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Tratti di complessità socio-economica

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TERRITORI INTERNI

TERRITORI INTERNI

Il rapporto tra la città e le aree rurali che a distanza variabile e secondo diverse morfologie gravitano attorno ad essa, pare non riuscire a liberarsi completamente del concetto di ‘limite’ (di separazione) che ha profondamente e lungamente segnato tale rapporto per la sua funzione distintiva delle reciproche identità morfologiche, funzionali e sociali. Un limite che è ormai acquisito come dinamico in quanto tracciato idealmente sul territorio in modi che variano a seconda delle diverse prospettive teoriche che si declinano in pure analisi o come supporto alle politiche sulla base dei differenti obiettivi che queste si pongono avendo come finalità ora la messa a fuoco delle aree interne ora le forme e i gradi dell’urbanizzazione, oppure ancora la definizione di sistemi che comprendano entrambe. Si tratta pertanto di un limite che viene definito sulla base di parametri estremamente eterogenei da quelli, prevalentemente strutturali, relativi a bilanci demografici, al land use e alla specializzazione di funzioni oppure alla mobilità a quelli di matrice perlopiù socioculturale che rispondono a più specifici e limitati interessi scientifici, come le variazioni degli stili di vita e le varie forme di capitale culturale sociale ed economico, degli orientamenti di voto, i cicli del cibo o i livelli di salute e istruzione. Tutti tentativi questi ultimi, di ricostruire geografie di questo rapporto a partire da singoli tematismi. Il limite viene concettualizzato anche secondo i suoi gradi di ‘porosità’, in quanto attraversato da linee di flusso e di scambio, in ogni caso in grado di individuare processi variamente osmotici tra città e spazio rurale. In definitiva si tratta di un’idea di limite che continua ad esercitare la sua influenza anche quando si dichiara di volerla superare per l’impossibilità di individuare precisi punti di rottura o perché inefficace per la elaborazione di un framework adeguato che permetta di leggere e restituire la complessità e la densità dei rapporti tra le due entità socio-spaziali. È il caso di descrizioni in termini di continuum o di gradiente urbano-rurale. Tale eterogeneità di approcci si traduce in definitiva in una fondamentale incertezza nel definire il rapporto tra urbano e rurale mediante ‘caratteristiche di stato’ oppure mediante ‘dinamiche e flussi’, e risente dello sguardo potremmo dire viziato rivolto verso un territorio complesso fondamentalmente ‘a partire dalla città’, attraverso occhi che si sono soffermati ad osservare ed analizzare per lungo tempo dinamiche urbane e che ora sono costrette giocoforza a seguire le dilatazioni del proprio oggetto d’analisi. Con le presenti brevi note non si vogliono certamente riproporre letture teoriche di ampio respiro né formulare ulteriori modelli di relazione tra campagna e città, né continuare nella revisione critica dei modelli esistenti, ma porre in evidenza alcune ‘resistenze’ presenti nel dibattito in Italia. Queste si comportano come resistenze a considerare città e campagna come un sistema territoriale strutturato da dinamiche molteplici e sono incorporate nel lessico e nelle narrazioni delle prospettive d’analisi, soprattutto quando hanno la risonanza delle narrazioni mediatiche. Si tratta di resistenze ideologiche che sono in qualche modo traccia di una prospettiva consolidata prevalentemente centrata sull’urbano, e possono trasformarsi, in effetti, in limiti fisici che riproducono la dicotomia urbano-rurale che si vuole superare.

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