Patrizia Tamà, "La profezia di Michelangelo"

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DIR. EDITORIALE

ART DIRECTOR

EDITOR

GRAFICO

REDAZIONE

UFF. TECNICO

4 MM DI ABBONDANZ A PER L A PIEGA

4 M M D I A B B O N DA N Z A P E R L A P I EGA

Per Beatrice inizia un’avventura che la porterà a scoprire le passioni e i percorsi più intimi di Michelangelo. Un viaggio in cui rischierà la vita e dovrà fare i conti con l’amore, le paure, i desideri più profondi. Un romanzo che scava nella Storia e insieme un thriller dal ritmo serrato, popolato di personaggi straordinari, che – tra rivelazioni esoteriche e inseguimenti mozzafiato – ci regala un’originalissima interpretazione del capolavoro della Sistina: forse a tutti noi è accaduto di alzare lo sguardo per ammirarne gli affreschi, ma oggi Patrizia Tamà ce ne svela alcuni impensabili segreti. Patrizia Tamà (Tamarozzi), modenese di nascita, vive e lavora a Milano. È giornalista freelance, ha collaborato con diverse testate nazionali e nel 2004 ha vinto il premio Maria Grazia Cutuli per il giornalismo femminile. Insegna Letteratura e Storia negli istituti superiori. Ha pubblicato Italia ti ascolto (Leonardo 1991) e La Quarta Cantica (Mondadori 2010), il suo primo romanzo.

Thriller

ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO PROGETTO GRAFICO: PINO SARTORIO

Città del Vaticano, 1991. Il restauratore Gabriel De León è esterrefatto: il volto affrescato che ha appena riportato alla luce è identico al suo. Sembra il suo ritratto. Ma è stato dipinto da Michelangelo tra i beati del Giudizio universale alcuni secoli prima che lui nascesse. Gabriel è un restauratore molto quotato; da anni partecipa ai lavori nella Cappella Sistina, ma dopo quest’inquietante scoperta la sua vita non sarà più la stessa. Pablo Picasso, Salvador Dalí, Francesco Borromini, Napoleone Bonaparte e madre Teresa di Calcutta: questi saranno soltanto alcuni dei personaggi che De León individuerà tra i visi affrescati dal Buonarroti a metà del Cinquecento. Molti gli daranno del pazzo. La sua follia, però, nasconde un immenso segreto... Firenze, 1490. A Palazzo de’ Medici tutti sono immersi nel sonno, ma Michelangelo Buonarroti non riesce a dormire. Così vaga fino al Giardino di San Marco, che di giorno funziona come scuola d’arte allestita dal mecenate Lorenzo, dove scoprirà di poter avere accesso ai preziosi misteri custoditi dalla cerchia più ristretta del Magnifico. Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e un Maestro che indossa un copricapo bianco gli riveleranno Verità destinate a illuminare tutta la sua arte, ma a essere visibili solo a pochi... Roma, 2012. La studiosa Beatrice Maureeno, famosa per aver rintracciato la Quarta Cantica dantesca, riceve un messaggio di Gabriel De León. Ma, non appena apre la busta, perde i sensi e viene colta da una visione. Al suo risveglio, il messaggio è sparito. Poco dopo il vecchio De León viene trovato morto nella clinica psichiatrica dove era ricoverato: sembrerebbe un suicidio, ma ben presto emerge invece il sospetto che si tratti di omicidio. Gabriel era forse troppo vicino a un segreto scomodo?

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DIMENSIONE: 145x223 mm - RIFILATO: 140x215 mm

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Patrizia TamĂ

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Questo romanzo è frutto dell’immaginazione. Gli eventi storici e i personaggi realmente esistenti o esistiti sono trasfigurati dalla lente deformante dell’autrice. Per il resto, ogni riferimento a persone e fatti reali è da ritenersi casuale.

La profezia di Michelangelo di Patrizia Tamà Collezione Omnibus

ISBN 978-88-04-62213-0 © 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione maggio 2012

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La profezia di Michelangelo

A mio nonno, il grande pittore modenese Bruno Semprebon, che nacque nello stesso giorno di Michelangelo e morÏ alla medesima età e che per tutta la vita ebbe intensi dialoghi d’arte col Buonarroti.

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Personaggi principali

Contemporanei Beatrice Maureeno  docente di Letterature comparate. Raffaele Spini  ex fidanzato di Beatrice, neurochirurgo. Francesca Spini  figlia diciannovenne di Raffaele. Gabriel De LeÓn  restauratore. Penelope De LeÓn  moglie di Gabriel. Marcos De LeÓn  figlio venticinquenne di Gabriel e Penelope. Alejandro De LeÓn  fratello di Gabriel. Edoardo Rosselli  direttore del Laboratorio di Restauro vaticano. Gianlorenzo Santi

vaticano.

vicedirettore del Laboratorio di Restauro

Dalia Ricci Santi  moglie di Gianlorenzo. Giada Santi  figlia di Gianlorenzo e Dalia Santi. Augusto Damiani  membro della Società Dante Alighieri. Cemal Sayd-Kaya  principe discendente di Gem Sultan e fidanzato

di Giada Santi.

Fehim Özal Sayd-Kaya  padre di Cemal. Adir Erdogan  braccio destro di Cemal. Leonardo Gentile  vicequestore aggiunto. Davide Tenca  pubblicitario, compagno di Leonardo. Pino Lamanna  ispettore. Vincenzo Bonuso  viceispettore. Antonio Campanella  magistrato. Saverio Martelli  psichiatra di Gabriel De León.

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Personaggi storici Michelangelo Buonarroti  pittore, scultore, genio assoluto. Gem  principe e poeta ottomano, figlio di Maometto II. Bayezid II  fratello di Gem e sultano dell’Impero Ottomano. Qasim Bay  ambasciatore di Bayezid II. Francesco Granacci  pittore, uno dei migliori amici di Mi­

chelangelo.

Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico  signore di Firenze,

poeta e grande mecenate. Marsilio Ficino  filosofo e umanista. Pico della Mirandola  filosofo e umanista. Pietro Torrigiani  scultore, compagno di Michelangelo al Giardino di San Marco. Tommaso Cavalieri  grande amico e amore di Michelangelo. Vittoria Colonna  poetessa, amica e ispiratrice di Michelangelo. Niccolò di Lapo Bichiellini  priore di Santo Spirito, grande amico di Michelangelo. Giovan Battista Figiovanni  canonico di San Lorenzo. Francesco Amadori, detto l’Urbino  fedele servitore di Mi­chelangelo. Francesco Borromini  architetto svizzero-italiano.

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Antefatto

Ogni cosa [...] era infinite cose, perché io la vedevo distintamente da tutti i punti dell’universo. Vidi il popoloso mare, vidi l’alba e la sera [...], vidi un’argentea ragnatela al centro di una nera piramide. J.L. Borges, L’Aleph

Città del Vaticano, Cappella Sistina. 1991 Dodici minuti. Settecentoventi secondi, tondi, allineati, perfetti. Scanditi da un cronometro implacabile. Gabriel De León è in piedi, davanti all’immenso affresco di Michelangelo, e riflette su quanto sia soggettiva la percezione del tempo. Non riesce a spiegarsene il motivo, ma per lui quelle attese sono diventate insopportabili. Ogni volta che sta per scoprire il volto di un beato o di un dannato del Giudizio universale è colto da una sorta di inspiegabile frenesia. Un’inquietudine sottile e senza nome che poi lo accompagna anche alla fine delle sue giornate, al momento di rientrare a casa. Gabriel De León è un professionista di eccellenza del Laboratorio di Restauro vaticano e nella sua vita ha salvato centinaia di opere antiche ma, da quando ha iniziato il lavoro di pulitura del Giudizio, qualcosa in lui è cambiato profondamente. È come se sotto la Sistina le sue giornate si andassero via via dilatando, come se ogni attimo si duplicasse in un gioco di specchi, intrecciandosi a un altro tempo. Un tempo indefinibile e sfuggente che si espande e invade anche le sue notti, rendendole inquiete e tormentose. I suoi sonni sono infatti agitati da incubi in cui continuano a tornare gli occhi, i ghigni, le mani e i volti che lui di giorno libera pazientemente dal sedimento dei secoli e che nel buio giungono a popolare sogni indecifrabili, angosciosi. Lui percepisce in modo indistinto che esiste un senso nascosto in tutto ciò. Ma non riesce ad afferrarlo. Non ancora. Ecco, il cronometro scatta: può staccare dalla parete i quat9

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tro fogli di carta giapponese con cui ha effettuato l’impacco di ammonio carbonato. E vedere cosa c’è sotto. Sta per liberare il volto di un beato da strati secolari di polvere e fumo di candele. De León inizia a passare la spugnetta bagnata. Un paio di cameraman della JTO, la Japan Television One, riprendono la delicata operazione in un silenzio quasi religioso. Ma l’incanto è rotto all’improvviso da un vociare concitato proveniente dall’ascensore con cui si accede ai ponteggi. Qualcuno sta litigando animatamente. Edoardo Rosselli, direttore del Laboratorio, emerge dalle porte scorrevoli brandendo un foglio di carta come se fosse un’arma. Lo punta contro Koshiro Ota, il regista del network giapponese, che lo fissa con aria sconvolta. «“Omertà”, mi capisce Koshiro? Guardi lei stesso questo fax» sbraita Rosselli. «Un restauro coperto da omertà. Il “New York Times” di oggi ci accusa di essere omertosi! David Kimberland, il critico d’arte più temibile degli Stati Uniti, scrive velenosamente che “sotto la volta della Sistina c’è puzza di bruciato”! E sa perché? Perché non abbiamo ancora divulgato nessuna immagine dei lavori di ripulitura, come avevamo promesso! Ma la colpa è solo vostra! Noi vi abbiamo dato l’esclusiva su riprese e foto, maledizione! Voi della JTO dovevate testimoniare al mondo le fasi del nostro operato passo dopo passo, mostrare a tutti che lavoravamo in maniera trasparente... e invece!» «Edoardo, si calmi, la prego... noi stiamo rispettando le condizioni...» si difende Koshiro. «Rispettando un accidente! Voi ci state facendo fare la figura di chi ha la coscienza sporca! Di chi ha qualcosa da nascondere! Perché? Qual è il vostro scopo?» «Professor Rosselli, per favore... se ancora non abbiamo reso pubbliche le immagini del restauro è solo perché vogliamo prima terminare tutte le riprese, e poi dobbiamo tagliare, montaggiare... ehm, montare... adeguatamente. Non c’è sotto nessuna macchinazione, nessun atteggiamento om... omertoso...» risponde Koshiro, il cui italiano – di solito piuttosto fluente – comincia a scricchiolare sotto il peso della tensione. «È assurdo! Dopo tutta questa enorme fatica! Dopo anni di lavoro attentissimo! Ci stanno ancora accusando di rovinare gli affreschi, di cancellare le parti dipinte a secco da Michelangelo con una pulitura troppo aggressiva... noi, che usiamo la spu10

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gnetta come un batuffolo di cotone sul didietro di un neonato! Ma lo sa che sin dall’inizio dei lavori abbiamo avuto il fiato sul collo di una commissione formata da quindici esperti che si sono battuti contro la prosecuzione del restauro? E che, poco prima di morire, aveva aderito persino Andy Warhol?» «Andy Warhol! E allora? Non mi piace Warhol. Poi cosa c’entrava lui col restauro! Ma... Edoardo... professor Rosselli? Si sente bene?» Edoardo Rosselli si è zittito, all’improvviso pallido come un cencio. L’articolo faxato da New York gli scivola dalle mani. La sua attenzione è interamente assorbita dal giovane volto maschile che Gabriel De León ha appena riportato alla luce sulla parete del Giudizio universale. «Professore... che cosa succede? Perché...?» Koshiro segue i passi e lo sguardo di Rosselli. Entrambi si fermano a pochi metri da Gabriel De León e fissano il viso incorniciato da un panno bianco, forse un turbante: il naso largo e un po’ schiacciato, la bocca carnosa, gli occhi neri e vagamente a mandorla. Impossibile non notare la somiglianza. Anche i due cameraman sono sbigottiti. Hanno smesso di filmare e si sono avvicinati all’affresco. Osservano quel ritratto e poi il volto di Gabriel De León, che intanto continua a pulire con la spugnetta il mento del suo beato. «Ehi? Ma cosa vi prende? Che c’è?» «Gabriel, allontanati di un passo e guarda... guardalo...» lo invita Rosselli. Gabriel allora si scosta dalla parete, appoggiandosi alla balaustra del ponteggio, e guarda. Concentrato com’era sui singoli lineamenti e sulle sfumature dell’incarnato, non aveva ancora visto quella figura nel suo insieme. E ora ciò che ha di fronte gli ferma per un attimo il respiro. «No... è impossibile...» Cerca di sorridere, ma sul suo volto si disegna un ghigno di ghiaccio. «Sei tu! Gabriel... l’uomo col copricapo bianco è identico a te!» Gabriel scuote la testa, sforzandosi ancora di sorridere. No. Si stanno sbagliando. «E allora? Sì, forse mi assomiglia un po’» mormora, e una goccia di sudore solca la sua fronte: gli tornano alla mente certi brutti sogni che hanno turbato le sue ultime notti. «Ma 11

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cosa significa? È una somiglianza del tutto casuale... pura coincidenza...» Una coincidenza che lo inquieta. Come se giungesse a svelare il senso del disagio sotterraneo che lo attanaglia da mesi. Gli altri sono ancora zitti. Rosselli si accosta all’affresco per osservare meglio quel viso. Fa cenno a Gabriel di avvicinarsi e invece lui arretra. Non vuole ammetterlo neppure con se stesso, ma tutto questo lo spaventa. Non può essere, si ripete. Fa ancora qualche passo all’indietro ma le gambe gli tremano. È un attimo: inciampa, le sue braccia cercando un appiglio afferrano l’aria e Gabriel cade oltre il parapetto dell’impalcatura. Senza un urlo. Il tonfo del suo corpo contro il pavimento riecheggia in ogni angolo della Cappella Sistina. In quel momento sulla porta d’ingresso si stagliano in controluce due figure. Si tengono per mano. Una più alta e l’altra piccola. Restano paralizzate per qualche istante. In ascolto. Poi si accostano ai ponteggi, vedono quel corpo a terra, immobile in una posa scomposta. Un filo di sangue cola dalle labbra dell’uomo, apparentemente privo di vita. «Papà... papà!» dice piano quella voce infantile. Poi il suo grido rompe il silenzio. Marcos De León si agita furiosamente e scalcia per liberarsi dalla stretta gelida della mano di sua madre. Ma lei lo trattiene. Soffoca il pianto del suo unico figlio tra le pieghe dell’ampia gonna fiorita. E, pallida, osserva il marito senza muovere un passo, incapace di reagire a quello spettacolo raccapricciante.

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Uno

Quando si manifesta questo grado detto mattino, all’orizzonte dell’Eden appare una colonna, che proietta una luce di tre colori, simili alle sfumature della porpora. Dalla colonna esce un ramo sul quale tre uccelli cinguettano lodi al Signore. Zohar (Il Libro dello Splendore)

Firenze, Palazzo de’ Medici. 1490 Nel buio, a occhi chiusi, il dolore è una lama che spacca il cranio. Un coltello piantato al centro della faccia, proprio in corrispondenza del naso ferito. Ma non è quella fitta continua e acuta che impedisce al ragazzo di dormire. No, è la sua consueta battaglia quotidiana a divorarlo: il conflitto insanabile tra l’orgoglio ferito e l’aspirazione a una irraggiungibile pace interiore. Credeva che Pietro Torrigiani fosse un amico. Durante i suoi primi mesi di apprendistato nel Giardino di San Marco si era instaurato tra loro un rapporto di stima, anche se Torrigiani si era sempre considerato più bello, più nobile e soprattutto più abile nello scolpire il marmo. Però da quando lui era stato accolto a vivere tra le statue antiche e gli sfarzosi decori di Palazzo de’ Medici, l’atteggiamento di Pietro nei suoi confronti era cambiato profondamente. Quasi non gli rivolgeva più la parola. Oppure lo faceva oggetto di livorose punzecchiature. E lui fino a quel momento aveva portato pazienza. Ma il giorno precedente Torrigiani aveva davvero raggiunto il limite. Con quel suo viso angelico gli aveva detto che lui era solo un imitatore scialbo dei greci, che aveva fatto pena al Magnifico perché era un poveraccio, un ragazzino vestito di stracci luridi venduto da un padre avido al Ghirlandaio per la miseria di ventiquattro fiorini d’oro da pagarsi in tre anni. Un tirapiedi, 13

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capace al massimo di sminuzzare sassi per creare colori a olio. Altro che affrontare la sfida di un bel blocco di marmo... Le campane di San Lorenzo battono la mezzanotte. Palazzo de’ Medici è immerso in un silenzio d’acquario, ma il sonno non arriva e lui si rigira nel letto, col lenzuolo che è un sudario stropicciato attorno al suo corpo. Il ragazzo stringe i pugni sotto alle coperte e digrigna i denti ripensando alla zuffa del pomeriggio precedente. È vero: lui ha preso un pugno che gli ha spaccato il naso in modo irrimediabile, e sente ancora minuscole schegge d’osso che gli pungono gli occhi da dentro, ma a Pietro Torrigiani non è andata molto meglio. È scappato come un infame. Lorenzo non lo accoglierà mai più nel Giardino delle sculture. Lorenzo... il Magnifico. L’uomo che, quando sfila per Firenze, fa inchinare anche sgualdrine e malandrini. L’uomo che gli ha permesso di esprimere il talento soffiato nella sua anima da Dio. Fino a poco tempo prima il suo destino sembrava segnato. Suo padre, Lodovico, non aveva dubbi. Voleva fare di lui un mercante, uno stimato membro dell’Arte della Lana che rimpinguasse le esangui finanze di famiglia. Invece adesso lui è un artista, un gradito ospite a Palazzo de’ Medici. Mangia e dorme accanto ai figli di Lorenzo. E durante il giorno può frequentare quella grande scuola d’arte che il Magnifico ha allestito nel Giardino di San Marco. Fa caldo. E il suo animo è una ridda di emozioni contrastanti. Addormentarsi è ancora un miraggio lontano, così butta all’aria le coperte, si avvolge nel mantello rosso donatogli da Lorenzo e, senza svegliare il maestro Bertoldo che dorme sereno lì accanto, scivola fuori dalla stanza. Percorre i corridoi avvolti nel sonno di Palazzo de’ Medici trattenendo il respiro per paura di essere scoperto. Ha bisogno di pregare, di entrare in contatto col suo Dio. E vuole farlo in un luogo speciale, riservato alla famiglia Medici, nel punto più intimo e sacro di tutto il palazzo. La Cappella dei Magi si dischiude agli occhi del giovane come uno scrigno traboccante di gemme lucenti. Con la fioca luce di una lampada a olio il ragazzo illumina gli affreschi sontuosi di Benozzo Gozzoli: il principesco corteo mediceo, i destrieri dalle pose regali e i paramenti fastosi. Riconosce il viso dolce e fiero del suo benefattore, il magnifico Lorenzo, e poi suo padre, 14

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Piero il Gottoso, e ancora il pittore stesso, che si è autoritratto con l’immancabile cappello carminio in testa. Gli tremano le gambe. Il cuore sbatte impazzito le ali contro al petto. È stato certamente un azzardo varcare quei confini così privati, ma doveva ringraziare Dio proprio in quel preciso istante. E chiedere perdono per aver reagito alla provocazione di Torrigiani. Si inginocchia. Chiude gli occhi. E cerca una preghiera che sia solo sua. Vorrebbe scolpirne le parole, estrarle pure e perfette dal cuore, così come riesce a far scaturire la bellezza dal marmo. Ma non è altrettanto facile. Dopo una decina di minuti di raccoglimento non ce la fa più. Non riesce a respirare dal naso. Gli occhi sono gonfi e pulsano dolorosamente. Ha bisogno di uscire all’aria aperta, nella notte senza luna. I compagni conosciuti al Giardino una volta gli hanno detto che da qualche parte nella Cappella dei Magi si trova una via di fuga segreta usata da Lorenzo per i suoi appuntamenti misteriosi. E non impiega molto tempo a scoprire che sul lato sinistro della sagrestia si apre una piccola scala, stretta e buia, che conduce all’esterno del palazzo. È un sollievo infinito per il giovane artista riemergere nella scura notte fiorentina. Respira a pieni polmoni l’aria tiepida d’inizio estate e si sente subito meglio. Si incammina per via Larga, attraverso quello che ormai tutti chiamano il quartiere mediceo, e poco dopo, quasi senza volerlo, si ritrova davanti all’ingresso del Giardino di San Marco. Ha sempre visto quel luogo alla luce del sole, quando è animato dalle voci acute degli allievi e dai rimproveri gutturali del maestro Bertoldo, e ora tutto quel silenzio, interrotto soltanto dal frinire dei grilli, gli sembra quasi inverosimile. Appoggia una mano all’imponente cancello e si sorprende nel constatare che è aperto. Strano, pensa. Così s’incammina lungo il viale di cipressi, inspirando profondamente l’aroma inebriante della terra umida. Però, man mano che s’addentra nel giardino buio, inizia a percepire un’atmosfera inquietante. Il verso di una civetta lo fa sussultare. Le statue greche e romane della collezione di Lorenzo nell’oscurità si trasformano in cupe presenze. Grigi fantasmi che si curvano minacciosi verso di lui, spiandolo dalle cavità nere degli occhi. All’improvviso avverte un alito gelido sul collo e 15

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sente invisibili dita marmoree sfiorargli i capelli. Un brivido gli corre lungo la schiena; è quasi tentato di tornare indietro, ma proprio in quel momento ode una voce. Profonda, seducente, calda. Proviene dal loggiato poco più avanti. Avvicinandosi, il giovane intravede alla luce debole delle fiaccole le sagome di alcuni uomini seduti in semicerchio e rivolti verso due oratori posti al centro della loggia. C’è anche il Magnifico, col suo copricapo rosso pendente sul lato sinistro del viso. Il ragazzo si accosta ancora un po’ e si nasconde dietro una vecchia quercia. «La magia non fa altro che svelare l’intima “simpatia” dell’Universo, cioè i legami occulti tra i vari fenomeni, tra microcosmo e macrocosmo» riesce a sentire. «In fondo il mago è simile al contadino. Infatti, come il contadino sposa gli olmi alle viti, così il mago lega la terra al cielo, le forze inferiori alle proprietà superiori, e usa l’immenso potere che ne deriva per guidare il destino.» Pur nella penombra il giovane scultore riconosce colui che ha pronunciato tali parole. Mento sfuggente, naso affilato, un viso non propriamente bello, ma segnato dall’intelligenza: è Pico della Mirandola, il suo precettore preferito, colui che di giorno lo incanta con la filosofia di Platone e i miti greci. Colui che lo sta avviando sui sentieri ramificati della cultura ebraica. Non sapeva che si interessasse anche di magia. «Invece l’astrologia è un carcere intollerabile per l’anima e per il libero arbitrio... l’astrologia è una forma di inaccettabile superstizione...» «Illustre collega» lo interrompe l’oratore più anziano, nei cui nobili tratti il ragazzo riconosce l’altro suo maestro, il filosofo Marsilio Ficino, «non posso essere d’accordo con te. L’astrologia non è una gabbia: al contrario offre l’opportunità di sfruttare le influenze positive degli astri o di evitare quelle negative. Tali influssi esistono, è innegabile: Plotino stesso li riconosce... del resto anche i tuoi maestri insegnano “come sopra così sotto”, a indicare che la terra riflette i movimenti del cielo. Poi sai bene che certi tuoi riti non si possono compiere se le posizioni astrali...» All’improvviso il giovane artista sente qualcosa scivolargli tra le gambe. Sobbalza e si accorge che è un gattino in cerca delle sue attenzioni. Ma è troppo tardi: ormai ha rivelato la sua presenza. 16

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«Chi è là?» È la voce di Lorenzo. «Abbiamo visto il lampo di fuoco del tuo mantello! Avanti: vieni fuori da lì!» Il ragazzo, impaurito, emerge dal suo nascondiglio. Ha il viso in fiamme mentre procede a occhi bassi verso quel consesso notturno di sapienti. «Cosa stavi facendo, giovane impudente? Come ti sei permes­ so di entrare in un luogo privato? Ci spiavi?» «No... io... passeggiavo.» «Passeggiavi! È quasi l’una di notte!» Lorenzo sembra infuriato. «Non sono queste le ore adatte a passeggiare per un giovane quindicenne... è forse per il colpo ricevuto qui ieri da quell’insolente del Torrigiani? Stai male?» «Non riuscivo a prendere sonno, signore. Avevo bisogno d’aria e ho trovato il cancello aperto... ma... chiedo scusa, a voi e a tutti quanti. Me ne tornerò subito nella mia stanza...» Accenna un inchino e fa per riavviarsi sui suoi passi. «Aspetta, Lorenzo... non pensi che l’opinione non contaminata da troppi studi di un giovane artista potrebbe essere illuminante per noi? Fallo sedere, ti prego.» Un uomo dai grandi occhi neri e con un bizzarro copricapo bianco si è intromesso nella discussione. «Maestro... ogni vostro suggerimento è luce per me.» Lorenzo si è immediatamente ammorbidito, cosa del tutto inusuale per lui. «Ragazzo, siediti là.» E indica una panca di pietra accanto allo strano disegno di un corpo umano su cui sono tracciati alcuni cerchi e delle lettere ebraiche. «Allora, ragazzino, hai origliato i nostri discorsi. Cosa ne pensi?» «Non ne so molto, signore... posso dire che per me la magia è la bellezza infusa da Dio in ogni cosa. In un fiore, nel corpo umano, in un blocco rozzo e informe di marmo.» Il viso del giovane artista si illumina mentre pronuncia queste parole. «Questa è la mia magia: io scorgo dentro alla pietra ciò che Dio vuole. Vedo angeli e allora vorrei martellare, bucare, scolpire con accanimento la materia grezza fino a tirarli fuori. Fino a liberarli.» «Un liberatore di angeli... addirittura! Lorenzo, il ragazzo ha una luce potente negli occhi e una grande forza nell’anima!» A parlare è ancora l’uomo col copricapo bianco. «Ora dimmi, giovane, come ti chiami e in che giorno sei nato?» «Il mio nome è Michelangelo Buonarroti. Sono venuto al mondo in un’aspra località chiamata Caprese il 6 marzo del 1475. 17

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Credo che fosse di lunedì, un triste lunedì che ha strappato per sempre la salute dal grembo di mia madre e ha spento il sorriso sul viso di mio padre Lodovico...» «Lunedì...» L’uomo si accarezza il mento riflettendo. «È il secondo giorno della Creazione, in cui Dio separò le acque superiori da quelle inferiori... secondo le Haggadah, distillati di saggezza ebraica, chi nasce di lunedì avrà un carattere turbolento e focoso. E lo vedo in te, giovane Michelangelo. Intuisco il fuoco dell’ispirazione divina nei tuoi occhi. Ma devi moderare il tuo temperamento, altrimenti sarai ucciso dai tuoi avversari o diverrai tu stesso il tuo peggior nemico. Lorenzo, permettimi...» Ora l’uomo si rivolge al Magnifico. «Sento che questo ragazzo potrebbe diventare prezioso per noi... è forza primigenia, genuino contatto con fonti elevate. Da educare, certo... ma molto promettente.» «Ne sono lieto, maestro. Ho accolto Michelangelo come un figlio nella mia casa, proprio perché ho intuito in lui un talento speciale, molto speciale.» Il Magnifico è compiaciuto dalle parole del misterioso sapiente. «Bene. Però tutto va fatto secondo le nostre consuetudini. Perciò domani sera questo giovane talentuoso verrà ufficialmente iniziato alle nostre riunioni di mezzanotte.» Un brusio si diffonde nella loggia. Un uomo piuttosto accigliato, avvolto in un ampio mantello nero, si alza in piedi e protesta. «No. Non è pronto... è soltanto un ragazzino! Noi abbiamo studiato anni... abbiamo tutti dato l’anima per...» A uno sguardo torvo e molto eloquente del Magnifico l’uomo si zittisce e si rimette a sedere borbottando. Il maestro dal copricapo bianco si rivolge a Michelangelo. «Non cenare domani sera... ora il mio discepolo Yaakov ti darà un infuso che dovrai bere stanotte prima di coricarti. E domani, durante il giorno, berrai molta acqua. Devi giungere a noi pulito, mondato dalle scorie terrene. Domani ti si aprirà una nuova vita. Qui a mezzanotte in punto. Perché, caro Michelangelo, a mezzanotte si spalanca la Porta Celeste e diventa più accessibile la via verso il Tiqqun, la purificazione assoluta...»

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Per Beatrice inizia un’avventura che la porterà a scoprire le passioni e i percorsi più intimi di Michelangelo. Un viaggio in cui rischierà la vita e dovrà fare i conti con l’amore, le paure, i desideri più profondi. Un romanzo che scava nella Storia e insieme un thriller dal ritmo serrato, popolato di personaggi straordinari, che – tra rivelazioni esoteriche e inseguimenti mozzafiato – ci regala un’originalissima interpretazione del capolavoro della Sistina: forse a tutti noi è accaduto di alzare lo sguardo per ammirarne gli affreschi, ma oggi Patrizia Tamà ce ne svela alcuni impensabili segreti. Patrizia Tamà (Tamarozzi), modenese di nascita, vive e lavora a Milano. È giornalista freelance, ha collaborato con diverse testate nazionali e nel 2004 ha vinto il premio Maria Grazia Cutuli per il giornalismo femminile. Insegna Letteratura e Storia negli istituti superiori. Ha pubblicato Italia ti ascolto (Leonardo 1991) e La Quarta Cantica (Mondadori 2010), il suo primo romanzo.

Thriller

ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO PROGETTO GRAFICO: PINO SARTORIO

Città del Vaticano, 1991. Il restauratore Gabriel De León è esterrefatto: il volto affrescato che ha appena riportato alla luce è identico al suo. Sembra il suo ritratto. Ma è stato dipinto da Michelangelo tra i beati del Giudizio universale alcuni secoli prima che lui nascesse. Gabriel è un restauratore molto quotato; da anni partecipa ai lavori nella Cappella Sistina, ma dopo quest’inquietante scoperta la sua vita non sarà più la stessa. Pablo Picasso, Salvador Dalí, Francesco Borromini, Napoleone Bonaparte e madre Teresa di Calcutta: questi saranno soltanto alcuni dei personaggi che De León individuerà tra i visi affrescati dal Buonarroti a metà del Cinquecento. Molti gli daranno del pazzo. La sua follia, però, nasconde un immenso segreto... Firenze, 1490. A Palazzo de’ Medici tutti sono immersi nel sonno, ma Michelangelo Buonarroti non riesce a dormire. Così vaga fino al Giardino di San Marco, che di giorno funziona come scuola d’arte allestita dal mecenate Lorenzo, dove scoprirà di poter avere accesso ai preziosi misteri custoditi dalla cerchia più ristretta del Magnifico. Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e un Maestro che indossa un copricapo bianco gli riveleranno Verità destinate a illuminare tutta la sua arte, ma a essere visibili solo a pochi... Roma, 2012. La studiosa Beatrice Maureeno, famosa per aver rintracciato la Quarta Cantica dantesca, riceve un messaggio di Gabriel De León. Ma, non appena apre la busta, perde i sensi e viene colta da una visione. Al suo risveglio, il messaggio è sparito. Poco dopo il vecchio De León viene trovato morto nella clinica psichiatrica dove era ricoverato: sembrerebbe un suicidio, ma ben presto emerge invece il sospetto che si tratti di omicidio. Gabriel era forse troppo vicino a un segreto scomodo?

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DIMENSIONE: 145x223 mm - RIFILATO: 140x215 mm

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CARTONATO


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