DIR. EDITORIALE
ART DIRECTOR
EDITOR
GRAFICO
UFF. TECNICO
REDAZIONE
4 MM DI ABBONDANZ A PER L A PIEGA
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Owen Zeigler, un famoso gallerista londinese noto nell’ambiente come esperto di pittura olandese del Seicento, viene brutalmente ucciso creando sconcerto nel mondo dell’arte internazionale. Il figlio Marshall, finora estraneo all’attività del padre, inizia a indagare alla ricerca di qualche indizio che gli consenta di individuare il colpevole. Owen era a conoscenza di un segreto in grado di gettare un’ombra sinistra sulla figura del grande pittore Rembrandt, un segreto che può avere effetti devastanti su uno dei mercati più redditizi e competitivi del mondo e che l’assassino sembra voler proteggere a tutti i costi. Marshall si rende conto che è proprio questo il motivo per il quale suo padre è stato ucciso e dovrà agire con la massima prudenza, perché può essere lui stesso la prossima vittima. Riuscirà a scoprire la verità? Di chi si può davvero fidare? Sopravviverà abbastanza a lungo per fare luce su un segreto tenuto nascosto per secoli? Ambientato nell’esclusivo mondo delle gallerie d’arte e dei collezionisti di Amsterdam, Londra e New York, Il segreto di Rembrandt è un thriller pieno di colpi di scena in cui si mescolano abilmente fiction e storia. Con questo romanzo Alex Connor attinge alla biografia di uno dei più celebri pittori di tutti i tempi per reinventarne il lato oscuro in una corsa mozzafiato contro il tempo, alla ricerca di una verità inaspettata e letale.
Nata in Inghilterra, Alex Connor vive nel Sussex. Conosciuta anche come pittrice, ha scritto numerosi romanzi storici e ha lavorato per molti anni nel mondo dell’arte. Questo è il suo primo thriller.
ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO GRAPHIC DESIGNER: GIUSEPPE SARTORIO
€
In sovraccoperta: Elaborazione di Ghost da immagine © Arcangel Images
19,50
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CARTA: Patinata Lucida - Garda Gloss - gr 130 - PROFILO DI STAMPA: COATED FROGA39
- DIMENSIONE: 145x223 mm - RIFILATO: 140x215 mm
CARTONATO
PANTONE 497
OROPRESS 223
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Alex Connor
il segreto di rembrandt Traduzione di Teresa Albanese
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ISBN 978-88-04-61224-7 Copyright © 2011 by Alex Connor Originally entitled The Rembrandt Secret Published by arrangement with Quercus Editions Ltd (UK) © 2011 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Titolo dell’opera originale The Rembrandt Secret I edizione settembre 2011
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prologo
Casa di correzione di Gouda, 1651 Questa è la mia storia. La scrivo perché un giorno qualcuno, leggendola, possa conoscere la verità. La scrivo perché esca da queste mura da cui io non uscirò mai più. Mi hanno rinchiusa qui dentro sbattendo la porta dietro di me. Quando sono stata presa dal panico, mi hanno gettato l’acqua addosso. Si è asciugata lentamente, raggelandomi. La cuffia bianca che mi copriva i capelli era rigida di appretto e dello sputo di una delle guardie. Dopo che avevano cercato di toccarmi sotto la gonna, dopo che mi avevano perquisito, frugato la bocca e le orecchie e le parti intime, dopo che avevano forzato i miei orifizi con le dita, trattandomi come una bestia. Quando chiudono la porta, ti strappano via la vita. O quando dicono che Geertje Dircx, la governante di Rembrandt van Rijn, è stata rinchiusa in manicomio. Era molesta, insultava il suo padrone, lo accusava di aver rotto la promessa di matrimonio, aveva venduto l’anel3
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lo che lui le aveva regalato, l’anello che un tempo era appartenuto alla sua defunta moglie. Era dissoluta, ingrata, pazza di rabbia e rancore, raccontava bugie, diffondeva calunnie sul fatto che il padrone le aveva promesso di sposarla. Ora, invece, tace. Soltanto questi pezzi di carta ascoltano la mia storia... Ero entrata in casa sua da poche settimane, quando ho iniziato a giacere con lui. Era in lutto per la morte della moglie, e io speravo di essere promossa dalla cucina al servizio in camera. Sdraiata al suo fianco, sognavo che il bambino affidato alle mie cure potesse un giorno diventare il mio figliastro. Ssh... Appena sento un rumore, nascondo i fogli. Il suono dei passi nel corridoio annuncia guardie e persone che mi spiano e restano a osservarmi persino quando faccio i miei bisogni. Mi spiano perché ormai sono marchiata, chiusa nella casa di correzione come donna di facili costumi. Un pericolo per me stessa, hanno detto, prendendo le sue parti... Avrei dovuto saperlo che sarebbe andata a finire così. Per un uomo tanto potente e rispettato, è stato facile liberarsi di un’amante per fare spazio alla nuova venuta. Una ragazza più giovane di me, con un florido corpo contadino che lui era ansioso di esplorare, per poi farle il ritratto. Come ha fatto con me. Lei avrà cura di lui e del bambino. Spazzerà il pavimento di piastrelle monocrome mentre il sole, filtrando 4
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attraverso i vetri colorati delle finestre, farà scintillare i pannelli di legno sulle pareti. Sentirà l’odore dell’olio di semi di lino e della colla di coniglio, e riconoscerà il suono del pestello che mescola i colori agli oli e l’odore della trementina che brucia la gola. So che si intrufolerà al piano di sopra per guardare lavorare lui e i suoi allievi. Frugherà tra i costumi e gli oggetti che Rembrandt colleziona per i suoi dipinti e si ritirerà nella penombra quando i clienti verranno a visitare lo studio. Si ritroverà a guardare il suo riflesso nello specchio un po’ più a lungo di quanto era solita fare, studiando le proprie attrattive perché vorrà piacergli. Farà tutte queste cose perché io le ho fatte prima di lei, e ho visto lo sguardo di Rembrandt passare dall’affetto all’amore. Io l’ho visto... Non lasciate che dicano il contrario. Ssh... Ora ho smesso di scrivere, nascondendo i fogli sotto la gonna mentre due occhi mi spiano dalla piccola, odiosa finestrella nella porta. Faccio un gesto volgare e la guardia si allontana con uno schiocco sprezzante delle labbra. Loro credono che sia promiscua. Lo sono stata una volta con alcuni uomini nella locanda in cui lavoravo, dopo essere diventata vedova, una sola volta. Ma loro hanno costruito delle false prove contro di me. Non solo i miei vicini, ma anche mio fratello... Quanti soldi gli avranno dato per mentire? Che somma ci è voluta per indurlo a far rinchiudere sua sorella? Chissà se ad Amsterdam stenta a prendere sonno e guarda 5
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fuori dalla sua finestra libera verso la sua luna libera, chiedendosi quale striscia di cielo prigioniero intraveda sua sorella tra le sbarre... Avrei potuto distruggere Van Rijn allora, ma ho tenuto la bocca chiusa. Avrei potuto svelare il segreto che lo avrebbe incastrato, inducendo l’Olanda intera a disprezzarlo, invece ho tenuto la bocca chiusa. Gli ho soltanto chiesto quello che mi aveva promesso e poi rifiutato... Sta diventando buio, faccio fatica a scrivere, ma domani riprenderò. La mia storia sarà raccontata e ti distruggerà, Van Rijn. Dalla cella in cui mi hai confinato, fuori dal tuo letto e dalla tua vita, da qui, su questi brandelli di carta nascosti, preparerò la tua rovina. Scriverò queste lettere a me stessa, conserverò la mia sanità mentale grazie a queste note, e un giorno, quando qualcuno le leggerà, il mondo saprà chi sei. Saprà tutto di me, di te... e della scimmia di Rembrandt.
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Amsterdam Era riverso in avanti, con la testa immersa nella tazza del gabinetto, le gambe piegate, i pantaloni abbassati. Il sangue gli gocciolava dalle natiche, la parte superiore delle cosce era livida. Sul pavimento, di fianco al suo grasso ginocchio destro, giaceva lo scopino con il manico insanguinato. Una serie di piccoli tagli gli copriva la parte bassa della schiena, e la pelle dello scroto era punteggiata di bruciature. Sulla nuca aveva segni di dita, e i polsi erano legati con il filo dorato che in genere si usa per appendere i quadri. La sua morte era stata lenta. Aveva lottato, sfregato i polsi contro il filo che gli aveva scavato la carne, in certi punti fino all’osso. La sua testa era stata immersa piÚ volte nella tazza piena, poi tirata fuori e di nuovo immersa. Quando l’acqua aveva iniziato a entrargli nei polmoni, il suo corpo aveva reagito e gli si era formata della schiuma agli angoli 7
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della bocca, una bianca schiuma di morte. All’impatto con l’acqua, la vittima aveva sbarrato gli occhi e le pupille erano diventate dischi opalescenti mentre fissavano il fondo della tazza senza vederlo. L’assassino aveva voluto assicurarsi che la morte di Stefan van der Helde terrorizzasse non solo le persone che lo avrebbero trovato, ma anche i suoi soci in affari e le persone della sua cerchia. Lo aveva sodomizzato per smascherare la sua omosessualità nascosta, umiliarlo e distruggere un protagonista del mondo dell’arte. Ma c’era dell’altro, un particolare per cui nessuno avrebbe più dimenticato la morte di Van der Helde. Durante l’autopsia, il medico legale gli trovò delle pietre nello stomaco. A quanto pareva, era stato costretto per ore a ingoiare sassi, uno dopo l’altro, uno più grande del precedente, finché non aveva rischiato di strozzarsi. Anche quando il suo esofago aveva reagito ed era stato preso dagli spasmi, lo avevano obbligato a continuare. Aveva la gola contusa, addirittura lacerata in alcuni punti. Erano state rinvenute venti pietre nello stomaco di Stefan van der Helde. L’acqua che lo aveva soffocato, e le venti pietre. Il medico legale non aveva idea di cosa potessero voler dire, la polizia nemmeno. Nessuno ne conosceva il significato. Quando lo scoprirono, il settore era già in preda alla recessione: le case d’aste perdevano patrimoni a causa del 8
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crollo delle vendite, i galleristi erano costretti alla bancarotta, vecchi debiti venivano riscossi e antichi favori pretendevano di essere ricambiati. Mentre l’anno si trascinava verso una primavera incerta e claustrofobica, l’ambiente artistico internazionale era immerso in una crisi che nessuno aveva visto arrivare e per cui nessuno era preparato. Dietro alle eleganti vetrine e alle reputazioni scintillanti, strisciava lo sfondo corrotto del mondo dell’arte. Nel giro di qualche mese, il crollo finanziario del mercato fu accompagnato da una degenerazione morale che non lasciò nessuno incolume, e produsse quattro cadaveri. Era, come disse qualcuno, una selezione naturale.
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Londra, ai giorni nostri Nel centro pulsante della metropoli, nel groviglio di strade che circonda l’arteria di Piccadilly, si annida Albemarle Street. Ogni edificio della via è diverso dagli altri. Agli ingressi delle sfavillanti boutique di vestiti firmati, uscieri in abiti funerei aprono le porte ai turisti e alle mogli di oligarchi russi. Altri negozi sono lì da più di un secolo, e una patina polverosa di snobismo corteggia il passante con vetrine che ospitano scarpe su misura o sigari artigianali. In mezzo alle insegne fornitore della casa reale e alle scatole di Tiffany, si trova la Zeigler Gallery. Inaugurata senza troppi clamori nel 1845, era passata di mano varie volte prima di chiudere i battenti durante la Seconda guerra mondiale. L’edificio, in stato di abbandono e privato dei suoi quadri, aveva affrontato i bombardamenti senza occupanti, per10
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ché l’appartamento al primo piano era rimasto disabitato. Gli affitti erano troppo alti, il proprietario troppo avido. Nel pieno della guerra, un misterioso incendio era divampato nella galleria. Qualcuno diceva che fosse stato provocato da un barbone che vi si era intrufolato e si era addormentato con la sigaretta accesa. Peccato che non fossero stati trovati né il barbone né la sigaretta, nemmeno un mozzicone. Poco dopo, era avvenuta un’altra disgrazia: un soldato in licenza era stato ucciso, e il suo corpo era stato rinvenuto nel retro della galleria, nascosto tra le casse da imballaggio vuote. Il soldato, che non indossava la piastrina di riconoscimento e non aveva documenti addosso, non era mai stato identificato, e l’omicidio era rimasto irrisolto. La morte del soldato sconosciuto aveva gettato un’ombra sull’edificio, e la galleria ci aveva guadagnato un fantasma, almeno così si diceva in giro. Poi, nel 1947, la galleria era stata riaperta da un uomo chiamato Korsawaki. Era arrivato da Varsavia, dove era stato costretto a lasciare un patrimonio e una famiglia, per tentare di farsi un nome a Londra. Nella sua città d’origine era stato un mercante di qualche successo, ma negli anni austeri del dopoguerra non era riuscito a combinare molto nella capitale inglese. Costretto a vendere stampe di terz’ordine, aveva fatto i salti mortali per pagare l’affitto e infine, all’inizio del 1949, se n’era anda-
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to. Gli erano succeduti, con risultati poco entusiasmanti, alcuni altri galleristi, e il locale si era fatto la reputazione di portare sfortuna. Abbandonato alla sua sorte mentre il quartiere intorno prosperava, aveva vissuto un breve momento di gloria come caffè. Presto, però, il tintinnare dei piattini e la vivacità delle conversazioni erano cessati, e le porte si erano chiuse di nuovo. E così erano rimaste finché, in un gelido mattino del 1963, un giovane si era fermato in Albemarle Street e aveva notato il cartello vendesi in vetrina. Incuriosito, Owen Zeigler si era chinato in avanti per sbirciare all’interno, ma era riuscito a distinguere solo una stanza vuota con una scala su un lato e un lucernario sul fondo. Aveva tentato di aprire la porta, che però era chiusa a chiave, e così aveva fatto un passo indietro per guardare l’appartamento al piano di sopra, rischiando di finire sotto un’automobile. Le finestre non lasciavano intravedere nulla, ma Owen si sentiva attratto da quel posto per un motivo che gli sfuggiva. Intrigato, aveva riprovato invano ad aprire la porta e infine si era annotato il nome e l’indirizzo dell’agente immobiliare. Quel pomeriggio aveva fatto visita allo studio Lyton and Goldthorne per chiedere informazioni sulla galleria. I due agenti, fiutando un possibile acquirente per una proprietà che si era rivelata praticamente 12
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invendibile, avevano incoraggiato il suo interesse. Il signor Lyton aveva accompagnato subito Owen alla galleria, aprendo la porta e scortando all’interno il potenziale cliente. Chiacchierando con lui, Lyton aveva saputo che Owen aveva le spalle coperte e che suo padre era commerciante nell’East End. Quello che Owen non aveva detto all’agente era che Neville Zeigler non trattava solo opere d’arte, ma una varietà di “oggetti di recupero”: era un ebreo che aveva imparato sulla sua pelle come funzionano gli affari, abbastanza astuto da sviluppare un occhio per le cose vendibili e, successivamente, per quelle di valore. Nel corso degli anni, Neville aveva instillato nel suo unico figlio un’ambizione sfrenata. Portava Owen a Bond Street e Cork Street per mostrargli le gallerie e dirgli, o meglio ripetergli fino allo sfinimento, che un giorno in quel crogiolo di sfarzo e cultura ci sarebbe stata una Zeigler Gallery. Grazie a un accanimento che avrebbe potuto scoraggiare un ragazzo meno intraprendente, Owen aveva imparato a trasformare il suo fiuto naturale in un talento. Le lunghe ore di lavoro di Neville nell’East End avevano consentito a Owen di studiare all’università, e il figlio aveva ripagato il padre dei suoi sforzi. Quando fece il suo ingresso nell’arena del mondo dell’arte, Owen Zeigler era un giovane intelligen-
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te, esperto e sicuro di sé. Avrebbe potuto passare per uno studente delle classi più alte, l’erede naturale di una professione nel campo della cultura. Con le sue capacità innate e il suo curriculum di studi, faceva progressi continui. Ma ciò che la gente non conosceva era l’altro lato di Owen Zeigler, il lato che aveva ereditato dal padre ebreo insieme all’impareggiabile fiuto per gli affari. Incoraggiato dal vedovo Neville, che sapeva quali cifre girassero nel mercato dell’arte, Owen imparò a passare sotto silenzio le sue umili origini e a continuare la “scalata”. “La tua fortuna è che hai i piedi in due staffe” gli disse Neville. “Hai una buona preparazione culturale, ma hai anche l’astuzia della gente di strada. Fanne buon uso, e ricordati: ai piani alti c’è un sacco di spazio.” Naturalmente, il signor Lyton non sapeva niente di tutto ciò, ma restò sorpreso quando Owen tornò da lui il giorno dopo dicendo di aver scoperto la fosca storia della galleria e se ne avvalse come arma di contrattazione. In breve Owen Zeigler diventò il nuovo proprietario della galleria, nel giro di tre settimane gli interni furono ridipinti, l’appartamento di sopra fu arredato, e all’esterno campeggiò una nuova insegna: con un parto semplice e indolore, era nata la Zeigler Gallery. In quello stesso, aspro inverno, Owen fece 14
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un’inaugurazione a cui tutti i suoi vicini parteciparono per poterlo criticare, alcuni di loro prefigurando un disastro per Zeigler. Invece, pochi minuti dopo aver varcato la soglia, i galleristi di Dover Street e di Bond Street capirono di avere di fronte un nuovo concorrente. Il mercato all’epoca era inondato di arte francese e gli impressionisti con le loro evanescenti scene campestri stavano diventando quasi un noioso luogo comune. Owen scelse quindi un’altra specializzazione, la pittura olandese, trattando non i nomi eclatanti come Rembrandt o Vermeer, che non poteva ancora permettersi, ma gli artisti minori e i pittori di nature morte. In quel freddo giorno d’inverno del 1963 erano esposti solo venti dipinti, ma alla fine del mese diciotto erano stati venduti. La carriera di Owen Zeigler era lanciata. Forse non come un lussuoso transatlantico che solca gli oceani, ma come una veloce, agile imbarcazione capace di cavalcare le onde del mercato dell’arte e uscirne indenne...
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Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Questo volume è stato stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (TN) Stampato in Italia - Printed in Italy
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Owen Zeigler, un famoso gallerista londinese noto nell’ambiente come esperto di pittura olandese del Seicento, viene brutalmente ucciso creando sconcerto nel mondo dell’arte internazionale. Il figlio Marshall, finora estraneo all’attività del padre, inizia a indagare alla ricerca di qualche indizio che gli consenta di individuare il colpevole. Owen era a conoscenza di un segreto in grado di gettare un’ombra sinistra sulla figura del grande pittore Rembrandt, un segreto che può avere effetti devastanti su uno dei mercati più redditizi e competitivi del mondo e che l’assassino sembra voler proteggere a tutti i costi. Marshall si rende conto che è proprio questo il motivo per il quale suo padre è stato ucciso e dovrà agire con la massima prudenza, perché può essere lui stesso la prossima vittima. Riuscirà a scoprire la verità? Di chi si può davvero fidare? Sopravviverà abbastanza a lungo per fare luce su un segreto tenuto nascosto per secoli? Ambientato nell’esclusivo mondo delle gallerie d’arte e dei collezionisti di Amsterdam, Londra e New York, Il segreto di Rembrandt è un thriller pieno di colpi di scena in cui si mescolano abilmente fiction e storia. Con questo romanzo Alex Connor attinge alla biografia di uno dei più celebri pittori di tutti i tempi per reinventarne il lato oscuro in una corsa mozzafiato contro il tempo, alla ricerca di una verità inaspettata e letale.
Nata in Inghilterra, Alex Connor vive nel Sussex. Conosciuta anche come pittrice, ha scritto numerosi romanzi storici e ha lavorato per molti anni nel mondo dell’arte. Questo è il suo primo thriller.
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