Marco Amerighi, "Le nostre ore contate"

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Un padre non dovrebbe mai seppellire un figlio, dovrebbe essere un comandamento, una legge, qualcosa, aveva detto il Dottore. Se lo fosse stato, quella notte d’agosto avremmo fatto la scelta giusta e tutti ci avrebbero ringraziato. Invece, quando il padre del Trifo ci chiese dove fosse suo figlio e chi avesse appiccato l’incendio al mattatoio, io e Momo abbassammo la testa e restammo in silenzio. Solo il Dottore, con quella cantilena snervante che usava quando voleva convincere qualcuno, gli aveva ripetuto quello che aveva detto a noi poche ore prima, davanti alla cella frigorifera: “Un padre non dovrebbe mai seppellire un figlio”. I cacciatori lo avrebbero appeso a un ramo e frustato fino a fargli saltare la pelle dalla schiena, ma il maresciallo ci prese in disparte e uno alla volta ci chiese di nuovo se era vero che fosse scappato nel bosco, il nostro amico, il quarto, “lo scemo”. Confidava che la paura ci spingesse a incolparci a vicenda, ma i suoi occhi dicevano che aveva tanta paura quanto noi, perciò ci limitammo a ripetere la versione che avevamo concordato la notte prima. Fu l’operazione di ricerca più grande della storia di Badiascarna. I carabinieri, una squadra di sommozzatori dei vigili del fuoco, chiamarono persino un elicottero della polizia. Nonostante l’ordine di restare a casa, la gente del po5

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