilmente una deformazione veneta di "Stin Elunda", che in greco significa "a Elounda", il villaggio situato nelle immediate vicinanze dell'isoletta; in seguito i veneziani utilizzarono la denominazione Spinalonga per la sua forma allungata a spina di pesce o per imitazione del toponimo dato all'attuale isola della Giudecca a Venezia, che anticamente si chiamava Spinalonga. La fortificazione dell'isolotto fu progettata nel 1571 su proposta di Sforza Pallavicini e Giulio Savorgnan, ingegneri militari della Repubblica veneta, ma i lavori, fortemente voluti dal provveditore Luca Michiel, iniziarono soltanto otto anni dopo sotto la direzione di Genese Bassani. Il progetto elaborato prevedeva una cerchia di mura pressoché continua lungo tutto il suo perimetro, intercalata da baluardi, baluardetti, orecchioni e mezzelune. All’interno, c’erano poi gli alloggi, i magazzini, la polveriera e la chiesa. Il 15 giugno 1579, con gran solennità, “dopo le debite ordinarie benedittioni” il provveditore Michiel mise la prima pietra “segnata dal millessimo et principato della Serenità Vostra” collocandola nel baluardo sul porto intitolato al capitano Natale Donà. Nei lavori furono impegnati gli spaccamonti dell’Akrotiri di Chanià pagati a quattro iperperi e mezzo al giorno e cento “angarici”, ossia lavoratori forzati non pagati. In pochi mesi furono portati a termine i baluardi Donà e l’attiguo Tiepolo, e iniziati i lavori della mezzaluna Michiel, sul lato estremo occidentale con l’imponente Porta Maestra, sulla cui architrave appare

ancora oggi il nome di Luca Michiel. In seguito si completarono l’orecchione Scaramella, dal nome del segretario del Consiglio Giancarlo Scaramelli, i baluardetti Rangone e Genese, rispettivamente i nomi del nuovo governatore e del “direttore dei lavori” Genese Bassani, la mezzaluna Barbariga, in onore del provveditore Barbarigo su cui fu posto il simbolo del leone di Venezia. Nel 1579 la fortezza era abitata da centoquaranta uomini che potevano arrivare a trecento in tempo di pace. Il problema più grosso della fortezza era la penuria d’acqua, che veniva trasportata ogni giorno dalla terraferma con le navi, finché non venne costruita nel 1637 la cisterna Riva. La vita quotidiana iniziava al mattino presto con il rito dell’alzabandiera, con il vessillo di San Marco, mentre il tempo libero trascorreva tra le taverne e i giochi di carte. Nel 1654 parecchie famiglie cretesi, impaurite dai turchi che ormai si erano impadroniti dei dintorni chiesero qui asilo e anche dopo la fine della guerra veneto–turca, ne rimasero quaranta. La fortificazione assunse grande importanza per la difesa del territorio orientale dell’isola; la sua posizione la rendeva imprendibile tanto che i turchi non riuscirono a conquistarla nemmeno dopo che l’intera isola di Creta fu nelle loro mani. I veneziani la tennero fino al 1714 utilizzandola come caposaldo per i loro commerci con il Levante. Il giro dell’isolotto per il visitatore inizia dall’unico approdo attuale, ai piedi del bastione Donà, protetto dall’alto dalla suggestiva mezzaluna Barbariga con l’emblema in rilievo del leone di Venezia, che tiene tra


Spinalonga, porta d'ingresso alla fortezza.

Spinalonga, interni alla fortezza.

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CASTELLI E FORTEZZE

gli artigli il Vangelo aperto, segno di tempo di pace. Imboccato a sinistra il sottopassaggio denominato la “portella”, una sosta per visitare la chiesetta di Agios Panteleimon e l’affaccio sul mare dalla Porta Maestra, dalle due maestose semicolonne rinascimentali, che durante il dominio veneziano, era l’unico accesso all’isola. Da lì si prosegue a Oriente verso la mezzaluna Michiel e l’attigua cappella di Santa Barbara, eretta

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nell’agosto del 1599. Essa era divisa in due parti, una per il rito greco e una per quello “franco”, ossia il rito latino. Un grandioso panorama sul mare si gode dalla sommità dell’isolotto nella vasta piazza d’arme Moceniga, sede dei quartieri abitativi del reggimento dove si svolgeva la vita di tutti i giorni dei soldati dislocati in guarnigione.


Spinalonga, bastione principale su cui campeggia il leone di San Marco

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Cisterne della fortezza di Spinalonga.

Lazaretto a Spinalonga.

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Interni della fortezza di Spinalonga.

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Chiesetta veneziana a Spinalonga.

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Spinalonga, interni della fortezza.

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CASTELLI E FORTEZZE

La fortezza di Gramvousa L’isolotto di Gramvousa che i veneziani chiamavano Grabusa, costituì un valido avamposto di difesa e di riparo per il traffico proveniente dal Peloponneso. Vista l’importanza strategica, il Senato veneziano decise nel 1584 di fortificarlo innalzando una fortezza sulla sommità dello scoglio, a circa centotrentasette metri di altezza. Al suo interno si trovavano i quartieri riservati ai soldati e ai comandanti, l’ospedale, i magazzini , i depositi e le cisterne d’acqua. La fortezza era inespugnabile e autosufficiente, grazie alle copiose

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riserve d’acqua e agli ampi spazi per la coltivazione degli alimenti di prima necessità. Non mancava la chiesa, dedicata all’Annunziata, che oggi è l’unica costruzione rimasta in piedi. Gramvousa restò sotto la dominazione veneziana anche dopo la conquista di Creta da parte dei turchi, fino al 1715 quando tutte le fortezze dell’isola vennero definitivamente abbandonate dalla Serenissima. Oggi Gramvousa e la stupenda baia di Balos che la circonda è visitabile con battelli turistici in partenza dalla cittadina di Kastelli.


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Gramvousa, l'isola ospita i resti di un forte della Repubblica di Venezia, costruito, a 137 metri di altezza a picco sul mare, tra il 1579 e il 1584 e i resti di edifici costruiti dai ribelli cretesi, che sono stati costretti a vivere come i pirati, durante la Guerra d'indipendenza greca. Oggi, Imeri Gramvousa è una famosa attrazione turistica e un'importante oasi naturale.

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Gramvousa, l'isola ospita i resti di un forte della Repubblica di Venezia, costruito, a 137 metri di altezza a picco sul mare, tra il 1579 e il 1584 e i resti di edifici costruiti dai ribelli cretesi, che sono stati costretti a vivere come i pirati, durante la Guerra d'indipendenza greca. Oggi, Imeri Gramvousa è una famosa attrazione turistica e un'importante oasi naturale.

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Chiesetta veneziana dedicata all'Annunziata.

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Le fortificazioni

Ville e Monasteri fortificati Roccaforti di militari e religiosi.

Agia Triada, è un monastero ortodosso della Grecia centrale, a nord-est della città di Kalambaka. È il più vecchio tra quelli presenti a Meteora, essendo stato costruito nel 1476. Nelle pagine seguenti particolari degli interni.

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A Creta ci sono numerosi monasteri di grandi dimensioni. La vita monastica ha perso il suo fascino e sono pochi i monaci che ancora ci vivono. Qui sotto, elenchiamo i monasteri più famosi della parte occidentale di Creta. Tenete presente che sono molti di più. Agia Triada, Guverneto e Katholiko Conosciuti come i monasteri dell'Akritìri, si estendono su una vasta zona della parte settentrionale di questa penisola, ad est della città di Chanià. Il monastero di Agia Triada un tempo ospitava un importante istituto ecclesiastico ed è un complesso così vasto da poter ospitare centinaia di monaci - nonostante oggi ce ne vivano solo tre o quattro. Il Monastero di Agia Triada, ossia della Santa Trinità, fu eretto nel XVII secolo da due fratelli, ambedue monaci convertiti alla fede

ortodossa, della famiglia veneziana Zangaroli. Il complesso fu eretto su una chiesa preesistente. La chiesa è un fabbricato di epoca veneziana a pianta cruciforme, con tre cupole. Quella più grande si trova all'intersezione delle navate, mentre quelle più piccole si trovano sul retro. Anche le due cappelle della chiesa sono completate da cupolette, come pure quella del Sotiras. La chiesa ha un ingresso con nartece situato ad angolo retto rispetto alla navata principale e di larghezza maggiore rispetto a essa. La chiesa è dedicata alla Santa Trinità, mentre le due cappelle laterali sono dedicate a Agios Ioannis Pròdromos. La chiesa è un misto di arte occidentale nelle decorazioni, inserito in un esterno di stile bizantino. La facciata della chiesa è incorniciata da doppie colonne di stile ionico e corinzio. Sull'entrata si trova un'iscrizione. L'impo-


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Agia Triada, il monastero che ospita fino ad un centinaio di monaci è dedito alla coltivazione della vite e dell'olivo con una buona produzione di olio e vino.

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Guverneto. Il monastero di Guverneto dista 4 km a nord del monastero di Agia Triada, 19 km a est di Hania. E' dedicato alla Presentazione della Vergine Maria o, come è noto ampiamente, la Signora degli Angeli. E' stato costruito durante il dominio veneziano, nel 1548, il suo altare era decorato con sculture veneziane. Il monastero fu distrutto dai turchi durante la guerra d'indipendenza greca, nel 1821.

Guverneto, interno del monastero.

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Arkadi, monastero. Si dice sia stato costruito dall'imperatore Arkadios nel 5° secolo, o, fra il 961 ed il 1204 d.C. dal monaco Arkadios, o ancora nel 14° secolo dai veneziani. Nel corso del 16° e del 18° secolo, il monastero prosperò, ospitando anche una ricca biblioteca e un laboratorio di ricami d'oro e paramenti sacri.Il 7 novembre 1866, i dirigenti della rivoluzione cretese si erano rifugiati nel monastero e l'abate Gabriel Marinakis si era rifiutato di consegnarli a Mustafa Pasha. I turchi per risposta, metteranno sotto assedio il monastero.

Arkadi, interno del monastero.

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VILLE E MONASTERI FORTIFICATI

Arkadi, interni del monastero.

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nente torre campanaria fu aggiunta più tardi, nel 1864. Due iscrizioni, una in greco e una in latino, si trovano all'entrata del monastero e fanno riferimento ai fondatori. Questo monastero fu la sede di un'importante scuola teologica durante il XIX secolo. Raggiungibile solo a piedi, il monastero di Katholikò è probabilmente il più antico di Creta. I suoi resti sono veramente di grande effetto, con un enorme ponte ancora in perfette condizioni, che passa sul letto di un fiume. Gouverneto è uno dei monasteri più antichi di Creta. Fu eretto, infatti, nel XII secolo. Vicino al monastero si trovava la piccola chiesa della Panagìa di Gouverneto, dalla quale prese il nome il monastero. Il fabbricato ha l'aspetto di una fortezza, con torrioni ai lati. La chiesa principale di Guverneto è dedicata alla Presentazione della Vergine. La chiesa è a pianta cruciforme priva di cupola, con un grande nartece posto ad angolo retto di fronte alla navata centrale. Il fabbricato ha una volta a botte e, ai quattro angoli, torrette con feritoie. La facciata ha profili scolpiti da sculture di stile barocco, come usava per le decorazioni esterne delle chiese veneziane. La cappella più piccola è dedicata al santo patrono Giovanni l'Eremita, fondatore del monastero. Durante la rivoluzione greca del 1821, i turchi saccheggiarono il monastero. I suoi archivi furono così distrutti e molti monaci persero la vita. Più tardi, durante la seconda guerra mondiale, i tedeschi vi si installarono ed esso patì le stesse sofferenze inflitte a tutto il resto della popolazione cretese. Il monastero fu continuamente depredato e danneggiato dagli invasori.

Monastero di Arkadi Il monastero di Arkadi è uno dei simboli imperituri della lotta cretese per l'indipendenza dai turchi. Data l'asperità del luogo, Arkadi divenne un centro importante di attività rivoluzionarie durante l'occupazione turca. La storia racconta che il comandante delle forze turche intimò all'abate del monastero, Gravriil Marinakis, di consegnare i rivoluzionari che si erano rifugiati al suo interno, minacciandolo che, in caso contrario, avrebbe mandato ingenti truppe a distruggere il monastero. L'abate Marinakis si oppose e il 7 novembre 1866, i turchi attaccarono. In quel momento nel monastero si trovavano circa 600 donne e bambini e 300 uomini risoluti a tener testa a 15.000 turchi, appoggiati da 30 cannoni. I cretesi rifiutarono di arrendersi e lottarono con valore per due giorni, tenendo fieramente testa ai nemici, che chiesero rinforzi e artiglieria più pesante. La porta occidentale del monastero fu distrutta dal terribile cannoneggiamento. I difensori, rendendosi allora conto della loro situazione disperata, attesero che il monastero fosse invaso in forze dal nemico e, subito dopo, dettero fuoco al magazzino delle polveri. Ingente fu il numero dei morti da entrambe le parti. Il sacrificio dei martiri cretesi conquistò la simpatia e il favore generale e portò la questione della libertà di Creta alla ribalta internazionale. Vi è anche un piccolo museo, che espone oggetti provenienti dalla famosa battaglia, arredi sacri e un'avvincente collezione di ritratti di personaggi cretesi dell'epoca. Ogni anno, il 7 novembre, si celebra nel monastero la ricorrenza dell'attacco turco.


Handras, Villa Viola, una bella costruzione veneziana, che si può vedere facilmente dalla strada, sulla piccola altura a est del villaggio, in una piccola e verde vallata. Qui si trovano i ruderi di un'abitazione e della piccola chiesa di Agios Georgios. Sul retro della chiesa, un poco piÚ in basso si trova una fontana.

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Ethia, Villa dei De Mezzo interni.

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Ethia, Villa dei De Mezzo.

Ethia, Villa dei De Mezzo.

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Handras, chiesa di Agios Georgios.

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Handras, chiesa di Agios Georgios portale di ingresso.

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Kolymbari, Il Monastero Moni Odigitria si trova sul mare a due km a nord di Kolymbari sulla strada che porta ad Afrata. Il monastero è conosciuto anche come Moni Gonia, grazie alla sua posizione sull’angolo occidentale della baia di ChaniĂ , e anche come Nostra Signora degli

Kolymbari, Il Monastero Moni Odigitria, interno.

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Angeli. Il monastero fu costruito in questa posizione nel 17° secolo e in molte occasioni nel corso della sua storia fu pesantemente danneggiato dai bombardamenti ottomani come nel 1867 come provato dalla palla di cannone rimasta depositata nel muro del monastero.


Kolymbari, Il Monastero Moni Odigitria, portale d'acesso.

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Kissamos, Villa Trevisan resti di antico palazzo aristocratico veneziano.

Chromonastiri, Villa Clodio.

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Retimo, faro del porto.

Spili, fontana veneziana.

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Retimo, La Fontana Rimondi ornata da capitelli corinzi, il cui aspetto attuale risale al rifacimento del 1628; il nome deriva dall'allora governatore Alvise Rimondi.

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Retimo, loggia veneziana costruita nel XVI secolo. Ha forma quadrata con tre archi su ogni lato. In epoca ottomana fu convertita in moschea.

IL REGNO DI CANDIA VISTO DALLE TAVOLE DELL’INGEGNER BASILICATA

L

e città murate sono oggi un grande patrimonio da salvare perché sono un invidiabile monumento storico che testimonia una ben specifica identità. Le fortezze realizzate a Creta nel periodo della dominante Serenissima (1204-1669) sono formidabili esempi sia di stile architettonico, sia di potere politico esercitato attraverso la difesa dei propri territori. Ma non bastava costruire, bisognava anche documentare, con un apparato corografico, i possedimenti acquisiti. Per fare questo venne incaricato (da parte della Repubblica di Venezia) l’ingegner Francesco Basilicata (di origini palermitane) per la compilazione di un atlante che si è rivelato un inno alle fortezze di stato, guidato dal diletto per gli elementi naturalistici e dal piacere per la bellezza delle città stesse. Città, rocche, insenature fortificate, porti e marine dell’antico e nobile regno cretese sono i soggetti che Basilicata, in soli settanta giorni di continue peregrinazioni, ha rilevato, misurato con attenzione e rappresentato con cura meticolosa. Ora queste tavole sono custodite nella biblioteca del Museo Correr di Venezia e rappresentano un indubitabile esempio di bellezza e testimonianza. L’autore si è attenuto alle richieste della committenza, che sono probabilmente quelle rivolte di consueto a un ingegnere al servizio della Repubblica Serenissima: un’ indagine precisa e circostanziale circa lo stato delle opere di attacco e di difesa, in una regione nevralgica per la conservazione dello stato veneziano. Delle quarantatré tavole, che inizialmente facevano parte della raccolta alcune sono planimetriche e sono relative alle principali città-fortezza (Candia, Retimo, Suda, La Canea). Sono precise nel disegno delle mura, del porto con i suoi arsenali, dei baluardi, delle porte e dei cavalieri, di cui nel caso di Candia e di Retimo forniscono anche l’elenco e i nomi in una apposita legenda. I disegni sono tutti vedute prospettiche, nelle quali l’inserimento di un nucleo abitato, di un castello, di una rocca, di una fortezza, o anche solo di una torre, di un faro, di una chiesa cioè di qualunque insediamento prodotto dalla mano dell’uomo nel territorio, sembra essere il vero soggetto della composizione. I colori delle superfici agricole evidenziano i confini di proprietà e le diverse colture. Perfettamente disegnata come un altopiano fertile e protetto naturalmente, e per questo coltivabile, è la famosa campagna dei Lassiti. Tra la battaglia di Lepanto (1571) e i primi anni del Seicento, Candia era per Venezia soprattutto un’isola fertile e produttiva, una postazione strategicamente importante e una colonia densamente urbanizzata. Ma era anche un luogo della memoria: l’antichità della sua storia, la bellezza del suo “Centro Città” erano state cantate da Omero e per secoli celebrate da cronisti e pellegrini. Vi è anche un interesse prettamente economico: per esempio un prodotto fondamentale per Venezia è il sale (soprattutto dopo la perdita di Cipro) e quindi vengono costruite nuove saline e ripristinate le vecchie. L’assetto del territorio, la forma del paesaggio rurale, le logiche di localizzazione degli insediamenti costituiscono il punto di partenza necessario per una valorizzazione economica. Ma le decisioni dei politici non sono sufficienti: i tecnici sono chiamati a dare il loro contributo alla conoscenza e alla individuazione di opportune modalità di intervento. Francesco Basilicata è fra questi tecnici. Franco Caramanti





INTERVENTI PER IL RECUPERO E LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO VENETO NEL MEDITERRANEO (L.R. N. 2/2007 ARTICOLO 31 E L.R. N. 1/2008 ARTICOLO 25) PROGETTI ANNO 2007 INTERVENTI BENEFICIARI Tra Candia e Cipro: per un’indagine storico architettonica sulle due più grandi isole di Venezia

Marco Polo System Geie

PROGETTI ANNO 2008 INTERVENTI BENEFICIARI Tra Candia e Cipro: per un’indagine storico/architettonica sulle due più grandi isole di Venezia (seconda parte)

Marco Polo System Geie

Sulle onde della Serenissima: realizzazione di una Collana editoriale denominata “Patrimonio veneto nel mediterraneo”, effettuazione di una ricerca storica per l’identificazione del patrimonio veneziano nel bacino del Mediterraneo e traduzione e pubblicazione del volume “Famagosta”

Marco Polo System Geie

Documenti d’arte veneto-bizantina nell’isola di Creta

Istituto veneto di Scienze lettere arti

PROGETTI ANNO 2009 INTERVENTI

BENEFICIARI

PROGETTI ANNO 2012 INTERVENTI BENEFICIARI Cefalonia e Itaca al tempo della Serenissima: documentazione e cartografia in biblioteche venete

Biblion Edizioni S.r.l.

I cannoni della Serenissima. Catalogazione, studio e pubblicazione delle artiglierie di produzione veneziana conservate nel Mediterraneo Orientale

Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Studi Umanistici

Restauro delle fontane Bembo e Sagredo a Creta

Venetian Heritage Onlus

PROGETTI ANNO 2013 INTERVENTI BENEFICIARI Il Veneto nel Mediterraneo

Le Tre Venezie Editoriale S.c.a.r.l.

Le “tariffe” veneziane: la rete dei rapporti economici e marittimi mediterranei e la scoperta di una straordinaria documentazione

Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti

Restauro della Chiesa Annunziata, Corfù (Grecia)

Ambasciata d’Italia in Atene - Comune di Corfù

Lazzaretti veneziani in Grecia

Archeoclub d’Italia - sede di Venezia

Sulle onde della Serenissima 2

Marco Polo System Geie

Stato da Mar. Relazioni e dispacci

Società dalmata di storia patria

PROGETTI ANNO 2010 INTERVENTI BENEFICIARI Ricerca storica: “I cannoni della Serenissima. Catalogazione, studio e pubblicazione delle artiglierie di produzione veneziana conservate nel Mediterraneo Orientale”

Università Cà Foscari di Venezia

Realizzazione di un documentario in DVD “Sulle Antiche Rotte della Serenissima: l’Albania Veneta”

Luigi Gandi

Ricerca storica “La presenza dei Veneziani nella Cipro ottomana: aspetti della vita materiale e sociale durante il XVIII secolo, attraverso gli oggetti della vita quotidiana”

Università di Cipro

Sulle Onde della Serenissima III

Marco Polo System Geie

PROGETTI ANNO 2014 INTERVENTI Fortezze Veneziane a Creta

Le Tre Venezie Editoriale S.c.a.r.l.

Sui luoghi de “Il Veneziano”: tracce e testimonianze veneziane a Cipro

Provincia di Rovigo

Stato da Mar. Relazioni e dispacci 2

PROGETTI ANNO 2011 INTERVENTI BENEFICIARI I cannoni della Serenissima. Catalogazione, studio e pubblicazione delle artiglierie di produzione veneziana conservate nel Mediterraneo Orientale - seconda fase

Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Studi Umanistici

Il Veneto a Cipro

Le Tre Venezie Editoriale S.c.a.r.l.

Da Venezia a Corfù, sul golfo della Serenissima

Comune di Venezia

Recupero e valorizzazione della fortezza veneziana di Castel Selino

Comune di Kantano-Selino (Grecia - Creta)

I cannoni della Serenissima. Catalogazione, studio e pubblicazione delle artiglierie di produzione veneziana conservate nel Mediterraneo Orientale - terza e ultima fase

Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Studi Umanistici

Restauro delle antiche fontane veneziane Bembo e Sagredo a Creta

Venetian Heritage Onlus

Prosecuzione della collana editoriale “Patrimonio Veneto nel Mediterraneo”: realizzazione in coedizione del volume “Cefalonia e Itaca al tempo della Serenissima: documentazione e cartografia in biblioteche venete”

Biblion Edizioni Srl

BENEFICIARI

Il libro veneziano nel Levante

Società Dalmata di Storia Patria Biblion Centro Studi Veneziani

Metodi innovativi per la documentazione, visualizzazione e diffusione in 3D applicati alle artiglierie veneziane conservate in Italia, Malta e Israele

Università Ca’ Foscari di Venezia

Creta Veneziana

Veneto oltre i confini

Rivista culturale FINNEGANS, progetto “Navigare nel tempo lungo le rotte del Mediterraneo”

Associazione culturale Euforia Costante


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