un romanzo di Sarah Blakley-Cartwright basato su una sceneggiatura di David Leslie Johnson
CAPITOLO SEGRETO
C a p i to l o S e g r e to
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traduzione di Egle Costantino www.ragazzi.mondadori.it © 2011 Warner Bros. Entertainment Inc. All rights reserved, per il testo © 2011 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, per l’edizione italiana Pubblicato per accordo con Little, Brown and Company (Inc.), New York, USA. All rights reserved. Titolo dell’opera originale Red Riding Hood ISBN 978-88-04-61035-9
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eter? — Valerie indietreggiò di un passo. Si era accorta soltanto in quel momento delle ferite sul viso del ragazzo: un livido viola sulla guancia e un taglio rosso come una caramella sopra un occhio. Peter allungò una mano ad accarezzarla, ma Valerie si irrigidì, lo sguardo concentrato su un particolare. La mano… entrambe le mani. Peter indossava i guanti. Guanti da soldato. Valerie ripensò al Lupo e a come le sue zampe si erano ustionate nell’entrare sul terreno consacrato del sagrato della chiesa. — Grazie a Dio stai bene — gli disse, cercando di convincersi che quel particolare non significava niente. Peter raspò il terreno con gli stivali, poi la guardò. Valerie vide i fiocchi di neve riflettersi lucenti nei suoi occhi neri e illuminarli. — Dov’eri finito? — trovò il coraggio di chiedergli. Fu soltanto in quel momento che Peter si accorse della paura che le attraversava lo sguardo come il guizzo di una fiamma morente. — Mi tenevano prigioniero
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dentro quella loro stupida diavoleria, l’elefante di ferro — rispose, stizzito. Valerie distolse lo sguardo da quegli occhi che ormai conosceva così bene e lo posò sulle ferite che gli scurivano la pelle. — Non mi credi? — le chiese Peter. Fece un passo verso di lei, desiderando che cambiasse idea. — Non avvicinarti — gli intimò Valerie con una tale forza da sorprendere perfino se stessa. Non si sentiva forte, anzi, più debole che mai. Il suo cuore era invaso dalla paura. Quando Peter allungò il braccio per toccarle il viso, Valerie si chinò di scatto e infilò una mano nello stivale. Cercando di apparire coraggiosa, ma sentendosi in realtà piccola e spaventata, brandì il coltello e lo puntò contro di lui mentre indietreggiava di qualche passo. — Ti prego, non toccarmi — lo implorò. Ma lui non le diede retta. Così Valerie vide se stessa fare quella cosa, vide il coltello di fronte a sé, vide scintillare una linea rossa sul viso di Peter. Lo vide piegarsi in due dal dolore. Poi si voltò e scappò, cercando di arrivare il più lontano possibile prima che lui potesse rialzarsi. L’intrico nodoso degli alberi divenne una macchia indistinta mentre Valerie correva e correva, sentendo tutto e niente al tempo stesso. Non si era nemmeno accorta delle lacrime che le scendevano copiose lungo le guance, finché non fu costretta a fermarsi senza fiato. Ascoltò il battito cardiaco pulsarle nelle tempie, guardò le lacrime cadere e sciogliersi nella neve. Lentamente, si voltò.
— Nonna? — Valerie bussò violentemente alla porta. — Fammi entrare! — Tira il chiavistello, cara — disse una voce da dentro la casa sull’albero. Valerie fece come le era stato detto. Si catapultò dentro casa, sbatté la porta dietro di sé e la chiuse con il catenaccio in un unico gesto. Posò a terra il cestino e si lasciò cadere su una fragile sedia a dondolo, da cui osservò quella stanza che conosceva così bene. Per lei, quello era sempre stato un luogo incantato, una foresta al chiuso in cui ogni cosa giungeva meravigliosa e lussureggiante al suo massimo splendore, in cui la natura era libera di seguire il suo corso. Una pentola di zuppa sobbolliva sul fuoco. Tutto era tranquillo come in un dipinto. Che strano che niente fosse cambiato nella casa di Nonna: Valerie si sentì come se fosse entrata in un mondo in miniatura del tutto indipendente da quello esterno. La stanza era immersa nel bagliore del fuoco che scoppiettava nel caminetto. Nonna però non si vedeva. — Tutto bene, Nonna? — gridò in direzione della camera da letto. Nonna non rispose, così Valerie si sentì in dovere di darle una spiegazione. — Ho avuto un incubo. — Nel dirlo a voce alta si sentì una sciocca, ma la sua titubanza in un attimo divenne terrore. Batté le palpebre
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Peter se n’era andato o la neve che cadeva fitta lo nascondeva alla vista? “Non importa” si disse. Doveva continuare a correre, doveva abituarsi ad affrontare qualunque cosa. Si diresse verso casa di Nonna, verso il bosco oscuro.
nel vedere una figura scura sfrecciarle davanti, diretta alla camera di Nonna. La seguì e si avvicinò al letto. Un passo, poi un altro, finché non fu abbastanza vicina da riuscire a guardare attraverso le tende di seta trasparenti. Si chinò e, paralizzata dalla paura, vide quello che nel profondo del cuore aveva sempre saputo. Gli occhi nitidi, sconvolgenti alla vista, spargevano bagliori dorati nel buio. Il Lupo. Ma poi il bagliore divenne quello di un fiammifero e una candela si accese, illuminando il viso di Nonna. Non era il Lupo, non era mai stato il Lupo. Era soltanto Nonna. — Un momento e arrivo — disse. Attraverso le tende, Valerie riuscì a stento a vedere Nonna che si strofinava gli occhi e si sistemava la camicia da notte. La ragazza si appoggiò al comodino per sostenersi, cercando di tenere a freno il turbamento che provava. Si toccò la testa nel punto in cui era stata ferita. — Io… — cominciò con un tremito nella voce. Poi si impose di controllarsi. — Credo che il Lupo sia qui fuori. Nonna non sembrò particolarmente turbata. — Va tutto bene, tesoro — replicò con voce tranquilla come un laghetto di montagna. — Qui siamo al sicuro. C’è della zuppa sul fuoco. Ricorda: ogni dolore… — … con un po’ di pane fa meno male — mormorò Valerie. Con un mestolo si riempì malvolentieri una scodella di zuppa e poi attizzò il fuoco. Nonna rise. Il suo viso era bizzarro attraverso le tende, la voce diversa, la risata nuova. Ma era sempre la stessa, si disse Valerie. Certo, era sempre la stessa.
La voce di Nonna, però, era smorzata e profonda, quasi mascolina. — Proprio così. Adesso mangia, tesoro. Valerie non aveva fame, ma non voleva mostrarsi scortese. Si sentiva strana. Invece, di solito, con la Nonna riusciva a essere sempre se stessa. Proprio nel momento in cui portò svogliatamente il cucchiaio alle labbra, qualcosa le urtò la gamba. Il cuore perse un colpo. Ma era soltanto il gatto nero di Nonna. Valerie abbassò una mano e lo accarezzò sulle orecchie sottili e vellutate. Però il gatto non era in cerca di coccole: si leccò i baffi alla vista della scodella di zuppa in bilico sulle sue ginocchia. Valerie spalancò gli occhi nel momento in cui la stanza si mise a vorticare. — Mi gira la testa… — disse con voce incerta. Poi abbassò lo sguardo sull’unica foglia di alloro che galleggiava sulla superficie della zuppa e nascondeva sotto di sé un pezzo di carne coriacea. — Che cos’è questa roba? — Sollevando gli occhi annebbiati, Valerie si accorse che Nonna rimaneva intenzionalmente nascosta dietro le tende di seta. Se ne vedeva soltanto il profilo, il corpo informe sotto la camicia da notte, i lineamenti nell’ombra. Valerie distolse lo sguardo nell’accorgersi che Nonna aveva cominciato a spogliarsi, ma poi guardò di nuovo nel momento in cui le tende si aprivano e la figura si avviava verso di lei. Il modo di camminare non era quello di un’anziana signora: troppa determinazione nel passo. Valerie si accorse che quello che vedeva avanzare verso di sé nella fioca luce del camino non era il viso di sua nonna. Tuttavia la sua mente si rifiutava di accettare ciò che
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gli occhi vedevano, e cioè che la figura in piedi davanti a lei era suo padre. Era suo padre, eppure al tempo stesso non era il padre che conosceva. Sembrava qualcuno che si fosse mascherato da suo padre, come una farfalla che volesse farsi passare per il bruco che era stata. Quella che aveva di fronte era una figura che ispirava timore, un uomo importante e potente come suo padre non era mai stato. Il viso era quello di Cesaire, ma gli occhi erano quelli del Lupo con cui si era trovata faccia a faccia poco prima. Valerie rimase senza parole, troppo sconvolta per rivolgergli tutte le domande che in quel momento le passavano per la mente. — Padre…? L’espressione di Cesaire si fece scura. — Mi dispiace tantissimo — disse con una voce che improvvisamente era tornata a essere quella di sempre. — Nonna è morta. Morta? Ma cos’era quella nota strana nella sua voce? Una nota non di dolore, semmai di rimorso, rammarico… senso di colpa. E un accenno di trionfo. Che cos’è accaduto? — Non ho avuto altra scelta. Alla fine aveva capito che cosa sono. Svegliati! È un sogno. Svegliati! — Cosa? Non è possibile. Papà, no. — Valerie rise goffamente. Non gli credeva. Non poteva cedergli. — Tu mi prendi in giro. — Vorrei che fosse così… Valerie vide chiaramente che cosa gli bruciava in fondo allo sguardo. La vergogna. E poi notò la sua mano, ustionata come la zampa del Lupo che aveva oltrepassato il cancello. Si rifiutava di credere che quell’uomo
fosse suo padre… Suo padre era una brava persona. Ma ovviamente non poteva più negare l’evidenza. Era nella trappola del Lupo, assediata dalla sua malvagità. — Padre. No… — Valerie farfugliò quella che perfino a lei suonò come una vana protesta. Non aveva voce in capitolo. Non l’aveva mai avuta. — Come… hai potuto? Come hai potuto farlo? Cesaire abbassò lo sguardo, poi però assunse di nuovo quell’aria sicura di sé che la ragazza non conosceva. — Valerie, io ti voglio bene con tutto il cuore. Volevo che tu avessi un’infanzia normale, così ho condotto una doppia vita, nascondendomi in piena vista, comportandomi in modo da passare inosservato. — L’uomo si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, le parole a lungo trattenute sgorgavano da lui come un fiume in piena. — Ci ho provato, Valerie, ci ho provato con tutto me stesso. Ma era così umiliante. Perfino mia moglie non riusciva a provare rispetto per me. Non ce la facevo più. Avevo cercato di accontentarmi, ma dentro di me sapevo che meritavo di meglio. Così decisi che sarei partito, che sarei andato in città… un terreno di caccia molto più ricco. — Cesaire ormai ringhiava con forza spaventosa e possente. Valerie sentì di essere attratta da quella forza. Fece un respiro profondo per calmarsi. Non era soltanto paura quella che provava, era qualcosa di molto più complesso, qualcosa che le risultava impossibile da comprendere. — E allora perché non te ne sei andato e basta? — Perché volevo bene a voi ragazze, e volevo che veniste insieme a me. Per condividere con voi la prosperità che sarebbe venuta di lì a poco. — Però dovevi aspettare fino alla luna rosso san-
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gue… — Valerie tremava nel mettere insieme i pezzi di quell’orrenda verità. Non voleva avere niente a che fare con quell’uomo, ma doveva sapere, doveva accantonare la rabbia e capire. — Sì — disse Cesaire, compiaciuto dall’intuito della figlia. — Per diritto di nascita, il dono sarebbe stato ereditato dalla primogenita. Sapevo che Lucie era innamorata di Henry, così falsificai una lettera e andai da lei con le sembianze di Lupo. Le dissi che Henry aveva chiesto la tua mano, ma che io potevo offrirle qualcosa di meglio. La sua vera forza, il dono che aveva nel sangue. A Valerie sembrò di fluttuare nell’aria, come se il suo corpo si fosse staccato da lei. — Ma Lucie non capì cosa dicevo quando mi rivolsi a lei con voce di Lupo — continuò Cesaire. — La mia progenie, una figlia col mio sangue di Lupo sarebbe stata in grado di decifrare le mie parole. E all’improvviso compresi. Lucie non poteva essere mia figlia. Tua madre mi aveva mentito. Ma questo tu lo sai già, non è vero, Valerie? Quasi le cedettero le gambe. Perché a suo tempo aveva davvero intuito quella verità, ma non aveva avuto il coraggio di chiederlo esplicitamente a sua madre. In ogni caso, per lei non aveva importanza. Non importava chi fosse il padre: Lucie rimaneva comunque sua sorella. Ed era stata uccisa. — Era così bella quella notte, con addosso il suo abito più elegante. Dopo tutti gli anni in cui ero stato attento, in cui mi ero trattenuto, quella notte persi il controllo. Valerie annuì lentamente, arrivando finalmente a capire la vera natura di suo padre. Quella che aveva sem-
pre pensato fosse debolezza, in realtà era forza nascosta. — Ti sei vendicato di mia madre. — E del suo amante — aggiunse Cesaire con orgoglio diabolico, passandole accanto mentre attraversava la stanza a grandi passi. Valerie percepì il suo odore. Era legnoso e muschiato, sapeva di radici di cipolla e noce moscata. — Anche mio padre era un lupo mannaro. Il nostro odore, l’odore di lupo, è ancora attaccato ai suoi vestiti. — Con un gesto, Cesaire buttò all’aria il coperchio di un baule, afferrò una delle camicie di suo padre, se l’avvicinò al viso e inspirò profondamente. — Mia madre non ha capito cosa significasse questo odore fino a un istante prima di morire. — I suoi denti schioccarono l’uno contro l’altro nel momento in cui chiuse con forza la mandibola. Valerie vide che cercava di trattenere le lacrime. — Amavo mia moglie ed entrambe le mie figlie. E Lucie era mia figlia. Non ho mai voluto far loro del male. — Cesaire ributtò la camicia nel baule. Non era vero. Aveva voluto fare loro del male, e così era stato, pensò Valerie facendo un passo verso il cestino. — Vieni via con me. — Cesaire si voltò verso di lei. — Un morso e sarai come me. — Perché non mi obblighi con la forza e la facciamo finita? — ribatté lei con violenza. — Ho bisogno di te come alleata, non come schiava — replicò lui, come se in tutta quella faccenda si fosse sempre comportato da perfetto gentiluomo. — Non farò quello che fai tu. Non posso. — Sì che puoi, Valerie. Nelle tue vene scorre pur sempre il mio sangue. — La sua figura si profilò mi-
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nacciosamente su di lei, costringendola a sentire la verità con un sorriso che era un ghigno sinistro e feroce. — È un dono. Un dono che mio padre ha trasmesso a me, e che io ora posso passare a te. Io sono più forte di lui e tu sarai ancora più forte di me. Valerie sentì che sarebbe stato facile cedere. — Saremo invincibili, avremo il mondo ai nostri piedi — disse Cesaire con voce profonda e seducente. Valerie cercò di resistere. Ma in quel momento, dopo tutte le difficoltà, dopo tutti i tradimenti, l’unica cosa che voleva era che qualcuno si prendesse cura di lei. Sarebbe così facile. I suoi pensieri andarono alle persone che aveva sentito più vicine: sua madre, sua sorella, Nonna. Pensò a tutto ciò che di buono c’era nel mondo, al bene che le era stato dimostrato la sera prima sul sagrato della chiesa. Alla forza dell’amore. Essere un lupo mannaro non era nella sua natura, di quello era assolutamente certa. — Deve esistere un Dio — disse Valerie, preparandosi ad affrontare il padre. — Perché tu sei il Diavolo. — E tu sei la figlia del Diavolo — ribatté lui. Prima di avere il tempo di rispondere, Valerie si accorse che Cesaire aveva piegato la testa di lato, in ascolto di qualcosa, come un cane… Come un lupo. Anche lei si voltò verso la porta e in quel momento la lama di un’ascia squarciò il legno facendo saltare il chiavistello. La porta si aprì con un colpo secco e sulla soglia apparve Peter. Con una sola occhiata, Cesaire esaminò ogni angolo della scena. Guardò davanti a sé, di lato e perfino dietro. Valerie se ne accorse dai rapidi movimenti dei suoi occhi.
— Alla luce del sole non sei poi così spaventoso — borbottò Peter con ardente intensità. Si lanciò su Cesaire, con l’ascia in pugno. Valerie sospirò di sollievo: finalmente sarebbe finita. Ma Cesaire sollevò un braccio, più veloce di qualunque creatura umana, e fermò la lama a un centimetro dalla sua fronte. — Come l’hai capito? — ringhiò, la faccia trasfigurata dalla rabbia. Valerie si era addossata alla parete, le mani schiacciate contro il legno ruvido. Cosa poteva fare? Era ancora stordita dalla ferita alla testa e da quello che c’era nella zuppa. Sull’altro lato della stanza vide Peter affrontare Cesaire: lo attaccava da ogni parte, i nervi del collo tesi all’inverosimile. I due uomini si fronteggiavano in silenzio, ma era un silenzio carico del desiderio di uccidere. Cesaire atterrò Peter con un pugno e si lanciò su di lui. Nuvole di polvere si sollevarono dalle assi del pavimento mentre i due uomini combattevano a terra. Peter colpì Cesaire in piena faccia. Valerie rimase impassibile; ormai l’impulso automatico di uccidere si era impossessato di lei. Cesaire non era più un padre, né un uomo né un lupo: era soltanto una massa di male assoluto, che andava distrutto a ogni costo. Peter sollevò l’ascia con entrambe le mani nell’intento di conficcarla in testa all’avversario, ma all’ultimo momento Cesaire si abbassò, schivò la lama, girò intorno a Peter e da dietro lo spinse, facendogli perdere l’equilibrio e mandandolo a sbattere contro le mensole accanto al telaio, dall’altra parte della stanza. Molti vasi di vetro caddero e andarono in frantumi men-
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tre Peter si accasciava al suolo. Cesaire si fece avanti e cominciò a prenderlo a calci brutalmente; sembrava volesse continuare per sempre. — Padre? Cesaire si fermò e lentamente si voltò verso Valerie. Sua figlia pareva un’icona, la fanciulla di una fiaba. Proprio come lui un tempo le era sembrato il padre ideale, in quel momento Valerie corrispondeva esattamente all’immagine della figlia che aveva sempre desiderato, con il cappuccetto rosso che le incorniciava morbido il viso e il cestino teso davanti a sé. — Ho una cosa per te — disse Valerie, la voce vellutata come seta. — Che cos’è? — Cesaire la fissò, ammaliato, ansimante, ma ancora restio ad andarle vicino. — Vieni, ti faccio vedere — disse lei in tono gentile. Cesaire guardò Peter accasciato sul pavimento e poi di nuovo Valerie, con orgoglio paterno. — Vediamo… — Si pulì la bocca con uno straccio. La ragazza allungò il cestino verso di lui, aprendone il coperchio soltanto di una fessura. Mentre Cesaire vi guardava dentro, lei lanciò un’occhiata a Peter e all’ascia poco distante e con lo sguardo gli trasmise un ordine secco. Cesaire, chinato in avanti per scoprire cosa contenesse il cestino, non si accorse dei movimenti incredibilmente fulminei del ragazzo. Peter s’inclinò all’indietro e prese lo slancio per conficcare l’ascia nella schiena di Cesaire. Il fendente colpì l’uomo in mezzo alle scapole, una delle quali spuntò fuori come l’ala sbilenca di un angelo. Cesaire indietreggiò come una furia e si portò entrambe le mani alla schiena nel tentativo di estrarre l’ascia.
Un ringhio selvaggio si liberò da dentro di lui, da un punto più profondo della gola, un punto oltre le corde vocali tese come elastici. Era la bestia che lottava per squarciare la superficie umana, ma Valerie fu pronta. — Ti ho portato questo. — Sollevò il fazzoletto, rivelando finalmente il contenuto del cestino: la mano di Solomon, le dita arricciate nell’aria per effetto del rigor mortis, aggrappate al nulla. Valerie alzò gli occhi e incontrò quelli terrorizzati del padre. “Quanto sarebbe stato facile diventare una bestia anziché dover vivere da oggi in poi con tutto questo” pensò la ragazza. Prima che Cesaire avesse il tempo di reagire, Valerie compì il gesto definitivo, oltrepassò il punto del non ritorno. Afferrò la fredda mano morta e conficcò le affilate unghie d’argento nella pancia di suo padre. Si costrinse a tenercele a lungo, ben salde, finché l’argento non gli andò in circolo invadendogli tutto il corpo. Per un istante i loro sguardi s’incontrarono e ciò che lei vide fu come il riflesso in uno specchio. Valerie sentì il respiro del padre, affannato, come quello di un bambino. Poi Cesaire cadde a terra, morto, per sempre. Valerie rimase in piedi, immobile, con le lacrime agli occhi, tutto il suo mondo in frantumi. Peter le si avvicinò, la strinse forte tra le braccia e la tenne stretta finché non fu certo che la rabbia andava calando. Quello che Valerie guardava fisso non era il corpo della bestia che aveva ucciso tante persone che lei amava, ma quello di suo padre. Era distrutta, non le rimaneva nulla. — Portami fuori di qui, ti prego — disse. Peter le tese la mano, ma barcollò quando lei si aggrappò al suo braccio. Si ritrasse.
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— Cosa c’è? — Valerie lo guardò senza capire. Peter si tirò su la manica della camicia. — Mi ha morso — mormorò, quasi incapace di pronunciare quelle parole. Sulla pelle si distinguevano i buchi lasciati dai denti del Lupo, profondi e infetti. Contaminato dal crudele contagio, il sangue del ragazzo cominciava già a coagulare. Valerie e Peter si guardarono e capirono.— Peter… — mormorò lei, sconvolta. Lui scosse il capo, incredulo. — Quando spunterà la luna rosso sangue, diventerò come Cesaire. Una bestia malvagia. — Si catapultò fuori dalla porta, si arrampicò tra i rami dell’albero, incespicò, cadde e si rialzò, inorridito dalla depravazione che cresceva dentro di sé. Valerie lo seguì, lo guardò avanzare a tentoni nella neve, vide lo strazio che provava. Era una di quelle giornate magiche con la luna ancora visibile nel cielo azzurro e illuminato dal sole. La tempesta era passata. La neve entrava loro negli stivali, sembrava cercasse di trattenerli. Peter cadde in ginocchio e Valerie si buttò a terra davanti a lui. Si abbracciarono disperatamente. Le lacrime scorrevano sul viso di lei quando le loro labbra si trovarono. Peter allargò il mantello di Valerie e ve la stese sopra, una macchia rossa sulla neve bianca. La neve scricchiolò quando vi ruzzolarono avvinghiati e il freddo abbracciò i loro corpi febbricitanti. Mossi dall’orrore per quello che avevano fatto, i due ragazzi provavano al tempo stesso vergogna ed eccitazione. Peter avrebbe fatto qualunque cosa per Valerie e lei invece aveva dubitato di lui. Era rimasta soltanto una possibilità, si disse Valerie, soltanto una cosa da fare: amarlo.
La mano di Peter si mosse su di lei; il corpo della ragazza rispose a quelle carezze. Poi toccò a Valerie, che si fece guidare dalle sue mani. Aggrovigliati l’uno all’altra, si diedero calore in un mondo gelido. Valerie e Peter si fecero strada lentamente fino al fiume parzialmente ghiacciato. Il ragazzo spingeva la carriola con il corpo di Cesaire coperto da un lenzuolo; lei si fermava qua e là a raccogliere le pietre più belle e lisce. — Nessuno troverà mai il suo cadavere. Sarai accusata di stregoneria. — Peter allungò una mano ad accarezzare il viso di Valerie, che annuì solennemente. Sul pontile, la ragazza distolse lo sguardo mentre Peter adagiava Cesaire su una barca a remi e con un coltello gli apriva uno squarcio nella pancia. Sempre guardando altrove, gli allungò i sassi che aveva raccolto, a uno a uno. Nell’aria gelida le pietre tintinnavano l’una contro l’altra, rumori attutiti che nelle orecchie della ragazza rimbombavano come spaventosi tuoni. Ma una volta chiuse nel corpo di Cesaire, il rumore divenne lieve e quasi impercettibile. Prima di passare a Peter l’ultima pietra, Valerie se la portò alle labbra. Era fredda e la fece rabbrividire; la diede a Peter. Poi infilò del filo scuro in un grosso ago e gli diede anche quello. Quando Peter ebbe portato a termine il suo compito, salirono entrambi sulla barca a remi e la condussero in mezzo al fiume. La camicia di Cesaire volteggiava nel vento, rivelando la linea irregolare della cucitura, la pancia deforme riempita di pietre. Peter allungò una mano verso il corpo, ma la ragazza lo fermò. Valerie ripensò al padre che aveva conosciuto, a
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quell’uomo strano e gentile che le aveva versato l’acqua calda nella tinozza per il bagno, insegnato a medicare una ferita, riso insieme a lei scappando a gambe levate quella volta che avevano stuzzicato un nido di vespe. Papà, papà, ma dove sei andato? La barca dondolava sul fiume. Le pietre facevano lo stesso rumore del battito cardiaco. Alla fine, Valerie fece un cenno a Peter, che sollevò dolcemente il corpo di Cesaire e lo fece scivolare nell’acqua. Si inabissò lentamente, le mani per ultime come in un estremo saluto alla figlia che adorava tanto. Peter riportò la barca al pontile e Valerie scese. Quando lei si voltò, il ragazzo stava già remando lungo il fiume. — Peter? Lui non ebbe il coraggio di guardarla. Fissò invece il punto del suo braccio da cui il veleno era penetrato in lui. — Potrei farti qualcosa di terribile — disse con amarezza. — Devo andarmene via. Non saresti al sicuro con me, almeno finché non avrò imparato a controllarmi. — Ti aspetterò. Peter sentì la forza della propria convinzione e di quella di lei e soltanto allora si voltò a guardarla, concedendosi di tenerla dentro di sé per un momento ancora. — Sapevo che l’avresti detto. — Ma poi sostenere il suo sguardo divenne troppo doloroso e Peter si voltò verso la distesa grigia del fiume, del cielo, del suo futuro vuoto. Valerie lo guardò allontanarsi finché non fu più in grado di distinguere la barca tra le lievi onde del fiume. E poi si avviò verso casa ad aspettare… ad aspettare il ritorno del suo amore. Il ritorno del Lupo.