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L’INVASIONE DEI GALLI A JAFFA
Quando i galli iniziano a cantare, Adam esce dei bar di Tel Aviv per tornare nella sua casa a Jaffa. Qui i suoi movimenti si incrociano con quelli dei pescatori arabi che prendono il mare all’alba. A volte, adesso, salpano assieme e col tempo ne è diventato il portavoce: per lui l’ebraico è la lingua madre, per loro quella del potere di un regime coloniale. Dalla finestra di casa Adam può intravedere i galli che attraversano i recinti dei giardini dei nuovi eleganti edifici residenziali o che, goffamente, provano a volare. Di sicuro sente bene i loro canti.
La parte di Jaffa in cui vive Adam ha i caratteri di un insediamento rurale. Si possono vedere cavalli sulla spiaggia e cani, pavoni o anatre lungo le strade. Le famiglie di Tel Aviv, che da qualche anno si stanno insediando qui, sono piuttosto infastidite da questa situazione. Si sono indebitate per acquistare appartamenti che costano in media circa 9000 euro al metro quadrato e sono alquanto maldisposti nell’accettare la presenza dei galli. Soprattutto se, come hanno scritto nelle petizioni al municipio, cantano al sorgere del sole (se non prima), razzolano ovunque e, a loro dire, possono risultare aggressivi. Il senso delle loro proteste è: «non abbiamo traslocato a Jaffa per vivere in un pollaio».
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I galli sono diventati il simbolo di una contesa sul territorio. I nuovi residenti affermano: «Bande di galli seminano il terrore per le strade di Jaffa»; «Nessuno riesce a controllarli. Attaccano i bambini»; «È una vera e propria giungla qui fuori!».
Per molti dei nuovi residenti di Jaffa, il gallo sconvolge l'ordine e la loro concezione dello spazio urbano dal momento che attraversa facilmente le frontiere tra spazi privati e pubblici, rendendo visibile la coesistenza tra lingue, tempi, pratiche e identità politiche differenti. Soprattutto, i galli esprimono una dimensione politica perché, in situazioni come quella di Jaffa, incarnano il conflitto tra urbanità e ruralità.
I galli non sono considerati esseri urbani, ma entità proprie del mondo rurale. A Jaffa la loro presenza, persistenza e diffusione riflette una volontà di resistenza ai processi di colonizzazione urbana. Il gallo è diventato simbolo di alterità: Jaffa non vuole essere addomesticata da Tel Aviv o dallo Stato. Il rifiuto ad assumere un’immagine pienamente urbana è così perseguito attraverso l’esaltazione di una ruralità animalesca.
Clifford Geertz nello scritto Deep Game: Notes on the Balinese Cockfight, afferma che le dispute attorno ai galli riflettono questioni di identità, di possesso, di conflitto tra valori e poteri. Mary Douglas, nel libro Purity and Danger, sostiene che sporcizia e impurità sono prodotte attraverso distinzioni culturali che contrassegnano oggetti, persone o animali, considerati fuori posto. Ad esempio, il cibo non è sporco di per sé, ma nel momento in cui, uscendo dai confini del piatto, cade sul pavimento, diventa qualcosa da rimuovere. Lo stesso vale per il suolo o la terra che calpestiamo: è naturale osservarla stando all’aperto ma non è assolutamente accettabile trovarne residui in casa dove diventa sporcizia.
A Jaffa le dinamiche del conflitto sembrano riguardare solo gli animali ma quello che lì si sta svolgendo è una battaglia esistenziale sullo spazio. È una lotta tra la Tel Aviv del nord e la Tel Aviv di Jaffa, tra ebrei e arabi, tra fango e asfalto, tra urbano e rurale.