SFOGLIA Sudtiroler Paradies

Page 1


orti di montagna

Nell’orto uomini e piante non sono protagonisti separati, e proprio sull'inscindibile relazione tra loro e con il territorio si fonda il principale interesse di questa pubblicazione che raccoglie il contributo di diversi autori. Dopo la prefazione di Werner Bätzing, geografo e accademico tedesco, uno dei massimi esperti di cultura alpina, Michela Pasquali, curatrice del volume, delinea un ritratto dell’orto contadino con la sua storia, l’evoluzione delle piante coltivate e il ruolo delle contadine nella conservazione della biodiversità. Andrea Heistinger, botanica austriaca, descrive le principali essenze coltivate negli orti. Infine il testo integrale di Wilhelm Pfaff, pubblicato nel 1927 e per la prima volta in italiano, presenta un vero e proprio inventario delle piante coltivate e selvatiche in relazione al loro uso nell’alimentazione, nella medicina popolare e nei rituali religiosi legati ad antiche tradizioni.

Südtiroler Paradies

«Gli orti sono una parte importante dell’economia contadina e un elemento significativo del paesaggio agricolo nel quadro degli insediamenti permanenti. Oggi tuttavia la loro permanenza sulle Alpi non è più così scontata: spesso, infatti, per le famiglie contadine l’orto cessa di essere l’elemento alla base dell’autoconsumo, sia nel caso in cui l’agricoltura progressivamente si modernizzi, sia quando venga del tutto abbandonata. E allora l’orticultura smette di essere un’attività produttiva, per diventare fondamentalmente un’attività distensiva, da praticare nel tempo libero. La graduale scomparsa degli orti dalle Alpi è oggi un rischio concreto e rappresenta una perdita da un punto di vista biologico, culturale ed estetico. Nel Sudtirolo, invece, anche ai nostri giorni continua a esistere un numero relativamente elevato di orti. Descriverli e fornirne una documentazione è l’obiettivo che si pone questo libro, un obiettivo oggi particolarmente importante per il seguente motivo: gli orti sono il fenomeno meno conosciuto e documentato dell’economia contadina nell’area alpina e del paesaggio agricolo alpino». Werner Bätzing


S端dtiroler Paradies orti di montagna

a cura di Michela Pasquali


4


s端DtIroler PArADIes orti di montagna a cura di Michela Pasquali

linaria


Prima edizione aprile 2012 Š 2012 linaria, roma, Vicolo dell’Atleta, 6 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati IsBN 978-88-907017-0-2 Per la Parte terza testi a cura di Paola Mussano e traduzione di loriana Fabian Fotografie di Michela Pasquali e Andrea Heistinger (pp. 28, 70, 74, 84, 93, 95, 99) Foto di copertina di Michela Pasquali schema grafico della copertina di Amedeo Martegani esecutivo per stampa Voltapagina, torino stampato in Italia da ......... www.linariarete.org


Indice

9 11

Prefazione, di Michela Pasquali Introduzione, di Werner Bätzing

Parte prima Gli orti giardini del sudtirolo, di Michela Pasquali 15 19

Introduzione 1. Il sudtirolo Il territorio, 19

Il clima, 22

37

2. Gli orti di montagna

69

3. Coltivare e custodire

81

la storia della regione, 22

Un paesaggio culturale, 27

le piante dell’orto, 37 evoluzione delle piante coltivate, 38 leggere l’orto, 50 Descrizione, 53 le recinzioni, 56 Un anno nell’orto, 61 Il lavoro delle contadine, 66 Gli orti, luogo di conservazione e innovazione, 69 Aichner, 75 le associazioni e musei, 76

Il «modello sudtirolese», 70 la scuola lainburg, di Klara

Note

Parte seconda le piante coltivate negli orti del sudtirolo, di Andrea Heistinger 85 91

Introduzione 1. le piante coltivate negli orti del sudtirolo

erba cipollina e lattuga, le onnipresenti, 91 Fagioli e piselli, proteine dall’orto, 92 Il papavero: incantevole, inebriante, nutriente, 94 Crauti e rape, gli ortaggi invernali delle Alpi, 94 Novità negli orti, 98 Voglia di varietà antiche, 99 Cipero dolce, sisaro e pastinaca, una riscoperta, 101 Il caffè di Anterivo, 104 Prospettive future, 107

Parte terza Gli orti contadini della nostra regione, le piante da davanzale e i cimiteri di paese, di Wilhelm Pfaff 111 113 117 139 145 149 155

Premessa, di Paola Mussano Introduzione 1. Gli orti contadini 2. le piante rustiche da davanzale 3. I cimiteri di paese Appendice. le piante utilizzate come ornamento personale e nelle cerimonie religiose Bibliografia

7


8


S端dtiroler Paradies orti di montagna

a enrico e Margherita


Costoro [i contadini], siccome continuano a mantenere un diretto contatto con la natura e con la materia, sanno di non avere il diritto di violentarle, ma devono cercare pazientemente di capirle, di sollecitarle con precauzione, direi quasi di sedurle, attraverso la dimostrazione perennemente rinnovata di una familiarità ancestrale fatta di cognizioni, di ricette e di abilità manuali trasmessi di generazione in generazione. ecco perché il lavoro manuale, meno lontano di quanto sembri da quello del pensatore e dello scienziato, costituisce anch’esso un aspetto dell’immenso sforzo dispiegato dall’umanità per capire il mondo: probabilmente l’aspetto più antico e durevole, quello che, più prossimo alle cose, è anche il più adatto a farci concretamente cogliere la loro ricchezza e ad alimentare la meraviglia che proviamo allo spettacolo della loro diversità. Ci si prodiga oggigiorno ad allestire banche di geni per preservare il poco che sopravvive delle specie vegetali originali create nel corso dei secoli da modi di produzione totalmente diversi da quelli ora praticati. si spera anche di eludere i pericoli della cosiddetta “rivoluzione verde”, vale a dire un’agricoltura ridotta a poche specie vegetali di grande rendimento, ma tributarie di concimi chimici e sempre più vulnerabili agli agenti patogeni. Non dovremmo forse andare ancora più in là e, non contenti di conservare i risultati di quei modi di produzione arcaici, sforzarci anche di tutelare gli insostituibili savoir-faire grazie ai quali quei risultati furono acquisiti? Chissà, infatti, se le minacce che pesano attualmente sulla civiltà occidentale non li renderanno, un giorno, provvidenziali per coloro che verranno dopo di noi. Claude levi strauss Dal discorso tenuto in occasione del conferimento del Premio Internazionale Nonino 1986


Prefazione Michela Pasquali

alpina, Michela Pasquali, curatrice del volume, delinea un ritratto dell’orto contadino, ponendo l’accento sulla sua storia, sull’evoluzione delle piante e sul ruolo delle contadine nella conservazione della biodiversità. subito dopo, Andrea Heistinger, botanica austriaca, studiosa delle antiche varietà di piante locali, descrive le principali essenze coltivate negli orti. Infine, per la prima volta in italiano, il testo integrale di Wilhelm Pfaff, pubblicato sulla rivista mensile Der Schlern nel 1927, presenta un vero e proprio inventario delle piante coltivate e selvatiche in relazione al loro uso nell’alimentazione, nella medicina popolare e nei rituali religiosi legati ad antiche tradizioni. senza la pretesa di essere esaustiva, questa raccolta è parte di una tematica molto più ampia che riguarda la conservazione e il recupero di un prezioso patrimonio culturale e geografico. In sudtirolo si realizzano già da tempo numerose iniziative di valorizzazione del territorio, di recupero di antiche tradizioni e questo libro vuole offrire un contributo allo studio di un ambiente così unico e peculiare e alla sua ricca cultura.

l’orto domestico del sudtirolo è un piccolo, significativo tassello del complesso mondo contadino, ricco di tradizioni e pratiche nate in stretta connessione con la natura. È ancora oggi un elemento culturale forte, legato all’identità di un mondo agricolo vitale, eppure, rispetto all’ampia letteratura dedicata al paesaggio e alla cultura del sudtirolo, le fonti sugli orti sono limitate. la loro è una «storia minore», e poco spazio viene dedicato allo studio di questa forma così antica e tradizionale di coltivazione, anche se insieme a masi, pascoli, boschi e sentieri, sono una testimonianza e un segno che appartengono pienamente al paesaggio culturale del sudtirolo. Anche i contadini li vedono come una presenza così consueta vicino alla casa, che raramente ne lasciano traccia scritta. Nella storia della regione, uomini e piante non sono protagonisti separati, e proprio sull’inscindibile relazione tra loro e con il territorio si fonda il principale interesse di questa pubblicazione che raccoglie il contributo di diversi autori. Dopo la prefazione di Werner Bätzing, geografo e accademico tedesco, uno dei massimi esperti di cultura

11



Introduzione Werner Bätzing

Gli orti sono una parte importante dell’economia contadina e un elemento significativo del paesaggio agricolo nel quadro degli insediamenti permanenti. oggi tuttavia la loro permanenza sulle Alpi non è più così scontata: spesso, infatti, per le famiglie contadine l’orto cessa di essere l’elemento alla base dell’autoconsumo, sia nel caso in cui l’agricoltura progressivamente si modernizzi, sia quando venga del tutto abbandonata. e allora l’orticultura smette di essere un’attività produttiva, per diventare fondamentalmente un’attività distensiva, da praticare nel tempo libero. la graduale scomparsa degli orti dalle Alpi è oggi un rischio concreto e rappresenta una perdita da un punto di vista biologico, culturale ed estetico. Nel sudtirolo, invece, anche ai nostri giorni continua a esistere un numero relativamente elevato di orti. Descriverli e fornirne una documentazione è l’obiettivo che si pone questo libro, un obiettivo oggi particolarmente importante per il seguente motivo: gli orti sono il fenomeno meno conosciuto e documentato dell’economia contadina nell’area alpina e del paesaggio agricolo alpino. studi che forniscono una visione d’insieme esistono solo per quanto riguarda la svizzera, mentre per il resto delle Alpi si trovano solo descrizioni puntuali di singoli casi. Questo libro ha quindi l’importante compito di fare luce su una tematica piuttosto trascurata. oggi come in passato, gli orti servono per l’autoconsumo e non per la vendita dei prodotti sul mercato. Per questo mo-

tivo non sono caratterizzati dalla quantità, bensì dalla varietà e dall’elevata qualità dei suoi prodotti, che implicano la coltivazione di numerose specie di piante. ecco perché generalmente gli orti presentano una grande ricchezza biologica e vi si trovano spesso anche piante antiche e specie che altrove sono scomparse da tempo. Gli orti non sono affatto un fenomeno locale e autarchico, al contrario sono da sempre in continua interazione con il mondo che li circonda. Nel Medioevo gli orti rurali subivano l’influenza degli orti dei signori (Capitulare de Villis) e degli orti dei conventi (Hildegard von Bingen), più tardi vi trovano accoglienza piante originarie delle colonie europee, e attualmente piante provenienti da tutto il mondo. Da questa interazione nascono spesso specifiche tipologie di orto con una marcata impronta estetica, diventando espressione dell’identità regionale. Nella storia culturale europea gli orti sono il simbolo di un ideale rapporto uomo-natura: dimostrano che l’uomo, con lavoro, impegno e senso di responsabilità può non solo sopravvivere, ma vivere bene nel vasto e minaccioso mondo della natura. e questo, nonostante tutti i progressi tecnici conseguiti nel modo di agire sulla natura, vale ancora oggi. ecco i motivi per cui scorrere le immagini di questo volume non è solo un piacere, ma può arricchire il nostro presente, vedendo come agli orti siano legate importanti esperienze nel nostro rapporto con la natura.

13



Parte prima Gli orti giardini del Sudtirolo Michela Pasquali



Introduzione

le piante coltivate nell’orto non vengono utilizzate solo per l’alimentazione, ma forniscono molteplici rimedi che nel complesso rappresentano una vera e propria farmacopea locale, oltre a rivestire un valore simbolico che si rivela in manifestazioni e usanze in parte ormai dimenticate. l’insieme di questi saperi costituisce una botanica pratica, una «scienza del concreto» dove piante, animali, uomini, naturale e sovrannaturale, visibile e invisibile, sono uniti da multiple e sottili connessioni. Modificandosi attraverso i secoli, conoscenze antiche, trasmesse di generazione in generazione, coesistono insieme a osservazioni empiriche e nuove competenze sull’agricoltura biologica, componendo un patrimonio singolare. Cogliere appieno il loro ruolo e il loro significato sarebbe però impossibile al di fuori del paesaggio culturale di cui fanno parte. Nel suo studio sulle Alpi, Werner Bätzing scrive: «Con profondi interventi nelle valli e sugli alpeggi, nel corso dei millenni l’uomo ha trasformato gli ecosistemi alpini, ha modificato la distribuzione delle piante e le associazioni vegetali per adattarle alle proprie esigenze e ha cercato di rendere più stabili ed equilibrate le dinamiche dei processi naturali».3 In sudtirolo, crocevia di culture diverse, ma nello stesso tempo mondo isolato, il rapporto tra situazione geografica ed evoluzione storica, tra territorio e istituzioni, ha creato una regione omogenea, dove ha sempre prevalso la tutela del patrimonio paesaggistico sullo sfruttamento intensivo agricolo e turistico.

ricchi di varietà orticole, colorati da fiori variopinti e curati con amore dalle contadine, gli orti di montagna costituiscono uno degli elementi più caratteristici del sudtirolo. «Graditi alla vista e buoni da mangiare», sono una presenza costante, l’espressione di una pratica plurimillenaria che ha accompagnato l’uomo fin dal suo primo insediamento in queste valli.1 Per Brigitte Griessmair, l’orto «è una componente specifica del paesaggio culturale, formatosi con penoso lavoro attraverso la storia. Da secoli, in fedele unione tra casa e fattoria, porta con sé quell’armonia che deriva dalla meravigliosa fusione del bello e dell’utile».2 Da sempre l’orto è il vero e unico giardino alpino, il luogo recintato, vitale, dominio incontrastato delle donne. l’immagine che evoca è quella di un piccolo appezzamento di terra in sintonia con il paesaggio circostante. Con un aspetto sempre così spontaneo, compone una macchia folta e colorata che si potrebbe confondere, se non fosse per il recinto, con i prati tutto intorno. Visti in genere come elementi appartenenti al folclore, superati dalla grandiosità delle montagne, dall’architettura dei masi e dalla bellezza dei campi fioriti e dei boschi di abeti, gli orti sono invece un’importante testimonianza del rapporto dell’uomo con l’ambiente, rivelando una comprensione diretta e pragmatica della natura, di cui vista, udito, tatto e olfatto sono gli strumenti principali. Quella delle contadine è infatti una conoscenza profonda e precisa della vegetazione, poiché perfettamente integrata nella vita di tutti i giorni.

17


Il rispetto per l’equilibrio dell’ambiente, insieme alla forte componente identitaria della popolazione di montagna ha permesso fino a oggi la sopravvivenza di un rapporto autentico con la natura. Qui valli, montagne e pianori si estendono a perdita d’occhio; non si può non ammirare la diversità del paesaggio, scandito dalla presenza di boschi e prati che si alternano a campi coltivati, frutteti, villaggi e masi su uno sfondo di montagne spettacolari. Un luogo ricco di contrasti dove l’uomo, malgrado le dure condizioni di vita, ha imparato a vivere. ogni ver-

sante, ogni valle o prato ha caratteristiche uniche, e tutti insieme compongono un patrimonio, fragile e prezioso. Una panoplia di fattori legati al sole, al clima e alla posizione e alla composizione del terreno, conferisce alla biodiversità una abbondanza particolare e nello stesso tempo detta rigide regole a chi coltiva la terra. Il clima è rigoroso, le stagioni nettamente differenziate, con inverni lunghi ed estati spesso molto brevi. Ma malgrado tante difficoltà, ci sono orti ovunque, pensati e coltivati sempre in accordo perfetto con la natura.

18




1. Il sudtirolo

Il territorio sultato del duro lavoro di disboscamento e dissodamento. In bassa quota i terreni vengono utilizzati per l’agricoltura, a differenza di quelli ad altitudini superiori dove prevale invece l’allevamento del bestiame. Mentre è rimasta costante la presenza degli orti domestici vicino ai masi, poco a poco si è modificato il rapporto tra allevamento e agricoltura, originariamente più equilibrato. oggi inoltre la coltura del fieno ha sostituito in gran parte le coltivazioni a pieno campo che un tempo includevano cereali, legumi, patate, ortaggi, oltre a lino e canapa utilizzati per la tessitura. Ai boschi è affidata la stabilità idrogeologica del territorio e per questo motivo sono sottoposti a un costante e regolare lavoro di manutenzione che prevede tagli eseguiti sempre con moderazione. Di proprietà privata delle fattorie o vicinali, e cioè utilizzabili da tutta la comunità, i boschi sono ancora legati ad antichissime regole, oggi legittimate da norme locali, tanto che tutta la «vicinia» può usufruire del legname in funzione delle necessità di ogni famiglia. Grazie alla morfologia del suolo, allo sviluppo dei rilievi e alla varietà del clima, il sudtirolo può essere considerato una delle regioni con la maggior biodiversità di tutta la penisola. A ogni quota corrispondono diversi biotopi, ciascuno con una vegetazione differente che varia moltissimo anche con le diverse condizioni di soleggiamento tra i versanti sud e nord. A sud i terreni ricevono un calore dieci volte maggiore,

Il sudtirolo è una delle mete turistiche più conosciute e frequentate di tutto arco alpino, soprattutto grazie alle sue famose montagne. Impressionanti variazioni altimetriche, dai 200 metri del fiume Adige fino ai 3905 metri dell’ortles nel Parco Nazionale dello stelvio, insieme a una peculiare configurazione del terreno, formano un paesaggio straordinario: montagne perennemente innevate, si contrappongono a dolci pendii dove si coltiva la vite e ad ampie vallate pianeggianti in cui si trova il più grande frutteto d’europa. Una regione unica, che ha affascinato e ispirato poeti e scrittori di tutto il mondo. Cominciamo però con una descrizione più precisa: il sudtirolo si estende sul versante meridionale delle Alpi orientali e il suo territorio fa parte della provincia di Bolzano. Dalle valli del fiume Adige e dei suoi affluenti, penetra profondamente nelle Alpi centrali, fino allo spartiacque che separa i bacini del Danubio e dell’Inn, una posizione strategica fin dall’antichità per le importanti vie di comunicazione tra l’europa del nord e la pianura padana. Ancora oggi i passi di resia e del Brennero sono i principali valichi che uniscono l’Italia ad Austria e svizzera. tipica di questo territorio, tanto da esserne il tratto più specifico e riconoscibile, è l’alternanza di boschi, campi coltivati e prati per il pascolo punteggiati dai tipici masi sparsi, testimonianza di una regione antropizzata e curata ancora con continuità e sapienza. tutte le aree coltivate, orti, arativi e prati, sono il ri-

21




Parte prima

Mentre nei fondivalle il clima è mite con estati calde e inverni temperati, in montagna è molto instabile, con fenomeni atmosferici imprevedibili e a volte violenti, tra piogge torrenziali e tempeste di neve. I ripidi rilievi provocano l’aumento della velocità dei venti e quindi un continuo movimento di aria calda e fredda che genera grandi differenze microclimatiche in una stessa area, tra una valle e l’altra o addirittura tra un versante e l’altro. le stagioni intermedie, primavera e autunno, sono poco marcate, l’estate è breve, calda, ma caratterizzata sovente da notevoli scarti termici tra giorno e notte. l’inverno invece è lungo, rigido, con piogge e nevicate frequenti; in alcune zone comincia già in ottobre con le prime nevicate che ricoprono il terreno anche per più di sei mesi.

si riscaldano più velocemente, dei terreni esposti a nord, che rimangono sempre più umidi e freddi. salendo di quota aumentano le pendenze e di conseguenza si intensifica il dilavamento e l’erosione del terreno coltivato che si impoverisce e diminuisce di spessore. I limiti dei diversi strati di vegetazione variano con l’esposizione ai venti e al sole, con la composizione del suolo, la piovosità e la temperatura. se fondivalle e pendii pedemontani sono le zone in cui si sono concentrati gli insediamenti e le attività produttive, i versanti tra i 300 e i 700 metri sono ricoperti da boschi di roverella e carpino nero o vi si pratica l’agricoltura e, dove possibile, anche la viti e frutticoltura. la fascia situata tra 800 e 1500 metri ha piogge più abbondanti che in pianura, i terreni sono freschi, profondi e ricchi di humus, condizioni perfette per lo sviluppo della foresta mista di latifoglie e conifere. A quote superiori il paesaggio è caratterizzato da boschi di pino silvestre, larice e abete rosso, interrotti da castagneti, prati e pascoli. Il bosco ad alto fusto di conifere diventa predominante fino ad arrivare ai 2400-2800 metri dove è via via sostituito dalle estese praterie utilizzate per l’alpeggio estivo, dalla vegetazione pioniera e dal pino mugo. Dopo questo stadio, la montagna è formata solo da ghiacciai e nevi perenni, le rocce si rivestono di muschi e licheni, la sola vegetazione possibile a queste altitudini.

La storia della regione le prime tracce della vita di cacciatori e pastori risalgono all’età della pietra, anche se l’inizio di una maggiore antropizzazione cominciò solo più tardi, con il ritiro dei ghiacciai. I presupposti per una colonizzazione stanziale delle terre alpine si svilupparono durante il Mesolitico fino all’età del Bronzo e del Ferro. e con i primi insediamenti, si diffuse la cultura di Fritzens-sanzeno, propria di quelle popolazioni che, chiamate “reti” dalle fonti antiche, si erano insediate tra il lago Maggiore e il Piave, tra il lago di Costanza e la Bassa Valle dell’Inn. Negli ultimi secoli avanti Cristo sorsero le prime sedi fortificate, costruite sempre in posizioni strategiche, sulla cima di un colle o su uno sperone roccioso, mentre gli insediamenti, condizionati dalle caratteristiche del terreno, erano situati nei fondivalle o a mezza costa, in posizioni riparate per evitare il pericolo di frane o di inondazioni, e vicino a fonti d’acqua e terreni fertili. sull’origine, la vita e la cultura dei reti non esistono testimonianze scritte: lo storico greco strabone ne

Il clima tutto il sudtirolo è esposto al benefico influsso delle calde correnti d’aria da sud che rendono alcune zone più temperate, tanto che, favorite da un microclima particolare, si sviluppano in alcune valli colture come la vite che non potrebbe diffondersi altrimenti. In generale, le condizioni climatiche della regione variano moltissimo, non solo con il passare delle stagioni, ma anche in relazione all’altitudine.

24


parlava come di un unico popolo, mentre Plinio il Vecchio sostenne che erano divisi in vari gruppi: «Raeti in multas civitates divisi». si ipotizza anche che fossero Celti, poiché nel IV secolo a.C. questi avevano già occupato quasi tutta l’europa. secondo tito livio appartenevano alla stirpe etrusca che, guidata dal leggendario reto, aveva raggiunto le Alpi. Probabilmente i reti intrattennero importanti relazioni con gli etruschi che avrebbero svolto un fondamentale ruolo di collegamento tra il mondo mediterraneo e quello transalpino. Nel 15 a.C. i romani conquistarono e occuparono stabilmente l’intera regione alpina, anche se probabilmente non raggiunsero le valli più isolate, limitando la dominazione alle principali vie commerciali e di transito. secondo una loro consuetudine, non contrastarono in alcun modo le tradizioni e l’identità culturale della popolazione autoctona, rimanendone

estranei. Per tutta la durata dell’Impero romano fu garantita la pace, la difesa della proprietà e il libero sviluppo economico, che portarono a tutta la rezia notevoli vantaggi economici e culturali, dovuti anche alle numerose, nuove conoscenze che migliorarono agricoltura e commercio. Con tecniche già consolidate, costruirono un’efficiente rete di comunicazione, con strade stabili, lastricate in pietra, che facilitarono notevolmente gli scambi oltralpe. Da allora acquisì un’importanza strategica l’ampia valle dell’Adige grazie alla via Claudia Augusta che collegava l’Italia alle regioni del Danubio. Come dimostrano i resti di alcune chiese paleocristiane, i romani facilitarono la diffusione del cristianesimo, e di conseguenza l’espansione dei conventi benedettini, così importanti per lo sviluppo degli orti e l’introduzione di nuove piante. Infatti, non solo la cultura classica, ma anche le conoscenze agricole, bo-

25


Parte prima

dioevo che il tirolo diventa uno stato autonomo e, grazie al consolidamento politico ed economico, le strade che lo attraversavano acquistarono nuova importanza per gli scambi commerciali tra la Germania meridionale e la pianura italiana. si crearono così i presupposti per la fondazione di alcune importanti città tirolesi nate tra il XIII e il XIV secolo. Una delle riforme più importanti dei conti del tirolo fu di includere negli affari politici ed economici il ceto contadino. All’inizio del Quattrocento si costituì la Dieta tirolese a cui parteciparono non solo le famiglie nobili, i vescovi di trento e Bressanone e i rappresentanti di abbazie e monasteri, ma anche i contadini che in tirolo avevano già ottenuto la libertà, affrancandosi dallo stato di servi della gleba, e godevano di rispetto sociale. Dopo la morte di Massimiliano, nel 1525, la guerra civile iniziata dai nobili luterani coinvolse anche i contadini che si rivoltarono contro le tasse troppo gravose e l’eccessivo sfruttamento economico da parte delle autorità straniere. Il capo e ideologo della rivolta tirolese, Michael Gaismair, teorizzò la costituzione di una repubblica contadina senza re, nobili e clero e convocò la Dieta per chiedere l’eguaglianza di fronte alla legge, l’abolizione dei privilegi della nobiltà e del potere della Chiesa. Ma nonostante gli accordi, le richieste furono tutte respinte e la rivolta repressa. successivamente, con gli Asburgo, il tirolo rivestì un ruolo politico ed economico sempre più marginale, rimanendo prevalentemente rurale, anche perché i nobili tirolesi, più che interessarsi agli affari di corte, abitavano nelle loro terre, vicino ai contadini. Dalla seconda metà del XVIII secolo, si sentì anche in tirolo la crescente influenza delle idee illuministiche che mettevano in discussione la fede cristiana e i costumi tradizionali. Allora la regione era contrassegnata da una profonda tradizione cattolica che permeava tutta la vita privata e pubblica. la popolazione contadina, che intuì ben presto la portata di queste idee rivoluzionarie e anticristiane, si oppose fin dall’inizio alle riforme. Inoltre,

taniche e mediche furono divulgate grazie alle comunità monastiche. Dopo il crollo dell’Impero romano, tra il V e il VII secolo, nuove invasioni sconvolsero tutta la rezia che fu investita dalle dominazioni barbariche che si susseguirono e si sovrapposero portando nuove lingue e culture fino all’insediamento alla fine del V secolo nella valle dell’Adige di uno dei sei grossi ceppi germanici, i Baiuvari o Bavari. Così comincia «quel processo di germanizzazione destinato a segnare una netta divisione economica, culturale e linguistica dell’arco alpino. A differenza dei romani, insensibili alla tradizione montanara, i popoli germanici che si insediarono nelle Alpi “romanizzate” sanno adattarsi a un ambiente che non è loro familiare e fondano un’efficiente economia alpina ancora oggi esemplificata dalla civiltà del “maso”».4 Infatti, al contrario dei romani che creavano nuovi insediamenti con case ravvicinate, i Baiuvari disseminavano le loro fattorie, i masi, distanti tra loro, ma vicino a campi e prati. «l’area latina e l’area germanica produssero modelli culturali completamente diversi, dando impronte diverse all’intero comportamento economico e sociale, anche per lo sviluppo futuro».5 la comprensione di quest’epoca è di grande importanza, poiché determina in sudtirolo la nascita di quel mondo di tradizioni e di quel senso di identità e appartenenza che costituiscono ancora oggi una realtà viva. Nell’opera De origine et situ Germanorum, scritta nel 98 d.C. circa, i Germani che vivevano al di fuori dei confini romani, rappresentavano per tacito un modello da imitare per il loro stile di vita semplice e genuino, la solidità delle strutture sociali, i forti vincoli familiari e l’amore ostinato per la libertà, in netto contrasto con il lusso, la ricchezza e la corruzione che avevano precipitato i romani nella decadenza. Alla fine dell’VIII secolo, la Baviera, già allora una delle regioni più civili e ricche d’europa, venne annessa da Carlo Magno all’Impero Carolingio e in seguito al sacro romano Impero. Ma è nei secoli centrali del Me26



l’area di lingua tedesca, lungo la linea dello spartiacque alpino. Così, nel 1919 l’antica Contea del tirolo fu divisa tra Austria e Italia. Nonostante le garanzie di rispetto per la lingua e la cultura locali, cominciò una massiccia opera di italianizzazione forzata: furono tradotti i nomi di persone, città e paesi, fino a quelli dei campi e dei masi più isolati. l’italiano diventò l’unica lingua ammessa nelle scuole, nelle amministrazioni e nei tribunali. Fu abolita la legge del maso chiuso, ripristinata solo dopo la seconda Guerra Mondiale. Così la popolazione di lingua tedesca diventa improvvisamente «minoranza etnica» ed è indotta, per non perdere la propria identità, a esasperare il senso di appartenenza ai luoghi e alle tradizioni. oggi il sudtirolo, insieme alla provincia di trento, forma la regione trentino-Alto Adige/südtirol e le due città, trento e Bolzano, sono i capoluoghi di provincia con statuto speciale di autonomia.

quando all’inizio dell’ottocento il tirolo fu annesso da Napoleone alla Baviera, il governo cominciò a imporre nuove riforme cancellando ogni diritto e imponendo nuove tasse, oltre a prendere radicali provvedimenti contro molte usanze religiose: si vietarono le novene, le processioni, i pellegrinaggi e addirittura il suono delle campane. Così, capeggiati da Andrea Hofer, i contadini diedero inizio a una nuova rivolta. Dopo aver represso l’insurrezione, Napoleone frazionò il territorio del tirolo sotto la giurisdizione di tre diverse autorità statali, ma questo nuovo ordinamento ebbe vita breve e il tirolo ritornò a essere un’unica regione, seppure senza conservare gli antichi privilegi. Il processo di creazione degli stati nazionali, con l’intento di riunire le popolazioni che parlavano la stessa lingua, portò al conflitto tra l’Italia e Austria. Al termine della Prima Guerra Mondiale, l’Italia rivendicò l’annessione non solo del trentino, ma anche di tutta

28


Un paesaggio culturale Terra montium, terra tra i monti, così il tirolo era chiamato nel Medioevo, ed è sempre stata anche terra di confine, di passaggio, di incontro tra diverse culture, tradizioni e innovazioni. Ponte tra il mondo mediterraneo e quello mitteleuropeo, al di qua e al di là delle Alpi, ha accolto e integrato influssi da sud e da nord: commercianti, pellegrini, principi con il loro seguito, avventurieri, soldati e monaci lo hanno attraversato lasciando molteplici testimonianze. Il paesaggio che, sembra immutato da secoli, è invece il frutto di continue evoluzioni e cambiamenti che poco a poco hanno formato una forte identità e un particolare senso di appartenenza, grazie allo straordinario equilibrio tra l’uomo e la natura, tra il suo intervento e il territorio. È una regione eterogenea per le sue caratteristiche morfologiche, la sinuosità delle valli, la varietà dei ri-

lievi, la ricchezza delle acque, ma anche per la presenza di aree profondamente connesse all’azione umana, alle coltivazioni e all’allevamento, all’architettura dei masi e infine anche agli orti contadini. In altre parole qui «la maggior parte di quello che chiamiamo naturale, naturale non è; anzi è piuttosto artificiale». Pur non riferita al sudtirolo, questa frase di leopardi si adatta perfettamente alla sua situazione ambientale. Infatti, qui «il paesaggio è frutto di un lavoro plurisecolare sul territorio e ha sempre conservato, oltre al suo carattere rurale, anche i tratti insediativi originari, continuando a esprimere una civiltà materiale che è riuscita a modellare, anche in luoghi apparentemente inaccessibili, le componenti naturali, adattandole alle pratiche dell’agricoltura di montagna».6

29



si è così sviluppato un paesaggio culturale, ci ricorda Bätzing, ben conservato, dall’aspetto peculiare che lo rende sostanzialmente unico e inconfondibile come nessun altro luogo delle Alpi. «le persone che vi abitano possono perciò riconoscere, nella conformazione specifica del paesaggio il loro lavoro e quello delle generazioni che li hanno preceduti, un concetto che nell’area di lingua tedesca viene tradizionalmente espresso col termine Heimat (piccola patria) e che oggi spesso è chiamato “identità regionale”».7 l’uomo è riuscito a sfruttare le risorse senza esaurirle, attento agli equilibri naturali e lontano da ogni logica di supersfruttamento. l’economia agricola di autoconsumo, la lavorazione del suolo ponderata tra produzione e manutenzione, la scelta della posizione degli insediamenti e delle tecnologie costruttive hanno concorso a creare un modello sostenibile fondato sulla difesa dell’agricoltura, sulla conservazione della

popolazione di montagna e sul sostegno del turismo a gestione familiare. «Il suo perimetro montuoso ha permesso di mantenersi fedele ad atteggiamenti ecologici già consolidati, e al contempo l’assimilazione graduale di nuovi modelli culturali. la mutevolezza delle relazioni con il mondo esterno, insieme alla tenace aderenza ai propri costumi tradizionali, ha caratterizzato il tirolo sin dai tempi antichi».8 su questi presupposti si sono innestate numerose leggi che fin dal lontano passato hanno contribuito alla consevazione dell’equilibrio esistente tra le attività dell’uomo e il paesaggio. si è delineata così una grande omogeneità culturale, definita anche dalla particolare situazione sociale dei contadini tirolesi. Infatti «fin dai primissimi tempi il movimento di colonizzazione e le favorevoli condizioni di possesso stimolarono la crescita di un ceto contadino politicamente libero. In questo, il tirolo si trovò in una posizione più avanzata rispetto alle zone

31


senti in tutto il sudtirolo e le viles, piccoli villaggi fortemente aggruppati, diffusi nelle cinque valli ladine. Così si sono preservate le testimonianze dei modelli insediativi antichi e originali, la cui presenza in montagna garantisce ancora oggi un continuo controllo geologico e paesaggistico del territorio.

vicine, tanto che l’indipendenza del contadino era destinata a rimanere una delle caratteristiche salienti della popolazione tirolese fino al giorno d’oggi».9 I contadini indossano ancora con fierezza il loro tradizionale grembiule blu che ha assunto un forte significato simbolico. Già i conti del tirolo perseguirono una politica «volta ad accrescere l’indipendenza economica dei contadini dai signori feudali attraverso l’assegnazione di favorevoli diritti ereditari di possesso della terra»,10 così che i contadini diventarono la base strutturale della società. In seguito riuscirono ad acquisire pieni diritti sui loro poderi e, grazie allo sviluppo del commercio e delle città, a creare un mercato per i loro prodotti. Ciò comportò il passaggio da un’agricoltura di sussistenza a una di tipo commerciale, anche se «in generale, sono state le aziende situate ad altitudini inferiori, nelle principali valli fluviali, a essere maggiormente influenzate dal mercato, mentre quelle poste più in alto hanno continuato a bilanciare strategie di mercato con strategie di sussistenza».11 oggi la scarsa redditività dell’agricoltura, le possibilità offerte dal turismo e da altri settori hanno prodotto fenomeni di esodo selettivo e di riduzione della manodopera nei campi, provocando una parziale atrofizzazione dell’economia agricola che si limita sempre più alla monocoltura del fieno. Per impedire il progressivo impoverimento del paesaggio agrario, con la sua ricchezza e biodiversità, si sono sviluppate iniziative locali e regionali con l’intento di valorizzare l’identità storica e culturale della regione. l’impronta dell’uomo nell’ambiente, con tutte le forme di cultura materiale tramandateci nell’edilizia, nei manufatti e nelle tecnologie, ha un corrispettivo nell’apparato legislativo della Provincia di Bolzano che è particolarmente sensibile alla tutela del paesaggio naturale e antropico. Ma la conservazione del territorio è avvenuta, più che con norme recenti, grazie alla particolare tipologia degli insediamenti, i masi sparsi o Einzelhöfen, pre-

Il maso chiuso l’antica istituzione del maso chiuso, il Geschlossener Hof, è caratterizzata da una particolare forma vincolistica del territorio che ha garantito nei secoli l’indivisibilità dell’azienda agricola, preservandola dal frazionamento e assicurando nello stesso tempo alla famiglia contadina sufficienti condizioni di sostentamento. Il maso viene ereditato per legge dal primogenito, mentre i fratelli e le sorelle minori potevano rimanervi, ma come manodopera a costo zero. ogni maso include un complesso di edifici con destinazioni diverse, come l’abitazione, la stalla, il fienile, insieme a terreni agricoli e forestali di proprietà. oltre all’attività prevalente, costituita dall’allevamento, si coltivano i campi e l’orto, seguendo ancora un sistema di agricoltura mista che ha consentito fin dall’antichità l’occupazione per tutto l’anno. Il maso chiuso ha origine nella tradizione germanica portata nel tirolo dai Bavari e poi sviluppata nel tardo Medioevo. I proprietari terrieri avevano capito che una suddivisione delle fattorie e dei terreni avrebbe ridotto la capacità produttiva e diminuito il raccolto, così con un editto del XV secolo proibirono ai contadini di cedere la coltivazione di parte dei terreni del maso senza la loro autorizzazione. In questo modo la famiglia rurale divenne la cellula fondamentale dell’organizzazione sociale tanto che quando fu abolita nel 1929 a seguito dell’annessione del sudtirolo all’Italia, mostrò notevoli resistenze alla trasformazione, rimanendo nell’uso comune e rispettata dalla maggioranza dei contadini. solo dopo il riconoscimento dello statuto

32


produttive e della situazione geografica. ogni vila compone un microcosmo, caratterizzato da una forte omogeneità sociale, economica e culturale evidenziata, nella maggior parte dei casi, anche dall’assenza di gerarchia tra gli edifici e dall’equa distribuzione del suolo coltivabile. Caratteristica di questa tipologia di insediamento è il profondo senso di solidarietà. la piazzetta centrale diventa il luogo principale della vita di relazione dove la fontana e il forno per il pane sono a disposizione di tutta la comunità.

d’Autonomia del 1948, fu creata una legge provinciale a tutela del maso chiuso che da allora rappresenta una peculiarità civilistica propria del sudtirolo. l’unitarietà e l’integrità del maso sono tuttora valori culturali socialmente condivisi, anche se oggi questa istituzione predomina nelle zone di montagna, mentre si è perduta in parte nei fondivalle a favore di un’agricoltura più intensiva. le viles Nelle cinque valli del Gruppo del sella si conserva il ricco patrimonio materiale e culturale ladino. In particolar modo in Val Badia e nelle sue valli laterali, a lungiarü, Marebbe, la Valle, situate ai margini delle colonizzazioni e dei flussi economici, si è mantenuta una particolare tipologia di insediamento rurale, rappresentata dalle viles, piccoli villaggi formati da diverse aziende agricole familiari. le origini sembrano risalire alla colonizzazione romana dei reti, tanto che presentano analogie anche con altre aree affiliate alla cultura reto-latina, come le regioni svizzere confinanti. sviluppatesi nell’alto Medioevo nella forma che è ancora oggi abitata e vissuta, le viles, come i masi, sono rimaste fedeli alla tipologia originaria, nonostante i continui restauri e modifiche. sono costruite sui versanti esposti al sole, al centro delle aree coltivate, a un’altitudine compresa tra i 1200 e i 1700 metri. In funzione della conformazione del terreno, assumono vari modelli di aggregazione, a ventaglio, lineari o concentrici, per poter sfruttare meglio l’esposizione e il rifornimento idrico, e per una migliore organizzazione dei diversi fabbricati. In linea di massima ogni nucleo familiare possiede due edifici: la ciasa, cioè l’abitazione, con cantina e magazzino, e il majun, spesso collegato a terra da un tipico passaggio aereo, che include la stalla il fienile, chiamato tablé. In qualche caso si aggiungono il mulino, il granaio e la legnaia, in funzione delle esigenze

33


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.